La carne nell'alimentazione umana

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LA CARNE NELL’ALIMENTAZIONE UMANA La carne è una delle più importanti fonti proteiche dell’alimentazione umana. Ciò è dovuto all’elevata digeribilità delle proteine e al buon bilanciamento degli amminoacidi essenziali in essa contenuta. Il contenuto di proteine nella carne varia tra il 15 e il 35% s.t.q., il contenuto di amminoacidi essenziali in una porzione di 100 g riesce a coprire in media i 2/3 dei fabbisogni giornalieri; il triptofano risulta l’amminoacido limitante. La carne fornisce inoltre elevati quantitativi di vitamine in particolare la PP, le vitamine del gruppo B, soprattutto la B 12 ed è una buona fonte di vitamina A. Il fegato è la parte della carcassa più ricca in vit. A e B 12 . Molto interessante è anche l’apporto di minerali quali ferro, zinco e selenio. Il ferro contenuto nella carne è presente principalmente come ferro eme, nelle molecole di emoglobina e mioglobina (fino al 60% del ferro totale presente nella carne bovina, ovina e avicola, dal 30 al 40% del totale nella carne suina, e nel pesce). Il ferro eme è la forma più biodisponibile per l’organismo, mentre la forma non eme, presente nei vegetali, è più difficilmente assimilabile. Alcuni studi riportano che nella carne vi siano fattori che favoriscono l’assorbimento anche del ferro non eme. Il ferro contenuto negli alimenti è sottoforma di ferro ferrico (Fe 3+ ), e poiché l’apparato digerente può assorbire ferro solamente allo stato ionico e quasi esclusivamente nella forma ferrosa (Fe 2+ ), esso viene isolato a livello gastrico ad opera dell’acido cloridrico. Sempre nello stomaco, e secondo alcuni autori anche nella prima parte dell’ intestino, avviene la riduzione della forma ferrica nella forma ferrosa ad opera di sostanze quali acido ascorbico e i gruppi sulfidrilici delle proteine. Per questo motivo l’assorbimento del ferro della carne è favorito dall’assunzione contemporanea di alimenti quali agrumi, uva, kiwi, ortaggi (in particolare spinaci e asparagi) ricchi di queste molecole. Caffè, tè, uova e crusca limitano invece l’assorbimento. Lo zinco è un minerale essenziale per il metabolismo degli acidi nucleici, per il controllo dell’appetito, lo sviluppo sessuale e del cervello. Quello presente nella carne è particolarmente disponibile per l’organismo in quanto nella carne sono assenti sostanze quali fitati, ossalati, lignina e emicellulosa che ne riducono notevolmente l’assorbimento. Nella carne sono presenti elementi che sono stati riconosciuti come fattori utili nella prevenzione dell’insorgenza di tumori e con effetti benefici per la salute umana. Tra questi vi è l’acido folico, quello contenuto nella carne ha una maggiore biodisponibilità rispetto a quello contenuto nei vegetali, previene l’insorgenza dei tumori al colon, abbassa il contenuto di omocisteina, che rappresenta un fattore di rischio nei problemi cardio-circolatori, e previene le malformazioni neurologiche. Importante è anche il contenuto di vitamina A che favorisce la crescita e lo sviluppo delle cellule e protegge l’apparato respiratorio. Infine nella carne sono presenti degli importanti antiossidanti, selenio e zinco, che sono indicati come fattori anti- cancerogeni (da Cipriani, 2003). Sempre tra i composti utili per la salute umana occorre sottolineare l’elevata dotazione di CLA (isomeri coniugati dell’acido linoleico) nella carne. Essi derivano sia dalla bioidrogenazione dell’acido linoleico da parte dei microrganismi ruminali che da reazioni endogene che avvengono nei tessuti degli animali (circa il 70% di tutti i CLA prodotti). I CLA sono presenti in maggior quantità nei prodotti di origine animali e in particolare nei prodotti ottenuti dai ruminanti (latte e carne). Essi sono efficaci nell’inibire la carcinogenesi, l’aterosclerosi e agiscono positivamente sul sistema immunitario. La quantità da assumere giornalmente raccomandata è pari a 3 g. (Secchiari, 2003). 1

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LA CARNE NELL’ALIMENTAZIONE UMANA

La carne è una delle più importanti fonti proteiche dell’alimentazione umana. Ciò è dovuto all’elevata digeribilità delle proteine e al buon bilanciamento degli amminoacidi essenziali in essa contenuta. Il contenuto di proteine nella carne varia tra il 15 e il 35% s.t.q., il contenuto di amminoacidi essenziali in una porzione di 100 g riesce a coprire in media i 2/3 dei fabbisogni giornalieri; il triptofano risulta l’amminoacido limitante. La carne fornisce inoltre elevati quantitativi di vitamine in particolare la PP, le vitamine del gruppo B, soprattutto la B12 ed è una buona fonte di vitamina A. Il fegato è la parte della carcassa più ricca in vit. A e B12. Molto interessante è anche l’apporto di minerali quali ferro, zinco e selenio. Il ferro contenuto nella carne è presente principalmente come ferro eme, nelle molecole di emoglobina e mioglobina (fino al 60% del ferro totale presente nella carne bovina, ovina e avicola, dal 30 al 40% del totale nella carne suina, e nel pesce). Il ferro eme è la forma più biodisponibile per l’organismo, mentre la forma non eme, presente nei vegetali, è più difficilmente assimilabile. Alcuni studi riportano che nella carne vi siano fattori che favoriscono l’assorbimento anche del ferro non eme. Il ferro contenuto negli alimenti è sottoforma di ferro ferrico (Fe3+), e poiché l’apparato digerente può assorbire ferro solamente allo stato ionico e quasi esclusivamente nella forma ferrosa (Fe2+), esso viene isolato a livello gastrico ad opera dell’acido cloridrico. Sempre nello stomaco, e secondo alcuni autori anche nella prima parte dell’ intestino, avviene la riduzione della forma ferrica nella forma ferrosa ad opera di sostanze quali acido ascorbico e i gruppi sulfidrilici delle proteine. Per questo motivo l’assorbimento del ferro della carne è favorito dall’assunzione contemporanea di alimenti quali agrumi, uva, kiwi, ortaggi (in particolare spinaci e asparagi) ricchi di queste molecole. Caffè, tè, uova e crusca limitano invece l’assorbimento.Lo zinco è un minerale essenziale per il metabolismo degli acidi nucleici, per il controllo dell’appetito, lo sviluppo sessuale e del cervello. Quello presente nella carne è particolarmente disponibile per l’organismo in quanto nella carne sono assenti sostanze quali fitati, ossalati, lignina e emicellulosa che ne riducono notevolmente l’assorbimento. Nella carne sono presenti elementi che sono stati riconosciuti come fattori utili nella prevenzione dell’insorgenza di tumori e con effetti benefici per la salute umana. Tra questi vi è l’acido folico, quello contenuto nella carne ha una maggiore biodisponibilità rispetto a quello contenuto nei vegetali, previene l’insorgenza dei tumori al colon, abbassa il contenuto di omocisteina, che rappresenta un fattore di rischio nei problemi cardio-circolatori, e previene le malformazioni neurologiche. Importante è anche il contenuto di vitamina A che favorisce la crescita e lo sviluppo delle cellule e protegge l’apparato respiratorio. Infine nella carne sono presenti degli importanti antiossidanti, selenio e zinco, che sono indicati come fattori anti-cancerogeni (da Cipriani, 2003). Sempre tra i composti utili per la salute umana occorre sottolineare l’elevata dotazione di CLA (isomeri coniugati dell’acido linoleico) nella carne. Essi derivano sia dalla bioidrogenazione dell’acido linoleico da parte dei microrganismi ruminali che da reazioni endogene che avvengono nei tessuti degli animali (circa il 70% di tutti i CLA prodotti). I CLA sono presenti in maggior quantità nei prodotti di origine animali e in particolare nei prodotti ottenuti dai ruminanti (latte e carne). Essi sono efficaci nell’inibire la carcinogenesi, l’aterosclerosi e agiscono positivamente sul sistema immunitario. La quantità da assumere giornalmente raccomandata è pari a 3 g. (Secchiari, 2003).

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Contenuto in CLA

(da http://www.assocarni.it/atti_convegno/strata.pdf)

Negli ultimi anni la carne e soprattutto i prodotti carnei, in particolare i salumi, sono stati messi sotto accusa in quanto contenti elementi negativi per la salute umana. Quelli considerati più rischiosi possono essere così classificati (da Jiménez-Colmenero e coll., 2001):

1. prodotti naturalmente presenti nella carne e nei suoi derivati: es. grasso, colesterolo, residui di inquinanti, residui di farmaci

2. prodotti aggiunti durante la produzione dei prodotti carnei per motivi tecnologici, microbiologici o sensoriali: es sale, nitriti, fosfati

3. prodotti che si formano durante la trasformazione da carne a prodotti carnei: es. contaminanti residui di disinfettanti e detergenti, prodotti tossici che si sviluppano durante la cottura

4. prodotti che si producono durante la trasformazione o conservazione: es. batteri patogeni, prodotti dell’ossidazione dei lipidi, composti che si liberano dai materiali degli imballaggi.

Tra tutti questi i fattori i più importanti sono:• GRASSO: apporta calorie, aumenta rischio di cancro al colon e se associato

al colesterolo aumenta il rischio di disordini cardiovascolari. Il contenuto di grasso nella carne varia in base alla specie, all’ alimentazione degli animali, al taglio considerato, alla preparazione della carcassa, alla modalità di cottura. Di solito più grassi sono i prodotti trasformati che possono avere un contenuto lipidico anche pari al 40-50% sul totale.

• SALE: esiste una relazione tra elevate percentuali di sodio nella dieta e ipertensione nelle arterie. E’ stato stimato che il 20-30% del sale ingerito in

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una dieta normale deriva dalla carne o derivati. La carne contiene circa 50-90 mg di sodio per 100 g, ma nei prodotti ve ne è il 2% in quelli cotti (es. salsiccie) e il 6% di quelli crudi.

• PAHs: idrocarburi policiclici aromatici che si sviluppano dalla sostanza organica durante la cottura o la affumicatura, alcuni di questi sono cancerogeni

• NITRATO DI SODIO: nitriti e nitrati sono utilizzati come batteriostatici in particolare contro batteri patogeni quali Clostridium botulinum, inoltre limitano le ossidazioni e contribuiscono alla formazione degli aromi e del sapore dei prodotti carnei (insaccati, soprattutto quelli a lunga stagionatura) e conferiscono la tipica colorazione rosea (più scura con la disidratazione) per la formazione di nitrosomioglobina e nitricomioglobina. Nitriti e nitrati reagiscono facilmente con le sostanze contenute nella carne: se ne ritrova solo il 10-20% al termine della preparazione della carne. E’ stato accertato che i nitrati sono ridotti a nitriti dai batteri con nitratoreduttasi tipo le Micrococcaceae, e i nitriti possono reagire con le ammine, che si sviluppano nel corso della maturazione della carne, dando luogo alle ad ammine biogene$

(Nnitrosammine), che hanno proprietà cancerogene. Queste si formano anche nello stomaco. Per ridurre la formazione delle Nnitrosammine occorre: diminuire il contenuto di nitrato al minimo richiesto, mantenere il pH al di sopra a 5.4 nella prima ora di conservazione, refrigerare, aggiungere sodio ascorbato e potassio sorbato, o sodio ipofosfito o esteri dell’acido fumarico o batteri produttori di acido lattico per sostituire l’azione antimicrobica dei nitrati.L’effetto del colore dato dai nitrati può essere sostituito dalla eritrosina che viene aggiunta alla fine della lavorazione.I nitrati sono segnalati in etichetta con le sigle E 251 e E 252. I quantitativi di nitriti e nitrati che possono essere aggiunti nelle preparazioni a base di carne sono disciplinati da un’apposita legge emanata nel 1996 (tabella 1).

Diverse sono le strategie che possono essere adottate per rendere la carne piu’ salubre e riguardano sia i sistemi di allevamento degli animali sia le modalità di trasformazione della carne in prodotti carnei; ne vengono riportate alcune ad esempio:-selezionare linee di animali e razze con caratteristiche più consone alle attuali richieste del consumatore, in pratica aumentando la quantità di carne magra e la percentuale di acidi grassi insaturi-utilizzare razioni più povere dal punto di vista energetico e più ricche in proteine -aumentare al quantità di grassi insaturi nelle razioni per monogastrici ma anche la quantità di antiossidanti-eliminare il più possibile il grasso visibile nei prodotti derivati; cercare di eliminare il grasso invisibile estraendolo dalle carni macinate (crioconcentrazione, centrifugazione, decantazione…)-variare la composizione dei prodotti a base di carne, soprattutto di quelli macinati tipo mortadella, frankfurters, patties, salsiccie…,in particolare riducendo i grassi, aggiungendo grassi insaturi vegetali, diluendo il più possibile il grasso con carboidrati e proteine (es. derivati proteici ottenuti dalla soia, dal girasole, fibra..) e riducendo il contenuto di sale. Il sale non può essere eliminato totalmente ma può essere in parte sostituito con sali di magnesio e potassio, fosfati, lattati e idrolizzati del collagene. I fosfati aumentano la ritenzione idrica e hanno un’azione antiossidante e antimicrobica tali da consentire una riduzione del 50% del contenuto di sale. I lattati

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possono essere aggiunti per favorire la crescita della flora microbica responsabile della maturazione dei salumi, mentre gli idrolizzati di collagene favoriscono l’aroma.-introdurre ingredienti funzionali: i composti definiti come aventi potenziali effetti benefici per la salute umana (Goldberg, 1994) sono i seguenti:

• fibra dietetica• oligosaccaridi• zuccheri/alcol• amminoacidi peptidi e proteine• isopreni e vitamine• colina• batteri produttori di acido lattico• minerali• acidi grassi insaturi• altro (es. antiossidanti)

IL CONTENUTO DI COLESTEROLO NELLA CARNE E NEI PRODOTTI CARNEI

Il colesterolo è una molecola lipidica sterolica, presente solo negli organismi animali, soprattutto nei Vertebrati. È contenuto in tutti i tessuti e in maggior quantità nel cervello, nella bile e nel sangue. A causa della sua struttura ha caratteristiche idrofobiche ed è quindi scarsamente idrosolubile. L'intestino lo assorbe grazie ai sali biliari. È presente nell’organismo animale sia in forma libera (35-40% del totale) sia esterificato con acidi grassi a catena lunga. La sintesi del colesterolo si svolge soprattutto a livello epatico, anche se vi partecipano numerosi altri organi (surrene, testicolo, aorta ecc.). Il colesterolo viene invece eliminato con la bile, trasformato in acidi biliari e poi in sali biliari (dai calcoli biliari il colesterolo può essere ottenuto allo stato puro cristallino). Il colesterolo è fondamentale per il nostro organismo in quanto:

• interviene nella formazione e nella riparazione delle membrane cellulari • è il precursore della vitamina D, degli ormoni steroidei e degli ormoni sessuali

(come androgeni, testosterone, estrogeni e progesterone) • è contenuto nell'emoglobina • è il precursore dei sali biliari.

Il colesterolo del sangue è legato a diversi tipi di lipoproteine tra le quali le più importanti sono:

• lipoproteine a bassa densità LDL: veicolano tra il 60% e l'80% del colesterolo serico e, poiché presentano molta affinità con le cellule dell'endotelio delle arterie, liberano il colesterolo sulla parete dei vasi (costituisce la placca ateromatosa nell'aterosclerosi, anche se non è ancora chiaro se rappresenti il fattore eziologico della malattia);

• lipoproteine HDL svolgono la funzione opposta delle lipoproteine LDL in quanto rimuovono il colesterolo dalle arterie e lo riportano al fegato.

Le linee guida nutrizionali suggerite dalle più importanti istituzioni mediche internazionali suggeriscono che il grasso apportato dalla dieta dovrebbe provvedere a coprire dal 15 al 30% delle calorie totali necessarie per l'uomo e che i grassi saturi dovrebbero contribuire dallo zero al 10% delle calorie ingerite. Limitare l'ingestione di grasso e di colesterolo è considerata la più importante misura per prevenire

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l'obesità e l’ipercolesterolemia che sono considerati i fattori predisponenti alle varie malattie croniche del sistema circolatorio. Inoltre sembra esserci una relazione tra elevate ingestione di grasso e aumenta del rischio di alcuni tipi di cancro, in particolare quelli al colon, alla mammella e alla prostata. Fin dal 1956 è stato dimostrato che livello di colesterolo presente nel sangue non è strettamente legato alla quantità di colesterolo ingerito con la dieta e sembra chiaro che i fattori genetici e l'ingestione di sostanze antiossidanti abbiano un ruolo fondamentale nella regolazione del contenuto di colesterolo nel sangue. La carne apporta dal 10 al 20% del totale delle calorie nella maggior parte dei paesi sviluppati. Il contenuto di colesterolo nella carne varia tra le diverse specie animali e diversi muscoli, dal tipo di razza, dal sesso e dal regime alimentare somministrato agli animali. Il contenuto di colesterolo nei muscoli varia mediamente tra 61 e 63,5 mg/100 g mentre il contenuto di colesterolo nel tessuto adiposo varia tra 113 e 121 mg/100 g. (Si ricorda che la quantità di colesterolo che soddisfa i fabbisogni giornalieri di un adulto in buona salute è pari a 300 mg). È stato osservato che i muscoli di tipo ossidativo con fibre rosse hanno un contenuto più elevato di colesterolo rispetto ai muscoli con fibre bianche, ciò è dovuto al fatto che questi muscoli hanno un maggior numero di fibre e quindi una maggior quantità di sarcolemma che è la parte della cellula muscolare più dotata in colesterolo.Il colesterolo in tali muscoli ha la funzione di mantenere ordinate le catene fosfolipidiche e la fluidità delle membrane. È stato inoltre dimostrato che esiste una bassa correlazione tra il contenuto di grasso della carne e il suo contenuto in colesterolo: è stato riportato un coefficiente di correlazione pari a 0,37. Quindi il consumo di carne fresca magra, cioè con un basso contenuto in grasso intramuscolare, comporta solo una riduzione dell'ingestione di grasso e di calorie ma non di colesterolo.La cottura della carne comporta quasi esclusivamente una perdita di acqua e non porta a nessuna variazione al contenuto calorico o di colesterolo per grammo.Si può affermare che il contributo della carne all'ingestione di colesterolo è elevato comparato al suo effetto calorico, ma il ruolo del colesterolo dietetico sulla concentrazione del colesterolo serico sembra essere particolarmente importante solo per le persone geneticamente predisposte all’ ipercolesterolemia (da Chizzolini, Zanardi, Dorigoni, Ghidini, 1999).Un’ elevato fattore di rischio per la salute umana è dato anche dai prodotti dell’ossidazione del colesterolo definiti come COP’s. Questi composti si formano nei prodotti alimentari soprattutto durante la loro conservazione e nel caso della carne durante i processi di maturazione. Essi sono particolarmente “insidiosi” in quanto la loro formazione non è associata alla produzione di componenti volatili maleodoranti come nel caso di altri composti lipidici ossidati. Sono stati identificati circa 60 COP’s, a molti dei quali sono stati riconosciuti potenti effetti biologici: sono infatti citotossici, angiotossici, aterogenici, carcinogenici e mutageni (Secchiari, 2003).

Note$Ammine biogene e poliammine (Saccani e Tanzi, 2004): sono basi organiche a basso peso molecolare presenti in tutte le cellule viventi, in muscoli e tessuti vegetali dove svolgono importanti funzioni per il metabolismo cellulare (trasmissione dello stimolo neuro-muscolare, sintesi di DNA e RNA).Si formano nelle cellule e nei tessuti muscolari mediante reazioni di decarbossilazione, catalizzate da enzimi dicarbossilici ammino- specifici. I percorsi metabolici che sono alla base della formazione e dell'accumulo delle ammine negli

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alimenti iniziano attraverso processi proteolitici che rendano disponibili elevati quantitativi di aminoacidi, i quali costituiscono il substrato ideale per le reazioni di decarbossilazione enzimatica, sostenute in misura limitata da enzimi di origine endogena e, in misura maggiore da sistemi enzimatici di provenienza microbica. Per le loro spiccate proprietà vasoattive e neuroattive, le ammine possono costituire un potenziale rischio per la sicurezza dei consumatori, soprattutto in presenza di alcuni cofattori che inibiscono il sistema enzimatico delle mono e di-ammino ossidasi, a cui spetta il compito di detossificare l'organismo. La complessità delle reazioni in cui le ammine biogene sono coinvolte rende difficile l'individuazione di una soglia di tossicità, che dipende, in ultima analisi, dall’efficienza dei sistemi di detossificazione, variabile nei diversi individui. Le più importanti sindromi di origine alimentare causate dall'ingestione di ammine biogene sono l'avvelenamento da istamina (sindrome sgombroide) e l’intossicazione da tiramina (sindrome del formaggio). La loro presenza nel sangue di ammine biogene può costituire un potenziale rischio per la formazione delle nitrosammine, potenti cancerogeni che si formano per reazione tra acido nitroso e ammine secondarie in ambiente acido. Tale reazione può essere favorita anche dal pH acido dello stomaco ma si possono ingerire nitrosammine preformate negli alimenti che possono formarsi durante i processi produttivi se si creano le condizioni ambientali idonee. La formazione di nitrosammine presuppone la presenza di un substrato amminoacidico, il cofattore degli enzimi decarbossilici (piridossal fosfato), il pH, la concentrazione salina e t e umidità relativa di conservazione del prodotto. Le reazioni di decarbossilazione possono essere generate dai microrganismi sia nei prodotti fermentati che nei prodotti freschi (frutta, verdura, pesce, carne, prodotti carnei stagionati non insaccati come prosciutto e speck). Controllando le condizione di conservazione dei prodotti anche di quelli stagionati si riesce a ridurre la formazione delle ammine biogene. Nei prodotti freschi la quantità di ammine biogene di origine microbica sono indicatori dello stato di conservazione e quindi della qualità igenica e sicurezza dell’alimento.

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Tabella 1. Quantitativi ammessi in nitriti e nitrati nei prodotti carnei* (http://www.regione.piemonte.it/sanita/sanpub/vigilanza/dwd/presentazioni/carni/carni_t.pdf)

* DECRETO MINISTERIALE 27 febbraio 1996, n. 209 Regolamento concernente la disciplina degli additivi alimentari consentiti nella preparazione e per la conservazione delle sostanze alimentari in attuazione delle direttive n. 94/34/CE, n. 94/35/CE, n. 94/36/CE, n. 95/2/CE e n. 95/31/CE(G.U. n. 96, 24 aprile 1996, Supplemento Ordinario)

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Tabella 2. Contenuto medio di acqua, proteine, grasso, colesterolo ed energia di muscoli appartenente a diverse specie animali (da Chizzolini et al., 1999)

Tabella 3. Contenuto medio di grasso, colesterolo ed energia di alcuni prodotti carnei (da Chizzolini et al., 1999)

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Tabella 4. Contenuto intramuscolare di grasso e colesterolo in alcuni muscoli appartenenti a diverse specie animali (da Chizzolini et al., 1999)

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Tabella 5. Contenuto in acidi grassi e colesterolo di alcuni salumi italiani (da Carnevale, , http://inn.ingrm.it/Documentazione/salumi.PDF)

Tabella 6. Contenuto in nitriti, nitrati e cloruro di sodio di alcuni salumi italiani (da Carnovale, http://inn.ingrm.it/Documentazione/salumi.PDF)

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Alcune definizioni importanti

Amminoacidi ordinari: quelli normalmente presenti nelle proteine degli alimentiAmminoacidi essenziali: gli otto a.a. indispensabili all’organismo umano ma che non possono essere sintetizzati ma assunti esclusivamente dagli alimenti (triptofano, lisina, fenilalanina, leucina, isoleucina, treonina, valina, metionina).Amminoacido limitante: è l’a.a. essenziale presente nella proteina in quantità limitata tale da ridurre l’utilizzazione della proteina stessa da parte dell’organismoValore biologico delle proteine: è la quantità di azoto presente che viene trattenuto dall’organismo per la crescita cellulare, la riparazione dei tessuti e per il mantenimento delle funzioni vitali. Il valore biologico è dato dal rapporto:

VB= quantità di azoto introdotto/ quantità di azoto assorbito = 100

Una proteina che possiede un perfetto equilibrio di aminoacidi assorbiti per il 100% e trattenuti per le funzioni dell'organismo ha un valore biologico di 100.Alla proteina dell'uovo è stato assegnato questo valore ed è stata presa come proteina standard di riferimento.

Complementarietà delle proteine: è la combinazione di proteine incomplete a diversa combinazione di a.a. essenziali al fine del soddisfacimento dei fabbisogni (le proteine complete hanno tutti gli a.a. essenziali, quelle incomplete sono carenti di uno o più a.a eseenziali) (es. cereali, carenti di lisina e triptofano, con il latte che possiede questi a.a.).

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