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n.8 – settembre 2012 la Biblioteca di via Senato Milano mensile, anno iv MALAPARTE Per Curzio solo gente di ampie Prospettive di laura mariani conti e matteo noja UTOPIA L’universo dimenticato di L. Agostini di gianluca montinaro FONDO ANTICO Il Sacco d’Italia di Napoleone di annette popel pozzo FANTASCIENZA Le fanzine: appassionati segnali alieni di paola maria farina FONDO IMPRESA La Rinascente apre l’era dello shopping di giacomo corvaglia

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n.8 – settembre 2012

la Biblioteca di via SenatoMilanomensile, anno iv

MALAPARTEPer Curzio sologente di ampie Prospettivedi laura mariani contie matteo noja

UTOPIAL’universodimenticato diL. Agostinidi gianluca montinaro

FONDO ANTICOIl Sacco d’Italia di Napoleonedi annette popel pozzo

FANTASCIENZALe fanzine:appassionatisegnali alienidi paola maria farina

FONDO IMPRESALa Rinascenteapre l’era dello shoppingdi giacomo corvaglia

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Sommario4

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L’Utopia: prìncipi e princìpiL’INFINITO DIMENTICATO DI LUDOVICO AGOSTINIdi Gianluca Montinaro

BvS: il Fondo AnticoNAPOLEONE E IL SUOBOTTINO IN ITALIA di Annette Popel Pozzo

BvS: FantascienzaGENTE DI “PROSPETTIVE” IN UN’ITALIA IN GUERRAdi Laura Mariani Conti e Matteo Noja

IN SEDICESIMO - Le rubrichePICASSO – CATALOGHIANTICHI E MODERNI –L’INTERVISTA D’AUTORE –MOSTRE – ASTE E FIERE

BvS: illustrati dell’OttocentoVIAGGIANDO CON UNA MATITA VERSO UN AUTRE MONDEdi Arianna Calò

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BvS: il Fondo MilanoLA POETICA DEI CENTOANNI DI GIUSEPPE ROVANIdi Beatrice Porchera

BvS: il Fondo AnticoANTONINO MONGITORESEVERO CANONICO E ZELANTE SCRITTOREdi Valentina Conti

BvS: il Fondo di FantascienzaL’UNIVERSO PARALLELODELLE FANZINEDI FANTASCIENZAdi Paola Maria Farina

BvS: il Fondo ImpresaLA RINASCENTE: RINATADALLE SUE CENERI COME L’ARABA FENICEdi Giacomo Corvaglia

BvS: nuove schedeRECENTI ACQUISIZIONIDELLA BIBLIOTECA DI VIA SENATO

BvS: il ristoro del buon lettoreUN SORRISO DI FELICITÀ

MEN S ILE D I BIBLIOFILIA – ANNO IV – N.8 /34 – MILANO, SETTEMBRE 20 1 2

la Biblioteca di via Senato - Milano

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Consiglio di amministrazione dellaFondazione Biblioteca di via SenatoMarcello Dell’Utri (presidente)Giuliano Adreani, Carlo Carena, Fedele Confalonieri, Maurizio Costa,Ennio Doris, Fabio Pierotti Cei,Fulvio Pravadelli, Miranda Ratti,Carlo Tognoli

Segretario GeneraleAngelo De Tomasi

Collegio dei Revisori dei contiAchille Frattini (presidente)Gianfranco Polerani,Francesco Antonio Giampaolo

Fondazione Biblioteca di via SenatoElena Bellini segreteria mostreArianna Calò sala CampanellaValentina Conti studio bibliograficoSonia Corain segreteria teatroGiacomo Corvaglia sala consultazioneMargherita Dell’Utri sala consultazionePaola Maria Farina studio bibliograficoClaudio Ferri direttoreLuciano Ghirelli servizi generaliLaura Mariani Conti archivioMalaparteMatteo Noja responsabile dell’archivio e del fondo modernoDonatella Oggioni responsabile teatro e ufficio stampaAnnette Popel Pozzo responsabile del fondo anticoBeatrice Porchera sala consultazioneGaudio Saracino servizi generali

Direttore responsabileMatteo Noja

Progetto grafico e impaginazioneElena Buffa

Coordinamento pubblicitàMargherita Savarese

Fotolito e stampaGalli Thierry, Milano

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L’editore si dichiara disponibile a regolare eventuali diritti perimmagini o testi di cui non sia statopossibile reperire la fonte

Immagine in copertina: Copertina del primo numero di“Prospettive”, marzo 1937

Organizzazione Mostra del Libro Anticoe del Salone del Libro UsatoInes LattuadaMargherita SavareseUfficio StampaEx Libris Comunicazione

Direzione e redazioneVia Senato, 14 – 20121 MilanoTel. 02 76215318Fax 02 782387segreteria@bibliotecadiviasenato.itwww.bibliotecadiviasenato.it

Bollettino mensile della Biblioteca di via Senato Milano distribuito gratuitamente

Stampato in Italia© 2012 – Biblioteca di via SenatoEdizioni – Tutti i diritti riservati

Questo periodico è associato allaUnione Stampa Periodica Italiana

Reg. Trib. di Milano n. 104 del11/03/2009

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Settembre, andiamo. È tempo di migrare.Ora in terra d’Abruzzi i miei pastorilascian gli stazzi e vanno verso il mare:scendono all’Adriatico selvaggioche verde è come i pascoli dei monti.

Han bevuto profondamente ai fontialpestri, che sapor d’acqua natiarimanga ne’ cuori esuli a conforto,che lungo illuda la lor sete in via.Rinnovato hanno verga d’avellano.

E vanno pel tratturo antico al piano,quasi per un erbal fiume silente,su le vestigia degli antichi padri.O voce di colui che primamenteconosce il tremolar della marina!

Ora lungh’esso il litoral camminaLa greggia. Senza mutamento è l’aria.Il sole imbionda sì la viva lanache quasi dalla sabbia non divaria.Isciacquio, calpestio, dolci romori.

Ah perché non son io cò miei pastori?

Gabriele d’Annunzio, Alcyone. Sogni di terre lontane, 1903

I pastori

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L’Utopia: prìncipi e princìpi�

opere. E’ lo stesso Agostini a elen-carle e a descriverle, in una letteradatata 13 gennaio 1591, indirizzataa Francesco Maria II della Rovere.Presentando al duca la sua vastaproduzione («Essendo io semprestato inimico dell’otio, non sapen-do come schivarlo in quei tempi ch’itravagli del mondo mi hanno lascia-to in libertà, sono già molt’anni cheio puosi mano allo scrivere») Ago-stini specifica che è scritta «in lin-gua volgare». Adducendo un muta-mento delle «voglie varie de glihuomini», Agostini narra al ducacome, qualche giorno addietro, fos-se in procinto di dare alle fiamme ilsuo decennale lavoro «parendo es-sere queste creature vie più degnedi morte che di vita». Fosse reale in-

tenzione o un teatrale stratagemma per cercare di pub-blicarle fortunatamente non lo sapremo mai: sicura èinvece la richiesta che Agostini muove a Francesco Ma-ria II. Pregandolo di «accettare lo carico di giudice», edichiarando di aver deciso di «non voler gir per le stam-pe», propone di mandargli in visione una dopo l’altra lesue opere. Solo così il duca potrà decidere se conservar-le nella propria «universale libraria» o piuttosto riman-darle indietro unitamente alla “sentenza di morte” daeseguire mediante il fuoco. Quale fosse il fine di Ago-stini si può forse intuire grazie a un particolare: il sug-gerimento di intraprendere la visione dei testi partendodall’Infinito, opera che «termina alla platonica, in una

L’INFINITO DIMENTICATODI LUDOVICO AGOSTINI

L’utopia di un pensatore solitario

29luglio 1612. Nella vetustarocca di Gradara, posta aguardia dell’imbocco

della pianura Padana, si spegne unuomo, vecchio e ormai cieco. E’ ilgovernatore di questo castello, ulti-mo baluardo difensivo del ducato diUrbino. Ma attorno al suo capezza-le non si trovano soldati: solo il fi-glio lo assiste nell’ultimo viaggio.Non è mai stato uomo d’armi, senon in gioventù quando - almenocosì si mormora - aveva partecipatoa uno scontro sul suolo tedesco, sot-to il vessillo imperiale. E’ piuttostoun pensatore, incline per natura al-l’introspezione e alla speculazioneteorica. Assillato da scrupoli reli-giosi e da mai sopiti sensi di colpa.Ad andarsene, nel disinteresse ge-nerale, è Ludovico Agostini (1536-1612), una figurache, «sul piano dell’eticità, della critica sociale, della fe-de assillata dal rimorso e illuminata dalla speranza, ri-flette nel suo microcosmo quella che è, in tutti i tempi,‘l’aspra tragedia dello stato umano’».1

Morendo lascia al figlio i manoscritti delle sue

GIANLUCA MONTINARO

Nella pagina accanto: copertina del volume Lo stato idealedella Controriforma di Luigi Firpo (Bari, Laterza, 1957)Sopra: copertina del testo Utopisti italiani del Cinquecento,a cura di Carlo Curcio, pubblicato nella “Collana degli Utopisti” dall’editore Colombo nel 1944

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republica imaginaria, non meno praticabile che con-templativa».2 Il sogno di Agostini era forse veder realiz-zata la sua Repubblica immaginaria, uno Stato idealeche avrebbe attuato «con rigorosa coerenza le istanzeetiche e sociali della Controriforma».3 Francesco Ma-ria II, attraverso il suo segretario Giacomo Sorbolon-go, gli ordina di «conservare il tutto come suo, in depo-sito». E’ grazie a questa decisone che l’intero corpus del-l’Agostini è giunto a noi, intatto e integro. Ed è sempregrazie a questa decisione se il corpus si trova ancora a Pe-saro, presso la Biblioteca Oliveriana, in parte oramaistudiato e pubblicato, nel corso degli ultimi 130 anni,soprattutto a opera di Carlo Curcio e di Luigi Firpo(che ad Agostini dedica anche una vasta monografia: Lostato ideale della Controriforma, Bari, Laterza, 1957).

�La figura di Ludovico Agostini si presenta già in-

teressante a partire dalle vicende biografiche della fa-miglia. La dinastia degli Agostini ricalca quella dei

Buddenbrook di Thomas Mann: dalla ricchezza estre-ma alla dignitosa povertà, dall’intraprendente attivitàdei suoi primi membri alla introspettiva sensibilità delsuo ultimo esponente. Giunti a Pesaro nei primi annidel Quattrocento gli Agostini si arricchiscono veloce-mente grazie all’esercizio della pratica molitoria.Un’intensa attività economica, vaste possessioni non-ché un occhio di riguardo da parte di Costanzo e Gio-vanni Sforza portano gli Agostini ai vertici della societàcittadina. Sono nobilitati e viene concesso a Ludovico(nonno del nostro Ludovico) un seggio, trasmissibile aidiscendenti, nel Consiglio cittadino. Il figlio Gian Gia-como sposa nel 1526 la nobile Pantasilea degli Alessan-dri e il piccolo Ludovico, nato dieci anni più tardi, cre-sce fra agi e grandi ricchezze. La generale prosperitàdel ducato e la vita guadente della corte di GuidobaldoII della Rovere, ormai indirizzata verso modi e stilemimanieristici ed “europei”, influenzano Ludovico. Lasua formazione è duplice: da una parte viene avviatocon sincera convinzione alle pratiche del culto ma, allostesso tempo, rimane affascinato dal clima brillante ecavalleresco che si respira nel ducato. Cresce compien-do buoni studi classici e umanistici, apprendendo l’artedel poetare, del canto e le buone maniere cortigiane.Decide quindi di intraprendere la carriera di giurista,iscrivendosi all’Università di Padova. Qui, nel 1554,uccide in duello un suo compagno di studi, probabil-mente per futili motivi. Punito col bando dalla città siarruola nelle truppe asburgiche, partecipando a unabattaglia sul Reno nel 1555. Rientra in Italia e termina isuoi studi all’Università di Bologna. Il 29 settembre1557 consegue il dottorato in utroque iure e fa ritorno aPesaro. Nel 1559 ottiene l’iscrizione all’ordine dei le-gisti pesaresi ma decide di non intraprendere alcunacarriera forse pensando di condurre una vita da nobi-luomo contando sulle ricchezze e sul prestigio dellapropria famiglia. Ma la tempesta si va addensando. Nel1562 si consuma la caduta della famiglia Agostini. Gui-dobaldo II, per rimpinguare le sempre più esauste cassedel ducato, intraprende una politica di larvata confiscadi beni privati. A farne le spese sono anche gli Agostini,che devono cedere al duca la loro fiorente attività moli-toria. Gian Giacomo Agostini, eletto gonfaloniere del-la città nel 1563, è costretto a ridurre drasticamente iltenore di vita della propria famiglia che da grande pro-sperità passa a una più modesta agiatezza. Il giovaneLudovico preferisce adattarsi alla nuova situazione fa-

Federico Barocci (1535-1612), Francesco Maria II dellaRovere (Firenze, Galleria degli Uffizi)

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migliare piuttosto che affrontare una seria carriera dilavoro. Il suo carattere si incupisce, legge questa spolia-zione come punizione per i suoi peccati, e comincia adedicarsi con sempre più fervore alle pratiche devozio-nali. E nel suo Canzoniere (a tutt’oggi inedito), a fianco apetrarchismi d’occasione, iniziano ad apparire compo-sizioni di carattere religioso e politico ove auspica laconcordia fra i principi della Cristianità e la sconfittadegli infedeli e degli eretici. Nel 1565 si trasferiscepresso la corte roveresca il musicista toscano Pietro Va-gnoli con la figlia ventenne Virgina, ottima e bellissimacantante. Agostini si innamora perdutamente. Nechiede la mano al padre ma dopo pochi mesi il fidanza-mento viene rotto probabilmente a causa dello scarsopatrimonio di Ludovico. I Vagnoli lasciano Pesaro.Rotto dal dolore Agostini si dedica alla stesura de Le

giornate soriane, «estremo tentativo della fantasia di ri-creare un mondo scomparso (quello dei raffinati ozi si-gnorili, che la povertà gli invidiava) e di perpetuareun’effimera stagione amorosa dileguata per sempre».4

L’opera, che si ispira chiaramente al Cortegiano, descri-ve undici giornate agostane di villeggiatura sul colleSan Bartolo, a nord della città, trascorse fra le ville delduca e dei suoi cortigiani. Con Agostini, gli altri princi-pali protagonisti sono lo Stupido, lo Sventato, l’Oppo-sito, il Volubile, il Confuso e il Vano ciascuno dei qualiriflette una parte del carattere dell’Agostini stesso. Ol-tre a loro ovviamente compaiono i personaggi più in vi-sta della corte roveresca fra cui il giovane FrancescoMaria II, Luigi degli Angeli, Guidobaldo del Monte, iVagnoli, Girolamo Muzio. Fra svaghi, convivi, giochi,versi poetici, battute di caccia e pesca, riflessioni e ser-

Da sinistra: La Repubblica immaginaria di Ludovico Agostini contenuta nella “Collana degli Utopisti” del 1944; copertinadegli Utopisti e riformatori sociali del Cinquecento, edizione sempre a cura di Carlo Curcio (Bologna, Zanichelli, 1941)

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moni filosofici Agostini dipinge in quest’opera unarealtà ideale ormai lontana. Alla rievocazione di mo-menti che lo vedono ancora in compagnia dell’amataVirginia Vagnoli si sovrappone una ricostruzione idea-le della società cortigiana che lo stesso autore aveva vis-suto e che vedeva spegnersi ogni giorno di più sotto isuoi stessi occhi.

Negli anni successivi Agostini conduce una vitapiuttosto malinconica. E nelle gravi sciagure che inquel tempo si abbattono sull’Europa (il terremoto diFerrara del 1570, la peste del 1576, le discordie fra iprincipi della cristianità) Agostini ravvisa l’ira di Dioverso un’umanità ormai corrotta dall’edonismo, dalle

eresie, dall’immoralità e dalle lascivie. L’ascesa al tronodi Francesco Maria II, nel 1574, inaugura un nuovocorso politico, più rigorista e più attento all’applicazio-ne dei dettami tridentini. Agostini si autoinveste delruolo di consigliere del nuovo principe. Nonostantefosse non richiesto e non ascoltato Agostini non man-cherà mai, per tutta la vita, di inviare il suo parere al du-ca, proponendo suggerimenti e consigli sugli argo-menti più disparati. Da rimedi per spurgare le acquestagnanti dai fossati delle fortificazioni cittadine a mo-delli di comportamenti per i giovani, da provvedimentiper riformare l’annona e l’esercito a leggi per snellire lagiustizia non vi è argomento su cui Ludovico Agostini

Da sinistra: La Repubblica immaginaria, Della temperanza, nell’edizione degli Utopisti e riformatori sociali del Cinquecento(Bologna, Zanichelli, 1941); prima edizione della quarta parte dei dialoghi dell’Infinito, dal titolo La Repubblicaimmaginaria, a cura di Luigi Firpo (Torino, Ramella, 1957)

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non si mostri impreparato e su cui non fornisca la suaopinione e le sue soluzioni, argomentandole con dovi-zia di particolari. Mosso da sincero filantropismo versoi più poveri e da amore per la religione invia memorialianche a papi (Gregorio XIII, Sisto V, Clemente VIII,Paolo V), cardinali (Aldobrandini, Caffarelli Borghe-se) e principi (Ferdinando de’ Medici, Gian AndreaDoria).

Nel 1584, dilaniato da forti dissidi interiori, Ago-stini parte per un lungo pellegrinaggio in Terra Santa,ove sosta, con trasporto devozionale, un mese. Comescrive in una lettera avrebbe voluto stabilirsi definitiva-mente a Betlemme ma i Turchi, sospettando fosse unaspia, lo costringono ad andarsene. Il vicario generale ecommissario apostolico di Palestina, fra’ Cristoforo daTrento, lo nomina sindaco e procuratore di Terra Santae gli affida l’incarico, sulla strada del ritorno, di fermar-si presso il pontefice per esporgli le precarie condizionie i tanti pericoli a cui erano sottoposti i pellegrini e i re-ligiosi addetti al culto dei sacri luoghi. Il 3 aprile 1585, aRoma, consegna nelle mani di papa Gregorio XIII ilmemoriale che, nel frattempo, aveva steso. Di questoviaggio Agostini scrive anche un vivace e fresco reso-conto intitolato Viaggio di Terra Santa e di Gerusalemmeche non manca di inviare, in copia autografa, a France-sco Maria II.

Tornato a Pesaro riprende la sua solitaria vita e la-vora a L’infinito, dialogo fra due simbolici interlocutori,Finito e Infinito, che trae spunto dalla lettura della Ge-nesi e dell’Esodo: nella quarta parte di quest’opera si tro-vano le pagine della Repubblica immaginaria. FrancescoMaria II, forse impietosito dalla dignitosa ma poverasolitudine di Agostini, gli affida, nell’ottobre del 1604,il primo incarico pubblico della sua vita: il governo del-l’ormai vetusta rocca di Gradara. Agostini diligente-mente attende al suo lavoro, restaurando le fortifica-zioni e dirimendo le liti del contado. Continua a dedi-carsi alla poesia e alle pratiche religiose, nell’attesa del-la morte che ogni giorno sente più vicina.

�Come detto nessuna delle opere di Agostini vede

la luce delle stampe se non a distanza di secoli. La pri-ma, Viaggio di Terra Santa e di Gerusalemme, solo nel1886. Nei decenni successivi iniziano ad apparire alcu-ni brevi saggi su questo ‘solitario sconosciuto’ fino ache, nel 1941, Carlo Curcio (1898-1971) inserisce am-

pi stralci della Repubblica immaginaria nell’antologiaUtopisti e riformatori sociali del Cinquecento (Bologna,Zanichelli), diciannovesimo volume della collana“Scrittori politici italiani”, pubblicazione promossadall’Istituto nazionale di Cultura Fascista. Ordinario diStoria delle dottrine politiche e preside della facoltà diScienze Politiche a Perugia dal 1938 al 1943, CarloCurcio coglie in Agostini e nelle sue opere, caratteristi-che tipiche del filone utopistico cinquecentesco, «im-pregnato di spiriti insieme ascetici e rivoluzionari, an-che quando la rivoluzione voleva farsi in senso teocrati-co e reazionario».5 Tre anni più tardi ripubblica la Re-pubblica immaginaria nel volume miscellaneo Utopistiitaliani del Cinquecento (Roma, Colombo editore),quarto titolo della “Collana degli utopisti”. Entrambi itomi (oltre all'edizione completa, curata da Firpo nel1957) sono presenti nel vasto Fondo dell’Utopia con-servato presso la Biblioteca di via Senato, rappresen-tando Agostini, il suo pensiero e la sua opera. La Repub-

Bronzino (1503-1572), Ritratto di Guidobaldo II della Rovere,duca di Urbino, (Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina)

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blica immaginaria, secondo Agostini, dovrebbe assomi-gliare più «alla antica romana che alla moderna vene-ziana, poiché l’una per sé sola sempre si reggette, così inarme come in pace, mentre che l’altra ha sempre avutoin costume di reggersi sotto l’imperio di un capitanostraniero, siccome ti mostrano gli esempi di Colleoni,Gattamelata, Gonzaga, Carmagnola e dei duchi d’Ur-bino che di tempo in tempo, infino al dì d’oggi, hannoavuto il governo dell’armi veneziane».6 Il luogo pre-scelto per erigere la città perfetta dovrà essere cercato«sulla salutare spiaggia del Mare Adriatico» ovvero aPesaro, ove non mancano «finezza d’aria, temperatestagioni, acque purgatissime», raccolti abbondanti,«saporitissimi vini, preziosissimi frutti».7 Le case sa-ranno erette tutte uguali, giustamente proporzionate,ognuna con corti e giardini. I cittadini mangeranno inmodo salutare, evitando gli eccessi e l’ubriachezza, eimpedendo che i golosi possano nascondersi e «fuoridalla loro famiglia ingordamente crapulare».8 Inoltredue volte alla settimana si digiunerà per penitenza. Lavita sarà scandita dagli uffici religiosi ai quali tutti gliabitanti sono chiamati a prendere parte. A governare loStato sarà il principe, coadiuvato da dodici consiglieri;ma il capo spirituale «doverà essere il vescovo della cit-tà, per conformante vivere al vero capo Cristo».9 Il re-gime è quello dell’aristocrazia a larga base. L’intera po-polazione dello Stato sarà divisa in due classi: i nobili edi plebei. La classe dominante non sembra però fondarela propria supremazia su chiusi privilegi o sul censo mapiuttosto sulla nobiltà d’animo. La discriminazione so-ciale è data quindi dalla maturità etica e culturale, dallaconsapevolezza di chi può reggere contrapposta allarozzezza e alla fragilità di chi ha bisogno d’essere gui-dato: un afflato di carità cristiana fa degli aristocraticiquasi degli amorevoli fratelli maggiori dei loro concit-tadini plebei. La giustizia verrà amministrata con velo-cità ed equilibrio, rifiutando l’istituto della tortura. Lecariche pubbliche andranno solo a uomini virtuosi, ca-

paci di suscitare emulazione e di proporre nobile esem-pio. Il principe sarà il migliore ed il più religioso di tut-ti. Tre saranno le fonti di ricchezza: agricoltura, com-mercio ed industria. Il commercio potrà essere pratica-to solo dai plebei. Ferree leggi annonarie regolerannoil prezzo delle derrate, evitando quindi speculazioni acarico dei più deboli. Saranno vietati gli svaghi, a menoche non siano esercizi virtuosi.

Non si pensi però alla repubblica dell’Agostinicome a uno Stato totalitario. Come nota Luigi Firpo,Agostini

alla coazione crede di poter sostituire l’assuefazione:proclamando di non volere “violentare di un pelo illibero arbitrio degli uomini”, convinto che d’ognimale abbia colpa il “mal abito”, che il vizio non siache abitudine cattiva, fiducioso di una spontanea in-clinazione al bene, “perché l’arbitrio retto dalla ra-gione facilmente si piega alla elezione del suo me-gliore”, egli non pensa alla costrizione permanente,ma piuttosto a un severo tirocinio formativo.10

�Amaro destino quello dell’Agostini. Dimenticato

dai suoi concittadini in vita. Ancora dimenticato postmortem dall’istituzione che conserva i suoi manoscritti.In altre faccende affaccendati, coloro che dovrebberoricordare non ricordano, per pigrizia e ignoranza: inu-tilmente e colpevolmente chiamati ad amministrare ciòche non conoscono. Il quarto centenario di LudovicoAgostini (1612-2012) sarà però ugualmente celebrato,grazie a una tavola rotonda organizzata dal Circolo“Benedetto Croce” di Pesaro, con il patrocinio dellaBiblioteca di via Senato, fra ottobre e novembre. Un ri-cordo a chi ha tanto amato la propria città da pensarlaluogo ideale di una repubblica immaginaria. Un dove-roso omaggio a uno dei pensatori più interessanti delCinquecento italiano.

NOTE1 L. FIRPO, Lo stato ideale della Controrifor-

ma, Bari, Laterza, 1957, pp. 6-7.2 G. MONTINARO, L’epistolario di Ludovico

Agostini, Firenze, Olschki, 2006, pp. 190-191.3 L. FIRPO, Lo stato ideale della Controrifor-

ma, cit., p. 238.4 Ibidem, p. 69.5 Utopisti e riformatori sociali del Cinque-

cento, a c. di C. Curcio, Bologna, Zanichelli,1941, p. XVIII (dall’intr. di C. Curcio).

6 Ibidem, p. 150 (da L. Agostini, Repubbli-

ca immaginaria).7 Ib., p. 166.8 Ib., p. 172.9 Ib., pp. 185-186.10 L. FIRPO, Lo stato ideale della Controri-

forma, cit., p. 303.

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NAPOLEONE E IL SUOBOTTINO IN ITALIA

I preziosi codici, manoscritti e libri deportati a Parigi

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predatori francesi.1

L’enorme portata del saccheggio iniziato nel 1796con la campagna d’Italia è rivelata da una recente acqui-sizione per il Fondo Antico della nostra biblioteca, inti-tolata Catalogo de’ capi d’opera di pittura, scultura, anti-chità, libri, storia naturale, ed altre curiosità trasportatidall’Italia in Francia. Compilato dall’Imperial RegioGoverno Generale e stampato in prima edizione nel1799 a Venezia presso Antonio Curti, il catalogo èestremamente preciso e istruttivo nelle sue 32 pagine instruttura tabellare, che però non sono avare di dettagli.2

In questa sede, dopo dei cenni ai quadri, alle statue e aireperti archeologici, ci dedicheremo specialmente allevicende di alcuni codici e libri predati menzionati nel

BvS: il Fondo Antico�

Il fenomeno delle opere d’arte trafugate non è nuo-vo e trova proprio negli ultimi decenni spesso ri-chiamo nelle spettacolari restituzioni di capolavori

di provenienza ebraica deportati dai nazisti e ora resti-tuiti agli eredi. Chi non ricorda il famoso quadroKlimt, proprietà di Adele Bloch-Bauer, che dopo esserstato esposto per cinquant’anni a Vienna, al museo delBelvedere, venne contestato nel 2006 da un erede dellafamiglia di industriali austriaci dello zucchero e infinebattuto all’asta per la stratosferica somma di 125 milio-ni di dollari.

Del resto, va visto in questa prospettiva anche iltrasferimento, nel 1623, della ricchissima BibliothecaPalatina di Heidelberg, con 3500 manoscritti e 5000 li-bri rari, alla Biblioteca Apostolica Vaticana, dove peral-tro se ne trova tutt’ora la maggior parte. Fu Massimilia-no di Baviera, vincitore sul Palatinato durante la Guer-ra dei trent’anni a donare la biblioteca, ottenuta comepreda bellica, a papa Gregorio XV.

�Durante le campagne di guerra che sconvolsero

l’Europa tra il 1796 e il 1815, fu Napoleone a pianifica-re e realizzare la più colossale migrazione in epoca mo-derna di patrimonio artistico verso la Francia, più con-cretamente verso Parigi, ideato come cuore culturale,secondo un programma elaborato e preparato con il so-stegno di una squadra di specialisti che sapevano benis-simo dove e cosa andare a prendere: Bologna, Firenze,Milano, Modena, Monza, Parma, Pavia, Perugia, Ro-ma, Torino, Venezia e Verona – con il risultato che nes-suna città, nessuna opera poté sfuggire agli insaziabili

ANNETTE POPEL POZZO

Modèle des chariots ayant transporté les tableaux d’Italieen France, disegno di Jean-Baptiste Cacault, conservatopresso gli Archivi del Louvre

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Catalogo. Quando, nel maggio del 1796, Napoleone stava

ancora assediando il Castello Sforzesco a Milano, il suocommissario Jacques-Pierre Tinet era già istallato al-l’Ambrosiana per requisire il cartone preparatorio diRaffaello per la Scuola di Atene al Vaticano (FedericoBorromeo l’aveva acquistato nel 1626 per 600 lire im-periali), una serie di quattro oli su rame dedicati aiQuattro Elementi Terra, Aria, Acqua e Fuoco, e com-missionati direttamente sempre da Federico Borromeoal pittore fiammingo Jan Brueghel il Vecchio (realizzatidal 1608 al 1621), il preziosissimo Codice Atlantico diLeonardo da Vinci insieme ad altri dodici manoscrittivinciani (donati in parte da Galeazzo Arconati nel Sei-cento), due manoscritti di Galileo Galilei sopra l’Ar-chitettura militare, e l’attacco delle fortezze, un “pre-zioso Codice delle Antichità Giudaiche, il quale scritto

in papiro” viene descritto da Ludovico Antonio Mura-tori nelle Antichità Italiane3 e infine il rinomato mano-scritto delle Opere di Virgilio, appartenuto a France-sco Petrarca con le sue postille e miniato nel primo fo-glio da Simone Martini. Alla morte dell’umanista, ilVirgilio era stato ereditato da Francesco da Carrara,passò poi nella biblioteca dei Visconti di Pavia per esse-re acquistato infine sempre dal cardinale Borromeo nel1600 per l’Ambrosiana. Mentre il Codice Atlantico fudepositato presso la Bibliothèque Nationale, gli altridodici codici di Leonardo, segnati A-M, furono conse-gnati all’Institut de France.

�Nel 1815, il Concilio di Vienna, a conclusione

della parabola napoleonica, imponeva alla Francia larestituzione delle opere d’arte deportate – ordine che

Sopra da sinistra: frontespizio del Catalogo de’ capi d’opera di pittura, scultura, antichità, libri, storia naturale, ed altre curiosità trasportati dall’Italia in Francia, Venezia, 1799; la “Quarta Divisione” del Catalogo che copre i manoscritti e i libri deportati da Napoleone a Parigi

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venne però realizzato solo in parte. Dei Quattro Ele-menti di Brueghel solo due, Acqua e Fuoco, vennerorestituiti all’Ambrosiana, mentre Terra ed Aria si trova-no tutt’ora al Musée du Louvre; solo recentemente so-no stati riuniti in una mostra a Milano, per la prima vol-ta dopo duecento anni.4 Un caso eclatante rappresentaanche quello del Codice Atlantico, che sarebbe quasirimasto a Parigi, poiché il commissario austriaco inca-ricato della restituzione, il barone Franz Xaver von Ot-tenfels-Geschwind, aveva scambiato la grafia di Leo-nardo per dei caratteri cinesi (che è invece in caratteriromani, ma ribaltata da destra a sinistra e leggibile solocon uno specchio). Il Codice Atlantico tornò a Milanosoltanto grazie agli interventi del ben più esperto com-missario dello Stato della Chiesa, lo scultore AntonioCanova. I protocolli della vicenda sono stati editi dalconservatore del Louvre Charles Ravaisson-Molliennella sua pubblicazione sui manoscritti di Leonardo.5

Un destino diverso ebbero gli altri dodici codici vincia-ni,6 oggi noti infatti come “manoscritti di Francia”, chesi trovano ancora collocati presso l’Institut de France aParigi. Il Codex Ambrosianus di Petrarca, invece, è sì,fortunatamene, ritornato a Milano, ma porta su di séuna non piccola reminiscenza del periodo francese:nientemeno che una legatura di marocchino fatta fareda Napoleone nella Biblioteca Imperiale recante il suogrande supra libros “N” al centro dei piatti.

�Procedure analoghe ebbero luogo nelle altre città

e biblioteche italiane. I commissari napoleonici eranoevidentemente ben informati sulla permanenza del-l’Erbario di Albrecht von Haller (1708-1777), consi-stente in 59 volumi con numerosi e rari specimina bota-nici, parte dell’omonimo Fondo Haller del professoresvizzero (ma trapiantato a Gottinga) di anatomia, me-

Sopra da sinistra: ritratto del botanico svizzero Albrecht von Haller; i cosiddetti “manoscritti di Francia” di Leonardoda Vinci, ancora oggi conservati presso l’Institut de France a Parigi

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apprende che “tra i manuscritti 91 sono scritti primadel secolo tredicesimo, ed uno è scritto sovra una per-gamena purpurea a caratteri d’oro” (p. XXVI). Sui furtinella Biblioteca di San Marco a Venezia il Catalogo in-forma che “i manoscritti greci, tra li quali ve n’hannomolti anteriori al secolo decimo terzo, provenientipressoché tutti dalla biblioteca del Card. Bessarion so-no benissimo conservati” (p. XXIX). Immaginabili an-che i danni provocati nei conventi veneziani. La biblio-teca dominicana delle Zattere pianse la perdita di 320volumi, la biblioteca di San Francesco de’ Frari 109 vo-lumi, e i padri somaschi della Salute reclamarono 325volumi (tra l’altro 20 tomi contenenti 6175 tavole e 11tomi con 3000 disegni). Nonostante la quantità totaledei libri deportati superasse di molto il limite dei 500volumi concordati, i commissari napoleonici Claude-

dicina e botanica. Il fondo era stato acquistato nel 1778dagli austriaci per la neo fondata Biblioteca Braidensedi Milano, ma una parte si trovava collocata in quel pe-riodo per varie vicende a Pavia. L’Erbario, un unicumnella sua specie, del quale nel Catalogo si legge che è ar-ricchito “di note di mano dell’autore stesso” (p.XXVII), viene portato via da Pavia già il 29 maggio del1796, ma i volumi destinati al Musée National d’Hi-stoire Naturelle di Parigi raggiunsero la capitale fran-cese soltanto nel novembre dello stesso anno – e non ri-tornarono mai più in Italia.7

�Le indicazioni del Catalogo danno una vivida im-

pressione delle dimensioni dello spoglio napoleonico.A proposito della Biblioteca del Capitolo di Monza, si

A sinistra: Sisto V approva il progetto di Domenico Fontana per la Nuova Biblioteca Vaticana (ca. 1588), SaloneSistino. Sopra: I cavalli bronzei di san Marco vengono inviati in Francia su ordine di Napoleone (incisione in rame diCharles Vernet, Campagnes des Français sous le consulat & l’empire, Parigi, ca. 1869), dove trionfalmente furonoportati per le vie di Parigi nei giorni del 27 e 28 luglio del 1798

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Louis Berthollet e Andrea Appiani dichiararono di averprelevato solamente 470 tomi. Chiesero inoltre, e ot-tennero, il meraviglioso cammeo di Giove Egioco con-servato nella biblioteca di San Marco, restituito poi nel1815.8

�Qualche settimana prima di Venezia, anche Vero-

na aveva subito un destino simile, come informa la rice-vuta del 16 maggio 1797 firmata anch’essa dai commis-sari Berthollet e Appiani, che elenca 25 manoscritti e 15preziosi libri a stampa deportati a Parigi.9 Del resto,nemmeno la Biblioteca Guarneriana, situata nel picco-lo borgo di San Daniele del Friuli e nota per i suoi pre-ziosi manoscritti (tra i quali un codice dell’Inferno dan-tesco, con le glosse di Graziolo de’ Bambaglioli e Jaco-po Alighieri, risalente ai primi anni del XV secolo, as-

sieme a un codice membranaceo del Canzoniere e deiTrionfi di Petrarca, copiato e miniato da BartolomeoSanvito) sfuggiva al commissario napoleonico GaspardMonge, che in data 11 settembre del 1797 si presentavain biblioteca per requisirne i tesori preziosi. Da SanDaniele finirono così alla Bibliothèque Nationale diParigi (e non tornarono) dieci tra i migliori manoscrittiguarnieriani, tra i quali tre volumi di Tito Livio, che lostorico friulano Gian Giuseppe Liruti aveva definito“degni di qualunque grande monarca”.

La campagna militare non risparmiò l’Italia cen-trale e meridionale. Già nel giugno del 1796 Napoleo-ne era a Bologna. Il Catalogo ci informa che dalla Biblio-teca dell’Università vennero deportati tra l’altro 3 ma-noscritti in papiro, 24 incunaboli e 34 manoscritti mo-derni, specificando che “tra gli stampati del quintode-cimo vedesi la Bibbia di Magonza del 1462, Lattanzio

Sotto: Entrée des Français à Milan, incisione nell’opera Campagnes des Français sous le consulat & l’empire(Parigi, ca. 1869) di Charles Vernet. Nella pagina a destra: tre tavole acquerellate di Ulisse Aldrovandi

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di Subjaco 1465. e Sant’Agostino di Roma 1467” e chetra “i manoscritti moderni sono l’Erbolajo, e le figuredegli animali colorati dall’Aldrovandi” (p. XXIV).L’Erbario di Ulisse Aldrovandi, iniziato probabilmentenel 1551 e ampliato fino alla morte dell’autore nel1605, comprende più di 5000 campioni di piante essic-cate e agglutinate su fogli di carta. Suddiviso in 15 volu-mi rilegati “costituisce la raccolta di maggior valore cheegli [Aldrovandi] abbia lasciato. Esso oggi rappresentanella storia della Botanica il più antico e il più impor-tante documento di questo genere.”10 Le “figure deglianimali colorati” si riferiscono invece ai 18 volumi ditavole di piante, fiori, animali, e “mostri umani”, com-missionate da Ulisse Aldrovandi per un totale di quasi3000 dipinti, che rappresentano forse la più completapinacoteca del tardo Rinascimento del mondo naturalemai realizzata, l’espressione più efficace del “teatrodella natura” aldrovandino. L’opera a stampa del natu-ralista e botanico bolognese, definito da Buffon il piùlaborioso e più erudito tra gli scienziati moderni, venneinserita tra i fondi della Bibliothèque Nationale, men-tre le tavole colorate finirono al Jardin des Plantes di Pa-rigi, dove rimasero fino al 1815, quando furono resti-tuite in ottemperanza del trattato di Vienna. 11

Particolarmente grave (ma sanzionato dal tratta-to di Tolentino del febbraio del 1797) fu quanto accad-de a Roma e nello Stato della Chiesa, giustamente con-

siderati la vera tesoriera italiana. Nel febbraio 1798,occupata la città senza aver trovato resistenza e procla-mata la Repubblica Romana nello stesso mese, il gene-rale Louis-Alexandre Berthier diede inizio al saccheg-gio dei tesori d’arte. Questo lavoro venne completatograzie all’aiuto di una schiera di alti ufficiali abili e colti,quali Rodolphe-Emmanuel de Haller, André Masséna,principe di Essling e dei commissari Jacques-Pierre Ti-net, Jean-Baptiste Wicar, Pierre-Claude-FrançoisDaunou e Giuseppe Valadier (quest’ultimo, nominato“agent de l’argenterie des églises” fu temuto in tuttaItalia), che formarono la commissione responsabile perle prede belliche a Roma. Una simile commissione diesperti d’arte venne formata pochi mesi dopo anche a

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Torino, dove Carlo Emanuele IV di Savoia, sfuggitonella più sicura Firenze, aveva lasciato tutti i tesori delpalazzo reale ai predatori napoleonici, che portarono aParigi, per fare un solo esempio, i famosi manoscritti diPirro Ligorio in trenta volumi. A Roma, i francesi – ol-tre al saccheggio di numerosissimi quadri, statue, busti,cammei, mobili, gioielli, argenteria, gobelins, porcella-ne etc. – non si fermarono nemmeno davanti alla cele-bre raccolta personale di Pio VI (Giannangelo Braschi,papa dal 1775 al 1799) per tacere delle preziosità dellaBiblioteca Vaticana. Nel lungo elenco del Catalogo so-no messi in risalto “66 scritti innanzi il decimo terzo se-colo; tra gli altri il famoso Virgilio Vaticano, il Teren-zio, l’Antologia, ed una grammatica in lettere cubitalidel quinto secolo” (p. XXVIII). Per saperne di più, sipuò vedere la dettagliata lista di tutti i 500 manoscritti edei 136 libri a stampa portati dai commissari francesi aParigi compilata nella Recensio manuscriptorum codicumqui ex universa Bibliotheca Vaticana selecti iussu Dni. Nri.Pii VI. Pont. M. prid. Id. Iul. an. 1797 procuratoribus Gal-lorum iure belli, seu pactarum induciarum ergo et initae pa-cis traditi fuere, pubblicata da Rinaldo Santalone nel

NOTE1 PAUL WESCHER, I furti d’arte: Napoleone

e la nascita del Louvre, Torino,Einaudi, 1988(prima edizione 1976 in tedesco).

2 L’opera viene ristampata una secondavolta nel 1815, seguita nel 1833 da un’ulte-riore edizione dal polemico titolo Ricordo al-l’Italia intorno a’ benefizj della rivoluzione,che in versione spiegata contiene anche il te-sto dell’edizione del 1799. Nel testo del 1833l’editore a chi legge dichiara: “Eccoti, amicolettore, i quadri de’ magni furti che l’anar-chica Gallica canaglia commise nel tempoche scesi dalle Alpi per assassinare la mise-randa nostra Italia!”

3 LUDOVICO ANTONIO MURATORI, Sopra le An-

tichità Italiane, Firenze, Marchini, 1833, vol.7, p. 163.

4 “Rizòmata Terra, Aria, Acqua, Fuoco – IlRitorno di Brueghel all’Ambrosiana”, 27marzo – 1 luglio 2012, Veneranda BibliotecaAmbrosiana di Milano. Anche una volta fini-ta la mostra, i Quattro Elementi sarannouniti, almeno virtualmente, grazie ad unprogetto digitale.

5 CHARLES RAVAISSON-MOLLIEN, Les manu-scrits de Léonard de Vinci. Fac-similés avectranscription littérale, traduction française,préface et table méthodique, Parigi,1881–1891, vol. 1, pp. 8-9.

6 Nel Catalogo de’ capi d’opera si legge:“Tra li manoscritti in carta ve n’hanno due di

Galileo, e dodici di Leonardo da Vinci, auto-grafi” (p. XXVII).

7 Sulle vicende dell’Erbario, cfr. ancheMARIA TERESA MONTI, L’erbario di Haller. Disav-venture di una collezione naturalistica nellaLombardia asburgica, in: Archivio geobota-nico (1998), pp. 173-179. Il BCIN (Réseau d’in-formation sur la conservation) informandosullo stato di restauro dell’Erbario accennaanche alla deportazione napoleonica: “TheHaller herbarium, originally taken as spoils ofwar during the Italian campaigns in 1796 inPavia, is now preserved in the National Mu-seum of Natural History of Paris”(http://www.bcin.ca/Interface/bcin.cgi; aper-to il 27-07-2012).

A sinistra: il codice con le Opere di Virgilio,appartenuto a Francesco Petrarca e miniato da SimoneMartini

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8 GIUSEPPE VALENTINELLI, Bibliotheca ma-nuscripta ad S. Marci Venetiarum, Venezia,1868–1873, vol. 1, pp. 109ss. Cfr. anche VIT-TORIO MALAMANI, Memorie del Conte LeopoldoCicognara, tratte da documenti originali,Venezia, Merlo, 1888, vol. 2, pp. 106–107.

9 La pubblicazione di GIAMBATTISTA CARLO

GIULIARI, Nota degli oggetti d’arte portati viada Verona negli anni 1797 e 1810, in: Archi-vio Veneto 30 (1885), p. 437 e pp. 477–480,informa anche sulle restituzioni.

10 ORESTE MATTIROLI, L’opera botanica diUlisse Aldrovandi (1549-1605), Bologna,Merlani, 1897, pp. 88-89.

11 Cfr. FRANCESCO MILIZIA & FRANÇOIS-RENÉ-JEAN DE POMMEREUL, De l’art de voir dans les

beaux-arts; traduit de l’italien de Milizia;suivi des institutions propres à les faire fleu-rir en France et d’un état des objets d’artdont ses musées ont été enrichis par la guer-re de la liberté, Parigi, 1797-1798.

12 Cfr. anche Correspondance des direc-teurs, XVII, S. 161–162.

13 GIUSEPPE ANTONIO SALA, Diario romanodegli anni 1798–99, I: Dal 1 gennaio al 30giugno 1798; II: Dal 1 luglio al 31 dicembre1798, Roma, 1882.

14 LÉON DOREZ, Psautier de Paul III: repro-duction des peintures et des initiales du ma-nuscrit Latin 8880 de la Bibliothèque Natio-nale précédée d’un essai sur le peintre et lecopiste du psautier, Parigi, 1909, p. 2, nota 2.

CHARLES RACINET, Le Breviarium Romanum survélin de Nicolas Jenson appartenant à la bi-bliothèque Sainte-Geneviève, Parigi, 1858,pp. 46–50.

15 GIUSEPPE MAZZATINTI, Inventario dei ma-noscritti italiani delle biblioteche di Francia,Roma, 1886, vol. 1, p. 178.

16 Correspondance des directeurs de l’A-cadémie de France à Rome, avec les surin-tendants des batiments, publiée d’après lesmanuscrits des Archives nationales par MM.Anatole de Montaiglon et Jules Guiffrey,XVII (1797-1804), Parigi, 1808, pp. 85–86,No. 9699.

1803 a Lipsia.12 Tra i libri a stampa figurano la primaedizione illustrata della Divina Commedia dantesca(“Dante, Firenze, in foglio, 1481”, p. 137), la rarissimaedizione del Decamerone di Boccaccio del 1472 di Man-tova, che con nessuna copia censita in Italia figura oggimondialmente in sole quattro copie, una delle qualicollocata guarda caso, proprio presso la BibliothèqueNationale, come del resto numerose prime edizioni in-cunaboli uscite dai torchi di Aldo Manuzio. Il prelato efuturo cardinale Giuseppe Antonio Sala notava nel suodiario a proposito della biblioteca personale di Pio VIche preziosi manoscritti e libri furono venduti per11000 scudi ai librai romani Carlo e Filippo Barbiellini,mentre soltanto il valore delle legature era già pari a15000 scudi.13 Il salterio di papa Paolo III Farnese del1542, riccamente illuminato, è ancora oggi presso laBibliothèque Nationale (Parigi, BnF, ms. lat. 8880),mentre altre reliquie vennero incorporate nella biblio-teca di Sainte-Geneviève.14 Molti si presentano nellelegature alle armi di papa Braschi, come indica del restoGiuseppe Mazzatini nel suo Inventario dei manoscrittiitaliani delle biblioteche di Francia (Roma, 1886): “Fra iCodici che appartennero, come è indicato nel Codice541, all’Ancien fond du Pape e che furono acquistati dalDaunou per la Biblioteca Nazionale di Parigi, eranoquelli oggi segnati coi n. 539, 540, 541, 542, 543, 544,546, 547. I primi sei contengono la Divina Commedia, e

gli ultimi due il Canzoniere del Petrarca; tutti meno ilCodice 547, sono rilegati in marocchino con lo stemmadi Pio VI impresso in oro su le coperte; il Codice 544 hanel margine inferiore della prima pagina disegnato lostesso stemma pontificio.”15

�I convogli lasciarono Roma rispettivamente il 9

aprile, il 9 maggio, il 10 giugno e l’8 luglio. Il 15 luglioFrançois Cacault inviava a Parigi la famosa incisioneraffigurante le file di carri tirati da bufali che traspor-tavano le opere d’arte da Roma al porto di Livorno.Cacault informava i superiori inoltre che quattro con-vogli avevano già raggiunto Livorno, mentre il quin-to, con i manoscritti e libri, stava per mettersi in cam-mino. Il materiale fu imbarcato la notte dell’8 agosto eraggiunse Marsiglia pochi giorni dopo, il 16 agosto.Giustamente orgogliosi, i commissari comunicavano:“nous avons l’honneur de vous annoncer que les qua-tre convois de monumens des arts, fruit de la contri-bution imposée au Gouvernement romain, et embar-qués à Livourne, sont heureusement arrivés dans leport de Marseille. Ainsi, voilà cette précieuse collec-tion à l’abri des hazards de la mer et des attaques desennemis de la France.”16 Come sappiamo, una parteconsiderevole della “preziosa collezione” non ritornòmai più in Italia.

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la caccia, l’architettura, le strade, lapolitica estera di Mussolini, l’Impe-ro. L’unico realizzato, anche perreazione alle sanzioni della Societàdelle Nazioni, sarà La Sua politicaestera (fascicolo n. 4-5 del febbraio1938) dedicato appunto all’atteg-giamento di Mussolini nei confron-ti delle nazioni straniere. In questonumero confluirà anche una serie diarticoli sull’industria italiana e sul-l’autarchia forzata dell’economiadel momento.

La prima serie – negletta dallacritica che privilegiò l’aspetto lette-rario della seconda – si presenta confascicoli molto eleganti di circa 100pagine, stampati su carta patinatacon centinaia di fotografie e un’im-paginazione accattivante e all’avan-guardia. Ogni numero costa 10 lire,l’abbonamente annuale 100. Esco-

no sei numeri: oltre a quelli citati, vengono pubblicatiLa radio (n. 3) e Italiani in Spagna (n. 6: Da Malaga a Tor-tosa), che per il grande successo viene ristampato (n. 6,Seconda edizione: Da Malaga a Barcellona e Madrid) ag-giornato con nuove fotografie e nuovi documenti: inpratica le p. 1-72 sono identiche alla prima edizione; se-guono nuovi articoli da p. 73 a 100, con l’elenco aggior-nato dei caduti; da qui l’equivoco di un fantomatico n. 7che non uscirà mai.

Il tono di esaltazione delle opere del regime è per-

BvS: Archivio Malaparte�

GENTE DI “PROSPETTIVE”IN UN’ITALIA IN GUERRA

Una rivista “italiana” per guardare di nascosto all’Europa

«… Mussolini è per noi non soltantoil realizzatore, ma l’anticipatore. Laformidabile spinta da Lui data allospirito italiano continuerà ad agirenel futuro per molti e molti decenniancora…».

Così recita nel fascicolo dipresentazione la “carta d’i-dentità” della rivista “Pro-

spettive”. La rivista ideata da Mala-parte, dopo gli anni “orribili” delconfino, sofferto come fosse un esi-lio, non doveva essere, almeno nellaprima serie, una delle «solite rivistedi varietà, come ce ne sono tante inItalia, né ciò che gli Americani e gliInglesi chiamano “magazine”».Voleva essere «uno studio partico-lare, e al tempo stesso una visionegenerale dei singoli problemi fon-damentali del nostro tempo, dell’I-talia del nostro tempo. Problemi di ordine politico, so-ciale, morale, tecnico, scientifico, estetico. A ciascunodi questi problemi sarà dedicato un intero numero…».

I temi previsti nel programma del 1937 sono: Ilragazzo italiano (sarà il n. 1), Il cinema (il n. 2), Il prete ita-liano, L’industria elettrica, Roma liberata dai buzzurri,L’industria chimica, Il surrealismo italiano (questi nonusciti).Per il 1938 sono annunciati numeri monograficisul cavallo, le fibre nazionali, la Bella Italia, il treno el’autotreno, il contadino italiano, l’aviazione, il mare,

LAURA MARIANI CONTI E MATTEO NOJA

A sinistra: copertina del primo numerodi “Prospettive” (marzo 1937); sopra: Curzio Malaparte capitano degliAlpini nel 1940

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per il nostro scrittore quel ruolo di faro intellettualeche tutta l’intellighenzia italiana, fascista certo, ma an-che quella non schierata, gli riconoscerà per molti anni.Indubbio il suo carisma, la sua capacità di mettere in re-lazione le persone, di scegliere i migliori tra coloro chegli si presentano. Difficilmente si adatta prendendocollaboratori che non siano all’altezza, esigente versogli altri come verso se stesso.

La nuova serie procede dalla prima con il numero8 (15 ottobre 1939) sino al n. 10 (15 dicembre). Forma-to e prezzo sono diversi (3 lire), diversa la carta (colorpaglierino e di minor qualità), la copertina, la pagina-zione (20/28 pagine) e la grafica, rendendo la rivista piùsobria e conforme alla «nuova disciplina che le autoritàcompetenti – per le necessità eccezionali dell’econo-mia di guerra in Italia e in Europa – hanno imposto atutte le pubblicazioni, giornali e riviste». Collaboratorifissi sin dall’inizio: Guglielmo Petroni e soprattuttoLuisa Pellegrini, che per anni sarà, come segretaria diredazione, la fedele custode della rivista.

�Il titolo del n. 8 (primo della nuova serie) è Senso

Vietato e vuole intendere come vi sia un senso solo nelladifesa della civiltà occidentale: «Non è vero che, duran-te le guerre, i valori intellettuali decadano, né che i po-poli in guerra disprezzino la cultura e la pongano, percosì dire, in quarantena, considerandola uno strumen-to inutile, se non proprio dannoso, al conseguimentodella vittoria… Il corso della civiltà occidentale segueuna sola strada, in una sola direzione: una one way street,un sens unique. Specialmente in Italia, che della civiltàoccidentale è origine e costante misura, non si può dis-sociare il concetto di potenza da quello di cultura…»(C. Malaparte). Nei quartini di carta colorata che, av-volgendo le pagine degli articoli, raggruppano le pub-blicità, una nuova rubrica, Regie Poste Letterarie, ri-porta gli indirizzi degli scrittori italiani più famosi: se-guitissima, ad ogni numero verrà ampliata e aggiornatae sarà un vanto potervi essere inclusi.

Il 1940 (anno IV) interrompe la vecchia numerazio-ne e ne inaugura una nuova. Il primo numero si intitola Ilsurrealismo e l’Italia. Nel presentare il tema, cercando dimostrare la posizione della letteratura italiana nei con-

Copertina del raro fascicolo di presentazione della rivista(inizio 1937)

cepibile già dalle pubblicità, quasi Malaparte volesse ri-conquistare con questi fascicoli un posto di spicco nellasocietà intellettuale fascista dopo il confino di Lipari eIschia. La preponderanza del materiale fotografico e icontenuti a volte propagandistici fanno passare in se-condo piano l’importanza di chi vi scrive. A parte il fe-delissimo Tamburi, che cura l’edizione (impaginazionee illustrazioni) almeno a partire dal n. 2, e Alberto Con-siglio, redattore capo dal n. 4-5 (sulla politica estera diMussolini, dove scrive numerosi articoli firmandosiHistoricus), tra i collaboratori si trovano: Mino Maccari(lo “strapaesano” amico di sempre), Carlo Bernard, Li-bero de Libero, Giacomo Baldini, Arrigo Benedetti,Augusto Mazzetti, Elio Vittorini (che firma anche lapubblicità del libro di Malaparte Sangue), VittorioEmanuele Bravetta, Lamberti Sorrentino, Enrico Fal-qui, Elsa Morante, Alberto Savinio (con alcuni dise-gni), Asvero Gravelli, Renato Guttuso.

Senza dubbio, però, è la seconda serie a decretare

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fronti del surrealismo francese, Malaparte ne traccia conprecisione storia ed evoluzione, sottolineandone l’im-portanza anche per la nostra cultura: «Ai fini della nostraesperienza letteraria l’importanza del surrealismo consi-ste nell’aver ripreso, in senso inverso, il processo creativodella lingua, il processo formativo delle parole associatein sintassi, in grammatica. Cioè di aver intrapreso un pro-cesso di disgregazione del linguaggio. La scrittura auto-matica, l’analogia verbale, la scomposizione delle parole,la fortuita associazione di parole, l’indagine dei rapportimisteriosi fra il nome e la cosa, e la creazione di nuovi rap-porti, son tutti elementi di una tecnica, di cui la giovaneletteratura italiana mostra di tenere conto. La lingua ita-liana essendo una lingua refoulée: che ha bisogno, se vuoltornare a essere viva, di rivelare, di esprimere tutto ciò cheessa stessa si inibisce di rivelare e esprimere». Le unichecritiche che egli riserva al movimento riguardano l’ap-prodo dei suoi componenti alla dottrina marxista: «Nullapuò, infatti, giustificare un moto di liberazione dalla logi-

ca, una reazione al razionalismo cartesiano-kantiano, chesi concluda nella “prigione gratuita” del marxismo». Ilnumero riporta un compendio bibliografico a cura di G.Vigorelli (che elenca anche le principali riviste e film sur-realisti) e ospita interventi e scritti di Bo, Anceschi, Solmi(su Raymond Roussel), Berto Vani (Kafka e il surreali-smo), Luzi, Ferrata, Bigongiari, Savinio (la pittura sur-realista). Vigorelli traduce le Note sulla poesia di Breton eÉluard, mentre, inaspettatamente, Moravia introduce etraduce il Conte di Lautréamont. Per Moravia l’autoredei Canti di Maldoror è, del surrealismo, imprescindibileprecursore “per eccesso di temperamento”: la sua scrittu-ra parte da una sorta di sadismo “sulla sublimità romanti-ca e vittorughiana” arrivando a una perfezione di stile, li-bera da ogni derivazione. Ne esalta la «minuzia realisticanel sogno, la logica nel disordine, l’ironia nella tetraggi-ne, il distacco metafisico, l’allegoria sessuale, e la mitolo-gia tutta moderna che poi ritroveremo in certi scrittori epittori moderni… Trattasi di una congerie di roba otto-

A sinistra: copertina del n. 4-5, dedicato alla polticia estera di Mussolini; a destra: copertina del n. 1 del 1940

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centesca, disanimata e sottoposta a usi tutti diversi daquelli per cui era destinata». Il surrealismo era in quelmomento molto discusso in Italia. Val la pena ricordarecome un altro protagonista delle nostre raccolte, MarioDe Micheli, si fosse laureato in quegli anni con una bril-lante tesi sul surrealismo…

Si susseguono regolarmente molti altri numeriche smuoveranno le acque della cultura italiana, ren-dendola sempre meno paesana e più internazionale, inbarba alle varie autarchie del momento, industriali eculturali. Ne I giovani non sanno scrivere (n. 2) e Le musecretine (n. 3), Malaparte e i suoi collaboratori, quasi tut-ti promettenti giovani intellettuali, scendono in difesadella nuova letteratura contro le «vieilles barbes natio-nales» che vorrebbero tiranneggiarli e corromperli. Iln. 5 (Lana caprina, del 15 maggio 1940), con il primo in-

tervento dello scrittore pratese dal fronte francese, sidomanda se, in prossimità di una guerra che «trasfome-rà profondamente, irrimediabilmente il mondo», siaancora lecito porsi problemi «dello spirito, quelli dellacultura, e della letteratura in particolare», se non sianoappunto questioni di «lana caprina». Concluderà chetali problemi «acquistano un’importanza maggiore,quanto più gravi sono i problemi politici, e comunquedi ordine pratico, che la guerra pone in gioco».

Dal giugno del 1940 i fascicoli diventano doppi so-lo nella numerazione, poiché la paginazione rimaneinalterata. Nel n. 6-7 di giugno-luglio, dal titolo Cadave-ri squisiti, Malaparte si chiede cosa possa lasciare la suagenerazione ai posteri. Rivendicando un’unità di fattodella cultura europea, che, nonostante la guerra, ovun-que pone e risolve problemi culturali della stessa natura

Nella pagina accanto: lettere e cartoline di alcuni collaboratori di “Prospettive”: Falqui, Macrì, Vigorelli, Landolfi, De Libero. Sopra: lunga e affettuosa lettera di Elio Vittorini, già collaboratore di “La conquista dello Stato” e poi di “Prospettive”; annuncia a Malaparte l’uscita del suo libro Nei Morlacchi. Viaggio in Sardegna (1936)

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alla stessa maniera, lo scrittore pensa che il merito, forse,della sua generazione, nei confronti di quelle nuove, siastato di sbriciolare e sminuzzare l’opera dei grandi che lihanno preceduti, rendendola «puro materiale da costru-zione, nel recinto di un cantiere dove i giovani (e debbo-no sbrigarsi, poiché rimarranno giovani solo per brevetempo), si preparano a ricostruire dal nuovo la vecchiacasa demolita, col materiale che noi abbiamo loro accu-mulato in tanti anni di liberi esperimenti, di prove e ri-prove coraggiose, di tentativi spesso utili, spesso neces-sari, sempre gratuiti». Sottolinenando che unico premioe onore della sua generazione è quello di potersi sotter-rare da se stessi: «Di tutti i valori cristiani della nostra età,nei quali la mia generazione ha creduto, e crede ancora,forse sopravvive soltanto il “lasciate che i morti seppelli-scano i morti” […]».

�L’anno quarto si conclude con un fascicolo molto

ricco sulla poesia (n. 11-12, Misteri della poesia) che pro-pone, dopo un saggio teorico del poeta americano Ar-chibald MacLeish, alcuni componimenti dei giovaniLuzi, Penna, Gatto, Sereni, accanto a quelli del più col-laudato Montale, e, infine, una breve antologia di pen-sieri sulla poesia dei maggiori poeti spagnoli del tempo,da Machado (appena deceduto) e Jiménez sino ai piùgiovani Vicente Aleixandre e Pedro Salinas.

Il quinto anno1, 1941, vedrà pubblicate nella rivi-sta 7 liriche e 3 prose inedite di Campana (n. 14-15, feb-braio-marzo 1941); soprattutto vedrà, con il n. 20-21dell’agosto-settembre, il caratteristico fondo di Mala-parte sostituito da quello di Pseudo, nom de plume diMoravia. Il suo primo intervento, che dà appunto il ti-tolo al fascicolo, è Memoria del romanzo («Limitiamociad avvertire che la memoria, per essere valida e davveropoetica, ha da vagliare oro e non sabbia, sentimenti chesono stati il sangue di tutta la nostra vita e non minimiincidenti.»). La partecipazione di Moravia continuacon L’uomo e il personaggio (n. 22, ottobre: «Per questo ilromanzo non è morto. Ma aspetta un nuovo concettodell’uomo per rinascere degnamente.»), Sincerità deinarratori (n. 23-24, novembre-dicembre), Particolariromanzeschi (n. 30-31, giugno-luglio 1942, dove affer-ma che la narrativa del tempo è tutta autobiografica,«intendendosi per autobiografia un riferimento co-stante, seppure talvolta segreto e mascherato, ai fattiche cadono sotto il controllo diretto della sensibilità

Due lettere delle tante che Ezra Pound inviava all’amico“Malapartissimo”, che questi poi pubblicava integralmentesulla rivista

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co ed esistenzialista. Il titolo usato da Galvano DellaVolpe (sottotitolo: Da Jaspers a Berdiaeff) è ispirato daConfessioni di un’anima bella (Bekenntnisse einer schönenSeele, ) di Goethe ed è spiegato nella citazione posta inesergo: «Al principio dell’ottavo anno ebbi uno sboccodi sangue, e da quel momento la mia anima divenne tut-ta sentimento e memoria… Nulla mi legava al mondo,ed ero convinta che mai vi avrei trovato la giustizia…La retta direzione del mio cuore verso Dio, le relazionicoi beloved ones, le avevo cercate e trovate…».

Nel 1943 usciranno solo due fascicoli, il n. 37(gennaio) e il seguente 38-39 (febbraio-marzo). Il pri-mo prenderà il titolo dal brano di apertura di LeonardoSinisgalli, O matematiche severe! che, derivato dal suoprecedente Quaderno di geometria (1936), riassume

dello scrittore.»), e infine La presenza, la prosa (n. 32-33,agosto-settembre: «Quando Stendhal parlava di unaprosa da Codice civile, egli obbediva a una esigenza nontanto di semplicità […] quanto di perfetto dominio del-la materia, ossia di libertà.»).

Il 1942 si chiuderà con un numero importante, il34-36, dal titolo Le ultime anime belle. Il numero, intro-dotto da Galvano Della Volpe, è interamente dedicatoal pensiero esistenzialista, e offre in prima traduzioneitaliana alcune pagine da Essere e tempo di Martin Hei-degger (ancora inedito in Italia), oltre a un brano di Sø-ren Kierkegaard (Il pensatore soggettivo, cioè: esistente),tradotti e annotati entrambi da Emilio Oggioni (1908-1964) tra i primi in Italia, con Enzo Paci, a interessarsi aHusserl, Heidegger e a tutto il pensiero fenomenologi-

Sotto: Malaparte e Moravia in unatrattoria, probabilmente a Capri; a destra, la famosa lettera al Duceche Moravia scrisse nel 1942: in calce, in matita rossa,l’annotazione di Malaparte che non ne approvava l’invio

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quella che sarà la sua poetica e il suo atteggiamento diingegnere prestato alla poesia. Titolo che viene daiCanti di Maldoror di Lautréamont: «O matematiche se-vere, io non vi ho dimenticato sin da quando le vostresapienti lezioni, più dolci del miele, filtrarono nel miocuore e mi rinfrescarono. Fin dalla culla chiesi di berealla vostra sorgente…». Il poeta di “Civiltà delle Mac-chine” vede nella forma matematica il segreto stessodella vita e dell’uomo, e scrive: «Euclide derivò da Pla-tone il metodo, il ragionare per via di ipotesi, che fa lacompattezza di quel suo edificio, vera somma della lo-gica e della fantasia».

Di fatto l’ultimo numero è quello di febbraio, cheprende il titolo dal testo di Carlo Bo, Critica della critica,originato da una precisa domanda: «Fino a che punto lanostra critica risponde alla necessità della conoscenza,fino a dove riesce a superare la condanna del giudizio in

NOTE1 In realtà a metà anno, sulla copertina, diventerà inaspettata-

mente il sesto.2 Coloro, soprattutto giornalisti, che pur ricevendo prebende dal

Regime ne parlavano e scrivevano male.

Ultimo fascicolo della rivista uscito nel gennaio 1952,nove anni dopo la cessazione delle pubblicazioni

un’accezione di purezza e nel senso dell’invenzionespirituale?».

�Nel 1943 Malaparte cessa le pubblicazioni della

rivista: la situazione politica e storica nella sua dram-maticità non ne rende più possibile l’uscita. Nove annipiù tardi, a cavallo tra dicembre ’51 e gennaio ’52, esce,come abbiamo visto parlando dell’epistolario con Da-ria Guarnati, il numero 40-41, dal titolo Curzio Mala-parte. Guerra e sciopero. È l’editrice che ne spinge la pub-blicazione, cercando così di salvaguardare la testata, edi impedirne, peraltro invano, l’uscita di un’altra similedell’editore Görlich di Milano, argomento: architettu-ra d’interni. Malaparte da un lato subisce svogliata-mente, dall’altro coglie l’occasione per pubblicare l’e-lenco dei suoi collaboratori, tutti scrittori, poeti e criti-ci ormai di grande successo, molti di sicura fede antifa-scista. La teoria dei nomi che si susseguono fa impres-sione ancora oggi: Jacobbi, Moravia, Palazzeschi, Praz,Pound, Anceschi, Bonsanti, Contini, Ferrata, Bigon-giari, Bo, Matacotta, Montale, per citarne solo pochi.

In “Prospettive”, Malaparte saprà esporre quei te-mi che lo animavano sinceramente. La cultura interna-zionale, la giovane letteratura, la poesia, tutte le arti con-temporanee saranno la sua preoccupazione e, ugualmen-te, saranno al centro della rivista. Che riconsiderata a po-steriori si rivela anche molto meno schierata di quanto al-cuni dei suoi collaboratori, a guerra conclusa, hanno af-fermato. Che sia stato o meno un involuto e narcisista uo-mo d’apparato, uno degli esponenti più eminenti di quelgruppo di persone chiamate da Mussolini i “Canguri gi-ganti”2 , lo lasciamo agli storici; ciò non toglie che in Italiaallora egli fosse un intellettuale come pochi, attento alleinnovazioni e alle rivoluzioni, alle spinte (e non tanto allemode) intellettuali che provenivano da ogni dove a di-spetto del tempo: fervente innovatore egli stesso, rivolu-zionario e utopista, sempre guardò al futuro, dando aigiovani modo di crescere, formarsi e sperimentare al-l’ombra della sua fama.

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PICASSO – SPIGOLATURE – CATALOGHI ANTICHI E MODERNIRECENSIONI – MOSTRE – ASTE E FIERE

inSEDICESIMO

cercheranno una via di riaggiornamentodello stile coerente con l’impegno sociale.

Ma se in Italia, dalla fine dellaguerra, guardare al pittore catalanosignificava spingersi verso un nuovolinguaggio espressivo, a Parigi la pitturaaveva preso un nuovo corso: si guardavaa Picasso con venerazione, ma la sualezione non era più decisiva come prima.Lo nota proprio un italiano di Parigi,l’editore e scrittore d’arte Gualtieri di SanLazzaro, in una nota del 1951:«Contrariamente a quanto accade da noi,Matisse, Picasso, Braque non esercitanopiù alcun influsso sulla gioventù»(“Spazio”, II, 5, luglio-agosto 1951). Dellepiccole aggiunte al mito di Picasso, però,si possono fare piluccando da Parigi eraviva, le memorie autobiografichecomposte fra il 1945 e il 1947, poi rieditenel 1966 (ora ripubblicate da MauroPagliai editore, Firenze, 2011). Malcelatonella parte di tale Silvio, San Lazzaroracconta la vita artistica di Parigi comeun testimone interno che visita gli studi,pubblica libri sui maestri più importantidelle avanguardie, e con questi intrattienerapporti di amicizia. Con la pubblicazionedella rivista “XXe Siècle”, in particolare,aveva trovato un compromesso fradivulgazione artistica e collezionismo:inserendo in ogni numero alcune

In occasione della grande mostra che si terrà a Milano, a Palazzo Reale, dal 20 settembre 2012 al 6 gennaio2013, dedicata a Picasso, abbiamovoluto ricordare il geniale pittoreattraverso una serie di aneddoti poco conosciuti, tratti dalle memorie di Gualtieri di San Lazzaro.

In pochi casi, come in quello di Picasso,esiste una sconfinata letteratura dianeddoti, di ritratti umani più o meno

fedeli, ma tutti spiccatamente caratteriali:sono rare le persone che hanno resistitoalla tentazione di lasciare traccia delproprio incontro o della propriafrequentazione con un personaggiod’eccezione come lui, a partire dai libriscritti dalle mogli (quello di FernandOlivier e quello, impietoso, di FrançoiseGilot) alle conversazioni riportate dalfotografo Brassaï, senza trascurare ilmemorabile scritto di Gertrude Stein.

Ma la fortuna letteraria del pittorecatalano, o delle sue opere, è piùarticolata e sotterranea, perché se netrovano frammenti nelle sedi piùimpensate.

È stata raccontata di recente daMarisa Dalai Emiliani, ad esempio, lavicenda che vede Attilio Rossi mediarecon il maestro per convincerlo ad esporre

Guernica a Milano nella grande mostradel 1953, curata da Franco Russoli con lacollaborazione di Mario De Micheli.Picasso non vuole esporre l’opera, che sitrovava in America, per protesta contro lapolitica franchista, e non ne autorizza ilprestito per la mostra che gli dedica laGalleria Nazionale d’Arte Moderna diRoma, sempre nel 1953, sotto gli auspicidi Lionello Venturi e la benedizione delPartito Comunista. Ma a Roma unintervento democristiano epurerà lamostra del Picasso più politico: non acaso Renato Guttuso accuseràpubblicamente l’onorevole GiulioAndreotti, sulla stampa periodica, di averimpedito che venisse esposto il Massacroin Corea, che pure era giunto a Roma perla mostra. La sala delle Cariatidi, disseAttilio Rossi al maestro per persuaderlo,era il simbolo della città di Milanobombardata: quale luogo migliore diquello per mostrare quel grande urlocontro il liberticidio che era lamonumentale tela del 1935?

A Picasso l’idea piacque, e Rossitornò di corsa a Milano per fermare glioperai del comune prima cheimbiancassero la sala per togliere ilnerofumo. Guernica, qui, sarà un vero eproprio detonatore per gli artisti italiani,che nel picassismo, dopo anni di regime,

«IL VERO CAPOLAVORO DI PICASSO ERA PICASSO STESSO»Il pittore nelle memorie di un italiano a Parigidi luca pietro nicoletti

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artista ricco, Picasso continua acomportarsi come un povero, che gira perParigi senza avere un solo in tasca, e,scrive San Lazzaro, « e se non gli offrivada fumare, non permetteva, tuttavia,ch’egli sciupasse un fiammifero peraccendere la sigaretta, e faceva scattare ilsuo accendisigari inglese».

Tuttavia, Picasso aveva raggiuntouna posizione che gli permetteva di fare ilbello e il cattivo tempo, di invitare ilpittore futurista Gino Severini a cena perpoi non farsi trovare in casa, e lo stessocon Silvio (San Lazzaro, che ricorda lerocambolesche avventure per riuscire adavere dal pittore la firma di una tiraturadi litografie con un anno di ritardo).

Ma soprattutto, come affermavaKahnweiler, «Picasso se ne frega». Fra lepagine di Parigi era viva, a questoproposito, San Lazzaro incastona duestorie quasi inedite, o almeno pococonosciute, intorno alle opere di Picassonel secondo dopoguerra che si possonoleggere nella seconda edizione delromanzo, riveduta e ampliata, data allestampe nel 1966.

La prima riguarda le avventurosevicende, intorno al 1956, subite dalsipario di Parade:

Cardazzo, dieci anni prima, avevaritrovato, a Milano, il sipario di Parade,dodici metri di altezza per sei o sette dilarghezza, di cui il proprietario, unargentino, si proponeva di ritagliare e diconservare solo il pannello centrale, nonavendo nessuna intenzione di costruire unpalazzo per poterlo esporre intero. Silvios’era affrettato ad avvertire Kahnweiler.Pensava che Picasso sarebbe statocontento di riaverlo, in cambio di una teladi modeste proporzioni, che l’argentinonon avrebbe certo rifiutata. Ma ilKahnweiler, ancora una volta, fu di parercontrario: «Picasso se ne frega» disse «voilo conoscete».

Se Silvio l’avesse conosciuto come loconosceva il suo mercante, quell’idea,

litografie originali, egli procedeva sullastrada della “democratizzazione” dell’artecontemporanea portata dalla graficad’autore. Se i capolavori avevanoraggiunto cifre da capogiro, lui lirestituiva alla gente in una forma piùabbordabile anche dal mercato.

La stima accordatagli dal maestrocatalano, tuttavia, non lo tiene al riparodai suoi comportamenti lunatici estravaganti, dagli improvvisi slanci dientusiasmo agli altrettanto improvvisirabbuiamenti. È in uno di questi momentidi euforia, ad esempio, che gli accorda dipoter pubblicare sulla copertina del primonumero della rivista, a piena pagina sufondo giallo, un disegno che Vollard, neglianni Trenta, aveva pubblicato nella suaedizione del Capolavoro sconosciuto diBalzac: il mercante, diceva l’artista, avevapreso disegni suoi di periodi diversifacendo un accrochage che non gli erapiaciuto, e lui, quasi per vendetta, avevaceduto il disegno a San Lazzaro per la suarivista. Con l’intervento tipografico, poi,

quella copertina era diventata, in sé, uncapolavoro da aggiungere alla storia delmaestro. Dalle pagine del romanzo,Picasso emerge come un vero e proprio resole, attorniato da una cerchia di devoti edi servitori. Ma soprattutto, scrive SanLazzaro, Picasso era il più fotogenico degliartisti viventi, tanto che «il verocapolavoro di Picasso era Picasso stesso».

Quando si conobbero, nellaseconda metà degli anni venti,l’invenzione del cubismo era ormai unfatto del passato che il pittore avevaaccantonato per nuove esperienze nelvivo della pittura. E non era più,soprattutto, un maudit che soffriva lafame al bateau-lavoir e che dipingeva leDemoiselles d’Avignon. Negli anni in cui idue si conoscono, infatti, il pittore è giàaffermato, ha un mercante che lo seguiràfedelmente per tuta la vita, Kahnweiler, eun editore, Christian Zervos, che gliconsacra quasi interamente la propriarivista, i “Cahiers d’art”.

Eppure, sebbene sia diventato un

Milena Milani seduta sul sipario di “Parade”, nel cortile della galleria del Naviglio di Milano, nel 1955

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evidentemente, l’avrebbe subito scartata.Picasso poteva fregarsene, ma Silviosentiva il dovere di salvare dalladistruzione uno dei più gloriosi cimeli deiBalletti russi. Di Parade, il ballettoimmaginato da Jean Cocteau per lamusica di Erik Satie, rappresentato aRoma, al teatro dell’Argentina, nel l9l7, e alteatro dello Chatelet a Parigi, lo stessoanno, al pubblico non era piaciuto che ilsipario di Picasso. L’argentino, intanto, alquale Cardazzo aveva scritto, aveva fattosapere di essere disposto a venderlo peruna somma che, pur non essendoeccessiva, era tuttavia troppo alta per ipoveri musei di Francia. Silvio, che nons’era ancora rimesso dell’ultima tremendaoperazione, era, allora, da sei mesi, degentein una clinica della riviera ligure. Si mise incontatto con il signor Lloyd, acquirente,allora, di opere d’arte per i musei del RegnoUnito e del Commonwealth britannico; ilsignor Lloyd venne a Milano, vide il sipario,ma con profondo rincrescimento, sostenneche non esisteva una galleria pubblicaabbastanza grande per esporlo. Disperato,come se si trattasse di salvare una vitaumana, Silvio scrisse a Pierre Courthionpregandolo di esporre la situazione alconservatore Jean Cassou. Qualche tempodopo, a Milano, una fredda e nevosamattina di marzo, Silvio s’incontrava conBernard Dorival. Cardazzo ottenne dallaScala, per la seconda volta, il favore diissare il sipario sulla scena del grandeteatro milanese, per poterlo mostrare algiovane conservatore del museo nazionaledi Parigi. Il giorno dopo, l’immenso teloneveniva spedito in Francia per esseresottoposto alla commissione del Louvre.Era già arrivato, quando un telegramma diRockfeller, dall’America, lo chiedeva, aqualsiasi prezzo, per il Modern ArtMuseum di New York.

Ai primi di giugno, Silvio potéfinalmente rientrare a Parigi.

«Dove pensate di metterlo?» chiesea un funzionano del museo, che incontrò

alla vernice d’una mostra. «L’essenziale»disse il funzionario «è di averlo assicuratoalla Francia. Jean Cassou si propone delresto di ringraziarvi “ufficialmente” per lavostra tempestiva segnalazione». Annidopo, Silvio rivide il sipario di Parade aLondra, alla grande retrospettiva diPicasso ordinata da Roland Penrose allaTate Gallery. E ricordò il rammarico,apparentemente sincero, del signor Lloyd,quando aveva affermato che non c’era nelRegno Unito e nel Commonwealth unmuseo abbastanza grande per esporlo.

Ma di tutto ciò, con Picasso, che sene fregava, non aveva mai parlato.

Il racconto di San Lazzaro, di cuinon si trovano altre attestazioni astampa, è sicuramente degno di fede: ungruppetto di lettere fra San Lazzaro eCarlo Cardazzo, infatti, ripercorrepuntualmente le tappe del racconto,riportato nel romanzo.

Si è quindi indotti a dare fiduciaanche ad un altro racconto per il quale,invece, non si hanno ancora riscontridocumentari, che getta luce su unapiccola vicenda ancora poco nota e,verosimilmente, mai giunta nemmenoalle orecchie del pittore stesso:

Pio XII avrebbe voluto un suoquadro per il Museo Vaticano e uncomitato s’era formato a Roma peracquistarlo e regalarlo al Pontefice, ilquale aveva fatto sapere che avrebbegradito il ritratto d’una ragazza, con icapelli annodati sulla nuca e ricadentisulle spalle, come una coda di cavallo; SuaSantità doveva averne visto lariproduzione in qualche rivista.

Di quella ragazza, Picasso avevafatto diversi ritratti. Silvio, cui il comitatoromano si era rivolto, credette opportunodi parlarne con Kahnweiler. «Picasso ne hainfatti conservato uno» gli disse il vecchiomercante «ma vorrà cederlo al Vaticano?Tentate di parlargliene alla primaoccasione, ma non dimenticate ch’egli èpiù ricco di voi e di me. D’altra parte,sapendo di ritrovarsi, nella stessa sala, conpittori di cui non ha nessuna stima, èdifficile presentargli la cosa come sepotesse procurargli un particolare onore».

Silvio era persuaso che Picassoavrebbe volentieri ceduto al capriccio delPapa. Non, evidentemente, per quelladiecina di milioni che il comitato gliavrebbe versato. Ch’egli fosse più ricco diSilvio e di Kahnweiler, non c’era dubbio, eSilvio a stento aveva trattenuto le risa,quando il mercante aveva cortesementeaccoppiato il suo nome al proprio. Ricco?Uno degli uomini più ricchi del mondo, erasenza dubbio Picasso. Non era, però, lasua, la ricchezza dei ricchi, ma quellaconquistata pazientemente da un povero.Per i ricchi, la fortuna è un mezzo didominazione e di godimento, per i poveri èsoltanto un fine, un tabù miracoloso,magico, il quale non osano toccare,temendo di vederselo sfumare nelle mani.Nonostante la sua immensa fortuna,Picasso viveva poveramente. In tasca nonaveva mai un soldo, e la borsetta dellasignora Picasso era anch’essadisperatamente vuota. Purtroppo la mortedel Papa impedì a Silvio di mettere ilgrande artista alla prova.

Disegno di Picasso sulla copertina dellarivista “XXe Siècle”, 1951

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1940 morirà, colpito dal fuoco amico,nei cieli di Tobruk.

� L’arrivo a Lipari. «Quando vigiungemmo in barca, dopo una lungatraversata su un mare liscio come unalastra di marmo, era già sera. Il borgo,con le sue casette basse di pietra pomice,a terrazze, bianchissime di calce, miapparve deserto, abbandonato dagliabitanti. Le strade erano vuote e tristi, lecase chiuse e silenziose. Passammo lanotte in una locanda davanti al piccoloporto: e la mattina presto si levò unvento di scirocco pesante e sudaticcio,che metteva in bocca uno strano gusto disale, uno scricchiolio di sabbia fra i denti.Era una giornata di dicembre umida ecalda, il cielo era livido, nuvole gonfie diinchiostro di seppia pendevano sul mare.»

� La malattia. «Tradotto nell’Isola diLipari, le mie condizioni di salute (iosono invalido di guerra per adenitetracheo-bronchiale cronica da gas iprite,contratta in Francia sul fronte di Bligny,nel luglio 1918) dopo molti mesipeggiorarono,finché, sottoposto perordine del Ministero della Guerra allabiennale visita di controllo, fui trovatoaggravato, con diagnosi di T.B.C.(tubercolosi del sistema glandolare).»

� Flaminia e le altre. A Lipari,Malaparte riceveva le visite della donnache in quegli anni gli era vicina, Flaminia(il vero nome era Bona, di nobilefamiglia torinese). Un giorno, uno deicarabinieri che lo sorvegliavano, lechiese: «Ma è possibile, signora, che

ET AB HIC ET AB HOCLa patente del cane sciolto. Dallo sgarbo a Balbo alla scala di Lipari: Curzio al confino

questo signor Malaparte sia un individuopericoloso? A me pare tanto una bravapersona. Gli altri che vengono qui sonotutti molto diversi». Ridendo Flaminiadisse di sì, che era pericoloso, ma nonnel senso che pensava lui. In seguito, aFranco Vegliani, in un’intervista,aggiunse: «E allora non sapevo ancoraquanto!». In effetti, l’amore tra Flaminiae Malaparte, che sembrava essersirinforzato nella disavventura delconfino, finì nell’estate del 1935, quandolo scrittore cominciò quello con VirginiaBourbon del Monte, vedova Agnelli:«Non glielo potevo perdonare», confidòFlaminia a Vegliani, «tante altre sì, ma leino. Con lei non potevo dividere, citrovavamo troppo sullo stesso piano.Perciò appena lo seppi con certezza, gliscrissi che non lo volevo più rivedere. Ecosì è stato.»

� La scalinata. La famosa casa diCapri, che costruirà alla fine degli anniTrenta, si presenta con un esternomonolitico che si àncora a terramediante una grande scala a cuneo,ricordo imperituro della scalinata dellaChiesa dell’Annunziata di Lipari.

� Candido. Da confinato politico,Malaparte non può pubblicare nulla, nonpuò far sentire la sua voce. Aldo Borelli,direttore del Corriere della Sera, amico disempre, sollecita la benevolenza diGaleazzo Ciano, capo dell’Ufficio Stampae genero di Mussolini. È così cheMalaparte può rimettersi a scrivere,collaborando al Corriere ma con lopseudonimo di “Candido”.

È appena uscito, per le Edizioni del Centro Studi Eoliano, “CurzioMalaparte alle Isole Eolie. Vita alconfino, amori e opere”, di GiuseppeLa Greca, prefazione di Gian AntonioStella; e subito è venuto ad arricchire il nostro Archivio. Ne presentiamo alcuni stralci.

� La condanna. Il 7 ottobre 1933,Curzio Malaparte viene arrestato etradotto in carcere, a Regina Coeli, conl’accusa di “attività antifascistaall’estero”. Lo scrittore, fascista dellaprima ora, non è in realtà più iscritto alpartito dal gennaio 1931. La condanna èfrutto di una querelle tra lui e il ministrodell’Aeronautica Italo Balbo, questione dilettere, scaramucce e reciproche invidieper apparire agli occhi del Duce. Il 13novembre l’accusa viene mutata in“calunnia e diffamazione di un ministroin carica”.

� Cane sciolto. L’accusa non dovevadispiacere troppo, a Malaparte: in fondoera come se il regime gli avesseconfermato la patente del cane sciolto.Patente alla quale teneva più che aqualunque altra cosa.

� Tra i due litiganti… Per il Duce èl’occasione per disfarsi di duepersonaggi scomodi: sotto le pressioni,le bizze e i puntigli di Balbo, facondannare il fastidioso e inquietogiornalista a cinque anni di confino aLipari; subito dopo, “promuove” ilministro trasvolatore oceanico agovernatore della Cirenaica. Dalla Libia,Balbo non tornerà più: il 28 giugno

di laura mariani conti e matteo noja

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la Biblioteca di via Senato Milano – settembre 201234

IL CATALOGODEGLI ANTICHILibri da leggere per comprare libri

24TH ILAB/LILAINTERNATIONALANTIQUARIAN BOOK FAIR27 al 30 settembre, ZurigoRare and beautiful books andautographs. Art on paperInfo: www.ilab.org; www.vebuku.ch

Per la quarta volta dalla suafondazione, la Mostra Internazionale delLibro Antico (ILAB/LILA) ritorna inSvizzera con 64 espositori europei eamericani che propongono dal 27 al 30settembre libri rari, antichi, moderni dipregio, preziosi e soprattutto semprebelli e desiderati. Lo studio bibliograficoBiblion Antiquariat di Zurigo offre la raraprima edizione di Pietro Paolo Floriani(1584-1638) sulla Difesa et offesa dellepiazze (Macerata, Carboni, 1630). L’operain 4to, censita soltanto in circa dieciesemplari nell’opac delle bibliotecheitaliane, si presenta in una legaturacoeva in pergamena (CHF 5.400), econtiene 2 tavole incise e ripiegate piùvolte, 43 incisioni a piena pagina e 8incisioni nel testo. Il trattato, strutturatoquasi in maniera enciclopedica, riflette lalunga esperienza dell’Autore nel campodell’architettura militare: dopo variincarichi in Spagna, Austria e Ungheria,Floriani viene inviato nel 1635 da papaUrbano VIII a Malta, per rafforzare ledifese dell’isola, minacciata da unprobabile attacco turco.

Il libraio londinese Richard vonHünersdorff propone invece la primaedizione della Divina proportione di Luca

Pacioli (Venezia, Alessandro & Paganinode’ Paganini, 1509) – opera rinomataper le incisioni di Leonardo da Vinciraffiguranti figure poliedriche (CHF375.000 in legatura inglese seicentescain pieno vitellino). La libreria romanaPhilobiblon di Filippo Rotundo esponeuna copia della terza edizione di Basileadelle opere di Aristotele (Basilea,Isengrin, 1550, CHF 120.000 in legaturacoeva in scrofa con le solite placche asecco e datata 1551), proveniente dallabiblioteca del teologo Joseph Niesert(1766-1841) e soprattutto recantepostille dalla mano dell’umanista FilippoMelantone (1497-1560) che riguardanola sua dottrina morale e teologica.Umberto Pregliasco invece porta daTorino una copia stampata supergamena del testo In NovuumTestamentum Annotationes di Erasmo daRotterdam (Basilea, Froben, 1519). Ilfilosofo indica in una lettera indirizzata aTommaso Moro del 31 maggio 1518 diaver affidato all’editore svizzero Frobenla stampa di tre copie su pergamena(l’esemplare di Pregliasco in legaturarinascimentale in piene pelle su assi dilegno decorata a secco con motivigeometrici, CHF 205.000). L’edizionecontiene inoltre, come è spesso il casonei testi di Froben, illustrazioni di UrsGraf e Hans Holbein. Bernard Quaritch diLondra stupisce con una prima edizione(terza variante; cfr. Horowitz) diChamber Music (Londra, Elkin Mathews,1907). La copia di questo primo libro diJames Joyce reca inoltre la dedica

manoscritta dell’Autore a Vela Bliznakoff,nipote di Italo Svevo, che all’epocainsieme alla sorella Olga fu allieva diJoyce a Zurigo (CHF 38.500). Sempre daQuaritch con L’Homme aux QuaranteÈcus di Voltaire in prima edizione(Ginevra, Cramer, 1768, CHF 4.400)l’unica opera d’impronta economicadell’Autore illuminista. La LibrairieQuentin di Ginevra presenta unastrepitosa copia della princeps di Alcoolsdi Apollinaire (Parigi, Mercure de France,1913) in una legatura amatoriale firmatada J. Antoine-Legrain recante la dedicamanoscritta dell’Autore all’americanoHarrison Reeves, tra l’altro collaboratoredi Apollinaire alla rivista letteraria Soiréesde Paris (CHF 24.000). L’epistolario traReeves e Apollinaire fu pubblicato nel1991. La londinese Susanne Schulz-Falster espone a Zurigo una copia delcatalogo della Bibliotheca Smithiana(Venezia, Pasquali, 1755, CHF 4.500) checomprende 12.000 titoli di libri rari,raccolti dal console inglese a VeneziaJoseph Smith (1682-1770). Smith non fusoltanto l’iniziatore di varie avventurebibliofile (basta ricordare la notissimacontraffazione del Decamerone diBoccaccio del 1527, eseguita in realtà daOrlandelli nel 1729), ma la sua bibliotecavenduta interamente nel 1765 al reinglese Giorgio III forma oggi il nucleodella British Library.

di annette popel pozzo

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IL CATALOGODEI MODERNILibri da leggere per comprare libri

NOVITÀ ESTIVE DA DUELIBRERIE DI ROMA

La libreria Ardengo prosegue con i suoi bollettini di novità nel fornirciutili strumenti per capire soprattuttol’arte contemporanea.

Per chi vuole approfondire la transavanguardia, il bollettino offreuna serie di cataloghi e monografie su Sandro Chia (citiamo il suo Venatorintrepidus, edito a Modena da Mazzolinel 1984; p. 60, € 62) e su Enzo Cucchi(tra i molti titoli spicca il catalogodedicato ai Mosaici, mostra del 1991tenuta a Roma, Milano e Monaco; p. 72 di due formati diversi, € 104).

Per chi invece è interessato all’operadi Gastone Novelli, potrà essere utilel’insieme di cataloghi e opere su di lui (traquesti scegliamo Novelli, edito daFeltrinelli nel 1976, con contributi vari; p.298, € 155). Novelli, morto ancoragiovane nel 1968 a 43 anni, ha utilizzatole sue tele come fossero muri su cui darcorpo alle lettere, alle parole, ai geroglifici, ai graffiti dell’uomo, distintividi una realtà che stava trasformandosi nelbisogno e nella contemporaneaimpossibilità di comunicare. Per chi inveceè interessato alla storia delle Gallerie d’arteitaliane, segnaliamo un’importanteraccolta di documenti sull’attività dellaGalleria L’Attico (Album 9-68. 2-71, 1971.L’Attico, Roma; p. 92, € 450). La GalleriaL’Attico, fondata a Roma da Bruno e FabioSargentini nel 1957, si è distinta negli annisessanta e settanta per aver fatto

conoscere numerosi artistiinternazionali d’avanguardia e ad avercontribuito al successo di alcuni artistiitaliani come Jannis Kounellis, PinoPascali, Luigi Ontani, Pino De Dominicis.Tra i volumi di letteratura segnaliamo lapreziosissima cartella, anche se nonestremamente rara, del libro di AlbertoSavinio La nostra anima, (Roma-Milano,Documento Libraio Editore perBompiani Editore, 1944; p. 59, con duelitografie fuori testo, € 3.600). Surrealerifacimento della favola di Amore ePsiche narrata da Apuleio, dove Saviniodemitizza modernamente i protagonisti,convinto che ormai si viva in un’era incui gli dèi sono morti: Psiche ha qui unbecco di pellicano (dote che nel testo,spesso comico, è giudicata comepositiva) e Amore non appare come unputto ma piuttosto come un mostro.

Libreria Ardengo Via del Pellegrino, 77 – 00186 Roma Tel. +39 06 68210315 [email protected] www.ardengo.com

Del Catalogo n. 31 di Scarpignatoverrebbe da dire con benevolenza che è inquietante, per la struttura a duecolonne e per il numero di opereelencate, 1282, che disorienta il lettore.Eppure la simpatia, la consueta bravuranel descrivere i vari volumi, la fiduciache il cliente nutre per la libreria, fannopassare oltre. Abbiamo spiluzzicato a questo ricchissimo banchetto

e abbiamo trovato, nella prima sezionededicata agli autografi, due o tre cose di notevole curiosità. Innanzitutto uninsieme di 6 lettere autografe di AndreaZanzotto firmate e indirizzate a GianniGrana, all’epoca direttore editoriale dellaMarzorati, casa editrice specializzata in testi scolastici. Le lettere vertonosulla inclusione del poeta inun’antologia scolastica e sul suo profiloscritto da Marco Forti (che per annidirigerà la collana mondadoriana delloSpecchio). Queste lettere sono offerte a € 1.000.

Colpiscono per la lorosomiglianza i documenti autografi di Giovanni Gaeta (in arte E.A. Mario) e Massimo Bontempelli. In quattro foglirispondono a un questionario di 35domande. Il fondatore (con Malaparte)di “900” scrive tra l’altro: «Quale virtùammirate di più? L’egoismo. Quale viziovi fa maggior orrore? Quello di scriverepoesie. Quale la scoperta o invenzioneche, secondo voi, è stata più utileall’umanità? Il bastone…» (quattro fogli,firmati in fondo, € 200). Il paroliere e compositore, autore anche dellaCanzone del Piave, risponde così: «In qual paese vorreste vivere? Se per paese si intende Nazione: in Italia. Se per paese si intende città: in una Napoli diversa da Napoli. Aveteun motto, una divisa? Quale? Vivere adispetto degli invidiosi, ma nonmangiare a dispetto degli affamati».

Alla prima sezione degli autografi,ne seguono molte altre, che per chi hapazienza riservano sicuramente moltealtre chicche.

Catalogo n. 31Libreria Aldo ScarpignatoVia di Ripetta, 156 – 00186 RomaTel. +39 06.68.75.923 – fax +39 [email protected] -www.libreriascarpignato.net

di matteo noja

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PAGINE CHE PARLANO DI LIBRIDal diritto al rifiuto, passando dai manoscritti: nuovi libri per amare i libri

LE FONTI DEL DIRITTO NEL FONDO ENNIO CORTESE

P rimo volume del Catalogo astampa del Fondo Ennio Cortesecontenente complessivamente

quattrocentotre schede, relative acinque manoscritti, cinque incunaboli etrecentonovantatre cinquecentine distoria del diritto, comprese nellabiblioteca privata del professore asupporto della sua attività didattica escientifica, e recentemente acquisitadalla Biblioteca del Senato. Il depositodel Fondo Cortese (dal punto di vistadell’importanza paragonabile al primonucleo del “Fondo degli statuti” del1870) “permette di considerare laBiblioteca del Senato come depositariadel più completo sistema di fonti deldiritto per la storia italiana tardomedievale e moderna: i tre livellinormativi (diritto statutario locale,legislazione delle signorie e degli antichistati, diritto comune) sono presenticontemporaneamente con un grado diorganicità assai elevato e con unaccurato corredo catalografico”. Oltreall’aspetto meramente bibliografico,viene dato grande risalto agli aspettilegati specificamente all’esemplare checomprende la descrizione della legatura,la ricerca sugli eventuali possessori esulle provenienze, il riconoscimentodelle note manoscritte e delle postille ela segnalazione di eventuali traccecensorie. Il volume di oltre quattrocentopagine è corredato da sei indici, da unacorposa bibliografia finale, e da un DVDcon la fotoriproduzione dei frontespizi

delle edizioni censite. Seguirà unsecondo tomo dedicato alle edizioni deisecoli XVII-XIX, per un totale di oltremille edizioni, che costituiscono lasezione antica del Fondo Cortese.

Biblioteca del Senato dellaRepubblica. “Catalogo del FondoEnnio Cortese. Manoscritti,Incunaboli e Cinquecentine.” A cura di Alessandra Casamassima,prefazione di Renato Schifani,presentazione di Marcello Dell’Utri,introduzioni di Sandro Bulgarelli,Emanuele Conte, Ennio Cortese(apparato iconografico a cura di Spazio Visivo). Firenze, Leo S. Olschki, 2012, p. xx-428, € 120,00

PERICOLOSISSIMO, QUINDI DA LEGGERE

È un saggio che racconta,incastrandolo in un tempolunghissimo che va dal mondo

greco-romano alla modernità, unevento apparentemente di poco conto,non certo roboante come una guerra,una rivoluzione o una invenzionescientifica, ma in realtà capace dicambiare silenziosamente con la forzadi un’idea la sotria del mondooccidentale. Il ritrovamento di un libroperduto e pericolosissimo, imitato daipoeti, meditato dai filosofi, avversatodalla Chiesa e inseguito dai bibliofili: ilDe Rerum Natura di Lucrezio. Un poemala cui dolcezza dei versi è potente tantoquanto le idee che contiene.

Scritto dallo storico e criticoamericano Stephen Greenblatt, questolibro ha vinto il premio Pulitzer per lasaggistica nel 2012. Un libro moltocurioso, quello di Greenblatt, su un libroassolutamente straordinario, quello diLucrezio. Un libro che con quellacapacità narrativa tipica degli storicianglosassoni e che spesso manca aquegli italiani, troppo accademici e dallapenna pesante, ci racconta tra abbazie,misteri, furti e omicidi, eretici arsi vivi, ilpotere rivoluzionario di un testo scrittocambiando il pensieri di interi popoli perinteri secoli.

Questa storia racconta dunque dicome improvvisamente il mondo abbiadeviato in una nuova direzione. Agentedi questa trasformazione non fu unarivoluzione, un esercito implacabiledavanti alle porte di una città o lascoperta di un continente sconosciuto.Qunado il momento chiave arrivò, quasi600 anni fa, fu attutito e quasiimpercettibile nascosto dietro spessemura in un luogo remoto. Non ci furonogesta eroiche, osservatori impegnati aregistrare il grande evento per I posteri,né segni celesti o terrestri a indicare chele cose erano cambiate per sempre. Ungiorno un uomo esile, affabile e sagaceallungò il braccio, prese un manoscrittovetusto dallo scaffale di una biblioteca,si rese conto con un brivido di ciò cheaveva scoperto e ordinò che il testovenisse copiato. Fu tutto qui.

Tra poeti antichi, monacimedievali, artisti rinascimentali e politicimoderni, Il Manoscritto racconta dicome l’umanista italiano PoggioBracciolini, segretario di otto papi,raffinato collezionista di manoscritti, nel1417, in un’epoca in cui per un codice sipoteva anche uccidere, ritrovònell’abbazia tedesca di Fulda l’unicacopia sopravvissuta del De RerumNatura, il poema di 7400 esametriscritto nel primo secolo avanti Cristo

di annette popel pozzo, luigi mascheroni e matteo noja

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aiuta a raggiungere il miglior esito di untesto, affidando l’autore disdegnato aun nuovo editore che sia capace diimporre all’attenzione della critica e deilettori quello stesso libro che un collegaprevenuto o frettoloso o solamentepoco convinto, aveva liquidato tempoprima.

Nel Novecento italiano gli esempisi sprecano e ce li racconta, con doviziadi particolari, Gian Carlo Ferretti inquesto suo ultimo libro, Siamospiacenti, che narra le sotterraneevicende di autori, testi e case editrici,dando vita, come recita il sottotitolo, auna Controstoria dell´editoria italianaattraverso i rifiuti dal 1925 a oggi.Autore di molte opere sulla letteraturaitaliana – sono da ricordare Il mercatodelle lettere (1979 e 1994), Il best sellerall’italiana (1983 e 1993), e i saggisull’attività editoriale di Vittorini (1992),Alberto Mondadori (1996), Calvino(1997) e Sereni (1999) – Ferretti èentrato nei meandri degli archivieditoriali, degli epistolari e dellememorie degli scrittori per scoprire cherifiutare un’opera, uno scrittore moltospesso è un diritto dell’editore e che talescelta, talvolta fa bene all’autore. Comeper esempio per Pasolini il rifiuto diMondadori (editore sempre prudente) edi Bompiani lo portò con la sua raccoltadi poesie L’usignolo della Chiesacattolica da Garzanti, con il quale poinacque un proficuo sodalizio.

Non sempre però il rifiuto èfrutto di una politica editoriale, di scelteaderenti all’indirizzo della casa editrice,ma solo di miopia, di incapacitàdell’editore di calcolare di un testol’effettiva importanza. Ferretti cital’episodio legato a Se questo è un uomo,rifiutato prima ben due volte da Einauditra il ’47 e il 52, lasciato pubblicare daDe Silva, la casa editrice diretta daFranco Antonicelli per poi esserefinalmente ripreso dalla casa torinese

nel 1958. Nel narrarci la letteratura

attraverso i rifiuti, Ferretti procede inmodo tassonomico: per anni (citiamodall’indice: dal 1925 al 1945,Autocensure, rinunce e sequestri; dal1945 al 1956, Il lato oscuro; dal 1956 al1973, Il piccolo boom; dal 1973, Ultimifuochi) e all’interno del periodo, pereditore. Incrociando i dati in maniera dacompletare non solo il percorso dei variautori, che a volte ci è palese, ma anchequello degli editori, a volte oscuro. Citraccia una storia e un avvicendarsi dicostumi e di consuetudini, di gusti e dieccessi, che rende oltremodo vive lanostre patrie lettere. Ci rende notol’intreccio dei vari percorsi e il farsi deivari progetti editoriali che si sonocostruiti in modo duraturo nel corso delNovecento.

I nomi degli autori si susseguonosenza sosta – Moravia, Fenoglio,Calvino, Pasolini, Morselli, Tomasi diLampedusa, Camilleri, Tamaro… – comequelli degli editori – Einaudi,Mondadori, Rizzoli, Bompiani, Adelphi,Garzanti… – e di letterati-editori comePavese, Vittorini, Calvino, Sereni, Gallo,Natalia Ginzburg. Verrebbe da dire allafine della lettura: il catalogo è questo!

A proposito, tra tutti i famosi e imeno famosi, vince la palma di “piùrifiutato” un certo Giuseppe Cerone checon il suo sterminato libro intitolato Loscrittore ha collezionato 113 rifiutieditoriali: viene pubblicato finalmentenel 1994 da Garamond di Roma. Non hapotuto essere incluso nel Guinness deiprimati in quanto il posto era giàoccupato da un americano che di rifiutine ha collezionati ben 176.

Gian Carlo Ferretti, “Siamo spiacenti.Controstoria dell’editoria italianaattraverso i rifiuti dal 1925 a oggi”,Milano, Bruno Mondadori, 2012; p. 233, € 20,00

dal filosofo latino Tito Lucrezio Caro.Un’opera poetica e filosofica ispirataagli scritti di Epicuro e destinato ainfluenzare i secoli successivi daGiordano Bruno a Montaigne, a IsaacNewton, fino a Freud e a CharlesDarwin. Un’opera che ci parlava e ciparla di un universo infinito compostodi atomi, dove gli dèi non esistono, dovenon esiste un Architetto o un Diocreatore, dove tutto muore, dove muorela natura, dove muore il corpo e dovemuore anche l’anima. Un’opera che ciricorda che l’uomo è solo in questoabisso. Un libro pericolosissimo, quindida leggere.

Stephen Greenblatt, “Il Manoscritto”,Milano, Rizzoli; p. 368, € 22,00

IL RIFIUTO NON È SEMPREFATTO PER VILTÀ

Anche se molto spesso chi vienerifiutato non capisce e malsopporta tale decisione, non

sempre, però, il rifiuto è un fattonecessariamente negativo. Anzi, inletteratura, sopra un tale evento a voltevigila una sorta di Provvidenza laica che

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LA TUA TV. SEMP

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EMILIO TADINI: L’IMMAGINE E LA PAROLA

«L a parola» scriveva EmilioTadini alla metà degli anniOttanta, «è come se si

sforzasse di approfondire le cose, diportarle più nel profondo. Le figure ècome se si sforzassero di tenere le cose insuperficie». Tadini è stato fra quegli

intellettuali poliedrici che hanno condottoin parallelo l’attività artistica e quellaletteraria, avendo la sorte curiosa dinascere scrittore ed essere poi ricordatosoprattutto come pittore. In effetti, lacopiosa produzione pittorica riempie illungo intervallo fra un romanzo e ilsuccessivo.

Le due attività, tuttavia, vannotenute unite, poiché fra le due si verificauna osmosi continua: la pittura si nutredi spunti letterari, ed ha

quell’implicazione erudita tipica di quegliartisti di molte e articolate letture; dicontro lo scrittore, nella sua sintassisperimentale figlia del “Nouveau roman”,presta sempre attenzione all’immagine. Èdifficile infatti resistere alla tentazione difigurarsi, leggendo i romanzi, ipersonaggi che popolano il suoimmaginario fantastico, specialmentequando si arriva all’inizio degli anniOttanta.

Se ne può avere riscontro nella

EMILIO TADINI 1985-1997. I PROFUGHI, I FILOSOFI, LA CITTÀ E LA NOTTE

MILANO, FONDAZIONE MARCONI ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA19 SETTEMBRE – 31 OTTOBRE 2012http://www.fondazionemarconi.org/

ANDANDO PER MOSTREInganni dello spazio, alfabeti e segni inquieti del comicodi luca pietro nicoletti

la Biblioteca di via Senato Milano – settembre 2012

grande mostra che la Fondazione GiorgioMarconi di Milano dedica al pittore (a suotempo fra gli artisti di punta dell’allora“Studio Marconi”), nel decennale dellamorte. Facendo seguito alla grandeesposizione L’occhio della pittura del2007, dedicata alla produzione compresafra anni Cinquanta e inizio anni Ottanta,questa seconda tappa propone invece glisviluppi dai primi anni Ottanta alla metàdegli anni Novanta.

Il periodo, insomma, in cui Tadini silascia alle spalle le esperienze piùpropriamente “pop” per dare vita al suoimmaginario fiabesco, ai suoi raccontifluttuanti in un mondo senza atmosfera,in cui, come osservò il pittore DimitriPlescan recensendo la mostra allaRotonda della Besana del 1986, «ridde dipersonaggi/oggetti si accavallano edisperdono percorse, percosse esquinternate da accelerazioni debitrici diqualcosa al cinema, ad uno Chagallvelocizzato, al cubofuturismo».

È il caso de Il ballo dei filosofi, giàoggetto di una mostra presso lo StudioMarconi. L’immersione nel mondo dellafiaba, ovviamente, non è sinonimo didisimpegno: con un tonoapparentemente leggero, sottol’apparenza del lazzo giocoso si celano leinquietudini del moderno uomo-automa.La lunga notte della ragione, insomma,lascia spazio all’invenzione più sfrenata:la fiaba, in fondo, è da sempre un modoleggero di raccontare cose serie. «Vieneda pensare» scriveva sempre Plescan,«che, dopo le testimonianze totali einevitabilmente desolanti di Giacometti edi Bacon, Tadini ritenga oggi possibile,nella concretezza del suo far quadri, unaricognizione significativa –e noneffimera- dell’uomo nella storia, solo apassare per i caratteri, i meccanismi e lemacchine del “comico”».

Sopra: Il ballo dei filosofi, 1995, Acrilici su tela,

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SEGNI E ALFABETI DI CAPOGROSSI

F ino al 1950, Giuseppe Capogrossiera un pittore figurativo dellaScuola Romana. Solo allo scadere

della metà del secolo scorso, a un’etàgià matura, avrebbe avuto una svoltaradicale verso la non-rappresentazione,addentrandosi pienamente nei modidell’Informale: era diventato un pittorenuovo, su cui si consoliderà la suafisionomia d’artista più accreditata, alpunto da far quasi dimenticare ai menoaccorti il suo lungo percorsoprecedente. Ma di quella esperienza nonaveva portato nulla nella nuovaavventura astratta, a cui rende omaggio

la mostra curata da Luca MassimoBarbero alla Fondazione Guggenheim diVenezia (29 settembre 2012-10 febbraio2013). Da quella data, e per i vent’annisuccessivi, Capogrossi metterà a puntoun linguaggio basato sulla ripetizione,variazione e modulazione di un unicosegno a forma di pettine, elemento basedel suo “alfabeto”, come ebbe a definirloGillo Dorfles.

Ma in quel frangente, tenendounita una complicata rete di relazioniche lo porta fino negli Stati Uniti,posava gli occhi su di lui il criticofrancese Michel Tapié, che lo vorrà nelsuo gruppo dell’art autre insieme aMichaux, Mathieu e molti altri artisti delpanorama internazionale. «Troppi sonogli artisti» scriveva su di lui l’amicocritico Gualtieri di San Lazzaro «chedieci anni or sono hanno adottato ilnuovo linguaggio. Ma non hanno perquesto rinunciato al “mestiere”, a tuttequelle scaltrezze che la mano, inmancanza d’altro, aveva appreso da sé.

Capogrossi è il solo che, comeMondrian trent’anni prima, e quasi allastessa età, si sia sbarazzato di tuttoquello che aveva appreso, sia uscitointeramente dall’equivoco in cui sitrovava la pittura in Italia, conservandosolo il sentimento iniziale, quello che loaveva portato a preferire la pittura atutti gli altri mezzi di espressione. […]Nella pittura contemporanea, la suapresenza, il suo segno, sonoinconfodibili.

Diceva Stendhal che l’arte èsoprattutto un fatto di sensibilità. Maperderemmo tempo, tentando dicommentare la felicità di questo sego –che fra l’altro non deve nulla alla pitturafrancese o tedesca e ancor meno allascuole del Pacifico – a chi per difetto disensibilità non può “sentirlo”».

L a ricerca di GraziaVarisco gioca suimeccanismi della

percezione e dello spazio.Per questo motivo, chi visi-terà la mostra a lei dedicatapresso la Permanente diMilano (Se…, fino al 14 ot-tobre), non troverà un’an-tologica cronologicamenteordinata, ma una mostrache concede molto allasuggestione poetica e al di-vertimento dell’esperienzaestetica. Come dice GiorgioVerzotti nell’introduzione

al catalogo (Mazzotta), ilsuo è un “compasso spa-ventato” che ridisegnal’ambiente in senso geome-trico, lo risemantizza su unduplice piano: quello squi-sitamente visivo, messo inatto fin dalle prime opere diarte programmata, e quello“architettonico”. Nel primocaso la ricerca si spinge indirezione dell’“opera aper-ta”, che richiede una parte-cipazione attiva del fruito-re nella costruzione del-l’immagine (come nelle ta-

vole magnetiche del 1959),senza disdegnare l’ausiliotecnologico che rende pos-sibili gli Schemi luminosivariabili dell’inizio deglianni Sessanta: questi, in-fatti, consento una ciclicitàprocessuale in continuavariazione. Nel secondo ca-so, invece, la progettazioneambientale pone il proble-ma delle strutture primariein accezione grafico-dise-gnativa, annullando com-pletamente la questioneplastica: la Varisco co-struisce con il ferro piega-to situazioni di esperienzadello spazio, demarca con-fini e illusioni prospetti-che: i suoi Gnomoni, dellametà degli anni Ottanta,sembrano librarsi comespigolose libellule, ricor-dando che la scultura puòessere anche linee e ombreportate.

LA GEOMETRIA LEGGERA DI GRAZIA VARISCO

Sopra: Giuseppe Capogrossi,

Sole di mezzanotte, 1950 circa, olio su tela

Gnom-one, two, three, 1984, metallo verniciato, installazione al Museo d'Arte Contemporanea, Villa Croce, Genova

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� LIBRI, GRAFICA,AUTOGRAFI – GRAFICAMODERNA ECONTEMPORANEA, LIBRI DI PREGIO MODERNIAsta del 21 e 22 settembreCologna www.venator-hanstein.de Nel ricco catalogo della casa d’asta

tedesca spicca la prima edizione inseconda tiratura della rara partitura diuna delle più celebre opere di WolfgangAmadeus Mozart, Il dissoluto punito o siail D. Giovanni (Magonza, Schott, 1791,lotto 264, stima € 3.000).

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tiene la nona edizione di Artelibro Festivaldel Libro d’arte con una mostra mercatodel libro antico, alla quale partecipano 24espositori italiani. Tema guidadell’edizione è Il collezionismo librario:raccogliere è seminare, argomentotrasversale che consente numerosiapprofondimenti sulle scelte progettualisottese ad ogni tipologia di collezionelibraria.

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copia della prima edizione del trattato De

magnis coniunctionibus (Augusta, ErhartRatdolt, 31 marzo 1489) di Albumasar,considerato il più importante astrologodei suoi tempi. L’opera che ebbe uninflusso notevole sulla filosofia europeadel medio evo e del rinascimentorappresenta una traduzione leggermenteridotta della grande introduzione allascienza dell’astrologia, scritta daAlbumasar nel 849. L’esemplare inlegatura rinascimentale in pergamena(lotto A162) parte con una stima di CHF2.000-3.000. L’ultima copia apparsa sulmercato d’asta nel 2010 da Christie’s fuaggiudicata per £ 25.000 su una stima dibase di £ 3.500-4.500. In asta anche unacopia della nota edizione sui CampiPhlegraei del vulcanologo e ambasciatoreinglese presso la corte di Napoli WilliamHamilton (Napoli, 1776-1779, 2 parti esupplemento in un tomo contenente 59tavole colorate a mano). L’esemplare diKoller in una legatura recente con letavole in stato fresco, e proveniente dallaraccolta del noto bibliofilo ThomasPhillips (venduta da Sotheby’s nel 1886)parte con una stima di CHF 30.000-40.000. Nel marzo del 2012 un altroesemplare, sempre offerto da Koller epartendo sempre da CHF 30.000-40.000,fu aggiudicato per CHF 102.000,triplicando la stima di partenza.

ASTE, FIERE E MOSTRE-MERCATOL’apertura autunnale per settembre e ottobretra Italia, Francia, Germania e Svizzera

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Mostra Internazionale del Libro Antico(ILAB/LILA) ritorna a Zurigo con 64espositori europei e americani.

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esclusivamente a Voltaire presentanumerose prime edizioni, affiancate da nonmeno interessanti contraffazioni: accantoall’unica edizione dell’Anti-Machiavelriconosciuta da Voltaire, stampata all’Aja daPierre Paupie nel 1740 (XVI, 191 pp. n. e 3pp. nn., lotto 3, stima € 150-200) troviamoanche l’edizione di XXXII, 254 pp., stampatasempre all’Aja da Jean van Duren nel 1740(lotto 4, stima € 150-200). Di Candide oul’optimisme saranno oggetto di asta dueedizioni rispettivamente stampate nel 1759(anno della princeps di Cramer a Ginevra):la prima edizione francese, uscita soltantopochi giorni dopo la vera prima, di 237, (1)pp., e caratterizzata dal fatto che la pagina161 legge 261 (lotto 6, stima € 300-400,Bengesco 1437), e una seconda edizionecon paginazione identica ma priva di luogodi stampa ed editore (lotto 7, stima € 200-300, Bengesco 1440). Importante erara è la prima edizione della Histoire duParlement de Paris par Mr. l’abbé Big(Amsterdam, 1769, ma in realtà Ginevraper Marc-Michel Rey). Il testo in vivacepolemica contro il teatro fu ritirato dopopoco tempo (lotto 27, stima € 1.500-2.000in bella legatura settecentesca in pienomarocchino bordeaux).

di annette popel pozzo

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Viaggiando con una Matita verso Un autre monde

Visioni, bizzarrie e metamorfosi nel capolavoro di Grandville

BvS: illustrati dell’Ottocento�

Di se stesso scrisse che «ani-mò tutto e, dopo Dio, fecevivere tutto, parlare e cam-

minare». Jean-Ignace-Isidore Gé-rard, noto con lo pseudonimo diGrandville, fu uno dei maggiori illu-stratori francesi dell’Ottocento.Onirici e delicati, a tratti grotteschi einquietanti, i suoi disegni hanno ispi-rato il Surrealismo novecentesco, enon smettono di stupire ancora oggi.Dagli scaffali della Biblioteca di viaSenato, che ne possiede pressochél’intera opera in prima edizione, facapolino il dorso di Un autre monde,capolavoro di Grandville disegnatopoco prima della tragica e solitariamorte avvenuta a soli quarantaquat-tro anni nel 1847, il compendio con-densato della sua breve, ma folle e vi-sionaria, attività.

Nato a Nancy il 15 settembre1803, figlio di un miniaturista, simuove verso Parigi per imparare adipingere sotto la guida di HippolyteLecomte, ma si stanca subito dellapittura a olio, che ci metteva quindicigiorni ad asciugare. Si dedica allora aldisegno e alla caricatura, e percorretutte le tappe obbligate per un vi-gnettista dell’epoca: prima litografoe disegnatore delle testate de “La Ca-ricature” e “Le Chiarivari”, poi col-laboratore affermato del “Magasin

una certa stanchezza per la collabo-razione forzata nei quotidiani, perl’intento imprenditoriale che legavail vignettista alla routine dell’équipe,senza particolare cura verso l’origi-nalità e la personalità dei collabora-tori. Già da tempo aveva deciso di af-francarsi, di percorrere la strada del-l’illustratore: aveva impressionatogià con la sua opera prima, Les Méta-morphoses du jour, del 1829, mostran-do il tratto grottesco della sua inven-tiva dando volti animaleschi a corpiumani, poi nel 1836 con Les œuvres deBeranger, seguite dalle illustrazioniper le favole di La Fontane, Lavalet-te, Florian, sino alle Scènes de la vieprivée et publique des animaux edito daHetzel nel 1842.

�Ma quando il 18 febbraio 1844

compare la prima livraison di Un au-tre monde, Grandville aveva spintoancora di più verso l’indipendenzadell’illustrazione.

L’opera esce per Henri Four-nier, e sin dal prologo iniziale propo-ne non più un’alternanza di testo e il-lustrazioni, ma il rovesciamento deiloro ruoli tradizionali. Le prime pa-gine ospitano infatti un arguto scam-bio di battute tra due demiurghi an-tagonisti, la Piuma e la Matita (Plu-

pittoresque” e de “Le Silhouette”.Quando, agli inizi degli anni Qua-ranta, abbozza l’idea per Un autremonde, alcune cose erano cambiatenella carriera di Grandville: in un’e-poca in cui «il libro andava a scuoladal giornale»,1 egli aveva maturato

ARIANNA CALÒ

Sopra: antiporta di Un autre monde:l’Autore e la Fantasia abbandonano a braccetto il vecchio mondo perraggiungerne uno nuovo; in basso eoltre le loro teste, le principaliinvenzioni di Grandville contenutenel libro. Nella pagina accanto:Pérégrination d’une comète

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me et Crayon nel testo), moderatodal Temperino (Canif). La Matita,Bonaventure Pont’aigüe, decide diemanciparsi e di farsi carico dell’ela-borazione del libro: «Vos inspira-tions ne me suffisent plus, votretyrannie me fatigue; j’ai été trop mo-deste jusqu’ici, il est temps que l’uni-vers apprenne à me connaître. Dèsaujourd’hui je prends LA CLE DESCHAMPS; je veux aller où me con-duira ma fantaisie; je prétends moi-même me servir de guide: Vive la li-berté!». La Matita propone dunqueun accordo alla Piuma, AnastasieSouplebec, che per l’intero viaggio si

ritroverà a fare da segretaria («tu co-ordonneras les materiaux que je au-rais recueillis dans mes excursions; tuformuleras jour par jour, livraisonpar livraison, la Genèse de l’universque j’aurai inventé»). 2

Nel chemin d’indipendence ri-vendicato dalla Matita a discapitodella Piuma si nasconde lo stessoGrandville. Il testo venne scrittotempo dopo, e quasi a sottolinearnel’alterità rispetto alle immagini, ilnome dell’autore non compare alfrontespizio, ma nella vignetta chechiude la trentasettesima, e ultima,dispensa, tracciato nell’ombra delle

iniziali monumentali dell’illustrato-re: si tratta di Taxile Delord (1815-1877), giornalista e redattore su cuiricade il compito di commentare earmonizzare le illustrazioni già pre-parate da Grandville in una tramacredibile.

E la trama è il racconto di treviaggiatori immaginari (Puff,Krackq e Hahblle) nelle loro pere-grinazioni a spasso per l’universo, edel catalogo frammentato e multi-forme delle esperienze che ne seguo-no. D’altronde, cosa ci si potrebbeaspettare da un chilometrico sottoti-tolo che elenca Transformations, vi-

Sopra da sinistra: Le poisson d’avril; Apocalypse du ballet. In un vortice frenetico si susseguono infinite trasformazioni: le mani che applaudono diventano coppie di altri oggetti; i cani corrono sino ad assottigliarsi e a divenire le molle che agitano il rocchetto che diventa ballerina, che diventa solo gambe; i cuori si trasformano in oro e diademi

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sions, incarnations, ascensions, locomo-tions, explorations, pérégrinations, ex-cursions, stations, cosmogonies, fanta-smagories, rêveries, folâtreries, facéties,lubies, métamorphoses, zoomorphoses,litomorphoses, métempsychoses, apo-théoses et autres choses?

Il catalogo iconografico si aprecon l’antiporta, in cui un giullarestringe sotto il braccio una giovanedonna, la Fantasia, e insieme abban-donano l’ancien Monde ritratto ai loropiedi per raggiungere un autre Mon-de, appunto, mentre al di sopra delleloro teste e ai loro piedi sfilano le mi-gliori invenzioni di Grandville,un’anticipazione di un universo ro-vesciato, paradossale, grottesco e de-lirante. Come frammenti, si rincor-rono scene bizzarre per strada, ai bal-li mascherati, ai concerti e all’opera;si fanno beffe al colonialismo e al-l’impero cinese, parodie del neoclas-sicismo tanto in voga dopo le incisio-ni di John Flaxman, satire della reli-gione, della moda e della medicina;critiche alla cupidigia, all’industria-lizzazione di lettere e arti e all’abusodella filantropia: il tutto va in scena

nelle trentasei tavole acquerellate enei centoquarantasei legni che inter-calano il testo.

Balza immediatamente agli oc-chi l’uso che Grandville fa della me-tamorfosi, scambiando uomini e ani-mali in ruoli e costumi; non si trattaperò, come per Les Métamorphoses dujour, dell’attribuzione bonaria di ca-ratteri umani ad animali (l’orso mi-santropo o il gallo seduttore): le sem-bianze animali sono sistematica-mente utilizzate per straniare il letto-re – sarebbe meglio scrivere lo spet-tatore – e catapultarlo in un universodi senso rovesciato dove può guarda-re con distacco ora le pulsioni, ora lemostruosità, ora le frivolezze propriedell’animo umano. È con estremanaturalezza che una lingua di serpesgorga dalla bocca di una giovane ra-gazza, non meno inquietante è l’e-spressione umana di piante feroce-mente assassine.

Un capitolo intero è dedicato alJardin des plantes, e in barba all’idillio

settecentesco di una natura quieta eperfetta, Grandville vi colloca unaserie di animali artificiosi, specchideformati dell’uomo. Al tema deldoppio e dei travestimenti sono de-dicati altri tre capitoli di Un autremonde: in uno di essi si tessono glielogi del carnevale, luogo deputatoper le maschere, il cui spirito diventaaddirittura una filosofia: «Le doc-teur Puff invente la philosophie dudéguisement pour faire suite à la phi-losophie de l’histoire» e se è vero che«La masque sera désormais une véri-té»,3 allora animali e insetti usanomaschere dal volto umano per mo-strare la propria mostruosità.

Il tutto è mostrato con appa-rente garbo: anche per Le poisson d’a-vril si sorride a vedere l’inversionedei ruoli tra pescatore e pescato, for-se anche patteggiando per una comi-ca rivincita del primo sul secondo;ma poi la crudeltà nello sguardo deipesci e l’affannosa disperazione degliuomini ribaltano le prime impressio-

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Sopra da sinistra: disegno tratto dal capitolo Le Mystère de l’Infini; Venus at theOpera, trasfigurazione visiva dell’“essere tutt’occhi”

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NOTE1 EUGENIO DI RIENZO, «A la Plume et au Cra-

yon»: saggio su Grandville, in Scritti in onoredi Giovanni Macchia, Milano, Mondadori,1983, I, p. 889.

2 Traduzione: «Le vostre ispirazioni nonmi bastano più, sono stanco della vostra ti-rannia; sono stato fin troppo modesto sin

ora, è arrivato il momento che l’universo im-pari a conoscermi. Da oggi si cambia musi-ca; andrò dove mi porterà la fantasia; e saròio la mia guida: Viva la libertà!»

Più in basso: «tu ordinerai il materialeche avrò raccolto nelle mie escursioni; for-mulerai giorno per giorno, dispensa per dis-pensa, la Genesi dell’universo che avrò in-

ventato».3 «Il Dottor Puff inventa la filosofia del

travestimento per superare la filosofia dellastoria» e «La maschera sarà ormai una veri-tà».

4 «la maggior parte dei vostri disegninon sono altro che logogrifi, oscuri, mono-toni, criptici».

ni. Qualcosa di sottilmente inquie-tante pare non abbandonare neppu-re le tavole più vivaci, come Le Louvredes marionettes, in cui la calma appa-rente di una visita al museo vieneadombrata dalle onde del mare che sistaccano da un quadro e minaccianodi travolgere un’assorta visitatrice.

L’artificio e il perturbante di-ventano l’orizzonte del quotidiano, eper un processo straniante di meto-nimia, Grandville disegna un pubbli-co di spettatori che sono “tutt’occhi”verso Venere all’opera, partecipanti“tutt’orecchie” ad un concerto, o unparterre di applausi in Apocalypse duballet, dove le trasformazioni si rin-corrono a ritmo forsennato. Nonmancano trovate visionarie, come ilgiocoliere che muove mondi come sefossero biglie o i ponti gettati da unpianeta all’altro, anticipazioni genia-li dell’arte che sarebbe poi venuta (laBataille des cartes), né mancano mo-menti di forte impatto, quasi lirico:Pérégrinations d’une comète è uno diquesti, dove al di là di mostri, animalie visioni deformate, rimane il cando-re della cometa e del suo strascicosorretto da stelle a illuminare conlampadari di pianeti il nero profondodel cielo.

Grandville è consapevole delladifficoltà d’interpretazione dei suoidisegni e pare schermirsi quando, al-la fine del testo, fa rimproverare la

Matita dalla Piuma: «la plupart devos dessins ne son que de logogri-phes […], obscurs, monotones, hie-roglyphiques».4 È a conoscenza dellecritiche che circolano già da tempo

sul suo lavoro, e che alimentano l’im-magine dell’artista sconvolto e im-pazzito per la perdita dei figli e dellamoglie, e umiliato dalla seconda spo-sa che pare che dei suoi disegni ne fa-cesse bigodini. Eppure rilancia, econclude Un autre monde con un re-bus, un’immagine criptica per ri-spondere a chi condannava i suoi di-segni incomprensibili: al centro unobelisco inciso, omaggio ad Athana-sius Kircher e al pieno revival otto-centesco per l’Egitto, e un uomo chevi sbatte contro la testa. La soluzio-ne? Nella didascalia.

BibliografiaAlberto Castoldi, Grandville & com-

pany. Il perturbante nell’illustrazione ro-mantica, Bergamo, Lubrina, 1987.

Philippe Kaenel, Le métier d’illustra-teur: 1830-1880. Rodolphe Töpffer, J-JGrandville, Gustave Doré, Paris, Messene,1996.

Philippe Kaenel, Les rêves illustrés de J.J.Grandville, in “Revue de l’Art”, 1991, n. 92.

Philippe Kaenel, Autour de J.J. Grandvil-le: les conditions de production socio-pro-fessionelles du livre illustré «romantique»,in “Romantisme”, 1984, n. 43.

Philippe Kaenel, Le Buffon de l’humani-té. La zoologie politique de J.J. Grandville, in“Revue de l’Art”, 1986, n. 74.

Antonello Negri, introduzione a Un au-tre monde, ristampa anastatica per Maz-zotta, Milano, 1982.

Soluzione del rebus: A-croix moi A mi-lecteur neuf fées pâque hommesept imbécile qui se casse la têtepour me deviner = Ah! Crois moi,ami lecteur, ne fais pas comme cetimbécile etc. = Ah! Credimi, amicolettore, non fare come quell’imbecilleche si spacca la testa per capire i mieidisegni!

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La poetica dei Cento anni di Giuseppe Rovani

Un contributo alla tradizione romanzesca dell’Italia unita

BvS: il Fondo Milano

Quando il 31 dicembre 1856Giuseppe Rovani (1818-1874), noto critico milane-

se, diede avvio alla pubblicazione, inappendice sulla “Gazzetta ufficialedi Milano”, della sua opera maggio-re, Cento anni, stampandone la pre-fazione dal titolo Sinfonia del roman-zo – poi Preludio in volume – la crisidel romanzo storico, la sfiducia nel-l’efficacia di tal genere, la volontà diallontanamento da evasioni esoti-che e sentimentali e di superamentodi strutture stereotipate necessariaper riaffermarne la dignità letterariavennero messe a nudo.

Tre romanzi storici pubblicati– Lamberto Malatesta o I masnadieridegli Abruzzi (1843), Valenzia Can-diano o La figlia dell’ammiraglio(1844), Manfredo Pallavicino o IFrancesi e gli Sforzeschi (1845-1846)– e uno convertito «tutto quanto infidibus per la sua pipa casalinga»1 do-po il saggio manzoniano sul Roman-zo storico e, in genere, de’ componimentimisti di storia e d’invenzione, avevanoportato l’autore ad abbandonare lastesura di opere narrative a vantag-gio di altre esperienze: aveva inse-gnato e partecipato ai moti del ’48,riparato a Lugano, aveva collabora-to con la Tipografia Elvetica di Ca-

tano per dieci anni, Rovani decise diaffrontare nuovamente la forma ro-manzo giustificando così la sua scel-ta: «Noi abbiamo pensato di farequesto lavoro non già pel desideriodi tornare alle abitudini giovanili inforza delle quali abbiamo scritti tre oquattro romanzi storici; ma anzi, perfar tutt’all’opposto; perché, a rigore,noi non vogliamo fare nemmeno unromanzo, giusta il volgare concetto

polago e, tornato a Milano, aveva ri-assunto l’impiego come biblioteca-rio alla Braidense, pubblicando incontemporanea articoli riguardantila letteratura, il teatro, le arti figura-tive e la musica, in particolare su duetestate, “L’Italia musicale” e la“Gazzetta ufficiale di Milano”, di-ventando una delle firme più celebridella città meneghina.2

Ma dopo esserne rimasto lon-

BEATRICE PORCHERA

Veduta ottocentesca (1835-1838) del Duomo arrivando da via Cappellari,raccolta nell’opera Milano nelle vecchie stampe, a cura di P. Arrigoni, vol. I,Milano, Comune di Milano, 1969

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onde è definita questa forma dell’ar-te; ma un libro in cui si raccolganotutta la nostra esperienza e i nostristudi».3

Cominciò in tal modo a deli-nearsi la struttura di quel «roman-zo-non romanzo»4 che sono i Centoanni di Rovani, in cui l’intreccio sialterna a inserti saggistici di vario ar-gomento, volti a raccogliere la cul-tura e le esperienze dell’autore pertrasmetterle ai lettori. Scrive a talproposito Guido Baldi nel suo Giu-seppe Rovani e il problema del romanzonell’Ottocento: «Nella fattispecie, iCento anni dovrebbero dare una ri-capitolazione esaustiva di un deter-minato periodo storico, esploran-dolo in tutti i suoi aspetti, la politica,la società, il costume, il pensiero, laletteratura, le arti, la musica, il tea-tro».5 Tali intenzioni venneroespresse dall’autore stesso nel Prelu-dio dell’opera: «Cento anni è il titolo

del nostro lavoro, e cento anni do-vremo vedere passare di fuga innan-zi a noi, cominciando dalla metà delsecolo andato e chiudendo alla metàdel secolo corrente […] vedremo ilprogresso dello spirito umano, pursubendo le altalene di questi matticapricci della moda, trovare la suauscita e andare innanzi. E vedremole arti camminare a spinapesce, per-ché il nostro romanzo dev’essere an-che un trattato d’estetica e sentire-mo a cantare i tenori e i soprani delsecolo passato al teatrino del Palaz-zo Ducale; e prendendo le mosse daessi e con essi e cogli altri che lor ten-nero dietro, calcheremo per centoanni il palco e la platea dei nostri tea-tri; e vedremo lo spiegarsi e il ripie-garsi e l’estendersi e l’accartocciarsidella musica; e nella nostra lanternamagica passeranno le ombre deipoeti, dei letterati, dei pittori, deipensatori; attraverseremo, dunque,

a dir tutto, i decorsi cento anni, sce-gliendo i punti salienti dove le pro-spettive trasmutano allo sguardo, edove si presenta qualche elementonuovo di progresso o di regresso, dibene o di male, che dalla vita pubbli-ca s’infiltri nella privata».6 L’arcotemporale posto sotto la lente d’in-grandimento fu dunque quello cheandava dal 1750 al 1850: non un pre-testuoso passato lontano, ma il piùrecente passato, la cui analisi avreb-be permesso di meglio comprende-re il presente. Tale scelta collocòRovani sulla principale via di svilup-po del romanzo europeo dell’Otto-cento, che condusse al passaggio dalromanzo storico a quello di ambien-te contemporaneo, per approdarepoi al romanzo realistico borghese.7

Protagonisti dell’opera nonfurono tanto singoli personaggi, mafamiglie « la cui vita si prolunga dipadre in figlio e cammina colle ge-nerazioni».8 A tal proposito, semprenel Preludio, l’autore scrisse: «Ve-dremo pertanto gli scherzi curiosiche faranno nel corso di un secolocodeste famiglie, appartenenti a va-rie caste, distinte alla sorgente econfuse alla foce; e nella vita di unuomo che visse nonagenario, e che,nato quasi alla metà del secolo passa-to, morì quasi alla metà del secolocorrente, e che parlò e mangiò e bev-ve e rise con noi, avremo ci si per-metta l’espressione, la chiave di vol-ta che varrà a tener congiunto il va-sto edificio e a ravvicinare fra loroquattro generazioni».9 Rovani af-fermò di aver ricavato le informa-zioni contenute nell’opera propriodalla viva voce del novantenne,compresa la vicenda del trafuga-mento di un testamento che diedel’avvio all’intera storia narrata.

La stesura dei Cento anni ac-

Interno ottocentesco (1833) del Teatro alla Scala con sipario chiuso raffiguranteuna scena campestre, tratto dal vol. I di Milano nelle vecchie stampe

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compagnò il critico milanese per piùdi dieci anni – venti tra l’ideazionedel lavoro e la sua finale revisione –.Dopo la prefazione, la puntata d’e-sordio uscì l’11 aprile 1857: il ritar-do fu probabilmente da imputare,oltre che ai numerosi impegni del-l’autore, all’incarico, attribuito aRovani, di storiografo ufficiale delviaggio nelle provincie lombardedei sovrani austriaci, FrancescoGiuseppe ed Elisabetta di Baviera.L’autore, da sempre antiaustriaco,non seppe rifiutarsi: l’onta non loabbandonò neppure dopo la morte.

Tra il 1857 e il 1858 le puntateuscirono invece in modo più conti-nuativo e regolare. La pubblicazio-ne in appendice proseguì tra fasi al-

terne fino al 31 dicembre 1863, datain cui sulla “Gazzetta di Milano” sene interruppe la stampa.

Parallelamente all’edizione inrivista, tra il 1859 e il 1864 uscirono icinque tomi dell’edizione in volu-me, un esemplare dei quali è conser-vato presso la Biblioteca di via Sena-to: Rovani risistemò tutto il pubbli-cato, correggendo e operando ag-giunte e tagli. I primi tre tomi furo-no stampati dalla Tipografia Wil-mant a spese dell’autore; nel 1864 laproprietà letteraria dei Cento annivenne ceduta alla ditta G. Daelli e C.che stampò gli ultimi due. L’operarisultò composta da venti libri più laConclusione. Delineando in manieradettagliata la storia editoriale del ro-

manzo rovaniano Monica Giachinoscrive: «Proprio a ragioni commer-ciali sarà probabilmente da imputa-re l’interruzione delle appendici, il31 dicembre ’63, e il mancato com-pletamento del romanzo sulle pagi-ne del giornale. È possibile pensareche il nuovo editore avesse tuttol’interesse a sospendere la pubblica-zione sulla “Gazzetta” che, antici-pando ai lettori il finale del roman-zo, avrebbe potuto comprometter-ne le vendite».10

Gli anni seguenti videro Rova-ni intento a revisionare nuovamentela propria opera. L’edizione definiti-va venne stampata in due volumidallo Stabilimento Redaelli dei Fra-telli Rechiedei tra il 1868 e il 1869

Da sinistra: ritratto di Giuseppe Rovani all’antiporta dell’editio princeps delle Tre arti considerate in alcuni illustri italianicontemporanei, Milano, Fratelli Treves, 1874; ritratto di Rovani all’antiporta del volume La giovinezza di Giulio Cesare,Milano, Libreria editrice, 1876

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con il sottotitolo Romanzo ciclico. Itomi – un esemplare dei quali fa ca-polino dagli scaffali della BvS – sipresentarono ai lettori arricchiti datavole e capilettera istoriati, dise-gnati da Giulio Gorra e Luigi Bor-gomaneiro e incisi da AmbrogioCentenari, Francesco Canedi eGiosuè Gallieni.

Il lavoro dello scrittore mila-nese, seppur criticato durante l’ac-cidentato percorso della sua stesu-ra, ottenne numerose ristampe tra

la fine dell’Ottocento e il Novecen-to. 11 Il successo editoriale però nonriuscì a far passare inosservati alcu-ni limiti interni all’opera stessa, inparte dovuti alla necessità di soddi-sfare quel pubblico eterogeneo etalvolta non sufficientemente ac-culturato che leggeva le appendicidella “Gazzetta di Milano”. ScriveBaldi: «Certo i Cento anni restanolontani dall’ideale di romanzo am-biziosamente vagheggiato da R.: ilquadro grandioso di un’epoca inte-

NOTE1 G. ROVANI, Cento anni. Libri XX, vol. I, Mi-

lano, a spese dell’autore (Tipografia Wil-mant), 1859, p. 5.

2 Alcuni dei suoi interventi, insieme adaltri materiali, confluirono nella Storia dellelettere e delle arti in Italia giusta le reciprocheloro corrispondenze ordinata nelle vite e neiritratti degli uomini illustri dal secolo XIII finoai nostri giorni, Milano, Borroni e Scotti-San-vito, 1855-1858. All’interesse per il Rovaniintellettuale, si unì ben presto quello suscita-to dal mito dello scrittore maledetto, geniale,ma condannato a una vita breve fatta di ec-

cessi. Tale particolare biografico ha indottoalcuni critici a ritenerlo l’iniziatore della Sca-pigliatura.

3 C. DOSSI, Rovaniana, a cura di G. Nicode-mi, vol.I, Milano, Libreria Vinciana, 1946, p.228.

4 F. PORTINARI, I Cento anni ovvero La crisidel romanzo italiano dopo i Promessi sposi,in G. ROVANI, Cento anni, Torino, Einaudi,2005, p. VI (I millenni).

5 F. BALDI, Giuseppe Rovani e il problemadel romanzo nell’Ottocento, Firenze, Leo S.Olschki, 1967, p. 68.

6 G. ROVANI, Cento anni, pp. 8-9.

7 Cfr. G. BALDI, Rovani Giuseppe, in Dizio-nario critico della letteratura italiana, a curadi V. Branca, vol. IV, Torino, UTET, 19862, p. 40.

8 G. ROVANI, Cento anni, pp. 9-10.9Ibi, p. 10.10 M. GIACHINO, Nota al testo, in G. ROVANI,

Cento anni, Torino, Einaudi, 2005, p. XXXI (Imillenni).

11 Presso la nostra biblioteca è conservatauna copia dell’edizione, ricca di note e di illu-strazioni, curata da Beniamino Gutierrez(Milano, Rizzoli, 1934-1935).

12 G. BALDI, Rovani Giuseppe, p.40.

ra stenta a crearsi, poiché mancanoallo scrittore vastità di cultura eprofondità di visione, sostituite dauna minuta e ghiotta erudizione,che si ferma a livelli alquanto aned-dotici. Perciò i Cento anni, più checome romanzo, rimangono validicome ipotesi di romanzo».12 Maun’ipotesi che, seppur rimasta tale,restituì fiducia al genere romanzo,contribuendo all’affermazione diuna tradizione romanzesca in un’I-talia ormai unita.

Da sinistra: uno dei capiletteraistoriati contenuti nell’edizionedefinitiva dei Cento anni, Milano,Stabilimento Redaelli dei FratelliRechiedei, 1868-1869.Una delle incisioni contenutenell’edizione illustrata dei Cento anni(1868-1869): «Or continuando, il Suardi uscì sul balcone, e contemporaneamente alla suacomparsa gettò una carta entro alla finestra dove Ada stava in contemplazione»

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Antonino Mongitore severocanonico e zelante scrittoreL’uomo che elogiò “l’onor di Sicilia e le glorie di Palermo”

BvS: il Fondo Antico

«Erudito di lettere, bur-bero, scontroso, iste-rico fan della sua città

natale, moralista, ottuso, vendicati-vo. Ha raccolto tante notizie e moltece le ha trasferite e questo in parte loriscatta». Queste le parole taglienticon cui Domenico Scinà descrivenella sua opera Prospetto della storialetteraria della Sicilia l’autore siculoAntonino Mongitore. Scrittore,cappellano, erudito e membro dimolte accademie, Mongitore nac-que il 4 maggio 1663 a Palermo, fi-glio di un contabile, fu instradato aseguire la stessa strada, ma studiò daautodidatta diritto e teologia. Fin dagiovane si dedicò alla scrittura com-ponendo in latino, italiano e sicilia-no, ma distrusse le sue prime opere(due tragedie di argomento sacro suSan Pietro e Santa Tecla) vergo-gnandosi della loro ingenuità.

Mongitore prese gli ordini ec-clesiastici, ma non è dato sapere conprecisione quando, e divenne un pro-tetto di Francesco Marchese, cano-nico palermitano, che gli consentì dipartecipare alle periodiche riunioniorganizzate dall’arcivescovo di Pa-lermo Ferdinando Bazan y Manri-quez, occasioni dove potè fare incon-tri utili alla diffusione del suo talentoletterario. Incontrò così molti eruditi

li, filosofiche, matematiche ed astro-logiche, retoriche ed oratorie, poeti-che, sceniche, altre letterarie, milita-ri, musicali, varie (tra cui quella di ta-gliare i libri), sacre» a cui il Mongito-re apportò notizie relative ai cibi in-ventati in Sicilia, al modo di bere, allevesti talari e di pelle, agli unguentimedicamentosi, agli smalti, alle ton-nare, al gioco del cottabo, e altro an-cora. L’esemplare presente alla Bi-blioteca di via Senato è un’edizioneprovvista della bellissima antiportacalcografica che raffigura l’isola dellaSicilia e il mare in una cornice archi-tettonica arricchita da oggetti sie ilsimbolo della Trinacria.

Nel 1695 Mongitore pubblicòil Breve compendio della vita di s. Fran-cesco di Sales, vescovo e principe di Gine-vra e negli anni successivi la sua pro-duzione si concentrò soprattuttosulle agiografie di santi palermitanitestimoniando antiche diatribe,molto diffuse nel settecento italiano,tra Palermo e altre città per conten-dersi la paternità della nascita di unsanto o la sua appartenenza a un or-dine religioso piuttosto che a un al-tro. Come accade nell’Apologeticaepistola Philateti Orethei de patria S.Silviae panormitanae S. Gregorii Ma-gni Matris, ad Partenium Graphiophi-lum sive ad R.P.H.R.M.S.J. in cui l’o-

siciliani, tra cui Vincenzo Auria, conil quale collaborò alla realizzazionedell’opera La Sicilia inventrice, o vero,le invenzioni lodevoli nate in Sicilia, ope-ra del dott. D. Vincenzo Auria palermi-tano. Con li divertimenti geniali, osser-vazioni, e giunte all’istessa di d. Antoni-no Mongitore sacerdote palermitanoopera ricca di notizie sulle «invenzio-ni per lo vivere humano, fabrili, per logoverno della repubblica, medicina-

VALENTINA CONTI

Ritratto di Antonino Mongitore inGiuseppe Emanuele Ortolani,Biografia degli uomini illustri dellaSicilia ornata dei loro rispettivi ritratti,tomo II, Napoli, 1817, [cc. nn.]

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rigine palermitana di santa Silvia,madre di san Gregorio Magno, vienedifesa a discapito di quella ragusana.

Grazie alla fama di queste pri-me opere fu accolto nel 1702 nel-l’Accademia degli Spensierati diRossano, tre anni più tardi nell’Ac-cademia dell’Arcadia di Roma dovefu soprannominato Lipario Trizia-no, mentre gli Incuriosi della stessacittà lo denominarono il Rosciano.

L’opera che lo rese famoso eper cui viene maggiormente ricor-dato fu la Biblioteca Sicula sive de scrip-toribus Siculis qui tum vetera, tum re-centiora specula illustrarunt, notitiaelocupletissimaeuna biografia degli uo-mini illustri della Sicilia, ornata deiloro rispettivi ritratti, un repertoriorealizzato sull’esempio della Bibliote-ca Neapolitana di Niccolò Toppi. Fula prima pubblicazione sistematicadi bibliografia siciliana con ampienotizie sulle vite degli autori. Gio-vanni Battista Caruso e FrancescoSerio prepararono degli emenda-menti e rimaneggiamenti dell’operache però non furono mai pubblicati.Per tutto il XVIII e XIX secolo nonfurono edite opere simili e per lungotempo la Biblioteca restò l’unico ar-chivio degli autori siciliani.

Il secondo tomo della Bibliote-ca fu concluso solo nel 1714, ma giàdopo il primo volume Mongitorefu insignito di un canonicato pressola cattedrale di Palermo e conqui-stò l’apprezzamento di LudovicoAntonio Muratori e di molti altriinsigni autori.

Giuseppe Emanuele Ortolaninella sua Biografia degli uomini illu-stri della Sicilia, pubblicata nel 1817riconobbe, però, che nonostante inumerosi elogi rivolti all’opera piùnota di Mongitore, in essa eranopresenti anche dei difetti, per esem-

pio, alcuni autori greci risultavanoannoverati come siciliani e certi au-tori classici antichi erano confusi traloro, ma Ortolani li giustificava ri-tenendoli errori del tempo in cuil’opera fu realizzata piuttosto chedell’uomo, ottenendo un giudiziopositivo sull’autore che definì «uo-mo di sì grandi fatiche, […] scrittorecosì laborioso, e facile, e così zelosoamator della patria»1.

Nel 1717 Antonino Mongito-re fu incaricato dalla Deputazione

del Regno di Sicilia di stilare deinuovi atti Parlamentari del Regno,premettendovi un’introduzionestorica. La motivazione ufficiale fuche dovevano essere redatti dopo unlungo lasso di tempo trascorso dallaloro ultima pubblicazione del 1695,in realtà la Deputazione, preoccu-pata dal nuovo programma regio diVittorio Amedeo II di Savoia, ascesoal trono alla fine della guerra di suc-cessione spagnola, auspicava unanuova edizione degli Atti parlamen-

Nella pagina accanto: antiporta illustrata in Auria Vincenzo, AntoninoMongitore, La Sicilia inventrice, o vero, le invenzioni lodevoli nate in Sicilia,opera del d. Vincenzo Auria palermitano. Con li divertimenti geniali, osservazioni,e giunte all’istessa di d. Antonino Mongitore sacerdote palermitano, Palermo,Felice Marino, 1704. Sopra: rappresentazione di un’eclisse di sole raccontata daMongitore come fatto straordinario. In A. Mongitore, Della Sicilia ricercatanelle cose più memorabili, tomo I, Palermo, 1742, p.342

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tari che potesse contrastare il ridi-mensionamento della nobiltà feu-dale e la stesura del catasto fondiarioperseguite dal nuovo sovrano. Lascelta dell’autore ricadde su Mongi-tore proprio perché noto per l’ostili-tà al nuovo regnante. Ai Parlamentigenerali ordinari et straordinarij furo-no anteposte le Memorie istoriche chesi rivelarono un vero e proprio pro-gramma di restaurazione del poteredel clero e della nobiltà feudale del-l’isola. Il governo sabaudo impedì lavendita e la diffusione dell’opera, fe-ce sequestrare tutte le copie che fu-rono bruciate pubblicamente pervolere del vicerè Annibale Maffei.

La carriera di Mongitore si ri-volse nuovamente a temi religiosi,infatti tra il 1719 e il 1720 scrissequattro libri che furono pubblicatiin due tomi con il titolo Palermo di-voto di Maria Vergine e Maria Vergineprotettrice di Palermo (opera definitadal Mira “poco comune” e in posses-so della BvS). In questi testi l’autoreinvitava i credenti a una devozioneassoluta alla Madonna, fede caratte-rizzata da pratiche di mortificazionefisica e completa obbedienza alle au-

torità religiosa. Negli stessi anni Mongitore

fondò l’Accademia dei Geniali conla collaborazione di Gaetano Giar-dina e la Colonia Oretea degli Arca-di, inoltre fu accolto come membrodell’Accademia degli Infimi Rinno-vati di Nardò.

Nel 1721 pubblicò un’impor-tante relazione dal grandissimo va-lore storico, L’atto pubblico di fede so-lennemente celebrato nella città di Pa-lermo à 6 aprile 1724 dal Tribunale delS’Uffizio di Sicilia dedicato alla MaestàCarlo VI Imperatore e III di Sicilia incui veniva descritta l’ultimo “auto-dafé” avvenuto in Sicilia, una ceri-

monia pubblica, introdotta dall’In-quisizione spagnola, durante la qua-le venivano compiute le condannedecretate dall’istituzione ecclesia-stica. La Biblioteca di via Senato nepossiede una prima edizione benconservata, marginosa e corredatada 4 grandi tavole incise da France-sco Cichè raffiguranti il processo da-vanti alla Cattedrale, la processionedal palazzo del Sant’uffizio, la pro-cessione a cavallo e il rogo alla Mari-na. I condannati erano suor Geltru-de Maria Cordovana di s. Agostinodi Caltanisetta e fra Romualdo, arre-stati perché membri eretici della set-ta dei Quietisti o Molinisti. L’opera-to del Mongitore fu tanto apprezza-to dagli Inquisitori siciliani che lopremiarono con una croce d’oro, lanomina a consultore del tribunaledel s.Uffizio e con il finanziamentodella pubblicazione.

Nel 1730 fondò l’Accademiadegli Ereini, istituzione protetta dalprincipe di Resuttana, Federico Na-poli, nata con l’obiettivo di rivaleg-giare con l’Accademia del Buon Gu-sto ispirata al moderato riformismodi Muratori. Per la nuova istituzione

Sopra: Antonino Mongitore, L’atto pubblico di fede solennementecelebrato nella città di Palermo à 6aprile 1724 dal Tribunale del S.Uffizio di Sicilia, Palermo, Agostino& Epiro, 1724, illustrazione del rogoalla Marina. Sotto: Antonino Mongitore, Della Sicilia ricercata nelle cose piùmemorabili, tomo I, Palermo, 1742,p. 252. «Musica asinesca inventata daun palermitano, scegliendo 4 asini didiversa voce, che nello stesso tempocoi loro diversi ragli facessero unconcerto musicale»

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Mongitore pubblicò Rime degli Erei-ni di Palermo, con lo pseudonimo diMopso Triseldo.

Nel 1735 in occasione dell’in-coronazione di Carlo Borbone aPalermo compose Il Discorso istoricosu l’antico titolo di Regno concesso all’i-sola di Sicilia opera posseduta dallaBiblioteca di via Senato in primaedizione con l’antiporta allegoricaincisa dal messinese Antonio Bovadove sono raffigurati Carlo III assi-so in trono, la dea dell’Abbondanza(o la Sicilia?) e il vecchio Palermo,con il serpente avvolto sul braccio,che tiene alta la corona del re. Mon-gitore sottolineò «il ruolo alienabi-le di capitale di Palermo, cuore di

un Regno libero dal diritto pontifi-cio dell’Investitura, e» diede «altempo stesso rilievo all’autonomiagiuridica e disciplinare della Chie-sa isolana».

Dopo essere entrato a far partedelle Accademie dei Gioviali di Ca-tania e degli Aretusei di Siracusa

Mongitore si dedicò alla stesura diSicilia ricercata nelle cose più memora-bili un’opera che avrebbe dovuto es-sere composta da 9 volumi con sto-rie curiose di avvenimenti naturalimostruosi e inspiegabili, ma ne fu-rono pubblicati solo sei.

All’interno della produzionedi un uomo tanto erudito, stupì lapresenza di un tale libro ricco di fan-donie pseudo scientifiche.

Anche la sua morte restò lega-ta a un racconto leggendario, si diceinfatti che morì di apoplessia a 80anni dopo aver trascorso la notteleggendo un tomo del Codex Diplo-maticus di Di Giovanni.

Sopra e a destra: illustrazioni di mostri marini. In A. Mongitore,Della Sicilia ricercata nelle cose piùmemorabili, tomo II, p. 98/99

Bibliografia DBI, vol. 75, Roma, pp. 669-672.DOMENICO SCINÀ, Prospetto della storia

letteraria della Sicilia, Palermo, Lorenzo Da-to, 1824

NOTE1 GIUSEPPE EMANUELE ORTOLANI, Biografia

degli uomini illustri della Sicilia ornata deiloro rispettivi ritratti compilata dall’avvo-cato Dr. Dn. Giuseppe Emanuele Ortolani eda altri letterati, Napoli, Nicola Gervasi,1817, tomo 2.

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Il Fondo di Fantascienza che laBiblioteca di via Senato conser-va vanta al proprio interno una

cospicua raccolta di fanzine (FondoSandro Sandrelli), composta di di-verse centinaia di pubblicazioniamatoriali che costituiscono unapreziosa testimonianza di quell’atti-vità editoriale non professionisticache ha contribuito, a partire dagli an-ni Sessanta, a diffondere nel nostroPaese il genere fantascientifico, perlungo tempo considerato secondarioe di scarso rilievo.

Parole come fan club, fandom efanzine gravitano all’interno del-l’ampia famiglia semantica della piùricorrente parola fan e rimandanotutte all’idea di una passione, di unforte interesse verso un particolareargomento (per esempio, la musica oi fumetti) o verso un genere letterario(nel nostro caso specifico, la fanta-scienza) che entusiasma più persone.Il sostantivo invariabile fanzine, diderivazione inglese, nasce propriodalla contrazione dei termini fan emagazine e sta a indicare un tipo dipubblicazioni amatoriali, a tiraturalimitata, realizzate da una o più per-sone che condividono gli stessi inte-ressi: fanzine è, dunque, una rivista die perappassionati.1

Tre sono, di fatto, le peculiarità

che connotano alla base questa pro-duzione editoriale alternativa e con-tribuiscono a definire la natura del“fanzinaro” (ovvero di colui che creauna fanzine e collabora alla sua com-

pilazione):2 una fortissima passioneper un determinato ambito, il desi-derio irrefrenabile di comunicare econdividere questo interesse, e l’esi-genza di confronto con altri appas-sionati animati dalla medesima setedi approfondimento.3

Le fanzine sono pubblicazioniche si pongono al di fuori dell’edito-ria tradizionale sotto più punti di vi-sta; risulta arduo definire in manieraunivoca un elenco specifico di carat-teri comuni, in quanto tale produzio-ne è estremamente variegata e mag-matica, ma è comunque utile indivi-duare quantomeno alcuni tratti ca-ratterizzanti ricorrenti.

Come detto, si tratta di fascico-li autoprodotti, frutto del lavoro en-tusiasta di non professionisti; nellamaggior parte dei casi, infatti, chicollabora alla realizzazione di questotipo di riviste è un autodidatta, nonun giornalista, e non ha intenzione ditrarre alcun profitto da tale attività,coltivata, tra l’altro, in estrema eco-nomia, se non addirittura penuria, dimezzi.4 I fanzinari, infatti, solita-mente non lavorano in tipografie oredazioni tradizionali, quanto piut-tosto in ambienti casalinghi e construmenti non professionali (mac-china da scrivere, ciclostile, xerogra-fia e, negli ultimi decenni, compu-

BvS: il Fondo di Fantascienza�

Sopra: primo numero de “Il Re ingiallo” (anno I, n. 1), fanzine triestinanata dalla passione di Fabio Calabresee del gruppo G.A.N.D.A.L.F.; tratta diletteratura fantastica e in particolare dinarrativa gotica. Nella pagina accanto:una delle principali fanzine romanededicate alla letteratura fantastica:“SF..ere”, anno II, n. 8, settembre 1979

PAOLA MARIA FARINA

L’universo parallelo dellefanzine di fantascienza

Un percorso tra le pubblicazioni della stampa amatoriale

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ter), che hanno permesso di realizza-re, tra gli anni Sessanta e gli anni No-vanta, volumetti graficamente moltosemplici, per lo più in bianco e nero,su carta di scarsa qualità e in bassissi-mo numero di copie (poche le testateche hanno raggiunto tirature a quat-tro cifre).5 Nei formati più diversi,con brossure o semplici spillature, al-cune fanzine sono distribuite gratui-tamente, magari scambiate con altrepubblicazioni o date in cambio di ar-ticoli, altre invece possono essere ac-quistate tramite la sottoscrizione diun economico abbonamento; inol-

tre, solo alcune compaiono con pe-riodicità regolare, mentre nella mag-gior parte dei casi esse sono «croni-camente aperiodiche»6 e tra un nu-mero e l’altro possono passare ancheanni. Alcune testate risultano più vi-cine ai magazines ufficiali, sia per con-tenuti sia per aspetto, e si sono verifi-cati anche casi di fanzine entrate a farparte, dopo alcune uscite, del main-stream tradizionale; altre, invece, sene discostano in maniera sostanziale,rimanendo autoprodotte nel mondounderground e rivendicando, anchecon questa scelta, una vera e propria

«“militanza” creativa».7

Del resto, proprio la produzio-ne autogestita, l’artigianalità del la-voro e l’estraneità ai canali tradizio-nali di distribuzione hanno garantitoautonomia e indipendenza espressi-va, in assenza di condizionamentieconomici ed editoriali:8 «tutte que-ste riviste, di fantascienza e non, es-sendo slegate da ogni logica di mer-cato, si presentano come spazi di li-bertà spesso autoreferenziali ma inalcuni casi decisamente innovativi»,9

pagine bianche su cui, tra l’altro, sisono fatti le ossa molti nomi noti del-

Sopra da sinistra: una delle pubblicazioni della serie “Numeri Unici” a cura di Franco Fossati. Il numero è dedicato allemanifestazioni meno conosciute della fantascienza: Fantascienza minore, Milano/Calendasco (Piacenza), [s.n.], [1967]; un numero della fanzine “Astralia” (n. 5, dicembre 1975), pubblicata a Palermo tra il 1974 e il 1980 a cura di GianFilippo Pizzo e Giuseppe Marcianò

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la narrativa italiana e internazionale.I primi fans magazines apparve-

ro negli Stati Uniti alla fine degli an-ni Venti del secolo scorso grazie al-l’iniziativa di un gruppo di appassio-nati di fantascienza, ma il terminefanzine fu coniato più tardi: sembre-rebbe sia stato usato originariamen-te da Louis Russell Chauvenet (1920– 2003) nel 1940 per definire unapubblicazione da lui curata.10

In Italia il fenomeno è appro-dato con un certo ritardo: il generefantascientifico si è affermato nelnostro Paese solo dagli anni Cin-quanta e la prima pubblicazione fan-zinara a esso dedicata è stata “FuturiaFantasia”, uscita in numero unico aMilano verso la fine del 1962 a curadi Luigi Cozzi. Gli appassionati sco-

privano per la prima volta un nuovomezzo di espressione e confronto, aldi fuori delle riviste ufficiali e dellecollane più diffuse; aveva inizio, così,la prima stagione del fandom italiano,che ebbe tra i protagonisti SandroSandrelli, curatore di diverse fanzinetra gli anni Sessanta e Settanta. Natonel 1926 e scomparso nel 2000, San-drelli, giornalista veneziano, è statoautore di racconti e romanzi di fanta-scienza dal 1949, quando comparveil suo primo lavoro, Le ultime trenta-sei ore di Charlie Malgol; la sua produ-zione rivela un suggestivo gusto per

l’avventura unito all’attenzione ver-so il lettore, al fine di dilettare e insie-me far riflettere sulla condizione difinitezza dell’uomo rispetto all’im-mensità dell’universo.

I periodici amatoriali, sia dinarrativa sia di saggistica, della primaora mettevano in luce «uno spaccatodella nostra società, tramite quellaatipica cultura troppo spesso nonconsiderata perché non coincidentecon gli interessi del mercato ufficia-le».11 Testate come “Nuovi Orizzon-ti”, “L’Aspidistra”, “Interplot”, “Ver-so le Stelle”, “Hypothesis” e “Micro-

Sopra da sinistra: “The Time Machine”, anno III, n. 5, 1977: fanzine realizzataa Padova, punto di riferimento per la narrativa italiana fantascientifica; “Blade Runner” (n. 5, nuova serie), fanzine toscana degli anni Ottanta,contenente racconti e saggi di buona qualità

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mega” accompagnarono gli amantidel genere sino alla fine degli anniSessanta quando molte testate furo-no costrette a interrompere le pub-blicazioni; la ripresa si registrò neldecennio successivo, allorché, dopoun periodo di vuoto, le fanzine ripre-sero vigore, segnando l’avvio di unanuova stagione (il secondo fandom) apartire dal 1973-4. Erano gli annid’oro di “Kronos”, “Alternativa”,“Astralia”, “The Time Machine”(una delle più importanti e longevefanzine italiane), “Ubik”, “Il Re ingiallo”, “Un’Ambigua Utopia” (natacome fanzine, fu poi acquistata dall’e-ditore Solfanelli che ne fece una rivi-sta professionale), “SF..ere”, “Di-mensione Cosmica” e “Babel 17”.

Nuovi titoli comparvero anchedurante gli anni Ottanta e Novanta(“Crash”, “L’Altro Regno”, “Famzi-ne”, “La Bottega del Fantastico”,“City”, “L’Altro Spazio”, “The DarkSide”, Un’Ala”, “Ucronia”), a dimo-strazione di quanto fosse ancora fe-condo e produttivo questo terreno.

NOTE1 GIANLUCA UMILIACCHI, Fanzine? La “rivi-

sta” non vista! Ancora oggi, come ieri, forbi-ci, colla e tanta passione, [p. 1](http://www.fanzineitaliane.it/?lng=it&mod=faq&pg=pagina&c=2&Faq=1179759407; controllato il 04-09-2012).

2 Definizione tratta dal piccolo glossariorelativo ai termini fanzinari (http://www.fan-zineitaliane.it/fanzinoteca/index.php?lng=it&mod=articoli&pg=pagina&c=fc&artico-lo=1287235733; controllato il 04-09-2012).

3 Ibidem; vedi anche http://www.fanzi-neitaliane.it/?lng=it&mod=forum&pg=pa-gina&fid=2&cid=4&pid=1267176325;controllato il 04-09-2012.

4 SALVATORE SENIA, Media alternativi eproduzione culturale: il caso delle fanzine

musicali, tesi di laurea in Sociologia dellaComunicazione, Facoltà di Lettere e Filoso-fia, Alma Mater Studiorum – Università de-gli Studi di Bologna, A.A. 2004/2005, p. 46.

5 Da più di un decennio, grazie a tecni-che di stampa più moderne (e soprattuttoalla stampa digitale), le fanzine hanno unaqualità ben superiore rispetto agli esordi,dal tipo di carta all’uso del colore (fonte:Gianluca Umiliacchi).

6 S. SENIA, Media alternativi e produzioneculturale, p. 10.

7 GIACOMO MAZZONE, Le fanzine, tratto daID., Compra o muori, Roma, Stampa Alterna-tiva, 1983 (Sconcerto) (versione on-line:http://stampamusicale.altervista.org/Le_fanzine/Fanzine_Mazzone/index.htm; con-trollato il 04-09-2012).

8 S. SENIA, Media alternativi e produzioneculturale, p. 66.

9 DOMENICO GALLO, La storia di Intercom, in“Avatär. 40 anni di fandom in Italia”, numerospeciale 3, Kipple Officina Libraria, settem-bre 2001, p. 29; il numero contiene anche unelenco delle fanzine italiane dagli anni Ses-santa agli anni Novanta.

10 Gli studi in merito non permettonoancora una conferma assoluta di tale data(fonte: Gianluca Umiliacchi).

11 G. UMILIACCHI, Fanzine? La “rivista” nonvista!, [p. 1].

Si ringrazia per la gentile collaborazio-ne Gianluca Umiliacchi, presidente dell’As-sociazione Fanzine Italiane e responsabiledella Fanzinoteca d’Italia (Forlì-FC).

L’informatizzazione e, in seguito,l’avvento del Web hanno fatto senti-re i loro effetti anche nel mondo del-le fanzine: la sperimentazione dinuovi supporti (musicassetta, floppy

La fanzine palermitana “FomalhautBullettin” (anno III, n. 11, aprile1988): ha proposto racconti,recensioni, saggi e commenti sunarrativa e cinema di fantascienza

disk e cd-rom), che affiancavano lavecchia carta, ha portato inevitabil-mente all’approdo nel mondo vir-tuale della rete Internet, che ancoraoggi rappresenta uno spazio di gran-de importanza.

Scomparsa la maggior partedelle pubblicazioni di fantascienzacartacee, il mondo digitale costitui-sce attualmente la dimensione incui questo genere di periodici so-pravvive e si rinnova; d’altra parte,però, la smaterializzazione dei sup-porti e la natura transitoria ed effi-mera del Web rischiano, con il pas-sare del tempo, di far perdere trac-cia di tali produzioni.

Ciò rende ancora più prezio-se, e rare, tutte quelle fanzine nove-centesche che appassionati e colle-zionisti hanno gelosamente con-servato e difeso; e anche per questorisultano una vera scoperta, o risco-perta, quei fascicoletti dalla cartaingiallita, con i caratteri sbiaditi e imargini imperfetti ottenuti con ilbuon vecchio ciclostile.

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Nel 1865 i fratelli Luigi eFerdinando Bocconi apri-rono in via Santa Rade-

gonda a Milano il primo negozio ita-liano di abiti pre-confezionati. Vie-ne seguito l’esempio di Le Bon Mar-ché, il magazzino di Parigi che avevaavuto un enorme successo in Fran-cia. L’iniziativa andò bene anche inItalia, tanto che un grande magazzi-no venne aperto nella vicina PiazzaDuomo (1877), seguito da altri ne-gozi in tutta la nazione. Nel 1917 ilSenatore Borletti rilevò l’attività,puntando sull’eleganza dei grandimagazzini e impegnandosi imme-diatamente ad aumentare la qualitàdella merce venduta, pur senza alza-re eccessivamente i prezzi. Lo scopoannunciato era quello di attirare siaclienti delle classi alte che di quellemedio-basse. Per aumentare la frui-bilità il grande magazzino di piazzaDuomo venne arricchito di nume-rose attività di uso comune, fra cuiuna banca e un ufficio postale.

Il Senatore intendeva attuareun rilancio del grande magazzinoadeguato alle necessità dei tempi. Atale scopo nell’estate del 1917 fondòuna società per azioni, di cui divennepresidente, dotata di un cospicuo ca-pitale grazie all’adesione di alcunifra i maggiori industriali e commer-

cianti di prodotti tessili e al decisivosupporto delle Banche. Si preoccu-pò inoltre di cancellare l’immagineseriamente deteriorata dei magazzi-ni Bocconi; in questa prospettiva vaconsiderata la richiesta a GabrieleD’Annunzio – l’idolo di quella me-dia borghesia naturale frequentatri-ce dei grande magazzino - di trovareuna nuova denominazione per l’a-zienda, compito che in effetti il poe-ta assolse con molta efficacia propo-nendo La Rinascente, dopo la rico-struzione seguita ad un incendio chel’aveva completamente distrutta.L’azienda divenne il luogo di ritrovodi molti artisti. Ad esempio la pub-blicità veniva realizzata da MarcelloDudovich, mentre una linea di mo-bili firmata da Gio Ponti. Tra il 1919e il 1921 si aprono i magazzini di Ge-nova, Torino, Roma, Firenze, Bolo-gna, Napoli e Palermo. Negli annicinquanta la Rinascente cercò di ca-valcare il miracolo italiano con ini-ziative innovative per la penisola ita-lica. Venne ad esempio aperto un uf-ficio per le ricerche di mercato ed av-viata la vendita di frigoriferi, che ar-rivavano direttamente dagli USA.Nacque poi un’azienda per la produ-zione di abbigliamento femminile efurono organizzate mostre con ab-bigliamenti tipici di Paesi stranieri.

La Rinascente: rinata dalle sueceneri come l’araba fenice

Omaggio ai grandi magazzini simbolo della ricchezza di Milano

BvS: il Fondo Impresa�

GIACOMO CORVAGLIA

Dall’alto: la mostra del premioCompasso d’Oro la Rinascente alCircolo della stampa di Milano;Thermos portaghiaccio da tavolomod. 510. Bruno Munari. Compassod’Oro 1955

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Il grande rilancio dell’aziendavenne completato il 4 dicembre del1950 con l’inaugurazione del Pa-lazzo di Milano, nuova sede dellaRinascente. Per l’occasione vennepubblicato Milano ha cinquant’anni.1900-1950. Ritratto di una metropo-li. Il volume è curato da RaffaeleCalzini ma, sono numerosissime lefirme illustri della cultura italianache vi contribuirono. Di questo vo-lume è stata stampata una edizionefuori commercio e una edizionenumerata dall’ 1 al 1500. La Biblio-teca di via Senato le possiede en-trambe. La prima è un esemplare adpersonam: “per Cesare Brustio”, laseconda il N. 459.

All’antiporta del volume perCesare Brustio vi sono le firme auto-grafe di Raffaele Calzini, GaetanoBaldacci, Gian Piero Bognetti, Ma-rio Borsa, Irene Brin, Dino Buzzati,

Sopra da sinistra: Milano ha cinquant’anni. 1900-1950. Firme autografeall’antiporta; Milano ha cinquant’anni. 1900-1950. Frontespizio con dedicamanoscritta. Qui sopra: Il funerale dell’anarchico Galli. Carlo Carrà, 1911.Nella pagina accanto: manifesti pubblicitari La Rinascente

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Milano allarga la borsa. Quest’ulti-mo è un divertentissimo raccontoinventato da Dino Buzzati in cui sinarra la difficoltà del grande diavo-lo Iblìs a trovare all’inferno personedella buona borghesia milanese. Ilracconto infatti si conclude: “Fu in-terrotto dal portinaio che veniva adavvertire: - Un bel colpo, ragazzi,un colpo magnifico… C’è qui in ar-rivo la signora Guglielmina Anfos-si, la Anfossi dei formaggi, una ven-tina di migliardi, dicono…

Iblìs alla notizia si riscosse, glisi illuminò la turpe faccia. Ma Balti-moro storse il naso: - Puah – disse. –Se la conosco, la Anfossi! Bella ro-ba… nobiltà di borsa nera… unaqualsiasi parvenue… No, no, non soqueste che contano!

Una nota precisa: “La fantasiadi Buzzati ha dipinto un apologosurrealista in contrasto coi larghi ge-sti di generosità tradizionale cheonorano insuperabilmente Milano ei milanesi”

Camilla Cederna, Cesare Chiodi,Eugenio Gara, Arturo Lanocita, Sa-batino Lopez, Mario Luporini, Giu-seppe Marotta, [non legitur], CiroPoggiali, Eligio Possenti, Ferdinan-do Reggiori, [non legitur], AlbertoSavinio, Emilio Sioli Legnani, OrioVergani, Alessando Visconti, FulvioBianconi, Franco Grigioni, Giusep-pe Novello, Indro Montanelli, Ma-rio Puppo, Walter Resentera, MarioVellani Marchi, Vitrotto G.

Il volume è un dono che Um-berto Brustio, che in quegli anni ri-copriva la carica di amministratoredelegato, fa al figlio Cesare. Alfrontespizio vi è la dedica mano-scritta datata dicembre 1951: “miocaro Ce’, questo bellissimo libro (lohanno detto in molti) è nato dallatua fantasia, si è realizzato conAmore, nutrito dalla tua intelligen-te ricerca di argomenti, di articoli edi scrittori e dalla tua tenace assi-stenza. Ne sono lieto come tuo ca-po, riconoscente come tuo Papà”.

Il libro è diviso in vari argo-menti. Si parte dal Curriculum vitae,in cui sono annotati gli avvenimentipiù importanti della città dal 1900 al1950 per poi passare a Il volto di Mi-lano con i sottocapitoli: Un po’ dicolor locale, Poesia di Milano, I na-vigli, I giardini, Insegne e vetrine,Storia di un pezzo di terra. Si prose-gue con La guerra e la pace: Distru-zione e Ricostruzione. In questo ca-pitolo viene raccontata la grandecapacità dei milanesi di risollevarsidopo le distruzioni avvenute duran-te le due guerre mondiali. Nel capi-tolo Lo spirito ambrosiano vengonoillustrate le caratteristiche della mi-lanesità attraverso vari racconti:Quale la videro, Quando Milanoprega, quando Milano studia,Quando Milano si diverte, Quando

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Il volume continua con il ca-pitolo La vita, diviso in Chi produ-ce, Chi compera e vende, La Rina-scente. Segue con La gente: Comeveste, Come mangia, Come viag-gia, Come legge.

Come mangia è scritto da In-dro Montanelli. Racconta il suo ap-proccio con la cucina milanese, pri-ma per sentito dire, e poi di personaquando nel 1938 viene chiamato acollaborare con Il Corriere. Molto

divertente l’incipit: “Io, toscano,son cresciuto con rispetto e nella ri-verenza della cucina milanese. Nonla conoscevo di persona e di palato;ma da un anno all’altro aspettavocon impazienza i giorni della Fiera,quando mio nonno, che era coto-niere, riempita la sua valigia marro-ne degli abiti più belli e la sua borsanera di misteriosi documenti, par-tiva per la metropoli lombarda.”

Il libro prosegue con Tre vie –

Tre mondi ossia Via Montenapoleo-ne , raccontata da Raffaele Calzini,Via Cappuccio, vista da Gian PieroBognetti, ed infine Corso BuenosAires, descritta da Giuseppe Ma-rotta.

Il capitolo Case e persone illu-stra Dieci case e racconta di Perso-naggi e persone.

Il volume si conclude con Mi-lano domani e dopo illustrando il suoSviluppo urbanistico e il Piano re-golatore.

Al Colophon: “Questo libro,pubblicato per illustrare mezzo se-colo di strenua vita e di attività dellanuova Milano, fu curato nella suaveste editoriale da G. Vitrotto.Uno stesso fervore animò quanticontribuirono a crearlo: scrittori,artisti, fotografi, tipografi”. Glistampatori e i coloritori furono:Amilcare Pizzi (Milano), CesarePezzini (Milano), A. Lucini (Mila-no), M. Nervet (Parigi), Ugo Sera-fin (Milano), Fecquet e Baudier(Parigi).

Nel 1954 la Rinascente fondail premio Compasso d’Oro, il piùantico ma soprattutto il più auto-revole premio mondiale di design.Nato da un’idea di Gio Ponti fu peranni organizzato dai grandi magaz-zini la Rinascente, allo scopo dimettere in evidenza il valore e laqualità dei prodotti del design ita-liano allora ai suoi albori. Successi-vamente esso fu donato all’ADI chedal 1964 ne cura l’organizzazione.La Fondazione possiede due pre-ziosi volumi: Premio la Rinascentecompasso d’oro 1955 e Premio la Ri-nascente compasso d’oro 1956, neiquali vengono illustrati tutti i pro-dotti vincitori del premio e i lorodisegnatori con la relativa motiva-zione del premio.

Disegno di Fulvio Bianconi

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Alciati, Andrea (1492-1550). Andreae Alciati Emblemata.

Padova, Pietro Paolo Tozzi & Lo-renzo Pasquato, 1621.

L’edizione a cura di ClaudeMignault, Federico Morelli, Johan-nes Thuilius, Lorenzo Pignoria eFrancisco Sanchez de las Brozas,contiene un primo frontespizio al-legorico inciso su rame, l’emblemadel curatore Johannes Thuilius allap. XIII e 212 emblemi xilograficinumerati nel testo (mm 85x85),mentre il testo si dispone su due co-lonne. Trattasi dell’edizione piùricca per il numero degli emblemi eper l’apparato filologico; l’edizioneè inoltre ricercata per la presenzadell’emblema n. LXXX, assai vol-gare (“Adversus naturam peccan-tes”), quasi sempre mancante nelleprecedenti edizioni.

Praz p. 25, nota 4: “collectspreceding commentaries and addsnew one” e p. 251: “after being ba-nished from very many editions theoffensive emblem LXXX is againintroduced, raising the number ofemblems to 212.” Green 152. Cico-gnara 1837: “È la spiegazione più

ampia che abbiamo intorno a questamateria trattata dall’Alciato.”(A.P.P.)

�Baffo, Giorgio (1694-1768).Poésies complètes de Giorgio Baf-

fo en dialecte vénitien littéralementtraduites pour la première fois, avec letexte en regard orné du portrait del’auteur. Tome premier [-Tome qua-trième]. Parigi, Isidore Liseux,1884. 4 volumi.

Edizione numerata di soli 100esemplari stampata su carta pesan-te che raccoglie l’opera completadelle poesie in dialetto veneziano diGiorgio Baffo. Le rime, estrema-mente licenziose, spesso oscene, ri-velano la corruzione dei costumiveneziani del tempo. Esemplare n.53.

Gay III, 777. (A.C.)

�Boringhieri, Giulia.Per un umanesimo scientifico.

Storia di libri, di mio padre e di noi.Torino, Einaudi, 2010.

Il volume ripercorre i primianni dell’attività editoriale di PaoloBoringhieri (1921-2006), dal 1949

sino alla fondazione dell’omonimacasa editrice torinese nel 1957. At-traverso i ricordi della figlia Giulia,dopo un breve quadro biograficosulle origini della famiglia (appar-tenente alla buona borghesia sviz-zera trapiantata in Italia), viene de-scritto l’impegno dell’editore Ei-naudi per le pubblicazioni a carat-tere scientifico, rilanciate proprioda Boringhieri a partire dal 1951con la costituzione delle “EdizioniScientifiche Einaudi” (ESE). Que-sto progetto ha svolto, nel secondodopoguerra, un ruolo molto im-portante nella definizione dell’o-dierna cultura scientifica italiana.(P.M.F.)

�Della Porta, Antonio Maria.Degli istituti di beneficenza pei

poveri e dello Spedale Maggiore di Co-mo. Memoria del fisico Antonio DellaPorta delegato per la facoltà medicanella provincia comasca. Como, Pas-quale Ostinelli, 1802.

Esemplare marginoso di que-sta rara edizione censita dall’ICCUin sole due copie conservate pressola Biblioteca comunale centrale di

Recenti acquisizioni dellaBiblioteca di via Senato

Novità per bibliofili arricchiscono i fondi antico e moderno

Arianna Calò, Valentina Conti,Giacomo Corvaglia, Paola Maria

Farina, Annette Popel Pozzo e Beatrice Porchera

BvS: nuove schede

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70 la Biblioteca di via Senato Milano – settembre 2012

Milano e presso la Biblioteca dellaFondazione Giangiacomo Feltri-nelli. L’opera, dedicata dall’Autorea Giambattista Porro, si componedi due diverse parti: la prima trattadegli istituti di beneficenza per i po-veri, mentre nella seconda l’atten-zione si concentra sull’OspedaleMaggiore S. Anna di Como.

L’Illuminismo italiano alla Fon-dazione Feltrinelli, n. 164. (B.P.)

�[Ducato di Firenze].Legge prima dello illustrissimo,

& eccelentissimo signore, il signor ducadi Fiorenza, sopra la gabella delle fari-ne. Firenze, Lorenzo Torrentino,1552.

Legato con: Legge seconda del-l’illustrissimo, & eccelentissimo signo-re, il signor Duca di Fiorenza sopra lagabella delle macine. Firenze, Loren-zo Torrentino, 1553.

Entrambe le edizioni sulla tas-sazione degli alimenti, presentan-dosi in una interessante legatura diriuso ricavata da un manoscritto supergamena, sono (come succedespesso con pubblicazioni occasio-nali) rare con pochissime copie cen-site nelle biblioteche italiane. Al co-lophon dei volumi troviamo inoltre inomi dei pubblici banditori: Tom-maso di Bernardo Corteccia e Do-menico Barlachi. Soprattutto l’ulti-mo fu rinomato nel Cinquecentofiorentino perché “fu tra i primi socidi una singolare accademia, chia-mata compagnia della ‘Cazzuola’[…], di cui facevano parte letteraticome Iacopo da Bientina e Battistadell’Ottonaio e dove il B. poté ma-turare le sue prime esperienze di at-tore nella recita delle commedieche vennero rappresentate dall’ac-cademia”, con il suo nome inoltreentrato nella storia del teatro, visto

che “nel 1548, in occasione dei fe-steggiamenti in onore di Enrico II,che si svolsero a Lione, insieme auna compagnia di Fiorentini misein scena la Calandra del Bibbiena,inaugurando così la gloriosa tradi-zione dei comici italiani in Francia”(DBI 6, pp. 398-399).

Cfr. M. Barducci, F. Gaggini(a cura di), La voce del governo. Leggi ebandi del XVI secolo, Firenze, Comu-ne di Firenze, 2010. (A.P.P.)

�Fasoli, Francesco.Pensieri sopra la Divina Com-

media di Dante Alighieri per FrancescoFasoli sottotenente del 40mo Reggi-mento Fanteria Esercito Italiano. Na-poli, Alberto Detken, 1863.

Approfittando del pretesto diillustrare il “concetto artistico dellaDivina Commedia”, l’Autore siconcede lunghe digressioni suldanno irreparabile recato dal pote-re temporale della Chiesa nel corsodei secoli e sull’importanza di un’I-talia laica, libera e indipendente.Chiude infatti la dedicatoria All’a-mico Achille Del Giudice scrivendo:“In questo mio scritto non hoobliato di guardare all’Italia, allesue sventure, alle sue sorti, al suoavvenire. Quando penso che tre oquattro sovrani di diritto divino,mercè gl’inganni di una subdola di-plomazia, non solo sovvertonol’Europa, la respingono verso labarbarie e la tiranneggiano; mavengono anche a mischiarsi nellenostre cose, e quì in casa nostra adimporci e dettarci una barbara leg-ge; io sconoscerei la missione nobi-le dell’uomo sulla terra, disperereidi tutto al mondo, e resterei scorag-giato delle sorti d’Italia, ove nonavessi fede negli alti destini dell’u-manità, nelle forze di 25 milioni di

Italiani e nella futura grandezza diquesta diletta patria nostra”. (A.C.)

�Grohovaz, Valentina.Viaggi di testi e di libri. Libri e

lettori a Brescia tra Medioevo e età mo-derna. Udine, Forum, 2011 (Libri ebiblioteche 26).

La cultura bresciana ha sempredato importanza al libro inteso siacome mezzo di diffusione delle ideesia come oggetto. Questo testo esa-mina la produzione, i canali di diffu-sione e la conservazione dei materia-li librari nella città dalla fiorente in-dustria tipografica. (V.C.)

�Rieff Anawalt, Patricia.Storia universale del costume.

Abiti e accessori dei popoli di tutto ilmondo. Milano, Mondadori, 2008.

Corposo libro sulla storia del-l’abbigliamento tradizionale nei di-versi continenti; il ricchissimo ap-parato iconografico e il percorsostorico sono organizzati geografi-camente, in modo da mettere in lu-ce le caratteristiche principali deicostumi di ciascuna area del mondo.Le descrizioni assai dettagliate pro-cedono dai capi base tipici più anti-chi (per esempio, le gonne in fibravegetale dell’età paleolitica, le tuni-che in lino dell’Egitto, le toghe del-l’antica Roma e i kimono giappone-si) agli accessori (tra i quali i cappellidi feltro delle popolazioni andine, lecollane di perline delle donne ma-sai, i foulards di seta dell’Asia sud-orientale e gli stivali in pelle di focadei popoli dell’Artide), il tutto com-pletato da un’accurata sezione bi-bliografica dedicata al vestiario et-nografico. (P.M.F.)

�Rubinstein, Raphael.“The Scale of Commodes” with

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three original etchings by Enrico Baj.Gavirate (VA), Stamperia del porti-co, 1990.

Edizione limitata contenente3 incisioni originali, firmate, di En-rico Bay (1924-2003). Le illustra-zioni sono state incise in rame estampate con il torchio manuale sucarta Fabriano Rosaspina. Dopo lastampa le lastre sono state cancella-te. L’edizione comprende 50 copie,numerate 1-50, più 20 copie nume-rate I-XX, ciascuna firmata dall’Au-tore e dall’Artista.

Esemplare n. 38/50. (B.P.)

�Schiaparelli & Prada. Impossi-

ble Conversations. New York, TheMetropolitan Museum of Art,2012.

Catalogo della mostra tenuta-si, dal 10 maggio al 19 agosto 2012,al Metropolitan Museum of Art diNew York. Il volume, completa-mente illustrato, mette a confrontole creazioni di Elsa Schiaparelli eMiuccia Prada attraverso un per-corso diviso in sette sezioni: WaistUp, Waist Down, Ugly Chic, HardChic, Naïf Chic, The Classical Body,The Exotic Body, The Surreal Body.(G.C.)

�Singh, G. (a cura di).Poeti del mondo per Giacomo

Leopardi. Recanati, Centro Nazio-nale di Studi Leopardiani, 2001.

Edizione rara e pregiata diun’antologia internazionale di 90poesie dedicate a Giacomo Leopar-di, o a lui ispirate. Gli autori appaio-no in ordine alfabetico da RaphaelAlberti ad Andrea Zanzotto. MarioLuzi ha scritto: “Poeti di molte altrelingue e paesi, provenienti da altreculture e tradizioni si trovano inquesto coro paradossale di solitari,

perché mai avrebbero immaginatodi cantare in concerto, che Singh hariunito”. Franco Foschi definiscequesto libro: “una testimonianzadell’affetto e dell’omaggio chemolti grandi poeti (compreso ilpremio Nobel Seamus Heaney) epensatori che hanno conosciuto estudiato la sua opera, hanno volutotributare al grande genio solitarioche dopo due secoli cominciamo aconoscere meglio”. (V.C.)

�Tacchini, Alvaro.La Cassa di Risparmio di Città di

Castello nei suoi 150 anni. Città diCastello, Petruzzi Editore, 2005.

Il giubilare, attraverso il testodi Alvaro Tacchini e numerose im-magini a colori e in bianco e nero,ripercorre 150 anni di storia dellabanca. Contiene il saggio di FabioNisi Le recenti trasformazioni. In te-sta al frontespizio: “FondazioneCassa di Risparmio di Città di Ca-stello”. (G.C.)

�Tansillo, Luigi (1510-1568).La balia poemetto di Luigi Tan-

sillo per le faustissime nozze dell’eccel-lenze loro Marina Donà e Gio: PieroGrimani. Venezia, Carlo Palese,1796.

Rara edizione del nuptialiarealizzato per le nozze Donà-Gri-mani, contenente il poemetto dida-scalico in terzine La balia del poetacinquecentesco Luigi Tansillo. L’o-pera è seguita da un Madrigale inedi-to dello stesso Autore.

Esemplare stampato su cartaazzurrina. (B.P.)

�Thomas More (santo; 1478-

1535).Illustris Viri Thomae Mori Re-

gni Britanniarum Cancellarii, De op-

timo reipublicae ex Erasmi Roteroda-mi, Guilielmi Budæi, aliorumque ma-gnorum virorum commendationibus,quæ epistolis præfixis continentur, li-quidum dubitantibus evadet. Franco-forte sul Meno, Johann Saur e PeterKopf, 1601.

Rara edizione latina dell’Uto-pia, curata da Johann Saur, stampa-tore presso la rinomata università diMarburgo.

Esemplare appartenuto algiurista Franz Casimir Heuchelinche insieme a Heinrich von Coccejipubblicò l’opera De Pretio Affectio-nis et Amoenitatis.

Gibson & Patrick, St. ThomasMore, 8. Cfr. Winter, CompendiumUtopiarum, 37. (A.P.P.)

�Visconti, Pietro Ercole (1803-

1880).L’ultimo giorno di Pompei. Qua-

dro dipinto dal sig. cavaliere CarloBrulloff per il signor Anatolio De’ De-midoff gentiluomo di camera di S.M.l’Imperatore di tutte le Russie [...]. Ro-ma, Antonio Boulzaler, 1833.

Rara edizione contenente larecensione del celebre quadro L’ul-timo giorno di Pompei di Karl Brjul-lov, una delle personalità di mag-gior rilievo della pittura russa delprimo Ottocento. L’Artista dipinseil quadro durante il suo primo sog-giorno italiano, proprio nel 1833. Ilquadro fu poi esposto a Roma, Mi-lano e Parigi, raccogliendo ovun-que consensi, per finire trionfal-mente in un salone appositamenteallestito nell’Accademia di BelleArti di San Pietroburgo, città nellaquale il dipinto si trova tuttora. Ol-tre all’entusiastica recensione di Vi-sconti, la tela venne apprezzata daGogol’ e da Pushkin, che dedicò aldipinto una poesia. (A.C.)

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Una curva. La strada che siinerpica, quinte che scor-tano il viandante, fra due

pareti di alberi. Spogli d’inverno,fioriti di primavera, verdi d’estate.Tinti di caldi marroni e inebriantigialli d’autunno, quando la riflessio-ne prende il posto dell’esuberanza,l’introspezione scalza la parola e ilsilenzio vince sul rumore. Lieve è lasalita, ma catartica. Là, in cima, lastrada termina. Si giunge alla finedel mondo. Per trovare la fine delmondo. Piccolo universo che rivo-luziona coi suoi ritmi è Soriso. Gioiaimmensa del cuore, della testa, delpalato è una sosta Al Sorriso. Ele-gante casa di paese, abituata con na-turalezza a ricevere ospiti dai quat-tro angoli del mondo. Stanze ovat-tate che traboccano di spontaneità.Fiori, argenti e cristalli che narranodi dolci attenzioni e cure. Come perGuido Gozzano nella Signorina Fe-licita ovvero la Felicità (stampata ne Icolloqui, di cui la Biblioteca di via Se-nato conserva copia della prima edi-zione, impressa a Milano, dai fratel-li Treves nel 1911) «dolce è la casa inquella grande pace settembrina».Accolti da Angelo Valazza, genti-luomo piemontese d’altri tempi,leggero sarà riprendere il viaggio,un altro, ma questa volta non geo-grafico, fra i piatti cucinati dalla mo-glie. Luisa, gentildonna schiva e raf-finata, sensibile e forte al contempo,

pendolo rallenta, mentre è «lamensa imbandita, per una cenad’altri tempi». Dalla cucina si spri-gionano inebrianti aromi di «basi-lico, aglio e cedrina». Rassicuratoda rassicuranti piatti, al viandantenulla allora apparirà più buono del-la patata ripiena d’uovo gratinata alParmigiano e tartufo bianco o dellecode di scampi alla nocciola tondagentile con passata di zucca e ma-scarpone agli agrumi. E se ai golosiravioli verdi con Bettelmatt erbe dimontagna e burro spumeggianted’alpeggio seguirà il magistrale fas-sone al Barolo con cipollotto e mi-dollo altro non rimarrà che stappa-re, in un’unione d’amorosi sensi,un Conteisa di Angelo Gaja. Dalcalice di cristallo stilleranno lacri-me di bellezza, storie di vigna e can-tina, terra e legno, pazienza e peri-zia. «Tu m’hai amato», SignorinaFelicita, con lo stesso amore con cuila Felicità dispensa ogni giorno ilsuo Sorriso. Quando «scende la se-ra nel giardino antico della casa» siapprossima il momento del distac-co, «amaro senza fine». Perciò, tiprego, o mio lettore, non t’affretta-re a ridiscendere la strada che tiporterà lontano dalla pace di quellacasa e di quel piccolo universo: solotroverai «laggiù, oltre i colli dilet-tosi, il Mondo: quella cosa tuttapiena di lotte e di commerci turbi-nosi».

Bvs: il ristoro del buon lettore�

Un Sorriso di FelicitàCucine e atmosfere gozzaniane a Soriso

istruisce una partitura d’impiantoclassico, senza concessioni a frivo-lezze o mode. La musica dalle pie-tanze sprigiona nitida: la melodianetta, l’armonia al contorno soffu-sa, la coloritura lievemente sago-mata, le rare sottolineature delletimbriche usate con maestria. Gliingredienti narrano di una terra sa-bauda ancora indivisa fra Italia eFrancia: tartufi, funghi, formag-gi… ma anche pesci, crostacei ecacciagione. Felicità. Il battere del

GIANLUCA MONTINARO

Ristorante Al SorrisoVia Roma, 18Soriso (No)Tel. 0322/983228

Page 75: la Biblioteca di via SenatoOra in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare: ... uomo, vecchio e ormai cieco. E’ il governatore di questo castello,
Page 76: la Biblioteca di via SenatoOra in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare: ... uomo, vecchio e ormai cieco. E’ il governatore di questo castello,