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JUS- ONLINE 6/2020 ISSN 1827-7942 RIVISTA DI SCIENZE GIURIDICHE a cura della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica di Milano VP VITA E PENSIERO ALESSANDRO MAZZULLO Dottorando in Diritto privato del mercato, Università La Sapienza di Roma Disclosure e sustainable finance. Dall'informazione del cliente alla conformazione del mercato sostenibile English title: Disclosure and sustainable finance. From informing the client to conforming the sustainable market DOI: 10.26350/18277942_000014 Sommario: 1. La trasparenza come strumento di efficienza del mercato. 2. Dal dovere di informare al dovere di far comprendere. 3. La non-financial disclosure per gli enti di interesse pubblico. 4. Dalla trasparenza per informare alla trasparenza per conformare il mercato. 5. Dal mercato dei prodotti finanziari sostenibili alla sostenibilità come prodotto del mercato finanziario. 5.1. Il framework normativo europeo. 5.2. La disclosure ESG nella Direttiva IORP II e SRD II. 5.3. Il Reg. UE n. 2019/2088, come modificato dal Reg. UE n. 2020/852. 1. La trasparenza come strumento di efficienza del mercato La trasparenza rappresenta, tradizionalmente, uno dei principali obiettivi della disciplina dei mercati finanziari 1 . Già alla fine del XIX secolo, il contenuto principale dei fiduciary duties gravanti sul broker consisteva in obblighi di carattere prevalentemente informativo nei confronti del proprio client 2 : i) non solo riguardo al compimento delle varie operazioni che contraddistinguevano il rapporto di investimento 3 ; ii) ma anche in relazione ai possibili conflitti di interesse (c.d. no conflict rule); all’esistenza di meccanismi di incentivazione economica ulteriori rispetto alla commissione (c.d. no profit rule) 4 ; iii) o, Il contributo è stato sottoposto a double blind peer review. 1 Cfr. P. Lucantoni, L’informazione da prospetto. Struttura e funzione nel mercato regolato, Giuffrè, 2020, p. 1; R. Costi, Il mercato mobiliare, Giappichelli 2018, p. 6. 2 Sul punto, si veda D. Imbruglia, Regola di adeguatezza e validità del contratto, in Europa e Diritto Privato, fasc.2, 2016, pag. 335. 3 Si veda Supreme Court of New York, 1880, Hoffman v. Livingstone, 46 N. Y. Sup. Ct. 552 4 Si veda House of Lords, 18-12-1895, Bray v. Ford, [1896] AC 51.

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JUS- ONLINE 6/2020 ISSN 1827-7942 RIVISTA DI SCIENZE GIURIDICHE a cura della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica di Milano

VP VITA E PENSIERO

ALESSANDRO MAZZULLO

Dottorando in Diritto privato del mercato, Università La Sapienza di

Roma

Disclosure e sustainable finance. Dall'informazione del cliente

alla conformazione del mercato sostenibile

English title: Disclosure and sustainable finance. From informing the

client to conforming the sustainable market

DOI: 10.26350/18277942_000014

Sommario: 1. La trasparenza come strumento di efficienza del

mercato. 2. Dal dovere di informare al dovere di far comprendere. 3.

La non-financial disclosure per gli enti di interesse pubblico. 4. Dalla

trasparenza per informare alla trasparenza per conformare il

mercato. 5. Dal mercato dei prodotti finanziari sostenibili alla

sostenibilità come prodotto del mercato finanziario. 5.1. Il

framework normativo europeo. 5.2. La disclosure ESG nella

Direttiva IORP II e SRD II. 5.3. Il Reg. UE n. 2019/2088, come

modificato dal Reg. UE n. 2020/852.

1. La trasparenza come strumento di efficienza del mercato

La trasparenza rappresenta, tradizionalmente, uno dei principali obiettivi

della disciplina dei mercati finanziari1.

Già alla fine del XIX secolo, il contenuto principale dei fiduciary duties

gravanti sul broker consisteva in obblighi di carattere prevalentemente

informativo nei confronti del proprio client2: i) non solo riguardo al

compimento delle varie operazioni che contraddistinguevano il rapporto

di investimento3; ii) ma anche in relazione ai possibili conflitti di interesse

(c.d. no conflict rule); all’esistenza di meccanismi di incentivazione

economica ulteriori rispetto alla commissione (c.d. no profit rule)4; iii) o,

Il contributo è stato sottoposto a double blind peer review. 1 Cfr. P. Lucantoni, L’informazione da prospetto. Struttura e funzione nel mercato regolato, Giuffrè, 2020, p. 1; R. Costi, Il mercato mobiliare, Giappichelli 2018, p. 6. 2 Sul punto, si veda D. Imbruglia, Regola di adeguatezza e validità del contratto, in Europa e Diritto Privato, fasc.2, 2016, pag. 335. 3 Si veda Supreme Court of New York, 1880, Hoffman v. Livingstone, 46 N. Y. Sup. Ct. 552 4 Si veda House of Lords, 18-12-1895, Bray v. Ford, [1896] AC 51.

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ancora, alla possibile coesistenza, in capo al broker, della posizione di

buyer e seller 5.

Si trattava di obblighi che non nascevano dal singolo contratto, ma dal

rapporto fiduciario (più specificamente di agency6) che legava client e

broker e che derogava alla logica comune del caveat emptor7.

Com’è stato acutamente sottolineato8, dal punto di vista strutturale, tali

norme operavano sul piano delle regole di condotta, più che di validità. La

conseguenza della violazione di tali obblighi di trasparenza, in altri

termini, non inficiava gli effetti del contratto, ma la responsabilità del

contraente scorretto su cui gravava l’obbligo alternativo di disclose or

abstain.

Al client, in realtà, erano riconosciute anche altre forme di tutela, come: i)

il diritto al c.d. disgorgement, ovvero all’attribuzione a sè del guadagno

ottenuto dal broker tramite la violazione dei propri doveri fiduciari; ii) il

diritto alla risoluzione del rapporto di brokeraggio; iii) o, infine, il diritto

al disconoscimento degli effetti dell’attività d’intermediazione finanziaria

svolta, per suo conto, dal broker scorretto9.

Il breach of a fiduciary duty, tuttavia, non inficiava la possibilità

giuridica del rapporto. La dimensione degli interessi tutelati, d’altronde,

rimaneva essenzialmente relegata alla relazione negoziale tra le parti; alla

specificità del rapporto fiduciario di agency dentro cui si collocava il

contratto di brokeraggio.

5 Cfr. Court of Appeals of the State of New York, 31-05-1881, Levy v. Loeb. Al riguardo, come ricorda D. Imbruglia, ult. op. cit., da notare la diversa regola operante in Inghilterra (c.d. di single capacity) che vietava al broker di scambiare titoli propri. 6 Sull’esistenza o meno, all’interno del dibattito giurisprudenziale nord-americano, di un automatismo tra rapporto di agency e fiduciary relationship, si veda l’indirizzo maggioritario espresso da Supreme Court of Colorado, 12-05-1986, Paine, Webber, Jackson & Curtis v. Adams, 718 P. 2d 516, secondo cui: “[the] fiduciary nature of a broker-customer relationship is a factual issue”. 7 La formulazione del principio, riassunto nel brocardo caveat emptor, si deve a Lord Mansfield secondo cui non doveva essere riconosciuta, nel contratto, una garanzia implicita circa la buona qualità della cosa venduta. Solo in seguito, nel diritto inglese, il predetto principio viene attenuato attraverso il ricorso ai c.d. implied terms, per poi essere definitivamente accolto nel Sale of Goods Act del 1893. Sul punto, si veda P. Gallo, Introduzione al diritto comparato, Vol. II, Istituti giuridici, Giappichelli, 2018, p. 138. Con riferimento all’esperienza statunitense, si veda la decisione Supreme Court of United States, 21-01-1889, Galigher v. Jones, 129 U.S. 193 e, in dottrina, la ricostruzione di E. Norton, A Simple Purchase and Sale Through a Stockbroker, in Harv. Law Rev., 1895, 435. 8 D. Imbruglia, ult. op. cit. 9 Si veda, sempre, D. Imbruglia, ult. op. cit.

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L’apertura del mercato mobiliare alla contrattazione di massa segna il

fondamentale allontanamento del rapporto di intermediazione finanziaria

dallo schema del contratto di agency.

Le ragioni di tutela che fondavano i fiduciary duties, anziché diminuire,

aumentarono, cominciando ad assumere la dimensione super-individuale

che ancora oggi le caratterizza.

La grande crisi del ‘29, in particolare, rese evidente i limiti di un mercato

ormai profondamente rinnovato, sia sotto il profilo soggettivo (per la

presenza di investitori sempre più “unsophisticated”), sia sotto il profilo

oggettivo (per la messa in circolazione di prodotti finanziari sempre più

“sophisticated”).

In tale passaggio, la trasparenza continuò a costituire un obbligo giuridico

a carico dell’intermediario. Ma la fonte non andava più ricercata nei

fiduciary duties della substantive law elaborata dalla Corti in accordo con

la dottrina del precedente giudiziario; quanto piuttosto nelle nuove

conduct of business rules introdotte da una regolamentazione speciale

pensata appositamente per le esigenze specifiche del mercato

finanziario10.

In quest’ottica, il dovere di trasparenza veniva confermato ma anche

trasformato alla luce della sua nuova funzione.

Scopo finale di questa regolamentazione speciale era (e, in larga misura, è

tutt’ora) tutelare la fiducia degli investitori rispetto al mercato, prima

ancora di quella del singolo investitore rispetto al singolo broker. Tale

fiducia, d’altra parte, costituiva elemento indispensabile per il buon

funzionamento di un mercato perfettamente concorrenziale11.

La trasparenza, in tal senso, è funzionale all’eliminazione delle

asimmetrie informative12 e si presenta come “l'inveramento del modello

10 A. Hudson, The Law of Finance, Sweet & Maxwell, 2009, pp. 14-15. 11 Nel senso della riconduzione di tali regole alla capacità allocativa del mercato: D. Imbruglia, ult. op. cit.; V. Scalisi, Dovere di informazione e attività di intermediazione mobiliare, Riv. dir. civ., 1994, II, 169; R. Costi, Tutela degli interessi e mercato finanziario, in Riv. trim. dir. e proc. civ. 1999. p. 777; S. Grundmann, La struttura del diritto europeo dei contratti, in Rivista di diritto civile, (3), p. 396; S. Mazzamuto, Diritto civile europeo e diritti nazionali: costruire l’unità nel rispetto della diversità, in Contr. impr., 2005, 531; R. Natoli, Regole di validità e regole di responsabilità tra diritto civile e nuovo diritto dei mercati finanziari, in Banca borsa, 2012, II, 177; G. Grisi, Informazioni (obblighi di), in Enc. dir., IV (Milano 2011), 605-609. 12 Sulla relazione tra efficienza del mercato e asimmetrie informative, si rinvia al celebre saggio di G. Akerlof, The Market for ‘Lemons’: Quality Uncertainty and the Market Mechanism, Quart. Journ. Econ., 1970, pp. 488 e ss., in cui l’A. dimostrava come l’assenza di informazioni adeguate, per distinguere una buona auto da un bidone (“lemon”), conduceva ad una contrazione quantitativa della domanda e ad una

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di scambio immaginato dal legislatore moderno del contratto e posto a

base dei principi che regolano l'autonomia privata nei codici moderni”13.

La logica di fondo è quella del contratto come accordo libero e

consapevole, piuttosto che come scambio equo14. Ai fini della sua validità,

non conta tanto la sua giustizia sostanziale15, quanto quella procedurale

costruita intorno al dogma della volontà e al progressivo diffondersi del

liberalismo, in campo politico, e del liberismo (e neoliberismo), in campo

economico.

Com’è stato autorevolmente sottolineato, la nuova regolamentazione

(speciale) si propone di “sostituire al tradizionale intervento «a valle»

che correggeva l'esito di queste distorsioni, ossia il rapporto di scambio

tra bene e corrispettivo, un intervento «a monte» che riequilibri le

condizioni della contrattazione, ossia che corregga le asimmetrie

informative e irrigidisca l'assetto normativo degli obblighi reciproci dei

contraenti: dunque, in luogo della «misura politica» il ripristino della

«misura mercantile» ma attinta, ora, sulla base di un mercato

dispiegato ed efficiente”16.

Del resto, le teorie medioevali del giusto prezzo e della giustizia

contrattuale entrano in crisi proprio con l’età moderna, attraverso: i)

l’idea smithiana della mano invisibile che regola il mercato e che assicura

la inconsapevole coincidenza tra perseguimento dell’interesse personale e

progresso della società17; ii) l’individualismo di Mandeville18; le teorie

riduzione qualitativa dell’offerta, in un circolo vizioso che finiva per compromettere il funzionamento dell’intero mercato. 13 M. Barcellona, L’interventismo europeo e la sovranità del mercato: le discipline del contratto e i diritti fondamentali, in Europa e dir. priv., fasc.2, 2011, pp. 329 e ss. 14 Si veda P. Gallo, ult. op. cit., p. 134. 15 In conformità ai principi aristotelici della giustizia commutativa e all’elaborazione medievale relativa al “giusto prezzo”. Sia consentito il rinvio, passim, ad A. Mazzullo, Il rovescio della moneta. Per un’etica del denaro, Dehoniane, 2019. Si veda ancora P. Gallo, ult. op. cit., pp. 134 e 135. 16 M. Barcellona, ult. op. cit., che prosegue, sottolineando come: “La filosofia eminente di questo nuovo intervento e del rapporto tra legge e mercato, che esso suppone, è che le sperequazioni sociali che la moderna disciplina del contratto sembra aver fomentato per circa due secoli non siano dipese dall'intrinseca ingiustizia del sistema del libero scambio (cui la disciplina moderna del contratto dà forma), bensì dalla discrepanza tra le prassi negoziali e il modello autentico dell'economia di mercato: strozzature e sopraffazioni non debbono imputarsi, perciò, al mercato ma al suo insufficiente funzionamento, alle carenze nelle condizioni della sua corretta operatività”. Id., I nuovi controlli sul contenuto del contratto e le forme dell'eterointegrazione: Stato e mercato nell'orizzonte europeo, in Europa e dir. priv., 2008, p. 38. 17 A. Smith, Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni, trad. it., Milano, 1973.

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della competizione naturale che affondano le loro radici nel pensiero di

Malthus e Darwin.

La codificazione napoleonica, segnando la frattura tra diritto intermedio e

modernità, nell’ambito della tradizione di civil law, costituisce, in tal

senso, l’apice del volontarismo e dell’autonomia privata. “Qui dit

contractuelle, dit juste”19!

Al centro della codificazione moderna, pertanto, è collocata la figura

astratta e unitaria del soggetto giuridico che, liberatosi di ogni altro

status 20 , ricalca la figura dell’homo oeconomicus ed implica scelte

tendenzialmente razionali finalizzate alla massimizzazione della sua

utilità.

Parimenti, al centro della regolamentazione speciale del mercato

finanziario, si pone l’esigenza di assicurare un adeguato livello di

disclosure che consenta di eliminare l’incidenza delle asimmetrie

informative sulle libere scelte di investimento dei clients21.

In tale quadro assiologico, risulta ancora centrale il dovere di in-formare

il soggetto debole del rapporto contrattuale, piuttosto che il suo

contenuto.

2. Dal dovere di informare al dovere di far comprendere

Le varie crisi che hanno coinvolto il mercato finanziario, tuttavia, hanno

contribuito alla messa in discussione dei già menzionati assunti22.

L’homo oeconomicus, di fronte alla complessità del prodotto finanziario23,

si è dimostrato spesso “unsophisticated” ed irrazionale; a prescindere dal

suo grado di professionalità24.

18 Mandeville, The Fable of the Bees or Private Vices, Public Benefits, Indianapolis, 1988. 19 Celebre affermazione attribuita a Fouillé (1838-1912). 20 Celebre l’immagine sul passaggio dallo status al contratto di MAINE, HJ SUMMER. Dallo ‘status’ al contratto. Il diritto privato nella società moderna, 1971, 211. 21 Si veda E. Brodi, Dal dovere di far conoscere al dovere di far" comprendere"; l'evoluzione del principio di trasparenza nei rapporti tra impresa e consumatori, in Banca Borsa Titoli di Credito: rivista di dottrina e giurisprudenza, 2011, 64 (2), pp. 246-273. Come sottolinea l’A.: era questo, in buona sostanza, “il ragionamento posto a fondamento dell'adozione della legge n. 154 del 1992, concernente le « norme per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari », poi confluita nel testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (t.u.b.)”. 22 Sul punto, passim, sia consentito il rinvio ad A. Mazzullo, Diritto dell’imprenditoria sociale. Dall’impresa sociale all’impact investing, Giappichelli, 2019, pp. 10 e ss. 23 Al riguardo, si veda R. Costi, Il mercato mobiliare, Giappichelli, 2018, p. 5. Per l’A., una delle prime ragioni di un ordinamento special del mercato mobiliare è da ricercare proprio nella difficoltà di ricostruire il contenuto del valore mobiliare.

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Basti pensare al coinvolgimento, nella crisi del 2008, degli investitori c.d.

“qualificati” e, tra questi, dei grandi investitori istituzionali.

Tutto ciò si è inevitabilmente riflesso sulla portata dei doveri di

trasparenza nell’ambito della regolamentazione finanziaria.

Quest’ultima, d’altro canto, fungendo da tradizionale focina per presidi

estesi anche alla generalità dei rapporti interprivatistici25, ha favorito un

rafforzamento e ripensamento della trasparenza anche in ambiti diversi

(soprattutto consumeristici), incisi dal dirompente avvento della

contrattazione di massa e dei c.d. “scambi senza accordo”26.

Nell’intermediazione finanziaria, si è così passati dal dovere in informare

il contraente debole, al dovere di quello forte di informarsi sulle qualità

del primo, alla luce delle c.d. suitability and appropriateness rules (o

regole dell’adeguatezza e dell’appropriatezza del prodotto rispetto alle

caratteristiche e agli obiettivi dell’investitore)27.

24 Sul punto, si veda A. Perrone, Mercato all'ingrosso e regole di comportamento, in Riv. soc. 2010, p. 524. Secondo l’A: “i prodotti finanziari identificati come fonte del rischio assunto in misura eccessiva ...(in particolare, le collaterized debt obligations e i credit derivatives) sono stati collocati e negoziati al di fuori della disciplina speciale di protezione approntata dal diritto speciale dei mercati finanziari, secondo una scelta normativa che tradizionalmente considera non efficiente estenderne le disposizioni a situazioni connotate dalla esclusiva presenza di investitori professionali, come tali capaci di cavarsela da soli all'interno di dinamiche negoziali destinate ad esaurirsi tra le parti del contratto”. Ma si veda anche U. Minneci, Servizi di investimento in favore del clinete professionale: dal regime del rapporto al regime dell’attività, in Banca borsa tit. cred., fasc.5, 2012, pp. 568 e ss. 25 Cfr. Costi, Informazione e contratto nel mercato finanziario, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1993, I, 719: “Talvolta la disciplina speciale dettata per il mercato finanziario prelude e trasmigra in una disciplina di diritto comune, confermando la natura di “laboratorio” dell'ordinamento dei mercati finanziari". 26 Per usare la felice espressione di N. Irti, Scambi senza accordo, in riv. Trim. dir. Proc. Civile, 1998, pag. 347 e ss. e ora in Id. Norma e Luoghi, Problemi di geo-diritto, Laterza, Bari, 2001, pag. 103 e ss. 27 Al riguardo, si vedano gli articoli: 19, § 4-6, dir. 2004/39/CE; 35-37, dir. 2006/73/CE; 25, dir. 2014/65/EU. Dal punto di vista del diritto interno, si vedano gli artt. 39-40, reg. Consob 16190/2007 per l’adeguatezza dei servizi di risparmio gestito e gli artt. 41-42, reg. Consob 16190/2007 per l’appropriatezza dei servizi di risparmio amministrato. Dal punto di vista dottrinario, oltre all’opera di D. Imbruglia, La regola di adeguatezza e il contratto, Giuffrè, 2017, si vedano i lavori di F. Annunziata, La disciplina del mercato mobiliare, Giappichelli 2014), p. 140; A. Antonucci, Declinazioni della suitability rule e prospettive di mercato, in Banca borsa e titoli di credito, 2010, I, p. 728; E. Costi, Il mercato mobiliare, Giuffrè, 2018, p. 147 e ss.; A. Di Amato, I servizi e i contratti di investimento, in (a cura di S. Amorosino), Manuale di diritto del mercato finanziario, Giuffrè 2014, p. 101; R. Natoli, Il contratto “adeguato”. La protezione del cliente nei servizi di credito, di investimento e di assicurazione, Giuffrè 2012, p. 87.

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C’è chi, al riguardo, ha anche parlato del passaggio dal dovere di

informare a quello di “far comprendere”28.

Certamente, si è assistito ad un potenziamento della trasparenza

dell’attività finanziaria nel suo complesso, più che dell’atto (contrattuale)

in sé29.

I doveri di disclosure hanno finito per estendersi sotto il profilo sia

soggettivo che oggettivo. Un’estensione tale da far parlare di

“paternalismo libertario”, a proposito di questa iper-regolamentazione,

soprattutto sul piano dei doveri di trasparenza30.

Sotto il profilo soggettivo, basti pensare all’estensione penetrante dei

doveri di trasparenza anche in capo alle società emittenti. O all’estensione

dei predetti doveri a favore di investitori qualificati, un tempo considerati

non bisognosi di tutela, in quanto sufficientemente informati e capaci di

“cavarsela da sè”31.

Parallelamente, sotto il profilo oggettivo, la trasparenza ha finito per

estendersi, di là del singolo prodotto negoziato, all’attività finanziaria nel

suo complesso 32 : dalla c.d. product governance, alle politiche di

28 E. Brodi, ult. op. cit. Per l’A.: “Il passaggio ad un concetto di trasparenza che non si limiti più a prevedere un mero « dovere di far conoscere » ma che includa, anzi, un « dovere di far comprendere » è stato nella sostanza promosso da una rilettura delle fattispecie rilevanti, illuminata, come spesso ricordato, dagli insegnamenti della behavioral economics literature”. 29 Sul punto, cfr. U. Minneci, ult. op. cit, secondo il quale: “il riferimento al modo di atteggiarsi della operatività degli investitori professionali ha messo in oggettiva evidenza l'inadeguatezza di una risposta fondata principalmente o essenzialmente sulla previsione in capo all'intermediario di obblighi di disclosure; sia per l'oggettiva difficoltà di eliminare ogni asimmetria informativa esistente tra le parti (anche se il cliente può vantare una notevole competenza in materia), sia per l'esistenza di ulteriori fattori — oggetto di studio della finanza comportamentale — che offuscano la pretesa correlazione necessaria tra l'agire informato e l'agire razionale, sia ancora perché le asimmetrie che caratterizzano il mercato riguardano non solo le informazioni, ma anche — e in modo altrettanto rilevante — la distribuzione del potere contrattuale”. 30 Si veda Wright, Behavioral Law and Economics, Paternalism, and Consumer Contracts: an Empirical Perspective, NYU J. L. & Liberty, 2007, pp. 470 e ss.; Caterina, Paternalismo e antipaternalismo nel diritto privato, in Riv. dir. civ., 2005, II, pp. 784 e ss. Si veda sempre anche E. Brodi, ult. op. cit. 31 Passim, U. Minneci, ult. op. cit., e A. Perrone, ult. op. cit. 32 Sul passaggio da una trasparenza in senso formale-informativo ad una sostanziale, ovvero tale da coinvolgere l'intera attività posta in essere da parte dell'intermediario e relativa a tutte quelle condotte che, caratterizzate da un certo grado di opacità, permetterebbero all'intermediario — se non correttamente regolate — di perpetrare comportamenti dannosi per il cliente, si veda L. Mezzasoma, Trasparenza e meritevolezza nei contratti finanziari, Banca Borsa Titoli di Credito, fasc. 2, 1 aprile 2018, pp. 180 e ss.

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remunerazione e incentivazione della performance di negoziazione 33 ;

passando per la potenziale presenza di conflitti di interesse; fino ad

arrivare agli aspetti di carattere non strettamente finanziario afferenti

all’attività delle emittenti34.

Quest’ultimo aspetto, tuttavia, rappresenta una tappa intermedia

fondamentale rispetto al percorso evolutivo che si sta tratteggiando e,

come tale, merita un approfondimento più specifico.

3. La non-financial disclosure per gli enti di interesse

pubblico

L’introduzione di obblighi di trasparenza non finanziaria ha sollevato

interrogativi sistemici ben superiori alla portata della specifica disciplina.

Ci si è interrogati, innanzitutto, sui suoi riflessi rispetto all’esatta

individuazione dell’interesse sociale 35 e, quindi, del fine ultimo

33 Cfr., ex pluribus, L. Bebchuk-H. Spamann, Regulating Bankers' Pay, June 2009, in www.ssrn.com. 34 Si veda il d.lgs. 30 dicembre 2016, n. 254 con cui è stata data attuazione alla direttiva 2014/95/UE recante modifica alla direttiva 2013/34/UE sui bilanci, per quanto riguarda la “comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni”; nonché il Regolamento Consob, adottato con delibera n. 20267 del 18.01.2018 (in G.U. n. 21 del 26.01.2018), recante le “modalità di pubblicazione, verifica e vigilanza sulle dichiarazioni di carattere non finanziario” per società quotate o con azioni diffuse tra il pubblico, banche e assicurazioni di grandi dimensioni. Si veda, infine, la Comunicazione della Commissione europea relativa agli “Orientamenti sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario (Metodologia per la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario)” in GUCE 5.07.2017 (2017/C 215/01) con funzione di Linee guida non vincolanti, ma pur sempre autorevoli. In realtà la normativa si rivolge agli enti di interesse pubblico ma, tra essi, 35 Il tema dell’interesse sociale, come noto, rappresenta uno degli ambiti di maggiore confronto dottrinario del diritto societario. Tale disamina, peraltro, ha spesso finito per intrecciarsi con la ricostruzione dello stesso fondamento dell’impresa, a cavallo tra la visione del contrattualismo e dell’istituzionalismo. Cfr., tra gli altri: Aa.Vv., L’interesse sociale tra valorizzazione del capitale e protezione degli stakeholders. In ricordo di Pier Giusto Jaeger, Atti del Convegno, Milano, 9 ottobre 2009; C. Angelici, La società per azioni, I, Principi e problemi, Tratt. Cicu-Messineo, Milano, 2012; Id., Note sul «contrattualismo societario»: a proposito del pensiero di Francesco Denozza, in Riv. dir. comm., 2018, p. 191 ss.; Id, Poteri” e “interessi” nella grande impresa azionaria: a proposito di un recente libro di Umberto Tombari, in riv. Soc. 1/2020, pp. 4 e ss; T. Ascarelli, Interesse sociale e interesse comune nel voto, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1951, p. 1145 ss.; A. Asquini, I battelli del Reno, in Scritti, III, Padova, 1961, p. 221 ss.; G. Cottino, Contrattualismo e istituzionalismo (Variazioni sul tema da uno spunto di Giorgio Oppo), Riv. soc, 2005, pp. 693 e ss.; AF. D’Alessandro, Il diritto delle società da i «battelli del Reno» alle «navi vichinghe», in Foro it., 1988, V, c. 48; F. Denozza, Quattro variazioni sul tema: «contratto, impresa e società nel pensiero di Carlo

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dell’impresa societaria. Ci si è domandati, in altre parole, se gli obblighi di

trasparenza sulle azioni poste a tutela degli stakeholder, potessero

costituire il segno di una rivisitazione della c.d. shareholder supremacy36.

Al riguardo, in via semplificatoria, possiamo distinguere due orientamenti

di fondo.

Da un lato, quello che potremmo chiamare “pluralista”37, costituito da

quell’insieme di teorie, invero sia istituzionalistiche che

contrattualistiche38, tese ad attribuire agli amministratori “una funzione

di arbitraggio e composizione dei diversi interessi che ruotano attorno

Angelici», in Giur. comm., 2013, p. 480 ss.; A. Ferrarini, An Alternative View of Corporate Purpose: Colin Mayer on Prosperity, in riv. Soc. 1/2020, pp. 27 e ss; P.G. Jaeger, L’interesse sociale, Milano, 1964; e Id., L’interesse sociale (quarant’anni dopo), in Giur. comm., 2000, p. 795 ss.; M. Libertini, Ancora in tema di contratto, impresa e società. Un commento a Francesco Denozza, in difesa dell’«istituzionalismo debole», in Giur. comm., 2014, p. 669 ss.; P. Montalenti, L’interesse sociale: una sintesi, in Riv. soc., 2018, p. 303 ss.; Id., Interesse sociale e amministratori, in Aa. Vv., L’interesse sociale, cit., p. 80 ss.; V. Oppo, Le grandi opzioni della riforma e le società per azioni, in Riv. dir. civ., 2003, p. 477 e 478; R. Rordorf, L’abuso di potere della minoranza, in Società, 1999, 7, pp. 809 ss. F. Riganti, Note in tema di abuso della maggioranza e interesse sociale, in Giur. it., 2017, p. 1893 ss.; G. Strampelli, Gli investitori istituzionali salveranno il mondo? Note a margine dell’ultima lettera annuale di BlackRock, in riv. Soc. 1/2020, pp. 51 e ss; M. Ventoruzzo, Brief Remark on “Prosperity” by Colin Mayer and the often Misunderstood Notion of Corporate Purpose, in riv. Soc. 1/2020, pp. 43 e ss. 36 Sul punto, si veda, in particolare: C. Angelici, Divagazioni sulla “responsabilità sociale” d'impresa, in Rivista delle Società, 2018, pp. 3 ss; V. Calandra Buonaura, Responsabilità sociale dell'impresa e doveri degli amministratori, in Giurisprudenza commerciale, 2011, 38.4, pp. 526-548; M. Maugeri, Informazione non finanziaria e interesse sociale, in Rivista delle Società, fasc.5, 1 dicembre 2019, pp. 992 e ss.; S. Fortunato, L'informazione non-finanziaria nell'impresa socialmente responsabile, in Giurisprudenza Commerciale, fasc.3, 1 giugno 2019, pp. 415 e ss; N. Rondinone, Interesse sociale vs. interesse “sociale” nei modelli organizzativi di gruppo presupposti dal d. lgs. n. 254/2016, in Rivista delle Societa', fasc.2, 1 giugno 2019, pp. 360 e ss.; F. Riganti, Disclosure non finanziaria e diritto delle società: aspetti di corporate governance e (possibili) ricadute in tema di interesse sociale, in Nuove Leggi Civ. Comm., 2019, 2, pp. 458 e ss.; E. Bellissario, Rischi di sostenibilità e obblighi di disclosure: il d. lgs. n. 254/16 di attuazione della dir. 2014/95/UE, in Nuove Leggi Civ. Comm, 2017, 1, pp. 19-46; S. Bruno, Dichiarazione ‘non finanziaria’ e obblighi degli amministratori, in Rivista delle società, 2018, 4, pp. 974-1020. 37 Come efficacemente e sinteticamente denominato da V. Calandra Buonaura, Responsabilità sociale dell'impresa e doveri degli amministratori, in Giurisprudenza commerciale, 2011, 38.4, pp. 526-548, rifacendosi sul punto al significato attribuitogli dalla letteratura inglese: si veda, in particolare, la sua nota 5. 38 Che vanno “dalle più risalenti concezioni istituzionalistiche dell'Unternehmen an sich e della versione anglosassone della company come "social istitution" alle più recenti concezioni che, in chiave contrattualistica, ipotizzano l'esistenza nella public company di un interesse comune, non conflittuale, tra gli azionisti e gli altri stakeholders” (sempre V.C. Buonaura, ult. op. cit.).

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alla grande impresa (ivi compresi quelli degli stakeholder esterni - ndr)

senza riconoscere una preminenza all'interesse dei soci”39.

Dall’altro, quello, nettamente caratterizzante la dottrina italiana, che

considera gli amministratori legittimati (se non obbligati) a considerare

interessi diversi da quelli dei soli shareholder; ma solo nella misura in cui

risultino strumentali (o comunque non confliggenti) rispetto al

perseguimento dell'obiettivo preminente di una crescita di valore per gli

azionisti (attuali e futuri)40.

A sostegno di questo secondo approccio, nel nostro ordinamento, va

certamente rimarcata l’oggettiva assenza di stabili strutture di

rappresentanza interna degli interessi degli stakeholder, come della loro

azionabilità diretta (salva l’ipotesi di cui all’art. 2395 c.c.). Ma il dibattito,

soprattutto dal punto di vista operativo (più che giuridico), è ancora

aperto41.

Tuttavia, in questa sede, ciò che sembra più significativo è il riflesso

indiretto della disclosure rispetto al mercato, piuttosto che quello diretto

sullo scopo dell’impresa societaria.

Il punto non sta, pertanto, nel livello di penetrazione e modificazione

degli istituti che compongono il diritto societario, ma nella loro azione

servente rispetto ad un modello di mercato che non “dev’essere” più

soltanto efficiente, ma anche sostenibile o, al più, efficiente in quanto

sostenibile.

Ciò che qui rileva, in altre parole, è l’affermarsi di nuovo ordine giuridico

del mercato42.

La disclosure non finanziaria, non a caso, è considerata esplicitamente

dalla stessa direttiva 2014/95 (considerando n. 3) come “fondamentale

per gestire la transizione verso un’economia globale sostenibile” 43.

39 V.C. Buonaura, ult. op. cit. che si sofferma anche sull’analisi dei c.d. stakeholders statutes statutinitensi e sulla sec. 172(1) del Companies Act del 2006 inglese. Tanto i primi, quantoPer l’A., i primi sarebbero comunque caratterizzati dalla prevalente facoltatività della considerazione degli interessi degli 40 Vedi nota 35. 41 Sul punto, si veda l’importante presa di posizione della Business Roundtable (grande associazione della Corporate America che riunisce tra le principali corporation del mondo), M. Valsania, Svolta della Corporate America dopo 22 anni: basta con la «dittatura» degli azionisti, in IlSole24ore.com del 19 agosto 2019. 42 Sulla portata del significato di “ordine giuridico del mercato”, naturalmente, si rinvia al noto saggio di N. Irti, L’ordine giuridico del mercato, Milano, 2004. 43 Considerando 3. Ma vedi anche: il Considerando n. 11 che rinvia al paragrafo 47 del documento finale della conferenza delle Nazioni Unite RIO+20, intitolato «The Future We Want».

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La sostenibilità, in tale ottica, assume una funzione sempre più

ordinatrice rispetto all’ordine degli scambi.

Gli obblighi di disclosure non finanziaria sono funzionali a plasmare il

mercato sia dal lato dell’offerta, che da quello della domanda.

Sotto il primo profilo, rendicontare equivale al “rendere conto” di un

interesse ultroneo, rispetto a quello meramente finanziario.

Il renderne conto, a sua volta, implica il “tenerne conto”; anche quando a

quell’interesse non corrisponda una specifica politica aziendale e non

risulti preminente rispetto all’interesse sociale.

Il dover spiegare le ragioni di questa esclusione, infatti, costringe gli

amministratori a considerare comunque tali interessi: in senso positivo

(rispetto alle azioni adottate) o negativo (rispetto alle azioni non adottate

e alle ragioni di tale scelta); a prescindere dal carattere finale o

strumentale degli interessi non finanziari rispetto all’interesse sociale.

In ultima analisi, la scelta gestionale degli amministratori, come quella di

consumo o di investimento, rimane formalmente libera. Nella sostanza,

tuttavia, la si vorrebbe orientare in una direzione politica nuova: quella

della sostenibilità.

4. Dalla trasparenza per informare alla trasparenza per

conformare il mercato

Nell’ambito degli originari rapporti finanziari tra broker e client, lo scopo

del dovere di trasparenza era la conformazione del contratto alla sua

natura essenzialmente fiduciaria.

Successivamente, ci è serviti della trasparenza per mitigare le asimmetrie

informative rispetto ad investitori e prodotti finanziari, rispettivamente,

sempre meno e sempre più sophisticated.

La consapevolezza di un’asimmetria del potere non soltanto informativo,

ma anche contrattuale, ha poi portato ad una nuova estensione, oggettiva

e soggettiva, delle regole di disclosure; ma sempre in vista della fiducia

interna al mercato e di un certo approccio fideistico sulla sua capacità di

auto-indirizzarsi verso uno sviluppo più efficiente e, pertanto, più giusto.

Oggi, questa fede sembra essersi quanto meno ridimensionata.

Il legislatore, nazionale e sovranazionale, mira ad introdurre regole

correttive che non si limitano più al mero ripristino di meccanismi di

presunto auto-funzionamento del mercato 44 ma al suo stesso

44 Si potrebbe, in tal senso, richiamare la distinzione operata da Hayek, tra nomos (la norma “trovata” che regola in modo spontaneo l’ordine giuridico del mercato, quale

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indirizzamento verso obiettivi di natura politica ed etica 45 .

La trasparenza, in altre parole, comincia a giocare un ruolo diverso da

quello tradizionalmente svolto: garantire la protezione degli investitori

unsophisticated; l’efficienza del mercato; la riduzione dei costi di agenzia;

la gestione delle criticità connesse all’information orverload, alla limited

rationality e al deviant behavior degli investitori46.

Tra le nuove funzioni della trasparenza, come anticipato47, è indubbio il

ruolo ormai assunto dalla “sostenibilità”.

Il nuovo Codice di corporate governance, non a caso, stabilisce che:

“L’organo di amministrazione guida la società perseguendone il successo

sostenibile”48.

Il punto centrale è capire se tale obiettivo derivi dal ritenere che: a) non

possa esserci successo aziendale senza sostenibilità; o b) che il successo

locus naturalis, qualificabile come cosmos) e thesis (la norma “creata” dal legislatore per regolare un ordine giuridico etero-imposto, qualificabile come taxis, in quanto finalizzato al perseguimento di uno scopo politico). Si veda, a tal riguardo, lo stesso F. A. von Hayek, La confusione del linguaggio nel pensiero politico (1968), ora in Id, Nuovi studi di filosofia, politica, economia e storia delle idee, trad. It., Roma, 1988, pp. 83-110. In senso critico, si rinvia al noto saggio di N. Irti, ult. op. cit., pp. 5 e ss. 45 Sul legame (antico e auspicabilmente post-moderno) tra etica, politica ed economia, sia consentito il rinvio ad A. Mazzullo, Il rovescio della moneta. Per un’etica del denaro, EDB, 2019. Ma vedi anche, Id., Diritto dell’imprenditoria sociale. Dall’impresa sociale all’impact investing, Giappichelli, 2019. Contra N. Rondinone, ult. op. cit., secondo il quale: “esiste una divaricazione strutturale fra fini lucrativi e fini sociali, corrispondente al naturale conflitto fra interesse lucrativo dei soci e interessi degli altri stakeholders (compresi i lavoratori, in linea con il rilievo, fra gli altri weberiano, che il livello dei salari si pone in rapporto di proporzionalità inversa con quello dei dividendi); il rapporto fra etica e affari è ingannevole e la cd. “etica-tampone” può solo aiutare il capitalismo a riparare le incrinature cui periodicamente va incontro sul piano del consenso sociale; le corporations possono trarre beneficio da siffatto connubio in termini di immagine, ma anche per legittimare il loro ruolo di nuove “istituzioni” (di Stato nello Stato), capaci di produrre da sé le norme che le riguardano”. 46 Si vedano, tra gli altri, L. Enriques - S. Gilotta, Disclosure and Financial Market Regulation, in N. Moloney - E. Ferran - J. Payne (a cura di), The Oxford Handbook on Financial Regulation, cit., pp. 511-536; G. Liace, L’investitore tra deficit informativi e bias comportamentali, in Banca Impresa Società, Bologna, fasc. 3/2019, pp. 445-462; M. Siri e S. Zhu, L’integrazione della sostenibilità nel sistema europeo di protezione degli investitori, in Banca Impresa Società, Bologna, fasc. 1/2020, p. 18. 47 Si veda supra: paragrafo 3. 48 Edito dal Comitato corporate governance, nel gennaio 2020. Al riguardo, appaiono certamente rilevanti le considerazioni di Larry Fink (Presidente e AD di Blackrock - il maggiore investitore istituzionale al mondo) indirizzate ai vertici delle società americane dello S&P500 e contenute in una recente quanto famosa lettera pubblica del 17 gennaio 2018: “Society is demanding that companies…serve a social purpose…” (consultato il 22/01/2021 al seguente link: https://corpgov.law.harvard.edu/2018/01/17/a-sense-of-purpose/).

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“debba” essere tale, in ragione di un principio ormai interiorizzato nel

funzionamento fisiologico del mercato.

Al riguardo, è senza dubbio rilevante l’incidenza che l’integrazione dei

criteri ESG49 ha sulla performance e sulla rischiosità finanziaria50 che il

mercato incorpora nei fattori di sconto dei flussi51. La maggior parte degli

studi mostra una relazione positiva e significativa tra ESG e valore. Ma

non vi è altrettanta univocità sull’automaticità e sulla direzione di questa

causalità: se siano le imprese più sostenibili ad essere le migliori (doing

well while doing good) o se siano le migliori ad essere più sostenibili, in

quanto più organizzate (doing good while doing well)52.

L’impressione, tuttavia, è che la natura di quell’obiettivo sia ormai

politica, prima ancora che tecnica, in quanto legata ad esigenze di

carattere generale che trascendono la performance individuale (anche di

lungo periodo), puntando a conformare il mercato verso un nuovo

modello di sviluppo.

E in tale ottica andrebbe letta anche la nuova funzione di regole antiche,

come la disclosure, un tempo serventi rispetto al paradigma di un

mercato allergico a qualsiasi condizionamento esterno, di natura politica

o etica.

5. Dal mercato dei prodotti finanziari sostenibili alla

sostenibilità come prodotto del mercato finanziario

5.1. Il framework normativo europeo

49 ESG – Acronimo, presente in molti atti normativi europei, che sta per: Environmental, Social and Governance. Sul punto, si veda il recente Regolamento UE 2020/852 relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili e recante modifica del regolamento (UE) 2019/2088. 50 Sia in termini di rischi specifici (ad esempio reputazionali o legati al contezioso legale) che sistemici. 51 Sulla relazione tra performance, rischio finanziario e integrazione criteri ESG, confronta l’analisi della letteratura scientifica operata da A. Del Giudice, La finanza sostenibile. Strategie, Mercato e investiotori istituzionali, Giappichelli, 2019, pp. 52 e ss. Per un maggior approfondimento della tematica, passim, si veda anche M. La Torre e H. Chiappini (a cura di), Socially Responsible Investments. The crossroads between institutional investors and retail investors, Palgrave Macmillan, London, pp. XII-173; M. Calderini, V. Chiodo e F. V. Michelucci, The social impact investment race: toward an interpretative framework, in European Business Review, vol. 30, fasc. 1, pp. 66-81. 52 Cfr. Del Giudice, ult. op. cit., p. 61. Per H. Liang - L. Renneboog, On the foundations of corporate social responsibility, in The Journal of Finance, 2017, 72.2, pp. 853-910.

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A livello europeo, questo legame lato sensu “politico” tra disclosure e

sostenibilità sta assumendo una particolare evidenza nel mercato dei

servizi finanziari.

Sul punto, appare particolarmente significativa la recente emanazione del

Regolamento UE n. 2019/2088 del 27 novembre 2019 (relativo

all’informativa sulla sostenibilità nel predetto ambito) e al Regolamento

UE n. 2020/852 del 18 giugno 2020 (sulla tassonomia degli investimenti

ecosostenibili)53.

I predetti regolamenti, tuttavia, s’inseriscono in un più ampio Action

Plan54 che prevede l’imminente emanazione di altri tre atti regolamentari

(sui benchmark climatici55, sull’introduzione di un’etichetta specifica per i

green bonds56 e su alcuni interventi di modifica alle misure di attuazione

della Mifid II e della IDD57 ), per promuovere una “finanza sostenibile”58.

53 Si veda, infra, il par. 5.3. 54 Action Plan Financing Sustainable Growth, presentato dalla Commissione europea nel Maggio 2018. Vedi qui: https://ec.europa.eu/info/business-economy-euro/banking-and-finance/sustainable-finance_it#action-plan 55 Con l’obiettivo di introdurre due nuove categorie di indici di riferimento che tengono conto di alcuni aspetti di sostenibilità ambientale (“low carbon benchmark” e “positive carbon impact benchmark”) per gli strumenti finanziari e per i contratti finanziari ovvero per misurare la performance dei fondi di investimento: Proposta di regolamento recante modifica al Regolamento (UE) 2016/1011. 56 Con l’obiettivo di realizzare l’Azione 2 dell’Action Plan, la Commissione Europea ha incaricato il TEG (Technical expert group) di elaborare raccomandazioni per lo sviluppo di un Green Bond Standard (EU GBS). Il 18 giugno 2019 il TEG ha pubblicato un report contenente i principi fondamentali e la struttura del GBSEU Technical Expert Group on Sustainable Finance 2019, Report on EU Green Bond Standard Overview: https://bit.ly/32ivzup. In base agli ultimi dati pubblicati dalla Climate Bonds Initiative (CBI) – la principale organizzazione a livello mondiale per la promozione e il monitoraggio del settore – nel 2018 sono state emesse obbligazioni verdi per un valore complessivo di $167,6 miliardi. La somma totale delle emissioni dal 2007 a fine 2018 (valore cumulativo) ha raggiunto il risultato record di $521 miliardi. Cfr: Climate Bonds Initiative 2019, Green Bonds – The State of the Market 2018, p. 2: https://bit.ly/2HpgjUn (consultato il 22/01/21). L’organizzazione Mission 2020 ha stimato che, per il raggiungimento degli obiettivi definiti dall’Accordo di Parigi, il mercato dei green bond dovranno aumentare e raggiungere almeno $800-900 miliardi entro il 2020, ovvero una cifra pari a oltre dieci volte le emissioni totali registrate nel 2016. Mission 2020, The Climate Turning Point, p. 18: https://bit.ly/2z9VZUx (consultato il 22/01/21). La letteratura sui green bond è vastissima. Per tutti, H. CHIAPPINI, Investimenti di impatto sociale oltre le obbligazioni di impatto sociale: un'agenda di ricerca e politica, in Investimenti a impatto sociale oltre la SIB, Palgrave Macmillan, 2018; Id, Un'introduzione agli investimenti a impatto sociale, in Fondi per l'impatto sociale, Palgrave Macmillan, 2017. 57 Con l’obiettivo di introdurre l’obbligo per imprese di investimento, intermediari assicurativi e imprese di assicurazione di tenere conto delle preferenze della clientela in materia di investimenti sostenibili dal punto di vista ambientale, sociale e di governance nella prestazione dei servizi di investimento e nella distribuzione di IBIP,

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Il predetto Action Plan, a sua volta, nasce allo scopo di orientare il

mercato dei capitali verso il finanziamento di attività economiche che

contribuiscano al raggiungimento degli impegni assunti dall’Unione

europea con la sottoscrizione dell’Agenda Onu 2030 59 , per il

conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile60, e con la firma

dell’Accordo di Parigi del 201661.

Tra i punti salienti del predetto Action Plan, si segnala la volontà di: i)

introdurre una “tassonomia” europea per la finanza sostenibile, ovvero

un sistema condiviso di definizione e classificazione delle attività

economiche sostenibili; ii) creare standard e certificazioni di qualità per i

green bond, con l’obiettivo di garantire la credibilità del mercato e

rafforzare la fiducia degli investitori; iii) modificare le Direttive MiFID II

e IDD e le linee guida ESMA sulla valutazione di adeguatezza dei prodotti,

includendo le preferenze dei clienti in materia di sostenibilità tra gli

elementi da considerare nell’ambito dei servizi di consulenza; iv) rendere

anche in relazione alla valutazione di adeguatezza (draft di regolamenti delegati recanti modifica al Regolamento Delegato (UE) 2017/565 di attuazione della MiFID II e al Regolamento Delegato (UE) 2017/2359 di attuazione della IDD). 58 Per un’ampia disamina del contesto normativo e, soprattutto, economico, si veda Forum per la finanza sostenibile, L’unione europea e la finanza sostenibile. Impatti e prospettive per il mercato italiano, 2019. 59 Come specificato dal primo Considerando del Reg. 2019/2088: “Il 25 settembre 2015 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato un nuovo quadro mondiale per lo sviluppo sostenibile: l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile («Agenda 2030»), incentrata sugli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG). La comunicazione della Commissione del 22 novembre 2016 sulle prossime tappe per un futuro europeo sostenibile collega gli SDG al quadro strategico dell’Unione per garantire che tutte le azioni e le iniziative strategiche dell’Unione, al suo interno e a livello mondiale, tengano conto fin dall’inizio degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Nelle sue conclusioni del 20 giugno 2017 il Consiglio ha confermato l’impegno dell’Unione e dei suoi Stati membri ad attuare l’Agenda 2030 in modo completo, coerente, globale, integrato ed efficace, e in stretta cooperazione con i partner e le altre parti interessate”. 60 Gli obiettivi sono 17 e sono articolati in 169 target. Lo scopo è affrontare le sfide poste dal cambiamento climatico e ridurre qualunque forma di povertà o disuguaglianza, garantendo la sostenibilità economica, ambientale e sociale delle comunità umane nel lungo periodo. 61 Approvato dall’Unione il 5 ottobre 2016 (con Decisione (UE) 2016/1841 del Consiglio, del 5 ottobre 2016 - GU L 282 del 19.10.2016) ed entrato in vigore il 4 novembre 2016, si propone di rafforzare la risposta ai cambiamenti climatici, tra l’altro, rendendo i flussi finanziari compatibili con un percorso che conduca a uno sviluppo a basse emissioni di gas a effetto serra e resiliente dal punto di vista climatico. Nell’ambito dell’Accordo di Parigi, l’Unione Europea si è impegnata a raggiungere tre obiettivi entro il 2030: i) ridurre di almeno il 40% le emissioni di gas a effetto serra rispetto ai livelli del 1990; ii) portare la quota di consumo energetico soddisfatto da fonti rinnovabili almeno al 32%; iii) migliorare l’efficienza energetica di almeno il 32,5%.

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più trasparenti le metodologie adottate dagli index provider nella

costruzione dei benchmark di sostenibilità, armonizzando in particolare

gli indici low-carbon; v) incoraggiare l’integrazione dei criteri di

sostenibilità ambientale, sociale e di governance (ESG) da parte delle

società di rating e di ricerca di mercato; vi) introdurre i criteri di

sostenibilità nella definizione di dovere fiduciario, che vincola gli

investitori istituzionali ad agire nel migliore interesse dei beneficiari; vii)

valutare la possibilità di introdurre una riduzione nei requisiti

patrimoniali minimi delle banche in relazione agli investimenti sostenibili

dal punto di vista ambientale (il cosiddetto “green supporting factor”),

nel caso in cui i profili di rischio siano effettivamente inferiori; viii)

migliorare qualità e trasparenza della rendicontazione non finanziaria

delle imprese, allineando le attuali linee guida sui rischi climatici alle

raccomandazioni della Task Force on Climate-related Financial

Disclosures del Financial Stability Board; vix) incoraggiare l’integrazione

dei criteri ESG e l’adozione di un approccio di lungo periodo nei processi

decisionali dei Consigli di Amministrazione.

L’impressione, ancora una volta, è che si tratti di scelte politiche, prima

ancora che tecniche, che indirizzino l’Europa (e non solo) verso un nuovo

modello di sviluppo economico fortemente improntato alle tematiche

della sostenibilità e al raggiungimento di alcuni obiettivi specifici, come la

neutralità climatica entro il 205062.

Come chiaramente espresso dal Considerando n. 9 del Reg. n. 2020/852,

l’obiettivo non è più favorire la mera circolazione dei capitali, ma

rimuovere gli ostacoli che impediscono ai relativi flussi di incanalarsi in

direzione degli investimenti sostenibili.

Non si tratta più di informare il cliente ma il mercato, in nome di un

ordine giuridico improntato alla neutralità energetica, più che a quella

politica; alla sostenibilità socio-ambientale, più che al sostegno del

soggetto meno informato.

La trasparenza, in tale dinamica, non è più in funzione di una presunta

neutralità politica del mercato. È semmai espressione di un ordine

giuridico che mira ad orientarlo verso un modello di sviluppo ben preciso.

Il sistema finanziario, come dichiarato dal Considerando n. 10 del Reg. n.

2020/852: “dovrebbe essere adattato gradualmente per supportare un

funzionamento sostenibile dell’economia”.

62 Si veda la proposta di una legge europea sul clima presentata dalla Commissione europea il 4 marzo 2020.

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Il Green new deal, presentato dalla nuova Commissione europea, il 19

dicembre 201963, e gli atti elaborati successivamente alla crisi sanitaria

legata alla pandemia da Covid-19, sembrano confermare il carattere

strategico e pervasivo di tale obiettivo64.

5.2. La disclosure ESG nella Direttiva IORP II e SRD II

Rispetto a tale percorso evolutivo, come anticipato, appare

particolarmente significativa l’emanazione del nuovo Reg. n. 2019/2088.

Prima di passare ad una disamina più dettagliata del suo contenuto, va

ricordato come, a livello europeo, la “disclosure ESG” sia stata già

anticipata da due Direttive operanti in settori più specifici:

• la Direttiva UE 2016/2341 sulle attività e sulla vigilanza degli enti

pensionistici aziendali o professionali (IORP II65);

• e la Direttiva UE 2017/828 sull’incoraggiamento dell’impegno a lungo

termine degli azionisti (Shareholder Rights – SRD II)66.

63 COM (2019) 640. 64 Per la timeline europea, si veda qui: https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/european-green-deal_en. 65 Direttiva UE 2016/2341 relativa alle attività e alla vigilanza degli enti pensionistici aziendali o professionali (EPAP), 14 dicembre 2016: https://bit.ly/30N3qdP 66 Direttiva UE 2017/828 per quanto riguarda l’incoraggiamento dell’impegno a lungo termine degli azionisti, 17 maggio 2017. La direttiva va a modificare la previgente 2007/36/CE, al fine di incoraggiare espressamente l’impegno a lungo termine degli azionisti, ed è stata recepita in Italia con il Decreto Legislativo n. 49 del 2019 (con disposizioni in vigore dal 10 giugno 2020) recante varie modifiche al TUF. In particolare, il decreto va a introdurre il comma 3bis dell’art. 123-ter del TUF, in virtù del quale: “La politica di remunerazione contribuisce alla strategia aziendale, al perseguimento degli interessi a lungo termine e alla sostenibilita' della societa' e illustra il modo in cui fornisce tale contributo. Fermo quanto previsto dal comma 3-ter, le societa' sottopongono al voto dei soci la politica di remunerazione di cui al comma 3 con la cadenza richiesta dalla durata della politica definita ai sensi del comma 3, lettera a), e comunque almeno ogni tre anni o in occasione di modifiche della politica medesima. Le societa' attribuiscono compensi solo in conformita' con la politica di remunerazione da ultimo approvata dai soci. In presenza di circostanze eccezionali le societa' possono derogare temporaneamente alla politica di remunerazione, purche' la stessa preveda le condizioni procedurali in base alle quali la deroga puo' essere applicata e specifichi gli elementi della politica a cui si puo' derogare. Per circostanze eccezionali si intendono solamente situazioni in cui la deroga alla politica di remunerazione e' necessaria ai fini del perseguimento degli interessi a lungo termine e della sostenibilita' della societa' nel suo complesso o per assicurarne la capacita' di stare sul mercato”. Tramite l’art. 3, comma 2, inoltre, si introduce l’art. 124-quinquies del TUF, che, al comma 1, stabilisce che: “Salvo quanto previsto dal comma 3, gli investitori istituzionali e i gestori di attivi adottano e comunicano al pubblico una politica di impegno che descriva le modalita' con cui integrano l'impegno in qualita' di azionisti nella loro strategia di investimento. La

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La Direttiva IORP II è stata recepita in Italia dal Decreto Legislativo n.

147 del 2018, in vigore dal 1° febbraio 2019 per gli operatori

previdenziali67; ma, a sua volta, era stata preceduta da una disciplina

nazionale più avanzata che, già con l’art. 6, comma 14, del Decreto

Legislativo n. 252 del 2005, prevedeva che: “le forme pensionistiche

complementari sono tenute ad esporre nel rendiconto annuale e,

sinteticamente, nelle comunicazioni periodiche agli iscritti, se ed in quale

misura nella gestione delle risorse e nelle linee seguite nell’esercizio dei

diritti derivanti dalla titolarità dei valori in portafoglio si siano presi in

considerazione aspetti sociali, etici ed ambientali”68.

politica descrive le modalita' con cui monitorano le societa' partecipate su questioni rilevanti, compresi la strategia, i risultati finanziari e non finanziari nonche' i rischi, la struttura del capitale, l'impatto sociale e ambientale e il governo societario, dialogano con le societa' partecipate, esercitano i diritti di voto e altri diritti connessi alle azioni, collaborano con altri azionisti, comunicano con i pertinenti portatori di interesse delle societa' partecipate e gestiscono gli attuali e potenziali conflitti di interesse in relazione al loro impegno”. 67 Con l’art. 1, comma 5, s’introduce l’art. 4bis del dlgs n. 252 del 2005, che, al comma 2, stabilisce che: “Il sistema di governo [dei fondi pensione - ndr] e' proporzionato alla dimensione, alla natura, alla portata e alla complessità delle attivita' del fondo pensione. Il sistema di governo e' descritto in un apposito documento e tiene in considerazione, nelle decisioni relative agli investimenti, dei connessi fattori ambientali, sociali e di governo societario. Il documento e' redatto, su base annuale, dall'organo di amministrazione ed e' reso pubblico congiuntamente al bilancio di cui all'articolo 17-bis”. Il comma 7 introduce l’art. 5-ter del dlgs n. 252 del 2005, che impone, al comma 4, let. g), di considerare all’interno del Sistema di gestione dei rischi, di quelli ESG. Il comma 8, modificando l’art. 6 del dlgs n. 252 del 2005, ne modifica il comma 5-quarter, stabilendo che I fondi pensione diano informative agli iscritti, tra le altre cose, del modo in cui la politica d'investimento tiene conto dei fattori ESG. Il comma 14 introduce l’art. 13-ter del dlgs n. 252 del 2005, che impone ai fondi pensione complementare di fornire informazioni ai potenziali aderenti circa il modo in cui vengono (o non vengono) considerati i fattori ESG nelle proprie politiche di investimento. Analoghe informazioni sono contenute nel “Prospetto delle prestazioni pensionistiche” di cui al novellato art. 13-quater del dlgs n. 252 del 2005, periodicamente fornito agli aderenti. Il comma 21, infine, introduce il nuovo art. 17-bis, del dlgs n. 252 del 2005, che, al comma 5, stabilisce che: “Nei bilanci di cui al comma 1 e nei rendiconti di cui al comma 2 e' dato conto se ed in quale misura nella gestione delle risorse e nelle linee seguite nell'esercizio dei diritti derivanti dalla titolarita' dei valori in portafoglio si siano presi in considerazione fattori ambientali, sociali e di governo societario”. 68 Cfr. sul punto M. Camilleri, “Le novità in materia ESG per i fondi pensione con il recepimento della IORP II”, in www.Ilpuntopensionielavoro.it, 5 novembre 2018 (disponibile qui: https://bit.ly/2Kedmpo), secondo la quale, i veri elementi di novità introdotti dalla Direttiva IORP II e dal DLgs. 147 del 2018 sono rappresentati: “dall’integrazione dei fattori ESG nell’attività di risk management del fondo e da una maggiore richiesta di trasparenza informativa circa le modalità con cui la politica di investimento tiene conto di questi fattori”.

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Caratteristica comune a questi atti normativi è quella di aver imposto vari

doveri informativi, circa le proprie politiche di investimento in materia

ESG, a soggetti specifici del mercato finanziario: quali gli investitori

istituzionali e i fondi pensione.

5.3. Il Reg. UE n. 2019/2088, come modificato dal Reg. UE n.

2020/852

Il Reg. UE n. 2019/2088, invece, si rivolge a tutti i “partecipanti ai

mercati finanziari”69 e ai consulenti finanziari70.

Da tale distinzione discendono obblighi di disclosure di diversa intensità

che dipendono dal diverso grado di coinvolgimento nell’intermediazione

finanziaria. Le politiche d’investimento, d’altronde, sono dagli uni decise,

dagli altri meramente raccomandate.

Il Regolamento parte da una definizione importante (ancorché ampia) di

“investimento sostenibile”71, identificandolo nell’investimento:

in un’attività economica che contribuisce a un obiettivo ambientale

o sociale;

che sia consapevole e misurato;

che non confligga con altri obiettivi di sostenibilità;

69 Ai sensi dell’art. 2, per “partecipante ai mercati finanziari”, il Regolamento intende: a) un’impresa di assicurazione che rende disponibile un prodotto di investimento assicurativo (IBIP); b) un’impresa di investimento che fornisce servizi di gestione del portafoglio; c) un ente pensionistico aziendale o professionale (EPAP); d) un creatore di un prodotto pensionistico; e) un gestore di fondi di investimento alternativi (GEFIA); f) un fornitore di un prodotto pensionistico individuale paneuropeo (PEPP); g) un gestore di un fondo per il venture capital qualificato registrato conformemente all’articolo 14 del regolamento (UE) n. 345/2013; h) un gestore di un fondo qualificato per l’imprenditoria sociale registrato conformemente all’articolo 15 del regolamento (UE) n. 346/2013; i) una società di gestione di un organismo d’investimento collettivo in valori mobiliari (società di gestione di OICVM); oppure j) un ente creditizio che fornisce servizi di gestione del portafoglio. 70 Per un’analisi comparata sugli obblighi di disclosure previsti in Francia e Germania, si veda K. Deckert, Sustainable Investments Through Financial Market Regulation in France. A General Overview, in RTDF n° 2/3 – 2018, pp. 34 e ss. Per un’importante analisi di vari profili giuridici relativi al nuovo regolamento, si veda M. Siri - S. Zhu, L’integrazione della sostenibilità nel sistema europeo di protezione degli investitori, op. cit., pp. 3 ss. 71 Sul punto, tuttavia, si tenga l’approvazione della proposta regolamentare concernente l’individuazione di criteri armonizzati (tassonomia) che consentano di determinare, in maniera omogenea, il grado di sostenibilità degli investimenti. Si veda: https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2020/04/15/sustainable-finance-council-adopts-a-unified-eu-classification-system/ Sull’importanza di tale tassonomia, cfr. Forum Finanza sostenibile, ult. op. cit., pp. 31 e ss.

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e che sia destinato a imprese che rispettino prassi di buona

governance, con particolare riferimento alle dinamiche lavorative e

al rispetto degli obblighi fiscali72.

Tale definizione, peraltro, va integrata con quelle fornite dal successivo

Reg. UE n. 2020/852 in relazione agli investimenti “ecosostenibili”.

Quest’ultimi, a loro volta, si qualificano in base:

1. alla capacità ci contribuire al raggiungimento di uno o più degli

obiettivi di cui all’art. 9 del Reg. UE n. 2020/852;

2. al fatto di non arrecare danno a nessun’altro degli altri obiettivi;

3. al rispetto delle garanzie minime di salvaguardia di cui all’art. 18

del Reg. UE n. 2020/852 (inclusi i principi delle Convenzioni

ILOR);

4. alla conformità rispetto ai criteri di vaglio tecnico fissati dalla

Commissione.

La sostenibilità è oggetto di obblighi di disclosure che variano in funzione

del soggetto passivo, ma anche della diversa rilevanza da essa assunta.

Nel regolamento, la sostenibilità è considerata ora sul piano del rischio

per il rendimento finanziario (art. 6); ora come parametro integrativo per

le politiche di remunerazione (art. 5); ora come fattore suscettibile di

essere negativamente inciso dalle politiche di investimento dell’operatore

finanziario (art. 4) o dal singolo prodotto intermediato (art. 7); infine

come fattore suscettibile di essere positivamente inciso dal singolo

prodotto avente alcune caratteristiche (artt. 8, 10 e 11) o specifici obiettivi

(artt. 9, 10 e 11) di sostenibilità.

L’efficacia conformativa di questi obblighi di disclosure è fortemente

imperniata intorno al meccanismo: comply or explain73.

72 L’art. 2, comma 17, definisce “investimento sostenibile”: un “investimento in un’attività economica che contribuisce a un obiettivo ambientale, misurato, ad esempio, mediante indicatori chiave di efficienza delle risorse concernenti l’impiego di energia, l’impiego di energie rinnovabili, l’utilizzo di materie prime e di risorse idriche e l’uso del suolo, la produzione di rifiuti, le emissioni di gas a effetto serra nonché l’impatto sulla biodiversità e l’economia circolare o un investimento in un’attività economica che contribuisce a un obiettivo sociale, in particolare un investimento che contribuisce alla lotta contro la disuguaglianza, o che promuove la coesione sociale, l’integrazione sociale e le relazioni industriali, o un investimento in capitale umano o in comunità economicamente o socialmente svantaggiate a condizione che tali investimenti non arrechino un danno significativo a nessuno di tali obiettivi e che le imprese che beneficiano di tali investimenti rispettino prassi di buona governance, in particolare per quanto riguarda strutture di gestione solide, relazioni con il personale, remunerazione del personale e rispetto degli obblighi fiscali”. 73 Non a caso applicabile anche in materia di disclosure non finanziaria, ai sensi della Direttiva 2014/95.

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I destinatari della Direttiva sono tenuti a fornire una “chiara”

motivazione circa la mancata considerazione dei fattori di sostenibilità e

circa i tempi per un adempimento tardivo rispetto ad un obbligo che, pur

non essendo tale sul piano formale, tende a divenirlo sul piano

sostanziale.

Gli intermediari non sono obbligati ad integrare le politiche di

investimento in base ai singoli rischi di sostenibilità. Tuttavia, se non lo

fanno, ne devono spiegare il motivo all’interno dell’informativa

precontrattuale (art. 6).

Nel caso di un prodotto finanziario con caratteristiche (art. 8) o con

specifico obiettivo (art. 9) di sostenibilità occorre indicare la tipologia di

indice di riferimento prescelta, la sua coerenza rispetto a quelle

caratteristiche o a quell’obiettivo, ecc. Nel caso in cui non vi sia un indice

di riferimento, occorre fornirne una spiegazione.

I partecipanti ai mercati finanziari (di cui all’art. 1, comma 1, n. 1)

“devono” (nei casi di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 4) o “possono”

considerare nelle proprie decisioni di investimento gli effetti negativi sui

fattori di sostenibilità. Ma, anche in questi casi, se non lo fanno, devono

motivarne le ragioni sul proprio sito web, come all’interno

dell’informativa precontrattuale.

Per i consulenti finanziari non esiste mai un obbligo di integrazione. Ma,

ancora una volta, sono tenuti a spiegare le ragioni dell’eventuale mancata

integrazione di tali considerazioni all’interno delle proprie politiche

d’investimento (vedi sempre l’art. 4).

Analoghi obblighi, naturalmente, valgono anche ai fini degli effetti

negativi imputabili al singolo prodotto finanziario (art. 7). Anche se, in

questo caso, la disclosure si applica solo ai partecipanti ai mercati

finanziari di cui al citato art. 1, comma 1, n. 1 (non anche ai consulenti

finanziari di cui al successivo n. 11).

Da notare come l’obbligo di trasparenza non concerne soltanto gli effetti

positivi ma anche, e soprattutto, quelli negativi: a livello di politica

finanziaria e di prodotto. Il che segna anche un allontanamento

significativo di tale disclosure rispetto al modello della CSR, quale

strategia comunicativa focalizzata sui soli punti di forza

dell’investimento74.

L’operatore finanziario, dunque, è formalmente libero di decidere la

struttura del proprio prodotto e della propria politica di investimento.

74 Sul rapporto tra disclosure e CSR, tra gli altri, si veda sempre V. Calandra Buonaura, ult. op. cit.

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Negli intenti della riforma, tuttavia, dovrà essere sempre più condizionato

da un sistema regolatorio che tenderà ad evidenziarne la minore

competitività rispetto a caratteristiche di sostenibilità sempre più

rilevanti anche per il singolo investitore (istituzionale o retail)75.

Si tratta di una disclosure sempre più pervasiva, anche sul piano degli

strumenti utilizzati: il sito web, i documenti di informativa

precontrattuale, le relazioni periodiche, l’attività promozionale.

I fattori di rischio e gli obiettivi di sostenibilità, in ultima analisi,

tenderanno a permeare l’intero processo di strutturazione, promozione e

vendita dei prodotti, con impatti significativi su tutti o quasi i processi

aziendali76.

Alla luce dei predetti obblighi, la stessa disclosure sarà probabilmente il

risultato finale di tali processi aziendali: a partire dalla definizione del

rapporto rischio/rendimento del prodotto, per poi passare alla definizione

del target market e dei criteri di valutazione dell’adeguatezza del prodotto

rispetto alle preferenze in materia di sostenibilità del cliente,

all’applicazione di criteri e processi di selezione e di due diligence degli

investimenti target, ai controlli di conformità e di audit, fino ad arrivare

ai vari processi di promozione, distribuzione e revisione della coerenza

con le esigenze del target market77.

In definitiva, la pervasività di questi nuovi obblighi di disclosure sembra

ancora una volta evidenziare la rilevanza ormai assunta dalla

sostenibilità.

L’intento è quello di favorire la transizione da un mercato dei prodotti

finanziari sostenibili alla sostenibilità dell’intero mercato.

75 Sulla crescente sensibilità dei futuri investitori alle tematiche della sostenibilità, cfr. R.J. Jones - T.M. Reilly - M.Z. Cox - B.M. Cole, Gender Makes a Difference: Investigating Consumer Purchasing Behavior and Attitudes Toward Corporate Social Responsibility Policies, in «Corp. Soc. Responsib. Environ. Manag.», 24, 2017, pp. 133-144; M.G. Luchs - T.A. Mooradian, Sex, Personality, and Sustainable Consumer Behavior: Elucidating the Gender Effect, in «J. Consum. Policy», 35, 2012, pp. 127-144. Sull’efficacia della disciplina della trasparenza, non solo come strumento di protezione dei contraenti deboli, ma anche di correzione dei comportamenti dei contraenti forti, si rinvia al noto esempio dei venditori di uova di A. Nigro, La lege sulla trasparenza delle operzioni e dei servizi banvati, note introduttive, in Dir. Banc., 1992, I, p. 421 e ss. 76 Cfr. D, Ravegna, Il Regolamento (UE) 2019/2088 in materia di informativa sulla finanza sostenibile: ricognizione normativa e analisi degli impatti operativi sugli intermediari finanziari, consultabile al seguente link: https://www.rplt.it/banking-finance-d3/il-regolamento-ue-2019-2088-in-materia-di-informativa-sulla-finanza-sostenibile-ricognizione-normativa-e-analisi-degli-impatti-operativi-sugli-intermediari-finanziari/ (consultato in data 21 gennaio 2021). 77 Cfr. sempre D. Ravegna, ult. op. cit.

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Non si tratta più di un’innovativa politica d’investimento; di una specifica

asset class. Si tratta di un principio ordinatore del mercato finanziario e,

per esso, del modello di sviluppo che si vorrebbe imprimere all’intero

mercato.

A tale obiettivo si accompagna la predisposizione di regole nuove o

l’integrazione funzionale di regole preesistenti, come nel caso della

disclosure.

L’osservazione empirica ci dirà se questi strumenti saranno idonei

rispetto al suddetto scopo.

Fra le tante sfide che vi si frappongono, si pensi: ai rischi di green

washing; all’eccessiva e disomogenea proliferazione di label, standard di

classificazione e benchmark di sostenibilità; ai problemi legati

all’educazione finanziaria, alla carenza di dati affidabili, aggregabili e

confrontabili; alle difficoltà metriche di misurazione degli effettivi impatti

positivi o negativi; alla capacità adattativa delle piccole e medie imprese

rispetto ai nuovi costi gestionali; ai rischi di information-overload

informativo, di over-confidence o di choise-overload; alla necessità di

adeguare tali processi all’evoluzione tecnologica del fintech; alle criticità

connesse alle esigenze implementative di una regolamentazione di

secondo livello che sia coerente ed armonizzata; alle esigenze di

gradualità e flessibilità di tale regolamentazione e, in ultima analisi, alle

imprevedibili e non sempre razionali reazioni che il mercato potrà avere

sul fronte della domanda e dell’offerta di capitali.

È plausibile immaginare che, dalla necessità di superare tali ostacoli,

dipenderanno molte delle più significative riforme che interesseranno il

mercato dei capitali nel prossimo futuro.

Abstract: Disclosure, in the financial field, arises as a function of the fiduciary obligations

between broker and client, to guarantee a contractual freedom. Today, the need to direct that

development in terms of social and environmental sustainability is increasingly felt. Therefore,

the disclosure has a new function: not only to inform the client, but also to conform the market.

In this direction, the paper gives a first reading of the recent EU Reg. no. 2019/2088, on ESG

disclosure, and of the other regulatory acts prepared by the European Commission, on

Sustainable Finance.

Key words: sustainable, sustainaibility, finance, disclosure, market, investor, client, ESG,

broker, green washing.