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IV A/Tel Itis Planck 2003-04 1

Storia del

colonialismo moderno

Classe IV A/T

( A.S. 2003-2004)

Prof. F. Meneghetti

ITIS MAX PLANCK

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LE GRANDI TAPPE DEL COLONIALISMO

1. Le scoperte geografiche, le cause e la nascita del colonialismo commerciale

2. Dai primi imperi coloniali (Spagna e Portogallo) all’avvio del sistema della piantagioni a Giava (‘600)

3. Le piantagioni si diffondono nelle Antille e nelle Americhe: il commercio triangolare e la tratta dei neri (‘700)

4. Materie prime delle colonie per la rivoluzione industriale (dalla fine del ‘700)

5. Colonie come mercato di riserva nelle prime crisi di sovrapproduzione: rivalità europee e “missione di civiltà” nella spartizione dell’Africa (imperialismo a fine ‘800)

5. Verso l’indipendenza (a partire dalla fine della 1GM)

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DAI VIAGGI E DALLE ESPLORAZIONE AL DOMINIO

Il tema del colonialismo è molto importante per comprendere gran parte della storia mondiale dal 1500 ai giorni nostri. Nel corso del Medio Evo, l’Europa rappresentava un’area sottosviluppata rispetto alle grandi civiltà asiatiche. Dopo la crisi economica del ‘300, c’era stato un grande sviluppo industriale, ma rimaneva il problema del deficit commerciale nei confronti dell’oriente, dovuto al fatto che l’Europa comprava merci molto costose come spezie e sete, trasportate fino al Mediterraneo dai mercanti arabi, ma vendeva ben poco, non disponendo di materie prime pregiate. Per aggirare la mediazione araba, si intensificarono le esplorazioni navali utilizzando al meglio la tecnologia marittima, nella ricerca di una via alternativa per le Indie, che culminò, ad Ovest, con la scoperta dell’America da parte di Colombo e, verso Est, con la circumnavigazione dell’Africa da parte di Vasco De Gama. Il possesso delle armi da fuoco permise agli europei di imporsi sulle civiltà da poco scoperte e di dar avvio al colonialismo.

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L’ORO DELLE COLONIE/1

Americhe

Virginia Cotone - tabacco

Messico Argento - oro

Perù Argento

Brasile Oro – caffè – canna da zucchero – cotone

Antille Canna da zucchero

Canada Pellicce - legname

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L’ORO DELLE COLONIE/2

Nord Africa Cuoio – grano - schiavi

Africa sub - sahariana Schiavi – oro - avorio

Sud Africa Metalli preziosi

India The – cotone – oppio

Indonesia The – spezie

Cina The – sete – porcellane

Giappone Rame

Medio oriente – Arabia Petrolio

Asia

Africa

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DIVERSE TIPOLOGIE DI COLONIALISMO

Stati Tipi di colonialismo Periodi

Spagna Dominio politico e depredamento ‘500-‘700

Portogallo Basi commerciali ‘500-‘600

Olanda Basi commerciali (avvio sistema piantagione)

‘600-‘700

Inghilterra Popolamento (imperialismo) ‘700-‘800

Francia Imperialismo ‘800-‘900

Italia Imperialismo ‘800-‘900

Germania Imperialismo ‘800

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IL COLONIALISMO SPAGNOLO

Tipo di colonialismo

Dominio politico (vicerè) e depredamento

Domini America centrale, con California e Florida e meridionale (ovest); Filippine

Materie prime acquisite

Oro e argento

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IL COLONIALISMO PORTOGHESE

Tipo di colonialismo

Dominio solo in Brasile; basi commerciali; ruolo di mediazione in Asia

Domini Brasile, Angola, Mozambico, Antille, Indonesia

Materie prime acquisite

Oro e caffè dal Brasile; pepe e spezie dall’Asia

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IL COLONIALISMO OLANDESE

Tipo di colonialismo

Colonialismo borghese: basi commerciali e ampi poteri alle compagnie delle Indie, che avvia il sistema della piantagione

Domini Giava e isole Molucche (Indonesia), Antille, Guayana

Materie prime acquisite

Canna da zucchero, the, caffè, spezie

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IL COLONIALISMO FRANCESE

Tipo di colonialismo

Colonialismo “da re” (effetto di spedizioni militari per prestigio)

Domini Canada, Luisiana, poi Africa nord occidentale;

Materie prime acquisite

Pellicce e legname dal Canada

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IL COLONIALISMO INGLESE

Tipo di colonialismo

Colonie di popolamento in America; controllo commerciale poi

dominio politico in India

Domini Colonie del nord America; India; Australia; Antille; Egitto, Sudan, sud Africa

Materie prime acquisite

Tabacco dalla Virginia, cotone. The, oppio in India

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IL SISTEMA DELLA PIANTAGIONE

Si tratta di un sistema di coltivazione introdotto dagli olandesi in Indonesia (isola di Giava) nel ‘600 e imposto alla popolazione locale, che è ridotta in schiavitù. Esso si basava sulla monocoltura: pertanto comportava un rapido esaurimento del terreno. Dall’ Indonesia veniva diffuso in America, a partire dalle Antille, isole ricche di terra vergine, dal clima adatto alla coltivazioni di piante come cacao, caffè, canna da zucchero. Le colonie diventarono centri di produzione di colture per l’esportazione, senza riguardo all’economia locale. La diffusione del sistema comportò inoltre l’importazioni di schiavi per disporre di adeguata manodopera.

Alcuni prodotti delle piantagioni:

Cacao, mais, cotone

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IL COMMERCIO TRIANGOLARE

Armi, alcool, vetro

Schiavi

Materie prime: rhum, zucchero, cotone

Per sopperire al fabbisogno di manodopera nelle Antille, si importarono schiavi neri dall’Africa. Londra, Liverpool e Bristol divennero i principali centri di un commercio triangolare, che collegava tre continenti e comportava le transizioni di merci descritte nella cartina sottostante.

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I vantaggi della tratta

•I neri erano più robusti degli indios (decimati dallo sfruttamento del lavoro in miniera);

•si adattavano meglio al clima tropicale dell’America centrale rispetto agli europei;

•erano quindi il più comodo rimedio per la carenza di manodopera nelle piantagioni e nelle miniere;

•nelle Antille, in Brasile e negli stati meridionali degli USA, la ricchezza dei bianchi si venne a basare sulla monocoltura e sullo sfruttamento dei neri.

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I negrieriA partire dal primo ‘700, gli inglesi diventano i più importanti commercianti di schiavi. Alcune compagnie private che effettuavano il traffico vengono riconosciute dalla Corona. La tratta fu però praticata anche da altri mercanti europei, detti negrieri.

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Conseguenze della tratta

Commercio schiavi neriCommercio schiavi neri

negli Stati Uniti: discriminazione razziale

negli Stati Uniti: discriminazione razziale

in America latina: mescolanza razziale

in America latina: mescolanza razziale

In Africa: decremento demografico

In Africa: decremento demografico

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IL PUNTO DI VISTA EXTRAEUROPEO

1. Il nord america

2. L’America latina

3. L’Africa

4. L’India

5. La Cina

6. Il Giappone

7. L’Australia e la Nuova Zelanda

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Il NORD AMERICA

Il nord America viene colonizzato, dopo rispetto all’America Latina: sono presenti i francesi, nel Canada, interessati al commercio di pellicce e legname; gli inglesi sulle coste atlantiche; gli spagnoli nella parte sud-occidentale del continente.

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Origine delle colonie inglesi

A fine 600 nel nord America si trovavano alcuni insediamenti inglesi. Quelli del sud (come la Virginia e la Georgia) erano nati come colonie penali. L’economia si basava sull’agricoltura di piantagione, con impiego di schiavi neri. Poi vi erano le quattro colonie del centro: le più abitate, ricche di città e porti. Le rimanenti quattro (a partire dal Massachusetts), che costituivano la New England, erano nate nel 600 per opera profughi calvinisti che cercavano qui libertà, terra e lavoro.

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Fattori di unione

I tre nuclei o due (dato che si possono unire per affinità quelle nord-orientali) erano diversi tra loro per cultura e interessi: lo si vedrà nella guerra civile. Li univano però alcuni elementi:

1. La lotta contro i nativi (gli indiani)

2. La rivalità con la Francia, che aveva colonie in Canada

3. La cultura d’origine anglosassone, aperta però all’illuminismo francese

4. L’ostilità con l’Inghilterra per motivi economici e politici

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La guerra con l’Inghilterra

Le colonie inglesi potevano commerciare solo con la madrepatria, che, per compensare i costi della guerra dei sette anni (1754-63), impose un aumento di tasse. I coloni, penalizzati dal punto di vista economico e privi di una rappresentanza politica, si rifecero al principio “No taxation without rappresentation” già enunciato nella rivoluzione inglese del ‘600 e si rifiutarono di pagare le tasse, aprendo le relazioni commerciali con il resto del mondo. La guerra iniziò in quello che fu chiamato il “Boston Tea Party” nel 1773. A fianco degli americani si schierarono Francia, Spagna e Olanda, rivali dell’Inghilterra.

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L’indipendenza degli americani

Gli Americani si organizzarono in un Congresso, di cui facevano parte uomini come Franklin e Jefferson, autore della dichiarazione d’Indipendenza del 4 luglio 1776, che si ispirava alle idee dell’illuminismo. Fu formato un esercito con a capo Gorge Washington e iniziò così la guerra per l’indipendenza che si concluse nel 1781 con la resa inglese, cui seguirono nel 1783 la nascita degli Stati Uniti d’America e nel 1788 la proclamazione di una Costituzione di tipo federale, che accoglieva il principio della divisione dei poteri enunciato da Montesquieu.

Franklin Jefferson

Washington

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Problemi aperti

Dopo l’indipendenza restarono nel Paese grandi differenze: tra il nord, commerciale e borghese, e il sud, agricolo e aristocratico; tra l’est, urbano, e l’ovest abitato dai pionieri, che cercavano di allargare la frontiera. Tali differenze esplosero di fronte al problema della schiavitù, in particolare, di fronte alla questione se introdurla o meno nei territori occidentali di nuova annessione. Gli stati del nord-est erano abolizionisti per motivi morali (erano puritani) ma anche perché interessati destinare

quelle terre all’ allevamento (e quindi al commercio), mentre quelli del sud erano legati all’economia di piantagione, quindi schiavisti. Il contrasto sfociò in guerra dopo l’elezione di Abraham Lincoln da parte del partito repubblicano (abolizionista) e la secessione per protesta da parte degli stati del sud.

Abramo Lincoln

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La guerra civile

                                                                                 

Il nord era superiore dal punto di vista tecnologico, economico, numerico. Tuttavia, dopo due anni, il sud, guidato dal generale Lee, continuava a non arrendersi. Lincoln proclamò l’emancipazione degli schiavi in tutti gli stati del sud per favorirne l’arruolamento nell’esercito unionista(1863). Finalmente, dopo l’assassinio di Lincoln, il generale Lee si arrese a Grant (1865). La guerra civile americana, primo esempio di guerra tecnologica, era finita; il sud era in rovina

Atto di emancipazione

Generale Lee

Generale Grant

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Il Messico

Come si può vedere dalle carte a destra, il Messico era un territorio molto più esteso di adesso e ai primi dell’ottocento apparteneva ancora alla Spagna. Rivoluzione americana e rivoluzione francese suggestionarono i messicani a ribellarsi contro la madrepatria. Dopo due tentativi falliti, il generale Augustin Iturbi nel 1821 assicurò l’indipendenza del Messico. Negli stessi anni gli USA, con il presidente Monroe, affermavano il principio “l’America agli americani”, che escludeva gli europei da qualsiasi manovra nei due continenti americani, lasciando spazio libero ai governi statunitensi.

Mexico Usa

Territori indiani

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La rivoluzione messicana

Dopo l’indipendenza, il Messico rimase arretrato e soggetto a tensioni socio-politiche. Iturbide nel 1822 si proclama Imperatore con l’appoggio dell’esercito. Nel 1836 il Texas si stacca dal Messico e si costituisce come repubblica indipendente: ne deriva una guerra tra USA e Messico che si conclude con la sconfitta messicana e l’annessione agli USA del Texas, della California (di cui di scopriranno i giacimenti aurei). Seguono anni segnati da guerre civili e durissime dittature militari. Nel 1862 la Francia di Napoleone III tenta di imporre ai messicani un Imperatore a lei gradito (in modo da fare del Messico un proprio stato satellite) Massimiliano d’Asburgo, che venne però catturato e giustiziato (1867). Il Messico rimase cos’ nell’orbita americana secondo la dottrina di Monroe.

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L’AMERICA LATINA

L’ America del sud fu il primo continente colonizzato dagli europei: Spagnoli e Portoghesi. A causa della loro antica presenza e, poi, della tratta dei neri, si venne a determinare un grande miscuglio di razze” con precise stratificazioni sociali. I gachupines erano gli spagnoli europei che si alternavano come funzionari e detenevano il potere politico. I creoli erano i discendenti dei primi bianchi trapiantati in America, per lo più di condizione borghese: avevano il potere economico ed aspiravano all’indipendenza ed al potere politico.I meticci erano frutto della mescolanza tra le popolazioni d’origine indiana, spagnola e negra e formavano il ceto popolare. Molti di loro erano schiavi e reclamavano l’indipendenza. Infine c’erano gli indios superstiti.

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Come si ottenne l’indipendenza

I motivi esterni:

L’ esempio dell’America del Nord e la dottrina di Monroe

La crisi della monarchia spagnola e portoghese in relazione alle guerre napoleoniche.

La politica Inglese che mirava a sostituirsi ai colonizzatori latini per interessi economici

I motivi interni

Il desiderio di unità e indipendenza

Il progetto di liberare gli schiavi

L’indipendenza fu ottenuta tra il 1809 e il 1825. 1822: Simon Bolivar dopo

la liberazione dell’Equador

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L’instabilità dopo indipendenzaFrammentazione politica: Bolivar e San Martin, i maggiori artefici dell’indipendenza, avevano diversi progetti nel futuro dell’ America Latina: di conseguenza non si realizzò la federazione di stati, secondo il modello americano, auspicata da alcuni. 

Dipendenza economica: l’Inghilterra si inserì abilmente nel mercato latino-americano, nel vuoto creatosi con l’indipendenza, controllando l’economia locale.

Squilibri sociali: la borghesia locale (creola) era debole. L’instabilità era costante. Rivoluzioni, golpe (colpi di stato) e pronunciamientos si succedettero senza posa. In più i debiti contratti con l’Europa o con l’America del Nord fornivano occasioni d’intervento alle potenze straniere.

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L’AFRICA

Prima dell’impatto con gli europei, nel nord del continente esistevano stati, detti “berberi”, vassalli dell’impero ottomano; più a sud c’era il Sahara, abitato dai tuareg, mentre l’ Africa nera, più a sud, era in gran parte vergine. Prima del 1000, erano esistiti grandi regni teocratici, come il Ghana e lo Zimbabwe. Verso la fine dell’ XI sec. I berberi vi portarono lareligione islamica. Decaduto il regno del Ghana, sorsero quelli, ugualmente islamici, del Mali e del Songhai che nel XVI secolo raggiunsero notevole ampiezza e potenza, e costruirono moschee, scuole e l’Università di Timbuctù. Intanto la città di Kilwa, un potente sultanato situato ad est, commerciava metalli e avorio provenienti dall’interno con gli arabi. Nel ‘300 i mercanti delle coste orientali commerciavano con i cinesi cui si vendevano anche schiavi neri

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Fra le ricchezze africane trafficate dagli europei la “merce” di gran lunga più ricercata furono gli schiavi, a partire dall’avvio del commercio triangolare. La tratta degli schiavi fu la grande tragedia dell’Africa nera: essa interessò soprattutto le regioni attorno al golfo di Guinea ma anche l’interno. Occorre ricordare che anche a partire dalle coste orientali si attivarono i traffici negrieri, controllati, a nord, dagli arabi e, a sud, da portoghesi e francesi. La tratta scatenò una spirale micidiale e inarrestabile di guerre fra africani, alimentata dall’importazione d’armi da fuoco europee, introdotte in cambio di schiavi. Poiché vinceva chi possedeva più armi, ciò creava uno scambio vizioso schiavi-armi.

L’impatto con il commercio triangolare

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Il risultato di ciò fu la scomparsa di molti grandi Stati con il conseguente arretramento delle forme sociali e politiche a livelli primitivi e tribali, ma anche la comparsa di nuovi Stati aggressivi la cui egemonia si basava in larga misura sulle razzie e sulle guerre. Si è calcolato che ciò sia costato all’Africa almeno 50 milioni di persone, in gran parte maschi e giovani, pari ad un quarto della popolazione attuale dell’Africa nera, ma è certamente un calcolo al di sotto della realtà. In tal modo la

Il dissanguamento demografico

popolazione africana non era in grado di riprodursi e tale dissanguamento demografico la condannò al sottosviluppo: si consideri che la popolazione era anche forza-lavoro e senza le braccia non poteva esserci nemmeno un’agricoltura da sussistenza.

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Fino a metà ‘800 la presenza europea in Africa si limitava alle coste, ad eccezione della punta meridionale il cui clima mite aveva favorito insediamenti europei: dapprima coloni olandesi, chiamati Boeri, quindi gli inglesi, attirati anche dalle risorse del sottosuolo. Ma verso la fine dell’ ‘800, in concomitanza con una crisi di sovrapproduzione industriale, che rendeva necessario disporre di mercati “di riserva” si scatenò una gara tra gli stati europei per la spartizione dell’Africa vergine. Preceduti da esploratori, come Stanley e Livingstone, gli europei mascherarono i loro interessi economici dietro il paravento della “missione di civiltà: loro venivano per civilizzare e a cristianizzare popoli selvaggi e primitivi.

La gara per la spartizione dell’Africa

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-Gli inglesi miravano a unire l’Egitto al Sud Africa in verticale, attraverso il Kenia. Avevano anche territori in Africa occidentale: Gambia, Sierra Leone, Costa d’Oro, Nigeria;

-I francesi miravano a collegare i loro possedimenti in Africa occidentale con Gibuti e la Somalia francese sul Mar Rosso;

-I tedeschi volevano collegare le colonie occidentali, Camerun, Africa di sud-ovest con il Tanganika minacciando il possesso belga del Congo e quello portoghese dell’Angola. Da questi interessi opposti nacquero spesso conflitti che portarono sull’orlo di guerre coloniali, e che sarebbero poi sfociati nella prima guerra mondiale.

I disegni degli Europei

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Il mosaico africano

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Le colonie italiane in Africa

Gli Italiani avviarono la politica coloniale nel 1882 nel corno d’Africa (dopo l’acquisto della baia si Assab): dopo la sconfitta a Dogali (1887) fu istituita la colonia Eritrea (’90), ma divergenze con il negus di Etiopia portarono di nuovo alla guerra e alla pesante sconfitta di Adua, con un migliaio di perdite (1896). L’iniziativa coloniale fu rilanciata nel 1911, dichiarando guerra all’Impero Ottomano. Furono così conquistate la Libia e le isole greche del Dodecanneso. Nel 1935, poi, durante il fascismo, fu sottomessa l’Etiopia, con una guerra in cui furono impiegati i gas verso i civili.

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L’INDIA

A partire dal 1000, l’india aveva subito continue scorrerie islamiche che avevano indebolito i regni indù nei quali era divisa; la più importante fu quella del turco Babur che fondò l’impero Moghul. I suoi discendenti completarono entro il ‘500 l’unificazione dell’India e posero fine alle discriminazioni nei confronti di coloro che non erano musulmani (indù, buddisti, cristiani).

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La fine dei Moghul

Dopo due secolo di grande di grande splendore artistico e culturale, di cui rimangono preziose testimonianze come moschee, palazzi, mausolei, fortezze (si veda il Tai Mahal ad Agra), nonché di relativa coesistenza pacifica tra le diverse religioni favorita dai sovrani Moghul, l’equilibrio si ruppe con l’ultimo sovrano, che, per fanatismo religioso, revocò le leggi emanate fino ad allora a tutela degli indù. Ne derivarono ribellioni e disordini in cui si inserirono gli inglesi.

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La penetrazione europea

Vasco de Gama, nel 1498, fu il primo europeo a sbarcare in India e a creare una base commerciale portoghese. All’inizio del ‘600 la penisola era oggetto delle attenzioni di Olandesi, Inglesi e Francesi. La concorrenza tra gli ultimi due sfociò nello scontro armato. Solo le zone montuose riuscirono a restare fuori per almeno un secolo da queste contese. Alla fine riuscirono ad imporsi gli inglesi, che nel frattempo avevano indebolito e frazionato l’impero Moghul.

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Il dominio inglese e il crollo dell’ artigianato

L’India diventò una colonia inglese, soggetta alle leggi e all’amministrazione britanniche. Ne risentì anche l’economia perché gli inglesi disincentivarono la produzione tessile locale, per evitare che entrasse in concorrenza con i manufatti industriali inglesi (in ogni caso questi costavano meno). La forza-lavoro fu così spostata dal settore secondario all’agricoltura al fine di produrre materie prime (cotone) per le fabbriche inglesi. Anche il commercio locale e con i paesi asiatici passò sotto il controllo inglese.

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L’amministrazione inglese

Oltre a costruire strade, ferrovie, università, scuole militari, gli inglesi divisero il territorio in 600 principati indiani (raj), che giuravano però fedeltà alla Corona. L’inglese divenne idioma ufficiale e la cultura anglosassone si impose, anche attraverso l’insegnamento. Vi fu un lungo periodo di “pax britannica”. Nel 1857, in seguito ad episodi di intolleranza razziale, vi furono disordini nel nord, promossi dai sipahi (soldati indiani). Domata la rivolta, l’economia fu statalizzata.

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Prime spinte verso l’indipendenza

Nel 1876 la regina Vittoria fu proclamata sovrana delle Ondie. Ma già nel 1885 sorse il Congresso Nazionale Indiano, il cui fine era lo sviluppo di una coscienza nazionale. Guidati da B.G. Tilak, essi si scontrarono con il governo inglese. La campagna per l’indipendenza (swaraj) divenne sempre più ampia e si sarebbe radicalizzata con la prima guerra mondiale, che comportò un reclutamento di soldati indiani. Sarebbe stato missione di Gandhi portarla a buon fine.

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IL GIAPPONE

Il Giappone era un grande impero feudale, ostile al commercio con gli europei. I primi contatti avvennero verso la fine del ‘500 con i portoghesi da cui il Giappone comprava armi (destinate ai samurai), pagando con argento e rame. Agli inizi del ‘600 ci fu un irrigidimento verso i portoghesi e i gesuiti, cui seguì un atteggiamento sempre più rigido di chiusura verso gli stranieri che riguardò, oltre agli occidentali anche la Cina.

 

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L’apertura forzata agli occidentali

Durante l’età del colonialismo, l’espansione europea nell’Estremo Oriente non riusciva a coinvolgere il Giappone. Fino agli inizi dell’ ‘800, esso riuscì a resistere a qualsiasi penetrazione occidentale, mantenendo la sua tradizione xenofoba. Ma l’8 luglio 1853 quattro navi americane approdarono a forza sulle coste giapponesi. Fu questo l’evento che diede inizio alla penetrazione occidentale in Giappone

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I cambiamenti del Giappone

Russia, Paesi Bassi e Inghilterra. Subito dopo la

conclusione di questi trattati in tutto il Giappone scoppiò un’ondata di xenofobia che portò alla caduta dei Tokugawa, ritenuti responsabili della penetrazione in Giappone, e alla caduta dello shogun.

Fino al 1853, alla figura dell’imperatore era stabilmente legato

lo shogun (governatore militare, una carica monopolizzata dalla

potente famiglia dei Tokugawa). Alle dipendenze vi erano i

samurai, combattenti formidabili ma anche funzionari politici

e burocrati. Dopo l’approdo degli Americani, il Giappone firmò nuovi trattati commerciali con gli Stati Uniti e poi con Francia,

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Il nuovo Giappone

Con la rivoluzionaria restaurazione del governo, il potere fu in mano, oltre all’imperatore, alla famiglia dei Meiji, che si avviò a risolvere 3 problemi importanti:la creazione di una struttura statale centralizzata, lo sviluppo economico e industriale del paese e i rapporti con gli stranieri. Inoltre venne introdotto un sistema parlamentare e nel settore scolastico fu promossa l’istruzione superiore

 

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Industrializzazione del Giappone

La nuova classe dirigente giapponese capì che soltanto lo sviluppo avrebbe consentito al paese di raggiungere una effettiva indipendenza. Per fare questo era necessario impadronirsi delle tecniche occidentali senza però ripudiare i valori della cultura nipponica. La via giapponese al capitalismo talmente rapida che, nel giro di 20 anni, esso divenne una delle grandi potenze mondiali. Il merito di tutto ciò va dato principalmente allo stato che, avendo quasi interamente finanziato le iniziative economiche, riuscì a costruire grandi impianti nei settori strategici dell’industria pesante. Di conseguenza questa enorme industrializzazione portò alla nascita di una forte classe capitalistica.

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L’espansione giapponese a fine secolo

La nuova classe capitalistica, per assicurarsi mercati e aree di sfruttamento, fu costretta a scatenare guerre di aggressione. Nel 1894 il Giappone attaccò la Cina e ottenne l’isola di Formosa (Taiwan) ed in più il permesso di vendere i propri prodotti nella Cina stessa. Nel 1904 la penetrazione giapponese sul continente portò alla guerra russo-giapponese, durante la quale i giapponesi ebbero successi sbalorditivi. Il trattato di pace con la Russia, diede al Giappone il dominio politico in Corea.

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LA CINA

Nei primi decenni del XIX secolo in Cina regnava la dinastia dei Manciù I sovrani assicuravano governo ed ordine, ma il fiscalismo dello stato provocava un malcontento presso la popolazione in prevalenza formata da contadini, di conseguenza. Si verificarono delle rivolte e fenomeni di brigantaggio e sorsero delle società segrete. I rapporti con l’Europa erano limitati, e riguardavano esclusivamente le esportazioni, dato che gli europei erano interessati a diversi prodotti cinesi, che rappresentano una vera moda nel ‘700, come tè porcellane e seta.

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La guerra dell’oppio

Allo scopo di compensare il deficit nella bilancia commerciale, derivante dal fatto la Cina vendeva ma non comprava, l’Inghilterra cominciò a introdurre clandestinamente nel territorio cinese grandi quantità di oppio, prodotto nella propria colonia indiana. Il consumo d’oppio era illegale, per cui ne derivarono tensioni tra i governi dei due Paesi, fino a che, dopo un maxi sequestro di droga, avvenuto a Canton nel 1839, l’Inghilterra dichiarò guerra alla Cina. In conflitto terminò tre anni dopo con la sconfitta della Cina e la firma del trattato di Nanchino, con cui l’Inghilterra otteneva per sé il porto di Hong Kong, nonché l’apertura al commercio straniero di altri quattro porti, tra cui Shangai.

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Seconda guerra dell’oppio

La Francia e gli Stati Uniti reclamarono gli stessi privilegi riservati all’Inghilterra ed anche la possibilità di aprire chiese cattoliche e protestanti, per cui il trattato di Nanchino lasciava aperti dei problemi.

Gli stati occidentali si resero conto dell’inferiorità militare cinese e così, con la scusa di qualche incidente tra cinesi e stranieri, Inghilterra e Stati Uniti dichiararono ancora guerra alla Cina. Era la seconda guerra dell’oppio, che fu facilmente vinta dagli occidentali i quali imposero alla Cina nuove condizioni:

•Il pagamento di una nuova indennità di guerra

•L’apertura di altri porti agli stranieri

•L’apertura di sedi diplomatiche a Pechino

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AUSTRALIA E NUOVA ZELANDA

All’inizio ci furono i viaggi di James Cook, che navigò per conto della corona britannica e nel 1769 arrivò nel nord della Nuova Zelanda. All’inizio dovette superare la ferocità dei Maori che praticavano il cannibalismo verso gli intrusi e nemici. Con Cook però Maori furono più amichevoli, grazie ad un tacitiano che viaggiava con lui e faceva da interprete. Cook capì subito che la terra era ricca di risorse: oro, argento, carbon fossile, lignite e grandi praterie. Ben presto anche l’Europa seppe di tali ricchezze e in molti partirono per cercarvi fortuna.

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Sidney: colonia penale

L’Australia fu raggiunta a fine ‘700. L’Inghilterra aveva da poco perso le colonie americane e quindi cercava una soluzione per deportare i condannati che prima finivano in Virginia. Queste terre lontane ed isolate parvero ideali: nel 1788 nacque Sidney come colonia penale e per i 60 anni successivi accolse i criminali, indesiderati e perseguiti dalla legge britannica. A poco a poco attorno crebbero gli insediamenti inglesi e l’Australia divenne colonia di popolamento.

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Il dominio inglese

Gli inglesi una volta giunti in Australia procedettero ad una conquista per mezzo della forza, decimando la popolazione locale (gli aborigeni) anche con l’introduzione di malattie. I bianchi si assicurarono le migliori sorgenti d’ acqua, l’accesso alla pesca e le posizioni più riparate, costringendo gli Aborigeni a vivere ai margini delle comunità. Abbattendo alberi, costruendo steccati (ad es. la barriera contro i conigli) ed introducendo nuovi animali, gli inglesi hanno contribuito a mutare il paesaggio.

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GLI INDIANI D’AMERICA

•Cenni sui nativi d’america•La società indiana•Le tradizioni guerriere•L’ atteggiamento degli europei•La dei “pellerossa”•Gli indiani e il cinema

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Cenni sui nativi d’America

•I progenitori degli indiani si ritiene siano passati dall’Asia all’America circa 40000 anni fa;

•non conoscevano né la ruota né l’aratro;

•la maggioranza di questi popoli viveva di caccia.Tutte le parti della preda veniva utilizzata e nulla veniva sprecato;

 •i cavalli e le armi da fuoco furono introdotti in seguito dagli europei;

•ciò spinse anche le popolazioni sedentarie a trasformarsi in nomadi.

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La societa’ indiana

Era suddivisa in grandi famiglie, a loro volta divise in tribù e clan, ma dotate di una forte coesione sociale. Presso i cacciatori delle pianure le tribù si riunivano solo d’estate dove venivano combinati i matrimoni e si cacciava in modo collettivo. Ciò non avveniva in inverno per sopravvivere meglio. Tutti i membri della tribù avevano gli stessi diritti e doveri e le decisioni venivano prese insieme. La donna non aveva funzioni subalterne e non era condizionata da pregiudizi religiosi. Il divorzio era un’istituzione assai diffusa

 

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Le tradizioni guerriere

•La guerra: era molto frequente ma non aveva scopi di conquista, coinvolgeva solo piccoli gruppi di guerrieri. Spesso era un modo per impedire la formazione di ampie comunità che potessero sottomettere le piccole tribù.

•Religione: nelle tribù di cacciatori esistevano degli sciamani che curavano con le erbe le malattie e avevano il compito di mediare tra uomini e spiriti. La religione era animista. Nelle popolazioni di agricoltori esistevano credenze più complesse.

•La caccia: veniva praticata solo per necessità e la tecnica era quella di spingere il branco di animali (dopo averlo accerchiato) verso un dirupo.

 

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Gli atteggiamenti degli europei

Gli europei considerarono barbaro ed inferiore tutto ciò che era diverso dalla loro cultura. Attuarono feroci rappresaglie contro i nativi per perseguire i loro interessi che erano:

•la ricerca di tesori (spagnoli e francesi inizio ’500);

•il commercio di pesce e pellami (inglesi e olandesi) e quindi la caccia agli animali da pelliccia (sterminio di bisonti: da 80 milioni a poche centinaia) nel ‘600;

•la corsa all’oro verso ovest che provocò l’invasione delle poche terre rimaste ai nativi nel ‘700-’800.

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La loro fineLa fine di questo popolo è dovuta all’arrivo degli europei ai quali inizialmente vennero forniti aiuti e viveri, ma che poi distrussero l’equilibrio naturale della regione e l’integrità del popolo indiano. Inoltre:

   introdussero abitudini devastanti (come l’alcool) in cambio di pellame;

portarono malattie contagiose (a volte di proposito) per indebolirli;

fecero scomparire molti animali del luogo, modificando l’ecosistema, introducendo il cavallo che venne poi utilizzato dai nativi;

spinsero le tribù a combattersi a vicenda;

dopo l’indipendenza degli USA costrinsero gli indiani a stabilirsi in riserve e repressero nel sangue le loro rivolte.

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Gli indiani e il cinema

A partire dagli anni ’70, in relazione ad un cambiamento della mentalità collettiva, l’indiano non viene piu’ visto come un crudele selvaggio come appariva prima nei film western ma come portatore di una propria cultura. Gli uomini bianchi vengono ora visti come ipocriti e violenti, autori di barbarie e sopraffazioni; l’indiano invece viene esaltata la capacità dei nativi di vivere in armonia con la natura (vedi balla coi lupi).

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I MAORI

I Maori furono i primi colonizzatori della Nuova Zelanda, capaci di resistere, più tardi agli invasori inglesi. Originari dalle isole Tonga e Samoa approdarono con le loro canoe di legno nelle isole neozelandesi e ne diventarono i primi abitanti, denominandolo Aotearoa ossia il paese dalle lunghe nuvole bianche. Il popolo Maori ha sempre dato importanza alla natura e ha molte leggende che narrano di spiriti e antichi capi tribù la cui saggezza è rimasta nel cuore del popolo Maori.

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Tasman scopre la Nuova Zelanda 

Nel 13 dicembre del 1642 Tasman , navigatore olandese, avvistò una terra che non era segnata nelle carte marine: è la baia di Golden Bay a nord della Nuova Zelanda. Appena Tasman si avvicinò a riva venne circondato dalle canoe dei Maori che suonavano e danzavano. Non era un saluto ma un inno alla battaglia. Tasman ignaro rispose con la sua banda ma in realtà la sua fu intesa come dichiarazione di guerra. I Maori il giorno dopo assalirono una scialuppa olandese uccidendo quattro uomini e Tasman preferì andarsene.

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Il trattato di Waitangi

L’ arrivo degli occidentali creò scontri con gli indigeni. Nel 1840 venne stipulato con i Maori il trattato di Waitangi con il quale l’Inghilterra assicurava a quelle popolazioni i diritti e i privilegi dei cittadini britannici. Il simbolo di questo trattato fu un uccello notturno, incapace di volare detto Kiwi, tipico di questa zona (anche gli abitanti vennero chiamati kiwi). La Nuova Zelanda fu colonia britannica fino al 1852 , anno in cui venne concessa l’autonomia amministrativa.

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L’ingresso nel Commonwealth

L’accordo preso per favorire l’equiparazione tre Maori e immigrati europei non risolse tutti i problemi presenti. Nel 1975 quando la Nuova Zelanda ebbe la propria corte di giustizia , cercò di risolvere i contenziosi relativi ai Maori e alle pretese derivanti dal trattato di Waitangi. Oggi la Nuova Zelanda è assieme all’Australia e ad altre 45 nazioni ex colonie britanniche membro del Commonwealth pertanto a capo dello stato c’è la regina d’ Inghilterra rappresentata da un governatore.

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INUIT O ESCHIMESI

Il termine più noto è “esquimesi, termine che, tuttavia, nella lingua degli indiani canadesi significa “mangiatori di carne cruda” perciò essi preferiscono chiamarsi “Innuit”, che significa “popolo”. Culturalmente diversi dalle altre razze del Nuovo Mondo, risultano essere presenti in Nord America già nel 1850 a.C., quindi quasi 4000 anni fa. La loro storia è avvolta nel mistero come l’origine dei cani che caratterizzano questo popolo, in particolare l’Alaskan Malamute.

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La società inuit

Gli albori della loro vita consistevano in spostamenti nomadi. I cani e le slitte erano elementi essenziali alla loro vita ed erano considerati le loro più preziose proprietà

Notevoli capacità di adattarsi all’ambiente circostante Vivevano di caccia e di pesca (renna, orso bianco, salmoni, foche, balene) servendosi dell’arco e dell’arpone a mano Hanno per molti secoli vissuto in un isolamento quasi totale Solo grazie l’arrivo di flotte baleniere nel secolo scorso essi hanno avuto rapporti sociali costanti e significativi con gli europei Che hanno determinato trasformazioni nei modelli di vita tradizionali. La rapidità con la quale questi cambiamenti hanno coinvolto questo popolo hanno spesso avuto effetti traumatici sull’equilibrio di quest’ultimo

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L’economia degli Inuit

Negli anni cinquanta i governi europei e americani cominciano ad esercitare una crescente attività di intervento e di controllo

Maggior coinvolgimento nell’economia di mercato Oltre che per la caccia agli animali da pelliccia economicamente godeva di vasti giacimenti auriferi e cupriferi. Ie principali risorse minerarie sono, oltre al rame e all’oro, lo stagno, il carbone, il mercurio, il gas naturale e soprattutto il petrolio.

La caccia e la pesca sono comunque ancora alla base del commercio e dell’alimentazione degli Inuit. Allevamento delle renne, la raccolta di pelli di otaria.

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Gli Inuit oggi

Attualmente una parte di Inuit vivono in centri urbani nel Canada, in Alaska e nella Groenlandia. Una parte sono impiegati nelle strutture lavorative ma una parte vivono ai margini della società, vittime di alcolismo e disoccupazione. Gli altri si spostano periodicamente in base alle stagioni. Ora al posto dell’igloo vivono in case prefabbricate, si muovono in motoslitta e vanno a caccia con i fucili. La religione che seguono ora gli Inuit è il luteranesimo Le lingue ufficiali il Groenlandese e il danese.

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GLI ABORIGENI

I primi popoli che abitarono l’Australia erano gli Aborigeni che erano giunti dall’Asia circa 50000 anni fa.

I primi europei invece ad arrivare in Australia furono gli olandesi, che però non ebbero molti contatti con gli Aborigeni perché rimasero soprattutto lungo la costa.

Successivamente arrivarono gli inglesi, che diversamente dagli Olandesi, il loro arrivo fu determinante per il futuro aborigeno.

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La cultura e l’arte aborigena

La loro cultura è la più antica che conosciamo. Gli aborigeni hanno elaborato dei miti circa le loro antiche origini, che vengono tramandati oralmente in occasione di feste, seguiti da canti e danze, diversi per ogni tribù. I miti vengono anche dipinti su strumenti musicali e di caccia, attraverso rappresentazioni grafiche fatte di punti e cerchi. La cultura e l’arte aborigena hanno un legame strettissimo con la terra, perché secondo i loro miti la vita è nata proprio da essa. Il mito delle origini si chiama “Lungo Sogno” e racconta che un tempo quando la terra era desolata degli esseri ancestrali uscirono dall’ Uluru per popolarla.

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I bambini rapiti

Allo scopo di far estinguere la cultura e l’identità aborigena, gli australiani avviarono una triste e poco nota pratica: quella di rapire i bambini a sangue misto e di affidarli a collegi per educarli in modo britannico, come è raccontato nel film Rabbit-proof Fence (da cui sono tratte queste immagini), che racconta la fuga drammatica di due bambine che riescono a raggiungere la loro famiglia aborigena dopo 1500 chilometri, seguendo la barriera anti-conigli.