LA CESSIONE E L’AFFITTO D’AZIENDA...Art 2557 c.c.: il soggetto che cede l’azienda deve...

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LA CESSIONE E L’AFFITTO D’AZIENDAD’AZIENDA

Govoni Dott. Andrea

Righetti Dott.ssa Deborah

1Boni Dott. Francesco Govoni Dott. Andrea

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INDICELa cessione d’azienda

- L’azienda - La cessione di azienda: aspetti civilistici:

- La forma del contratto- Il divieto di concorrenza- Il subentro del cessionario nei contratti stipulati dal cedente- Il subentro del cessionario nelle posizioni creditorie e debitorie del cedente

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- Il subentro del cessionario nelle posizioni creditorie e debitorie del cedente

- Aspetti tributari della cessione d’azienda:- Il regime ordinario della tassazione delle plusvalenze realizzate in sede di

cessione d’azienda- Trasferimento mortis causa e donazione dell’azienda- Le imposte indirette nell’atto di cessione d’azienda- Le responsabilità fiscali del cessionario

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L’azienda

Definizione di azienda (art. 2555 c.c.): “il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”. Tale collegamento funzionale si sostanzia nell’attività “organizzativa” dell’imprenditore diretta ad attribuire ai beni una determinata qualità: quella di essere funzionalmente e reciprocamente

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qualità: quella di essere funzionalmente e reciprocamente collegati in un complesso produttivo unitario.

Il termine “azienda” va inteso in senso ampio, comprensivo cioè anche di complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa, ma comunque universitas di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridico-economici suscettibili di consentire l’esercizio dell’attività di impresa e non i singoli beni che compongono l’azienda stessa.

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Suprema Corte : si ha un “ramo di azienda” in quanto sia identificabile “un complesso di beni che oggettivamente si presenti quale entità dotata di una propria autonomia organizzativa ed economica, funzionalizzata allo svolgimento di una attività volta alla produzione di beni e servizi.

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Affinché si abbia azienda non è necessario che l’impresa sia in esercizio, ma è sufficiente che il complesso dei beni organizzati abbia l’attitudine a realizzare la finalità economica cui quell’organizzazione tende.

L’azienda sussiste anche se, non sia entrata ancora in funzione ovvero se, per qualsiasi causa temporanea, la gestione sia sospesa.

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L’avviamento non è elemento, ma una “qualità” dell’azienda: attitudine dell’azienda a produrre beni o servizi e, quindi, profitto; maggior valore che il complesso aziendale, unitariamente considerato, presenta rispetto alla somma dei valori di mercato dei beni che lo compongono.

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dei beni che lo compongono.

L’avviamento costituisce un elemento non essenziale dell’azienda stessa, rispetto alla quale non può avere una esistenza autonoma, con la conseguenza che la sua cessione è accompagnata, necessariamente, dalla cessione dell’azienda.

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Da non confondere con il concetto di avviamento è quello di “clientela”.

Suprema Corte: l’avviamento e la clientela, pur costituendo entrambi indici di valore capitale dell’azienda, rispondono a

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entrambi indici di valore capitale dell’azienda, rispondono a concetti non coincidenti.

Ed infatti, mentre il primo (avviamento) sta ad indicare la potenzialità economica dell’azienda — cioè l’attitudine di questa a produrre beni e servizi — e in particolare ad attirare clienti —, il secondo (clientela) si riferisce, invece, al complesso dei clienti attirati.

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La cessione di azienda: aspetti civilistici(artt. dal 2556 al 2560 c.c)

La forma del contratto

Art. 2556 c.c., comma 1: “Per le imprese soggette a registrazione i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell’azienda debbono essere provati per iscritto, salva l’osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento

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l’osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l’azienda o per la particolare natura del contratto”.

Una prima considerazione: l’azienda non ha giuridicamente una propria legge di circolazione ma, piuttosto, circola secondo le forme proprie dei singoli beni che la compongono.

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La forma scritta è richiesta unicamente ad probationem, con la conseguenza che le parti, in assenza di un atto scritto, non sono in grado di provare l’eventuale trasferimento. Si tratta di pubblicità legale, avente efficacia dichiarativa, vale a dire rilevante solo sul piano della conoscenza legale e in termini di opponibilità nei confronti di terzi.

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confronti di terzi.

Qualora l’azienda comprenda uno o più beni per il cui trasferimento sono previste forme particolari, è necessario fare riferimento a tali forme per il trasferimento dell’azienda stessa: se l’azienda comprende beni immobili o mobili registrati, il contratto di cessione richiederà la forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata a pena di nullità (ai sensi dell’art. 1350 c.c).

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Art. 2556 c.c., comma 2: “I contratti di cui al primo comma, in forma pubblica o per scrittura privata autenticata, debbono essere depositati per l’iscrizione nel registro delle imprese, nel termine di trenta giorni, a cura del notaio rogante o autenticante”. (per taluni forma scritta ad substantiam).

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Il notaio che interviene nella redazione del contratto ha l’obbligo di:• depositare entro trenta giorni l’atto di cessione presso il Registro delle

Imprese;

• comunicare al questore la generalità dei contraenti, i dati identificativi dell’azienda e il prezzo pattuito, il tutto entro il mese successivo alla vendita.

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Il contratto di cessione non richiede che i beni oggetto di trasferimento vengano dettagliatamente individuati, ma nella prassi contrattuale viene comunque attribuita grande importanza all’identificazione delle componenti del complesso aziendale, effettuata con l’ausilio di apposite ricognizioni, il più delle volte

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effettuata con l’ausilio di apposite ricognizioni, il più delle volte effettuate da esperti nominati dalle parti, il cui risultato, consistente in situazioni patrimoniali ed inventari, diventa parte integrante del contratto di cessione.

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Le attività indicate nei bilanci ed inventari presi a base per la vendita costituiscono il parametro di riferimento, alla data della cessione del complesso aziendale, anche al fine di garantire l’acquirente da ogni eventuale sopravvenienza passiva che

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l’acquirente da ogni eventuale sopravvenienza passiva che dovesse sorgere successivamente al suo acquisto, che sia riconducibile alla gestione precedente.

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Deve essere tenuto distinto dalla cessione di azienda l’accordo in

ordine alla voltura delle autorizzazioni amministrative all’esercizio dell’attività (licenza del commercio): la licenza non è parte dei beni aziendali ed essendo comunque intrasmissibile non può essere trasferita in uno con l’azienda. Il cosiddetto “accordo di

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essere trasferita in uno con l’azienda. Il cosiddetto “accordo di voltura della licenza” vale allora come obbligo del cedente a rinunciare alla licenza e a non opporsi al rilascio della stessa a nome del cessionario.

Le parti possono però condizionare il negozio di cessione dell’azienda al rilascio della nuova licenza.

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Il divieto di concorrenza

Art 2557 c.c.: il soggetto che cede l’azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta. Se nel patto è indicata una durata superiore a cinque anni o la durata non è

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indicata una durata superiore a cinque anni o la durata non è stabilita, il divieto di concorrenza vale per il periodo di cinque anni dal trasferimento.

Deve, dunque, ritenersi indubitabile che il limite di cinque anni per il divieto di concorrenza, ivi stabilito, è di ordine pubblico e non può essere derogato in aumento dalla volontà delle parti.

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La ratio della norma risiede nella circostanza che chi acquista un’azienda ha diritto ad assicurarsi l’avviamento inteso come clientela; per questo si prevede che chi cede un’azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o

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dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta.

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Ed inoltre:• se l’alienante, dopo la cessione dell’azienda, come socio di

maggioranza ed amministratore unico, partecipi alla costituzione di una società di capitali per l’esercizio di attività che per oggetto, ubicazione od altre circostanze possa sviare la clientela dell’azienda ceduta, pone in essere comportamenti elusivi del divieto posto dall’art. 2557 c.c.;

• l’alienante che, dopo aver venduto la propria azienda, abbia iniziato a

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• l’alienante che, dopo aver venduto la propria azienda, abbia iniziato a quattro mesi di distanza dalla cessione la gestione di altra impresa di vendita di prodotti analoghi e situata a breve distanza dalla prima, viola l’art. 2557 c. c., risultando irrilevante la circostanza che la licenza relativa al nuovo esercizio sia intestata alla figlia dell’alienante;

• se l’alienante concorre alla costituzione di una società di fatto ed allo svolgimento nel suo ambito di attività di rilievo, si configurano i presupposti per l’applicazione dell’art. 2557 c.c.

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Il subentro del cessionario nei contratti stipulati dal cedente

Art. 2558 c.c.: “Se non è pattuito diversamente, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale”, quindi nei contratti “pendenti” al momento dell’alienazione.

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Art. 2558 secondo comma c.c., peraltro, “Il terzo contraente può tuttavia recedere dal contratto entro tre mesi dalla notizia del trasferimento, se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità dell’alienante”.

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Questa norma costituisce una deroga alla regola generale in materia di cessione dei contratti (art. 1406 c.c.), che subordina l’effetto della cessione al consenso del terzo contraente.

La ratio di tale disposizione derogatoria (art. 2558 c.c.) è quella di

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La ratio di tale disposizione derogatoria (art. 2558 c.c.) è quella di salvaguardare l’azienda, intesa come insieme di beni organizzato in funzione dell’esercizio, anche contrattuale, dell’impresa e pertanto di anteporre la salvaguardia delle potenzialità produttive dell’impresa stessa all’interesse dei terzi creditori.

In questa ottica il passaggio dei contratti diventa un elemento naturale del passaggio dell’azienda.

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A temperare tale principio, lo stesso art. 2558 c.c. prevede però la possibilità del patto contrario (“se non è pattuito diversamente…”) che permette alle parti contraenti di evitare tale “automatismo”.

Non si ha subentro automatico del cessionario rispetto al cedente

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Non si ha subentro automatico del cessionario rispetto al cedente soltanto per quei contratti che abbiano “carattere personale”, quali ad esempio i contratti in cui prevale l’elemento fiduciario come la scelta del consulente legale, l’adesione dell’imprenditore alienante ad una associazione sindacale di datori di lavoro oppure al patto di non concorrenza concluso a suo tempo dall’imprenditore alienante con altro imprenditore.

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La successione dell’acquirente nei contratti trova una particolare applicazione nell’art. 2112 c.c. per i contratti di lavoro dipendente: “In caso di trasferimento dell’azienda, il rapporto di lavoro continua con l’acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano”.

Non è ammesso patto contrario.

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La ratio di tale inderogabilità è ravvisabile innanzitutto nella necessità di garantire la tutela al prestatore di lavoro e di evitare che la cessione dell’azienda da parte dell’imprenditore possa pregiudicare l’unità economica dell’impresa, compromettendone la capacità produttiva.

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Inoltre, “L’alienante e l’acquirente sono obbligati, in solido, per

tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento...”.

Per le aziende con più di 15 dipendenti si deve inoltre comunicare per iscritto alle rappresentanze sindacali il motivo della cessione

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per iscritto alle rappresentanze sindacali il motivo della cessione con preavviso di almeno 25 giorni rispetto al trasferimento, indicando le ragioni giuridiche ed economiche dell’operazione

(cfr. art. 47 L. n. 428/1990).

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Il subentro del cessionario nelle posizioni creditorie e debitorie del cedente

Per quanto attiene alla disciplina dei crediti e dei debiti relativi all’azienda ceduta occorre fare riferimento agli artt. 2559 e 2560 c.c.

Per quanto attiene ai crediti relativi all’azienda ceduta l’art. 2559

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Per quanto attiene ai crediti relativi all’azienda ceduta l’art. 2559 c.c. dispone che “La cessione dei crediti relativi all’azienda ceduta, anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione, ha effetto, nei confronti dei terzi, dal momento dell’iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese. Tuttavia il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede all’alienante…”.

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Appare comunque opportuno, nell’atto di cessione, elencare i crediti che si trasferiscono ed è indispensabile precisare se, per i crediti ceduti, il cedente assuma o meno una garanzia per il buon fine degli stessi. In assenza di una specifica pattuizione, il cedente assume una garanzia in tal senso, vale a dire in ordine al buon fine dei crediti ceduti.

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dei crediti ceduti.

Per quanto attiene ai debiti relativi all’azienda ceduta l’art. 2560 c.c. dispone che “L’alienante non è liberato dai debiti, inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito. Nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori”.

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La ratio della norma: nessun ostacolo alla circolazione dell’azienda e di risolvere il conflitto di interessi fra creditore del cedente e cessionario, privilegiando l’interesse di quest’ultimo a rimanere estraneo ai debiti preesistenti la cessione, salvo che essi risultino dalle scritture contabili e quindi abbiano certamente concorso alla

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dalle scritture contabili e quindi abbiano certamente concorso alla determinazione del prezzo di cessione.

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Aspetti tributari della cessione Aspetti tributari della cessione d’azienda d’azienda (artt. 17, 58, 67 e 86 TUIR)(artt. 17, 58, 67 e 86 TUIR)

La cessione di azienda (fatti salvi i regimi di neutralità fiscale nel caso di trasferimento mortis causa o di donazione dell’azienda)

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caso di trasferimento mortis causa o di donazione dell’azienda) comporta la tassazione in capo al cedente della plusvalenzadeterminata dalla differenza tra il prezzo di realizzo e il “valore di carico” dell’azienda oggetto di cessione (sommatoria dei valori di tutti i beni che la compongono).

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Nel caso il soggetto cedente sia un imprenditore in contabilità

semplificata si deve fare riferimento ai valori desumibili dal libro dei cespiti ammortizzabili o dalle altre scritture obbligatorie (i registri IVA).

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Se l’azienda è posseduta per un periodo non inferiore a tre anni è possibile optare per la “tassazione differita” della plusvalenza, che consente di fare concorrere alla formazione del reddito imponibile la plusvalenza per quote costanti in un massimo di cinque periodi di imposta (a tal fine non è rilevante la circostanza che i singoli beni componenti l’azienda siano posseduti da meno di tre anni).

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Inoltre, se l’azienda è posseduta da più di cinque anni il legislatore

(comma 1, lett. g) dell’art. 17 TUIR) ha previsto la “tassazione separata” della plusvalenza (con l’aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo del contribuente nei due anni precedenti o al reddito complessivo di uno di tali anni se nell’altro

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precedenti o al reddito complessivo di uno di tali anni se nell’altro non vi sia stato reddito imponibile) qualora:

• la plusvalenza sia realizzata da impresa individuale (e non da società di persone o di capitali);

• sia fatta esplicita richiesta nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo in cui è stata realizzata la plusvalenza.

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Trasferimento mortis causa e donazione dell’azienda

Art. 58, comma 1, TUIR : “Il trasferimento di azienda per causa di morte o per atto gratuito non costituisce realizzo di plusvalenze dell’azienda stessa; l’azienda é assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa.

I criteri di cui al periodo precedente si applicano anche qualora, a

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I criteri di cui al periodo precedente si applicano anche qualora, a seguito dello scioglimento, entro cinque anni dall’apertura della successione, della società esistente tra gli eredi, la predetta azienda resti acquisita da uno solo di essi”.

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Il trasferimento a titolo gratuito dell’azienda al momento del decesso dell’imprenditore non determina quindi realizzo delle plusvalenze d’azienda a condizione però che il soggetto beneficiario assuma i beni ricevuti allo stesso valore fiscalmente riconosciuto in capo al dante causa.

In tal modo, le eventuali plusvalenze o minusvalenze “latenti” sui

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In tal modo, le eventuali plusvalenze o minusvalenze “latenti” sui beni componenti l’azienda emergeranno unicamente al momento di una successiva dismissione di tali beni strumentali ovvero della cessione dell’azienda medesima da parte dell’erede o del soggetto donatario.

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La neutralità fiscale dell’operazione è dunque subordinata allacircostanza che venga mantenuta la continuità dei valori fiscali deibeni aziendali trasferiti mortis causa o per atto di donazione.

Qualora l’erede o il soggetto donatario effettui una successivacessione a titolo oneroso dell’azienda, il comma 1 dell’art. 67 TUIRstabilisce che:

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stabilisce che:

“Sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovverose non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di impresecommerciali o da società in nome collettivo e in accomanditasemplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente”………h-bis) “le plusvalenze realizzate in caso di successiva cessione,ancheparziale, delle aziende acquisite ai sensi dell’articolo 58”.

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Il trattamento fiscale della plusvalenza è, dunque, differente a seconda che il soggetto cedente sia o meno imprenditore al momento della cessione:

• se il donatario o l’erede non ha esercitato l’impresa la plusvalenza

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• se il donatario o l’erede non ha esercitato l’impresa la plusvalenza realizzata dà luogo ad un “reddito diverso” ai sensi della lett. h bis) dell’art. 67 TUIR che viene tassato con il criterio di cassa. In tale ipotesi non risulterà applicabile la tassazione separata né il differimento della plusvalenza poiché l’art. 67 qualifica appunto tale plusvalenza come “reddito diverso” sottraendolo al regime di tassazione del reddito d’impresa;

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• se il donatario o l’erede ha invece continuato l’eserciziodell’attività d’impresa e, quindi, riveste lo status di imprenditore almomento della cessione, la plusvalenza realizzata è tassabile ed èdeterminata ex art. 86 concorrendo a formare il reddito di impresacon il criterio di competenza.

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con il criterio di competenza.

In tal caso dovrebbe risultare applicabile — laddove l’azienda siaposseduta da più di cinque anni — la tassazione separata e,unicamente se il cedente continua a rivestire lo status diimprenditore dopo la cessione, — laddove l’azienda sia possedutada più di tre anni — la tassazione differita.

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Le imposte indirette nell’atto di cessione d’azienda

Ai fini delle imposte indirette la cessione di azienda è operazione estranea all’IVA ed è soggetta all’imposta di registro (d.P.R. n. 131/1986) rendendosi applicabili le seguenti aliquote (diverse, in ragione della diversa tipologia dei beni che compongono l’azienda:

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• 7% per i beni immobili e i diritti reali immobiliari (sui beni immobili sono dovute anche le imposte ipotecarie e catastali in misura pari complessivamente al 3 per cento);

• 3% per i beni mobili, incluso l’avviamento.

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Art. 23, I co. D.P.R. n.131/1986 : “Se una disposizione ha per oggetto più beni o diritti, per i quali sono previste aliquote diverse, si applica l’aliquota più elevata, salvo che per i singoli beni o diritti siano stati pattuiti corrispettivi distinti”. Pertanto, se l’azienda ceduta comprende immobili e mobili e il prezzo pattuito è unico,

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ceduta comprende immobili e mobili e il prezzo pattuito è unico, sarà applicabile l’aliquota degli immobili più elevata; nel caso in cui, invece, nel contratto siano stati attribuiti specifici valori per i singoli beni si applicheranno distinte aliquote. Appare quindi opportuno porre molta attenzione a tale aspetto in fase di stesura del contratto.

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L’atto di cessione di azienda è soggetta ad accertamento di valore da parte dell’A.F. e la valutazione dell’avviamento rappresenta una problematica non trascurabile rilevanza specie perché molto spesso foriera di contenzioso.

In sede di contrattazione, l’avviamento concorre alla determinazione del prezzo per la differenza tra il prezzo medesimo e il valore rivalutato dei

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prezzo per la differenza tra il prezzo medesimo e il valore rivalutato dei beni dell’attivo al netto delle relative passività.

Appare, pertanto, evidente che le motivazioni che possono portare alla determinazione del valore in esame sono varie e strettamente correlate con le caratteristiche qualitative e soggettive del complesso aziendale oggetto di cessione.

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Proprio l’estrema soggettività del concetto di avviamento ha indotto l’Amministrazione Finanziaria a stabilire dei criteri di riferimento cui l’Ufficio, in sede di accertamento, deve riferirsi e tali criteri, se da un lato possono creare distorsioni nell’applicazione al caso concreto, dall’altro permettono al

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nell’applicazione al caso concreto, dall’altro permettono al contribuente di avere in anticipo un “valore” di riferimento su cui basarsi in fase di negoziazione, potendo altresì predisporre con congruo anticipo la documentazione giustificativa per un eventuale contenzioso nel caso di dichiarazione dell’avviamento su valori inferiori

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Le responsabilità fiscali del cessionario

In virtù dell’art. 14 d.lgs. n. 472/1997 il cessionario dell’azienda risponde in via solidale con il cedente:

• per le imposte e le sanzioni con riguardo alle violazioni relative all’anno in cui si è verificata la cessione e nei due precedenti;

• per le sanzioni già irrogate e contestate nell’anno in cui si è verificata la cessione e nei due precedenti, anche nel caso in cui le violazioni risalgano a periodi antecedenti l’imposta.

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cessione e nei due precedenti, anche nel caso in cui le violazioni risalgano a periodi antecedenti l’imposta.

Tale responsabilità è soggetta a tre differenti limiti:

• non può eccedere il valore dell’azienda o del ramo d’azienda;

• è successiva alla preventiva escussione del cedente;

• è circoscritta al debito indicato, alla data della cessione, dagli atti degli uffici dell’Amministrazione finanziaria e degli enti competenti per l’accertamento dei tributi ad essi relativi.

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Considerata l’importanza per il cessionario degli effetti derivanti dall’ultimo limite, la norma prevede la possibilità di chiedere agli uffici dell’A.F. e agli enti competenti per l’accertamento un certificato che attesti l’esistenza di contestazioni, in corso o definite, per le quali non si sia già provveduto ad estinguere i debiti relativi.

Qualora il predetto certificato sia negativo o non venga rilasciato

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Qualora il predetto certificato sia negativo o non venga rilasciato entro quaranta giorni dalla richiesta, esso assume pieno effetto liberatorio del cessionario. Nel certificato debbono essere enunciate anche le violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione o nel biennio precedente e già constatate dall’Ufficio o dall’ente competenti, ancorché alla data del trasferimento non sia stato ancora emesso il relativo atto di contestazione o di irrogazione della sanzione (Circ. Min. n. 180/E cit.).

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Descrizione dell’istituto

• La cessione d’azienda è un contratto di compravendita, redatto per atto pubblico o con scrittura privata autenticata, con il quale l’imprenditore trasferisce il complesso aziendale (azienda o un ramo d’azienda), contro un corrispettivo, in denaro, in quote o in azioni preesistenti di società (art. 2556 del cod. civ.).

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azioni preesistenti di società (art. 2556 del cod. civ.).

• La cessione è l'unica operazione straordinaria che non ha subito modifiche (sul fronte della regolamentazione civilistica) a seguito della riforma societaria

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• Il trasferimento della proprietà dell'azienda o di un ramo di essa per atto tra vivi è disciplinato dagli artt. 2555-2562 c.c., e può avere per titolo giuridico la vendita, la donazione o la permuta.

• Strettamente legati alle norme citate sono le seguenti norme:

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• Strettamente legati alle norme citate sono le seguenti norme:• trasferimento della ditta (art. 2565);

• trasferimento del marchio (art. 2573);

• mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda

(art.2112).

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Le motivazioni della cessione

• per il venditore

• dismissione di un’area di business non più strategica

• reperimento di liquidità

• riorganizzazione societaria (intragruppo)

• per l’acquirente (strategia di crescita c.d. “esterna”)

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• per l’acquirente (strategia di crescita c.d. “esterna”)

• ingresso in nuovi settori

• diversificazione del portafoglio di business

• eliminazione di un concorrente

• possibilità di individuare e delimitare con precisione i contorni del ramo, escludendo passività potenziali e elementi patrimoniali non rientranti nel core business oggetto di acquisizione

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Le finalità della cessione

• La cessione d’azienda consiste nel trasferimento della CESSIONE d’azienda proprietà di un’azienda: il corrispettivo è rappresentato dal pagamento di un prezzo.

• Oggetto del trasferimento deve essere un complesso di beni e

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• Oggetto del trasferimento deve essere un complesso di beni e risorse organizzati al fine della produzione di impresa; non costituisce cessione d’azienda la cessione anche di una pluralità di beni che non configuri un coordinato sistema autonomamente in grado di esercitare tale attività.

Azienda o Somma di singoli beni ?

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L’azienda

L’identificazione della nozione di “azienda” risulta fondamentale per poter verificare il concretizzarsi o meno dell’operazione di “cessione d’azienda”; tale qualificazione comporta, infatti, differenti conseguenze, sia di ordine civilistico, relativamente ai rapporti giuridici

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sia di ordine civilistico, relativamente ai rapporti giuridici in essere, sia ai fini dell’inquadramento fiscale agli effetti dell’imposizione diretta e indiretta

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L’ “azienda” oggetto di cessione

• Secondo l’ottica aziendalistica il termine “azienda” è qui usato impropriamente; sarebbe stato più opportuno utilizzare il concetto di impresa: cessione di impresa.

• Ogni tentativo di forzatura volto ad inquadrare nella cessione

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• Ogni tentativo di forzatura volto ad inquadrare nella cessione d’azienda il concetto aziendalistico di “azienda” porterebbe a definire i confini dell’oggetto di trasferimento in senso molto ampio.

• l’Azienda è il complesso dei beni organizzati all’imprenditore per l’esercizio dell’impresa

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L’azienda come complesso” (e non somma) di beni

L’azienda è definita dal legislatore civilistico come «il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio impresa», distinguendosi nettamente dai singoli beni che la compongono: il trasferimento di alcuni o della totalità di questi ultimi, infatti, non comporta automaticamente o necessariamente il contestuale trasferimento dell'azienda, che può invece proseguire perseguendo i suoi scopi con altri beni.

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altri beni.

L’"azienda" non si identifica quindi con una semplice "somma" di beni destinati all'esercizio dell'impresa, bensì con un “complesso" organico di elementi funzionalmente idonei a conseguire lo scopo in vista del quale la combinazione fra essi è stata posta in essere: l’azienda, più che essere l’oggetto dell’attività, rappresenta il «mezzo» col quale l'imprenditore esercita la propria attività economica.

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L’azienda come “complesso”(e non universalità) di beni

• Il “complesso dei beni organizzati dall'imprenditore” ricomprende la totalità delle “cose” dell'impresa, mobili o immobili, materiali o immateriali, che contribuiscono direttamente e complementarmente a realizzare la funzione unitaria e globale dell'azienda.

• Non è necessario che la titolarità dell'azienda coincida con la

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• Non è necessario che la titolarità dell'azienda coincida con la titolarità della proprietà. L'imprenditore che ha disponibilità, a vario titolo, dei beni aziendali organizza la produzione, dirige il complesso e si assume ogni rischio economico conseguente. Un bene non di proprietà non viene meno allo scopo unitario: la sua funzione, rispetto al complesso organico aziendale, è identica.

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L’azienda come “complesso”(e non universalità) di beni

• Ne consegue direttamente la differenza rispetto al concetto di universalità dei beni mobili (“universitas rerum”), contemplata espressamente dall'art. 816 C.C.: l'azienda comprende beni collegabili all'imprenditore in forza di diritti reali e di godimento (proprietà, usufrutto, ecc...), ma anche

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reali e di godimento (proprietà, usufrutto, ecc...), ma anche in forza di forme contrattuali che ne garantiscono l'utilizzazione o la semplice disponibilità (locazione, leasing, ecc...), sussistendo l'azienda ogni qual volta tali beni, materiali o immateriali, siano collegati e coordinati per l'esercizio dell'attività d'impresa.

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L’azienda e i rapporti giuridici

Due opposte teorie si sono sviluppate giuridicamente in ordine alla "definizione" di azienda.

• Secondo sostenitori della tesi “funzionale /onnicomprensiva”, gli elementi costitutivi, quindi essenziali per la qualificazione giuridica

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elementi costitutivi, quindi essenziali per la qualificazione giuridica dell'azienda e conseguentemente per il suo trasferimento, sono i “beni” in senso stretto unitamente ai rapporti giuridici il cui trasferimento è disciplinato dagli artt. 2555, 2559, 2560 c.c., nonché dall'art. 2112 c.c. I fautori di tale tesi affermano che il mancato trasferimento dei rapporti di credito/debito esistenti impedirebbe il concretizzarsi della cessione d’azienda.

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L’azienda e i rapporti giuridici

• Di diverso avviso sono i sostenitori della tesi "organizzativa“, secondo i quali il tenore letterale dell'art. 2555 c.c. non consente un'interpretazione estensiva dell'espressione "complesso di beni organizzati": ne consegue che i contratti, i crediti e i debiti relativi all'azienda ceduta non fanno parte dell'“azienda”, trasferendosi

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all'azienda ceduta non fanno parte dell'“azienda”, trasferendosi solo per effetto del trasferimento di questa sempreché non sussistano pattuizioni diverse. Non sono pertanto considerati “beni”, e quindi non costituiscono parte essenziale dell’azienda, i rapporti di credito e di debito regolati separatamente dagli artt. dal 2558 al 2560 c.c. nonché le prestazioni dei dipendenti (art. 2112 c.c.).

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L’azienda e i rapporti giuridici

La Cassazione aderisce alla tesi c.d. “organizzativa”,

“La cessione del "complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa" si risolve nel trasferimento dell'azienda di cui la norma civilistica indicata nell'art. 2555 C.C. definisce

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di cui la norma civilistica indicata nell'art. 2555 C.C. definisce sinteticamente, ma efficacemente la nozione”.

…Omissis…

“Né, al fine di identificare l'oggetto dell'atto di trasferimento nell'azienda (o nel ramo) e non nei singoli beni è indispensabile la successione in tutti, o in alcuni, dei rapporti, creditori debitori esistenti. “

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L’azienda e i rapporti giuridici

“Questi "possono" essere in atto ma possono non esserlo, atteso che il complesso di beni finalizzati alla produzione e – quindi, l'azienda - resta tale anche sulla sola base della sua potenzialità produttiva, indipendentemente dalla esistenza, in capo al cedente, di rapporti creditori debitori. Affermazione, questa, consentita

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di rapporti creditori debitori. Affermazione, questa, consentita dalla stessa disciplina della successione nei contratti in caso di cessione dell'azienda (art. 2558 C.C.). Conclusivamente, la connotazione qualificante ai fini che interessano la decisione del ricorso è la potenzialità produttiva dei beni trasferiti in un contesto organizzato dall'imprenditore per la produzione e trasferiti ad altro imprenditore per una produzione anche diversa purché il quadro organizzativo non sia dismesso.”

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Le condizioni per la configurabilità dell’azienda

• La cessione di un complesso aziendale deve avere ad oggetto un’azienda o un suo ramo già formatosi in capo al cedente.

• L’insieme dei beni trasferiti deve potersi qualificare, almeno potenzialmente, come complesso aziendale anche per il cessionario.

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cessionario.

• L'esistenza dell'azienda deve essere verificata in relazione alla obiettiva attitudine dei beni organizzati dall’imprenditore all'esercizio dell'impresa ovvero alla realizzazione delle finalità cui quella organizzazione tende.

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Le condizioni per la configurabilità dell’azienda

• Il trasferimento può riguardare l'intera azienda ovvero un solo “ramo” della medesima. Ai fini dell'esistenza di un trasferimento ramo dell’esistenza di azienda, infatti, non è necessario che tutti i beni aziendali siano trasferiti, essendo, invece, sufficiente che il complesso alienato risulti idoneo all'esercizio di un'impresa.

• Un complesso aziendale si configura tale anche se risulta

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• Un complesso aziendale si configura tale anche se risulta necessario o opportuno, da parte dell'acquirente, procedere alla successiva integrazione dei beni componenti con altri fattori produttivi che consentano di ottimizzare lo svolgimento dell’attività. Gli eventuali beni “integrativi” devono però essere di secondaria importanza: l'esercizio dell'attività imprenditoriale deve essere comunque possibile anche in mancanza di tali beni.

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Le condizioni per la configurabilità dell’azienda

• Per poter essere definiti “azienda” (o “ramo di azienda"), i beni oggetto di cessione devono essere legati da un rapporto di complementarietà finalizzata alla produzione: il giudizio di complementarietà dei beni, nel quadro della loro complessiva organizzazione finalizzata

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quadro della loro complessiva organizzazione finalizzata alla produzione, è un giudizio di fatto, da effettuarsi caso per caso.

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Le condizioni non rilevanti

• E’ irrilevante la circostanza per cui l'azienda ceduta sia già stata utilizzata dal cedente per l'esercizio di un'attività d'impresa l’esercizio un attività d impresa.

• Non occorre il trasferimento della “ditta” unitamente all’azienda.

• Non occorre la successione in tutti i rapporti attivi e passivi facenti

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• Non occorre la successione in tutti i rapporti attivi e passivi facenti capo alla cedente

• L’attualità/effettività della gestione, requisito indispensabile per l'esistenza dell'impresa non è ritenuto necessario per la sussistenza dell'azienda. Non costituisce quindi condizione necessaria l’esistenza dell’avviamento inteso come qualità di un complesso aziendale funzionante.

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Le condizioni non rilevanti

• Non occorre che l'attività che l'acquirente intende svolgere coincida con quella precedentemente svolta dal venditore tramite il complesso aziendale oggetto di trasferimento; risulta invece indispensabile che il quadro organizzativo che avvince i beni trasferiti non sia dismesso dall'acquirente che deve quindi

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trasferiti non sia dismesso dall'acquirente che deve quindi mantenere quel rapporto di complementarietà strumentale tra i beni finalizzato alla produzione.

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La forma del contratto di cessione

• L'art. 2556, co. 1, prevede che «per le imprese soggette a registrazione i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o del godimento dell'azienda:

• devono essere provati per iscritto,

• salva l'osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l'azienda o per la particolare natura del contratto».

• In sostanza, la forma scritta è richiesta ad probationem e non ad

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• In sostanza, la forma scritta è richiesta ad probationem e non ad substantiam.

• Per alcuni beni, come gli immobili, i beni mobili registrati, i marchi, i brevetti, è richiesta la forma scritta ad substantiam. La forma scritta ad substantiam si ritiene necessaria, anche nel caso in cui l'immobile, elemento costitutivo dell'azienda, sia di proprietà di terzi locatori ed il contratto di affitto abbia durata ultranovennale.

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La forma del contratto di cessione

• Il secondo comma dell'art. 2556 prevede che il trasferimento debba risultare da contratti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata che devono essere depositati per l'iscrizione nel Registro delle imprese, nel termine di 30 gg. a cura del notaio rogante o autenticante.

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rogante o autenticante.

• La forma scritta e il successivo deposito sono necessari per la pubblicità del contratto, e quindi per poter opporre ai terzi l'avvenuto passaggio di proprietà e non per la sua validità.

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La forma del contratto di cessione

• È opportuno distinguere

• la forma prevista ai soli fini del contratto (scrittura privata)

• dalla forma prevista per la validità e l'opponibilità del trasferimento dei singoli beni dell'azienda,

• e dalla forma infine prescritta per l'iscrizione nel Registro delle imprese.

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imprese.

• Dal punto di vista procedurale si rileva che:

• per la società cedente la cessione d'azienda è un atto di straordinaria amministrazione; si ritiene dunque necessario verificare i poteri dell'organo amministrativo in relazione all'effettuazione della cessione.

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La forma del contratto di cessione

• Se l'oggetto della cessione è l'intera azienda, e la cessione implichi modifiche tali da ravvisare la necessità di procedere al mutamento dell'oggetto sociale, la competenza è dell'assemblea dei soci, che, nelle società per azioni, delibereranno in assemblea straordinaria.

• con riferimento alla società cessionaria, sembra opportuno portare all'attenzione dell'assemblea dei soci eventuali progetti di acquisizione

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all'attenzione dell'assemblea dei soci eventuali progetti di acquisizione d'azienda nei casi in cui l'acquisizione medesima comporti sostanziali alterazioni nella struttura aziendale.

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L’oggetto del contratto di cessione

• Non è richiesto che i beni oggetto di trasferimento siano dettagliatamente individuati.

• Occorre, invece, che il contratto individui inequivocabilmente nelle sue caratteristiche distintive l’azienda oggetto di cessione.

• E’ pertanto opportuno precisare i beni che, nonostante il collegamento funzionale all’azienda ceduta, rimangono

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collegamento funzionale all’azienda ceduta, rimangono eventualmente invece in capo al cedente.

• Nella prassi il più delle volte si procede ad una precisa elencazione dei beni oggetto di cessione (sotto forma di inventari, che vengono allegati all'atto di cessione), se non altro per delimitare aree di possibile contenzioso.

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L’oggetto del contratto di cessione

• Solitamente sono previste garanzie:

• per il pagamento dilazionato del corrispettivo

• per le eventuali sopravvenienze passive o insussistenze dell’attivo

per l’eventuale contenzioso con l’Amministrazione Finanziaria

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• per l’eventuale contenzioso con l’Amministrazione Finanziaria

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Il contratto di cessione

• Rientra nella categoria dei contratti di compravendita della quale condividono la disciplina civilistica:

• possibilità di risolvere il contratto in caso di apprezzabile diminuzione di valore o inidoneità all’uso (artt. 1490 ss. c.c.)

• Possibilità di apporre la “clausola arbitrale” per la rapida

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• Possibilità di apporre la “clausola arbitrale” per la rapida definizione di un eventuale contenzioso tra le parti

• Il contratto di cessione deve essere redatto con atto pubblico o scrittura privata autenticata; la pubblicità consente di opporre ai terzi l’avvenuto passaggio di proprietà

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Il divieto di concorrenza

• L’art. 2557, c.1, c.c., (norma derogabile) dispone che “chi aliena l’azienda deve astenersi per il periodo di 5 anni dal trasferimento l’azienda astenersi, trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa, che per l’oggetto, l’ubicazione ed altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda

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circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’aziendaceduta”.

• Si fa riferimento all’idoneità, quindi anche al danno solo potenziale.

• La norma sottende un’obbligazione di non fare ed è posta a tutela dell’avviamento

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Il divieto di concorrenza

• E’ oggetto di protezione non solo l’area dell’azienda al momento della cessione, bensì anche le espansioni (oggettive e spaziali) per cui è già stato predisposto un programma o che corrispondono ad un’attività già virtualmente compresa nell’azienda ceduta.

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nell’azienda ceduta.

• Tale divieto non può essere esteso all'ipotesi di cessione di quote sociali (Cassazione, sent. 23.4.1980, n. 2669).

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La successione nei contratti e il recesso

• L’art. 2558, c.1, c.c., stabilisce che,• “se non è pattuito diversamente,

• l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale”.

• La norma introduce il principio dell’automatismo del subentro del cessionario nei contratti relativi all’azienda stessa, fatta salva, per

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cessionario nei contratti relativi all’azienda stessa, fatta salva, per giusta causa, la possibilità di recesso (non retroattivo, secondo la dottrina prevalente) del contraente ceduto, dal momento in cui viene dichiarato. Non occorre il consenso del terzo contraente, richiesto invece dalla regola generale dell’art. 1406 c.c.; tuttavia è riconosciuto il diritto di recedere (art. 2558) dal contratto entro 3mesi dalla notizia del trasferimento, se sussiste una giusta causa, oggettivamente determinabile.

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La successione nei contratti e il recesso

• Nel caso in cui si verifichi l'eventualità sopra prospettata l'alienante è responsabile nei confronti del contraente ceduto per l'eventuale risarcimento del danno.

• La successione non opera in caso di patto contrario.

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La successione nei contratti e il recesso

• La giusta causa: si intende un pregiudizio che il terzo contraente può subire per effetto della cessione (ovvero il contratto non sarebbe stato concluso, o si sarebbe concluso con modalità diverse). In questo caso il terzo contraente deve dimostrare che, se avesse stipulato il contratto con il cessionario, lo avrebbe fatto

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se avesse stipulato il contratto con il cessionario, lo avrebbe fatto a condizioni diverse o addirittura non lo avrebbe stipulato.

• Il principio di subentro nei contratti vale solo per i contratti a prestazioni corrispettive, per i quali le prestazioni non siano interamente adempiute da entrambe le parti; diversamente si hanno, a seconda dei casi, un debito o un credito dell’azienda ceduta, regolato a parte da apposite norme.

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La sorte dei crediti

• L’art. 2559 c.c. dispone che, in relazione ai crediti ceduti, la cessione ha effetto nei confronti dei terzi dal momento dell'iscrizione del trasferimento nel Registro delle imprese, anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione; tuttavia il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede l’alienante.

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debitore ceduto è liberato se paga in buona fede l’alienante.

• È possibile che le parti escludano tutti o parte dei crediti. In mancanza di una specifica pattuizione, ogni credito relativo all'azienda si trasferisce automaticamente al cessionario. Si rileva che è prassi comune elencare nell'atto di cessione i crediti che si trasferiscono ed è indispensabile precisare se, per i crediti ceduti, il cedente assuma o meno una garanzia sugli stessi.

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La sorte dei debiti

• L’art. 2560 c.c. dispone che l’alienante non è liberato dai debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta, anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito. Quindi il venditore per il solo fatto di aver alienato l'azienda non è liberato dalle obbligazioni assunte. Il subentro dell'acquirente dell'azienda mediante l'accollo dei debiti (art. 1273 e.e.) richiede il

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dell'azienda mediante l'accollo dei debiti (art. 1273 e.e.) richiede il preventivo consenso del creditore.

• Per salvaguardare l’acquirente, dei debiti del ramo o ceduti assieme al ramo risponde anche l’acquirente, se risultano:• inerenti l'azienda;

• sorti antecedentemente all'acquisto dell'azienda;

• evidenziati nelle scritture contabili.

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La sorte dei debiti

• Il terzo che voglia far valere le proprie ragioni di credito nei confronti dell’acquirente deve dimostrare l’iscrizione del debito nei libri sociali.

• Come già per i crediti è bene elencare nell'atto di cessione anche i debiti in maniera analitica; sarà inoltre opportuno precisare che

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debiti in maniera analitica; sarà inoltre opportuno precisare che l'acquirente risponderà solo per i debiti ivi elencati, escludendo la responsabilità solidale per i debiti non specificati.

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La successione nei contratti di lavoro

• I contratti di lavoro (art. 2112 c.c.):• “in caso di trasferimento d’azienda il rapporto di lavoro continua con

l’acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano” (art. 2112, co. 1). La norma è inderogabile.

• Si evidenzia l’obbligo in solido di cedente e cessionario “per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento” (art. 2112, co. 2).

• L’acquirente è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi

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• L’acquirente è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi anche aziendali vigenti alla data del trasferimento fino alla loro scadenza, salvo che non siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa acquirente (art. 2112, co. 3);.

• Il dipendente conserva i diritti derivanti dall'anzianità raggiunta anteriormente al trasferimento (art. 2112, co. 1);

• Il trasferimento dell’azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento (art. 2112, co.4).

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La successione nei contratti di lavoro

• Per i trasferimenti di aziende con più di 15 dipendenti, sono previsti obblighi informativi nei confronti delle organizzazioni sindacali.

• Con le procedure dettate dagli artt. 410 e 411 c.p.c. il lavoratore può consentire la liberazione dell'alienante dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro.

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derivanti dal rapporto di lavoro.

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I contratti di lavoro Comunicazioni sindacali (art. 47 L. 428/1990)

• Obbligo di informare le rappresentanze sindacali almeno 25 giorni prima dell’operazione, per le aziende con più di 15 dipendenti

• Su richiesta delle rappresentanze sindacali o dei sindacati di categoria, l’alienante e l’acquirente hanno

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sindacati di categoria, l’alienante e l’acquirente hanno l’obbligo di avviare entro 7 giorni dal ricevimento della richiesta un esame congiunto con i soggetti sindacali richiedenti; decorsi 10 giorni la consultazione si intende esaurita.

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La successione nei contrattidi locazione immobiliare

• I contratti di locazione immobiliare (art. 2558 e 1594, c.1, c c e art 36 L 27 7 1978 n 392 in tema di locazione degli immobili):• il conduttore può cedere il contratto di locazione o sublocare l’immobile,

anche senza il consenso del locatore, purché unitamente all’intera azienda, dandone comunicazione al locatore con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno.

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di ritorno.

• Il locatore può opporsi entro 30 giorni e solo per gravi motivi

• Il locatore può agire nei confronti del cedente solo se il cessionario (nuovo conduttore) risulta inadempiente (beneficio della preventiva escussione)

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Trasferimentodella ditta e del marchio

• Particolari norme sono disposte per il trasferimento della ditta e del marchio. Nello specifico:• nel caso di trasferimento della ditta l'art. 2565 c.c. stabilisce che la ditta

non può essere trasferita separatamente dall'azienda. La norma vuole evitare che possa essere ingenerata confusione nei consumatori;

• nel caso di trasferimento del marchio, l'art. 2573 c.c. dispone che «il

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• nel caso di trasferimento del marchio, l'art. 2573 c.c. dispone che «il marchio può essere trasferito o concesso», e inoltre dispone che «quando il marchio è costituito da un segno figurativo, da una denominazione di fantasia o da una ditta derivata, si presume che il diritto all'uso esclusivo di esso sia trasferito insieme con l'azienda». Il fine della norma è di salvaguardare la funzione distintiva del marchio, prevedendo la possibilità di inganno e di frodi circa la provenienza del prodotto da una costante fonte produttiva.

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Il perimetro dell’azienda: gli accordi ricognitivi

• Nella prassi negoziale per trasferire unità aziendali particolarmente complesse il prezzo di vendita viene, fissato il prezzo di vendita sulla base della composizione patrimoniale ad una certa data prevedendo nel contempo la ricognizione entro una scadenza prefissata, all’atto dell’immissione del cessionario

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una scadenza prefissata, all’atto dell’immissione del cessionario nella effettiva disponibilità dell’azienda trasferita.

• Il prezzo di vendita è così opportunamente conguagliato in relazione alla dinamica patrimoniale nel frattempo intervenuta

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Gli accordi ricognitivi

• Nell’atto di cessione viene definito il prezzo con riferimento ad un certo patrimonio netto, ma le parti si accordano nel senso di rettificare il prezzo stesso laddove - alla data dell’immissione del cessionario nella gestione dell’azienda - il valore del patrimonio stesso risulti effettivamente diverso da quello risultante dall’atto iniziale.

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iniziale.

• Qualora risulti una variazione del valore del patrimonio netto trasferito (e quindi del corrispettivo), l’inventario sottoscritto dalle parti deve essere registrato entro 20 giorni dalla sua formazione, dando così origine al presupposto per un ulteriore prelievo ai fini dell’imposta di registro o, nel caso contrario, all’istanza di rimborso (entro 3 anni dal giorno del pagamento).

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La cessione d’ “azienda”:la valutazione

• Il corrispettivo, pur essendo fortemente influenzato dalla forza contrattuale delle parti, viene determinato sulla base di un bilancio straordinario che valuta l’azienda come un insieme coordinato e funzionante, capace di produrre reddito. Si perviene quindi ad un valore economico, differente rispetto al valore

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quindi ad un valore economico, differente rispetto al valore risultante dal bilancio d’esercizio (capitale di funzionamento) che invece non considera l’avviamento in maniera opportuna.

• La valutazione del complesso aziendale (azienda o ramo d’azienda) oggetto di cessione ha prevalentemente finalità interne

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La cessione d’ “azienda”:la valutazione

• La normativa civilistica, infatti, non prevede l’obbligo della perizia estimativa, ad eccezione dell’ipotesi di “acquisto da parte della società per un corrispettivo pari o superiore al decimo del capitale sociale, di beni o di crediti” - art. 2343 bis. Cod. Civ. (concetto di “azienda”) - “dei promotori, dei fondatori, dei soci o

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(concetto di “azienda”) - “dei promotori, dei fondatori, dei soci o degli amministratori, nei due anni dalla iscrizione della società nel registro delle imprese”.

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La perizia estimativa

• “L’alienante deve presentare la relazione giurata di un esperto designato dal Presidente del tribunale contenente la descrizione dei beni o dei crediti, il valore a ciascuno di essi attribuito, i criteri di valutazione seguiti, nonché l’attestazione che tale valore non è inferiore al corrispettivo, che deve comunque essere indicato”

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inferiore al corrispettivo, che deve comunque essere indicato”

art. 2343 bis c.c.

• In tal modo si evita l’elusione della perizia - prevista per il conferimento d’azienda - ove si voglia realizzare il medesimo risultato mediante l’immediata cessione dell’azienda ad una società neo-costituita.

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Le rilevazioni contabili

• Dall’unitaria operazione di cessione scaturisce quindi un unico elemento differenziale:• una plusvalenza (straordinaria), oppure

• una minusvalenza (straordinaria)

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Le rilevazioni contabili

• Relativamente alle rimanenze di magazzino, si procede a:• assestare le rimanenze finali, sulla base dei principi civilistici del costo e

della prudenza

• registrare l’uscita del magazzino, come per tutti gli altri elementi patrimoniali, al valore netto contabile.

• In tal modo l’operazione di cessione non genera alcun risultato

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• In tal modo l’operazione di cessione non genera alcun risultato operativo: l’effetto reddituale rimane correttamente nell’area dei componenti straordinari

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Le scritture contabili della società cedente

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Le scritture contabili della società cessionaria

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86Boni Dott. Francesco Govoni Dott. Andrea

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L’affitto di azienda

RINVIO ALL’USUFRUTTO D’AZIENDA

L’art. 2562 c.c. disciplina l’affitto di azienda prevedendo l’estensione a tale fattispecie del disposto di cui al precedente art. 2561 c.c. (usufrutto

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tale fattispecie del disposto di cui al precedente art. 2561 c.c. (usufrutto di azienda).

RINVIO AL CONTRATTO DI LOCAZIONE

La disciplina del contratto di locazione contiene norme di carattere generale e disposizioni relative al contratto di affitto, e cioè di quel sottotipo della locazione che ha per oggetto un bene produttivo.

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L’affitto di azienda

RUOLO DELL’AUTONOMIA CONTRATTUALELa ricostruzione della disciplina applicabile all’affitto di azienda richiede un’opera di “assemblaggio” non priva di dubbi e di esiti incerti. Si tratta, ancora, di norme alquanto “datate”, costruite con riferimento ad ipotesi piuttosto “elementari”. Si tratta, in ogni caso, di norme in larga misura derogabili dalle parti.

Sussistono, quindi, tutti i presupposti affinché l’autonomia delle parti assuma un rilievo centrale. Autonomia da intendersi sia nel senso che i contraenti possono

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Sussistono, quindi, tutti i presupposti affinché l’autonomia delle parti assuma un rilievo centrale. Autonomia da intendersi sia nel senso che i contraenti possono adattare o modificare la disciplina legale, ma soprattutto nel senso che potranno costruire un regolamento contrattuale che sia in grado di superare le incertezze e le carenze della disciplina legale.

La costruzione del testo contrattuale appare quindi di fondamentale rilievo al fine di creare un assetto quanto più possibile diretto ad un’equilibrata tutela degli interessi delle parti e ad una completa descrizione delle obbligazioni assunte dalle stesse e degli eventuali strumenti sanzionatori in caso di loro violazione.

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L’affitto di azienda

Art. 2561 c.c. :“L’usufruttuario dell’azienda deve esercitarla sotto la ditta che la contraddistingue. Egli deve gestire l’azienda senza

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la ditta che la contraddistingue. Egli deve gestire l’azienda senza modificarne la destinazione e in modo da conservare l’efficienza dell’organizzazione degli impianti e le normali dotazioni di scorte. Se non adempie a tale obbligo o cessa arbitrariamente dalla gestione dell’azienda, si applica l’art. 1015. La differenza tra le consistenze d’inventario all’inizio e al termine dell’usufrutto è regolata in danaro, sulla base dei valori correnti al termine dell’usufrutto”.

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L’art. 2562 c.c. disciplina l’affitto di azienda prevedendo l’estensione a tale fattispecie del disposto di cui al precedente art. 2561 c.c. (usufrutto di azienda).

Il soggetto affittuario ha il potere-dovere di utilizzare l’azienda per l’esercizio dell’impresa, conservando immutata la sua destinazione

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l’esercizio dell’impresa, conservando immutata la sua destinazione economica e conservando altresì l’avviamento e il valore unitario della stessa in vista della restituzione al proprietario. Proprio per la conservazione dell’avviamento ha il potere e l’obbligo di trasformare, alienare e ricostituire le scorte di materie prime nonché di sostituire gli impianti non più efficienti o tecnicamente superati e, in linea generale, tutti gli elementi aziendali la cui sostituzione è in linea con la prospettiva di conservazione dell’azienda.

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In altre parole ciò significa che risultano a carico del soggetto

affittuario tutte le spese di manutenzione di natura ordinarianonché quelle di natura straordinaria, limitatamente però agli interventi di natura meramente conservativa della efficienza dell’azienda oggetto di contratto.

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dell’azienda oggetto di contratto.

Peraltro, in deroga all’art. 2561 c.c., le parti possono comunque prevedere nel contratto l’obbligo di “conservare l’efficienza dell’organizzazione degli impianti e le normali dotazioni di scorte” a carico del proprietario.

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La forma del contratto

FORMA DEL CONTRATTO D’AFFITTO D’AZIENDAL’art. 2556 c.c., comma 1, prevede, per le imprese soggette a registrazione, che i contratti aventi ad oggetto il trasferimento dell’azienda devono essere provati per iscritto, salva l’osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che la compongono o per la particolare natura del contratto; il contratto di affitto di azienda deve essere iscritto nel Registro delle Imprese.

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affitto di azienda deve essere iscritto nel Registro delle Imprese.Dal dettato normativo risulta certa l’esigenza della forma scritta ad probationem per il contratto di affitto dell’azienda.

Ai sensi del successivo comma 2, per l’iscrizione al Registro delle Imprese i contratti di affitto d’azienda devono essere redatti in forma pubblica o per scrittura privata autenticata. In caso di mancata iscrizione, l’atto di trasferimento rimane valido tra le parti ma è inopponibile nei confronti dei terzi

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La forma del contratto

DIVIETO DI CONCORRENZAUn secondo requisito comune a tutti i contratti di trasferimento d'azienda consiste nel divieto di concorrenza previsto dall’art. 2557 c.c. In particolare, ai sensi del comma 4, in caso di affitto d’azienda tale divieto vale nei confronti del locatore per l’intera durata

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tale divieto vale nei confronti del locatore per l’intera durata dell’affitto.La norma è volta a tutelare l’affittuario da iniziative che possono essere assunte dal proprietario, tese a sottrarre la clientela dell’azienda affittata

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La forma del contratto

SUCCESSIONE NEI CONTRATTICon riferimento alla successione nei contratti in corso, si rimanda alla disciplina prevista per la cessione d’azienda ai sensi dell’art. 2558 c.c.

CREDITI E DEBITI

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CREDITI E DEBITISi osserva, in via preliminare, che solo nelle ipotesi di trasferimento della proprietà dell’azienda, e non anche nel caso della concessione in godimento, trova applicazione automatica la disciplina prevista dal Legislatore agli artt. 2559 e 2560 c.c. per la cessione dei crediti e l’accollo dei debiti.

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La forma del contratto

CREDITI

Il Legislatore non effettua alcun rimando all’affitto d’azienda.Non essendo prevista alcuna specifica disciplina per il trasferimento dei crediti sorti in conseguenza di contratti stipulati dall’affittuario, le parti possono regolare con apposita clausola

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dall’affittuario, le parti possono regolare con apposita clausola tale aspetto (i crediti relativi all’azienda affittata si intendono trasferiti dolo se contrattualmente convento e solo per le poste specificatamente indicate). In particolare, potranno anche convenire la cessione dei crediti sorti durante l’affitto, dall’affittuario a favore del concedente, al momento del ritrasferimento dell’azienda.

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DEBITIIn assenza di un espresso richiamo normativo, alle ipotesi di affitto (e di usufrutto) non si applica l’art. 2560 c. 2 c.c., che sancisce la responsabilità dell’acquirente per i debiti inerenti l’esercizio d’impresa contratti dal proprietario e risultanti dai libri contabili obbligatori. Stessa esclusione viene generalmente riconosciuta in obbligatori. Stessa esclusione viene generalmente riconosciuta in capo al concedente, al momento della restituzione dell’azienda per i debiti assunti dall’affittuario nel corso dell’affitto. Tale interpretazione risulta confermata dall’orientamento giurisprudenzialeOccorre quindi accordarsi in merito mediante apposite pattuizioni. Quanto alla responsabilità solidale di proprietario ed affittuario (accollo), ai sensi dell’art. 1273 c.c., il debitore originario è “liberato” solo con espresso consenso del creditore ceduto.

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GLI INVENTARI DI INIZIO E FINE AFFITTANZA E’ indispensabile, per la definizione dei rapporti economici tra concedente ed affittuario, che le parti redigano in contraddittorio dettagliati inventari sia dei beni strumentali che dei beni facenti parte del magazzino, all’inizio e alla fine del contratto di affitto.Le differenze emergenti dal suddetto confronto sono regolate in denaro tra le parti (c.d. conguaglio) ai sensi dell’art. 2561 c.c.tra le parti (c.d. conguaglio) ai sensi dell’art. 2561 c.c.

MAGAZZINOL’eventuale magazzino può essere incluso tra i beni facenti parte dell’inventario iniziale, in base al quale determinare il corrispettivo del contratto. E’ tuttavia consigliabile o quanto meno più agevole lasciare il magazzino “fuori” dal contratto di affitto e cedere le merci separatamente, al fine di evitare l’ulteriore problematica di conguagliare le differenze inventariali.

Boni Dott. Francesco Govoni Dott. Andrea

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Il bilancio di esercizio dell’affittante e dell’affittuario nell’affitto d’azienda

Sotto un profilo civilistico un aspetto di particolare rilievo attiene alla iscrizione dei beni aziendali nel bilancio dell’affittante e dell’affittuario.

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Per quanto attiene alla tecnica contabile da adottare in ipotesi di affitto d’azienda la dottrina ha proposto due possibili approcci: uno “formale” e uno “sostanziale”.

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Approccio “formale”

L’assunto di partenza è che i beni dell’azienda affittata restino di proprietà del locatore anche durante il contratto e che in bilancio sia possibile iscrivere solo i beni di proprietà e non anche quelli di cui si ha la mera disponibilità.

Conseguenza di tale affermazione è che gli elementi attivi e passivi

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Conseguenza di tale affermazione è che gli elementi attivi e passivi dell’azienda oggetto di affitto rimangono iscritti nel bilancio dell’affittante. Il trasferimento in godimento dell’azienda viene pertanto evidenziato, tanto da parte di quest’ultimo quanto da parte dell’affittuario, nei rispettivi sistemi dei conti d’ordine.

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Alla luce di tali premesse, pertanto, l’affittante:• alla consegna dell’azienda esegue le opportune scritture di

assestamento al fine di rispettare il principio di competenza nell’imputazione dei proventi e degli oneri alla frazione di esercizio antecedente alla data di trasferimento dell’azienda ed iscrive tutti i beni (e diritti) che compongono l’azienda nei conti d’ordine accesi ai “Beni dell’azienda presso terzi”;

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dell’azienda presso terzi”;• L’ammortamento dei cespiti rientranti nell’affitto d’azienda, se a carico

dell’affittuario, viene iscritto in un apposito “fondo reintegro azienda X” come accantonamenti (riclass. di C.E. B.13 – “Altri accantonamenti”);

• al termine del contratto di affitto chiude i conti d’ordine ed adegua i propri valori contabili a quelli della situazione patrimoniale dell’azienda riconsegnata dall’affittuario e risultante dall’apposito inventario redatto a valori contabili alla scadenza del contratto.

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Contestualmente occorre calcolare l’importo del conguaglio in denaro (comma 4 dell’art. 2561 c.c.) e dal confronto tra tale conguaglio e la variazione contabile netta rilevata a seguito della riconsegna dell’azienda origina contabilmente una sopravvenienza

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riconsegna dell’azienda origina contabilmente una sopravvenienza attiva o passiva per l’affittante.

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Coerentemente, l’affittuario:• alla consegna dell’azienda rileva tutti i beni (e diritti) che

compongono l’azienda nei propri conti d’ordine accesi ai “Beni di terzi presso l’azienda” ;

• al termine del contratto di affitto, effettuate le opportune scritture di assestamento al fine di rispettare il principio di competenza, provvede a chiudere i conti d’ordine nonché i conti

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competenza, provvede a chiudere i conti d’ordine nonché i conti principali movimentati per la gestione dell’azienda, determinando la differenza tra il saldo contabile delle posizioni “creditorie” con quelle “debitorie”. La somma algebrica tra tale saldo e il conguaglio (comma 4 dell’art. 2561 c.c.) determina, specularmente a quanto precisato per l’affittante, una sopravvenienza attiva o passiva.

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Approccio “sostanziale”

Tale seconda tecnica contabile privilegia la circostanza che i beni facenti parte dell’azienda entrano nell’effettiva disponibilità dell’affittuario: gli stessi possono dunque essere trattati contabilmente come se fossero di sua proprietà.

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Alla luce di tali premesse, pertanto, l’affittante:

• alla consegna dell’azienda elimina dalla propria contabilità tutti i beni (e diritti) che compongono l’azienda iscrivendo in contropartita un credito verso l’affittuario che esprime, in buona sostanza, il valore del patrimonio netto aziendale;

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• al termine del contratto di affitto:

ü riassume nella propria contabilità i nuovi valori degli elementi dell’azienda trasmessi dall’affittuario chiudendo il credito accesso all’inizio del contratto e rilevando le rettifiche di

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accesso all’inizio del contratto e rilevando le rettifiche di riconsegna;

ü effettua la somma algebrica tra le rettifiche di consegna e il conguaglio di cui al citato comma 4 dell’art. 2561 c.c. determinando una sopravvenienza attiva o passiva.

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Coerentemente, l’affittuario:

• provvede a iscrivere gli elementi attivi e passivi dell’azienda affittata nella propria contabilità generale rilevando, in contropartita, un debito nei confronti dell’affittante;

• al termine del contratto di affitto riconsegna l’azienda al proprietario chiudendo i relativi conti attivi e passivi, chiudendo

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proprietario chiudendo i relativi conti attivi e passivi, chiudendo altresì la posta di debito verso l’affittante e rilevando le rettifiche di riconsegna.

Analogamente al caso precedente si procederà al calcolo del conguaglio in denaro e alla determinazione della sopravvenienza attiva o passiva.

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In questo secondo caso le scritture di inizio locazione saranno le seguenti.

CONCEDENTE o LOCATORE:

Società X c/affitto az. a Diversiper cessione affitto attività Beni mobili c/affitto azienda 100

Immobili c/affitto azienda 300Immob. Immat. c/affitto azienda 100 Immob. Immat. c/affitto azienda 100 ………………………….

Diversi a Società X c/affitto az. 300T.F.R. c/affitto azienda 100 per cessione affitto passivitàF.do amm.to beni mobili 50F.do amm.to immobile 100F.do amm.to imm. Immat. 50…………………………………….

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Capitale netto c/affitto az. a Società X c/affitto az. 200per cessione affitto capitale netto

Se si opta per la cessione “separata” del magazzino, avremo anche:Società X 120 a Diversi

Cessione beni magazzino 100Iva su vendite 20Iva su vendite 20

AFFITTUARIO:Diversi a DiversiBeni mobili c/affitto azienda 100 T.F.R. c/affitto azienda 100Immobili c/affitto azienda 300 F.do amm.to beni mobili 50Immob. Immat. c/affitto az. 100 F.do amm.to immobile 100…………………………. F.do amm.to imm. Immat. 50

…………………………………………Società Y c/affitto azienda 200

Boni Dott. Francesco Govoni Dott. Andrea

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Aspetti fiscali dell’affitto d’azienda

TRATTAMENTO FISCALE DEI CANONI D’AFFITTOPer quanto attiene al trattamento fiscale dei canoni d’affitto percepiti dal locatore, occorre distinguere a seconda che questi sia:• un soggetto che, a seguito della stipulazione del contratto di affitto, perde la qualifica imprenditoriale (è il caso dell’imprenditore individuale che concede in

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qualifica imprenditoriale (è il caso dell’imprenditore individuale che concede in locazione l’unica azienda) i redditi da questi prodotti configurano “redditi diversi”, ai sensi dell’art. 67 del TUIR ed esulano dal regime del reddito d’impresa;• un soggetto che, nonostante sia proprietario di un’azienda, risulta non avere mai posseduto lo status imprenditoriale (è il caso di un erede o di una comunione ereditaria incidentale) come nell’ipotesi precedente, anche questi redditi configurano redditi diversi; • un soggetto che, dopo aver concesso in affitto l’azienda, prosegue un’attività imprenditoriale in tale ipotesi, il canone percepito rappresenta un componente positivo del reddito d’impresa.

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AFFITTO DELL’UNICA AZIENDA DELL’IMPRENDITORE INDIVIDUALE

Se il locatore è una persona fisica, titolare dell’unica azienda concessa in affitto, la qualifica di imprenditore risulta “sospesa” per effetto (e dal momento) del passaggio della gestione all’affittuario.

Tale sospensione è, in linea di principio, temporanea, in quanto viene a cessare alla scadenza del contratto, quando il locatore rientrerà nel possesso dell’azienda, riprendendone la gestione. riprendendone la gestione.

I canoni di affitto percepiti dal locatore non costituiscono componenti

positivi del reddito d’impresa, ma hanno natura di redditi diversi ai sensi dell’art. 67 co. 1 lett. h) del TUIR:

• il reddito imputabile all’ex imprenditore è pari alla differenza positiva tra l’ammontare percepito nel periodo d’imposta le spese specificamente inerenti alla sua produzione;

•l’imputazione del reddito deve avvenire in base al criterio di cassa, ovvero tenendo conto dei soli canoni effettivamente percepiti nel periodo d’imposta e delle sole spese sostenute.

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AFFITTO D’AZIENDA DA PARTE DI UN SOGGETTO NON IMPRENDITORE

Costituiscono redditi diversi i proventi percepiti dal proprietario di un’azienda, o di una sua quota, privo della qualifica di imprenditore.

Tale ipotesi è configurabile nel caso di:

• eredi “non imprenditori”;

• comunioni ereditarie incidentali, tra “non imprenditori”, aventi ad oggetto • comunioni ereditarie incidentali, tra “non imprenditori”, aventi ad oggetto un’azienda commerciale.

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AFFITTO DI UN’AZIENDA COLLETTIVA (O DI UNA DELLE AZIENDE DELL’IMPRENDITORE)

Nel caso in cui il locatore sia costituito in forma di società commerciale, di persone o di capitali, o sia un imprenditore persona fisica titolare di una pluralità di aziende, la qualifica di imprenditore (individuale o collettivo) non viene meno per effetto dell’affitto dell’azienda. Ne consegue che il canone viene meno per effetto dell’affitto dell’azienda. Ne consegue che il canone percepito dal locatore nell’esercizio d’impresa, al pari di tutti i componenti reddituali rilevati nel corso del contratto di affitto, vengono attratti nella disciplina propria del reddito d’impresa, sia ai fini delle imposte dirette che dell’IRAP.

Tali disposizioni trovano applicazione anche nel caso in cui l’azienda data in affitto sia l’unica posseduta dall’impresa collettiva.

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AMMORTAMENTI

Il comma 8 dell’art. 102 TUIR dispone che “Per le aziende date in affitto o in usufrutto le quote di ammortamento sono deducibili nella determinazione del reddito dell’affittuario (o dell’usufruttuario)”.

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dell’usufruttuario)”.

Tale particolare procedura di ammortamento si rende applicabile quando permangono a carico dell’usufruttuario e dell’affittuario gli obblighi di conservazione dell’efficienza dei beni ammortizzabili relativi all’azienda avuta in usufrutto o in locazione.

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Qualora le parti convenissero per iscritto nel contratto di derogare

all’obbligo civilistico, l’affittuario non può più procedere alla deduzione delle quote di ammortamento dal proprio reddito d’impresa; il diritto di dedurle spetta al proprietario.

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Caso particolare: nel caso di affitto dell’unica azienda da parte dell’imprenditore individuale tale diritto non sussiste posto che la deducibilità delle quote di ammortamento presuppone la presenza di un reddito d’impresa.

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Esclusa la qualificazione di reddito d’impresa, è esclusa anche la detrazione delle quote di ammortamento che la normativa consente nella determinazione del reddito dell’affittuario o dell’usufruttuario.

A tale proposito, occorre rilevare che l’art. 67, comma unico, lett.

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A tale proposito, occorre rilevare che l’art. 67, comma unico, lett. h) TUIR considera “redditi diversi” quelli derivanti dall’affitto e dalla concessione in usufrutto di aziende e puntualizza che l’affitto e la concessione in usufrutto dell’unica azienda da parte dell’imprenditore non si considerano fatti nell’esercizio di impresa, con la conseguenza che dal disposto di tali norme si ricava la seguente situazione:

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• in caso di affitto dell’unica azienda l’imprenditore “perde” tale qualifica ai fini fiscali e, pertanto, il reddito che ne deriva è “reddito diverso” per il quale non è consentita la deducibilità di quote di ammortamento neppure in presenza di deroga all’obbligo di cui al comma 2 dell’art. 2561 c.c.;

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di cui al comma 2 dell’art. 2561 c.c.;

• in caso di affitto di aziende nell’esercizio di imprese ed in presenza di deroga convenzionale alle norme dell’art. 2561 c.c., dal reddito d’impresa del concedente possono dedursi le quote di ammortamento dei beni all’impresa la cui efficienza deve essere conservata a cura del concedente.

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Autorevole dottrina : in tal caso “le relative quote annue saranno deducibili nella determinazione del reddito d’impresa del concedente”. La deducibilità non può invece essere messa in dubbio qualora il concedente sia una società commerciale il cui reddito è sempre reddito d’impresa.

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L’affittuario può procedere alla deduzione dal proprio reddito d’impresa anche delle quote di ammortamento dei beni immateriali.

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CONGUAGLIO FINALE CORRISPOSTO AL LOCATORELe valutazioni effettuate a valori correnti — che tengono conto non solo delle variazioni contabili ma anche, per esempio, di eventuali plusvalori latenti — sono richieste dall’art. 2561 c.c. (richiamato in materia di affitto di azienda dal successivo art. 2562) il cui comma 4 stabilisce che la “differenza tra le consistenze d’inventario all’inizio e al termine

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la “differenza tra le consistenze d’inventario all’inizio e al termine dell’usufrutto è regolata in danaro, sulla base dei valori correnti al termine dell’usufrutto”. Dal confronto tra tale “saldo” (rappresentativo della reale variazione prodottasi nel valore dell’azienda nel corso dell’affitto) e il differenziale tra i valori contabili (rilevati all’inizio e al termine del contratto) scaturisce contabilmente una sopravvenienza attiva (o passiva) per l’affittante e una sopravvenienza passiva (o attiva) per l’affittuario.

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L’art. 2561 c.c. stabilisce, altresì, che le variazioni di valore che il complesso aziendale subisce durante la durata del contratto siano regolate in denaro.

Oltre al rilievo che ai fini reddituali assume tale differenza, particolare attenzione deve essere posta con riguardo alle

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particolare attenzione deve essere posta con riguardo alle conseguenze fiscali che al momento della cessazione del contratto possono venire a crearsi, nella considerazione che:

• l’affittante “riprenderà” nella propria contabilità i valori contabili e fiscali che si saranno consolidati in capo all’affittuario ivi inclusi gli ammortamenti, registrando così la differenza che il “patrimonio netto” contabile dell’azienda ha nel frattempo subito;

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• l’affittuario riconoscerà in favore dell’affittante a titolo definitivo un importo a fronte della perdita di valore economico dell’azienda;

• la differenza tra quest’ultimo importo e il decremento che il “patrimonio netto” contabile dell’azienda ha subìto, per l’affittante:

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l’affittante:• se positiva, sarà una sopravvenienza attiva tassabile;

• se negativa, sarà una sopravvenienza passiva deducibile.

L’affittuario realizzerà una sopravvenienza attiva o passiva a seconda che le quote di “ammortamento” accantonate siano superiori o inferiori al quantum che dovrà corrispondere in favore dell’affittante al termine del contratto di affitto di azienda

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SPESE DI MANUTENZIONEIl trattamento fiscale delle spese di manutenzione può essere esaminato sotto un duplice profilo: • Oggettivo, in funzione della natura di tali spese;• Soggettivo, in funzione del soggetto che le sostiene.

Per quanto attiene specificamente all’affitto di azienda, non risulta un orientamento unanime sul punto.

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orientamento unanime sul punto.Secondo parte della dottrina, la legittimazione a portare in deduzione le spese di manutenzione sarebbe correlata alla previsione contrattuale o alle disposizioni di legge che attengono all’individuazione della parte contraente a cui è addossato l’onere del relativo pagamento.Altri Autori, invece, trasponendo una previsione civilistica dettata per i contratti di locazione, ritengono che le spese di manutenzione siano a carico:• del locatore, se aventi natura straordinaria;

• dell’affittuario, se di natura ordinaria.

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Manutenzioni effettuate da:• PROPRIETARIO:ü AFFITTO DELL’UNICA AZIENDA: Il locatore, avendo temporaneamente perso la

qualifica di imprenditore, non consegue un reddito d’impresa e, pertanto, le componenti economiche negative configurano costi inerenti al reddito diverso assoggettato a tassazione ai sensi dell’art. 67 del TUIR.Da ciò, eventuali spese di manutenzione (ordinarie o pluriennali) da questi

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Da ciò, eventuali spese di manutenzione (ordinarie o pluriennali) da questi sostenute dovrebbero rappresentare oneri interamente deducibili, secondo il principio di cassa, in quanto specificamente inerenti alla produzione del suddetto reddito, ai sensi dell’art. 71 co. 2 del TUIR.

ü ALTRI CASI: qualora il locatore sia una persona fisica che concede in locazione una delle proprie aziende, ovvero sia costituito in forma collettiva (società commerciale, di persone o di capitali), lo stesso potrà dedurre l’ammontare delle spese sostenute o, comunque, rimaste a suo carico, secondo le regole previste in materia di reddito d’impresa.

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Manutenzioni effettuate da:• AFFITTUARIO:

ü ORIENTAMENTO MINISTERIALE : Come precisato con nota 8.2.79 n. 9/543 della Direzione delle imposte dirette, le spese di manutenzione relative a beni non di proprietà sono deducibili, da parte dell’affittuario:

• se a carattere ordinario, interamente nell’esercizio in cui sono state sostenute;• se aventi utilità pluriennale, in quote costanti in più esercizi, nel limite della quota

imputabile a ciascuno di tali periodi d’imposta.

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imputabile a ciascuno di tali periodi d’imposta.In sintesi, l’orientamento ministeriale prevede una deducibilità dal reddito dell’affittuario integrale, per le spese ordinarie, e limitata a quote costanti su esercizi consecutivi, per le spese non ricorrenti o straordinarie.

ü ORIENTAMENTO DOTTRINALE: Secondo parte della dottrina, al soggetto che ha diritto alla deduzione degli ammortamenti compete anche la deduzione delle spese di manutenzione, nel rispetto del limite di cui al più volte citato art. 102 co. 6.Nel caso in cui le spese ordinarie siano sostenute dall’affittuario e da questi dedotte entro il limite del 5% del valore dei beni (ex art. 102 co. 6 del TUIR), è opportuno che il locatore (esclusa l’ipotesi in cui sia titolare della sola azienda concessa in affitto) detragga dalla base di calcolo del limite del 5% delle spese di manutenzionei beni concessi in affitto.

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CESSIONI DI BENI DA PARTE DELL’AFFITTUARIO

ü Effetti fiscali per l’affittuario:La cessione del bene rientrante nell’azienda affittata non dà origine a plusvalenze o minusvalenze in capo all’affittuario, in quanto tale operazione attiene a beni non posseduti a titolo di proprietà, ma semplicemente detenuti in forza di un diritto personale di godimento.Ciononostante, tale cessione può far sorgere in capo all’affittuario componenti di reddito positivi o negativi, qualificabili come sopravvenienze.

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reddito positivi o negativi, qualificabili come sopravvenienze.Al riguardo, occorre distinguere tra due ipotesi:• cessione del bene a un corrispettivo superiore al suo costo fiscale;• cessione del bene a un corrispettivo inferiore al costo fiscale.Nella prima ipotesi, la sopravvenienza attiva concorre a formare il reddito nel periodo d’imposta di cessione del bene. Alla scadenza del contratto, allorché l’azienda viene riconsegnata al locatore, il reddito dell’affittuario sarà influenzato da una sopravvenienza passiva di pari importo, che riflette l’aumento del conguaglio dovuto al proprietario in base alle disposizioni contrattuali.

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CESSIONI DI BENI DA PARTE DELL’AFFITTUARIO

ü Effetti fiscali per il concedente:Nell’ipotesi in cui l’affittuario abbia ceduto il bene ad un corrispettivo superiore al costo fiscale, all’atto della cessazione del rapporto contrattuale, il reddito d’impresa del proprietario sarà influenzato dal realizzo della plusvalenza/ sopravvenienza attiva.Ciononostante, nel rapporto con l’Amministrazione finanziaria non dovrebbe verificarsi alcuna duplicazione di imposizione sullo stesso imponibile, in quanto

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Ciononostante, nel rapporto con l’Amministrazione finanziaria non dovrebbe verificarsi alcuna duplicazione di imposizione sullo stesso imponibile, in quanto l’affittuario all’atto del conguaglio dovrebbe dedurre una sopravvenienza passiva di importo pari alla plusvalenza/sopravvenienza attiva.Nell’ipotesi opposta, quando cioè l’affittuario abbia ceduto il bene ad un corrispettivo inferiore al suo costo fiscale, il reddito d’impresa del locatore sarà influenzato:• dal lato passivo, dalla deduzione della minusvalenza/sopravv. passiva;• dal lato attivo, dalla sopravvenienza attiva conseguita in sede di conguaglio, allorché l’affittuario, reintegrando la consistenza patrimoniale dell’azienda, provvederà a “tenerlo indenne” dalla minusvalenza.

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Aspetti fiscali dell’affitto d’azienda

Si distinguono le seguenti ipotesi:• imprenditore individuale che affitta l’unica azienda posseduta: affitto escluso da IVA, ma è dovuta l’imposta di registro in misura proporzionale (ossia 2% beni mobili e 3% beni immobili se ho canoni separati; 3% se ho un canone unico per un’azienda comprendente immobili e mobili);• imprenditore individuale che affitta una delle aziende possedute (o un

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• imprenditore individuale che affitta una delle aziende possedute (o un ramo d’azienda): imponibile a IVA con l’aliquota ordinaria (20%) e ad imposta di registro in misura fissa;• società che affitta l’azienda o un suo ramo:imponibile a IVA con l’aliquota ordinaria (20%) e ad imposta di registro in misura fissa.

E’ poi prevista una specifica clausola antielusiva Iva, qualora nell’affitto d’azienda siano ricompresi fabbricati (D.L. 223/06 conv. con L. 248/06).

Si ricorda infine che, ove sia intenzione delle parti procedere in tal senso, unitamente all’azienda è possibile trasferire all’affittuario anche il c.d. “plafond IVA degli esportatori abituali” di cui avrebbe avuto titolo a fruire ilconcedente