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LA CIRCOLARE MENSILE PER IL REVISORE LEGALE N. 1 GENNAIO 2013 INDICE PRINCIPI DI REVISIONE “Il campionamento nella revisione legale” A. SERGIACOMO PAGINA 2 OPERAZIONI STRAORDINARIE “La “due diligence” nell’ambito delle operazioni straordinarie V. TOSI PAGINA 5 COOPERATIVE E CONSORZI Il controllo del prestito sociale nelle cooperative E. PEZZI E G. GENTILI PAGINA 10 ENTI NO PROFIT Il revisore degli enti no profit e la responsabilità amministrativa ex D.Lgs. 231/2001 G. GENTILI PAGINA 20 VARIE Il revisore condominiale una nuova figura introdotta dalla L. 220/2012I. FRANCO PAGINA 23

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LA CIRCOLARE MENSILE PER IL REVISORE LEGALE

N. 1 – GENNAIO 2013

INDICE

PRINCIPI DI REVISIONE

“Il campionamento nella revisione legale”

A. SERGIACOMO PAGINA 2

OPERAZIONI STRAORDINARIE

“La “due diligence” nell’ambito delle operazioni straordinarie

V. TOSI PAGINA 5

COOPERATIVE E CONSORZI

“Il controllo del prestito sociale nelle cooperative

E. PEZZI E G. GENTILI PAGINA 10

ENTI NO PROFIT

“Il revisore degli enti no profit e la responsabilità amministrativa ex D.Lgs. 231/2001 “

G. GENTILI PAGINA 20

VARIE

“Il revisore condominiale una nuova figura introdotta dalla L. 220/2012”

I. FRANCO PAGINA 23

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PRINCIPI DI REVISIONE

Il campionamento nella revisione legale

DI ANDREA SERGIACOMO

(Dottore Commercialista e Revisore Legale in Roma)

Sommario

PREMESSA

LA STRATEGIA DI SELEZIONE DEL CAMPIONE

Premessa

Il principale obiettivo di ogni processo di revisione contabile, è quello di acquisire ogni

elemento necessario per consentire al revisore di esprimere un giudizio sul bilancio

d’esercizio.

La locuzione “ogni elemento necessario” significa, in buona sostanza, che il revisore deve

acquisire elementi probativi sufficienti ed appropriati tali da consentirgli di trarre ragionevoli

conclusioni sulle quali fondare il proprio giudizio in merito al bilancio d’esercizio.

I principi di revisione non precisano quale sia l’ampiezza (aspetto quantitativo), né

tantomeno l’adeguatezza (aspetto qualitativo) degli elementi probativi da raccogliere,

rimettendo tali valutazioni al giudizio professionale del revisore.

Nel momento in cui il revisore effettuato l’ingresso in azienda deve effettuare una serie di

controlli basati sulla verifica della documentazione richiesta sulla base di un campione ben

preciso ed identificato delle fatture che per importo e tipologia siano rappresentative di una

determinata fattispecie.

Al fine di effettuare un controllo mirato è opportuno seguire quanto indicato dal principio di

revisione numero 530 che ci fornisce le linee guida per l’identificazione del campione.

Nel merito giova ricordare che occorre effettuare l’applicazione di procedure di revisione su

un numero di voci inferiori alla totalità in modo tale che tutte le voci abbiano la probabilità di

essere esaminate.

A tal punto il revisore analizzando le caratteristiche del campione può estendere a tutta la

popolazione di fatture e di documenti con quegli elementi caratteristici formulando il relativo

giudizio.

La strategia di selezione del campione

Il campione deve essere selezionato in questa maniera:

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1) Analisi al 100% di tutta la popolazione delle voci;

2) Selezioni di voci specifiche;

3) Selezione del cosiddetto campione rappresentativo ( ad esempio tutte le fatture

superiori ad euro 100.000)

Nel corso della selezione delle voci del campione, possono essere analizzate delle voci

specifiche in base a particolari elementi quali ad esempio:

1) Fatture di importo elevato sopra una determinata soglia;

2) Fatture di importo inferiore alla soglia limite;

3) Fatture rappresentanti una popolazione di rischio elevato;

4) Fatture che richiedono la presentazione degli INTRASTAT;

Giova ricordare che il campionamento può essere effettuato mediante l’utilizzo di tecniche

statistiche oppure non statistiche. In particolare l’approccio statistico richiede l’utilizzo di

variabili casuali, random e mediante l’utilizzo di un cosiddetto” intervallo di confidenza” con il

quale si può stimare l’affidabilità del risultato ottenuto.

Di fatto il metodo non statistico non consente di estrapolare valide conclusioni per l’intera

popolazione sulla base degli esiti delle verifiche effettuate.

Occorre fare attenzione nella scelta del campione in quanto i singoli elementi che

compongono la popolazione devono avere le medesime caratteristiche.

Il procedimento in sostanza è il seguente:

1) Esame della popolazione;

2) Selezione del campione;

3) Svolgimento delle attività di revisione sul campione;

4) Valutazione dei risultati del campionamento.

In ultimo il revisore può decidere di selezionare voci specifiche da una popolazione sulla

base di fattori quali, ad esempio:

▪ conoscenza dell’attività del cliente;

▪ valutazione del rischio di revisione;

▪ caratteristiche della popolazione esaminata.

La selezione di voci specifiche è intrinsecamente rimessa al giudizio professionale del revisore

e, conseguentemente, è soggetta al rischio non dipendente dal campionamento. Le voci

selezionate possono includere:

• voci di valore elevato o voci chiave: tra queste ultime dovrà essere posta particolare

attenzione, ad esempio, alle voci sospette, inusuali od a quelle nelle quali già in passato sono

stati riscontrati errori;

• tutte le voci superiori ad un certo importo: in questo caso il revisore avrà il non facile

compito di stabilire l’importo soglia.

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Un suggerimento in questo caso potrebbe consistere nella scelta del livello di significatività

come soglia, oppure di un livello determinato mediante analisi della popolazione di

riferimento.

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OPERAZIONI STRAORDINARIE

La “due diligence” nell’ambito delle

operazioni straordinarie DI VIRGINIA TOSI

(Consulente aziendale in Ancona)

Sommario

PREMESSA

1. DUE DILIGENCE E VALENZA STRATEGICA DELLE OPERAZIONI STRAORDINARIE

2. LA DUE DILIGENCE: UN INDISPENSABILE STRUMENTO DI CONTROLLO

Premessa

Un aspetto che accomuna le svariate tipologie di operazioni straordinarie è la necessità di

far accompagnare la loro realizzazione da un processo di due diligence il quale rappresenta

un iter investigativo che viene attuato per analizzare il valore e le condizioni di un’azienda

per la quale vi siano all’orizzonte acquisizioni, operazioni straordinarie o investimenti.

La finalità della due diligence, infatti, risiede nell’accertare, attraverso un’approfondita

raccolta di informazioni e la determinazione dei rischi potenziali, se sussistano o meno le

condizioni di fattibilità di una determinata operazione. Ciò al fine di garantire che non

insorgano oneri e rischi non previsti, assicurando il massimo livello possibile di sicurezza

dell’operazione.

1. Due diligence e valenza strategica delle operazioni straordinarie

La due diligence è un’attività essenziale che, attraverso la raccolta di dati ed informazioni,

mette a disposizione un quadro completo e esaustivo della realtà che si intende conoscere.

Tale processo è dunque di straordinaria rilevanza laddove si voglia realizzare un’operazione

straordinaria di elevata valenza strategica, minuziosamente impostata e fondata su

un’analisi attenta e dettagliata dei rischi e dei potenziali vantaggi.

La due diligence connessa alle operazioni straordinarie può muoversi secondo due principali

direzioni:

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1. da un lato la due diligence può essere mossa dalla volontà di conoscere le

caratteristiche, le criticità e le potenzialità, in breve “lo stato di salute” sotto molteplici

punti di vista (legale, fiscale, contabile, gestionale, ecc) delle altre aziende coinvolte

nell’operazione;

2. dall’altro la due diligence può soddisfare l’esigenza di studiare le aree gestionali

potenziabili e maggiormente capaci di creare valore su cui insistere e

conseguentemente può consentire di individuare le imprese target che possono

divenire strumento essenziale per il raggiungimento dell’obiettivo.

Tutte le operazioni straordinarie nascono da ragioni e riflessioni di carattere economico e

strategico. Esse sono generalmente parte essenziale di un piano strategico attraverso cui

l’impresa tende a finalità di vario genere quali ad esempio:

il riassetto organizzativo dettato dalla volontà di riformulare le strategie e gli obiettivi

aziendali di fronte alle mutate condizioni economiche e di mercato;

la concentrazione che può essere realizzata attraverso semplici accordi o, in maniera

più complessa attraverso la fusione di più entità in un’unica unità economica

la riduzione del rischio: le operazioni possono consentire alla società di acquisire

ingenti risorse utili a ridurre il rischio finanziario e di liquidità;

il disinvestimento da parte della proprietà il quale consente di monetizzare gli

investimenti;

il tax planning, vale a dire l’ottimizzazione dell’incidenza del carico fiscale;

l’accesso a nuovi beni patrimoniali, a nuova risorse, a nuovi mercati;

il perseguimento di una leadership nel mercato;

la focalizzazione sul core business;

la diversificazione;

la ricerca di sinergie per una maggiore efficienza;

il perseguimento di obiettivi personali del management o di obiettivi finanziari.

Il profilo prevalentemente strategico che contraddistingue le operazioni straordinarie è un

fattore che le accomuna tutte, anche se è ragionevole ritenere che esso sia riscontrabile

con un’intensità maggiore nella fusione e nella scissione societaria, piuttosto che nelle altre

operazioni in esame.

Inoltre tutte le operazioni straordinarie ad esclusione della cessione d’azienda sono

contraddistinte dalla tendenza a cogliere opportunità strategiche contabili e di valutazione

e a massimizzare i profili di complessiva convenienza economica del business. Si tratta di

dimostrare abilità nel comprendere e mettere in atto come realizzare l’operazione in

maniera tale da ottenere da essa i massimi benefici, il livello più elevato possibile di risparmio

complessivo e soddisfare quindi al massimo le strategie aziendali.

Alla luce di ciò capiamo bene che la valenza strategica delle operazioni straordinarie non è

innata nelle stesse, vale a dire l’operazione straordinaria non è di per sé ottimale ma può

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divenirlo attraverso uno studio analitico delle opportunità e dei rischi, una valutazione a 360

gradi delle criticità e delle potenzialità ad essa connesse. Da qui l’importanza significativa di

un avveduto e completo processo di due diligence per fare dell’operazione straordinaria

che si intende realizzare lo strumento strategico auspicato.

2. La due diligence: un indispensabile strumento di controllo

Nell’ambito dell’attività di due diligence ciascun soggetto interessato riesce, attraverso il

supporto di consulenti ed esperti, ad acquisire una dettagliata conoscenza delle altre

imprese coinvolte nell’operazione straordinaria, i loro punti di forza e debolezza, i rischi reali e

potenziali. Ciò che la due diligence dà l’opportunità di conoscere è in particolare il valore

aggiunto che può derivare dal porre in essere una data operazione straordinaria. Volendo

realizzare ad esempio una fusione societaria può risultare interessante comprendere la

capacità dell’impresa risultante dalla fusione di gestire realtà dimensionali più grandi.

Talvolta la due diligence può, analizzare e verificare le informazioni che riguardano le

imprese ed i soggetti coinvolti nei propri piani strategici, individuando gli eventuali fattori di

rischio e punti di debolezza dell’operazione straordinaria che si intende porre in essere.

La due diligence si distingue in un due categorie:

Full due diligence: analizza tutte le aree aziendali e le problematiche ad esse

connesse e richiede un tempo particolarmente elevato;

Presenza di un

profilo strategico

che

contraddistingua

l’operazione

Convenienza di

un processo di

Due diligence

Fusione

Si (potenzialmente è

la più strategica

insieme alla

scissione)

Si

Scissione

Si, (potenzialmente è

la più strategica

insieme alla fusione)

Si

Trasformazione Si Si

Cessione

d’azienda Si Si

Conferimento

d’azienda Si Si

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Limited due diligence: si occupa di studiare esclusivamente talune aree o talune

criticità ovvero può essere stabilito un limite di tempo entro cui essa deve essere

completata. Solitamente è il committente che stabilisce dei limiti temporali o richiede

l’analisi soltanto di alcune aree specifiche.

Il processo di due diligence si compone di tre momenti essenziali: una fase preliminare, una

fase di analisi ed una fase conclusiva.

La fase preliminare consiste nella raccolta e in una prima analisi delle informazioni acquisite

esaminando svariati documenti delle società coinvolte nell’operazione straordinaria (bilanci

degli ultimi esercizi, dichiarazioni dei redditi, contratti particolarmente significativi) o

conducendo interviste al loro management e ai loro consulenti legali e fiscali.

La fase di analisi consiste nell’esaminare i dati reperiti al fine di esprimere un giudizio sugli

specifici rischi connessi all’operazione.

Nell’ambito della fase conclusiva, infine, le risultanze delle analisi condotte devono essere

raccolte in documenti che evidenzino le problematiche e gli aspetti critici ravvisati,

contengano valutazioni in merito alla convenienza e ai rischi dell’operazione e suggeriscano

misure per contenerli.

La due diligence, se primariamente è connessa ad aspetti legali, non si limita tuttavia ad essi

soltanto in quanto, a seconda dell’operazione straordinaria che si intende effettuare, può

invece essere interessante focalizzarsi sugli ambiti più disparati dell’attività di un’azienda,

quali, ad esempio, quello commerciale, finanziario/creditizio, ambientale, contabile e fiscale.

Esistono pertanto varie tipologie di due diligence a seconda delle aree sensibili che si intende

monitorare. Particolarmente rilevanti in sede di operazioni straordinarie sono la due diligence

strategica, la due diligence legale, la due diligence contabile, la due diligence fiscale,la due

diligence ambientale.

La due diligence strategica tende ad individuare informazioni strategiche ed in particolare

punti di forza e debolezza relativi a piani strategici collegati all’operazione straordinaria,

nonché rischi interni ed esterni che minacciano il perseguimento di taluni obiettivi.

La due diligence contabile è tesa ad individuare e quantificare il rischio di accollo di

eventuali passività a seguito dell’operazione straordinaria, nonché a controllare la

correttezza e la regolarità della contabilità, la tenuta dei libri e delle scritture obbligatorie, ad

analizzare l’informativa finanziaria, amministrativa e gestionale, al fine di verificare da un lato

la bontà della situazione economica, finanziaria e patrimoniale, dall’altro la correttezza dei

dati contabili. La due diligence contabile è generalmente svolta da un revisore o da una

società di revisione.

La due diligence legale tende a scandagliare e a verificare la regolarità e legittimità della

situazione di fatto e di diritto dell’azienda, nonché la regolarità degli adempimenti

contrattuali per ravvisare passività effettive o potenziali derivanti da rapporti giuridici,

contrattuali e societari dell’impresa. In tal senso può essere utile acquisire tutte le informazioni

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possibili non solo sui rapporti contrattuali e giuridici dell’azienda, ma anche sulle politiche

aziendali, i processi produttivi, i prodotti, i marchi, le problematiche relative al personale, le

proprietà, le partecipazioni ed i diritti dell’azienda. Ciò allo scopo di individuare la presenza

di eventuali vincoli, clausole o problematiche che potrebbero trasferirsi sulle aziende che

pongono in essere l’operazione straordinaria a seguito della stessa.

La due diligence fiscale ha invece la finalità di accertare la posizione fiscale delle imprese

coinvolte nell’operazione straordinaria, individuando, anche in tal ambito, le eventuali aree

di rischio e passività latenti.

La due diligence ambientale intende monitorare il rispetto della normativa a tutela

dell’ambiente e delle leggi sulla prevenzione dei rischi ambientali, controllando l’esistenza di

tutte le opportune autorizzazioni, analizzando la documentazione relativa alla proroga, al

rinnovo, al rilascio di taluni permessi, i registri di carico e scarico, le dichiarazioni annuali dei

rifiuti prodotti, la documentazione relativa agli imballaggi, ad eventuali incidenti rilevanti a

carattere ambientale avvenute negli ultimi anni, l’elenco di apparecchiature contenente

PBC, ecc.

Aree di controllo della due diligence

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COOPERATIVE E CONSORZI

Il controllo del prestito sociale nelle

cooperative

di ELISABETTA PEZZI (avvocato in Roma) E GIORGIO GENTILI (Dottore Commercialista e Revisore

Legale in Ancona e Macerata

Sommario

PREMESSA

1. COS’E’ IL PRESTITO SOCIALE

2. LA DISCIPLINA DELL’ISTITUTO

3. I PROVVEDIMENTI DELLE AUTORITÀ MONETARIE E CREDITIZIE

3.1 GLI OBBLIGHI DI TRASPARENZA.

4. NORME FISCALI PER I SOCI PRESTATORI E PER LE COOPERATIVE CHE RACCOLGONO

PRESTITO

4.1. LE IMPOSTE DI BOLLO E DI REGISTRO

5. LA NORMATIVA ANTIRICICLAGGIO

6. LA NORMATIVA SULLA PRIVACY

7. REGOLAMENTO DEL PRESTITO SOCIALE

Premessa

L’organo di controllo e il revisore ex D.Lgs. n. 220/02 delle società cooperative devono

controllare vari aspetti specifici degli enti cooperativi. Il prestito sociale deve essere oggetto

del controllo in quanto costituisce un importante elemento caratterizzante il bilancio di molte

cooperative.

L’organo di controllo deve conoscere la disciplina dell’istituto e i provvedimenti delle autorità

monetarie e creditizie. Devono essere altresì considerati i seguenti aspetti:

- gli obblighi di trasparenza,

- le norme fiscali per i soci prestatori e per le cooperative che raccolgono prestito,

- le imposte di bollo e di registro,

- la normativa antiriciclaggio e sulla privacy.

Nel presente articolo vengono analizzati tali aspetti peculiari del prestito sociale.

1. Cos’e’ il prestito sociale

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Il prestito sociale è un istituto nato come parziale rimedio alla strutturale sottocapitalizzazione

delle cooperative, ormai molto radicato e diffuso nella pratica di queste società e che può

continuare a costituire un valido sostegno per le stesse e un’alternativa interessante per il

socio risparmiatore, anche nell’attuale situazione di crisi economica e finanziaria.

In sostanza il prestito sociale svolge una duplice funzione: da un lato é un prezioso strumento

di reperimento di risorse finanziarie a condizioni economiche generalmente di deciso

vantaggio rispetto a quelle offerte dal mercato bancario/finanziario, dall’altro svolge una

fondamentale funzione di rafforzamento del rapporto tra il socio e la sua cooperativa.

Visto che in base alle esigenze del socio prestatore, può dover essere rimborsato anche a

breve termine, é opportuno che il prestito sociale sia utilizzato dalla cooperativa per

investimenti di breve periodo.

2. La disciplina dell’istituto

L’istituto del prestito sociale è stato disciplinato anzitutto da norme aventi carattere fiscale,

quindi da norme di natura civilistica ed è stato regolamentato anche dalle autorità

monetarie e creditizie, che sono intervenute sulla materia nell’ambito di una più generale

disciplina della raccolta di risparmio ad opera di soggetti non bancari.

La prima disposizione ad aver disciplinato il prestito sociale è stato l’art.12 della legge 17

febbraio 1971, n. 127, che esentava dall’allora imposta di ricchezza mobile gli interessi “sulle

somme che, oltre alle quote di capitale sociale, i soci versano alle società cooperative e loro

consorzi o che questi trattengono ai soci stessi” in presenza di determinate condizioni. Tale

norma é stata di fatto poi sostituita dal D.P.R. 601 del 1973, che ha previsto con l’art. 13

l’esenzione dall’ilor degli interessi che i soci percepiscono a fronte dei prestiti sociali. Dopo la

scomparsa dell’ilor e l’introduzione dell’irap, la disposizione si deve intendere superata per tali

aspetti, pur rimanendo, unitamente anche al successivo art. 14 dello stesso D.P.R., la norma

di riferimento per la definizione generale del prestito sociale nell’ordinamento vigente.

Attualmente, ai fini della configurazione del prestito sociale fiscalmente agevolato (come di

seguito illustrato), devono ricorrere le seguenti condizioni:

il soggetto prestatore deve essere persona fisica residente sul territorio dello Stato

italiano. Sulla base di quanto stabilito dal DPR 600/73 art. 26, il cittadino non residente

sconterà sugli interessi in questione sempre una ritenuta pari al 20% salvo che sia

residente in uno dei Paesi noti come “paradisi fiscali”, nel qual caso l’aliquota è pari

al 27%, applicata sempre a titolo d’imposta.

Il prestito sociale deve essere raccolto dalla cooperativa esclusivamente per il

conseguimento dell’oggetto sociale.

L’ammontare del prestito sociale non deve superare, per ciascun socio, la somma di

€ 33.583,78. Tale limite è elevato ad € 67.167,56 per i soci delle cooperative di

produzione e lavoro, per le cooperative di conservazione, lavorazione, trasformazione

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e alienazione di prodotti agricoli e per le cooperative edilizie di abitazione1. Si

consideri la possibilità, sperimentata nella prassi cooperativa, di libretti di prestito

sociale cointestati a due persone, per i quali i citati limiti sono stati duplicati.

Gli interessi corrisposti sul prestito sociale non possono mai superare la misura massima

degli interessi spettanti ai detentori di buoni postali fruttiferi, maggiorati di 2,5 punti

percentuali2.

In capo alla cooperativa devono sussistere i c.d. “requisiti mutualistici”3.

Per quanto riguarda i soci persone giuridiche non si rendono obbligatorie le limitazioni

individuali d’importo nella raccolta del prestito e le restrizioni nella determinazione del tasso

massimo di interesse da corrispondere al socio prestatore, previste dall’art. 13 del D.P.R. 29

settembre 1973, n.601 per le persone fisiche. È, invece, obbligatorio che la raccolta del

prestito sociale venga in ogni caso effettuata alla società cooperativa - anche nei confronti

dei soci persone giuridiche - esclusivamente per il conseguimento dell’oggetto sociale, ai

sensi del comma 1, lettera a), dell’art. 13 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601.

3. I provvedimenti delle autorità monetarie e creditizie

Altra questione è quella relativa ai provvedimenti concernenti gli aspetti monetari e creditizi

emessi dal CICR (Comitato Interministeriale del Credito e del Risparmio) e dalla Banca

d’Italia. Tali misure sono intervenute nel corso degli anni ‘90 del secolo scorso, lasciando

inalterata la disciplina dell’istituto del prestito e dei relativi aspetti fiscali e intervenendo

invece con riferimento alla tutela dei diritti e delle garanzie del socio risparmiatore.

1 Ai sensi dell’art. 21, comma 6, L. 31 gennaio 1992, n. 59, gli importi massimi del prestito sociale sono adeguati, ogni

triennio, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro delle Finanze, “tenuto conto delle variazioni dell’indice nazionale generale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, calcolate dall’ISTAT”. Gli importi indicati sono stati dunque calcolati sulla base dell’indice Istat per il triennio 2010-2011-2012.

2 Le ultime serie di buoni postali fruttiferi recano come tasso massimo di remunerazione il 6%, quindi il tasso massimo di

remunerazione aumentato di 2,5 punti percentuale è pari all’8,5%.

3 Ai sensi dell’art. 26 del D.Lgs. C.p.S. n. 1577/1947 (la c.d. legge Basevi) i requisiti mutualistici sono:

a) il divieto di distribuzione dei dividendi superiori alla ragione dell'interesse legale ragguagliato al capitale effettivamente versato;

b) il divieto di distribuzione delle riserve tra i soci durante la vita sociale;

c) l’obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell'intero patrimonio sociale - dedotto soltanto il capitale versato e i dividendi eventualmente maturati - a scopi di pubblica utilità conformi allo spirito mutualistico.

Tali requisiti si ritengono sussistenti se esplicitamente previsti dagli statuti e di fatto rispettati nel periodo d’imposta e nei cinque precedenti (o nel minor periodo trascorso dall’approvazione degli statuti), operando quindi una sorta di relativa presunzione legale di mutualità. Si segnala in proposito la sentenza della Cassazione civile, sez. trib. n. 11969/2012, secondo la quale, in tema di agevolazioni tributarie in favore delle società cooperative, la conformità degli statuti ai principi legislativi in materia di mutualità comporta una presunzione solo relativa di spettanza delle stesse, che in quanto tale, non impedisce all'Amministrazione finanziaria di disconoscerle, per ogni singolo periodo di imposta, sempre che fondi il suo accertamento su dati concreti, atti a dimostrare che la veste mutualistica funge da copertura ad una normale attività imprenditoriale.

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Il CICR con delibera del 3 marzo 1994 ha disciplinato accuratamente la raccolta di risparmio

dei soggetti non bancari. In attuazione della delibera CICR, Banca d’Italia ha emanato

apposite istruzioni in data 2 dicembre 1994 con cui ha maggiormente illustrato e specificato

le previsioni precedenti. Gli ultimi provvedimenti di tali autorità in materia sono la

Deliberazione CICR del 19 luglio 2005, come integrata e modificata dalla successiva

Deliberazione CICR del 22 febbraio 2006 recante “Raccolta del risparmio da parte di soggetti

diversi dalle banche”. La Banca d’Italia è quindi intervenuta con la Circolare n. 229 del 21

aprile 1999 (12° aggiornamento del 21 marzo 2007).

Ad oggi le condizioni poste da tali autorità sono le seguenti:

Soltanto le società cooperative non finanziarie possono raccogliere prestito sociale,

purché tale facoltà sia prevista nello statuto sociale.

Le società cooperative finanziarie che svolgono l’attività di concessione di

finanziamenti tra il pubblico sotto qualsiasi forma non possono raccogliere prestiti dai

soci con modalità diverse dall’emissione di strumenti finanziari.

La raccolta può essere rivolta nei confronti dei soci fin dalla data di iscrizione dei

medesimi nel libro dei soci, conformemente al dettato del regolamento in vigore

presso la cooperativa. In proposito si rileva che, precedentemente, vigeva l’obbligo

per cui la raccolta doveva essere svolta nei confronti di soggetti iscritti nel libro soci

da almeno 3 mesi. Tuttavia, ciascuna cooperativa facoltativamente potrà prevedere

un periodo minimo di iscrizione del socio per poter effettuare la raccolta.

L’ammontare complessivo dei prestiti sociali non deve eccedere il limite del triplo del

patrimonio (capitale sociale, riserva legale e riserve disponibili, ancorché indivisibili tra

i soci, risultanti dall’ultimo bilancio approvato). Tale limite può essere elevato al

quintuplo del patrimonio qualora il complesso dei prestiti sociali sia assistito, in misura

pari almeno al 30%, da garanzie rilasciata da soggetti vigilati (banche autorizzate in

Italia; banche comunitarie; società finanziarie iscritte nell’elenco speciale di cui

all’art. 107, TUB; imprese di assicurazione). Il limite complessivo di raccolta può essere,

altresì, elevato al quintuplo del patrimonio (così come sopra definito) qualora la

cooperativa aderisca ad uno schema di garanzia4.

4 Le caratteristiche degli schemi di garanzia sono le seguenti:

a) gli schemi di garanzia devono essere promossi dalle Associazioni di categoria ovvero direttamente dalle cooperative interessate, eventualmente nell’ambito di iniziative di tipo consortile, a condizione che il progetto risulti condiviso dalle Associazioni di categoria; in questo caso i regolamenti concernenti la disciplina del funzionamento degli schemi devono essere sottoposto all’approvazione dei propri organi associativi;

b) gli schemi di garanzia devono prevedere, in caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa o concordato preventivo della cooperativa, il rimborso dei prestiti effettuati dai soci in misura almeno pari al 30 per cento;

c) è necessario che l’ammontare complessivo dei prestiti sociali delle cooperative aderenti allo schema (non garantiti da soggetti vigilati) non superi il limite pari a tre volte la sommatoria dei patrimoni delle cooperative medesime;

d) l’adesione ad uno schema di garanzia deve essere indicato nell’apposito regolamento del prestito sociale della cooperativa.

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Le modalità di raccolta presso i soci devono essere chiaramente indicate negli

appositi regolamenti, al fine di evitare la configurazione di sollecitazione al pubblico

risparmio5.

La raccolta non può avvenire con strumenti a vista o collegati all’emissione o alla

gestione di mezzi di pagamento6.

I limiti patrimoniali sopra indicati non si applicano alle cooperative con meno di 50

soci.

La raccolta di prestito sociale non è consentita alle società cooperative finanziarie.

Vista la rilevanza che la raccolta del prestito sociale assume nell’ambito della

complessiva operatività della cooperativa é obbligatoria l’informativa nella nota

integrativa al bilancio sia dell’ammontare complessivo dei prestiti sociali medesimi

(per tutte le società cooperativa, indipendentemente dal numero dei soci) sia

dell’entità del rapporto tra prestiti e patrimonio sociale, nonché delle eventuali

garanzie (questi ultimi requisiti per le cooperative con più di 50 soci).

Rispetto a quanto previsto in passato, non è più prevista obbligatoriamente che la

raccolta sia rivolta indiscriminatamente a tutti i soci. Tuttavia, rileva in proposito il

“principio di parità di trattamento” richiesto dall’art. 2516 c.c., nella costituzione e

nell’esecuzione dei rapporti mutualistici con i soci.

3.1 Gli obblighi di trasparenza

Infine, è rilevante il fatto che l’ultima Circolare della Banca d’Italia non riporta più l’apposito

capitolo dedicato all’assolvimento degli obblighi di trasparenza, precedentemente

applicabili alle cooperative con più di 50 soci che si sostanziavano:

nella predisposizione e pubblicità dei “fogli informativi analitici”, portanti le

informazioni sui tassi di interesse e sulle loro modalità di applicazione, nonché sulle

spese e su ogni altra condizione economica applicabile;

nell’obbligatorietà della forma scritta per i contratti di raccolta del prestito;

5 Le modalità di raccolta del prestito sociale devono essere indicate dettagliatamente in apposito regolamento della

cooperativa che va approvato dall’assemblea dei soci. Prudenzialmente, nel rispetto dell’art. 2521 cod. civ. (ultimo comma), il presente regolamento poiché indirettamente inerente “allo svolgimento dell’attività mutualistica tra la società ed i soci” dovrebbe essere approvato dall’assemblea dei soci “con le maggioranze previste per le assemblee straordinarie”.

6 La raccolta a vista è stata definita dalla Banca d'Italia come “La raccolta che può essere ritirata da parte del depositante in

qualsiasi momento senza preavviso o con un preavviso di 24 ore”. Peraltro, come spiegato dalla stessa Banca d'Italia, il

depositante non può pretendere tale pagamento a vista di parte o tutto il suo deposito, ma se la società cooperativa –

come avviene spesso nella prassi – ne ha la disponibilità può di volta in volta rimborsare i propri depositanti anche prima

del termine in questione. La raccolta collegata all’emissione e gestione di mezzi di pagamento é stata definita come “l'attività di

intermediazione finanziaria esercitata mediante emissione o gestione di carte di credito, di debito o di altri mezzi di

pagamento a spendibilità generalizzata”.

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nell’obbligo di informative periodiche personalizzate ai soci circa lo svolgimento del

rapporto (estratto conto riassuntivo periodico) e in caso di variazioni contrattuali

sfavorevoli.

Tuttavia, si ritiene che si tratti di adempimenti che ancorché non più obbligatori, siano

fortemente consigliabili ad una cooperativa che decida di avvalersi dello strumento del

prestito sociale. Il prestito sociale, infatti, si fonda su un rapporto di fiducia profondo tra il

socio e la cooperativa stessa, la cui trasparenza è una forma di tutela e garanzia del socio

assolutamente opportuna in materia.

4. Norme fiscali per i soci prestatori e per le cooperative

che raccolgono prestito

Per i soci persone fisiche gli interessi riconosciuti dalla cooperativa sono soggetti a ritenuta a

titolo d’imposta qualora siano rispettate le condizioni previste dall’art. 13 del D.P.R. 601/1973,

già sopra richiamate. Tale ritenuta applicata dopo essere passata dal 10% al 12,50%7, è oggi

pari al 20%, come stabilito con l’art. 82 del D.L. 112/2008.

Sugli interessi corrisposti ai soci persone giuridiche non si rende applicabile la ritenuta (a titolo

d’imposta e neppure a titolo d’acconto).

Per quanto riguarda la disciplina fiscale per le cooperative che raccolgono prestito sociale, si

segnala che gli interessi sulle somme che i soci persone fisiche versano alle società

cooperative e loro consorzi, alle condizioni previste dall’articolo 13 del D.P.R. 29 settembre

1973, n. 601, sono indeducibili per la parte che supera l’ammontare calcolato con riferimento

alla misura minima degli interessi spettanti ai detentori di buoni postali fruttiferi ordinari

aumentata dello 0,908.

4.1. Le Imposte di bollo e di registro

Gli atti e documenti per i quali assumono rilievo le imposte di bollo o di registro sono:

il contratto di prestito sociale;

il libretto;

la comunicazione annuale;

le quietanze su depositi e i prelevamenti.

Per quanto riguarda il contratto, é assoggettato a registrazione solo in caso d’uso ed

è esente dall’imposta di bollo.

Le quietanze sui depositi e prelevamenti e i libretti di risparmio sono esenti in modo assoluto

dall’imposta di bollo, mentre sono soggette all’imposta di bollo in misura fissa (pari a 1,81

7 La previsione del 10% era stata fissata dall’art. 20, penultimo comma del D.L.95/1974 e poi innalzata al 12,50% dall’art. 23, comma 2 della l. 49/1985.

8 Tale limite è stato introdotto con la l. 311/2004 (Finanziaria 2005), all’art. 1, co. 465. Attualmente il limite minimo degli interessi spettanti ai detentori di buoni postali fruttiferi è pari a 1.

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euro) le comunicazioni annuali inviate ai soci prestatori dalla cooperativa relativamente allo

svolgimento del rapporto.

5. La normativa antiriciclaggio

Le società cooperative che raccolgono il prestito dai propri soci non incorrono in alcun

obbligo di identificazione od in altri obblighi in materia di “antiriciclaggio” disposti dal D.Lgs.

21 novembre 2007, n. 231.

Rileva soltanto la nuova disciplina in materia di limitazione all’uso del denaro contante con

particolare riguardo alle operazioni di prelievo e versamento da parte del socio prestatore,

per cui ai sensi dell’art. 49 del D.Lgs. 231/2007, così come modificato dall’art. 12, co. 1 del D.L.

201/2011, “È vietato il trasferimento di denaro contante … in euro o in valuta estera,

effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando il valore di trasferimento, è

complessivamente pari o superiore a 1.000 euro.”

6. La normativa sulla privacy

Tutti i dati raccolti dalla cooperativa nella gestione del prestito sociale devono essere trattati

in base a quanto disposto D.Lgs. n.196/2003. Essendo dati personali ma non sensibili non è

necessario avere il consenso degli interessati stessi né fare apposite comunicazioni al

Garante.

7. Regolamento del prestito sociale

REGOLAMENTO COMMENTI

Articolo 1

È istituita una sezione speciale per la raccolta dei

prestiti o finanziamenti dei soci, ai sensi dell’art. 12

della Legge 127/71, degli artt. 13 e 14 del D.P.R.

601/1973, della Legge n. 59/92, della Deliberazione

del Comitato Interministeriale per il Credito ed il

Risparmio del 19/07/2005 nonché dell’art. .. dello

Statuto Sociale. I conferimenti di denaro a titolo di

prestito effettuati dai soci possono essere fatti

unicamente ai fini del conseguimento dell’oggetto

sociale e sono disciplinati dal presente regolamento.

Ai sensi del comma 1, lettera a),

dell’art. 13 del D.P.R. 29 settembre

1973, n. 601, è obbligatorio che la

raccolta del prestito sociale venga

effettuata dalla società cooperativa –

sia nei confronti dei soci persone

fisiche che nei confronti dei soci

persone giuridiche - esclusivamente

per il conseguimento dell’oggetto

sociale.

Articolo 2

Per la raccolta di prestiti sociali dovrà essere

stipulato per ogni socio prestatore un apposito

La Circolare della Banca d’Italia n.

229 del 21 aprile 1999 (12°

aggiornamento del 21 marzo 2007)

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REGOLAMENTO COMMENTI

contratto scritto in duplice copia, di cui un esemplare

sarà poi restituito al socio. Il contratto, dovrà

indicare tutte le condizioni praticate, anche facendo

riferimento al Foglio Informativo Analitico di cui

all’art. 9 del presente regolamento. Il contratto deve

inoltre riportare espressamente la possibilità di

variare in senso sfavorevole al socio il tasso di

interesse ed ogni altra condizione praticata con

clausole approvate specificamente dal socio.

non riporta più l’apposito capitolo

dedicato all’assolvimento degli

obblighi di trasparenza,

precedentemente applicabili alle

cooperative con più di 50 soci, tra cui

rientrava anche

l’obbligatorietà della forma scritta

per i contratti di raccolta del prestito.

Tuttavia, si ritiene che si tratti di

adempimenti che ancorché non più

obbligatori, siano fortemente

consigliabili ad una cooperativa che

decida di avvalersi dello strumento

del prestito sociale.

Articolo 3

L’ammontare dei versamenti di ogni socio non può

essere inferiore all’importo minimo eventualmente

stabilito dal Consiglio di Amministrazione né

superare i limiti previsti dall’art. 10 della L. 59/92 e

successive integrazioni e modificazioni.

Ai sensi dell’art. 21, comma 6, L. 31

gennaio 1992, n. 59, gli importi

massimi del prestito sociale per i soci

persone fisiche previsti dall’art. 10

della stessa legge sono adeguati, ogni

triennio, con decreto del Ministro del

lavoro e della previdenza sociale di

concerto con il Ministro delle

Finanze, “tenuto conto delle

variazioni dell’indice nazionale

generale annuo dei prezzi al

consumo per le famiglie di operai e

impiegati, calcolate dall’ISTAT”.

Nella prassi cooperativa si è

sperimentato l’utilizzo di libretti di

prestito sociale cointestati a due

persone, per i quali i citati limiti sono

stati duplicati.

Per quanto riguarda i soci persone

giuridiche non si rendono

obbligatorie le limitazioni individuali

d’importo nella raccolta del prestito.

Articolo 4

L’ammontare complessivo dei prestiti sociali, qualora

il numero dei soci della Cooperativa sia superiore a

50 (cinquanta) non può superare il triplo del capitale

sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili

della Cooperativa (patrimonio netto) risultante

dall´ultimo bilancio approvato, salva la presenza delle

garanzie previste dalla legge che permettano di

Tale limite può essere elevato al

quintuplo del patrimonio qualora il

complesso dei prestiti sociali sia

assistito, in misura pari almeno al

30%, da garanzie rilasciate da

soggetti vigilati (banche autorizzate

in Italia; banche comunitarie; società

finanziarie iscritte nell’elenco di cui

all’art. 107 del TUB; imprese di

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REGOLAMENTO COMMENTI

elevare tale limite al quintuplo.

assicurazione). Il limite complessivo

di raccolta può essere altresì elevato

al quintuplo del patrimonio qualora la

cooperativa aderisca ad uno schema

di garanzia con le caratteristiche

stabilite dalla Circolare della Banca

d’Italia.

Articolo 5

La raccolta dei prestiti non può avvenire con

strumenti a vista né essere collegata ad emissione o

gestione di mezzi di pagamento: i prelievi potranno

essere effettuati previo preavviso di almeno …….

giorni lavorativi. Di ogni versamento o prelievo la

cooperativa rilascia relativa documentazione

conforme alle scritture contabili.

Visto che in base alle esigenze del

socio prestatore, può dover essere

rimborsato anche a breve termine, é

opportuno che il prestito sociale sia

utilizzato dalla cooperativa per

investimenti di breve periodo.

Articolo 6

La raccolta dei prestiti può avvenire solo tra soci

regolarmente iscritti sul libro soci.

Il prestito sociale si rivolge

esclusivamente alla base sociale e

svolge una fondamentale funzione di

rafforzamento del rapporto tra il

socio e la sua cooperativa.

Articolo 7

I depositi potranno essere fruttiferi e infruttiferi, liberi

o vincolati. I depositi fruttiferi, i cui interessi non

possono superare la misura massima prevista dalle

leggi vigenti, sono remunerati secondo tassi di

interesse classificati e disciplinati da apposita tabella

deliberata dal Consiglio di Amministrazione entro e

non oltre il 31 gennaio di ogni anno. In assenza di

delibera entro tale termine si intende mantenuto il

tasso in corso. La liquidazione degli interessi verrà

calcolata al 31 dicembre di ogni anno e gli interessi

potranno essere ritirati o capitalizzati. Gli interessi

sui versamenti sono conteggiati con valuta del giorno

in cui è effettuato il versamento e sono dovuti fino a

quello del prelevamento, secondo le tabelle

specificamente approvate dal Consiglio di

Amministrazione in relazione ai mezzi di versamento o

di prelievo (contanti, assegni, bonifici, ecc.).

Gli interessi corrisposti sul prestito

sociale (fiscalmente agevolato) dei

soci persone fisiche non possono mai

superare la misura massima degli

interessi spettanti ai detentori di

buoni postali fruttiferi, maggiorati di

2,5 punti percentuali. Per quanto

riguarda i soci persone giuridiche non

si rendono obbligatorie le restrizioni

nella determinazione del tasso

massimo di interesse da

corrispondere al socio prestatore,

previste dall’art. 13 del D.P.R. 29

settembre 1973, n.601 per le persone

fisiche.

Articolo 8

In relazione all’andamento del tasso dell’inflazione, il

Consiglio di Amministrazione della Cooperativa potrà

variare, in più o in meno, la remunerazione prevista

dalla tabella citata all’art. 7, dandone comunicazione

Anche tale previsione rientra tra

quelle volte a garantire la trasparenza

e correttezza massima della

cooperativa nei confronti del socio

prestatore.

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REGOLAMENTO COMMENTI

preventiva ai soci prestatori mediante lettera semplice

(anche a mezzo di eventuali bollettini interni inviati a

tutti i soci). I contratti che contemplano un tasso di

interesse superiore a quello deliberato possono essere

rescissi senza penalità entro sessanta giorni dal

ricevimento della comunicazione. I relativi prestiti

dovranno essere restituiti alle previgenti condizioni

contrattuali.

Articolo 9

La Cooperativa mette a disposizione dei soci il

‘Foglio Informativo Analitico’ che dovrà essere

consegnato unitamente al contratto e esposto presso le

sedi operative in cui si effettuano tutte le pratiche

relative al prestito sociale. Questo contiene

informazioni dettagliate sui tassi d’interesse, sulle

modalità di raccolta prestiti, sulle eventuali spese per

comunicazioni ai soci e su ogni altra condizione

economica relativa alle operazioni effettuate.

Annualmente verrà inviata ad ogni socio prestatore

una comunicazione dettagliata in merito allo

svolgimento del rapporto, contenente tutti i particolari

necessari alla comprensione del rapporto stesso.

Anche la predisposizione e pubblicità

dei “fogli informativi analitici” e le

informative periodiche personalizzate

ai soci circa lo svolgimento del

rapporto (estratto conto riassuntivo

periodico) e in caso di variazioni

contrattuali sfavorevoli sono tra gli

adempimenti un tempo obbligatori

relativi alla trasparenza delle

cooperative con più di 50 soci e

attualmente fortemente consigliati.

Articolo 10

Per quanto non disposto o previsto dal presente

Regolamento valgono le norme di legge.

Articolo 11

Il presente regolamento è stato approvato

dall’Assemblea straordinaria dei soci il ………… ed

entra in vigore il giorno successivo alla sua

approvazione.

Le modalità di raccolta del prestito

sociale devono essere indicate

dettagliatamente in apposito

regolamento della cooperativa che va

approvato dall’assemblea dei soci.

Prudenzialmente, nel rispetto dell’art.

2521 cod. civ. (ultimo comma), il

presente regolamento poiché

indirettamente inerente “allo

svolgimento dell’attività mutualistica

tra la società ed i soci” dovrebbe

essere approvato dall’assemblea dei

soci “con le maggioranze previste per

le assemblee straordinarie”.

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ENTI NO PROFIT

Il revisore degli enti no profit e la responsabilità

amministrativa ex D.Lgs. n. 231/01

DI GIORGIO GENTILI

(Dottore Commercialista e Revisore Legale in Ancona e Macerata)

Sommario

PREMESSA

1. IL D.LGS. 231/2001: AMBITO OGGETTIVO E SOGGETTIVO

2. D.LGS 231 ED ENTI NO PROFIT : UNO STUDIO DELL’IRDCEC

Premessa

Il revisore legale degli enti non profit deve effettuare delle verifiche riguardanti l’assetto

organizzativo e afferenti il rischio di compimento di frodi ed errori all’interno dell’ente. In

particolare il revisore deve effettuare delle verifiche inerenti il “going concern” dell’ente non

commerciale e per questo deve chiedere se l’ente ha adottato un modello organizzativo ex

D.Lgs. n. 231/01.

Il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 ha dunque introdotto in Italia la responsabilità degli

enti per alcuni reati commessi – o anche solo tentati - nell’interesse o a vantaggio degli stessi

da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione

dell’ente stesso o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale

e, infine, da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti sopra

indicati. Si tratta di una forma di responsabilità dell’ente che si aggiunge a quella propria

della persona fisica, autore del reato.

Il DLgs 231/2001: ambito oggettivo e soggettivo

Il catalogo dei reati rilevanti ai sensi del Decreto è stato progressivamente ampliato rispetto

alla promulgazione dello stesso e ad oggi ricomprende:

i reati contro la Pubblica Amministrazione ed il suo patrimonio (artt. 24 e 25);

i reati informatici e di trattamento illecito di dati (art. 24-bis);

i reati di criminalità organizzata (art. 24-ter);

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reati in materia di falsità in monete, in carte di pubblico credito e in valori di bollo e in

strumenti o segni di riconoscimento (art. 25-bis);

i reati di turbata libertà dell’industria e del commercio (art. 25-bis.1);

i reati societari (art. 25-ter);

reati con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico (art. 25-quater);

i reati di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 25-quater.1);

i reati contro la personalità individuale (art. 25-quinquies);

i reati e di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato (art. 25-

sexies) ed i relativi illeciti amministrativi (artt. 187-bis, 187-ter, come richiamati dall’art.

187-quinquies del d.lgs. 58/1998);

i reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime commessi con

violazione delle norme sulla salute e sicurezza sul lavoro (art. 25-septies);

i reati di ricettazione, riciclaggio ed impiego di beni, denaro ed altra utilità di

provenienza illecita (art. 25-octies);

i reati in materia di violazione del diritto d’autore (art. 25-novies);

il reato di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci

all’autorità giudiziaria (artt. 25-decies);

i reati ambientali (art. 25-undecies)

i reati transnazionali di cui alla legge 146/2006 (art. 10 l. 146/2006) (All. 1 “Il catalogo

dei reati richiamati dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231”).

Il Decreto prevede a carico degli Enti:

- sanzioni pecuniarie,

- sanzioni interdittive,

- confisca del prezzo o del profitto del reato,

- pubblicazione della sentenza di condanna.

Il D.Lgs. n. 231/2001 (ex art. 1, comma 2) si applica agli enti forniti di personalità giuridica, alle

società ed alle associazioni anche prive di personalità giuridica, vale a dire a qualsiasi

soggetto diverso dalla persona fisica comunque costituito, con esclusione dello Stato, degli

enti pubblici territoriali, degli altri enti pubblici non economici, nonché degli enti che

svolgono funzioni di rilievo costituzionale.

Dlgs 231 ed enti no profit : uno studio dell’IRDCEC

Gli enti no profit sono interessati dalla citata normativa in quanto è applicabile per tale

tipologia di enti la disciplina sulla responsabilità amministrativa.

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L’Istituto di Ricerca dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili in collaborazione con il

Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha affrontato la

materia con lo studio intitolato “Il modello 231/2001 per gli enti non profit: una soluzione per la

gestione dei rischi”. Nella pubblicazione viene definito un framework di riferimento per

l’implementazione del sistema di prevenzione dei reati previsti dal d.lgs. n. 231/01 negli enti

non commerciali, nella consapevolezza che “Poiché finora la disciplina in esame e la

dottrina in materia sono state ad appannaggio quasi esclusivamente di imprese di tipo

commerciale, adattare alle realtà del non profit i dettami normativi del Decreto richiede uno

sforzo di astrazione e rielaborazione: ai fini della redazione del modello, anche le prassi

maggiormente consolidate e diffuse, racchiuse nelle linee guida finora emanate dalle

principali associazioni di categoria, hanno quantomeno trascurato un mondo ampio ed

eterogeneo come quello del terzo settore. Di conseguenza, in mancanza di schemi ed

approcci specifici per il non profit, per l’elaborazione di un adeguato MOG è opportuno

traslare framework e principi prettamente aziendalistici, fatte salve le dovute distinzioni

connesse alle peculiari caratteristiche degli enti in questione”.

Il citato documento tratta l’inquadramento soggettivo e l’applicabilità del D.Lgs. n. 231/01 al

terzo settore, classificando e definendo i vari enti no profit. Viene effettuato un

approfondimento delle fasi di costruzione del modello organizzativo, dell’individuazione dei

soggetti a rischio e delle caratteristiche e delle attività dell’organismo di vigilanza.

L’appendice del documento riguarda le Fondazioni di origine bancaria.

Nell’approfondimento viene evidenziato che i dubbi riguardo l’assoggettabilità degli enti no

profit alla responsabilità da reato, attesa la “sensibilità” di alcuni servizi offerti, debbano

essere superati avendo riguardo sia al tenore letterale della disposizione, sia all’attività in

concreto svolta da molti di questi enti: “basti pensare ai valori immobiliari e mobiliari detenuti

da alcune fondazioni, ovvero alle associazioni sportive dilettantistiche, che in molti casi

diventano strumento di frodi fiscali, truffe e malversazioni. Pare evidente, dunque, che anche

gli operatori del mondo non profit debbano essere ritenuti soggetti a rischio 231, considerate,

in alcuni casi, le rilevanti conseguenze anche sociali potenzialmente derivanti dalla

commissione di un illecito”.

Il documento dell’IRDCEC riporta una sentenza in cui vi è l’applicazione ad un ente non

commerciale delle sanzioni previste dal D.Lgs. n. 231/2001. Nello specifico, il GIP Tribunale di

Milano, 22 marzo 2011 ha condannato un’associazione volontaria di pubblica assistenza per

il delitto di truffa ai danni dello Stato, previsto tra i reati presupposto dall’art. 24, comma 1 del

DLgs. 231/2001. La Onlus in questione è stata condannata per le condotte fraudolente

attraverso le quali simulava nei confronti dei terzi la propria natura solidaristica e

volontaristica (senza fini di lucro) per ottenere sussidi e contributi a titolo gratuito, nonché per

assicurarsi contratti e convenzioni con enti e istituzioni pubbliche, anche in mancanza dei

requisiti necessari.

Con la sentenza citata viene confermato che anche gli operatori del mondo non profit

devono essere ritenuti soggetti a “rischio 231”.

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E’, dunque, molto importante per i revisori degli enti non profit verificare l’esistenza di un

modello organizzativo ex D.Lgs. n. 231/01 e la sua idoneità a esimere l’ente, nel caso di

compimento di un illecito, dall’applicazione di eventuali sanzioni previste dal decreto.

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VARIE

Revisori condominiali: una nuova figura

professionale L.220/2012

PROF. IVAN GIORDANO

(Consulente tributario in Milano)

Premessa

La legge dell’ 11 dicembre 2012, n. 220, “Modifiche alla disciplina del condominio negli

edifici”, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 293 del 17/12/2012 che entrerà in vigore il

prossimo 18 giugno 2013, prevede una nuova figura professionale che l’assemblea potrà

nominare per verificare l’operato dell’amministratore: il revisore condominiale.

Si pone il problema di quale percorso formativo debba aver seguito il revisore condominiale

considerando che la “contabilità condominiale” attiene a norme giurisprudenziali e alle

prescrizioni introdotte dalla nuova riforma, che non sono compatibili con i principi contabili

previsti dalla norma cogente per le aziende.

Revisore condominiale e aspetti contabili della gestione

La contabilità condominiale deve tenere conto dei diversi destinatari e dei i soggetti

interessati all’analisi della stessa, rispetto alle loro differenti esigenze amministrative e

contabili.

In particolare utenti della contabilità condominiale possono essere, a vario titolo,

a) Condòmini

÷ persone fisiche

÷ persone fisiche coniugate e relativo regime patrimoniale

÷ persone fisiche in qualità di comunisti

÷ nudi proprietari e usufruttuari

÷ persone giuridiche, aziende, società commerciali

÷ società immobiliari

b) conduttori

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c) Istituti di credito e finanziatori in genere

d) Amministrazione finanziaria

e) Potenziali e promissori acquirenti

f) Fornitori e creditori in genere

g) Dipendenti

h) Amministratori di condominio

i) Tribunali, avvocati e debitori

Altro aspetto meritevole di approfondimento riguarda la natura giuridica, patrimoniale e

fiscale del condominio.

E’ importante analizzare il condominio sotto vari aspetti fra cui

Il concetto di ente di gestione

Il concetto di autonomia patrimoniale e personalità giuridica

Il concetto di consumatore finale ai fini IVA e IRPEF

L’aspetto degli obblighi di costituzione formale e le incoerenze normative su piano

fiscale, in particolare rispetto agli adempimenti in capo ai sostituti d’imposta

Altro aspetto che il Revisore Condominiale deve tenere in considerazione sono le fonti

giuridiche della contabilità condominiale e in particolare:

Fonti contrattuali e fonti assembleari

Il regolamento di condominio contrattuale

Il regolamento di condominio assembleare

Il libro verbali : delibere assembleari e consuetudini

Fonti normative e fonti giurisprudenziali

Il Codice Civile e la giurisprudenza

Le norme fiscali fondamentali

La norma volontaria UNI 10801

L.220/2012 – Riforma del Condominio derivante dal Testo unificato dal comitato

ristretto della commissione Giustizia del Senato DEL 29/07/2009 per i disegni di legge

n.71,355,399,1119,1283 (DDL AS71)

Da tali fonti si evincono i principi contabili e criteri di redazione del rendiconto condominiale;

in particolare:

DALLE FONTI GIURIDICHE AI PRINCIPI CONTABILI E CRITERI DI REDAZIONE: IL RUOLO DETERMINANTE DELLA

GIURISPRUDENZA E DELLA RIFORMA AS 71

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IL CONDOMINIO “DATORE DI LAVORO”

NOVITÀ INTRODOTTE IN AMBITO CONTABILE E AMMINISTRATIVO DALLA RIFORMA L.220/2012

CONTABILITÀ CONDOMINIALE E CONTABILITÀ AZIENDALE

analogie e differenze sostanziali

Partita doppia e partita semplice e ruolo del revisore introdotto dalla riforma

Il periodo amministrativo condominiale e gli adempimenti fiscali

Ruolo fondamentale quindi viene assunto dall’identificazione dei principi contabili per la

tenuta della contabilità

a) Principio della consapevolezza

b) Principio della prudenza

c) Principio dell’ imparzialità

d) Principio della completezza informativa (qualitativa e quantitativa)

e) Principio dell’utilità del rendiconto

f) Principio della verificabilità della posta contabile e delle informazioni

g) Principio del libero accesso agli atti

h) Principio della tutela del credito

oltre che dall’identificazione dei criteri di valutazione e di redazione del rendiconto e relativa

fonte

a) Criterio della competenza con evidenza di cassa: analisi dei principi di base e

determinazione del principio misto cassa / competenza

b) Criterio della periodicità nella rilevazione dei fatti amministrativi

c) Criterio dell’individuazione della posta contabile e della sua natura

d) Criterio dei centri di costo

e) Criterio dell’individuazione delle esigenze contabili e amministrative dei destinatari

f) Criterio della continuità

g) Criterio della comparabilità delle poste fra i diversi esercizi

h) Criterio della trasparenza: comprensibilità, chiarezza e intelleggibilità

Da quanto sino a qui esporto si estrae la sintesi dei documenti obbligatori necessari per una

corretta tenuta della contabilità condominiale, che il revisore dovrà assoggettare a verifica:

a) I documenti di struttura

÷ Anagrafica dei condomini

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÷ Le tabelle millesimali e loro criteri di formazione

÷ L’inventario delle cose comuni

÷ Il piano dei conti

÷ Registro dei contratti

b) I documenti contabili – amministrativi - fiscali

÷ Dettaglio analitico del preventivo di gestione

÷ Piano di riparto del preventivo di gestione

÷ Dettaglio analitico di eventuali spese straordinarie deliberate

÷ Piano di riparto di eventuali spese straordinarie deliberate e relativa rateazione

÷ Dettaglio analitico degli incassi

÷ Il dettaglio analitico dei fatti amministrativi positivi e negativi in sede di consuntivo

÷ Piano di riparto del consuntivo di gestione e determinazione dei conguagli

÷ Prospetto economico – reddituale

÷ Prospetto finanziario – patrimoniale

÷ I conti d’ordine

÷ La riconciliazione bancaria

÷ La nota integrativa

÷ La relazione sulla gestione

÷ Adempimenti dei sostituti d’imposta

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Informazione commerciale

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