La canzone del sangue - i Ricciardi, recensione · sangue di Giovanni Ricciardi, la nuova indagine...
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Recensione di Alessandra Stoppini - 09-07-2015
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LA CANZONE DEL SANGUE - GIOVANNI RICCIARDI
Per Fazi oggi 9 luglio in libreria La canzone delsangue di Giovanni Ricciardi, la nuova indagine diOttavio Ponzetti, il celebre commissario romano
nato dalla penna dell’autore, professore di greco e
latino in un liceo della Capitale.
“Il cellulare squillò di nuovo. Mi sollevaifaticosamente dalla sdraio dove ero affondatonella sonnolenza del pomeriggio, benedettadall’afa”.
Il commissario Ottavio Ponzetti stava trascorrendo
le ferie d’agosto con tutta la famiglia in Sicilia, dove
aveva scelto un appartamento fresco non distante
dal mare ma la canicola sulla via del ritorno poteva raggiungere apici insopportabili.
Il lavoro però non va mai in vacanza, infatti il cellulare di Ottavio aveva squillato
più volte, il numero era sconosciuto. Ponzetti non avrebbe risposto,
“sono in Sicilia, chiamassero Montalbano, se vogliono”.
Quando il poliziotto aveva ricevuto la chiamata di Mario Iannotta, suo fidato
ispettore, l’arcano era stato svelato. Il questore Ricci chiedeva l’aiuto di Ponzetti,
che si sarebbe dovuto recare a Palazzo Arnone, dimora della famiglia Arnone un
tempo proprietaria di miniere di zolfo, dove l’aspettava la padrona di casa.
Annamaria, bellissima, con una voce e un gran talento per la musica, era sposata
da otto anni, senza figli, con Matteo Arnone, figlio di Casimiro, vedovo e
capofamiglia indiscusso. Questo legame era nato e cresciuto all’interno delle mura
domestiche, lui rampollo del clan, lei figlia di Concetta, la cameriera “storica” di
casa Arnone. La famiglia si era fermamente opposta ma di fronte alla tenacia dei
due innamorati, il vecchio Arnone aveva dato il suo consenso sul letto di morte
della moglie. “Ma questo non vuol dire aver digerito la sostanza”. Matteo,gelosissimo da sempre, ora accusava la moglie di adulterio, che secondo lui
avrebbe commesso con Ludovico, giovane musicologo, cantante e cantautore,
studioso di tradizioni popolari giunto in paese per fare ricerche sull’origine di Vitti
na crozza, canto amaro e dolcissimo, una delle più celebri canzoni popolari
siciliane. Il forestiero, dopo aver saputo da qualcuno che i diritti della canzone
erano di proprietà della famiglia Arnone, aveva chiesto un colloquio con il vecchio
Casimiro, il quale l’aveva accolto benevolmente, magnificando le virtù musicali di
suo padre, Matteo senior, tenore e grande creativo. Al termine del colloquio,
Ludovico aveva incontrato Annamaria, la giovane aveva raccontato al musicologo
che su quel canto in paese si raccontavano tante storie, e suo nonno minatore le
aveva svelato un segreto. Matteo senior non era il vero autore della canzone,
l’aveva ascoltata dal nonno di Annamaria, cantastorie per diletto ma analfabeta e
autodidatta e se ne era appropriato. Il vecchio Arnone era stato trovato morto,
colpito con un pugnale in pieno petto, qualche ora dopo il colloquio di Ponzetti con
Annamaria. Quando Matteo Arnone era giunto a casa da Palermo alle undici di sera
il delitto era stato compiuto e sua moglie era sparita, quindi irreperibile. Era stato
Matteo a chiamare Montalbano ma il commissario di Vigata non voleva
“ritrovarsi coinvolto in un delitto che aveva tutta l’aria di un regolamento di
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conti interno alla famiglia”.
Alla sua sesta indagine, il bonario Ponzetti si trova costretto suo malgrado agiocare in trasferta, lontano da Roma, portando alla luce odi atavici, un anticoomicidio mai punito, aiutato dal famoso collega, un commissario di carta come lui.
“Vitti na crozza supra nu cannuni fui curiusu e ci vosi spiari idda m’arrispunnìucu gran duluri murivu senza toccu di campani”.
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