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- 1 © 2011 RCS Libri S.p.A., Milano/La Nuova Italia – M. Sambugar, G. Salà - Letteratura+ sezione-3 Dagli anni Cinquanta ai giorni nostri - 1 Jorge-Luis-Borges La-vita-e-le-opere Jorge Louis Borges nacque a Buenos Aires nel 1899 da genitori benestanti di origine inglese. Visse dal 1914 al 1919 in Svizzera e in seguito in Spagna, dove entrò in contatto con le Avanguar- die letterarie europee e, in particolare, con il Sur- realismo. Negli anni Venti, rientrato in Argentina, pubblicò le raccolte poetiche Fervore di Buenos Aires (1923) e Luna di fronte (1925), nelle quali si trovano già le principali caratteristiche del suo stile: la semplicità unita al gusto per la citazione erudita e per la metafora colta. Il passaggio alla prosa avvenne nel 1930 con Evaristo Carriego, biografia immaginaria del po- eta argentino che frequentò casa Borges, cui seguirono racconti in cui la storia rappresenta la menzogna, il falso e il plagio (Storia universa- le dell’infamia del 1933 e Storia dell’eternità del 1935). Negli anni Quaranta si andò aggravando la malattia agli occhi che avrebbe portato lo scritto- re, nel giro di un decennio, alla cecità; fu proprio in questo periodo, tuttavia, che Borges concepì i suoi capolavori, le raccolte di racconti Finzioni (1944) e L’Aleph (1949). Borges confermò la sua fama anche nella pro- duzione saggistica, con Altre inquisizioni (1952) e con i raffinati Nove saggi danteschi (1982), con opere scritte in collaborazione con altri scritto- ri argentini e con raccolte che sperimentano la formula della mescolanza di prosa e versi, come L’artefice (1960), Elogio dell’ombra (1965), Il manoscritto di Brodie (1970) e Il libro di sabbia (1975). Morì nel 1986. L’artefice (1960) La-struttura,-la-genesi-- L’artefice (El hacedor) è una raccolta di 23 testi in prosa seguiti da 24 componimenti poetici; il titolo deriva da uno dei racconti, ispirato alla figura del poeta greco Ome- ro, che si tramanda fosse afflitto, come l’autore, da cecità. L’opera nacque in maniera quasi casuale, come ci informa Borges stesso: «Un giorno il mio amico Carlos Frías […] mi chiese un nuovo libro per la serie della mia cosiddetta opera completa. Rispo- si che non avevo nulla da dargli, ma Frías insistet- te dicendo: “Ogni scrittore ha un libro da qualche parte, se soltanto si dà la pena di cercarlo”. Una domenica oziosa, frugando nei cassetti di casa, scovai delle poesie sparse e dei brani di prosa. Questi frammenti, scelti e ordinati e pubblicati nel 1960, divennero L’artefice». La commistione di poesia e prosa obbedisce alla convinzione di Borges che la differenza tra i due generi sia solo formale e che narrativa e versi siano «per l’immaginazione […] la stessa cosa». I testi in prosa confluiti nella raccolta erano stati composti nell’arco di un quindicennio, tra il 1934 e il 1959; più recenti i testi poetici, che testimo- niano del ritorno di Borges alla poesia dopo un silenzio durato quasi trent’anni. Nonostante la peculiarità della sua genesi, l’ope- ra è contrassegnata da un tono intimo. Il Borges maturo di questi anni guarda alla tradizione let- teraria occidentale come a un’immensa biblioteca che ognuno può infinitamente ripensare e riscri- vere. I-temi- - La raccolta presenta le tematiche proprie della produzione di Borges: la riflessione sul rap- porto fra tempo ed eternità e tra uomo e Dio; la natura della creazione artistica e il ruolo dello scrittore; il mistero dell’identità; la vera essenza della realtà, che sfugge alla comprensione umana e ai tentativi dell’arte di catturarla. Queste temati- che sono affrontate attraverso SIMBOLI che ricorro- no ossessivamente in tutta l’opera creando una letteratura sospesa tra realismo e dimensione fantastica: il labirinto, la biblioteca, lo specchio,

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La­narrativa­stranieradel secondo Novecento

© 2011 RCS Libri S.p.A., Milano/La Nuova Italia – M. Sambugar, G. Salà - Letteratura+

sezione­3 Dagli anni Cinquantaai giorni nostri

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Jorge­Luis­Borges

La­vita­e­le­opere

Jorge Louis Borges nacque a Buenos Aires nel 1899 da genitori benestanti di origine inglese. Visse dal 1914 al 1919 in Svizzera e in seguito in Spagna, dove entrò in contatto con le Avanguar-die letterarie europee e, in particolare, con il Sur-realismo. Negli anni Venti, rientrato in Argentina, pubblicò le raccolte poetiche Fervore di Buenos Aires (1923) e Luna di fronte (1925), nelle quali si trovano già le principali caratteristiche del suo stile: la semplicità unita al gusto per la citazione erudita e per la metafora colta.Il passaggio alla prosa avvenne nel 1930 con Evaristo Carriego, biografia immaginaria del po-eta argentino che frequentò casa Borges, cui seguirono racconti in cui la storia rappresenta la menzogna, il falso e il plagio (Storia universa-

le dell’infamia del 1933 e Storia dell’eternità del 1935). Negli anni Quaranta si andò aggravando la malattia agli occhi che avrebbe portato lo scritto-re, nel giro di un decennio, alla cecità; fu proprio in questo periodo, tuttavia, che Borges concepì i suoi capolavori, le raccolte di racconti Finzioni (1944) e L’Aleph (1949).Borges confermò la sua fama anche nella pro-duzione saggistica, con Altre inquisizioni (1952) e con i raffinati Nove saggi danteschi (1982), con opere scritte in collaborazione con altri scritto-ri argentini e con raccolte che sperimentano la formula della mescolanza di prosa e versi, come L’artefice (1960), Elogio dell’ombra (1965), Il manoscritto di Brodie (1970) e Il libro di sabbia (1975). Morì nel 1986.

L’artefice (1960)

La­struttura,­la­genesi­­L’artefice (El hacedor) è una raccolta di 23 testi in prosa seguiti da 24 componimenti poetici; il titolo deriva da uno dei racconti, ispirato alla figura del poeta greco Ome-ro, che si tramanda fosse afflitto, come l’autore, da cecità.L’opera nacque in maniera quasi casuale, come ci informa Borges stesso: «Un giorno il mio amico Carlos Frías […] mi chiese un nuovo libro per la serie della mia cosiddetta opera completa. Rispo-si che non avevo nulla da dargli, ma Frías insistet-te dicendo: “Ogni scrittore ha un libro da qualche parte, se soltanto si dà la pena di cercarlo”. Una domenica oziosa, frugando nei cassetti di casa, scovai delle poesie sparse e dei brani di prosa. Questi frammenti, scelti e ordinati e pubblicati nel 1960, divennero L’artefice».La commistione di poesia e prosa obbedisce alla convinzione di Borges che la differenza tra i due generi sia solo formale e che narrativa e versi siano «per l’immaginazione […] la stessa cosa». I testi in prosa confluiti nella raccolta erano stati

composti nell’arco di un quindicennio, tra il 1934 e il 1959; più recenti i testi poetici, che testimo-niano del ritorno di Borges alla poesia dopo un silenzio durato quasi trent’anni.Nonostante la peculiarità della sua genesi, l’ope-ra è contrassegnata da un tono intimo. Il Borges maturo di questi anni guarda alla tradizione let-teraria occidentale come a un’immensa biblioteca che ognuno può infinitamente ripensare e riscri-vere.

I­temi­­La raccolta presenta le tematiche proprie della produzione di Borges: la riflessione sul rap-porto fra tempo ed eternità e tra uomo e Dio; la natura della creazione artistica e il ruolo dello scrittore; il mistero dell’identità; la vera essenza della realtà, che sfugge alla comprensione umana e ai tentativi dell’arte di catturarla. Queste temati-che sono affrontate attraverso simboli che ricorro-no ossessivamente in tutta l’opera creando una letteratura sospesa tra realismo e dimensione fantastica: il labirinto, la biblioteca, lo specchio,

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la tigre, gli scacchi, il sogno sono elementi volti a indicare, pur con diverse sfumature di significato, la natura variegata e sfuggente del reale, connota-to come apparenza e vano riflesso. Autore dotato di un’erudizione straordinaria, Borges intesse i suoi testi di riferimenti filosofici e culturali, combinando abilmente storia e finzione, descri-zione e mito, dato oggettivo e valore simbolico. Come tutte le opere dello scrittore argentino, i testi che compongono L’artefice si prestano a diversi livelli di lettura e a numerose chiavi inter-pretative.

La­stile­­La scrittura di Borges è nitida ed es-senziale, frutto di un costante controllo stilistico. «Mae stro dello scrivere bene», come lo definì Cal-vino, l’autore predilige i valori della semplicità e della simmetria, attraverso cui si esprime la sua riflessione sui misteri dell’esistenza e dell’univer-so. Questa scelta stilistica si traduce nella rinun-cia a termini troppo ricercati e nella tendenza alla linearità della paratassi; frequente è il ricorso all’ironia e al paradosso, che esprimono la visio-ne di una realtà difficile da definire, dove il confi-ne tra verità e finzione è sempre labile e incerto.

Il testo, insieme ad altri otto confluiti nell’Artefice, era stato originariamente pubblicato nella rivista “La Biblioteca”, fondata nel 1957 da Borges in qualità di direttore della Biblioteca Nazionale di Buenos Aires.

Ultima delle prose della raccolta, Borges e io affronta una delle tematiche più care allo scrittore argentino: la difficoltà di definire la propria identità, sulla quale incombe, incessante, la presenza del “doppio”.

Borges e io(l’artefice)

CONTENUTI Lo sdoppiamento della personalità La natura della creazione letteraria La fuga del tempo

È all’altro, a Borges, che accadono le cose. Io cammino per Buenos Aires e mi soffermo, forse ormai meccanicamente, a osservare l’arco di un androne1 e il cancello del cortile; di Borges ho notizie dalla posta e vedo il suo nome in una terna di professori2 o in un dizionario biografico. Mi piacciono gli orologi a sabbia3, le carte geografiche, la tipografia del xviii secolo, le etimologie4, il sa-pore del caffè e la prosa di Stevenson5; l’altro condivide queste preferenze, ma in un modo vanitoso che le trasforma in attributi d’attore. Sarebbe esagerato affermare che fra noi c’è ostilità; io vivo, io mi lascio vivere, perché Borges possa tramare la sua letteratura e quella letteratura mi giustifica. Non mi co-sta nulla confessare che è riuscito a ottenere alcune pagine valide, ma quelle pagine non possono salvarmi, forse perché ciò che hanno di buono ormai non è di nessuno, neppure dell’altro, ma della lingua o della tradizione. Del resto, io sono destinato a perdermi, definitivamente, e solo qualche istante di me potrà sopravvivere nell’altro. A poco a poco gli sto cedendo tutto, anche se conosco bene la sua perversa abitudine di falsare e ingigantire. Spinoza6 capì

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1.­androne:­specie di corridoio che conduce dal portone d’in-gresso di una casa al cortile interno o alle scale.2.­terna­di­professori: l’autore allude alle giurie letterarie di cui ha fatto parte.

3.­orologi­a­sabbia: le clessidre; per Borges, la sabbia che scen-de nella clessidra è il simbolo dell’inesorabile procedere dell’uomo verso la morte.4.­etimologie:­studio delle­origini o delle evoluzioni delle parole.

5.­Stevenson: Robert Luis Ste-venson (1850-1894),­narratore scozzese, autore, tra l’altro, del celebre Lo strano caso del dottor Jekyll e Mister Hyde. Borges fu un raffinato conoscitore della letteratura anglosassone, di

cui tradusse molte opere.6.­ Spinoza: Baruch Spinoza (1632-1677), filosofo olandese al centro della cui riflessione c’è il rapporto tra spiritualità e materia.

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che tutte le cose vogliono perseverare nel loro essere; la pietra eternamente vuole essere pietra e la tigre una tigre. Io resterò in Borges, non in me (am-messo che io sia qualcuno), ma mi riconosco meno nei suoi libri che in molti altri o nel laborioso arpeggio di una chitarra. Qualche anno fa ho cercato di liberarmi di lui passando dalle mitologie dei sobborghi ai giochi col tempo e con l’infinito7, ma quei giochi ora sono di Borges e io dovrò ideare altre cose. Così la mia vita è una fuga e io perdo tutto e tutto è dell’oblio, o dell’altro.

Non so chi di noi due scrive questa pagina.

da L’artefice, trad. T. Scarano, Milano, Adelphi, 1999

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7.­passando...­infinito:­passan-do da una letteratura ispirata a tematiche legate alla propria

terra («mitologie dei sobbor-ghi»), a composizioni incen-trate sulla riflessione intorno a

temi come il tempo e l’infini-to.

  Il brano, che esplora il rapporto­tra la figura “pubbli-ca” di Borges e quella privata, costituisce una variazio-ne su un tema caro allo scrittore: quello del­doppio. Pur accomunati da predilezioni analoghe – le clessidre, le carte geografiche, la «prosa di Stevenson», ecc. – Bor-ges e il suo doppio si pongono in modo diverso nei confronti della realtà: per l’«altro», ovvero per lo scritto-re, i dati­concreti sono «attributi d’attore», sono cioè il punto­di­partenza­per­la­creazione­letteraria, qui indica-ta attraverso la metafora della recitazione. Il Borges uo-mo, con la sua vicenda biografica, vive in funzione della trasfigurazione letteraria effettuata dal suo doppio. Ma la letteratura, una volta prodotta, cessa di appartenere tanto all’uno quanto all’altro per diventare patrimonio­collettivo, parte di un tutto in cui le caratteristiche indi-viduali si perdono e si confondono in quella sorta di li-bro­universale dove confluisce ogni opera di letteratura. Gli scritti del Borges scrittore non rappresentano il Bor-ges uomo meglio di quanto non possano farlo altri testi letterari: l’identità, già incrinata dalla presenza del dop-pio, si frantuma di fronte al mistero della totalità dell’universo, di cui la letteratura è pallido riflesso.

  Per quanto cosciente della vanità dello sforzo, il Bor-ges uomo non può sottrarsi al tentativo di liberare se

stesso dal proprio doppio tirannico. È così che dopo la poesia degli esordi, ispirata all’amore per la propria terra (l’allusione è a raccolte in versi come Fervore di Buenos Aires, Luna di fronte, Quaderno San Martín), egli ha ab-bracciato, per allontanarsi dall’altro, «i giochi col tempo e con l’infinito» (probabile riferimento a Finzioni e L’Ale-ph). Ma anche questi temi sono diventati «di Borges» e la ricerca è così ricominciata, in una fuga da se stesso in cui si consuma il tempo dell’esistenza. Nella parte finale del brano è così toccato un altro tema caro all’autore: quello della fuga­inarrestabile­del­tempo, che fa della vita un percorso inesorabile verso la morte.

  Il testo, pur nella sua brevità, presenta alcuni dei tratti più tipici della scrittura di Borges: gli spunti­rea-listici che convivono con la dimensione­fantastica; il gusto per il paradosso; la componente­erudita, che si esprime, nel brano, nell’allusione alla filosofia di Spi-noza e alla prosa di Stevenson, autore che aveva esplorato il tema del doppio nelle sue componenti più inquietanti.Lo stile, che predilige costruzioni sintattiche piane e lineari ed evita un lessico inutilmente ricercato, è un esempio dell’equilibrio e della compostezza­ formale che costituiscono la cifra stilistica dell’autore.

­PER­LAVORARE­SUL­TESTO

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COMPRENSIONE

Il­riassunto

1.  ��Individua i nuclei tematici del brano e riassumili.

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La­produzione­di­Borges

2.  ��Nel testo, Borges fa riferimento a una svolta tematica nella sua produzione letteraria: quale?

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ANALISI

La­creazione­letteraria

3.   Quale concezione della creazione letteraria è espressa nel brano? Rispondi facendo riferimento al testo.

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APPROFONDIMENTO

L’interpretazione

4.   Quale valore assume, alla luce del contenuto del brano, l’ammissione, da parte dell’autore, della propria preferenza per la prosa di Stevenson? Tieni presente che il narratore inglese è autore dell’opera Lo strano caso del dottor Jekyll e Mister Hyde, in cui è affrontato il tema dello sdoppiamento della personalità.

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­VERSO­L’ESAME­­ 1a­prova,­tip.­A Analisi�di�un�testo�in�prosa