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I V olti della M isericordia «Ringrazio il Signore Dio nostro che ha creato un’opera così meravigliosa nella quale trovare il suo riposo. Creò il cielo, e non leggo che si sia riposato; creò il sole, la luna, le stelle, e non leggo che si sia riposato; ma leggo che ha creato l’uomo e che, a questo punto, si è riposato, avendo un essere cui rimettere i peccati» Sant’Ambrogio, Hexameron, IX, 76 GIUBILEO STRAORDINARIO MISERICORDIæ VULTUS 8 Dicembre 2015 / 20 Novembre 2016 « Gr azie p er e s s e r e s t a to strumento di un mir acolo» I V olti della M isericordia Mostra a cura di: Padre Antonio Sangalli o.c.d. Progetto grafico: Isabella Manucci Illustrazioni: Franco Vignazia Realizzata in collaborazionie con: Bruno Biotti Elena Fabrizi Associazione Santa Caterina da Siena Vice Postulazione Padri Carmelitani Scalzi Provincia Lombarda Con il Patrocinio di: L’editore resta a disposizione di eventuali aventi diritto per le immagini per le quali non è stato possibile rintracciare i titolari. GIUBILEO DELLA MISERICORDIA 1 (da un dialogo tra Don Giussani ed Enzo Piccinini, 1998) Gesù incontra l’Emorroissa, Franco Vignazia, 2015.

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IVolti della

Misericordia

«Ringrazio il Signore Dio nostro che ha creato un’opera così meravigliosa nella quale trovare il suo riposo. Creò il cielo, e non leggo che si sia riposato; creò il sole, la luna, le stelle, e non leggo che si sia riposato; ma leggo che ha creato l’uomo e che, a questo punto, si è riposato, avendo un essere cui rimettere i peccati»

Sant’Ambrogio, Hexameron, IX, 76

GIubIleo StRAoRDInARIo MIserIcordIæ Vultus8 dicembre 2015 / 20 Novembre 2016

«Grazie per essere stato strumento di un miracolo»

IVolti della

Misericordia

Mostra a cura di:

Padre Antonio Sangalli o.c.d.

Progetto grafico:

Isabella Manucci

Illustrazioni:

Franco Vignazia

Realizzata in collaborazionie con:

bruno biotti

elena Fabrizi

Associazione Santa Caterina da Siena

Vice Postulazione Padri Carmelitani Scalzi Provincia lombarda

Con il Patrocinio di:

L’editore resta a disposizione di eventuali aventi diritto per le immagini per le quali non è stato possibile rintracciare i titolari.

GIubIleoDellAMISeRICoRDIA

1

(da un dialogo tra Don Giussani ed Enzo Piccinini, 1998)

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La storiaIl Giubileo affonda le sue radici nella tradizione ebraica. Durante le feste del popolo d’Israele veniva suonato il corno di un ariete (jobel) per restituire l’uguaglianza a tutti, con la possibilità di riottenere le proprietà perse e anche la libertà personale. Nel vangelo di Luca, Gesù si presenta come Colui che porta a compimento l’antico Giubileo, essendo venuto a incarnare le parole del profeta Isaia. Per la Chiesa cattolica il Giubileo consiste in un perdono generale, un’indulgenza aperta a tutti, un’opportunità per approfondire la fede. È quindi un invito a vivere la vita nella santità.Fu papa Bonifacio VIII il primo a instituire il Giubileo, con la Bolla Antiquorum habet fida relatio, del 22 febbra-io 1300, ispirandosi all’antica tradizione ebraica. Nel 1350 la cadenza fu abbassata da cento a cinquanta anni, mentre con la bolla Ineffabilis providentia del 19 aprile 1470 Paolo II la ridusse definitivamente a venticinque anni.

Dante, testimone del primo Giubileo, scrive nella Commedia che l’afflusso di pellegrini a Roma fu tale che divenne necessario regolare il senso di marcia dei pedoni sul ponte di fronte a Castel Sant’Angelo:

come i Roman per l’essercito molto,l’anno del giubileo, su per lo pontehanno a passar la gente modo colto,

che da l’un lato tutti hanno la fronteverso ‘l castello e vanno a Santo Pietro,da l’altra sponda vanno verso ‘l monte. (Inferno XVIII, vv. 28-33)

Bonifacio VIII apre il Giubileo. copia dell’affresco della loggia lateranense, da Instrumenta tran-slationum di Giacomo Grimaldi, fine del sec. XVI. Milano, Biblioteca Ambrosiana, Ms. F. inf. 227, c.3.

Bonifacio VIII , “Antiquorum habet fida relatio. La bolla dell’Anno Santo.” roma 22 febbraio 1300. città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana.

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«Lo spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di misericordia del Signore» (Is 61, 1-2)

Giubileo

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«Passando dinanzi al banco delle imposte gli occhi di Gesù fissarono quelli di Matteo. Era uno sguardo carico di misericordia che perdonava i peccati di quell’uomo e, vin-cendo le resistenze degli altri discepoli, scelse lui, il peccatore e pubblicano, per diven-tare uno dei Dodici. San Beda il Venerabile, commentando questa scena del Vangelo, ha scritto che Gesù guardò Matteo con amore misericordioso e lo scelse: miserando atque eligendo. Mi ha sempre impressionato questa espressione, tanto da farla diven-tare il mio motto». Misericordiæ Vultus, § 8.

Con la bolla Misericordiæ Vultus dell’11 aprile 2015 Papa Francesco ha indetto un Giubileo straordinario in occasione dei cinquanta anni dalla fine del Concilio Vaticano II. Il Giubileo inizia l’8 dicembre 2015 e finirà il 20 novembre 2016.

Per la prima volta nella storia della Chiesa viene data la fa-coltà ad ogni diocesi di aprire una porta santa, a imitazione delle quattro aperte nelle rispettive Basiliche Giubilari.

Papa Francesco ha deciso di inviare, per il periodo di Qua-resima che inizierà il prossimo 10 febbraio con le Ceneri, la figura dei «Missionari della Misericordia», sacerdoti che potranno assolvere quei peccati gravi, il cui perdono solita-mente è affidato solo alla Santa Sede.

“Chi c’è davanti a voi? Potreste domandarvi. Vorrei rispondere alla domanda con una certezza della mia vita, con una certezza che mi ha segnato per sempre. Quello che sta davanti a voi è un uomo perdonato. Un uomo che è stato ed è salvato dai suoi molti peccati. Ed è così che mi presento. Non ho molto da darvi o offrirvi, ma quello che ho e quello che amo, sì, voglio darvelo, voglio condividerlo: Gesù Cristo, la misericordia del Padre”. Papa Francesco ai detenuti del centro di rieducazione Santa Cruz-Palmasola, Bolivia, 10 luglio 2015.

Papa Francesco durante la visita al centro di rieducazionesanta cruz -Palmasola (Bolivia), 10 luglio 2015.

Vocazione di san Matteo, caravaggio, 1599-1600, san luigi dei Francesi, roma.

Papa Francesco davanti alla Porta santa.11 aprile 2015, san Pietro, roma.

Papa Francesco durante la cerimonia di indizione del Giubileo Misericordiæ Vultus, 11 aprile 2015.san Pietro, roma.

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2015 /2016straordinarioGiubileo

Misericordiæ VultusCon il Giubileo Dio ci offre «una medicina più forte delle nostre piaghe» (Prefazio della Liturgia ambrosiana)

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La parola “misericordia” in ebraico si riferisce all’attaccamento viscerale che una madre prova verso il figlio che ha portato in grembo. Ogni figlio è unico per la madre e ha un valore superiore agli errori che può com-mettere. Nella misericordia materna c’è però un limite intrinseco dovuto al peccato originale, che solo la mi-sericordia di Dio Padre può sanare. Dio si è infatti “reso misero” donandoci suo Figlio Gesù, ha avuto pietà (misereor) del nostro niente.

Come esperienza umana la misericordia comporta un prolungamento dell’amore, spinto fino all’intima commozione empatica verso le sofferenze altrui. Ogni cri-stiano ha perciò la vocazione alla misericordia.

«C’è in Comunità una sorella che ha il talento di dispiacermi in tutto: i suoi modi di fare, le sue parole, il suo carattere mi sembravano molto sgradevoli; eppure è una santa religiosa che deve essere molto gradita al buon Dio, perciò non volevo cedere all’antipatia naturale che provavo. Mi sono detta che la carità non doveva consistere nei sentimenti, ma nelle opere, perciò mi sono impegnata a fare per questa sorella ciò che avrei fatto per la persona che amo di più. Ogni volta che la incontravo pregavo per lei il buon Dio, offrendoGli tutte le sue virtù e i suoi meriti. Sentivo bene che que-sto faceva piacere a Gesù, perché non c’è artista che non ami ricevere lodi per le sue opere, e Gesù, l’Artista delle anime, è felice quando non ci fermiamo all’esteriorità ma penetriamo fino al santuario intimo che Egli si è scelto come dimora e ne ammiriamo la bellezza. (…) Spesso poi, quando non ero in ricreazione (…), avendo alcuni rapporti di ufficio con questa sorella, quando le mie lotte erano troppo violente, fuggivo come un disertore (…). «Vorrebbe dir-mi, mia Suor Teresa di Gesù Bambino, cosa l’attira tanto verso di me, che ogni volta che mi guarda la vedo sorridere?». Ah, ciò che mi attirava era Gesù nascosto in fondo alla sua anima, Gesù che rende dolce ciò che c’è di più amaro».

Santa Teresa di Gesù Bambino, Storia di un’anima - Manoscritti autobiografici, Ms C 13v, Mimep-Docete.

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«…tutti mormoravano: “È andato ad alloggiare da un peccatore”» (Lc 19, 7)

I Volti della Misericordia

Immagini:

Le Sette opere di Misericordia, caravaggio, 1606-1607, Pio Monte della Misericordia, Napoli.

Il ritorno del figliol prodigo,Guercino (Giovanni Francesco Barbieri), 1654-55, timken Museum of Art, san diego (usA).

1 Dar da mangiare agli affamati.

2 Dar da bere agli assetati.

3 Vestire gli ignudi.

4 Alloggiare i pellegrini.

1 Consigliare i dubbiosi.

2 Insegnare agli ignoranti.

3 Ammonire i peccatori.

4 Consolare gli afflitti.

5 Visitare gli infermi.

6 Visitare i carcerati.

7 Seppellire i morti.

5 Perdonare le offese.

6 Sopportare pazientemente le persone moleste.

7 Pregare Dio per i vivi e per i morti.

Le SeTTe opere Di MiSeriCorDia CORPORALE Le SeTTe opere Di MiSeriCorDia SPIRItUALE

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8 Dicembre 2015Apertura del Giubileo straordinario

L’Anno Santo si aprirà l’8 dicembre 2015, solennità dell’Immacolata Concezione. Questa festa liturgica indica il modo dell’agire di Dio fin dai primordi della nostra storia. Dopo il peccato di Adamo ed Eva, Dio non ha voluto lasciare l’umanità sola e in balia del male. Per questo ha pensato e voluto Maria santa e immacolata nell’amore (cfr Ef 1,4), perché diventasse la Madre del Redentore dell’uomo.

Misericordiæ Vultus, § 3.

Il pensiero ora si volge alla Madre della Misericordia. La dolcezza del suo sguardo ci accompagni in questo Anno Santo, perché tutti possiamo riscoprire la gioia della tenerezza di Dio. Nessuno come Maria ha co-nosciuto la profondità del mistero di Dio fatto uomo. Tutto nella sua vita è stato plasmato dalla presenza della misericordia fatta carne. La Madre del Crocifis-so Risorto è entrata nel santuario della misericordia divina perché ha partecipato intimamente al mistero del suo amore.

Scelta per essere la Madre del Figlio di Dio, Maria è stata da sempre preparata dall’amore del Padre per essere Arca dell’Alleanza tra Dio e gli uomini. Ha cu-stodito nel suo cuore la divina misericordia in per-fetta sintonia con il suo Figlio Gesù. Il suo canto di lode, sulla soglia della casa di Elisabetta, fu dedicato alla misericordia che si estende «di generazione in generazione » (Lc 1,50). Anche noi eravamo presenti in quelle parole profetiche della Vergine Maria. Questo ci sarà di conforto e di sostegno mentre attraversere-mo la Porta Santa per sperimentare i frutti della mi-sericordia divina.

Presso la croce, Maria insieme a Giovanni, il disce-polo dell’amore, è testimone delle parole di perdono che escono dalle labbra di Gesù. Il perdono supremo offerto a chi lo ha crocifisso ci mostra fin dove può arrivare la misericordia di Dio. Maria attesta che la misericordia del Figlio di Dio non conosce confini e raggiunge tutti senza escludere nessuno. Rivolgiamo a lei la preghiera antica e sempre nuova della Salve Regina, perché non si stanchi mai di rivolgere a noi i suoi occhi misericordiosi e ci renda degni di contem-plare il volto della misericordia, suo Figlio Gesù.

Misericordiæ Vultus, § 24.

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Santa Maria che scioglie i nodiJohann Melchior Georg Schmittdner, 1699-1700,augsburg, chiesa di S. pietro in perlach, Germania.

«Il nodo della disobbedienza di Eva ha avuto la sua soluzio-ne con l’obbedienza di Maria; ciò che la vergine Eva aveva legato con la sua incredulità, la vergine Maria l’ha sciolto con la sua fede». (Sant’ireneo di Lione, Adversus Haereses III, 22, 4)

Papa Francesco, quando era giovane sacerdote gesuita du-rante i suoi studi di teologia in Germania, vide questa raffigu-razione della Vergine, rimanen-done profondamente colpito.tornato in patria, si impegnò a diffonderne il culto a buenos Aires e per tutta l’Argentina.

Maria, la misericordia fatta madre

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Due quadri molto distanti tra loro. Eppure ci aiutano ad illustrare il periodo storico che stiamo vivendo, andan-do all’origine delle sue scelte culturali. Due donne per protagoniste: da una parte Marianne, l’emblema stesso della Francia, nel celebre quadro La libertà che guida il popolo di Delacroix; dall’altra parte la Vergine Maria, la patrona principale di Francia, nel famoso quadro La Madonna dei palafrenieri del Caravaggio.

Marie-Anne, in armi e cappello frigio - accompagnata da un popolano, un borghese e un ragazzino in armi anche lui - trascina dietro di sé il popolo verso la conquista della libertà, della fraternità e dell’uguaglianza. L’ennesima lotta per cambiare il mondo, per liberarlo, ottenuta a prezzo del sangue.

Caravaggio, attraverso Maria, Anna e il Bambino, provocatoriamente racconta un’altra storia, una storia più semplice; anzi la storia più semplice del mondo, ma che ha cambiato il mondo. Anna è l’Antico Testamento che si affaccia sulla soglia del cambiamento: una donna anziana, che guarda e assiste stupita a quanto accade, senza forse percepirne la portata. È il mondo vecchio che da solo non ce la fa a cambiare.

Maria è il mondo mentre sta cambiando: Lei, più giovane, non solo assiste ma aiuta il mondo a cambiare; ma anche Lei, benché immacolata, da sola non riesce a distruggere il male: è il piede di Lei che riesce a schiacciare il serpente antico, ma solo grazie alla forza impressa dal piede più piccolo, quello del Bambino. Delacroix non presenta che una delle tante tappe della storia, all’insegna dell’utopia del bene di cui l’uomo dovrebbe essere fabbricatore con le sole proprie forze, fondandosi sugli idoli della Ragione e della Natura. Ma su queste basi l’uomo torna sempre di nuovo a fare il male: homo homini lupus. L’uomo divora il fratello.

Il quadro di Delacroix esalta l’illusione che le nazioni - dalla Francia del 1789 alla Grecia del 1830 - possano redimersi da sé, ma così non è. Caravaggio osserva che l’evento più rivoluzionario della storia si affaccia dal buio, senza clamore, senza spettacolarità o trionfalismi, anzi, come tutte le opere di Dio, nella debolezza.

Una donna - una giovane donna ebrea - ci guida, ci aiuta, ci incita alla lotta. Ma per liberarci da cosa? Per emanciparci da chi? Essa sa come fermare e chi fermerà questa lotta. Che è poi la lotta, quella antica, l’uni-ca vera lotta che meriti di essere combattuta: l’inimicizia tra la serpe e la donna, tra la discendenza del male, il male di ogni tempo, e la sua discendenza (il Bambino) che gli schiaccerà la testa (Gn 3,15).

Libera interpretazione del professore roberto Filippetti.

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La Libertà che guida il popoloe. delacroix, 1830, louvre, Parigi.

Madonna dei Palafreniericaravaggio, 1606, Galleria Borghese, roma.

«Di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono… ricordandosi della sua misericordia» (Lc 1,50.54)

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La Madonna della Commedia esemplifica la figura di Maria come madre di misericordia. La Vergine, infatti, si era accorta del bisogno di Dante prima ancora che questo invocasse il suo miserere nel I Canto dell’Inferno. Per que-sto una sua qualità è precedere la domanda prima ancora che venga posta: liberamente al dimandar precorre.

«Poiché Maria partecipa alla natura di Dio è fonte di misericordia, di perdono, cioè di amore vero. L’amore è l’affermazione dell’altro perché c’è, non perché è come vorresti tu: si chiama, appunto misericordia. E questo è della natura di Dio, e ne siamo capaci nella misura in cui partecipiamo della natura di Dio».

Alla domanda chi terrà insieme la verità con la misericordia, l’essere veri con l’essere buoni?

«Dio può tenere insieme misericordia e verità, giustizia e pace. Questo è stata la Madonna nella storia, nel tempo. Questo ha iniziato la Madonna, vive nella Chiesa ed è arrivato fino a noi; è il popolo cristiano».

Franco Nembrini, Alla ricerca dell’io perduto, L’umana avventura di Dante.

Conversazioni sull’Inferno, volume 3, itaca 2008, pp. 58-59.

La tua benignità non pur soccorre

a chi domanda, ma molte fïate

liberamente al dimandar precorre.

In te misericordia, in te pietate,

in te magnificenza, in te s’aduna

quantunque in creatura è di bontate.

(Paradiso XXXIII, vv. 16-21)

Giovanni Paolo II non faceva mistero della sua de-vozione alla Beata Vergine Maria, invocata anche con titolo del carmelo. Il 23 novembre 2005 è stato donato alla chiesa di Wadowice, città natale di Karol Wojtyła, lo scapolare portato da lui stesso per tutta la vita. la preziosa reliquia è stata installata presso l’altare della Madonna del carmine, dove il giovane Karol l’aveva ricevuta all’età di dieci anni.

lo scapolare carmelitano, detto comunemente “abiti-no”, è una striscia di stoffa portata al collo, comune a molti ordini religiosi, che, dopo una formula di rito e di consacrazione alla Madonna, concede una particolare protezione.

Giovanni Paolo II ne parlava così nel 2001: «Due sono le verità evocate nel segno dello Scapolare: da una parte, la protezione continua della Vergine, non solo lungo il cammino della vita, ma anche nel momento del transito; dall’altra, la consapevolezza che la de-vozione verso di Lei deve costituire un “abito”, cioè un indirizzo permanente della propria condotta cri-stiana. Anch’io porto sul mio cuore, da tanto tempo, lo Scapolare del Carmine!».(Giovanni Paolo II, Messaggio del 25 marzo 2001)

Maria, Virgo Virginum Carmelitanatavola di tommaso de Viglia (XV sec.), chiesa del carmine, corleone (PA).

Ricordati, o pietosissima Vergine Maria, gloria del Libano, onore del Carmelo, della consolante promessa che saresti discesa a liberare dalle pene del Purgatorio le Anime dei tuoi devoti. Incoraggiati da questa tua promessa, Ti supplichiamo, Vergine Con-solatrice, di aiutare le care Anime, del Purgatorio, e specialmente… O Madre dolce e pietosa, rivolgi al Dio di amore e di misericordia con tutta la potenza della tua me-diazione: offri il Sangue prezioso del tuo santissimo Figlio insieme ai tuoi meriti ed alle tue sofferenze: avvalora le nostre preghiere e quelle della Chiesa tutta, e libera le Anime del Purgatorio.

Amen.

Karol Wojtyła quando era operaio con lo scapolare al collo.

Giovanni Paolo II ricoverato al Gemelli dopo l’attentato del 1981. si intravede nel cerchio giallo lo scapolare.

Madonna delle GrazieGiovanni salinaro, 1770, chiesa san Francesco di Paola, Grottaglie (tA).

la sovrabbondanza dell’amore della Vergine è qui rappresentata dal fiotto di latte spremuto dal suo seno e donato per spegnere le fiamme delle anime purganti.

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«Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!”. Ma l’altro lo rimproverava: “Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male”. E aggiunse: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Gli rispose: “In verità ti dico, OGGI sarai con me nel paradiso”». (Lc 23, 39-43)

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«In verità ti dico, OGGI sarai con me nel paradiso» (Lc 23, 43)DismasSan

il buon ladrone

B i o g ra f i aSan Dismas sarebbe il nome ricordato nel Vangelo di Nicodemo, un apocrifo del iV secolo, del malfattore crocifis-so alla destra di Gesù. esaltato nella predicazione evangelica e patristica viene celebrato il 25 marzo. È patrono dei prigionieri, specialmen-te i condannati a morte, dei becchini, ladri pentiti e moribondi.

Da La fuga in Egitto1, pia ricreazione composta da Teresa di Gesù Bambino nel 1896, in cui affronta il tema della misericordia attraverso l’intercessione di Maria.

Susanna“(…) Tremo che il mio Dismas segua gli esempi di suo padre. Allora che sarà di loro?” La Santa Vergine“Certo, coloro che voi amate offenderanno il Dio che li ha colmati di ogni bene. Tuttavia ab-biate fede nella misericordia infinita del Buon Dio: è così grande da cancellare i più grandi misfatti, quando trova un cuore di madre che ripone in essa tutta la sua fiducia. Gesù non desidera la morte del peccatore, ma che egli si converta e viva in eterno. Questo bambino, che senza sforzo ha guarito vostro figlio dalla lebbra, lo guarirà un giorno da una lebbra ben più pericolosa. Allora un semplice bagno non basterà più: occorrerà che Dismas sia lavato nel sangue del Redentore. Gesù morirà per dare la vita a Dismas ed egli entrerà nel Regno Celeste nello stesso giorno del Figlio di Dio”.

pr (pia ricreazione) 6, 10r in: Santa Teresa di Gesù Bambino, Opere Complete, Libreria editrice Vaticana - edizioni oCD, roma, 1997, p. 889.

Gesù Cristo e il buon ladrone, tiziano, 1563, Pinacoteca Nazionale di Bologna.

1. per comporre questa pia ricrea-zione, Teresa si è ispirata diretta-mente ad un episodio dei vangeli apocrifi. La S. Famiglia in cammino verso l’esilio si ferma in una caver-na di ladri. Costoro sono assenti, ma la moglie del capo accoglie i viaggiatori. Maria chiede un pò d’acqua per lavare Gesù. La donna ha un bambino lebbroso, Dismas; lo bagna nell’acqua che ha lavato Gesù ed il bambino ne esce gua-rito. La leggenda aggiunge che un giorno diventerà il «buon ladrone». La fuga in Egitto, oltre ad essere una composizione mariana in cui Maria porta gli infedeli a Gesù, è soprattutto una composizione che celebra la misericordia: perseguita-to, il Dio nascosto salva i piccoli, i poveri, ma anche i ladroni pentiti. Maria sa bene che i ladroni e il fi-glio Dismas offenderanno ancora Dio, ma la sua misericordia “è così grande da cancellare i più grandi misfatti…”.

Il buon ladrone, primo dei salvati, è raffigurato già in Paradiso con la sua croce, tra i patriarchi e la Vergine Maria, che accoglie le anime dei giusti.

Particolare del Giudizio universale, Monastero di Voronet (romania), Foto di Fabio regazzoni.

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«Ero sacerdote fino a otto anni fa. Oggi non mi sento degno nemmeno di questo ricordo. Una crisi affettiva, violenta ed inaspettata, ha fatto irruzione nella mia vita e l’ha devastata. Mi sono innamorato, ho sposato civilmente una donna che presto ho reso madre. Al sesto mese di gestazione, ho dovuto ricoverarla d’urgenza a seguito di un grave incidente. Mia moglie ed il frutto che portava in grembo sono tornati a casa, dichiarati in buona salute. Ancora una volta, vertigini di gioia (…). Ma il dolore era alle porte. All’ottavo mese di gravidanza, per una trasfusione di sangue infetto, l’atroce scoperta: “tua moglie e tuo figlio sono sieropositivi”.

[Nel giro di poco più di un anno muoiono sia la moglie che il figlio] «Mi sono ribellato a Dio. Non doveva trattarmi così. L’unico spiraglio di vita che mi è rimasto è la ribellione a Dio, alla quale mi aggrappo per poter sopravvivere (…). Mi sono dato al bere, faccio il barbone in attesa di mori-re. Per poter mangiare un tozzo di pane ho dovuto fare di tutto (…). Ho vissuto come i pubblicani e le prostitute pur di racimolare pochi soldi (…). In quei terribili momenti mi sono rivolto a Dio, per offrirgli tutta la mia umi-liazione, l’immensa nostalgia di amore, il vuoto dello stomaco, la spossatezza del corpo. “Offro tutto a te per le vocazioni. Ti offro i miei peccati, necessari per vivere. Libera i miei fratelli da simile sciagura”».

Una testimonianza.

«San Girolamo si converte e per far penitenza dei suoi peccati rimane a Betlemme per ben trentacinque anni, in una spelonca accanto alla grotta della Natività, pregando, studiando e traducendo in latino la Bibbia. In una notte di Natale gli appare Gesù Bambino che gli chiede: “Non hai niente da darmi nel giorno della mia Nascita?” Il Santo gli risponde: “Ti do il mio cuore!” “Va bene, ma desidero ancora qualche altra cosa”. “Ti do le mie preghiere!” “Va bene; ma voglio qualche cosa di più”, insisteva Gesù. “Non ho più niente, che vuoi che ti dia?”,“Dammi i tuoi peccati, o Girolamo”, rispose Gesù Bambino, “perché io possa avere la gioia di perdonarli ancora”».

GirolamoSan«Dammi i tuoi peccati, o Girolamo, perché io possa avere la gioia di perdonarli ancora»

Sacerdote e dottore della Chiesa, Stridone, sul confine tra Dal-mazia e Pannonia (odierna Croazia), ca. 347 - Betlemme, 420. Fu uomo di grande cultura letteraria. Ricevuto il battesimo verso il 366, si orientò alla vita ascetica, vivendo da eremita nel deser-to a sud di Aleppo e dedicandosi agli studi. Tornato a Roma, fu segretario di papa Damaso. Ritiratosi a vita monastica a Betlem-me di Giuda, realizzò la versione latina della Bibbia denominata Vulgata, fin quasi ai nostri giorni versione ufficiale della Chiesa Cattolica. Si spense nella sua cella, vicino alla grotta della Nati-vità, il 30 settembre 419/420.

Biografia

Tratto da “Sotto la guida dello Spirito” di a. Louf, Bose, 1990, pp. 154-155.

Immagine: San Girolamo penitente, caravaggio, 1605, Museo del Monastero de santa Maria, Montserrat.

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La giovane domenicana assiste un condannato a morte, probabilmente il perugino Nicolò di Toldo. L’immedesimazione amorosa di Caterina con il moribondo è tale che viene a fondersi misticamente in Cristo e nelle Sue piaghe.

(Lettera n°273 a p. raimondo da Capua, 1375.)

«Aspettailo dunque al luogo della giustizia; e aspettai ivi con continua orazione e presenzia di Maria e di Catarina vergine e martire [Santa Caterina d’Alessandria]. Ma prima che io giugnessi a lei, io mi posi giù, e distesi il collo in sul ceppo; ma non mi venne, che io avessi pieno l’affetto di me1. Ivi su, pregai, e costrin-si, e dissi: Maria! che io voleva questa grazia, che in su quello punto gli des-se uno lume e pace di cuore, e poi il vedessi tornare al fine suo. (…) Poi egli giunse come, come uno agnello mansueto: e vedendomi, cominciò

a ridere; e volse che io gli facesse il segno della croce. E ricevuto il segno, dissi io: “Giuso! alle nozze, fratello mio dolce! ché tosto sarai alla vita durabile”. Posesi giù con grande mansuetudine; e io gli distesi il collo, e chinàmi giù, e ramentàili il sangue dell’Agnello. La bocca sua non diceva se non, Gesù, e, Catarina. E, così dicendo, ricevetti il capo nelle mani mie, fermando l’occhio nella divina bontà e dicendo: “Io voglio!”».

Luca Doninelli, Intorno a una lettera di santa Caterina, Bur, Milano 1981.

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«Io vorrei che l’inferno fosse distrutto, o almeno che nessuna anima, di qui in avanti, vi scendesse. Se, salva l’unione della tua carità, io fossi posta sulla bocca dell’inferno per chiuderla sì che nessuno vi potesse entrare, sarebbe per me cosa graditissima, perché così si salverebbero tutti i miei prossimi» raimondo Da Capua, Legenda maior. Santa Caterina da Siena, Cantagalli, Siena 1994.

CaterinaSanta da Siena

1. Cioè non fu in quel punto (di tentata identificazione col condannato alla decapitazio-ne) che Caterina ottenne la grazia, la quale poi strapperà a Maria.

Caterina nasce a Siena nel 1347, penultima di venti-cinque figli. Sedicenne prende l’abito delle Suore del-la Penitenza di San Domenico, le cosiddette Mantel-late. Si dedica ai poveri e ai malati contagiosi, e lotta con forza per il ritorno della sede pontificia nell’urbe e per il ripristino dell’unità della Chiesa, lasciando anche famosi scritti sulla sua straordinaria dottrina spirituale. Sono circa 380 le lettere che scrive trami-te la sua “bella brigata”. Muore nel 1380 ed è stata canonizzata da Pio II nel 1461. Il beato Paolo VI l’ha dichiarata Dottore della Chiesa nel 1970, mentre nel 1999 San Giovanni Paolo II l’ha proclamata Compa-trona d’europa con Santa brigida di Svezia e Santa teresa benedetta della Croce (edith Stein).

B i o g ra f i a

Decapitazione di Niccolò di Tuldo, a. Bazzi, 1526, chiesa San Domenico, Siena.

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«Nel luogo scelto per curarmi risiedeva un ecclesiastico di condizione assai distinta, molto in-telligente e, in certa qual misura, anche colto. Presi a confessarmi da lui (…). Egli si affezionò profondamente a me (…). Il suo non era un affetto malsano, ma per il fatto di essere eccessivo, finiva per diventare certo non buono. Sapeva bene che io per nulla al mondo sarei giunta a com-mettere qualcosa di grave contro Dio, e la stessa identica disposizione mi assicurava di averla lui. Così le nostre conversazioni si infittivano. Imbevuta com’ero di Dio, provavo il massimo pia-cere nel discutere su argomenti che lo riguardavano. Ora, tanto fervore in una ragazza ancor così giovane, riempiva di confusione il mio interlocutore, il quale, spinto dalla forte simpatia che nutriva per me, incominciò a rivelarmi la sua disastrosa condizione morale. (…) basti pensare che ormai da quasi sette anni versava in una situazione spiritualmente assai pe-ricolosa, in quanto si era innamorato e aveva allacciato una relazione con una donna del luogo, eppure continuava a dir messa ugualmente. La cosa era di pubblico dominio (…). A me faceva una gran compassione, perché gli volevo sinceramente bene (…).

(…) Non appena dunque fui al corrente dell’amara vicenda, cominciai a dimostrargli maggior affetto (…). Di solito gli parlavo di Dio. La cosa doveva giovargli; ma riten-go che il fattore determinante sia stato per lui quello di volere tanto bene a me. In effetti, per farmi piacere, si decise a consegnarmi il piccolo idolo1 , che io feci su-bito gettare in un torrente (…). Infine smise completamente di frequentare quella donna, e da quel momento non cessò più di ringraziare Dio per averlo illuminato».

Santa Teresa di Gesù, Libro della Vita, iV, § 3.

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«Mi sono stancata prima io ad offendere Gesù che non Lui a perdonarmi. Egli non si stanca mai di donare, né le sue misericordie possono esaurirsi. Non stanchiamoci noi di riceverle» Santa Teresa di Gesù, Libro della Vita, XiX, § 15.

di Gesù (d’Avila)TeresaSanta

teresa nasce nei pressi di Avila nel 1515. Veste l’abito carmelitano nel convento dell’Incarnazione della cittadina nel 1536 e fino al 1555 sof-fre di malattie e crisi spirituali.

È una delle più grandi mistiche della Chiesa, molte delle sue visio-ni sono state descritte da teresa stessa in diverse opere. nel 1560 propone un’importante riforma dell’ordine delle carmelita-ne che sarà accolta da papa Pio IV.

Fondatrice di trentadue conventi, muore nel 1582. Viene canonizzata nel 1622. Paolo VI la proclamerà Dottore della Chiesa nel 1970.

1. Un oggettino di rame impre-gnato di una sorta di fattura, che il prete por-tava al collo per volere della don-na. Teresa scrive di non credere a questi sortilegi ma che ci tiene a riportarlo come dato di cronaca.

B i o g ra f i a

Santa Teresa di Gesù, in un dipinto di Pieter Paul rubens (1577 – 1640).

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Beati eLuigi Zelia Martin

«Teresa era l’elemosiniera ufficiale: lei stessa aveva sollecitato quell’incarico. Con una carezza, la bam-bina faceva tacere Tom, che ringhiava alla vista di quella sfilata di pezzenti, e si impietosiva dinanzi alle guance smunte delle mamme ed ai visini pallidi e sofferenti dei piccoli. Lei stessa si faceva loro avvoca-ta per sollecitare un’elemosina più generosa. Quan-to si sentì commossa quel giorno in cui una mendi-cante le disse: «Iddio vi benedica, cara signorina!». E quando un pellegrino, ospitato e largamente soccorso dal signor Martin, tracciò, con mossa impacciata, un gran segno di croce su lei e Celi-na, che si erano messe in ginocchio, esse ritenne-ro quel gesto come un pegno dei divini favori». p. Stefano piat, Storia di una famiglia, p. 276.

per Luigi e Zelia la misericordia non era un sentimento ma un’opera continua con cui educare i figli

non prendeva minor gusto alle pratiche pacifiche, ma fastidiose, pres-so gli sportelli dell’amministrazione comunale, quando brigava per far ricoverare nell’ospizio o all’ospedale dei poveri mendicanti sfiniti. la signora Martin raccontava commossa un episodio del genere a Paolina: “Ritornando, abbiamo incontrato un povero vecchio che ave-va un aspetto bonario. Ho mandato Teresa a portargli una piccola elemosina, è sembrato tanto commosso ed ha tanto ringraziato che ho compreso che doveva essere molto infelice. Gli ho detto di seguir-ci, che gli avrei dato delle scarpe. Gli è stato servito un buon pasto: moriva di fame. Non ti potrei dire di quante miserie sia abbeverata la sua vecchiaia. Quest’inverno ha avuto i piedi congelati; dorme in una catapecchia abbandonata, manca di tutto, va a rannicchiarsi presso le caserme per avere un po’ di minestra. Insomma, gli ho detto di ve-

nire quando voleva e che avrebbe ricevuto del pane. Vorrei che tuo padre lo facesse entrare all’Ospizio: desidera tanto di andarvi.

Si sta trattando la cosa. Sono molto triste per quest’incontro, non faccio che pensare al buon uomo che aveva tuttavia

un volto molto lieto per pochi soldi che gli ho consegna-to: «Con questo – diceva – mangerò della minestra, do-mani andrò alle cucine economiche; poi avrò del tabac-co e mi farò radere la barba». In una parola, era allegro come un bambino. Mentre mangiava, prendeva in mano

le sue scarpe, le guardava felice e sorrideva loro (…)”. Zelia Guérin alla figlia Paolina, L. 159 del 14 maggio 1876.

Beati Luigi e Zelia Martinluigi Martin nasce a bordeaux nel 1823, mentre Zelia Guérin a Gandelain in normandia nel 1831. I due si sposano nel 1858 ed è la prima coppia di sposi ad essere canonizzata come coniugi e genitori. Hanno avuto nove figli di cui quattro persi in tenera età; santa teresa di Gesù bambino è la figlia più famosa, mentre il 2 luglio 2015 si è aperto a Caen il processo di beatificazione e canonizzazione di leonia, la terza delle sorelle. I coniugi sono stati beatificati da papa benedetto XVI nel 2008, mentre papa Francesco li canonizza il 18 ottobre 2015 durante la XIV Assem-blea Generale ordinaria dei Vescovi.

La famiglia, luogo dove si impara la misericordia

Scultura in bronzo raffigurante Luigi e Zelia Martin, Stefano Borin, polo Geriatrico riabilitativo,

sezione Hospice - Sesto San Giovanni (Mi).

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«Se avessi commesso tutti i crimini possibili, avrei sempre la stessa fiducia, sentirei che questa moltitudine di offese sarebbe come una goccia d’acqua gettata in un braciere ardente»

UC (Ultimi Colloqui) 11.7.6 in: Santa Teresa di Gesù Bambino, Opere Complete, Libreria editrice Vaticana – edizioni oCD, roma, 1997, pp. 1014-1015.

TeresaSanta di Gesù Bambino e del Volto Santo (di Lisieux)

«Per stimolare il mio zelo il buon Dio mi mostrò che i miei desideri gli erano graditi. Sentii parlare di un gran crimina-le che era stato condannato a morte per dei crimini orribili, tutto faceva credere che sarebbe morto senza pentirsi. Volli ad ogni costo impedirgli di cadere all’inferno, per ottenerlo mi servii di tutti i mezzi immaginabili: sentendo che da me stessa non potevo nulla, offrii al buon Dio tutti i meriti infiniti di Nostro Signore, i tesori della Santa Chiesa. Infine pre-gai Celina di far dire una Messa secondo le mie intenzioni, non osando domandarla io stessa nel timore di essere obbligata a confessare che era per Pranzini, il grande criminale. Non volevo dirlo neppure a Celina, ma mi pose domande così tenere e insistenti che le confidai il mio segreto. Invece di deridermi chiese di aiutarmi a convertire il mio peccatore. Accettai con riconoscenza, poiché avrei voluto che tutte le creature si unissero a me per implorare la grazia per il colpevole. Sen-tivo in fondo al cuore la certezza che i nostri desideri sarebbero stati soddisfatti ma, per darmi coraggio e continuare a pregare per i peccatori, dissi al buon Dio la mia certezza che avrebbe perdonato il povero infelice Pranzini. Lo avrei creduto anche se egli non si fosse confessato e non avesse dato nessun segno di pentimento, tanta era la fiducia nella misericordia infinita di Gesù; gli domandavo solamente un «segno» di pentimento per mia semplice consolazione…

La mia preghiera venne esaudita alla lettera! Malgrado la proibizione di Papà di leggere qual-siasi giornale, non credetti di disobbedire leggendo le notizie che parlavano di Pranzini. Il giorno dopo la sua esecuzione mi trovai fra le mani il giornale «La Croix». Lo aprii con an-sia e che vi vedo? Le mie lacrime tradirono la mia emozione e fui obbligata a nascondermi. Pranzini non si era confessato, era salito sul patibolo e stava per sistemare la testa nel lu-gubre foro, quando improvvisamente, colto da un’ispirazione subitanea, si voltò, prese il Crocifisso che gli presentava il sacerdote e baciò per tre volte le sue sacre piaghe! Poi la sua anima andò a ricevere la sentenza misericordiosa di Colui che dichiara: «In Cielo ci sarà più gioia per un solo peccatore che fa penitenza che per novantanove giusti che non hanno bisogno di penitenza!».

Santa Teresa di Gesù Bambino, Storia di un’anima - Manoscritti autobiografici, Ms a 45v-46r, Mimep-Docete.

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Henri-Jacques Pranzini, nasce ad Alessandria d’egitto nel 1856. Nel 1887 compie un triplice omicidio. Processato nel luglio dello stesso anno è condannato alla ghigliottina.

B i o g ra f i ateresa nasce ad Alençon, nel nord della Francia, nel 1873 da luigi Martin e Zelia Guérin, che saranno canonizzati il pros-simo 18 ottobre 2015. ultima di nove figli, di cui quattro morti in tenera età, entra nel monastero delle Carmelitane Scalze di li-sieux nel 1888 con il nome di suor teresa di Gesù bambino e del Volto Santo. Muore nel 1897 a soli ventiquattro anni. É beatificata nel 1923, canonizzata nel 1925 e proclamata Patrona delle Missioni nel 1927. San Giovanni Paolo II l’ha proclamata Dottore della Chiesa nel 1997.

Il crocifisso del cappellano che Pranzini ha baciato prima di essere ghigliottinato.

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Elisabetta della Trinità non desiderava altro che scandagliare tutta la profondità del «troppo grande amore» di Dio. L’abisso della fragilità e del peccato, propri della condizione umana, che Dio le aveva rivelato, l’aveva portata a fare esperienza di un altro abisso: quello dell’amore misericordioso di un Dio, talmente amico dell’uomo, da volerne fare la sua dimora, il suo «cielo».

All’amica Germana di Gemeaux, il 10 ottobre 1906 scriveva (L 324):«Sorellina della mia anima, alla luce dell’eternità, il buon Dio mi fa comprendere molte cose e io vengo a dirti, come da parte sua, di non aver paura del sacrificio, della lotta, ma piut-tosto di rallegrartene. Se la tua natura è motivo di combattimento, un campo di battaglia, oh, non scoraggiarti, non rattristarti! Vorrei dirti: ama la tua miseria, perché su di essa Dio esercita la sua misericordia e quando la vista di questa miseria ti getta nella tri-stezza che ti fa ripiegare su te stessa, questo non è che amor proprio! Nelle ore tristi va’ a rifugiarti nella preghiera del tuo Maestro; sì, sorellina, sulla sua croce egli ti vedeva, pregava per te e questa preghiera è eternamente viva e presente dinanzi al Padre; e questa ti salverà dalla tua miseria. Più senti la tua debolezza, più deve crescere la fiducia, perché lui solo è il tuo sostegno».

[Tutte le lettere sono una traduzione libera del testo francese: elisabeth de la Trinité, Œuvres complètes, editions du Cerf.]

Mentre il 16 luglio 1906 (L 298) così insegnava alla sorella Margherita:«Cosa importa ciò che sentiamo? Lui è l’immutabile, Colui che non cambia mai: ti ama oggi come ti amava ieri, come ti amerà domani. Anche se lo hai fatto soffrire, ricordati che un abisso chiama un altro abisso, e che l’abisso della tua miseria, piccola Guite, attira l’abisso della sua misericordia».

ElisabettaBeata «Ama la tua miseria perché su di essa Dio esercita la sua misericordia»

Beata elisabetta della Trinità, Lettera 324.

della Trinità

B i o g ra f i a

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elisabetta nasce a Camp d’Avor, vici-no a bourges in Francia, nel 1880. A tredici anni vince il primo premio di pianoforte al conservatorio di Digione. entra al Carmelo, sempre di Digione, a 21 anni, approfondendo l’inabitazio-ne della SS. trinità nella nostra anima. Scrive «l’elevazione alla SS. trinità» nel 1904 e verso la fine della sua vita inizia a riferirsi a se stessa come “lode di gloria”. Muore affetta dal morbo di Addison il 9 novembre 1906, a 26 anni. È stata beatificata il 25 novembre 1984 da San Giovanni Paolo II.

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Durante il Giubileo, Papa Francesco ci invita a invocare i “tanti Santi e Beati che hanno fatto della misericordia la loro missione di vita. In particolare il pensiero è rivolto alla grande apostola della misericordia, santa Faustina Kowalska. Lei, che fu chiamata ad entrare nelle profondità della divina misericordia, interceda per noi e ci ottenga di vivere e camminare sempre nel perdono di Dio e nell’incrollabile fiducia nel suo amore”.

Misericordiæ Vultus, § 24.

Il 22 febbraio 1931 suor Faustina scriveva nel suo Diario: «La sera, stando nella mia cella, vidi il Signore Gesù vestito di una veste bianca: una mano alzata per benedire, mentre l’altra toccava sul petto la veste, che ivi leggermente scostata lasciava uscire due grandi raggi, rosso l’uno e l’altro pallido [...] Gesù mi disse: “Dipingi un’immagine secondo il modello che vedi, con sotto la scritta: Gesù confido in te! Desidero che quest’immagine venga venerata [...] nel mondo intero. Prometto che l’anima che venererà quest’immagine non perirà. [...] Voglio che l’immagine [...] ven-ga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua: questa domenica deve essere la festa della Misericordia.» Diario, p. 74-75

In una rivelazione privata nel 1935 Gesù richiese a Suor Faustina una particolare forma di preghiera detta “Coron-cina alla Divina Misericordia”. la misericordia di Dio, la grazia della conversione e del perdono dei peccati, soprattutto nell’ora della morte, sarebbero stati con-cessi all’anima che avesse recitato la coroncina della divina misericordia: «La mia misericordia avvol-gerà in vita e specialmente nell’ora della morte le anime che reciteranno questa coroncina».

Papa Giovanni Paolo II scrisse una enciclica: Dives in Misericordia, la seconda del suo pontifi-cato (1980), interamente dedicata alla devozione appresa dall’umile suora polacca ed è stato lui che l’ha proclamata santa, il 30 aprile 2000. In quell’oc-casione il Papa ha stabilito per la prima volta la Festa della Divina Misericordia, da celebrarsi ogni anno nella prima domenica dopo Pasqua.

Faustina KowalskaSanta Maria

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B i o g ra f i aMaria Faustina Kowalska, al secolo Helena, nasce a Głogowiec, nel cuore della Polonia, nel 1905. nel suo diario racconta che un gior-no mentre era ad un ballo ebbe una visione di Gesù flagellato che le disse: «Quanto tempo ancora ti dovrò sopportare? Fino a quando mi ingannerai?». Subito dopo si decise per la vita religiosa, entrando nella congregazione delle Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia. nel 1935 suor Faustina ricevette da Gesù una rivelazione in cui le avrebbe chie-sto una particolare forma di preghiera detta Coroncina della Divina Misericordia; una for-ma di preghiere litaniche aggiunta a quella del comune rosario.Muore nel 1938 a Cracovia. nel 2000 è stata ca-nonizzata da San Giovanni Paolo II. Mistica e veggente, viene venerata in tutto il mondo come l’Apostola della Divina Misericordia e nel suo Diario Gesù le usa l’appellativo di “Segreta-ria della Divina Misericordia”.

Gesù della Divina Misericordia.l’ormai famosa immagine di Gesù Misericor-dioso esiste in realtà in due versioni. la prima venne dipinta su indicazioni della stessa suor Faustina dal pittore eugeniusz Kazimirowski. Questa prima versione è la rappresentazio-ne della visione che la Kowalska ebbe di Gesù. Scrive così nel suo Diario: «entrambi i raggi uscirono dall’intimo della Mia Misericordia, quando sulla croce il Mio Cuore, già in agonia, venne squarciato con la lancia”» (Diario, 299). la seconda versio-ne, qui a pannello, iniziata nel 1943, è un ex-voto dell’artista Adolf Hyla, che si ispirò nel-la realizzazione sia al pri-mo quadro che al diario di suor Faustina.

«La misericordia divina nella mia anima»

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«Per la prima volta io piango lacrime di gioia, nella certezza che Dio mi ha perdonato e che ora Cristo vive in me, nella mia sofferenza, nel mio amore» Giornale intimo.

JacquesFesch

«nella cella, Jacques è solo con se stesso. lunghe giornate di solitudi-ne e di silenzio. Alla porta le sbarre (…). Il regolamento carcerario cui sottostare con le sue umiliazioni. Il cappellano è un sacerdote cattoli-co e che crede a Gesù Redentore. un giorno, dopo alcune settimane, il giovane lo vede passare e lo chiama: “Padre ho fatto un gran male”.

All’inizio lo cerca perché è l’unico con il quale si possa parlare. Il “don” gli propone di scrivere un rapporto su se stesso e sulla sua tristissima vicenda. Acconsente. e lo fa con assoluta sincerità, spietato con se stesso, ma narra anche della sua famiglia di origine, di genitori sepa-rati che non hanno saputo amarlo né tanto meno guidarlo alla vita: “Mio padre era ateo all’estremo e io mi sono nutrito dei suoi pensieri di senza-Dio”. Così travolto da un sogno utopistico, si era trovato a compiere una rapina e un omicidio senza alcun sussulto di coscienza. Spera, anzi è quasi certo che non sarebbe stato condannato a morte.

Il cappellano lo ascolta, senza stupirsi di nulla e gli porta libri scelti bene: il Vangelo, “Le Confessioni” di sant’Agostino, tra i più grandi convertiti della storia, la vita di santa teresa d’Avila e “Storia di un’a-nima” di santa teresa di Gesù bambino, che ancora ragazza, convertì con la sua preghiera ardente il criminale Pranzini, poche ore prima della ghigliottina. Jacques legge e medita. Presto la figura di Gesù lo avvince: davanti a lui, può solo mettersi e stare in ginocchio, ma non si sente umiliato: ha dato, sì o no il Paradiso, al brigante crocifisso al suo fianco, che lo invocava: “Gesù, ricordati di me, quando sarai nel tuo regno”?».

Da Il settimanale di Padre Pio, numero 2 - 11 gennaio 2015, Dalla ghigliottina a Gesù. Jacques Fesch di Paolo Risso.

Alcuni estratti dalle lettere scritte tra il 1954 e il 1957, e raccolte nel Giornale intimo.

«(…) Cristo vive in me, nella mia sofferenza, nel mio amore. Poi è venuta la lotta, silenziosamente tragica, tra ciò che sono stato e ciò che sono divenuto… bisogna che io abbatta, adatti, ricostruisca, e non posso essere in pace che accettando questa guerra»

(A thomas)

«A due riprese Dio mi ha detto: “Tu ricevi le grazie della tua morte!”. Dio si è impadronito della mia anima. Un velo si è squarciato, e se continuassi a vivere, non potrei mai rimanere sulle vette che ho raggiunto. È meglio che io muoia»

(All’avvocato, che tenta di fargli ottenere la grazia)

«Una cosa sola conta agli occhi del Signore, salvare le anime!… La vita è un cammino stretto che fa capo a una porta piccola che si apre sulla vita vera. Per passare, bisogna prima lasciarsi crocifigge-re sulla croce che sbarra l’entrata. Se la sofferenza e la paura ti fan-no indietreggiare, non entrerai.. Ma con la prova viene la fede e con la fede i doni, non sono distribuiti grettamente, bensì a profusione.. È questa morte e nient’altro che dona la vita…»

(Alla suocera)

«Mi sono unito con tutta l’anima a Pierrette, che ora è mia moglie in Dio… Reciterò il mio rosario e delle preghiere per i moribondi, poi af-fiderò la mia anima a Dio. Buon Gesù, aiutami!… Sono più tranquillo di un momento fa, perché Gesù mi ha promesso di portarmi subito in paradiso…Non sono solo, ma il Padre mio è con me. Solo più cinque ore da vivere! Fra cinque ore vedrò Gesù!»

(Giornale intimo, 30 settembre 1957)

Jacques Fesch nasce nel 1930. Cresciuto ed educato nella fede cristiana soprattutto dalla madre, all’età di diciassette anni la abbandona. nel 1951 sposa Pierrette Polack, da cui nascerà la figlia Veronique.nel 1954 tenta una rapina in un negozio di cambiavalute. nella fuga ferisce tre persone, di cui una mortalmente. una volta catturato Jacques verrà pro-cessato e condannato alla ghigliottina. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1957, è stato pubblicato in Italia il suo diario personale dal titolo Giornale intimo. una raccolta di lettere inviate dal carcere testimonia la sua conversione avvenuta durante la detenzione grazie ad autori come san Francesco o santa teresa di Gesù bambino, e alla compagnia dell’amico frate thomas, dell’avvocato baudet e del cappellano del carcere.

«Signore, non abbandonarmi», nello sgomento dei testi-moni, sono state infatti le sue ultime parole prima di mo-rire. nel 1994 è stato avviato il processo di beatificazio-ne. Sembra l’attuarsi oggi dello stesso destino di Disma.

A sinistra, Jacques Fesch scortato dalla polizia francese,e un primo piano dopo la rapina.

Giornale italiano e francesedell’epoca.

Bio

gra

fia

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«Sai Pietro quanti chilometri ho fatto per portarti tutti i sabati il corpo di Cristo?»

Don Guido TodeschiniPietroMaso

«Hanno scritto di me, di noi, che abbiamo ucciso per fare la bel-la vita. Noi volevamo entrare nella vita. E invece, macchiandomi del più terribile dei crimini, a diciannove anni sono entrato nella tomba insieme a mamma e a papà».

un giorno durante il carcere Pietro ascolta alla radio don Guido tode-schini, direttore di Telepace, che parlando di lui dice: «Che facciamo, lo abbandoniamo, lo seppelliamo vivo come merite-rebbe o gli tendiamo la mano e cerchiamo di recuperarlo, tenendo conto della sua giovane età? Certo, in questo momento è più facile essere giustizialisti che muoversi al perdono. Ma se noi lo lasciamo lì in carcere, dimenticato, noi commettiamo lo stesso delitto».

«Io, sepolto vivo. Odiato. Rinnegato. Dimenticato. Io che quando arri-vava il giorno dei colloqui mi rintanavo in cella in completa solitudine, ora avevo qualcuno che si interessava a me. Accettai».

«Lo ricordo come fosse ieri. Sono le dieci del mattino. Quanto l’ho at-teso questo giorno. (…) Dopo quasi dieci mesi qualcuno viene per me (…) Don Guido è in piedi. Volge le spalle al tavolo. La porta si chiude. Finalmente. Davanti a me c’è un uomo sulla cinquantina, alto circa un metro e settanta, corporatura normale. Indossa l’abito nero con il colletto bianco. Quando faccio per entrare lui, invece di ritrarsi come ero abituato a veder fare, mi viene incontro. Mi abbraccia. Non era mai successo».

Don Guido «a volte era paterno, altre duro, aspro. Non sapevo mai cosa aspettarmi. Ma c’era sempre. Non ha mai saltato un sabato. La sua fede, la sua tenacia, mi hanno dato una forza incredibile. Se lui faceva questo per me, dovevo diventare degno del suo sacrificio».

Don Guido va avanti e porta le due sorelle nadia e laura a incontrare Pietro.

Ha scritto Maso: «Ci dividono pochi passi. Ma i miei piedi sono inchiodati a terra. Come i miei occhi. Don Guido capisce e mi fa un cenno con la testa. Io non mi muovo. Nadia e Laura mi vengono in-contro. Mi abbracciano. Ora siamo abbraccia-ti. Siamo tre in uno. Mi sarei aspettato di tut-to: sguardi di rimprovero, rabbia, schiaffi. E tutto ci sarebbe stato. Ma non ero pron-to a questa stretta d’amore. Senza sa-perlo Laura e Nadia posano una pietra importante sul mio cammino. Questa stretta scioglie tutto: il dolore, la paura, l’odio: la morte» .

I testi citati sono tratti da un articolo di Zenit.org, a recensione del libro “Il male ero io”,

di Pietro Maso e Raffaella Regoli.

tratto da un’intervista a una famiglia di cristiani rifugiati nel campo profughi di Erbil dopo che le armate dell’Isis hanno invaso la città in cui vivevano.

Domanda: Come si fa a perdonare chi ti ha fatto tanto male?

Alis: Se fosse tutto nelle mie mani io non sarei in grado di perdonare. Però quello che vivo è che il desiderio di Gesù è dare la grazia agli uomini di imparare a perdonarsi a vicenda. È solo tramite Dio che possiamo imparare a perdonare, perché perdonarsi è una grazia che riceviamo da Lui, non è una cosa solo umana. Perdonare gli altri è difficile, ma non è impossibile. E soprattutto quando perdoni gli altri ricevi una grande pace. Provare la pace ti permette di andare avanti nella vita.

Siamo felici perché ovunque andiamo Dio è con noi, tracce.it, 8 luglio 2015.

Pietro Maso all’età di diciannove anni, assieme a tre amici, uccide violentemen-te i propri genitori con l’idea di ereditarne il patrimonio. È il 17 aprile del 1991. Sarebbe dovuto restare in prigione fino al 2021, ma tre anni di indulto e cinque di buona condotta gli permettono di tornare libero nel 2013. Nel maggio del ’91, ascoltando Telepace dal carcere, ha il suo primo contatto con don Guido Todeschini.

Il figliol prodigo, Jan sanders van Hemessen,1536, Bruxelles.

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Page 18: IVolti della Misericordia · 8 dicembre 2015 / 20 Novembre 2016 « G r a z i e p e r e s er st a t o s t u m n t o d i u n m i r a c o l o » Mostra a cura di: Padre Antonio Sangalli

La dramma perduta (Lc 15, 8-10)

Quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte”.

IL buon samarItano (Lc 10, 25-37)

Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: “Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”. Gesù gli disse: “Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?”. Costui rispose: “ Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso “. Gli disse: “Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai”.Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: “E chi è mio prossimo?”. Gesù riprese: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?”. Quello rispose: “Chi ha avuto compas-sione di lui”. Gesù gli disse: “Va’ e anche tu fa’ così”.

La pecoreLLa smarrIta (Lc 15, 4-7)

Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

IVolti della MisericordiaMostra: GiubiLeo straordinario MIserIcordIæ Vultus8 dicembre 2015 / 20 Novembre 2016

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Parabole

IL fIgLIoL prodIgo (Lc 15, 11-32)

Disse ancora: “Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avreb-be voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo coman-do, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.

IL servo spIetato (Mt 18, 21-35)

Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: “Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?”. E Gesù gli rispo-se: “Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, pro-strato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti resti-tuirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello”.

IL pubbLIcano e IL farIseo (Lc 18, 9-14)

Disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: “Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemme-no alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato”.

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