La Chimica Va Alla Guerra

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 La chimica va alla guerra - Andrea Capocci, 07.07.2015 Saggi. «Al servizio del Reich. Come la fisica vendette l’anima a Hitler» di Philip Ball (per Einaudi) e «La scienza in trincea» di Angelo Guerraggio (per Raffaello Cortina): quando i cervelli più visionari cedono alle lusinghe della propaganda e del potere politico Parafrasando Margaret Thatcher che si riferiva alla società, agli uomini e alle donne, si potrebbe affermare che non esiste una cosa chiamata «comunità scientifica», ma solo ricercatori e ricercatrici. È questa l’immagine restituita dalla lettura di due libri pubblicati da poco e vicini anche per l’oggetto trattato. Il primo ha per titolo  Al servizio del Reich. Come la fisica vendette l’anima a Hitler e lo ha scritto per Einaudi Philip Ball, uno dei più noti divulgatori scientifici anglosassoni, grazie alla traduzione di Daniele A. Gewurz. Il secondo è La scienza in trincea. Gli scienziati italiani nella prima guerra mondiale, pubblicato dallo storico della scienza Angelo Guerraggio per l’editore Raffaello Cortina. Come il lettore avrà capito, entrambi gli autori analizzano come gli scienziati se la siano cavata in due momenti storici piuttosto problematici, in cui il concetto di «comunità» è stato messo duramente alla prova. Nel farlo, ci costringono a riconsiderare alcuni luoghi comuni piuttosto radicati sulla ricerca e sui ricercatori. La rete che ingabbia Per esempio, secondo un’opinione diffusa gli scienziati sarebbero immuni dai particolarismi che agi- tano le esistenze di noialtri incompetenti. Eppure, nella prima metà del Novecento il nazionalismo obnubilò anche le menti più brillanti, dividendo studiosi abituati fin lì a collaborare. Cervelli visionari capaci di vertiginose rivoluzioni scientifiche, infatti, non mostrarono anticorpi efficaci contro la pro- paganda di governo. Lo testimonia l’adesione dei numerosi premi Nobel al manifesto Fulda (dal nome del suo estensore), con cui 93 intellettuali tedeschi difesero l’invasione del Belgio del 1914 negando atrocità già ammesse dagli stessi militari. Spiccò per la sua assenza la firma di Albert Einstein mentre un altro gigante, Max Planck, non fece mancare la sua (poi se la rimangiò). Sulla sponda opposta, l’interventismo anti-tedesco coinvolse matematici, fisici e chimici italiani, che in pochissimi mesi sep- pero convertirsi all’ideologia della «guerra giusta» (concetto più vecchio di quanto si pensi, osserva Guerraggio) contro una nazione alleata. Il più influente fu il matematico Vito Volterra, uno degli stu- diosi italiani più noti all’estero, che rinnegò in pochi mesi il suo neutralismo e le sue collaborazioni internazionali per arruolarsi all’istituto militare di aeronautica, dove poté mettere a frutto le sue conoscenze fisiche e matematiche. Uomo fin lì moderato, Volterra usò toni da scontro di civiltà con- tro i tedeschi, «i nuovi barbari la cui condotta ricorda le invasioni di altri tempi». Insieme a lui si arruolarono  scienziati di ogni orientamento politico. Picone, Severi, Fubini, Gar- basso diedero un importante contributo alle scienze balistiche nel campo dell’artiglieria; Pesci, Cia- mician e Paternò si dedicarono ai gas asfissianti e alle loro contro-misure; Molinari e Corbino lavor- arono al settore esplosivi. Il nazionalismo conformista della prima guerra mondiale non è un caso isolato. Due decenni dopo, scrive Ball, gli eccellenti fisici tedesci furono altrettanto diligenti nell’applicare le leggi razziali ai danni di colleghi ebrei. Tra le vittime delle leggi naziste figurarono anche Fulda e Fritz Haber, il mago delle armi chimiche durante la Grande Guerra. Il decreto di espulsione di Albert Einstein dall’Accademia delle Scienze tedesca fu firmato da Max Planck, una volta ancora incapace di sot- trarsi alle richieste del potere politico.

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  • La chimica va alla guerra- Andrea Capocci, 07.07.2015

    Saggi. Al servizio del Reich. Come la fisica vendette lanima a Hitler di Philip Ball (per Einaudi) eLa scienza in trincea di Angelo Guerraggio (per Raffaello Cortina): quando i cervelli pi visionaricedono alle lusinghe della propaganda e del potere politico

    Parafrasando Margaret Thatcher che si riferiva alla societ, agli uomini e alle donne, si potrebbeaffermare che non esiste una cosa chiamata comunit scientifica, ma solo ricercatori e ricercatrici. questa limmagine restituita dalla lettura di due libri pubblicati da poco e vicini anche perloggetto trattato. Il primo ha per titolo Al servizio del Reich. Come la fisica vendette lanima a Hitlere lo ha scritto per Einaudi Philip Ball, uno dei pi noti divulgatori scientifici anglosassoni, grazie allatraduzione di Daniele A. Gewurz. Il secondo La scienza in trincea. Gli scienziati italiani nella primaguerra mondiale, pubblicato dallo storico della scienza Angelo Guerraggio per leditore RaffaelloCortina.

    Come il lettore avr capito, entrambi gli autori analizzano come gli scienziati se la siano cavata indue momenti storici piuttosto problematici, in cui il concetto di comunit stato messo duramentealla prova. Nel farlo, ci costringono a riconsiderare alcuni luoghi comuni piuttosto radicati sullaricerca e sui ricercatori.

    La rete che ingabbiaPer esempio, secondo unopinione diffusa gli scienziati sarebbero immuni dai particolarismi che agi-tano le esistenze di noialtri incompetenti. Eppure, nella prima met del Novecento il nazionalismoobnubil anche le menti pi brillanti, dividendo studiosi abituati fin l a collaborare. Cervelli visionaricapaci di vertiginose rivoluzioni scientifiche, infatti, non mostrarono anticorpi efficaci contro la pro-paganda di governo.

    Lo testimonia ladesione dei numerosi premi Nobel al manifesto Fulda (dal nome del suo estensore),con cui 93 intellettuali tedeschi difesero linvasione del Belgio del 1914 negando atrocit giammesse dagli stessi militari. Spicc per la sua assenza la firma di Albert Einstein mentre un altrogigante, Max Planck, non fece mancare la sua (poi se la rimangi). Sulla sponda opposta,linterventismo anti-tedesco coinvolse matematici, fisici e chimici italiani, che in pochissimi mesi sep-pero convertirsi allideologia della guerra giusta (concetto pi vecchio di quanto si pensi, osservaGuerraggio) contro una nazione alleata. Il pi influente fu il matematico Vito Volterra, uno degli stu-diosi italiani pi noti allestero, che rinneg in pochi mesi il suo neutralismo e le sue collaborazioniinternazionali per arruolarsi allistituto militare di aeronautica, dove pot mettere a frutto le sueconoscenze fisiche e matematiche. Uomo fin l moderato, Volterra us toni da scontro di civilt con-tro i tedeschi, i nuovi barbari la cui condotta ricorda le invasioni di altri tempi.

    Insieme a lui si arruolarono scienziati di ogni orientamento politico. Picone, Severi, Fubini, Gar-basso diedero un importante contributo alle scienze balistiche nel campo dellartiglieria; Pesci, Cia-mician e Patern si dedicarono ai gas asfissianti e alle loro contro-misure; Molinari e Corbino lavor-arono al settore esplosivi.Il nazionalismo conformista della prima guerra mondiale non un caso isolato. Due decenni dopo,scrive Ball, gli eccellenti fisici tedesci furono altrettanto diligenti nellapplicare le leggi razziali aidanni di colleghi ebrei. Tra le vittime delle leggi naziste figurarono anche Fulda e Fritz Haber, ilmago delle armi chimiche durante la Grande Guerra. Il decreto di espulsione di Albert EinsteindallAccademia delle Scienze tedesca fu firmato da Max Planck, una volta ancora incapace di sot-trarsi alle richieste del potere politico.

  • Un altro mito da sfatare riguarda il rapporto tra la ricerca e la guerra. Si portati a credere che inun paese in conflitto rimanga poco spazio per la ricerca scientifica priva di unimmediata applic-azione militare. Che scienza e guerra, cio, non vadano daccordo.

    Lesperienza delle guerre mondiali contraddice questa opinione diffusa. Gli scienziati sepperotrarre vantaggio dallo stato di eccezione provocato dai conflitti e sfruttarono gli eventi per ottenerefinanziamenti o dar vita a organizzazioni scientifiche nazionali. Durante il nazismo, i fisici riuscironoa sviluppare ricerche che con le armi avevano poco a che fare, convincendo i gerarchi che, graziea quelle scoperte, la Germania avrebbe potuto vincere la guerra.

    I finanziamenti destinati alla Kaiser Wilhelm Gesellshaft (KWG, la principale organizzazione scient-ifica tedesca) salirono cos da 5 a 14 milioni di marchi tra il 1932 e il 1944. Le parole di Peter Debye,direttore della sezione di Fisica della KWG durante il nazismo, sono eloquenti: Lo slogan ufficialedel governo era dobbiamo utilizzare la fisica per la guerra. Noi lo rovesciammo in dobbiamo sfrut-tare la guerra per la fisica.

    Non fu molto diversa la strategia con cui Vito Volterra riusc a far nascere il Consiglio Nazionaledelle Ricerche (Cnr). Dallesperienza bellica erano gi nate istituzioni come il National ResearchCouncil statunitense e il Department of Scientific and Industrial Research inglese (entrambi fondatinel 1916), e Volterra cap che il momento era propizio anche per dare alla ricerca italianaunorganizzazione nazionale.

    Con un paradosso solo apparente, la pace rallent i suoi progetti, che tuttavia furono realizzati nonappena la situazione politica si fece di nuovo eccezionale: la fondazione del Cnr fu promulgata dalgoverno Mussolini nel 1923, e dal 1924 Volterra ne divenne presidente. Guerraggio conclude che tramilitari e scienziati il rapporto sia circolare: La scienza aiuta i militari a vincere le guerre, ma vero anche il contrario. Lesperienza vissuta tra il 1914 e il 1918 ha aiutato la scienza a trovareforme organizzative pi adeguate.

    Coscienza ed esplosiviAltra balla: il compito dello scienziato far progredire la conoscenza, e solo di questo pu esseregiudicato responsabile; mescolare giudizi di valore ai giudizi di fatto non rende un buon servizio allascienza. Con questo luogo comune in testa, ad esempio, i chimici italiani non videro contraddizionetra il pacifismo delle opinioni e limpegno militare. Ettore Molinari, anarchico e membro fondatoredella II Internazionale, fin per lavorare alla Sipe di Cengio, lazienda che produceva la met degliesplosivi usati in guerra.

    Nel frattempo, scriveva articoli contro un capitalismo che per risolvere delle volgari contese econ-omiche, non ha saputo escogitare altro sistema che quello della guerra. Secondo Guerraggio, larisposta suggerita dallatteggiamento che si possono mantenere idee molto critiche nei riguardidella guerra ma queste non possono arrivare a coinvolgere laspetto professionale, come se i dueambiti fossero separati da un fossato.

    Analoga fu lautoassoluzione di molti fisici tedeschi per la passivit nei confronti del Reich: Hei-senberg e camerati dopo la guerra si dichiararono apolitici, ritenendo che non fosse loro compitoschierarsi pro o contro un regime politico. Secondo Heisenberg, i fisici che aderirono con pi entu-siasmo al programma nazionalsocialista furono quelli meno competenti scrive Ball, dimostrandocome essi tentassero di scaricare sui colleghi meno brillanti le colpe del disastro. In realt, fu pro-prio questa ostentata distanza dalle cose del mondo a rendere i migliori fisici tedeschi perfettamentefunzionali ai progetti nazisti: un bravo scienziato nazista non doveva necessariamente sostenere ilpartito, ma rinunciava al diritto di criticarlo, come invece fece Einstein.

  • Una tesi simile fu avanzata anche nel campo statunitense per difendere loperato dei fisici nuclearidopo Hiroshima: necessario che gli scienziati siano liberati dai vincoli morali o sociali, scrissePercy Bridgman nel 1948 sul Bulletin of the Atomic Scientists. Ball vi intravede una tendenza gene-rale il comportamento dei fisici tedeschi sotto il nazismo non fu unaberrazione dovuta a circ-ostanze estreme ma un esempio tipico di come scienza e politica interagiscono.

    Lultimo luogo comune proprio che quanto accadde nelle guerre mondiali sia irripetibile. Ineffetti molto cambiato, ma il rapporto tra scienziati e potere politico permane stretto. Lo dimostrail fatto che sviluppo scientifico e apparato militare in molti paesi occidentali (Stati Uniti e Israele sututti) vadano a braccetto. Anzi, la globalizzazione economica e le politiche di austerity in qualchecaso hanno rafforzato questa alleanza, in quanto la sicurezza nazionale rappresenta un grimaldelloper sbloccare fondi per la ricerca di base nel campo dellinformatica, della climatologia e persinodella biologia. Ad esempio, sono bastate pochissime bustine di antrace per convincere il governo sta-tunitense a finanziare il programma Bioshield (scudo biologico) nel 2004 per rafforzare le difesecontro il bioterrorismo.I sei miliardi di dollari investiti, in realt, sono serviti anche a rilanciare la ricerca nel campo deivaccini delle aziende farmaceutiche, il cui tasso di innovazione negli ultimi decenni stato frenatoda strategie imprenditoriali pi attente al marketing e alla Borsa che allefficacia terapeutica. Leastuzie raccontate da Heisenberg e Debye, quindi, sono state promosse a politiche industriali nazio-nali e il mercato si inserito tra scienza e potere. La gara a chi pi furbo appena iniziata.

    2015 IL NUOVO MANIFESTO SOCIET COOP. EDITRICE