L1 Ambiente Marino e Risorse

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1 Dott.ssa Monica Mariani LEZIONE N.1 L’AMBIENTE MARINO E LE SUE RISORSE INDICE 1. MARI E OCEANI 2 2. CARATTERISTICHE DELLE ACQUE OCEANICHE 3 2.1. Le Proprietà dell’Acqua 3 2.2. L’Acqua di Mare 5 2.2.1. SALINITÁ 5 2.2.2. COMPOSIZIONE CHIMICA 5 2.2.3. TEMPERATURA 6 2.2.3.1. Il Termoclino 7 2.2.4. PRESSIONE 7 2.2.5. DENSITÁ 8 2.2.6. LUCE 9 2.2.7. IL SUONO 11 3. I MOVIMENTI DEL MARE 11 3.1. Le Onde 11 3.1.1. LA RIFRAZIONE DELLE ONDE 13 3.2. Le Maree 14 3.3. Le Correnti 16 3.3.1. MOTI DI DIVERGENZA E CONVERGENZA 18 4. GLI ECOSISTEMI OCEANICI 19 4.1. Definizione di Ecosistema 19

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1. MARI E OCEANI Il mare potrebbe essere definito un semplice insieme di acque salate . In realtà il mare va inteso come un elemento sempre in movimento che influenza profondamente il clima del pianeta. INDICE 1 Superficie Milioni di Km 2 Profondità media Profondità massima Mari e oceani ricoprono circa il 71% della superficie terrestre (362 milioni di Km 2 ). 2

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Dott.ssa Monica Mariani LEZIONE N.1

L’AMBIENTE MARINO E LE SUE RISORSE

INDICE

1. MARI E OCEANI 2

2. CARATTERISTICHE DELLE ACQUE OCEANICHE 32.1. Le Proprietà dell’Acqua 3

2.2. L’Acqua di Mare 5

2.2.1. SALINITÁ 5

2.2.2. COMPOSIZIONE CHIMICA 5

2.2.3. TEMPERATURA 6

2.2.3.1. Il Termoclino 7

2.2.4. PRESSIONE 7

2.2.5. DENSITÁ 8

2.2.6. LUCE 9

2.2.7. IL SUONO 11

3. I MOVIMENTI DEL MARE 113.1. Le Onde 11

3.1.1. LA RIFRAZIONE DELLE ONDE 13

3.2. Le Maree 14

3.3. Le Correnti 16

3.3.1. MOTI DI DIVERGENZA E CONVERGENZA 18

4. GLI ECOSISTEMI OCEANICI 194.1. Definizione di Ecosistema 19

4.2. L’Ambiente Marino: il Pelago e il Benthos 19

4.3. Le Catene Alimentari 23

4.3.1. UPWELLING E INNESCO DELLA CATENA ALIMENTARE 24

4.4. La Posidonia 25

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1. MARI E OCEANI

Il mare potrebbe essere definito un semplice insieme di acque salate . In realtà il mare va inteso come un elemento sempre in movimento che influenza profondamente il clima del pianeta.

Gli Oceani sono quei bacini che separano i continenti, sono caratterizzati da una profondità media superiore ai 3000 metri e costituiti da fondale basaltico. I Mari invece occupano posizioni marginali rispetto agli oceani (es. Mar Mediterraneo), o ne sono separati in qualche modo (ad esempio mediante stretti – stretto di Gibilterra), possiedono profondità minori rispetto agli Oceani e il fondo è costituito prevalentemente da crosta continentale.

Mari e oceani ricoprono circa il 71% della superficie terrestre (362 milioni di Km2).

Superficie Milioni di Km2 %Emisfero

Boreale Australe

Terre emerse 148 29 39% 20%Acque 362 71 61% 80%Totale 510 100

La profondità media dell’oceano è di circa 3700 m, mentre quella del Mar Mediterraneo (mare interno e aperto) è di circa 1500 m.

Gli Oceani sono tre: l’Oceano Pacifico è il più esteso e il più profondo, l’Oceano Atlantico e l’Oceano Indiano che è il più piccolo.

Superficie Milioni di Km2 Profondità media Profondità massima

Oceano Atlantico 106 (29,5%) 3.740 m 9.219 m (Portorico)Oceano Indiano 75 (20,5%) 3.870 m 7.450 (Sonda)Oceano Pacifico 181 (50%) 4.190 m 11.034 m (Marianne)Mar Mediterraneo 2,5 1.500 m 4.982 m (Matapan)

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Ricoperta per il 70% circa da acqua, la Terra appare come un “pianeta blu”. Pur essendo l’ambiente quindi più diffuso sul nostro pianeta, c’è ancora molto da scoprire sulle profondità oceaniche, in quanto sono difficilmente esplorabili dall’uomo.

Gli ambienti oceanici sono estremamente importanti sia per l’equilibrio del sistema Terra che per l’uomo stesso. Gli oceani sono grandi serbatoi d’acqua da cui l’acqua evapora e sale nell’atmosfera per poi ricadere a terra sotto forma di precipitazioni e infine ritornare agli oceani attraverso i fiumi.

Gli oceani sono anche enormi serbatoi di calore che assorbono l’energia solare e la rilasciano lentamente. Per questo motivo il mare è detto capace di mitigare il clima. In altre parole, gli oceani sono il più importante fattore di controllo del clima sulla Terra: la loro presenza attenua gli sbalzi di temperatura (sia diurni che stagionali).

L’oceano è la culla della vita: più di tre miliardi e mezzo di anni fa vi sono apparse le prime forme di vita. Nell’oceano vivono e si riproducono organismi che fanno parte di un gran numero di ecosistemi diversi e che si sono adattati a vivere in condizioni per noi intollerabili.

Infine gli oceani rivestono una grande importanza per la vita dell’uomo. Basti pensare ai prodotti della pesca, come pesci, molluschi, crostacei e perfino le alghe. Oltre alla grande quantità di alimento, l’uomo ricava dall’oceano, o meglio, dai giacimenti al di sotto di esso, enormi quantità di petrolio e metano.

2. CARATTERISTICHE DELLE ACQUE OCEANICHE

Nelle acque oceaniche sono disciolte diverse sostanze, sotto forma di sali e gas, la cui presenza è fondamentale per la vita nell’ambiente marino. I sali e i nutrienti sono indispensabili per il metabolismo delle cellule; tra i gas disciolti i più importanti sono l’ossigeno e l‘anidride carbonica, senza i quali non potrebbero avvenire i due processi fondamentali di respirazione (animali, organismi eterotrofi) e fotosintesi clorofilliana (vegetali/alghe, organismi autotrofi).

Le acque oceaniche sono in continuo movimento a causa del modo ondoso, delle maree e delle correnti. Tra questi movimenti il più importante è dato dalle correnti, spostamenti per lunghe distanze di grandi masse d’acqua. Esse sono causate principalmente dai venti dominanti che spirano sulla superficie dell’oceano, ma anche dalle differenze di densità dell’acqua, causata dalla maggiore o minore salinità e/o temperatura.

2.1. Le Proprietà dell’Acqua

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L’acqua è un composto chimico di formula molecolare H2O. In natura è tra i principali costituenti degli ecosistemi ed è alla base di tutte le forme di vita conosciute. Basta pensare che l’uomo è in media composto al 60-65% d’acqua; una medusa al 95%.

La molecola dell’acqua è costituita da una molecola di ossigeno e due molecole di idrogeno. L’atomo di ossigeno è più elettronegativo dell’idrogeno e pertanto attrae gli elettroni di legame verso il suo vertice della molecola. Di conseguenza, il vertice della molecola ospita una parziale carica elettrica negativa, mentre le estremità recano una parziale carica elettrica positiva. La molecola d’acqua è pertanto

detta dipolo elettrico. Questa distribuzione delle cariche fa sì che le molecole d’acqua vengano attratte reciprocamente l’una dall’altra. Questa attrazione, chiamata legame idrogeno spiega molte delle proprietà fisiche tipiche dell’acqua.

L’acqua è il miglior solvente naturale per molte sostanze tra cui i sali, ma anche sostanza gassose, come la CO2. Quando un composto ionico (es. Na+Cl-) o polare viene disciolto in acqua, viene circondato dalle molecole d’acqua stesse. Grazie alle loro piccole dimensioni, le molecole di H2O si inseriscono tra un ione e l’altro, orientandosi in modo tale che l’ossigeno (con parziale carica negativa) sia rivolto verso gli ioni con carica positiva, e che l’idrogeno sia rivolto verso gli ioni con carica

negativa. Questo strato di acqua che si frappone fra gli ioni o molecole di soluto, indebolisce l’attrazione tra gli ioni/soluti. Ogni ione o molecola polare si trova quindi ad essere solvatato, cioè circondato completamente da molecole d’acqua.

L’acqua possiede un’elevata tensione superficiale osservabile della geometria sferica delle gocce d’acqua e dal fatto che alcuni oggetti, come un ago, o gli insetti riescono ad appoggiarsi sulla superficie dell’acqua senza affondare o senza romperne la superficie.

L’acqua ha un calore specifico molto elevato. Questo significa che occorre molta energia per fare variare di un grado centigrado la

temperatura dell’acqua e questo fa sì che il mare sia in grado di mitigare il clima ovvero rallentare le variazioni di temperatura.

L'acqua pura è un buon isolante elettrico (cioè un cattivo conduttore di elettricità). Essendo però anche un buon solvente,come abbiamo detto prima, è difficile trovare acqua pura in natura ma spesso essa reca tracce di sali disciolti, che, con i loro ioni la rendono un buon conduttore di elettricità.

Inversamente a quanto si potrebbe pensare, l’acqua a 0°C pur essendo solida (ghiaccio) presenta una densità minore dell’acqua liquida a 4°C. Infatti,

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durante il processo di congelamento il volume d’acqua aumenta. Ed è per questo motivo che il ghiaccio galleggia.

In teoria il pH dell'acqua pura a 25 °C è neutro e pari a 7. In pratica, anche solo per semplice esposizione all'aria, l'acqua, che è un buon solvente, dissolve l’anidride carbonica, formando una soluzione molto diluita di acido carbonico che può arrivare fino ad un valore di pH = 5,6.

Il punto di congelamento dell’acqua è 0°C e il punto di ebollizione è 100°C.

2.2. L’Acqua di Mare

L’acqua di mare è salata perché contiene un miscuglio di sali. A causa dei sali disciolti, l’acqua marina ha una densità maggiore rispetto all’acqua dolce e per questo gli oggetti immersi in essa galleggiano meglio (in quanto ricevono una spinta idrostatica maggiore).

Il sale contenuto nell’acqua abbassa sia il punto di congelamento dell’acqua (di circa 2°C) sia la temperatura a cui l’acqua raggiunge la sua massima densità (fino a circa 0° C).

L’acqua di mare quindi congela a circa -1,9 °C. Il ghiaccio che si forma è sostanzialmente privo di sale: è solo l’acqua a congelare e il sale che ne è stato “espulso” aumenta la salinità e la densità dell’acqua circostante. Questa, essendo acqua fredda e molto salata, risulta appesantita e scende verso il fondo.

2.2.1. SALINITÁ

La Salinità è la quantità di sostanze disciolte presenti in acqua. Si esprime in S ‰ (per mille) ovvero in g di soluto su kg di acqua pura. La salinità media è di circa 35‰. Ciò significa che da un litro di acqua di mare si possono estrarre in media 35 grammi di sali, dei quali il più abbondante è il NaCl o cloruro di sodio (sale da cucina).

Nelle acque marine sono disciolte diverse sostanze, sotto forma di sali e gas, la cui presenza è fondamentale per la vita in questo ambiente.

Nelle acque marine si trovano anche nutrienti, ovvero nitrati e fosfati, che favoriscono lo sviluppo degli organismi autotrofi (alghe).

Oltre ai sali, nitrati e fosfati, nell’acqua marina ci sono due gas disciolti, O2

e CO2, che servono per effettuare i due processi che garantiscono la vita degli esseri viventi: la respirazione e la fotosintesi clorofilliana. Questi gas si disciolgono nell’acqua all’interfaccia tra il mare e l’atmosfera. Senza le correnti, l’ossigeno rimarrebbe solo nei venti metri più superficiali, ma grazie a questi movimenti delle masse d’acqua, arriva anche nella zone più profonde.

Il valore minimo di salinità si raggiunge nel Mar Nero (16‰) e il valore massimo nel Mar Rosso (46‰). Nel Mar Mediterraneo la salinità varia tra 37-39‰.

La concentrazione di sale varia in funzione di diversi fattori: quali l’apporto dei fiumi o delle precipitazioni, l’intensità dell’evaporazione e della formazione dei ghiacci. Quando l’acqua pura evapora o congela, i sali rimangono nell’acqua marina con un aumento della salinità.

La salinità dei mari non aumenta nonostante il continuo apporto di soluti da parte dei corsi d'acqua al mare. Una parte dei soluti che arriva al mare infatti precipita sul fondo o viene utilizzato dagli organismi viventi per il loro normale metabolismo e per la costruzione di gusci e conchiglie (precipitazione biogenica di Carbonato di Calcio, CaCO3).

Acqua di Mare a salinità 34,8‰Ione %Costituenti Maggioritari

Cloro (Cl-) 55.04Sodio (Na+) 30.61Solfato (SO4

2-) 7.68Magnesio (Mg2+) 3.69Calcio (Ca2+) 1.16Potassio (K+) 1.10

Sub-totale: 99.28

Costituenti Minoritari

Bicarbonato (HCO3-) 0.41

Bromo (Br-) 0.19Acido Borico (H3BO3) 0.07Stronzio (Sr2-) 0.04

Sub-totale: 99.99

Elementi In tracce 0.01

Totale: 100.00

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2.2.2. COMPOSIZIONE CHIMICA

Nell’acqua di mare troviamo tutti gli elementi chimici noti che possiamo distinguere in 4 categorie.

_ Elementi principali: sono i sali in soluzione e tra tutti sono i più abbondanti;

_ Nutrienti: composti assimilati dai produttori primari (organismi vegetali) e provenienti dalla terraferma o dalla mineralizzazione della sostanza organica, come N (nitrati), P (fosfati), Si (silicati) e Oligoelementi (Cu, Fe, Mg, Zn…) o elementi presenti in tracce, ovvero in piccole quantità;

_ Elementi radioattivi;

_ Gas disciolti: tutti i gas atmosferici sono presenti in soluzione. I gas più abbondanti sono azoto, ossigeno ed anidride carbonica.

2.2.3. TEMPERATURA

La temperatura media delle acque superficiali degli oceani è di 15°C mentre se si considerano le acque profonde la media scende a soli 3,5°C. Infatti l’acqua superficiale si riscalda a contatto con l’atmosfera e sotto i raggi del sole, in profondità invece, si accumulano le acque fredde che, essendo più dense, sono più pesanti.

Le acque abissali oceaniche hanno temperature costanti e molto prossime allo zero, ma non congelano a causa delle elevate pressioni alle quali sono sottoposte. Le acque profonde del Mediterraneo, che in alcuni punti supera i 4000 m di profondità, hanno una particolarità in quanto presentano sempre valori di circa 12-13°C.

La temperatura varia in relazione alla latitudine (maggiore all’equatore e diminuisce pian piano verso i poli), alla stagione ed alle correnti degli strati superficiali. Le radiazioni solari assorbite, fino alla profondità di 100/200 metri, riscaldano molto lentamente l'acqua superficiale a causa della sua capacità termica. Tale calore viene riceduto, dal mare all’atmosfera, sempre molto lentamente quando le radiazioni non sono presenti (notte) o diminuiscono durante le stagioni (inverno).

In senso verticale, la temperatura decresce dalla superficie al fondo. Lo strato superficiale ha una temperatura costante, invece che decrescente, in quanto il vento e le onde da esso provocate, rimescolano i primi metri d’acqua. Al di sotto di questo strato più caldo e rimescolato si incontra una zona di transizione in cui la temperatura decresce molto rapidamente.

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Lo strato che separa le acque superficiali da quelle profonde e che è caratterizzato da una rapida diminuzione della temperatura, prende il nome di termoclino. Il termoclino può avere uno spessore variabile a seconda della latitudine (e del clima) e della stagione.

Sotto alla zona di transizione in cui si incontra il termoclino le acque hanno una temperatura costante e ovviamente minore della temperatura delle acque di superficie.

2.2.3.1. Il Termoclino

L'importanza del termoclino per i processi biologici è grandissima. La diminuzione repentina della temperatura (di anche oltre 10°C) determina una forte variazione della densità delle acque. In corrispondenza del termoclino si forma quindi un picnoclino (dal greco, gradiente di densità) che costituisce un vero e proprio sbarramento per i movimenti verticali, tra le acque più calde superficiali e quelle più fredde sottostanti, del plancton e dei nutrienti.

In particolare, i nutrienti rimangono intrappolati nelle acque profonde, mentre il plancton rimane bloccato nella zona più superficiale. Il plancton è costituito da piccoli organismi che sono alla base della catena alimentare. Il fitoplancton (organismi vegetali) ha bisogno dei nutrienti per accrescersi e per costituire quindi a sua volta l’alimento dello zooplancton (organismi animali) e via dicendo verso i livelli superiori della catena alimentare (pesci planctivori, pesci pescivori e infine i grandi predatori). La catena alimentare è pertanto fortemente condizionata dalla presenza e dalla profondità del termoclino.

Nel Mar Mediterraneo, la quantità di energia solare che raggiunge la superficie del mare cambia a seconda delle stagioni e di conseguenza la temperatura delle acque superficiali varia nel corso dell'anno dai minimi invernali ai massimi estivi.

In estate si forma un termoclino ben definito che separa nettamente uno strato di acque calde superficiali da uno strato inferiore di acque più fredde. In autunno, quando la radiazione luminosa diminuisce e i venti soffiano più forti, la temperatura delle acque superficiali tende a diminuire e il termoclino si riduce gradualmente di spessore. In inverno, l'ulteriore diminuzione della temperatura determina la scomparsa del termoclino e il completo rimescolamento delle acque superficiali con quelle profonde. Infine in primavera la temperatura delle acque aumenta e progressivamente si riforma il termoclino e una stratificazione delle acque.

2.2.4. PRESSIONE

Semplicemente, la pressione è il rapporto tra forza e superficie, ed è espressa in Kg/cm2. La pressione atmosferica non è altro che il peso della colonna d’aria sovrastante che grava su di un corpo posto al livello del mare. Questo peso equivale ad 1 kg, considerando una colonna d’aria alta 10.000 m, e corrisponde alla

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pressione presente al livello del mare. Per convenzione viene associato all’unità di misura di 1 atm (atmosfera).

Considerando che l’acqua è circa 770 volte più densa dell’aria, si può intuire che la variazione di pressione lungo la colonna d’acqua, avverrà in maniera molto più rapida: ad ogni 10 metri di profondità corrisponde infatti un incremento di pressione di 1 atm.

Visto che sulla superficie del mare già grava la pressione atmosferica, a 20 m saremo quindi sottoposti ad una pressione di 3 atm, così come a 50 m a quella di 6 atm, ecc.

La pressione è importante da un punto di vista chimico perché favorisce la soluzione di vari composti; fisicamente, fa aumentare la densità dell’acqua; biologicamente, impedisce o limita le migrazioni verticali degli organismi.

2.2.5. DENSITÁ

La densità di un corpo è definita come il rapporto tra la massa del corpo ed il volume del medesimo corpo. Essa dipende dalla temperatura, dalla salinità e dalla pressione. In particolare la densità diminuisce con l’aumentare della temperatura e aumenta con l’aumentare della salinità e della pressione. Le acque più dense sono quindi quelle più fredde, più salate e più profonde.

La densità è indispensabile per il galleggiamento di alcuni organismi ed influisce sulle condizioni dinamiche (di movimento) delle acque. Le acque più dense e pertanto più pesanti affondano e scorrono al di sotto delle acque meno dense e più leggere.

In funzione della densità le masse d’acqua marina possono essere divise in tre strati. Le acque meno dense formano uno strato superficiale rimescolato: al suo interno, temperatura e salinità possono variare spesso a causa del diretto contatto con l’aria e le condizioni atmosferiche. Per esempio, una forte evaporazione può causare un aumento della salinità, mentre lo spirare a lungo di venti freddi possono far abbassare la temperatura superficiale.

Lo strato intermedio è uno strato di transizione chiamato picnoclino. In realtà la densità qui non cambia di molto. Di fatto la transizione è data da una barriera, spesso coincidente con il termoclino, che divide lo strato superficiale da quello profondo. Questa stratificazione delle masse d’acqua limita fortemente i movimenti verticali delle masse d’acqua stesse tra i due strati.

Lo strato inferiore profondo è costituito da acqua fredda e densa.

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2.2.6. LUCE

L’energia luminosa che arriva alla Terra dal Sole, viene al 50% assorbita e riflessa dalla copertura nuvolosa. Il restante 50% raggiunge la superficie terrestre e marina, riscaldandola.

Quando raggiunge la superficie marina, il 4% circa dell’energia luminosa viene riflessa dalla superficie del mare stessa, soprattutto se il mare è mosso. La luce riflessa dipende anche dall’angolo di incidenza: se il sole è allo zenit (ovvero perpendicolare alla superficie) la maggior parte della luce penetra nell’acqua sottostante. Se il sole è all’orizzonte, la maggior parte della luce viene riflessa, rimbalza, sulla superficie, e poca penetra nella colonna d’acqua.

Capiamo quindi perché all’equatore, dove il sole è allo zenit, la luce penetra molto di più nell’acqua e la temperatura è quindi maggiore, piuttosto che ai poli, dove il sole si trova poco al di sopra dell’orizzonte durante la breve estate polare.

Allo stesso modo, l’energia solare che penetra nell’acqua marina è maggiore in estate piuttosto che in inverno e quindi dipende anche dalle stagioni.

La luce che penetra all'interno dell'acqua cambia con la profondità, sia quantitativamente che qualitativamente, ovvero scendendo dalla superficie alle profondità, la luce diminuisce rapidamente di intensità (a 100/200 m è già buio), e cambia la sua composizione spettrale (lunghezza d'onda) in quanto alcune lunghezze d’onda vengo assorbite più rapidamente di altre.

L’acqua infatti assorbe selettivamente le diverse lunghezze d’onda che compongono lo spettro del visibile. Lo spettro del visibile include tutti i colori compresi tra 400 e 700 nm (nm = nanometri = 10 -6 m) ovvero i colori che vanno dal violetto al rosso passando per il blu, verde, giallo e arancione.

Oltre il rosso da una parte e oltre il violetto dall’altra vi sono due lunghezze d’onda a noi non visibili ma molto importanti: l'infrarosso che produce il riscaldamento e l'ultravioletto che ha un’importante azione antibatterica.

L'ultravioletto e l'infrarosso non superano i primi 50 cm di profondità. Successivamente si estinguono il rosso, l'arancione, il giallo, il verde e il violetto mentre il blu raggiunge le maggiori profondità. Questo è il motivo per cui il mare aperto ha un colore blu intenso.

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Se quindi ci immergiamo in mare, possiamo osservare i veri colori degli oggetti solo in superficie, dove arriva tutta la banda dello spettro luminoso, o illuminando gli scogli o il fondo con una torcia se ci troviamo a maggiori profondità.

Inoltre, le particelle (inorganiche e organiche che siano) in sospensione assorbono e riflettono parte della luce e per questo acque più torbide sono meno trasparenti. In acque molto torbide, la luce non penetra oltre i 50 m di profondità. Nelle acque oceaniche più trasparenti la luce raggiunge e supera i 100-150 m.

In funzione della penetrazione della luce possiamo dividere la colonna d’acqua in tre zone:

_ la zona eufotica (dal greco ben illuminata) è la zona più superficiale che viene raggiunta da un livello ottimale di luce solare, sufficiente a permettere i processi fotosintetici da parte delle piante e batteri e conseguentemente è la zona più ricca di fitoplancton. In questa zona, la produzione primaria di materia organica derivante dalla fotosintesi supera il consumo di materia organica derivante dalla respirazione. In genere questa zona si estende fino a 50 m nelle acque torbide, 150-200 m nelle acque più trasparenti.

_ la zona oligofotica o disfotica si estende sotto la precedente ed è costituita dalle acque penetrate dalla luce con lunghezza d’onda pari al blu. La luce quindi ancora penetra ma non è sufficiente a supportare la

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fotosintesi. Sono pochi i vegetali che riescono a sopravvivere in questa fascia per cui la quantità di materia organica prodotta è molto ridotta e nettamente inferiore a quella consumata dalla respirazione. Questa zona si estende fino ad un massimo di 100-200 m nelle acque torbide, 400-500 m in quelle più trasparenti.

_ la zona afotica è la zona buia, che non viene raggiunta dalla luce, ed è quindi caratterizzata dall’assenza di organismi vegetali (che hanno bisogno di luce per sopravvivere). In questa zona non si incontra altra luce se non quella prodotta tramite bioluminescenza.

2.2.7. IL SUONO

L’acqua è un eccellente conduttore delle onde sonore. L’acqua non assorbe il suono, così che questo può viaggiare per grandi distanze prima di dissiparsi. La velocità del suono nell’acqua marina è in media di 1500 m/s ovvero 4.4 volte circa la velocità che il suono ha nell’aria (~340 m/s). Inoltre questa velocità aumenta con l’aumentare della temperatura.

Vedremo in lezioni successive come l’acustica sia particolarmente importante per certi organismi, come i cetacei, che utilizzano il suono per comunicare tra loro.

3. I MOVIMENTI DEL MARE

Alla base del continuo movimento delle acque del mare sta il fatto che l’atmosfera e l’oceano sono interdipendenti e si influenzano a vicenda. Infatti l’atmosfera muove il mare (soprattutto per via dei venti) e regola le proprietà fisico-climatiche dell’acqua (in particolare temperatura e salinità e quindi densità); l’oceano trasmette calore all’atmosfera fornendo l’energia necessaria allo spostamento di grandi masse d’aria influenzando di fatto il clima e la vita sul pianeta.

Nel continuo movimento delle acque del mare distinguiamo tre tipi di movimenti:

_ Movimenti costanti, le correnti; _ Movimenti periodici, le maree;_ Movimenti variabili, le onde.

3.1. Le Onde

La superficie del mare non è mai in stato di quiete: qualunque perturbazione introdotta (dal vento ad una imbarcazione) genera onde che si propagano nel mezzo liquido con caratteristiche e secondo leggi ben definite.

Tipicamente, le onde sono generate dal vento che soffia sulla superficie del mare trasferendo energia cinetica dall’aria all’acqua.

Le onde sono mutevoli. Si presentano basse e poco acclivi lontano dalla costa e più alte e ripide man mano che si avvicinano alla terra ferma.

Gli elementi dell’onda sono:

_ Lunghezza (λ, lambda): è la distanza orizzontale tra due creste o due ventri consecutivi;_ Altezza (H): è la distanza verticale tra la cresta (punto più alto dell’onda) e il ventre (punto più basso). L’altezza delle onde cresce quando (1) aumenta la velocità del vento, (2) il vento soffia per intervalli di tempo più lunghi e (3) aumenta l’estensione del tratto di mare aperto su cui soffia il vento (fetch);

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_ Periodo (T): è l’intervallo di tempo fra due passaggi consecutivi di una cresta d’onda per un dato punto;_ Frequenza (f): è il numero di onde che passano per un dato punto in un certo tempo. La frequenza è l’inverso del periodo;_ Velocità di propagazione: è lo spazio percorso da una cresta nell’unità di tempo ed è uguale a λ/T._ Ripidità: è il rapporto tra l’altezza d’onda (H) e la lunghezza d’onda (λ).

Le onde si propagano da un punto all’altro trasferendo energia da una parte all’altra del bacino. In mare aperto questo avviene senza spostamento orizzontale di acqua, ovvero senza un sostanziale trasferimento di massa: l’onda si propaga ma le particelle d’acqua rimangono nella loro posizione. In realtà le particelle d’acqua superficiali sollecitate dal vento tendono ad abbassarsi e premono contro le particelle sottostanti e vengono così spinte lateralmente per poi essere costrette a rialzarsi. Le particelle d’acqua si muovono quindi con un moto oscillatorio secondo un’orbita circolare. I raggi delle orbite circolari sono maggiori vicino alla superficie, ma decrescono gradualmente fino ad annullarsi ad una certa profondità che corrisponde alla base d’onda. La base d’onda è la profondità sotto la quale non si risentono gli effetti dell’onda ed è pari a ½ della lunghezza d’onda (λ). La forza del vento ha quindi un’influenza man mano minore con l’aumentare della profondità. L’onda quindi avanza, mentre le particelle continuano a percorrere le loro orbite circolari.

Quando le onde si avvicinano alla costa, arrivano in acqua bassa ovvero in acque che hanno profondità minore di λ/2. Giunte alla costa quindi le onde risentono dell’attrito col fondo.

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A causa dell’attrito col fondo, le orbite diventano ellittiche e a contatto col fondo stesso l’orbita è talmente appiattita da risultare in un moto orizzontale avanti e indietro delle particelle d’acqua. Questa trasformazione provoca uno spostamento di massa, ovvero della sabbia del fondo, e un cambiamento dell’onda in superficie: le particelle d’acqua impiegano più tempo a percorrere l’orbita ellittica e quindi l’onda rallenta. Il periodo però rimane invariato e quindi, per forza, la lunghezza d’onda deve quindi diminuire. Ne consegue che le onde diventano più ravvicinate tra loro, più alte e ripide e le loro creste sono più aguzze. Alla fine, l’onda non riesce più a sorreggersi e si rompe in avanti in un frangente.

Dopo il frangimento, le onde di altezza ridotta proseguono e risalgono il fronte inclinato della spiaggia frangendosi di nuovo all’altezza della linea di riva. La battigia è quella zona dove un’onda può risalire la spiaggia (flutto montante) e, dopo aver consumato tutta l’energia, ridiscendere per gravità (risacca).

Può accadere che il riflusso di acqua verso mare interessi tutta la colonna d’acqua ma in punti localizzati, ristretti, producendo le correnti di risucchio. Queste correnti di risucchio sono perpendicolari alla riva e con velocità anche elevate (60-100 cm/s), e possono pertanto risultare particolarmente pericolose per i nuotatori. Un nuotatore che si ritrova in mezzo ad una corrente di risucchio che lo trascina al largo, deve nuotare parallelo alla costa fino a che esce dal risucchio. A questo punto può tranquillamente nuotare verso riva.

3.1.1. LA RIFRAZIONE DELLE ONDE

Lontano dalle coste le onde sono parallele fra loro, ma frequentemente oblique rispetto alla linea di riva. Quando si avvicinano alla spiaggia, si incurvano e tendono a disporsi parallelamente alla linea di riva: la parte più avanzata incontra per prima il fondale e il fronte d’onda rallenta. Successivamente la parte più arretrata incontra anch’essa il fondale… il rallentamento si propaga gradualmente lungo tutta l’onda. Il fronte, incurvandosi tende ad assumere una posizione parallela alla linea di riva.

Questa modifica della direzione di propagazione delle onde è detta rifrazione.

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In corrispondenza dei promontori, le onde incontrano i bassi fondali prima che nelle baie e venendo rifratte convergono verso i promontori erodendoli pian piano per poi divergere verso le baie e, ormai persa la loro energia, depositare i materiali che avevano precedentemente eroso.

Le onde tendono quindi ad appiattire le forme. Inizialmente erodono promontori, scogli e penisole e mentre l’erosione continua i materiali erosi vengono deposti nelle baie adiacenti con formazione delle spiagge. Il processo termina quando la costa è stata rettificata.

3.2. Le Maree

Fra i movimenti periodici del livello del mare, il più evidente è generalmente caratterizzato da due innalzamenti e due abbassamenti del livello dell’acqua nell’arco di 24 ore. Queste oscillazioni verticali del livello marino costituiscono appunto la marea e sono necessariamente accompagnate da movimenti orizzontali dell’acqua che deve affluire verso la regione dove il livello si innalza, e deve defluire da quella dove il livello si abbassa. Alla marea sono pertanto associate le correnti di marea.

L’oscillazione di marea, per quanto riguarda i movimenti verticali, consiste in un progressivo innalzamento della superficie del mare che raggiunge un livello massino (alta marea, AM) e un abbassamento fino ad un livello minimo (bassa marea, BM), per poi ripetersi. L’intervallo di tempo compreso tra l’istante della BM e quello dell’AM, durante l’innalzamento, viene chiamato durata del flusso. Il successivo intervallo tra AM e BM è invece chiamato durata del riflusso.

L’oscillazione mareale ha un carattere fortemente periodico in quanto è dovuta ai cicli astronomici, ovvero ai moti periodici degli astri celestri. In particolare la marea è causata dalle attrazioni che il Sole e la Luna esercitano sulle masse liquide che si estendono sulla superficie terrestre. Questa forza d’attrazione è direttamente proporzionale alla massa degli astri e inversamente proporzionale al quadrato della distanza (F = m/d2).

Si considerano influenti le sole attrazioni della Luna e del Sole in quanto la grande distanza delle stelle e la relativamente piccola massa degli altri pianeti, rende l’effetto di questi astri quasi trascurabile. Tra il Sole e la Luna influisce più la Luna perché pur avendo massa molto minore del Sole, è molto più vicina alla Terra. Per questo si parla di maree Lunisolari.

Le masse d’acqua che occupano l’emisfero rivolto verso l’astro, vanno a formare un rigonfiamento che ha il suo vertice sulla congiungente terra-astro. Le particelle che occupano l’emisfero opposto, essendo meno attratte rispetto al nucleo della Terra, restano “indietro” formando un altro rigonfiamento che ha il suo vertice sulla stessa congiungente. Il velo d’acqua ricoprente la terra assume così una forma allungata, creando il cosiddetto ellissoide di marea.

Considerando un sistema Terra – astro perturbante (singolarmente), le forze in gioco sono la Forza Centrifuga, dovuta alla rotazione della Terra intorno al centro di massa del sistema Terra – Sole, e la Forza di Attrazione, dovuta alla forza esercitata dall’astro perturbante (es. Luna).

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La forza centrifuga ha pari intensità per ogni punto e sempre nella stessa direzione (i vettori in ogni punto sono tra loro paralleli). La forza di attrazione invece agisce con diversa intensità nei vari punti, in funzione soprattutto della distanza, e diversa direzione, che è sempre orientata, in qualsiasi punto, verso l’astro celeste. La risultante tra le due forze è mostrata nell’ultima figura.

Se consideriamo il sistema in rotazione, i diversi astri (Sole e Luna) occuperanno diverse posizioni nel corso delle loro orbite. La formazione dell’ellissoide di marea sarà pertanto regolato dalla somma delle singole azioni del Sole e della Luna. La Luna, ruotando intorno alla Terra, assume diverse posizioni rispetto al Sole nel corso del mese lunare (29,5 giorni circa), dando luogo al fenomeno delle Fasi Lunari.

Le posizioni L1 e L5 (rispettivamente 1 e 3 nella seconda immagine) sono comunemente conosciute come Luna Nuova e Luna Piena e nello studio delle maree sono chiamate Sigizie. In queste posizioni il Sole e la Luna sono sullo stesso asse, dando luogo ad una marea lunisolare che è la somma delle maree prodotte dalla Luna e dal Sole. Le maree sigiziali sono quindi caratterizzate dalle massime alte maree e le minimi basse maree dando così la massima escursione di marea del mese lunare.

Le posizioni L3 e L7 (rispettivamente 2 e 4 nell’ultima immagine) sono note come Primo Quarto e Ultimo Quarto e sono chiamate Quadrature. In questo caso l’asse maggiore dell’ellissoide di marea lunare è

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perpendicolare all’asse maggiore dell’ellissoide di marea solare. Le forze di attrazione lunare e solare hanno la loro massima opposizione e ne risulta che le maree di quadratura sono caratterizzate dalle minime alte maree e dalle massime basse maree dando la minima escursione mareale del mese lunare.

L’ampiezza, la frequenza e l’ orario delle maree sono inoltre legati ad altri fattori, quali gli aspetti morfologici (superficie della massa d'acqua, forma della costa, differenza di profondità dei fondali).

Nel caso di marea diurna, come quella che caratterizza il Mar Mediterraneo, si ha una periodicità di 24 ore per cui in un giorno ci sono una AM e una BM, e l’intervallo tra due alte maree (o due basse maree) è di 12 ore e 24 minuti circa.

In base all’ampiezza dell’escursione di marea distinguiamo:

_ Regime microtidale, con un’escursione minore di 2 m, come nel Mar Mediterraneo;

_ Regime mesotidale, con un’escursione compresa tra 2 e 4 m;

_ Regime macrotidale, con un’escursione maggiore di 4 m.

Regime macrotidale; Mont St. Michel, presso la costa settentrionale Francese.

Le maree sono importanti perché svolgono un ruolo determinante nel regolare i processi vitali e gli insediamenti vegetali ed animali nella fascia costiera intertidale, che viene esposta all’aria durante la bassa marea e sommersa dall’acqua durante l’alta marea.

3.3. Le Correnti

Spinte da forze come il vento, le maree e la forza di gravità, le correnti mantengono gli oceani in costante movimento. Una corrente marina è una massa d’acqua in movimento rispetto all’acqua che la circonda e dalla quale si può distinguere per diversi parametri quali densità, salinità, temperatura o pressione. Le correnti sono movimenti lenti e continui, orizzontali e verticali, dovuti all’azione combinata dei venti e delle differenze di pressione, al diverso riscaldamento delle varie parti degli oceani e alle variazioni di densità.

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Alcune correnti sono di modesta intensità, carattere temporaneo e legate a caratteristiche locali, altre sono praticamente permanenti e interessano varie zone oceaniche sia in superficie che in profondità.

Distinguiamo diverse tipologie di correnti marine, classificate in base a diversi aspetti:

_ processo formativo: quando il vento soffia sopra l’oceano l’energia cinetica viene trasferita allo strato superficiale, una parte di questa energia viene spesa nella formazione delle onde e una parte dà luogo alla corrente di deriva. Oltre alla corrente di deriva generata direttamente dal vento, l’oceano è caratterizzato da moti chiamati correnti inerziali, quando, cessato lo spirare del vento, l’acqua continua a muoversi a causa del suo momento (quantità di moto) residuo. Le correnti di gradiente sono invece originate dalle variazioni di densità esistenti in ampi tratti di mare. Le acque meno dense occupano più spazio di quelle più dense: la superficie del mare della colonna d’acqua meno densa è più alta e pertanto l’acqua fluisce per gravità dall’altezza maggiore (bassa densità) a quella minore (alta densità).

_ distanza dal fondale: distinguiamo correnti di superficie, di profondità media e profondità abissali.

_ temperatura media interna: le correnti calde e superficiali vanno dall’Equatore ai Poli e trasportano anche aria calda, come la corrente del Golfo. Le correnti fredde superficiali si spostano invece nella direzione opposta, ovvero vanno dai poli all’equatore e così facendo mitigano le fasce intertropicali.

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_ tipo di flusso: correnti orizzontali si spostano parallelamente alla superficie, come tutti i tipi di correnti visti fin’ora. Le correnti verticali invece si spostano perpendicolarmente alla superficie.

Le correnti oceaniche hanno una notevole importanza in quanto condizionano il clima sul pianeta: le correnti calde lo rendono più mite mentre le correnti fredde favoriscono un clima più rigido. Con il loro movimento inoltre trasportano il plancton (organismi alla base della catena alimentare) in varie zone oceaniche, nonché contribuiscono alla diffusione delle specie vegetali e animali (per esempio trasportando i semi vegetali o le uova animali a volte anche da un continente all’altro).

3.3.1. MOTI DI DIVERGENZA E CONVERGENZA

Abbiamo detto che l’azione del vento sulla superficie del mare genera anche moti verticali. Questi moti sono detti di divergenza (upwelling) quando le acque risalgono da quote profonde, e di convergenza (sinking o downwelling) quando le acque affondano. Questi fenomeni si verificano sia al largo, in pieno oceano, sia in prossimità delle coste dei continenti.

I moti di divergenza e di convergenza pur avendo velocità modeste, di alcuni m al giorno, assumono una grande importanza nei fenomeni biologici. In particolar modo i fenomeni di upwelling trasportano in superficie acque profonde ricche di nutrienti (come N=azoto e P=fosforo) contribuendo quindi ad arricchire gli strati superficiali di sali nutritivi indispensabili per la crescita e lo sviluppo del fitoplancton e quindi per l’avvio della catena alimentare.

Ricordiamo che sul fondo decantano e si depositano tutti i resti di organismi animali e vegetali morti, nonché gli scarti o deiezioni dei vari organismi che abitano la colonna d’acqua. Una volta raggiunto il fondo, questa materia organica va in decomposizione e viene aggredita e mangiata da batteri e microrganismi decompositori. Durante il processo vengono liberate molecole più semplici che contengono azoto, fosforo e altri elementi che grazie alle correnti di upwelling verranno riportati in superficie (vedi cap. 4.3.1). Arrivati in superficie e in particolare nella zona eufotica,

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dove arriva una buona quantità di luce, questi nutrienti vengono utilizzati dalle alghe (fitoplancton) per il loro metabolismo.

4. GLI ECOSISTEMI OCEANICI4.1. Definizione di Ecosistema

In generale si identifica l’ambiente con la natura, con il verde e con l’assenza dell’uomo. In realtà per ambiente si intende l’insieme degli esseri viventi (elementi biotici, pallini verdi in figura), tra cui l’uomo, e della materia inanimata (elementi abiotici, pallini neri in figura) come per esempio l’acqua, la terra ecc.

Tra gli esseri viventi e la materia inanimata si formano delle relazioni interne, ad esempio un qualsiasi gruppo di animali tenderà a vivere nei pressi di una fonte d’acqua e delle prede di cui si nutre.

Questo grande insieme di elementi relazionati tra loro, che è l’ambiente, non esisterebbe se non ci fosse una fonte di energia esterna che lo alimenta. Questa energia esterna è fornita dall’energia solare che costituisce una relazione esterna al sistema ambiente. I raggi provenienti dal sole irraggiano la terra fornendo l’energia necessaria per la vita stessa. Senza questa energia esterna, la terra sarebbe composta solo da materia inanimata.

Le relazioni tra gli elementi biotici e abiotici dell’ambiente non sono ovunque uguali, ma dipendono dalle condizioni dei diversi luoghi e dalla presenza degli elementi chimici e fisici che caratterizzano i vari luoghi.

L'ecosistema è pertanto un “ambiente” più piccolo, ovvero è un sottoinsieme dell’insieme che abbiamo appena descritto. L’ecosistema è un insieme di esseri viventi che vivono in uno spazio ben delimitato e caratterizzato da determinate condizioni chimico-fisiche. Gli organismi e l'ambiente che li circonda sono legati tra loro da complesse interazioni e scambi di energia e materia.

La differenza tra ecosistema e ambiente è nelle dimensioni dello spazio che contiene gli elementi caratterizzanti. Un ambiente include in sé centinaia di ecosistemi.

4.2. L’Ambiente Marino: il Pelago e il Benthos

Introduciamo in questo capitolo le principali suddivisioni in cui è schematicamente ripartito l'ambiente marino e gli organismi che si trovano in esso.

Il profilo del fondale marino, dalla costa verso il largo può essere diviso in quattro zone fondamentali:

_ la piattaforma continentale è costituita dalla spiaggia sommersa, un'area pianeggiante che degrada debolmente verso il mare aperto, e con pendenza ridotta (scende di circa 1 metro ogni 540 m). La piattaforma normalmente termina nel punto in cui il pendio aumenta fortemente la sua inclinazione, intorno a circa 150-200 m di profondità.

_ la scarpata continentale è costituita da un pendio che collega la piattaforma continentale alla piana batiale. È piuttosto ripida, con una inclinazione compresa tra 1° e 10°, giungendo fino a 3000-4000 metri di profondità, in corrispondenza appunto delle piane batiali.

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_ la piana batiale costituisce la maggior parte dei fondali oceanici, arrivando ad occupare circa l'83% dell’area sommersa dai mari e dagli oceani del nostro pianeta. Si estende fino ai 6000 m di profondità ed è caratterizzata dall’essere pressoché piatta per via dei sedimenti che vi si sono depositati nel corso dei millenni. Può però anche presentare isole vulcaniche che possono o meno emergere dalla superficie. Un esempio di isole vulcaniche emergenti sono le isole Eolie, nel Tirreno Meridionale.

_ le fosse oceaniche sono le aree più profonde dell’oceano che si estendono al di sotto dei 6000 metri di profondità. La più profonda fossa oceanica è quella delle Marianne, nell’Oceano Pacifico, che raggiunge 11.034 m sotto il livello del mare.

In funzione della profondità e della temperatura la colonna d'acqua viene distinta in:

_ Zona Epipelagica o Dominio Costiero: è la fascia che va dalla superficie fino alla profondità di 50 metri; è la zona più illuminata ed essendo a contatto con l’atmosfera è una zona caratterizzata dalle maggiori variazioni dai fattori chimici (gas e sostanze disciolte) e fisici (salinità, temperatura, luce).

_ Zona Mesopelagica : è la fascia che va da 50 a 200 metri di profondità, viene ancora raggiunta dalla luce che va ad estinguersi pian piano verso il limite inferiore di questa zona.

_ Zona Batipelagica: va da 200 a 2500 metri di profondità, la luce è ormai estinta e si entra nella zona afotica, buia.

_ Zona Abissopelagica : si estende dai 2500 ai 6000 metri di profondità.

_ Zona Adopelagica : oltre i 6000 m, comprende la colonna d'acqua delle fosse abissali.

Una comune classificazione degli organismi marini viene fatta in funzione che essi trascorrano la maggior parte della loro esistenza sul fondo marino (benthos), galleggiando nella colonna d'acqua (plancton) o nuotando attivamente nella colonna d’acqua (necton). A questa suddivisione corrisponde la classificazione dell'ambiente marino in:

_ Dominio Pelagico: comprende le acque libere che si estendono dalla superficie alle profondità delle fosse oceaniche. A seconda della distanza dalla costa, il dominio pelagico va distinto in provincia neritica, che va

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dalla linea di costa fino al limite della piattaforma continentale, e in provincia oceanica, che comprende le acque profonde oltre il limite della piattaforma continentale.

_ Dominio Bentonico : comprende l’ambiente di fondale abitato dall’insieme degli organismi che vivono in stretto legame con il fondo, e dipendono dal fondo marino per quanto riguarda la riproduzione e/o l’alimentazione.

COMPARTO PELAGICO COMPARTO BENTONICO

NECTON SESTON BENTHOS

Organismi dotati di moviemento in grado

di contrastare le correnti

Particelle sospese nella colonna d’acqua (viventi e non viventi)

Organismi in repporto con il substrato

PLANCTON TRIPTON

Organismi viventi che si lasciano

trasportare dalle correnti

Particelle non viventi sospese nella

colonna d’acqua

Il termine plancton (dal greco plankton = vagante, errante) indica tutti gli organismi che sono trasportati dalle acque o dal vento. Sono dotati di movimento assente o limitato e comunque non sono in grado di opporsi al movimento delle correnti. Il plancton comprende organismi sia animali (zooplancton) che vegetali (fitoplancton). Questo gruppo comprende organismi viventi di diverse classi dimensionali, dalle alghe e protozoi unicellulari (0,2-200 μm dove 1 μm = 0,001 mm) alle grandi meduse che possono superare i 20 cm di corpo e qualche metro di lunghezza dei tentacoli.

Alcuni esempi di Fitoplancton.

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Alcuni esempi di Zooplancton.

Il termine necton indica tutti gli animali dotati di movimento proprio che permette loro di contrastare le correnti marine. Il necton comprende i pesci, i cefalopodi (calamari e seppie), i cetacei, le tartarughe.

Il benthos comprende tutti gli organismi sia vegetali che animali che mantengono in qualche modo rapporti con il fondo marino. Gli organismi che vivono al di sopra del substrato sono detti Epibenthos, mentre quelli che vivono infossati all’interno del substrato sono detti Endobenthos.

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Esenpi di organismi bentonici, animali e vegetal, sessili e sedentari.

Distinguiamo inoltre gli organismi bentonici in sessili se sono fissati al substrato (scogli), sedentari quando sono appoggiati al substrato ma si possono spostare scivolando molto lentamente su di esso, vagili quegli organismi animali dotati di movimento e che si spostano all’interno del substrato (sabbia o fango), sul substrato (strisciando o arrampicandosi), nella colonna d’acqua subito sopra al fondo (compiendo brevi salti o nuotando).

Alcuni esempi di organismi bentonici con diversi gradi di vagilità.

4.3. Le Catene Alimentari

Nell'oceano sono apparse le prime forme di vita più di tre miliardi e mezzo di anni fa. Anche se per noi, "animali terrestri", è difficile da credere, l'acqua è molto più ospitale dell'aria e in essa vivono e si riproducono organismi che fanno parte di un gran numero di ecosistemi diversi.

Gli organismi più importanti degli ecosistemi oceanici sono minuscole alghe e batteri che nel loro insieme costituiscono il fitoplancton. Questi organismi vegetali vivono sospesi nell'acqua e perciò si muovono

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portati dalle corrente e dal moto ondoso (plancton).

Il fitoplancton è il principale produttore di ossigeno degli ambienti marini ed è alla base di tutte le catene alimentari del mare. Il suo ruolo è analogo a quello delle piante negli ambienti terrestri: attraverso la fotosintesi fornisce la materia organica di cui si alimentano gli animali e produce ossigeno, necessario alla respirazione.

Molte comunità di animali si cibano di fitoplancton: si tratta di organismi di dimensioni maggiori che costituiscono nel loro insieme lo zooplancton; anch'essi non hanno la capacità di muoversi e vengono trasportati dai movimenti delle acque.

Lo zooplancton, a sua volta, rappresenta una fonte di cibo per animali marini di dimensioni superiori, come piccoli pesci (ad esempio alici e sardine), calamari e seppie. Questi al loro volta sono predati dai grandi predatori come tonni, pesce spada, squali e cetacei che costituiscono l'anello finale delle catene alimentari del mare.

Quella appena descritta costituisce la catena alimentare di “pascolo”, secondo la quale i vegetali o produttori primari vengono pascolati da animali erbivori o consumatori primari che a loro volta vengono predati da animali carnivori o consumatori secondari.

Una catena alimentare o catena trofica è l’insieme dei rapporti tra gli organismi di un ecosistema. Ogni ecosistema ha una sua catena alimentare e, siccome un individuo può appartenere a più di una catena alimentare, si crea una vera e propria rete alimentare.

Quando degli organismi hanno lo stesso ruolo all’interno della catena alimentare, si dice che essi appartengono allo stesso livello trofico o di alimentazione. Ad esempio, al primo livello ci sono le alghe, al secondo livello i consumatori primari ecc. In mare è sempre vera la regola per cui l’organismo più grande mangia quello più piccolo, quindi una certa specie di organismi si collocherà nella catena alimentare ad un

livello più o meno alto a seconda della sua dimensione.

Oltre a quella di “pascolo”, esiste la catena alimentare di “detrito”. Tutta la materia organica presente nella colonna d’acqua (resti di organismi morti, scarti e feci di organismi vivi ecc) pian piano decanta lungo la colonna d’acqua a va a depositarsi sul fondo. Una volta raggiunto il fondo (ma anche quando ancora è sospesa) questa materia organica va in

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decomposizione e viene aggredita e mangiata da batteri e microrganismi decompositori e altri consumatori di detriti o detritivori che a loro volta vengono poi predati da altri organismi carnivori più grandi.

Sia la catena alimentare di “pascolo” che quella di “detrito” possono ovviamente avvenire sia nel dominio benthonico, ovvero sul fondo marino, sia nel dominio pelagico, ovvero nella colonna d’acqua.

4.3.1. UPWELLING E INNESCO DELLA CATENA ALIMENTARE

Come sappiamo, perché vi sia produzione primaria il fitoplancton deve accrescersi e riprodursi. Per fare ciò ha bisogno soprattutto di luce perché avvenga il processo foto sintetico, e di nutrienti (azoto e fosforo) per l’accrescimento cellulare e il funzionamento delle vie metaboliche di questi organismi.

La luce che abbiamo visto precedentemente non raggiunge grandi profondità ma viene assorbita nella parte superficiale della colonna d’acqua.

I nutrienti invece sono presenti nell’acqua sotto varie forme, più o meno complesse. Nella stragrande maggioranza il fitoplancton è in grado di utilizzare solo le forme semplici di azoto e fosforo e queste forme vengono rilasciate dai microrganismi durante il processo di decomposizione della sostanza organica che avviene in maggior parte sul fondo.

Perché il fitoplancton si sviluppi è quindi necessario che i nutrienti presenti sul fondo risalgano la colonna d’acqua e arrivino nella zona eufotica dove c’è luce. È grazie alle correnti di upwelling, che abbiamo visto nel capitolo 3.3.1 che i nutrienti vengono riportati in superficie.

Le zone di upwelling sono pertanto le zone più ricche e produttive in quanto la risalita dei nutrienti permette una crescita dei produttori primari e l’instaurarsi di una cospicua catena alimentare.

4.4. La Posidonia

La Posidonia oceanica è una pianta acquatica endemica del mediterraneo (ovvero che si è sviluppata e si trova solo nel Mediterraneo). La Posidonia costituisce le più importanti praterie sommerse del nostro bacino e costituisce un importantissimo ecosistema costiero, anche intorno all’isola di Ischia.

La Posidonia ha caratteristiche simili alle piante terrestri, ovvero presenta un fusto differenziato in radici o rizoide, per ancorarsi al substrato sabbioso, fusto o cauloide strisciante che corre parallelo al fondo e ha funzione di trasporto (della linfa, gas e nutrienti ai vari compartimenti della pianta), e foglie o filloidi che catturano la luce e i nutrienti dall’acqua circostante per fare fotosintesi.

Le foglie nastriformi sono lunghe fino ad un metro e sono unite in ciuffi di 6-7 foglie ciascuno. La Posidonia fiorisce in autunno e in primavera e produce frutti galleggianti che vengono volgarmente chiamati “olive di mare” per il colore verdognolo e la somiglianza alle olive che comunemente mangiamo.

La Posidonia forma delle vere e proprie praterie sottomarine che hanno una notevole importanza ecologica per due motivi in particolare:

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_ protezione della linea di costa dall’erosione. Le radici della posidonia si accrescono all’interno del substrato sabbioso sia in verticale che in orizzontale formando un intrico robusto all’interno del sedimento che può essere alto anche qualche metro ed è molto durevole nel tempo in quanto non viene degradato dai microrganismi. Questo matte trattiene la sabbia e i sedimenti e dà stabilità al fondale marino che viene quindi eroso più difficilmente.

_ comunità biologica costiera più importante del Mediterraneo. Nel matte, ovvero lo radici all’interno del sedimento, alla base delle foglie e sulle foglie stesse vivono centinaia di diverse specie di organismi animali e vegetali che nella prateria trovano nutrimento e protezione.

Nella prateria di Posidonia si instaurano entrambe le catene alimentari descritte precedentemente (cap. 4.3). Le foglie di Posidonia sono ricche di cellulosa e producono sostanze repellenti al pascolo; per questo solo 3-4 specie di animali riescono a cibarsene direttamente. La catena alimentare quindi si sviluppa soprattutto al di sopra delle foglie di Posidonia.

Sulle foglie aderiscono batteri e alghe, da piccole alghe unicellulari ad alghe più fogliose ed espanse che utilizzano le foglie di Posidonia semplicemente come un substrato a cui ancorarsi e dal quale accedere alla luce. Queste alghe epifite (che vivono su un substrato vivo vegetale, la foglia) vengono pascolate da organismi erbivori, come piccoli molluschi gasteropodi (chioccioline di mare), crostacei anfipodi (simili a piccoli gamberetti) ecc, che a loro volta vengono predati da tutta una serie di animali carnivori (consumatori secondari).

Le foglie della Posidonia, col tempo invecchiano, si imbruniscono e muoiono, ovvero si staccano dal fusto e vengono trasportate verso riva dalle onde. In parte spiaggiano sulla battigia in parte rimangono al di sotto del pelo dell’acqua. In ogni modo vengono pian piano aggredite da organismi detritivori che le sminuzzano sempre di più. Una volta ridotte a frammenti molto piccoli vengono riportate al largo dalle correnti, e qui si depositano e vengono decomposte da batteri e microrganismi. In questo processo, vengono rilasciati i nutrienti (azoto e fosforo) che poi verranno utilizzati dalla Posidonia stessa e degli organismi vegetali epifiti visti prima per accrescersi, ricominciando il ciclo.