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La «Casa della Donna» alla Werkbundausstellung Colonia 1914 a cura di Giovanni Longobardi prefazione di Carlo Severati Formato a tema

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La «Casa della Donna» alla Werkbundausstellung Colonia 1914

a cura di Giovanni Longobardi

prefazione di Carlo Severati

Formato a tema 010

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Copyright © MMXVAracne editrice int.le S.r.l.

[email protected]

via Quarto Negroni, 1500040 Ariccia (RM)

(06) 93781065

ISBN 978–88–548–8986–6

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II edizione: dicembre 2015

Indice

Prefazione Carlo Severati

Prologo. La «Haus der Frau» nell’Offizieller Katalog der Deutschen Werkbund-Ausstellung Köln 1914

Architettura, al femminileGiovanni Longobardi

Haus der FrauI disegni e le fotografie dell’epoca

La casa costruita dalle donneDespina Stratigakos

Storia e progetto. La ricostruzione della Haus der FrauStefano Balzanetti

Haus der FrauLe protagoniste

La mostraGalleria Embrice, 8 marzo 2015

Estetica dell’esistenza Il Deutsche Werkbund e Heinrich TessenowMaurizio Gargano

Crediti

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Come è evidente dai contenuti, dai logo delle partnership e dai nomi degliautori, questo volume costituisce la tessera di una pièce che solo un arre-sto, speriamo momentaneo, della rete dei collegamenti non ha consentitosinora di evidenziare pienamente. Gli Attori di questa pièce, che vale lapena di ricordare qui, sono una piccola APS, cinque Strutture Statali diRicerca, Didattica e servizio culturale, il Goethe Institut Italien Roma;attori che hanno operato con una serie di collegamenti (specifici e a-spe-cifici, come My Byke Inside) in rete e a livello Nazionale. La detta pièce,o kette, collana di avvenimenti, si concluderà nel corso del 2015, con duepubblicazioni a stampa e in rete, un Catalogo della Mostra Una iniziativadi pace in tempo di guerra (organizzata dalla Biblioteca Centrale di Architetturadella Sapienza, Roma) replicata in quel mese a Livorno; in rete infine, iltesto Documenta Köln, contenente, tradotti in italiano, i principali docu-menti della Werkbundausstellung del 1914 a Colonia.Queste pagine confermano la circostanza che l’interesse specifico per lequestioni squisitamente sovrastrutturali del bello e del giusto riposano subasi strutturali, relative alla politica, alla economia ed alla cultura dellaSocietà Tedesca dalla rifondazione dello Stato alla guerra.Confermano inoltre che la Ausstellung costituisce una autopsia anticipatadella Germania del 1919: una autopsia che mostra tanto le qualità di unmetabolismo straordinariamente avanzato quanto chiare sintomatologiedella sua prossima fine.Nella Verkehers Halle, secondo quanto recita lo Offizieller Katalog, sonoesposti vagoni ferroviari, automobili, biciclette. Ma anche aerei e modelli

Prefazione

Carlo Severati

di dirigibili; la Amministrazione della Marina da guerra espone modelli dinavi e la Cabina Ufficiali di un Incrociatore in costruzione disegnata daWalter Gropius. Mentre, d’altro canto, qui a puro titolo di esempio, ledonne tedesche della Renania Westfalia mostrano livelli di preparazioneculturale, di capacità organizzative e progettuali, di sensibilità alle proble-matiche internazionali e qualità figurativa decisamente avanzate, se nonall’avanguardia, almeno allineate ai migliori livelli del quadro europeo.Di tutto ciò mi sono occupato ampiamente nel precedente numero diquesta Collana.Voglio ricordare che solo il Contributo finanziario e organizzativo delGoethe e il dedito, gratuito lavoro di tutte le persone, strutturate e non,nelle Università e nei Licei Artistici, hanno consentito la realizzazione diquesto Evento del Centenario in ambito italo-tedesco.

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1 Traduzione italiana di Christa Pardatscher.

Per la prima volta un’esposizione mette a disposizione delle donne, e inparticolare delle donne che lavorano nel campo delle arti applicate, unacasa tutta per loro. Si è cercato di mostrare quanto la donna artigiana-artista si sia impadronita delle tecniche dei vari mestieri e si è tentato dioffrire un panorama delle sue capacità espressive, della sua fantasia edelle sue idee artistiche. Anche qui vige il rigore, il corretto uso dei ma-teriali e l’attenzione al bello, secondo i principi del Werkbund tedesco ele linee guida di questa esposizione. Sarebbe sbagliato cercare in questaCasa idee geniali o creazioni artistiche eccentriche, soprattutto perché sitratta di un campo che deve essere ancora lentamente conquistato dalledonne. La Casa della donna costituisce quindi una pietra miliare perquello che è lo sviluppo di mestieri femminili che hanno cominciato aesistere solo da pochi decenni.Tutto quello che si trova in questa Casa è stato eseguito seguendo i pro-getti elaborati da donne. Alcune opere sono state realizzate direttamenteda loro e altre sono state realizzate industrialmente sotto la stretta vigi-lanza delle autrici dei progetti. Non c’è settore che la donna non abbiacercato di affrontare: dalla costruzione, all’elaborazione della planimetria,alla progettazione del giardino. Anche gli interni sono stati realizzati daun architetto donna e con questo si è voluto dimostrare che esse hannotutte le capacità necessarie per rendere accogliente gli spazi abitativi. Ilsettore del tessile, tradizionalmente un settore femminile, è naturalmentemolto presente e si possono ammirare lavori di ricamo, lavori di pizzo,

1. Prologo

La Haus der Frau1 nell’Offizieller Katalog derDeutschen Werkbund-Ausstellung Köln 1914

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A lato e nella pagina a fianco:Figure 1.1. e 1.2. Le pagine 199 e 200 del OffiziellerKatalog der Deutschen Werkbund-Ausstellung Köln 1914,Berlin 1914.

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lavori al telaio, tappeti annodati e realizzati meccanicamente. Non man-cano tessuti per tendaggi e modelli per la realizzazione di carte da paratie per il linoleum.Uno spazio relativamente grande è stato dedicato alla “Moda tedesca”che aderisce allo stile francese cercando di evitarne gli eccessi e rendendola moda più consona alla donna tedesca. I tessuti utilizzati sono stati pro-dotti in Germania.La sezione dedicata alla scuola cerca di mostrare la tendenza attuale asviluppare nel bambino il senso e il gusto per la qualità del materiale e astimolare la sua fantasia attraverso lavori creativi. Sono documentate leattività praticate dalle donne, da diversi anni, nelle scuole femminili chehanno dato risultati soddisfacenti. Un’altra sezione è stata dedicata aimestieri del mondo della produzione libraria, della grafica applicata e deimanifesti. Alcune rappresentanti dell’arte pura (reine Kunst) sono state in-vitate a esporre le loro opere migliori in una sezione riservata. Sono statechiamate anche scultrici che hanno contribuito all’abbellimento dellaCasa con una fontana e altre opere. Non mancano naturalmente la cera-mica, un’arte applicata vicina alla scultura, le stufe, i camini, le piastrelle,i vasi, le ciotole e gli oggetti in porcellana, sia nella forma di oggetti diuso quotidiano sia in quella di piccole sculture. Inoltre, sono stati espostilavori di oreficeria e vetri dipinti, sempre realizzati da donne. Anche nelcampo della fotografia la donna sembra aver conquistato un ruolo diprimo ordine. Inoltre, per tutta la durata dell’Esposizione un comitato di donne di Co-lonia si occuperà dell’arte dell’ospitalità e integrerà in maniera piacevoleil rigore razionale della Casa con iniziative artistiche di vario genere.

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Nell’ambito delle manifestazioni programmate in occasione del cente-nario della mostra del Werkbund di Colonia del 1914, il Goethe-InstitutRom ha ospitato, nel settembre del 2014, un workshop di architettura.Questo catalogo raccoglie i materiali di una mostra, inaugurata nella Gal-leria Embrice a Roma l’8 marzo 2015, per raccontarne lo svolgimento.Il workshop è stato organizzato dal Dipartimento di Architettura del-l’Università Roma Tre, con il coordinamento di chi scrive e di MaurizioGargano, la collaborazione di Stefano Balzanetti e di Giulia Napoli e lapartecipazione degli studenti Marta Macciò, Marta Massacesi, RenatoMoro e Tiziano Sorgi.Su invito di Carlo Severati, abbiamo deciso di dedicare il workshop allaHaus der Frau, uno dei padiglioni meno noti della mostra, meno docu-mentati dal catalogo ufficiale e dalle pubblicazioni dell’epoca. Tutti i pa-diglioni dell’esposizione ebbero vita breve a causa dell’inizio della primaguerra mondiale, ma la casa delle donne sembra aver sofferto in manieraparticolare delle frettolose vicissitudini che ne segnarono l’organizza-zione. Per noi, tale carenza di documenti è stata implicitamente un mo-tivo di interesse, per un edifico più o meno consapevolmente tenuto indisparte dai promotori della mostra o di chi si occupò della diffusionedell’iniziativa; ma al contempo anche un rischio di non riuscire, nellospazio della settimana di lavoro assegnata al workshop, a raggiungere unrisultato concreto, minimamente giustificato da elementi verificabili.I materiali che seguono sono così l’esito di una piccola sfida, che nonpuò far altro che aprire a nuove ricerche più meditate e sistematiche, ma

2. Architettura, al femminile

Giovanni Longobardi

che fa almeno intuire come la Haus der Frau sia stato il crocevia di alcunevicende molto rilevanti della lunga e complessa affermazione della mo-dernità in architettura, ulteriore conferma che il rinnovamento delleforme e dello spazio procedeva come espressione del rinnovamento deimodi di vita, della struttura sociale e delle istanze per il riconoscimentodi diritti politici. La casa costruita dalle donne a Colonia nel 1914, e pre-sto dimenticata, sembra essere un luogo di osservazione privilegiato diquesti temi e, come tale, merita di essere ulteriormente indagata.

Il clima culturale di quegli anni e l’immagine pubblica delle donne archi-tetto nella Germania guglielmina sono stati ampiamente analizzati da De-spina Stratigakos, che, nell’articolo tradotto in queste pagine, ha datoanche la più completa descrizione della Haus der Frau, inquadrando la suarealizzazione in rapporto agli obiettivi del Deutscher Werkbund e alle sto-rie personali delle diverse donne che ne curarono il programma espositivoe il progetto1. Ne emerge chiaro che il padiglione è il punto di arrivo diun fermento cresciuto nella comunità delle donne interessate ad affermareil loro nuovo ruolo nella società dell’epoca, che trova finalmente un im-portante riconoscimento pubblico; e che suscita, a seconda dei casi, at-tenzione, allarme, irrisione, come testimoniato dal carro allegorico delCarnevale di Colonia, ritratto in un disegno del 19132, dove il padiglioneprogettato da Margarete Knüppelholz-Roeser - in forme caricaturali mamolto ben riconoscibile, con i suoi portali in ceramica e anche con gli al-berelli di arte topiaria - è sormontato da una monumentale scarpa fem-minile guidata da una “donna di casa” che, tenendo un Cupido per leredini, calpesta un gruppo di mariti dotati di corna ramificate.Partiamo dal catalogo ufficiale della Werkbundausstellung e dal tono pa-ternalistico con cui il padiglione viene presentato in apertura: «Sarebbesbagliato cercare in questa Casa idee geniali o creazioni artistiche eccen-triche, soprattutto perché si tratta di un campo che deve essere ancoralentamente conquistato dalle donne»3. Troppi sarebbero, in una sola

1 Cfr. DESPINA STRATIGAKOS, Architects in Skirts: ThePublic Image of Women Architects in Wilhelmine Ger-many, «Journal of Architectural Education», 55/2,November 2001, pp. 90-100; e Id., Women and theWerkbund: Gender Politics and German Design Reform,1907-14, «Journal of the Society of ArchitecturalHistorians», 62/4, December 2003, pp. 490-511,nel quale è contenuto il paragrafo The house thatWomen Built, dedicato alla Haus der Frau.2 H.W. BROCKMANN, Das Haus der Frau - und die Fraudes Hauses, 1913, in copertina.

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frase, i corsivi necessari a sottolinearne le sfumature: idee geniali, creazioniartistiche eccentriche, lentamente conquistato. Molti temi sono già qui. Siamosul bordo, progressivamente sempre più sfocato, fra le distinzioni finoad allora certe e rassicuranti che consegnavano i sessi alle proprie sferedi competenza, discipline, abilità naturali. Maschile e femminile in archi-tettura, come ha scritto Adrian Forty4, erano state per secoli, dal Rina-scimento in poi, due opposte e ben definite categorie di giudizio cheaffondavano le loro radici nell’appartenenza di genere degli ordini archi-tettonici. Nel discorso convenzionale, il maschile riassumeva tutte le ca-ratteristiche dell’architettura migliore: solidità, rigore, proporzioni,chiarezza; il femminile - tranne poche eccezioni - era di per sé sinonimo

3 «Das Haus der Frau», Offizieller Katalog derDeutschen Werkbund-Ausstellung Köln 1914, Berlin1914, pp. 198-200.4 ADRIAN FORTY, Parole e edifici. Un vocabolario perl’architettura moderna, Pendragon, Bologna 2004. Cfr.in particolare il capitolo Sulla differenza: maschile efemminile, pp. 42-61.

In basso:Figura 2.1. Cartolina con vista aerea dell’area del-l’Esposizione.

di disapprovazione per un’architettura priva di specifiche qualità che lepermettessero di essere definita maschile. Sono femminili l’eccesso di de-corazione, di snellezza, ma anche di bucature su una facciata («Sono icorpi lisci che producono effetti maschi in una decorazione», scrive Boul-lée5), come i tratti distintivi propri del rococò. La Haus der Frau, un’ar-chitettura tutta rigorosamente fatta da donne, getta scompiglio in questachiave interpretativa tradizionale. I giudizi del pubblico e dei critici del-l’epoca devono misurarsi con un paradosso: definire femminile un edificioprogettato da donne appare improvvisamente inappropriato, di segnoincerto. Le critiche perciò vertono prevalentemente su quella che si de-linea come un’aspettativa disattesa, o peggio un tentativo di dissimula-zione. La semplicità e la chiarezza, l’assenza di eccessi decoratividiventano questa volta un difetto, perché non rispettano lo stereotipofemminile che vorrebbe i loro prodotti leziosi, sovrabbondanti e kitsch;ma riconoscendo così, implicitamente, che si tratta di buona architettura.Presso gli osservatori desta sconcerto soprattutto la riuscitissima eastratta facciata principale, fatta di quelle “masse lisce” che più maschilinon si potrebbe, secondo i canoni di Boullée. E forse, lo sconcerto im-plica anche la rimozione della sua immagine dal discorso pubblico dellamostra. La Haus der Frau, nella fase di programmazione, forse grazie alledonne influenti presenti nel suo comitato, si era assicurata una posizionedi prim’ordine nel disegno urbano della Werkbundausstellung, andandoa occupare il lato verso il fiume di una piazza cruciale, sulla quale siaprono il Teatro di Van de Velde, il padiglione di Gropius e la Festhalledi Behrens. Eppure, il suo prospetto nudo non compare mai, nemmenodi scorcio, nelle riprese esterne di questi edifici di tre maestri riconosciuti,tra i più noti e documentati dell’intera operazione.Il discorso su questa irruzione femminile nei campi professionalmente oc-cupati da uomini architetti, artisti e artigiani, viene consegnato così al-l’interiorità, ai «molti e incantevoli prodotti delle arti di sartoria, legraziose soluzioni per la casa, la recente riforma del lavoro manuale nei

5 Ibid., p. 49. Il passo citato proviene da Architettura.Saggio sull’arte, Marsilio, Padova 1967, con introdu-zione e traduzione di Aldo Rossi, p. 105.

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In alto:Figura 2.2. Dettaglio della planimetria generaledell’Esposizione. La Haus der Frau è indicata conil n. 31; con il n. 33 il Werkbund-Theater di Van deVelde, con il n. 40 gli Uffici e la Fabbrica di Gro-pius, con il n. 28 la Festhalle di Behrens.

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programmi delle scuole femminili e così via»6, perché «la donna può ren-dere il miglior servizio a sé stessa e alla patria se cerca di realizzare le sueambizioni in quei campi in cui è naturalmente superiore all’uomo e puòesprimersi perciò al massimo livello. In questo caso potrà muoversi asuo agio, senza cercare “attenuanti” per i suoi risultati»7. Argomento che- depurato da una misoginia neppure tanto coperta - si potrebbe dire diascendenza semperiana, per quel riconoscimento della primogenitura delrivestimento e delle arti tessili, tradizionalmente femminili, in architettura,nella loro funzione di protezione del corpo e di delimitazione dello spa-zio («In principio fu il rivestimento», scrive Adolf Loos, parafrasandol’incipit del Vangelo di Giovanni8). In ciò delimitando un dominio tuttofemminile su quanto riguarda la domesticità, l’abitabilità dello spazio esul tema decisivo della Bekleidung, che in tedesco designa indifferente-mente il rivestimento architettonico e l’abbigliamento. Non è un casoche molte delle donne riunite nell’impresa della Haus der Frau provenis-sero proprio da questo settore e dal movimento di riforma del vestiario

6 PETER JESSEN, L’Esposizione del Deutsche Werkbunda Colonia, 1914, in Jahrbuch des Deutschen Werkbundes1915, Bruckmann, München 1915, p. 30, tr. it. diFlavio Cuniberto.7 Ivi.8 ADOLF LOOS, Il principio del rivestimento, 1898, inParole nel vuoto, Adelphi, Milano 1972, p. 79.

A lato:Figura 2.3. Vista dell’Esposizione. Sulla sinistra ilpadiglione di Gropius, sullo sfondo quello di Be-hrens. La Haus der Frau è sulla destra, coperta dallaBremen-Oldenburger Haus (n. 44 in planimetria).

femminile (Reformkleidung)9, a cominciare da Anna Muthesius che ne erapresidente, Else Oppler-Legband, direttrice amministrativa, Lilly Reich,nel ruolo di coordinatrice generale. Lungo questa linea di impegno nel-l’arredamento, le acquisizioni delle donne architetto saranno molte e de-terminanti per l’architettura moderna. Di lì a poco si stabiliranno duesodalizi epocali per il design di interni, quello di Charlotte Perriand conLe Corbusier e della stessa Lilly Reich con Ludwig Mies van der Rohe.Per non dire della Frankfurter Küche di Margarete Schütte-Lihotzky e deiparalleli lavori statunitensi di Christine Frederick e Lillian Gilbreth, senzail contributo delle quali non sarebbe nemmeno immaginabile per noi ilmodernismo in cucina. Ma se il topos della cucina è l’ambiente della casache forse scardina definitivamente la tradizionale opposizione tra deco-rativismo/femminile e funzionalità/maschile, è anche quello che conse-gna ancora una volta le donne al loro destino di casalinghe. «Sono essestesse le vere creatrici della casa, e tutto quel che non tiene conto di ciò,va definitivamente perso: “l’architetto propone, la casalinga dispone” […] Solo adesso che, liberandosi la donna, si è aperto un nuovo orizzonteanche per l’uomo, egli potrà edificare la nuova casa. Libertà, versatilità edisponibilità nel seguire la nuova via, pronta ormai da tempo, sarannouna conseguenza della liberazione della donna […] Adesso che nellestanze non si può nascondere più neanche un topolino, che la muffa èsparita e che i merletti non adornano più finestre, lampade e tavoli, benaltro potrà venir richiesto dalla casa», scrive negli stessi anni Bruno Taut10.In definitiva, gli aspetti dell’interieur sono evidentemente determinantinell’interpretazione della Haus der Frau, ma sono forse anche quelli cherischiano di oscurare la reale portata di questo edificio e la sua modernità.Seguendo la loro “naturale” inclinazione verso la domesticità, le orga-nizzatrici avrebbero ben potuto pensare al loro padiglione come una“casa”, come altre ce ne sono nella Werkbundausstellung, ma non lo fe-cero. Il progetto di Margarete Knüppelholz-Roeser è invece, dal puntodi vista tipologico, morfologico e programmatico, a tutti gli effetti un

9 Cfr. passimD. STRATIGAKOS, Architects in Skirts, cit;e Id., Women and the Werkbund, cit.10 BRUNO TAUT, La nuova abitazione. La donna comecreatrice, Gangemi, Roma 1986, pp. 15 e 89.

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In basso:Figura 2.4. Lilly Reich, Abito da mattina in lanabianca con maniche ricamate, da Questions of Fa-shion, in «West 86th».(http://www.west86th.bgc.bard.edu/)

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museo: un edificio per esposizioni che nulla concede alle carinerie del-l’architettura domestica dell’epoca e che del museo osserva il dispositivoplanimetrico, i canoni di severità e di aulicità. La pianta rispecchia il tipoda manuale durandiano dell’impianto cruciforme intersecato da un per-corso anulare perimetrale. Come in Durand, e come nel suo adattamentooperato da Schinkel nell’Altes Museum di Berlino, a cui la Haus der Frauè topologicamente molto vicina, il cuore dell’edificio è nel centro, in que-sto caso una grande sala quadrata illuminata dall’alto sulla quale siaprono, lungo l’asse maggiore, da un lato un palcoscenico e dall’altrouna sala da tè. In questo complesso centrale - proprio come nelle salecentrali dei musei, concepite come “templi” dedicati a rituali pubblici -si svolgevano manifestazioni artistiche e politiche curate da un appositocomitato11. Il percorso anulare, che avvolge con sale e gallerie in sequenzail nucleo centrale, fu indicato dalla Oppler-Legband come una «sezionepuramente pratica»12 e potremmo immaginarlo come una successione diambienti e gallerie allestiti a tema.Tra i circa trenta spazi indicati nella pianta pubblicata sul catalogo uffi-ciale, disponiamo, allo stato attuale, di sole due immagini di interni, salada pranzo e biblioteca, due ambienti - va sottolineato - che non compa-iono nella legenda e che quindi potrebbero essere stati situati nella seriedi sale da 9 a 13 e da 16 a 24 dedicate all’Arredamento di interni. Tuttaviané la disposizione planimetrica né il confronto con i prospetti fornisconoelementi per confermare tale posizione. In particolare, la prima foto ri-trae una sala da pranzo, su progetto di Annemarie Moldenhauer. Nel-l’interpretazione che ne abbiamo dato durante il workshop, come sispecificherà meglio in seguito, essa sembra corroborare l’idea di questoedificio pensato come museo; potrebbe trattarsi cioè di uno stand rea-lizzato nell’ambiente 27 che sfrutta quello che dall’indicazione schematicain pianta sembrerebbe un sistema di vetrine illuminate dall’alto, e che da-rebbe appunto un significato museale alla facciata nuda, liscia e senza aper-ture di cui si è detto, altrimenti poco comprensibile. La vetrina sulla

11 Cfr. D. STRATIGAKOS, Women and the Werkbund,cit., p. 503.12 Ivi.

In alto:Figura 2.5. Karl Friedrich Schinkel, Altes Museum,Berlino, 1825.

destra della foto non è ben leggibile, ma si tratta di soluzioni allestitivein luce naturale piuttosto diffuse all’epoca, presenti anche in altri padi-glioni della stessa Werkbundausstellung, come per esempio nella sala al-lestita da Otto Prutscher nel padiglione austriaco13.

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A lato:Figura 2.6. Otto Prutscher, Sala dei musei austriaci,Padiglione dell’Austria nella Mostra del Werkbunddi Colonia, 1914.

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La seconda foto, la biblioteca su progetto di Alexe Altenkirch, è forse lapiù nota della Haus der Frau, l’unica immagine architettonica pubblicatasul numero di «Moderne Bauformen»14 che documenta la mostra. Anchein questo caso, come meglio si vedrà in seguito, non è facile localizzarel’ambiente sulla pianta dell’edificio in base agli spazi che si vedono discorcio, alla provenienza della luce, alla tenda o sipario che si vede sulladestra; né vi è traccia di una possibile scala che rechi al soppalco. Si sache questa biblioteca fu acquistata dall’industriale della carta Hans Zan-ders di Bergisch Gladbach, con il quale la Altenkirch collaborò a lungo,e adattata nella sua residenza15. La fondazione Zanders ne conserva an-cora oggi alcuni elementi. Con un blow-up molto spinto, si può anche ri-conoscere nel quadro centrale sopra il divano una planimetria di BergischGladbach e immaginare - ma siamo ormai nel campo delle pure suppo-sizioni - che la fotografia potrebbe riferirsi invece alla biblioteca nellasua seconda configurazione: un piccolo enigma, che conferma la prov-visorietà delle nostre acquisizioni e la necessità di proseguire nelle ricer-che su questo edificio.

13 «Dekorative Kunst», XVII, 10, luglio 1914, p.473.14 «Moderne Bauformen», agosto 1914, p. 444.15 Cfr. D. STRATIGAKOS, Women and the Werkbund,cit., p. 504.

In alto:Figura 2.7. Alexe Altenkirch, Composizione graficaper le industrie Zanders.

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In alto:Figura 3.1. Un disegno di progetto anonimo dellaHaus der Frau pubblicato su Bauwelt, 1914. Lamonumentalità degli ingressi di questa versione en-fatizza l'austera geometria del padiglione. La dida-scalia allegata chiarisce come la forma dell'edificiosia completamente determinata dall'articolazionedegli spazi espositivi interni. Immagine tratta daSTRATIGAKOS D., Women and the Werkbund, cit., p.501, figura 6.

Nella pagina a fianco:Figura 3.2. Planimetria generale, Esposizione delWerkbun, Colonia, 1914. La Haus der Frau è il n.31. Procedendo in senso orario, gli edifici adiacentisono: l'edificio industriale di Walter Gropius (n.40), il teatro di Henry van de Velde (n. 33), la Fe-sthalle di Berhens. Immagine tratta da «Jahrbuchdes deutschen Werkbund», Bruckmann, München1915.