La casa degli spiriti Per far rivivere Villa Ruiz ci ... · La casa degli spiriti Per far rivivere...

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130 Testo di Ferdinando Cotugno Foto di Mattia Aquila Per far rivivere Villa Ruiz ci voleva uno straniero innamorato della Sicilia. E deciso ad accontentare il fantasma di una nonna La casa degli spiriti

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    I DI LORENZO ABITAVANO IN

    CENTRO A NOTO, IN UN PALAZZO

    NEOCLASSICO OGGI VISITABILE.

    QUI VENIVANO IN ESTATE,

    PER TROVARE SOLLIEVO ALLA

    CALURA TRA IL VERDE E L’OMBRA

    Dal terrazzo di Villa Ruiz, in una giornata limpida d’estate, la vista corre lungo tut-ta la costa sud-orientale della Sicilia, giù fi-no a Capo Passero. Siamo a San Corrado di Fuori, una frazione di campagna a cin-que chilometri da Noto, su una rocca che domina dall’alto una valle di eremiti (lo fu il santo patrono eponimo, Corrado Confa-lonieri), Barocco e devozione.

    La storia dell’ottocentesca Villa Ruiz è legata a una delle grandi famiglie nobi-liari della città di Noto, i Di Lorenzo, mar-chesi del Castelluccio. Il grande palazzo neoclassico in centro era la loro residenza abituale, la casa in campagna a San Cor-rado era invece la dimora estiva, piena di verde, ombra e sollievo dalla calura. Di-venne Ruiz per un dono alla famiglia ami-ca che ne amministrava il patrimonio. Co-me tante eredità feudali, anche quella di Villa Ruiz è stata a lungo dispersa, non re-clamata, in attesa di redenzione e minac-ciata dalla speculazione. La casa sulla roc-cia dell’altopiano ibleo era stata quasi di-menticata: era disabitata da quattro de-cenni quando, dieci anni fa, un produttore televisivo straniero, creatore di documen-tari e innamorato della Sicilia, l’ha rile-vata dall’ultima erede della famiglia Ruiz. Poco dopo, lo stesso acquirente sarebbe diventato proprietario anche del Palazzo Di Lorenzo del Castelluccio, ricostruendo il filo originario tra le due dimore. Il Palaz-zo oggi è visitabile, mentre la casa di cam-pagna ha conservato la discrezione del suo status di dimora privata, nascosta dall’ele-vazione e dalla vegetazione.

    La ristrutturazione di Villa Ruiz nel 2011 è stata quasi filologica, un atto d’amore e ri-spetto per quest’angolo di Sicilia, a�data

    ������ ���������� Il borgo di San Corrado di Fuori, vicino a Noto, è un insieme di edifici dei primi dell’Otto-cento, un tempo case di villeggiatura dell’aristocrazia siciliana che qui veni-va a rinfrescarsi d’estate. Da Villa Ruiz si può vedere Villa Dorata, un tempo proprietà del principe Nicolaci.

    ����� Grazie ai pini marittimi e ai fi-cus giganti si può pranzare al fresco sulla grande terrazza davanti alla casa. � ������ Al primo piano, mobili si-ciliani degli anni �30 e lampadario in bronzo dorato acquistato a Napoli. Sulla tavola, un tempio di alabastro. Dietro, una scrivania siciliana.

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    a un esperto architetto di Noto (Corrado Papa) e alle maestranze locali. La geome-tria dell’edificio è semplice, essenziale, co-me spesso sono le ville della campagna si-ciliana. La struttura ottocentesca, con il grande matroneo centrale scandito dai pi-lastri, è stata conservata nelle sue precise simmetrie: quattro camere al piano terra, quattro al primo. La divisione originaria degli ambienti è stata solo scrostata dalle

    incombenze novecentesche: al piano ter-ra, dove oggi c’è la grande sala da pran-zo, il nuovo proprietario aveva addirittu-ra trovato un garage per le automobili, ri-cavato lì negli anni ’50.

    Forse serviva uno sguardo venuto da

    fuori per restituire a Villa Ruiz tutta la sua sicilianità: il pavimento è stato restau-rato usando quel calcare tenero impre-gnato di bitume che a Ragusa chiamano

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    PER IL RESTAURO DEL PAVIMENTO

    È STATO UTILIZZATO QUEL

    CALCARE IMPREGNATO DI BITUME

    CHE A RAGUSA CHIAMANO

    PIETRA PECE, E CHE ERA USATO

    GIÀ PRIMA DELL’EPOCA GRECA

    ����� Villa Ruiz si trova in cima alla collina di San Corrado, nei dintorni di Noto. Da qui la presenza di scale fian-cheggiate dai tipici muretti a secco su cui sono stati fissati antichi vasi in ter-racotta siciliana.

    � �������� Al piano terra, pavimento in pietra pece annerita. Il tavolo con il piedistallo in mogano è stato acqui-stato a Roma. La scultura in legno del XVIII secolo proviene dalla casa di campagna di Cecil Beaton.

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    pietra pece, una tradizione che nella re-gione è addirittura pre-ellenica. Le cera-miche invece vengono da Caltagirone e da Santo Stefano di Camastra. L’antica cuci-na è diventata una grande sala da bagno, lasciando intatta la cisterna che serviva per prelevare l’acqua da scaldare sui foco-lari. L’idea di fondo però non era fare del-la villa un’icona statica, ferma in un tem-po andato, ma restituirle la vitalità della Sicilia prima del Risorgimento, inquieta, discreta ed edonista.

    Al suo interno oggi Villa Ruiz è come una camera d’eco culturale. Il primo rife-

    rimento, scontato ma necessario, è il Gat-topardo, l’elegia di tutta la nobiltà feudale siciliana. Ma gli echi della casa vanno ol-tre Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Lu-chino Visconti, con profonda consapevo-lezza di cosa è stata ed è davvero la Sicilia, culla e deposito di un patrimonio cultu-rale che appartiene all’Europa intera. Sia l’arte che l’arredamento di Villa Ruiz sono concepiti con questa ispirazione: un viag-gio nel tempo e nello spazio. Alle pareti ci sono quindici dipinti di vulcani, quelli eo-liani, l’Etna, anche il Vesuvio. Non è solo un omaggio alla geologia dell’isola e del

    ����� La scala centrale restaurata du-rante i lavori dall’attuale proprietario conferisce alla casa un equilibrio che ricorda le ville palladiane.

    � �������� Al primo piano, una log-gia permette di ripararsi dal vento e di vedere il mare lontano dietro gli albe-ri del parco.

    DALLA TERRAZZA,

    NELLE GIORNATE PIÙ LIMPIDE,

    LA VISTA CORRE LUNGO

    TUTTA LA COSTA SUD�ORIENTALE

    DELLA SICILIA, GIÙ FINO

    A CAPO PASSERO

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    I DIPINTI SONO UN RICHIAMO

    AL GRAND TOUR DEI RICCHI

    E DEGLI ARISTOCRATICI EUROPEI

    DEL XVIII SECOLO, DI CUI

    LA SICILIA ERA L’APPENDICE

    ULTIMA E LA DESTINAZIONE

    PIÙ IDEALIZZATA

    � ������ In uno dei saloni con deco-razioni a trompe-l’œil (progettato da Alexandrine Stordeur) mobili in mo-gano portoghesi. Sul tavolo francese di epoca imperiale, servizio battesi-male in argento siciliano.

    ����� La piscina è stata volutamente immersa nel verde dietro la casa, sul-la collina, da dove domina con discre-zione la proprietà.

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    Sud Italia, ma un richiamo al Grand Tour dei ricchi e degli aristocratici europei del XVIII secolo, di cui la Sicilia era l’appen-dice ultima e la destinazione più idealiz-

    zata. Molti dei quadri di Villa Ruiz sono stati realizzati da artisti in viaggio per l’I-talia Meridionale, inglesi e francesi a�a-scinati dai vulcani e dalle occasionali eru-zioni, poi recuperati con l’attitudine del collezionista in missione da mercanti e

    case d’asta di tutto il continente allo sco-po di riportarli in Sicilia.

    Anche i mobili vengono da mezza Eu-ropa. Ci sono ovviamente autentici pezzi di Barocco siciliano, come le due console con specchio, che appartengono alla storia della casa e sono state donate dall’ultima proprietaria come buon auspicio. Gli altri sono stati comprati dagli antiquari di Cata-nia e Palermo, poco prima che scoppiasse

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    la moda e il mercato impazzisse. Lo spiri-to di questo luogo però è sempre un dialo-go e allora i mobili siciliani condividono lo spazio con tavoli, sedie, scrittoi e armadi appartenuti a case britanniche, francesi, portoghesi, russe, olandesi di epoche di-verse tra loro. Anche in questo eclettismo c’è un significato filologico: l’estetica sici-liana è tutto meno che omogenea, qui so-no passati e hanno prosperato Greci, Ara-bi, Normanni, Francesi, Borboni.

    L’armonia in una casa siciliana auten-tica è sempre nella varietà degli stili, non nella loro omogeneità. Alcuni dettagli, come la piscina creata sul terrazzamen-to nella vecchia aia o la piccola e sfarzosa

    cappella con reliquiario, non apparteneva-no all’identità originaria, ma probabilmen-te sarebbero stati apprezzati dai marchesi del Castelluccio o dai Ruiz. Il resto del la-voro di bellezza lo fa la natura del luogo: i grandi ficus all’ingresso, e poi gli olivi, le bougainvillee, le palme, i carrubi, i rosma-rini, i gelsomini, il giardino con i cactus presi in tutta l’area mediterranea.

    Recuperare l’essenza di Villa Ruiz è stato un lavoro di ricerca, ma anche di im-maginazione. «Ho sempre avuto in men-te lo spirito della casa, il fantasma di una nonna siciliana», confida il nuovo pro-prietario. «Il mio desiderio era acconten-tare innanzitutto lei».

    ����� La facciata di Villa Ruiz si apre a sud su una grande terrazza piantu-mata a prato con ficus centenari.� �������� Una delle camere al primo piano, con il pavimento originale in ceramica siciliana e un letto a baldac-chino lombardo.