LA BASILICA DI S. MARIA MAGGIORE A ROMA. · 2012. 8. 7. · S. Maria Maggiore furono esaminati nel...

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LA BASILICA DI S. MARIA MAGGIORE A ROMA. (COl/liIlU"zioll e e fil/e 1!edi jascicolo ge'lIIaio). Da tutti questi esami si può ricavare che i laterizi usati nell'antica fab- brica di S. Maria Magg'iore hanno diverse provenienze, ciò che può farci cre- clere che l'opera della costruzione della suddetta elehba attribuirsi ad. età tarda (basso impero), in confronto a quella classica, in cui il mate- riale laterizio usato era cii uguale composizione. L'uso poi fatto di cotto pill resistente nell'architrave (cii cui i mattoni hanno una superficie di m. 0,19 X 0,013 e m. 0,04 di spessore) e nel cornicione (m. 0,25 di altezza, m. o, I 2 di larghezza, m. 0,03 cii spess o re) ci dimostra che i costruttori clella basilica seguivano ancora le buone re- gole di costruzione dell' e cla s- sica che consigliavano l'impiego di materiale sce lto nei membri architettonici (l). La struttura a cortina clella navata centrale (fig. 7) conti- nuava nella parete sinistra legata all'arco trionfale, come si può veclere nella fig. S che riproduce un residuo del muro originario ancora esistente, e raccordato (FO I. Gabillello ,l:lil/. P. Islr. ). Fig. 7. Particolare costruttivo dei muri della Ila \ 'a ta centrale. con la muratura trecentesca all'epoca dei grandiosi lavori eli Nicolò IV. Anche sotto gl'intonachi della nave centrale e clelia parte posteriore cieli 'arco trionfale, da me in alcuni punti rimossi, twvai un'identico materiale e simile disposizione e collegamento di laterizi e malta (fig. 8). Traforando poi il muro nel suo spessore potei constatare che la riempi tura del medesimo è di rottami di mattoni e tegole vecchie con abbondantissima malta d'impasto grossolano ma assai tenace. (I) Si avverte qui bene che tutta la trabeazione col sovmpposto corniciolle che corre s ui colonnati di S. Maria i\laggiore è di l1Iattoni: qllesti fra una colonna e l'altm sono posti ver- ticalmente. Quando feci rimu ove re la decorazione del piano d'imposta dell'architrave, sotto la meclesima si trovò che la struttura lI1uraria è sostenuta eia un fascione eli ferro largo III. 0,12 e dello spessore di 111. 0,07: dne staff o ni a t, in grossen<l con grappa internata nell' arco in piano sostengono detto fasci one che va ad il1lpostarsi sui capitelli (fig. 2).

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LA BASILICA DI S. MARIA MAGGIORE A ROMA. (COl/liIlU"zioll e e fil/e 1!edi jascicolo ge'lIIaio).

Da tutti questi esami si può ricavare che i laterizi usati nell'antica fab­brica di S. Maria Magg'iore hanno diverse provenienze, ciò che può farci cre­clere che l'opera della costruzione della suddetta elehba attribuirsi ad. età tarda

(basso impero), in confronto a quella classica, in cui il mate­riale laterizio usato era cii uguale composizione.

L'uso poi fatto di cotto pill

resistente nell'architrave (cii cui i mattoni hanno una superficie

di m. 0,19 X 0,013 e m. 0,04 di spessore) e nel cornicione (m. 0,25 di altezza, m. o, I 2 di larghezza, m. 0,03 cii spessore) ci dimostra che i costruttori clella basilica seguivano ancora le buone re­gole di costruzione dell' età clas­sica che consigliavano l'impiego di materiale scelto nei membri architettonici (l).

La struttura a cortina clella navata centrale (fig. 7) conti­nuava nella parete sinistra legata all'arco trionfale, come si può veclere nella fig . S che riproduce un residuo del muro originario là ancora esistente, e raccordato

(FOI. Gabillello ,l:lil/. P. Islr. ).

Fig. 7. Particolare costruttivo dei muri della Ila \'a ta centrale.

con la muratura trecentesca all'epoca dei grandiosi lavori eli Nicolò IV. Anche sotto gl'intonachi della nave centrale e clelia parte posteriore cieli 'arco trionfale, da me in alcuni punti rimossi, twvai un'identico materiale e simile disposizione e collegamento di laterizi e malta (fig. 8).

Traforando poi il muro nel suo spessore potei constatare che la riempi tura del medesimo è di rottami di mattoni e tegole vecchie con abbondantissima malta d'impasto grossolano ma assai tenace.

(I) Si avverte qui bene che tutta la trabeazione col sovmpposto corniciolle che corre sui colonnati di S. Maria i\laggiore è di l1Iattoni: qllesti fra una colonna e l'altm sono posti ver­ticalmente. Quando feci rimuove re la decorazione del piano d'imposta dell'architrave, sotto la meclesima si trovò che la struttura lI1uraria è sostenuta eia un fascione eli ferro largo III. 0,12

e dello spessore di 111. 0,07: dne staffoni a t, in grossen<l con grappa internata nell' arco in piano sostengono detto fascione che va ad il1lpostarsi sui capitelli (fig. 2).

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Pure lo s tra to o letto di ma lta fra i p ezzi di ma tto ni cli, 'p os ti a fil a ri n elle co r­tine d elle mura t' .. mollo spesso e talvo lta rrtgg iung e l' a ltezza. di 7 ce ntime tri (I l,

N ella mal ta sudd e tta s i trova no spa rse abbonda n teme n te pi ccole scori e rosse ele tte volgarme nte ere/olli co n framme ntini di la va le uc ili ca ed a nch e c rist a lli icosite tra edri be n co nse rvati di lellcite, L'impasto d e lla nos tra malta fu t~ltt o certame nte con pozzolall e rosse lazia li prove nie nti da lle cave s ulla via Pre nestina in prossimità cii Ronn , L e medesime ma lte ha nno fa tto o ttima presa e riesce difficil e di s tacca rn e ca mpio ni.

Oltre le esplo razi oni sopra d esc ritt e , e fa tte nelle mura a ntir:he di S . M a ri a M aggiore , ne fec i altre in va ri e p a rti nelle fondazi oni delle ste,-'se mura peri­me trali e ne lle so ltofo nelazi oni de lle colonne d e lla nave medi a na: trovai che le

medesim e son o in ope ra ceme nti zia (ca lcestruzzo) co mposta di soli tufe lli (2 ) co n a bhonda ntissima malta ,

Com e osse rva gius ta mente il chi a rissimo a rchite tto G, B, G iovenale (cui sot toposi il quesito <l e i p erch è furono adop e ra ti ne ll.e soprafond a.zioni solo fra m, menti di laterizi, mentre nelle fo nda menta ve nn e ro usa ti so lo tufelli ) è logico che nelle fondazi oni non si ri scontri tegolozza p e rchò questa , onde essere ado­p e ra ta nell'ope ra ce me ntizi a (calces truzzo), a vrehbe ri chiesto un inutile la vo ro di trituramento che iuvece ne lla sopra,;truttura no n a b bisogna va . l tufeHi poi proven e nd o cla ll e d em olizi oni aveva no la dim e n,;i o ne n ecessa ria p e r un calce­s truzzo O fa cilmente c i ,;i p oteva 110 ridurre. Ahbenchè il tufo resis ta assa i me no

cie l late rizi o all a compressione purtuttavia e ra sufficie nte a sopporta re il ca rico assa i limita to <li ulla bas ili ca a l tipo romano (3),

( I) Nei tempi Illig-li or i ( I ~ec , d, C. ) il le tto cii malta è ~ollili ss in lO e po i, in epoche suc­

cessive, cresce fin o a rag-g: uag-liare e supe ra re lo spessore d e i m a ttoni come ne l el so nostro , (2) A nche pe r l' esame di questi tufe lli ricors i a lla co rtesia e compete nza dd s ullodato

pro f. :\<1 eli , il quale osse r\'atine alcuni campi o ni ril e vò che a ppa rte nevan r; al tllfo \'llIcanico , lito ide , di colo r g-i a lio r ossastro (g-ia llo-lio na to pe r il SIl O calure a n>llog u a ljuell u d e lla pe lle cie l leone ), e che fu ad o pe rato dagli a nt ichi, che lo c hiamaro no laPis r ube?', Di qu esta roccia par­\::n o S traoone , Vitruvio , Plinio , ecc, Inte ress;lnte è 1111 P ;ISSO di Straho ne (Geo,lp'aphill,lib, \ ), il quale di ce cile « t',·Jnio scorre (a valle di Ti\'o li ) in lilla pianura fertile presso le Ciwe della pietra liburtillll (il nostro trave rtino) e cabiua (il pe pe lino :;;,iJino, usato ne l /Ilurag lio ne d e ll'a rco d e i Pantani e ne lle antiche 111 ma , sulle lju ;lIi è costruito il Palazzo Sellat() rio sul Campidoglio) r di quella delta rOSSII , talchi: t'estrarre e trllsportare da queste cave le pietre L' cosa facite e di esse sono costr ui li JWJlti edi/ià di Noma »,

Anche Vitruvi () scrive che ne ll e fabbriche s i u;;;lva il laPis ruber , le cui ca ve rilllangono vicine a ROllla (I ii ), I, Glp, 7) ,

11 tufo lito ide, g iall o-lion;ltu, s i t rova in p <l recchie localitù dei dinto rni d i ROlila e ne ll 'iu­temo anche cl e lia stessa c itlil, co rne alla Rupe T a rpe a, al P,tl atin o, alla :VIoletta 5,)tto l' .'\ \'cn­tin o, ove ve nne cavato lin o a pochi anni fa, Ne i dinto rni di Ro ma è cavato alla Sedia d e l Dia­volo pre sso la via Nome nta na; a po nte ì\'la lllmolo s ulla v ia Vale ria, oggi Tihurtin<t; a 'l'o r l'i­g nattnra; a Monte VenJe s ulla vi<l l'ortnell~e ; a maggior dbtanza ~i trova a Lun:; hezza, a Zaga­ro lo , a Lal )ico, Valm o nto ne , c cc ,

Rig uardo alla localit;\ d a lla q ua le po te ro no p ro babiltne nte prove nire i ca mpio ni di tnfo tro vati ne lla fo nd azio ne ci i S, Mari;1 ì\ I;l g'!-('Ìore, che furun o pre se nta t i all'esame , t e nutuconto de ll 'asp e tto ° j'acies, che p resenta no i franlm e ntini, s i pUò c red e re che po tesse ro prove nire d a lle cave, aperte ne lla v; tll e d e ll 'A ni e ll e, cioè, o dalla Secl ia del D iavolo presso S, Ag nese sulla via

N ome ntana , od anche meglio, dalle vecchi e cave , acce nnate ne l passo di S tl abon e , sopra ripor­t,lto , che sono lungo la a nti ca via Vale ria , lI e ll e vic illanze di ponte Manllllv lo,

(3) Infa tti le m ura pe rillletr ali anti che de lla bas ilica, \;'t d ove si co nse rvan o intatte, hallllo lo spesso re d i circa 111, 0,80, Le nllira d e lla lIavata ci i n1e7.ZO sulle colo nne halln o pure esse un ugua l sp essore ,

18 - Boli, d'Arie,

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Gia sopra accennai che l'architrave è tutto di laterizio e gli spazi da una colonna all'altra sono a piattabancla in mattoni (I).

Questa maniera di costruzione ci dà la prova che l'edificio non può rimon­tare all'epoca classica, quando la traueazione sui colonnati si usava farla sempre di marmo con architrave monolitico. Non è argomento sufficiente per attribuire un'alta antichità a un edificio il trovarsi in esso le file di colonne coronate da epistilio come qualcuno afferma: uno dei caratteri più salienti delle costru­zioni basilicali è la lunga prospettiva offerta dai colonnati delle navate, la quale

(Fot. Gabillello l1lill. P. 1str.)

Fig. 8. - Particolare costruttivo del muro a sinislra clell'arco trionfale.

richiedeva grande semplicità e nitidezza di linee, cui in pratica, nulla meglio corrisponde della trabeazione; e da ciò si può dedurre la persistenza di questa nelle costruzioni basilicali anche in epoche tarde.

Sappiamo infatti dalla storia e ci risulta anche da antichi disegni che, nella basilica vaticana fatta costruire da Costantino nel sec. IV" sulle colonne correva un architrave continuo, ed altrettanto si osserva tuttora nella basilica costantiniana di Betlem; cosa che vediamo anche nel portico, ricostruito l'anno 367, degli Dei Consenti nel Foro Romano.

Alcuni campioni della malta delle mura antiche e delle fondamenta di S. Maria Maggiore furono esaminati nel Laboratorio cii chimica applicata ai

(I) Gl'intercolunni non sono tutti uguali, ma lo spazio fra le colonne varia cla 111. 2,26 a m. T,85.

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materiali eia costruzione presso la R. Scuola degl'Ingegneri eli Roma: in nota riporto il resoconto dei saggi eseguiti (I).

Da questi risulta che furono adoperate le malte grasse per la soprastrut­tura e quelle magre per le fondazioni. Conforme alle prescrizioni delle buone regole dell'arte muraria, le quali seguitarono ad osservarsi in Roma, anche ad epoca tarda, seLbene un po' imbastardite.

La malta magra, ossia un pitl ricco impasto di pozzolana, si usava nelle strutture che non dovevano fare gran resis tenza; cosÌ nelle fondazioni le quali generalmente scavate nel sottosuolo ed incassate avevano il solo officio di so­stenere la sQpraelevazione; mentre si usava la malta grassa ottenuta dalla calce grassa (2) ch' è più scorrevole, come la colla, nella soprastruttura per l'efficace collegamento dei paramenti con l'empleeto1Z (3).

Dopo tutti questi esami fatti sulla fabbrica di S. Maria :Maggiore per il sis tema della sua costruzione nonchè della sua forma costruttiva ritrovate uguali in tutte le principali parti del sacro tempio, credo di potere concludere che questo non fu edificio restaurato, ma ricostruito dalle fondamenta.

(I) Campione L Campione II. Fondazioni. lVluri di elevazione.

Perdita di peso { acqua 12.16 10·33 al fuoco anidride cnrbonica. 3.80 8.63

Calce 7-42 7.30 13.32 r3·00 Pozzolana - per differenza 76.62 67·72

Totale rao.oo 100.00

Per cui astraendo dall'acqua e dall'anidride carhonica, clOe riportandod alle malte al mo­mento dell'impiego e secche si avranno per esse le composizioni seguenti:

Calce Pozzolana.

Totale

Campione l. M,alta magra.

8.82

9I. r8

roo.oo

Campione Il. ~'Ialta grassa.

100.00

Ora si sa che le malte I: 3 di calce e pozzolana di Roma corrispondono in peso a r 1.02 di calce

per 88.97 di pozzolana, se la calce è grassa

e 13.96 di calce per 86.04 cii pozzolana, se la calce è magra.

1.1 campione n. II adunque è stato co nfezionato co n quantità anche eccedenti il dosa mento .1 : 3 per quanto si riguarda alla calce; nel campione I invece il qU<lntitalivo di calce è inferiore al richiesto per detto d osa mento.

Roma, 23 maggio 1914· D o tt. GINO GAU.O Dott. GIACO)'IO CENNI

Rendo, per questo eS:lme chimico, vivissime grazie all' illustre Prof. G. Giorgis ed ai suoi dne egregi assislenti qui sottoscritti.

(2) Calci grasse si dicono quelle che si ricavano medi;;nte cottura dei calcari che conten­g'ono il 50 per cento all'incirca di ossido di calce e senza contenere ossido di magnesia (ma­gnesia). La calce grassa impastata con la pozzolana nel rapporto dovuto dà ottima malta.

(3) Le mura infalti degli edifici s opra terra,oltrechè doversi reggere su se stesse debbono anche sostenere il peso e la spinta delle opere interne che premono sulle medesime.

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La nostra f:lbbrica poi non può rimontare affatto ai secoli II e III (I) come giustamente osse rva Rivoira, opponendovisi la struttura ciel suo visibile paramen to (già sopra descritta) avvegnacchè siffatta nuda cortina frammen­tizia è ben lungi dall'essere « il bell'apparecchio» ri chiamante la muratura dei tompi di Adriano (a. I 17-138): e non è neppure quello seguito in Roma in­sino ai giorni di Costantino. Nessun conosci tore dell'arte d e l murare di quei secoli potrà contraddire a simile affermazion e che, d el resto , è di facile con­trollo, non difettando l'Urbe di struttura laterizia de i m ede.· imi secoli. Basta raffrontare il paramento esterno 'della nost ra ba.·ilica coi rivestimenti di uguale specie degli edifizi sorti in Roma in tali età: Pantheon (a. I20-I24)pergiun­gere alle costruzioni palatine e termali di Settimio Severo e Caracalla (193-2 '7) e terminare alla Curia ecl alle te rme cii Diocleziano (a. 248-305) nonchè alla basilica nova di Massenzio e Costantino (a. 3/0-3 I 2). E traendo pure argo­mento dalle ghi ere degli archi nelle finestre di S .. Maria Maggiore che sono

(Fol . Sansail1ij.

Fig. 9. - La hasilica di S. Maria Maggiore ai tempi di Sisto V.

per illtiero composte di cotto di spoglio talora martellato (per libe rarlo dal cemento che già altre volte aveva servito a legarlo) e disposto spesso in senso ve rtical e (ciò che accusa una decadenza marca ta nell'arte c1ell'eçlificare) lo stesso Prof. Rivoira conclude con affermare che la detta basilica vuole essere assolu­tame nte ascritta <Id un'epoca posteriore ai primi d e l IV secolo e anteriore agli

ultimi del V ( 2 ~ . L'arg'omento però ch'è d ecisivo per assegnare alla prima metà del V secolo

la nos tra chiesa e che viene offerto dagli antichi mosaici che la decorano al-

( I) G. T. Rrvo rRA Li: origini dell 'arc/liletlllra lombarda, Roma 1907, pp. 542, 543. La pre­senza sul te tto cl e lia nostra chiesa di tegole con holli dei primi quattro secoli d ell'era cristiana, da cui l'vlo ns. Crostar osa vorrebbe trarre argomento per dimostr;lre l' a lta antichità d ella hasilica, indica semplicemente, secondo lo stesso Rivoira (I. C., p. 543) che l'edi ficio venne costrutto con mate riali frallllllèntizi.

(2) In S. Sabina cominciata sotto Celestino (422-32) e consecrata da Sisto III il fo ndatore di S. Maria Mag-g-iore (chiese che perciò direi g-elllelle ed in cui s i ritrova ugua le il largo ritmo e l'alta lnce piovente in esse dalle num erose e I;lrg he finestre d e ll e rispettive navate centrali) la mlllatma è quasi id e ntica a quella della hasilica mariancl esquilin<1. L'apparecchio dei para­menti e pressoché regolare anche in S. Sahina; solo il material e late rizio adoperato in questa (e che proviene pure da demolizione) é più uniforme ed il letto di calce tra i filari di mattoui ragg iunge in essa uno spes;;ore massim o di cm. 4, me ntre in S . Maria l\lag-giore è perfino di cm. 7. In oltre anche in S. Sabina si riscontra l'osserv;lIlza delle bu one pratiche lIlurarie, ma un po' imbastardite. In S. Maria iVlagg'iore però è più e \'idente il progressivo alterarsi delle forme antiche.

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Fig'. 10. '-' Pianta dimostrativa ddlc costruzioni di S. Maria r:laggiore fatta da nn disegno del Fugoa.

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l'interno, il Rivoira non lo prende in considerazione dichiarandosi incompetente a giudicare le pitture l11usive.

Rifer irò qui appresso brevemente gli esamI che feci sulle medesime e le questioni che si agitano intorno alla loro età.

De Rossi assegna al tempo di Sisto III (per un'iscrizione che glieli attri­buisce) i musaici dell'arco trionfale di S. Maria :Maggiore e quelli della navata centrale ad epoca anteriore, e ciò lo deduce dagli intenti narrativi di questi mentre nei primi risultano intenti dottrinali.

Però, con tutto il rispetto dovuto al grande maestro, debbo rendere noto che le constatazioni di fatto non convalidano l'opinione surriferita. Coadiuvato

( Fo/. Gabinf'//o 111ill. P. 1s/,..).

Fig. 11. - Parte superiore in prospettivn di S. Maria Mnggiore verso la pinzza dell'Esquilino.

da persona tecnica, lO volli fare alcuni tasti sui musaici dell'arco trionfale ed in quelli dei riquadri ( I) della navata.

Le risultanze furono che le pitture musive sono adere llti alle murature di laterizio dell'arco trionfale e della navata centrale da cui le separa un leggiero strato d'intonaco (una specie di rinzaffo) che ordinariamente ha lo spessore di un centimetro (2 ).

(I) [riquadri cii musaico hanno tutti la stessa altezza di 111. 2, l1Ientre la larghezzn non è mai uguale, ma varia da 111 . 1,68 a m. 1,85; la spiegazioue cii questa differenza si ha nel vario spazio d ei S()ttoposti intercolunni.

(2) Nei riquadri della parete sinistra c he gll3rc!;1 ("arco trio nlùle talvolta lo spessore del­l'intonaco è maggiure. Ciò si deve alla poca rego larità d e lla costrnzione della parete. In S. Maria iV[aggiore le cortine delle mura originarie non sono perfettamente allineate j qua e là presen­tano rientramenti o sporg"enze, e quindi per pnreggiare la superficie dei riquadri a musaico l'in­tonaco dovette avere diverso spessore.

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Le tessere aderiscono a questo strato eli calcina fermate su cii esso c fra lo ro con mastice quasi sempre bianco ed in qualche parte rosso. L e medesime tessere differentissime per forma e spessore sono ug ua li nel colorito e nella composizione chimica sia nell'arco trionfale sia nei riqu ad ri della navata (I).

Tale rassomig'li anza spicca in modo specia le nella tessere auree che la massa trasparente, jalina, i'icope rta di una sfoglia di o ro pallido Uii.EXfI!IJI')' Insomma la tecnica ricorre identica nei :udeletti musaici.

(Fot . Gn/)fllello Mil1. P. ]'<"'.).

Fig . 12, - Alzata cleltìanco ciel transetto di S. Maria Maggiore verso Est.

Dal trovarsi le tessere aderenti al leggiero intonaco , che ricopre i para­menti sia dell'arco trionfale che della navata su cui trovansi i musai ci, se ne deduce che, una volta accertata l' epoca clelia muratura sottoposta alla suddetta decorazione musiva se ne può a nche ricavare l'età di questa.

(I) Tali cubi di ~malto (vetro colori to con ossidi metallici) sono per i vari colori az?urro, verd e, l,ianco ecc. traslllcidi: solo le tessere rosse sono opache. Tra i cubi bianchi (vetro colorato con ossido di stagno) no n rinvenni mai tessere di marmo, ch'erano in uso per il colore bianco, ne i mllsaici più antichi e che si trovarono anche ne l musaicll di S . l'ude nziana (ultimamente restaurato) ed anteriore a qllelli di S. :'Ilaria Ma~giore. Le tessere del fregio, che corre sull'ar­chitrave nella nave centrale della nostra chiesa, sono più grandi cii qllelle dell'arco e dei riquadri. I cllbi aurei sono di smalto rosso. Il mastice ;llltico che tiene terme le tesseI e dell 'arco e elei riqlla Iri è composto di calce e polvere cii marmo. (.)uello del fre;;io di calce e polve re di mattone.

Nella basilica di S. Sabina quasi coeva della nostra, ne l musaico che sta sulla parete interna in clli si apre la porta maggiore, dopo 1111 e~ame accurati) da me fatto del medesimo, ritrovai che la tecnica cii detto mllsaico è affatto ug ual e a quella dei Illllsaici più antichi di S. Maria Maggiore. Le tesse re SO Il O ide ntich e per g randezza, composizione chimica, colore, ccc. I cllbi aurei hanno pure le sfoglie cii oro pallido (ricoperte da una specie di cristallino) su fondo ialino traspare nte. Diafane sono anche le tessere, dai colori leg-g'eri: azzurro, verdi no, carnicino, etc. I.'iscrizio ne antica ebbe pochi restauri; invece qllrtsi inti eramente rifatte sono le due figure: Ilcclesia e,l' circumcisùme - l:-èclesia e,l : gentibus.

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Credo di avere già sufficientemente provato che tali muri siano eia attribuire alla ricostruzione della 1Ji{silica fatta eia Sisto III: da ciò ne argomento che a questo Pontefice si clebbono assegnare gli antichi musaici, e non certo a tempi a lui anteriori .

.Ma oltre a questa identità tecnica vi è anche quella iconografica; le foggie del vestiario, ad esempio, sono le medesime in tutti i musaici figurativi del­l'arco e della navata, e se vi ('~ qualche divergenza negli angeli, che mentre nell'arco trionfale sono alati, nella nave sono invece apteri, ciò può facilmente spiegarsi con il modo cii comporre i musaici: questi invero essendo ingrandi­menti cli bozzetti, poterono per le scene bibliche clelia navata, avere esemplari

(Fol. Gabillello Nill. P. 1slr.).

Fig. 13. - Prospetto esterno del transetto di S. Maria Maggiore a norcl-est.

in antichissimi codici miniati della Bibbia, nelle quali illustrazioni, secondo l'ico­nografia primitiva cristiana, gli angeli erano raffigurati senz'ali (I).

Per l'arco trionfale in cui si dovettero rappresentare scene nuove, i deco­ratori furono costretti a fare opera originale e quindi poterono dipingere gli angeli con le ali che l'arte contemporanea aveva già cominciato a dare ai medesimi.

Le differenze poi di elevatezza nella cOllcezione, di potere illusivo di rap­presentazione e eli maniera ileI colorire impressionistico che si trova fra i mu­saici suddetti, è facilmente spiegabile con il mag'gior o minor valore e forse anche con le diversità cii tendenze degli artefici che collaborarono alla fattura cii quelli. Escludono invece una differenza cii età nei vari musaici clell'arco e della navata cii S, .Maria .Maggiore la tecnica, l'intento della decorazione che sono in essi sostanzialmente consimili. Tra Liberio, cui De Rossi ed altri vogliono attribuire i riquadri clelia navata, e Sisto III cui assegnano l'arco tronfale vi è una dit~

\I) Alcune cii queste osserv<lzioni le ho ricavate dalla pregevolissima Storia dell'arte italial/a dell'illustre Prof. PIETI,O TOEscA (Torino, 1914, voI. Ili, pp. 170-178 e note).

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fe renn ci i circa ottant'mmi, sp azi o di tempo assai s ignificativo p e r l'arte di quei

tempi che precip itava ve rso· la decad enza.

Fig . 14. - Prospetto d ell'abs ide di S . Maria Maggio rel p rima de l resta uro cii C le mente IX.

Orbe ne se, p e r esempi o, esamllllam o il quadro d e ll'ospitalità cii Ahramo (ch e fu g iudica to eli e tà remoti ss ima eia ta luni che vo rrebhe ro far ri salire a cl epoca anch e anteriore a Liberi o i musaici d ei ri q uadri ) v i troviamo eguale ri c­ch ezza d i colo rito nella s ua tecnica impress ioni sti ca, un consimile gioco di espres­sione nelle figure, lo s tesso deli bera to s tudio di dare un'altezza ideale al rac-

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conto che nella decorazione dell'arco triont:tl e . Altri consimili caratte ri stilistici si ri co noscono in m olti riqllildri : in quello, -ad esempio, clove s i rappresenta la adozione di ,Mos!\ fatta (]a lla fi g li a di F a raone; questa porta vesti ri cchis.: il1le ed è acconciata di gemme come la Ve;-gine sui musaic i d ell'arco tri onfale.

Tali foggie fe mminili rappresentate in que lla pittura mu siva non hann o la semplicitù propria d ei pr imi secoli dell'impero e rassomigliano invece, nei drappi d'oro e negli ornam e nti di gemme a quella ciel principio del secolo V d . C. ([ l.

L e presunte inte rpolazioni ch e vo rrebbe ro ritrovare in questi musalcl r. P . Richter e A. C. Tay lor ed a ltri non so no affatto evid e nti. JJ1fine il rea­lismo, ch e distinse lo s tile class ico, e, potente nel dare evide nza al racco nto, è invece ne i mllsa ic i di S. Maria }Iaggiore attenuato dall'intenzione cii re nde re pill maestosa la scena , d o ncl e que ll a si mmetri a e quel disporsi di fronte delle fi g ure che poi prevalse sempre p ill nella pittura medioevale. Tuttociò ci d im ost ra che i nost ri \1111 sa ici no n possono risalire ael a lta antichità. La targa co n la iscrizi one dedicatoria di Sisto 111 ag'gillnta al centro dell'arco trionfale fu una doverosa me moria, ch e fo rse escl usa da ll'umiltà di quel Pontefice, fu invece pos ta d all ' immedi a to o da a ltro s uccessore per rico rdare l'opera mag nificenti s­si ma compiuta ad o no re della Madre di I>io, d a quel gra nde vescovo, mentre oc­c upava il s ublime seggio apostolico .

Da tutto quanto h o sopra rife rito e discusso si può co nc lude re che sono i nostri a nti chi mu saici opera del V secolo; dimostrai pure ch e anche le pareti della Basilica sono di tale te mpo, ossia del V secolo, il ch e confe rma piena­m e nte l'epigrafe dedicatoria surrife rita, che cioè Sisto 111 ed ificò un nu ovo sa n tua rio (uova /cll/j>ia ) dedicandolo a Ila EhIlU;XIlr; , cosa che pure ci na rra clello stesso papa il Libcr j>oll/~/imlis (2) .

(I) La grande varietà de i vesti menti civili e milita ri indossa ti d alle nume rose tig-ure che sono ne ll e nostre scene Illusi ve costituisconu una pag-ina inte ressantissima della storia del costume nel V sec() lo; tali ripr()duzion i hanno an che il vantaggio di e sse re eseguite in pittura. Su questo a rgollle niu spero di puter presto puhbli ca re uno stud io speciale.

(2) Il cele bre padre Gi useppe Hian chini (1704-1764) dell'Oratorio che fn teste de l1isu dei gra n­diosi restauri fatti da Benedettu XI V nella Basilica di S . :\Iaria :\'Iaggiure, ci lasciò in una nota man oscritta che si cunserva alla Va lli celli a na fra le s ue co piose schede (T 75, fol. 2S5 e ss.) queste prel.iose notil. ie degli SGlVi fatti a quell'epoca ne l sottosuolo della nostra chiesa : «Nello scava re sutto il pavimenw de lla Basilica, si è riconosci m o, che tutto il s ito di le i in a ltri te mpi e ra occupato da falJl >r iche riguardevoli, e che in appresso e ra divenuto uno scaric:ltoio de' materiali inutili della ci tti!; esse n' losi trovato pieno di terra riportata mescolata d i pezZi di matto ne, volg'armente detti tavolozza, di calci nacci, di frammenti di ma rmo lavurato, d i cocci, e si & incontrato U11 intreccio continuo di muri, p iù o m<!llo profondi; altri de' q uali e rano lavorati a curtina, ed altri alla saracinesca.

Si 50 11 0 ved uti di più due pozzi, uno de' quali stava nel portico, vicino <llla por ta clelia nuova sca la, dent ro il q u,lIe e ravi una piccola brocca cii rame; il secondo stava ne lla nava ta de lla Paulina , vicin o alla Cappella Sforza.

Dove piil, e dove meno si sono anondati g li scava me nti nella Basilica, secondo il diverso bisognu della fabbri ca. Pel fond a mento dell'Altar Maggiure si è sca vato a fo ndo palmi 58 pe r le sepolture gr,lIHli palmi 20; per le piccole palmi 14 ; e fin almente palmi 8 in circa per le buche da pianta rvi gli stili e1 e ' po nti necessari pe r g li doratori, ed altri artisti. In tal congiuntura, o ltre le slldctett e sco perte, sottu palmi 8 in circa, nella navata gra nde vicino alla porta ciel ca mpa­nile, si è veduto un pavimento di musaico rappresentante un g rottesco d i otti mo gusto, la vor:lto con pietruccie hianche e nere. Francesco F icoroni, antiquari o d i nota e rudizione , lo disse un vestigio del te mpio di Giunone Lncina.

Sotto p,lImi 9 1 / 2 ne ll a navata d ella Paulina, avanti alla Cappella Sforz<l, si trovò una strada selciata appuntu come le antich e strade cunsulari, che ancur oggi in molti luog hi si con-

I ~ - B oli. rI' A "Ic.

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Donde possano provenire le magnifiche colonne che adornano la nostra hasilica non sarà difficile argomentarlo, mentre sappiamo che fino dal basso Impero nella costruzione cii monumenti, edifici, ecc., non si ebbe scrupolo cii ricorrere per il materiale occorrente alla spogliazione ed anche demolizione di

!<ervano; la medesima tagliava ohliquamente la navata gnlll cl e , verso la porta, che cOllduce alla sagrestia.

Sotto palmi 13, nella navata della Sistina, vicino alla sud.detta porta della sagrestia, si vicle un piantato cii grossi travertini riqlladrati, sopra ciel quale si alzava un muro semicircolare, lavorato a cortina; e allo stesso livello della detta navata, fra la Cappella Sistina e quella del Confalone, che oggi si dice del S. Crocifisso, o delle Reliquie, fu scoperta una piccola chiavica che tagliava a traverso la medesima navata.

Sotto palmi 193/4, nella navata di mezzo, fu veduto un altro edifizio alquanto simile al suddetto, ma di llli più grande, il quale divideva in mezzo la lunghezza della stessa navata. Lo dicevano i periti ancor esso lIna chiavica. lo per altro lo credetti pinttosto qualche conclotto cii una delle acque antiche cli Roma, che, a parere del Fabretti ascendevano al numero di tredici acque differenti, delle quali oggi solo tre ne abhiamo.

Fimlimente sotto palmi 58, nello scavare il fondamento dell'Altar Maggiore fu trovato Ull

massiccio di selcetti, e allo stesso livello eravi il piano di alcuni corridori, scavati nel vergine, che erano alti palmi 8, larghi palmi 3. AI presente la huca, fatta pel detto fondamento, resta vuota, e la sua altezza si divide a mezzo da una v6lta; sopra la qu,i1e rimane la Cappella sot­terranea del nuovo Altar Magg-iore in cui sono state situate diverse memorie del vecchio altare demolito ».

Negli atti capitolari eli S. Maria Maggiore al 31 gennaio 1563 travasi questa notizia: « decre\'erunt (Canonici) super quadam certa CUhHlIlW absconelita qua (sic) fuerit repertn retro sacristiam dictile ecclesiae (S. Maria Majoris ele Urhe] fieri dehere sex pallas pro ornamento chori ». Di queste sei palle che S0l10 di alalw;tro rosa, quattro si conservano intatte nella nuov,l sagrestia e due furono segate per la decorazione marmorea fatta cla Pio IX dell 'attuale con­fessione sotto l'altare papale. Si av\'erte che l'anticil sagrestia stava ~ul fianco sinistro della Ilasilica entrando dal portico dinanzi la facciata.

Nella fig. 9 che ci rappresenta la hasilica di S. Maria Maggiore veduta dalla parte po­steriore, si possono benissimo riconoscere a destra le rovine degli antichi edifici che stavano a fianco della chiesa e vicino all'antico sacrario. Questa figura riproduce un affresco esistente nella D'ran sala della Biblioteca Vaticana e che rappresenta la piazza dell'Esquilino prima del­l'apertura della granele strada diretta che elal Laterano arrivava alla Trinità dei Monti. Mi pare che tlltto quanto ho qui riferito confermi maggiormente la mia tesi che la basilica di Sisto 11 [ fu ricostruita sopra edifici più antichi esistenti sul luogo dove ora essa s rge imponente e maestosa.

Alla Vallicelliana fra le schede del p. Giuseppe Rianchini (T 86) vi è una lettera di Pier Filippo Strozzi canonico della basilica di S. Maria Maggiore, il quale fu testimonio oculare delle innovazioni eseguite in qnesta chiesa al tempo di Benedetto XIV, e di tutto quello che vide lasciò memorie accuratissime. Orbene, il sullodato canonico Strozzi ci riferisce nella sopra citata lettera, in c1ata 30 dicemhre 1747, indirizzata al P. Bianchini (1. c., fol. 12 e segg.) circa lo scavo fatto nell'antico presbiterio, quanto appresso: « Ecco come stavano ultimamente il pre­sbiterio e la trihuna. Ascolti adesso quanto si è osservato nel loro scavamento. fn primo luogu si è incontrato il muro di una tribulIll vece/zia, il quale rasentava il pavimento e di quà e di li\ andava a terminare appiè del famoso arco di Sisto 1fT. .. Dopo il muro della tribuna vecchia nello sca\'are s'incontrò il masso cii 1111 secondo pavimento distante c1aJ , superiore palmi 6 1/2 e anelando più sotto palmi I 1/2 se ne trovò un altro che appunto restava a livellu del pavimento del rimanente della chiesa ».

Il pavimento quindi del presbiterio, prima dei lavori di Benedetto, sarebbe stato elevato m. I ,78 sul piano generale della chiesa. [l canonico Strozzi non ci fa sapere quale fosse la strut­tura ciel l11uro della tribuna di cui si rinvennero le fondazioni, notizia che sarebbe stata per noi molto preziosa per metterla in confronto col resto della 1l1Uratura antica della fabbrica di Santa Maria Maggiore. Che poi la Basilica di Sisto JII finisse con cotesta ahside o piuttosto che l'abside stessa fosse traforata da arcate cOllie congetturò De Rossi (I) e vi girasse attorno una galleria in prosecuzione delle navi laterali, ciò è impossibile decidere allo stato attuale delle

(\) iUusaici, S, illa,.,'a ilfaggiùre,

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monumenti pill antichi, e questa usanza diffusasi sempre plU nel crescente di­lettare di perizia tecnica e di ricchezza, portò quasi alla necessità di adornare le costruzioni nuove con le spoglie dell'antichità, e quindi l~ nobili colonne, gli artistici capitelli, le ricche marmoree trabeazioni, ecc., che aggiungono tanto

cose. Oa un istrumento esistente nell 'Archivio Liberiano in data 3 gennaio 1573 risulta che il transetto cii S. :\'Iaria Maggiore era sopraelevato al livello del pavimento della basilica e che facendos i lo scavo «ad eRectum adaequancli ipsam superiorum partem cum planitie partis inferiori" ipsius hasilicae~, venne in luce nel sottosuolo della nave traversa a sud-est, l'urna in cui era racchiuso il corpu di Nicolò I V « cum sui nomirois inscriptione et titulo ».

Il chiarissimu prof. Rodolfo Lanciani, possessore di una preziosa cartella contenente stampe e disegni relativi alla l';lsilica di S. Maria lVlaggiore, gentilmente mi favorì (permettendo di uti­lizzarla ) una pianta parziale della t1\o llumentale chiesa mariana esquilina, disegno originale del­l'architetto Ferdinando Fuga che ideò e diresse i grandiosi restauri fatti nella suddetta a spese di Benedetto XIV. Tale disegno , copiato dall'egregio amico architetto Camillo Ciavarri, viene qui riprudotto con l'aggiunta della misura iconografica e calcoli delle navate grandi e late­rali (fig-. IO). Si avverta però hene che la pianta ciel Fuga non è completa ed ahbraccia solo ·il piano clelia basilica dalla linea dell'arco trionfale alla linea del muro del campanile cui è ap­poggiata la cappella ora Patrizio Nel rilevare detta pianta si vollero far cunoscere le varie strut­ture e sovrapposizioui come da nnnessa leggenda.

Sopra le colonne della nave ccntrnle si elevano ancora intatti i muri orig-inali di Sisto I II, che pure si consen'ano quasi intieri nelle mura perimetrali della basilica sopra la rientranza fra un pila~tro e l·altro.

<Juando feci i saggi sulle varie strutture esistenti in S. Maria Maggiore dovetti consta­tare che sul destro e sul sinistro del transetto (ch'è lungo 111. 32, lnrgo 111. 6,8r ed 11<1 In stessa altezza della nave centrale) la costruzione del nncleo interno ed il p;,rnmento esterno che lo riveste è di opera trecentesca (salvo alcune riprese di l1luratura fatte più tardi all'epoca di Uenedt:tto X Il I, r724-I730), ciò che confermn pienamente l'iscrizione commemorativa di Ni­colò IV:

.. .. Quarttts papa fltit Nicola.us Vir.t;inis aedem IU/IIC lapsalll 1'efecit jitq/le velllsta nova ...

Che poi detto lavoro riprendesse le antiche fonda;doni, o fosse una nuova costruzione non posso dirlo perchè tale saggio di accertamento, dato lo stato attuale della hasilicn nelle parti inferiori del transetto e della tribuna, è inattuahile.

Certo che una nave traversa così angusta e così elevata non è l1Iolto in nccordo con le grandiose linee architettoniche del resto del l1l0numento. Nella parte snperiore di questo tran­settn fra le volte costruite nel sec. XV dal Cardinale d'Estouteville ed il te tto, esiste parte dell'antica decorazione fatta dai pittori e l1l0saicisti toscani clelia fine del sec. XliI e principio del XIV. Si vedono pure lassì\ alcuni mOllaci intagliati alla gotica, dal che si può ritenere che il tetto originale clelia nave tmnversa, cui quelli appartenevano, fosse coevo delle pitture.

Aggiungo qni alcune vedute per maggiore chiarezzn. La figura I I riproduce la parte superiore della hasilica col tetto della navata grande ed

in fondo il transetto con i snoi fianchi destro e sinistro e relativo coperti me ; in essa risalta anche il collegamento dei dne tetti.

La figura 12 riprodnce il finnco esterno verso est del transetto. In essa si rileva chiara­mente la costruzione trecentesca. AI vertice, sotto la gronda del tetto, si ammin.l una cornice supe­riore con lllensole di marmo e mattoni a segn che caratterizza lo stile di qnell'epoca. Il fronte esterno verso nord-est del transetto terminato n timpano è !iprodotto nella figura 13.

Si vedono qui chiaramente dne avancorpi all'estrel1liti\ laterali che si estendono ancora sni fianchi. 'Snllo stesso frollte slnnno due finestre, nlln superiore rettangolare ed una inferiore rotonda.

Nella figllfa 14 è riprodotto l'esterno dell'abside con le pareti adiacenti e gl'ingressi alla basi­lica aperti dal Card. d 'Estouteville e come si vec1e\"ano al r621. Le finestre ogivali (I) ed i

(I) Le finestre della tribuna mi~urano m. 4,3S X 1,83 e lI all'interno sono s[rombate. Nel disegno si vedono riempiti da colonnine ed ,archeLli acuti di marmo. Il muro aUlico misura m. 0,95 di spessore. L'esterno dell'abside fu da Clemenle X nel 1673 racchiuso entro una fl1unllUra cur\"a rÌ\'eslita di travenini e che ha uno spessore di m. 1,38,

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splendore alle nostre basiliche, si può affermare con quasi sicurezza che sieno

state ricavate da edifici più antichi (I). Tali certamente furono le colonne scanalate ecl i capitelli corinzi cii Santa

Sabina, basilica coeva della nostra; cosÌ pure provennero eia un eclificio pagano i colonnati dorici con archi clelia basilica romana cii S. Pietro in Vincoli, costrutta anch'essa nella prima metà ciel secolo V.

(;-lOVA:-JNI B[A~TOTTI.

vecchi muri sussistono per buona lùrtuna tuttora malgrado i tentativi fatti dagli 'Hchitetti che lavo­rarono a S. Maria Mag-giore in epoche posteriori, particolarmente Bernini, (che aveva un progetto d'ingrandimento dell'abside) per farli scomparire.

La stampa del De Angelis (fig. I4) qui riprodott;l~ ha un particolare interesse; nelle medesime si discernono bene le colollne di angolo (Iesene) rilegate da un cornicione a modig-lioni di marmo, un fregio d'imposta, le ogive appoggiate sopra una fascia che risalta agli ang-oli infine diverse pitture. <Jueste sono cii pii! epoche; quelle del basso riproducono le armi deg-li ultimi Papi che fecero esegnire lavori nella basilica e specialmente di Sisto V. Quella al disotto clelle ogive nei timpani delle graudi arcale sembrano del sec. XII!. Il soggetto di mezzo rappresenta l'Odig·i­tria, detta Madonna di S. Luca, fra due angeli in adorazione. Gli altri timpani portano figure sepa­rate con palmizi nel mezzo. :'vlalgrac1o la rozzezza dell'incisione si riconoscono ancora sul freg-io d'imposta disegni caratteristici ciel sec. XIII e che corrispondono con gli avanzi di l11usaici ancora visihili snlla facciata dell'Ara Coeli.

(I) Un decreto degl'Imperatori Teodosio II e Valentiniano IU del 435 d. C. riguardo alla demolizione dei templi pagani, ordinava: « CUl1ctaque eorum fana, tempia, delui>ra, si qua etiam 1I11l1C restant integra, praecepto Magistratnnm destrui praecipil1\ns », cfr. Codice Teodo­siano (ediz. Goclifred., XVI, IO, 25). Se t<llvolta regnanti cristiani somministrarono nel sec. IV e V pietre nobilissime ed altri ornamenti fatti vellire da lontani paesi per il decoro delle chiese della nuova religione, ciò fu in via eccezionale e non cii regola generale. COlue pure sappiamo che il romano emporium rigurgitava di preziosi materiali cii marmo di ogni genere, che lavorati e trasportati per altri scopi 11nir(Jno però ad essere utilizzati nelle ~acre costrnzioni.

Riguardo poi alle nostre colonne il sulloclato G. Flianchini (I. c., T 75, 44 I fol. e 55.) ci fa sapere che per uguagli<lre le difterenti loro altezze si fecero i zoccoli di bardiglio da Bene­detto X IV: che alle medesime fll imposto un nuo,'o collarino a capitello per essere gli antichi molto corrosi dal tempo e che tutte furono fusate e ripulite, ma il diametro di palmi 3 1/2 che si diede alla maggior parte di esse, non si potè avere in tutte melltre alcnne mancavano clelia grossezza necessaria per ricavarvi detto diametro.

DOTT .• "RDVINO COL.'\SANTI, Hcd"t/ore respollsabile.

I~oma, IYl;j - Tipografia Editrìcp. Homana, via della Frezza.57-b1.