Ugo Foscolo 1778 -1827 TRE SONETTI François-Xavier Fabre (1766-1837), Ritratto di Ugo Foscolo, 1813...
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Ugo Foscolo1778 -1827
TRE SONETTI
François-Xavier Fabre (1766-1837), Ritratto di Ugo Foscolo, 1813 (Firenze, BNC)
Ugo Foscolo1778 -1827
ALLA SERA
Prima Edizione del sonetto “Alla sera”, stampato nel 1802 in sole 260 copie
ALLA SERA[1802]
1 Forse perché della fatal quïete A2 tu sei l'immago a me sì cara vieni B3 o sera! E quando ti corteggian liete A4 le nubi estive e i zeffiri sereni, B 5 e quando dal nevoso aëre inquïete A6 tenebre e lunghe all'universo meni B7 sempre scendi invocata, e le secrete A8 vie del mio cor soavemente tieni. B 9 Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme C10 che vanno al nulla eterno; e intanto fugge D 11 questo reo tempo, e van con lui le torme C 12 delle cure onde meco egli si strugge D13 e mentre io guardo la tua pace, dorme C14 quello spirto guerrier ch'entro mi rugge. D
Ugo Foscolo (1778-1827)
ALLA SERA
Parafrasi estesa
Forse perché somigli alla morte
tu sei per me molto preziosa, o sera.
Sia quando ti fan la corte le nubi
dell’estate e i venti tranquilli,
sia quando d’inverno porti per il cielo
inquieta e protratta oscurità,
ogni volta giungi ricercata e ti soffermi
dolcemente in fondo al mio cuore.
Spingi le mie riflessioni sulle tracce
che conducono all’idea della morte;
e mentre lo faccio, trascorre questo tempo
malvagio e gli van dietro le numerose
preoccupazioni a causa delle quali
esso si dissolve e nel momento in cui
io contemplo la tua serena tranquillità,
si acquieta quel desiderio di combattere
che si dibatte in me.
ALLA SERA
Parafrasi sintetica
Ugo Foscolo si rivolge alla sera per esprimere ciò che prova al suo calare nella stagione estiva e invernale. Il poeta mette in evidenza la somiglianza che esiste tra la sera e la morte: come la prima scende al termine di una giornata, così la seconda giunge alla fine della vita. Seguire questo pensiero è occasione per distaccarsi dagli affanni della vita, è ritrovare un po’ di serenità dalle passioni che animano l’esistenza del poeta.
Ugo Foscolo1778 -1827
A ZACINTO
A ZACINTO[1802/1803]
1 Né più mai toccherò le sacre sponde A2 ove il mio corpo fanciulletto giacque B3 Zacinto mia, che te specchi nell’onde A4 del greco mar da cui vergine nacque B 5 Venere e fea quelle isole feconde A6 col suo primo sorriso, onde non tacque B7 le tue limpide nubi e le tue fronde A8 l'inclito verso di colui che l'acque B 9 cantò fatali, ed il diverso esiglio C10 per cui bello di fama e di sventura D11 baciò la sua petrosa Itaca Ulisse. E 12 Tu non altro che il canto avrai del figlio, C13 o materna mia terra; a noi prescrisse E14 il fato illacrimata sepoltura. D
Ugo Foscolo (1778-1827)
A ZACINTO
Parafrasi estesa
Non raggiungerò mai più le rive sacre
presso le quali sedevo da bambino,
o mia Zacinto, che ti specchi nelle onde
del mar Ionio da cui nacque la vergine
Venere che con il suo primo sorriso
rese quelle isole ricche di frutti,
tanto che la famosa poesia di Omero
cantò le tue limpide nubi ed i tuoi boschi.
E cantò i viaggi per mare voluti dal destino,
il non comune esilio a causa del quale
Ulisse, nobilitato dalla sventura non meno
che dalle gloriose imprese di guerra,
ritornò a baciare la sua rocciosa Itaca.
O mia terra natìa, da me avrai soltanto
questa poesia; il destino mi ha riservato
una sepoltura compianta da nessuno.
METRICA
[ ] segnala una posizione metrica; / indica la cesura; • segnala l’inizio di strofe; Ð sinalefe
• Né più mai toccherò le sacre sponde
[Né]1 [più]2 [mai]3 [toc]4 - [che]5 - [rò]6 / [le]7 [sa]8 - [cre]9 [spon]10 - [de]
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
[ó]1 - [ve il]2 [mio]3 [cór]4 - [po]5 / [fàn]6 - [ciul]7 - [lét]8 - [to]9 [giác]10 - [que]
Zacinto mia, che te specchi nell'onde
[Za]1 - [cin]2 - [to]3 [mia]4 / [che]5 [te]6 [spec]7 - [chi]8 [nel]9 - [l’on]10 - [de]
del greco mar da cui vergine nacque
[del]1 [gre]2 - [co]3 [mar]4 / [da]5 [cui]6 [ver]7 - [gi]8 - [ne]9 [nac]10 - [que]
• Venere, e fea quelle isole feconde
[Ve]1 - [ne]2 - [re, e]3 [fea]4 / [quel]5 - [le Ð Ð i]6 - [so]7 - [le]8 [fe]9 - [con]10 - [de]
col suo primo sorriso, onde non tacque
[col]1 [suo]2 [pri]3 - [mo]4 [sor]5 - [ri]6 - [so / on]7 - [de]8 [non]9 [tac]10 - [que]
le tue limpide nubi e le tue fronde
[le]1 [tue]2 [lim]3 - [pi]4 - [de]5 [nu]6 -[bi / e]7 [le]8 [tue]9 [fron]10 - [de]
l'inclito verso di colui che l'acque
[l’in]1 - [cli]2 - [to]3 [ver]4 - [so]5 / [di]6 [co]7 - [lui]8 [che]9 [l’ac]10 - [que]
• cantò fatali, ed il diverso esiglio
[can]1 - [tò]2 [fa]3 - [ta]4 - [li, / ed]5 [il]6 [di]7 - [ver]8 - [so e]9 - [si]10 - [glio]
per cui bello di fama e di sventura
[per]1 [cui]2 [bel]3 - [lo]4 [di]5 [fa]6 - [ma / e]7 [di]8 [sven]9 - [tu]10 - [ra]
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
[ba]1 - [ciò]2 [la]3 [sua]4 [pe]5 - [tro]6 - [sa / I]7 - [ta]8 - [ca U]9 - [lis]10 - [se]
• Tu non altro che il canto avrai del figlio,
[Tu]1 [non]2 [al]3 - [tro]4 [che ÐÐ il]5 [can]6 - [to /Ð a]7 - [vrai]8 [del]9 [fi]10 - [glio]
o materna mia terra; a noi prescrisse
[O]1 [ma]2 - [ter]3 - [na]4 [mia]5 [ter]6 - [ra; / a]7 [noi]8 [pre]9 - [scris]10 - [se]
il fato illacrimata sepoltura.
[il]1 [fa]2 - [to ÐÐ il]3 - [la]4 - [cri]5 - [ma]6 - [ta]7 / [se]8 - [pol]9 - [tu]10 - [ra]
Foscolo passó i primi anni della sua vita a Zacinto e le sacre sponde dell'isola vengono idealizzate dal poeta nel ricordo della sua fanciullezza.
Dopo essere sorta dal mare, Venere, con il suo primo sorriso ha reso feconde le isole di Zacinto e Itaca. In seguito abbiamo una relazione tra il poeta e Ulisse perche' entrambi erano lontani dalle rispettive isole natie.
Il poeta, grande ammiratore di Omero e delle sue opere, ritrova nei versi di Omero la sua stessa vita paragonando il proprio amore per la terra natale (Zante) con quello di Ulisse per Itaca.
Ulisse bacia la sua terra natale (Itaca) dopo aver passato diverse disavventure, ma carico di fama e di esperienza.
Il poeta deve accontentarsi di ricordare la sua terra di origine solamente nelle sue poesie perché é costretto all'esilio. Il fato ha destinato per lui una sepoltura priva di persone care che lo rimpiangano.
A ZACINTO
Parafrasi sintetica
Ugo Foscolo si rivolge alla sua isola natale: è Zacinto, isola del Mare greco, dal quale nacque Venere, dea dell’amore. Questa terra feconda di frutti è stata cantata da Omero insieme a Itaca, patria di Ulisse, eroe che come lui molto ha vagato. Il poeta dice che non la rivedrà mai più: il destino ha stabilito che egli morirà esiliato.
IN MORTE DEL FRATELLO GIOVANNI
[1802]1 Un dì, s'io non andrò sempre fuggendo A2 di gente in gente, mi vedrai seduto B3 su la tua pietra, o fratel mio, gemendo A4 il fior dei tuoi gentili anni caduto. B 5 La madre or sol, suo dì tardo traendo, A6 parla di me col tuo cenere muto: B7 ma io deluse a voi le palme tendo; A8 e se da lunge i miei tetti saluto, B 9 sento gli avversi Numi, e le secrete C10 cure che al viver tuo furon tempesta, D11 e prego anch'io nel tuo porto quiete. C 12 Questo di tanta speme oggi mi resta! D13 Straniere genti, l'ossa mie rendete C14 allora al petto della madre mesta. D
Ugo Foscolo (1778-1827)
IN MORTE DEL FRATELLO GIOVANNI
Parafrasi estesa
Se un giorno io non dovrò più fuggire
di paese in paese, mi vedrai inginocchiato
sulla tua tomba, fratello mio, a piangere
la tua nobile giovinezza spezzata.
Soltanto la madre ora,
trascinando la sua stanca giornata,
parla di me con i tuoi resti silenziosi:
ma io tendo a voi le mie braccia intristite;
e quando da lontano saluto i luoghi familiari
sento tutta l'avversità del destino e i segreti
affanni che tormentarono la tua vita,
e supplico di avere anch'io tranquillità
nel porto da te raggiunto.
Di tanta speranza, oggi mi resta solo questo!
Stranieri, rendete almeno i miei resti
al petto della madre dolente.
Il carme 101, composto da Valerio Catullo in memoria del fratello sepolto presso il promontorio Reteo, in Bitìnia (regione storica dell'Asia Minore, oggi Turchia, affacciata al Mar di Màrmara, al Bosforo e al Mar Nero), esprime i sentimenti del poeta nell'esperienza del lutto. Esso ha ispirato Ugo Foscolo (1778-1827) nella composizione del suo noto sonetto “In morte del fratello Giovanni” [1802].
BITIN
IA
CARME CI
1 Multas per gentes et multa per aequora vectus2 advenio has miseras, frater, ad inferias,3 ut te postremo donarem munere mortis4 et mutam nequiquam alloquerer cinerem:5 quandoquidem fortuna mihi tete abstulit ipsum,6 heu miser indigne frater adempte mihi.
7 Nunc tamen interea haec prisco quae more parentum
8 tradita sunt tristi munere ad inferias,9 accipe, fraterno multum manantia fletu,10 atque in perpetuum, frater, ave atque vale.
Valerio Catullo (85 a.C.-55 a.C.)
CARME CI
Di mare in mare, da un popolo all'altrovengo a queste tue misere esequie,
fratello, per donarti l'ultima offerta di mortee invano parlare alle tue ceneri mute:ora che la sorte a me ti ha strappato,così crudelmente strappato, fratello
infelice.
Pure, amaro dono per un rito estremo,nell'uso antico dei padri accogli l'offertache ora ti affido: così intrisa del mio
pianto.E in eterno riposa, fratello mio, addio.
(Traduzione: Mario Ramous)
CONFRONTO FRA I TESTICONFRONTO FRA I TESTI
Un dì, s'io non andrò sempre fuggendodi gente in gente1 , mi vedrai sedutosu la tua pietra, o fratel mio2, gemendo3
il fior dei tuoi gentili anni caduto4. La madre or sol, suo dì tardo traendo,parla di me col tuo cenere muto5:ma io deluse a voi le palme tendo;e se da lunge i miei tetti saluto, sento gli avversi Numi6, e le secretecure che al viver tuo furon tempesta,e prego anch'io nel tuo porto quiete. Questo di tanta speme oggi mi resta!Straniere genti, l'ossa mie rendeteallora al petto della madre mesta.
Un dì, s'io non andrò sempre fuggendodi gente in gente1 , mi vedrai sedutosu la tua pietra, o fratel mio2, gemendo3
il fior dei tuoi gentili anni caduto4. La madre or sol, suo dì tardo traendo,parla di me col tuo cenere muto5:ma io deluse a voi le palme tendo;e se da lunge i miei tetti saluto, sento gli avversi Numi6, e le secretecure che al viver tuo furon tempesta,e prego anch'io nel tuo porto quiete. Questo di tanta speme oggi mi resta!Straniere genti, l'ossa mie rendeteallora al petto della madre mesta.
Di mare in mare1, da un popolo all'altrovengo a queste tue misere esequie, fratello2, per donarti l'ultima offerta di mortee invano parlare alle tue ceneri mute5 :ora che la sorte6 a me ti ha strappato,così crudelmente strappato,fratello infelice4.
Pure, amaro dono per un rito estremo,nell'uso antico dei padri accogli l'offertache ora ti affido: così intrisa del mio pianto3.E in eterno riposa, fratello mio, addio.
Di mare in mare1, da un popolo all'altrovengo a queste tue misere esequie, fratello2, per donarti l'ultima offerta di mortee invano parlare alle tue ceneri mute5 :ora che la sorte6 a me ti ha strappato,così crudelmente strappato,fratello infelice4.
Pure, amaro dono per un rito estremo,nell'uso antico dei padri accogli l'offertache ora ti affido: così intrisa del mio pianto3.E in eterno riposa, fratello mio, addio.
VALERIO VALERIO CATULLOCATULLO
UGO FOSCOLOUGO FOSCOLO
CONFRONTO FRA I TESTICONFRONTO FRA I TESTI
Un dì, s'io non andrò sempre fuggendodi gente in gente1 , mi vedrai sedutosu la tua pietra, o fratel mio2, gemendo3
il fior dei tuoi gentili anni caduto4. La madre or sol, suo dì tardo traendo,parla di me col tuo cenere muto5:ma io deluse a voi le palme tendo;e se da lunge i miei tetti saluto, sento gli avversi Numi6, e le secretecure che al viver tuo furon tempesta,e prego anch'io nel tuo porto quiete. Questo di tanta speme oggi mi resta!Straniere genti, l'ossa mie rendeteallora al petto della madre mesta.
Un dì, s'io non andrò sempre fuggendodi gente in gente1 , mi vedrai sedutosu la tua pietra, o fratel mio2, gemendo3
il fior dei tuoi gentili anni caduto4. La madre or sol, suo dì tardo traendo,parla di me col tuo cenere muto5:ma io deluse a voi le palme tendo;e se da lunge i miei tetti saluto, sento gli avversi Numi6, e le secretecure che al viver tuo furon tempesta,e prego anch'io nel tuo porto quiete. Questo di tanta speme oggi mi resta!Straniere genti, l'ossa mie rendeteallora al petto della madre mesta.
Multas per gentes et multa per aequora vectus1 advenio has miseras, frater2, ad inferias,ut te postremo donarem munere mortiset mutam nequiquam alloquerer cinerem5:quandoquidem fortuna6 mihi tete abstulit ipsum,heu miser indigne frater adempte4 mihi.
Nunc tamen interea haec prisco quae more parentumtradita sunt tristi munere ad inferias,accipe, fraterno multum manantia fletu3,atque in perpetuum, frater, ave atque vale.
Multas per gentes et multa per aequora vectus1 advenio has miseras, frater2, ad inferias,ut te postremo donarem munere mortiset mutam nequiquam alloquerer cinerem5:quandoquidem fortuna6 mihi tete abstulit ipsum,heu miser indigne frater adempte4 mihi.
Nunc tamen interea haec prisco quae more parentumtradita sunt tristi munere ad inferias,accipe, fraterno multum manantia fletu3,atque in perpetuum, frater, ave atque vale.
VALERIO VALERIO CATULLOCATULLO
UGO FOSCOLOUGO FOSCOLO
Sandro Botticelli (1445-1510), Nascita di Venere, c. 1485, Olio su tela, Galleria degli Uffizi, Firenze.
Busto di Ulisse
Busto di Omero
Monumento funebre di Ugo Foscolo a Zacinto
Ugo Foscolo1778 -1827
IN MORTE DEL FRATELLO GIOVANNI
FINE