La Chiesa che vorrei - Diocesi di Cassano all'Jonio · della fede e di concreti percorsi di...

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novembre 2009 • 1 Novembre 2009 • Anno 2 • Numero 11 La Chiesa che vorrei, e che tutti vogliamo: non è solo un auspicio o un obiettivo pastorale, ma è anche il tema del convegno diocesano, il terzo, dedicato al confronto tra sacerdoti, religiosi e laici, nella prospettiva della Chiesa nel mondo che cambia. Il punto di partenza d’una simile riflessione non può che essere la coscienza religiosa dei calabresi, i quali conservano ancora, tra le pieghe della loro storia, sia il senso della verità, sia la coscienza del bene, sebbene essa si presenti talvolta contaminata da credenze ancestrali non ortodosse, ma comunque vissute con semplicità e senza malizia, nonostante il disarmonico processo di modernizzazione del Paese. Di fronte a ciò, la Chiesa, specie quella diocesana, è tenuta a condurre i credenti alla verità tutta intera ed alla Parola sempre viva di Cristo, mediante una prassi pastorale che parli di Dio e dell’amore che Egli ha manifestato, e che pensi a quell’amore più grande. Su tali basi deve poggiare la Chiesa del futuro, alla cui costruzione tutti sono chiamati a collaborare. Una Chiesa ricolma di dolcezza e tenerezza, umile nella sua semplicità; una Chiesa unita e gioiosa, in cui non esistano particolarità ed in cui alla logica del dominium mundi subentri quella del servitium mundi. Questi aneliti, però, correrebbero il rischio di restare lettera morta se il progetto di una Chiesa diversa non decollasse dalla parrocchia, casa di Dio tra le case degli uomini. L’amore verso i bisognosi deve essere il suo fondamento poiché, come ricordava il filosofo Blaise Pascal, «Cristo è in agonia, nell’orto degli ulivi, fino alla fine del mondo. Non bisogna lasciarlo solo in tutto questo tempo». Dunque, se la Chiesa del racconto evangelico non può fare niente per il Gesù agonizzante di ieri, può però fare molto per il Cristo che oggi agonizza nei tanti Getsemani disseminati nel cuore delle nostre città. Se ci adopereremo in questa direzione, assisteremo, pastoralmente, al sorgere d’una nuova coscienza della fede e di concreti percorsi di liberazione, utili pure alla rimozione dei baconiani idola fori, tra cui il conservatorismo, la fuga spiritualistica dalla realtà e la propensione all’isolamento, che tuttora albergano in buona parte anche nelle coscienze ecclesiali e che vanno fugati, attingendo alla Tradizione gli strumenti concettuali con i quali affrontare le sfide delle tante tempeste della contemporaneità. In questo cammino, è decisiva la testimonianza. Le nostre comunità devono sentirsi chiamate a creare forme di relazioni interpersonali nelle quali l’incontro, l’ascolto e il dialogo non siano fatti straordinari, ma segni d’ordinario vivere una comunione che valorizza le diverse identità nell’esperienza della sequela Christi e sarà la speranza vera per il nostro amato popolo, meritevole di riscatto e redenzione. X Vincenzo Bertolone La Chiesa che vorrei

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Novembre 2009 • Anno 2 • Numero 11

La Chiesa che vorrei, e che tutti vogliamo: non è solo un auspicio o un obiettivo pastorale, ma è anche il tema del convegno diocesano, il terzo, dedicato al confronto tra sacerdoti, religiosi e laici, nella prospettiva della Chiesa nel mondo che cambia. Il punto di partenza d’una simile riflessione non può che essere la coscienza religiosa dei calabresi, i quali conservano ancora, tra le pieghe della loro storia, sia il senso della verità, sia la coscienza del bene, sebbene essa si presenti talvolta contaminata da credenze ancestrali non ortodosse, ma comunque vissute con semplicità e senza malizia, nonostante il disarmonico processo di modernizzazione del Paese. Di fronte a ciò, la Chiesa, specie quella diocesana, è tenuta a condurre i credenti alla verità tutta intera ed alla Parola sempre viva di Cristo, mediante una prassi pastorale che parli di Dio e dell’amore che Egli ha manifestato, e che pensi a quell’amore più grande. Su tali basi deve poggiare la Chiesa del futuro, alla cui costruzione tutti sono chiamati a collaborare. Una Chiesa ricolma di dolcezza e tenerezza, umile nella sua semplicità; una Chiesa unita e gioiosa, in cui non esistano particolarità ed in cui alla logica del dominium mundi subentri quella del servitium mundi. Questi aneliti, però, correrebbero il rischio di restare lettera morta se il progetto di una Chiesa diversa non decollasse dalla parrocchia, casa di Dio tra le case degli uomini. L’amore verso i bisognosi deve essere il suo fondamento poiché, come ricordava il filosofo Blaise Pascal, «Cristo è in agonia, nell’orto degli ulivi, fino alla fine del mondo. Non bisogna lasciarlo solo in tutto questo tempo». Dunque, se la Chiesa del racconto evangelico non può fare niente per il Gesù agonizzante di ieri, può però fare molto per il Cristo che oggi agonizza nei tanti Getsemani disseminati nel cuore delle nostre città. Se ci adopereremo in questa direzione, assisteremo, pastoralmente, al sorgere d’una nuova coscienza della fede e di concreti percorsi di liberazione, utili pure alla rimozione dei baconiani idola fori, tra cui il conservatorismo, la fuga spiritualistica dalla realtà e la propensione all’isolamento, che tuttora albergano in buona parte anche nelle coscienze ecclesiali e che vanno fugati, attingendo alla Tradizione gli strumenti concettuali con i quali affrontare le sfide delle tante tempeste della contemporaneità. In questo cammino, è decisiva la testimonianza. Le nostre comunità devono sentirsi chiamate a creare forme di relazioni interpersonali nelle quali l’incontro, l’ascolto e il dialogo non siano fatti straordinari, ma segni d’ordinario vivere una comunione che valorizza le diverse identità nell’esperienza della sequela Christi e sarà la speranza vera per il nostro amato popolo, meritevole di riscatto e redenzione.

X Vincenzo Bertolone

La Chiesa che vorrei

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Una nuova Gerusalemmedi Giuseppe Roseti

Cari lettori, che Chiesa vorreste? Che Chiesa immaginate, che Chiesa sperate e che Chiesa avete di fronte? Cerchiamo risposte a questi interrogativi ospitando testimonianze, racconti e riflessioni non solo di chi la Chiesa la vive ma anche di chi la guarda dall’esterno e non sempre con occhio benevolo. E a quanti non bastano le pagine del nostro giornale per leggere o raccontare la Chiesa che vorrebbero, diamo appuntamento al convegno diocesano di Trebisacce che riflette proprio su questo interrogativo.L’“Abbraccio” di novembre, che festeggia con grande gioia e un pizzico d’orgoglio il secondo compleanno, ripercorre con attenzione ai dettagli l’apertura dell’anno pastorale solennizzata da una celebrazione eucaristica in Cattedrale durante la quale il Vescovo ha indicato le linee della vita diocesana nei prossimi dodici mesi, e acceso una serie di fiammelle che scaldano il cuore oltre che illuminare la mente. A cominciare dall’iter di beatificazione avviato per tre testimoni della Diocesi. Abbiamo esportato il nostro “Abbraccio” a San Miniato a un importante appuntamento di riflessione sul ruolo dei media cattolici, e a Policoro al convegno nazionale della Pastorale giovanile. E ora ospitiamo gli spunti di riflessione più interessanti affinché possano essere da stimolo per voi così come lo sono stati per noi. Alla stessa maniera raccontiamo il pellegrinaggio diocesano in Turchia sulle orme della Vergine. Quindi spazio alle rubriche tradizionali e, all’interno, al volantino estratto dal manifesto che stiamo inviando nelle parrocchie per ricordare la straordinaria offerta per chi si sottoscriverà o rinnoverà l’abbonamento all’“Abbraccio” entro i primi giorni di dicembre: avrà diritto, senza alcun costo aggiuntivo, e per tre mesi, all’abbonamento ad “Avvenire”.Un abbraccio.

D. M.

“Vidi la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, preparata come una sposa adorna per il suo sposo” (Ap 21,2). Quando l’imperatore romano Costantino si convertì alla religione cristiana, donò al Papa il palazzo del Laterano. Verso il 320, vi aggiunse una chiesa, la chiesa del Laterano,

la prima, per data e per dignità, di tutte le chiese d’Occidente. Essa è ritenuta madre di tutte le chiese. Questo incipit aiuta a spiegare ed a capire che la Chiesa, per noi, non è primitivamente ed unicamente l’edificio di pietra nel quale ci riuniamo per le nostre assemblee liturgiche. È, innanzitutto, il Corpo di cui Cristo è la testa, e di cui noi siamo le membra, le pietre viventi. Se siamo felici di ritrovarci nelle cattedrali, nelle basiliche sontuose o nelle nostre parrocchie, scopriamo in questi luoghi santi il mistero della nostra fede cattolica. E il Vangelo che

ci parla di Gesù che scaccia i mercanti dal tempio orienta il nostro sguardo: siamo invitati da Cristo a contemplare ciò che è imperituro, al di là di questi edifici provvisori, suscettibili di essere distrutti; ciò che è indistruttibile è il Corpo di Cristo.Spesso ciò che più appare, nella Chiesa e nel nostro modo di essere Chiesa, è l’aspetto organizzativo: vescovi e preti, messe e battesimi, uffici e registri, corsi di catechismo e organizzazioni di volontariato, musical natalizi, fotocopie infinite da terminare, libretti dei canti. Spesso si cade anche nell’errore di essere poco sobri nello stile di vita di una parrocchia o di una comunità. Ma è soltanto

questo la Chiesa? Fin dagli inizi essa si è caratterizzata nel senso della comunione, e ciò lo si può evincere dalle letture degli Atti degli apostoli. Tutto quello che esisteva, aveva significato se di aiuto per diventare una “comunione” di persone, segnata da amicizia, amore, preghiera, assistenza ai

poveri. La ragione di questo atteggiarsi come comunione era di natura religiosa: far vivere in mezzo agli uomini la comunione tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, e far partecipare anche gli uomini alla comunione divina. Per i discepoli, l’incontro con Dio è avvenuto in Gesù. Per noi, oggi, questo incontro esplicito con Dio avviene nella Chiesa. Ma avviene solo se essa luogo di condivisione, esperienza viva di Cristo. Solo a questa condizione chi entra in contatto con la Chiesa, entra in contatto con Dio. C’è da chiedersi se siamo capaci, nei tempi presenti, di creare luoghi di comunione, di esperienza e incontro . Tutti dovrebbero chiederselo: laici e consacrati in Cristo. per rispondere, però, servirebbe forse prima dar vita a rapporti di fraternità fra i cristiani, a nulla che sia diverso dall’ amore disinteressato, dal servizio vicendevole, dall’uguaglianza, dal perdono reciproco, da un’attenzione ai poveri e ai piccoli..È sempre così? Ce lo chiediamo in questo numero, con un occhio rivolto al convegno di Trebisacce, sulla “Chiesa che vorrei”, anelito di una Chiesa nuova, viva e testimone della povertà della croce.

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I l progetto del la Chiesa localedi Francesco Candia

La nuova lettera pastorale (la terza dall’inizio del suo ministero) che il vescovo di Cassano, monsignor Vincenzo Bertolone, ha intitolato emblematicamente, ma non utopisticamente, “La Chiesa che vorrei”, contiene il progetto del cammino che egli intende, e si augura, possa percorrere la Chiesa locale. Il presule parte da una suggestiva quanto nota e simbolica pagina dei sinottici: la tempesta placata dal gesto imperioso di Gesù. La barca sballottata dai violenti e continui marosi è infatti simbolo della Chiesa, che Pietro suo nocchiero ed i suoi successori debbono tenere ben salda perché possa proseguire sicura la propria rotta, cosi come avviene da due millenni. Tutto ciò è insito nella lettera pastorale di monsignor Bertolone, il cui fine è uno solo: “La Chiesa che vorrei”. E siccome per giungere a questo porto vagheggiato bisognerà prevenire ogni ostacolo, ogni remora, ogni onda insidiosa, ogni assalto piratesco, il documento passa in rassegna i potenziali pericoli con un’acuta disamina del pensiero che si è sviluppato nel postmoderno e che vuole egemonizzare ogni altro credo, soprattutto la fede nella Parola trascendente, eterna, divina.Così, seguendo «i cammini inquieti di un’epoca» e leggendo la lettera pastorale, veniamo condotti attraverso le derive della post-metafisica, «tra pensiero debole e dimenticanza di Dio» passando per «la decadenza della ragione tradizionale», l’indebolimento della fede, la mancanza di passione per la verità, la mitizzazione del progresso e della tecnologia, dell’etica in chiave soggettivistica, della crisi dell’humanum, sfociata – stando alla pressante quanto desolata requisitoria del sociologo polacco Zymunt Bauman - nell’identità liquida dell’uomo contemporaneo.Se questa è la diagnosi bertoloniana, che non può non essere condivisa, l’uomo di fede, alias sacerdote-pastore-fedele, non si ferma ad essa, ma individua le cure, le quali hanno una doppia valenza: una terapia d’urto per bloccare l’ulteriore diffusione della sindrome; una terapia del “subito dopo” o, se si vuole, del “mentre”, del “frattempo”. Il Pastore-medico attinge i sussidi terapeutici da quella grande, storicamente attrezzata e ben fornita cambusa della barca pietrina nella quale non mancano certamente i rimedi adatti. Il tutto sotto l’etichetta di “risposta ecclesiale”. Ed anche qui, con la pazienza del ricercatore e l’abilità di un analista di laboratorio, il Pastore della Chiesa cassanese elenca i vari virus: «globalizzazione,

multiculturalismo, interculturalità, pluralismo religioso, crisi della verità», tutti proliferati attraverso i tanti ismi del pensiero antropologico, filosofico, politico, sociale, religioso, moderno e postmoderno, cioè nichilismo, materialismo, ateismo, egoismo parossistico, consumismo, relativismo. Il primo approccio della fase finale della terapia è una grande comunità di cristiani, i quali vivono la propria religione come dialogo, come apertura all’altro ed alle altre fedi consorelle e no, senza tuttavia « c o m p r o m e t t e r e l’unicità della mediazione di Cristo e senza svendere il privilegio unico del cristianesimo, che ha senso soltanto riferendosi a Gesù Cristo».La Chiesa che vorrebbe il Bertolone vescovo dovrà essere degna e pronta all’incontro con Cristo Gesù, con la vita e la testimonianza, ritornando allo spirito di Emmaus e delle Beatitudini, nella forza

134 pagine divise in tre capitoli, a loro volta ripartiti in 47 paragrafi e preceduti da una puntuale introduzione, utile chiave di lettura del testo intero. Pochi numeri, utili ad inquadrare la nuova lettera pastorale, la terza dall’inizio del suo ministero episcopale in terra cassanese, data alle stampe da monsignor Vincenzo Bertolone e rivolta, sin dalla dedica che precede l’introduzione, «ai carissimi presbiteri, religiosi, religiose, consacrati e laici della Santa Chiesa di Dio che è in Cassano Ionio, amati da Dio Padre in Cristo e nello Spirito, salute e benedizione nel Signore». Dettagli e curiosità: filo conduttore della riflessione è il mare in tempesta, metafora (ricorrente nelle lettere e nelle arti figurative, ma ben presente quale realistico episodio anche nei Vangeli sinottici) di quella tormentata società contemporanea in cui si muove, altrettanto metaforicamente, la navicella della Chiesa. Tema ripreso fin dall’immagine che domina in copertina, raffigurante la tempesta sedata, dipinta da Nicolò Circignani, detto il Pomarancio, cui fa da richiamo la quarta di copertina, dominata da analogo ritratto custodito nella chiesa dell’Assunzione della Beata Vergine Maria di Rocca Imperiale. Il testo, chiuso in tipografia a metà ottobre 2009, è stato stampato e diffuso in oltre 5.000 copie. G.I.

La Lettera pastorale

dell’amore e intorno all’Eucaristia, nella disponibilità al servizio e nell’attenzione al sociale, ma soprattutto la Chiesa vagheggiata dovrà essere amorevolmente ed evangelicamente prona sui minimi e sui veri poveri. Per realizzare la “sua” Chiesa, egli vede con chiarezza che sono indispensabili strutture ecclesiali territoriali agili, recettive, adeguate, ma soprattutto un cuore che ama con lo stesso amore di Cristo. Tutto

questo si realizza specialmente nelle parrocchie, vero volto e specchio della Chiesa mater et magistra, luogo naturale delle famiglie, dei vari movimenti, gruppi e associazioni. P a r r o c c h i e , conclude il vescovo prima dell’invocazione a Maria, che siano «comunità che servono anziché agenzie di servizi», aperte ai «carismi che il Signore dona ancora oggi».

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“ D e s i d e r o u n a C h i e s a u m a n a , u m i l e e c h e e n t u s i a s m i ”

Fecondità

«Prego pertanto il Signore che mi dia grazia di fare della mia prossima morte dono d’amore alla Chiesa. Potrei dire che sempre l’ho amata; fu il suo amore che mi trasse fuori dal mio gretto e selvatico egoismo e mi avviò al suo servizio; e che per essa, non per altro, mi pare d’aver vissuto. Ma vorrei che la Chiesa lo sapesse; e che io avessi la forza di dirglielo, come una confidenza del cuore, che solo all’estremo momento della vita si ha il coraggio di fare. Vorrei finalmente comprenderla tutta nella sua storia, nel suo disegno divino, nel suo destino finale… Vorrei abbracciarla, salutarla, amarla, in ogni essere che la compone; benedirla. Anche perché non la lascio, non esco da lei, ma piú e meglio con essa mi unisco e mi confondo: la morte è un progresso nella comunione dei Santi». (Paolo VI)

Voglio, in questo numero dedicato alla Chiesa, riprendere in mano un colosso della spiritualità cristiana: il “Pensiero alla morte” di Paolo VI. Associa una meditazione meravigliosa sulla morte che ci avvolge e, nello stesso tempo, ci consegna una riflessione vitale sulla Chiesa e sull’amore per Essa.La Chiesa non la si comprende senza amarla e senza viverla. Ha bisogno, più che di critici o di teologi, di gente che vive per essa e che per Lei, quotidianamente, offre la vitalità della propria intelligenza, il coraggio delle proprie scelte, la coerenza e la nitidezza della propria coscienza, sapendo che solo una vita santa la renderà bella, testimone della bellezza del Vangelo.La Chiesa, fuori, è fraintesa e rifiutata, sebbene se ne attenda il pensiero; la Chiesa, dentro, a volte è criticata o sfruttata, non sapendo che, invece di servircene, di essa siamo soltanto servitori. E anche inutili. Occorre amarla, la Chiesa. Anzi, occorre soffrire per Lei e partecipare, con Lei, alla passione di Gesù. Benedetto XVI, parafrasando Paolo VI, ha auspicato per Essa povertà e libertà. Di commenti ne vorremmo fare tanti a tal proposito, quasi a stigmatizzare mediocrità, limiti e nefandezze. Scelgo, invece, un’altra strada: la Chiesa si rinnova, intrinsecamente, per il mistero di amore del Suo Signore. Preghiamo per la Chiesa, allora. E solo dopo la preghiera, cambiamola con la nostra coerenza e con la nostra santità.GIOVANNI MAURELLO

Traccia di spiritualitàGuardo con la solita meraviglia le bellezze del borgo antico nella consueta passeggiata serale, mentre mi giunge una chiamata: “La redazione gradirebbe conoscere e pubblicare la tua opinione sulla Chiesa che vorresti una tua testimonianza sulla Chiesa qual è la Chiesa che vorresti”. I pensieri iniziano a perdersi nei vicoli. Mi ritornano alla mente gli esempi di tanti uomini di Chiesa, il cui nome è posto, a perenne ricordo per le future generazioni, su edifici, targhe e strade. Passo davanti alla Chiesa di san Francesco di Paola, poi, dopo qualche minuto, mi ritrovo dinanzi la scuola elementare intitolata a don Lorenzo Milani, l’amico dei poveri. Intanto, incontro per la strada diverse persone, storie umane disparate, essenzialmente anime senza più punti di riferimento. E mentre penso e ripenso, già intravedo la Cattedrale, e la mia mente fa un salto indietro di circa trent’anni, ad un prete semplice ed vispo. Rivedo il caro don Peppino: subito mi viene alla mente un oratorio che frequentavo da bambino, si chiamava il circolino. Non aveva né arredi sontuosi né costose apparecchiature. Tutto rigorosamente fatto in casa dal geniale don Peppino, compreso il presepe semovente, vero spasso per tanti ragazzi della mia età. Un luogo dove si facevano attività per ragazzi, dal doposcuola al bricolage passando per lo sport. Non era di certo un luogo di culto, di sicuro era un posto dove decine di ragazzi sono (siamo) cresciuti lontano dai pericoli, curati come figli da un sacerdote che ha saputo fare del suo ministero un vero esempio di carità cristiana. La mia passeggiata sta per terminare, sono quasi arrivato in piazza, ho trovato due Chiese: una bella, sontuosa, monumentale, che ci dà l’orgoglio di sentirci cassanesi; l’altra quella dei miei pensieri, così come vorrei che fosse, fatta di uomini per gli uomini, sull’esempio di san Francesco da Paola e don Lorenzo Milani. Una Chiesa semplice com’era il circolino, ma ricca di speranze ed energie, aperta all’accoglienza. E’ questa la Chiesa che mi manca, è questa la Chiesa che vorrei. Pasquale Cersosimo

L’operatore sociale

Quando si affronta una tematica così importante, la Chiesa che vorrei, i miei pensieri vanno soprattutto ai principi ed ai valori del cristianesimo e, conseguenzialmente, del cattolicesimo ed alla reale applicazione nell’attuale società. Il ruolo della Chiesa vista nei suoi aspetti gerarchici burocratici mi interessa poco e mi interessa ancor meno valutare azioni degli organi ecclesiastici e di tutti coloro che si definiscono, in modo autoreferenziale, cattolici. Boccerei immediatamente il cattolicesimo se pensassi ai comportamenti di alcuni preti e prelati (penso agli episodi di pedofilia, all’utilizzo improprio delle funzioni ecclesiastiche o all’eccessivo sfoggio delle ricchezze della Chiesa). Come ritengo non sono da esempio coloro che si definiscono cattolici solo perché frequentano le parrocchie andando a Messa e, che poi nei comportamenti di tutti i giorni, tutto fanno, tranne che mettere in pratica ciò che Gesù Cristo ha predicato. Quando penso alla Chiesa, mi piace pensare ai conventi francescani (ed a Morano siamo fortunati ad averne uno, in cui si vive un ambiente di estrema umiltà e di servizio per gli altri). Mi piace pensare ad una Chiesa come luogo di culto, priva di sfarzo, povera, in cui l’aspetto determinante sia la preghiera dei fedeli, sia il silenzio del posto e l’accoglienza del Signore, sensazioni che vivo quando ho la possibilità di entrare nella chiesa di San Bernardino. Un grande ruolo ed una grande finzione può avere la Chiesa, e stimo i parroci delle nostre parrocchie per il lavoro che stanno facendo sul territorio, per portare nella società attuale i valori che Gesù Cristo ha predicato tanti anni fa. Basta pensare al sacrificio, alla sofferenza, al rispetto dell’altro e del diverso: l’accettazione e la messa in pratica di questi principi migliorerebbe sicuramente la realtà attuale. Francesco Di Leone

Il Sindaco

La Chiesa che vorrei? Semplicemente vera, senza troppe maschere. Una Chiesa senza pregiudizi e senza troppi falsi buonismi. Una Chiesa ricca di umiltà, semplicità, speranza, giustizia e pace. Una Chiesa che non regredisse ma che si aggiornasse, stando al passo coi tempi. Una Chiesa che sapesse usare la propria libertà, donatale da Cristo, senza farne un uso inadeguato e inappropriato. Una Chiesa colma di giovani pieni di entusiasmo e amore, capaci di mettersi gratuitamente al servizio del prossimo. Una Chiesa dotata di educatori e formatori validi ed efficienti per seguire e preparare le nuove generazioni a ricercare, scegliere e affrontare il proprio futuro. Una Chiesa fatta non solo di sacerdoti e suore, ma anche di laici capaci di testimoniare il Vangelo senza timori e vergogne. Una Chiesa ricca di laici che si rimboccassero le maniche, senza brontolare, affinché risplenda la Chiesa che vorrebbe Gesù. Una Chiesa dove fosse forte la presenza dei fidanzati e degli sposi pronti ad educare i propri figli a vivere la fede e l’amore di Dio. Una Chiesa che sapesse accogliere, ascoltare e sostenere le diversità senza aver paura, meravigliandosi del grande messaggio che esse portano. Una Chiesa che esercitasse la sua autorità spirituale senza cercare la propria forza nei poteri temporali (politici, economici o mediatici), ma semplicemente nel Vangelo e in Cristo. Una Chiesa non solo per i vincenti. Una Chiesa che sapesse prendersi carico del mondo con le sue contraddizioni per trasformarlo. Una Chiesa che fosse “per” o “con” i poveri. Una Chiesa povera. Angela Marino

La studentessa

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“ D e s i d e r o u n a C h i e s a u m a n a , u m i l e e c h e e n t u s i a s m i ”

Mi chiamo Luigi Gugliotta, ho 20 anni, sono disoccupato. Un giovane come tanti. Senza lavoro, ma alla ricerca, continua e spasmodica, di un’occupazione. Per non passeggiare tutto il giorno, per avere una prospettiva, sempre più difficile da perseguire di questi tempi. Ho conseguito la licenza media, poi mi sono gettato a capofitto nel mondo del lavoro, impegnandomi nel volontariato, per dare una mano a chi ne ha bisogno. E dico: mi piacerebbe che la Chiesa si interessasse ancora di più dei problemi di chi non ha lavoro. Che riuscisse a offrire occasioni e possibilità per creare occupazione, negli ambiti in cui essa opera. Il volontariato è bello, ma non può essere l’unica occupazione di una persona. Se la Chiesa, ad esempio, promuovesse delle cooperative sociali, dei servizi da offrire a chi ha più bisogno, potrebbe anche offrire possibilità di lavoro. A mio parere, la solidarietà è il viatico per cercare lavoro, in una società dimentica dei problemi dei più deboli, in cui le fasce sociali più bisognose sono sempre più in aumento.Conosco delle realtà in cui la solidarietà umana, anche nell’ambito della Chiesa, ha aiutato dei giovani a trovare lavoro o a ricollocarsi. Mi piacerebbe che questo avvenisse anche da noi. Per non continuare a passeggiare in lungo e in largo aspettando che qualcosa di nuovo succeda.Luigi Gugliotta

Il disoccupato

Quando parliamo di Chiesa, il più delle volte pensiamo ai sacerdoti,vescovi o comunque ai consacrati che la rappresentano, e ci dimentichiamo quasi sempre che la Chiesa è il popolo di Dio, l’assemblea di tutti i battezzati, cioè tutti noi! Ho fatto questo preambolo perché quando mi è stato chiesto di parlare della Chiesa che vorrei, anch’io inizialmente ho pensato di descrivere tutto ciò che i nostri parroci forse non sono più, a motivo dei tempi che viviamo. Ma riflettendoci un attimo, è palese che il “forse non sono più” si possa estendere a quasi tutto il gregge. Ma perché dico questo? Perché, secondo me, dovremmo fare tutti un passo indietro, tornare ad uno stile di vita diverso che richiamasse più l’entusiasmo della prima comunità. Mi emoziona sempre leggere quei versetti degli Atti degli Apostoli, dove si testimonia dell’unione fraterna, fino a tenere ogni cosa in comune. Oggi, purtroppo, non è più cosi. All’interno delle nostre piccole comunità troppe divisioni, poca umiltà, tanta maldicenza e poco ascolto. Persino quando prepariamo le celebrazioni dei sacramenti (confermazione, prima comunione), spesso perdiamo di vista il vero senso del Sacramento a vantaggio di tanta apparenza. Non dimentichiamoci mai l’insegnamento di san Paolo: «Voi siete corpo di Cristo e Sue membra: se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme, e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui» (1Cor 12, 26-27). Rosanna La Polla

L’insegnante - madre

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Un altro anno di riflessione ed educazionedi Gaetano Zaccato

Sabato 17 ottobre, con inizio alle 18, monsignor Vincenzo Bertolone, alla presenza di una moltitudine di fedeli, ha dato il via in Cattedrale al nuovo anno pastorale. Nel corso della solenne celebrazione eucaristica il Pastore della Chiesa cassanese ha tracciato le linee guida dell’azione della Chiesa locale per i prossimi dodici mesi. Tantissime le novità annunciate: la visita pastorale alle 47 parrocchie ed a tutte le comunità cristiane della Diocesi; la terza lettera pastorale “La Chiesa che vorrei”; gli eventi promossi in occasione dell’anno sacerdotale; il convegno diocesano sul tema “La Chiesa che vorrei”, in calendario per i prossimi 20 e 21 di novembre a Trebisacce; appuntamenti, culturali e spirituali già programmati: su tutti, quelli incentrati sull’ultima enciclica di Papa Benedetto XVI, “Caritas in veritate”; la benedizione, al santuario della Madonna della Catena (22 novembre) della statua dedicata a don Luigi Orione. Durante la santa messa, inoltre, sono state benedette e consegnate agli iscritti le tessere dell’Unione cattolica italiana insegnanti medi (Uciim), e conferito, ai ministri straordinari dell’Eucarestia, lo speciale mandato di spezzare il pane nel nome di Cristo, mentre le aderenti all’Ordo Viduarum, di recente istituzione, hanno prestato il loro giuramento di fedeltà all’amore di Dio. Infine, sono stati resi noti i dettagli relativi all’avvio del processo di beatificazione di monsignor Raffaele Barbieri, don Carlo De Cardona e suor Semplice Maria Berardi.

Impegno imprescindibile dell’anno pastorale iniziato il 17 ottobre scorso è, negli intenti del Vescovo, la formazione catechetica. Sarà avviata nel febbraio del 2010, in coincidenza con l’inizio della Quaresima, la prima visita pastorale del alle 47 parrocchie ed a tutte le comunità cristiane della Diocesi. Sarà l’anno anche della terza lettera pastorale data alle stampe da monsignor Bertolone, i cui contenuti saranno ufficialmente resi noti l’11 dicembre a Castrovillari nel corso dell’assemblea diocesana. Altri eventi riguarderanno quelli promossi in occasione dell’anno sacerdotale tra i quali rientrano: un pellegrinaggio ad Ars sulle orme di san Giovanni Maria Vianney e percorsi catechetici finalizzati all’aggiornamento ed alla formazione dei sacerdoti e dei laici impegnati nell’ambito delle parrocchie e dei movimenti e gruppi ecclesiali.R. F.

La formazione

Il primo importante convengo programmato dalla nostra Diocesi è quello sul tema “La Chiesa che vorrei”, in programma il 20 e 21 di novembre a Trebisacce. Tanti altri appuntamenti, culturali e spirituali sono stati, altresì, già programmati: su tutti, quelli incentrati sull’ultima enciclica di Papa Benedetto XVI, “Caritas in veritate”, che si concretizzeranno in un incontro (a dicembre, nei saloni dell’aula consiliare) con gli amministratori del Comune di Cassano, ma pure in conferenze tematiche da tenersi in ciascuna delle quattro vicarie ed in un convegno conclusivo, previsto per il 12 marzo 2010, al quale parteciperà, in veste, di relatore anche il professor Stefano Zamagni. Da segnalare, ancora, le specifiche lezioni sul senso della Chiesa e il convegno sui temi del quinto convegno ecclesiale regionale di recente svoltosi ad Isola Capo Rizzuto.R. F.

I convegni

Nel nuovo anno pastorale, il terzo del nostro Vescovo, saranno avviati i processi di beatificazione di monsignor Raffaele Barbieri, don Carlo De Cardona e suor Semplice Maria Berardi, le cui storie ed i cui esempi, al pari delle altre figure di santità trattate nel convegno diocesano svoltosi nel maggio 2009 ad Altomonte, saranno oggetto di un volume di prossima pubblicazione.Inoltre, è stato annunciato che il 22 novembre p.v. verrà collocata al santuario della Madonna della Catena una statua di don Luigi Orione alla presenza del Superiore generale degli orionini, don Flavio Peloso.R. F.

Le beatificazioni

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Quando il Pastore visita i suoi fedelidi Francesco Oliva

L’annuncio del nostro vescovo della sua visita pastorale per il 2010 ha suscitato interesse e attesa in Diocesi. L’ultima è avvenuta col vescovo Andrea Mugione negli anni Novanta del secolo scorso. Ma perché questa nuova iniziativa? Alcuni si chiedono: cos’è? Altri pensano che il

vescovo voglia mettere in atto i suoi poteri di vigilanza e, quale ispettore di altri tempi, indagare all’interno delle amministrazioni parrocchiali, sorvegliare sui comportamenti del clero, verificare “lo stato di salute” dei fedeli. Niente di tutto questo. La visita pastorale è più semplicemente l’incontro

Cassano è una delle più antiche diocesi della Calabria, se si vuol credere che nel 465 il suo primo vescovo, Caprarius, intervenne al Sinodo Romano di Papa Ilario. E’ comunque certo che Sassone o Gregorio fu vescovo di Cassano fra il 1085 e il 1111, agli albori cioè nel secondo millennio, e la successione apostolica si snoderà nei secoli, fino ad oggi, attraverso nomi sconosciuti e dimenticati per sboccare, nel secolo scorso, nelle figure eminenti del cardinale La Fontaine (1906-1910) e di altri. La diocesi, negli ultimi decenni, ha registrato un processo di ristrutturazione territoriale. Agli inizi del 1900 fu separata Maratea. Nel 1919 fu costituita l’Eparchia di Lungro. L’ultima ristrutturazione risale al 4 aprile del 1979. Con i suoi centomila abitanti, la Diocesi è veramente a misura d’uomo, ma molto sparpagliata su un territorio che va dagli oltre mille metri di altitudine di Campotenese fino al mare, nella lunga fascia di ridenti cittadine che da Sibari giungono fino a Rocca Imperiale. Attualmente i comuni diocesani sono 22, per una superficie totale di Kmq 1.311 e 108.054 abitanti. La diocesi è costituita da 4 vicarie: Cassano, Castrovillari, Oriolo e Trebisacce, comprendenti 47 parrocchie, 4 comunità religiose maschili, 22 comunità religiose femminili, 62 presbiteri incardinati residenti in diocesi e 6 presbiteri religiosi residenti in diocesi. Gaetano Zaccato

La Diocesi di Cassano

del Pastore con i fedeli, «un segno della presenza del Signore che visita il suo popolo» (Pastores gregis, 46). Essa risalta ancora oggi come una delle forme, collaudate dall’esperienza dei secoli, con cui il vescovo mantiene contatti personali con il clero e con gli altri membri del Popolo di Dio, esercitando il suo ministero episcopale; quale immagine viva di Gesù, il “Buon Pastore”, che cura il gregge che gli è stato affidato con l’insegnamento, la santificazione e il governo. L’intento è di ravvivare le energie degli operai del Vangelo, lodarli, incoraggiarli e consolarli. Ben venga allora il nostro Pastore. La sua visita non è per compiere uno specifico obbligo previsto con cadenza quinquennale dal codice di diritto canonico, ma per manifestare il volto del Padre e l’entusiasmo evangelico dell’Apostolo. Anche se in questi primi tre anni del suo ministero episcopale tra noi, il nostro vescovo ha stabilito un rapporto piuttosto stretto e personale con tutti i presbiteri, le comunità religiose e le parrocchie, questa è un’occasione in più per «richiamare tutti al rinnovamento della propria vita cristiana e ad un’azione apostolica più intensa» (Apostolorum successores, 221), per formarsi una conoscenza diretta e approfondita della diocesi e delle situazioni e circostanze delle comunità ecclesiali e per vedere con i propri occhi le opere e le istituzioni presenti nel territorio diocesano. Tutto questo la rende, più che adempimento burocratico, «un autentico tempo di grazia e momento speciale, anzi unico, in ordine all’incontro e al dialogo del Vescovo con i fedeli» (Pastores gregis, 46). La prospettiva più peculiare è quella dell’incontro con le persone, specialmente con coloro che prendono parte a vario titolo all’apostolato. Lo stile è quello dell’ascolto e del dialogo, dell’ascolto del suo magistero, ma soprattutto dell’ascolto della Parola di Dio e del Cristo, vivo ed operante nella Chiesa e nella storia, attraverso il dono dello Spirito Santo. E’ a Lui, vero Maestro interiore, che occorre prestare ascolto, sì da riconoscerlo nel volto del Pastore, mentre avverte: «Ecco, sto alla porta e busso» (Ap 3,20). Dopo l’anno della missione popolare, in tutte le parrocchie della diocesi si attende questa Visita. La speranza è che da essa scaturiscano nuovi impulsi per la realizzazione della “Chiesa che vorrei”, una chiesa capace di vivere le dimensioni del mondo, che sappia guardare lontano e guardare alla gravità dei problemi del mondo, secondo l’auspicio più sentito che il Pastore della nostra Chiesa esprime anche nella sua ultima Lettera Pastorale.

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Il ruolo dei settimanali cattolicidi Giuseppe Malomo

Il ruolo dell’informazione tra crisi economica sviluppo sostenibile e sistema solidale. Questo il tema del Convegno nazionale della Fisc (Federazione italiana dei settimanali cattolici) che si è svolto dal 12 al 14 novembre scorsi tra San Miniato, Santa Croce e Casciana Terme, in provincia di Pisa. In quanto aderente alla Fisc, anche “L’Abbraccio” era presente, insieme a circa 120 delegati, rappresentanti le 185 testate facenti capo alla federazione. Il convegno è stato fortemente voluto dal vescovo di San Miniato, monsignor Tardelli, anche per celebrare il 70° anniversario della fondazione del settimanale diocesano “La Domenica” ed i 25 anni del settimanale regionale “Toscana Oggi”. In questo quadro di celebrazioni si sono ricordati anche i 20 anni del Sir, il servizio di informazione religiosa, nato proprio per volontà della Fisc per fornire ai settimanali cattolici, informazioni, documentazioni, approfondimenti sui fatti

ecclesiali italiani ed europei. Il convegno si è aperto a San Miniato con i saluti di monsignor Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze e presidente della Conferenza episcopale toscana. Il Presule ha sottolineato la peculiare funzione dei mezzi di comunicazione sociale nell’educare le intelligenze e formare l’opinione pubblica secondo lo spirito del Vangelo ed ha poi ricordato il documento della Cei, “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”, invitando i giornalisti cattolici ad impegnarsi nel dare speranza evangelica agli uomini che si trovano disorientati dai moderni mass media. Successivamente, sono seguiti i saluti delle autorità civili presenti (il vice presidente della Regione Toscana, il presidente della Provincia di Pisa, il sindaco di San Miniato). È intervenuto quindi il direttore di “Toscana Oggi”, Andrea Fagioli, ricordando Alberto Mingoni, direttore del settimanale recentemente

scomparso, ed i 25 anni della testata. La serata si è conclusa con la consegna del Premio giornalistico nazionale “Giovanni Fallani”, primo segretario della Fisc e primo presidente del Sir. I lavori sono proseguiti il giorno successivo a Casciana Terme:

A detta di Gianfranco Fabri, i mezzi di comunicazione hanno certamente una grande responsabilità ma, nello sviluppo e propagarsi di una crisi economica, grande responsabilità riveste anche quanto proclamato dalla comunità scientifica e dagli economisti in genere. Allbright, ha ricordato il vicedirettore del “Sole 24 ore”, diceva che le crisi avvengono ogni volta che si perde memoria della crisi precedente. L’informazione è sempre arbitraria e soggettiva, il giornalista sceglie quali notizie pubblicare e chi fare parlare, in questa scelta sta la responsabilità degli addetti alla comunicazione che diventano parte ed artefici delle notizie. Non si può però dare responsabilità al mercato, poiché è solo uno strumento, ed in quanto tale non è né morale né immorale. Sono le persone che lo utilizzano che ne fanno la differenza. G.M.

Parola di Fabri

nello splendido salone delle terme si sono avvicendati gli interventi dell’economista Stefano Zamagni, ordinario di economia politica all’Università di Bologna, sul tema della crisi economica globale. Gianfranco Fabi, vice direttore del quotidiano “Il Sole 24 ore”, s’è soffermato sul connubio tra informazione ed economia. Ha chiuso i lavori il deputato Enrico Letta, che ha parlato delle prospettive del sistema Italia di fronte alla crisi. Nel pomeriggio il convegno si è spostato presso la conceria Ausonia, in Santa Croce sull’Arno. Qui si è discusso di tecnologia e sostenibilità ambientale. Hanno parlato i conciatori del distretto industriale, fortemente provato dalla crisi, Maurizio Petriccioli, segretario nazionale della Cisl ed il deputato Ermete Realacci. Il convegno si è concluso sabato 14 novembre con la relazione del presidente della Fisc, monsignor Giorgio Zucchelli, che ha rilanciato il ruolo dei settimanali cattolici, vera peculiarità e ricchezza per la Chiesa e la società italiana.

Parola di Zamagni

Secondo il professor Stefano Zamagni, la responsabilità dell’attuale crisi si può equamente ripartire tra i pensatori economici ed esperti di politica economica, chi doveva vigilare sul sistema economico, e quindi il sistema politico, ed i consumatori. I consumatori hanno il dovere di informarsi prima di affidare i proprio risparmi e fare i propri investimenti, sono pertanto corresponsabili dell’attuale crisi. Le bolle speculative, da cui questa crisi ha origine, sono alimentate dalla stampa e dai mezzi di comunicazione. Anche la stampa cattolica ha una certa responsabilità, poiché non ha dato voce a chi ha saputo cogliere e capire le premesse dell’attuale stagione di precarietà. Ma ci sono tre principali motivazioni che sono all’origine di questa crisi globale. La prima è che alla base della ricchezza non c’è più il lavoro ma la finanza speculativa, fare soldi dai soldi e non dal lavoro degli uomini. Secondo, che l’impresa viene definita come una merce ed alla stregua di questa può essere comprata e venduta ad libitum, secondo l’occorrenza. L’impresa, secondo questa declinazione, non ha alcuna relazione e responsabilità verso i lavoratori e verso il territorio, non ha alcun riferimento al bene comune. Terzo, è che vige una separazione tra mercato e democrazia, ovvero il mercato viene considerato come una zona moralmente “neutra” e la democrazia è vista come un costo che rallenta e frena la produzione. G. M.

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Servire i giovani per servire la società

Il cammino quotidiano della Pastorale giovanile nella dimensione della Parrocchia, come spazio privilegiato per incontrare i giovani, ascoltarne i bisogni, le ansie, le attese ed i sogni, e costruire quella rete importante di relazioni che permette di guardare al futuro con occhi nuovi.

C’era tutto il mondo dell’animazione pastorale giovanile nazionale al convegno di Metaponte, celebrato a fine ottobre dalla direzione nazionale del settore con Nicolò Anselmi incaricato nazionale a tenere le fila dei cinque intensi giorni di confronto e dialogo. Al centro del confronto, la questione educativa come sfida per il futuro e del

presente, da saper interpretare, cogliere, progettare per il futuro dei giovani e della chiesa italiana. Importanti relatori, momenti di animazione, visita ai contesti ecclesiali della diocesi della regione ospitante, la Basilicata, dibattito serrato e schietto tra sacerdoti, direttori degli uffici diocesani,

laici impegnati, associazioni, movimenti, religiosi e religiose coinvolti a vario titolo nell’animazione giovanile dei territori. Insomma, un popolo impegnato nel capire cosa dire e come arrivare ai giovani nei prossimi dieci anni della Chiesa in Italia, tra sfide, problematiche sociali e religiose, annuncio e quant’altro si può vivere nell’annunciare ai giovani il Vangelo della Salvezza e della Gioia. Ad aprire il convegno, monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Cei, che nella celebrazione introduttiva della Pastorale giovanile ha sottolineato come ci sia bisogno di essere educatori credibili nel contatto e nel confronto con i giovani. «Ogni progetto pastorale ha bisogno di una dimensione spirituale, di un’anima senza la quale tutto si riduce a sterile attivismo», ha detto il segretario della Cei. «Si ha l’impressione – ha aggiunto Crociata – di vivere in un tempo di tiepidezza, dove tutto pare privo di vigore, spiritualmente decadente», un tempo in cui trova spazio «un certo fondamentalismo, anche nei nostri ambienti, che crede di colmare questo vuoto di verità e di amore con il fanatismo». Un rischio che può trovare risposta «nella proposta cristiana che non è un accompagnamento vuoto ma una proposta esigente, sana, motivante, capace di additare obiettivi forti e orizzonti

vasti». Don Nicolò Anselmi, dal canto suo, ha puntato sull’aspetto delle parrocchie come «agorà» vitale dell’annuncio. Il tema del convegno – “Non è venuto per farsi servire, ma per servire” - significativamente importante per sottolineare la volontà dell’attenzione nei confronti dei giovani, era

finalizzato a rimettere in primo piano «le diocesi e le parrocchie (con la ricchezza dei movimenti e delle associazioni che in esse vivono) quali luoghi privilegiati per quell’incontro personale dei giovani con Cristo che può guidarli alla santità». La nostra diocesi, presente con una sua delegazione, programmerà il futuro della azione pastorale anche utilizzando le tante sollecitazioni che da Metaponto sono state lanciate agli uffici ed ai giovani impegnati nell’animazione. Al convegno, inoltre, sono stati lanciati anche i primi stimoli per iniziare a programmare la partecipazione dei giovani delle diocesi italiane alla prossima Giornata mondiale della Gioventù di Madrid del 2011.

di Vincenzo Alvaro

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In Turchia sulle orme di San Paolodi Giuseppe Ramundo

Ad alcuni mesi dalla chiusura dell’Anno Paolino ed a pochi giorni dal convegno ecclesiale regionale 2009, una nutrita rappresentanza della nostra Diocesi formata da circa 45 fedeli accompagnati da due sacerdoti, dal vicario generale e sotto la guida del vescovo, monsignor Vincenzo Bertolone, ha intrapreso, dal 21 al 28 Ottobre, il pellegrinaggio sulle orme di Paolo, insieme ai fedeli della diocesi di Mileto, guidati dal loro vescovo, monsignor Luigi Renzo. L’assistenza spirituale era affidata alla

cura dell’Opera Calabrese Pellegrinaggi, nelle persone dei sacerdoti don Carmine De Franco e don Danilo D’Alessandro. Diverse le località visitate: Tarso, Kaynakli, Cappadocia, Avanos, Konya (con la celebre moschea di Mevlana), Pamukkale (l’antica Hierapolis), Efeso, Balat, Didyma, Smirne, Istanbul.La visione di filmati a tema, la preghiera, alcune letture del Nuovo Testamento e dei Padri e, soprattutto, le celebrazioni eucaristiche, presiedute alternativamente dai due Vescovi, e le loro

In Turchia, ripercorrendo le orme di Paolo, abbiamo conosciuto una terra incantevole. Fra tanto fascino però, un malessere sottile ha invaso il mio animo: nella terra dove il cristianesimo è fiorito fin dai primi anni, i pochi, pochissimi cristiani che vivono devono tenere nascosta la loro fede. La Turchia si proclama stato laico. In questa stessa Turchia, però, le Chiese non affacciano sulle strade, sono protette da mura che non permettono di scorgerne le strutture, la celebrazione eucaristica avviene a porte chiuse. A prendersi cura dei luoghi di culto sono poche persone. A Tarso, città di Paolo, ci sono due suore che custodiscono una piccola Chiesa dedicata all’Apostolo delle genti. Queste suore, in quest’anno paolino hanno vissuto un periodo particolarmente felice: dato l’afflusso di pellegrini e sacerdoti, non hanno dovuto percorrere circa 70 chilometri per partecipare alla Santa Messa come sono costrette a fare di solito.Come questa, tante difficoltà da affrontare quotidianamente. Allora, noi che viviamo un cristianesimo comodo, talvolta abitudinario, dobbiamo prendere coscienza che vi sono posti dove essere cristiani è una scelta difficile, se, anche in un paese che vuole far parte dell’Europa, la Chiesa, pur se non perseguitata, per sopravvivere deve essere invisibile. Non dovremmo far sentire di più la nostra voce in difesa della libertà di essere cristiani ovunque? Adele Omaggio

La testimonianza

omelie (incentrate sulla figura, l’esperienza di fede, la missione, l’insegnamento e la testimonianza di Paolo in un contesto non certo molto diverso dal nostro) ci hanno confermato, sull’esempio dell’Apostolo, che una vera evangelizzazione è possibile e credibile se nasce non «da grandi sistemi di ragionamento» (1 Cor.2,1-2), ma solo se «l’amore di Cristo ci possiede e se quelli che vivono non vivano più per se stessi ma per Colui che è morto e risorto per loro» (2 Cor. 5,14-15).

SPERANZA

O Monsignore di Cassano,che tieni, sempre il Cristo in manoguarda, pure, noi con Amore,perché Ti portiamo dentro il cuore!

Il pellegrinaggio che stiamo facendoÈ pieno d’Amore e d’ intento.Vorremmo ancor restar per questa viaPer goder lo splendore di Maria!

E noi preghiam perché come Anania,Barnaba, Paolo di Tarso i nostri sacerdoti Francesco, Franco,Carmine e Giuseppe,seguano il loro passo.

E nell’ora pia dell’AvemariaricordaTi di noi con simpatia.

Ornella Presta

Efeso, 25 ottobre 2009

La poesia

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Mamma Natuzza è tornata al Padre

Mentre la Chiesa celebrava la liturgia dei Santi, il cielo si arricchiva di una nuova inquilina. Infatti, nelle prime ore di domenica primo novembre 2009 Natuzza Evolo percorreva la tappa finale del pellegrinaggio terreno accompagnata dalla preghiera e dall’affetto della gente che le si è stretta in un grande ed ininterrotto abbraccio. Flebile ma deciso è stato l’ultimo sì al mistico sposo della sua anima, Gesù abbandonato-risorto. Quello che mi ha sempre attratto di questa sorella in Cristo è stata la sua semplicità e il suo senso dell’obbedienza all’autorità ecclesiastica. Natuzza non ha mai fatto niente che potesse mettere in difficoltà la Chiesa. È stata sempre fedele alle indicazioni che i vescovi, che l’hanno conosciuta, le davanoLa seconda metà del Novecento, nella fase postconciliare, ha assistito ad un rigurgito di spiritualità. Natuzza trova posto in questa costellazione con un carisma che ne contraddistingue la fisionomia e l’azione spirituale. La mistica calabrese con stile silenzioso ed umile, ha infatti creato istituzioni di assistenza e di promozione umana, ma parimenti, si è dedicata ad accendere il fuoco dell’amore di Dio nei

cuori.Ora tutto è veramente compiuto: il sogno degli inizi si è fatto verità, l’anelito appassionato è appagato. Natuzza incontra Colui che ha amato senza vedere e, piena di gioia, può esclamare: «Sì, il mio redentore è vivo!» F. C.

Le attività della parrocchia di San Francesco vengono, di tanto in tanto, rese particolari dalla presenza di religiosi chiamati ad animare alcuni momenti dell’anno liturgico. A tal proposito, è stata provvidenziale la presenza di quattro fraticelli nella giornata missionaria mondiale: fra’ Emanuele, di Castrovillari; fra’ Enzo dall’Abruzzo; fra’ Domenico dalla Slovenia, e fra’ Jesus dagli Stati Uniti. Tutti e quattro molto giovani, hanno avuto modo di intrattenersi con i fedeli, ma soprattutto sono stati un segno di speranza in una comunità che deve lottare con tutte le forze per difendere la fede continuamente minacciata su tutti i fronti. Una presenza particolarmente apprezzata nella nostra parrocchia, che pur contando poco più di tremila persone, ha la chiesa frequentata da molti fedeli, che confluiscono da tutta la città. Al centro di Castrovillari, nella piazza del Municipio, si scorge subito la facciata della chiesa di San Francesco di Paola. A chi arriva da via Roma si presenta frontalmente, quasi fosse meta obbligata e al termine del percorso. Per chi scende da corso Garibaldi, viene preannunciata dall’esile campanile. Nata come chiesa del monastero delle clarisse, con il titolo di Santa Maria scala coeli, dal 1908 è sede della parrocchia con il nuovo titolo di san Francesco di Paola. Dal 1940 prestano il loro servizio pastorale i frati minori conventuali; per intenderci, una delle tre famiglie dell’ordine religioso fondato da san Francesco di Assisi. I frati abitano nel convento edificato dietro la chiesa. Oltre che in parrocchia, essi prestano il servizio all’ospedale. La spiritualità minoritica e il culto a san Francesco di Paola sono compresenti e armonizzati nella vita della comunità. Il confronto continuo con i due colossi della cristianità, Francesco di Assisi e Francesco di Paola, hanno nel tempo incoraggiato i religiosi a fare delle scelte pastorali che privilegiano l’annuncio, la celebrazione dei sacramenti e la carità, trascurando, fino ad annullare quell’apparato esteriore a cui ancora spesso si è costretti in molte comunità. Paolo Sergi

I Conventuali nel cuore di Castrovillari

Promosso e organizzato dall’associazione “Metodo Billings Calabria”, in collaborazione con la Conferenza episcopale calabra e l’Università cattolica del Sacro Cuore di Roma, si terrà nelle prossime settimane a Rossano, nella sala conferenze del centro diocesano di pastorale alla vita, un corso destinato alla formazione di persone qualificate all’insegnamento dei metodi naturali di regolazione della fertilità con specializzazione nel metodo dell’ovulazione Billings. Le

lezioni si articoleranno in sei sessioni, ciascuna della durata di due giorni (di sabato, dalle 10.30 alle 19, e di domenica, dalle 8.30 alle 17, nelle seguenti date: 12-13 dicembre2009, 20-21 febbraio 2010, 20-21 marzo 2010, 19-20 giugno 2010, 18-19 settembre 2010, 20-21 novembre 2010). La frequenza consentirà di conseguire il diploma di insegnante del metodo dell’ovulazione Billings. La quota d’iscrizione è pari a 300 euro a persona (500 per le coppie), con versamento dilazionato. Per maggiori informazioni, contattare la segreteria organizzativa (aperta tutti i giorni, esclusi giovedì e domenica) al numero 0983 522182.RedA

Metodo BillingsUn corso a Rossano

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Mons. Barbieri, padre, maestro e pastore

Monsignor Raffaele Barbieri ha retto la Diocesi di Cassano dal 1937 al 1968, un periodo lungo e ricco di amore da parte di questa grande figura nella storia del secolo scorso per la nostra terra, e non solo, per il quale la Diocesi era la sposa da amare e servire, senza badare a sacrifici e rinunce, fino alla morte.Nacque a San Marco Argentano il 4 ottobre del 1898. La sua famiglia era di umili origini: il padre, Giuseppe, era contadino, e la madre, Clarice De Gola, filatrice. Da fanciullo frequentò le scuole elementari e nel 1910, su sollecitazione di monsignor Salvatore Scanu, iniziò a frequentare il seminario diocesano per compiere gli studi teologici nel nuovo seminario regionale San Pio X di Catanzaro. Fu ordinato sacerdote il 21 maggio 1921, e per 12 anni fu impegnato nel seminario diocesano con alterne funzioni: prefetto, docente, rettore e padre spirituale.Il vescovo Demetrio Moscato, succeduto nel 1932 a monsignor Scanu, lo nominò delegato vescovile di San Marco: egli gestì questa carica molto delicata fino al 1937, quando, a soli 39 anni, venne eletto Vescovo della millenaria Diocesi di Cassano. Per 31 anni, fu pastore instancabile, con una partecipazione costante ed intensa sia nel campo dell’apostolato religioso che in quello socio-culturale: alcuni sacerdoti dicevano che ogni pietra della Diocesi ormai portava il nome del Vescovo Barbieri.Fu un grande oratore, dal dire fascinoso e suadente; ne sono testimonianza gli elogi funebri di cinque Vescovi calabresi raccolti nel volume “Pastori di Calabria ed il cantico dell’episcopato cattolico”, nonché varie lettere pastorali sullo Spirito Santo, sul Sacratissimo Cuore di Gesù, sulla Vergine Maria, su San Francesco di Paola, sul Sacerdozio e la catechesi e altre ancora, tutte piene di una grande ed illimitata fiducia nella Divina Provvidenza e Misericordia di Dio e uno sconfinato

di Massimo Romano

amore alla Chiesa, alla Madonna, ai sacerdoti, a tutti. Energico ed attivo nonostante la sua salute cagionevole, soleva dire: «l’operaio

che mette mano all’aratro e si volta indietro non è degno del Signore». Lo si vedeva lavorare nel suo studio fino a notte fonda e all’alba era già in piedi per la preghiera, la meditazione e la santa messa, soprattutto nelle lunghe e gelide giornate di inverno. Nella sua sofferenza e malattia diede un grande esempio di accettazione e sottomissione

alla volontà di Dio. Morì il 31 gennaio 1968. Chi assistette alla vestizione della salma racconta che

ciò che indossava sotto l’abito era tutto consumato e più volte rattoppato. La fama delle sue virtù era tale che tutto il popolo della Diocesi, e non solo, pianse la sua morte e onorò i suoi funerali con un concorso mai visto di prelati, sacerdoti, uomini illustri e soprattutto gente semplice, povera, che in vita il Vescovo tutta soccorse e nessuno rifiutò; diceva: «La pecorella ha bussato alla porta del suo pastore, bisogna che le si apri poiché il bisogno della

pecorella è più importante di qualsiasi altra cosa». Profuse un immenso amore nella sua missione di pastore, per quella che Egli considerava «la mia amatissima diocesi […] la mia Cassano». Le sue visite erano puntuali e frequenti; conosceva le situazioni di isolamento geografico dei paesi interni, ai quali non faceva mai mancare la sua vicinanza paterna, con suggerimenti, consigli e offerte. Nel suo testamento spirituale scrisse: «Vorrei aver lavorato come gli Apostoli, sofferto come i Martiri, pregato come i confessori, a gloria del mio Sacerdozio. Voglio che la mia morte sia per me la Messa suprema in onore dell’Altissimo, che tanto mi ha perdonato, come spero, per la sua infinita misericordia. Desidero che l’ultimo moto del mio cuore sia un atto di amore a Gesù, a Maria, alla

Chiesa, al Papa, alla Diocesi». Le spoglie mortali di monsignor Barbieri, come era suo desiderio, riposano in quella Chiesa, la bella Cattedrale, che lo ha visto padre, maestro e pastore, nel grembo di quella nuda terra che egli così v iscera lmente amava.

Per monsignor Barbieri, come per don Carlo De Cardona e suor Semplice Maria Berardi, la Diocesi di Cassano ha aperto la causa di beatificazione, primo passo verso la canonizzazione, ovvero la dichiarazione ufficiale della santità di una persona defunta da parte della Chiesa. Emettendo questa dichiarazione, la Chiesa afferma che quella persona si trova con certezza in Paradiso e in più, rispetto alla semplice beatificazione, ne permette il culto come santo. È una consuetudine in uso presso la Chiesa cattolica (incluse le Chiese di rito orientale) e la Chiesa ortodossa. La Chiesa anglicana non usa la canonizzazione; unica eccezione in tutta la sua storia è la canonizzazione di Carlo I d’Inghilterra. Nella Chiesa cattolica, la canonizzazione avviene al termine di un’apposita procedura, che dura in genere molti anni, chiamata processo di canonizzazione (o processo canonico). Segue due iter differenti, a seconda che il defunto da canonizzare sia morto di morte naturale o sia stato ucciso come martire. Tra le altre cose, è richiesto che vengano riconosciuti dei miracoli attribuiti all’intercessione della persona oggetto del processo. La decisione finale sull’opportunità di procedere alla canonizzazione è in ogni caso riservata al Papa. R.F.

La canonizzazione

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Viv

a vo

ce Carismatica, forte e sentimentale. Era questa Alda Merini, poetessa della semplicità e dell’amore, capace di entrare nel cuore di quanti leggevano le sue poesie. Nata a Milano il 21 marzo del 1931, Alda vive una giovinezza s p e n s i e r a t a , immersa nello studio del pianoforte e nella scrittura delle

sue prime poesie. Iniziano però i problemi che la porteranno ad un triste periodo di silenzio e isolamento, dovuto all’internamento al “Paolo Pini”. Trentasette elettroshock subiti non fermano certo la sua poesia. Non si mortifica del suo trascorso; anzi, lei stessa sostiene che un po’ di infelicità è il condimento della vita. E questo fa di Alda Merini non solo una poetessa, ma anche una donna diversa, una donna che ha vissuto una vita povera, ma ricca di felicità. E sulla vita ha un’idea ben precisa: «La vita non ha un senso; la vita ci dà un senso, basterebbe lasciarla parlare, perché prima dei poeti parla la vita». Alda Merini era una donna che non si faceva passare nulla indifferente, ed è per questo che ha parlato di tutto e di tutti, persino di Papa Wojtyla. Fervente cattolica, Alda è convinta che l’uomo deve all’altro uomo ciò che ha in eccedenza, chiamando quest’azione non carità, ma semplicemente stile di vita. Stile che mantiene anche nella poesia, perché lei scrivendo dona, ritiene di scrivere (senza presunzione) meglio di tanti altri poeti, perché non corre dietro ai premi. Ed a quanti credono di aver capito tutto di Alda e delle sue parole, lei ricorda: «Non cercate di prendere i poeti, perché vi scapperanno fra le dita».

Salvatore Di Gesù

«Quello che mi interessa di più di Elettra è il suo forte amore verso il padre!». È così che Carmen Consoli, alla “Fnac” di Milano, presenta il suo ultimo album: “Elettra”. Dopo tre anni dal suo ultimo disco, la “Cantantessa” torna con un lavoro incentrato su due temi in particolare: l’amore e la prostituzione. Prostituzione intesa in senso ampio: vendere la nostra dignità, adeguarsi alla massa pur di avere successo, nascondere le nostre reali inclinazioni. Elettra è una donna innamorata e il disco racconta l’amore in tutte le sue sfaccettature: l’amore filiale, l’amore per la propria terra, l’amore promiscuo, l’amore spirituale, l’amore incestuoso, l’amore paterno. Il mito di Elettra racconta questo suo forte amore verso il padre e la Consoli apre l’album proprio con un pezzo dedicato interamente alla figura del padre, da pochi mesi deceduto: “Mandaci una cartolina” è il segno di come la musica possa essere una medicina nei momenti di estrema sofferenza. Non lo ricorda con tristezza, ma attraverso le sue frasi ironiche, i suoi modi di fare originali. Un album, dunque, autobiografico. Un mix tra rock e ballade, sound mediterranei e nord europei.

Alberto Marino

[ poesia ] [ il disco]

[ l’idea ] C’è chi inizia il percorso di un giornale diocesano all’interno di una tenda. È la storia del nuovo quindicinale della diocesi di L’Aquila. La redazione di “Vola”, questo il nome del quindicinale, ha dato vita con il numero zero di Settembre ad un nuovo segno di speranza per la comunità aquilana colpita dal terremoto. Diretta da don Claudio Tracanna, la redazione è composta da giovani e adulti, tutti volontari. I primi numeri sono stati pensati in una tenda a Lucoli, poi è arrivato il momento di trovare una sede stabile. Visto l’arrivo dell’autunno e del freddo, la Caritas ha messo a disposizione un container nella parrocchia di San Francesco, dove erano ospitati alcuni uffici della curia, ora spostati nella nuova sede. Uno spazio dotato di due computer a disposizione dei redattori. «Questa redazione – spiega il direttore – vuole diventare un punto di riferimento non solo per i redattori, che avranno uno spazio in cui lavorare, ma anche per rendere concreta e visibile la nostra presenza tra la popolazione. Qui la gente potrà venire per offrirci le proprie segnalazioni o per richiedere le copie del giornale». È possibile leggere on line il giornale della diocesi di L’Aquila all’indirizzo www.diocesilaquila.it. Ed a noi non resta che augurare ai nostri colleghi di “Vola” una meraviglioso successo editoriale al servizio delle loro comunità. G. R.

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L’agenda del Vescovo

NOVEMBRE

20-21 novembre: convegno

diocesano su “La Chiesa che vorrei”,

hotel “Miramare”, a Trebisacce;

26 novembre: ritiro del Clero,

seminario diocesano “Giovanni Paolo

I”, a Cassano;

29 novembre: Santa Messa

in occasione del cinquantesimo

anniversario dell’ordinazione di

monsignor Ercole Lupinacci, a

Lungro;

DICEMBRE

6 dicembre: h. 11, amministrazione

del Sacramento della Confermazione,

parrocchia “San Girolamo”, a

Castrovillari;

10 dicembre: ritiro del Clero,

seminario diocesano “Giovanni Paolo

I”, a Cassano;

11 dicembre: h. 18, assemblea

diocesana, auditorium “San Girolamo”,

a Castrovillari;

12 dicembre: relazione sulla figura

di don Carlo De Cardona, aula

consiliare, a Lappano.

La Chiesa guarda ai giovani«La chiesa ha bisogno di fuoco nel cuore, parole sulle labbra, profezia nello sguardo». Con questa citazione di Paolo VI si potrebbe raccontare il coinvolgente intervento di monsignor Pietro Santoro, vescovo di Avezzano, tenuto sulla emergenza educativa nel corso dell’incontro - dibattito promosso dalla diocesi di Cassano presso l’auditorium della parrocchia di san Girolamo, a

Castrovillari. Una riflessione comune che ha tracciato i contorni entro cui oggi i giovani si muovono, vivono e da cui traggono tante mappe di orientamento non sempre rivolte alla verità. E poiché anche nella Chiesa, spesso, insistono tante evanescenti culture ecclesiali, monsignor Santoro ha richiamato alla forza dell’unità ecclesiale, come delle agenzie educative. «I giovani di oggi sono triturati – ha commentato il vescovo di Avezzano – dal vortice della mercificazione dei desideri. Siamo capaci di riconoscere i mutamenti in atto? I giovani devono essere messi al centro

della pastorale. La strategia? Alla base di sicuro vi sono il saper incontrare, cercare, con gioiosa fatica, anche se costerò la rottura di abitudini».Richiamato fortemente il ruolo degli educatori ai quali va offerta una scuola strutturata di formazione, e sottolineato il forte impulso positivo di alcune esperienze monsignor Santoro ha richiamato l’importanza della parrocchia.

«Parrocchia come casa di volti trasfigurati dalla grazia. Parrocchia che deve tornare a rioccupare il territorio, assumerlo in sè con operazione di cuore e intelligenza». Da qui l’invito a lavorare con le istituzioni e tutti i soggetti deputati a far crescere una rete di confronto e progetto insieme per il bene dei giovani. Spunti ed inviti ripresi da monsignor Vincenzo Bertolone, che ha richiamato tutti ad essere «attori nella Chiesa in forza del battesimo ricevuto. Siamo un popolo che

insieme cammina. Diamo, allora, il meglio di noi stessi dovunque siamo. Diamolo con il meglio della testimonianza che possiamo offrire. Dobbiamo pensare da credenti secondo il Vangelo ed essere uomini di comunione». L’incontro è stato coordinato da don Giovani Maurello, responsabile diocesano della Pastorale giovanile, che nella sua introduzione ha sottolineato anche i documenti della Chiesa sulla tematica trattata ed ha fornito stimoli di riflessione attraverso la visione di un filmato realizzato per l’occasione. RedA

A fine ottobre è stato in visita nella nostra diocesi Gianfranco Cabras, un giovane di origine sarda che dal 1997, attraverso il sito internet www.palavescovo.it, tiene vivo il ricordo di monsignor Francesco Pala, vescovo di Cassano dal 1984 al 1987. Gianfranco Cabras nasce a Quartu Sant’Elena 3 Marzo 1966, riceve i sacramenti e in seguito diventa attivo chierichetto proprio nella parrocchia di monsignor Pala. Fa una esperienza di vita religiosa tra i francescani ed emette la professione dei voti temporanei. Riceve i due ministeri istituiti del lettorato e dell’accolitato, che esercita tuttora. Dopo un periodo di discernimento, decide di rientrare in famiglia. È stato capo scout nell’Agesci. Da otto anni vive in provincia di Bergamo e svolge l’attività di operaio. «Vedere i luoghi che hanno visto monsignor Pala pastore, fratello, amico, compagno di viaggio di chiunque incontrasse nel suo cammino – racconta – è stato per me una grande gioia. Una ospitalità squisita che ho potuto vivere di persona».Nei giorni intensi vissuti a Cassano, Gianfranco Cabras ha incontrato e raccolto testimonianze di persone che sono state vicine a monsignor Pala, raccogliendo testimonianze e documenti per inserirli nella grande rete e poterli condividere con chiunque su www.palavescovo.it. «Mi pare giusto aver creato questo sito – chiosa Cabras - per ricambiare quanto monsignor Pala ha dato a ciascuno di noi e ricordarlo in questo modo. A tutti noi piace ricordarlo col suo sorriso».G. Z.

Il chierichetto di Mons. Pala

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Registrazione presso il Tribunale di Castrovillari n° 1/08 del 10 gennaio 2008

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Il lavoro che vorrei…..

«…Vorrei un lavoro sicuro che mi permettesse di vivere una vita tranquilla e onesta, ottenuto con le mie sole capacità, senza dover chiedere favori o raccomandazioni a qualcuno. Vorrei guadagnare soldi sudati, con un lavoro in cui possa realizzare le mie passioni, le mie ambizioni, le mie competenze e sentirmi gratificato. Vorrei un lavoro che non mi esponesse al pericolo di morire magari perché un’impalcatura non è a norma. Vorrei un lavoro dove non aver paura di non essere pagato, perché ci sono delle buone leggi a tutelarmi, dove le donne e gli uomini sono trattati come persone e non come macchine che devono semplicemente produrre. Nel lavoro che vorrei tutti hanno stipendi dignitosi per potersi assicurare un futuro e per poterlo assicurare ai propri figli e tutti riescono a lavorare per vivere e non a vivere per lavorare…». Sono queste le voci di tanti giovani, in cerca di lavoro o precari, che gli animatori di comunità del progetto Policoro incontrano presso le sedi dei Centri servizi. Sono giovani che quotidianamente vivono un tormentato rapporto con il proprio futuro e con il problema dell’occupazione. Un’occupazione che non c’è, un diritto costituzionalmente garantito, ma che ormai è negato. La Chiesa non è rimasta sorda di fronte a tanti casi drammatici, perché non c’è ambito di vita dell’uomo che sia estraneo alla Chiesa e al compito che Cristo le ha affidato: essere segno e strumento di comunione nel mondo. Con il progetto Policoro la Chiesa diventa segno dentro la storia e lancia a tutti i giovani che vivono il dramma della mancanza di un lavoro stabile un messaggio di speranza. Nei suoi 14 anni di vita il progetto Policoro ha seminato molti segni di speranza. E’ il caso di quei giovani che, con l’aiuto delle Chiese locali, hanno iniziato una storia lavorativa autonoma, realizzando in territori diffidenti cooperative sociali operanti in diversi settori. Sono giovani che hanno dimostrato come in uno spirito di comunione, di solidarietà e di rispetto reciproco, si può ancora essere protagonisti del proprio futuro e contribuire a costruire quel lavoro che tutti vorremmo.

Agenda Policoro Da mercoledi 25 novembre a domenica 29 si terrà presso il Santuario del Divino Amore a Roma il I modulo formativo del progetto Policoro 2010, rivolto agli animatori di comunità, ai tutor e ai coordinatori regionali.

Marilisa Di Geronimo

L’angolo del Progetto Policoro

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