Karpòs Magazine - Alimentazione e stili di vita - n. 8 - 2013

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ALTO ADIGE, UN MODELLO PER IL NOSTRO PAESE ALIMENTAZIONE E STILI DI VITA WWW.KARPOSMAGAZINE.NET ALSAZIA: LA ROUTE DES VINS IL ROSSO CHE VINCE PINK LADY ® VIAGGI E MALATTIE AGRICOLTURA IN DISCUSSIONE Anno II - N° 8 Novembre 2013 - Copia gratuita online LE MELE ITALIANE

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Mensile - n. 8 - Novembre 2013 - "Con Karpòs vogliamo raccontare i buoni frutti della terra che funzionano da base per lo sviluppo della nostra società. Non ci interessa ripetere una delle tante museificazioni dell’agricoltura, oggi di moda, che sono quasi sempre per partito preso contro ogni modernizzazione, contro l’efficienza produttiva e spesso persino contro la scienza. Con Karpòs vogliamo raccontare la vera agricoltura, quella che produce per tutti, quella che dialoga con la società di mercato, quella che fa funzionare le Università e la Ricerca. Insomma l’Agricoltura che attraversa la nostra vita reale."

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ALTO ADIGE, UN MODELLO PER IL

NOSTRO PAESE

KARPÒSALIMENTAZIONE E STILI DI VITAW W W . K A R P O S M A G A Z I N E . N E T

ALSAZIA: LA ROUTE DES VINSIL ROSSO CHE VINCE

PINK LADY®

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EDITORIALE

In un momento nel quale recessione, disoccupazione, crollo dei consumi domestici, sembrano compromettere il futuro del nostro paese, mi fa piacere dedicare questo editoriale ad una conferenza stampa organizzata dalla Fiera Bolzano che, in controtendenza, ci ha presentato scenari molto diversi dal pessimismo dilagante.In particolare vorrei riportavi le parole di uno dei relatori della conferenza, ovvero il prof. Massimo Tagliavini, Ordinario di Coltivazioni arboree e Preside della facoltà di Scienze e Tecnologie della Libera Università di Bolzano. La specificità dell’Alto Adige - secondo l’autorevole relatore- è il perfetto mix di solide tradizioni culturali, regole amministrative e promozione turistica. Questo il segreto del successo della sua agricoltura. Non si può negare, infatti, che oggi la provincia autonoma di Bolzano sia conosciuta in tutto il mondo per le mele, i prodotti caseari e i vini, con marchi che sono sinonimo di qualità.Inoltre, Tagliavini ha sottolineato il fatto che «L’agricoltura in Alto Adige si avvantaggia di alcuni importanti elementi strutturali, in parte dipendenti anche da politiche locali e facilitate dall’autonomia, che hanno consentito di mantenere un’elevata frazione della popolazione nei paesi, nelle campagne e nella montagna. La cooperazione nei diversi comparti agricoli è estremamente sviluppata e ha una lunga tradizione. Solo attraverso essa è stato possibile realizzare investimenti strutturali come quelli delle moderne cantine sociali o delle cooperative di produttori di mele, dotati di macchinari per la selezione della frutta e celle per la loro conservazione all’avanguardia. Il caso della mela è emblematico: 18.000 ettari, circa 1 milione di tonnellate di prodotto e solo due cooperative di secondo livello che si occupano della commercializzazione».

Altro elemento di successo, emerso nel corso della conferenza, è il binomio, fortemente incentivato, specie nei masi di montagna, tra agricoltura e turismo. Si parla di circa 30 milioni di pernottamenti all’anno in Alto Adige, di cui buona parte negli agriturismi. Attraverso il turismo, facilitato dalle bellezze naturali, da ottime comunicazioni e da servizi per il turista, le aziende agricole riescono ad integrare il reddito direttamente (es. agriturismi, baite). Il turismo consente poi di far conoscere prodotti tipici sudtirolesi ad una vasta gamma di consumatori che, una volta rientrati nelle loro città di provenienza, continuano, almeno in parte, a comprare prodotti altoatesini e li consigliano a parenti o amici.

Un ulteriore elemento che fortifica l’agricoltura dell’Alto Adige è l’istituto del “maso chiuso” che, impedendo la frammentazione delle imprese agricole, ne consente la sopravvivenza, perché garantisce un reddito adeguato agli addetti. Infatti, nella provincia di Bolzano, negli ultimi dieci anni, il numero di aziende è calato pochissimo, a differenza di altre zone montuose d’Italia.

Mi ha fatto un enorme piacere ascoltare la presentazione di un modello capace non solo di resistere alla crisi ma di porsi aldilà delle contingenze attuali.La domanda ora è perché non riusciamo ad estendere le virtuosità dell’Alto Adige a tutta l’Italia? Non siamo forse un paese in ogni sua parte potenzialmente ricco di turismo? Perché altre regioni non colgono l’importanza strategica dell’agricoltura per la bellezza e la conservazione del territorio? Qualche idea in proposito io me la sono fatta. Ma preferisco lasciare la risposta ad ogni singolo lettore.

Renzo AngeliniDirettore editoriale

03EDITORIALE

RENZO ANGELINI

ALTO ADIGE, MIX DI TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELL’AGRICOLTURA CHE DOVREBBE ESSERE UN MODELLO PER IL NOSTRO PAESE

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03ALTO ADIGE, MIX DI

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELL’AGRICOLTURA CHE

DOVREBBE ESSERE UN MODELLO PER IL NOSTRO

PAESEEDITORIALE

Renzo Angelini

44ALSAZIA: LA ROUTE DES

VINSRenzo Angelini

100PINK LADY®

Alessandra Legnani

136AGRICOLTURA MESSA IN

DISCUSSIONEAlberto Guidorzi

10LE MELE ITALIANESilvio Pellegrino

76IL ROSSOCHE VINCELorenzo Bazzana

112VIAGGI INTERNAZIONALIE MALATTIE TRASMESSE DA ALIMENTI ED ACQUAWalter Pasini

KARPÒS MAGAZINE

NOVEMBRE 2013

Direttore editoriale Renzo Angelini

Direttore responsabileLamberto Cantoni

Iscr. trib. di Forlì n° 3/12 del 4/5/2012

variazione in corso di registrazione

Proprietario ed editore della testataKarpòs S.r.l.

Via Zara 53 - 47042 Cesenatico (FC)CF 04008690408 - REA 325872

GraficaFrancesca Flavia Fontana

Giulia Giordani

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06 AMADORI

08 CIRIO

40 KIMBO

42 DORNBRACHT

43 AGRIVERDE

69 CONVEGNO VITICOLTURA ENOLOGIA

70 CIELO E TERRA

72 I MAESTRI DELLA FRUTTA

73 DIMMIDISÌ

74 CONSORZIO MARCHE BIOLOGICHE

109 BIO VAL VENOSTA

110 RE-FREEDOM

111 CON I PIEDI PER TERRA

132 NORWEGIAN

133 BILANCE MELICONI

134 CROCVILLE.IT

135 CANTINA SETTECANI

151 ENOTECA REGIONALE DI COSENZA

152 INTERNATIONAL MASTER

153 A+NETWORK

154 NOVITÀ LIBRARIE

155 GUIDE VINI

156 CORSI ONAV IN LOMBARDIA

157 OPO VENETO

96 FINANZIAMENTI

98 COSTAN

99 ANGELO PARODI

Non si restituiscono testi, immagini, supporti elettronici e materiali non espressamente richiesti.La riproduzione anche parziale di articoli e illustrazioni è vietata senza espressa autorizzazione dell’editore in mancanza della quale si procederà a termini di legge per la quantificazione dei danni subiti.L’editing dei testi, anche se curato con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali errori o inesattezze, limitandosi l’editore a scusarsene anticipatamente con gli autori e i lettori. Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero di chi lo ha scritto e pertanto ne impegna la personale responsabilità. Le opinioni e, più in generale, quanto espresso dai singoli autori non comportano alcuna responsabilità da parte dell’editore anche nel caso di eventuali plagi di brani da fonti a stampa e da internet.Karpòs rimane a disposizione di altri eventuali aventi diritto che non è stato possibile identificare e contattare.

Per le fotografie:

Cristiano Carli pagg. 14-15-16-17Pietro Rega pagg. 34-36Consorzio Pink Lady® da pag. 100 a pag. 108

Tutte le altre fotografie: © Renzo Angelini

In copertina: viticoltura in Alsazia © Renzo Angelini

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AMADORI RILANCIA I SUOI PRODOTTI D’ECCELLENZA: IL POLLO CAMPESE, ALLEVATO ALL’APERTO, E LA LINEA 10+, 100% ITALIANO E ALIMENTAZIONE RIGOROSAMENTE NO OGM

Sul mercato da pochi giorni con un look tutto nuovo e strumenti di comunicazione innovativi, dalla web-cam sugli allevamenti alla “chat con l’allevatore”

Alcuni sono allevati all’aperto, altri saltellano sulle balle di paglia e sui trespoli, tutti hanno una alimentazione rigorosamente no OGM e vegetale, sono 100% italiani, e sono prodotti nel massimo rispetto dell’ambiente: Amadori rilancia i suoi prodotti d’eccellenza, il Campese, pollo allevato all’aperto, e la linea di pollo e tacchino 10+, sugli scaffali da pochi giorni con un look tutto nuovo.A distanza di oltre 10 anni dall’avvio del Decalogo Amadori, che ha permesso all’azienda di conquistare la fiducia dei consumatori grazie al forte impegno per garantire qualità totale, Amadori prosegue sul percorso intrapreso, aggiungendo, ai pilastri già esistenti (vale a dire l’italianità, l’alimentazione no OGM e vegetale, la tracciabilità garantita dalla filiera integrata), nuovi elementi sempre più importanti nelle scelte del consumatore moderno.

Si dà quindi sempre più evidenza al rispetto del benessere animale, ad esempio con maggior spazio negli allevamenti rispetto ai limiti di legge, l’uso di luce naturale e di arricchimenti ambientali, come balle di paglia e trespoli per favorire comportamenti naturali. Grande attenzione anche alla sostenibilità ambientale, che l’azienda si impegna a perseguire migliorando costantemente l’efficienza delle sue attività produttive, investendo in nuove tecnologie, ottimizzando le risorse, e continuando ad investire in energia da fonti rinnovabili, che attualmente coprono il 50% del fabbisogno energetico dell’intero sistema Amadori.

E l’innovazione si trova anche nelle modalità di comunicazione scelta: per la prima volta Amadori apre le porte dei suoi allevamenti, con 3 web-cam attive 24 ore su 24 in diretta sugli allevamenti del Campese e una “chat con l’allevatore”, pronto a rispondere a tutte le curiosità dei consumatori.Innovativo anche il pack, di colore bianco per il 10+, simbolo di freschezza e trasparenza, e nero per il Campese, a comunicare eleganza e tradizione. Tra le innovazioni, anche il QR Code, che permette di andare dal pack direttamente sull’allevamento on line, il busto di pollo nel vassoio in alluminio, per una cottura pratica e perfetta in forno, le Fettine tagliate sottili, veloci da cucinare e ideali per involtini, le Monoporzioni, per cucinare solo quello che serve, senza sprechi.

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IL CAMPESE, POLLO ALLEVATO ALL’APERTOIl Campese, pollo allevato all’aperto, è un prodotto dal gusto unico, che ricorda i sapori di una volta, tipici della tradizione contadina. Selezionato tra le migliori razze e alimentato con mangime totalmente vegetale senza OGM, il pollo Campese cresce infatti libero di razzolare in ampi spazi ricchi di vegetazione dall’alba al tramonto, nel totale rispetto dell’alternanza naturale di luce e buio. Sviluppa così una muscolatura più delineata e consistente, dando origine a una carne gustosa e di qualità, 100% italiana. Gli allevamenti di Campese, circa un centinaio, sono tutti ubicati in Puglia, un’area particolarmente favorevole per il clima temperato e con molte zone di campagna, e rispondono ai requisiti previsti dalla legge (Reg. CE n. 543/2008) che disciplina l’allevamento del pollo all’aperto. E c’è di più: in tutte le fasi di lavorazione del Campese si utilizza 100% energia proveniente da fonti rinnovabili (come certificato dall’ente Energia Corrente).

LA LINEA DI POLLO E TACCHINO 10+La qualità è il valore che orienta tutte le scelte di Amadori.Per questo, l’azienda ha sviluppato la linea 10+, che risponde a precisi requisiti di processo e di filiera, garantendo standard d’eccellenza. La linea di pollo e tacchino 10+ assicura una serie di plus regolamentati da un disciplinare approvato dal Ministero (D.M. 29 luglio 2004) tra cui: l’utilizzo di mangimi senza OGM, senza farine e grassi di origine animale, animali 100% italiani (nati, allevati e lavorati in Italia), la completa rintracciabilità lungo l’intera filiera, dall’allevamento fino alla consegna al cliente, l’attenzione e

il rispetto per il benessere animale (con maggior spazio negli allevamenti rispetto ai limiti di legge, uso di luce solare e aggiunta di balle di paglia e trespoli per favorire sempre più i comportamenti naturali del pollo).

CAMPESE E 10+, PRODOTTI NEL MASSIMO RISPETTO DELL’AMBIENTECrescere in armonia con il territorio, limitando l’impatto ambientale: con questo obiettivo Amadori cerca di migliorare costantemente l’efficienza delle proprie attività produttive, investendo in nuove tecnologie per diminuire i consumi e ottimizzare le risorse.L’utilizzo di energia da fonti rinnovabili rappresenta uno dei punti fondamentali nell’ampio progetto di sostenibilità del nostro sistema produttivo: attualmente, circa il 50% del fabbisogno elettrico globale del gruppo proviene da auto-produzione da fonti rinnovabili (eolico, fotovoltaico, biomasse). In particolare, negli ultimi anni sono stati installati numerosi pannelli fotovoltaici sui tetti degli allevamenti, che producono una energia annua complessiva che corrisponde al consumo di circa 1.500 famiglie.

www.ilcampese.amadori.it www.10piu.amadori.it

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CIRIO CI METTE IL CUORE:NUOVO LOGO E NUOVA IMMAGINELa marca d’eccellenza del pomodoro made in Italy presenta un nuovo logo e una nuova immagine per le proprie confezioni.

È il cuore, l’elemento della nuova immagine CIRIO che esprime i valori di una delle marche storiche del made in Italy alimentare. CIRIO, la marca italiana del pomodoro, rinnova così il profondo legame con il consumatore valorizzando ancor di più la propria expertise unica, con la quale ha lasciato un segno indelebile nelle abitudini alimentari degli italiani.

L’EVOLUZIONE DEL LOGO crea una sintesi tra il simbolo del cuore e la forma del pomodoro, grazie ad una silhouette morbida e avvolgente ed un logotipo fedele all’originale.

Il felice payoff “Cuore Italiano” rende immediatamente esplicito il posizionamento della marca. Con passione CIRIO coltiva e seleziona i migliori pomodori italiani e con forte impegno dona agli amanti della buona tavola il vero sapore di pomodoro italiano. ”Fatto con il cuore” è la promessa di CIRIO ai propri consumatori.

OLTRE AL LOGO, IL RINNOVO DELL’IMMAGINE DELLE CONFEZIONI è l’altra grande novità con la quale CIRIO ripropone con efficacia la propria personalità vincente. Un’immagine attuale, dinamica e vicina al consumatore, che punta a mettere in risalto il gusto originale, la semplice rusticità dei propri prodotti e l’appetizing. Un mix di fattori che sono visualizzati nel nuovo packaging con un’alternanza di colori che donano eleganza e quotidianità.

La nuova immagine delle confezioni CIRIO trasmette complessivamente una personalità:• calda e mediterranea• attuale, ma legata alla storia del marchio• quotidiana con stile• vicina al consumatore di oggi• inconfondibilmente italiana• di qualità.

Il gradimento del nuovo packaging emerge da un test sui consumatori (800 persone, dai 24 ai 64 anni di età, di 4 città) che CIRIO ha effettuato nel mese di aprile con EMG. CIRIO, che dal 1856 è simbolo dell’italianità nel mondo con il suo pomodoro d’eccellenza, continua a evolversi e a rimanere al passo con gli stili e le tendenze dei consumatori di oggi.

www.cirio.it

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AGRICOLTURA OGGI

LE MELE ITALIANEL’Italia è il primo produttore di mele di qualità, la produzione

si concentra per il 80% al nord dal Sud Tirolo, al Trentino, al Piemonte e all’Emilia Romagna, caratterizzando il

paesaggio di queste regioni. Particolarmente interessante ed evocativa è la produzione di Annurca in Campagna dove i frutti

vengono fatti maturare nei “melai” per mantenere la polpa dolce, soda e croccante.

Silvio Pellegrino

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12IL MELO

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L’Italia è il secondo paese produttore di mele in Europa. Ci supera la Polonia, la cui produzione è però più orientata alla trasformazione industriale e a un consumo low cost. Siamo insomma i primi produttori di mele di qualità: circa 2 milioni di tonnellate, più precisamente 2.014.116 t nel 2012 mentre la conta 2013 è ancora in corso. La melicoltura è concentrata per oltre l’80% al Nord: il Sud Tirolo la fa da padrone, con circa il 50% della produzione, poi vengono Trento, Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna. Al Sud la presenza è significativa solo in Campania (5,3%), mentre il resto è sparso in microambienti vocati come la Val d’Agri in Basilicata. Negli ultimi decenni la frutticoltura, in Italia come in Europa, è “slittata” verso Sud seguendo un processo di progressiva “meridionalizzazione”. Il melo è l’unica specie in controtendenza: si è spostato in latitudine da Sud a Nord e in altitudine dalla pianura alla montagna. E’ migrato fino ad attestarsi negli ambienti più vocati alla

qualità. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: le mele italiane rappresentano il top di gamma, incontrano il gusto del consumatore italiano e sono esportate sui mercati più prestigiosi e remunerativi. I consumatori italiani preferiscono mele italiane, con una piccola e giustificata integrazione stagionale di quelle che arrivano fresche fresche dall’emisfero Sud: Gala da marzo a giugno dal Cile, Sudafrica e Nuova Zelanda. Siamo tra i maggiori esportatori di mele al mondo, i primi in Europa. Un caso di successo del made in Italy, indirizzato prevalentemente ai paesi del nord e est Europa. Le nostre mele sono considerate un consumo di prestigio per i consumatori benestanti del medio e estremo Oriente, mentre crescono i flussi di esportazione verso i paesi emergenti, dove il boom economico crea fasce di nuovi ricchi. Le mele italiane rappresentano un consumo di prestigio e sono vissute come status symbol.

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13IL MELO

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Valorizzare il binomio qualità/territorioL’ambiente influisce sulla qualità della mela e l’immagine del frutto trae vantaggio dal rimando al territorio. Per questo le “terre del melo” più interessanti si sono attivate per ottenere i riconoscimenti di tutela e valorizzazione dell’origine previsti dall’Unione Europea: IGP – Indicazione Geografica Protetta e DOP – Denominazione di Origine Protetta. All’Italia sono state riconosciute cinque eccellenze territoriali: Mela Val di Non, cui è stata riconosciuta la DOP nel 2003; Mela Alto Adige (Südtiroler Apfel), che ha ottenuto la IGP nel 2005; Melannurca Campana, IGP dal 2006; Mela di Valtellina, IGP dal 2010 e Mela Rossa Cuneo, IGP dal 2013. Sono tutelate le mele prodotte nelle zone più significative dell’arco alpino, le valli e gli altipiani da Bolzano a Cuneo. Nei diversi ambiti territoriali sono certificate la maggior parte delle varietà, mentre in Piemonte ci si è concentrati sulle varietà a buccia rossa: Red Delicious, Gala, Fuji e Braeburn. L’ambiente montano – sono coltivate su una balconata ai piedi delle Alpi occidentali fino a oltre 600 m di altitudine – ne accentua alcuni tratti qualitativi: dalla colorazione al conseguente contenuto in polifenoli e altre sostanze nutriceutiche, alla consistenza e croccantezza della polpa. IGP e DOP sono strumenti che funzionano se adeguatamente utilizzati nella comunicazione.

Nel settore ortofrutticolo sono stati troppo spesso considerati come punto di arrivo, medaglie o distintivi per giocare a “ce l’ho – non ce l’hai”. Piacciono a funzionari e politici locali che si sono adoperati per l’ottenimento, mentre sono ancora poco note al grande pubblico. E dire che non si tratta di riconoscimenti inflazionati. Nel resto d’Europa sono state riconosciute denominazioni di origine solo alla “Poma de Girona”, le migliori mele spagnole coltivate in Catalonia ai piedi dei Pirenei, alla “Pomme du Limousin” nel Massiccio centrale Francese, e alla “Mila Kastorias” in Grecia.La comunicazione che conta, quella che ha accesso alle tv nazionali e i cui marchi sono riconosciuti dai consumatori, passa attraverso i noti brand nazionali. Sono marchi di valorizzazione gestiti dai Consorzi dei produttori dei rispettivi territori. In molti casi si sovrappongono – rafforzandosi a vicenda – a IGP e DOP. Melinda® è il Consorzio di cooperative delle Valli del Noce (Val di Non e Val di Sole). Marlène® è il marchio del Consorzio VOG, le cooperative del Sud Tirolo. Val Venosta, con il simbolo della coccinella rossa sulla sagoma dell’Ortles, è il marchio del Consorzio VI.P, che riunisce le cooperative della Val Venosta. Melavì è il marchio di valorizzazione dell’omonimo Consorzio delle cooperative della Valtellina.

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14IL MELO

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PIEMONTE

In Piemonte si coltivano 5.200 ettari di melo, con una produzione di 140.000 tonnellate. Il trend è in crescita, complici i buoni risultati economici.La coltura è concentrata sulla fascia di altipiano sospesa a balconata ai piedi delle Alpi Marittime e Cozie, con la sagoma del Monviso e dell’Argentera a fare da quinte. E’ un ambiente pedemontano a 400-600 m s.l.m. ma i meleti arrivano anche a 800 metri. L’altitudine struttura la polpa, rendendola più soda e compatta. L’intensa radiazione luminosa e le escursioni termiche giorno/notte colorano intensamente l’epicarpo. Si è così sviluppata una tradizione di varietà buccia rossa, dalle autoctone Runsé, Dominici e Gambe fine, alle più recenti Gala, Fuji, Braeburn e Delicious rosse, che costituiscono il paniere varietale della neo-nata IGP Mela Rossa Cuneo. La comunicazione fa leva sulle componenti nutrizionali e salutistiche. I flovonoidi che colorano di rosso queste mele di montagna sono gli spazzini dei radicali liberi che danneggiano le nostre cellule. Svolgono un’azione anti-età e prevengono le malattie cardiovascolari.

Oltre al melo, le aziende coltivano pesco e actinidia, ma anche albicocche, pere e susine. 16.000 ettari di biodiversità vegetale che allenta la pressione delle malattie e degli insetti dannosi, agevolando l’applicazione dei protocolli di difesa sostenibile.I frutteti occupano gli spazi tra gioielli architettonici come i castelli di Lagnasco e della Manta. La fioritura si protrae per quasi due mesi, passando dal bianco dell’albicocco a inizio marzo, alle sfumature di rosa delle diverse varietà di pesco, per concludersi ad aprile con lo spettacolo visivo e olfattivo dei fiori di melo, bianchi screziati di rosso. Un’agricoltura che valorizza l’ambiente e il paesaggio.La mela rossa piemontese è ancora poco nota ai consumatori italiani. L’estetica accattivante la rende un must nei paesi arabi e in estremo oriente. Nella cultura orientale la mela è anche ornamento e piacere visivo. Per un invito a cena, si portano frutti, ovviamente rossi e dolci. Ogni anno 80.000 tonnellate di mele coltivate e confezionate in Piemonte partono per le destinazioni oltremare, i mercati più esigenti, ma anche i più remunerativi.

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CReSO – Consorzio di ricerca e sperimentazione per l’ortofrutticoltura piemontese

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Castello di Lagnasco (CN) - I Castelli dei Marchesi Tapparelli D’Azeglio di Lagnasco sono un complesso di tre edifici nati nell’XI secolo e sviluppatisi fino al XVIII. Dimora ufficiale della signoria dei Tapparelli, vissero nel XVI secolo il periodo di maggior splendore artistico e architettonico grazie a Benedetto I Tap-parelli, figura eclettica e raffinata, giudice in Saluzzo durante il dominio francese di Francesco I. Un ramo della famiglia diede i natali a Massimo D’Azeglio, scrittore e statista, figura di spicco del Risorgimento. I lavori di riqualificazione hanno riportato alla luce un inaspettato scrigno di meraviglie, splendide testimo-nianze artistiche. I castelli si ergono su una distesa di frutteti, celebrati ogni aprile nella manifestazione nazionale “Fruttinfiore”.

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TRENTINO

Le mele del Trentino sono coltivate nella Valle dell’Adige, ma soprattutto in quelle laterali: Valle del Sarca, Vallagarina, Val di Cembra e Val Sugana. Le più note al grande pubblico sono però le Valli del Noce (Val di Non e Val di Sole), i cui produttori hanno costituito il Consorzio Melinda®.La superficie a melo è di quasi 10.000 ettari, con una produzione intorno a 450.000 tonnellate. Una buona parte – 300.000 t – è concentrata in Val di Non. Le valli del Noce sono un ambiente di elezione per il melo. Tipicamente montano, parte da di 300 m s.l.m. per arrivare fin oltre i 900 metri di altitudine. Se ne avvantaggia la struttura della polpa: soda, croccante e succosa, mentre dal punto di vista estetico la Golden di montagna si distingue per la “faccetta” e la forma più allungata rispetto alla pianura.Anche in Val di Non Golden rappresenta circa il

70% dell’offerta varietale. A questa si affianca la Renetta del Canada, che grazie alla promozione del Consorzio il consumatore italiano riconosce come Renetta del Trentino, oltre a Red Delicious nel ruolo di impollinatore.Anche in Val di Non frutticoltura e architettura si mescolano con effetti paesaggistici ad effetto.Tutta la valle è costellata di castelli di origine medioevale: Castel Thun, Castel Valer, Castel Malgolo, etc. Su una altura circondata da meleti sulle rive del lago di Santa Giustina si erge Castel Cles, che dà il nome al capoluogo della Valle. Sembra che tutte le terre del melo, dalla Val di Non alla Val Venosta, ma anche al Marchesato saluzzese, vivano questa commistione di frutticoltura e architettura: gioielli architettonici disseminati in un tessuto connettivo di meleti che variano di colore di stagione in stagione.

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ALTO ADIGE

Quasi la metà delle mele italiane arrivano dal Sud Tirolo, in provincia di Bolzano. 18.400 ettari per una produzione di quasi 1 milione di tonnellate: il più grande meleto d’Europa. E’ una frutticoltura montana. La si incontra risalendo l’Adige a sud di Bolzano (la Bassa Tesina). A Bolzano le valli si biforcano: a ovest il Burgraviato, a est la valle dell’Isarco fino a Bressanone. Da Merano inizia la Val Venosta (Vinschgau), una distesa di meleti a perdita d’occhio. Partono da 500 m e si arrampicano fino a 1.000 m. Sullo sfondo il massiccio dell’Ortles, rappresentato nel marchio “Val Venosta”. Al Reschenpass nasce l’Adige. Attraverso questo valico transitava la Via Claudia, che qui collegava il mondo latino con quello germanico. Castelli e fortificazioni medioevali costellano la valle a presidio dei punti chiave lungo il percorso internazionale. La coltivazione impegna più di 7.000 famiglie. La superficie delle singole aziende è limitata a

2 – 3 ettari, che sono curati come giardini. Il Consorzio Mela Alto Adige IGP è composto dalle 4 OP VOG, VI.P, Fruttunion e FOS. Le varietà coltivate sul territorio sono oggi: Braeburn, Elstar, Fuji, Gala, Golden Delicious, Granny Smith, Idared, Jonagold, Kanzi®, Modì®, Morgenduft, Pink Lady®, Pinova, Red Delicious, Rubens®, Winesap. Quelle contrassegnate con il simbolo ® sono distribuite nell’ambito di filiere strutturate a club. Golden Delicious è la varietà di riferimento per le zone più elevate. In Val Venosta rappresenta il 70% della produzione; in quest’ambiente si forma la sfaccettatura rosata/aranciata che contraddistingue le Golden di montagna. Il Sud Tirolo è legato alla cultura e ai mercati mitteleuropei. Una buona metà della produzione è indirizzata nei paesi dell’Europa settentrionale e dell’est.

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FERRARESE

Solo nel secondo dopo guerra la provincia di Ferrara diventa il frutteto d’Italia: più di 40.000 ettari di melo e pero sui terreni di bonifica un tempo coltivati a canapa. Fertilità dei terreni, corretto dimensionamento della maglia poderale, domanda di mercato crescente per via del boom industriale determinarono il successo delle colture arboree nel ferrarese. Poi, negli anni ’70, la melicoltura si riposiziona in montagna, dove Golden Delicious dà il meglio di sé in termini di croccantezza e conservabilità.Nel Ferrarese resta il pero, ma già negli anni ’90 ci si reinventa una melicoltura di pianura. Si parte da nuove varietà a polpa soda e croccante, che proprio nella bassa padana diano il meglio di sé. La prima è stata Fuji, la varietà costituta dalla Stazione sperimentale di Morioka in Giappone nel 1939, ma diffusa in Europa solo nei primi anni ’90. Per supportare il processo di riconversione e valorizzare la melicoltura di pianura è stato costituito il Consorzio MelaPiù.Sul versante della produzione definisce i disciplinari di produzione e i regolamenti di commercializzazione, in modo da selezionare per il marchio solo l’eccellenza.

Sul versante della promozione ha adottato strategie di comunicazione efficaci, che hanno riportato le mele di pianura tra le preferenze dei consumatori. Anche il club Pink Lady® ha trovato in Emilia-Romagna condizioni favorevoli per la sua Cripp’s Pink e le successive mutazioni naturali.Le varietà tardive in genere si adattano bene alle condizioni di pianura. Arrivano infatti in un periodo, in cui – terminate le calure estive – le condizioni climatiche sono favorevoli al raggiungimento di una buona qualità, senza i rischi di nevicate o gelate precoci che nello stesso periodo si corrono in montagna. Il gruppo Fuji rappresenta ormai oltre il 30% dell’offerta emiliano-romagnola seguita da Pink Lady® e Golden Delicious, entrambe al 15% circa ma con tendenza opposta. Gala appare sostanzialmente stabile con valori attorno al 10% mentre sensibili cali interessano le Red Delicious, ormai marginali.La superficie oggi coltivata a melo in Emilia-Romagna (oltre Ferrara è di rilievo anche Ravenna) è di circa 4.500 ettari (circa il 7% del totale Italia).

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Vista panoramica di un melaio realizzato all’interno di un giovane frutteto di Annurca.È visibile il contrasto di colore delle mele già state girate.

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Particolare della lavorazione manuale del melaio.

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Silvio PellegrinoCReSO – Centro di ricerca e sperimentazione per l’ortofrutticoltura piemontese

La Annurca è ben presente al Sud, ma distribuita spesso e volentieri anche al Nord come mela di affezione per i consumatori di origini campane.È ben caratterizzata con i suoi frutti rotondi un po’ schiacciati, più o meno rossi a seconda di come è riuscito l’affinamento della maturazione in fruttaio. È rimasta forse l’ultima varietà ancora conservata in fruttaio. I frutti si raccolgono prima della maturazione fisiologica, altrimenti cadrebbero a terra. Vengono disposti su letti di paglia all’aperto, dove sono girati più volte in modo da esporre tutta la buccia al sole. In questi “melai”, spesso estesi e suggestivi, si affina la maturazione: la polpa diventa dolce, mantenendosi soda, leggermente croccante ma non succosa. Dietro il gesto di acquistare un’Annurca c’è spesso il

riconoscimento di un profilo gustativo originale e le immagini di un processo di lavorazione artigianale. Si rinnova il legame con un territorio e le sue tradizioni. Frutti di questo tipo potremmo definirli “evocativi”, perché accendono un ricordo: di un luogo, un tempo, un’età della vita.

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KIMBO È PROTAGONISTA DI HOST DAL 18 AL 22 OTTOBRE CON LA SUA AMPIA OFFERTA NEI DIVERSI CANALI HO.RE.CA., OCS (OFFICE COFFEE SERVICE) E VENDING.

A milano fiera, kimbo propone anche “kimbo espresso italiano”, il brand dell’azienda dedicato ai mercati internazionali.Kimbo, caffè tra i più amati e noti in Italia e simbolo dell’espresso napoletano nel mondo, è protagonista della 37° edizione di Host, il salone internazionale dell’ospitalità professionale che si terrà a Fiera Milano (Rho) dal 18 al 22 ottobre. Con un fatturato 2012 di 170 milioni di euro, in crescita del 7% rispetto all’anno precedente, e importanti accordi di distribuzione in Italia e all’estero, Kimbo si è ormai affermato come uno tra i principali player del mercato del caffè sia dimensionalmente che culturalmente. E’ proprio la forza conquistata dal marchio Kimbo ad aver spinto l’azienda a modificare, nel settembre 2013, la propria denominazione “Cafè do Brasil S.p.A.” in “Kimbo S.p.A.” identificando così la ragione sociale con il nome del brand ormai divenuto noto a livello internazionale.In occasione di Host, Kimbo presenta la sua ampia offerta nei diversi canali Ho.Re.Ca., Ocs (Office coffee service) e Vending, oltre alla linea retail di “Kimbo Espresso Italiano”, il brand dell’azienda dedicato ai mercati internazionali. Con oltre 2.000 bar e ristoranti serviti, 700 punti vendita della rete Autogrill che vedono affluire ogni anno oltre 1.000 tonnellate di caffè, 700 alberghi clienti in Italia grazie alla partnership tra Kimbo e Unilever Foodsolutions, l’Ho.re.ca. rappresenta per Kimbo un settore in grande espansione.Non solo in Italia, ma anche all’estero: negli ultimi anni, Kimbo è diventato il terzo brand di caffè nell’out of home in Francia con 11.000 locali clienti e, attraverso la consociata Kimbo – U.K., società di distribuzione di bevande per il canale Ho.Re.Ca. fondata nel 2011, il brand sta ottenendo una visibilità sempre maggiore anche nel Regno Unito, che rappresenta oggi, dopo Italia e Francia, il terzo mercato di riferimento in termini strategici.Rafforzando la propria offerta nel settore, Kimbo propone, nel corso della cinque gironi di Host, “Espresso Selection”, la nuova linea di cialde per macchina professionale che unisce la qualità del caffè Made in Italy a gusti e abitudini

internazionali: due cialde monorigini, “Kenya” e “Perù”, e una cialda certificata Reinforest Alliance, organizzazione non governativa che ha lo scopo di conservare la biodiversità e garantire mezzi di sussistenza sostenibili, trasformando le pratiche di business e il comportamento dei consumatori.In rapida espansione, con una crescita a due cifre, è anche il segmento Ocs, nell’ambito del quale Kimbo offre, anche fuori casa, la possibilità di ritrovare, in ogni momento, l’eccellenza del gusto delle proprie miscele.In particolare, Kimbo propone ad Host “Adesso Espresso”, la nuova macchina che garantisce, anche in ufficio, un espresso a regola d’arte, e la relativa linea di capsule universali che comprende le miscele di caffè arabica, espresso e decaffeinato, oltre a camomilla, caffè al gingsen, orzo, tè al limone.Infine, Kimbo propone la linea retail di “Kimbo Espresso Italiano”, il brand dedicato ai mercati esteri che si sta affermando, in Europa, simbolo e garanzia di eccellenza italiana. In particolare, Kimbo presenta l’intera offerta di miscele caratterizzate dall’aroma intenso e dalla ricchezza di gusto tipici dell’azienda napoletana: Antica Tradizione, mix di caffè pregiati e tostati secondo la tradizione napoletana, Espresso Napoletano, per gustare uncaffè buono come quello del bar, caratterizzato da intesa cremosità e sapore ricco, Aroma di Napoli, pieno e corposo, Aroma Gold 100% Arabica, una sapiente selezione di caffè eccellenti provenienti dal Sud e Centro America, dal gusto piacevole e delicato, Aroma Classico, miscela più diffusa in italia dal gusto dolce e aromatico, Aroma Intenso, intenso e deciso, Decaffeinato, un’ottima miscela di caffè, decaffeinati con cura, che conserva l’aroma ricco e il gusto pieno del classico espresso.

www.kimbo.it

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NOVITÀ DORNBRACHT:PIVOT, NUOVA RUBINETTERIA PREMIUM CON RAGGIO D’AZIONE A 360°

Con il nuovo miscelatore monocomando Pivot, Dornbracht presenta la prima rubinetteria utilizzabile nell’intera zona cucina. Pivot coniuga estetica raffinata ed estrema funzionalità.Il braccio particolarmente lungo - 55 cm di estensione - consente un raggio d’azione a 360° e soddisfa gli standard più elevati in tema di flessibilità e comfort in cucina. Grazie ad un raggio d’azione a 360° si possono conciliare tra loro, senza alcuno sforzo, le diverse attività che si svolgono in cucina. Il nome del prodotto deriva dalla parola francese “pivot” (fulcro, cardine), riferendosi al design di questo tipo di rubinetto, che diventa il cuore, il fulcro mobile della zona cottura.La versatilità di Pivot è inoltre coordinata alle Dornbracht Water Zones per ottenere ottimi risultati in operazioni complesse per la preparazione del cibo e per la cottura. La pratica manopola collocata direttamente sulla bocca di erogazione garantisce un utilizzo facile ed ergonomico.La forma ridotta, filigranata, si armonizza con il design discreto della serie Tara Ultra. Pivot traduce la perfezione minimalista dell’intera serie in una nuova e straordinaria tipologia di rubinetteria, che si distingue per il suo carattere scultoreo. La leva priva di intaglio enfatizza il chiaro linguaggio formale, rendendo Pivot un’alternativa di stile alle doccette estraibili.Miscelatore monocomando con valvola per l’acqua calda e fredda, Pivot completa le linee d’alta gamma Dornbracht con una pregiata proposta premium, assicurando ancora più comfort in cucina e rispondendo alle specifiche esigenze e aspettative dell’utilizzatore. Firmato Sieger Design, Pivot è disponibile in finitura cromata e platinata.Dornbracht Aloys F. Dornbracht GmbH & Co. KG con sede principale a Iserlohn è un’azienda a carattere familiare e leader internazionale nella produzione di rubinetteria ed accessori di design d’alta qualità per il bagno e la cucina. Collaboratori altamente qualificati e le più moderne tecnologie di produzione sono garanzia di qualità di fabbricazione ai massimi livelli. Con “Culturing Life” Dornbracht amplia il proprio raggio d’azione, accostando all’indiscussa competenza in tema di design e di acqua alcuni elementi fondamentali: la tecnologia, che si esprime nella connessione in rete, e il comfort, a cui unisce prevenzione, salute e benessere, determinando l’orientamento dell’azienda e lo sviluppo dei prodotti del futuro. Dornbracht progetta – coltiva – ogni volta, di nuovo, la vita. Contraddistinta dal pluriennale impegno culturale, in particolare con i Culture Projects, Dornbracht fornisce sempre nuovi stimoli, confermando la propria leadership in innovazione e tecnologia per il bagno e per la cucina. Dornbracht fa parte del Dornbracht Group che unisce, con Alape, due realtà d’eccellenza nel settore bagno e cucina.

www.dornbracht.it

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AGRIVERDE, STORIA DI UN SODALIZIO… CON LA NATURA Dopo i successi internazionali ottenuti con la produzione biologica, la cantina più “verde” d’Abruzzo è pronta a lanciare il suo vino vegano

Tra le prime in Italia ad aver adottato la vitivinicoltura biologica, avanguardia in Europa per il progetto della struttura aziendale interamente realizzata in bio-architettura (solo materiali di origine naturale e completamente ecosostenibili), selezionata su base nazionale dalla Scuderia Ferrari che l’ha voluta al suo fianco nel progetto green della Ferrari Hybrid kers 599 e una lista clienti che annovera la Regina Elisabetta e i reali del Belgio. La cantina Agriverde – un piccolo gioiello immerso nel verde delle campagne ortonesi, nella provincia di Chieti (la più “vitata” d’ Italia per rapporto tra estensione territoriale e tipologia di coltivazione) – racconta una storia scritta a quattro mani con un socio unico: la natura.

Il suo fondatore, Giannicola Di Carlo, non ha mai avuto dubbi: la formazione universitaria in bio-agronomia e la preziosa eredità culturale trasmessagli dagli avi (che

cominciarono a coltivare la vite nella prima metà dell’Ottocento), gli hanno indicato un approccio produttivo di certo non semplice, ma l’unico in grado di tramutarsi in etica, in filosofia di vita: quello basato sulla strenua tutela dell’ambiente e sul rispetto incondizionato per l’unica madre suprema, la natura.

Per questo, quando in Italia non si sapeva ancora cose significasse “biologico”, nelle cantine Agriverde si applicava già da tempo la lotta antiparassitaria per

confusione sessuale (attraverso i feromoni) e si studiavano i sistemi di eco-sostenibilità e riduzione drastica dell’impatto ambientale. Tutto questo è sapientemente condensato nel gusto dei vini Agriverde: tutti provenienti da coltivazioni biologiche con una punta di diamante – il “Plateo” – inserito nella lista francese dei 50 migliori vini al mondo e due linee bio certificate – “Eikos” e “Natum” diventate in tutto il mondo simbolo della migliore produzione vinicola biologica.

Ma l’impegno di Agriverde nella produzione di vini sani (oltre che buoni) e che diano un reale beneficio alla salute dell’uomo non si ferma: ora, oltre alla certificazione biologica ICEA, l’EIKOS e il NATUM stanno per ricevere anche la certificazione VEGAN. “I nostri vini sono realizzati seguendo una logica «cruelty-free» - spiega Giannicola Di Carlo – mettendo cioè al bando tutto ciò che viene dal mondo animale: dal corno bovino che si usa nella biodinamica, a sostanze come l’albumina e la caseina del latte (entrambi però accettati dai vegetariani), le gelatine ottenute dalle ossa degli animali e dalla pelle del maiale, la colla di pesce, le albumine del siero sanguigno, i prodotti a base di chitina. Sono ottimi vini al palato e che in più fanno bene alla salute, – aggiunge - un vero e proprio nutrimento per corpo…e anima”.

La nuova certificazione VINO VEGAN per i vini Agriverde sarà presentata a breve sul mercato italiano ed estero coinvolgendo nella promozione anche rappresentanti del mondo medico e scientifico. Intanto nelle cantine Agriverde si continua a brindare ai successi già ottenuti dall’Eikos e dal Natum: rispettivamente medaglia d’oro e d’argento all’INTERNATIONALER BIOWEINPREIS 2013, “squisiti” ambasciatori del vino biologico italiano nel mondo.

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REGIONI DEL VINO

Alsazia:la Route des Vins

Percorrendo la strada dei vini da Thann a Marlenheim, da sud a nord, attraversiamo l’Alsazia, regione francese

coinvolta ripetutamente nelle guerre tra Francia e Germania. L’ itinerario tocca villaggi con case a graticcio, castelli e rocche a presidio delle alture dei Vosgi, abbazie,

cantine e soprattutto vigneti a perdita d’ occhio resi famosi per la qualità dei Grand Cru.

Renzo Angelini

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L’ Alsazia è una regione del nord-est francese composta di due Dipartimenti: Alto Reno o Alta Alsazia a nord e Basso Reno o Bassa Alsazia a sud e, con i suoi 8.240 kmq è la più piccola delle regioni francesi. Capoluogo è Strasburgo. Nonostante la sua posizione geografica, piuttosto a nord, gode di un clima eccezionalmente favorevole. Attraversata dal fiume Reno, si sviluppa su una fertile pianura delimitata dalle montagne dei Vosgi, che la proteggono dai venti dell’ ovest e dalla pioggia, e dalla Foresta Nera della Germania, a est. Colmar ha infatti la stessa quantità di precipitazioni di Perpignan, all’ estremo sud. Le estati sono calde e gli inverni non troppo rigidi ed in particolare l’ autunno è tiepido e secco mentre la primavera è mite e umida. Il risultato è un clima semi-continentale che permette una lunga stagione di sviluppo per la vite, creando le condizioni per un vino di alta qualità e di particolare profilo aromatico. Le vigne in Alsazia hanno una lunga tradizione e la loro storia risale ai Romani. Abitata anticamente da popolazioni celtiche, nel 58 a.C. passò sotto il dominio di Roma fino al V secolo, quando fu invasa da Vandali, Alani e Alamanni. I primi vigneti furono piantati dai legionari romani, che si dedicarono alla viticoltura nei brevi periodi di pace; una drastica riduzione della espansione della coltura si ebbe nel 92 d.C., quando l’ imperatore

Domiziano vietò la piantagione. Conquistata dai Franchi di Clodoveo, alla fine del V secolo, sotto i Carolingi fu assegnata a Lotario e, dopo la sua morte, passò alla Germania e venne incorporata al ducato di Svevia e divisa nei due langraviati della Alta e Bassa Alsazia, che restarono sotto gli Asburgo fino al 1648. Nell’ XI secolo, sotto i sovrani Merovingi e Carolingi riprese la produzione del vino che raggiunse il miglior periodo nel XVI secolo. La Guerra dei Trenta Anni (1618-1648) costituì una vera catastrofe per l’ Alsazia e la sua viticoltura, a seguito della distruzione causata dal lungo conflitto e dal concomitante cambiamento climatico che portò ad un forte abbassamento delle temperature, proibitive per lo sviluppo della vite. Durante il conflitto fu territorio fertile per la diffusione della Riforma Protestante e subì l’ influsso francese; nel 1648 venne ceduta alla Francia, con la Pace di Westfalia. La difficile interpretazione del trattato creò una situazione di contrasto tra il Re di Francia e i sovrani tedeschi che avevano i loro feudi imperiali in Alsazia. Tale situazione perdurò fino al 1792. Luigi XIV rese definitiva l’ unione dell’ Alsazia, compresa Strasburgo, sotto la Francia fino al 1870, quando venne annessa, con la Lorena, alla Germania (Trattato di Francoforte) in seguito alla guerra franco-prussiana. Nel 1919 fu restituita alla Francia con il

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Il castello di Haut-Koenigsbo urg, costruito nel 1114, fu il primo castelloteutonico ed il più importante dell’ Alsazia.

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Vendemmia sui declivi dell’area pedemontana dei Vosgi dove una viticoltura eroica ci permette di apprezzare paesaggi stupendi.

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Trattato di Versailles. Occupata dai tedeschi nel 1940 fu infine liberata dagli Alleati nel 1944. Nel 1945, alla fine dell’ occupazione tedesca, l’ Alsazia ottenne la prima Appellation d’ Origine , con un Editto firmato dal Generale de Gaulle. Gli enologi incrementarono la qualità del vino e questi sforzi vennero premiati nel 1962 quando al Vin d’ Alsace fu riconosciuta la AOC (Appellation d’ Origine Controlée). I vini classificati AOC provengono da un’ area ben definita nella quale suolo, clima, vitigni e vari requisiti ( gradazione alcolica minima, resa massima per ettaro, tecniche di potatura, condizioni di produzione, vinificazione, ecc.) rappresentano una garanzia di origine del vino da un determinato luogo. Tutti i vini alsaziani hanno la denominazione Alsazia AOC ed è l’ unica a riportare in etichetta il nome di uno dei sette vitigni identificati:Gewurztraminer: colore carico, profumo intenso e

quasi esotico di frutta tropicale (litchi, pompelmo), autoctona (mela cotogna), fiori (acacia, rosa) oppure spezie (cannella, pepe, chiodi di garofano).Pinot Blanc: è la varietà d’ uva più coltivata nella regione. Il vino è fresco, secco, sapore poco marcato che lo rende abbinabile con ogni piatto.Sylvaner: amabile, leggero, fresco e dissetante.Riesling: il più raffinato e in Alsazia raggiunge la migliore qualità. Elegante, fresco e delicato, in relazione al terreno può evocare sentori fruttati, floreali e minerali. Ideale da pasto.Pinot Gris; detto anche Tokay d’ Alsace, estremamente aromatico, meno fruttato, predominano le spezie. Il sapore è pieno e intensamente complesso.Pinot Noir: è l’unico rosso e da un solo tipo di uva si ottengono tre vini diversi. Generoso e fresco e di colore rosato, il primo livello; rosso pallido con

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Il villaggio di Barr è rinomato per i Grand Cru di Gewurztraminer,Riesling e Pinot Gris.

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Muffa nobile: si verifica quando, in condizioni generali di clima più caldo e secco, si alternano condizioni uniche per effetto della deposizione della rugiada mattutina o di episodi piovosi che innalzano il grado di umidità e favoriscono la diffusione limitata del fungo che aumenta, per l’appassimento, il grado zuccherino dell’ uva senza danneggiarla eccessivamente. La combinazione di eventi favorita da una maggiore resistenza specifica al fungo di alcune varietà di uva, può produrre vini liquorosi e dolci e la Botrytis cinerea, fungo parassita che attacca molte

specie di piante ed in particolare la vite, diviene in questo caso una vera e propria “muffa nobile”. Essa può fare la sua comparsa sia sulle uve in via di appassimento che su quelle lasciate seccare. Con queste uve si produce un passito, generalmente bianco, con sapore aromatizzato caratteristico ma anche dolce, dato che il vino è fatto con uva passa. La muffa si nutre degli zuccheri dell’ uva, quindi i vini passiti muffati sono più secchi dei passiti normali, a parità di condizioni atmosferiche e tempi di appassimento.

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I vigneti si estendono fino ai bastioni di Riquewihr, splendido villaggio in stile medievale e rinascimentale.

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Vista dei vigneti lungo la fascia pedemontana, dal fondovalle.

Rovine del castello di Ribeauvillé

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La chiesa fortificata di Hunawihr con il cimitero annesso fu costruita in mezzo ai vigneti, in onore di Sainte Hune, protettore degli enologi.

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Arrivando dall’Italia Thann è la porta di ingresso alla Route des Vins e da non perdere è la Collegiata di Saint-Thiébaut (XII-XVI sec.), in pietra rosa, famosa per il portale in stile gotico fiammeggiante, alto 15 metri.

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profumo e gusto tipico di ciliegia, il secondo; infine il Pinot Noir “vinifiés en rouge” è il migliore. Durante la vinificazione il mosto viene passato dai tini o dalle botte di fermentazione nelle vinacce per intensificare il colore e rendere il vino più corposo, e quindi invecchiato in grandi botti di rovere.Muscat d’Alsace: si distingue per il profilo aromatico inebriante, secco, profumo e sapore di uva fresca.Lo Chardonnay è riservato invece solo alla produzione di vino spumante.Edelzwicher o “nobel blend” sono invece uvaggi di Gewurztraminer, Riesling, Muscat. Pinot Gris, Pinot Blanc, Chasselas, frizzanti e riportano in etichetta la dicitura Crèmant d’ Alsace.I viticoltori alsaziani sono oltre 5.000; le cooperative acquistano le uve e imbottigliano oltre l’ 80% del vino prodotto. La produzione si aggira intorno a 120 milioni di bottiglie ogni anno di cui il 95% vini bianchi. I vigneti coprono una superficie di circa 14.000 ettari e si sviluppano nella fascia pedemontana della vallata, spingendosi fino alle pendici dei Vosgi, per una lunghezza di 130 km ed una larghezza dai 2 ai 4 km, ben esposti al sole occupando talora pareti scoscese dove le viti sono coltivate su terrazze create con spettacolari muri a secco: una autentica viticoltura eroica assolutamente da vedere! La “Strada dei vini d’ Alsazia” è una delle più classiche ed antiche strade dei vini francesi, un percorso panoramico della regione che si snoda per 180 chilometri da Thann, nel sud, a Marlenheim nel nord ed è la quintessenza di

iconemi viticoli che lasciamo apprezzare attraverso le immagini realizzate nel periodo della vendemmia. L’ itinerario attraversa una successione di villaggi con le case a graticcio, in legno o in pietra, con balconi ornati di fiori, castelli e rocche che hanno sullo sfondo le alture dei Vosgi, abbazie, cantine ristoranti e soprattutto vigneti a perdita d’ occhio delimitati dalle distese di mais, a valle, e dalle foreste, a monte. Oltre la pianura del Reno ci sono, a breve distanza i vigneti del Baden-Wuttemberg, in Germania. L’ Alsazia infatti è terra di confine: fra il 1871 e il 1945 la frontiera venne modificata ben cinque volte, con milioni di morti. Oggi si parla un dialetto di origine germanica ma con forti influenze francesi; le brasserie sono affiancate dalle weinstube e il piatto tipico è la choucroute, i crauti serviti con insaccati, lardo, salsicce e cotolette di maiale. Dai vitigni bianchi oggi si producono i Grand Cru, l’ eccellenza dei vini alsaziani. Dalla Route partono una quarantina di Sentiers Viticoles, da percorrere a piedi oppure la Veloroute des Vignobles, una pista ciclabile creata per festeggiare i 60 anni della via del vino.

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Il mondo del vino si riunisce a Viticoltura EnologiaL’appuntamento per gli operatori del settore è a Padova giovedì 12 dicembre 2013

Si terrà presso il Centro Congressi A. Luciani di Padova, giovedì 12 dicembre 2013, l’edizione d’esordio del Convegno Espositivo Viticoltura-Enologia, organizzato da Senaf e dedicato all’aggiornamento tecnico per gli addetti ai lavori.“Il Veneto, la principale regione produttrice di vino in Italia, torna al centro dell’attenzione del mondo dell’enologia italiano con il Convegno Espositivo Viticoltura Enologia. A Padova sono chiamati a confrontarsi gli operatori di una filiera che, con la vendemmia 2013, riporta l’Italia a divenire il primo produttore mondiale di vino, con 44,5 milioni di ettolitri previsti. La situazione di mercato potenzialmente favorevole deve essere certamente sfruttata e richiede un costante aggiornamento sulle tecniche e sulle soluzioni da applicare in tutta la filiera per ottenere un prodotto di qualità e per essere competitivi, soprattutto sui mercati esteri. Le più recenti stime Istat indicano che nel 2013 l’export potrebbe rappresentare il 50% delle vendite, superando la storica quota di 5 miliardi di fatturato”, dichiara Costanza Fregoni, coordinatore tecnico dell’evento.L’appuntamento nasce dalla volontà di offrire un naturale punto di incontro tra ricerca, industria e mercato per fornire un aggiornamento tecnico e conoscere tutto ciò di nuovo e innovativo che la ricerca applicata propone ai professionisti del settore per non perdere forza competitiva davanti alle nuove sfide del mercato. Oggi infatti il settore vitivinicolo italiano vive una fase di forte dinamismo. La filiera sta cambiando, sia in risposta a un contesto normativo sempre più complesso e a un mercato sempre più competitivo, sia in virtù della rapida e continua evoluzione di tecniche e tecnologie applicabili in vigneto e in cantina. A ciò si deve aggiungere la crescente sensibilità dei consumatori nei confronti delle tematiche di carattere ambientale, che sta favorendo l’adozione di tecniche produttive a basso impatto.Per questa ragione durante il Convegno Espositivo Viticoltura Enologia sono previste 13 relazioni tenute da docenti universitari, ricercatori ed esperti del settore sulle tematiche di maggiore interesse, che coinvolgono tutta la filiera. In campo viticolo ed enologico verranno affrontati

temi legati all’innovazione tecnica e tecnologica improntata all’ecocompatibilità e alla necessità di rispondere alla soluzione di specifiche problematiche produttive (difesa del vigneto, nuovi portinnesti e nuovi vitigni, ICT, dealcolazione dei vini…), oltre che alle richieste dei consumatori. Il mercato, con le sue sfide attuali come la sostenibilità, l’internazionalizzazione e la protezione della territorialità del prodotto, sarà affrontato da apposite relazioni che cercheranno di costruire un percorso formativo chiaro per offrire esperienze e soluzioni per inserire correttamente il proprio prodotto nel contesto attuale del mercato.Un appuntamento di particolare importanza ed interesse per il mondo vitivinicolo italiano come è attestato dalla presenza ufficiale dell’OIV, (Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino) dal patrocinio di Veneto Agricoltura, UPA - Unione Provinciale Artigiani di Padova, Camera di commercio di Padova e dall’ampia adesione riscontrata nel mondo dei Consorzi di tutela: Consorzio Conegliano, Valdobbiadene Prosecco Superiore, Consorzio di tutela vini DOC Colli Piacentini, Consorzio di tutela della DOC Prosecco, Consorzio tutela vino Bardolino DOC, Consorzio Tutela Vino Lessini Duello DOC, Consorzio Chianti Rufina, Consorzio Tutela Lugana DOC, Consorzio DOC Friuli Latisana, Consorzio Colli Orientali del Friuli, Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, Consorzio Franciacorta, Consorzio tutela Vini Berici e Vicenza, Consorzio Vini Venezia, Consorzio tutela Vini DOC Bagnoli, Consorzio tutela vini Montello e Colli Asolani.

Tutte le informazioni sulla fiera su:www.senaf.it/vite

Per ulteriori informazioni:MY PRLorenzo Pallotti- Alessia Grecotel_ 02-54123452 - fax_ [email protected]@mypr.itwww_ www.mypr.it

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CIELO E TERRAGRUPPO CANTINE COLLI BERICI:NUOVI INVESTIMENTI NELL’OTTICA “LEAN”

Cielo e Terra - Gruppo Cantine Colli Berici - continua il suo programma di investimenti sia in vigneto che in cantina, al fine di ottimizzare la produzione con i fondamenti del metodo “Lean”.

La continua ricerca della qualità sostenibile è il punto di partenza per un progetto di rinnovamento. Consapevole di questo valore, l’azienda vitivinicola Cielo e Terra – Gruppo Cantine Colli Berici, continua il suo programma di investimenti che coinvolgono il lavoro in cantina e i miglioramenti in produzione legati al risparmio energetico, ispirati da un approccio aziendale “snello”, lean appunto.

Perseguendo la mission aziendale di produrre vini con il miglior rapporto qualità/prezzo e raggiungere un maggiore potenziale di successo sul mercato nazionale ed estero, Cielo e Terra – Gruppo Cantine Colli Berici - segue ancora una volta le linee guida della “Lean Organization”, metodo che propone di riorganizzare in modo snello l’attività aziendale, accrescendo le potenzialità ed eliminando sprechi e inefficienze, dando valore alle risorse umane, vero fattore competitivo di un’entità produttiva.

“Gli investimenti hanno coinvolto, nel corso del 2013 - afferma Massimo Marin, l’enologo dell’azienda vinicola vicentina - gli impianti di refrigerazione, di raffrescamento degli ambienti e il parco autoclavi. Vi è stata una revisione degli spazi all’interno dei magazzini, al fine di incrementare la capacità di stoccaggio per aumentare i tempi di affinamento in bottiglia. È stato inoltre investito circa 1 milione di euro in cantina per l’acquisto e la messa in opera di nuovi impianti per migliorare l’attività di stabilizzazione dei vini, la conservazione del vino imbottigliato e per potenziare il parco autoclavi per la produzione di vini frizzanti e spumanti”. Quest’ultima scelta è avvenuta in risposta alle preferenze del consumatore moderno che sceglie le bollicine. E’ infatti da poco nato Freschello Extra spumante, a completamento della linea Freschello, con soli 9,5 gradi alcolici. La capacità di saper interpretare e presidiare da vicino potenziali mercati continuando a garantire elevati standard di qualità, sia nei vini che nei processi aziendali, è un tratto caratteristico dell’azienda Cielo e Terra - Gruppo Cantine Colli Berici.

“Per noi - spiega Giampietro Povolo, responsabile operations di Cielo e Terra – produrre vini di qualità è una mission fondamentale. Da anni lavoriamo in vigna e in cantina per perseguire elevati standard qualitativi dei nostri vini applicando un intenso programma di investimenti - Continua Povolo

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- Applichiamo in produzione la stessa filosofia di sempre, che pone al centro la soddisfazione del cliente finale e la massima qualità nei vini, nell’ottica di una maggiore efficienza e servizio per la distribuzione organizzata: perfezionando la logistica si migliora anche il servizio ai clienti.”

1° NON SPRECAREL’azienda vicentina, sensibile alla riduzione degli sprechi, ha attivato di recente una nuova linea produttiva, che ha permesso di risparmiare il 20% dell’acqua consumata ogni anno per le operazioni di lavaggio e sterilizzazione. A questo scopo vari accorgimenti sono stati adottati nel corso del 2013 da Cielo e Terra - Gruppo Cantine Colli Berici, come l’installazione di conta litri in ogni area di consumo d’acqua, che ha reso possibile la misurazione dei volumi idrici utilizzati e l’organizzazione delle opportune attività di risparmio.

2° RICICLARELa sensibilità di Cielo e Terra non tiene conto solo dell’importanza di ridurre sprechi e perdite idriche, ma anche della necessità di migliorare il recupero delle acque reflue. L’azienda ha attuato un piano innovativo che complessivamente ha impiegato circa 2 milioni di euro negli ultimi 2 anni e che, tra gli altri benefici, permetterà all’azienda veneta di ottimizzare al massimo l’utilizzo dell’acqua durante le fasi produttive: dal lavaggio all’igienizzazione delle bottiglie, venendo poi reimpiegata in successive operazioni di raffreddamento

di alcuni macchinari. L’azienda sta mettendo a punto un progetto per una razionalizzazione ulteriore del consumo di acqua durante le varie fasi di produzione, al fine di ridurre ancor più gli sprechi idrici e che la porterà entro il prossimo anno ad un ulteriore risparmio del 20% sul consumo idrico complessivo.

LA 1^ AZIENDA VITIVINICOLA ITALIANA AD APPLICARE IL “METODO LEAN”Cielo e Terra – Gruppo Cantine Colli Berici è la prima azienda vinicola italiana ad applicare la filosofia della “Lean Organization”, metodo che in pochi anni l’ha portata a ridurre i tempi di produzione del 30% e a raddoppiarne la capacità produttiva. Per condividere la propria esperienza, l’azienda ha ospitato quest’anno, nella propria sede di Montorso Vicentino, delle sessioni di confronto aperte alle aziende e agli imprenditori interessati a migliorare le performance aziendali e desiderosi di affrontare la crisi puntando su nuovi livelli di eccellenza, investendo su innovazione e sostenibilità in un’ottica di miglioramento continuo.

www.cieloeterravini.com

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I “MAESTRI DELLA FRUTTA” PROMUOVONO LA QUALITÀUn progetto innovativo proposto da Dole, Marlene® e Valfrutta per migliorare costantemente la valorizzazione dei prodotti

Un club esclusivo di dettaglianti specializzati in ortofrutta promosso da tre grandi player del settore quali Dole, il consorzio VOG con il proprio brand Marlene® e Valfrutta con l’obiettivo di trasferire sempre meglio il valore dei loro prodotti al consumatore finale: è quanto prevede l’innovativo progetto “Maestri della Frutta” presentato a Milano e finalizzato a mettere in contatto diretto chi produce e chi distribuisce ortofrutta. Protagonisti dell’iniziativa sono i migliori fruttivendoli italiani, che ricoprono un ruolo di primo piano quando si desidera comunicare ai consumatori, con chiarezza e competenza, informazioni precise sui diversi prodotti ortofrutticoli, sulle loro caratteristiche organolettiche specifiche e sulle migliori modalità di consumo.“Il progetto ‘Maestri della Frutta’ – hanno dichiarato durante la presentazione l’amministratore delegato di Dole Italia Vittorio Grotta, il direttore del Vog Gerhard Dichgans e il direttore commerciale e marketing di Valfrutta Fresco Stefano Soli – coinvolge un’ampia e qualificata platea di dettaglianti composta inizialmente da più di 100 professionisti concentrati in Emilia Romagna, Veneto e Puglia ed in particolare nelle città di Bologna, Verona e Bari, a cui se ne aggiungeranno a breve altri 120 a Forlì, Cesena, Rimini, Lecce e Taranto”.Attraverso questo innovativo progetto di marketing, Dole, Marlene® e Valfrutta intendono presidiare in tutta Italia il canale di vendita specializzato nell’ortofrutta alla luce del suo ruolo strategico. Nell’ultimo anno, infatti, i fruttivendoli hanno registrato un leggero, ma significativo aumento della quota di mercato arrivando al 20% del totale, percentuale che sale al 40% se si aggiungono ambulanti e mercati rionali.“La scelta dei dettaglianti specializzati come partner del progetto – hanno poi affermato Grotta, Dichgans e Soli – deriva anche dall’apprezzamento mostrato da questi operatori per i marchi dei produttori, che trovano veri e propri fiori all’occhiello dell’ortofrutta nell’ampia gamma proposta da Dole, Marlene® e Valfrutta. Garanzia di

una fornitura regolare e continuativa di un assortimento completo di prodotti di altissima qualità”. Potendo vantare una presenza consolidata ed articolata nei canali distributivi moderni, con questo progetto i tre player dell’ortofrutta desiderano quindi aumentare il loro presidio del canale tradizionale, oggi oggetto di profonde trasformazioni, con un’attività costante e capillare che un’iniziativa di ampio respiro come i “Maestri della Frutta” può tranquillamente garantire.

“Il progetto ‘firmato’ dai nostri tre brand – hanno concluso Grotta, Dichgans e Soli – prevede un utilizzo innovativo, a livello locale, dei tradizionali strumenti di comunicazione di massa (above the line) selezionati in modo flessibile a seconda del messaggio da veicolare: radio, televisione, affissione, carta stampata, eventi. Le attività promozionali sul campo (below the line) saranno gestite da un team di responsabili di area qualificati che assicureranno un’assistenza costante ai partecipanti. Se in un primo momento l’iniziativa ‘I Maestri della Frutta’ coinvolgerà i dettaglianti specializzati nell’ortofrutta operanti in Emilia Romagna, Veneto e Puglia, l’obiettivo è arrivare, entro tre anni, alla copertura dell’intero territorio nazionale”.

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LA LINEA VERDE PRESENTA ‘IL TRAMEZZINO FRESCO’

La Linea Verde presenta DimmidiSì il Tramezzino Fresco. È una novità di prodotto senza precedenti per La Linea Verde che si è posta come obiettivo di puntare sulla freschezza assoluta e sulla massima qualità degli ingredienti per proporre al mercato un prodotto che promette di cambiare il percepito dei consumatori. Con DimmidiSì, il tramezzino diventa un vero e proprio pasto buono, gustoso e freschissimo. Fortemente innovativo già dalla confezione, un sacchetto di carta color crosta di pane, che rimanda alla panetteria e, quindi, alla dimensione della freschezza quotidiana, il prodotto è comunque inserito in un ulteriore sacchettino trasparente, chiuso, a garanzia di igiene e sicurezza alimentare. I tramezzini freschi DimmidiSì hanno una forma rettangolare, sono copiosamente farciti e sono tutti arricchiti con insalata croccante, indice di vera freschezza. Partendo dal pane, la selezione degli ingredienti e la ricca farcitura rappresentano il cuore della preziosità di questo tramezzino fresco. Per questa nuova gamma di prodotto, infatti, La Linea Verde ha attentamente selezionato partner di primissimo piano. In particolare, per il pane, che rappresenta un forte elemento di differenziazione e che in funzione delle ricette è scuro con fiocchi di frumento e orzo maltati oppure chiaro con fiocchi di frumento e segale, DimmidiSì ha scelto un’azienda inglese leader in Europa, mentre le salse fresche sono create ad hoc da un piccolo produttore italiano. Le ricette di alta qualità, la forma particolare del tramezzino e la confezione sono a tutti gli effetti elementi importanti che contribuiscono al posizionamento premium del prodotto. I tramezzini sono prodotti a mano nello stabilimento di Manerbio presso un nuovo reparto dedicato e dotato di camera bianca per garantire la massima igiene e per tutelare la freschezza degli ingredienti durante la preparazione. Quattro le referenze, tutte gratificanti per il palato e dai nomi originali che in un gioco cromatico ed evocativo distinguono le diverse referenze: Rosa Shocking prosciutto cotto e funghi prataioli trifolati; Verde Smeraldo vitello in salsa tonnata e capperi; Rosso Scarlatto petto di tacchino nostrano e radicchio rosso; Giallo Oro tonno pinna gialla e uova nostrane.

www.dimmidisi.it

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CONSORZIO MARCHE BIOLOGICHE SOSTIENE IL BIOLOGICO MARCHIGIANO E VALORIZZA I PROTAGONISTI DELLA FILIERA BIOLOGICA REGIONALE

DAL 2010 UN SUPPORTO CONCRETO FATTO DI PROGETTAZIONE, ASSISTENZA, FORMAZIONE E PROMOZIONEDa tre anni il Consorzio Marche Biologiche ha riunito in un’unica filiera gli agricoltori biologici della Regione. Con Marche Bio - promosso da Gino Girolomoni Cooperativa, Italcer, La Terra e il Cielo Cooperativa, Montebello Cooperativa e Terra Bio - progetta e realizza nuove strategie comuni per rafforzare il biologico marchigiano, che negli ultimi decenni ha ricoperto un ruolo economicamente importante in Italia e nel mondo. Il Consorzio favorisce il miglioramento della qualità gestionale delle aziende agricole attraverso azioni specifiche come: l’informazione agli operatori della filiera, la promozione, lo sviluppo di nuovi prodotti, l’assistenza agli agricoltori per la partecipazione al sistema di controllo e certificazione, nuovi investimenti strutturali e tecnologici.QUALCHE DATO SUL BIOLOGICO MARCHIGIANOLe Marche vantano un forte profilo rurale: la superficie agricola utilizzata copre oltre la metà del territorio, quota che arriva quasi all’80% se si considerano le superfici aziendali nel loro complesso. E’ evidente, quindi, il ruolo fondamentale del settore primario nella tutela del territorio, dell’ambiente e nella preservazione del paesaggio rurale tipico marchigiano. Per questo motivo il biologico nelle Marche inizia a diffondersi nel 1978, con il primo corso sull’agricoltura biologica realizzato dall’ASSAM (Agenzia Servizi Settore Agroalimentare delle Marche) in collaborazione con la cooperativa “Alce Nero” di Isola del Piano (PU), oggi ribattezzata “Cooperativa Girolomoni” in onore del fondatore, Gino Girolomoni.La prima regolamentazione avviene nel 1990 con la L. R. n° 57 “Norme per l’agricoltura biologi ca”, un anno prima del Regolamento base comunitario 2092/91. I primi contributi regionali alla coltivazione biologica risalgono, invece, al 1993.Attualmente, i terreni biologici nelle Marche rappresentano l’11% della superficie agricola regionale, ovvero 52.000 ettari circa di SAU e oltre 2.000 aziende agricole. Le principali colture sono rappresentate per la maggior parte

da colture cerealicole, foraggere, leguminose da foraggio o da granella, che ben si prestano alle caratteristiche del terreno e assecondano la corretta rotazione colturale. Trasformate, a loro volta, in una vasta gamma di tipi di pasta, perfetti per qualsiasi condimento; ma anche saporite zuppe con cereali (orzo, miglio, avena, farro) e legumi e, per la prima colazione, fiocchi di cereali, muesli e un delizioso caffè d’orzo. Tutti alimenti soggetti al controllo particolareggiato di ogni fase produttiva per una tutela globale del consumatore, e coperti da certificazioni di qualità riconosciute in Italia e nel mondo.PROSPETTIVENonostante la crisi, l’agricoltura biologica continua a vivere un periodo di forte espansione a livello internazionale e in Italia il mercato del biologico continua a crescere. Nel primo semestre del 2013, infatti, gli acquisti domestici di biologico confezionato sono aumentati dell’8,8% in valore nonostante una flessione del 3,7% della spesa nel settore agroalimentare. Questo avviene anche all’estero, con percentuali ancora più significative. Occorre, allora, un cambio di passo del sistema Italia e regionale – dichiara Francesco Torriani, Presidente del Consorzio Marche Biologiche – affinché la conversione al metodo biologico sia incentivato con maggior determinazione. La nuova Pac e la programmazione del nuovo PSR possono essere delle occasioni formidabili da non perdere. Nel nuovo Piano di Sviluppo Rurale occorre infatti favorire senza

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reticenze le politiche agroambientali e nello specifico: la compensazione dei costi per il controllo e la certificazione, l’incentivazione all’impiego di semente biologiche, la predisposizione di meccanismi premialiper chi sviluppa sinergie tra l’adozione del metodo biologico e lo sviluppo di progetti aziendali di filiera e multifunzionali. Infine, strategica risulta la promozione dei prodotti biologici verso i consumatori e gli operatori commerciali italiani ed esteri. Infatti, per la tipologia del sistema agricolo regionale, che di certo non brilla per competitività, occorre far conoscere sempre di più e meglio le caratteristiche qualitative delle nostre produzioni biologiche al fine di sostenere la crescita della domanda, interna ed estera, a prezzi di mercato remunerativi dei costi di produzione. QUALCHE DATO SUL BIOLOGICO ITALIANO- PRIMO SEMESTRE 2013 (FONTE ISMEA)Nonostante la crisi, l’agricoltura biologica continua a vivere un periodo di forte espansione a livello internazionale e in Italia il mercato del biologico continua a crescere. Nel 2012 il Bel Paese ha potuto contare su 49.709 gli operatori del settore, il 3% in più rispetto all’anno precedente, mentre la superficie coltivata a biologico ha superato il milione di ettari, registrando un aumento del 6,4% rispetto al 2011. Una crescita, quella descritta, che si associa ad un aumento della domanda da parte dei consumatori. Nel primo semestre del 2013, infatti, gli acquisti domestici di biologico confezionato sono aumentati dell’8,8% in valore nonostante una flessione del 3,7% della spesa nel settore agroalimentare. Il biologico, insomma, tiene duro e lo fa coinvolgendo tutta la nazione, che vede Sicilia e Calabria tra le regioni in cui è concentrato il numero maggiore di aziende agricole biologiche, mentre sono Emilia Romagna, Lombardia e Veneto a mantenere il primato in termini di aziende che trasformano le materie prime in prodotti pronti al consumo.

Secondo i dati presentati da Ismea l’aumento degli acquisti registrato in questi primi 6 mesi del 2013 riguarda

soprattutto biscotti, dolciumi e snack (+22,7% in valore), i prodotti ortofrutticoli (+14,6%) e le uova (+11,3%). Continua inoltre a crescere, seppur in misura minore, la richiesta di pasta, riso e sostituti del pane biologici (+8,4%), quella di miele e quella di omogeneizzati, mentre appare stabile il mercato dei prodotti lattiero-caseari e quello delle bevande bio.

In generale, ortofrutta, prodotti lattiero-caseari, uova, pasta, riso e sostituti del pane corrispondono al 71% della spesa bio nella grande distribuzione. Non esistono, invece, dati specifici riguardanti i negozi specializzati - il cui numero risulta comunque in aumento (+4,8% nel 2012 rispetto al 2011) - la vendita diretta, i gruppi di acquisto solidale (GAS) e i mercatini bio.

Se nel 2012 i prezzi dei prodotti bio hanno subito un aumento del 2,1% rispetto al 2011, nel primo trimestre del 2013 sono rimasti sostanzialmente stabili, una tendenza diversa rispetto a quella dei prodotti convenzionali corrispondenti, il cui costo al consumo è aumentato del 4,4%. Non solo, tra il 2011 e il 2012 la differenza tra prodotti bio e prodotti convenzionali è diminuito, attestandosi nel primo trimestre del 2013 al 41%, quasi 8 punti in meno rispetto allo stesso periodo del 2012.

www.conmarchebio.it

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AGRICOLTURA OGGI

IL ROSSOCHE VINCE

SULLE TAVOLE DEL MONDOArrivato in Europa, dopo la scoperta dell’America, ha vissuto molti anni

in una sorta di limbo fino a che, attorno al 1600 inizia proprio in Italia la trasformazione e la valorizzazione di questo ortaggio.

L’Italia è il secondo produttore mondiale dopo gli Stati Uniti e la coltivazione è suddivisa, quasi salomonicamente tra nord e sud,

coinvolgendo circa 7.500 imprese agricole specializzate.

LORENZO BAZZANA

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Introduzione

La storia del pomodoro in Europa ed in Italia ha dell’incredibile. Portato in Europa dopo la scoperta dell’America, questo ortaggio ha passato lunghi anni in una sorta di limbo, a metà tra la curiosità botanica e l’utilizzo come pianta ornamentale, prima che ci si accorgesse che, nonostante il fusto e le foglie fossero tossici, i frutti potevano essere non solo commestibili, ma addirittura buoni, gustosi, punto di partenza per tanti piatti e preparazioni, sia per il consumo fresco che come prodotto destinato alla trasformazione ed alla conservazione. Il feeling del nostro paese con il pomodoro decolla attorno al 1600, quando inizia un percorso di trasformazione e di valorizzazione di questo ortaggio, quale ingrediente fondamentale di due piatti simbolo della cucina italiana: la pasta e la pizza. Al punto che oggi, nell’immaginario collettivo, il pomodoro è l’Italia. Anche nelle due raffigurazioni

culinarie più comuni del nostro tricolore, spicca il pomodoro: se il bianco è la pasta ed il verde il basilico, il rosso non può che essere il pomodoro; l’alternativa è, ovviamente, la pizza con il bianco della mozzarella, il verde del basilico ed il rosso del pomodoro. Certo che senza Cristoforo Colombo la nostra cucina non sarebbe stata la stessa e forse non avrebbe avuto uguale appeal presso i consumatori di tutto il mondo. La trasformazione industriale si sviluppa nella seconda metà del 1800, attorno a due poli, quello di Parma e quello di Napoli, con il coinvolgimento poi delle province limitrofe e lo sviluppo parallelo dell’industria di produzione dei macchinari per la trasformazione. E se il polo di Parma cresce sul pomodoro “tondo” e sulla produzione, in primis, del concentrato, il “re” di Napoli è il pomodoro “lungo” o “pelato”, con tutte le contaminazioni e le evoluzioni che hanno poi portato alla situazione attuale.

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79IL ROSSO CHE VINCELORENZO BAZZANA

Il pomodoro da industria nel mondo

Si parla di pomodoro da industria perché la ricerca ha sviluppato varietà adatte a questo utilizzo, con caratteristiche di dimensione, forma, facilità della pelatura, contemporaneità di maturazione per semplificare la raccolta meccanica, contenuto di sostanza secca, colore, etc. Ciò non toglie che un pomodoro da mensa non possa essere trasformato, magari in forma casalinga, o che un pomodoro da industria non possa essere consumato fresco. La produzione mondiale di pomodoro da industria oscilla tra i 33 ed i 37 milioni di tonnellate, con oltre il 90% della produzione realizzata nell’emisfero nord, un dato che fa riflettere, se pensiamo che l’areale di origine di questo ortaggio è individuato, grossomodo, nell’area del Perù. Il primo produttore mondiale di pomodoro da industria, sono, di gran lunga, gli Stati Uniti, con una forte specializzazione della California,

che da soli realizzano poco meno del 30% della produzione mondiale. Gli altri due gradini del podio sono ad appannaggio di Italia e Cina, che, a seconda dell’andamento stagionale, si giocano il secondo posto. Nel 2012 ha prevalso l’Italia, ma nel 2011 la Cina, che si è specializzata in questa produzione negli ultimi 10 anni, aveva avuto una produzione più elevata. Sarà da vedere nei prossimi anni se la produzione di pomodoro da industria, essenzialmente destinata all’export, rimarrà una priorità per la Cina o se invece questa coltivazione lascerà spazio ad altri utilizzi del terreno più direttamente interessanti i consumi interni, visto che i cinesi producono pomodoro per l’export, essendo il loro consumo interno veramente basso. Nell’immaginaria graduatoria della produzione di pomodoro da industria, sopra il milione di tonnellate di prodotto, vi sono poi Spagna, Turchia, Iran, Brasile e Portogallo.

LA TOP TEN DELLA PRODUZIONE MONDIALE DI POMODORO NEL 2012

PAESE TONNELLATE

USA (California) 11.460.000

Italia 4.500.000

Cina 3.230.000

Spagna 1.985.000

Turchia 1.940.000

Iran 1.940.000

Brasile 1.294.000

Portogallo 1.190.000

Tunisia 840.000

Cile 668.000

Fonte: WPTC, elaborazione Coldiretti

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La coltivazione del pomodoro in Italiatra nord e sud

L’Italia detiene la leadership europea nella produzione e nella trasformazione del pomodoro da industria, oltre che il primato mondiale per quello che riguarda la produzione di prodotti innovativi che, di volta in volta, hanno aperto nuove strade nel settore. La produzione è suddivisa quasi salomonicamente tra il nord, soprattutto l’area tra l’Emilia-Romagna e la Lombardia, ed il sud, a cavallo tra Puglia, Campania e Calabria, con aree importanti anche nel centro dello Stivale. La produzione nel 2007 era ripartita per il 54% al sud, l’ 8% al centro, il 38% al nord. Nel 2012 si è registrato un 48% della produzione al sud, un 7% al centro, ed un 45% al nord. E’ il segnale di una “migrazione” ormai in atto da alcuni anni, del pomodoro da industria verso il nord. Al nord

è stato costituito ormai da alcuni anni un “distretto del pomodoro”, con la funzione di riunire attorno ad un tavolo tutti gli operatori del settore. Una analoga iniziativa è attesa nei prossimi mesi anche al sud. Al sud è poi presente un prodotto riconosciuto dall’UE in forma di denominazione di origine protetta. Si tratta del pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese-nocerino DOP, il pelato per antonomasia. La situazione al sud è poi particolare perché nel corso degli anni si è avuto uno spostamento delle aree produttive dalla Campania, anche per ragioni fitosanitarie, alle regioni limitrofe, soprattutto la Puglia, mentre le industrie sono rimaste in Campania, con problemi importanti dal punto di vista della logistica di approvvigionamento del pomodoro. La produzione del pomodoro è realizzata da circa 7.500 imprese agricole specializzate.

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SUPERFICIE DEL POMODORO DA INDUSTRIA IN ITALIA (75.525 ha)

Piemonte 1.181 ha 979 AL

Lombardia 6.471 ha 3.160 MN 1.922 CR 810 PV

Veneto 1.485 ha 450 RO

Emilia-Romagna 22.519 ha 8.590 PC 6.165 FE 4.230 PR 1.680 RA

Toscana 2.460 ha 1.500 GR

Umbria 683 ha 650 PG

Lazio 2.215 ha 1.700 VT

Abruzzo 1.099 ha 960 CH

Molise 600 ha 600 CB

Campania 4.502 ha 1.538 CE 1.100 SA 640 BN 620 AV 604 NA

Puglia 22.430 ha 19.000 FG 2.500 BR

Basilicata 455 ha 264

Calabria 3.676 ha 2072 KR

Sicilia 5.358 ha 3.000 PA 1.600 CT

Sardegna 232 ha 141 OR

Fonte: Istat 2012, elaborazione Coldiretti

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RACCOLTA DEL POMODORO NEL BASSO FERRARESE.

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RACCOLTA DEL POMODORO NEL BASSO FERRARESE.

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RACCOLTA DEL POMODORO IN CAPITANATA (FG)

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RACCOLTA DEL POMODORO IN CAPITANATA (FG)

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L’industria di trasformazione

L’industria di trasformazione si concentra tradizional-mente attorno a due aree, l’area campana e l’area emi-liano romagnola, con diverse eccezioni. Mentre l’area campana, come si diceva, ha visto nel corso degli anni modificarsi la sua strutturazione, con la coltivazione del pomodoro che è passata nelle regioni limitrofe, in particolare Puglia e Calabria, al nord l’interconnes-sione tra le zone di produzione e gli stabilimenti è ri-masta più stabile, anche se si sono sviluppate alcune realtà di trasformazione e di produzione anche fuori dall’areale originario. Inoltre il numero delle strutture di trasformazione al nord è molto ridotto, sono circa una ventina, con un ruolo fondamentale dell’autotra-sformazione, ovvero di quelle strutture, cooperative o organizzazioni dei produttori (OP) che sono nate per trasformare, principalmente, il pomodoro coltivato dagli imprenditori agricoli associati. Al sud invece è quasi totalizzante la presenza di industrie private, che

lavorano il pomodoro acquistato, con un numero mol-to più elevato di realtà (oltre un centinaio). In tutto il sistema di trasformazione italiano conta circa 150 sta-bilimenti di trasformazione, per un giro d’affari me-diamente attorno ai 3,2 miliardi di euro, con oltre 1,86 milioni di tonnellate di derivati di pomodoro esportati.

I derivati del pomodoro

I prodotti derivati si sono fatti sempre più numerosi, rimanendo a cavallo tra la tradizione e l’innovazione. Ai prodotti tradizionali rappresentati dal concentrato, dai pelati, dalle passate e da prodotti come le polpe ed i pezzettoni, i pomodorini, ci si è spostati verso prodotti sempre più a servizio aggiunto, capaci di migliorare la qualità della vita e la gestione del tempo delle persone, quindi prodotti pronti per il microonde, sughi con ricette elaborate, salse, ketchup, confezioni monodose, a basso impatto ambientale, in tubetto, bottiglia, banda stagnata, materiali accoppiati, etc.

Commercio internazionale derivati (Tonnellate, fonte Istat)

TONNELLATE IMPORT EXPORT SALDO

Pelati 1.799 1.165.181 1.163.382

polpe 211.968 703.047 491.079

passate 1.779 269.164 267.386

Conc.12-30%Passate 20.269 348.235 327.966

Conc. Sup.30% 189.921 85.648 -104.273

Succhi 513 11.096 10.582

Totale 426.249 2.582.371 2.156.122

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CARMELO MENNONE

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I consumi mondiali e interni

I consumi mondiali risultano in crescita, anche se gli ultimi anni sono stati particolarmente problematici a causa della crisi economica e del conseguente calo dei consumi alimentari in molti paesi. Ci sono poi delle situazioni particolari, come quella cinese, dove, a fronte di una produzione crescente che ha portato il paese al terzo posto mondiale per produzione dei derivati del pomodoro, ancora molto basso è il consumo pro-capite dei derivati della bacca rossa. Una certa spinta è attesa dalla modifica dei comportamenti alimentari, con l’introduzione di piatti a forte utilizzo di conserve a base di pomodoro. In effetti, i dati relativi alla produzione mondiale di pomodoro da industria mostrano come sia cresciuta dal punto di vista produttivo l’area asiatica, però ancora troppo lontana dai consumi medi delle altre aree di produzione. In Asia vive il 56% della popolazione mondiale e viene prodotto il 15% del totale dei trasformati di pomodoro. In quella stessa area i consumi dei derivati

ottenuti dalle bacche rosse sono attestati solo al 3% del totale mondiale, un dato molto basso rispetto a quanto consumato in Nord America, il 34%, ed in Europa, il 29%, considerando che in queste due aree si trova solo, rispettivamente, il 6% ed il 17% della popolazione mondiale. In questi territori è concentrata, oltre alla maggior parte dei consumi mondiali, anche la parte preponderante della produzione, il 35% nel Nord America ed il 30% in Europa. La prima riflessione che sorge spontanea è relativa alle enorme potenzialità di consumo del mercato cinese ed al fatto che l’equilibrio di mercato dei derivati del pomodoro passa anche attraverso un auspicabile aumento dei consumi asiatici. Non si può inoltre non rimarcare il paradosso che almeno 50.000 ettari di superficie in Cina siano destinati ad un prodotto da esportare, salvo poi andare a “cercare” terra (si parla di land grabbing, ovvero di accaparramento della terra) in altri continenti, avendo paura di non riuscire a produrre abbastanza per i fabbisogni della propria popolazione in crescita.

Mercati ortofrutticoli in Messico.

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Relativamente ai consumi interni, il mercato dei derivati del pomodoro in Italia vale circa 500 milioni di euro per un volume di vendite che supera i 390 milioni di chilogrammi di prodotti. E’ considerato un mercato maturo con un andamento in leggera flessione in termini di valore, a causa di una riduzione dei prezzi medi. Il segmento principale è rappresentato dalle passate (46% del mercato in termini di valore), dalle polpe (29%), dai pelati (17%), dai concentrati (6%) e dai pomodorini (4%). Oltre il 90% del mercato è rappresentato dalla grande distribuzione che copre, attraverso i prodotti a marchio proprio, circa il 26% dei volumi. Un possibile rilancio e sviluppo dei consumi è legato agli aspetti nutraceutici dei derivati del pomodoro ed alle forti aspettative salutistiche che suscita il licopene, un carotenoide dalle importanti proprietà antiossidanti . Nei primi quattro mesi del 2013 si è registrata una frenata delle vendite in volume delle conserve di pomodoro (-1%) che può essere anche ricollegata all’analoga frenata dei consumi di pasta (-2%, sempre in volume).

L’export e l’import

Il settore dei trasformati del pomodoro è tra quelli più export-oriented, ma la situazione è tutta da analizzare. Infatti l’Italia è leader nelle esportazione di prodotti ad elevato valore aggiunto, di prodotti di qualità, ma si approvvigiona in modo considerevole, per essere uno dei primi tre paesi produttori, soprattutto di

concentrato triplo di pomodoro che viene rilavorato nel nostro paese. Questo flusso di importazione, la sua importanza, varia in funzione dell’andamento delle produzioni ,delle trasformazioni e dei corsi delle valute, così che in certi momenti risulta conveniente importare dalla Cina, in altri momenti dagli Stati Uniti o dalla Spagna. Ma, se con gli Stati Uniti abbiamo un flusso di semilavorati in ingresso e di prodotti finiti in uscita, con la Cina il flusso è tutto in una direzione, perché, come si diceva, i derivati del pomodoro non sono ancora entrati nelle abitudini alimentari della popolazione cinese. In forza di queste situazioni le importazioni dalla Cina, particolarmente importanti in termini di quantità nel 2010 e nel 2011, si sono quasi dimezzate nel 2012, anche a causa di una flessione nella produzione cinese. Nel 2012 sono invece aumentate le importazioni dalla Spagna e dagli USA. Nel complesso le importazioni italiane di derivati del pomodoro si sono ridotte, sia rispetto al 2011 che rispetto al 2010. Le esportazioni italiane di conserve di pomodoro si sono invece leggermente ridotte in termini di volumi, ma sono aumentate in termini di valore, superando il miliardo e trecentocinquanta milioni di euro, per un saldo attivo per oltre 1.250.000.000 di euro. Le principali destinazioni delle nostre esportazioni sono rappresentate dalla Germania, dal Regno Unito e dalla Francia, seguono poi il Giappone e gli USA, che risultano pertanto nostri fornitori di concentrato di pomodoro, ma forti importatori di pomodori processati italiani. In termini di prodotti, i pomodori

CONSUMO GLOBALE POMODORO 1996-2009

1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Consumo Globale - Dati in milioni di tons - Fonte Amitom

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Mercato a San Cristobal de Las Casas.

Vendita dei pomodori in Guatemala.

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IMPORT DELL’ITALIA DI DERIVATI DEL POMODORO (KG)

PROVENIENZA 2010 2011 2012

Cina 115.022.975 133.831.063 72.080.037

Spagna 21.058.262 25.896.880 37.152.467

USA 31.474.679 42.404.801 51.223.670

Mondo 178.994.018 213.767.179 167.110.029

IMPORT DELL’ITALIA DI DERIVATI DEL POMODORO (€)

PROVENIENZA 2010 2011 2012

Cina 62.480.391 75.215.632 44.125.558

Spagna 13.225.654 17.342.593 25.242.783

USA 23.066.290 25.836.927 26.791.034

Mondo 105.737.114 125.959.862 100.851.204

Fonte Istat, elaborazione Coldiretti

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EXPORT DELL’ITALIA DI DERIVATI DEL POMODORO (KG)

DESTINAZIONE 2010 2011 2012

Germania 375.329.046 371.667.433 353.034.853

Regno Unito 309.209.917 312.315.024 291.538.125

Francia 152.403.478 160.538.148 155.244.728

Mondo 1.787.171.362 1.868.227.585 1.790.709.409

EXPORT DELL’ITALIA DI DERIVATI DEL POMODORO (€)

DESTINAZIONE 2010 2011 2012

Germania 256.480.536 239.082.961 243.259.218

Regno Unito 222.069.078 205.541.272 220.764.591

Francia 122.564.932 118.932.187 126.089.079

Mondo 1.303.410.971 1.308.397.673 1.350.533.131

Fonte Istat, elaborazione Coldiretti

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Lorenzo BazzanaColdiretti

pelati risultano i più esportati in quantità ed in valore, seguiti dalle polpe di pomodoro e dai concentrati doppi (s.s. dal 12 al 30%).

Conclusioni

Il pomodoro è diventato a tutti gli effetti un prodotto di punta dell’agroalimentare italiano e, con la pasta e l’olio, rappresenta il simbolo della dieta mediterranea. L’Italia conserva il suo primato qualitativo, mentre sulla quantità gli USA la fanno da padrone e la Cina manifesta delle potenzialità superiori alle nostre. La strada per mantenere questi nostri primati, messi in discussione anche dalla contraffazione agroalimentare che tende a spacciare per italiani prodotti di altre provenienze, non può che basarsi su qualità ed innovazione, per fornire ai consumatori di tutto il mondo prodotti di grande livello qualitativo, con la capacità però di innovare e di dare servizi aggiunti

ad un consumatore sempre più esigente. A questo proposito emerge una importante richiesta da parte dei consumatori di informazione sul luogo di origine, di coltivazione, del pomodoro trasformato, attraverso una etichettatura obbligatoria. Purtroppo tale etichettatura esiste solo per la passata di pomodoro, per gli altri derivati non esiste l’obbligo di porre in etichetta il luogo di origine del pomodoro trasformato. Vi sono però aziende che, pur non sussistendo l’obbligo, hanno fatto la scelta di informare volontariamente i loro clienti, in attesa che il legislatore comunitario capisca che la trasparenza è un valore.

Mercato di Kunming, Cina.

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www.pomionline.it

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TIFINANZIAMENTI

I FONDI DI HORIZON 2020 E LE PROSPETTIVE PER IL SETTORE DELLE BIOTECNOLOGIE AGRICOLE

Horizon 2020 è un programma di finanziamenti, concepito nell’ambito di Innovation Union, che a sua volta è una delle iniziative pilota approntate dall’Unione Europea nell’ambito della strategia di crescita programmata per gli anni 2014-2020, denominata Europa 2020.Priorità politica di Europa 2020 è superare le difficoltà che limitano lo sviluppo delle imprese europee, stimolando nuove iniziative all’insegna dell’innovazione, della competitività, delle sfide sociali.Il nuovo approccio europeo si basa sull’unione di risorse e conoscenze nei diversi settori, tecnologie e discipline, comprendendo anche le scienze sociali e le discipline umanistiche.Una nuova attenzione verrà riservata anche alle attività connesse all’innovazione, in particolare la ricerca del mercato, il pilotaggio, la dimostrazione, il supporto per l’accesso agli appalti pubblici e la diffusione sul mercato.

L’attività di supporto verrà promossa anche av-valendosi dei Partenariati Europei per l’Innova-zione (EIP-ETP,JTD etc.), ovvero strutture inter istituzionali, deputate a veicolare i progetti di sviluppo e competitività ed affiancarne, a vario titolo, i players privati nella realizzazione.

La strategia perseguita con Europa 2020 è una strategia di crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva, che si sostanzia nell’aiutare le persone e le imprese a sviluppare in tutta l’area euro un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione, in grado di rendere il sistema produttivo, quello della ricerca ed i servizi ad essi legati più competitivi,

sostenibili e capaci di generare valore aggiunto e occupazione.Nell’ambito della strategia di Europa 2020, Innovation Union è l’iniziativa concepita allo scopo di ridurre il gap esistente fra le idee ed il mercato.Mediante Innovation Union, L’UE intende stimolare l’attività di ricerca, sviluppo e innovazione in funzione delle nuove sfide emergenti, come il cambiamento climatico, l’uso efficiente delle risorse e l’energia, la salute e i cambiamenti demografici.In particolare, Innovation Union è finalizzata a:• Migliorare il contesto generale per l’innovazione delle imprese (normativa sui brevetti e i diritti

d’autore, tribunale specializzato sui brevetti, accesso SME ai brevetti)• Agevolare l’accesso al capitale e le strategie incentrate sulla domanda• Lanciare partenariati europei per l’innovazione – ETP- fra UE e Stati membri, allo scopo di accelerare lo sviluppo e le tecnologie necessarie ad affrontare le sfide individuate Potenziare ulteriormente gli strumenti UE in funzione dell’innovazione (fondi strutturali, fondi di sviluppo rurale, programma quadro di R&D, COSME etc) anche in collaborazione con la BEI, e favorendo l’accesso da parte delle SME;• Promuovere i partenariati per la conoscenza, rafforzando i legami fra istituzioni, imprese, istituti di ricerca e innovazione, stimolando l’imprenditoria e sostenendo le giovani imprese innovative

Horizon 2020 rappresenta una delle 34 azioni di Innovation Union, attraverso le quali l’UE intende attuare concreti interventi a favore della crescita.Obiettivo perseguito è contribuire a costruire un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione in tutta l’UE, mediante finanziamenti a sostegno delle attività di ricerca, sviluppo e innovazione.Horizon 2020 si articola in tre direttrici fondamentali, denominate PILASTRI:

• EXCELLENT SCIENCE: sostegno a nuovi progetti di ricerca, in settori competitivi e promettenti, sostegno ai ricercatori, sviluppo di infrastrutture adeguate;

• INDUSTRIAL LEADERSHIP: promozione di nuovi investimenti in R&I, sostegno per l’accesso al credito, promozione dell’innovazione da parte delle SME;

• SOCIETAL CHALLENGES: promozione di molteplici iniziative nei campi: salute, benessere, sicurezza alimentare, ricerca applicata ai settori produttivi primario e secondario, efficienza energetica, cambiamenti climatici, sicurezza e integrazione sociale; Horizon 2020 è dotata di circa 70 miliardi di Euro, articolati in capitoli di spesa distinti per settore.

Le modalità e i tempi di erogazione dei finanziamenti saranno specificate nelle molteplici “call”, in uscita a partire dal 1 dicembre 2013 e destinate a finanziare progetti che verranno presentati da gennaio 2014 in poi in base alle caratteristiche in ciascuna individate.La platea interessata è quanto mai vasta, comprendendo ricercatori, enti di ricerca e, naturalmente, imprese, con

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una particolare attenzione riservata alle PMI, ovvero quelle imprese che, con un fatturato non superiore a 50 milioni di Euro (o alternativamente un attivo patrimoniale non superiore a 43 milioni di Euro), un numero di dipendenti non superiore a 250 unità, costituiscono la stragrande maggioranza delle imprese attive in Italia e nell’intera Europa.Gli strumenti attraverso i quali l’UE punta a sostenere le attività competitive, sostenibili ed inclusive nel periodo 2014-2020 comprendono sia finanziamenti diretti, sia finanziamenti indiretti, questi ultimi veicolati attraverso enti istituzionali all’interno degli Stati membri.Tuttavia, all’interno di Horizon 2020 è previsto anche un supporto alle imprese attraverso il coinvolgimento di investitori privati (business angels e venture-seed capitals) nei programmi di finanziamento, a vantaggio degli imprenditori con spiccate caratteristiche di innovatività e competitività.Il ruolo dell’UE si sostanzia in attività di assistenza nelle fasi più delicate delle nuove iniziative, come lo sviluppo di network produttivi, la tutela della proprietà intellettuale, l’accesso agli appalti pubblici.Particolarmente ricco di opportunità per le PMI italiane si prospetta l’obiettivo delle sfide sociali (societal challenges). Il tema Sfide Sociali rappresenta, infatti, non soltanto una delle priorità di Europa 2020, ma anche uno dei pilastri, il terzo, ovvero iniziative fondamentali che l’UE cercherà di sostenere attraverso appositi programmi di finanziamento.Il settore delle sfide sociali si basa sull’unione di risorse e conoscenze nei diversi ambiti e tecnologie, comprendendo anche le scienze sociali e le discipline umanistiche.Numerosi i settori in cui si svilupperà il pilastro societal challenges:

Salute, benessere, cambiamenti demografici; Sicurezza alimentare, economia bio-orientata;Energia sicura, pulita, efficiente;Trasporti intelligenti, verdi, integrati;Fornitura di materie prime, efficienza delle risorse e azioni sul clima;Società sicure, inclusive, innovative:

Di particolare interesse per il settore delle biotecnologie applicate all’agricoltura è l’ambito della sicurezza alimentare e dell’economia bio-orientata.Le iniziative di finanziamento rivolte a questi obiettivi sono indirizzate alle imprese che forniscano beni o servizi in grado di aumentare l’efficienza produttiva e contrastare i cambiamenti climatici attraverso una produzione sostenibile.Saranno finanziabili altresì le iniziative in grado di fornire servizi eco-compatibili, nonché il rafforzamento

delle aree rurali, attraverso nuove pratiche e sistemi innovativi.Potranno dunque beneficiare dei finanziamenti europei i progetti e le attività finalizzate a sviluppare un settore agricolo sostenibile e competitivo, in grado di promuovere un’alimentazione sana e sicura.Un sistema agricolo è considerato competitivo dall’UE (e come tale eligible) anche quando è in grado di orientare i consumatori a compiere scelte alimentari consapevoli, promuovere un’alimentazione sana ed equilibrata, e nel contempo, realizzare sistemi di produzione agro-alimentare competitivi e sostenibili.I finanziamenti europei sono rivolti anche alle imprese in grado di sostenere le “sfide sociali” nel campo dell’industria alimentare biologica, di promuovere un’economia bio-compatibile e di supportare strategie di mercato per favorire prodotti e servizi “bio-compatibili”.

Allo scopo di favorire ad accelerare l’attuazione delle politiche europee di sviluppo, sono state creati i cosiddetti Partenariati Pubblico Privati.Si tratta di strutture a partecipazione mista, aventi una differente disciplina giuridica –a seconda della loro qualificazione, che sono chiamate ad affiancare le imprese nella risoluzione dei problemi, rafforzando le politiche di Europa 2020 e stimolando le imprese al raggiungimento degli obiettivi in linea con le politiche europee di sviluppo.

Allo stato attuale, sono in corso gli ultimi incontri e negoziati per definire le modalità di svolgimento e, soprattutto, di importi complessivi destinati al finanziamento di ciascuna iniziativa.Saremo quindi in grado di conoscere le iniziative in dettaglio non prima di gennaio 2014.Per tale data, è tuttavia consigliabile che le imprese interessate a partecipare ai programmi predispongano per tempo i loro progetti, che saranno i primi ai “nastri di partenza” e pertanto, ve in linea con le caratteristiche sommariamente elencate, avranno maggiori possibilità di finanziamento.

Si rinrazia la dottoressa Stefania Iovine che ha collaborato alla stesura di questo articolo.

Rodolfo Ravagnan Unindustria BolognaResponsabile Area Reti e Aggregazioni

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LA FORZA DEL FREDDO: COSTAN PRESENTA BELUGA, VERSATILE E IPER TRASPARENTE... E I SURGELATI RINGRAZIANO

“I surgelati amici di famiglia” è il titolo del recente studio condotto dall’Istituto Italiano Alimenti Surgelati, finalizzato ad indagare il ruolo svolto da questa categoria di cibi, sulle tavole degli Italiani. Secondo i dati di questa ricerca sociologica, i surgelati si trovano, oggi più che mai, ad intercettare e soddisfare le nuove esigenze del consumatore, unendo praticità d’uso, a libertà e personalizzazione in cucina. Costan, per esporre e conservare al meglio all’interno dei punti vendita questi prodotti, diventati una comune e valida alternativa per preparare un menù completo, ha concepito una nuova vasca surgelati dotata di gruppo incorporato. Completamente trasparente, Beluga è una soluzione inedita, basata sul concept full glass e destinata ad essere il precursore delle prossime generazioni d’arredo dell’area surgelati. Tre i principali motivi che rendono questo prodotto una pietra miliare della gamma: estetica, ergonomia ed efficienza. Forme essenziali e volumetrie curate nel dettaglio: Beluga si distingue per un concept innovativo ed ampie superfici vetrate panoramiche, dal design eclettico per una trasparenza in 3D, che contribuisce ad accentuare l’enfasi sul prodotto. Per la sua nuova creazione, Costan propone, inoltre, l’opzione illuminazione a Led, in tonalità 4.000K, ideale per prodotti surgelati. Le barre luminose, integrate nel corrimano sono, infatti, concepite con un’inclinazione specifica, per indirizzare il fascio di luce sui prodotti esposti, valorizzando le confezioni multicolori e gli elementi distintivi dei brand.

Studiato nei minimi particolari dal punto di vista dell’ergonomia, è dotato, inoltre, di un sistema Push-Pull che assicura un’apertura dell’area visibile del 70%, per facilitare il consumatore nel prelevare il prodotto ed aiutare gli addetti nelle attività di caricamento ed esposizione della merce. Ulteriore plus è la semplicità di installazione di Beluga, dotato di un’unità condensatrice a bordo, che semplifica le operazioni, rendendolo una soluzione Plug&Play. E’ sufficiente, infatti, collocare i mobili secondo il lay-out dello store e connetterli direttamente alla rete elettrica. Beluga è estremamente flessibile e modulare e interpreta al meglio le esigenze dei Retailer, adattandosi a tutti i tipi di punti vendita, dalle grandi alle piccole superfici. Diverse, infatti, le configurazioni possibili tra cui, a mobile singolo, in linea, back-to-back e con mobile di testa per la formazione di isole. L’attenzione per l’ambiente che caratterizza l’approccio sostenibile di Costan, è testimoniata anche in questa nuova gamma. Beluga è una soluzione altamente performante ed eco-smart in quanto utilizza il Propano (R290), refrigerante naturale dall’elevata efficienza che permette di ridurre i consumi energetici.“Estetica formale e funzionalità operativa, sono gli elementi che contraddistinguono la nuova famiglia di prodotti a marchio Costan”, commenta Maurizio Dell’Eva, Product Manager Epta “Beluga nasce dalla volontà di rendere l’area surgelati ancora più accattivante, efficiente e sostenibile: uno spazio confortevole la cui vocazione deve essere quella di assicurare al consumatore, nell’ecosistema del freddo, una piacevole esperienza d’acquisto. In tal senso, il nostro plug-in, aereo e trasparente, vuole andare oltre, anticipando le tendenze, per rendere i surgelati, ancora più protagonisti”.

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ANGELO PARODIPer Natale Angelo Parodi suggerisce una confezione speciale con le prelibatezze del più antico marchio di conserve ittiche in Italia.

Quest’anno per Natale Angelo Parodi, il nome della più antica marca di conserve ittiche in Italia (dal 1888), propone una selezione di tutte le sue specialità.

Si tratta di una confezione assortita che racchiude in sé tutta l’esperienza del marchio: due lattine di tonno in trancio da 180 grammi, una lattina da 125 grammi di tonno in filetti, una lattina di filetti di sgombro da 230 grammi, una lattina di sardine da 120 grammi. A completare il pack natalizio, infine, Angelo Parodi ha selezionato un Olio Extra Vergine di oliva Olio prodotto esclusivamente da olive coltivate in Italia e ottenuto mediante spremitura a freddo, in bottiglia da 750 ml

In vendita nei migliori negozi del modern trade e nella grande distribuzione il pack speciale Angelo Parodi ha un prezzo al pubblico suggerito di Euro 19,90.

Nata nel lontano 1888, l’aquila di Angelo Parodi rappresenta la migliore tradizione della grande gastronomia ligure. In tempi passati le impareggiabili sardine Angelo Parodi erano riconosciute e richieste come «quelle dell’aquila». Da allora l’inconfondibile marchio è diventato sinonimo di conserve ittiche di qualità e oggi la sua gamma si sta via via arricchendo di nuovi prodotti.

Destinato al segmento premium del mercato delle conserve ittiche, il tonno Angelo Parodi si distingue per il metodo di lavorazione e per la ricerca della migliore qualità che il mare può offrire ad un’attività di pesca.

La qualità del trancio di Angelo Parodi sta nella sua morbidezza, garantita dal rispetto di sapienti regole di taglio e porzionatura del pesce che permette di mantenere la forma dei fasci muscolari e la sua integrità. Ma il vero segreto è che viene inserito nella confezione lentamente, senza compressione per non alterarne la compattezza.

Importante è poi la stagionatura: il tonno sott’olio raggiunge la perfezione del sapore solo dopo alcuni mesi: infatti solo 30 giorni dopo l’inscatolamento inizia la vera maturazione di gusto del pesce perché l’olio, penetrando nelle fibre, si amalgama con i grassi della carne e crea col tempo il tipico sapore intenso e inconfondibile.

Si tratta di un’arte lenta che non è realizzabile nelle comuni produzioni ad “alta velocità”. Un’arte che viene ripresa ironicamente anche dallo spot pubblicitario televisivo che recita “da noi le conserve si fanno ancora come diceva Angelo Parodi”, la migliore garanzia di un prodotto unico che garantisce un’inimitabile esperienza di gusto.

Il marchio Angelo Parodi è di proprietà da Icat Food S.p.A., l’azienda degli “esperti del mare”, che importa da tutto il mondo e distribuisce in Italia conserve di primissima qualità.

www.angeloparodi.it

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PINK LADY®

il lato rosa della fruttaIn dieci anni, in Italia ed in Europa, ha saputo

conquistare i palati dei consumatori più esigenti,offrendo loro un’alleata della forma e del buonumore.

Perché la Pink Lady® “è molto più di una mela”.

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Una storia genuinaLa mela Pink Lady®, ormai famosa e spes-so presente sulle nostre tavole, nasce nel 1973 in Australia dall’incontro della varietà Golden Delicious e dalla Lady Williams. Grazie al suo colore originale, al gusto fresco, dolce e pia-cevolmente acidulo allo stesso tempo, alla sua croccantezza e succosità, Pink Lady® mostra di avere tutte le carte per proporsi non come l’en-nesima varietà di mela, ma a buon diritto come una vera e propria star. È così che nel 1994 av-viene il colpo di fulmine… quello di un gruppo di produttori che ne intravedono il potenziale straordinario e l’occasione giusta per ridare no-

biltà ad una professione che sembrava perde-re slancio. È così che nasce l’associazione Pink Lady® Europe.L’associazione Pink Lady® Europe, presieduta sin dalla sua fondazione da Didier Crabos, ha come obiettivo quello di definire la strategia di sviluppo di Pink Lady®, e garantire al consu-matore una qualità ottimale ed il rispetto del rigido disciplinare di qualità. Una cura ed un controllo che accompagna la mela a partire dal frutteto, passando per le stazioni di confeziona-mento, fino ai banchi ortofrutta.Ad oggi l’ associazione Pink Lady® Europe conta 2.800 produttori, 12 vivaisti e 14 distributori. La

Origine del nomeIl nome Pink Lady è stato dato dal suo scopritore, l’australiano John Cripps, che ha tratto il nome dal suo romanzo preferito, The Cruel Sea di Nicholas Monsarrat in cui il protagonista assapora un cocktail chiamato Pink Lady…

102PINK LADY

ALESSANDRA LEGNANI

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produzione in Europa si sviluppa su 3.800 ettari di terreno in tre paesi vocati: La Francia, l’Italia e la Spagna. Solo in Italia si contano circa 1.900 pro-duttori, concentrati in Emilia Romagna e Trenti-no-Alto Adige.Tra le nuove varietà melicole, Pink Lady® rappre-senta con quasi 140.000 tonnellate, la leader indi-scussa. Principale mercato di sbocco è l’Europa;Germania, Francia, UK, Italia e Scandinavia sono i paesi sto-rici che nell’ultima stagione hanno registrato au-menti a due cifre. Interessante è notare la re-cente espansione verso il mercato russo e del vicino oriente.

Il bollino a forma di cuoreIl bollino permette di individuare immediata-mente una Pink Lady®. Ne garantisce l’auten-ticità e la qualità costante per tutto l’anno. La sua forma a cuore, simboleggia la golosità, l’ele-ganza e la sensualità presenti nell’animo di ogni buongustaio. Il colore rosa è diventato il colore simbolo di Pink Lady®, un colore intenso che l’accompagna sempre, presente sui vassoi e sul-la comunicazione fuori e dentro i punti vendita.

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Requisiti per ottenere l’etichetta a for-ma di cuorePer diventare una Pink Lady® è necessario rispettare precisi parametri:

La colorazioneSolo la mela che presenta almeno il 40%di superficie «da rosa puro a rosso» hadiritto alla denominazione Pink Lady®.Il colore di base varia dal verde al giallo.

La forma e l’ aspettoDeve avere la forma arrotondata tipica della varietà e deve essere praticamentepriva di deformazioni per essere Pink Lady®.

Il gustoPink Lady® è delicatamente profumata e ben equilibrata, molto zuccherina eacidula allo stesso tempo. Sono accettati solo i lotti dalcontenuto di zuccherosuperiore al 13%.

La strutturaCroccante e consistente: la consistenza deve essere di almeno 6 kg/cm2.

L’ente di certificazione Bureau Veritas verifica costantemente il rispetto del disciplinare di pro-duzione e garantisce una qualità costante del

prodotto. Si comprende quindi quanta atten-zione e cura debbano mettere i produttori nella coltivazione di questi frutti; il frutteto infatti è il risultato di un lavoro attento e di tanta passione. Basta pensare che la Pink Lady® è la mela che per prima vede sbocciare i suoi fiori a fine mar-zo e che per ultima viene raccolta, nella prima settimana di novembre.

La cura verso il prodotto per assicurarne l’ec-cellenza deve avvenire durante tutti i passaggi chiave: • La cura del terreno: La qualità della composizione gustativa di una Pink Lady® è in parte legata al suo nutrimento e, pertanto, alle condizioni di crescita e di sviluppo dell’albero. A questo livello intervengono la fertilizzazione e l’alimentazione idrica, guidate dal produttore, che interagiscono sia con l’equilibrio minerale del terreno, sia con il clima.• La potatura per ottenere la famosa colo- razione, rivestono una grande importanza le operazionidi potatura che permettono di ottimizzare la penetrazione della luce. • La sfogliatura che avviene immediatamente prima del raccolto, permette ai frutti di sfruttare appieno ogni raggio di sole.

Alleata della forma e del buonumore.Oltre alle sue particolari qualità gustative, Pink Lady® è una mela molto interessante sul piano nutrizionale:• È ricca di vitamina C, l’amica del bell’aspetto: una mela fornisce ¼ dell’apporto giornaliero raccomandato di vitamina C.• Abbonda di antiossidanti, le carte vincenti contro l’invecchiamento• Contiene polifenoli che limitano l’ossidazione all’origine dell’invecchiamento delle cellule e si rivelano particolarmente efficaci per ridurre la permeabilità dei vasi sanguigni. • Contribuisce alla protezione cardio-vascolare.• È idratante: Il suo contenuto d’acqua permette di reidratare l’organismo dopo uno sforzo e di facilitare l’eliminazione delle tossine. La particolare succosità di Pink Lady® è fonte di sensazioni di freschezza.• Ha un contenuto elevato di fibre, ottime per la digestione. La pectina, una fibra attiva presente nella mela, contribuisce alla regolazione del transito intestinale, alla qualità della flora batterica e al miglioramento della funzione digestiva.

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• La raccolta stessa esige una gestualità minuziosa. La mela deve essere abilmente sollevata quindi ruotata di un quarto di giro su se stessa per potersi staccare facilmente e senza ammaccature. Viene quindi posata delicatamente, evitando gli urti e trasportata fino alla stazione d’imballaggio con la massima cautela.• L’attenzione dedicata a Pink Lady® nel frutteto prosegue quindi nelle stazioni d’imballaggio, dove le mele sono passate allo scanner per rilevare ogni minimo difetto esteriore, passano poi per il controllo e la selezione di esperti imballatori. Le linee di selezionee imballaggio sono volutamente rallentate tra il 20 e il 30% rispetto a quelle delle altre varietà, proprio per garantire la qualità ottimale dei frutti.

Molto più di una mela…È questo lo slogan che accompagna da sempre Pink Lady®. Una mela che grazie al suo carat-tere originale al colore rosa ha costruito intorno a sé un vero e proprio mondo di valori che ruo-

tano attorno al tema del femminile e dell’amo-re. Un universo conosciuto e condiviso dai suoi fan che viene tenuto vivo grazie ad attività di valorizzazione lungo tutto il corso della campa-gna di comunicazione. Tre i momenti principa-li: il primo a novembre, con l’inizio della stagio-ne, momento in cui Pink Lady® si presenta al grande pubblico, sul punto vendita con attività di degustazione e giochi, sul suo sitoweb (www.mela-pinklady.com) attraverso concorsi online e in TV con i nuovi spot. Originale e coinvolgente è il periodo di febbraio, in occasione di San Valentino, dove si concen-trano le attività più romantiche a sottolineare lo stretto rapporto tra questa mela e la seduzione, e infine la primavera per festeggiare la rinascita dopo l’inverno e la voglia di stare all’ aperto e di rimettersi in forma.A quanti di voi, per esempio, è capitato notare Pink Lady® a San Valentino? Ogni anno, infatti, nei reparti ortofrutta delle principali insegne della distribuzione, promoter vestite di rosa omaggiano i clienti con romanti-ci gadget, in TV, numerosi spot giocano con il

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“Cuore di mela Pink Lady al te Cherry”dal blog di cucina Dolci a Gogo

Ingredienti

(Stampo in silicone a forma di cuore di 20/22cm di diametro)300 g di mele Pink Lady®

160 g di farina150 g di zucchero

50 ml di olio di girasole3 bustine di tè Cherry

100 ml di acqua2 uova

Una bustina di lievito per dolciDue cucchiai di zucchero di canna grezzo

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RicettaFate scaldare l’acqua, spegnete il fuoco, unite le 3 bustine di tè e lasciatelo in infusione per 3-4 minuti. Sbattete le uova con lo zucchero in una terrina, unite l’olio, il tè e incorporate, poca alla volta, la farina setacciata con il lievito. Sbucciate le mele, privatele del torsolo, affettatele e unitele al composto preparato, mescolando bene con un cucchiaio di legno. Versate il tutto in uno stampo di 20 cm di diametro, imbur-rato e infarinato. Cospargete il dolce con lo zucchero di canna quindi trasferitelo in forno già caldo a 200°

e cuocetelo per circa 30/35 minuti. Fatelo intiepidire, poi sformatelo su un piatto da portata.

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tema della seduzione e sulla pagina Facebook della marca, dove la seduzione continua con il concorso dedicato all’amore mette in palio ro-mantici viaggi in mete da sogno. Nel corso del mese di febbraio la community Pink Lady® si anima e si vivacizza! Il 2012 ha visto inoltre na-scere una stimolante partnership con lo Chef stellato Moreno Cedroni che, in collaborazio-ne con la Maison Moschino di Milano, ha rea-lizzato un esclusivo menù tutto a base di Pink Lady® presentato in edizione limitata per la cena di San Valentino.

Un rapporto esclusivo coni propri estimatoriIl successo delle strategie di comunicazione della mela Pink Lady®, si registra anche dalla presenza di una community di fan molto attiva sul web, un caso senz’altro raro nel mondo dei prodotti ortofrutticoli.Il sito web (www.mela-pinklady.com) strutturato per offrire tanti spunti, notizie, concorsi e ricet-te, riceve circa 280.000 visite l’anno. La sezione PinKids®, in partnership con Di-

sney, è interamente dedicata ai più piccoli, e ad essi si rivolge offrendo spunti didattici ed intrat-tenimento.Inoltre la sezione dedicata al CLUB Pink Lady® permette ai fan della marca di entrare a far parte della community e accumulare punti Pink da utilizzare per ordinare gli articoli della boutique online a loro dedicata. Al momento la community di Pink Lady® è formata da 35.000 membri, di otto differenti nazionalità.Un altro importante strumento di comunicare per PinkLady® è la sua pagina Facebook, inter-nazionale e multilingue, che ha già raccolto più di 70.000 fans. Se vi siete incuriositi l’appunta-mento è a novembre con la nuova campagna che non mancherà di sorprendere e inebriare tutti gli amanti del gusto e delle mele.

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Alessandra LegnaniPer l’Associazione Pink Lady® Europe Ufficio stampa SG [email protected]

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BIO VAL VENOSTARACCOLTO 2013: QUANTITÀ IN AUMENTO, BUONA QUALITÀ.

“Iniziata con qualche settimana di ritardo - spiega Gerhard Eberhöfer, responsabile BIO Val Venosta - la raccolta della Gala BIO è cominciata nelle zone più basse della Val Venosta nei giorni intorno al 5-6 Settembre.Per quanto riguarda le mele BIO Val Venosta da tavola, supereremo le quantità dello scorso anno raggiungendo un quantitativo di circa 20-21.000 tons. Inoltre, le forti escursioni termiche dei giorni antecedenti la raccolta - argomenta Eberhöfer - hanno fatto sì che le mele rosse acquisissero quel colore tipico rosso acceso, molto apprezzato dal consumatore. Dallo scorso 10 settembre le prima Gala Bio Val Venosta sono in vendita, e le buone previsioni di raccolta ci consentiranno di soddisfare per tutto l’anno i nostri clienti sia del punto di vista quantitativo che qualitativo, con un prodotto di qualità superiore, dalla croccantezza e dal sapore unico”.

In Val Venosta la zona di produzione è compresa tra i 500 e i 1000 metri e lo speciale microclima della Valle ha contribuito anche quest’anno alla produzione di un raccolto bio che si presenta buono sia in termini di quantità che di qualità: scarsa piovosità, tanto sole, grandine quasi nulla e forti escursioni termiche, sono stati i fattori che hanno contribuito all’ottenimento di un prodotto di bell’aspetto e tipicamente croccante.

www.melavalvenosta.com

Gerhard Eberhöfer,responsabile BIO Val Venosta

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Il progetto RE-FREEDOM per abitazioni che ritardano o evitano l’ingresso la casa di riposo

ANZIANI E DISABILI, CASE DOMOTICHE PER VIVERE INTEGRATI E AUTONOMI

Due abitazioni-test concepite secondo i principi dell’independent living offrono soluzioni per l’integrazione sociale delle persone con difficoltà motorie ovvero sensoriali. I risultati dello studio iniziato due anni fa sono stati presentati il giorno11 luglio scorso, in occasione di un convegno sulle tecnologie e i servizi innovativi per la domiciliarità

Anziani e disabili possono vivere a casa propria, in autonomia e collegati con il mondo esterno, ritardando così - se non addirittura eliminando - l’ingresso in casa di riposo e abbattendo i costi sociali. Sarà possibile se si imparerà a progettare e costruire abitazioni in grado di rispondere ai principi dell’independent living.

É la sintesi degli obiettivi del progetto RE-FREEDOM - REte Funzionale per la Ricerca e spErimentazione di sErvizi innovativi per la DOMiciliarità – promosso da Comune di Udine, Rino Snaidero Scientific Foundation, Friuli Innovazione, Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia.

Nell’ambito di questo progetto iniziato a marzo 2011, sono state ristrutturate due case-test domotiche, una per disabilità motorie l’altra per disabilità sensoriale, sfruttando la tecnologia e la conoscenza per migliorare la qualità della vita delle persone direttamente coinvolte e dei loro stessi familiari, e favorire l’integrazione sociale.

Il prossimo passo di questo importante progetto sarà il convegno finale organizzato per il prossimo 11 luglio a Udine intitolato “Tecnologie e servizi innovativi per la domiciliarità. Scenari regionali, nazionali, europei”: in tale occasione, saranno presentate le conclusioni del lavoro di ricerca svolto fino a oggi e una proiezione dei mutamenti sociali, economici e territoriali che potrebbero attivarsi permettendo ad anziani e disabili di vivere nella propria casa, ma perfettamente connessi con l’esterno.

Affrontare le sfide della longevità e disabilità della popolazione è un obiettivo stringente per gli enti locali, che rappresentano i principali fornitori dei servizi alle persone; e l’importanza di domotica e innovazione sociale per la promozione del cosiddetto independent living è ancora più sentita specialmente in tempi di ristrettezze finanziarie. Di qui, la conferma della presenza al convegno del prossimo 11 luglio di rappresentanti istituzionali dei settori pubblici della salute, dell’integrazione socio-sanitaria e delle politiche sociali, delle infrastrutture, mobilità e pianificazione territoriale, dei lavori pubblici.

www.refreedom.eu

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CALEIDOSCOPIO

Per tutto il mese “Con i piedi per terra” ci por-terà alla scoperta dei tanti volti dell’agricoltura italiana: dalla Puglia all’Emilia Romagna, pas-sando per l‘Umbria e la Versilia.

A Bari visiteremo Agrilevante, salone de-dicato all’agricoltura mediterranea, vedremo i prototipi presentati dall’Università di Bari e faremo il punto sulle opportunita che il setto-re agromeccanico offre ai giovani e che stime

realistiche quantificano in 30.000 posti di lavoro da qui al 2017.

Nelle colline dell’Umbria scopriremo un alle-vamento molto particolare: quello dell’alpaca. In Toscana andremo alla scoperta di Pietrasan-ta e del ruolo del pomodoro nella ristorazione di qualità.

In Emilia Romagna spazieremo invece dal mare all’Appennino. A Cesenatico celebreremo il pesce azzurro, proposto in ricette semplici e gustose in occasione dell’iniziativa Il pesce fa festa; a Vergato, sull’Appennino Bolognese, in occasione della tradizionale Giornata del Rin-graziamento, faremo il bilancio di un’annata agraria tra luci ed ombre e infine a Imola sarà un trionfo di sapori con il Baccanale che in que-sta edizione 2013 celebra “Bacco in cucina. Vino da bere, Vino da mangiare”.

Eventi, fiere e manifestazioni ci accompagne-ranno invece con le dirette sul canale tematico Antenna Verde ora visibile anche in streaming live sul sito www.conipiediperterra.com

Il quotidiano online su agricoltura, nutrizione, territorioCon i piedi per terra”, “Antenna Verde” e “AgrinewsTris vincente per l’agricoltura che si racconta in tv

www.conipiediperterra.com

CON I PIEDI PER TERRA La trasmissione settimanale e’ visibile su tutto il territorio nazionale sul circuito Odeon tv e Odeon sat (sky 914) il lunedi’ alle 20.30, sul web www.conipiediperterra.com, in ambito regionale su Telesanterno il sabato alle 12.30 e il martedi’ alle 21, e sul canale tematico Antenna Verde ogni giovedi’ (656 in Emilia Romagna, 288 per veneto e Friuli)

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Padiglione sul Lago del Drago Nero, Lijiang - Cina.

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VIAGGI INTERNAZIONALI

E MALATTIE TRASMESSE DA

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Il viaggiatore internazionale che si reca in pa-esi tropicali e subtropicali è esposto al rischio di una serie di malattie dell’apparato gastro-intestinale trasmesse attraverso gli alimenti e l’acqua. La più comune è senza dubbio la

Diarrea del Viaggiatore (Travelers’ diarhrea, TD), causata, nell’80% dei casi, da batteri e in par-ticolare dall’Escherichia Coli Enterotossica (ETEC). Altri batteri responsabili di TD sono E.coli Enteroaggregati-va, Campylobacter jejuni, Shigella l’Aeromonas hydrophila e Yersinia enterocolitica. I parassiti (come Giardia intestina-lis, Cryptosporidium parvum, Cyclospora cayetanensis e En-tamoeba histolytica) sono causa di circa il 10% di tutti i casi di TD e generalmente si presentano in un modo più insidioso. I virus, come i rotavirus e i norovirus, sono responsabili del 5-10% dei casi di TD. I norovi-rus sono spesso coinvolti in epidemie che si verificano tra i passeggeri in crociera. Per alcune destinazioni la diarrea del viaggiatore colpisce dal 30 al 70% di tutti i viaggiatori internazionali.L’ Africa, il subcontinente indiano e la maggior par-te dell’Asia, il Medio Oriente, l’America Centrale ed il Sud America sono aree ad alto rischio per la TD. Nelle regioni più temperate, ci possono essere variazioni stagionali nel rischio di diarrea. La TD si manifesta con la comparsa improvvisa di una diarrea acquosa, crampi addominali e bisogno immediato di evacuazione. Questa sintomatologia può essere associata a nausea, gonfiore intestinale e febbre. Il vomito è presente nel 15% dei casi. La TD in genere è autolimitante in 3-4 giorni, ma i sintomi possono essere persistenti in una piccola percentuale dei casi. La sindrome da intestino irritabile detta “post-infetti-va” (PI-IBS) può residuare nel 10% delle persone che hanno con- tratto la diarrea del viaggiatore.Nel viaggiatore, la prevenzione si attua attenendosi scrupolosamente alle norme di sicurezza alimenta-re. Il trattamento della diarrea del viaggiatore deve mirare principalmente alla reidratazione, poichè la disidratazione è sempre la complicazione da evitare e la principale causa di morte nelle persone colpite da diarrea a livello globale. Nelle forme dovute a batte-ri, che sono come si ricorderà l’85% dei casi, bisogna privilegiare un antibiotico ad uso topico intestinale come la Rifaximina polimorfa Alfa (NORMIX). La dose consigliata generalmente è 2cpr x 2 per 5 giorni.La caratteristica di Rifaximina nella forma Polimorfa Alfa è quella di essere scarsamente assorbita nel trat-to gastro-intestinale (meno dell’1%) concentrando così la sua azione a livello locale. In studi comparativi di farmacocinetica è stato dimostrato che Rifaximina in forme polimorfe diverse da quella Alfa ha assorbi-menti notevolmente maggiori. Insieme alla Rifaximina, ma anche prima in occa-sione del viaggio, è utile assumere un farmaco che riequilibri la flora intestinale come ZIR FOS. Questi

prodotti non dovrebbero pertanto mai mancare nella farmacia da viaggio di ogni viaggiatore che si rechi in Africa, Medio Oriente, Asia e Sud America.Nelle forme resistenti alla terapia e in quella pato-logia dovuta specialmente a protozoi è opportuno effettuare esami su campioni di feci per la ricerca dell’agente eziologico.

Oltre alla Diarrea del Viaggiatore, il viaggiatore è esposto a malattie di gravità ben maggiore come Epatite A, Febbre tifoide e Colera contro le quali però, si può tutelare con un vaccino.L’epatite A è una a malattia è causata da un virus appartenente alla famiglia dei picornavirus. Esso è trasmesso direttamente da persona a persona, per stretto contatto o attraverso il consumo di cibi o bevande contaminati. La malattia ha un esordio improvviso con febbre, malessere, nausea, dolori ad-dominali seguiti alcuni giorni dopo da ittero, segno caratterizzante la malattia. L’infezione nei neonati e nei bambini piccoli è generalmente lieve o asin-tomatica. Nei bambini più grandi la malattia può invece essere sintomatica. La malattia è più severa negli adulti; essa persiste per parecchie settimane e la guarigione avviene dopo parecchi mesi; il rischio di fatalità è maggiore del 2% nei soggetti con più di 40 anni di età e del 4% per quelli oltre i 60.La malattia è presente in tutto il mondo, ma è dif-fusa soprattutto dove le condizioni igieniche sono di scarsa qualità e dove la salubrità dell’acqua da bere è insufficientemente controllata. I viaggiatori non immunizzati contro l’epatite A (che non hanno mai contratto la malattia e non sono mai stati vaccinati) devono prendere precauzioni per evitare cibi e acqua potenzialmente contaminati.La vaccinazione va effettuata in tutti i viaggiatori non immuni che si recano in aree con un rischio da mo-derato ad alto di infezione. Gli attuali vaccini contro l’epatite A sono molto sicuri ed efficaci. L’immunità viene conferita 2-4 settimane dopo la prima dose. La seconda dose deve essere somministrata 6-24 mesi dopo la prima. Le due dosi conferiscono una immu-nità permanente. Esiste anche un vaccino combinato contro epatite A ed epatite B che può essere proposto a tutti i viaggiatori esposti ad entrambi i rischi.

La febbre tifoide è una malattia febbrile acuta cau-sata dal batterio Salmonella typhi che infetta esclusiva-mente l’uomo. Si stima che ogni anno si verifichino 22.000.000 di casi con 200.000 morti. Si calcola che si verifichino annualmente altri 6.000.000 di casi di febbre paratifoide, malattia causata da S. Paratyphi A, B o C.Il rischio è maggiore (6-30 volte superiore a qualsiasi altra destinazione) per i viaggiatori che si recano nel sud dell’Asia. I viaggiatori in questa regione del mon-

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Merzouga - Marocco.

Le prime dune del Sahara nel sud del Marocco.

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Laguna Colorada - Bolivia.

116MALATTIE E VIAGGI

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do sono a rischio maggiore anche per la presenza di una multifarmacoresistenza del batterio (resistente per esempio ad ampicillina, cloramfenicolo, trime-thoprin-sulfamethoxazolo).Altre aree di rischio comprendono il Sud-Est Asiatico, l’Africa, i Caraibi, l’America centrale e del sud. L’in-fezione è provocata dal consumo d’acqua e alimenti contaminati. I molluschi raccolti in specchi d’acqua contaminati da scarichi fognari sono un’importante fonte di contaminazione. Una persona viene conta-minata attraverso il consumo di frutti di mare crudi e verdura, fertilizzata con scoli fognari, mangiata cru-da, o dal latte e prodotti caseari contaminati dalle persone che li hanno manipolati. Le mosche possono contaminare gli alimenti, che quindi contaminano l’uomo. L’inquinamento delle sorgenti d’acqua può essere all’origine delle epidemie di febbre tifoide se un elevato numero di persone si abbevera alla stessa sorgente.I segni caratteristici dei casi gravi sono i seguenti: febbre con esordio progressivo, cefalea, pessimo sta-to generale, anoressia e insonnia. Il periodo di incu-bazione per le infezioni tifoidi e paratifoidi sono di 6-30 giorni. La stipsi è più frequente della diarrea nell’adulto e nei bambini più grandi. In assenza di trattamento, la malattia evolve con febbre sostenuta, bradicardia, epatosplenomegalia, sintomi addomi-nali, e in certi casi polmonite. Dalla terza settimana i casi non trattati sviluppano complicazioni gastro-in-

testinali che possono essere mortali. Dal 2 al 5% dei soggetti con febbre tifoide diventano portatori croni-ci. Contro la febbre esistono due vaccini, l’uno orale Ty21a (Vivotif) che si assume in tre dosi da prender-si a digiuno a giorni alterni e l’altro polisaccaridico capsulare Vi, iniettabile per via intramuscolare nel muscolo deltoide della spalla (Typhim Vi). Entrambi i vaccini conferiscono un’immunità per almeno tre anni dalla somministrazione.

Il viaggiatore internazionale può essere esposto an-che al rischio colera. L’infezione si trasmette attra-verso l’ingestione di cibi o acqua contaminati diret-tamente o indirettamente dalle feci o dal vomito di persone infette. Il colera colpisce solo l’uomo; non esiste un insetto vettore e un serbatoio animale.Natura della malattia - Malattia enterica acuta a se-verità variabile. La maggior parte delle infezioni è asintomatica. Nei casi lievi, la diarrea acuta acquosa, non si accompagna ad altri sintomi. Nei casi seve-ri si verifica un esordio improvviso con una diarrea acquosa profusa, nausea, vomito e rapido sviluppo della disidrata- zione. In casi severi e non trattati, la morte può avvenire in poche ore con collasso circola-torio dovuto a disidratazione.Il colera si verifica soprattutto nei paesi poveri con sistemi fognari inadeguati e mancanza di acque po-tabili, e in paesi in stato di guerra le cui infrastrutture potrebbero essere state distrutte. Molti paesi in via di

Mercato in India.

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WALTER PASINI

Page 119: Karpòs Magazine - Alimentazione e stili di vita - n. 8 - 2013

sviluppo ne sono affetti, in particolare quelli dell’A-frica e dell’Asia, ed in maniera minore quelli dell’A-merica centrale e meridionaleIl colera continua a rappresentare una minaccia alla salute pubblica nei paesi in via di sviluppo a livello mondiale ed è uno degli indicatori chiave dello svi-luppo sociale. Oltre alla presenza di situazioni ende-miche, si verificano periodicamente in diverse parti del mondo improvvise ed estese epidemie provocate solitamente da eventi catastrofici, come alluvioni o terremoti.Nel maggio 2011, l’Assemblea Mondiale della Sanità ha riconosciuto che la riemergenza del colera era un importante problema di sanità pubblica ed ha adot-tato la risoluzione WHA 64,15 domandando d’ap-plicare un approccio integrato e completo alla lotta anticolerica.Per proteggersi dalla malattia, i viaggiatori interna-zionali possono utilizzare un vaccino inattivato uc-ciso (DUKORAL) che conferisce un alto grado di protezione (85-90%) per almeno 2 anni dopo l’as-sunzione. Il vaccino WC/rCS è costituito da vibrioni interi uccisi di V.cholerae O1, accompagnato da sub unità B ricombinante purificata. Ciascuna dose deve essere diluita in 1,5 dl fi soluzione tampone bicar-bonata. Si somministra in 2 dosi negli adulti e nei bambini di età > di 6 anni. Si somministra in tre dosi nei bambini di età compresa tra i 2 ed i 6 anni. L’in-tervallo tra le due dosi deve essere compreso tra 7 gg come minimo e 6 settimane come massima distanza

tra le dosi. Dopo tre anni la protezione rimane alta, intorno al 62%, nelle persone con più di 5 anni di età.

Oltre alla diarrea del viaggiatore, l’epatite A, la feb-bre tifoide, il colera, il viaggiatore può contrarre una serie di altre patologie trasmesse per via alimentare tra cui:Amebiasi: La malattia è dovuta al protozoo En-tamoeba histolityca. La trasmissione avviene per via oro-fecale, o direttamente per contatto da persona a persona o indirettamente mangiando o bevendo cibi o acqua contaminati. Lo spettro clinico varia da un’infezione sintomatica, diarrea ad un quadro di colite fulminante con peritonite o di amebiasi ex-traintestinale. L’amebiasi acuta può presentarsi con diarrea, con frequenti scariche e con feci sanguino-lente. L’amebiasi cronica si può presentare con sin-tomi gastrointestinali, fatica e perdita di peso, con febbre occasionale. L’amebiasi extraintestinale si può verificare se il parassita si diffonde ad altri organi, più comunemente il fegato dove causa un ascesso epatico che si manifesta con febbre e dolore al quadrante su-periore destro. La malattia è più comune nelle aree o nei paesi con condizioni igieniche precarie, partico-larmente ai tropici. Per prevenirla occorre adottare misure di igiene degli alimenti e dell’acqua e seguire scrupolosamente le norme di sicurezza alimentare. Non esiste al momento alcun vaccino.

Villaggio nel deserto del Thar - India.

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Picchi sulle Ande lungo il confine tra Cile e Argentina.

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CINA

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Saline di Moray in Perù.

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Kenyatta Conference Center - Nairobi.

Capanna Masai - Kenya.

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Giardiasi: dovuta al parassita Giardia Lamblia, l’in-fezione avviene generalmente attraverso l’ingestione di cisti di giardia con acqua (sia acqua da bere non filtrata sia acqua di balneazione) o cibo contaminati dalle feci di animali o umani infetti. Molte infezioni sono asintomatiche. Quando si presentano, i sintomi sono principalmente intestinali caratterizzati da ano-ressia, diarrea cronica, crampi addominali, gonfiore, frequente perdita di feci untuose e liquide, astenia e perdita di peso. La malattia è presente in tutto il mondo. Il rischio è significativo per i viaggiatori in contatto con acque di balneazione non controllate, con acqua di piscina non filtrata o con acqua mu-nicipale contaminata. Evitare di mangiare cibo non cotto specialmente frutta cruda e verdura, o ingerire acqua da bere o di balneazione potenzialmente con-taminata. L’acqua può essere purificata facendola bollire per almeno 5 minuti o in alternativa filtran-dola o trattandola col cloro.

Brucellosi: è principalmente una malattia animale. L’infezione negli esseri umani può essere contratta dal bestiame (Brucella abortus), dai cani (B. canis), da maiali (B.suis), o da pecore e capre (B. melitensis), soli-tamente per diretto contatto con animali infetti o per consumo di formaggi o latte non pastorizzato. Un’in-

fezione generalizzata con inizio subdolo, che causa malessere e febbre continua o intermittente, che può durare mesi se non trattata adeguatamente. Ricadu-te sono frequenti dopo il trattamento. La malattia è ubiquitaria negli animali. È più comune nei paesi in via di sviluppo, nel Mediterraneo, nel Medio Orien-te, nell’Asia Centrale e nel Sud America. Il rischio è basso per la maggior parte dei viaggiatori. Quelli che visitano aree rurali e agricole possono essere più a rischio. Esiste rischio anche in luoghi in cui latte non pastorizzato e prodotti caseari sono venduti in pros-simità di centri turistici. Evitare il consumo di latte non pastorizzato e latticini; evitare il contatto diretto con animali, in particolare bestiame, pecore e capre.

Epatite E: La malattia è dovuta a un virus appar-tenente alle Caliciviridae. L’epatite E si trasmette at-traverso l’utilizzo di acque contaminate. È possibile anche la trasmissione diretta oro-fecale e da perso-na a persona. Non esiste un insetto vettore. Il virus dell’epatite E ha serbatoi negli animali domestici. Uno di questi è il maiale. Le manifestazioni cliniche e il corso della malattia sono generalmente simili a quelli dell’epatite A. Come per l’epatite A non esi-ste una fase cronica. I giovani adulti sono colpiti più frequentemente. Nelle donne gravide durante il ter-

Murales - Cile.

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Il Taj Mahal ad Agra, India.

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Zebre nel Pilanesberg Park in Sudafrica.

Ait Benhaddou, Marocco.

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Veduta aerea sul porto di Città del Capo, Sudafrica.

zo trimestre di gravidanza l’epatite E può assumere una forma molto severa con tassi di fatalità del 20%. Molti casi, sia sporadici che epidemici, avvengono in paesi con precarie condizioni igienicosanitarie e con scarsi controlli dell’acqua da bere.

Per tutte le malattie sopraelencate, incluse quelle con-tro le quali esistono anche vaccini (epatite A, febbre tifoide e colera) la principale forma di prevenzione è rappresentata dal comportamento alimentare del viaggiatore che deve rispettare accuratamente una serie di regole.I viaggiatori devono prestare attenzione a tutti gli ali-menti e bevande, compresi quelli serviti negli hotel e nei ristoranti di qualità, al fine di ridurre al minimo il rischio di contrarre una malattia d’origine alimen-tare o veicolata dall’acqua. I rischi sono maggiori nei paesi poveri, ma l’igiene può lasciare a desiderare ovunque.Le principali precauzioni da prendere per evitare ali-menti e bevande improprie sono:• Evitare gli alimenti crudi che sono restati a tempe-ratura ambiente per parecchie ore • Non mangiare che alimenti ben cotti e che sono ancora caldi • Evitare gli alimenti crudi, ad eccezione della frutta e della verdura che possono essere pelate e sbucciate

e non mangiare frutta la cui buccia è alterata • Evitare i piatti contenenti uova crude o insufficien-temente cotte • Evitare gli alimenti venduti da ambulanti • Evitare i gelati di origine dubbia, compresi quelli venduti per strada • Nei paesi in cui il pesce ed i crostacei possono con-tenere biotossine pericolose, farsi consigliare dalla popolazione locale • Fare bollire l’acqua da bere in caso di dubbio; se questo non è possibile, utilizzare un filtro efficiente e ben conservato e/o un disinfettante • Evitare il ghiaccio che non sia fatto con l’acqua po-tabile • Evitare di lavarsi i denti con acqua non potabile • Le bevande imbottigliate sono generalmente sicure se l’imballaggio è intatto. • Le bevande calde non presentano generalmente rischi.

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Walter PasiniDirettore Centro Travel Medicineand Global Health

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I FAN DI NORWEGIAN SCELGONO NORWEGIAN ESCAPE E NORWEGIAN BLISS COME NOMI PER LE DUE NUOVE NAVI DELLA COMPAGNIA

Questi nomi per le due nuove navi Breakaway Plus della compagnia hanno ricevuto il numeropiù alto di voti dai fan di Norwegian.

Norwegian Cruise Line ha annunciato oggi che, grazie ai suoi fan, i nomi delle due nuove navi di classe Breakaway Plus saranno Norwegian Escape e Norwegian Bliss. Si tratta dei nomi col più alto numero di voti tra le dieci opzioni del concorso “Norwegians Name Their Ships”, che ha coinvolto i fan nel selezionare i nomi per le due nuove navi Breakaway Plus della compagnia.“La risposta al concorso ‘Norwegians Name Their Ships’ è stata travolgente”, ha dichiarato KevinSheehan, Chief Executive Officer di Norwegian Cruise Line. “Questo non ha fatto altro che ribadire quanto sia impegnata e appassionata la nostra comunità di fan e siamo entusiasti dei nomi che hanno scelto per le nostre due nuove navi di classe Breakaway Plus. Norwegian Escape e Norwegian Bliss sono due denominazioni che caratterizzano fino in fondo il nostro marchio Freestyle Cruising® e l’esperienza che gli ospiti potranno vivere a bordo di queste nuove fantastiche imbarcazioni.” Le due nuove navi Breakaway Plus di Norwegian saranno le più grandi mai costruite dalla compagnia, avranno una stazza lorda di circa 163.000 tonnellate, disporranno di una capacità per ospitare 4.200 passeggeri cadauna e presenteranno innovazioni e design simili a quello delle navi di classe Breakaway, la prima delle quali, la Norwegian Breakaway, è stata inaugurata a New York all’inizio di maggio e la seconda, la Norwegian Getaway, sarà lanciata a gennaio e arriverà nel suo porto base di Miami a febbraio.

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EasyCon la vaschetta/contenitore per alloggiare gli ingredienti, Easy, la bilancia meccanica di Meliconi, è disponibile nelle 4 diverse colorazioni glamour fucsia, arancio, verde lime e azzurro. Bella e funzionale, dai profili arrotondati, Easy di Meliconi è ideale per l’utilizzo in cucina: spicca al centro del suo corpo stabile, il grande “quadrante” colorato con la lancetta contagrammi per portata massima di 3 Kg.

Le BILANCE MELICONI: linea per la CUCINA

Frutta, verdura, pasta, zucchero o farina, ma anche acqua e latte, in cucina ogni dose ha il suo peso!Con la linea di bilance Meliconi, porti in tavola la giusta quantità e misuri le dosi esatte per ogni preparazione: facili da utilizzare e pratiche, dai colori glamour o dalle superfici hi-tech, le bilance Meliconi si dividono in:MECCANICHE: EasyELETTRONICHE: Oval, Bowl, Colors, Metal, Union Jack Kitchen

Union Jack KitchenUNION JACK KITCHEN è la bilancia elettronica Meliconi dal sapore vintage e dal forte richiamo iconografico, la mitica bandiera del Regno Unito acquisisce carattere e distintività grazie ad un suggestivo effetto vintage della superficie d’appoggio in vetro. Giovane e pratica è adatta a qualsiasi cucina alla moda che abbia spazio per accogliere una bilancia per alimenti, con funzioni “intelligenti” a portata di tasti touch!

MetalMETAL è l’elegante bilancia elettronica Meliconi dall’effetto hi-tech conferito dall’ampia superficie d’appoggio in metallo satinato in grado di accogliere ingredienti sfusi o recipienti. Il display LCD è alloggiato in una cornice nero lucida in contrasto cromatico con i tasti touch di color blu che danno accesso alle utili funzioni per la pesatura.

ColorsÈ una bilancia elettronica piatta, caratterizzata da un piano d’appoggio in vetro bianco con “tasti touch” in tinta: disponibile con decori nei 4 colori glamour fucsia, arancio, verde lime e azzurro, COLORS di Meliconi è ideale per un utilizzo in cucina pratico e semplice, adatto a qualsiasi tipo di ingredienti, agevolato dalla “funzione tara”, “funzione volume liquidi” e spegnimento automatico.

BowlIdeale per pesare alimenti di grande volume, BOWL di Meliconi ha un contenitore molto capiente, sia per ingredienti solidi, che liquidi con la pratica “funzione volume liquidi” e “funzione tara”. È dalle forme arrotondate e dal corpo grigio metallizzato in cui spicca il display LCD e i tasti “mode” e “on-off ”.

OvalCon la bilancia elettronica OVAL di Meliconi, misuri le dosi esatte per ogni preparazione: facile da utilizzare e pratica con la vaschetta/contenitore per alloggiare gli ingredienti sia solidi che liquidi, che con un semplice gesto diventa il coperchio per riporla con il minimo ingombro a fine utilizzo: spicca al centro il suo display LCD e i tasti color ciano di comando.

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DA DOMANI ONLINE CROCVILLE.IT, IL MAGICO MONDO DELLE MELE DEDICATO AI PIÙ PICCOLI

Imparare a seguire le regole base di una corretta alimentazione è importante per tutti ma in modo particolare per i più giovani. Per questo motivo Mela Val Venosta ha deciso di seguire i più piccoli educando e divertendo allo stesso tempo. Con la linea Crocville la mela venostana si rivolge anche ai consumatori più giovani, il target group è infatti composto da bambini fra 3 e 8 anni: il pack, pensato appositamente per i bimbi, è composto da 6 mele Gala Val Venosta racchiuse all’interno di un colorato e allegro vassoio raffigurante i personaggi del mondo Crocville, il divertente mondo delle mele. In ogni confezione si trovano due adesivi raffiguranti i personaggi di Crocville: la collection si compone di 20 simpatici protagonisti… tutti da collezionare. La varietà Gala, la prima ad essere raccolta, è stata scelta proprio per il suo calibro medio-piccolo, ideale per essere maneggiata dai più piccoli, al sapore dolce e alla consistenza croccante, molto apprezzate dai bambini.

WWW.CROCVILLE.ITCrocville è una linea di Mela Val Venosta presente su scala nazionale che vede coinvolti vari punti vendita con materiali per l’allestimento e attività di presentazione e degustazione dedicate ai consumatori finali.Il divertimento però non si esaurisce al punto vendita: a integrazione della linea è stato creato Crocville.itIl sito internet, interattivo e ricco di colori vivaci e brillanti, è pensato per grandi e piccoli. Oltre alla sezione giochi, divertenti ed educativi per i bambini, c’è il Crocblog, uno spazio ricco di consigli e suggerimenti pensati per aiutare le mamme a scoprire trucchi e segreti per sfruttare al meglio tutte le proprietà delle fantastiche mele venostane.

IL MONDO DI CROCVILLE IN TV E SUL WEBIl mondo di Crocville sarà presente anche in Tv con

long-video 60”, billboard da 15” e cartoop da 10” che racconteranno il fantastico e divertente mondo

delle mele. A partire da novembre, gli spot andranno in onda sui canali tv Italia 1, La5,

Mediaset Extra, Premium Pay e i canali bambini Boing e Cartoonito, e sul web, su siti dedicati alle donne e mamme.

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IL BICCHIERE È MEZZO PIENO90 candeline per la Cantina Settecani, Castelvetro (Mo). Un brindisi fresco e spumeggiante con la storica cantina modenese che festeggia i suoi primi novant’anni, e lancia il progetto “il bicchiere è mezzo pieno” nato sull’onda di “filosofia frizzante del lambrusco”, il nuovo brand comunicativo ideato dal fotografo e art director Carlo Guttadauro.

Anche il campione Gino Bartali era un estimatore del Lambrusco Rosè della Cantina Settecani, che quest’anno compie i suoi primi novant’anni. Tradizione e innovazione per la storica Cantina che sembra non sentire il trascorrere del tempo né la morsa della crisi, a vedere i risultati lusinghieri in termini di vendite e qualità del prodotto emersi nell’ultimo anno. Una monografia e un filmato dell’art director Carlo Guttadauro e tanta voglia di festeggiare insieme ai soci e ai clienti questo ambito traguardo delle novanta candeline.Era il 1923, quando si inaugurava la Cantina Settecani nell’omonima frazione, a ridosso di Castelvetro e delle prime colline modenesi, a New York usciva il primo numero del Time; in Francia si disputava la prima 24 Ore di Le Mans; e nascevano lo scrittore Italo Calvino, il fumettista Benito Jacovitti e la divina Maria Callas. L’antico borgo di Castelvetro e i dintorni, sono rimasti ancora come allora, luoghi dai contorni magici e suggestivi che non rinnegano il glorioso passato medievale fatto di contese per difendere il nobile casato dei Rangoni. Morbide colline che si dipanano a mezzogiorno, coperte di vigneti dove cresce il Grasparossa, l’uva con cui si ottiene l’inebriante lambrusco, una spumeggiante pozione magica a cui pochi riescono a resistere: rotondo, corposo, frizzante, fruttato, un esplosione di frutta rossa matura, al palato persistente, fresco ed avvolgente, a cui affiancare un’ampia gamma di vini ottenuta con uve esclusivamente modenesi.Novant’anni nei quali il mondo è cambiato, ma la memoria ha reso indelebili i successi conseguiti, i premi ricevuti, l’affezione dei clienti e di quanti in questi anni

hanno contribuito al successo di un impresa, che ancora oggi continua a godere di ottima salute, migliorando di anno in anno. Quanti trattori con rimorchio carichi di uve, frutto della fatica di intere famiglie, hanno varcato la soglia di quel cancello, quante storie di vita vera, di notti insonni, e di sveglie all’alba per rispettare la consegna alla cantina, che dai primi anni ’50 ha cominciato a imbottigliare con un proprio marchio. La facciata dell’edificio non è cambiata tanto in quasi un secolo di storia, ma le dimensioni oggi sono molto più ampie, e la tecnologia utilizzata è di primordine, pur avendo mantenuto un carattere assolutamente artigianale nella lavorazione delle uve e del vino.Accanto al complesso architettonico della cantina scorre un’arteria un tempo vitale, ieri strada ferrata che collegava Modena e Vignola, assicurando le spedizioni in Italia e all’estero, mentre oggi è una lingua d’asfalto battuta da biker e podisti. La vicinanza con il famoso ristorante Zoello, non ha fatto mai mancare le celebrità, ed erano in tanti che dopo aver pranzato al ristorante di fronte e pasteggiato a lambrusco o a rosè, chiedevano di acquistarne qualche bottiglia da portare a casa, come il campione di ciclismo Gino Bartali, uomo dall’elevata statura morale e sportivo delle vittorie impossibili, che arrivava con la sua Maserati, pranzava da Zoello, e immancabilmente veniva accompagnato a riempire il baule di buon lambrusco Grasparossa o Rosè, altro vanto della cantina, da portare nella sua Toscana. Anni di consolidamento, ma anche di penetrazione in nuovi mercati esteri che hanno portato risultati eccellenti e importanti riconoscimenti, e oggi raggiunto il traguardo dei novant’anni, è importante riflettere su ciò che si è costruito e sui nuovi progetti futuri, ma è anche giusto concedersi un meritato brindisi, magari con un calice di Rosè Grasparossa.

www.cantinasettecani.it

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AGRICOLTURA MESSA IN DISCUSSIONELa coltivazione dei campi, iniziata per permettere il

sostentamento degli addetti tramite l’autoconsumo della produzione e il baratto, è diventata “agroindustriale” nel

dopoguerra attraverso la trasformazione del prodotto agricolo in derrata, da offrire al mercato. La competitività ha imposto di

utilizzare in modo intensivo i mezzi di produzione. la genetica ed a specializzarsi per la frutticoltura, l’orticoltura, l’allevamento

ecc. La sostenibilità oggi impone nuove sfide: ambientali, socio-economiche e soprattutto garantire la disponibilità di cibo alla

popolazione del pianeta.

Alberto Guidorzi

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AGRICOLTURA OGGI

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Le due fasi dell’agricoltura

Per “fase agricola” dell’agricoltura s’intende quel modo di coltivare i campi che permetteva il sostentamento degli addetti tramite l’autoconsumo della produzione o al limite del baratto per appropriarsi di produzioni mancanti o di attrezzi. Però si era alla mercé delle avversità climatiche o di andamenti stagionali anomali: in Francia dall’VIII al XIX sec. le cronache parlano di 173 penurie e carestie di cibo di cui quasi la metà tra il IX e XII sec. Inoltre il valore prodotto era dato esclusivamente dal contenuto materiale e la produzione non teneva conto del costo perché dato in prevalenza da lavoro umano. È un’agricoltura che è durata 10.000 anni, grosso modo fino alla seconda guerra mondiale. Dopo, ha cominciato a crearsi la “fase agroindustriale” che piano piano ha trasformato il prodotto agricolo in “derrata” che è una contrazione della parola latina “denariata”, cioè da denaro. L’acquirente

industriale si è anche in parte occupato di dare direttive di coltivazione. Si è inoltre appropriato della formazione dei prezzi al consumo ed ha imposto il prezzo alla produzione. Il prezzo al consumo si è anche suddiviso in due componenti: una materiale (costo della materia prima) ed una con una parte immateriale (costo di trasformazione e valore aggiunto).

Quale possibilità è rimasta all’agricol-tore in questo nuovo contesto cambiato?

È stato obbligato ad aumentare le unità prodotte per unità di superficie e razionalizzare i costi, inoltre in presenza di domanda di cibo superiore all’offerta e soprattutto solvibile tutte le unità prodotte in più generavano un profitto. Sono queste le motivazioni della nascita dell’intensificazione dell’agricoltura, quindi se questa ora è rimessa in questione nessuno può dire “io sono innocente”. L’agricoltore

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ha dovuto “obtorto collo” anticipare denaro e non più solo forza muscolare, il consumatore, per di più ex-addetto agricolo inurbato per migliorare il suo vivere e non espulso come semplicisticamente si sente dire, doveva sfamare la sua famiglia sempre più esigente in prodotti di consumo per maggiore disponibilità finanziaria acquista, Di questa disponibilità di cibo deve quindi ringraziare l’agricoltura che gli ha permesso di avere da mangiare seppure inurbato. L’agroindustria, invece, ha dovuto ridurre i suoi costi per aumentare i consumi. Le istituzioni politiche nazionali e europee hanno fatto di tutto per sviluppare l’intensificazione dell’agricoltura tramite sussidi con fondi prelevati ai consumatori, ben contenti di acconsentire. Non dimentichiamo poi che i prodotti fitosanitari sono stati usati come fattore di aumento della produzione, ma anche per poter proporre dei prodotti di qualità e di aspetto esteriore imposti dal consumatore. Se prima in campagna si accontentava di

mangiare frutta bacata, di bere vino costituito semplicemente da una soluzione alcolica, il tutto autoprodotto o ricevuto in cambio di un pagamento in natura, quando si è presentato nella bottega del fruttivendolo o di alimentari ha preteso, giustamente, qualità e sanità.

Quindi se ora mettiamo in discussione l’agricoltura intensiva, ognuno si deve prendere le sue colpe e sapere cosa ci ha dato, senza che nessuno insorgesse.

Innanzitutto definiamola nelle sue peculiarità: 1- è utilizzatrice in modo intensivo di tutti i fattori di produzione disponibili (concimi, acqua, fitosanitari, lavoro/ha e lavoro/unità prodotta), 2 – Ha dovuto chiedere un aiuto indispensabile alla genetica affinché i fattori di produzioni avessero un rendimento sempre maggiore, 3 – si è dovuta specializzare e di conseguenza limitare le specie coltivate o darsi indirizzi specialistici (frutticoltura, orticoltura,

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allevamento ecc.). Alcuni dati a conferma: se nel 1950 si producevano 20 q/ha di frumento ed occorrevano 100 ore, nel 2000 occorrevano solo 2,5 di ore, o, se si vuole un altro parametro, in 100 secondi si raccoglievano 100 kg di frumento. Non possiamo a questo punto sottacere i risultati raggiunti in quanto, dove è stata praticata, ha soddisfatto i bisogni alimentari di tutta la popolazione, ha diminuito il costo del cibo facendolo diventare in certi casi banale, ha migliorato le condizioni di lavoro e ambientali dei contadini, ha sviluppato un’agroindustria con conseguente maggior occupazione diretta e nell’indotto. È stato in altri termini un accordo tra consumatori e produttori promosso dalle istituzioni nel senso che con soldi pubblici si sono sostenuti i redditi degli agricoltori in cambio di cibo abbondante e non caro per i consumatori. Ciò è avvenuto in USA già prima della II guerra mondiale, in Europa a partire dal dopoguerra, in Asia a partire dagli anni 1960, ed è stata conosciuta come “rivoluzione verde”,

e ultimamente si sono aggiunti Brasile e Cina ma settorialmente. Non possiamo pure sottacere che tutti gli scopi prefissi si sono raggiunti. Usa e Europa già negli anni ’70 del secolo scorso hanno raggiunto l’autosufficienza alimentare. Asia, Brasile e Cina hanno eliminato le carestie storiche, ma non le disparità nella disponibilità di cibo. Inoltre si è dato origine ad uno sviluppo dei commerci delle derrate e globalmente si è arrivati a produrre cibo che sfamerebbe tutti gli abitanti del globo, ciò che è rimasto carente è l’equa distribuzione che è la causa della isole di fame ancora persistenti.

Analizziamo perché l’agricoltura è messa in discussione

Quattro sono gli aspetti su cui si basano le critiche: - le conseguenze ambientali, - le conseguenze sanitarie,- aspetti etici, - conseguenze socio economiche. Nessuno può negare che sia stata una fonte, ma non la più importante, di

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inquinamento ambientale, che si sia abusato di risorse limitate come acqua e terreno, che la biodiversità delle nostre campagne sia mutata, che gli allevamenti si siano intensificati al punto da non tener conto del benessere animale e siano aumentate le deiezioni tanto da creare conseguenze ambientali. Dobbiamo però far notare che è stato il consumatore a volere ciò in quanto convinto che la dieta carnea era da preferire.Sanitariamente abbiamo constatato che gli alimenti vegetali e animali presentavano residui chimici di cui poco si conosceva, inoltre gli operatori hanno manipolato senza troppo rendersi conto sostanze molto pericolose Socialmente la meccanizzazione conseguente all’intensificazione ha comportato una riduzione di lavoro umano (in mezzo secolo gli addetti si sono ridotti di 5 volte) e la creazione di correnti interne di emigrazione, di cui abbiamo detto sopra. L’uomo è stato sostituito dalla macchina, ma in fin dei conti ne è stato felice. I sussidi

nell’Occidente, però, hanno indotto molti paesi ad agricoltura arretrata o di sola sussistenza ad abbandonare i campi ed ad inurbarsi in megalopoli perché qui era più facile vivere e trovare cibo a buon mercato. L’imprenditore agricolo ha perso via via la sua indipendenza decisionale ed l’attività agricola si è degradata, tanto che l’attività terziaria si è appropriata del plus valore del cibo (vedi grafico sopra).

Ecco, visto lo scenario delineato, possiamo subito chiederci è possibile abbandonare da subito l’agricoltura intensiva ed adottare altri tipi di agricoltura? Le eccessive scorte che ciclicamente abbiamo visto generarsi possono indurci a tagliare la produzione estensificando?

La risposta alla domanda è un no assoluto, perché incombono sull’agricoltura mondiale due compiti ineludibili: 1°- quasi la metà della

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popolazione mondiale si è affacciata sui mercati mondiali per comprare cibo e soprattutto con domanda solvibile e pertanto la concorrenza lascerà alla fame più nera la parte di popolazione con domanda di cibo poco solvibile in caso di quantità di derrate insufficiente. Inoltre, essa diverrebbe ben superiore al miliardo che oggi annoveriamo tra i sottonutriti e sofferenti la fame. 2° - fra una generazione o poco più, altri due o tre miliardi di persone si aggiungeranno agli attuali 7 miliardi e vorranno cibo.Alla domanda quali altri tipi di agricoltura adottare, il mondo più ricco e danaroso ha risposto con forme di agricoltura che vanno da quella biodinamica, a quella biologica (ambedue con tanto onore sui giornali), o assegnando alla nuova agricoltura aggettivi qualificativi indefiniti operativamente come: civica, ragionata, integrata, durevole, ecologicamente compatibile. Tralasciamo di parlare, perché improponibili come regole di fare agricoltura produttiva, delle forme di agricoltura impregnate

di componenti ipersalutistiche, olistiche o addirittura antroposofiche, come quelle derivate dalle teorie di Rudolf Steiner o di Masanobu Fukuoka, meglio conosciute come agricoltura “biodinamica” (la pianta è un’immagine delle forze agenti nel cosmo) e “agricoltura naturale o del non fare” (non arare, non sarchiare, con concimare, non trattare; seminare e raccogliere) che ha un suo emulo attuale nel francese Carl Bonfils che ha inventato l’agricoltura “biologica vegetaliana” e quella definita “sinergica” della spagnola Emilia Hazelip e limitiamoci a parlare brevemente delle altre. Ora è in voga il produrre biologico, caratterizzato da una minor produzione (-35% in grande coltura, -25% in viticoltura e -50% in frutticoltura) per insufficiente supporto nutritivo e protettivo, ma nessuno si è posto il problema di ipotizzare lo scenario col 20% di questa agricoltura e quindi di un 80% di quella intensiva o convenzionale, come si dice ora, Ebbene non è difficile prevedere un tracollo dell’una e dell’altra, per

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il semplice fatto che il 2% attuale di agricoltura biologica riesce in qualche modo a difendersi perché l’inoculo parassitario è tenuto a freno dal 98% di agricoltura protetta dai trattamenti, ma a livello di un 20% non lo sarà più, non solo, ma anche la convenzionale non sarà più proteggibile convenientemente perché l’inoculo parassitario aumenterà ancora di più. La mondializzazione porterà poi nuovi parassiti in zone che ne erano immuni.

La Mondializzazione degli scambi quale influenza ha avuto sul cibo?Sicuramente un’influenza negativa, ma non per la mondializzazione in se, ma per come è stata realizzata. Tra l’altro ha toccato le agricolture più arretrate incapaci di evoluzione tecnico-produttiva con la conseguenza di sradicare dai campi le relative popolazioni, che bene o male si sostenevano e per andare a creare le megalopoli dei paesi sottosviluppati o in via di sviluppo. Si innestò in questo modo un fenomeno nuovo

in quanto lo sfamarsi dipese dalle sovvenzioni pubbliche, ma rendendo la domanda di cibo di questi paesi sempre meno solvibile. D’altronde se prendiamo ad esempio i dati del frumento del primo diagramma ed osserviamo l’evoluzione dei prezzi, dobbiamo immaginare che coloro i quali hanno avuto aumenti produttivi, rapportati alla diminuzione dei prezzi, molto bassi hanno dismesso le coltivazioni ed lasciato le campagne, se poi vi aggiungiamo che in questi paesi l’aumento demografico è stato tra i più spinti comprendiamo che la stabilità politica è legata alla sola possibilità di tacitare la ricerca di cibo calmierando i prezzi del prodotto importato senza avere la possibilità di far crescere l’autoproduzione.Questo discorso lo si può trasferire al mais e agli allevamenti e perfino alle piante indigene amidifere (come possono essere le banane, la manioca o il taro), che seppure senza mercato hanno subito la concorrenza di altro cibo a bassi prezzi).

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La questione finale si riassume dunque nella domanda: è possibile creare un’agricoltura più sostenibile, nel senso di economicamente ancora valida, socialmente responsabile e sensibile all’ambiente?

Forse sorprenderò molti dicendo che essa è iniziata da tempo nella totale ignoranza del consumatore anzi nella sua più ferma convinzione che siamo di fronte ad un avvelenamento progressivo e generale, quando, invece, i prodotti del passato non lo facevano. Vogliamo portare qualche esempio? Gli insetticidi citati sui manuali del 1938 erano: composti arsenicali, fosfuro di zinco, nicotina, polisolfuri, acido cianidrico, idrocarburi e solfuro di carbonio. Tutti questi sono stati messi al bando e l’arsenico è l’unico elemento insetticida con provata azione cancerogena, tra l’altro l’arsenico è un inquinante naturale dello zolfo e questo è considerato un fitofarmaco

naturale ed è usato in agricoltura biologica come pure il rame che è un metallo pesante e si accumula nel terreno. Ma quanti altri prodotti prima usati senza le opportune precauzioni sono invece stati radiati e non più in uso da tempo? Cito a mo d’esempio tutti gli insetticidi delle categorie dei carbammati, i cloroderivati, i forsforganici. A titolo di prova se all’atto della Direttiva n° 91/414/CEE erano 984 i principi attivi ammessi, dopo 20 anni ne sono stati radiati 600. Uscendo dai casi particolari e per generalizzare, citiamo il dato divulgato da ECPA (European Crop Protection Association), sull’evoluzione delle dosi dei prodotti fitofarmaceutici usati/ha, esse sono state divise per nove tra il 1950 ed il 2000 (da 1,3 Kg/ha a 150 g/ha), ma nel contempo l’indice di sicurezza (DGA-Dose Giornaliera Ammissibile) è stato moltiplicato per cinque volte. Oppure, come dice Bruce N. Ames nel suo« Dietary pesticides, (99,99 % all natural) », su 10000 molecole pesticide che noi mangiamo

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9999 sono naturalmente prodotte dalle piante e solo 1 è di sintesi. L’AFSSA francese ha condotto uno studio recente sull’alimentazione totale dei francesi e ne ha ricavato che il 58% dei campioni di cibo rivelavano almeno un pesticida quantificabile ed il 74% mostravano solo tracce. Tuttavia tutti i valori restavano molto largamente inferiori (con fattori da 10 a 100) allo LMR-Limite Massimo dei Residui consentiti dal’UE ed in vigore dal settembre 2008. Uno studio condotto da Graham Brookes e Peter Barfoot ha stimato che nel periodo 1996/2009 l’introduzione delle colture OGM abbia comportato una riduzione dell’uso dei fitofarmici tale da consentire un minore impatto ambientale del 17,1%. Per misurare l’impatto ambientale hanno usato l’indice EIQ (quoziente di impatto ambientale).Per quanto riguarda i concimi, se vi è stato un momento di esagerazione prima della crisi petrolifera, sono ornai 40 anni che le concimazione devono essere ragionate in quanto

incidono sui costi in modo sostanziale. Basta un solo dato, su una coltivazione particolarmente golosa come lo è la barbabietola da zucchero si è raddoppiata la produzione pur diminuendo della metà le somministrazioni di azoto, inoltre molte somministrazioni sono frazionate e effettuate su basi analitiche e in funzione dei soli bisogni fisiologici e di quanto il terreno ha in scorta. Comunque non si può prescindere dalla seguente constatazione, prima di far credere che l’agricoltura possa farsi senza concimazione minerale: nel 1900 (e allora si coltivava veramente biologico) l’agricoltura mondiale dava da mangiare a 1600 milioni di abitanti, coltivando 850.000 ha in modo estensivo e senza uso di concimi minerali, ora, se coltivassimo alla stessa maniera gli 1,5 milioni di ettari attuali, non potremmo che assicurare una dieta uguale a quella del 1900 ad un numero di abitanti doppio, vale a dire 3 miliardi di persone. E gli altri 4 miliardi di persone che ora abitano la Terra, cosa mangerebbero? Si tralascia, inoltre,

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di dire che i 3 miliardi potrebbero contare su una dieta da tutti ritenuta ora inappropriata!In conclusione: mai gli alimenti e le bevande sono state più sicure dell’inizio del terzo millennio, ma in questo trend non occorre fermarsi. Il rischio di morire a causa della nostra alimentazione è molto basso, escludendo evidentemente l’esagerazione o la mancanza. Nell’alimentarsi, il rischio non sta in ciò che è venefico nel contenuto dei cibi, ma quasi esclusivamente in una alimentazione non

equilibrata ed i cancerologi ci dicono che almeno un 30% di tumori potrebbero essere evitati nutrendoci meglio e diversificando.

Alberto GuidorziAgronomo

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È STATA APERTA LA NUOVA ENOTECA REGIONALE DELLA PROVINCIA DI COSENZA IL 25 OTTOBRE È AVVENUTA L’INAUGURAZIONE NEGLI SPAZI RESTAURATI DELLA EX CHIESA DI SANTA MARIA DI COSTANTINOPOLI Si è tenuta venerdì 25 ottobre l’inaugurazione dell’Enoteca Regionale della Provincia di Cosenza presentata ufficialmente nei giorni scorsi dal presidente dell’ente Mario Oliverio.Pregevolmente restaurati gli spazi dell’ex Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli sottostanti lo storico Palazzo di Piazza XV marzo e dislocato l’insieme degli arredi, è avviata a conclusione anche la fase di collocazione dei vini della aziende produttrici della Calabria. Decine i produttori che hanno aderito e molte le etichette nella nuova struttura enogastronomica che avvia le sue numerose attività in un momento particolarmente importante. Come rilevano infatti gli esperti, c’è molta attesa nel settore del vino per le produzioni della regione che sta sviluppando appieno le sue potenzialità.

« Nasce la prima enoteca regionale dei vini di Calabria» afferma il presidente dell’ente Mario Oliverio in vista dell’evento d’apertura. «L’Enoteca – prosegue Oliverio - sarà uno strumento al servizio delle aziende vitivinicole calabresi che in questi anni hanno saputo compiere un salto di qualità e realizzare traguardi importanti, proiettando i nostri vini nel circuito delle eccellenze enologiche italiane ed europee. Sarà un luogo aperto all’incontro, al confronto, alla formazione- un passo importante per affermare una cultura nuova, capace di scommettere sulla qualità delle produzioni agroalimentari. Una opportunità, insomma - spiega ancora il presidente della Provincia di Cosenza - per il settore della ristorazione che deve essere accompagnato con decisione in percorsi che arrivino a elevare sempre più l’offerta enogastronomica basata sulle nostre produzioni agroalimentari, utilizzate al meglio per incontrare il gusto e le aspettative dei consumatori. Un fattore di prima importanza, questo, che porta con sé una via di sicuro sviluppo turistico». «L’Enoteca- conclude Oliverio - celebrerà il trionfo di uno dei valori per noi più sacri: l’ospitalità».

Elvira Madrigrano

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A+FORUM 2013Internazionalizzazione: scelta obbligata per valorizzare la competitività delle PMI italiane

Cosa pensano le imprese del Nord Italia su mercati esteri, strategie ed azioni per affermarsi

29 novembre 2013 - ore 14.00 - 18.30Museo Oratorio dei FiorentiniSala di Rappresentanza della Banca di BolognaCorte de’ Galluzzi 6 - Bologna

Il Forum 2013 di A+network, organizzato in collaborazione con Fondazione Alma Mater e Federmanager Bologna, presenterà i risultati di una ricerca condotta da A+network su un campione di imprese del Nord Italia riguardante i processi di internazionalizzazione delle PMI.

Stato dell’arte, opportunità e strategie saranno discussi da un gruppo qualificato di imprenditori, manager ed esperti.

Sono invitati a partecipare esponenti del mondo produttivo, consulenti, associazioni di categoria e istituzioni pubbliche.

Il programma definitivo sarà reso disponibile a breve.

Per informazioni: [email protected]

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Pietro Catizone Lorenzo Barbanti Ilaria Marotti Giovanni Dinelli

PRODUZIONE ED IMPIEGO

DELLE PIANTE OFFICINALI

ISBN 9788855532334 formato 20 x 27 pag. 352 anno 2013 prezzo € 44.00

Per info: Pàtron editore s.r.l. via Badini 12, Quarto Inferiore - 40057 Granarolo dell’Emilia (BO)tel. 051 767003 - fax 051 768252 - [email protected] - www.patroneditore.com

Il termine piante officinali definisce un ampio gruppo di specie vegetali utilizzate, in passato, nelle officine farmaceutiche ma, in una accezione più ampia, include anche le piante per uso aromatico, cosmetico, colorante, biocida ed agrofunzionale. Questa categoria di piante ha avuto un grande interesse economico che si è perso, nel tempo, con l’evoluzione della chimica in grado di produrre, per via sintetica, quasi tutti “i principi attivi officinali”. L’odierna crescente richiesta di prodotti naturali, in grado di fornire effetti complessi che le molecole di sintesi non sempre assicurano, ha riaperto l’interesse per le piante officinali motivando la preparazione di un nuovo libro: Produzione ed impiego delle piante officinali. Quest’opera, frutto della collaborazione di un gruppo di specialisti, di seguito elencati, tratta, oltre che gli aspetti agronomici di un buon numero di specie anche il metabolismo, l’utilizzo, l’espressione dei principi attivi, gli aspetti economici e legislativi ed i processi post-raccolta delle piante officinali.

Questo volume sostituisce Coltivazione delle piante medicinali e aromatiche di Catizone, Marotti, Toderi e Tétény, edito da Pàtron nel 1986, che per un quarto di secolo è stato un punto di riferimento per studenti ed operatori del settore.

L’opera vuole fornire la cornice generale ove inquadrare la conoscenza professionale atta al consiglio terapeutico e all’uso delle piante officinali. Le molecole indicate costituiscono la base di conoscenza scientifica per il loro inserimento terapeu-tico in alcune patologie conclamate e nella medicina preventiva. Le molecole vegetali inserite nei loro naturali fitocomplessi possono realizzare, con l’aiuto del medico, una primaria azione coadiuvante la terapia farmacologica.

Le piante officinali, ma anche le piante con i loro frutti ad uso alimentare, danno un valore superiore alla singola molecola che viene attivata e potenziata, nei suoi effetti, da altre molecole in esse contenute. In un tempo, come il nostro, in cui domina la medicina sintomatologica, per ogni segno e sintomo clinico è disponibile uno specifico farmaco, la conoscenza della complessità e specificità delle molecole contenute nelle piante officinali, apre nuove strade per “curare” le cause delle patologie umane ed animali.

PRODUZIONE ED IMPIEGODELLE PIANTE OFFICINALI

Il termine piante officinali definisce un ampio gruppo di specie vegetali utilizzate, in passato, nelle officine farmaceutiche ma, in una accezione più ampia, include anche le piante per uso aromatico, cosmetico, colorante, biocida ed agrofunzionale. Questa categoria di piante ha avuto un grande interesse economico che si è perso, nel tempo, con l’evoluzione della chimica in grado di produrre, per via sintetica, quasi tutti “i principi attivi officinali”. L’odierna crescente richiesta di prodotti naturali, in grado di fornire effetti complessi che le molecole di sintesi non sempre assicurano, ha riaperto l’interesse per le piante officinali motivando la preparazione di un nuovo libro: Produzione ed impiego delle piante officinali. Quest’opera, frutto della collaborazione di un gruppo di specialisti, di seguito elencati, tratta, oltre che gli aspetti agronomici di un buon numero di specie anche il metabolismo, l’utilizzo, l’espressione dei principi attivi, gli aspetti economici e legislativi ed i processi postraccolta delle

piante officinali. Questo volume sostituisce Coltivazione delle piante medicinali e aromatiche di Catizone, Marotti, Toderi e Tétény, edito da Pàtron nel 1986, che per un quarto di secolo è stato un punto di riferimento per studenti ed operatori del settore. L’opera vuole fornire la cornice generale ove inquadrare la conoscenza professionale atta al consiglio terapeutico e all’uso delle piante officinali. Le molecole indicate costituiscono la base di conoscenza scientifica per il loro inserimento terapeutico in alcune patologie conclamate e nella medicina preventiva. Le molecole vegetali inserite nei loro naturali fitocomplessi possono realizzare, con l’aiuto del medico, una primaria azione coadiuvante la terapia farmacologica. Le piante officinali, ma anche le piante con i loro frutti ad uso alimentare, danno un valore superiore alla singola molecola che viene attivata e potenziata, nei suoi effetti, da altre molecole in esse contenute. In un tempo, come il nostro, in cui domina la medicina sintomatologica, per ogni segno e sintomo clinico è disponibile uno specifico farmaco, la conoscenza della complessità e specificità delle molecole contenute nelle piante officinali, apre nuove strade per “curare” le cause delle patologie umane ed animali.

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GUIDE VINI, CASALFARNETO AL TOPA CRISIO I 3 BICCHIERI DEL GAMBERO ROSSO E LA CORONA DEL TOURING CLUB, A CIMAIO I 5 GRAPPOLI BIBENDA

Massimi riconoscimenti al Verdicchio firmato CasalFarneto nelle Guide dei migliori vini italiani. Crisio 2011 “Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Classico DOCG” ha ricevuto i 3 Bicchieri della Guida Vini d’Italia 2014 Gambero Rosso e la Corona della Guida Vini buoni d’Italia 2014 Touring Club. Bibenda Vini e Ristoranti d’Italia ha inoltre assegnato i 5 grappoli a Cimaio 2010 “Marche Bianco IGT”.

Grande soddisfazione da parte della Cantina CasalFarneto di Serra de’ Conti, che in pochi anni (è stata acquisita nel 2005 dal Gruppo Togni) è riuscita ad esprimere l’eccellenza della tradizione enologica marchigiana: “È davvero gratificante vedere premiato il nostro impegno per valorizzare al meglio uno straordinario vitigno – commentano Paola e Paolo Togni, alla guida del Gruppo –; grazie ad un lavoro meticoloso sulla qualità condotto dai nostri enologi, queste due espressioni del Verdicchio e del territorio continuano a crescere e a ricevere grandi apprezzamenti”.

Da sottolineare in particolare l’exploit di Crisio, che in appena tre annate ha ottenuto risultati eclatanti. Nato nel 2009 grazie ad un gruppo di lavoro presieduto dall’enologo Franco Bernabei, Crisio ottiene i 3 Bicchieri del Gambero Rosso per il secondo anno consecutivo e cresce nella guida Vini Buoni d’Italia

Touring Club, dove aveva già ricevuto la Golden Star. Crisio è ottenuto dai vigneti più vocati di Serra de’ Conti; le bassissime rese in vendemmia che concentrano le componenti, gli attenti procedimenti di vinificazione, fermentazione e affinamento, portano il muscoloso Verdicchio a pregevoli livelli di finezza, conferendo a questo vino un profilo sensoriale molto complesso, di grande eleganza e grandi profumi.

Cimaio scopre e valorizza diverse e altrettanto straordinarie qualità del Verdicchio. Dai dolci sentori di vaniglia, mele, mandorla e miele con sfumature speziate, Cimaio è un vino ottenuto da uve di Verdicchio in purezza e dal sapore persistente, con struttura avvolgente, morbido e caldo. E con una particolarità tutta sua: le uve vengono vendemmiate a fine novembre in avanzato stato di maturazione, quando vengono attaccate e ricoperte da muffe nobili, caratteristica che conferisce quelle peculiari note minerali, amarognole ma rotonde e sapide. Lungo e meticoloso il procedimento di vinificazione: la fermentazione del mosto avviene in barili di legno nobile tostato e il prodotto ottenuto viene fatto affinare in cantina per lungo tempo, immettendolo in commercio solo dopo 24-30 mesi dalla vendemmia. Cimaio è insignito dall’Associazione Italiana Sommelier dei 5 Grappoli sulla guida Bibenda per il terzo anno consecutivo. [email protected]

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APPUNTAMENTI

CORSI ONAV LOMBARDIA:SI APRE LA NUOVA STAGIONE DEL BERE RESPONSABILE

Ricominciano in Lombardia i corsi organizzati da Onav,vere e proprie lezioni di educazione al consumo consapevole.

Un calendario d’incontri dedicato agli appassionati di vino e al bere responsabile. È questa la proposta di Onav Lombardia che, per tutto l’autunno, organizzerà in diverse provincie della regione i corsi per diventare un assaggiatore Onav. Da Lodi a Bergamo fino a Brescia e Treviglio, Onav prosegue dunque il proprio percorso per diffondere la cultura del vino ma soprattutto per sensibilizzare i più giovani al bere responsabile. La volontà di Onav Lombardia, una delle delegazioni più attive all’interno dell’Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vino, è infatti diffondere una conoscenza del vino che metta in risalto il valore culturale che questo prodotto rappresenta per il nostro Paese. Ecco le informazioni dei corsi città per città.

LODI - A Lodi il corso Onav Lombardia avrà inizio il 5 novembre, alle ore 21.00, presso il PARCO TECNOLOGICO PADANO, Via Einstein - Loc. Cascina Codazza, Lodi.Per informazioni sul corso e per prenotazioni: contattare Marcello Biffi: 335 232178 - [email protected]

BERGAMO - Sono due i corsi che Onav Lombardia ha in programma a Bergamo. Il primo inizierà il 12 novembre, alle ore 21.00, al STARHOTELS CRISTALLO PALACE, Via B.Ambiveri, 35. L’altro si terrà invece a Treviglio presso LA CASA ALTI FORMAGGI, Via Roggia Vignola, 9 e prenderà il via il 20 novembre. Per informazioni sul corso e per prenotazioni contattare Simonetta Carminati 334 6782033 - [email protected]

BRESCIA - A Brescia il corso Onav Lombardia avrà inizio il 14 novembre, alle ore 21.00, presso CASTALIMENTI, in via Serenissima, 3 a Brescia. Per informazioni sul corso e per prenotazioni contattare Fabio Finazzi 030 364755 -335 7599009 – 334 6782034 - [email protected]

Diventare assaggiatore Onav è facile. Tutti gli interessati possono accedere ai corsi organizzati nella propria città. La quota di partecipazione comprende 18 lezioni, il testo didattico, una valigetta con 6 bicchieri ISO da degustazione e l’iscrizione all’Associazione per due anni. Al termine del corso, dopo un esame finale, viene rilasciata la “Patente di Assaggiatore” riconosciuta dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, che permette l’iscrizione nell’albo nazionale degli Assaggiatori. L’Onav è infatti un’associazione legalmente riconosciuta.

Per ulteriori informazioni:[email protected]

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OPO VenetoVERSO IL RICONOSCIMENTO DEL PROTOCOLLO BIODIVERISTY FRIENDIl vento va nella direzione di prodotti genuini, coltivati in ambienti dove la biodiversità è un valore. C’è domanda di cibi sani e veramente garantiti. Questi sono richiesti da un numero crescente di consumatori, dal mercato e dalla stessa Grande distribuzione. I numeri sono ancora piccoli, ma la tendenza indica che si sta camminando nella direzione giusta. E’ una sensibilità ambientale che si registra in particolare nel mondo orticolo, ma si stanno convertendo anche altri settori, come il vitivinicolo. Questo è stato messo in evidenza a Verona nell’assemblea annuale della WBA, World biodiversity association, presieduta da Gianfranco Caoduro, alla quale si stanno rivolgendo diverse aziende per farsi analizzare in vista di ottenere il certificato “Biodiversity friend”. Si sta consolidando l’Associazione, con un consenso che si va ampliando in particolare nel mondo della scuola. Sta sviluppando una vivace attività di ricerca, di formazione e di informazione. L’obiettivo prossimo potrebbe essere il riconoscimento ufficiale del protocollo “Biodiversity friend”, ideato dalla WBA, il quale rafforzerebbe il valore dell’attestazione e darebbe maggiore forza operativa e comunicativa. “Il nostro impegno - commenta il presidente Gianfranco Caoduro - si rivolge in particolare ai consumatori, garantendo la naturalità e la sanità dei cibi, e agli agricoltori, dando ad essi una prospettiva di qualità che permetta di stare sul mercato in modo più efficace e più originale. La qualità del prodotto è, dunque, abbinata alla qualità dell’ambiente”. Tra i partner della WBA c’è OPO Veneto, che ne ha sposato fin dall’inizio la causa e ne divulga i valori tra soci e consumatori. Francesco Arrigoni, direttore di OPO Veneto afferma: “C’è un messaggio importante da far passare e attiene alla sostanza stessa della biodiversità, un valore che dà ricchezza al gusto. La varietà dei prodotti nei piatti quotidiani è un fattore di piacere, che ne accresce le potenzialità gustative. A tavola, oltre ai prodotti, si assapora l’ambiente, l’ecosistema dal quale gli stessi provengono”. La prima azienda orticola veneta ad ottenere il riconoscimento è stata l’azienda socia di O.P.O. Veneto, Bagari di Luca Callegaro con sede nel comprensorio orticolo di Lusia. L’ultima azienda orticola a certificarsi “Biodiversity friend”, è Nonno Andrea di Villorba, in provincia di Treviso, azienda del presidente del Consorzio del radicchio Igp di Treviso e di Castelfranco Paolo Manzan.

www.ortoveneto.it

Gianfranco Caoduro

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