KAWASAKI Z H2 - Motodem.moto.it/magazine/motoit-magazine-n-419.pdf · la prova kawasaki z h2 17.790...

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P.38 SPECIAL FREE ISSUE - N.419 - 24 MARZO 2020 KAWASAKI Z H2 STORIA P.68 10 moto per il centenario Suzuki MOTOGP P.56 Forza Dovi EDITORIALE Cadalora e l’elettronica delle 500 2T

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  • P.38

    SPECIAL FREE ISSUE - N.419 - 24 MARZO 2020

    KAWASAKI Z H2

    STORIA

    P.68

    10 moto per il centenario Suzuki

    MOTOGP

    P.56

    Forza Dovi

    EDITORIALE

    Cadalora e l’elettronica delle 500 2T

  • la provaKAWASAKI Z H2

    17.790 EURO

    MOTORE 4 CILINDRI IN LINEA

    TEMPI 4

    CILINDRATA 998 cc

    RAFFREDDAMENTO A LIQUIDO

    CAMBIO A 6 MARCE

    TRASMISSIONE FINALE CATENA

    POTENZA MASSIMA 200 CV A 10.000 GIRI

    COPPIA MASSIMA 137 NM A 8.500 GIRI

    EMISSIONI EURO 4

    TELAIO A TRALICCIO IN ACCIAIO

    PNEUMATICO ANT. 120/70ZR17M/C

    PNEUMATICO POST. 190/55ZR17M/C

    CAPACITÀ SERBATOIO 17 LT

    ALTEZZA SELLA 830 MM

    PESO 239 KG CON IL PIENO

  • 4 5MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    PROVA PROVA

    L

    di Francesco Paolillo

    KAWASAKI Z H2 LA SUPERCHARGED SI SVESTE

    La nuova Z H2 perde il “pelo

    ma non il vizio” di conquistarti

    con il motore Supercharged. Sa

    accarezzarti come un guanto

    di velluto, ma può prenderti a

    pugni come un guantone da

    Boxe

    La Kawasaki Z H2 fa parte di quella ristretta cerchia di moto che hanno pochi motivi per esi-stere, ma che fortunatamente appagano i desi-deri di motociclisti che della razionalità e della funzionalità, se ne fregano bellamente. Quando si vedono realizzate moto del genere viene da esclamare a gran voce “meno male che esistete”.La Z H2 è parte integrante di una famiglia fuori

    dall’ordinario. Ninja H2R, Ninja H2 e Ninja H2 SX

    sono le sorelle, e la “Z” ha un biglietto da visita, o

    meglio una scheda tecnica altrettanto “fuori”. 200

    cv e 137 Nm erogati da un quattro cilindri da un

    litro di cilindrata, supportato da un compressore

    che lo rende una vera e propria forza della natura.

    Il look di una meccanica così originale non può che

    essere altrettanto unico e coinvolgente. Più che na-

    ked si potrebbe descrivere la Z H2 come una care-

    nata dal vestitino alquanto attillato, con il gruppo

    ottico solidale ai fianchetti, con quello sinistro che

    coreograficamente funge da presa d’aria dinamica

    per il compressore.

    Linee tese spigoli e Sugomi Design che trasuda da

    ogni singolo componente, sa essere essenziale e

    GUARDA I L V IDEO

    GUARDA TUTTE LE FOTO

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  • 6 7MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    PROVA PROVA

    minimalista ma al tempo stesso ricca di spun-

    ti e particolari interessanti, oltre a dimostrarsi

    ben costruita e assemblata con cura.

    Riuscire a trovargli delle rivali dirette è diffici-

    le, inutile cercare in casa Aprilia con la Tuono o

    Ducati, con la prossima Streetfighter, anche la

    recente KTM Super Duke R è “un’altra cosa”.

    La Z H2 è sì una hypernaked, ma guarda alla

    pista solo per saggiarne appieno le prestazioni

    del suo motore, e non certo per le doti ciclisti-

    che, che comunque sono di livello, ma che ne

    esaltano soprattutto il comportamento su stra-

    da.

    Paragonare i numeri di questa Kawa con quelli

    delle altre Hypernaked è sbagliato, quanto po-

    trebbe essere sbagliato paragonare coppia e

    potenza di una BMW Serie 8 Coupè con quelli

    di una Porsche 911 GT3 RS, tanto per fare un

    esempio automobilistico, o per rimanere in

    casa Kawasaki, come paragonare una ZX 10-R

    ad una Ninja H2. Mettetevelo in testa, le Super-

    charged Kawasaki sono una categoria a parte,

    e se solo poteste o voleste provarle capireste il

    perché di questa affermazione.

    Una caratteristica che invece non rende molto

    diversa la Z H2 dalle altre hypernaked è il prez-

    zo, disponibile nelle colorazioni Nero/Verde,

    Nero/Rosso e total Black, i prezzi sono rispetti-

    vamente di 18.440, 18.240 e 17.790 Euro.

    MotoreIl quattro cilindri DOHC a 16 valvole ha una ci-

    lindrata di 998 cc e caratteristica che lo rende

    unico, almeno al di fuori della gamma Kawasa-

    ki, è che è sovralimentato con un compressore

    centrifugo (non è un turbo!), che gli permette

    di erogare 200 CV a 11.000 giri e ben 137 Nm

    a 8.500, per cui mille giri più in basso rispetto

    a quanto avviene sulla Ninja H2 SX. Da sotto-

    lineare che la girante del compressore è un

    gioiellino da vedere smonato, ed è ricavata dal

    pieno utilizzando una fresa a cinque assi!). In

    considerazione del fatto che siamo in presen-

    za di una naked, o meglio una Hypernaked, il

    motore è stato configurato ad hoc rispetto a

    quello dedicato alla serie “Ninja”, con una serie

    di modifiche specifiche. Diversi profili per gli al-

    beri a camme, un terminale di scarico inedito e

    rapporti accorciati grazie ad un paio di denti in

    più sulla corona.

    ElettronicaLa dotazione a supporto della guida della Z

    H2 è molto completa, si parte dal presupposto

    che tutto passa dalla piattaforma inerziale che

    quindi vigila sul funzionamento del controllo di

    trazione (KTRC a 3 livelli) e del KCMF (Kawasaki

    Cornering Management Function che moni-

    tora i parametri della moto durante la percor-

    renza di curva, regolando la forza frenante e

    la potenza del motore). Non mancano i riding

    mode (Sport|Road|Rain|Rider personalizzabile),

    il KIBS (Kawasaki Intelligent anti-lock Brake Sy-

    stem), cruise control, il quickshifter bidireziona-

    le e per i più impallinati, il Launch control, la cui

    funzionalità abbiamo testato sulla sorella Ninja

    H2 sul rettilineo dell’Estoril un paio di anni fa,

    mentre i più “connessi” possono sfruttare la “Ri-

  • 8 9MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    PROVA PROVA

    deology App” per interfacciare smartphone e

    strumentazione. Quest’ultima è TFT ed è molto

    completa, difficile pretendere di più, tachime-

    tro, contagiri, marcia inserita, temperatura aria,

    termometro liquido, autonomia residua con

    relativi consumi medio|istantaneo oltre alle re-

    golazione dei controlli dinamici.

    Telaio e freniIl telaio della Z H2 è costituito da un traliccio

    in acciaio che utilizza il motore con funzione

    strutturale, la sua conformazione garantisce

    prestazioni ottimali per una moto di questo

    genere oltre che a garantire un raffreddamento

    migliore rispetto ad altre tipologie di telai.

    Le sospensioni sono fornite da Showa, forcella

    SFF-BP e mono sono completamente regolabili

    (il precarico molla della sospensione posteriore

    attraverso un comodo registro remoto sul lato

    destro), da notare che rispetto alle altre sorelle

    della famiglia Supercharged, la Z H2 abbando-

    na il forcellone monobraccio per un più adat-

    to, secondo i tecnici Kawasaki, bi-braccio che

    ricorda quello montato dalla Ninja ZX-10R ma

    è differente nelle quote, il quale garantirebbe

    prestazioni più in linea con la tipologia di moto.

    L’impianto frenante è un mix, Brembo per l’a-

    vantreno, che monta due dischi da 320 mm

    con pinze monoblocco M4-32, Nissin al poste-

    riore dove il disco da 260 mm è strizzato da una

    pinza a doppio pistoncino. Il KIBS ((Kawasaki

    Intelligent anti-lock Brake System), ha funzione

    cornering e gestisce la frenata in combinazione

    con la piattaforma IMU.

    Come pneumatici di primo equipaggiamento

    Kawasaki monta delle Pirelli Diablo Rosso III

    120/70 e 190/55 su cerchi da 17 pollici.

    Il peso in ordine di marcia dichiarato è di 239

    kg (il serbatoio ha una capacità di 19 litri), ma le

    quote ciclistiche ne limitano l’interasse a 1.455

    mm (lo stesso di un’Aprilia Tuono tanto per ca-

    pirci), la si può quindi considerare non partico-

    larmente leggera ma neanche ingombrante.

    Come vaUn test davvero atipico quello della nuova Z

    H2, in parte svoltosi sulle strade nei dintorni di

    Las Vegas, Valle del Fuoco compresa, un posto

    dai panorami davvero magici, e in parte in un

    contesto davvero a “stelle strisce”, cioè l’ovale

    del Las Vegas Motor Speedway, con una punta-

    ta anche al tracciato di handling poco distante.

    Iniziamo col dire che semplicemete sedendosi

    sulla Z H2 si percepisce che numeri a parte, non

    è paragonabile, e nemmeno lo vuole essere per

    gli uomini Kawasaki, una Hypernaked votata al

    tempo sul giro o semplicemente all’uso in pista.

    Le pedane sono piuttosto basse e non costrin-

    gono le ginocchia a posture da fachiro, il manu-

    brio è moderatamente aperto e la sella discre-

    tamente comoda, con il busto che va a caricare

    l’avantreno ma senza pesare troppo sui polsi.

    Una postura sportiva ma tutt’altro che affati-

    cante. L’eventuale passeggero se la passa de-

    cisamente peggio, con una sella di piccole di-

    mensioni e pedane alte, che tradotto significa

    “stai a casa per il tuo bene”!

    Poi c’è “lui”, il quattro cilindri con il compressore

  • 10 11MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    PROVA PROVA

    Il cambio dotato di quickshifter non avrà la

    taratura sportiva della Ninja ZX-10R, ma è co-

    munque rapido e soprattutto preciso, impossi-

    bile sbagliare una cambiata.

    Leggere 275 km/h dopo un lancio piuttosto

    breve, e sentire che il motore ne ha ancora fa

    impressione, considerando che siamo in sel-

    la a una naked, ancor più impressionante è la

    stabilità che la Z H2 dimostra a queste velocità,

    con l’avantreno che rimane “consistente” tra le

    mani, e meno male perché il muretto dell’ova-

    le è molto vicino e minaccioso! Questa solidità

    non limita più di tanto l’agilità nel misto, certo

    non è un peso piuma, caratteristica che si nota

    quasi esclusivamente nelle manovre da fermo,

    ma il bilanciamento delle masse, che poi è uno

    degli aspetti più importanti, è ottimo e permet-

    te di poter cambiare direzione con un minimo

    di sforzo fisico, ma vi assicuriamo che le moto

    pesanti sono altre.

    In compenso l’avantreno è un aratro e permet-

    te di spingersi anche oltre quelli che sembre-

    rebbero i limiti della moto, così come abbiamo

    fatto sul tracciato di handling, arrivando a infa-

    stidire la compostezza della Z H2 che da strada-

    le pura digerisce solo in parte gli strapazzi tra i

    cordoli con l’assetto standard, ma visti i limiti

    di velocità che vigono da queste parti, è stato

    il modo migliore per dare sfogo alla cavalleria

    del Supercharged. Mettendo mano all’assetto

    siamo certi che riacquisterebbe parte di questa

    compostezza, ma per motivi di tempo abbiamo

    lavorato sul nostro stile di guida, guidando nel-

    la maniera più rotonda possibile e senza forza-

    che fischietta ad ogni manata sul gas, davvero

    esaltante, anche se nei video questa sua carat-

    teristica non rende assolutamente come dal

    vivo. Unico e incomparabile il Balanced Super-

    charged è impressionante per la facilità di adat-

    tamento ad ogni tipo di utilizzo, potendo con-

    tare sempre sempre su una riserva di potenza

    euna piacevolezza di guida ed erogazione, che

    a seconda del regime può essere “consistente”,

    così come esplosiva. Già perché se fino ai 4.000

    giri il motore è corposo e lineare, ma per nul-

    la impressionante, si passeggia con un filo di

    gas senza problemi, poi prende fiato e diventa

    consistente, per tagliare il traguardo dei 6.000

    con una decisa arroganza che diventa potenza

    esplosiva dagli 8 ai 12.000, una vera furia! Il tut-

    to senza entrate in coppia o cambi repentini di

    erogazione, questo propulsore è la linearità allo

    stato puro, e meno male ci viene da dire, altri-

    menti il controllo di trazione dovrebbe fare un

    super lavoro, cosa che fa invece l’elettronica per

    tenere la ruota anteriore attaccata all’asfalto,

    quando si spalanca il gas nelle prime tre marce.

    Spinge in maniera impressionante qualsiasi

    rapporto, quarta – quinta – sesta, vengono

    “consumate” in un battito di ciglia, con l’unico

    limite della spinta dell’aria che si fa consistente,

    e aspettarsi miracoli dalla piccola unghia sopra

    la strumentazione è semplicemente assurdo.

    Per questo consigliamo vivamente di fare spesa

    tra gli optional dedicati che prevedono un bel

    plexiglass maggiorato, e a questo punto met-

    tiamoci anche lo scarico Akrapovic che suona

    in maniera esaltante per le orecchie.

  • 12 13MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    PROVA PROVA

    re più di tanto sia le frenate e agendo sul gas

    con un minimo di rispetto (ma non più di tanto

    come si evince dalla spia del controllo di trazio-

    ne che “occhieggiava” in continuazione!).

    I 55° gradi di angolo di piega indicati dalla stru-

    mentazione non sono certo pochi e rendono

    l’idea delle ottime performance garantite dalla

    ciclistica e dal grip delle Pirelli Diablo Rosso |||.

    Una volta usciti in strada non si può che ap-

    prezzare la capacità di poter viaggiare con un

    filo di gas senza il minimo strappo, sia da parte

    del motore sia della trasmissione, davvero in-

    credibile questa meccanica!

    Allontanarsi dalla città in questi luoghi, significa

    trovarsi nel deserto, che non significa per forza

    strade diriette e noiose, anzi nel nostro caso si

    è trattato di percorsi a tratti molto tortuosi tra

    rocce scolpite dal vento e anche qualche duna

    di sabbia finissima.

    La Z H2 si muove come un vero e proprio ser-

    pente, cambia direzione fluida e rotonda come

    solo questo rettile sa fare, con il motore che

    consente un uso limitato se non addirittura

    nullo del cambio. Per parecchi chilometri ab-

    biamo viaggiato in sesta marcia senza proble-

    mi, anche nei passaggi più stretti e lenti.

    Stupefacente il “Supercharged” sia quando ti

    prende a schiaffi a suon di cavalli e coppia, sia

    quando lo usi per andare a spasso.

    Inutile, come per il resto della famiglia H2, an-

    che per questa Z H2 vige la legge del “provare

    per credere”. Sono moto che rappresentano

    qualcosa di diverso in campo motociclistico,

    non tanto per l’aspetto, quanto per i contenuti

    tecnologici, che si possono toccare con mano e

    apprezzare solamente guidandole. Se ci si fer-

    ma a qualche chilo in più nel peso in ordine di

    marcia, o semplicemente al fatto che piacciano

    o no dal punto di vista estetico, beh ci si perde

    davvero qualcosa di unico.

    ABBIGLIAMENTO PIÙ INFORMAZIONI

    TUTA REV’IT TRITON

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    JEANS DAINESE D1 EVO

    GUANTI REV’IT

    CASCO AGV GP R

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    MOTO: KAWASAKI Z H2

    LUOGO: LAS VEGAS (USA)

    METEO: SOLE 20°

  • 14 15MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    INIZIATIVE INIZIATIVE

    A

    MOTOCICLISTI PER L’OSSIGENO: LA NOSTRA INIZIATIVA DI RACCOLTA FONDI

    Abbiamo letto e sentito tanto a proposito di quello che sta avvenendo in uno dei grandi fo-colai del nord, Alzano Lombardo, paese della bergamasca in cui il virus si è abbattuto con un’intensità che probabilmente non ha pari. Senza che, peraltro, nessuno sappia ancora il perché di questo accanimento.Nei giorni scorsi, Francesca Borri e Fabio Buc-ciarelli, inviati di guerra scelti non a caso dalla testata israeliana Yedioth Ahronoth e dal New York Times per un reportage su questo con-flitto dal nemico invisibile, hanno raccontato su Radio Anch’io di Radio 1, del nostro Paese in ginocchio.Più che un servizio era un grido di dolore, a nome delle decine e decine di malati nelle case che, nonostante il lavoro encomiabile e incessante dei sanitari e delle forze dell’ordi-ne, non trovando posto in ospedale sono co-strette a casa senza l’assistenza dell’ossigeno e non riescono a respirare.

    Alzano Lombardo può sembrare un luogo per molti distante ma, per noi motociclisti, è molto vicino, immerso in quel territorio che ha dato i natali a molti famosissimi piloti, a partire dal 9 volte iridato Carlo Ubbiali al 15 volte iridato Agostini (bresciano di nascita ma bergamasco d’adozione), ai due Locatelli - Roberto, iridato 125, e al giovane Andrea, at-tualmente in Supersport - oltre a una gremita compagine di fortissimi altri piloti che hanno creato leggendaria “Regolarità” bergama-sca, i crossisti e i trialisti; e poi la Bergamo di Brembo, di KTM, di Polini, di Acerbis, Caberg, Nolan, Airoh, tanto per citare alcune delle aziende a noi care.Non possiamo lasciare senza ossigeno chi non ne ha abbastanza.Quello che ti chiediamo è di destinare subito i soldi con cui avresti fatto il pieno di benzina a chi sta lottando per la vita.Questo tuo gesto, anche se sembra piccolo,

    #motociclistiperlossigeno è l’hashtag della nostra iniziativa di raccolta fondi per l’acquisto di concentratori di ossigeno, apparecchi di cui Alzano Lombardo, uno dei Comuni più colpiti dall’emergenza Covid-19, ha urgente necessità

    diventa enorme se fatto insieme a noi e a tutti i motociclisti che desiderano riempire di ben-zina (e di ossigeno) il motore più potente che ci sia: quello della vita.Vi chiediamo, pertanto, di contribuire alla nostra raccolta fondi destinata al Comune di Alzano Lombardo versando il contributo che ritenete adeguato.Il denaro raccolto verrà devoluto per l’acqui-sto dei cosiddetti concentratori di ossigeno, dispositivi che permettono di estrarre l’ossi-geno dall’aria e che possono essere utilizzati anche per le terapie domestiche.L’obiettivo è di riuscire ad acquistarne il più possibile, almeno dieci, possibilmente 100 entro breve termine.

    Intanto, grazie a tutti coloro che hanno dato il loro contributo (dati aggiornati ogni 24 ore).Grazie per il tuo contributo.

    PS: all’atto della donazione, la piattaforma GoFundMe dà la possibilità di decidere l’am-montare percentuale che tratterrà per i suoi servizi: prestate pertanto attenzione poiché dal menu a tendina viene indicato il 10% di default, lo consideriamo decisamente inap-propriato. Consigliamo di scegliere dalla ten-dina “ALTRO” e specificare tra lo 0 e il 2-3% al massimo.

    DONA

    https://www.gofundme.com/f/motociclistiperlossigeno

  • 16 17MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    NEWS NEWS

    APRILIA BREVETTA UN SISTEMA ANTI-DIVE DA PISTA

    CCome tutti sappiamo, la sospensione anterio-re ha un ruolo fondamentale nel rendimento ciclistico, e su questo importantissimo com-ponente lo sviluppo non si è mai fermato, anche se esteriormente una moderna forcella non pare poi così diversa da una di una venti-na d’anni fa.Se l’ultima frontiera sono le sospensioni elet-troniche semiattive, peraltro vietate nelle competizioni, un’alternativa può essere rap-presentata da altre soluzioni.Una di queste è il “famigerato” anti-dive, ovvero il sistema che limita l’affondamento della forcella quando si frena senza dover ricorrere a un indurimento eccessivo della sospensione, che male si sposerebbe con le esigenze di ammortizzamento e controllo dell’aderenza del pneumatico sulle asperità.Il sempre attento sito britannico BikeSocial ha pubblicato dei disegni di brevetto che sono attribuiti ad Aprilia, e che mostrano un

    anti-dive di tipo meccanico. Contrastare l’af-fondamento della forcella per trovare un as-setto che permetta di sfruttare ancora di più la potenza frenante anteriore (oltre a un certo limite si arriva, come è noto, al ribaltamento) è stata un’ossessione per molti progettisti.A partire dai primi anni Ottanta si sono visti numerosi esempi applicati sulle moto di serie (Honda TRAC, Kawasaki ADVS, Suzuki ANDF) e ancora di più per fantasia nelle competizio-ni, dalle piccole GP 50 artigianali fino alle 500 ufficiali.Poi il progresso tecnico delle forcelle ha preso il sopravvento, e sui modelli di serie la novità – alla fine più che altro commerciale, perché relativamente efficace nell’uso pratico – è sta-ta presto dimenticata.E di anti-dive si è trattato lungamente anche in Formula 1

    I disegni di brevetto Aprilia mostrano una so-

    Sperimentati a partire dai primi anni Ottanta, i sistemi anti-affondamento in frenata per la forcella sono andati via via in disuso. Ora spuntano dei disegni di un brevetto Aprilia dedicato all’impiego iper sportivo

    luzione di tipo meccanico accoppiata a com-ponenti da competizione.L’avantreno è in questo modo più sostenuto in frenata, lasciando più libera la parte idrau-lica che in questo modo può avere una tara-tura più morbida e quindi sensibile a moto inclinata.

    Durante la frenata, per effetto dell’attrito generato dalle pastiglie, le pinze tendono a ruotare nella stessa direzione dei dischi: so-litamente sono vincolate rigidamente alla forcella e quindi non si muovono, ma nel caso della soluzione Aprilia hanno la possibilità di poter ruotare radialmente per alcuni gradi.Poiché le piastre su cui sono articolate sono

    collegate tramite puntoni ai foderi della for-cella, si genera una coppia di forze contrarie all’affondamento.Il collegamento della pinza alla staffa scorre inoltre in un asola sagomata; in questo modo è possibile avere una progressività – per giun-ta modificabile – della reazione anti affonda-mento. Come mostra il grafico qui sopra, l’in-tervento dell’anti-dive è massimo nella prima fase della frenata, poi decresce fino ad an-nullarsi a circa due terzi dell’escursione della sospensione, permettendo così alla forcella di assorbire le asperità che altrimenti com-prometterebbero l’aderenza del pneumatico quando la compressione si avvicina a quella massima.

    di Maurizio Gissi

    GUARDA TUTTE LE FOTO

    https://www.moto.it/news/aprilia-brevetta-un-sistema-anti-dive-da-pista.html

  • 18 19MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    ATTUALITÀ ATTUALITÀ

    U

    SPECIALE AZIENDE IN ITALIA. IL PUNTO DI VISTA DEI TOP MANAGER

    Sono settimane difficili per tutti,

    nessuno escluso. Abbiamo

    voluto così interpellare i vertici

    delle principali realtà della

    produzione motociclistica nel

    nostro Paese per avere una

    fotografia del presente e una

    prospettiva sul futuro

    Una situazione inedita, straordinariamente diversa da qualsiasi altra nella storia. Che, an-cora per chissà quanto tempo, condizionerà la vita di tutti.

    Per capire meglio il quadro economico che riguarda il nostro mondo, a livello industria-le come finanziario e occupazionale, ma an-che per avere qualche idea su come questo momento di difficoltà potrà offrire benefici e opportunità per quando tutto sarà pronto a ripartire, abbiamo interpellato il management delle principali realtà che operano nella costo-la del mercato automotive italiano che riguar-da le moto.

    GUARDA TUTTE LE INTERVISTE

    https://www.moto.it/news/speciale-aziende-in-italia-il-punto-di-vista-dei-top-manager.html

  • 20 21MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    ATTUALITÀ ATTUALITÀ

    M

    ANCMA/EICMA. VECCHIA GUARDIA DIMISSIONARIA. PRESIDENTE PAOLO MAGRI AL LAVORO

    Milano. #iorestoacasa per riferirvi di una buona notizia. Non è certamente il momento di lasciar-si andare all’entusiasmo, cionondimeno è giusto riservare un angolo di cuore alle buone notizie. Fanno bene, fanno respirare aria pulita. Tanto più che, in questo caso, parliamo di una notizia lungamente attesa. Di una svolta. È passato, infatti, circa un anno e finalmente è possibile partecipare all’”inaugurazione” del nuovo corso di ANCMA e della sua perla operativa, EICMA, il Salone milanese di Ciclo, Motociclo e Accessori, più di ogni altra vicina agli appassionati. Non si tratta di una cerimonia, neanche lontanamente, e nessuno si è preso la briga di festeggiare, sia ben chiaro. Ci limitiamo a registrare il momento e a fissarlo nella Storia.Semplicemente, e oserei dire naturalmente, giustamente, la “vecchia guardia” di EICMA si

    è fatta da parte, lasciando che il nuovo corso di ANCMA, legittimato dal riconoscimento della ormai “famosa” assemblea del 29 novembre scorso, prendesse in mano le redini della carroz-za per portarla nel futuro. Quale futuro? Io direi quello di nuovi record, che EICMA ha sempre saputo migliorare, di cristallina fiducia e verve operativa, di credibilità. La “cerimonia” virtuale è ancora una data, il 12 marzo, nella quale EICMA emette un comunicato ufficiale che contiene, oltre al bilancio di un altro anno di primato del Salone milanese, la conferma delle dimissioni del vecchio Consiglio di EICMA, del quale faceva-no parte Andrea Dell’Orto, Corrado Capelli, Vito Cicchetti, Alfio Morone, Giovanni Castiglioni. Il Consiglio dimissiona, dice la nota tra le altre bel-le cose, per le “…pressioni esercitate dai nuovi vertici di Confindustria ANCMA… “, e questa è

    Non si era più saputo niente della vicenda ANCMA e Confindustria, e di conseguenza anche la piattaforma EICMA era rimasta in qualche modo in sospensione. È passato un anno circa, il corso delle cose ha dato ragione ai “33” e si riparte, più forti e chiari

    di Piero Batini

    una notizia di grande importanza e rilievo, non per il clamore che intende suscitare, bensì per-ché è un atto formale che sancisce la legittimità dei “nuovi vertici”.

    Paolo Magri PresidenteDel resto non c’era bisogno di farla tanto lunga. A puntello della vecchia guardia era rimasta solo una piccola fortezza di cartone, una sorta di mes-sinscena fatta di comunicati e di finta di niente, di figure chiamate in causa per ricoprire ruoli tampone inesistenti e senza alcuna esperienza operativa specifica. Certamente, prima ancora della “… decisione unanime di rinunciare al pro-prio incarico prima della scadenza…” da parte del Consiglio dimissionario, la legittimazione dei nuovi vertici era arrivata dai giudici milanesi, poi dalla immediata scomparsa del commissa-rio Giannetto Marchettini, dalla “reintegrazio-ne” di Pier Francesco Caliari e, di fatto, dall’im-provviso spegnersi della verve “creativa” con la quale, fino alla data cruciale del 29 novembre, Confindustria aveva cercato di opporsi alla “Ri-voluzione dei 33”. “Rivoluzione” che si era resa necessaria, indispensabile dopo le cupe vicende

    innescate nel maggio 2018 con la caduta dell’al-lora Presidente di Confindustria ANCMA, Anto-nello Montante. Si tratta di un momento storico, perché non ha precedenti di questo tipo in uno movimento di “dissidenza” piuttosto numeroso e argomentato, ma preferiamo consideralo un momento importante, molto importante, per il solo fatto che 33 appassionati imprenditori a noi assai cari e inizialmente guidati dal “Presiden-te Vicario Traghettatore” Franco Acerbis, oggi possono tornare serenamente al lavoro sotto la guida del Presidente Paolo Magri, oggi al timone e finalmente in possesso di tutte chiavi operati-ve, letteralmente e metaforicamente. Si tratta di rilanciare, di superare un momento difficile che brucerà altro tempo da sovrapporre a quello già “perso”, di correre dei rischi la cui voce è già in fattura ma che non sono ancora quantificati a causa della gravità della situazione attuale, di ricreare la buona forza della task force di EICMA e, in buona sostanza, di vincere una battaglia durissima e imprevedibile. Nessuna paura, Pao-lo Magri è un “Casco Rosso”, e certe “mulattiere” potrebbero anche divertirlo.Buon lavoro e in bocca al lupo!

  • 22 23MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    ATTUALITÀ ATTUALITÀ

    L

    BMW FERMA LA PRODUZIONE A BERLINO E HARLEY-DAVIDSON QUELLA NEGLI USA

    A causa della pandemia

    coronavirus si fermano la

    fabbrica BMW in Germania e

    gli impianti americani di Harley-

    Davidson. BMW informa che

    sono garantiti assistenza in

    officina e ricambi

    La fabbrica BMW di Berlino-Spandau dove vengono prodotte le moto BMW sarà chiusa per almeno quattro settimane a partire da ve-nerdì 20 marzo. A darne notizia è il sito motor-radonline.de che ha interpellato in proposito il portavoce BMW Julian Friedrich. Si tratta di una chiusura programmata a tutela dei di-pendenti e per gestire meglio il rallentamento produttivo in previsione della carenza di com-ponenti che arrivano da fornitori esterni, alcu-ni dei quali si trovano in Italia e in altre aree a forte rischio coronavirus e quindi di chiusure aziendali.Lo stabilimento di Spandau costruisce motori e moto dal 1969 ed è rimasto l’unico in Germa-nia di BMW Motorrad.

    L’annuncia arriva dopo che BMW ha deciso di chiudere, a partire da oggi 19 marzo e per la durata di un mese, tutti gli stabilimenti in Eu-ropa e quello in Sudafrica. In quegli impianti sono costruite la metà delle oltre 2,5 milioni di automobili prodotte ogni anno con i marchi

    di Maurizio Gissi

  • 24 25MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    ATTUALITÀ ATTUALITÀ

    BMW e Mini.

    Proprio ieri la casa tedesca aveva anticipa-to perdite operative nel primo semestre a causa della pandemia.

    Officina e ricambi OKCon una nota stampa, BMW Italia ha comu-nicato che i servizi necessari alla mobilità individuale dei propri clienti, in particolare per i mezzi (auto e moto) impegnati in at-tività di pubblica utilità o in uso alle forze dell’ordine saranno garantiti.Nel pieno rispetto delle regole definite per il contenimento del contagio da Covid-19, i Centri Service del BMW Group sul territorio italiano si sono organizzati per garantire la mobilità individuale di chi guida una BMW, a due o quattro ruote: la rete dei centri di assistenza, attraverso un presidio con per-sonale presente in officina o a chiamata in caso di necessità, garantisce la realizzazio-ne degli interventi di assistenza.

    La logistica dei ricambi distribuiti dal ma-gazzino di Volargne (Verona) in tutta Italia continua a rifornire i Centri Service.

    Harley-Davidson stop di due settimaneDall’altra sponda dell’Atlantico arriva la notizia che un dipendente dell’impianto Harley-Davidson Pilgrim Road Powertrain Operations, sempre nel Wisconsin e dove

    sono costruiti gruppi motore e trasmissio-ne, è stato trovato positivo al Covid-19. La società ha quindi predisposto in via cautelare la chiusura per due settimane dell’impianto, bloccando lo visite di perso-ne esterne per un mese.

    Il fermo è stato deciso per gli altre fabbriche York Vehicle Operations, in Pennsylvania, e Tomahawk Operations in ottemperanza alle raccomandazione dell’Organizzazione mondiale della sanità e del Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie.

    “Riconosciamo la natura senza precedenti di questa crisi globale – ha detto Jochen Zeitz, il nuovo CEO e presidente di Harley-David-son – e pertanto stiamo temporaneamente sospendendo la maggior parte della produ-zione nelle nostre strutture produttive statu-nitensi”.

    Pochi giorni fa era stato chiuso il museo H-D di Milwaukee e sono stati sospesi anche tutti gli eventi sponsorizzati fino alla metà di Apri-le.

  • 26 27MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    ATTUALITÀ ATTUALITÀ

    DUCATI BILANCIO 2019: UTILI E MARGINI IN ATTIVO GRAZIE ALLA PANIGALE

    AAudi ha diffuso quest’oggi i dati finanziari dell’esercizio 2019. Sono stati così comu-nicati anche quelli della controllata Ducati Motor Holding.

    Dei dati di vendita Ducati nel mondo ab-biamo scritto più diffusamente qui. Ricor-diamo che nel 2019 sono state 53.183 le moto Ducati consegnate globalmente: un incremento contenuto nello 0,3%, che vale comunque il quinto anno di fila oltre quota 50.000, il che rappresenta il miglior perio-do di sempre per Borgo Panigale.

    Nel 2017 si toccò il picco di 55.917 unità, quando già nel mondo i modelli oltre 500 cc accusarono una flessione pari a -2,8%, che è diventata -3% nel 2018, quando Du-cati chiuse l’anno con una contrazione del-le vendite pari al 5,1%.

    Il 2019 ha visto invece una ripresa a livel-lo mondiale delle over 500, segmento che comprende tutte le Ducati a eccezione del-la Scrambler 400, pari a +1,4%, e questo fatto ha certamente influito sul migliora-mento delle vendite nel 2019.

    E non soltanto a quella ovviamente, ma la super sportiva resta leader del segmento, e dà una buona spinta. Fatturato a +2,4% e meglio ancora per il margine operativo

    di Maurizio Gissi

    GUARDA TUTTE LE FOTO

    https://www.moto.it/news/ducati-bilancio-2019-utili-e-margini-in-attivo-grazie-alla-panigale.html

  • 28 29MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    ATTUALITÀ ATTUALITÀ

    Ducati al fatturato è dell’1,2%), con risultato

    operativo di 4,5 miliardi di euro e margine

    operativo dell’8,2%.

    Il Gruppo Audi – è spiegato nel report di bi-

    lancio - non scende a compromessi in termini

    di obiettivi di redditività. Conferma di punta-

    re a un rendimento premium compreso tra

    il 9 e l’11%, e a un ritorno sugli investimenti

    da raggiungere nel medio periodo di oltre il

    21%. In quest’ultima voce Audi è già miglio-

    rata: nel 2019 l’efficienza del capitale è salita

    al 12,7% (10,4% nel 2018).

    Naturalmente il 2020 sarà condizionato - è

    presto per quantificarne gli effetti negativi -

    dalla pandemia di Coronavirus.

    Da parte sua il Gruppo Volkswagen, che com-

    prende anche Audi AG, ha chiuso in cresci-

    ta il 2019 con il fatturato a 252,6 miliardi di

    euro (+16,8 miliardi) e con l’utile operativo

    ante voci straordinarie a 19,3 miliardi di euro

    (+12,9%).

    Il margine operativo, ante voci straordinarie,

    ha leggermente superato il rapporto previsto

    per il 2019: 7,6% invece di 7,3 %. L’utile ope-

    rativo è incrementato, del 22% toccando i 17

    miliardi di euro.

    Un contributo importante è arrivato dalla serie Panigale (8.304 unità) che si confer-ma la sportiva più venduta al mondo nel suo segmento, con una quota di mercato del 25%, nonostante abbia venduto un po’ meno rispetto all’anno precedente.

    L’Italia si conferma il primo mercato a livello mondiale con 9.474 unità consegnate, ovvero + 3% sul 2018 e +20% nell’ultimo triennio.

    Negli Stati Uniti, in un mercato con trend ne-gativo pari al -7% rispetto al 2018, le conse-gne Ducati sono state di 7.682 moto, con un calo contenuto nel 2%.Robusto l’incremento in Brasile (+20%), bene

    anche in Spagna (+10%, 2.700 moto circa) e in Francia (+8%).

    Fatturato a 716 milioniRitornando ai dati finanziari, il fatturato 2019

    ha raggiunto i 716 milioni di euro, in cresci-

    ta del 2,4%, con un valore per modello che

    si avvicina ai 13.500 euro e diventa il più alto

    di sempre.

    Il risultato operativo è stato di 52 milioni di

    euro (+6,1% rispetto ai 49 milioni della ge-

    stione precedente), con il margine operativo

    salito dal 7,0 al 7,2%.

    Audi AG, nel suo complesso, ha ottenuto ri-

    cavi per 58,7 miliardi di euro (il contributo di

  • 30 31MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    ATTUALITÀ ATTUALITÀ

    N

    di Maurizio Gissi

    BMW CON VENDITE RECORD E PIANO DI INVESTIMENTI DA 30 MILIARDI

    Per la prima volta il gruppo

    tedesco ha superato i cento

    miliardi di fatturato. La divisione

    moto è andata percentualmente

    meglio di quella auto. Un piano

    di investimento per le nuove

    tecnologie di 30 miliardi in

    cinque anni. C’è ovviamente

    incertezza per gli effetto del

    coronavirus

    Nell’annuale press conference che annuncia le strategie e riporta i dati finanziari della ge-stione precedente, tenutasi ieri a Monaco di Baviera, Oliver Zipse (Chairman of the Board of Management of BMW AG) e Manfred Schoch, (General Works Council Chairman) non hanno potuto far altro che iniziare i loro interventi sull’approccio all’epidemia di coronavirus.

    “Prendiamo sul serio le nostre responsabilità – ha detto Zipse -, sia quando si tratta di garan-tire la protezione e la salute dei nostri dipen-denti sia di raggiungere il miglior equilibrio possibile in termini di redditività. Una cosa è certa: il Coronavirus è qui ora, ma ci sarà an-che un tempo dopo il Coronavirus. L’approccio che stiamo adottando riflette chiaramente la capacità del BMW Group di reagire rapidamen-te e in modo flessibile.”

    “Le nuove tecnologie – ha proseguito - sono fondamentali per il futuro della mobilità. Fino al 2025 intendiamo investire oltre 30 miliardi

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    https://www.moto.it/news/bmw-piano-d-investimento-di-30-miliardi-vendite-record-e-incertezze-future.html

  • 32 33MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    ATTUALITÀ ATTUALITÀ

    di euro in ricerca e sviluppo, per consoli-dare la nostra posizione di leader dell’in-novazione”.

    Record storico per le moto BMWPer il nono anno consecutivo le vendite di moto BMW nel mondo sono aumentate, raggiungendo nel 2019 le 175.162 unità. Un aumento di quasi diecimila unità, fra moto e maxi scooter, che vale un incremento per-centuale pari a +5,8%. Una crescita più so-stenuta del 2018 (+0,9%) ma inferiore rispet-to al +13,2% raggiunto nel 2017. Nell’ultimo trimestre del 2019 le consegne ai clienti nel mondo sono state 38.200 (-1,4%) .

    BMW dichiara di aver raggiunto l’obiettivo prefissato per l’anno, e a sostenere la posi-zione ci sono i ricavi della divisione Motorrad aumentati del +9% (2.368 milioni di euro), che rappresenta un valore superiore alla vendita numerica dei modelli rivelando un mix di acquisto più orientato verso i modelli di maggior valore. Nel 2018 si era invece re-gistrato un calo del 4,4%, nonostante il lieve incremento di mezzi venduti, per via del dif-ferente mix di prezzi.

    Il valore medio per modello nel 2019 è stato di 13.518 euro, contro i 13.125 euro del 2018 e i 13.840 del 2017. Gli utili prima del risul-tato finanziario (EBIT) sono migliorati a loro volta del 10,9% (avevano visto un -15,5% l’anno prima), sommando 194 milioni di

    euro: l’8,2% del fatturato rispetto all’8,1% del 2018. Un risultato di poco superiore all’o-biettivo minimo compreso nella forbice fra l’8 e il 10%.L’utile prime delle imposte è stato pertanto di 187 milioni di euro, +10,7% sull’anno pre-cedente.

    Il Gruppo a quota 104 miliardiPer quanto riguarda l’intero Gruppo BMW, i

    risultati finanziari hanno visto per la prima

    volta il superamento dei cento miliardi di fat-

    turato, precisamente 104 miliardi e 210 milio-

    ni di euro, che si traduce in un incremento di

    +7,6%.

    Nel mondo sono state consegnate 2.538.367

    automobili (+2,2%), così suddivise: BMW

    2.185.793 (+3,3%), Mini 347.474 (-4,6%), Rol-

    ls-Royce 5.100 (+21,6%).

    In ricerca e sviluppo sono stati investiti qua-

    si sei miliardi di euro (5.952 milioni) ovvero

    +11,9%.

    Il primo trimestre del 2019 è stato influenza-

    to dall’accantonamento di 1,4 miliardi di euro

    in relazione a procedimenti antitrust in corso

    da parte della Commissione Europea.

    Questo ha influito sull’utile prima del risulta-

    to finanziario, che si è chiuso con 7 miliardi

    e 411 milioni di euro e con un calo del 17%

    giustificato quasi interamente dall’accanto-

    namento prima ricordato; il restante è stato

    imputato al rialzo dei prezzi delle materie

    prime.

    L’utile del Gruppo ante imposte è stato di

    7.118 milioni di euro (-26%) con un ritorno

    sulle vendite (EBT margin) del 6,8% contro

    il 9,9% del 2018 (come ricordato prima la

    divisione Motorrad ha avuto un +0,1%). Alla

    prossima assemblea del 14 maggio sarà pro-

    posto un dividendo di 2,5 euro per le azioni

    ordinarie e di 2,52 per quelle privilegiate. Nel

    2019 gli utili per azione diventano quindi ri-

    spettivamente di 7,47 e 7,49 euro (-29,5% sul

    2018).

    L’utile netto è sceso a 5 miliardi e 22 milioni

    di euro (-28,9%).

    Le previsioni per l’anno in corso partono da

    obiettivi ambiziosi del Gruppo, ma dovranno

    fare i conti con tutte le incertezze provocate

    dalla diffusione globale del coronavirus.

    L’impatto previsto è ovviamente negativo

    sulle vendite, in particolar modo per il primo

    semestre del 2020. Di conseguenza, precisa

    BMW Group, si prevede che un effetto nega-

    tivo sul margine EBIT del segmento automo-

    bilistico per l’intero periodo di dodici mesi

    sarà intorno al 4%. Sulla base delle ultime

    previsioni, il margine EBIT del segmento Au-

    tomotive dovrebbe quindi essere compreso

    tra il 2 e il 4%.

  • 34 35MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    ATTUALITÀ ATTUALITÀ

    G

    di Antonio Privitera

    EMERGENZA CORONAVIRUS: LE MOTO EURO 4 RISCHIANO DI RIMANERE INVENDUTE

    Il diffondersi dell’epidemia

    potrebbe avere anche

    l’effetto di vedere marcire nei

    magazzini dei concessionari,

    importatori e costruttori i modelli

    Euro 4 non più immatricolabili

    dal primo gennaio 2021

    Gli effetti dell’emergenza Coronavirus non si limiteranno al momento contingente e potreb-be far marcire nei magazzini dei concessio-nari, importatori e costruttori i modelli Euro 4 non più immatricolabili dal primo gennaio 2021, come la Yamaha R6 che vedete in aper-tura - se i rumors che la vorrebbero aggiornata Euro 5 in un eventuale MY 2021 non dovesse-ro rivelarsi veritieri. Ricapitoliamo: ad oggi in tema di omologazione è in vigore la normativa Euro 5 ma è concessa una deroga che fino al 31 dicembre 2020 rende vendibili e immatricola-bili i modelli che rispettano la normativa Euro 4. Ma lo stop alle attività di vendita in seguito all’emergenza epidemiologica e, aggiungiamo noi, il probabile periodo di crisi economica che potrebbe seguire, metterebbero in serio pericolo la possibilità di immatricolare e com-mercializzare i veicoli Euro 4 già in stock.

    L’ANCMA (Associazione Ciclo, Motociclo e Ac-cessori) lancia un grido d’allarme attraverso il suo Presidente Paolo Magri: “Il decreto Conte

  • 36 37MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    ATTUALITÀ ATTUALITÀ

    dello scorso 11 marzo ha sospeso l’attività commerciale dei rivenditori di scooter e motocicli, con la sola eccezione dei servizi accessori di manutenzione e riparazione. L’effetto di questa disposizione – che l’in-dustria ha accolto con senso di responsa-bilità per contenere gli effetti di una emer-genza sanitaria senza precedenti – è il totale blocco delle vendite per un periodo di tempo che, in questa fase, non è possi-bile determinare.

    Il danno per il settore è aggravato dall’in-felice concomitanza con la transizione tra le motorizzazioni Euro 4 ed Euro 5, discipli-nata dal Regolamento europeo 168/2013: a partire dal 1° gennaio 2021, infatti, non sarà più possibile immatricolare ciclomo-tori e motocicli Euro 4, salvo quelli ammes-si dalle deroghe di fine serie normalmente previste dalle direttive comunitarie per aiutare i costruttori a smaltire gli stock. La chiusura dei negozi, tuttavia, impedirà la vendita di tutti i veicoli omologati Euro 4, con conseguente anomalo accrescimento degli stock fermi in magazzino: è concreto il rischio che alla fine dell’anno costruttori e dealers si ritroveranno in casa una mole di veicoli che, per legge, non potranno più essere commercializzati.

    E’ pertanto necessario pensare da subito a soluzioni emergenziali per rispondere a una situazione eccezionale, che potrebbe

    tradursi nei prossimi mesi in un danno im-portante per le aziende del settore: in par-ticolare, riteniamo necessario pensare a un rinvio di almeno sei mesi della scaden-za delle immatricolazioni Euro 4 e chiedia-mo quindi al Governo italiano di farsi pro-motore di questa richiesta anche presso le competenti sedi europee.”

    Fino a febbraio 2020 il mercato italiano ha visto incrementi percentuali a doppia cifra rispetto al 2019; tuttavia il prolunga-to, e ad oggi indefinibile dal punto di vista temporale, periodo di totale immobilità potrebbe far crollare le immatricolazioni: il pericolo paventato da ANCMA di vedere invedute e non più commercializzabili le moto e gli scooter Euro 4 già prodotte, ap-pare reale.

  • 38 39MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    ANNIVERSARI ANNIVERSARI

    I

    di Maurizio Gissi

    SUZUKI COMPIE 100 ANNI: 10 MOTO PER FESTEGGIARLA

    Suzuki è stata fondata nel 1909

    ma nel marzo del 1920 cambiò

    nome e ampliò la produzione.

    Dal primo motore ausiliario del

    1952 a oggi ci sono stati tanti

    modelli di successo, vediamone

    dieci che sono stati innovativi e

    apprezzati

    Il 15 marzo scorso Suzuki ha compiuto 100 anni. O meglio, cento anni sono trascorsi dalla costi-tuzione della Suzuki Loom Manufacturing Co. perché la nascita della società originaria risale, come è noto, al 1909 quando l’allora ventunen-ne Michio Suzuki fondò la Suzuki Loom Works.Michio era nato da una famiglia di agricoltori in una regione dove l’industria tessile era attiva dal 1700. Apprendista carpentiere, costruì un telaio a pedale in legno e metallo per sua madre e que-sto segnò la sua strada come imprenditore.La crisi economica che seguì la prima guerra mon-

    diale provocò il crollo della borsa di Tokyo e il falli-

    mento di molte aziende.

    Nella confusione generale, Michio cercò di coglie-

    re nuove opportunità trasformando la sua piccola

    azienda in una società per azioni, la Suzuki Loom

    Manufacturing. Cercò di costruire anche un’auto-

    mobile per diversificare la propria attività, ma il pro-

    getto si fermò al prototipo del 1937 a causa dell’en-

    trata del Giappone nel secondo conflitto mondiale.

    Gli anni della ricostruzioni furono ancora più duri

    GUARDA TUTTE LE FOTO

    https://www.moto.it/news/suzuki-compie-100-anni-10-moto-per-festeggiarla.html

  • 40 41MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    ANNIVERSARI ANNIVERSARI

    rispetto al primo dopoguerra. Michio Suzuki,

    come fecero altri compreso un certo Soichiro

    Honda, cercò di rispondere alla nuova esigenza

    di mobilità costruendo nel 1952 il Power Free,

    un motore ausiliario per bicicletta di 36 cc.

    Approfittando delle sue conoscenze nella lavo-

    razione del metallo, acquisita con la costruzio-

    ne dei telai tessili, Suzuki vendette nel 1953 la

    Diamond Free: una bici motorizzata con un mo-

    tore due tempi di 60 cc e 2 cavalli di potenza.

    L’anno dopo fu la volta della prima moto vera,

    la Colleda CO, con motore di 90 cc. Corse, vin-

    cendola, la cronoscalata del Monte Fuji e quel

    risultato fu il miglior modo per far conoscere le

    moto Suzuki in Giappone.

    Sempre nel 1954 la società cambia il nome in

    Suzuki Motor Co. Ltd., mettendo le basi per la

    nuova produzione di automobili.

    La ripresa economica degli anni Sessanta cre-

    sce assieme alla domanda di nuovi prodotti,

    creando l’opportunità per lo sviluppo di attività

    nuove: nel 1971 è la volte delle motoslitte, delle

    barche e degli spazzaneve Suzuki.

    Ma già negli anni Sessanta la produzione moto-

    ciclistica conta su tanti modelli di piccola e me-

    dia cilindrata, Suzuki partecipa alle competizio-

    ni della velocità, mentre il mercato americano

    ha fame di moto.

    Sarà quella la spinta alla crescita di tante azien-

    de, comprese le quattro giapponesi rimaste in

    vita dopo una dura selezione interna. Suzuki

    si fa notare con la bicilindrica a due tempi 500

    Titan del 1967, un modello che arriverà anche

    in Italia.

    Il mercato americano diventa il primo al mon-

    do accelerando la nascita delle moderne maxi

    moto.

    Fra queste c’è la Suzuki GT750, una raffinata tre

    cilindri due tempi con raffreddamento a liqui-

    do presentata nel 1971, una stradale da 67 ca-

    valli in grado di accelerare forte e superare i 180

    orari. Sarà la base per versioni da gara, come la

    Vallelunga nota da noi.

    Nel 1971 arriva anche la TM 400 da cross e Ro-

    ger De Coster (con la RN 71) vince il mondiale

    motocross 500, mentre il compagno di team

    Joel Robert è campione del mondo nella classe

    250.

    Nel 1974 si fa notare la Suzuki RE5, prima moto

    giapponese di serie con il motore Wankel. Il de-

    sign è firmato da Giorgetto Giugiaro che con

    Suzuki avrà una importante collaborazione nel

    settore auto.

    Nel 1976 nascono le prime Suzuki a quattro

    tempi, la quattro cilindri in linea GS750 (che fa

    iniziare la collaborazione con il preparatore Pop

    Yoshimura) e la bicilindrica parallela GS400.

    Appena due anni dopo è la volta della prima

    maxi da un litro di cilindrata, la GS1000: una

    versione preparata da Yoshimura si impone alla

    8 Ore di Suzuka guidata dagli americani Mike

    Baldwin e Wes Cooley. Nel 1978 Cooley vince

    il campionato AMA Superbike con la GS1000 e

    l’anno dopo va in vendita la GS1000S, dotata

    di cupolino, proprio in omaggio al titolo vinto;

  • 42 43MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    ANNIVERSARI ANNIVERSARI

    diventa la prima Suzuki di serie carenata, anche

    se parzialmente.

    Nel 1980 nascono le prime motorizzazioni bial-

    bero e quattro valvole per cilindro che inizie-

    ranno la serie GSX.

    Con il quattro cilindri 1100 è presentata nel

    1981 la GSX1100S Katana, ci sarà anche in ver-

    sione 750, un modello di vera rottura nello stile

    motociclistico che si deve a Jan Fellstrom, dello

    studio Target Design.

    Con linee del tutto simili venne lanciata nel

    1983 anche la XN85 Turbo: la Suzuki con moto-

    re sovralimentato, un quattro cilindri di 673 cc

    e 85 cavalli di potenza.

    Nel frattempo Suzuki vince il mondiale veloci-

    tà 500 nel 1976 e 1977, con Barry Sheene, poi

    nell’81 con Marco Lucchinelli e l’anno dopo con

    Franco Uncini. Un buono motivo per ritornare

    al motore a due tempi con la RG 250 Gamma,

    bicilindrica in linea del 1983. Ma è soprattutto

    con la GSX-R 750 del 1984 che Suzuki dà il via

    al filone delle moderne race-replica. La 750 a

    quattro cilindri i linea, con raffreddamento aria

    e olio SACS, ha telaio in lega di alluminio, este-

    tica e ciclistica ispirate alle competizioni. Con

    106 cavalli e 176 kg di peso a secco stabilisce

    nuovi parametri di riferimento per la categoria

    supersport.

    Appena un anno dopo, nell’85, Suzuki cala una

    coppia d’assi: sono la quattro cilindri, in qua-

    drato, a due tempi RG 500 Gamma e la quattro

    cilindri in linea a a quattro tempi GSX-R 1100

    che sarà presentata fine anno. La 500 Gamma

    adotta le stesse misure caratteristiche della 500

    da gran premio, eroga 95 cavalli a 9.500 giri e

    pesa 158 kg a vuoto. Sarà la più efficace della

    sua categoria e resterà in produzione più a lun-

    go delle rivali Yamaha e Honda.

    La GSX-R 1100 estremizza verso l’alto il concet-

    to della 750 lanciata poco prima, ha cilindrata

    1.052 cc, raffreddamento aria e olio, potenza

    di 130 cavalli e peso a secco di 197 kg; le ruote

    sono da 18 pollici, sfiora i 250 orari e copre il

    quarto di miglio in 10,7”.

    Gli anni Ottanta sono anche quelli che vedono

    il successo della Paris-Dakar e con quella l’arri-

    vo delle nuove moto africane. Suzuki presenta

    nel 1987 la DR 750S Big, una monocilindrica

    che sfata i limiti di cubatura previsti per un mo-

    tore di tale configurazione: ben 727 cc e con un

    alesaggio record di 105 mm.

    La distribuzione è monoalbero e quattro valvo-

    le, il raffreddamento aria-olio, ci sono l’avvia-

    mento elettrico, il contralbero di equilbratura e

    la potenza raggiunge i 50 cavalli a 6.800 giri. Ha

    sospensioni di lunga escursione, ruote da 21 e

    17 pollici, e serbatoio da 29 litri di capacità. Una

    versione da gara parteciperà alla Dakar con Ga-

    ston Rahier e lancia il disegno del parafango

    anteriore a becco.

    Con la GSF400 Bandit, del 1989, Suzuki è poi fra

    le apripista nel filone della nascente categoria

    naked, e lo fa con un’estetica ancora una volta

    originale.

    Tra la fine degli anni Settanta, e nel decennio

    degli Ottanta, Suzuki mostra la sua migliore

  • 44 45MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    ANNIVERSARI ANNIVERSARI

    fantasia creativa e capacità di innovazione tec-

    nica.

    Gli anni Novanta le novità di fatto proseguono

    nel solco tracciato il decennio prima, e mentre

    la serie GSX-R si è evoluta ed arricchita della

    versione 600, in Giappone già c’erano le 250 e

    400, nel 1999 Suzuki passa alla ribalta con la sua

    Hayabusa. Il nome è quello del falco pellegrino

    in giapponese e viene scelto per la rapidità del

    rapace quando è in picchiata. La Hayabusa ha

    forme particolari, stabilite più in galleria del

    vento che al tavolo da disegno.

    La GSX1300R, questa la sua sigla, sarà la prima

    moto di serie a superare i 300 orari di velocità

    effettiva (308 km/h per la precisione), lo fa gra-

    zie ai 175 cavalli del suo quattro cilindri – raf-

    freddato a liquido – e grazie appunto alla sua

    forma aerodinamica.

    Il motore di 1.298 cc è infine così grosso di cu-

    batura e robusto che si presta a essere elabora-

    to e utilizzato lungamente nelle gare di acce-

    lerazione.

    Un piccolo passo indietro, al 1997, quando Su-

    zuki entra nel segmento delle bicilindriche a

    V sportive che Ducati ha fatto apprezzare nel

    mondo. La TL 1000S è una semicarenata dalle

    linee vagamente simili alla Hayabusa (che poi

    hanno una radice nel concept Nuda del 1987)

    e soprattutto ha un motore eccellente. Il suo V2

    di 90° è un bialbero e quattro valvole raffred-

    dato a liquido di 996 cc (vi dice niente questo

    numero?), eroga 125 cavalli a 8.500 giri e la

    ciclistica si basa su un telaio a doppio trave in

    lega d’alluminio con un disegno a traliccio che

    fa anche quello un po’ Ducati.

    Le prestazioni sono ottime e l’anno dopo si

    comprende meglio l’operazione Suzuki quan-

    do arriva la TL1000R, versione carenata e po-

    tenziata con la quale Suzuki vuole schierarsi nel

    mondiale Superbike.

    Quella moto di rivelerà però poco competitiva,

    ma il motore continuerà a piacere sulla serie

    SV1000, che sarà poi declinata nella più piccola

    versione SV 650. Entrambe, specie la più picco-

    la, avranno un buon successo globale. I propul-

    sori V2 1000 e 650 motorizzeranno poco, siamo

    agli inizi degli anni Duemila, le V-Strom 1000 e

    650.

    Nel 2001 arriva la nuova generazione della

    GSX-R con motore 1000 raffreddato a liquido:

    988 cc, 160 cavalli a 11.000 giri e una ciclistica

    molto efficace. Diventa la super sportiva da

    battere e viene eletta moto dell’anno in molti

    paesi.

    La seconda versione arriva nel 2005, è la GSX-R

    1000 K5 e rimarrà una delle più riuscite fra tutte

    le Gixxer. Sono ridisegnati il motore (salgono a

    178 i cavalli erogati) e il telaio diagonale d’allu-

    minio. Il peso è dichiarato in soli 166 kg a secco.

    Il resto è storia recente.

  • 46 47MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    ANNIVERSARI ANNIVERSARI

    N

    di Nico Cereghini

    MONTESA COMPIE 75 ANNI. LA STORIA E LE SUE MOTO

    Montesa celebra i suoi

    settantacinque anni di storia ed

    è una storia che vale la pena di

    raccontare, seppure in sintesi.

    E’ stata la prima industria

    motociclistica spagnola, ed ha

    animato il mondo del trial fino a

    dominarlo

    Nel giugno del 1945, appena finita la guerra, alla Fiera di Barcellona comparvero tre esemplari di una inedita motocicletta.

    Si trattava di una motoleggera due tempi di 93 cc, spartana, priva delle sospensioni posteriori e molto simile alla francese Motobecane.Il marchio scelto era Montesa: così come era chiamata, nel Milletrecento, la base di un picco-lo ordine militare fondato sulle ceneri dei Tem-plari dal Re di Aragona. Perché l’impresa che nasceva in Catalogna era coraggiosa e impegna-tiva: i due soci volevano diventare… la prima industria spagnola di motociclette.

    I due si chiamavano Pere Permanyer – giovane industriale di Barcellona che aveva fatto fortuna con la produzione di gasogeni per auto ed era appassionato di meccanica - e Francisco (detto Paco) Bultò, il nonno di Sete Gibernau: uomo d’affari imparentato con l’aristocrazia ma anche tecnico capace e geniale. La società aveva base a Barcellona, per farsi conoscere partecipò su-

    GUARDA TUTTE LE FOTO

    http://moto.it/news/montesa-compie-75-anni-il-logo-e-le-sue-moto.html

  • 48 49MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    ANNIVERSARI ANNIVERSARI

    bito alle prime gare nazionali di velocità, e in quel 1945 sfornò e vendette ventidue mo-delli.

    Pere PermanyerNegli anni successivi arrivò una 125, poi una 98 per le donne: due modelli che incontraro-no un buon successo; in pochi anni la Mon-tesa diventò una solida realtà, fino a vincere nel ’51 il TT, ad allargarsi nell’enduro con una nuova 125, a spingersi con le esporta-zioni fino in Sud America.Il marchio spagnolo ebbe nel 1954 una nuo-va sede più grande fuori Barcellona, poi però arrivò la recessione e con quella le divergen-ze tra i due fondatori: con trentanove dipen-denti, nel 1958, Bultò se ne andò sbattendo la porta e fondò la sua Bultaco.Fu un duro colpo, dal quale tuttavia Permanyer

    si riprese: da noi non si sono viste le Montesa

    Brio 110 col forcellone oscillante, poi diventata

    anche 150, né la Impala Sport con quel motore

    175 che avrebbe spinto tanti altri modelli da

    cross e trial.

    Ma in Spagna queste monocilindriche due

    tempi hanno fatto la storia della motorizzazio-

    ne e della passione.

    Gli anni Sessanta e Pedro PioNel ‘64, con quasi undicimila moto vendute

    (prima industria iberica) svetta in Montesa il

    personaggio Pedro Pi. Era il pilota ufficiale, bel

    talento, campione spagnolo di velocità e di

    cross, tecnicamente preparatissimo, e si dedicò

    al progetto del nuovo motore 250: destinato

    prima alla Scorpion scrambler e poi, tre anni

    dopo, alla Cota 247 con cui Pedro vinse pure…

    il campionato nazionale di trial.

    Alla fine degli anni Sessanta i modelli in produ-

    zione erano una decina tra la Cappra 250 e 360,

    la Cota 247, le Impala 175 e 250, un paio di 175

    e due scooterini 50.

    Ma con i Settanta sopraggiunse il declino, e

    allora Montesa si concentrò su trial e sul cross

    mentre le esportazioni calarono anche se le

    soddisfazioni sportive continuarono: la Cappra

    non riuscì mai a vincere nel cross internaziona-

    le, ma la Cota 348, riferimento dal 1976, con-

    quistò il titolo mondiale trial già nell’80 dopo

    cinque stagioni all’insegna delle Bultaco.

    Negli anni Ottanta lo sconvolgimento: l’inte-

    ra industria spagnola è in declino, soltanto la

    Montesa resiste e nel maggio 1982 conclude

    un primo accordo Honda: diventa importatrice

    Honda in Spagna e contestualmente la prima

    Montesa-Honda esce dalla fabbrica. Successi-

    vamente, nel 1986 Montesa acquisisce le scom-

    parse Bultaco e Ossa, Honda entra più pesante-

    mente con i capitali e si raggiunge il traguardo

    delle 25.000 moto all’anno.

    Nel 1987 muore il fondatore Permanyer, quan-

    do si inaugura il nuovo stabilimento di Eslu-

    gues da dove esce la nuova Honda CB 250. Si

    arriverà a produrre 40.000 moto nel ’92.

    Con la Honda nel futuro

  • 50 51MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    ANNIVERSARI ANNIVERSARI

    Dal 2005, in sintonia con la filosofia motoci-

    clistica Honda, Montesa ha abbandonato la

    Cota 315 R a due tempi per tentare la strada

    del quattro. Non era una sfida facile, pesi e po-

    tenze sembravano giocare a sfavore, ma con la

    tecnologia HRC è nata la Cota 4RT: ancora una

    duecentocinquanta, quattro valvole ad iniezio-

    ne, telaio d’alluminio leggero e Pro-Link, capa-

    ce di vincere subito con Lampkin, Fujinami e

    Freixa.

    In seguito, mentre Toni Bou dominava la scena,

    è arrivata la 260 nel 2013, poi dal 2015 la 300 RR

    e dall’anno successivo la 4Ride per il trial escur-

    sionistico. La Montesa del prossimo futuro è la

    novità 2020: la Cota 301RR, la moto più poten-

    te prodotta in serie, una vera moto da corsa per

    gli appassionati del trial.

    La produzione è concentrata nelle moderne

    strutture di Montesa Honda a Santa Perpetua

    di Mogoda, vicino a Barcellona.

    Tanti piloti italiani hanno corso e vinto con le

    Montesa. Dal primo campione italiano Mulate-

    ra a Marini, Adamoli, Bosis, Lenzi e Grattarola

    che si è laureato l’anno scorso campione del

    mondo Trial2.

    Nel torneo mondiale un nome su tutti: il cata-

    lano Toni Bou, dominatore incontrastato dal

    2007 con 27 titoli tra indoor e oudoor. Prima di

    lui Dougie Lampkin (4), Marc Colomer, Ulf Kar-

    lson, Don Smith che vinse per primo nel ’69 e

    senza dimenticare Laia Sanz e i suoi nove titoli

    nel mondiale femminile.

  • 52 53MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    ANNIVERSARI ANNIVERSARI

    S

    MEZZO SECOLO DI HARLEY DAVIDSON XR750, MA IL MUSEO È TEMPORANEAMENTE CHIUSO

    50 anni non sono pochi, ma

    il mito della Harley-Davidson

    XR750 è destinato a restare

    a lungo nelle pagine di storia

    della motocicletta.

    Sono trascorsi cinque decenni dalla genesi quasi romanzesca della mitica racer americana: l’XR 750 (che sostiuiva la KR 750 Flathead a valvole laterali) fu infatti presentata per la prima volta al pubblico nel febbraio1970 ad Houston, proprio prima dell’apertura della stagione di gare: ma il suo esordio non fu dei migliori.

    Il motore della XR750 fu derivato dal 900 cc della

    XLR, cui i regolamenti AMA (secondo la cosiddetta

    “equivalency formula”) non consentiva di gareg-

    giare nelle road race. Nel 1968 - ma con effetto dal

    1970 - AMA cambia il regolamento e permette di

    gareggiare con qualsiasi motore di 750 cc senza

    distinzione di tipo di distribuzione o numero di

    valvole per cilindro, con il solo vincolo di costruire

    almeno 200 esemplari della moto e destinarli alla

    vendita al pubblico.

    Harley-Davidson decide quindi di progettare un

    telaio (realizzato dalle officine Widman a Saint

    Louis), dotarlo di forcella Ceriani e ammortizzatori

    Girling, mentre per il motore si scelse di prendere

  • 54 55MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    ANNIVERSARI ANNIVERSARI

    quello in ghisa della XLR di 883 cc, ridurne la

    corsa per raggiungere i 750 cc regolamentari

    e potenziarlo fino a 62 cavalli attraverso nuovi

    assi a camme, lasciando tutto il resto pratica-

    mente immutato. Il motore XLR, tuttavia, non

    digerì l’aumento di potenza: i surriscaldamen-

    ti furono talmente frequenti da far apporre al

    nuovo motore il nomignolo di “Waffle Iron” e

    inutili furono i tentativi dei piloti privati di do-

    tare l’XR di radiatori dell’olio supplementari: in

    quei primi anni, soltanto Cal Rayborn - tra l’al-

    tro in forma non ufficiale - riuscì a vincere con

    la XR750, ma lo fece in Inghilterra, dove sem-

    bra che il clima decisamente più rigido e gare

    più brevi rispetto a quelle USA abbiano dato

    una mano al raffreddamento ad aria.

    Nel 1972, grazie a Dick O’Brien, l’XR guadagna

    l’alluminio per le teste e per molte altre parti

    del motore, ma sopratutto un’alettatura più

    fitta che le consente - nel suo percorso evolu-

    tivo - di sopportare potenziamenti via via più

    estremi e di erogare senza troppi problemi di

    affidabilità fino a 95 cv. La longevità agonistica

    della XR ha dell’incredibile, se pensiamo che

    si ritira soltanto nel 2008 per essere poi total-

    mente rinnovata nel 2017 con la XGR 750, il cui

    motore Revolution raffredato a liquido è deri-

    vato dalla Street 750.

    Tra il 1972 e il 2008, l’XR750 ha vinto 28 dei 37

    AMA Grand National Championship, ed ha rac-

    colto più vittorie di qualsiasi altra moto nella

    storia delle corse AMA, potendosi così fregiare

    del titolo di “moto da corsa di maggior succes-

    so di tutti i tempi” e, tra l’altro, anche piuttosto

    eclettica, dato che ne fu creata anche una ver-

    sione carenata per i circuiti asfaltati, la famosa

    XRTT; ma a noi restano ancora impresse le evo-

    luzioni dello stunt Evel Knievel (anche quella

    disastrosa del 31 dicembre 1969 a Las Vegas)

    in sella all’XR750, e il mitico film documentario

    del 1971: “On any sunday”, con Steve McQueen

    dove possiamo vedere in azione sia l’XR che la

    XRTT.

    Fino al 2012 Harley-Davidson aveva in listino

    una Sportster 1200 XR, ma l’attuale erede stra-

    dale della XR750 potrebbe essere la XG750 (le

    Street/Street Rod) specie nella versione spe-

    ciale Hill Climb che abbiamo provato qualche

    settimana fa, prima dell’emergenza Coronavi-

    rus che, tra l’altro, ha reso impossibile anche fe-

    steggiare i 50 anni dell’XR750 con una visita al

    museo della Casa di Milwaukee, chiuso a causa

    dell’epidemia: Harley-Davidson ha infatti deci-

    so precauzionalmente di sospenderne le attivi-

    tà e, pur avvisando che non c’è alcun caso so-

    spetto di Covid-19 tra lo staff, il museo riaprirà

    soltanto quando le autorità sanitarie daranno

    l’okay, rimanendo comunque attivo attraverso

    i suoi canali social.

  • 56 57MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    EDITORIALE EDITORIALE

    EDIT

    ORIA

    LE D

    I N

    ICO

    Cdi Nico Cereghini

    “TANTI AUGURI DOVI!”Il 23 marzo, Andrea compie 34 anni. Non è un momento normale, i tempi sono difficili e al Dovi resta solo la possibilità di festeggiare in famiglia. Per questo allargo volentieri la platea: idealmente tutti a brindare con il pilota Ducati!

    Ciao a tutti! Sono tempi molto difficili e tuttavia, nonostante le paure e tutti i limiti imposti, la vita va avanti con le sue sca-denze, banali o speciali che siano. Il calen-dario non subisce il coronavirus, le gior-nate passano molto più lente di quanto vorremmo, sembrano tutte uguali e invece no: oggi è un po’ speciale perché arriva la data di un compleanno, Andrea Dovizioso compie 34 anni.

    Auguri Dovi! Come tutti i piloti della Mo-toGP ti eri preparato a una stagione inten-sa, domenica scorsa ti saresti allineato in Thailandia per la seconda prova dell’anno dopo il Qatar, magari a Losail avresti pure vinto come fai dal 2018, perché quella è una pista che ti piace e da cinque anni o vinci o fai il secondo.

    Auguri! Non facciamo fatica a immaginarti in una giornata che dovrebbe essere spe-

    ciale e non lo è, sarai certamente in casa con la tua bimba come tutti i padri d’Ita-lia, piloti o non piloti. Niente allenamenti con la moto da cross, niente uscite con la bici, solo il lavoro fisico indispensabile per mantenere un minimo di forma, rigorosa-mente nella tua abitazione. Siamo tutti le-oni in gabbia. Ma ci rassegniamo pensan-do a chi è più sfortunato e non è riuscito ad isolarsi in tempo.

    Auguri Dovi e grazie! Grazie per ciò che hai dato in questi ultimi anni agli appassionati italiani e a quelli della Ducati in partico-lare. Da tre stagioni sei il più consistente avversario del mattatore Marquez, sei sempre il primo sulle rosse e le tue tredici vittorie sulla Desmosedici parlano per te. Grazie per l’impegno, sappiamo che hai sempre dato tutto, e per la tua umanità.

    Auguri Dovi! Sì, il tuo video-documentario,

    Undaunted, ci è piaciuto per il coraggio con cui ti sei mostrato. Umano, appunto, vero, con le tue convinzioni e le tue debo-lezze, con i trionfi e le paure, le solitudini e le incomprensioni. Ti siamo grati perché si vede che hai dovuto lottare e non ti sei mai arreso. Grazie perché su di te possia-mo sempre contare.

    E dicendo “auguri Dovi!” facciamo un au-spicio che vale per te e per tutti noi. Fare-mo festa in un altro giorno che non è lon-tano, correremo fuori casa, riprenderemo la nostra moto. Andrea caricherà sul furgo-ne la sua amata moto da cross per l’alle-namento, poi si infilerà la tuta di pelle per lottare con la Desmosedici, e pazienza se la prima gara sarà magari a porte chiuse. Noi saremo davanti al televisore di sicuro, quella domenica, finalmente in casa non per costrizione. Ma per la passione che ci unisce.

    Nico Cereghini

    ASCOLTA L’EDITORIALE

    https://www.moto.it/MotoGP/nico-cereghini-tanti-auguri-dovi.html

  • 58 59MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    MOTOGP MOTOGP

    T

    MOTOGP. PIRRO: “CHE GUSTO VEDERE LORENZO VINCERE CON LA DUCATI”

    Il pilota/collaudatore della Casa

    di Borgo Panigale parla di

    come sarebbe il campionato se

    partisse domani, di Márquez,

    di Dovizioso e, naturalmente, di

    Jorge, con il quale c’è grande

    stima reciproca: “E’ andato alla

    Honda convinto di poter battere

    Marc”

    Test e gare MotoGP, CIV, prove di vario gene-re: Michele Pirro, pilota/collaudatore Ducati, ha poco tempo libero. O meglio: aveva poco tempo libero: adesso, come tutti, è chiuso in casa, a Cesena.“Sì, sono a casa, cerco di fare lavori mai fatti prima a primavera, quando solitamente sono sempre impegnato con la Ducati. Stavolta è diverso: sto sistemando il gazebo, chissà quando lo finirò. Ma temo che avremo tem-po… Qui, per il momento, non c’è emergenza negli ospedali, ma bisogna stare in casa”.

    Michele è di San Giovanni Roton-do: com’è la situazione in Puglia?“A San Giovanni c’è un ospedale molto buo-no. Anche lì è tutto chiuso: i miei genitori hanno un negozio di alimentari, loro lavora-no, ma il resto è come qui”.

    Puoi allenarti?“Fino a settimana scorsa potevamo uscire in bici, credo che però con l’ultimo decreto non

    di Giovanni Zamagni

  • 60 61MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    MOTOGP MOTOGP

    si possa più fare nemmeno quello. In casa ho una piccola palestra, mi alleno lì”.

    Proviamo a parlare di moto, anche se è complicato. Che idea ti eri fatto dopo i test?“La grande differenza rispetto al passato è la gomma Michelin. Alla Ducati ha cre-ato dei problemi in Malesia, ma poi sia Dovi sia Petrux hanno trovato una buona soluzione. Effettivamente sembra che i quattro cilindri in linea abbiano sofferto meno questo cambio, ma alla fine ci sia-mo avvicinati”.

    E la Honda come l’hai vista?“Sembrava in difficoltà, anche perché Mar-quez non era al meglio fisicamente. Cadeva senza spingere e questo è problematico per un pilota. Poi, però, in Qatar con la versione che loro hanno chiamato “ibrida” (la moto 2020 con la carenatura 2019, NDA) sono tornati veloci: credo che se si fosse corso il GP in Qatar, alla fine Marc sarebbe stato davanti”.

    E la Ducati?“E’ difficile fare previsioni, perché scopri il

    comportamento della nuova gomma solo

    in gara: può essere molto differente. Ma io

    credo che saremmo stati competivi, come

    lo siamo stati negli ultimi anni (Dovizioso

    ha vinto sia nel 2018 sia nel 2019, NDA)”.

    Ma se il campionato dovesse partire domani, chi sarebbero i favoriti?“Io credo che ci sarebbe equilibrio, con l’u-

    nica incognita, come detto, delle gomme.

    Marquez rimane sempre il favorito, quello

    che riesce a fare la differenza in più circuiti”.

    La Honda, però, la guida solo lui.“Sì, e per me è una soddisfazione: io e la Du-

    cati lavoriamo perché la nostra moto possa

    essere sfruttata da più piloti. Per me, quello

    che ha fatto Lorenzo con la DesmosediciGP

    - e che non è riuscito a ripetere con la Hon-

    da - è motivo di grande orgoglio”.

    Tra di voi c’è grande affetto: mi ha colpito il rapporto che Jorge ha con te.“Anche nel periodo più critico con la Ducati,

    quando ormai tutti avevano gettato la spu-

    gna, io ero uno dei pochi che continuava a

    credere in lui. Dovi, che ha fatto grandissi-

    me cose con la DesmosediciGP, è un grande

    staccatore, mentre io sono uno che fa scor-

    rere di più la moto in curva. Ecco, per que-

    sto ero convinto che Lorenzo potesse fare

    bene, anche quando tutti dicevano che non

    si sarebbe mai adattato alla Ducati. Invece

    ce l’ha fatta: per me è stata una grande sod-

    disfazione”.

    Lorenzo è stato positivo per la

  • 62 63MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    MOTOGP MOTOGP

    “Bisognerà convincere il Dovi di essere in

    Qatar… E’ anche una questione psicologica:

    Jerez non piace ad Andrea”.

    Tu, teoricamente, quali gare di-sputerai?“Le solite tre: Mugello, Misano e Valencia.

    Anche se a Valencia si correrà con la neve…”.

    Su Moto.it faremo una serie di sondaggi

    sul passato. Uno riguarderà Rossi e Biaggi:

    secondo te è stata più clamorosa la vitto-

    ria di Valentino a Welkom al debutto con la

    Yamaha nel 2004, o quella di Max a Suzuka

    alla prima gara in 500 nel 1998?

    “Credo siano due grandi imprese, di due pi-

    loti che hanno dato tanto al motociclismo.

    Ma differenti: la 500, mi dicono, era una

    bestia e quindi il successo di Biaggi è sta-

    to una sorpresa. Per quanto riguarda Rossi,

    credo che nessuno si aspettasse che lui ce

    la facesse, ma lui ne era convinto. E quando

    lui è convinto di una cosa, diventa imbat-

    tibile”.

    Grazie Michele, in bocca al lupo!

    “Un saluto a tutti gli appassionati di Moto.it.

    E mi raccomando: state in casa”.

    Ducati?“Per me sì, molto positivo. Ha portato tanto

    alla Ducati, se siamo arrivati a certi livelli è

    anche merito suo”.

    Ma perché con la Honda non è riuscito a ripetersi?“Lui è andato lì molto motivato e convinto

    di poter battere Márquez: dopo aver vinto

    con la Ducati si sentiva fortissimo. Ma quel-

    la è una moto molto difficile: Jorge ha biso-

    gno di sentire l’avantreno, e con la Honda

    non si è mai sentito sicuro. In più lui è un

    pilota che psicologicamente subisce molto

    le cadute”.

    E con la Yamaha cosa potrà fare?“Credo che la M1 ti permetta di arrivare con

    relativa facilità a un certo livello. Nella Mo-

    toGP di oggi, però, non basta essere efficaci

    per qualche giro, bisogna prendere il ritmo,

    essere abituati a essere costantemente ve-

    loci: me ne accorgo anche sulla mia pelle.

    Non è facile confrontarsi saltuariamente

    con piloti così veloci: anche Lorenzo po-

    trebbe avere lo stesso problema”.

    Teoricamente il campionato inizierà a Jerez

    (secondo me, è un’opinione personale, non

    si partirà prima di giugno. Se si partirà…),

    pista ostica per la Ducati...

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    N

    JONATHAN REA: “UNA WILD CARD CON LA ZX-10RR IN MOTOGP? UNA BARZELLETTA”

    Non ho capito bene com’è andata... ma non vorrei partire come wild card in MotoGP con la mia Kawasaki! Potrebbe essere divertente, ma sarebbe una barzelletta”. Questo, in estrema sintesi, il commento di Jonathan Rea alle voci circolate qualche settimana fa, secondo cui la Casa di Akashi avrebbe chiesto - sentento-si respingere - una wild card nella MotoGP da correre con il cinque volte iridato in Superbike in sella alla sua ZX-10RR in allestimento SBK. Senza per questo voler dare del bugiardo a Car-melo Ezpeleta, citato da più fonti con un virgo-lettato, l’impressione è che nel passaggio fra le parole del CEO di Dorna e gli articoli qualcosa si sia perso, perché l’idea dello scontro fra una SBK e una MotoGP, per quanto affascinante, è del tutto impraticabile, con la derivata di serie comunque perdente quale che sia la soluzione scelta.

    Tutti noi - mi riferisco alle varie testate - abbia-mo giocato più volte con i numeri, confrontan-do tempi sul giro di prototipi e derivate di serie. Il più delle volte sull’onda di qualche tempone staccato dalla Superbike di turno, spesso otte-nuto nei test invernali. Ci sono state squadre - non solo della Superbike, intendiamoci - che da tempo immemore hanno costruito vere e proprie strategie di comunicazione sul tempo-ne shock. Piani di lavoro nei test che prevede-vano una finestra per il giro veloce in condizioni ideali, nell’orario in cui la pista offre più grip, con cinque litri di benzina nel serbatoio, le gomme più performanti possibile, l’elettronica libera e l’assetto da superpole vecchio stile. Pronti, via: un tempone che faceva scrivere tutti noi giornalisti, foto pubblicate, sponsor felici e via discorrendo. Poi, quando iniziava la stagione, le cose andavano però spesso diversamente.

    Il cinque volte iridato in SBK commenta sulle voci circolate. Ecco perché l’idea sarebbe semplicemente insensata, almeno per come l’ha raccontata qualcuno

    di Edoardo Licciardello

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    La pratica si è un po’ persa, anche se il sospetto che qualcuno lo faccia ancora c’è, e dopotutto non ci sarebbe niente di male. Ma le limitazioni ai test, regolamentari o economiche, hanno reso prezioso ogni minuto del lavoro. Ed è troppo im-portante lavorare sullo sviluppo del mezzo, sulla capacità di sfruttare al massimo le gomme sulla distanza di gara - attraverso l’assetto e l’elettro-nica - per potersi distrarre troppo con giochetti di questo tipo. Già, le gomme. Il problema sta pro-prio qui: la formula monogomma, adottata sia in MotoGP che in Superbike, di fatto mette uno stop contrattuale, ma ancora prima tecnico, alla fatti-bilità di uno scontro di questo tipo. Contrattuale perché, banalmente, Michelin non accetterebbe mai di veder schierare in griglia una moto calzan-te pneumatici Pirelli. Ma anche Tecnico perché, sia gommandola Michelin che gommandola Pirel-li (anche se forse un po’ meno) la Superbike parti-rebbe sconfitta in partenza. E la cosa, attenzione, non ha nulla a che vedere con la qualità delle due gommature, ma alla filosofia necessariamente diversa di una monofornitura per due campionati diversi nello spirito e nella sostanza.Da un lato abbiamo un campionato di prototipi, dove la gomma deve e può essere studiata con la sola priorità della prestazione pura, e dove fa par-te delle regole del gioco che siano i costruttori a sviluppare le loro moto per sfruttare al massimo la resa potenziale degli pneumatici, che vengono sviluppate spesso secondo filosofie specifiche di ogni Casa. Chi segue la MotoGP da qualche anno ricorderà sicuramente la fatica che fece il team di Rossi per far rendere al meglio le Bridgestone nel

    2008: anche se parliamo di un’era in cui le Case impegnavano tutt’altre risorse e non erano vin-colate da limiti allo sviluppo, servirono un buon numero di telai e forcelloni per adattare una moto che da anni correva con Michelin (e tutt’al più con Dunlop) alle Bridgestone, rigidissime e con una distribuzione relativa del grip fra anteriore e po-steriore assolutamente agli antipodi rispetto alle coperture francesi.Dall’altro abbiamo invece un campionato di de-rivate di serie, dove al contrario è il gommista che deve sforzarsi di produrre lo pneumatico più versatile possibile, per fare in modo che si adatti a ciclistiche di tante moto molto diverse fra loro. Pur se la... biodiversità del campionato è legger-mente scesa da quando c’erano ancora le bicilin-driche, fra il monoscocca Ducati, i doppi travi più tradizionali di Kawasaki o Yamaha e il perimetrale superiore con motore stressato di BMW c’è co-munque una certa differenza tanto in termini di rigidità quando di distribuzione dei pesi. E non è ovviamente pensabile che una Casa costruttrice modifichi la sua moto di serie per adattarla alla gomma in uso nel Mondiale SBK...Aggiungiamoci che, coerentemente con lo spirito dei due campionati, le gomme vengono create e sviluppate con strategie differenti. In MotoGP si fa sperimentazione purissima, con gomme che non hanno una ricaduta (almeno immediata) sul pro-dotto di serie, con importanti considerazioni sulla brand awareness sviluppata associando il proprio marchio al massimo campionato mondiale. Pirel-li ha invece sempre sviluppato la propria proposta in Superbike pensando a prodotti che avessero

    un travaso immediato sulla produzione di serie. Dove con produzione di serie intendiamo natural-mente la famiglia slick clienti Diablo Superbike, ma anche quella degli scolpiti Diablo Supercorsa, Diablo Rosso fino (qualche passaggio dopo) ad Angel GT. Il risultato, in sintesi, sono gomme mol-to diverse. Tutto questo per dire che la Kawasaki di Rea, gommata Pirelli, difficilmente potrebbe contare su una regolarità di prestazioni pari a quella di moto che riescono a sfruttare una gom-ma creata senza gli obiettivi e i vincoli di cui sopra. E che, quasi sicuramente, così com’è non sarebbe in grado di far lavorare come si deve una gom-ma prototipo, che richiede rigidità, distribuzione dei pesi e sospensioni molto diverse da quelle di una Superbike. A meno che, ma qui entriamo nel campo della fantasia più sfrenata... non si pensi

    a mettere in campo uno sforzo come quello pro-fuso per la 8 ore di Suzuka. Dove, per dirne una, Yamaha e Kawasaki da qualche anno corrono e vincono con Bridgestone filosoficamente molto diverse dalle Pirelli del Mondiale, e più vicine ai prototipi della MotoGP di qualche anno fa che non a queste ultime. E dove, come ben sa chi se-gue la competizione, il risultato sono moto piut-tosto diverse da quelle utilizzate nel Mondiale SBK, che di solito i piloti salutano con gli occhi lu-cidi dalla commozione. Insomma, così com’è, ha detto bene Rea, sarebbe una barzelletta. A meno che, naturalmente, l’idea non sia semplicemente quella di impegnarsi con ben altre prospettive che quelle di una semplice wild card, raccogliendo un po’ di dati per... chissà. Ma, come già detto, sarem-mo nel campo della fantasia più sfrenata.

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    S

    di Nico Cereghini

    LUCA CADALORA: L’ELETTRONICA SULLE 500 2T

    Se ne parla tanto sul web:

    quando sono comparsi i

    controlli elettronici sulle 500? Il

    modenese ci aiuta a ricostruire

    gli anni Novanta svelando

    particolari poco noti. E poi

    mette sul podio quelle che

    giudica le più belle gare di tutti

    i tempi

    Sono tanti i temi aperti sul web quando si parla di moto e di corse, e in questo periodo di stop forzato c’è tanto tempo per discutere su due argomenti in particolare, uno tecnico e l’altro sportivo: quando è comparsa per la prima vol-ta l’elettronica sulle 500 a due tempi da GP? E quali sono le dieci gare più belle di tutti i tempi?

    Luca Cadalora, quando si cerca una traccia, si trasforma in una miniera d’oro. Dopo i due titoli in 250, con le cinquecento ha corso dal ’93 al 2000. Inoltre non si perde una gara da quando, da bambino, andava con il papà all’aerodromo della sua città, Modena, dove il giorno di San Giuseppe si apriva ufficialmente la stagione ita-liana. E infine… è Cadalora.

    “Quando nel ’93 sono salito in 500, con la YZR del team Roberts, i controlli erano zero - rico-struisce il tre volte campione del mondo - e l’erogazione della potenza era già molto impe-gnativa. Il primo tentativo con Yamaha fu fatto due anni dopo: alla fine della stagione ’95 pro-

  • 70 71MOTO. I T MAGAZ INE N. 419 MOTO. I T MAGAZ INE N. 419

    MOTOGP MOTOGP

    vammo una seconda mappa che permette-va di ritardare l’anticipo di qualche grado, quattro o cinque gradi. Ne risultava una curva di erogazione un po’ più morbida, che nella teoria avremmo potuto utilizzare sulla pista bagnata, selezionandola sul ma-nubrio. Non l’abbiamo mai fatto: scartata”. Ancora non si parlava di controlli elettroni-ci, ma semplicemente di aiuti per mettere il pilota nelle condizioni di guidare un po’ più facilmente moto leggere e dall’eroga-zione esplosiva. Come provò a fare anche la Honda nel ’96, quando Luca tornò nel team di Erv Kanemoto vincendo subito la prima gara. Con una soluzione che non avevo mai sentito citare.

    “La Honda aveva l’intenzione di fare qual-cosa sul cambio - racconta Cadalora - e ci face provare un comando, tipo un inter-ruttore, sulla leva di comando. La leva era fissa, e tu col piede schiacciavi un pulsante. Doohan ed io la provammo in Australia e la bocciammo. La leva fissa faceva un certo effetto. Ed eravamo piuttosto resistenti ai cambiamenti…”.

    Se la ride, Luca, al ricordo. Secondo lui i controlli non si sono mai visti in 500 fino alla fine degli anni Novanta. Se qualcosa è stato fatto nel ’99 o nel 2000 allora si tratta-va si qualcosa di rudimentale, sempre con l’obiettivo di rendere l’erogazione più mor-bida possibile. Ma esperienze personali da

    riferire non ne ha.

    “Anche se per risolvere il problema della coppia - aggiunge - Yamaha e Honda ave-vano già i motori big bang con gli scoppi più ravvicinati a metà degli anni Novanta. Nel ’96 addirittura il big bang della Honda aveva fin troppa coppia, volevi accelerare di più ma perdevi aderenza. Tanto che dal ’97 o ’98 la Honda sarebbe tornata agli scoppi regolari”.

    Insomma, in quegli anni là l’unico controllo era il polso del pilota. E i tecnici potevano fare ben poco. Si lavorava molto con l’aper-tura della valvola di scarico e con le lamelle più morbide. E stop.

    E le dieci g