La Baia Dei Porci. Cause e Conseguenze Di Uno Sbarco Fallito.

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La Baia dei Porci. Cause e conseguenze di uno sbarco fallito. Indice p. 2 - Introduzione. 4 - Capitolo 1. Cause. 16 - Capitolo 2. Lo sbraco. 24 - Capitolo3. Conseguenze. 33 - Bibliografia. 1

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La Baia dei Porci. Cause e conseguenze di uno sbarco fallito.

Indice

p. 2 - Introduzione.

4 - Capitolo 1. Cause.

16 - Capitolo 2. Lo sbraco.

24 - Capitolo3. Conseguenze.

33 - Bibliografia.

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La Baia dei Porci. Cause e conseguenze di uno sbarco fallito.

Introduzione

Lo scoppio della bomba atomica segnò la fine della II Guerra Mondiale (1945) e l’inizio di un periodo di tensioni che durerà per circa quarantacinque anni: la Guerra Fredda. Durante questo lungo periodo, che per la storiografia termina con la caduta del Muro di Berlino (1989), il mondo si divise in due enormi blocchi d’influenza: uno Occidentale (USA, Nato e altri paesi alleati) e l’altro Orientale (Russia, gli alleati del patto di Varsavia e altri paesi). Russia e Stati Uniti si contendevano la supremazia non tanto con le armi (anche se ci furono diversi focolai), ma piuttosto su un piano ideologico, psicologico, politico, tecnologico e spaziale: “Il confronto si spostava dall’Europa, invadeva il Mediterraneo, si estendeva a tutto il globo (non esclusa l’America Latina), coinvolgeva ogni aspetto della vita dei popoli e tendeva a integrare in un processo d’interdipendenza tutti i paesi di recente autonomia.”1

Il mondo era minacciato da un “equilibrio del terrore”, a causa del quale si vissero diversi momenti di tensione, come la guerra di Corea, la prima e la seconda crisi di Berlino e la Crisi dei missili di Cuba, che portarono il mondo ad un passo da un terzo conflitto globale.

In questa sede non analizzeremo la Guerra Fredda come conflitto generale, né tantomeno ci soffermeremo sull’aspetto ideologico che spinse le due forze a contrapporsi. Ci occuperemo piuttosto di uno sbarco che a quell’epoca apparve come un’ulteriore scontro di una lunga lotta (iniziata già durante la supremazia spagnola), ma che, alcuni mesi dopo, si trasformò in uno dei più gravi momenti di crisi del confronto internazionale. L’approdo a Playa Girón, chiamato anche “Sbarco nella baia dei porci”, fu un tentativo americano d’infiltrazione sull’isola di Cuba per abbattere il comandante della rivoluzione cubana, Fidel Alejandro Castro Ruz (1926-ancora in vita), che era riuscito, grazie al sostegno del popolo e alla guerriglia, a liberare il paese dalla dittatura del capo dell’esercito Fulgencio Batista y Zaldívar (1901–1973). Gli esuli cubani scappati dall’isola e rifugiatisi in Florida dopo la vittoria castrista, furono arruolati dalla CIA al fine di portare a termine

1 Ennio Di Nolfo , Storia delle relazioni internazionali 1918-1999, nuova edizione riveduta e ampliata, Roma, Bari: Laterza, 2000, p.999

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un’operazione che avrebbe dovuto destituire il nuovo leader cubano. Il 18 aprile 1961 l’operazione ebbe inizio. Gli esuli appoggiati da alcuni navi e aerei, controllati dagli uomini della CIA, si avvicinarono alla costa dell’isola e tentarono di istaurare una prima “zona ponte” per permettere l’arrivo di un governo controrivoluzionario che sarebbe stato immediatamente riconosciuto dagli americani. L’iniziativa sfumò sul nascere. A causa di un’indecisione del presidente John Fitzgerald Kennedy (1917–1963) gli americani ottennero come conseguenza un avvicinamento tra l’isola caraibica e la Russia socialista di Nikita Sergeevič Chruščёv (1894–1971). Un anno dopo, alcuni ricognitori americani in volo sull’isola individuarono diverse basi missilistiche. L’America aveva scoperto i missili con testate nucleari che i sovietici erano riusciti a istallare sull’isola con l’appoggio di Castro. La “Crisi di Cuba” (1962) tenne il mondo con il fiato sospeso per tredici giorni, in cui le sorti del mondo sembrarono essere segnate. Grazie ad un compromesso tra Mosca e Washington i missili furono rimossi e la situazione passò a una fase di distensione.

Ora, l’attenzione si spostava su un nuovo confine, ma i contrasti tra Cuba e gli Stati Uniti erano lungi da essere risolti.

Capitolo 1 – Cause

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Per capire le cause che portarono allo “Sbarco nella Baia dei Porci” bisogna innanzitutto attraversare per un momento alcuni passaggi della storia cubana e del processo che portò alla rivoluzione castrista. Solo se si comprende quanto profondamente il sistema e la vita cubana fossero sottomessi all’economia e alla politica statunitense, si riuscirà a percepire in modo profondo le divergenze che si crearono dopo la vittoria della rivoluzione. Bisognerà poi, al fine di dare una prospettiva bivalente della situazione, valutare quale reale minaccia fosse Cuba nel più amplio conflitto della Guerra Fredda. Per gli americani l’avvicinamento dell’isola all’ideologia socialista si presentava come un grave pericolo non soltanto per la sicurezza nazionale, ma, in quanto l’esempio castrista avrebbe potuto intaccare altri popoli dell’America Latina che vivevano nella medesima situazione cubana. Il pericolo di trovarsi l’avversario nel proprio cortile di casa, fece sì che il presidente Kennedy diede il via a quell’operazione che prenderà il nome di “Sbarco nella Baia dei Porci”.

Sin dalla supremazia spagnola dell’isola, Cuba fu fulcro d’interesse per gli Stati Uniti, che la vedevano come un baluardo indispensabile per la difesa della Florida. Durante la II Guerra d’Indipendenza cubana, guidata da José Martí2, gli americani approfittarono dell’affondamento della nave “Maine”, nel porto dell’Avana, e della morte di 266 marinai, per dichiarare guerra alla Spagna. Alla fine della guerra Ispano-Americana (1898), durata pochi mesi, Cuba fu dichiarata indipendente, anche se, in realtà, divenne una specie di protettorato americano.

2 José Julián Martí Pérez (1853 - 1895) fu una delle figure più suggestive di Cuba. Fu un politico, pensatore, giornalista, filosofo e poeta, creatore del Partito Rivoluzionario Cubano e organizzatore della guerra del 1895 contro la dominazione spagnola. Affondava le radici del suo pensiero e delle sue azioni nella Rivoluzione Francese (1789). Martí impose come scopo ultimo della sua battaglia politica, la resistenza all’espansione degli Stati Uniti nel centro-sud del continente. Per questo è visto come l’apostolo dell’indipendenza cubana.

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Nel 1899, in seguito al Trattato di Parigi3, il governo di Cuba passò in mano agli Americani, i quali, due anni più tardi, durante l’elaborazione della prima Costituzione, obbligarono l’isola, con la minaccia di essere governati a tempo indeterminato, ad inserire l’emendamento Platt nel testo. Questo emendamento, elaborato dal senato statunitense, prevedeva la cessione agli Stati Uniti di basi militari sull’isola, il divieto di firmare trattati o contrarre prestiti senza previo consenso statunitense e il diritto di questi a poter intervenire con le proprie forze armate ogni qualvolta si rendesse necessario.

Durante i primi venti anni di Repubblica, Cuba subì una serie ininterrotta di umiliazioni. La borghesia si faceva sempre più restia e più complice dell’ombra capitalistica americana: “I capitalisti americani proseguirono la conquista dell’isola, il presidente della United Fruit poté comprare 75 ettari di terra nella zona orientale di Cuba a meno di mezzo dollaro per ettaro. Così sorgevano i moderni feudi dell’èra industriale.”4 Il passaggio dall’economia artigianale della colonia alla grande industria zuccheriera avvenne grazie all’affluenza di capitali americani, i quali conquistarono l’isola facendo trionfare il latifondo: le piccole industrie sparivano, la monocoltura estensiva e i grandi allevamenti di bestiame diventarono il paesaggio cubano. Con il “Trattato di reciprocità” del 1903, le economie dei due paesi si legarono ancora più profondamente: lo zucchero cubano aveva tariffe privilegiate alla dogana statunitense e viceversa Cuba riconosceva ai prodotti americani il diritto di essere venduti sull’isola con dazi agevolati. Attraverso questo metodo, data la monocoltura, tutto il meccanismo dell’economia cubana passava sotto il controllo statunitense.

3 Il “Trattato di Parigi” fu firmato il 10 dicembre 1898 tra Stati Uniti e Spagna. Il 1º gennaio del 1899 il generale statunitense John Rutter Brooke ricevette solennemente le chiavi della città dell’Avana dall’ultimo capitano generale spagnolo, Adolfo Jiménez y Castellanos. Alle trattative i cubani parteciparono solo come osservatori. Gli effetti del trattato furono principalmente due: l'indipendenza di Cuba e la cessione, da parte della Spagna, delle Filippine, Guam e Porto Rico agli Stati Uniti d'America per la somma di 20 milioni di dollari.

4Saverio Tutino, La rivoluzione cubana, per, Storia delle rivoluzioni del XX secolo, a cura di Roberto Bonchio, introduzione di Eric Hobsbawn, Roma: Editori Riuniti, 1966, p.1273

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Proprio in questi anni di subordinazione politica e influenza capitalista, iniziarono a riscontrarsi i primi fermenti che avrebbero poi portato alla rivoluzione del 1956-62. Julio Antonio Mella (1903-1929), giovane studente dell’università dell’Avana, partecipò alle lotte della gioventù studentesca universitaria a favore del nazionalismo già nel 1923 e, due anni più tardi, contribuì alla formazione del Partito Comunista. Mella, al primo congresso degli studenti, era riuscito, almeno in parte, a far approvare una serie di spunti in cui si profilava il disegno di un’alleanza organica rivoluzionaria tra studenti e operai, peccato che i tempi non fossero ancora maturi. Dopo essere stato arrestato, fu esiliato e per quattro anni visitò Messico, Europa e Unione Sovietica. In Messico stava preparando una spedizione armata sull’isola, ma prima che questa potesse avere inizio, fu assassinato dal dittatore Gerardo Machado y Morales (1871-1939), a quel tempo, leader di Cuba e marionetta degli Stati Uniti. Nel suo ultimo scritto Mella diede il giudizio più esatto, equilibrato e chiaroveggente sulle prospettive che si delineavano per il suo paese: “per Cuba è necessaria una rivoluzione democratica, liberale e nazionalista […] se questo non si produrrà nei prossimi due o tre anni Cuba cadrà assolutamente sotto il giogo dell’imperialismo, fino all’epoca delle rivoluzioni proletarie nel continente…”5

Nel 1929, fu fondato il Directorio Estudiantil, organismo di lotta universitario, che sarà fondamentale per la rivoluzione castrista. Sempre in quest’anno si ebbe un’enorme crisi economica che colpi Stati Uniti e Cuba, e che generò grande fermento sull’isola. Agli inizi del 1930 si ebbe un grande sciopero generale di 48 ore che pose fine alla superbia di Machado, che s’impegnava con gli americani a non consentire che uno sciopero fosse durato più di un quarto d’ora. Sei mesi dopo, occorse lo sciopero studentesco, che portò il governo a una dura repressione. Furono censurati i giornali e furono nominati diversi governatori militari nelle varie province allo scopo di arrestare i giovani del Directorio, accusati di aver dato il via alla manifestazione. I giovani

5Saverio Tutino, La rivoluzione cubana, per, Storia delle rivoluzioni del XX secolo, a cura di Roberto Bonchio, introduzione di Eric Hobsbawn, Roma: Editori Riuniti, 1966, p.1281.

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arrestati riuscirono ad ottenere un’amnistia e tornarono a lottare, anche se ormai si era consumata la divisione. Malgrado questi sfortunati tentativi di ribellione, in questi anni si ebbe la costituzione del Sindacato nazionale degli operai dell’industria dello zucchero (1931), la quale iniziò da subito una dura lotta contro la dittatura.Il movimento delle masse stava dunque crescendo sulle difficoltà della crisi economica, spingendo la maggior parte della popolazione verso stati d’animo rivoltosi. Nel luglio 1933 scoppio all’Avana lo sciopero dei trasporti urbani che accese spontanei focolai violenti in tutta l’isola. Machado, cercando respiro, offrì ai sindacati di concedere tutto quello che i lavoratori chiedessero sul piano economico. I lavoratori, convocati in un’assemblea organizzata dai sindacati per sentire l’opinione della base sulle dichiarazioni di Machado, risposero: “Que se vaya el animal” (“se ne vada l’animale”). Il 12 Agosto, Machado fuggì alle isole Bahamas. Nell’insieme il movimento aveva vinto, ma la situazione era ancora aperta. In Settembre, Ramon Grau San Martin, esponente della borghesia nazionale con idee democratiche e nazionaliste, salì al potere. Allo stesso tempo, il sergente Fulgecio Batista, approfittando dell’occasione, passò da sergente a colonnello grazie ad un colpo militare.

Dopo la salita al potere di Grau gli eventi si fecero ancora più tumultuosi. Gli operai occuparono alcuni zuccherifici, formarono dei “soviet” e organizzarono milizie di operai armati di bastoni, sbarre di ferro e alcune pistole. I fermenti di questo periodo spinsero Grau San Martin a dimettersi lasciando il posto a Carlos Mendieta, il quale appariva come una misera pedina nelle mani di Batista e dell’ambasciatore americano Summer Welles. Gli Stati Uniti, avendo trovato in Batista l’uomo forte che avrebbe guidato un esercito di cubani fedeli ai suoi ordini, non avevano più alcun interesse a operare direttamente con i marines e negoziarono con la borghesia cubana l’abrogazione del diritto d’intervento militare previsto dall’emendamento Platt con la speranza di allentare le tensioni. Oltre all’abrogazione di parte dell’emendamento, si presero nuovi accordi sul “Trattato di reciprocità”, stabilendo che la quantità di zucchero che i cubani potevano esportare negli USA non sarà più lasciata all’imprenditore, ma sarà fissata a priori come

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“quota”, favorendo l’esportazione di prodotti americani nell’isola, infine, si stabiliva che Cuba non potesse rivedere alcuna tariffa senza una previa trattativa con Washington. L’intero popolo cubano, dopo aver intravisto la luce, si sentiva ancora una volta profondamente frustrato dal trauma politico della sovranità.

Nel 1936, anno successivo al VII Congresso della Terza Internazionale6, a Cuba, in un numero di Bandera Roja (organo clandestino del Partito comunista cubano) apparve un articolo che esprimeva il nuovo atteggiamento assunto dai comunisti verso la rivoluzione: “La rivoluzione cubana attraversa attualmente la fase nazionale e in questa fase non si può disconoscere il ruolo rivoluzionario di alcuni strati della popolazione diversi dal proletariato e dai contadini. La piccola borghesia – in particolare gli studenti –, dato il carattere semicoloniale di Cuba, hanno un ruolo importante da svolgere. […] La stessa borghesia nazionale, entrando in contraddizione con l’imperialismo che la soffoca accumula energie rivoluzionarie che non si devono lasciar perdere. Affratellati, dunque, nel comune interesse di liberare il nostro paese, tutti gli strati della popolazione, dal proletariato alla borghesia nazionale, possono e debbono formare un ampio fronte popolare contro l’oppressore straniero. Il partito comunista riconosce che questo è il cammino giusto […].7” Intanto, proprio in quegli anni i comunisti avevano lanciato una forte campagna per la convocazione di un’Assemblea costituente, che era stata più volte rimandata dopo la caduta di Machado. Le elezioni per la costituente si realizzarono su due blocchi contrapposti: da un lato la coalizione socialista popolare (della quale, per ironia della sorte, faceva parte Batista), e dall’altro quella dell’opposizione. Il 9 febbraio 1940 fu riunita la costituente e i comunisti che contavano il maggior numero di partecipanti ebbero, per la prima volta nella storia del partito, la possibilità di parlare liberamente alla radio a tutto il paese. Alla fine fu elaborato il

6 La “Terza internazionale” era un’organizzazione internazionale dei paesi comunisti. L’organizzazione nasce a Mosca nel marzo 1919 con lo scopo di sostenere il governo sovietico, favorire la formazione di partiti comunisti in tutto il mondo e diffondere la rivoluzione a livello internazionale.

7Saverio Tutino, La rivoluzione cubana, per, Storia delle rivoluzioni del XX secolo, a cura di Roberto Bonchio, introduzione di Eric Hobsbawn, Roma: Editori Riuniti, 1966, p.1303

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nuovo testo costituzionale, ma molti si chiedevano se esistessero delle forze in grado di imporre l’applicazione dei nuovi statuti.

Intanto la II Guerra Mondiale ebbe inizio e il mondo si divideva in fascisti e anti-fascisti. A Cuba, nonostante Batista si facesse baluardo della sinistra durante le elezioni per la Costituente, per il popolo egli impersonificava l’anti-nazione; dunque era lui che rappresentava il fascismo, anche se gli convenne, per esigenze soprattutto statunitensi, unirsi all’anti-fascismo sul piano internazionale. Batista, era stato un umile sergente di origine popolana e aveva la pelle scura, ma questo non bastava ad assolverlo dalla colpa di essersi alleato con l’ambasciatore statunitense per liquidare il governo democratico e nazionale di San Martin, alla fine del 1933. Collaborando con Batista, i comunisti sembravano confondere una giusta strategia rivoluzionaria – quella del fronte – con una politica fine a sé stessa: “proporsi di conseguire l’egemonia come riflesso della vittoria internazionale contro il fascismo era un segno di fiducia nella democrazia che sarebbe stato mal ripagato del fatto che Cuba non era ancora una nazione indipendente.”8 Batista, supportato dalla sinistra cubana, divenne presidente nel 1940 e governò il paese per quasi tutta la guerra. Alla scadenza del suo mandato, l’ex presidente presentò come suo successore un certo Saladrigas, sua creatura, che perse clamorosamente. Grau San Martin salì di nuovo alla presidenza, ma con idee nuove rispetto al passato. Le sue prime dichiarazioni furono anticomuniste e il suo regime fu fatto con l’approvazione di Washington, dunque per combattere la rivoluzione.

In mezzo alla divisione della società civile e alle forti violenze degli anni della guerra, uscivano dalle file della borghesia rivoluzionaria nuovi individui. Tra questi, Eduardo Chibás, che pure non era così giovane, data la sua presenza nel Directorio Estudiantil fin dai primi anni, fu tra i punti di riferimento di un altro giovane che avrebbe segnato la storia cubana e più in generale quella dell’America Latina, Fidel Castro.

8Saverio Tutino, La rivoluzione cubana, per, Storia delle rivoluzioni del XX secolo, a cura di Roberto Bonchio, introduzione di Eric Hobsbawn, Roma: Editori Riuniti, 1966, p.1310

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Chibás non si pronunciava direttamente contro la dominazione imperialista, ma attaccava personaggi della vita pubblica che all’imperialismo erano legati. Nel 1946 aveva fondato il Partido del Pueblo Cubano, un partito ortodosso nel quale Fidel militava fin dai primi anni dell’università. Nel 1951, dopo una sfortunata campagna elettorale del suo partito, fu istituito il GRAS (gruppo repressivo di attività sovversive), che proibiva al politico di parlare alla radio, ma che favoriva il personale dirigente del nuovo fantoccio americano Carlos Prio Socarras (eletto nel 1948), che si scatenò contro i comunisti. Chibàs, infine, si tolse la vita nel 1951, dopo un accorato appello alla radio: “Cuba deve svegliarsi… […] La felice congiunzione di fattori naturali tanto propizi a un grande destino, unita all’alta qualità del nostro popolo, aspetta solo la gestione onesta e capace di una compagine governativa che sia all’altezza della sua missione storica. Questa compagine non può essere il governo attuale, corrotto fino al midollo, anche se cerca di travestirsi con nuovi orientamenti per coprire i suoi furti, contrabbandi e le sue svergognate malefatte; né può essere la falsa opposizione di Batista, che incoraggia il ritorno dei colonnelli, dell’olio di ricino, delle bustarelle e delle leggi fraudolente; né il gruppo di sfacciati che segue l’ex-presidente Grau […].”9

Preoccupati per le nuove elezioni che vedevano il partito ortodosso e quello comunista alleati, negli Stati Uniti si preparò un nuovo complotto. Il 10 marzo 1952, l’ex sergente Batista, ormai pronto ad autopromuoversi generale, entrò a Columbia (sede dello stato maggiore) assumendo tutto il potere senza aver incontrato una minima resistenza. Avvenuto il colpo di stato, apparve chiaro che ogni soluzione rivoluzionaria per via elettorale era bloccata. Occorreva trovare delle misure alternative per sbloccare la situazione. Proprio in questo momento appare la figura di Fidel Castro. Neo-laureato, militante nel partito ortodosso dell’ormai scomparso maestro Chibás, Fidel riuscì a convogliare tutte le strategie e le idee dei più grandi e imponenti personaggi della storia cubana in un’unica rivoluzione. Il 26 luglio (data che diverrà poi il nome del movimento che abbatterà il regime), Castro assieme ad un centinaio di persone tentò un assalto alla caserma Moncada

9Saverio Tutino, La rivoluzione cubana, per, Storia delle rivoluzioni del XX secolo, a cura di Roberto Bonchio, introduzione di Eric Hobsbawn, Roma: Editori Riuniti, 1966, p.1320

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di Santiago de Cuba, che, a causa di un’inadeguata preparazione militare, della diserzione di molte persone e di molta sfortuna, fallirà nel sangue. Nascostosi sulle montagne, Fidel fu catturato dopo sette giorni e portato alla prigione civile, dove si precipitarono alcuni avvocati per impedire che fosse “ucciso in combattimento”. Quando si aprì il processo per i superstiti dell’attacco al Moncada, Castro pronunciò un discorso di cinque ore che sarebbe diventato, in poco tempo, il manifesto programmatico del Movimento 26 luglio. Durante il lungo discorso furono illustrate quali sarebbero state le basi della rivoluzione e quali leggi sarebbero state promulgate in caso di vittoria del Movimento. Tutti nell’aula erano affascinati dai discorsi di quel ragazzo che preannunciava la riforma agraria e la nazionalizzazione di molte industrie e compagnie. Batista, in quell’occasione ebbe paura, aveva capito che la gioventù cubana iniziava a essere orgogliosa di avere tra le sue file gente carica di coraggio e piena d’intelligenza.

Dopo essere stato incarcerato nel 1952 e condannato a quindici anni, Castro riuscì ad ottenere la libertà, assieme ai suoi compagni, due anni più tardi, grazie ad un’amnistia concessa da Batista ai detenuti politici. L’accoglienza per la sua liberazione all’Avana fu grande, ma la ripresa di contatti tra il rivoluzionario e il popolo allarmò il capo dell’esercito. Le dichiarazioni del leader appena uscito di prigione parlavano di indire elezioni generali e fare riforme politiche, sociali ed economiche. Dopo alcune minacce di Batista, Fidel decise di andarsene da Cuba e si rifugiò in Messico, dove con l’aiuto di suo fratello Raul, di alcuni amici e dell’argentino Ernesto Guevara de la Serna (detto “Che”), organizzarono la guerriglia rivoluzionaria che avrebbe abbattuto la dittatura e messo in ginocchio il gigante capitalista.

Da questa breve ricostruzione storica, assieme ad una sovrapposizione dei fatti che occorsero alla vittoria del movimento castrista, possiamo arrivare a sfiorare le cause profonde e non subitamente visibili, almeno a quel tempo, che portarono allo sbarco di Playa Girón. Le principali motivazioni per le quali l’operazione ebbe inizio sono diverse. Lo schiaffo inferto da Castro con la vittoria della guerriglia ha inciso molto sui futuri avvenimenti, ma, nonostante questo, ciò che fece irritare gli americani furono principalmente

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la riforma agraria, la nazionalizzazione dell’economia dell’isola e la minaccia comunista che si affacciava nei pur censurati discorsi di Castro. Bisognerà inoltre sottolineare che colui che diede il via all’operazione era il più giovane presidente americano della storia e, per di più, appena nominato, il ricco e affascinante democratico John F. Kennedy.

A Cuba, dopo la vittoria della guerriglia (gennaio 1959), iniziava la rivoluzione. Dopo aver consolidato il potere, i ribelli rivoluzionari iniziarono a organizzare il futuro della nazione da poco liberata: “Al momento di disegnare un programma, le sottolineature sono ben chiare: L’imperialismo sarà il nemico e il latifondo è alla base di tutti i mali economici.”10 Dunque, già da queste prime dichiarazioni appare evidente come la prima preoccupazione fu di scacciare il latifondo creato per favorire l’economia statunitense. Il 17 maggio 1959 Fidel convocò il governo e diversi comandanti ribelli per stipulare un progetto di riforma agraria. Il progetto elaborato “confiscava le aziende agricole di più di quattrocento ettari (il dieci percento delle tenute del paese) e l’espropriazione sarebbe stata indennizzata con buoni ammortizzabili in ventinove anni al 4,5 percento di interesse annuo, valutando la terra secondo le dichiarazioni fiscali. La terra nazionalizzata sarebbe stata divisa in appezzamenti o affidata a cooperative agricole amministrate dallo stato. Nella distribuzione sarebbero stati privilegiati i fittavoli, i mezzadri e i braccianti. La terra che fosse rimasta incolta sarebbe tornata allo stato. Gli appezzamenti non potevano essere divisi e potevano essere venduti solo allo stato. In futuro solo i cubani avrebbero potuto comprare terre.”11

Già con gli espropri, la rivoluzione entrava, ancora più direttamente di prima, in conflitto con gli interessi finanziari nordamericani. Questi oltre a possedere grandi zuccherifici (come quello della United Fruit), avevano sull’isola molte aziende e accordi finanziari con banche e imprese. Con la 10 Paco Ignacio Taibo II, Senza perdere la tenerezza. Vita e morte di Ernesto Che Guevara, (titolo originale: Ernesto Guevara tambíen conocido como el Che. Nueva edición corregida y actualizada), traduzione di Gloria Cecchini, Gina Maneri e Sandro Ossola, Milano: Il Saggiatore, 2004, p.326

11Paco Ignacio Taibo II, Senza perdere la tenerezza. Vita e morte di Ernesto Che Guevara, (titolo originale: Ernesto Guevara tambíen conocido como el Che. Nueva edición corregida y actualizada), traduzione di Gloria Cecchini, Gina Maneri e Sandro Ossola, Milano: Il Saggiatore, 2004, p.336

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rivoluzione agraria Cuba si apprestava ad allontanarsi dalla teoria del buon vicinato che predominò fino a questi anni.

La nazionalizzazione di molte industrie e aziende dell’isola si presentò come un ulteriore sfida, accanto a quella della riforma agraria, per il colosso imperialista. Il 3 marzo furono nazionalizzate le prime industrie: la Compañía de teléfonos, quella degli autobus urbani e si confiscarono i beni frutto delle malversazioni dei funzionari batistiani. Con la nascita poi dell’Istituto Nazionale per la Riforma Agraria (INRA), sotto la direzione di Guevara, si nazionalizzarono moltissime altre industrie. Furono nazionalizzate anche le compagnie petrolifere americane Shell, Standard Oil e Texaco, così come la compagnia elettrica (anch’essa americana) e quasi tutti gli zuccherifici di proprietà statunitense. Infine, anche la banca passò in mano allo stato e operò un profondo lavoro di legalizzazione e riorganizzazione.

Dall’altro lato del mare, le misure verso l’isola caraibica non si facevano di certo aspettare. Dapprima, una dichiarazione nella quale, riferendosi agli espropri della riforma agraria, gli Stati Uniti esigevano indennizzi efficienti e rapidi. Poi, le banche statunitensi organizzarono un blocco dei crediti per l’importazione: “Le fonti di credito europee e nordamericane si stanno chiudendo e Cuba non avrà altra scelta che ricorrere alla Russia.”12 A luglio dello stesso anno, gli Stati Uniti decisero di sospendere la quota zuccheriera cubana, l’accordo che stabiliva l’acquisto di una parte importante della produzione nazionale, a un prezzo fisso superiore a quello di mercato. Il 13 ottobre il governo di Washington imporrà l’embargo su tutte le merci destinate a Cuba, un blocco economico che finirà per provocare un rapporto di amicizia e collaborazione tra i due peggior nemici americani: la Russia socialista e la Cuba castrista. Infine, nel gennaio del 1961 gli Stati Uniti ruppero le relazioni diplomatiche con l’isola, seguiti da quasi tutti i paesi latinoamericani. Questo fu l’ultimo gesto prima dell’inizio dell’operazione.

12Paco Ignacio Taibo II, Senza perdere la tenerezza. Vita e morte di Ernesto Che Guevara, (titolo originale: Ernesto Guevara tambíen conocido como el Che. Nueva edición corregida y actualizada), traduzione di Gloria Cecchini, Gina Maneri e Sandro Ossola, Milano: Il Saggiatore, 2004, p.360

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Anche la CIA nel frattempo si stava mobilitando nonostante usasse altre vie. L’organizzazione iniziò, infatti, già da prima della vittoria della rivoluzione, a preparare un piano di contrattacco per abbattere il leader cubano in caso di vittoria. Grazie all’aiuto degli esuli arrivati a Miami e all’appoggio degli uomini di Batista in Guatemala e Portorico, organizzarono basi d’addestramento e diversi sabotaggi. Furono attribuiti a complotti della CIA il ritrovamento di un aereo carico di armi proveniente da Portorico e l’esplosione della nave La Coubre, un cargo francese che trasportava armi belghe, in cui morirono settantacinque persone. Nelle basi, gli uomini si stavano preparando ad attaccare l’isola, gli unici ritardi furono le indecisioni presidenziali.

Come abbiamo già evidenziato, non furono solo la riforma agraria e le nazionalizzazioni a provocare la reazione statunitense, a queste va aggiunto il pericolo di un’infiltrazione sovietica a Cuba . Per quanto si sappia, già tra le montagne della Sierra Maestra13 molti guerriglieri iniziarono ad abbracciare idee socialiste. Perfino Fidel, che nei suoi discorsi cercava di far apparire sempre tutto neutrale, sapeva che l’unica forza con cui avrebbero potuto allearsi contro gli americani, una volta vinta la rivoluzione, era la Russia. Fu proprio così: la risposta americana spinse Castro verso quella direzione. Infatti, se consideriamo le misure prese da Washington per contrastare il governo rivoluzionario, appare subito evidente che Cuba si trovò di fronte a un bivio nel più generale gioco di forze della Guerra Fredda: tornare nuovamente sotto la supremazia capitalista o scegliere il socialismo come proprio alleato. Com’è evidente Cuba prese la seconda strada, quella che porterà l’America a reagire. Paco Ignacio Taibo II, autore di una biografia su Ernesto Guevara, riporta: “Negli ultimi giorni del ’59 a Cojimar c’erano state frequenti riunioni private, cui partecipavano regolarmente Fidel, il Che, Raúl, Emilio Aragonés e i dirigenti comunisti […] Senza dubbio in quelle riunioni si esaminava, fra le altre cose, la possibilità di un appoggio sovietico nel caso in cui la pressione economica degli Stati Uniti fosse aumentata.”

13 Catena montuosa nel sud-est di Cuba, sulla quale si svolse la guerriglia guidata da Fidel Castro contro il regime dittatoriale di Fulgencio Batista.

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Così, approfittando della visita in Messico del Ministro degli Esteri russo Andréi Gromyko, la dirigenza della rivoluzione si presentò con un invito per un incontro politico sull’isola di Cuba. Nel febbraio 1960 Anastas Mikojan14, una delle massime figure della burocrazia sovietica, giunse all’Avana. La sua prima dichiarazione fu: “Siamo pronti ad appoggiare Cuba.”15 Firmarono subito un primo, piccolo accordo sullo zucchero. Da questo momento in poi, i contatti con la Russia si moltiplicarono a vista d’occhio. Al momento dell’embargo, Cuba riuscì ad ottenere dalla Russia e da tutti i paesi a essa alleati diversi contratti: con Chruščёv firmarono un accordo per ricevere cento milioni di pesos per la costruzione di un impianto siderurgico oltre a macchinari, pezzi di ricambio, petrolio e piccoli impianti industriali, inoltre i socialisti s’impegnavano ad acquistare gran parte dello zucchero prodotto a Cuba; in Cina ricevettero un prestito di sessanta milioni di dollari per quindici anni, oltre a piazzare un milione di tonnellate di zucchero; anche Praga, la Mongolia e il Vietnam appoggiarono la causa cubana con qualche più modesto credito.

A questo punto della storia i rapporti tra le parti iniziarono a essere sempre più tesi. Il 22 gennaio 1961, a causa dell’avvicendamento presidenziale negli Stati Uniti, dove a Eisenhower succede il democratico John F. Kennedy, l’esercito ribelle entra in allarme rosso. Quel giorno il comandante Guevara dirà in un discorso ai miliziani: “Be’, io come quasi tutti credo che verranno e credo anche che… io ritengo, come tutti quanti, che non riusciranno più ad andarsene. In definitiva quale sarà il risultato? Consoliderà la rivoluzione.”16

Queste furono dunque le ragioni che portarono gli Stati Uniti all’azione.

14 Politico Russo, fu il primo leader sovietico a visitare ufficialmente l'isola dopo la rivoluzione, assicurandosi importanti accordi commerciali con il governo, compresa l'esportazione di petrolio sovietico in cambio dello zucchero cubano.

15Paco Ignacio Taibo II, Senza perdere la tenerezza. Vita e morte di Ernesto Che Guevara, (titolo originale: Ernesto Guevara tambíen conocido como el Che. Nueva edición corregida y actualizada), traduzione di Gloria Cecchini, Gina Maneri e Sandro Ossola, Milano: Il Saggiatore, 2004, p.360-361

16 Paco Ignacio Taibo II, Senza perdere la tenerezza. Vita e morte di Ernesto Che Guevara, (titolo originale: Ernesto Guevara tambíen conocido como el Che. Nueva edición corregida y actualizada), traduzione di Gloria Cecchini, Gina Maneri e Sandro Ossola, Milano: Il Saggiatore, 2004, p.374

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Capitolo 2 – Lo sbarco

In questo secondo capitolo, cercheremo di fornire una visione di quello che concerne la preparazione allo sbarco degli esuli anticastristi a Miami e in Guatemala. Allo stesso tempo cercheremo di capire come il governo castrista abbia organizzato la difesa e quali furono i fattori che resero possibile la vittoria. Inoltre, tenteremo di fornire una descrizione dello sbarco che si avvicini il più possibile alla realtà, in maniera da focalizzare tutti gli errori commessi dalla forza sconfitta e i pregi della vincitrice.

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Infine, al fine di avere una visione il più generale possibile dello scontro, cercheremo di capire come la vicina America Latina, la lontana Russia e più in generale le forze mondiali, abbiano percepito il tentativo di sbarco e come reagirono al fallimento. Cuba, aveva appena guadagnato la libertà e non voleva perderla. La popolazione si presentava maggiormente unita da ideali comuni e fedele al nuovo leader. Gli esuli arrivati in Florida erano, contrariamente, divisi in diversi gruppi, all’interno dei quali ognuno privilegiava la propria idea politica e di futuro. Tutti avevano però lo stesso desiderio: abbattere Castro. La grande potenza americana, dal canto suo, non sembrava affatto interessarsi alla “semplice” eliminazione di Castro, se non nel più ampio interesse di abbattere il comunismo. Se il rivoluzionario avesse scelto fin dall’inizio della sua campagna di non abbracciare il comunismo, probabilmente la risposta americana non sarebbe stata così dura.

A Cuba, all’inizio del 1961 si lottava ancora contro le restrizioni dell’embargo: “è bene dirlo onestamente, ci sono state ristrettezze e nei prossimi mesi ce ne saranno altre. [Guevara] spiega che dalla sera alla mattina il settantacinque percento del commercio estero cubano è svanito a causa dell’embargo; che per trovare la piccola somma necessaria alla raffinazione del petrolio che in precedenza proveniva dagli Stati Uniti, adesso si era cercato di ottenerla in Francia senza successo, com’erano falliti gli accordi con Belgio e Canada, perché le compagnie petrolifere statunitensi avevano fatto pressione sulle loro sussidiarie o su altre imprese produttrici che avevano accordi con gli Stati Uniti.”17 Nonostante gli impedimenti e i sabotaggi, che erano sempre più frequenti, sull’isola la rivoluzione manteneva un ritmo elevato. Si lavorava ancora alle nazionalizzazioni, alla riforma agraria e alla ricerca di nuovi accordi commerciali. Tuttavia, i capi della rivoluzione avvertivano già l’avvicinarsi del pericolo e organizzarono delle contromisure: operai, contadini, studenti, lavoratori dei campi e delle città furono inquadrati nella milizia nazionale. Cuba preparava a difendersi.

17Paco Ignacio Taibo II, Senza perdere la tenerezza. Vita e morte di Ernesto Che Guevara, (titolo originale: Ernesto Guevara tambíen conocido como el Che. Nueva edición corregida y actualizada), traduzione di Gloria Cecchini, Gina Maneri e Sandro Ossola, Milano: Il Saggiatore, 2004, p.388

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Intanto, negli Stati Uniti i preparativi erano quasi giunti al termine. Tutti erano in attesa della prima, importante decisione di John F. Kennedy sul fronte internazionale. La CIA aveva già tutto pronto. A Blessington, cittadina alle porte di Miami, l’agenzia aveva creato un campo di addestramento per esuli cubani anticastristi. Dal 1959 affluirono sulle coste della Florida migliaia d’immigrati cubani. Quasi tutti erano piccoli criminali che, sotto la copertura della “indesiderabilità politica”, furono allontanati dal paese: “Vede, i miei compagni di viaggio sono per la maggior parte criminali. Fidel voleva sbarazzarsene, e li ha inviati in America nella speranza che inizino a praticare sulle vostre coste. Quello che non ha capito è che il comunismo è un crimine più grave dello spaccio di stupefacenti, della rapina o dell’omicidio, e che perfino i criminali sono in grado di possedere il desiderio patriottico di reclamare la propria terra.”18 Il centro di Blessington iniziò a sorgere con il giungere della prima nave. Gli esuli, messo piede sul suolo americano, erano aiutati a trovare una sistemazione per poi essere reclutati dagli uomini al servizio della CIA. Questi, erano preparati attraverso un addestramento di tipo militare, ricevevano Green cards e posti di lavoro. Gli uomini che si muovevano dietro ai miliziani erano specialisti reclutati dall’agenzia: agenti dell’FBI, ricattatori, ex poliziotti ed alcuni Cubani. Eisenhower, aveva approvato il piano e aveva concesso fondi per l’operazione. Il presidente americano organizzò perfino un viaggio in Argentina, Brasile, Cile e Uruguay, dove fu accolto con grande entusiasmo. La palese evidenza di comunisti a Cuba preoccupava le forze oligarchiche di questi paesi dove il sentimento del popolo era decisamente anti-americano: “Negli anni sessanta l’impulso a raggiungere le forme più moderne di libertà era diventato il primo diritto dei popoli. Conculcarlo equivaleva a tradire tutta la storia recente dell’umanità, dalla rivoluzione d’ottobre alla guerra vinta contro il nazifascismo.”19

Negli Stati Uniti sorsero sei campi come quello di Blessington.

18 James Ellroy, American tabloid, traduzione di Stefano Bortolussi, Milano: Mondadori, ottobre 2010, p.193

19 Saverio Tutino, La rivoluzione cubana, per, Storia delle rivoluzioni del XX secolo, a cura di Roberto Bonchio, introduzione di Eric Hobsbawn, Roma: Editori Riuniti, 1966, p.1469

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Sulla Sierra Madre20 guatemalteca, mercenari e ex-militari batistiani crearono piccole unità di combattimento. Un colonnello filippino, che aveva partecipato alla resistenza contro i giapponesi, preparava i cubani alla guerriglia. Il progetto, prima dell’arrivo della CIA, era di paracadutarsi sull’isola e costituire piccoli gruppi di sabotaggio che, fondendosi assieme a gruppi già esistenti, avrebbero cercato di sviluppare la guerra civile fino a portarla all’insurrezione. Con l’arrivo dell’agenzia organizzarono uno dei campi più grandi: seicento cubani, una pista d’aerei con sedici bombardieri e una nave da trasporto. Questo gruppo, assieme a quelli dei vari campi d’addestramento statunitensi, avrebbe dovuto sbarcare sull’isola e, grazie all’appoggio di un’insurrezione interna, abbattere la resistenza e riprendere l’isola. Anche sull’isola di Cuba la CIA cercava alleati. Avvicinandosi agli anticastristi addentratesi sulle montagne dell’Escambray21 per sfuggire all’esilio o alla fucilazione, tentarono di formare un fronte unitario interno che avrebbe dovuto supportare lo sbarco. L’agenzia appoggiava le loro attività cospirative e di sabotaggio fornendo armi e denaro. Le difficoltà nel creare l’unione erano però molte. I vari gruppi, non erano guidati da un Leader, ma, sia sui monti come nei campi d’addestramento, erano scarsamente omogenei. L’unica cosa che essi avevano in comune, era la volontà di abbattere Castro.

Anche la mafia giocava un ruolo importante. I malavitosi avevano molti interessi a Cuba, il maggiore erano i casinò. Prima dell’avvento di Fidel e delle nazionalizzazioni, la mafia possedeva diversi casinò all’Avana dai quali ricavava un sacco di soldi. L’ascesa del rivoluzionario pesò molte sulle tasche degli italiani e questi decisero di appoggiare la causa anticastrista. Alcuni Boss della mafia entrarono in contatto con la “squadra speciale” di Blessington, assicurandosi un felice ritorno alla loro attività

20 Catena montuosa situata nel sud del Guatemala.

21 Le Montagne Escambray sono una catena montuosa che si estende nel centro-ovest dell’isola di Cuba. Già dai tempi della guerriglia furono usate dai rivoluzionari per nascondersi. Da queste montagne, che tagliano il paese partì l’assalto finale che avrebbe deposto il capo militare Fulgencio Batista.

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dopo la caduta del “barbuto”, in cambio di un sostegno finanziario alla causa. Così, l’operazione contro castro si allargava. Tutti negli Stati Uniti sembravano pronti a impugnare un fucile e partire alla volta dell’isola, l’unico ad avere degli scrupoli era il presidente, l’uomo che avrebbe dovuto dare il via all’operazione.

L’8 novembre 1960 si tennero le elezioni presidenziali negli Stati Uniti. John F. Kennedy e Richard Nixon si contendevano la poltrona di Eisenhower. Il futuro candidato avrebbe dovuto affrontare una dura decisione sul fronte cubano. Il democratico Kennedy vinse le elezioni e prestò giuramento come 35º presidente degli Stati Uniti il 20 gennaio 1961 a Washington. Nel suo discorso inaugurale parlò del bisogno di tutti gli americani d’essere cittadini attivi, disse: “Non chiedete cosa può fare il vostro paese per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro paese”. In uno dei famosi discorsi sulla Nuova Frontiera, chiese alle nazioni del mondo di unirsi nella lotta contro ciò che chiamò “i comuni nemici dell'umanità... la tirannia, la povertà, le malattie e la guerra”. Il 17 aprile 1961, contrariamente alle dichiarazioni del primo periodo, l'amministrazione Kennedy mise in atto una versione modificata del piano studiato sotto l'amministrazione Eisenhower per deporre Fidel Castro. Inizialmente era prevista l'occupazione del porto di Trinidad, una piccola città sulla costa meridionale di Cuba, nota per il suo passato anticastrista, da parte dei circa quattrocento guerriglieri anticastristi già presenti sulla montagne dell’Escambray, in modo da avere un facile punto di sbarco e una via di fuga, verso le montagne, dove attuare la guerriglia. Invece, Kennedy decise di sbarcare nella zona paludosa e semi-desertica di Zapata, nella quale s’insinua la Baia dei Porci. I combattenti avrebbero dovuto creare una striscia di terra sulla quale far atterrare il governo provvisorio degli esuli cubani, che sarebbe stato riconosciuto dagli Stati Uniti e da altri paesi dell’America Latina. Questo nuovo governo avrebbe formalmente richiesto il sostegno militare americano, che avrebbe così potuto dichiarare guerra a Cuba, adempiendo a tutti i vincoli internazionali, e intervenire ufficialmente con le forze armate.

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Il 15 aprile, sotto una forte pressione da parte della CIA, Kennedy diede il via ai bombardamenti. Il piano prevedeva un iniziale attacco aereo che avrebbe distrutto l’aviazione militare cubana per poi procedere “indisturbati” allo sbarco. Furono eseguiti dei piccoli bombardamenti negli aeroporti militari di Santiago de Cuba, San Antonio de los Baños e Ciudad Libertad a l’Avana, ma, sfortunatamente, gli aerei erano già stati preventivamente nascosti e l’esercito rivoluzionario non subì gravi danni.Una seconda tornata di bombardamenti, prevista per il 16 aprile, fu annullata poiché il presidente ritenne opportuno non far intervenire l’esercito americano, che avrebbe provocato una risposta sovietica. L’inefficace attacco aereo, diede all’avversario il tempo necessario per organizzare la difesa e preparare una controffensiva per l’ormai prossima invasione.

Furono arrestate dalla polizia e rinchiuse in cinema e teatri circa 200.000 persone, notoriamente dissidenti, che avrebbero potuto partecipare all'insurrezione prevista dal piano operativo statunitense. Saverio Tutino, racconta come Castro abbia preso la parola davanti ai corpi delle vittime dei bombardamenti: “Tutti sentivano che quella era la vigilia della guerra prevista. Era negli animi un sentimento profondo della necessità di farsi giustizia. Era il momento di rendere evidente anche agli occhi dei più timidi quello che storicamente significava opporsi con le armi al ritorno del vecchio sistema. La folla era severa, stretta in una via come una lunga schiera, non diffusa in una piazza: si sarebbe detto già una lunga colonna militare a ranghi serrati. La voce di Fidel si levava in toni forti. Erano mesi che la gente sentiva avvicinarsi insieme con la guerra un altro passo avanti rivoluzionario. Vi era il presentimento anche di una definizione obbligatoria; il mondo era una cosa reale, tutti sapevano che era diviso e dove passava il confine fra l’uno e l’altro. L’-altro- aveva sempre fatto paura a molti. Ora più si avvicinava, più sembrava inevitabile fare il salto, più la paura si faceva vicina e familiare e non era più tale, era piuttosto stupore. Fidel parlava già con i suoi toni forti quando disse: - Quello che gli imperialisti non ci perdoneranno mai è di essere qui sotto il loro naso. Quello che non ci perdoneranno mai è la dignità, l’interezza, la fermezza ideologica e lo spirito rivoluzionario del popolo cubano. Quello che non possono perdonarci è che stiamo qui, e che sotto il loro naso abbiamo fatto una rivoluzione socialista e che questa rivoluzione socialista noi la difendiamo con questi fucili! -”22

22Saverio Tutino, La rivoluzione cubana, per, Storia delle rivoluzioni del XX secolo, a cura di Roberto Bonchio, introduzione di Eric Hobsbawn, Roma: Editori Riuniti, 1966, p.1481

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La brutta figura non fermò tuttavia gli Stati Uniti, né gli ormai eccentrici esuli cubani che, pregustando la fine di Castro, erano pronti a partire. Il 17 aprile 1961, all’una di notte, un gruppo di uomini rana, partiti dalle coste del Nicaragua, dopo il saluto del dittatore, genocida Anastasio Somoza Debayle, arrivò sulla spiaggia di Playa Girón, per segnalare alle navi la posizione dello sbarco. Arrivati a riva, gli uomini rana s’imbatterono subito contro un primo gruppo di miliziani che, attirati dalle luci “lontane”, si avvicinarono alla spiaggia dove stava iniziando l’approdo. Il corpo di spedizione anticastrista iniziò dunque, in questa maniera, lo sbarco di carri armati e camion. Allen Dulles, capo della CIA, si trovava a Puerto Rico per imbarcarsi col gruppo della “Operazione 40”, ideata dalla CIA e tenuta segreta anche allo stesso Kennedy, che comprendeva un gruppo di tiratori scelti dell’agenzia, inizialmente quaranta e poi ottanta, che avevano il compito di eliminare i quadri politici cubani. A capo del gruppo di fuoco c'era Joaquin Sanjenis Perdomo, ex capo della polizia a Cuba, al tempo del presidente Socarrás.

Gli aerei da caccia cubana, salvatisi dai bombardamenti del 15 aprile perché nascosti lontano dagli aeroporti, si levarono in volo e affondarono la nave di comando Rio Escondido e la nave Houston, le quali trasportavano munizioni, ricetrasmittenti e rifornimenti, lasciando gli uomini completamente inermi sulla spiaggia. L’aviazione danneggiò inoltre alcuni mezzi da sbarco e altre tre barche. Il 18 aprile, secondo giorno d’assalto, Chruščёv minacciò un intervento delle forze armate russe e scrisse da Mosca una lettera, diretta a Washington, intitolata: “Sia posta fine all'aggressione statunitense contro la Repubblica di Cuba”. I mercenari, nel frattempo, dopo aver conquistato alcuni piccoli villaggi della zona, iniziarono ad essere respinti sui propri passi. Il 19 aprile, il corpo di sbarco, avendo finito le munizioni e fisicamente allo stremo, ritirandosi verso la spiaggia fu stretto in una forbice: da un lato i pescecani, dall’altro i castristi. Furono mandati in loro soccorso otto bombardieri, ma ne furono abbattuti quattro e fu data la ritirata. Il contingente della CIA della “Operazione 40”, che stava procedendo su un battello in rotta verso l'Avana, fu richiamato quando si seppe che non poteva essere impiegato perché lo sbarco era fallito.

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Quando i dirigenti del campo di Miami, pronti a partire per prendere le redini del paese, si resero conto che la partenza era rimandata, capirono che l’operazione era fallita. Nessuno sapeva cosa fare, così si misero in contatto con Kennedy e chiesero l'intervento dell'aeronautica militare statunitense per rovesciare le sorti della battaglia. Il presidente disse che la lotta contro il comunismo si combatteva su molti fronti e che in questa lotta gli Stati Uniti non potevano perdere di vista l'intero quadro della situazione mondiale, poi diede disposizioni per il piano di salvataggio dei superstiti.

L'operazione, nonostante i combattenti sbarcati avessero ricevuto un approfondito addestramento militare americano e un rilevante supporto logistico, fu un clamoroso insuccesso. I combattenti anticastristi ebbero circa 109 morti, mentre l'esercito cubano ebbe 157 morti, di cui molti civili. Ventisei combattenti riuscirono a ritirarsi e furono tratti in salvo su un sommergibile americano; essendo rimasti cinque giorni senza cibo e senza acqua si trovavano in condizioni pietose. Circa 1.500 mercenari controrivoluzionari si arresero, furono arrestati, imprigionati e processati. Furono trattati umanamente e poi rilasciati il 23 dicembre 1962, in cambio di circa 50 milioni di dollari in alimenti e farmaci. Ne furono trattenuti due che erano stati condannati in precedenza a Cuba per omicidio e condannati a trent'anni di prigione. I banditi dell’Escambray, rastrellati nei mesi precedenti, rimasero immoti, incapaci di decidere un’azione qualsiasi.

Alcuni giorni dopo, i periodici americani pubblicavano: “KENNEDY DIFENDE LO SBARCO ALLA BAIA DEI PORCI. Il biasimo del mondo mina il prestigio del presidente”23, “LA CIA SOTTO ACCUSA PER IL FIASCO ALLA BAIA DEI PORCI. I leader degli esuli cubani accusano Kennedy di codardia”24, “KENNEDY: - UN SECONDO ATTACCO AEREO AVREBBE POTUTO SCATENARE LA TERZA GUERRA MONDIALE -. La comunità degli esuli onora i suoi eroi caduti e fatti prigionieri”25. 23James Ellroy, American tabloid, traduzione di Stefano Bortolussi, Milano: Mondadori, ottobre 2010, p.466

24James Ellroy, American tabloid, traduzione di Stefano Bortolussi, Milano: Mondadori, ottobre 2010, p.466

25James Ellroy, American tabloid, traduzione di Stefano Bortolussi, Milano: Mondadori, ottobre 2010, p.466

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L’attacco dunque non solo fallì lasciando Cuba nelle mani di Castro, ma provocò anche una scintilla all’interno del conflitto globale. Cuba aveva resistito e dichiarava al mondo intero la sua posizione socialista: “Il 1° maggio [Castro] dichiarò che Cuba era una repubblica socialista e da allora la sua marcia verso la piena trasformazione del sistema cubano in senso marxista-lelinista, cioè modellato sull’esempio sovietico, divenne irreversibile.”26 Cuba aveva resistito all’attacco statunitense e ora lanciava nel mondo l’immagine di rivoluzione reale, che aveva abbattuto la tirannia e fermato il contrattacco imperialista. Castro dichiarò: “Non è mai successo nella storia che sia stato vinto un popolo rivoluzionario che abbia realmente conquistato il potere.”27

Capitolo 3 - Conseguenze

Cuba aveva vinto, l’America aveva fallito miseramente. All’Avana la gioia era immensa, a Washington si escogitava un piano per uscire dalla nube di fumo che aveva creato. La lotta però non era ancora conclusa. Gli Stati Uniti non si sarebbero dati per vinti e l’isola caraibica sapeva che questa era una piccola vittoria, ma non quella finale.

In questo terzo e ultimo capitolo, si cercherà di valutare come fu vissuta la tentata aggressione soprattutto a livello internazionale. Si vedrà quali furono le successive mosse dei due avversari, ma soprattutto vedremo quale fu il riscontro dello scontro in America Latina. Si parlerà della Russia, dell’Alleanza per il Progresso e della “Operazione mangusta”. Infine, attenendosi a ciò che abbiamo detto e stiamo per dire, si tenterà, anche se non con facilità, di tirare delle conclusioni che mostrino gli effetti della rivoluzione cubana a livello internazionale.

A Cuba, la fuga dell’aggressore aveva portato un’immensa felicità popolare. Tuttavia, l’isola era ancora affossata nell’embargo navale e nella necessità di portare avanti la rivoluzione. La spinta dello scontro aveva

26 Ennio Di Nolfo , Storia delle relazioni internazionali 1918-1999, nuova edizione riveduta e ampliata, Roma, Bari: Laterza, 2000, p.1058

27 Saverio Tutino, La rivoluzione cubana, per, Storia delle rivoluzioni del XX secolo, a cura di Roberto Bonchio, introduzione di Eric Hobsbawn, Roma: Editori Riuniti, 1966, p.1488

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aumentato per un breve periodo la produzione, anche se, le restrizioni, soprattutto sul cibo, attanagliavano la popolazione. Il problema sembrava provenire soprattutto dall’aumento vertiginoso di contadini che, dalla vittoria della guerriglia, avevano accesso al consumo, ma, oltre a ciò, si registrava la mancanza di materie prime, d’attrezzature, d’ingegneri e tecnici e una scarsa disciplina nella pianificazione. Contrariamente, la campagna di alfabetizzazione procedeva a grandi ritmi e la sanità appariva più che prestigiosa nel paese. Il 23 dicembre 1961, si tenne la manifestazione conclusiva della campagna di alfabetizzazione, dove i risultati apparvero eccezionali: “settecentosettemila alfabetizzati; rimane da alfabetizzare solo il 3,9% della popolazione.”28 Altro problema centrale del “dopo scontro” fu invece l’avvento del “settarismo”, ovvero una manifestazione di sfiducia da parte del PSP (partito comunista) verso coloro che non erano “marxisti autentici” di vecchia data, e quindi un allontanamento di questi dalla vita politica e del partito. Il PSP cercava di impadronirsi delle ORI29 sostituendo i quadri contadini del Movimento 26 luglio con burocrati marxisti svogliati, assenteisti e approfittatori. Questo portava alla creazione di un doppio potere: “da un lato ministri e dirigenti rivoluzionari che nella carenza istituzionale non avevano ancora ben definito le loro funzioni, dall’altro l’ufficio delle ORI che di fatto governava il paese, decidendo in maniera insindacabile nomine e spostamenti di quadri, creando nuclei e sezioni del partito quasi esclusivamente sulla base di nepotismo o di legami preesistenti nell’apparato del PSP.”30 Il 26 marzo 1962, in un intervento televisivo, Castro annuncia l’allontanamento di Aníbal Escalante (segretario del PSP), accusato di “settarismo”, come spiega Guevara a giornalisti cileni: “Ci fu il tentativo da parte di Escalante, che già controllava le cariche rappresentative, di dominare anche gli apparati di repressione; questo fu un chiaro segnale di allarme. Credo che siamo riusciti a fermarlo in tempo, perché si evitarono rivolte. Non si può lavorare in nome della giustizia commettendo ingiustizie (…) Il problema

28Paco Ignacio Taibo II, Senza perdere la tenerezza. Vita e morte di Ernesto Che Guevara, (titolo originale: Ernesto Guevara tambíen conocido como el Che. Nueva edición corregida y actualizada), traduzione di Gloria Cecchini, Gina Maneri e Sandro Ossola, Milano: Il Saggiatore, 2004, p.412

29 “Organizzazioni Rivoluzionarie Integrate”, furono formate dall'unione del “Movimento 26 luglio” di Fidel Castro con il “Partito Socialista popolare” di Blas Roca e il “Direttivo Rivoluzionario 13 marzo” di Faure Chomón, nel luglio 1961. Il 26 marzo 1962, l'ORI divenne il “Partito Unito della Rivoluzione Socialista cubana” (PURSC), che a sua volta si trasformò nel “Partito comunista cubano” il 3 ottobre 1965, con Castro come primo segretario.

30 Saverio Tutino, L’ottobre cubano: Lineamenti di una storia della rivoluzione castrista, terza edizione, Torino: Einaudi, 1971, p. 344

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fondamentale era Aníbal Escalante, ma era un vizio di struttura, non di persone (…) Allora ci rendemmo conte che c’erano cinquecento Aníbal, che costituivano una rete di conniventi (…) Le ORI sembravano agenzie di collocamento (…) I dirigenti delle ORI si prendevano per sé le case migliori, le cose migliori, e regalavano la Cadillac alle amanti. Non capivamo chiaramente come, ma le ORI arrivavano a un ministero e lo saccheggiavano.”31 Ora, bisognava costituire un partito solido e unito capace di portare a effetto la politica della rivoluzione. Nacque così il Partito Unito della Rivoluzione Socialista (PURS), un partito di filosofia marxista, ristretto e selezionato, nel quale potevano iscriversi soltanto i lavoratori che lo meritavano e nel quale il PSP aveva pochissimi rappresentanti. Dunque, nonostante qualche successo, i problemi a Cuba erano molti. La rivoluzione era iniziata da due anni e aveva già subito molti tradimenti, ritardi e scontri, ma, nel complesso, la nazione cresceva e s’imponeva sempre più agli occhi del mondo.Negli Stati Uniti, intanto, tutti erano in effervescenza. Il presidente, dopo essersi scusato con il mondo intero per l’attacco “non americano”, decise di costituire un gruppo di studio allo scopo di indagare i motivi del fallimento e affrontare i problemi del rapporto con l’isola. Venne creato così il JM/Wave (laboratori attrezzati per studi segreti nel complesso dell’università di Miami). Tuttavia, questo istituto non sembrava affatto studiare i problemi di rapporto tra le due nazioni, ma sembrava più un premio dato alla CIA per il suo fallimento. Da questo nuovo centro nacque l’“Operazione Mangusta”. Operazione della CIA, iniziata nel 1961 e terminata nel 1975, che prevedeva l’uso della forza militare, di sabotaggi e assassinii contro i principali dirigenti cubani. Includeva addirittura l’uso di armi chimiche non letali, destinate a far ammalare gli operai con lo scopo di colpire la produzione del paese. L’operazione portò alla realizzazione di 5.780 azioni terroristiche e 716 sabotaggi ad infrastrutture economiche cubane, in poco più di un anno.

L’“Operazione Mangusta” non era tuttavia l’unico tentativo di perpetuare le pressioni verso Cuba: “Riprendendo un’altra idea lanciata da Eisenhower un anno prima e approvata dal Congresso nel marzo 1961, per uno stanziamento di 500 milioni di dollari a favore di un Fondo interamericano per il progresso sociale, [Kennedy] ne sviluppò la portata in un progetto più

31Paco Ignacio Taibo II, Senza perdere la tenerezza. Vita e morte di Ernesto Che Guevara, (titolo originale: Ernesto Guevara tambíen conocido como el Che. Nueva edición corregida y actualizada), traduzione di Gloria Cecchini, Gina Maneri e Sandro Ossola, Milano: Il Saggiatore, 2004, p.420

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vasto, al quale diede il nome augurale di Alianza para el progreso, cioè Alleanza per il progresso.”32 Il 5 agosto 1961 ebbe inizio a Punta del Este, in Uruguay, una conferenza di ministri economici delle repubbliche americane che dettava le basi dell’alleanza. Il programma era destinato a tutti i paesi del continente americano con l’eccezione di Cuba: “Era un tentativo di rilanciare, con un tangibile contenuto concreto, la politica di buon vicinato, per contenere la minaccia castrista.”33 Tuttavia i cubani parteciparono a questo incontro e inviarono “il dittatore rosso dietro Castro”34 Che Guevara, il quale aveva discusso con il leader cubano i contenuti per l’incontro: si prepararono ad attaccare l’alleanza contrapponendovi i risultati dei primi due anni di rivoluzione. L’arrivo a Punta del Este era già un anteprima di ciò che era il sentimento del popolo dell’America Latina. La folla applaudì e acclamò Guevara con la stessa forza e intensità con cui aveva denigrato la delegazione americana. Il primo intervento fatto dal Che apparve subito molto duro. Egli iniziò il suo discorso spostando subito l’attenzione dal piano economico a quello politico e, dopo una rivisitazione dei soprusi subiti dagli americani durante gli ultimi anni e non solo, inizia avvalorando i risultati della rivoluzione (riforma agraria, eguaglianza fra i sessi, abbattimento della discriminazione razziale, successo dell’alfabetizzazione, ecc.), per concludere, attaccando le radici del progetto americano: “non avete un po’ l’impressione che vi stiano prendendo in giro? Si danno dollari per fare strade, si danno dollari per aprire sentieri, si danno dollari per costruire oleodotti (…) Perché non si danno dollari per attrezzature, dollari per macchinari, dollari perché i nostri paesi sottosviluppati possano trasformarsi una volta per tutte in paesi agricolo-industriali? È veramente triste. […] Cuba è la gallina dalle uova d’oro, finché c’è Cuba, ci finanziano. […] noi non ci opponiamo al fatto che ci lascino da parte nella distribuzione di crediti, ma ci opponiamo a che ci lascino da parte nell’intervento nella vita culturale e spirituale dei nostri popoli latinoamericani (…) Quello che non accetteremo mai è che si boicotti la nostra libertà di commerciare e di avere relazioni con tutti i popoli del mondo.”35 Il discorso del Che non conquisterà la pietà di

32Ennio Di Nolfo , Storia delle relazioni internazionali 1918-1999, nuova edizione riveduta e ampliata, Roma, Bari: Laterza, 2000, p. 1059

33Ennio Di Nolfo , Storia delle relazioni internazionali 1918-1999, nuova edizione riveduta e ampliata, Roma, Bari: Laterza, 2000, p. 1059

34 Paco Ignacio Taibo II, Senza perdere la tenerezza. Vita e morte di Ernesto Che Guevara, (titolo originale: Ernesto Guevara tambíen conocido como el Che. Nueva edición corregida y actualizada), traduzione di Gloria Cecchini, Gina Maneri e Sandro Ossola, Milano: Il Saggiatore, 2004, p.369

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nessuno della platea. Il suo messaggio non era tuttavia indirizzato a loro, era diretto alla nuova sinistra latinoamericana. Guevara ebbe modo, inoltre, di parlare con Richard Goodwin, consulente del presidente americano, di una riappacificazione tra le due nazioni, ma non ricevette alcuna successiva risposta dal presidente Kennedy, al quale le proposte erano indirizzate. Direttosi a Buenos Aires, incontrò Arturo Frondizi, presidente argentino, con il quale discussero delle future elezioni cubane e di una possibile entrata di Cuba nel Patto di Varsavia (cosa che Guevara negò subito). A Brasilia il Che è invitato a incontrare Janio Quadros, presidente brasiliano, il quale dichiara pubblicamente di appoggiare Cuba sul diritto dell’autodeterminazione dei popoli. Con il passare dei mesi, i tre paesi che appoggiarono Cuba durante i lavori (Brasile, Argentina e Bolivia) caddero vittime di colpi militari. Il 20 gennaio 1962 si tenne un nuovo incontro dei ministri dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA)36. In questa riunione, che si presentava come un secondo appuntamento dell’Alleanza, l’argomento cubano era all’ordine del giorno. Questa volta, si presentò il presidente cubano Dorticòs alla riunione di Punta del Este, il quale propose una tesi basata su sei punti: “1) tutte le nazioni hanno il diritto di darsi il regime che ritengono più opportuno; 2) Cuba non era legata con nessuno da patti militari; 3) Cuba si stava armando per difendersi e non per attentare alla sicurezza di nessuno; 4) nessuna potenza extracontinentale aveva sollecitato e ottenuto basi militari a Cuba; 5) la rivoluzione aveva portato a Cuba la vera democrazia; 6) la differenza di regimi non doveva ostacolare la coesistenza negli organismi regionali.”37

Nonostante la fermezza del presidente cubano, la conferenza decise a maggioranza (con l’astensione del Cile, dell’Argentina, della Bolivia, dell’Ecuador e del Messico), l’espulsione immediata di Cuba dall’Organizzazione: “Ma il successo era solo apparente. L’astensione dei paesi più popolati del mondo latino-americano mostrava un profondo dissenso rispetto al modo secondo cui Kennedy combatteva contro Castro. Sebbene la quasi unanimità dei paesi presenti alla conferenza condannasse

35Paco Ignacio Taibo II, Senza perdere la tenerezza. Vita e morte di Ernesto Che Guevara, (titolo originale: Ernesto Guevara tambíen conocido como el Che. Nueva edición corregida y actualizada), traduzione di Gloria Cecchini, Gina Maneri e Sandro Ossola, Milano: Il Saggiatore, 2004, p.404

36 Organizzazione internazionale di carattere regionale che comprende i 35 stati indipendenti delle Americhe. L'organizzazione è il principale forum politico per il dialogo multilaterale e per la soluzione di problemi politici. Lo scopo dell'organizzazione è di mantenere la pace, rinforzare la democrazia e i diritti dell'uomo, e migliorare le condizioni sociali ed economiche dei paesi dell'America.

37Saverio Tutino, L’ottobre cubano: Lineamenti di una storia della rivoluzione castrista, terza edizione, Torino: Einaudi, 1971, p. 339

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il regime marxista-leninista di Castro come -incompatibile- con il sistema interamericano, la divisione fra gli Stati uniti e i maggiori paesi dell’emisfero occidentale emerse con netta evidenza. Le promesse di grandi aiuti economici non bastavano a colmare anni di disattenzione o di azione nettamente orientata in senso subordinante.”38 L’alleanza, non deve essere solamente considerata, tuttavia, come una copertura per allontanare Cuba dai rapporti interamericani, ma deve essere intesa, inoltre, come un primo serio tentativo per stabilire un’intesa, meno inquinata dei precedenti storici, tra i paesi del continente americano. Nonostante i sotterranei buoni propositi degli Stati Uniti, l’Alleanza per il Progresso figurava come un’ulteriore ritorsione verso Cuba. L’isola era dunque rimasta senza alcun sostegno occidentale, ma questo non significava che le loro speranze fossero perse.Il 4 febbraio 1962, in risposta agli eventi di Punta del Este, in un discorso pubblico, Castro promulga la II Dichiarazione dell’Avana, un documento programmatico nel quale espone la posizione cubana in materia internazionale. Il leader cubano, dopo un avvio storico sulle rivoluzioni (a partire da quelle medievali) e sul significato di esse, si concentra sulla scelta socialista cubana, attaccando il modello capitalistico americano e tutti i governi oligarchici dell’America Latina che appoggiano tale capitalismo (riferendosi alla decisione di espellere Cuba dall’OSA): “At Punta del Este a great ideological battle unfolded between the Cuban Revolution and Yankee imperialism. Who did they represent there, for whom did each speak? Cuba represented the people; the United States represented the monopolies. Cuba spoke for America's exploited masses; the United States for the exploiting, oligarchical and imperialist interests; Cuba for sovereignty; the United States for intervention; Cuba for the nationalization of foreign enterprises; the United States for new investments of foreign capital. Cuba for culture; the United States for ignorance. Cuba for agrarian reform; the United States for great landed estates. Cuba for the industrialization of America; the United States for underdevelopment. Cuba for creative work; the United States for sabotage and counterrevolutionary terror practiced by its agents the destruction of sugarcane, fields and factories, the bombing by their pirate planes of the labor of a peaceful people. Cuba for the murdered teachers; the United States for the assassins. Cuba for bread; the United States for hunger. Cuba for equality; the United States for privilege and discrimination. Cuba for the truth; the United States for lies. Cuba for liberation; the United States for oppression. Cuba for the bright future of humanity; the United States

38 Ennio Di Nolfo , Storia delle relazioni internazionali 1918-1999, nuova edizione riveduta e ampliata, Roma, Bari: Laterza, 2000, p. 1059

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for the past without hope. Cuba for the heroes who fell at Giron to save the country from foreign domination; the United States for mercenaries and traitors who serve the foreigner against their country. Cuba for peace among peoples; the United States for aggression and war. Cuba for socialism; the United States for capitalism.”39 Questa dichiarazione-manifesto illustra, inoltre, come si svolse la guerriglia cubana e come le condizioni sociali, politiche, geografiche e culturali dell’America Latina siano predisposte alla rivoluzione: “What is it that is hidden behind the Yankee's hatred of the Cuban Revolution? What is it that rationally explains the conspiracy which unites, for the same aggressive purpose, the most powerful and richest imperialist power in the modern world and the oligarchies of an entire continent, which together are supposed to represent a population of 350 million human beings, against a small country of only seven million inhabitants, economically underdeveloped, without financial or military means to threaten the security or economy of any other country? What unites them and stirs them up in fear? What explains it is fear. Not fear of the Cuban Revolution but fear of the Latin American revolution. Not fear of the workers, peasants, intellectuals, students, and progressive sectors of the middle strata which, by revolutionary means, have taken power in Cuba; but fear that the workers, peasants, students, intellectuals, and progressive sectors of the middle strata will, by revolutionary means, take power in the oppressed and hungry countries exploited by the Yankee monopolies and reactionary oligarchies of America; fear that the plundered people of the continent will seize the arms from the oppressors and, like Cuba, declare themselves free people of America.”40 Il messaggio di Castro apparve come una dura risposta alle decisioni prese dall’OSA. Come, del resto, deve essere stato un duro colpo per gli Stati Uniti, che cercavano di abbattere il regime castrista ed evitare l’“esportazione” della rivoluzione in America Latina. Nota dolente deve essere stata soprattutto la chiusura della dichiarazione, nella quale Castro esortava una diffusione planetaria del documento, soprattutto alle classi disagiate. Il governo sovietico, contrariamente al resto dei paesi dove la Dichiarazione fu promulgata, mandò un significativo messaggio di simpatia: “I popoli dell’URSS saranno sempre con voi.”41

39 http://www.walterlippmann.com/fc-02-04-1962.pdf

40 http://www.walterlippmann.com/fc-02-04-1962.pdf

41Saverio Tutino, L’ottobre cubano: Lineamenti di una storia della rivoluzione castrista, terza edizione, Torino: Einaudi, 1971, p. 340

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I Russi, infatti, non abbandonarono Cuba dopo il divorzio con l’OSA. I rapporti fra le due nazioni erano ancora ben saldi e la loro fusione sembrava essere sempre maggiore, anche se, a tratti alterni, si vissero delle scaramucce. I cubani erano preoccupati del ritiro dei tecnici russi dalla Cina. Temevano che sarebbe successo anche a loro, a partire dal giorno in cui le loro opinioni si sarebbero scontrate. I russi, dal canto loro, temevano per le forti provocazioni che Castro spesso pronunciava, irritando il gigante capitalista. Insomma, I russi temevano che Castro li avrebbe portati a un terzo conflitto globale. Tuttavia, questa è una mezza verità, poiché furono proprio i Russi ad accendere la miccia che portò le potenze sull’orlo del conflitto. Il Presidium socialista, si riunì nel aprile-maggio 1962 per elaborare una strategia che avrebbe messo cuba al riparo dalla minaccia statunitense e avrebbe pesato, allo stesso tempo, nel più ampio piatto della Guerra Fredda. Fidel, il 30 maggio 1962, convocò una riunione molto ristretta, a cui erano presenti (oltre a lui), suo fratello Raúl, il presidente Dorticós e l’argentino Guevara. Castro li informa che il giorno precedente, il maresciallo sovietico Birjuzov aveva proposto, su iniziativa di Chruščёv, di rinforzare le difese cubane con testate nucleari, e che aveva rimandato la decisione a quell’assemblea: “ non ci piacevano i missili, danneggiavano l’immagine della rivoluzione in America Latina. I missili ci trasformavano in una base militare sovietica, e pensavamo che rafforzassero il blocco socialista.”42

Fatto sta che i partecipanti a quella riunione accettarono l’offerta russa. Quando Raúl Castro, si reco a Mosca nel luglio 1962, seguito da Guevara in agosto, con la dichiarazione ufficiale di trattare “questioni economiche”, venne messa a punto la bozza di un trattato che regolamentava l’invio a Cuba di un contingente di circa 45.000 soldati e l’istallazione segreta sull’isola di circa 40 missili con testate nucleari. Il 15 settembre giunge a Mariel (città portuale cubana) il Poltova, un cargo russo, con il primo missile, che sarà trasportato in segreto alla base San Cristóbal: “le forze sovietiche, che in quel momento disponevano solo di 44 missili intercontinentali operativi, grazie all’incremento (che di fatto dava una valenza intercontinentale a missili di portata intermedia) raddoppiavano la loro forza strategica nucleare, in un momento in cui questa doveva fronteggiare un arsenale di 176 ICBM43 americani rafforzato

42Paco Ignacio Taibo II, Senza perdere la tenerezza. Vita e morte di Ernesto Che Guevara, (titolo originale: Ernesto Guevara tambíen conocido como el Che. Nueva edición corregida y actualizada), traduzione di Gloria Cecchini, Gina Maneri e Sandro Ossola, Milano: Il Saggiatore, 2004, p.426

43 Missile balistico intercontinentale (Intercontinental Ballistic Missile)31

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da 114 missili sottomarini e da circa altre 2700 armi nucleari (non tutte - strategiche - e perciò di diversa portata e potenza).”44 Fu solo agli inizi di ottobre dello stesso anno che i servizi segreti americani riuscirono a mettere in allarme la presidenza, la quale autorizzò voli di ricognizione di aerei U-245. Il 15 ottobre i rilievi erano chiari e univoci: I sovietici stavano istallando basi per missili balistici a media gittata con testate nucleari a Cuba. Il 16 ottobre il presidente Kennedy venne informato della situazione e, quello stesso giorno, il gruppo dei più stretti collaboratori del presidente si riunì in seduta speciale del ExComm (Executive Committee of National Security Council), la quale fu sciolta soltanto dopo la fine della “Crisi di Cuba”.

A questo punto, dopo aver esplorato la storia cubana dall’avvento della supremazia statunitense fino alla crisi dei missili, possiamo affermare che lo Sbarco nella Baia dei Porci, così come, più in generale, la rivoluzione cubana, hanno avuto un forte impatto internazionale. La vittoria della rivoluzione cubana ebbe un forte impatto ideologico nella vicina America Latina, come in molti altri paesi del mondo assoggettati da una qualunque supremazia, sia essa capitalistica che dittatoriale. Le idee diffuse dalla rivoluzione cubana cambiarono l’ideologia di molte persone, non solo contadine, ma anche borghesi. Cuba dimostrò al mondo intero che abbattere la repressione era possibile, sia pure in modo violento. Soprattutto nella parte meridionale del continente americano ci si rese conto che esisteva una, purché minima, speranza di vittoria. Cuba ne era l’esempio. A partire già dalla rivoluzione anti-spagnola di Martí, gli ideali di libertà, giustizia e uguaglianza, si trasmisero di generazione in generazione fino al giorno in cui, le condizioni sociali, economiche e politiche hanno permesso la vittoria. Castro fu sì l’uomo della rivoluzione cubana, ma egli fu soprattutto il portavoce di ideali arcaici, arrivati a lui attraverso non solo a una predisposizione personale, ma anche attraverso una immersione nella storia del proprio paese. Castro non fu solo il fautore della rivoluzione, ma colui che la trasformò in realtà. Ora questa realtà si andava trasmettendo in tutto il continente, in tutto il mondo, e il gigante capitalista non poté che sottostare all’elevazione di un popolo che bramava la propria terra, che la desiderava; un popolo che tramandando i propri ideali per generazioni ha, alla fine, trovato l’uomo della provvidenza, il Davide della loro epoca.

44 Ennio Di Nolfo , Storia delle relazioni internazionali 1918-1999, nuova edizione riveduta e ampliata, Roma, Bari: Laterza, 2000, p.1064

45 Aerei da ricognizione in grado di volare ad un’altezza tale da non poter essere rilevati dai radar.32

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A tutto ciò, il gigante Golia non poté che deporre le armi e lasciare che il popolo cubano conquistasse il premio per qui combatté tanto: Cuba.

Lo sbarco, ebbe anch’esso una sua importanza, sicuramente meno ideologica, ma pur sempre importante, soprattutto sul piano politico. L’avvicinamento di Cuba a ideali socialisti provoco un forte sussulto della bilancia. Le potenze che si fronteggiavano nella Guerra Fredda erano ormai usure di incidenti di questo tipo, ma solitamente i confini dei conflitti si trovavano sempre a grande distanza dagli Stati Uniti. In questo caso però, il nemico si sedette sul portone di casa dell’America, osservandola, certo non immobile, mentre cercava in tutti i modi di risolvere un rebus che tutt’oggi si profila: come deporre Castro. Gli avvenimenti della Baia dei Porci destabilizzarono la potenza statunitense. Questi, fieri della loro potenza, carichi del loro orgoglio e superbi delle loro imprese, non avrebbero mai pensato che una così piccola isola avrebbe potuto creare così tanti problemi e umiliazioni. Gli Stati Uniti minarono il loro prestigio per tentare di scacciare un amico scomodo dalla loro festa. Gli americani rischiarono di perdere influenza sull’Europa, sul sud del continente e sul resto del mondo, soltanto perché Castro aveva vinto la rivoluzione e perché, quel barbudo, tentava di allontanare il capitalismo, in favore del socialismo. La paura di un “comunismo occidentale” li terrorizzava. Meglio rischiare due guerre nucleari in due anni che lasciare una piccola isola alla sua libertà. L’atteggiamento degli americani non portò a nulla di buono: furono screditati dai loro alleati, favorirono i loro nemici e per non finire resero l’uomo che odiavano un mito universale. Insomma, lo “Sbarco nella Baia dei Porci” ha creato molti problemi agli Stati uniti, molti di più di quanto essi si aspettassero.

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Bibliografia

“L’ottobre cubano: Lineamenti di una storia della rivoluzione castrista”, Saverio Tutino, terza edizione,Torino: Einaudi, 1971.

“Storia delle relazioni internazionali 1918-1999”, Ennio Di Nolfo, nuova edizione riveduta e ampliata, Roma, Bari: Laterza, 2000.

“Senza perdere la tenerezza. Vita e morte di Ernesto Che Guevara” (titolo originale: Ernesto Guevara tambíen conocido como el Che. Nueva edición corregida y actualizada), Paco Ignacio Taibo II, traduzione di Gloria Cecchini, Gina Maneri e Sandro Ossola, Milano: Il Saggiatore, 2004.

“La rivoluzione cubana”, Saverio Tutino, per “Storia delle rivoluzioni del XX secolo”, a cura di Roberto Bonchio, introduzione di Eric Hobsbawn Roma: Editori Riuniti, 1966.

“American tabloid”, James Ellroy, traduzione di Stefano Bortolussi, Milano: Mondadori, ottobre 2010.

Sitografia

http://www.walterlippmann.com/fc-02-04-1962.pdf (II dichiarazione dell’Avana)

www. wikipedia.com

Filmografia

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13 Days

Che. L’argentino (parte 1)

Che. Guerriglia (parte 2)

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