Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David...

417

Transcript of Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David...

Page 1: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento
Page 2: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Itinerari di Diritto PenaleCollana diretta da

Giovanni Fiandaca - Enzo Musco - Tullio Padovani - Francesco Palazzo

45

Page 3: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Dove va il diritto penale, quali sono i suoi itinerari attuali e lesue prevedibili prospettive di sviluppo? Ipertrofia e diritto penaleminimo, affermazione simbolica di valori ed efficienza utilitari-stica, garantismo individuale e funzionalizzazione politico-crimi-nale nella lotta alle forme di criminalità sistemica, personalismoed esigenze collettive, sono soltanto alcune delle grandi alterna-tive che l’attuale diritto penale della transizione si trova, oggi piùdi ieri, a dover affrontare e bilanciare.

Senza contare il riproporsi delle tematiche fondamentali rela-tive ai presupposti soggettivi della responsabilità penale, di cuiappare necessario un ripensamento in una prospettiva integratatra dogmatica e scienze empirico-sociali.

Gli itinerari della prassi divergono peraltro sempre più daquelli della dogmatica, prospettando un diritto penale “reale”che non è più neppure pallida eco del diritto penale iscritto neiprincipi e nella legge. Anche su questa frattura occorre interro-garsi, per analizzarne le cause e prospettarne i rimedi.

La collana intende raccogliere studi che, nella consapevolezzadi questa necessaria ricerca di nuove identità del diritto penale,si propongano percorsi realistici di analisi, aperti anche ad ap-procci interdisciplinari. In questo unitario intendimento di fondo,la sezione Monografie accoglie quei contributi che guardano allatrama degli itinerari del diritto penale con un più largo girod’orizzonte e dunque – forse – con una maggiore distanza pro-spettica verso il passato e verso il futuro, mentre la sezione Saggiaccoglie lavori che si concentrano, con dimensioni necessaria-mente contenute, su momenti attuali o incroci particolari degliitinerari penalistici, per cogliere le loro più significative spezza-ture, curvature e angolazioni, nelle quali trova espressione il ri-corrente trascorrere del “penale”.

Page 4: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

DANIELA FALCINELLI

L’ATTUALITÀ DELL’OFFESADESISTENZA VOLONTARIA

E GENESI DEL DISVALORE PENALE

G. GIAPPICHELLI EDITORE – TORINO

Page 5: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

© Copyright 2009 - G. GIAPPICHELLI EDITORE - TORINO

VIA PO, 21 - TEL. 011-81.53.111 - FAX 011-81.25.100

http://www.giappichelli.it

ISBN/EAN 978-88-348-9473-6

Composizione: Compograf - Torino

Stampa: Stampatre s.r.l. - Torino

Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fa-scicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4 della legge22 aprile 1941, n. 633 ovvero dall’accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS e CNA, CONFARTIGIANATO,CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000.

Le riproduzioni ad uso differente da quello personale potranno avvenire, per un numero di pagine non su-periore al 15% del presente volume, solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, viadelle Erbe, n. 2, 20121 Milano, telefax 02-80.95.06, e-mail: [email protected]

Page 6: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Ai miei genitori

Page 7: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento
Page 8: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affettoal Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento e nel completamen-to di questo lavoro.

Al Prof. Giovanni Cerquetti un ringraziamento particolare, peri consigli e le indicazioni preziosamente forniti durante il percorsodi ricerca.

Page 9: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento
Page 10: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

3

79

1214162024

29

3236

3738

3942

43

Indice

SEZIONE I

DESISTENZA VOLONTARIA E TIPICITÀDEL FATTO DOLOSO

Introduzione

CAPITOLO PRIMO

La desistenza volontaria ed il recesso attivonei percorsi tracciati dalla disamina scientifica

1. La rilevanza della desistenza nella riflessione dogmatica2. Recesso volontario: una soluzione (troppo) pacifica3. Premessa. Efficacia esimente e desistenza post-crimen

3.1. Storia della desistenza: le origini3.2. Colpevolezza e fondamento dell’impunità3.3. Nullità, annullamento e c.d. condizione risolutiva del reato3.4. L’inquadramento tra le cause estintive3.5. La desistenza come causa sopravvenuta di non punibi-

lità3.6. Obiezioni “giuridiche” a riflessioni di politica criminale.

L’incongruenza di una operatività estintiva non radicale4. Tipicità del fatto tentato e desistenza: il pensiero di Latagliata

4.1. L’analisi dell’istituto alla luce della dominabilità finalisticadell’azione criminosa

4.2. Desistenza: elemento negativo del dolo di tentativo4.3. Segue: i termini del problema nelle ipotesi di concorso di

persone nel reato4.4. Esplorazione critica4.5. In particolare: le distonie tra la teoria di Latagliata e la

realtà normativa

pag.

Page 11: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

X Indice

pag.

4549

5057

59

646771747678838588

92

9598

99104108110111113

116120

5. Il legame tra fatto e desistenza nella teoria del “limite normativo”5.1. Segue: il legame tra fatto e recesso

6. L’opzione codificata nel quadro delle scelte sul piano della puni-bilità

7. Un nuovo “sentiero” nell’interpretazione dei fenomeni di recesso

CAPITOLO SECONDO

L’inattualità offensiva della desistenza

1. Il ruolo dell’offesa nel sistema penale: come fattore a sé stantedel fatto di reato

2. Il ruolo dell’offesa nel sistema penale: come connotato della tipi-cità

3. Preludio per una reimpostazione della questione4. La successione tra tipo ed offesa

4.1. Le due sponde, del delitto tentato e del reato impossibile4.2. Il crinale disegnato dall’art. 49 c.p., tra i commi 1 e 2

5. Offesa e desistenza: un “legame”. Ma quale?5.1. “Prima” della reale offensività del fatto tipico

6. L’attualità dell’offesa penalmente rilevante6.1. Il giudizio sul pericolo penalmente rilevante

7. Distinguere l’idoneità degli atti dall’offensività del delitto tenta-to: una questione di principio

8. La figura tipica del delitto tentato: in particolare, l’idoneità degliatti8.1. La nozione di idoneità “ripensata”

9. La figura tipica del delitto tentato: in particolare, l’univocità de-gli atti9.1. La nozione di univocità “ripensata”

10. La desistenza e la non attualità dell’offesa10.1. Giudizio di offensività e desistenza

11. La desistenza come ipotesi di quasi delitto11.1. Desistenza e misure di sicurezza

12. La piena inoffensività, oggettiva e soggettiva, del fatto di desi-stenza12.1. Il distinguo tra quasi reato e quasi delitto

Page 12: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Indice XI

CAPITOLO TERZO

La forma della desistenza

1. Tracce introduttive2. Tentativo e desistenza: un inesistente rapporto di specialità

2.1. La condotta tentata come presupposto della desistenza3. Desistenza: la struttura di una fattispecie non incriminatrice4. La natura “regressiva” della condotta desistente

4.1. Segue: unità di progressione4.2. Segue: unità di regressione

5. La volontarietà del fatto5.1. Volontarietà versus spontaneità5.2. Dolo e volontarietà5.3. In particolare: la volontarietà come dolo “negativo”

6. Considerazioni conclusive sulla struttura della desistenza7. Il recesso volontario. Una forma dell’illecito penale

7.1. Dolo e condotta tipica della fattispecie incriminatrice direcesso

7.2. Concludendo sul recesso attivo

CAPITOLO QUARTO

Desistenza e fenomeno concorsuale

1. Status quaestionis: profili generali2. Un passo indietro3. Fattispecie plurisoggettiva eventuale e desistenza: una discussa

compatibilità4. La peculiare “complessità” della desistenza nel concorso di per-

sone5. La soglia di punibilità concorsuale

5.1. La problematica identità del contributo causale nel con-corso di persone nel reato

5.2. Segue: nell’elaborazione giurisprudenziale5.3. Prime obiezioni ad una definizione mutuabile dalla causa-

lità penale5.4. La prospettiva dogmatica: l’ancoraggio “ad ogni costo” al

modello causale e l’“improprietà” delle soluzioni alternative5.5. Dalla prospettiva condizionalistica …5.6. Segue: … alla dimensione tipica dell’illecito concorsuale5.7. Il metro della non-desistenza

123125127129129132136141144147152156160

162167

171173

175

178184

188192

199

202209213215

pag.

Page 13: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

XII Indice

pag.

218223229233234237240242

247250260

262263269272275

281

283

284

6. Il “concorrere nel medesimo reato” letto attraverso la lente dellatipicità dolosa

7. Definizione tipica della condotta concorsuale ed offensività8. La desistenza concorsuale: chiosa9. Il recesso concorsuale10. Desistenza concorsuale ed art. 115 c.p.11. Natura e funzione dell’art. 115 c.p.12. Segue: come ipotesi di quasi reato13. L’offesa di concorso: una, nessuna, centomila

CAPITOLO QUINTO

Le scelte degli ordinamenti europei contemporanei

1. Sistema e comparazione2. Uno sguardo diacronico: verso il passato …3. Segue: … e verso il futuro4. Cenni di diritto comparato: la disciplina della desistenza e del re-

cesso nelle principali esperienze europee4.1. L’ordinamento penale tedesco4.2. L’ordinamento penale francese4.3. L’ordinamento penale inglese

5. Brevi notazioni sul sistema penale americano

SEZIONE II

LA GESTIONE DELL’ATTUALITÀ DELL’OFFESAPENALE

Linee guida per una analisi “multidirezionale”

CAPITOLO PRIMO

Il “pericolo attuale” nella legittima difesa e nello statodi necessità

1. Premessa2. Attualità del pericolo e tipicità della scriminante: “cronaca” di

una ricerca

Page 14: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Indice XIII

pag.

286290291294

298301305306308

309

311313

314

316318321

322329

333

335337

340

342344349

350356

2.1. Il carattere dell’attualità3. In particolare: pericolo attuale e legittima difesa

3.1. Il convergere del “pericolo attuale” nell’attualità dell’offesa3.2. Gli equivoci sul tappeto3.3. Nota conclusiva: il pericolo attuale alla prova della riforma

in tema di legittima difesa3.3.1. La non desistenza ed il pericolo di aggressione

4. In particolare: pericolo attuale e stato di necessità4.1. Il pericolo attuale di un danno grave alla persona4.2. Miti e contraddizioni del pericolo necessitante4.3. Oltre il velo: il “pericolo attuale” nel contesto normativo

dello stato di necessità

CAPITOLO SECONDO

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza

1. Desistenza: tra regola ed eccezione2. L’altro modello dell’attualità offensiva3. Ipotesi speciali di desistenza e cause sopravvenute di non puni-

bilità3.1. Le cause sopravvenute di non punibilità: ritrattazione ed

insolvenza fraudolenta seguita da adempimento3.2. Le ipotesi speciali di desistenza: l’insolvenza fraudolenta

4. Attualità dell’offesa e fattispecie di bonifica ambientale4.1. Assunto: l’indefettibilità dell’offesa nella dimensione pe-

nale4.2. Lo spettro offensivo dell’illecito ambientale

5. Nel labirinto esegetico dell’art. 51 bis, D.Lgs. n. 22 del 1997, pergiungere all’art. 257, D.Lgs. n. 152 del 20065.1. La ritenuta natura omissiva dell’art. 51 bis, D.Lgs. n. 22 del

19975.2. Le discrasie dell’intenderlo un reato omissivo proprio5.3. La luna ed il dito: la non omessa bonifica nelle vesti di

causa di esenzione dalla pena5.4. L’omessa bonifica a confronto con il paradigma dell’attua-

lità offensiva5.5. Epitome

6. L’omessa dichiarazione ex art. 5, D.Lgs. n. 74 del 20006.1. Desistenza speciale e reato omissivo: una disamina preli-

minare6.2. Rileggere l’art. 5, D.Lgs. n. 74 del 2000

Page 15: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

XIV Indice

7. Se scompare l’attualità dell’offesa creditoria: soglia temporale del-la dichiarazione di fallimento e condizione di inesistenza del reatodi bancarotta fraudolenta7.1. La questione: la c.d. bancarotta riparata7.2. Art. 216, comma 1, legge fall.: analisi della grammatica pe-

nale7.3. Richiami: l’attualità dell’offesa come ingrediente della tipi-

cità penale7.4. La bancarotta prefallimentare calata nello schema della

fattispecie qualificata dalla non desistenza: notazioni con-clusive

Bibliografia

pag.

359359

362

367

371

375

Page 16: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

SEZIONE I

DESISTENZA VOLONTARIA E TIPICITÀDEL FATTO DOLOSO

Page 17: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento
Page 18: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

1 Trattandosi di istituti che incentivano all’interruzione di una aggressione chenon si sia spinta fino a rendere eccessivamente difficile salvare l’oggetto della tute-la, cfr. PROSDOCIMI, Profili penali del postfatto, Milano, 1982, 127.

Introduzione

I fenomeni della desistenza e del recesso volontari hanno tradizio-nalmente rappresentato un settore dogmatico di considerazione pres-soché accessoria nell’ambito della teoria generale del reato, ferma-mente amalgamato nell’area operativa tracciata attorno al tentativo.Nondimeno, ai medesimi istituti è stato più recentemente riconosciu-to un sensibile e peculiare rilievo segnato dal progredire delle riflessio-ni sulle opzioni di politica criminale, che li hanno valorizzati comeespressione di una vocazione premiale, servente rispetto ad esigenze diprevenzione dell’offesa e di massima tutela della vittima 1.

Gli approcci scientifici e prasseologici attraverso i quali si è intes-suta la controversa rete delle ipotesi ricostruttive sono peraltro valsi amettere in luce la spiccata versatilità esegetica dell’argomento: ovvero,quella genetica tendenza ad essere ricondotto a molteplici e diversifi-cate “ragioni” giuridiche. La caratteristica già da sé irrobustisce il bi-sogno di rendere trasparente un dettato normativo tanto laconicoquanto complesso, e convince a perpetuare la ricerca della chiave dilettura più acconcia all’odierna razionalità del sistema penale.

Nel progettare la disamina di questa multiformità di visioni, spessoanche alimentata da variazioni prettamente terminologiche, e pur sen-za ambire a risolvere definitivamente le porzioni problematiche del te-ma, l’ordine dell’indagine conduce a saggiare l’unitario ancoraggio cheavvince i singolari approfondimenti. Questi – si accennava – hanno in-fatti delineato la questione adottando un metodo di analisi che la com-penetra nel dominio della fenomenologia tentata. L’indubbia corret-tezza “positiva”, ex art. 56 c.p., di una simile impostazione è sembratainvero sconsigliare l’estrapolazione di un significato proprio della desi-stenza e del recesso, visti anche i risultati di chi, nell’intraprendere ta-le strada, è sconfinato in affreschi puramente criminologici, ancorchéabilmente intramezzati da valutazioni di politica criminale.

Page 19: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

4 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

2 Per un approfondimento in merito alla liceità di ogni comportamento lata-mente inscrivibile nell’area del recesso, cfr. PALIERO, Depenalizzazione, in Dig. disc.pen., III, Torino, 1989, 429 ss.

3 Paventa il rischio di una pena detentiva che provochi la desocializzazione diun soggetto di per sé non desocializzato, rendendolo vittima del sistema penale, PA-VARINI, La crisi della prevenzione speciale fra istanze garantiste e ideologie neoliberiste,in Quali garanzie, a cura di Cotturri-Ramat, Bari, 1983, 295 ss.

4 Nel senso che la labilità della distinzione impedisce al consociato di compren-dere la direttiva comportamentale prescritta, MONACO, Sul recesso dal delitto tenta-to, in Studi urbinati, 1978-1979, 242 ss.

5 Ispirazione rintracciabile negli scritti di BRICOLA, Funzione promozionale, tec-nica premiale e diritto penale, in AA.VV., Diritto premiale e sistema penale, Milano,1983, 191. V. anche PADOVANI, Il traffico delle indulgenze. “Premio” e “corrispettivo”nella dinamica della punibilità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1986, 407 s., il quale osser-va la tensione a perseguire «l’aspetto della prevenzione connesso alla tutela di benigiuridici: la violazione del comando originario non è – e giustamente – assunta inuna dimensione etico-politica (come rottura di un vinculum subjectionis), ma ri-guardata nella sua proiezione politico-sociale (come rottura di un equilibrio su-scettibile di essere reintegrato). In definitiva, la legge prende in questi casi atto chela minaccia edittale ha, sia pur tardivamente, raggiunto il proprio scopo originario,rendendo inutile una condanna».

L’evocazione di ciascuna delle soluzioni diramatesi da questa piat-taforma concettuale si volge, così, a verificarne in primo punto la con-sistenza dogmatica, in secondo la solidità degli esiti applicativi, attra-verso i quali decenni di dottrina e giurisprudenza hanno cercato di co-municare al legislatore di domani la maturata aspirazione ad una for-mulazione normativa capace di assicurare a tali categorie una più pra-ticabile omogeneità effettuale nella direzione della non punibilità.

L’avvincente obbiettivo riposa tuttavia su di un presupposto in cuipare allignarsi una aporia: per cui, nell’impedimento della causazionedell’evento – che è il nerbo del recesso – si dovrebbe rinvenire, esatta-mente come nel caso della desistenza volontaria, una efficace elisionedel pericolo minacciato dalla condotta già realizzata 2, e quindi uneguale viatico per la perdita dell’esigenza di riaffermare l’autorevole“volere” dell’ordinamento, e per la scomparsa del bisogno di risocializ-zare il soggetto agente 3.

Il modello che da questo quadro scaturisce non tarda a riflettersi inuna sfuggente identificazione sia della desistenza che del recesso 4, laquale, sbiadendo il nero scritto sul bianco delle vigenti previsioni positi-ve, offre qui il destro per rinnervare un sopito dibattito. Sul terreno del-la riflessione si stagliano in particolare le perplessità indotte dal domi-nante orientamento, che accede ad una analisi dei casi di recesso (latosensu intesi) col soffermarsi specificamente sulla valutazione della rela-tiva dimensione psichica e personalistica 5, disinteressandosi della con-

Page 20: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Introduzione 5

6 Articolato e relazione del progetto preliminare di riforma del codice penale,Parte generale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2001, 661 ss. Ai sensi dell’art. 44 la punibi-lità è esclusa sia quando l’autore volontariamente desiste dalla condotta o impedi-sce la realizzazione dell’evento sia «quando, in presenza di un volontario ed idoneoravvedimento dell’autore, l’evento non si realizza per altra causa».

7 Progetto di codice penale della Commissione Nordio, in Cass. pen., 2005, 244ss., con commento di PAGLIARO, Il reato nel progetto della commissione Nordio, ibi-dem, 4 ss. L’art. 42 così disciplina desistenza e recesso: «1. È causa di non punibi-lità la desistenza volontaria dall’intrapresa realizzazione del reato; 2. È causa dinon punibilità l’impedimento volontario dell’evento costitutivo del reato; 3. È cau-sa di non punibilità il volontario adoperarsi con atti idonei a impedire la consuma-zione anche se essa non avviene per una causa diversa; 4. Nei casi previsti dai com-mi precedenti, la punibilità dell’agente non è esclusa se gli atti compiuti costitui-scono di per sé un reato diverso».

8 Schema di disegno di legge recante delega legislativa al Governo della Repub-blica per l’emanazione della parte generale di un nuovo codice penale, art. 18 (Rea-to tentato): «1. Prevedere che: a) chi intenzionalmente e mediante atti idonei intra-prenda l’esecuzione di un reato, o si accinga a intraprenderla con atti che imme-diatamente la precedono, sia punito per reato tentato, se l’azione non si compie ol’evento non si verifica, con una pena ridotta da un terzo a due terzi rispetto a quel-la prevista per il reato consumato; b) non sia punibile colui che desista dall’azioneo volontariamente impedisca l’evento o volontariamente si adoperi con atti idoneiper impedire l’evento, anche se esso non si verifichi per una causa diversa; c) l’agen-te, nel caso di cui alla lettera b), sia punibile per gli atti compiuti se essi costitui-scano di per sé un reato».

dotta nel frattempo completatasi. Né appaiono residuali gli ulteriori in-terrogativi elevabili al cospetto degli adattamenti che i menzionati isti-tuti hanno conosciuto nel campo della compartecipazione criminosa.

Sennonché, in un percorso di tendenziale omogeneizzazione tra ladimensione della desistenza e quella del recesso irrompono, in ultimo,pure gli sforzi del Progetto Grosso 6, del Progetto Nordio 7, del Proget-to Pisapia 8, attenti, in armonia con il prevalente panorama europeo, afondere gli aspetti fin qui distinti dalla vigente scelta codicistica. Insintesi, la punibilità viene pariteticamente esclusa a fronte dei volon-tari comportamenti di non prosecuzione dell’attività criminosa e diimpedimento del realizzarsi dell’evento, e dinanzi ai casi in cui, nono-stante il ravvedimento dell’autore, il reato non sia venuto a consuma-zione per altra causa.

A rimanere appiattita risulta quindi la distanza, qualitativa primache temporale, della modalità interruttiva dell’iter esecutivo dell’illeci-to. Distanza che si è venuta assottigliando per una preliminare incer-tezza sui contenuti e sul ruolo assolto da desistenza e recesso nella fi-sionomia dell’illecito penale.

Sulla scorta dell’esposizione delle singole proposte ricostruttive inmerito alla natura delle figure rispettivamente disciplinate ai commi 3

Page 21: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

6 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

e 4 dell’art. 56 c.p., vengono difatti al pettine le contraddizioni impli-cate nelle forme di non punibilità e di attenuazione della punibilità divolta in volta assunte a referente. Da qui, lo stimolo a riconfrontarsicon le immagini tratteggiate attorno a desistenza e recesso, esaminan-done nuovamente i complessi rapporti con la norma descrittiva dellafattispecie tentata.

L’obbiettivo diventa infine quello di promuovere uno spunto di ri-flessione critica non incapace di offrire una ragionevole spiegazionedell’assenza di trattamento sanzionatorio nel caso della desistenza, edella persistente sottoponibilità a pena in ordine al recesso.

Nella salda convinzione che l’esplorazione di questi, come di ogniconcetto giuridico, debba progredire attraverso l’apprezzamento diuna equilibrata logica di sistema.

Page 22: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

CAPITOLO PRIMO

La desistenza volontaria ed il recesso attivo nei percorsitracciati dalla disamina scientifica

SOMMARIO: 1. La rilevanza della desistenza nella riflessione dogmatica. – 2. Recessovolontario: una soluzione (troppo) pacifica. – 3. Premessa. Efficacia esimente edesistenza post-crimen. – 3.1. Storia della desistenza: le origini. – 3.2. Colpevolez-za e fondamento dell’impunità. – 3.3. Nullità, annullamento e c.d. condizione ri-solutiva del reato. – 3.4. L’inquadramento tra le cause estintive. – 3.5. La desisten-za come causa sopravvenuta di non punibilità. – 3.6. Obiezioni “giuridiche” a ri-flessioni di politica criminale. L’incongruenza di una operatività estintiva non ra-dicale. – 4. Tipicità del fatto tentato e desistenza: il pensiero di Latagliata. – 4.1.L’analisi dell’istituto alla luce della dominabilità finalistica dell’azione criminosa. –4.2. Desistenza: elemento negativo del dolo di tentativo. – 4.3. Segue: i termini delproblema nelle ipotesi di concorso di persone nel reato. – 4.4. Esplorazione criti-ca. – 4.5. In particolare: le distonie tra la teoria di Latagliata e la realtà normativa.– 5. Il legame tra fatto e desistenza nella teoria del “limite normativo”. – 5.1. Segue:il legame tra fatto e recesso. – 6. L’opzione codificata nel quadro delle scelte sulpiano della punibilità. – 7. Un nuovo “sentiero” nell’interpretazione dei fenomenidi recesso.

1. La rilevanza della desistenza nella riflessione dogmatica

Ogni indagine sulla natura giuridica della desistenza e sulla ratiodella non punibilità dell’agente ad essa conseguente si è venuta svilup-pando a partire da una scelta pregiudiziale: qualificare l’ipotesi de-scritta nell’art. 56, comma 3, c.p. – se il colpevole volontariamente desi-ste dall’azione soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualoraquesti costituiscano per sé un reato diverso – come elemento negativodella fattispecie di tentativo oppure inquadrarla nell’ambito del post-fatto delittuoso.

Le due prospettive, pur dotate di una essenza chiaramente discor-dante, appaiono collegabili al medesimo postulato.

Ricondurre nella struttura del tentativo la desistenza volontaria(art. 56, comma 3, c.p.), proprio come il recesso attivo (art. 56, comma4, c.p.), costituisce infatti la soluzione dogmatica assunta a presuppo-sto comune per lo sviluppo delle distinte riflessioni sul significato di

Page 23: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

8 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

9 Cfr. ROMANO, Commentario sistematico del codice penale, I, Milano, 2004, 607s.; RIVA, Art. 56 c.p. B), in Codice penale commentato, a cura di Dolcini e Marinucci,Milano, 2006, 721.

10 Cfr. con diverse vedute LATAGLIATA, La desistenza volontaria, Napoli, 1964;FORNASARI, Per un diverso inquadramento delle ipotesi di desistenza e recesso in unnuovo codice penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1994, 1373, che propone di parlaredella disciplina della desistenza volontaria come di un limite normativo alla rile-vanza giuridica della tipicità del tentativo (v. infra).

11 ROMANO, Commentario sistematico, I, cit., 607; MANTOVANI, Diritto penale. Par-te generale, Padova, 2007, 442. La intende come circostanza personale di esenzionedalla pena BETTIOL, Diritto penale. Parte generale, Padova, 1982, 570.

12 Per tutti RAMACCI, Istituzioni di diritto penale, Torino, 1988, 230; ROMANO,Commentario sistematico, I, cit., 613, il quale in proposito sottolinea come, quandoleggi speciali (per es. art. 5, D.L. n. 625 del 1979, conv. in legge n. 15 del 1980) at-tribuiscono al recesso attivo effetti diversi (come la non punibilità), il recesso siconsidera quale causa personale sopravvenuta di non punibilità, ipotesi speciale dipentimento operoso in cui l’elemento specializzante consiste nella previsione di unquid pluris rispetto al semplice impedimento dell’evento.

13 Nel senso che l’agente ha ormai realizzato quanto da parte sua necessario perla consumazione e il successivo comportamento attivo può solo impedire l’eventoche ne conseguirebbe, cfr. ROMANO, Commentario sistematico, I, cit., 607.

14 Indirizzo accolto dalla giurisprudenza costante, secondo la quale la desisten-za si innesta su un tentativo incompiuto mentre il recesso attivo, presupponendoun tentativo compiuto, è configurabile quando l’azione esecutiva è interamenterealizzata e non si è ancora verificato l’evento. Cfr. Cass., Sez. I, 10 dicembre 1979,Ferlisi, in Giust. pen., 1980, II, 709; Cass., Sez. II, 24 giugno 1992, Porcari, ivi, 1993,II, 241; Cass., Sez. IV, 12 febbraio 2003, Schiavo, in Dir. pen. proc., 2003, 816.

questo collegamento. Ne consegue come, da un lato, si venga ad indi-viduare una delimitazione “esterna” (rispetto alla disciplina dei commi3 e 4) tra tentativo punibile e desistenza volontaria, dall’altro si profiliuna delimitazione “interna” tra desistenza e recesso 9.

Dalla stessa impostazione scaturisce dunque l’alternativa attribu-zione alla desistenza ora del valore di elemento che precede la confi-gurabilità del tentativo, escludendone la tipicità col precludere il com-pimento dell’azione tipica 10; ora del ruolo di circostanza sopravvenutadi non punibilità di un tentativo incompiuto altrimenti già di per ségiuridicamente rilevante 11. Ancora, sui medesimi binari si corre pertracciare una nozione di recesso volta ad esaltarne il carattere di cir-costanza attenuante 12 di un tentativo c.d. compiuto 13.

Così, una volta letti sotto l’omogenea influenza del comma 1 del-l’art. 56 c.p., gli istituti in parola trovano il vallo del reciproco confinenel discriminante momento cronologico in cui si verifica l’interruzio-ne del divenire degli atti 14. Desistenza, nel caso in cui la condotta ri-manga interrotta quando l’agente ancora ne domini in modo diretto ed

Page 24: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e recesso nei percorsi tracciati dalla disamina scientifica 9

15 RONCO, nota in Cass. pen. mass., 1971, 714, ed autori ivi citati; FIANDACA, Sul-la desistenza nella partecipazione criminosa, in Studi in onore di Musotto, II, Paler-mo, 1980, 252; M. GALLO, Appunti di diritto penale, III, Le forme di manifestazionedel reato, Torino, 2003, 122.

16 ROMANO, Commentario sistematico, I, cit., 609; MANTOVANI, Diritto penale, cit.,443.

17 Così BATTAGLINI, Diritto penale. Parte generale, Padova, 1949, 435.18 V. BATTAGLINI, Diritto penale, cit., 437, che sottolinea l’esattezza dell’inquadra-

immediato la sequenza (comma 3) 15: nell’ambito, quindi, di una so-stanziale continuità temporale tra l’inizio e la conclusione del compor-tamento. Recesso, ove la condotta risulti tempestivamente bloccata sì,ma successivamente alla cessazione di tale dominio (comma 4) 16: inuna situazione di distacco temporale rispetto all’azione prima intra-presa.

Ebbene, la veloce incursione nella disputa dottrinaria che verrà adaffrescarsi nell’immediato prosieguo, se dà il senso della “volatilitàscientifica” in materia di desistenza, delinea con evidenza ancoramaggiore proprio l’incontrastata convinzione che una qualificazionese ne possa proporre purché l’ambito di riferimento rimanga quellodel tipo delittuoso tentato. Anche a costo di assegnarle non una fun-zione esemplificativa, di uno dei casi in cui sovviene la mancanza del-la tipicità propria del delitto tentato, bensì una posizione prettamenteancillare rispetto a quest’ultimo, nel senso di momento post-esecutivoin cui l’assenza di pena si scopre connessa a motivi meramente oppor-tunistici.

Il passo è breve per procedere oltre, verso l’appendice estrema di unsimile modello di pensiero, che ritiene la non punibilità, conseguentealla desistenza, sfuggire a qualsiasi principio di diritto 17: ammettendocosì la “resa delle armi” della dogmatica.

2. Recesso volontario: una soluzione (troppo) pacifica

L’orizzonte del recesso, di contro, non è stato solcato da contrappo-sizioni esegetiche assimilabili a quelle appena ricordate. Si è piuttostoassistito ad una adesione pressoché totale alla collocazione dogmaticatradizionale, che ha convinto a spegnere ogni sforzo verso distinti ap-prodi riflessivi. Così, riproposta e radicata l’idea di una dipendenzafunzionale del ravvedimento rispetto alla figura tentata, se ne è forgia-ta la qualifica di aspetto circostanziale speciale, di natura soggettiva edefficacia palesemente attenuante 18. Certo coerente sia con la descri-

Page 25: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

10 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

mento legislativo, per cui «il pentimento efficace, ma posteriore all’azione, possadar luogo ad una disposizione specifica relativa soltanto alla entità della pena»; PAN-NAIN, Manuale di diritto penale. Parte generale, Torino, 1950, 469; VANNINI, Manualedi diritto penale. Parte generale, Firenze, 1954, 235; FROSALI, Sistema penale italiano,II, Torino, 1958, 75 s.; MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, II, Torino, 1981,517; BETTIOL, Diritto penale, cit., 572; M. GALLO, Appunti di diritto penale, III, cit.,132; PAGLIARO, Principi di diritto penale. Parte generale, Milano, 2003, 536. Da ulti-mo, in questo stesso senso, SERIANNI, La desistenza volontaria e il ravvedimento atti-vo, Milano, 2008, 185 ss.

19 Rigidamente fissata sulla lettera della Relazione ministeriale sul progetto delcodice penale, I, Roma, 1929, 100, che, a proposito della distinzione tra desistenzae recesso, precisa come «le conseguenze giuridiche della distinzione non possonoessere che quelle sanzionate dal progetto: nel primo caso la desistenza elimina lapunibilità del tentativo, salvo l’incriminabilità degli atti compiuti come fatti per séconsiderati; nel secondo, il ravvedimento, o pentimento, può solo influire sulla mi-sura della pena».

20 Tesi sostenuta in origine da SABATINI, Istituzioni di diritto penale, Roma, 1935,281.

zione normativa della relativa ricaduta sanzionatoria – se volontaria-mente impedisce l’evento soggiace alla pena stabilita per il delitto tentatodiminuita da un terzo alla metà – sia con la non visibilità di una diver-sa categoria giuridica nel cui seno ricondurne la concettualizzazione.

A tutt’oggi la riflessione sulla condotta impeditiva dell’evento appa-re quindi stabile. Che lo si consideri o meno espressione diretta del fi-nalistico dominio sul fatto da parte del soggetto agente, il recesso, di-fatti, ha da sempre suscitato la netta impressione di incidere, atte-nuandoli, soltanto sui profili sanzionatori del delitto tentato 19. Laspiegazione più che calzante si rinviene, così, proprio nella premialitàgarantita alla scelta in cui incorre il recedente impedendo volontaria-mente che il pericolo si tramuti in offesa. In questa direzione l’ispira-zione vittimologica ed opportunistica, mirata a stimolare il ravvedi-mento attivo, prevale di misura su una pur presente esigenza retribu-tiva.

Un isolato pensiero non ha tuttavia mancato di valorizzare la vici-nanza tra i commi 1 e 4 dell’art. 56 c.p., sancita da quell’applicabilitàdella pena che ne fa un corpo distinto rispetto alla disciplina della de-sistenza. Nelle sue articolazioni il recesso attivo è stato dunque rap-presentato come elemento costitutivo di un’autonoma fattispecie didelitto tentato, e più esattamente quale «circostanza che determina unparticolare titolo di delitto autonomo, giacché lo avere impedito l’even-to attribuisce un carattere tutto proprio al reato di cui l’agente deve ri-spondere, quale specie autonoma e minore di tentativo» 20. La peculia-rità della forma di conato costituita dal delitto interrotto dal recesso si

Page 26: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e recesso nei percorsi tracciati dalla disamina scientifica 11

21 Così si esprime RAMACCI, Corso di diritto penale, Torino, 2001, 472 s.22 Sull’art. 62, n. 6, c.p. cfr. ZAGREBELSKY, Danno da riparare, entità della ripara-

zione e applicabilità dell’attenuante dell’art. 62, n. 6, c.p., in Riv. it. dir. proc. pen.,1966, 555 ss.

23 D’AGOSTINO, La condotta susseguente al reato, Milano, 1959, 4 s.; VIOLANTE,Sulla struttura dell’atto di desistenza del concorrente, in Riv. it. dir. proc. pen., 1968,840. Contra CONTENTO, La condotta susseguente al reato, Bari, 1965, 20 s.

compendierebbe allora nella presenza di una contro-azione sorrettadalla volontà di impedire l’evento e capace di negare l’integrazione deldelitto consumato affermando un delitto soltanto tentato 21.

L’opinione sembra trovare un fondamento testuale nella c.d. clau-sola di esclusione di cui alla seconda parte dell’art. 62, n. 6, c.p., il cuitenore, col sancire la prevalenza del volontario impedimento dell’even-to sullo spontaneo ed efficace adoperarsi per elidere le conseguenzedannose del reato, da un lato implicherebbe l’esistenza di una certaomogeneità strutturale tra i due casi; dall’altro avrebbe ragione d’esse-re solo in quanto normativa distinta ed autonoma da quella del con-corso di circostanze, attenta a risolvere il rapporto di contestualità traun elemento costitutivo ed un elemento circostanziale 22.

In realtà queste affermazioni, per quanto foriere di un suggestivosforzo di innovazione sul tema, non paiono chiarire definitivamente ilperché la disposizione in indagine non possa essere considerata comeattinente ad un’ipotesi di concorso tra una circostanza comune ad ef-fetto generale ed una circostanza comune ad effetto speciale (quale sa-rebbe il recesso attivo), così come prospettato dai più.

Né illuminano sulla consistenza dell’affinità ravvisata tra le due fi-gure. Parrebbe, piuttosto, che attribuire al “pentimento” – così alfineintesa la volontarietà – natura costitutiva di uno speciale delitto tenta-to osti alla configurazione di una qualsiasi comunione strutturale – aldi là di una generica efficacia elisiva di una porzione di punibilità – tral’uno ed una circostanza attenuante che in sé presuppone come già av-venuto il perfezionamento di una fattispecie criminosa.

Approcciando da tutt’altro versante, che del recesso continua a rile-vare la natura circostanziale rispetto al delitto tentato, l’alternativaesegetica alla strada più battuta è consistita nel riconoscere al primo lastatura di modalità esecutiva del secondo 23, invece che condotta sus-seguente ad un tentativo già costituitosi. L’attività tesa al volontarioimpedimento dell’evento – si argomenta nel solco di questa linea ese-getica – non seguirebbe difatti ad alcunché di definitivo, perché solodall’esito di tale comportamento risulterà possibile inferire la configu-rabilità di un delitto tentato o consumato. In sostanza, si tratterebbe di

Page 27: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

12 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

24 Nel senso criticato nel testo, per cui «si dovrà ammettere che il recesso con-corre, al pari di ogni altra circostanza, nel giudizio di bilanciamento ex art. 69 c.p.fra aggravanti e diminuenti», M. GALLO, Appunti di diritto penale, III, cit., 133 s.

una forma di condotta concomitante al delitto tentato, pur sempre dinatura circostanziale.

La posizione appena descritta – è limpido – non sposta le coordina-te del recesso, che “nasce” e “rimane” circostanza attenuante. Ma recain grembo le tracce di un interrogativo destinato ad impattare con l’or-dinario intendimento dell’istituto: se prima del verificarsi del recessopossa considerarsi, o meno, mancante l’integrazione della figura tipicadel delitto tentato, posto che la circostanza de qua si riconosce deli-neata solo con l’intravedere la condotta efficacemente impeditiva.

Si aggiunge, allora, un altro punto di domanda, non meno impe-gnativo. Da qui in avanti esso ci condurrà a saggiare se e come possaessere visualizzata la fisiognomica del tentativo una volta che – inte-gralmente manifestatosi il ravvedimento operoso nei relativi tratti co-stitutivi – si sia resa non più configurabile quella non volontaria inter-ruzione dell’iter crimins che pure (incontestata) è riconosciuta struttu-rare la forma di manifestazione tentata.

La conclusione negativa ad una simile premessa lascerebbe ovvia-mente cadere le proposte di configurabilità del recesso nei termini tan-to di elemento circostanziale, tanto di speciale forma, tanto infine dipeculiare modalità esecutiva di un delitto tentato, irrimediabilmenteprivato di un segmento fondamentale del proprio codice genetico.

Pure, non sembra negabile la plausibilità di un inquadramento del-l’istituto come distinta modalità di manifestazione del reato, che allanorma incriminatrice del tentativo rinvia quoad poenam per definirel’escursione della specifica costante edittale, prendendo così “ontologi-camente” le distanze da un estraneo giudizio di prevalenza od equiva-lenza ex art. 69 c.p. 24.

3. Premessa. Efficacia esimente e desistenza post-crimen

Lasciando da parte le ultime considerazioni, per riaffrontarle oltresulla scorta di una più ampia visione della problematica, l’analisi è peril momento tenuta ad incentrarsi sulla “propedeutica” tematica delladesistenza e sul preliminare vaglio sinottico delle riflessioni propostein argomento. L’immediata attenzione rivolta alla pluralità di orienta-menti che quella inquadrano in un ambito post-criminoso certo nonoffusca l’unitarietà – già segnalata – dell’idea che tutti li avvince, nel se-

Page 28: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e recesso nei percorsi tracciati dalla disamina scientifica 13

25 Paradigmatica Cass., Sez. VI, 21 aprile 2006, Virgili, in Cass. pen., 2007, 2471:«La desistenza è un’esimente che esclude “ab extrinseco” ed “ex post” l’antigiuridi-cità del fatto, sicché la sua applicabilità presuppone che l’azione sia penalmente ri-levante e sia quindi pervenuta alla fase del tentativo punibile».

26 Per tutti ROMANO, Commentario sistematico, I, cit., 607 s.27 Così PAGLIARO, Principi di diritto penale, cit., 535.28 Per l’inquadramento dogmatico della desistenza nella categoria dei fatti pe-

nali estintivi v. FROSALI, Sistema penale italiano, II, cit., 58; CONTENTO, La condottasusseguente al reato, cit., 56; PECORARO ALBANI, L’estinzione delle situazioni soggetti-ve penali, Napoli, 1967, 399 ss.; ZAGNONI, “Desistenza volontaria” e riparazione deldanno non patrimoniale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1983, 1309 ss.; MARINI, Linea-menti del sistema penale, Torino, 1993, 721; RAMACCI, Corso di diritto penale, cit.,476; SERIANNI, La desistenza volontaria, cit., 162 ss. Per una critica a questa dottri-na FORNASARI, Per un diverso inquadramento delle ipotesi di desistenza e recesso, cit.,1365 ss.

gno di una efficacia esimente della desistenza derogatrice della disci-plina penale prescritta per gli atti commessi, integranti un’ipotesi didelitto tentato 25.

Cosicché, da un lato, dinanzi alla desistenza si viene ad affermarel’assenza della consumazione per l’ormai avvenuto perfezionamento diun tentativo, dall’altro si insinua l’idea che la possibilità di consumareil delitto ancora rimanga costante 26. Invero, proprio in questa curva-tura logica si radica la ragione della successiva non punibilità per il de-litto tentato, quale beneficio connesso alla eliminazione, ad opera del-lo stesso agente, della perdurante pericolosità impastata in tale pro-spettiva. Non è difficile, allora, convincersi che in questo snodo si an-nidi pure il punto di “implosione” della riflessione: se effettivamente sifosse perfezionato un tentativo punibile, non si avrebbe ragione alcu-na di parlare dell’eventualità di una futura realizzazione del delittoconsumato. Rimarrebbe infatti “fissato” in rerum natura l’avvenutonon compimento dell’azione, o la non verificazione dell’evento, che nesbarra di per sé la paventata configurabilità.

La maggior parte delle considerazioni sulla natura giuridica del-l’istituto in esame hanno, tuttavia, mosso proprio dal presupposto del-la sua collocazione a metà tra il compimento di atti di tentativo già pu-nibili e la consumazione del delitto. Lo testimoniano ampiamente leclassificazioni proposte, nei termini di causa di risoluzione ex tunc 27 ocausa di estinzione del reato o della pena 28, che segnano la prevalenzadi un orientamento agganciato alla consolidata categoria delle causedi non punibilità.

L’appoggio concettuale è stato con ciò rinvenuto in un settore dog-matico già pronto ad accogliere una indefinita serie di ipotesi attinen-

Page 29: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

14 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

29 Cfr. ROMANO, Commentario sistematico, I, cit., 605.

ti a comportamenti ed eventi successivi al fatto, ed incidenti sulla me-ra applicazione della pena: ricondurvi anche la desistenza è sembrata,in fondo, la soluzione più agevole e più collimante con le note sistemi-che.

Senza, però, che tanto svestisse l’istituto delle perplessità che lo av-volgono. L’indicata scelta esegetica ha così vissuto una ulteriore evolu-zione, verso una più moderna sfumatura identificante nella desistenzauna causa sopravvenuta di non punibilità. Essenzialmente, rispetto al-le conclusioni raggiunte dai distinti, citati orientamenti che se ne sonoresi precursori, la recente proposta di impostazione è stata progressi-vamente preferita per il merito, alla stessa pacificamente riconosciuto,di consentire l’esemplificazione della ratio su cui poggia la disciplinadella desistenza: a fronte di una intatta tipicità ed antigiuridicità risal-terebbe l’impedimento di una più grave offesa, che traduce una so-pravvenuta diminuzione della colpevolezza. La conseguente non puni-bilità arriverebbe dunque a motivarsi come “premio” all’agente, ma nelcontempo si arricchirebbe dell’ulteriore, e meno appariscente, ruolo distrumento di tutela della vittima, a sua volta avvantaggiata da un ri-pensamento del crimine favorito dal legislatore attraverso l’escamotagein disamina 29.

3.1. Storia della desistenza: le origini

Alla luce di quanto finora tratteggiato, non stupirà l’affermazioneper cui la storia della desistenza inizia lontano dal fatto di reato, inse-rita piuttosto tra gli strumenti di politica criminale e sagomata comeun ponte d’oro gettato al reo che corre verso la strada della legalità.

Per lungo tempo ne è perfino apparsa inutile una qualsiasi specula-zione strettamente giuridica: col diritto in carne ed ossa la desistenzanon pareva avere legami, nata dalla mente di un codificatore lungimi-rante, preoccupatosi di ridurre l’incidenza dell’offesa criminale sullacollettività col disincentivare il completamento dell’iter delittuoso.

Il germe dell’opportunismo legislativo premiale, così inculcato dal-le origini, ha faticato non poco ad abbandonare gli spazi di studio del-la desistenza, dapprima riproponendosi, sostanzialmente immutato,nella configurazione dell’istituto attraverso la formula pseudo-giuridi-ca di una minimizzata colpevolezza dolosa; di poi ibridato con concet-ti giuridici elastici (che la desistenza qualificano come causa estintiva,o condizione risolutiva) preposti, per la loro latezza, ad abbracciare

Page 30: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e recesso nei percorsi tracciati dalla disamina scientifica 15

30 Già la dottrina tedesca, seppure con incerta terminologia, annoverava la di-stinta allocazione della desistenza tra gli “Schuldausschliessungsgründe” (motivi diesclusione della colpa) o tra gli “Strafausschliessungsgründe” (motivi di esclusionedella pena), i primi ricorrendo mancando il fatto, l’antigiuridicità, l’imputabilità ola colpevolezza dell’agente, i secondi attenendo alla persona del reo.

31 FEUERBACH, Kritik des Kleinschrodischen Entwurfs zu einem peinlichen Gesetz-buchs, Frankfurt am Main, 1804, 102 s.: «Se lo Stato non permette all’uomo di pen-tirsi dell’azione già intrapresa, esso in certo modo lo costringe a compiere il delit-to. Poiché lo sciagurato che si lascia trascinare al delitto sa allora che già ha meri-tato la pena, che niente di importante ha più da guadagnare, mediante il penti-mento, e niente di considerevole ha più da perdere mediante la consumazione del-l’azione». Dottrina già espressa da CREMANI, De iure criminali, Ticini, 1791, I, 5, deconatu delinquendi, IV, 78 s. Tra i numerosi sostenitori di questa impostazione cfr.P. ROSSI, Traité de droit pénal, Bruxelles, 1852, 353; DE SIMONI, Dei delitti considera-ti nel solo affetto ed attentati, Milano, 1854, 244; ALIMENA, I limiti e i modificatori del-l’imputabilità, II, Torino, 1896, 415 s., per cui l’impunità «è un istrumento preven-tivo impiantato … nella stessa coscienza del colpevole»; CARRARA, Del grado nellaforza fisica del delitto, in Opuscoli, I, Firenze, 1898, § 120 e 121; ID., Programma delcorso di diritto criminale. Parte speciale, I, Firenze, 1906, § 1180: «un sommo prin-cipio di ragion politica esige che con ogni studio si provochi il pentimento, in qua-lunque fase sia per riuscir tempestivo ad evitare un evento luttuoso»; CIVOLI, Trat-tato di diritto penale. Parte generale, I, Milano, 1912, 578; LISZT, Lehrbuch des deut-

anche i margini estremi della dimensione penalistica in senso stretto;solo da ultimo relegato ad un ruolo di “sfondo” in una più ampia ri-flessione dogmatica sulla nozione di desistenza, che arriva a coinvol-gere la struttura dell’illecito penale.

Attraverso questo percorso, lentamente, la desistenza si stacca dauna versione eticizzante del pentimento, favorito in quanto espressio-ne di un miglioramento psichico del reo a tutto vantaggio del consessosociale, ed aderisce al fatto di reato assurgendo a dignità di istitutogiuridico.

Ma rimane pur sempre avvinta da un’atmosfera di succedaneità ri-spetto al tentativo. Se ne ha conferma osservandola sia da una pro-spettiva giuridica sia da una prospettiva politica, entrambe le qualiemergono dai tratti didascalici della disamina introduttiva appena rea-lizzata: l’una trae il valore penale della desistenza dai principi generalicui attinge la stessa punibilità del delitto tentato; l’altra lo trae pretta-mente da ragioni di politica criminale che di quei principi sancisconouna vistosa deroga utilitaristica 30.

A seguire l’ultima delle visuali semplificate, si giunge rapidi ad unaconclusione. Con la promessa dell’impunità lo Stato punterebbe arafforzare i controstimoli al conseguimento dell’esito delittuoso, ri-nunciando in un tempo a sanzionare il tentativo ed a “promuovere” ildelitto consumato 31. Ben si coglie, tuttavia, l’inversione che in tal gui-

Page 31: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

16 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

schen Strafrechts, Berlin u. Leipzig, 1921, 192 («eine goldene Brücke zum Rückzuggebaut wird»); MANZINI, Trattato di diritto penale, II, cit., 512.

32 Critica già sollevata da TOLOMEI, Il pentimento nel diritto penale, Torino, 1927,97.

33 Così BARSANTI, Del pentimento nei reati e suoi effetti giuridici, Macerata, 1886,n. 12 e 22. V. anche PESSINA, Elementi di diritto penale, Napoli, 1871, 353, il qualeebbe a rilevare: «la legge cade in contraddizione con sé stessa quando incrimina dauna parte un fatto e dall’altro ne vieta la punizione».

34 RESTANO, Il tentativo secondo la scuola criminale positiva, Savona, 1895, 134 ss.

sa viene operata nell’impostazione della tematica, per cui, invece di in-dirizzarsi verso la ricerca del nucleo semantico della desistenza, e daqui proseguire vero la spiegazione del connesso e consequenziale be-neficio penale, si procede ad elevare direttamente l’effetto della nonpunibilità a causa del desistere 32.

Questa obiezione vale a scardinare l’avallabilità dell’opinione, ed in-strada verso l’idea, di seguito invalsa, che l’utilità politica, di cui purela desistenza rimane impregnata, si ponga in secondo piano rispettoad un carisma propriamente giuridico.

Tanto è corroborato da due aggiuntive considerazioni. In primo,l’irrealtà di una influenza psicologica dell’impunità capace, secondol’esposta teorica, di divenire “motivo a desistere”. In secondo, la ro-bustezza dell’effetto collaterale del beneficio penale, suscettibile di in-fluire negativamente tanto sull’energia quanto sulla serietà della mi-naccia sanzionatoria prescritta per il tentativo. Ditalché quest’ultimosarebbe lasciato privo di una copertura deterrente, senza che equili-brato contrappeso possa rinvenirsi nelle assunte esigenze extragiuri-diche 33.

All’esito di codesta elaborazione, l’analisi scientifica non ha potutoche prendere atto della fragilità della riflessione politica in principioacconciata attorno alla desistenza, e si è di seguito incamminata allavolta dell’isitituto brandendo gli alternativi strumenti dell’indaginegiuridica.

3.2. Colpevolezza e fondamento dell’impunità

Le avvisaglie del cambio di rotta iniziano a percepirsi nelle dottri-ne che si accostano a questa moderna visione proponendo l’analisidella desistenza in un’orbita marcatamente criminologica, nel cui se-no discutere dell’efficacia elisiva della desistenza quale derivazionedella debolezza del proposito malvagio o della pochezza della perico-losità dell’attentante 34. Chi desiste mostrerebbe cioè la sua inettitudi-

Page 32: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e recesso nei percorsi tracciati dalla disamina scientifica 17

35 HORN, Der Versuch, in ZStW, 1900, 353 ss.36 A. ROSSI, Natura giuridica e struttura della desistenza volontaria, Cosenza,

1968, 74 ss. L’Autore «aderisce, pur con qualche puntualizzazione alla tesi del Mes-sina che vede nella desistenza una causa di esclusione della capacità a delinquere econseguentemente indulge a una garbata ma talvolta ammirativa polemica con letesi del Latagliata che considera invece la desistenza come espressione dell’inesi-stenza dell’azione costitutiva del delitto tentato», così LA CUTE, Recensione a Rossi,in Arch. pen., 1970, I, 485; cfr. CESAREO, La desistenza volontaria, in Rass. giur. um-bra, 1968, 51 ss.

37 In questo senso BONDI, I reati aggravati dall’evento tra ieri e domani, Napoli,1999, 83, che riportandosi a quanto sostenuto da Roxin, qualifica la desistenza vo-lontaria come causa di esclusione della colpevolezza perché considerazione di po-litica criminale legata alla necessità di prevenzione generale e speciale “omogenea”al disvalore della fattispecie. Cfr. MANZINI, Trattato di diritto penale, II, cit., 512, percui la desistenza, ove sia volontaria «esclude la necessità repressiva, perché il sog-getto, dopo aver intrapresa l’azione delittuosa, si è rivelato sensibile ai motivi con-trari alla delinquenza».

38 Cfr. RANIERI, Manuale di diritto penale. Parte generale, Padova, 1952, 363; MES-SINA, La desistenza volontaria dal tentativo come causa di esclusione della capacità adelinquere, in Scuola pos., 1954, 31.

ne alla commissione del delitto per «mancanza di forza della delittuo-sa energia volitiva», necessaria a condurlo fino al punto della consu-mazione 35.

Infatti, una volta identificata l’essenza del tentativo nella manife-stazione dell’intenzione delittuosa, ed assunto che un tentativo penal-mente rilevante debba pur esserci per potersi disquisire di desistenza,la soluzione più congrua è apparsa quella di collegare quest’ultima al-la personalità dell’agente 36. Le pressioni della teoria specialpreventivahanno così ben presto avuto il sopravvento sulle timide istanze di ap-profondimento degli aspetti materiali fondanti l’istituto, il cui nucleofinisce per essere colto nell’estinzione della colpevolezza 37: la mancan-za di punibilità diventa l’espressione tecnica per significare l’insussi-stenza di un’azione meritevole di pena.

In dettaglio. La “conversione interiore” del colpevole, intesa comecircostanza inerente alla capacità a delinquere e misura della pericolo-sità del soggetto 38, seppure non elimina – a detta degli autori – il com-portamento antigiuridico ormai esternatosi, rende comunque quelcomportamento non colpevole nel senso del diritto penale, per averel’agente abbandonato il suo piano delittuoso e per volere la legge ri-compensare questo “merito” con l’impunità.

La portata della norma viene, di questo passo, sempre più ridottaad una qualificazione giuridica puramente soggettiva, che considera ilsopravvenuto contegno del “colpevole” come esternazione di un dimi-

Page 33: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

18 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

39 Così BETTIOL, Diritto penale, cit., 570 s., che sottolinea la necessità del penti-mento.

40 Di questa opinione, RANIERI, Manuale di diritto penale, cit., 363, per cui «la de-sistenza già di per sé dimostra la deficienza nel soggetto della capacità a delinque-re, della quale si deve tener conto nell’applicazione della pena»; MESSINA, La desi-stenza volontaria, cit., 11 ss., 32 ss., il quale condivide l’opinione di una condotta de-sistente come prova di ravvedimento e di assenza di capacità a delinquere, che ren-de esente da pena chi ha già commesso un delitto nella forma di tentativo; BRICOLA,Fatto del non imputabile e pericolosità, Milano, 1961. Cfr. A. ROSSI, Natura giuridicae struttura della desistenza volontaria, cit., 76 e 96 ss., che arriva a sostenere come ilvalore sintomatico del recesso dia vita ad una presunzione legislativa che prescin-de dalle considerazioni sul fatto per arrestarsi a quelle riferibili al soggetto. Fon-dando la desistenza sulla sopravvenuta mancanza di capacità a delinquere arrivacosì a qualificarla come causa sui generis di non punibilità speciale a carattere le-gislativo. Cfr. anche Cass., Sez. V, 9 febbraio 1983, Cecilia, in Cass. pen., 1984, I,1111: «Le ragioni che hanno indotto il legislatore a rinunciare, con la previsionedella causa di non punibilità della desistenza volontaria, alla sanzione di una con-dotta criminosa già realizzata, risiedono non solo e non tanto nel risultato, social-mente apprezzabile, di evitare la consumazione di un delitto, quanto nella minoreattitudine criminale dimostrata dal desistente, il cui atto volontario è perciò assun-to come sintomatico di un’attenuata capacità a delinquere».

41 La teoria del reo si è venuta sviluppando accanto alla teoria del reato in parti-colare grazie ai contributi di GRISPIGNI, Diritto penale italiano, Milano, 1947, 181 ss.

42 MESSINA, La correlazione fra teoria del reato e teoria del reo nel pensiero di Fi-lippo Grispigni, in Scuola pos., 1956, 423.

43 Sulla nozione di capacità a delinquere si registrano peraltro sensibili diffor-mità di vedute. GRISPIGNI, Diritto penale, cit., 174 ss., la identifica nella pericolositàsociale, ovvero in un giudizio di probabilità sulla commissione di nuovi reati. Nel-lo stesso senso CESAREO, La desistenza volontaria, cit., 52, che legge la pena come ri-sultante di più addendi, quali il reato, l’imputabilità, e la pericolosità. Quest’ultimoelemento viene dall’Autore equiparato alla capacità a delinquere all’esito di unaanalisi che interessa le ipotesi del perdono giudiziale e della sospensione condizio-

nuito disvalore morale 39, ovvero di un atteggiamento psichico sinto-matico dell’assenza di capacità a delinquere 40. Fino a tradurre la scar-sa volontà criminosa nella scarsa probabilità di ricaduta nel delitto e,consequenzialmente, nella inutilità del ricorso alla pena quale stru-mento di una rieducazione ormai non necessaria.

È indubbio, pertanto, come una simile sistemazione trasporti la de-sistenza nell’ambito della teoria del reo 41, all’interno dei cui confini lapunibilità è esclusa o attenuata per motivazioni non attinenti agli ele-menti strutturali del reato, che già si danno per assodati 42. Di questopasso il contegno postumo di cui la desistenza consta si lascia piana-mente ricondurre alla lettera dell’art. 133, cpv., n. 3, c.p., quale indicefattuale di una certa misura della capacità a delinquere, rectius del-l’esclusione della suddetta capacità 43.

Page 34: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e recesso nei percorsi tracciati dalla disamina scientifica 19

nale della pena, cui la desistenza rimane accomunata sotto il profilo dell’esenzioneda pena: si tratta infatti di misure accordabili solo se il giudice presume che il col-pevole si asterrà dal commettere ulteriori reati. Anche A. ROSSI, Natura giuridica estruttura della desistenza volontaria, cit., 87 ss., parla di capacità a delinquere comedi un giudizio di capacità ovvero di possibilità di violazioni future, che da un latoprescinde dalla commissione di un fatto previsto come reato, dall’altro rimane di-stinto dalla pericolosità, che sorge con la commissione di un fatto-reato e si con-creta nella probabilità di nuovi reati. Contra, RANIERI, Manuale di diritto penale, cit.,502 s., che per capacità a delinquere intende l’attitudine a violare le norme penaliche il reo manifesta con il fatto commesso, implicante quindi un giudizio sul pas-sato e non sul futuro.

44 TOLOMEI, Il pentimento nel diritto penale, cit., 106.45 Contra, v. FRANK, Vollendung und Versuch, in Vergl. Darst. d. deutsch Strafre-

chts, Berlin, 1908, 267, il quale muove dal concetto della punizione del tentativo inquanto contenente una perturbazione della Rechtsfriede, e giustifica l’impunità deltentativo per volontario recesso con ciò: «che l’agente con esso annulla da sé la per-turbazione della pace giuridica, o meglio non la lascia manifestarsi».

Eppure, proprio il diritto positivo si rivela “inservibile” a giustifica-re la disciplina della desistenza in virtù di una diminuita negatività del-la valutazione morale riguardante l’agente. Ad essere prescritta è difat-ti una “volontarietà” che è (vedi infra) volontà libera da condiziona-menti cogenti esterni, concettualmente eterogenea rispetto ad una mo-tivazione etica positiva o comunque apprezzabile.

Del resto, una efficiente risposta critica alla prospettazione in com-mento ha già rimarcato come la saldezza del proposito criminoso o lapericolosità dell’agente e dei suoi intendimenti non formano condizio-ni di punibilità del tentativo, ragion per cui al pari irrilevante deve ri-tenersi il loro difetto in caso di desistenza 44. Né ivi si assiste all’azze-ramento dell’allarme sociale che l’evenienza del reato ha prodotto sul-la coscienza collettiva, proprio perché la desistenza volontaria non im-plica (la probabilità o la certezza del) l’esclusione di una successiva in-trapresa delittuosa, avulsa dalla prima: essa non si sostanzia, infatti, inun pentimento totale e, per così dire, esistenziale dell’agente 45.

Inoltre, a volere rinviare più avanti le obiezioni spendibili control’assunta esistenza di un tentativo già perfetto, rimane l’interrogativosu come possa la condotta susseguente, ritenuta elemento rilevatoredella personalità morale del reo, non limitarsi a condizionare positiva-mente il giudizio sul quantum e sul quomodo di applicabilità della san-zione ma comportare il disconoscimento della pena per il reato realiz-zato. Ciò senza però estendere l’esenzione della punibilità ai reati even-tualmente già commessi attraverso quegli stessi atti da cui si è desisti-to (così il comma 3 dell’art. 56 c.p.).

Beninteso, il rigetto della tesi già si radica nell’incondivisibilità di

2.

Page 35: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

20 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

46 MANTOVANI, Diritto penale, cit., 628.47 Si rinvia per l’esposta dottrina al pensiero di ZACHARIA, Die Lehre vom Versuch

una concezione puramente psicologica della colpevolezza, finanche di-spersa nel più ampio concetto di capacità a delinquere, dal cui internoconcorrerebbe ad individualizzare e graduare la responsabilità penalein funzione del modo d’essere del soggetto. Seguendo questo orienta-mento, partiti dall’analisi della concreta personalità del reo in relazio-ne al fatto, si sconfina nel riguardare in che misura l’individuo avreb-be potuto “costruirsi” in modo diverso 46, appuntando la non rimpro-verabilità esclusivamente sull’incapacità morale a non desistere, de-sunta dal carattere del reo, dal suo comportamento generale, dall’am-biente di vita, dallo stimolo che ne aveva fatto scattare la volontà cri-minosa.

L’accento risulterebbe infine posto su una valutazione “funzionaliz-zata” della colpevolezza, che prescinde integralmente dall’idea di unrimprovero personale all’agente, per connettersi invece all’aspettativasociale del comportamento alternativo conforme al diritto. Il puntod’arrivo rimane, così, una inaccettabile soluzione che decodifica la de-sistenza in una ipotesi di non-colpa d’autore, che attenta alla certezzaed all’effettività del diritto penale.

3.3. Nullità, annullamento e c.d. condizione risolutiva del reato

Le coordinate seguite dalle dottrine portavoci di alcuni dei rilievicritici appena riproposti, tendono a segnare un allontanamento defini-tivo dalle ambientazioni di pura politica criminale sul cui sfondo lespeculazioni utilitaristiche solevano esaurire la disamina della desi-stenza. Si realizza per questo verso un sensibile avvicinamento allostudio dei collegamenti tra l’istituto ed il fatto di reato, melius il delit-to tentato, sulla cui punibilità il primo è inteso incidere con efficaciaretroattiva. In particolare, viene messa in rilievo l’esatta opposizionetra la direzione esecutiva degli atti che hanno preceduto la desistenza,da un lato, e la consecutiva condotta sorretta dal proposito di non con-sumare il delitto, dall’altro. E si immagina pertanto una sorta di ener-gia contro-operativa della volontà, tornata ad aderire al diritto, rispet-to all’antigiuridicità già portata alla luce dall’azione tentata.

L’effetto di annullamento della punibilità degli atti compiuti trovaallora la propria causa nell’antitesi tra intento di desistere e dolo di rag-giungere il successo criminoso: «in tal caso la volontà che esistette di-viene a ritroso irrilevante» 47. Come a dire: nel tentativo è il Willensmo-

Page 36: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e recesso nei percorsi tracciati dalla disamina scientifica 21

der Verbrechen, Gottingen, 1863, 240 ss. V. anche BERNER, Trattato di diritto penale,Milano, 1892, 151; ALLFELD, Der Rücktritt vom Versuch, in Festgabe für Reinhard vonFrank, II, Tübingen, 1930, 74 ss.

48 PESSINA, Elementi di diritto penale, cit., 239 ss., seguendo il principio per cui ildelitto è la negazione del diritto e la pena è negazione del torto, afferma: «l’attivitàcriminosa è negata dalla attività che impedisce la violazione del diritto; il delitto ènegato invece di apparire come una realtà concreta, e però non v’è mestieri di quel-la negazione del delitto che viene come rimedio dopo la sua apparizione e che con-siste nel fatto sociale della pena».

49 Sostiene la teoria della nullità che, postulando l’unicità indivisa dell’azionecriminosa quale fondata su di una indivisa volontà di consumazione, nega la sussi-stenza di tale azione quando questa volontà si spegne durante l’uno o l’altro degli at-ti che le appartengono, LUDEN, Handbuch des teutschen gemeinen und partikularenStrafrechts, Jena, 1847, § 69, 420: «la impunità di chi tronca di proprio impulso iltentativo segue dal concetto e dalla essenza di questo: perché in tal caso non sussi-sterebbe, in senso giuridico, alcuna azione che sia stata commessa con volontà del-la consumazione. Certo, è vero che l’agente prima di interrompere la sua criminosaattività, aveva agito già con la volontà della consumazione: ma questo agire non puòessere considerato un qualche cosa per sé stante, che disgiunto dalla interruzionedella criminosa attività possa venire in considerazione. Poiché tutta la attività cri-minosa è dal suo inizio fino al suo termine un’unica azione indivisa: essa può certoessere scomposta in singoli atti, ma è ciò malgrado solo un’unica azione, la cuiunità è in ciò fondata, che questi atti sono risultati da una indivisa volontà di con-sumazione. Pertanto, manca in tutta questa azione indivisa la volontà di consuma-re il delitto quando questa volontà si spegne durante l’uno o l’altro degli atti che leappartengono». Sul tema v. anche TOLOMEI, Il pentimento nel diritto penale, cit., 114ss., che criticamente evidenzia non essere elemento del tentativo punibile la saldez-za del proposito.

ment a dare il crisma della delittuosità al Tatsmoment, per cui svanen-do l’uno con il desistere volontariamente, l’altro è inevitabilmente de-stinato a perdere ogni consistenza giuridica 48.

La dottrina meno recente, così, giunge in breve a riconoscere alla de-sistenza la forza di escludere in origine, o perlomeno annullare succes-sivamente, il fatto costitutivo del delitto tentato inteso nella sua essen-za e rilevanza giuridica e non anche nella sua esistenza naturalistica.

Sviluppando questa impostazione si profila invero, quale conse-guenza della desistenza dall’azione, una nullità originaria della volontàdi realizzare il reato attraverso la primigenia condotta, per essere sta-te frantumate quella indivisibilità della volizione e quella inscindibilitàdel comportamento che rendono unico il fatto del tentativo (teoria del-la nullità originaria del tentativo - Nullitätstheorie) 49.

Ovvero, secondo altro angolo prospettico, si intravede un annulla-mento volontario dell’intenzione criminosa altrimenti suscettibile difar assumere all’agire il carattere di tentativo: desistere significherebbenon volere più quanto, fino ad un momento prima, segnava la direzio-ne del proprio atteggiamento; ed implicherebbe quindi l’abbattimento

Page 37: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

22 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

50 ZACHARIA, Die Lehre vom Versuch der Verbrechen, cit., 240 ss.51 Così MASSARI, Le dottrine generali del diritto penale, Napoli, 1930, 180, secon-

do il quale «la desistenza e il ravvedimento operoso possono essere configurati co-me delle vere e proprie condizioni risolutive del reato tentato o mancato».

52 Già LAMMASCH, Das moment objectiver Gefährlichkeit im Begriffe des Verbre-chensversuches, Wien, 1879, 71; BINDING, Das bedingte Verbrechen, in GS, 1906, 22ss.; ID., Grundriss zu Vorlesungen über das deutsche Strafrecht, Leipzig, 1908, 126;SOMMER, Das bedingte Verbrechen, Leipzig, 1908, 6 ss. Gli ultimi due autori citaticollocano, specificatamente, la desistenza tra i casi in cui è l’azione stessa del col-pevole che induce l’annullamento dell’illecito penale formatosi mediante la suaazione precedente, sia sotto il profilo della punibilità che sotto il profilo della anti-giuridicità. Per cui, la desistenza rappresenterebbe la condizione risolutiva dell’an-tigiuridicità dell’azione annullando ciò che l’agente ha fatto a pericolo dei beni giu-ridici prima che ne sia avvenuta la lesione. Così, attualmente, PAGLIARO, Principi didiritto penale, cit., 535 s. Non dissimile appare la teoria esposta da VANNINI, Desi-stenza volontaria e ravvedimento attuoso, in suppl. Riv. pen., I, 1920, 153 ss., 159,quando insegna che «la circostanza indipendente dalla volontà del colpevole chearresta per via l’attività esecutiva, o a questa già completamente esaurita impediscedi produrre l’evento che consuma il reato, si presenta come una condizione so-spensiva positiva dell’illecito penale; la desistenza volontaria e il ravvedimento at-tuoso si presentano quali condizioni sospensive negative del reato». Tuttavia da quil’Autore passa ad esprimere il significativo concetto per cui «nulla essersi ancoraoperato che sia illecito penalmente sotto specie di tentativo, malgrado l’inizio ol’esaurimento dell’azione esecutiva, fintanto che non sia intervenuta la circostanzaestranea alla volontà dell’agente, fintanto che, cioè, per essa non sia venuta a man-care la possibilità di una volontaria desistenza o di un attuoso ravvedimento».

della potenza del dolo che, permanendo, avrebbe integrato gli atti ten-tati (teoria del successivo annullamento - Annullationstheorie) 50.

Il profilo di contiguità tra le citate posizioni è evidente, e condizio-na entrambe ad aderire a conclusioni non dissimili. L’una e l’altra co-stituiscono infatti l’espressione di un implicito ricorso al concetto del-la “condizione risolutiva” per spiegare il fenomeno della desistenza intermini di abolizione della criminosità degli atti già compiuti, e di tra-sformazione dell’accaduto penalmente rilevante in non-accaduto, pe-nalmente irrilevante 51.

In definitiva, secondo la dizione di una più recente rielaborazione,ciò che elimina la qualifica di illecito penale e porta all’esclusione del-la punibilità si sostanzia in una causa di risoluzione del reato, ovveroin un novum che interviene con efficacia retroattiva a modificare lanatura giuridica del fatto precedentemente commesso 52.

Non è difficile percepire quale sia l’originaria aspirazione delle cor-renti di pensiero fin qui sintetizzate, consistente nel non limitare l’ana-lisi della desistenza al suo solo aspetto giuridico effettuale – pregiudi-cante la sottoponibilità a sanzione – e nello spingersi piuttosto a son-dare la singolarità psicologica della stessa. Passaggio indispensabile

Page 38: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e recesso nei percorsi tracciati dalla disamina scientifica 23

53 In senso contrario TOLOMEI, Il pentimento nel diritto penale, cit., 135: «Invero,finché non si è avverata la circostanza involontariamente interruttiva del processoesecutivo, non è esistito ancora, secondo la nostra teoria, il tentativo: e pertanto,non è già che la desistenza lo annulli a ritroso o ne costituisca una condizione ri-solutiva, bensì per essa ne difetta un elemento giuridico essenziale e il processo ese-cutivo conserva la sua normale irrilevanza». Il pentimento si presenterebbe, in taleveste, «come una vera e propria circostanza interruttiva del processo causale del-l’evento, iniziato ed in parte attuato colla precedente esecuzione», op. ult. cit., 141.Cfr. anche BINDING, Compendio di diritto penale, trad. it. di Borettini, Roma, 1927,245: «Chi con la desistenza considera come eliminato il delitto deve allora natural-mente anche considerarlo non punibile. Fino alla V edizione ho creduto che questonon fosse il punto di vista del codice per cui, ad onta della desistenza, un tentativorimane, e la non punibilità si concepisce come premio personale. Comincio a du-bitare di questa opinione (BINDING, Das bedingte Verbrechen, in GS, LXVIII, 1906,23 ss.) pensando che la desistenza volontaria abolisce certamente il delitto, for-mandone una condizione risolutiva»; op. ult. cit., 247: «Nella desistenza volontariaun impedimento alla consumazione derivato dall’animo dello stesso autore, lo de-termina ad abbandonare l’azione ed insieme l’intenzione criminosa».

54 In questo senso MARINI, Lineamenti del sistema penale, cit., 722. Contra FOR-NASARI, Per un diverso inquadramento delle ipotesi di desistenza e recesso, cit., 1373ss., il quale obietta correttamente come non si debba far questione di nomi o di ca-tegorie formali ma di effetti pratici, per cui, se si volesse muovere una critica allateoria suesposta, tale critica dovrebbe riguardare l’inaccoglibilità delle conseguen-ze proposte.

per asserire che la volontà di desistere retro-opera su quella di agire,già estrinsecatasi in atti nel mondo esterno; ed infine concludere che iltentativo mercè la desistenza – che ne inverte l’atteggiamento psicolo-gico – non è mai stato tentativo.

È del resto il merito che va riconosciuto a queste risalenti correntiinterpretative: aver individuato un ruolo giuridico della figura signifi-cativamente più “denso” rispetto a quello – ormai prevalente nel con-testo scientifico – di circostanza post crimen di esclusione della pena.

Le opzioni dottrinali sorte per reazione all’inquadramento appenaesaminato hanno infatti proposto della desistenza una considerazionenei termini di causa estintiva, per sua natura comunque successiva,che impedisce la sopravvivenza di un delitto tentato già “nato” 53.

La svolta sarebbe imposta dalla aggredibilità della teorica della “ri-soluzione” già da svariate obiezioni di principio: facenti leva sulla con-siderazione dell’origine civilistica della categoria utilizzata, non appar-tenente al tradizionale strumentario della scienza penalistica 54; de-nuncianti come apodittica l’affermazione della retroattività della pre-tesa condizione risolutiva, posto che una simile efficacia, rappresen-tando un effetto speciale, potrebbe essere consentita solo per effetto diun’apposita prescrizione di legge che espressamente la aggiungesse a

Page 39: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

24 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

55 CONTENTO, La condotta susseguente al reato, cit., 44.56 PROSDOCIMI, Profili penali del postfatto, cit., 309 ss. L’Autore ritiene che l’isti-

tuto della risoluzione possa valere solo con riferimento agli atti negoziali, ove la tu-tela dello scopo economico-sociale coinvolge anche vicende successive al perfezio-narsi del negozio e che ne inficiano il funzionamento. Nell’atto illecito, invece, glieffetti giuridici che si pongono al di là della previsione legislativa non vengono con-siderati penalmente rilevanti e quindi non sono oggetto di protezione: ergo non hasenso la previsione del postfatto come condizione risolutiva con funzione di tutela.Inaccettabile conseguenza dell’accoglimento di tale teoria, continua l’Autore, postoche la risoluzione incide sul reato eliminandone l’antigiuridicità, sarebbe il suo es-sere operativa in caso di concorso di persone nel reato: ovvero, la risoluzione gio-verebbe a tutti i concorrenti. Favorevole a questa «conseguenza naturale» risultainvece FORNASARI, Per un diverso inquadramento delle ipotesi di desistenza e recesso,cit., 1373.

57 In proposito, PECORARO ALBANI, L’estinzione delle situazioni soggettive penali,cit., 9, per cui «oggetto dei fatti estintivi penali sono le situazioni soggettive pro-dotte dal reato, dopo cioè il verificarsi della violazione della norma penale».

58 V. M. GALLO, Appunti di diritto penale, III, cit., 129.

quella propriamente risolutiva 55; invocanti insopprimibili esigenze dicoerenza sistematica a monito dell’inapplicabilità di un simile istitutoall’illecito penale.

In breve, si paventa che una eventuale risoluzione del reato con ef-fetto retroattivo, privando il fatto della sua antigiuridicità penale, lascisfornite di ogni giustificazione le forme di reazione pure apprestatedall’ordinamento a fronte della specifica situazione (tra l’altro, gli atticommessi già di per sé costituenti reato rimangono punibili) 56.

Da questi approdi prenderà infine il via una diuturna stagione dot-trinaria propositiva di distinte formulazioni di sintesi ma stretta attor-no ad una identica convinzione di fondo: che di desistenza si abbial’immagine solo nella cornice del passaggio dal tentativo alla consu-mazione del delitto.

3.4. L’inquadramento tra le cause estintive

La qualificazione della desistenza nei termini di causa estintiva na-sce, s’è accennato, con l’intento di correggere l’errore interpretativo incui si assume essere incorso l’indirizzo risolutivo. A stare alle conclu-sioni di quest’ultimo, l’illiceità di una condotta già integrante il tenta-tivo, e non eliminabile nella sua essenza naturalistica (oggettiva e sog-gettiva) in forza del pervasivo principio factum infectum fieri nequit,potrebbe solamente perdere, retroattivamente, la sua caratteristica dipunibilità 57: il fatto da reato diverrebbe non reato 58.

Contro questa conclusione l’atteggiamento critico ha opposto un

Page 40: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e recesso nei percorsi tracciati dalla disamina scientifica 25

59 Cfr. la tesi accolta nei Lavori preparatori del codice penale e del codice di pro-cedura penale, VII, Testo del nuovo codice penale con la Relazione a Sua Maestà il Redel Guardasigilli, Roma, 1930, 75, ove, assunto che la c.d. estinzione del reato nonconcernerebbe l’accadimento storico, bensì la sua valutazione giuridica, si conclu-de nel senso che il reato stesso sarebbe estinto non come fatto storico ma come en-tità giuridica: «Il reato è certamente un fatto storico, ma è pure un fatto giuridico,in quanto è produttivo di quella conseguenza giuridica, che è la pena. Ora, se in-terviene una causa che estingue l’efficienza giuridica penale del fatto, questo cessadi essere “reato”, e però bene si dice che il reato, come tale, è estinto, quantunqueil fatto sopravviva come fatto giuridico per altre conseguenze di diritto (civili, ecc.),e come fatto materiale o, se si preferisce, “storico”».

60 MASSARI, Il momento esecutivo del reato. Contributo alla teoria dell’atto punibi-le, Pisa, 1923, 165. Cfr. PESSINA, Elementi di diritto penale, cit., 223, per cui , se la for-za elisa non agirà più, ciò non toglie che essa abbia agito.

61 Secondo la tradizionale terminologia le cause di estinzione del reato si consi-derano fattori estintivi della c.d. punibilità in astratto, la quale sorge col verificarsidi tutti gli estremi costitutivi del reato, e si distinguono dalle cause estintive dellapena – le quali, invece, eliminano la punibilità in concreto – per il non presupporre(necessariamente) una sentenza definitiva di condanna. Sul punto si veda MANTO-VANI, Diritto penale, cit., 793 ss. BETTIOL, Diritto penale, cit., 819 ss., critica una si-mile nozione, precisando che né il reato come fatto storico né il reato come fattogiuridicamente qualificato possano effettivamente essere considerati estinti, conti-nuando ad irradiare degli effetti giuridici, e ritiene piuttosto che le suddette causeincidano sulla pretesa punitiva vantata dallo Stato nei confronti dell’imputato.

poderoso postulato: l’impossibilità di cancellare completamente, permezzo di un’azione di contenuto contrario, la qualità di fatto punibileassunta dall’azione già venuta ad esistenza. In sostanza, si è messa inevidenza la natura “fattuale” della volontà, la quale, una volta manife-statasi in atti esterni, non potrebbe essere resa inesistente, e la conse-cutiva indisponibilità della condotta antigiuridica, che divenuta fattostorico sfuggirebbe ad un potere modificativo dell’agente inteso comecapacità di cancellarla 59.

Tanto ha infine convinto l’orientamento esegetico ora in discorso adescrivere l’istituto nei termini di causa di estinzione ex nunc della pu-nibilità. Ben è stato detto, a tal proposito: ciò «che segua ad un’opera-zione già compiuta, rimane fuori dall’economia di essa. E, rimanendo-ne fuori, non può … costituire titolo per riaprire il processo esecutivocompletamente svolto, per inserirsi nel medesimo, per disgregarlo, percancellarne il carattere criminoso» 60.

Eppure permane, limpido, un tratto di continuità. Alla progressivasostituzione dell’idea di annullamento di un tentativo già posto in es-sere con quella di estinzione della rilevanza penale acquisita da talefattispecie, ed al nuovo inquadramento dogmatico dell’istituto tra lecause di estinzione del reato o della pena 61, si è infatti accompagnata,

Page 41: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

26 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

Difforme la posizione di PAGLIARO, Principi di diritto penale, cit., 727 ss., 732 ss., ilquale, dimostrato che non si verifica alcuna effettiva estinzione del reato per il per-manerne di non pochi effetti, ritiene più corretta una impostazione processualisti-ca delle c.d. cause di estinzione della pena e le risolve in «cause di improcedibilitàsopravvenuta», impeditive dello svolgimento del processo penale per quel dato rea-to. Impossibile risulta, quindi, applicare sia la pena sia la misura di sicurezza, pre-supponendo entrambe lo svolgimento di un procedimento penale fino alla senten-za definitiva. Cfr. M. GALLO, Appunti di diritto penale, IV, Della estinzione del reato edella pena, Torino, 2006, 4 ss., per cui la causa estintiva del reato agisce sul poteredi dar vita al procedimento di cognizione, la causa estintiva della pena incide inve-ce sul relativo processo di esecuzione.

62 Tesi diffusa anche presso la dottrina di diversi altri paesi, con differenze didettaglio conseguenti alle svariate concezioni e partizioni interne alle cause di nonpunibilità. Sul punto, per un inquadramento generale, si rinvia a FORNASARI, I prin-cipi del diritto penale tedesco, Padova, 1993, 380.

63 FROSALI, Sistema penale italiano, II, cit., 58 ss. L’Autore ricollega l’operare del-la desistenza al fenomeno dell’estinzione, ponendola fra quelle cause che soprav-vengono ad escludere il diritto statale di punire per un fatto giuridicamente illeci-to. Conforme SERIANNI, La desistenza volontaria, cit., 162 ss.

64 ZAGNONI, “Desistenza volontaria” e riparazione del danno non patrimoniale, cit.,1310. L’Autrice sostiene che la prima lettura indirizza chiaramente ad inquadrarela desistenza nell’alveo dei fatti penali estintivi, la seconda invece sembra spingere

ancora una volta, la stretta, organica correlazione con un precedentetentativo punibile 62.

A supporto dell’incontestabilità di tale premessa sono state annove-rate molteplici argomentazioni. In primo luogo, si è sostenuto, la leg-ge non subordina specificamente la configurabilità del tentativo allacondizione che l’azione non si possa compiere o l’evento non si possaverificare per l’intervento di un fattore esterno: sarebbe pertanto suffi-ciente, per dirsi integrato un delitto tentato, che il non verificarsidell’evento dipenda dall’essere l’azione non ancora giunta al suo com-pimento.

Inoltre, si è precisato, “chi compie atti idonei” è chi realizza unframmento dell’azione propria del reato consumato, e che tale frazio-ne sia stata posta in essere dal desistente viene a trovare conferma nel-lo stesso dettato normativo, ove si qualifica con il termine “colpevole”sia l’autore del tentativo sia l’autore della desistenza 63.

Neppure è mancata – sempre in questa direzione – la formulazionedi una interpretazione “integratrice” della proposizione contenuta nel-l’art. 56, comma 3, c.p.: «se il colpevole volontariamente desiste sog-giace soltanto …» altro non significherebbe che «se il colpevole volon-tariamente desiste si estingue il delitto di tentativo, e soggiace soltan-to …», oppure che «il colpevole non è punibile per il delitto di tentati-vo e soggiace soltanto …» 64.

Page 42: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e recesso nei percorsi tracciati dalla disamina scientifica 27

nella direzione di una circostanza di esclusione della pena, ovvero una situazionedi fatto che ostacola l’insorgere della punibilità, nella cui categoria appaiono ri-conducibili le cause di esclusione dell’imputabilità, della colpevolezza, le cause digiustificazione, le cause d’immunità.

65 M. GALLO, Appunti di diritto penale, IV, cit., 162.66 Nel senso che l’involontarietà dell’interruzione dell’azione esecutiva è ele-

mento giuridico del tentativo – già sotto la vigenza dell’art. 61 c.p. Zanardelli – siesprime TOLOMEI, Il pentimento nel diritto penale, cit., 133 ss.: «finché non si è avve-rata la circostanza involontariamente interruttiva del processo esecutivo non è esi-stito ancora … il tentativo; pertanto non è già che la desistenza lo annulli a ritrosoo ne costituisca una condizione risolutiva, bensì per essa ne difetta un elementogiuridico essenziale ed il processo esecutivo conserva la sua normale rilevanza».Autorevole opinione conforme è espressa da VANNINI, Desistenza volontaria e ravve-dimento attuoso, cit., 153. Secondo l’Autore fino a quando non sia intervenuta lacircostanza estranea alla volontà dell’agente il tentativo non si rivela come illecitopenale.

Infine, è stata messa in risalto la sussistenza di una disconnessionetemporale tra gli atti tentati (prima) e la desistenza volontaria (poi),che darebbe agio di una rappresentazione di quest’ultima nei tratti di«causa estintiva del reato a mezza strada fra quelle generali, tenden-zialmente operative nei confronti di ogni reato, e quelle speciali, cheesplicano la loro efficacia solo rispetto a uno o più determinati titoli direato» 65. Per cui, ne sovviene, la desistenza si qualifica come generaleperché riguardando una particolare forma di manifestazione del reatotrova applicazione in ogni caso di tentativo, ma è ad un tempo specia-le perché non si estende oltre questi confini.

Il perimetro che risulta così assegnato al tentativo punibile paresoffrire, però, di una notabile distonia rispetto all’area codificata dallanorma, posto che tende ad accentrarne il metro della perdurante rico-noscibilità nella sola persistenza di una univoca volontà delittuosa, ri-ducendo la funzione dell’idoneità degli atti a “cassa di risonanza”dell’esistenza del volere delittuoso.

Il comma 1 dell’art. 56 c.p., invece, prescrive espressamente la com-presenza di due elementi positivi, ontologicamente distinti (per esserel’uno oggettivo l’altro soggettivo, come ampiamente si verrà discorren-do), ma identicamente necessari, nella loro cumulabilità, a dare al fat-to lo spessore di rilevanza penale; ed allude – ci sembra altrettantoespressamente – all’intervento di un fattore negativo ugualmente inde-fettibile, quale l’involontaria interruzione ab externo della naturaleevoluzione del fatto 66.

Una ulteriore riflessione persuade della rilevata incongruenza tracontenuto e contenitore prescelto dalla teorica in indagine per l’esege-si della desistenza: allorché fosse inquadrabile nella categoria delle

Page 43: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

28 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

67 MANZINI, Trattato di diritto penale, II, cit., 513.68 Cfr. PROSDOCIMI, Profili penali del postfatto, cit., 117.69 M. GALLO, Appunti di diritto penale, IV, cit., 155.

cause di estinzione (del reato o della pena) del delitto tentato, si fati-cherebbe non poco a trovare ragione della persistente punibilità per gliatti che eventualmente costituissero un reato diverso.

Questo dubbio si è invero posto all’attenzione anche dei più strenuisostenitori della teorica, che pure lo hanno agilmente superato genera-lizzando l’applicabilità della disciplina attinente al reato complesso. Inproposito si è infatti addotto come, a causa della non punibilità deltentativo del reato assorbente, si scioglierebbe l’originario legame chequello stringe all’altro reato, elemento costitutivo o circostanza aggra-vante dell’impunito delitto, conciocché quest’ultimo riprenderebbe lasua autonomia 67.

Ora, è evidente come tale conclusione sia in grado di coprire solo ilcampo d’indagine relativo ad un reato residuo materialmente o for-malmente concorrente con il tentativo, senza pacificare le interpreta-zioni del disposto nell’ipotesi di concorso apparente di norme fra ten-tativo e reato diverso. Qui a venire in considerazione è un rapporto trale stesse fattispecie astratte, una delle quali è destinata a rimanere as-sorbita o paralizzata dall’altra sul piano della rilevanza giuridica.

A fronte di un siffatto rilievo, da un canto si è concluso nel sensodell’illogicità della previsione di una desistenza dal tentativo che nonimporti l’esclusione della punibilità anche del “secondo” reato: se iltentativo “desistito”, ancorché estinto, si presenta giuridicamente co-me un fatto produttivo di svariati effetti ma senza sanzione per il desi-stente, se dunque il fatto del tentativo non rimane completamente tra-volto o annullato dal sopravvento della desistenza, non può non rite-nersi che esso continui a produrre l’effetto assorbente che gli sarebbeproprio nei confronti di altri fatti-reato, rendendo anche per questiinapplicabile la pena 68.

Dall’altro, pur muovendo dalla medesima idea estintiva della desi-stenza, una autorevole opinione ha rinvenuto proprio nel frammentoprecettivo ora discusso una «sottolineatura» che, statuendo la non eli-minazione della punibilità per il comportamento realizzato integranteuna diversa figura di reato, «risparmia dubbi inutili all’interprete», eda questi consente una coerente applicazione dell’art. 170, comma 3,c.p. nella misura in cui prescrive che «l’estinzione di taluno fra più rea-ti connessi non esclude, per gli altri, l’aggravamento di pena derivantedalla connessione» 69.

Page 44: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e recesso nei percorsi tracciati dalla disamina scientifica 29

70 Cfr. MARINUCCI-DOLCINI, Corso di diritto penale, I, Le norme penali: fonti e limi-ti di applicabilità. Il reato: nozione, struttura e sistematica, Milano, 2001, 651 ss.

71 MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, IX, Torino, 1984, 809, che, a pro-posito dell’art. 641, ult. comma, c.p., sottolinea come la causa estintiva speciale nonabbia fondamento psicologico ma esclusivamente politico, consistendo in una ri-nuncia dello Stato alla potestà di punire, ammessa per facilitare l’eliminazione diun danno patrimoniale derivante dal fatto tipico, per la quale non si richiede comenecessaria la volontarietà.

3.5. La desistenza come causa sopravvenuta di non punibilità

Indugiare tosto sulla categoria della punibilità diventa quindi unpassaggio indispensabile.

Che la si intenda come elemento del reato, o che venga inquadratacome un carattere generale del reato stesso (fatto punibile), alla puni-bilità si assegna, in ogni caso, un ruolo ulteriore ed esterno rispetto al-le (altre) componenti strutturali dell’illecito penale 70. Tant’è, alle cau-se che fondano od escludono la punibilità in senso stretto viene gene-ralmente riconosciuta una operatività anche in mancanza di rappre-sentazione e volizione da parte dell’agente rispetto all’accadimento chele integra.

Ovvie le riflessioni che immediatamente si propagano da una simi-le impostazione. Dette cause rilevano per la sola circostanza di essereobiettivamente presenti, risultando la diretta conseguenza di una par-ticolare posizione dell’agente, o del suo rapporto con la vittima, o di un“indipendente” fatto naturale o giuridico; e si pongono in una relazio-ne di estraneità, se non di contrasto, rispetto all’esigenza di tutela delbene protetto dalla norma. Nessuna incoerenza, pertanto, può coglier-si nel ragionamento di quanti, accolti questi postulati, hanno conclusocome in presenza di tali situazioni espressamente e tassativamente co-dificate il legislatore non faccia altro che rinunciare all’esercizio delpotere punitivo per un fatto pur tipico, antigiuridico e colpevole. So-prassedendo, così, al disvalore oggettivo e soggettivo del fatto stesso 71.

L’approfondimento della questione, dettato “dall’alto”, o meglio“dall’interno” di un sistema penale impostato secondo il canone gene-rale della commistione di aspetti oggettivi e di aspetti soggettivi, hatuttavia di seguito indotto a riconoscere il rilievo del profilo soggettivopure all’interno della dimensione opportunistica che è sede degli ete-rogenei casi di esclusione della punibilità, scoprendosi così un univer-so parallelo in cui cause di non punibilità gravitano attorno ad un po-lo non esclusivamente oggettivo.

La non punibilità, di per sé relativa ad un quid esterno alla merite-volezza della sanzione, può invero assumere una vera e propria forma

Page 45: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

30 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

72 Cfr. ROMANO, Cause di giustificazione, cause scusanti, cause di non punibilità,in Riv. it. dir. proc. pen., 1990, 68 s. Contra SANTORO, Manuale di diritto penale, Tori-no, 1958, 232 ss., che prende come esempio di cause oggettive di esclusione dellapunibilità la desistenza volontaria nel tentativo, la ritrattazione nella falsa testimo-nianza, l’obbedienza all’intimazione dell’Autorità di sciogliere l’associazione vieta-ta o la banda armata ed il raggiungimento della prova della verità del fatto nella dif-famazione quando sia stata ammessa l’exceptio veritatis. Cfr. PEDRAZZI, L’exceptioveritatis. Dogmatica ed esegesi, in Riv. it. dir. pen., 1954, 441 ss.

73 In questo senso è anche la prevalente giurisprudenza, cfr. Cass., Sez. IV, 12febbraio 2003, Schiavo, in Dir. pen. proc., 2003, 816, in cui si precisa che la desi-stenza volontaria è un’esimente di carattere speciale (così anche Cass., Sez. VI, 10marzo 1995, Monaco, n. 7937; Cass., Sez. I, 8 aprile 1997, Sannino, in Giust. pen.,1998, II, 341), la quale presuppone che l’azione sia penalmente rilevante perchépervenuta nella fase del tentativo punibile (analogamente Cass., Sez. II, 3 marzo1998, Bakhshkon, in Giust. pen., 1999, II, 586).

74 Così BATTAGLINI, Diritto penale, cit., 434 s. Conforme Cass., Sez. II, 13 marzo1940, Perenzin e altro, in Foro it., 1941, II, 145 ss., per cui «il delitto diverso puni-bile configura certamente un minus rispetto al delitto tentato non punibile».

“personale” ove innescata da un volontario comportamento dell’agen-te, ulteriore rispetto al fatto tipico 72.

Affrancata definitivamente la suddetta materia dai vincoli in cui lastringeva l’irrilevanza dei profili soggettivi, la desistenza volontaria viha dunque trovato un nuovo spazio per inserirsi, rimanendo cataloga-ta tra le cause sopravvenute di non punibilità, accanto a quelle dispo-sizioni che premiano con l’impunità chi, dopo aver commesso un fattotipico, antigiuridico e colpevole, realizzi una successiva e consequen-ziale condotta.

Immersa in questa proposta ricostruttiva, la ragione sistematicadella desistenza si traduce proprio nell’esigenza di incentivare l’inter-ruzione dell’attività esecutiva, volontariamente non portata a compi-mento, e di evitare una ingiustificata inflizione della pena nei confron-ti di chi mostra una non radicata volontà criminosa 73. Per questo ver-so ha così trovato sostegno un’esegesi manipolativa di segno restrittivodella previsione di pena per gli atti compiuti, che indicherebbe come ilreato diverso di cui si fa menzione debba essere di gravità minore ri-spetto al delitto tentato cui l’ordinamento accorda l’impunità, rima-nendo altrimenti inapplicabile la disposizione dell’art. 56, comma 3,c.p.: «lo scopo di stimolare il recesso con l’impunità della desistenzanon si potrebbe raggiungere quando l’agente, malgrado il recesso, de-vesi aspettare conseguenze giuridiche più gravi di quelle alle quali an-drebbe incontro non interrompendo l’esecuzione del delitto avuto dimira» 74.

Permangono tuttavia margini di perplessità quanto all’accennata

Page 46: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e recesso nei percorsi tracciati dalla disamina scientifica 31

75 Cfr. COPPI, Ritrattazione, in AA.VV., I delitti contro l’amministrazione della giu-stizia, a cura di Coppi, Padova, 1996, 351 ss. L’Autore qualifica la ritrattazione «co-me causa sopravvenuta di non punibilità perché essa consiste in una condotta cheè attuata dallo stesso colpevole dopo che un reato è stato commesso e l’offesa al be-ne protetto si è consumata, alla quale la legge riconnette appunto l’inapplicabilitàdella pena». Circa la natura della ritrattazione, considerata dalla giurisprudenza inun primo momento soggettiva, poi oggettiva, si vedano, per le rispettive posizioni,Cass., Sez. I, 3 febbraio 1976, Rusciano, in Cass. pen., 1977, 834; Cass., Sez. Un., 21novembre 1985, Cottone, ivi, 1986, 1060 ss.

76 Nei termini di una disciplina eccezionale si esprime anche la Relazione delGuardasigilli al progetto definitivo del codice, in Lavori preparatori del codice pena-le e del codice di procedura penale, IV, Atti della Commissione ministeriale incaricatadi dare parere sul progetto preliminare di un nuovo codice penale, pt. II, Roma, 1929,99 s.: «qualora … uno dei colpevoli impedisca l’evento (art. 56, comma 4, c.p.) nonsoggiacerà alla pena … ridotta da un terzo alla metà secondo le norme ordinarie sultentativo, perché questa ipotesi ha un regolamento speciale nella disposizione del-l’ultimo capoverso dell’art. 308, la quale esclude, in tal caso, la punibilità dell’auto-re del fatto».

77 In tal senso si esprime anche il più recente orientamento giurisprudenzialequanto al tema dell’estensione della ritrattazione all’ipotesi di simulazione di reato,ammettendola ove intervenga immediatamente dopo l’integrazione della fattispe-cie, cioè dopo l’avvenuta lesione del bene tutelato. I giudici di legittimità, infatti, ri-tengono la ritrattazione, purché piena e tempestiva (in quanto avvenuta nel conte-sto temporale della denuncia) idonea ad escludere il requisito della “possibilità diinizio di un procedimento penale” e, di conseguenza, il delitto stesso di simulazio-ne di reato. Tra le molte sentenze in argomento: Cass., Sez. II, 27 aprile 1984, Bel-lizzi, in Cass. pen., 1985, 2245; Cass., Sez. VI, 18 giugno 1985, Longa, ivi, 1986,1956; Cass., Sez. VI, 18 gennaio 1995, Primerano, ivi, 1996, 1841 (riferita a ritrat-tazione effettuata dinanzi alla medesima autorità destinataria della denuncia, en-tro trentacinque minuti dalla presentazione della stessa). L’orientamento più rigo-roso adottato in passato è stato ripreso da Cass., Sez. VI, 2 luglio 1984, Ponzo, inMass. ufficiale, 1984, m. 166837, secondo la quale la ritrattazione non fa venir me-no la sussistenza del reato. Un ulteriore diverso indirizzo, che sostanzialmente ne-ga rilevanza alla ritrattazione ai fini della non punibilità, sostiene che la ritratta-zione avrebbe il più modesto effetto di configurare la circostanza attenuante di cui

classificazione della desistenza quale causa sopravvenuta di non puni-bilità, in particolare sfuggendo la ratio dell’eccezione che la norma, in-serita nella parte generale, verrebbe a rappresentare all’interno del pa-norama “speciale” delle suddette circostanze sopravvenute. Qui, èchiaro, il “premio” viene rigorosamente ancorato a peculiari modalitàcomportamentali (v. infra). Paradigmatico in questo senso è il con-fronto con la ritrattazione (art. 376 c.p. 75; analogamente le ipotesi dicui agli artt. 308 e 309 c.p. 76), per la cui configurabilità non è suffi-ciente interrompere la condotta, e neppure riconoscere come false leprecedenti dichiarazioni, ma si prescrive una manifestazione del “ve-ro” che, entro ben definiti limiti temporali, dia un contenuto alla ri-trattazione del falso 77. L’esclusione della punibilità, in tale contesto,

Page 47: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

32 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

all’art. 62 n. 6 c.p.; tra le altre, Cass., Sez. I, 20 novembre 1978, Selvaggi, in Cass.pen., 1980, 1088; Cass., Sez. VI, 16 ottobre 1984, Marroni, in Mass. ufficiale, 1984,m. 167187; Cass., Sez. II, 7 aprile 1998, Orietti, in Guida al dir., 1998, n. 21, 76. Sul-l’argomento v. RAMPIONI, Sul valore della ritrattazione nel delitto di simulazione direato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1975, 1301.

78 Così, quanto all’inapplicabilità del divieto di far luogo a misure di sicurezza,sancito dall’art. 210 c.p., PROSDOCIMI, Profili penali del postfatto, cit., 330; STORTONI,Estinzione del reato e della pena, in Dig. disc. pen., IV, Torino, 1990, 355.

poggia su di una esigenza di effettiva incentivazione premiale all’im-pedimento di una offesa finale, omogenea ed ulteriore rispetto a quel-la che si lascia intravedere perché già perfezionata. L’efficaciadell’ostacolo, posto volontariamente dall’agente per arginare la natura-le progressione del fatto, è tale da rendere subvalente quello che è sta-to rispetto a quello che sarebbe potuto essere. La negazione della pu-nibilità è quindi l’esito di un giudizio di bilanciamento espresso neitermini di una fattispecie a formazione progressiva: il non aver lascia-to causare il maggior danno, prevedibilmente consecutivo, riversa lapropria rilevanza premiale sul disvalore insito nella lesione prodotta albene giuridico e nella manifestata capacità personale di aggressione.Ciò non significa però, che il fatto precedente scompaia completamen-te. La non punibilità che ne sovviene è stata infatti da sempre intesacome inapplicabilità della pena, ma più correttamente dovrà conclu-dersi: inapplicabilità della sola pena, fatta salva la possibilità di inflig-gere una misura di sicurezza 78.

A questo punto, la diversa sfumatura di significato propria dellanon punibilità prevista dal comma 3 dell’art. 56 c.p. si coglie da sé. Nel-la specificazione che al desistente è permesso applicare “soltanto” lasanzione prevista per gli atti compiuti, qualora questi costituiscanoper sé un reato diverso, pare ragionevole leggere che nemmeno unamisura di sicurezza è ipotizzabile a suo carico per il fatto desistito.

3.6. Obiezioni “giuridiche” a riflessioni di politica criminale. L’in-congruenza di una operatività estintiva non radicale

Gli orientamenti da ultimo analizzati sono il riflesso di una più va-sta tendenza dogmatica, particolarmente sensibile al fascino della con-figurazione originaria della desistenza e tesa dunque a ricercare il fon-damento della relativa impunità in un criterio di politica criminaleascrivibile alla teoria della forza psicologica dell’intimidazione. La nonpunibilità per desistenza si giustificherebbe con l’esigenza dello Statodi rinunciare, in determinate circostanze, alla minaccia della sanzione

Page 48: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e recesso nei percorsi tracciati dalla disamina scientifica 33

79 Nello stesso senso PUCCIONI, Saggio di diritto penale teorico pratico, Firenze,1858, 75 s.: «La società ha grande interesse ad arrestare il delitto nel suo comincia-mento, e a favorirne così la desistenza volontaria: se punisse il tentativo, niente al-tro farebbe che sopprimere nel cuore dell’agente quel sentimento di moralità, chesi fa più sentire quando dal proposito si passa all’azione, e con l’inesorabilità dellapena niente altro farebbe che spingerlo alla consumazione». Per una esposizioneaccurata della teorica del “ponte d’oro” e delle critiche che l’hanno interessata, MO-NACO, Sul recesso dal delitto tentato, cit., 224 ss.; PROSDOCIMI, Profili penali del post-fatto, cit., 78 ss.; ZAGNONI, “Desistenza volontaria” e riparazione del danno non patri-moniale, cit., 1302 ss.; FORNASARI, Per un diverso inquadramento delle ipotesi di desi-stenza e recesso, cit., 1338 ss. In giurisprudenza, ove l’impostazione riscuote ancoraoggi un forte seguito, v. Cass., Sez. I, 8 aprile 1997, in Giust. pen., 1998, II, 341, cheafferma: «la desistenza volontaria è un’esimente di carattere speciale che trova fon-damento nella considerazione utilitaristica di politica criminale secondo cui è op-portuno mandare impunito il colpevole di un reato tentato per incentivare l’abban-dono di iniziative criminose». In dottrina, per una recente riproposizione di questaconcezione attraverso la formula del premio o ricompensa in favore del soggetto,MELILLO, In tema di desistenza volontaria e recesso attivo, in Giust. pen., 2000, II,543.

80 Non estinguerebbe certo il reato, come pure pretendeva una risalente dottri-na (cfr. PANNAIN, Manuale di diritto penale, cit., 707 ss.), ma più realisticamente, co-me conclude la più moderna dogmatica, la punibilità o gli effetti penali. Così SPA-GNOLO, Lineamenti di una categoria dei fatti estintivi nel diritto penale, Napoli, 1963,98; PECORARO ALBANI, L’estinzione delle situazioni soggettive penali, cit., 39, «giacchéil reato medesimo è estraneo all’ambito di operatività delle cause estintive penali.Esso rimane “fuori discussione”, “fuori campo”. La sua c.d. estinzione non è confi-gurabile, essendo il reato commesso un dato giuridico inestinguibile»; STORTONI,Estinzione del reato e della pena, cit., 344.

nell’ottica di disincentivare l’autore dall’effettivo compimento del de-litto costruendogli l’ormai famoso “ponte d’oro” 79.

La linearità della riflessione si accompagna tuttavia a non trascura-bili falle nell’argomentazione giuridica. Favorire il ripensamento delreo facendo leva sulla consapevolezza dell’assenza di pena non soloimplica che questi conosca l’istituto esaminato, ma presuppone anchela motivazione puramente razionale del suo agire conseguente; la sud-detta considerazione “proverebbe” però, a sua volta, la negazione diogni funzione deterrente della minaccia penale in se stessa.

Più in particolare, alla concezione premiale racchiusa nella propo-sizione ora al vaglio, che la desistenza marchia come causa pienamen-te estintiva – basandosi sull’idea di una locale non apprezzabile viola-zione del bene giuridico, connessa alla volatilità di qualsivoglia finalitàdella pena –, non corrispondono le conseguenze in termini di discipli-na 80. Traspare infatti una operatività “eliminativa” non radicale, se-gnata dalla persistente applicabilità al fatto del desistente (quantome-no) della misura di sicurezza patrimoniale della confisca (art. 236

Page 49: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

34 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

81 L’art. 210 c.p. stabilisce infatti, al comma 1, che «l’estinzione del reato impe-disce l’applicazione delle misure di sicurezza e ne fa cessare l’esecuzione» – regola-mentazione che l’art. 236, cpv., c.p. dichiara inapplicabile rispetto alla confisca – edaggiunge che la stessa estinzione della pena ne preclude l’inflizione salvo l’ipotesi dimisure di sicurezza che «possono essere ordinate in ogni tempo» e ne fa venir me-no l’esecuzione eccettuato il caso di misure già ordinate in relazione a condannesuperiori a dieci anni di reclusione.

82 Cfr. FORNASARI, Per un diverso inquadramento delle ipotesi di desistenza e re-cesso, cit., 1366 ss.

83 Analogo l’indirizzo in tema di ritrattazione. Il dettato normativo non è infattivalso ad ostacolare l’intendimento comune di dottrina e giurisprudenza in ordineall’art. 376 c.p., per cui il soggetto che abbia ritrattato andrebbe immune non soloda pena ma anche da misura di sicurezza.

c.p.) 81 e delle obbligazioni civili derivanti dal reato (con eccezione diquelle previste ex artt. 196 e 197 c.p.) 82. Non basta. L’art. 106 c.p. – sal-va l’eccezione di cui al comma 2 – stabilisce come agli effetti della re-cidiva e della dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato sitenga conto delle condanne per le quali sia intervenuta una causa diestinzione del reato o della pena.

Sovvengono del resto all’attenzione ulteriori lacerazioni logicheche, affliggendo le catalogazioni “estintive” e di “non punibilità” delladesistenza, ne mettono a dura prova la resistenza. Cominciamo col di-re che nel caso della desistenza non si rinviene quell’espressa menzio-ne testuale di “estinzione” che, a corollario del canone di stretta lega-lità, reca invece ogni altra causa pacificamente riconducibile a tale ge-nere. Piuttosto, si sancisce una generica non punibilità dalla qualetrarre, come unica certezza, l’esclusione dell’assoggettabilità a penacriminale. Ponendo infatti mente alla regolamentazione dettata in ma-teria di misure di sicurezza, non parrebbero preclusi gli spazi di ope-ratività della stessa in caso di desistenza: il disposto dell’art. 210 c.p.,da un lato, e dell’art. 203, comma 1, c.p., dall’altro, definiscono infatticome persona socialmente pericolosa il soggetto «anche se non impu-tabile o non punibile». Ciononostante, ci si sporge fino ad ammetterecome nel campo della desistenza neppure le misure di sicurezza pos-sano esplicare efficacia, e l’esclusione sanzionatoria compendiata nel-la formula «soggiace soltanto alla pena per gli atti …» copra entrambii rami del binario 83.

Come seconda osservazione, si è tenuti a ribadire l’appunto fre-quentemente mosso alla qualifica della desistenza come causa estinti-va: se tale fosse, qualora nel corso del giudizio balzasse all’evidenzache il fatto (di tentativo) commesso dal di poi desistente costituisca unreato impossibile, ai sensi dell’art. 129, comma 2, c.p.p. la formula di

Page 50: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e recesso nei percorsi tracciati dalla disamina scientifica 35

84 M. GALLO, Appunti di diritto penale, IV, cit., 161 s.85 Si pensi alla sanzione prevista per il danneggiamento aggravato (di un edifi-

cio pubblico, art. 635, comma 2, n. 3, c.p.) rispetto a quella stabilita per il tentativodi evasione mediante effrazione (artt. 56 e 385, cpv., c.p.)

86 BATTAGLINI, Diritto penale, cit., 436.87 BETTIOL, Diritto penale, cit., 570 s.88 Cass., Sez. I, 4 marzo 1949, Vulpiani, in Giust. pen., 1949, 625. In senso con-

trario Cass., Sez. II, 11 luglio 1942, Penzo, in Giust. pen., 1952, II, 1002; Cass., Sez.

merito dovrebbe prevalere su quella estintiva innescando un meccani-smo di sfavore per quell’imputato che la ratio della indicata normaprocessuale mira invece a favorire. Egli rimarrebbe invero assoggetta-to alla possibilità di applicazione di una misura di sicurezza, altrimen-ti impedita dall’effetto estintivo della desistenza. Salvo leggere il com-ma 2 dell’art. 129 c.p.p. in aderenza ad uno spirito pro reo che condi-ziona la prevalenza delle formule di merito rispetto a quelle estintivealla produzione di un effetto in bonam partem 84.

In terzo, la disciplina effettuale della desistenza neppure si coordi-na esattamente con quella pretesa dell’ordinamento di sollecitare ilcolpevole alla legalità che i sostenitori del suo inquadramento nell’otti-ca lata della non punibilità chiamano a gran voce a governare l’istitu-to. L’omaggio di un “ponte d’oro” si accompagna invero alla minaccia-ta applicazione di un trattamento, inflitto per gli atti già compiuti e diper sé costituenti reato diverso, talvolta addirittura più rigoroso diquello stabilito per il tentativo 85.

Ad aggirare questa contraddizione – s’è detto – è valso il richiamoalla c.d. esigenza logica, che vorrebbe esclusa qualsiasi responsabilitàper gli atti compiuti quando questi costituiscano un reato più grave deltentativo da cui si è desistito 86. Ma il silenzio del disposto normativosul punto lascia intendere come non ci si allontani dal vero con lo scor-gere in questa operazione un apposito “adeguamento” della lettera al-la assunta premessa dogmatica (l’impunità considerata quale premio).

In ultimo, va segnalata la non condivisibilità della riflessione d’ap-pendice che scaturisce, per coerenza interna, dal medesimo orienta-mento qui rivisitato in senso critico. Perché se effettivamente alla de-sistenza va assegnata una essenza premiale, allora diventa giocoforzadipingerne il relativo substrato psicologico come intriso di autenticopentimento 87. L’ambito compenso della non punibilità si riconosce in-fine condizionato dall’occorrenza di una volontarietà in senso forte, ov-vero di un ripiegamento volitivo prodotto da un motivo interiore chesia «conseguenza di un sincero pentimento, di un subitaneo ritorno aisentimenti di probità e di pietà verso la vittima» 88. Soluzione, questa,

Page 51: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

36 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

III, 21 gennaio 1947, Cornacchia, in Giur. it., 1948, II, 218; Cass., Sez. II, 2 marzo1960, Tommasi e altro, in Riv. pen., 1961, II, 208; Cass., Sez. II, 8 maggio 1961, Sar-do, in Cass. pen., 1961, 812; Cass., Sez. II, 12 dicembre 1962, Monitto e altro, ivi,1963, 955; Cass., Sez. II, 29 settembre 1964, Sisto, ivi, 1965, 355.

89 Cfr. C. FIORE, L’idoneità dell’azione nella struttura del fatto tipico, in Foro pen.,1963, 246 s.

la quale si pone così vistosamente al di fuori del cerchio semanticoproprio del lessico utilizzato dal legislatore, da fornire sufficiente con-tezza dell’improprietà dell’esegesi discussa.

4. Tipicità del fatto tentato e desistenza: il pensiero di Latagliata

La portata non risolutiva delle teoriche fin qui passate in disaminaha così stimolato a riaffrontare l’argomento, ponendo al centro dellatrattazione la singolarità della natura di un fattore di esclusione dellapunibilità che interviene in concomitanza rispetto alla realizzazionedel fatto, e che si dimostra tale da capovolgere l’intenzione criminosainizialmente manifestata.

La neutralizzazione degli effetti che potrebbero discendere dallaprosecuzione della condotta già attivata – si è stati infine costretti adammettere – non può ritenersi assimilabile alla forza estintiva propriadi istituti come la prescrizione, l’amnistia, l’oblazione, la morte del reo,che incidono sul reato partendo da un piano ad esso esterno.

Una volta assimilate queste acute osservazioni, il terreno naturaledella desistenza si è spostato al livello dell’assetto strutturale del reato.Ed ivi si è impiantato non in qualità di fatto giuridico autonomo, suc-cessivo rispetto alla formazione di una fattispecie tentata, bensì di ele-mento calato in un ruolo costitutivo (rectius, decostruttivo) del tentati-vo stesso.

Lo scontro aperto tra questa e le altre concezioni preesaminate ri-mane così evitato da un nesso di continuità ideologica che isola la ri-flessione sulla disciplina della desistenza volontaria all’interno dellasfera della fattispecie tentata. Ciò non toglie che la prima dalle secon-de si discosti in modo fermo, riconoscendo come di delitto tentato per-fetto non possa parlarsi fintantoché non intervenga un fattore inter-ruttivo involontario, escluso dal configurarsi della desistenza. Nellaprospettiva indagata, infatti, essa diviene elemento negativo, limite deltipo delittuoso tentato, da accertarsi prima del requisito dell’idoneitàdegli atti 89. Cosicché l’impunità di chi volontariamente abbandoni ilproseguimento della propria attività criminosa si intravede scaturire

Page 52: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e recesso nei percorsi tracciati dalla disamina scientifica 37

90 SANTAMARIA, Interpretazione e dommatica nella dottrina del dolo, Napoli, 1961,17 s.

91 LATAGLIATA, La desistenza volontaria, cit., 160.

proprio dalla nozione di tentativo, che implica l’assoluta estraneitàdella mancata consumazione del delitto rispetto ad un impulso inten-zionale.

4.1. L’analisi dell’istituto alla luce della dominabilità finalisticadell’azione criminosa

Il principale obiettivo dell’impostazione in analisi si palesa nel lu-meggiare come, al cospetto della desistenza, manchi un fatto integran-te la forma delittuosa tentata. Ma la risultante definizione sistematicadi questa, nei tratti di «causa di esclusione del tipo di fatto incrimina-to», non doveva segnare la conclusione dell’indagine, immaginata piùampia e diretta a ricostruire dettagliatamente la posizione dell’istitutoall’interno dello “scheletro” costitutivo dell’illecito.

Premessa l’adesione ad un modello concettuale per cui il sempliceinizio dell’attività esecutiva non significa ancora condotta penalmenterilevante, nell’alternativa dolo-volontarietà che demarca i commi 1 e 3dell’art. 56 c.p. si viene a scorgere la sintesi di un dogma generale: «l’in-terpretazione del modello legale si compie con la determinazione delsuo caratteristico elemento psicologico» 90.

In quella che a tutt’oggi rimane la fondamentale riflessione sull’ar-gomento si assiste, difatti, all’accoglimento radicale dei presuppostiteorici propri della concezione finalistica dell’azione, ove al dolo si at-tribuisce la funzione di plasmare – piuttosto che concorrere a forma-re – la tipicità del fatto, una volta puntualizzato «quale sia l’atto chedeve essere effettivamente voluto perché sussista il dolo di un deter-minato delitto, quale sia cioè l’atto voluto che decide sull’esistenzadella tipicità di un’azione» 91.

Determinante, nell’accertamento della tipicità, risulta dunque il va-lore soggettivo ascrivibile all’ultimo atto del processo esecutivo. In par-ticolare, dal contenuto volitivo del finale “lembo” dell’impresa, com-piuto con l’intenzione non di cagionare bensì di recedere dalla realiz-zazione progettata, discenderebbe, in buona sostanza, l’inesistenzagiuridica di un fatto incriminabile a titolo di dolo.

Seguendo quest’ordine di idee, la vera essenza dell’agire umano nonsi ritiene avvistabile fintantoché il soggetto sia in condizione di espli-care il proprio potere di intervento finalistico e di orientare le forze

Page 53: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

38 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

92 LATAGLIATA, La desistenza volontaria, cit., 194.93 Cfr. LATAGLIATA, La desistenza volontaria, cit., 95 s., secondo cui la rilevanza

dell’intenzione viene dedotta non soltanto in riferimento al primo atto esecutivo,«ma anche e soprattutto in relazione a quello terminale, quando cioè l’azione sicompie (nel delitto consumato e in quello c.d. mancato) o quando viene interrotta(nel delitto tentato in senso stretto)».

della natura attraverso concrete rappresentazioni di scopo. Gli reste-rebbe infatti, in tal caso, ancora «la possibilità di mutare proposito e diindirizzare i fattori causali in una direzione diversa interrompendo ilprocesso eziologico di produzione dell’evento» 92 a mezzo di un com-portamento essenzialmente omissivo quale è il “non proseguire” in cuisi vede infine consistere la desistenza.

Cosicché, il baricentro della tematica rimane spostato sullo specifi-co problema del dolo nel tentativo. Ciò dà agio della consecutiva di-versificazione tra finalità e volontarietà che sorreggerebbe – a mentedella medesima teorica – la separazione tra i commi 1 e 3 dell’art. 56c.p. fondata, appunto, sulla diversità psichica dei fatti.

Volontario, si precisa, può essere soltanto l’atto, e quindi la desi-stenza. Mai l’azione (tentata), che oltre alla direzione dell’atto versouno scopo qualsiasi richiede anche la finalità, vale a dire la direzionedell’atto verso uno scopo determinato: solo questa è l’azione punibile.

Se ne desume come la desistenza sia trattata alla stregua di un me-ro movimento fisico risalente ad un atto di volontà; eppure, così ope-rando, parrebbe dimenticarsi che agli occhi del legislatore non è affat-to indifferente lo scopo (semplificabile nell’interruzione della realizza-zione criminosa) verso cui deve essere diretto il suddetto “atto”. Scopoche peraltro deve essere raggiunto. Anche la desistenza, allora, impli-cherebbe una finalità?

4.2. Desistenza: elemento negativo del dolo di tentativo

A far da padrona è l’idea di un tentativo che esiste e persiste nonperché l’individuo, in un qualsiasi momento dell’esecuzione, ha mani-festato esteriormente la sua cattiva volontà, ma perché questa inten-zione ha avuto nel momento in cui la sua opera di determinazione fi-nalistica è stata interrotta, quando cioè per eventi estranei al suo vole-re è stato spossessato del dominio sul fatto 93. Tanto guida l’Autore ver-so la similitudine che riassume integralmente il suo pensiero: comel’esistenza del tentativo dipende dall’inizio dell’esecuzione criminosaaccompagnato dall’intenzione di commettere un delitto e dall’involon-tarietà della causa che interrompe la condotta o impedisce il verificar-

Page 54: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e recesso nei percorsi tracciati dalla disamina scientifica 39

94 LATAGLIATA, La desistenza volontaria, cit., 82 s.95 LATAGLIATA, La desistenza volontaria, cit., 68 s.96 LATAGLIATA, La desistenza volontaria, cit., 60 s.97 Ricostruisce in questi termini la motivazione di Latagliata, VIOLANTE, Sulla

struttura dell’atto di desistenza del concorrente, cit., 838.98 LATAGLIATA, La desistenza volontaria, cit., 59.

si dell’evento 94, così si ha desistenza volontaria quando per iniziativadel soggetto l’ultimo atto di esecuzione non è più rivolto intenzional-mente alla commissione del delitto. Nel contempo si avrà mancanza diun dolo che copra l’intera condotta e quindi dell’azione tipica di delit-to tentato.

La desistenza, in altri termini, assurge ad elemento negativo del ti-po di fatto incriminato 95, rilevando strutturalmente alla stregua del-l’errore sul fatto che costituisce un determinato reato (art. 47, comma2, c.p.) e del c.d. reato impossibile (art. 49, comma 2, c.p.), ma rispettoa questi istituti distinto proprio perché caratteristica manifestazionedel dominio finalistico sull’accadimento.

Ne deriva, in primo luogo, che la desistenza vada dichiarata ancheove si versi nell’ambito di applicabilità del reato impossibile, allor-quando il soggetto receda prima di accorgersi dell’impossibilità di rea-lizzare la propria intenzione criminosa (ad esempio, prima di spararecon un’arma giocattolo nella convinzione che si tratti di un’arma ve-ra) 96: ciò garantisce all’agente di non incorrere nel rischio della com-minatoria di una misura di sicurezza ex art. 49, comma 4, c.p. 97. In se-condo luogo, che la figura in esame goda di priorità anche in ipotesi diconcorso con cause di esclusione della colpevolezza o di estinzionedella pena, perché nel caso di desistenza del non imputabile o del nonpunibile questi dovrebbe essere assolto sempre per la verificata man-canza originaria di tipicità (leggi desistenza), e non per le sue qualitàsoggettive 98.

4.3. Segue: i termini del problema nelle ipotesi di concorso di perso-ne nel reato

Perfettamente conforme all’impianto logico di cui si è appena datoconto appare il margine di operatività assegnato all’istituto nell’ipotesidi concorso di persone nel reato.

Il principiare del ragionamento è saldamente ancorato alla formu-lazione letterale dell’art. 56, comma 3: l’unico caso indiscutibile, per-ché ivi espressamente considerato, di applicazione della desistenza

Page 55: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

40 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

99 LATAGLIATA, La desistenza volontaria, cit., 126.

(individuale) alle ipotesi di criminalità collettiva è quello in cui un so-lo concorrente (il c.d. autore principale) commette personalmente tut-ti gli atti dell’esecuzione del delitto, limitandosi gli altri compartecipiad attività secondarie di semplice istigazione o agevolazione, a com-portamenti cioè che – per assunto – restano fuori dell’ambito descrittodal tipo di fatto incriminato. Se, infatti, l’autore esclusivo di una azio-ne delittuosa beneficia dell’impunità stabilita per la desistenza volon-taria, non potrà specularmente non beneficiarne colui che pone in es-sere quegli stessi atti tecnicamente esecutivi (tipici) del fatto crimino-so mentre altre persone svolgono le secondarie attività di preparazioneed appoggio.

Più delicata la questione nel caso in cui sia uno dei correi ovvero unsemplice partecipe accessorio (istigatore o agevolatore) a desistere, po-sto che la disposizione normativa non viene considerata agli stessi di-rettamente applicabile.

In proposito, l’opinione dominante già al tempo della concezioneche ora si osserva voleva riconosciuto il valore “scriminante” della de-sistenza solo quando il correo o il mero partecipe avessero reso ineffi-caci le condizioni da loro poste per il verificarsi dell’evento criminoso,in altri termini quando fossero riusciti ad arrestare l’attività degli altriconcorrenti interrompendo così rispetto a tutti il fatto delittuoso.

Latagliata disconosce la suddetta proposizione: non solo contestan-done il postulato concettuale di una desistenza come causa di non pu-nibilità post-crimen, ma altresì assumendo l’esistenza di un “errore diinterpretazione” nella concezione causale della partecipazione crimi-nosa 99. Insostenibile – nella sua linea logica – che per l’autore unicol’annullamento dell’efficacia causale degli atti commessi sia possibilecon un semplice non fare, vale a dire con l’astensione dagli ulteriori at-ti di esecuzione, mentre ciò non sia consentito al partecipe, il quale,dopo aver posto in essere una condizione dell’evento potrebbe render-la inefficace sul piano eziologico solo attraverso una nuova e contrap-posta attività.

Lo sviluppo di questa impostazione dirompe nella critica mossa alc.d. principio di effettività della desistenza, sulla cui base era stato af-fermato come «… ogni concorrente è causa … e poiché la sua condot-ta risulta efficace nel processo criminoso non solo per quanto egli stes-so opera in modo diretto, ma anche in confronto a quanto attuano glialtri, se recede arrestando solo il comportamento esecutivo suo, ma la-sciando che continui lo svolgimento causale attuato dagli altri, e già

Page 56: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e recesso nei percorsi tracciati dalla disamina scientifica 41

100 FROSALI, Sistema penale italiano, II, cit., 69.101 Cfr. Ass. Bari, 13 novembre 1954, Loiotile e altri, in Giust. pen., 1955, II, 889

ss.: «Nell’ipotesi di concorso di più persone nel reato le circostanze devono avere ri-ferimento alle singole condotte e non al reato unitariamente considerato, perchéproprie di ciascun soggetto sono le condotte, sia pure confluenti nello stesso reatoin cui i soggetti stessi sono concorsi».

aiutato dalla condotta sua, egli non elimina dal suo comportamentotutto ciò che era idoneo a produrre l’evento da attuarsi in cooperazio-ne. Il suo comportamento risulta efficiente nel processo criminoso …onde è questa intera efficienza (idonea) del suo comportamento cheegli deve arrestare» 100. La desistenza, in tali termini concepita, servi-rebbe ad assicurare l’impunità del concorrente, a cui carico si sia giàaccertata una responsabilità penale a titolo di compartecipazione, infunzione del completo annullamento dell’efficacia causale del suo pre-cedente comportamento.

Si tratta allora, avvisa l’Autore, di controllare se vi sia effettivamen-te un nesso di compartecipazione per il solo fatto del contributo cau-sale, e se tale rapporto eziologico sussista anche quando il partecipevolontariamente receda dalla sua opera di concorso nel reato.

L’analisi, di conseguenza, viene indirizzata verso la valutazione del-la condotta individuale del compartecipe, presa di per se stessa e nonanche posta in rapporto con l’intero fatto collettivo. Qui si innesta laproposta analogia tra la situazione dell’autore e quella del correo: avercompiuto atti causalmente rilevanti per la realizzazione criminosa poioperata da altro o altri, non significa ancora aver concorso nel reato;sarà altresì necessario verificare se, nel momento finale di tale condot-ta partecipativa, sussista o meno il dolo richiesto per l’esistenza del-l’azione di concorso. Naturalmente, come per l’azione principale, an-che per quella di compartecipazione l’ultimo atto viene individuatosulla base del giudizio soggettivo del singolo agente, cui pure deve far-si riferimento per saggiare la configurabilità del recesso volontario,possibile finché non abbia avuto termine la programmata azione indi-viduale 101.

In conclusione, per stabilire il margine di applicazione della desi-stenza nelle situazioni concorsuali problematizzate, non occorrerebbetener conto dell’interruzione dell’azione degli altri concorrenti, né del-l’impedimento dell’evento finale, ma unicamente dell’abbandono del-l’originario proposito di cooperazione criminosa prima che sia stataportata a compimento l’opera individuale di correità, istigazione o age-volazione.

Latagliata argomenta tale soluzione, segnata dal principio dell’ac-

Page 57: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

42 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

102 LATAGLIATA, La desistenza volontaria, cit., 152.

cessorietà, proprio distinguendo la desistenza dell’autore dal recederedel concorrente. Nell’una si ha da ragionare in termini di inesistenzadel reato, che è presupposto essenziale per parlare di una forma dicompartecipazione criminosa: se non sussiste l’azione costitutiva deltentativo anche le azioni, intrinsecamente atipiche, commesse dagli al-tri rimangono penalmente irrilevanti, pur salva l’applicabilità della mi-sura di sicurezza ai sensi dell’art. 115, ult. comma, c.p. 102. Nell’altro, anon sussistere è la singola condotta di partecipazione rilevante.

Tuttavia, qualora abbia già avuto inizio l’esecuzione del reato informa concorsuale, sollecitata o facilitata dall’azione del partecipe,questi – chiarisce l’Autore – merita l’impunità solo a fronte di una in-terferenza sull’altrui realizzazione dimostratasi capace di indurre l’au-tore materiale ad abbandonare l’azione delittuosa e quindi di provo-carne la desistenza volontaria; ovvero capace di impedirne comunquel’ulteriore attività di esecuzione del reato.

Posizione, quella da ultimo affrescata, che non manca di suscitareperplessità nella misura in cui sembra riferirsi a situazione posta al difuori del campo operativo della desistenza quale era stato dianzi defi-nito, per avere l’agente ormai “completato con dolo” la condotta indi-viduale che era vocato a spendere nell’economia complessiva del fatto.Senza contare che il preteso contegno desistente, d’improvviso, nonviene più identificato in una pura omissione interruttiva.

4.4. Esplorazione critica

Riepilogando. La tesi esaminata parte da una concezione unitariadel fatto di desistenza, comprensivo sia degli atti di cui al comma 1dell’art. 56 sia della condotta successiva di cui al comma 3; passa at-traverso la decisa affermazione dell’impossibilità di configurare gliestremi di un tentativo punibile quando gli atti anzidetti non rappre-sentino la dimostrazione, realmente pericolosa per la collettività, diuna precisa ed invariata volontà di lesione del bene giuridico aggredi-to; arriva a riscontrare nell’interruzione volontaria della condotta l’ele-mento negativo della tipicità soggettiva del tentativo.

Così, l’analisi dell’istituto, concentrata nella valutazione dell’atteg-giamento psicologico dell’agente, “congelato” al momento della suapersonale decisione finale, finisce per perdere di vista il significato“materiale” del fatto di desistenza e fa giungere alla conclusione percui non sarebbe stata la legge a decidere se la desistenza «debba ope-

Page 58: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e recesso nei percorsi tracciati dalla disamina scientifica 43

103 LATAGLIATA, La desistenza volontaria, cit., 157.104 LATAGLIATA, La desistenza volontaria, cit., 198: «Ogni singolo movimento vo-

lontario una volta compiuto si oggettivizza, ma questo oggettivarsi attiene all’attorelazionato alla finalità immediata cui tende, non anche in rapporto al fine ultimoalla cui realizzazione mira il complessivo comportamento dell’autore».

rare o meno come causa di esclusione del tentativo, perché ci si trovadi fronte ad un dato ontologico che vincola la valutazione della legge,e cioè che nelle ipotesi di desistenza volontaria è la stessa azione deltentativo che non sussiste» 103.

Si tratterebbe, in fondo, di una disciplina per così dire “rafforzati-va” del dettato appena scolpito al comma 1 dell’art. 56 c.p., che assegnarilevanza ad una azione dolosa in considerazione dell’intenzione ma-nifestata dall’agente nell’ultimo atto dell’esecuzione, con ciò negando-la là dove di questa volontà si accerti l’assenza 104.

Col rischio, di tutta evidenza, di legare la premialità della disposi-zione sulla desistenza anche ad una mera sospensione momentaneadell’agire delittuoso, anche ad atti esecutivi protratti e destinati, dopouna pausa, ad una contestuale ripresa del percorso illecito.

4.5. In particolare: le distonie tra la teoria di Latagliata e la realtànormativa

È lo stesso fulcro della teoria, costituito dal suggestivo concetto diazione sintetizzato in apice, a vacillare non appena si rifletta sullascelta dell’ordinamento di infliggere una pena a colui che, dopo avercommesso l’azione, abbia volontariamente impedito il verificarsi del-l’evento.

Di punibilità si torna infatti a parlare nel caso del recesso volonta-rio, anch’esso seguente la commissione di atti idoneamente ed inequi-vocabilmente diretti alla realizzazione delittuosa e, pure, indubbiaespressione della soggettiva capacità di controllo sullo sviluppo finali-stico del fatto. Nel c.d. pentimento operoso, difatti, il dominio sull’ac-cadimento si manifesta nell’essere proprio il soggetto attivo la causadell’impedimento del risultato. Ed in ciò riposa il discrimine rispetto altentativo c.d. compiuto, ove l’evento non si è parimenti verificato main forza di un ostacolo esterno.

Invero, è giusto la configurazione di una forma tentata ad implica-re l’esclusione, ovvero la perdita, di una piena signoria dell’agente sulcompletamento del delitto, involontariamente non verificatosi; mentreal permanere e quindi all’estrinsecarsi di un siffatto controllo l’ordina-mento si dimostra sensibile con l’assegnargli ora l’effetto di eliminare

Page 59: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

44 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

105 Il legislatore del 1930 ha infatti impostato la struttura dell’articolo in mododa dare rilevanza distinta alle norme contenute nei commi 1, 3 e 4, adottando unametodologia diversa rispetto a quella accolta nel Codice Zanardelli che all’art. 61disponeva: «Colui che, a fine di commettere un delitto, ne comincia con mezzi ido-nei l’esecuzione, ma per circostanze indipendenti dalla sua volontà non compie tut-to ciò che è necessario alla consumazione di esso è punito con la reclusione non in-feriore a dieci anni, ove la pena stabilita per il delitto sia l’ergastolo, e negli altri ca-si con la pena stabilita per il delitto diminuita dalla metà ai due terzi. Se volonta-riamente desista dagli atti di esecuzione del delitto soggiace soltanto alla pena sta-bilita per l’atto eseguito ove questo costituisca di per sé un reato». Ed all’art. 62 sta-biliva: «Colui che, a fine di commettere un delitto, compie tutto ciò che è necessa-rio alla consumazione di esso, se questa non avvenga per circostanze indipendentidalla sua volontà è punito con la reclusione non inferiore ai venti anni ove la penastabilita per il delitto sia l’ergastolo, e negli altri casi con la pena stabilita per il de-litto diminuita da un sesto ad un terzo». Cfr. sul punto VANNINI, Il tentativo nelladottrina e nel codice penale italiano, Torino, 1913, 187; MANZINI, Trattato di dirittopenale, II, cit., 507, il quale afferma in proposito: «Qualora la cessazione dell’atti-vità individuale, prima che l’agente abbia compiuto tutto ciò che da parte sua eranecessario per la consumazione del delitto, sia dovuta a cause non coartanti leenergie fisiche o psichiche dell’agente, bensì alla volontà libera (cioè non coartata)di lui, si ha l’ipotesi della desistenza volontaria, che rende non punibile il fatto co-me tentativo di un delitto», concludendo (ivi, 512) che quanto alla natura giuridicala si deve considerare «una circostanza escludente non già l’imputabilità del tenta-tivo, che si presuppone idealmente sussistente, bensì la “responsabilità” penale,cioè le conseguenze di diritto penale dell’imputabilità».

(desistenza) ora l’effetto di attenuare (recesso) la responsabilità pena-le, a seconda della dinamica in cui lo stesso si concretizza.

Può dunque darsi per assodato che la ragione, rispettivamente, del-la scelta della punibilità del recesso e della non punibilità della desi-stenza non risiede nella perdita e, di contro, nella sussistenza del con-trollo finalistico sul prosieguo criminoso, appunto perché tale dominiosussiste in entrambe le evenienze richiamate.

Ma potrà anche ammettersi che la chiave di volta per riconoscerel’inesistenza della signoria in discorso sta nell’accertamento della con-figurabilità di una figura delittuosa tentata. Ebbene, questo passaggioesige la verifica di tutti e ciascuno degli elementi, oggettivi e soggetti-vi, positivi e negativi, prescritti dalla formula tipizzante di cui al com-ma 1 dell’art. 56 105.

Ciò premesso, va operata una precisazione. L’immediato riferimen-to che al suddetto disposto fanno i termini “colpevole” e “azione” indi-cati al comma 3 della stessa norma, se evidenzia come la struttura del-la desistenza esiga l’accertamento della rilevanza degli atti già compiu-ti, intende però tale rilevanza non certo a titolo di delitto tentato – ne-cessariamente ancora mancante per non essersi materializzato quelfattore interruttivo involontario che ne completa la fisionomia – ma in

Page 60: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e recesso nei percorsi tracciati dalla disamina scientifica 45

qualità di condotta idonea ed univoca rivolta alla commissione di undelitto. È ad essa, peraltro, che si riferisce il legislatore nel richiamarel’eventuale punibilità di un reato diverso, consumatosi per effetto degliatti intrapresi.

D’altronde, l’espressione “colpevole” di cui al comma 3 fa riferi-mento giusto a chi ha già compiuto «atti idonei diretti in modo nonequivoco a commettere un delitto». Chi, cioè, ha già agito con dolo diconsumazione.

Tanto considerato, il profilo tipico della desistenza viene ad atteg-giarsi in guisa diversa da quella tradizionalmente assegnatagli. Difatti,pare chiaramente percepibile la “precedenza” della desistenza non so-lo rispetto al tentativo, che implica la non volontà del risultato concre-tamente ottenuto (non raggiungimento della consumazione del delittovoluto), ma anche, ed a maggior ragione, rispetto alle cause di esclu-sione della pena, che si appoggiano sul presupposto dell’avvenuto per-fezionamento di una fattispecie incriminatrice. Manca, pervero, addi-rittura la possibilità logica di pensare alla desistenza in termini di con-dizione che fondi la non punibilità di un illecito penale, dal momentoche non v’è traccia di una forma di manifestazione di reato, financhetentata.

5. Il legame tra fatto e desistenza nella teoria del “limite normativo”

Dopo aver approcciato alla collocazione dogmatica della desistenzadandone per sufficiente una spiegazione in termini di causa risolutivadel reato o di esclusione della punibilità, e dopo averne cercata la giu-sta sede nella mancanza della colpevolezza o della tipicità, gli itineraridella dottrina si sono infine rivolti verso una nuova direzione.

Alla concezione che vi intravedeva una causa di esclusione della ti-picità l’orientamento ora in procinto di essere analizzato si rifà adot-tandone la metodologia: la considerazione unitaria del fatto permette– così viene precisato – un corretto inquadramento della desistenza econsente di dare il giusto valore all’istituto in quanto strettamente rap-portato, già sul piano prettamente materiale, alla condotta tipica ditentativo. Della tesi configurante la desistenza nella veste di causa ri-solutiva del reato viene invece condivisa la premessa, negandosi l’eli-minabilità di quanto naturalisticamente avvenuto in virtù di un giudi-zio di valore cronologicamente successivo ed appuntato sull’autore,che, volontariamente tornato sui suoi passi, faccia intendere di non vo-ler più aggredire il bene giuridico.

Quanto al resto, la teorica si distacca sostanzialmente dal passato

Page 61: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

46 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

106 FORNASARI, Per un diverso inquadramento delle ipotesi di desistenza e recesso,cit., 1373.

107 M. GALLO, Il dolo. Oggetto e accertamento, in Studi urbinati, 1951-1952, 263s., nota 1, individuava nella speciale tenuità della lesione il criterio obiettivo diesclusione della gravità che «deve presentare l’offesa per essere presa in considera-zione dal diritto».

108 Cfr. ZANCHETTA, L’“irrilevanza del fatto” come strumento deflattivo: una viapraticabile?, in Quest. giust., 1990, 107 ss.

della tradizione dottrinaria per riuscire ad apprezzare, oltre all’atteg-giamento psicologico dell’agente, il rapporto tra desistenza e tutela delbene giuridico, rendendo più solida la base di una riflessione volta agiustificare l’esclusione della necessità della pena sulla base del com-portamento posto in essere.

Così, la formulazione finale affresca la desistenza volontaria neitratti di «un limite normativo alla rilevanza giuridica della tipicità (deltentativo)», posto che «il desistente realizza nella seconda fase crono-logica della sua condotta “complessa”, una causa di eliminazione deglieffetti giuridici della tipicità caratterizzanti la prima fase cronologi-ca» 106. In breve, per effetto della desistenza rimarrebbe impedita l’of-fesa al bene altrimenti conseguente al fatto tentato.

Tanto appare l’esito di un accurato approfondimento del principiodi speciale tenuità del fatto 107 – del quale preme subito evidenziare lachiara derivazione processualistica 108 –, percepito come il minimo co-mun denominatore di due situazioni identicamente valutabili dal pun-to di vista giuridico seppure strutturalmente distinte: la desistenza edil principio di esiguità in senso stretto. L’una (desistenza) “complessa”e valevole come disciplina generale nel quadro delle disposizioni sultentativo, di cui esclude la punibilità a fronte di una offesa minima;l’altra (principio di esiguità in senso stretto) “semplice” e tacito limitenormativo rispetto alla rilevanza delle singole fattispecie criminoseconsumate.

L’indubbio rigore analitico cui si ispira la metodica, tuttavia, nonsembra riuscire ad evitare una incoerenza di fondo. È indiscutibile, in-fatti, che nella vigente disciplina normativa il delitto tentato venga re-golamentato come una forma di manifestazione del reato in piena ar-monia con i principi dettati in via generale per l’“ordinaria” forma con-sumata, alla quale necessariamente si rapporta per l’individuazionedell’elemento oggettivo, dell’elemento soggettivo (almeno per la parte“positiva” del fatto), e dell’aspetto offensivo. Apparirebbe, quindi,quantomeno eccessiva la duplicazione, ammessa nelle righe che prece-dono, di uno stesso criterio – quello della reale offensività del fatto ti-

Page 62: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e recesso nei percorsi tracciati dalla disamina scientifica 47

109 Con riferimento alla giustizia minorile, l’art. 27, comma 1, D.P.R. n. 448 del1988, come modificato dall’art. 1, legge n. 123 del 1992 in seguito all’intervento del-la Corte Costituzionale, dispone che «durante le indagini preliminari, se risulta latenuità del fatto e l’occasionalità del comportamento, il pubblico ministero chiedeal giudice sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto quando l’ulte-riore corso del procedimento pregiudica le esigenze educative del minorenne». Lalegge delega n. 468 del 1999, in materia di competenza del giudice di pace, ha pre-visto in relazione ai reati bagattellari assegnati alla competenza penale dei predet-ti giudici «la introduzione di un meccanismo di definizione del procedimento neicasi di particolare tenuità del fatto e di occasionalità della condotta, quando l’ulte-riore corso del procedimento può pregiudicare le esigenze di lavoro, di studio, difamiglia, di salute della persona sottoposta ad indagini» (art. 16, comma 1, lett. c).Il suddetto meccanismo ha trovato introduzione ad opera del D.Lgs. n. 274 del2000, che sotto il nomen «esclusione della procedibilità nei casi di particolare te-nuità del fatto» all’art. 34 stabilisce: «Il fatto è di particolare tenuità quando, ri-spetto all’interesse tutelato, l’esiguità del danno o del pericolo che ne è derivatononché la sua occasionalità e il grado della colpevolezza non giustificano l’eserci-zio dell’azione penale, tenuto conto altresì del pregiudizio che l’ulteriore corso delprocedimento può recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salutedella persona sottoposta alle indagini o dell’imputato. Nel corso delle indagini pre-liminari, il giudice dichiara con decreto d’archiviazione non doversi procedere perla particolare tenuità del fatto, solo se non risulta un interesse della persona offesaalla prosecuzione del procedimento. Se è stata esercitata l’azione penale, la parti-colare tenuità del fatto può essere dichiarata con sentenza solo se l’imputato e lapersona offesa non si oppongono».

pico – destinato ad operare nell’unico ed unitario ambito dell’illecitopenale. Senza per ora addentrarci nell’argomentazione, basti accenna-re che la necessità di una offesa effettiva si eleva a principio generalesul fondamento della stessa voce codicistica espressa dall’art. 49, com-ma 2, c.p.: per cui, il disposto relativo alla desistenza verrebbe sminui-to ad una sorta di ripetizione ad abundantiam.

Inoltre, la tesi si presenta non percorribile anche per la costruitaequivalenza, quanto all’effetto della non punibilità, tra inoffensività edesiguità del fatto, che nell’attuale quadro normativo, lungi dal coinci-dere, rappresentano i due estremi del rapporto di “tensione” tra ciò chenon è e ciò che è reato. L’uno denota la radicale assenza di disvaloredel fatto, l’altro, come emerge dalle moderne tecniche di mediazionepenale, fornisce strumenti concreti – tesi a privilegiare la speditezza ela semplificazione del rito – a che siano rese operative le istanze de-flattive connesse al fenomeno bagatellare 109. L’uno collega l’impunitàal venir meno di un requisito essenziale del reato: l’offesa. L’altro, inperfetta aderenza con gli obiettivi di un sistema processuale che cam-bia per adeguarsi alla differente realtà dei fenomeni criminali, conno-ta una forma di accelerazione e di concentrazione del modello di in-tervento giudiziario, e si esaurisce in una causa eventuale ed opportu-

Page 63: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

48 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

110 A proposito dei recenti interventi normativi di affermazione delle istanze de-flattive, S. FIORE, Osservazioni in tema di clausole di irrilevanza penale e trattamentodella criminalità bagatellare. A proposito di una recente proposta legislativa, in Criti-ca del dir., 1998, n. 4, 274 ss.; BARTOLI, L’irrilevanza penale del fatto. Alla ricerca distrumenti di depenalizzazione in concreto contro la ipertrofia c.d. “verticale” del dirit-to penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2000, 1474; G.A. DE FRANCESCO, Commento all’art.34, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza del giudice di pace),in Leg. pen., 2001, 193 ss.; GIUNTA, La giurisdizione penale di pace. Profili di diritto so-stanziale, in Studium iuris, 2001, 400 ss.; DI CHIARA, Esiguità penale e trattamentoprocessuale della “particolare tenuità del fatto”: frontiere e limiti di un laboratorio dideprocessualizzazione, in AA.VV., Il giudice di pace. Un nuovo modello di giustiziapenale, a cura di Scalfati, Padova, 2001, 312.

111 In proposito si veda Trib. min. Salerno, 10 ottobre 1997, in Giur. mer., 1998,485, con nota di DAVINO, Sul non luogo a procedersi contro minorenni per irrilevan-za del fatto, per cui è evidente che «nel momento in cui si parla di fatto tenue ed oc-casionale, si presuppone che ontologicamente il reato esiste ancorché per le sue di-mensioni, per l’occasionalità del fatto e per evitare pregiudizi psicologici al minorederivanti dal processo, se ne escluda la punibilità. In tale ottica si è quindi conclu-so che «l’istituto della irrilevanza del fatto va inquadrato nel nostro sistema penalenell’ambito delle cause soggettive o personali dell’esclusione della punibilità: esso,pertanto, non costituisce una deroga al principio di legalità, ossia al principio del-la c.d. antigiuridicità formale, con l’opzione per l’opposto principio della c.d. anti-giuridicità materiale, ma comporta la non punibilità nell’ipotesi di tenuità del fat-to, occasionalità del comportamento, e pericolo che l’ulteriore corso del procedi-mento pregiudichi le esigenze rieducative del minorenne».

112 Depone in questo senso anche la distinta previsione della non punibilità con-seguente alle due ipotesi, quale viene offerta dal c.d. progetto Pisapia, all’art. 2(Principio di offensività. Irrilevanza del fatto): «1. Prevedere che: a) nessuno sia pu-nito per un fatto che non offenda beni giuridici di rilevanza costituzionale; b) nes-suno sia punito per un fatto che in concreto non offenda i beni giuridici tutelati dal-la norma incriminatrice; c) l’agente non sia punibile quando risultino la tenuità del-l’offesa e l’occasionalità del comportamento».

Cfr. in argomento G.A. DE FRANCESCO, L’esiguità dell’illecito penale, in Dir. pen.proc., 2002, 889 ss. GROSSO, Proscioglimento per furto di cose di valore particolar-mente esiguo, inoffensività od irrilevanza penale del fatto?, in Cass. pen., 2001, 2535,ritiene – in senso contrario a quello fatto proprio in queste riflessioni – che la scar-sa significatività dell’offesa, emergente nel generale tema dell’irrilevanza penale delfatto, dovrebbe essere considerata, più che come causa di non punibilità, sotto ilprofilo dell’insussistenza del reato in quanto il fatto tipico non avrebbe raggiunto lasoglia minima di offensività ragionevolmente idonea a giustificare l’esistenza di un

nistica di non punibilità 110. Ancora, l’uno rivela di per sé una necessa-ria e fondata carenza del fine e dello scopo della pena, l’altro porta consé una offesa tenue che ben può concorrere ad avallare la scelta di nonprocedere nella criminalizzazione.

Coerentemente, la conclusione non può che essere nel senso di unaimpossibile sovrapponibilità tra l’esiguità da un lato 111 e la radicaleinoffensività del fatto tipico realizzato dall’altro 112.

Page 64: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e recesso nei percorsi tracciati dalla disamina scientifica 49

illecito penale. Per un inquadramento dell’istituto dell’irrilevanza penale nella sfe-ra del diritto sostanziale, cfr. le osservazioni di DI SALVO, Principio di offensività eparticolare tenuità del fatto, in Cass. pen., 2002, 2761 ss. Ancora, per i recenti indi-rizzi a favore dell’introduzione più allargata di clausole di “esiguità” e di forme diimprocedibilità o non punibilità per “irrilevanza penale del fatto”, v. in dottrina, inuna prospettiva di diritto sostanziale propositiva di una gradualizzazione dei prin-cipi di sussidiarietà, personalizzazione e risocializzazione, PALIERO, “Minima noncurat praetor”. Ipertrofia del diritto penale e decriminalizzazione dei reati bagatellari,Padova, 1985, 653 ss., 693 ss., 741 ss.; DONINI, Teoria del reato. Una introduzione, Pa-dova, 1996, 242 ss.

113 FORNASARI, Per un diverso inquadramento delle ipotesi di desistenza e recesso,cit., 1374. Nel senso che la discriminazione sanzionatoria tra recesso e desistenzaacquisti significato in una visione esclusivamente retributiva della pena, pureesclusa dall’art. 27, comma 3, Cost., MANNA, Corso di diritto penale. Parte generale,II, Padova, 2008, 47.

5.1. Segue: il legame tra fatto e recesso

Il profilo di validità della intuizione racchiusa nell’esegesi, attenta arichiamare il concetto di offesa nello studio della desistenza, rimaneperaltro offuscato da una asserita comunanza tra quest’ultima ed il re-cesso. In entrambi i casi – si sostiene – il bene giuridico, pur se “tocca-to” da un fatto già conforme alla fattispecie legale tentata, non è leso.

Nel dar conto di una simile equiparazione, e nel trattare della natu-ra giuridica del recesso attivo, la teorica in esame fa così emergere unanon esile impronta soggettivista. In dettaglio. Dopo aver rinnegato l’opi-nione comune, che nel recesso vede una circostanza attenuante conconseguente ulteriore diminuzione della pena già ridotta per il delittotentato, si muove una decisa critica alla attuale scelta legislativa. La dif-ferenza di atteggiamento sanzionatorio rispetto alle due forme di rav-vedimento non troverebbe infatti giustificazione nella sussistenza, nelcaso del recesso, di tutti i presupposti tipicizzati dell’evento lesivo, la cuipresenza è tanto incontestabile quanto “irrilevante”. Piuttosto, secondola riportata opinione, l’elemento da ritenere determinante per la valuta-zione giuridica della desistenza come del recesso «è costituito dallascelta dell’autore a favore della conservazione del bene giuridico» 113.

È nella volontà di pentimento che trovano, allora, il loro momentodi sintesi le distinte discipline, erroneamente differenziate: in realtà ildiaframma elevato tra i commi 3 e 4 dell’art. 56 c.p. non sarebbe altroche un “fraintendimento” normativo.

L’applicazione analogica, all’ipotesi di recesso, del ragionamentogià svolto a proposito della desistenza rende quindi possibile, per chisegue questo pensiero, rappresentarlo come fatto giuridico in grado dieliminare retroattivamente la qualifica di illiceità di una situazione

Page 65: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

50 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

che è tipica rispetto agli estremi del tentativo. Vero ciò, appare altresìinevitabile l’affermazione – de iure condendo – dell’assimilazione degliistituti dal punto di vista del trattamento. A fronte del comune venirmeno di ogni reale efficacia preventiva della sanzione penale, la lorocaratteristica differenziazione, attinente al completamento-non com-pletamento della condotta, si riduce ad una distanza essenzialmente“quantitativa”: il bene verso il quale era stata portata l’offesa rimanecomunque illeso per effetto di una decisione di quello stesso agenteche aveva posto in essere il “tipo” tentato.

Accondiscendere a simili idee non risulta però plausibile.Occorre invero ribadire come, in caso di desistenza e di recesso, il

fatto tipico del tentativo non si è in realtà perfezionato, mancando(melius, dovendo mancare) l’elemento interruttivo esterno. Ma v’è bendi più. Censurabile è soprattutto la pretesa identità del valore qualita-tivo espresso da desistenza e recesso, e quindi la sostenuta equivalen-za giuridica tra desistere dall’azione ed impedire l’evento, quando in-vece il sistema penale non nasconde di conferire rilevanza, al fine di ri-conoscere nel fatto connotati criminali, a quanto l’autore sia “andatoavanti” nella messa in pericolo del bene.

6. L’opzione codificata nel quadro delle scelte sul piano della pu-nibilità

Dalla rapida esposizione compiuta si estrapola un dato inconfuta-bile: la dottrina italiana è ancora animata dallo stimolo alla ricerca delvalore sostanziale della desistenza, del “perché” vada regolarmenteesente da sanzione tutto quanto prima della stessa realizzato.

Certo rimane la difficoltà di discriminare due profili inevitabilmen-te intrecciati, quello della punibilità di cui al comma 1 dell’art. 56 c.p.,e quello della non punibilità affermata al comma 3. La prima collega-ta ad un comportamento in cui si accertano integrati i momenti costi-tutivi dell’illecito, la seconda conseguenza di un fatto ritenuto non me-ritevole (in senso lato) di pena.

Questa consapevolezza convince della percorribilità di un ragiona-mento impostato lungo direttrici diverse da quelle già battute, in cuienunciare un modello di spiegazione della natura giuridica della desi-stenza (e del recesso) che richiami l’attenzione sull’“idea” di illecito pe-nale positivizzata dal sistema.

L’oggetto della riflessione viene quindi necessariamente ad am-pliarsi e ad abbandonare i tradizionali punti di riferimento dogmaticiper spostarsi verso una analisi generale del reato e della logica sotto-

Page 66: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e recesso nei percorsi tracciati dalla disamina scientifica 51

114 Quando ci si richiama alla punibilità come qualità “normale” del reato, per-ché conseguenza tipica di questo ed intrinseca alla sua definizione, doverosamentecomminata ed irrogata dalla potestà punitiva dello Stato, si presuppone un fatto il-lecito commesso da un autore colpevole.

115 Sulle distinzioni delle esimenti tra fatto, antigiuridicità, colpevolezza e pu-nibilità, v. PISAPIA, Fondamento e limiti delle cause di esclusione della pena, in Riv. it.dir. pen., 1952, 3 ss.; VASSALLI, Cause di non punibilità, in Enc. dir., VI, Milano, 1960,609 ss.; PROSDOCIMI, Profili penali del postfatto, cit., 291 ss.; ROMANO, Cause di giusti-ficazione, cit., 56 ss.; VENEZIANI, Spunti per una teoria del reato condizionato, Pado-va, 1992, 101 ss. In generale sull’argomento v. anche PATERNITI, Appunti sulla nonpunibilità, in Ind. pen., 2005, 147 ss. Considera la punibilità come mera applicabi-lità della pena, ovvero come una qualificazione formale ed astratta e non come unasingola componente o qualità del reato che sia descritta e accertata autonomamen-te, PETROCELLI, Reato e punibilità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1960, 669 ss., che pervie-ne quindi ad annullare la stessa distinzione tra assenza di tipicità, scriminanti ecause originarie di non punibilità, intesi i comportamenti come parimenti non pu-nibili già al tempo dell’azione e quindi parimenti non reato. Cfr. DONINI, Alla ricer-ca di un disegno. Scritti sulle riforme penali in Italia, Padova, 2003, 352: «È vero chelo Stato deve minacciare la pena a chi commette un fatto che costituisce reato, maquesta minaccia non aggiunge niente di significativo all’analisi del fatto illecito ecolpevole: ciò che fonda l’esigenza della punizione, è spiegato dagli elementi essen-ziali della fattispecie». Definiscono la categoria della non punibilità in astratto una«formula vuota», in quanto incentrandosi esclusivamente sulla non applicazionedella pena non chiarisce quale sia la causa tecnica di questo epilogo, GIUNTA-MI-CHELETTI, Tempori cedere. Prescrizione del reato e funzioni della pena nello scenariodella ragionevole durata del processo, Torino, 2003, 52 ss.: «Vero ciò, occorre soffer-marsi brevemente sulle “variazioni” della punibilità in astratto, tenendo conto che,tramontate le concezioni retributive assolute, la pena non segue il reato insepara-bile come un’ombra: la logica di extrema ratio che permea il diritto penale orienta-to in senso utilitaristico, non può infatti non condizionare anche la connessione trareato e pena, consentendo che si rinunci alla meritata sanzione ogni qual volta lorichieda la convergenza di interessi stimati come prevalenti sull’istanza di asseve-razione della norma infranta. In quest’ottica, la “meritevolezza di pena” insita nel-la tipicità del fatto viene dunque sottoposta – specie nella prospettiva della preven-zione generale integratrice – a una nuova verifica, da compiersi dopo l’accerta-mento della corrispondenza del fatto storico alla fattispecie incriminatrice astratta.Si profila così la necessità di una valutazione aggiuntiva sulla “necessità della pe-na” … volta a stabilire se il giudizio di valore, di cui l’effettiva esecuzione della san-zione è espressione, debba cedere il passo a istanze diverse e ulteriori rispetto aquelle che hanno ispirato la norma incriminatrice». V. anche Relazione al Re del Mi-nistro Guardasigilli, Roma, 1930, 21: «… il termine “non punibile” ha nel codice unsignificato generico, e non ristretto alle cause che esimono da pena. Esso com-prende ogni causa per la quale il fatto non può essere punito, all’infuori dei casi dinon imputabilità. Il codice lo usa costantemente in tal senso (a differenza del codi-ce del 1889 che lo adoperava in sensi diversi) e lo ha preferito alle espressioni spe-cifiche per non pregiudicare, di fronte alla varietà dei casi, l’interpretazione giuri-sprudenziale e l’elaborazione dottrinale».

stante l’assenza della punibilità 114, suscettibile di compendiarsi in di-stinte forme giuridiche 115.

3.

Page 67: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

52 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

116 In argomento cfr. CONCAS, Scriminanti, in Noviss. Dig. it., XVI, Torino, 1969,793 ss.; MARINUCCI, Antigiuridicità, in Dig. disc. pen., I, Torino, 1987, 172 ss.; ID.,Cause di giustificazione, in Dig. disc. pen., II, Torino, 1988, 131 ss.; ROMANO, Causedi giustificazione, cit., 55 ss.; G.A. DE FRANCESCO, Sulle scriminanti, in Studium iu-ris, 2000, 270. Nel senso che attraverso le cause di giustificazione «la punibilità nonviene esclusa ma impedita», PETROCELLI, Reato e punibilità, cit., 686 s.

117 In generale, in materia di cause scusanti, VENEZIANI, Motivi e colpevolezza,Torino, 2000, 267 ss.; VENAFRO, Scusanti, Torino, 2002, 173 ss.

118 Vengono complessivamente qualificate come cause di esclusione della puni-bilità: situazioni inerenti alla posizione personale dell’agente o ai suoi rapporti conla vittima (cause personali di non punibilità: art. 649 c.p.); comportamentidell’agente susseguenti alla commissione del fatto antigiuridico e colpevole (causesopravvenute di non punibilità o di risoluzione della punibilità); fatti naturali o giu-ridici successivi alla commissione del fatto antigiuridico e colpevole, indipendentio comunque non completati esclusivamente dal comportamento dell’agente (causedi estinzione del reato: tra le altre, morte del reo e amnistia).

119 VASSALLI, Cause di non punibilità, cit., 617. Cfr. ROMANO, “Meritevolezza di pe-na”, “bisogno di pena” e teoria del reato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1992, 498 ss.

In un quadro di estrema sintesi, e fedele alla comune ripartizionestrutturale, occorre in proposito ricordare come il dettato normativoprescriva la non punibilità di un soggetto: per avere egli commesso unfatto non perfettamente aderente al modello tipico, oggettivo e sogget-tivo; oppure, assunta la condotta di questi come tipica, per l’assenza diantigiuridicità del fatto, che poggia su di un antecedente giudizio “po-litico” di bilanciamento di valori. In questo caso è la liceità ab originedella condotta ad escludere l’applicabilità della pena 116.

Diversamente, la mancanza di rimproverabilità rispetto a quantooggettivamente resta illecito esclude la colpevolezza dell’agente in con-siderazione di una sua situazione personale (dai contorni più o meno“particolari”, vedi rispettivamente i casi di non imputabilità o di erro-re inevitabile sul precetto) che si sia riflessa nella fattispecie concretae si sia quindi, nel contempo, materializzata 117.

La negazione della punibilità, inoltre, è suscettibile di derivare dauna “estrinseca” causa di esclusione 118 allorquando «il legislatore, unavolta inclusi (per mezzo del precetto contenuto nella norma incrimi-natrice) determinati interessi nella cerchia di quelli penalmente tutela-ti, decida per mere ragioni di opportunità o di politica criminale o inconsiderazione di norme e consuetudini internazionali, o per altri mo-tivi ancora, di mandare esenti da pena determinati soggetti nonostan-te la commissione da parte loro del fatto previsto come reato» 119. Si faqui richiamo alle eccezioni di cui soffre la relazione reato-pena: al per-fezionarsi dell’uno si stabilisce non conseguire “immediatamente” lapunizione, la quale rimane positivamente condizionata dall’avverarsi

Page 68: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e recesso nei percorsi tracciati dalla disamina scientifica 53

120 Sulla problematica delle condizioni oggettive di punibilità si rinvia alla esau-stiva letteratura in argomento, per tutti, GIULIANI BALESTRINO, Il problema giuridicodelle condizioni di punibilità, Padova, 1966; BRICOLA, Punibilità (condizioni obiettivedi), in Noviss. Dig. it., XIV, Torino, 1967, 591 ss.; RAMACCI, Le condizioni obiettive dipunibilità, Napoli, 1971; NEPPI MODONA, Concezione realistica del reato e condizioniobiettive di punibilità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1971, 184 ss.; ID., Condizioni obietti-ve di punibilità, in Enc. giur., VII, Roma, 1988, 1 ss.; ANGIONI, Condizioni di punibi-lità e principio di colpevolezza, in Riv. it. dir. proc. pen., 1989, 1440 ss.; VENEZIANI,Spunti per una teoria del reato condizionato, cit.; ZANOTTI, Punibilità (condizioni di),in Dig. disc. pen., X, Torino, 1995, 534 ss.; D’ASCOLA, Reato e pena nell’analisi dellecondizioni obiettive di punibilità, Napoli, 2004.

121 V. DI MARTINO, La sequenza infranta, profili della dissociazione tra reato e pe-na, Milano, 1998, 213 ss.

122 Così RAMACCI, Corso di diritto penale, cit., 643 s. Identica riflessione appareproponibile in ordine alle cause di estinzione del reato, v. ANTONINI, Contributo alladommatica delle cause estintive del reato e della pena, Milano, 1990, 95 ss.

123 Cfr. BRICOLA, Rapporti tra dommatica e politica criminale, in Riv. it. dir. proc.pen., 1988, 24. Nello stesso senso Cass., Sez. III, 28 novembre 1995, Sangalli, n.4140, secondo cui «l’esistenza di tale categoria, cioè di cause che escludono la solapunibilità, lasciando sussistere la antigiuridicità e la colpevolezza, non può più es-sere posta in discussione – si pensi, ad esempio, alla non punibilità della ritrattazio-ne nella falsa testimonianza (art. 376 c.p.); alla non punibilità di alcuni delitti con-tro il patrimonio commessi senza violenza in danno del coniuge non legalmente se-parato o di determinati parenti o affini (art. 649 c.p.); alla non punibilità dell’assi-stenza portata ad un prossimo congiunto partecipe di cospirazione o di banda ar-mata (art. 307 c.p.) – dal momento che è riconosciuta dalla prevalente giurispru-denza e dottrina e la stessa Corte Costituzionale, con riferimento alle perplessità tal-volta sollevate nell’ammettere la sussistenza di un reato non punibile, ha ricordato(a proposito del cosiddetto condono edilizio) che il legislatore ha destato la dottrinada “sogni” dogmatici dando per scontato che la punibilità abbia una “consistenza”autonoma rispetto al reato e dimostrando che può essere usata per ottenere dall’au-tore del reato prestazioni “utili” a fini spesso estranei alla tutela del bene offeso dalreato (Corte Costituzionale, sentenza n. 369 del 23-31 marzo 1988)». La stessa pro-nuncia ha precisato che «le ragioni della punibilità sono tra le più varie – vannodall’esigenza di non turbare i rapporti familiari nei reati contro il patrimonio tra

di un accadimento distinto dal fatto criminoso (illecito privo di unacondizione oggettiva di punibilità ex art. 44 c.p.) 120, o comunque esclu-sa in ragione di circostanze che esulano, anch’esse, dal reato già per-fetto. In quest’ultima ipotesi la causa di non punibilità accede alla fat-tispecie normativa sanzionabile riqualificandone il contesto offensi-vo 121, aggiungendo cioè una valutazione ulteriore rispetto alla situa-zione nella quale interviene il reato, che suggerisce l’opportunità di in-terrompere l’altrimenti inderogabile collegamento tra reato ed effettigiuridici sanzionatori ad esso consecutivi 122. In breve, la pena cessa diessere necessaria, perché le esigenze della prevenzione generale o del-la prevenzione speciale appaiono soddisfatte o non più realizzabili 123.

Page 69: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

54 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

prossimi congiunti, alla tutela della funzione giudiziaria nella ritrattazione, al pen-timento, alla collaborazione processuale, al bisogno di procacciare risorse al fisco –e non possono essere condotte ad una ragione di fondo comune, se non quella, me-ritevole, dell’opportunità politica di esentare da pena un dato reato».

124 In questo senso ROMANO, Cause di giustificazione, cit., 64.125 In argomento, VASSALLI, La potestà punitiva, Torino, 1942, 382.126 Per un esame di alcuni modelli di non punibilità, PIERGALLINI, Fondamento,

funzioni e limiti delle moderne forme di impunità retroattiva, in Studi in onore diGiorgio Marinucci, a cura di Dolcini e Paliero, II, Milano, 2006, 1660 ss.

È agevole dimostrare come nessuna delle elencate fenomenologiedi non punibilità si adatti ai confini giuridici e logici del concetto di de-sistenza.

Certo non si confanno quelle radicate sulla premessa (comunene-mente condivisa eppur disattesa nella presente disamina) della sussi-stenza di un tipo delittuoso tentato.

Così, quanto alla giustificabilità del fatto de quo, l’assenza ne risul-ta all’evidenza. Non vi si intravede, infatti, un fattore scriminante nelsenso di limite alla tutela del bene giuridico offeso sulla base della pre-valenza dell’interesse specifico che la norma stessa della desistenzaverrebbe a tutelare. Né il riscontro dell’elemento psicologico della vo-lontarietà renderebbe di per sè socialmente più apprezzabile il com-portamento materialmente lesivo: il fine della desistenza volontariapotrebbe anche essere prettamente utilitaristico.

Mancano, ancora, i presupposti necessari per l’annullamento diuna rimproverabilità normativa. Non sussistono, invero, nel dispostoesaminato i termini per ravvisare una scusabilità del comportamentoillecito, quegli estremi che spingano cioè l’ordinamento ad astenersidalla formulazione di un giudizio di colpevolezza ed a “compatire”l’agente per la situazione esistenziale-psicologica che si è trovato a vi-vere ed in cui suo malgrado ha commesso il fatto 124. Nel caso all’at-tenzione l’ordinamento si troverebbe, piuttosto, a trascurare le conse-guenze di un giudizio di colpevolezza già formulato in relazione ad unfatto tipico ed antigiuridico.

Potrebbero eventualmente prospettarsi ragioni di pratica conve-nienza politico-criminale, evocate in particolare da quelle cause so-pravvenute in cui la non punibilità, piuttosto che dipendere esclusiva-mente dalla mancanza di interesse statale a procedere all’applicazionedella sanzione (così per le cause estintive del reato o della pena) 125, ri-mane collegata ad un comportamento che permette di osservare, se-condo i più, la totale o apprezzabile neutralizzazione dell’offesa adopera del reo, secondo altri, invece, lo svanire o sbiadire della capacitàcriminale dell’autore 126.

Page 70: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e recesso nei percorsi tracciati dalla disamina scientifica 55

127 Cfr. DONINI, Alla ricerca di un disegno, cit., 355, sottolinea che le autentichecause originarie di esclusione della pena riguardano solo determinati soggetti e ac-cedono a un fatto che resta reato per altri soggetti: se per alcuni il reato non è pu-nibile, ciò non dipende da una peculiare ratio che attenga ad un livello sistematicoautonomo, un livello che possa diventare normalmente una componente del reato.

128 Ove si ritenesse che la norma abbia voluto premiare l’emenda, inducendonell’autore la controspinta psicologica come ragione della desistenza dal compor-tamento criminoso, risulterebbe difficile trovare una ragionevole spiegazione in or-dine alla stretta delimitazione della non punibilità a taluni reati, così Cass., Sez. III,10 marzo 1980, Orsoline, in Foro it., 1980, II, 654 ss.

129 In tal senso PISANI, La tutela penale delle prove formate nel processo, Milano,1959, 234; GRANDE, Giustizia (delitti contro l’amministrazione della), in Dig. disc.pen., VI, Torino 1992, 16; AMARELLI, La ritrattazione e la ricerca della verità, Torino,2006, 94 ss. L’idea che le ipotesi di non punibilità concorrano a razionalizzare il si-stema, rafforzando la funzione della pena come strumento di tutela nei confronti dicomportamenti lesivi, è sostenuta da DONINI, Non punibilità ed idea negoziale, inInd. pen., 2001, 1035 ss.; ID., Le tecniche di degradazione fra sussidiarietà e non pu-nibilità, ivi, 2003, 75 ss.

130 PETTENATI, Ritrattazione della falsa testimonianza e cause estintive della puni-bilità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1964, 558; GUARNERI, La ritrattazione della falsa testi-monianza, ivi, 1973, 747.

Ma certo un inquadramento in questo senso richiederebbe ancorauna volta la preliminare dimostrazione di essere di fronte ad un fattotipico, antigiuridico e colpevole ed in presenza dunque di un completodisvalore oggettivo e soggettivo del fatto 127.

Si tratta infatti di casi tassativi in cui l’ordinamento, a fronte dellapossibilità, in capo all’autore di un reato perfetto, di porre in essereuna contro condotta, acconsente a che il prioritario interesse di tutelasia per questo verso appagato successivamente, così da far passare insecondo piano il contrapposto interesse alla repressione del fatto altri-menti obiettivo della potestà punitiva 128. Il riferimento alla ritrattazio-ne val bene a rendere tangibile l’esaminata prospettiva degli strumentidi tutela a posteriori dei beni giuridici 129. L’accuratezza terminologicache connota l’art. 376 c.p. scolpisce infatti quale presupposto necessa-rio la previa commissione delittuosa, sancendo la non punibilità delcolpevole «nei casi previsti dagli artt. 371 bis, 371 ter, 372 e 373». Lasuddetta formulazione viene con ciò a precisare l’applicabilità dellanorma di favore al solo soggetto risultante autore di un fatto completodegli elementi che lo rendono reato, dimostrandosi nel suo complessosignificativamente distante dalla locuzione presente al comma 3 del-l’art. 56 c.p., che invero non contempla tale presupposto 130.

Il percorso fin qui seguito si interseca allora con la meta già rag-giunta, per cui nel fatto di desistenza non si ravvisa l’immagine tipica

Page 71: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

56 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

131 V. in proposito PAGLIARO, Profili dogmatici delle c.d. cause estintive del reato,in Riv. it. dir. proc. pen., 1967, 480, per cui la punibilità consiste nel «dover esseredella pena dopo la commissione del reato»; PADOVANI, Il traffico delle indulgenze,cit., 399, 410, il quale risolve la punibilità in un concetto di relazione dinamica tral’offesa e la sua conseguenza giuridica. Cfr. anche DONINI, Alla ricerca di un dise-gno, cit., 370 ss. L’Autore sottolinea il «nuovo rapporto» fra non punibilità, ideanegoziale e processo, ripartendo in due tipologie le risposte sostanziali e proces-suali all’illecito, contrassegnate da momenti contrattuali o di scambio, di ripara-zione, di composizione di conflitti o procedimenti amministrativi, a seconda chela prestazione sopravvenuta del colpevole: 1) conduca a una neutralizzazionedell’offesa ovvero del giudizio negativo sulla capacità criminale dell’autore; 2) op-pure miri a realizzare finalità ed esigenze di economia processuale o extrapenalecompletamente autonome rispetto al significato antigiuridico e colpevole del fat-to commesso.

di un illecito penale, dal momento che nemmeno del delitto tentato sirinvengono gli elementi essenziali, tra i quali v’è da contare anche unfattore interruttivo involontariamente occorso.

Rimane tuttavia ancora da chiarire la ratio al fondo di questa con-clamata carenza di tipicità. E quindi il “vero” ruolo assegnabile alla de-sistenza, che ragionevolmente non si riduce a confermare a contrarioquanto esplicato dal comma 1 dell’art. 56 c.p.

Per rispondere all’interrogativo è d’uopo coinvolgere nella riflessio-ne un ulteriore profilo del fatto di rilevanza penale. In particolare, sefin qui si è proceduto secondo le cadenze classiche della logica tripar-tita, si può ora profilare una integrazione di questa, per mezzo di unanotazione al cui approfondimento si rinvia: l’inapplicabilità della pe-na, perché il fatto non costituisce reato, è pure connessa alla carenzadi una reale offensività della situazione tipica, a mente dell’art. 49,comma 2, c.p.

Non è allora superfluo rimarcare, all’esito di questa puntualizza-zione, come la causa ultima e la guida della non punibilità a fronte diun accadimento conforme al tipo si lasci intravedere nelle vicendeche coinvolgono l’offesa, nelle sue eventuali e diversificate modalitàdi effettiva emersione e nel suo relazionarsi con ulteriori parametripenali 131.

Ebbene, l’alternativa tra presenza e mancanza di un “tipo” di offesapenale segna il distinguo tra i casi fino ad ora passati in rassegna e ladesistenza. Se nei primi il disvalore si è quantomeno formalizzato, si ècioè manifestato in una modalità giuridicamente rilevante, e solo poi è“scomparso”, per essere stato sconfessato da un vaglio in concreto (chene ha rilevato l’irrealtà) ovvero sopraffatto dalla combinata valutazio-ne circa l’assenza originaria dell’antigiuridicità, circa l’assenza di col-pevolezza o dell’opportunità di punire, o la sopravvenuta carenza di

Page 72: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e recesso nei percorsi tracciati dalla disamina scientifica 57

132 Cfr. PROSDOCIMI, Profili penali del postfatto, cit., 28.

quest’ultima, nella seconda è mancato proprio il momento basico diemersione dell’offesa.

La diversa rilevanza attribuibile alla non punibilità afferente alledue macro-categorie sopra tratteggiate si coglie quindi nel diverso rap-porto funzionale che ciascuna assume rispetto all’illecito penale: soloentro i confini della desistenza è l’idea stessa di reato (delitto) che sidissolve, perché il fatto non ha incrinato, neppure virtualmente, l’effi-cace protezione dell’interesse svolta dalla norma incriminatrice.

7. Un nuovo “sentiero” nell’interpretazione dei fenomeni di recesso

Le considerazioni appena accennate sembrano allora dare agio del-la sperimentabilità di un diverso terreno di studio della desistenza, ovevalorizzarne il profilo di volontaria inoffensività rispetto al delitto con-sumato la cui esecuzione era stata attivata.

L’intervento di un fattore esterno ed involontario, che limita la rile-vanza penale della condotta intrapresa alla messa in pericolo del benegiuridico, lascia infatti correre, seppure con una “forza” ridotta, il di-svalore in nuce in quel comportamento. Ne permane, pertanto, l’as-soggettabilità a pena nel nomen del delitto tentato. In contrapposizio-ne, la non punibilità risultante dalla desistenza andrà letta alla luce diuna ricercata vanificazione dell’essenza offensiva in origine rispon-dente alle intenzioni dell’autore. Così che la desistenza stessa non po-trà più essere correttamente intesa come ultimo atto interruttivo del-l’esecuzione 132, materializzandosi in realtà in una contro-esecuzione,o più esattamente in una contro condotta, capace di impedire che as-surga a dimensioni penalmente rilevanti il comportamento preceden-temente tenuto, già (per un attimo) integrante gli estremi della con-dotta tipica del tentativo. Questa (leggi, atti idonei e diretti inequivo-cabilmente a commettere un delitto), dal canto suo realizza – senzadubbio alcuno – la fase iniziale di una situazione offensiva, atta ad es-sere perpetrata fino alla consumazione della lesione o suscettibile di ri-manere eccezionalmente arrestata allo stato di pericolo. Per cui, talemanifestata idoneità alla produzione di un’offesa penalmente rilevan-te, non potrà considerarsi superabile attraverso un mero atto di “al-lontanamento” dal proposito delittuoso.

Occorrerà pertanto vagliare con attenzione la dimensione del com-portamento desistente, per saggiarne la consistenza necessaria a giu-

Page 73: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

58 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

133 Nel senso invece che «si può desistere sempre e soltanto dal tentativo», CON-TENTO, La condotta susseguente al reato, cit., 163.

134 MENGONI, Spunti per una teoria delle clausole generali, in Riv. crit. dir. priv.,1986, 10. V. anche DONINI, Alla ricerca di un disegno, cit., 26.

135 Per la riproposizione dell’offesa dell’interesse protetto quale idea centraleper la costruzione di un diritto penale liberal-democratico, GROSSO, Su alcuni pro-blemi generali di diritto penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2003, 18 ss., 20 ss. Sul tema,tra gli altri, STRATENWERTH, Il diritto penale nella crisi della società industriale, inAA.VV., Materiali per una storia della cultura giuridica, Bologna, 1994, 254 ss.;GROSSO-NEPPI MODONA-VIOLANTE, Giustizia penale e poteri dello Stato, Milano, 2002,147 s., 206 ss. Per una prospettazione, de iure condendo, della soluzione del proble-ma relativo alla non punibilità dei fatti caratterizzati da una offensività marginalenella direzione della c.d. irrilevanza penale del fatto, cfr. DIOTALLEVI, L’irrilevanzapenale del fatto nelle prospettive di riforma del sistema penale: un grande avvenire die-tro le spalle?, in Cass. pen., 1998, 2806; S. FIORE, Osservazioni in tema di clausole diirrilevanza penale, cit., 274 ss.; PIGHI, L’“irrilevanza” del fatto nel diritto penale mino-rile, in Studium iuris, 1999, 71 ss.; BARTOLI, L’irrilevanza penale del fatto, cit., 1473ss.; ID., Aspetti penali sostanziali: le definizioni alternative del procedimento, in Dir.pen. proc., 2001, 173 ss.; SGUBBI, L’irrilevanza penale del fatto quale strumento di se-lezione dei fatti punibili, in AA.VV., Verso una giustizia penale “conciliativa”, a curadi Picotti, Milano, 2002, 159 ss.

stificare la consecutiva impunità: in via di primissima approssimazio-ne, pare invero indefettibile che esso si traduca in una volontaria con-tro condotta che immediatamente trasformi la non equivoca idoneitàalla lesione del bene giuridico, palesata dall’atteggiamento già speso,in univoca idoneità a non offendere l’interesse tutelato. In ultima anali-si, se per desistere all’agente non basta “non continuare” nella condot-ta intrapresa, allora la desistenza non potrà riconoscersi in una merainerzia, risultando di contro compatibile solo con un comportamentoattivo che faccia toccare con mano l’inattualità dell’essenza offensivaaltrimenti connotante l’accadimento.

L’orizzonte della riflessione finisce dunque per divincolarsi dallastretta connessione con il tentativo, scoprendosi ad affrontare una te-matica di respiro ancor più generale: in realtà non si desiste – comenon si recede – dal tentativo, ma dall’esecuzione di un delitto, o megliodalla sua consumazione 133. L’innegabile collegamento tra i commi 1 e3 (e di conseguenza anche comma 4) dell’art. 56 c.p. si presta infine adessere riletto in questa nuova ottica, ove tenere conto, accanto all’au-tonomia dei citati dettati legislativi, del loro combinarsi con gli artt.49, comma 2, e 115 c.p., quali “regole” che graduano la necessaria at-tuazione di una superiore e generale «prescrizione suscettibile di unindefinito perfezionamento» 134: il principio di offensività 135.

Page 74: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

136 Sostiene che la Costituzione non debba porsi a semplice limite ma a fonda-mento stesso della pena e del diritto penale, DONINI, Ragioni e limiti della fondazio-ne del diritto penale sulla Carta costituzionale. L’insegnamento dell’esperienza italia-na, in Foro it., 2001, V, 29 ss.; ID., Metodo democratico e metodo scientifico nel rap-porto fra diritto penale e politica, in Riv. it. dir. proc. pen., 2001, 27 ss. Così, efficace-mente l’Autore sintetizza le essenziali note oggettive del nostro sistema penale, Teo-ria del reato, cit., 31: «L’ordinamento italiano, ad es., postula che i reati debbono es-sere realizzati mediante una azione idonea (art. 49 cpv.); tende a ritenere necessa-riamente presente in ogni delitto un evento dannoso o pericoloso (“da cui dipende

CAPITOLO SECONDO

L’inattualità offensiva della desistenza

SOMMARIO: 1. Il ruolo dell’offesa nel sistema penale: come fattore a sé stante del fatto direato. – 2. Il ruolo dell’offesa nel sistema penale: come connotato della tipicità. – 3.Preludio per una reimpostazione della questione. – 4. La successione tra tipo edoffesa. – 4.1. Le due sponde, del delitto tentato e del reato impossibile. – 4.2. Il cri-nale disegnato dall’art. 49 c.p., tra i commi 1 e 2. – 5. Offesa e desistenza: un “le-game”. Ma quale? – 5.1. “Prima” della reale offensività del fatto tipico. – 6. L’at-tualità dell’offesa penalmente rilevante. – 6.1. Il giudizio sul pericolo penalmenterilevante. – 7. Distinguere l’idoneità degli atti dall’offensività del delitto tentato:una questione di principio. – 8. La figura tipica del delitto tentato: in particolare,l’idoneità degli atti. – 8.1. La nozione di idoneità “ripensata”. – 9. La figura tipicadel delitto tentato: in particolare, l’univocità degli atti. – 9.1. La nozione di univo-cità “ripensata”. – 10. La desistenza e la non attualità dell’offesa. – 10.1. Giudiziodi offensività e desistenza. – 11. La desistenza come ipotesi di quasi delitto. – 11.1.Desistenza e misure di sicurezza. – 12. La piena inoffensività, oggettiva e soggetti-va, del fatto di desistenza. – 12.1. Il distinguo tra quasi reato e quasi delitto.

1. Il ruolo dell’offesa nel sistema penale: come fattore a sé stantedel fatto di reato

La ricerca di un punto di fusione tra le complementari istanze og-gettivistiche e soggettivistiche, sullo sfondo della perenne dialettica trarepressione e prevenzione, si è radicata nella storia e nella logica del si-stema penale italiano, per trovare infine un fondamento positivo nellastessa Carta costituzionale 136. Il bene supremo dell’individuo, la libertà

Page 75: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

60 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

l’esistenza del reato”) come conseguenza dell’azione od omissione (artt. 40 e 43c.p.); prescrive parimenti che gli atti idonei che non abbiano raggiunto l’evento de-littuoso debbano, per risultare punibili, essere anche inequivocamente diretti allalesione (art. 56 c.p.); esclude la punibilità per la lesione cagionata da atti pure ido-nei, quando il risultato sia dipeso da fattori sopravvenuti da soli sufficienti a deter-minare l’evento (art. 41 cpv.) o da caso fortuito o forza maggiore (art. 45 c.p.);esclude infine, stante la non punibilità del reato putativo, che un’azione (esterna)sia punibile solo perché è ritenuta tale dall’agente (art. 49, comma 1, c.p.): l’ordina-mento, in breve, privilegia un diritto penale del fatto rispetto a un diritto penaledella volontà o dell’autore».

137 Ampia la rassegna dei rinvii per una più approfondita disamina del fonda-mento costituzionale del principio di offensività, desunto: dall’essere il sacrificiodella libertà personale ammesso solo a costo della tutela di un altro interesse costi-tuzionalmente rilevante; dalla specifica funzione, anche rieducativa, attribuita allapena rispetto alla misura di sicurezza, per cui la mera disobbedienza non legittimal’incriminazione; dall’intendere il fatto comprensivo pure dell’evento offensivo. Cfr.BARATTA, Positivismo giuridico e scienza del diritto penale. Aspetti teorici e ideologicidello sviluppo della scienza penalistica tedesca dall’inizio del secolo al 1933, Milano,1966, 61 ss.; BRICOLA, Teoria generale del reato, in Noviss. Dig. it., XIX, Torino, 1973,7 ss., 28 ss.; ANGIONI, Contenuto e funzioni del concetto di bene giuridico, Milano,1983, 20 ss. Sulla costruzione del reato come offesa dell’interesse protetto si rinviaalle fondamentali idee di M. GALLO, Dolo (diritto penale), in Enc. dir., XIII, Milano,1964, 781 ss.; ID., I reati di pericolo, in Foro pen., 1969, 8; ID., Appunti di diritto pe-nale, II, Il reato. Parte I. La fattispecie oggettiva, Torino, 2000, 19 ss. Si veda ancoraNEPPI MODONA, Il reato impossibile, Milano, 1965; ID., Reato impossibile, in Dig. di-sc. pen., XI, Torino, 1996, 259 ss.; ed altresì C. FIORE, Il reato impossibile, Napoli,1959; ID., Il principio di offensività, in Ind. pen., 1994, 280 ss.; MUSCO, Bene giuridi-co e tutela dell’onore, Milano, 1974, 59 ss., 81 ss.; VASSALLI, Considerazioni sul prin-cipio di offensività, in Scritti in memoria di Ugo Pioletti, Milano, 1982, 617 ss.; MA-NES, Il principio di offensività. Tra codificazione e previsione costituzionale, inAA.VV., Meritevolezza di pena e logiche deflattive, a cura di De Francesco e Venafro,Torino, 2002, 15 ss., il quale sottolinea come nella dimensione attuale il principiodi offensività appaia privo di uno statuto giuridico-dimostrativo vincolante l’opzio-ne legilativa e refluisca così nel giudizio di ragionevolezza, per cui emblematica intal senso sarebbe la decisione di illegittimità costituzionale che ha investito l’art.708 c.p. (cfr. Corte Cost., 2 novembre 1996, n. 370, in Giur. cost., 1996, 3351 ss.);ID., Il principio di offensività nel diritto penale. Canone di politica criminale, criterioermeneutico, parametro di ragionevolezza, Torino, 2005. Ancora, sulla eterogeneitàdel giudizio di ragionevolezza e sulla sua irriducibilità ad un principio unitario emonocromo, PALADIN, Ragionevolezza (principio di), in Enc. dir., Agg. I, Milano,1997, 899 ss., 902 ss. Si veda pure LICCI, Ragionevolezza e significatività come para-metri di determinatezza della legge penale, Milano, 1989.

personale, ha così vincolato l’imposizione della sanzione criminaleall’esigenza di tutelare interessi giuridicamente rilevanti a fronte di fat-ti portatori di un disvalore socialmente apprezzabile: che fossero, indue parole, realmente offensivi per non risolversi in situazioni di meradisobbedienza od inosservanza di precetti puramente formali (artt. 13,25 e 27 Cost.) 137.

La norma penale assume di conseguenza il ruolo di strumento “e-

Page 76: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 61

138 Eredità speculativa prontamente raccolta da copiosa giurisprudenza, per lacui efficace sintesi si rinvia a MANES, Il principio di offensività nel diritto penale, cit.,248 ss.

139 Cfr. l’esperienza mai decollata della Commissione Bicamerale per la revisio-ne della Costituzione (1997-1998) e del suo art. 129, che al comma 2 prevedeva:«Non è punibile chi ha commesso un fatto previsto come reato nel caso in cui essonon abbia determinato una concreta offensività». In generale sull’art. 129 della Bi-camerale si evidenziano le critiche mosse da PALAZZO, Le riforme costituzionali pro-poste dalla Commissione bicamerale, B) diritto penale sostanziale, in Dir. pen. proc.,1998, 41, e FIANDACA, La legalità penale negli equilibri del sistema politico-costituzio-nale, in Foro it., 2000, V, 137 ss., 141 ss.

140 Esalta l’offensività come tecnica di rilettura di istituti e modelli penalisticigià a livello di parte “generale”, con riferimento precipuo ai delitti di attentato, aireati a dolo specifico, ai reati di pericolo ed alle ipotesi omissive, MANES, Il princi-pio di offensività nel diritto penale, cit., 257 ss.

141 Sul distinguo tra le due concezioni del reato, realistica e metodologica, v. PA-DOVANI, Diritto penale, Milano, 2006, 80 ss.

142 La tesi qui discussa – c.d. concezione realistica del reato – risale a M. GALLO,Il dolo. Oggetto e accertamento, cit.; ID., Dolo, cit., 781 ss. Approfondita da NEPPI MO-DONA, Il reato impossibile, cit., l’impostazione è stata seguita anche da altri autore-voli giuristi, v. per tutti BRICOLA, Teoria generale del reato, cit., 72 ss. Per una analisidei suoi antecedenti culturali e giuridici, individuabili essenzialmente nella conce-zione materiale dell’antigiuridicità, VINCIGUERRA, Appunti sull’inoffensività, la te-

stremo” della protezione di una situazione di valore, e la fisiologia delreato si arricchisce di un ulteriore fattore, non potendo prescinderedall’offesa di un bene giuridico 138, che è quanto imprime al fatto uma-no il carattere della sanzionabilità a mezzo della pena e della misura disicurezza 139.

La precisazione del ruolo che il momento dell’offesa svolge a livellostrutturale ed ermeneutico è pertanto divenuta l’occasione di un inten-so confronto dogmatico, subito indirizzatosi a vagliare le connessionicontenutistiche tra tentativo e reato impossibile 140.

In particolare, i risultati dell’impegno scientifico dedicato a questedisposizioni hanno costituito il fondamento di teoriche contrapposte,imperniate rispettivamente sull’idea dell’autonomia e dell’intersecazio-ne dei requisiti dell’offensività e della tipicità: l’offesa ora si avvede co-me una componente esterna, distinta e complementare (nella costru-zione del reato) rispetto al tipo; ora si intende come fattore implicitodella tipicità, elemento integrativo indefettibile della figura tipica 141.

L’una concezione si sviluppa sulla premessa che l’art. 49 cpv. non silimiti ad un superfluo “raddoppio” del disposto sul delitto tentato, maesprima piuttosto un principio generale dell’ordinamento richiedendol’accertamento nella situazione concreta, apparentemente conformealla descrizione normativa, di un disvalore effettivo 142. Ciò permette-

Page 77: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

62 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

nuità dell’offesa e la tenuità del reato in Italia nel secondo Novecento, in Studi in ono-re di Giorgio Marinucci, a cura di Dolcini e Paliero, II, Milano, 2006, 2083 ss.

143 PAGLIARO, Principi di diritto penale, cit., 228 ss.144 NEPPI MODONA, I concetti di “idoneità degli atti” e “inidoneità dell’azione”.

Struttura e accertamento, in Riv. it. dir. proc. pen., 1963, 753 ss.145 NEPPI MODONA, I concetti di “idoneità degli atti” e “inidoneità dell’azione”, cit.,

780 ss.146 Per una critica, cfr. E. GALLO, Reato impossibile per apparente consumazione,

in Riv. it. dir. proc. pen., 1964, 1126 ss.147 E. GALLO, Il delitto di attentato nella teoria generale del reato, Milano, 1966,

229 ss.

rebbe di approdare all’assunto per cui l’inesistenza del reato, che dà ra-gione della non punibilità del reato impossibile, consegua alla pro-spettazione del fatto come tipico ma non offensivo.

L’altro indirizzo, distintamente, conviene della mancata integrazio-ne di una fattispecie penale laddove il fatto risulti inoffensivo, per es-sere questo non corrispondente al tipo normativo 143.

Prendendo le mosse dal diverso referente dell’(in)idoneità contem-plato nelle norme in richiamo (“azione” ex art 49, comma 2, c.p., “atti”ex art. 56, comma 1, c.p.), la concezione realistica del reato, che noto-riamente confeziona la prima delle impostazioni richiamate, si trovaquindi a divaricare la situazione in cui gli atti non integrano tutti e cia-scuno degli elementi compositivi della fattispecie di parte speciale (de-litto tentato), dall’ipotesi di una azione formalmente conforme alla de-scrizione legislativa eppure di inesistente contenuto lesivo (reato im-possibile) 144.

Il dato normativo contenuto nell’art. 49 viene difatti assunto a di-gnità di codificatore dell’elemento costitutivo dell’offesa, da indagarsiex post una volta radiografato il fatto come conforme alla figura di par-te speciale. Mentre all’idoneità ex art. 56 c.p. si assegna il duplice ruo-lo di criterio di tipizzazione di fatti altrimenti estranei alla dimensionepenale giusto il dettato dell’art. 1 c.p., e di spia dell’indefettibile sussi-stenza di un evento giuridico 145, da vagliarsi in questo campo a mezzodella prognosi postuma, posto che termine di riferimento è il delitto“in prospettiva” 146.

Tirando le fila del ragionamento, si ritiene che per aversi un reatoal cospetto di una situazione specchiabile in un certo tipo, tentato oconsumato, è impossibile riscontrare una lacuna quanto alla materia-lizzazione del relativo disvalore 147. La risposta penale viene dunque ri-gorosamente ancorata ad un mutamento negativo nell’assetto degli in-teressi da proteggere: ove questo non compaia, rimane disattesa – di

Page 78: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 63

148 VANNINI, Il reato impossibile, in Scritti giuridici in onore di Manzini, Padova,1954, 475 ss.; MARINI, Lineamenti del sistema penale, cit., 584 ss.

149 NEPPI MODONA, Il reato impossibile, cit., 106 ss.150 BRICOLA, Teoria generale del reato, cit., 79.

più, smentita – l’idea lesiva che invece si intende genericamente impli-cata nel concretizzarsi della vicenda tipica.

Una così acuta prospettazione lascia tuttavia sul campo talune per-plessità, che in primo luogo emergono con riguardo allo sdoppiamen-to ingenerato all’interno del capoverso dell’art. 49 c.p. Il principio di of-fensività poggerebbe difatti unicamente sulla locuzione che qualificacome inidonea l’azione incapace di produrre l’evento dannoso o perico-loso, mentre l’inesistenza dell’oggetto convergerebbe a delineare un con-fine negativo della punibilità a titolo di conato, limitando dall’esterno ilgiudizio d’idoneità relativo agli atti tentati.

In dettaglio, si sostiene come l’inesistenza di cui si tratta attenga al-l’oggetto materiale della condotta: non convince, difatti, il tracciato al-ternativo che la ascrive al concetto di oggetto giuridico 148, in contrastosia con il senso comunemente attribuito all’espressione dalla tradizio-ne esegetica sia con la lettera normativa che distintamente richiamal’evento dannoso o pericoloso.

Pertanto, a stare a queste conclusioni, mentre l’idoneità dell’azionesi erige a carattere strutturale di portata generalissima, l’inesistenza del-l’oggetto viene attratta nella dimensione logica del tentativo, atipico ri-spetto all’ipotesi consumata, imponendosi come disciplina speciale 149.

Ciò non toglie che questa seconda prescrizione di impunità – perinesistenza dell’oggetto dell’azione – rimanga in sintonia con la primatipologia di reato impossibile, prescrivendo pur sempre una diagnosidell’effettiva situazione concreta, in ordine alla quale sia già stata ri-solta positivamente la prognosi di idoneità stabilita per gli atti tentati.

Proseguendo nelle notazioni di dubbio, si rammenta pure come ildistinguo tra valutazione dell’idoneità ex ante, afferente al tentativo, edex post, per il reato impossibile, abbia lasciato spazio alla configurabi-lità di ipotesi punibili definite di «tentativo inglobato in un fatto con-forme al tipo del delitto consumato» 150. Tali i casi in cui, superata lafase del tentativo punibile, un elemento rilevante ai fini della presumi-bile consumazione si sia realizzato in forma inoffensiva. In siffatte eve-nienze si sente invero l’occorrenza di interpretare meno rigidamente lalettera dell’art. 56, in modo da includervi quelle situazioni in cui l’even-to, pur materialmente verificatosi, non sia stato cagionato in senso pe-nalmente rilevante.

Page 79: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

64 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

151 STELLA, La teoria del bene giuridico e i c.d. fatti inoffensivi conformi al tipo, inRiv. it. dir. proc. pen., 1973, 24 ss.

152 STELLA, La teoria del bene giuridico, cit., 21 s. Per analoghi rilievi, v. ancheVINCIGUERRA, Appunti sull’inoffensività, cit., 2088, che prosegue: «Riportare l’art. 49,comma 2, c.p. nell’alveo del tentativo implica così che l’inidoneità dell’azione non

2. Il ruolo dell’offesa nel sistema penale: come connotato della ti-picità

Ben si avvede come la combinazione, proposta in questi termini, traconformità al tipo quale “marchio d’origine” di lesività e sostanzialeoffesa del fatto concreto, sia in armonia con la tendenza ad incentrarel’illecito penale sul requisito dell’idoneità offensiva.

Eppure l’idea ha suscitato decise reazioni.La riproposizione di un diverso coordinamento tra i due esaminati

disposti, annidato nella visione tradizionale che considera l’uno (art.49, cpv., c.p.) riflesso negativo dell’altro (art. 56 c.p.), coglie le imper-fezioni ermeneutiche della tesi fin qui ricordata: in particolare, l’ecces-siva valorizzazione della portata – non vincolante – della rubrica del-l’art. 49 c.p., sola a dichiarare la natura impossibile del reato; l’attribu-zione di uno spessore decisivo ad una locuzione – evento dannoso o pe-ricoloso – intesa come offesa, ancorché la medesima ricorra nell’art. 40c.p. con necessaria allusione all’evento naturalistico; la lettura del ter-mine azione in un senso alternativo agli atti, mentre l’opzione lingui-stica risulterebbe spiegabile col bisogno di creare una “controllabile”linea di confine del sintomo di pericolosità che è referente per l’appli-cazione di una misura di sicurezza.

Il risultato ottenuto attraverso questa esegesi punta dunque adescludere la vigenza di una clausola normativa di parte generale dal te-nore “realistico”, negando in prima battuta che l’azione sia indicativadella conformità al modello legale consumato: si badi, difatti, come afronte di una condotta tipica ma inoffensiva risulterebbe comminatala sola ed eventuale misura di sicurezza, mentre la condotta ex art. 56,addirittura difforme dalla fattispecie consumata, non escluderebbel’irrogabilità di una pena 151.

In secondo luogo, la tesi ha in vista di negare la configurabilità diuna contravvenzione impossibile, ammessa invece dalla lettera del-l’art. 49, cpv., c.p. che per essa lascerebbe in piedi l’applicazione di unostrumento terapeutico-rieducativo. Si intende con ciò evitare la con-traddizione di un sistema che, non prevedendo il tentativo di contrav-venzione, ammetterebbe l’impunità di un’ipotesi di gravità maggiorerispetto alla corrispondente figura “inidonea” 152.

Page 80: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 65

sia riferita al reato (come letteralmente si esprime questa norma) ma al delitto eche la si debba valutare ex ante e non già ex post come, invece, ritengono quanti fan-no coincidere il fatto inoffensivo con il reato impossibile».

153 C. FIORE, Il reato impossibile, cit., 27: «L’art. 49 vale a stabilire, in sostanza, ilprincipio per il quale azione tipica è soltanto quella idonea, quella cioè che non so-lo integra esteriormente un modello legale di reato, ma costituisce altresì aggres-sione effettiva al bene tutelato»; nonché 30 ss.

154 NEPPI MODONA, Il reato impossibile, cit., 79; M. GALLO, Dolo, cit., 783.155 In giurisprudenza, v. Cass., Sez. II, 14 gennaio 2004, Argenta, n. 7630: «L’ini-

doneità degli atti, valida per l’integrazione della figura del delitto tentato, deve es-sere considerata nella sua potenzialità in quanto causalmente atta a conseguire ilrisultato progettato e prescinde dal contemporaneo inserimento di interventi ester-ni che abbiano impedito la realizzazione dell’evento. Mentre per la configurabilitàdel reato impossibile, l’inidoneità deve essere assoluta per inefficienza strutturale estrumentale del mezzo usato tale da non consentire neppure in via eccezionale l’at-tuazione del proposito criminoso».

È bene a questo punto chiarire come tale impostazione non rinne-ghi la vigenza di un principio costitutivo generale di offensività, maquesto riconosca determinato dalla stessa tipicità del fatto, dovendo-si declinare immediatamente l’azione penalmente rilevante attraversol’attributo dell’idoneità. La condotta tipica viene infatti ravvisata negliesclusivi tratti del comportamento che coniughi l’adesione esteriore almodello legale con la forza interiore ad aggredire effettivamente il be-ne tutelato. Per questa ragione, la perfetta corrispondenza della vi-cenda rispetto agli elementi consacrati nella previsione positiva esau-risce il giudizio di sussunzione nel reato, dovendosi sempre accompa-gnare al fatto, inteso come fattispecie, il disvalore penalmente rile-vante 153.

In effetti – è stato accuratamente precisato –, se l’oggetto giuridicodeve trarsi dalla «intiera struttura della fattispecie» 154, non può am-mettersi la divergenza dovuta ad un difetto nella tecnica di astrazione,salvo poi vedersi costretti a negare in radice la ricavabilità del conte-nuto del bene tutelato dal solo modello legislativamente descritto.

In breve, la previsione, come indefettibile, dell’idoneità dell’azioneconsumata, che il sistema colloca nell’art. 49, cpv., c.p., tradurrebbeesattamente questa esigenza basilare di accertamento in concreto del-la tipicità del fatto perché lo stesso possa assurgere a reato e meritarela punibilità. Ecco, allora, che la riaffermazione del requisito della tipi-cità nel disposto sul tentativo – e la connessa negazione di significati-vità penale a situazioni di finta conformità al modello legale – non fa-rebbe altro che salvare l’intima coerenza dell’ordinamento, rendendoincontestabile la dipendenza della (tipicità e dunque della) punibilitàanche degli atti tentati dalla verifica della loro capacità offensiva 155, ri-

Page 81: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

66 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

156 V. C. FIORE, Il reato impossibile, cit., 91: «L’inidoneità dell’azione, che nel rea-to perfetto significa danno verificato, nel tentativo significa pericolo di danno».

157 PAGLIARO, Principi di diritto penale, cit., 421 ss.158 PAGLIARO, Principi di diritto penale, cit., 422.159 C. FIORE, Il reato impossibile, cit., 140 ss.: «Se tipica dev’essere l’azione puni-

bile, tipico l’interesse aggredito, tipico il danno, non meno tipico ha da essere,quando è richiesto, l’oggetto materiale».

scontrabile nel pericolo che l’inizio della violazione si completi in undelitto perfetto 156.

Ulteriori argomenti supportano la teorica dispiegata: l’art. 49 si in-cardina come norma di chiusura di un contesto normativo – che prin-cipia con l’art. 45 – caratterizzantesi proprio per la ripetizione al rove-scio di prescrizioni altrove dettate 157; inoltre la dizione “azione”, piut-tosto che atti, ben si spiega con l’esigenza di puntualizzare la necessa-ria operatività della regola anche per i casi di condotta compiuta; infi-ne, la locuzione riferibile all’evento sta ad indicare non la mera offesa,che ovviamente deve risultare presente anche nel delitto tentato, bensìlo specifico accadimento in cui si accentra il contenuto lesivo del rea-to consumato 158.

Una volta unitariamente tradotta la nozione di idoneità nella peri-colosità della condotta, il relativo criterio di accertamento viene alfinea coincidere con il tradizionale schema di giudizio “a base parziale exante”, scremato dalle circostanze effettivamente esistenti al tempo del-l’azione ed effettivamente capaci di neutralizzarne la pericolosità se edin quanto non conosciute oppure non conoscibili dall’osservatoreesterno o dall’uomo medio.

Del resto, che la possibilità dell’offesa, evocata per il tramite dellaprognosi postuma, sorregga costituzionalmente la punibilità del delit-to tentato, si dimostrerebbe proprio nell’ulteriore previsione contenu-ta nel comma 2 dell’art. 49 c.p., ove l’assenza dell’oggetto materialeesclude la tipicità della condotta nella misura in cui, mancando un og-getto dotato delle imprescindibili caratteristiche selezionate dal mo-dello legale, l’azione appare necessariamente inoffensiva 159. La normaavrebbe quindi il non secondario pregio di ancorare il saggio della pe-ricolosità al metro dell’anteriorità di tale mancanza rispetto all’estrin-secarsi degli atti, così allontanandolo dai diafani parametri della rela-tività (contro l’assolutezza) o della transitorietà (contrapposta alla per-manenza) dell’inesistenza, incapaci di distinguere con nettezza l’impu-nita inesistenza e la semplice mancanza momentanea dell’oggetto.Della prima si viene infatti discutendo ove la vittima del potenziale kil-ler, che spara colpi verso il letto vuoto, sia fuori della casa; della se-

Page 82: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 67

160 Cfr. BETTIOL, Bene giuridico e reato, in Riv. it. dir. pen., 1938, 15, per cui ilprincipio di offensività schiude uno «sguardo introspettivo nella realtà delle cose».

161 Così PETROCELLI, Principi di diritto penale, I, Padova, 1943, 328.

conda, ove la stessa vittima sia temporaneamente assente, ad esempioper essersi recata presso altra stanza.

Eppure, se è vero che l’art. 56 c.p. si “limita” a consolidare quel mo-do d’essere generale del delitto come fatto “legalmente” offensivo giàproclamato nell’art. 49 c.p., non convince intravedere in quest’ultimodisposto l’anticipazione di una particolare ipotesi di inidoneità degliatti tentati, irragionevolmente sottratta alla più congrua area semanti-ca della consecutiva disposizione.

Chiaro, peraltro, che la medesima obiezione critica permarrebbepure ove l’idoneità venisse ricercata secondo un modulo “ex ante a ba-se totale”, mettendo in conto ogni evenienza sussistente al tempo delcomportamento che si dimostri incline a disinnescarne l’offensività: ilreato impossibile per inesistenza dell’oggetto si atteggerebbe, ancorauna volta, a prefigurazione del dettato dell’art. 56 c.p., proclamandol’inidoneità della condotta tentata che si dimostri non pericolosa no-nostante la ragionevole verosimiglianza del contrario.

3. Preludio per una reimpostazione della questione

Una volta delineato, pur con questi veloci richiami, il quadro gene-rale, non riesce difficile individuare il momento di affinità delle purasimmetriche prospettazioni. Nessuna, difatti, si accontenta di identi-ficare l’illecito penale attraverso la corrispondenza del fatto storico alfenotipo descritto nel modello legale, ma entrambe ne condizionano lariconoscibilità al ravvisarsi di un effettivo contrasto tra il significatoassunto dalla vicenda ed i valori della collettività. Entrambe, cioè, scin-dono quella “presunzione” di offensività che è in fondo il portato delladescrizione naturalistica fornita dal dato tipico, dall’apprezzamento“realistico” concernente la dimensione del disvalore creato dall’avveni-mento umano 160. Per cui quest’ultimo carattere, lungi dall’essere datoper scontato a fronte dell’accertamento del primo, occupa un proprioe distinto spazio di accertamento.

Non irrilevante, tuttavia, è il residuo margine differenziale. Se siconclude che l’offesa al bene protetto trova la sua realizzazione in unocon il verificarsi del fatto tipico 161, ebbene alla stessa offesa non si at-tribuisce un autonomo ruolo strutturale della fattispecie, esaurendo

Page 83: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

68 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

162 In giurisprudenza, Pret. Dolo, 10 febbraio 1998, Baratto, in Cass. pen., 1998,2737 ss., con osservazioni di BARTOLI, Inoffensività del fatto e interpretazione teleolo-gica della norma. In dottrina cfr. STELLA, La teoria del bene giuridico, cit., 3 ss., 19 ss.;MANTOVANI, Il principio di offensività del reato nella Costituzione, in Scritti in onoredi Costantino Mortati, IV, Milano, 1977, 452 ss., 477 ss.; FIANDACA, Note sul principiodi offensività e sul ruolo della teoria del bene giuridico tra elaborazione dottrinale eprassi giurisprudenziale, in AA.VV., Le discrasie tra dottrina e giurisprudenza in di-ritto penale, a cura di Stile, Napoli, 1991, 72; ID., L’offensività è un principio codifi-cabile?, in Foro it., 2001, V, 1 ss.; PALAZZO, Meriti e limiti dell’offensività come princi-pio di ricodificazione, in AA.VV., Prospettive di riforma del codice penale e valori co-stituzionali, Milano, 1996, 83 ss.; DI SALVO, Principio di offensività, cit., 2756 ss.; RO-MANO, Commentario sistematico, I, cit., 514 s.

163 Si rammenti che nel dibattito sul principio di offensività era stata proposta,o comunque valutata positivamente, la tecnica di costruire in talune ipotesi l’offesanon come evento ma come condizione obiettiva di punibilità, allo scopo di sottrar-la a manipolazioni dipendenti dalla disponibilità che si lascerebbe all’autore nel va-lutare la lesività del suo comportamento nel caso in cui l’offesa, essendo elementodel fatto, divenisse necessario oggetto del dolo. Così NEPPI MODONA, Concezione rea-listica del reato, cit., 184 ss.; VASSALLI, Considerazioni sul principio di offensività, cit.,676 ss. Sulla natura altamente rischiosa dell’individuazione di un piano d’interessiesterno al fatto tipico oggetto del dolo, capace di produrre mutazioni nell’area delpenalmente rilevante, e quindi di intaccare la stessa legalità penale, DONINI, Le con-dizioni obiettive di punibilità, in Studium iuris, 1997, 595 ss., che si sofferma sul-l’esigenza, ad oggi elusa, di una previsione espressa delle condizioni obiettive di pu-nibilità.

piuttosto la sua funzione in quella di ratio dell’incriminazione. In taleottica è stato infatti sostenuto come sia l’esegesi teleologica della nor-ma – ove passa in primo piano la considerazione degli scopi di tutelaperseguiti dal legislatore – a risolvere i problemi applicativi posti dallerilevate ipotesi di sfasatura tra vicenda apparente e suo significato rea-le: nei casi di discrasia l’atipicità del fatto discenderebbe dall’esserequesto, in quanto inoffensivo, non conforme al modello legale finali-sticamente interpretato 162.

La costruzione esegetica così sintetizzata fa ovviamente leva sull’in-discutibile distinguo che scorre tra offesa ed effetto sensorialmentepercepibile: l’incidenza del fatto sul piano degli interessi tutelati dal di-ritto non è un qualcosa che, al pari dell’evento naturalistico, si distac-chi nettamente e “visivamente” dalla condotta umana, costituendoneun risultato in termini propriamente fenomenologici. Nondimeno, oc-corre interrogarsi sulla bontà di una conclusione che quell’offesa dise-gna come un mero scopo della disciplina legislativa, quando invece al-la medesima va sicuramente assegnato il compito di tracciare la “linearossa” che “fisicamente” separa il fatto nella sua dimensione rappre-sentativa di un accadimento materiale attribuibile all’uomo (fatto tipi-co), dal fatto realmente qualificabile con l’attributo di criminale 163.

Page 84: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 69

164 Cfr. in proposito, per tutti, ANGIONI, Contenuto e funzioni del concetto di benegiuridico, cit., 20 ss., 34 ss.

165 ANGIONI, Contenuto e funzioni del concetto di bene giuridico, cit., 141 ss.166 Per cui, il bene in parola può essere soltanto un interesse della vita sociale

preesistente alla tutela penale e dotato di rilevanza costituzionale. D’altronde, unprocedimento ermeneutico che intenda evitare assurdi apriorismi non può fare ameno di partire da una prima lettura della fattispecie per individuare le possibili di-rezioni lesive della condotta tipica: all’esito di tale operazione preliminare, saràpossibile verificare quali tra le possibili offese rappresenti la lesione di un bene pe-nalmente tutelabile. Da qui, individuato il bene giuridico, è possibile procedere aduna compiuta delimitazione della fattispecie in chiave di lesività rispetto a quel be-ne. Sul tema del “circolo ermeneutico” tra fattispecie e bene giuridico, cfr. in gene-rale KAUFMANN, Beiträge zur Juristischen Hermeneutik. Sowie weitere rechtsphilo-sophishe Abhandlungen, Köln-Berlin-Bonn-München, 1984, 65 ss.; KAUFMANN-HAS-SEMER, Einfhürung in Rechtsphilosophie und Rechtstheorie der Gegenwart, Heidel-berg, 1989, 126 ss.

167 Frequenti anche le applicazioni giurisprudenziali del principio di offensività,v. ZAGREBELSKY, Contenuti e linee evolutive della giurisprudenza in tema di rapportitra tassatività del fatto tipico e lesività, in AA.VV., Problemi generali di diritto penale.Contributo alla riforma, a cura di Vassalli, Milano, 1982, 417 ss.; RICCARDI, I “confinimobili” del principio di offensività, in Ind. pen., 1999, 720 ss. In giurisprudenza,Cass., Sez. I, 15 maggio 1989, Lungaro, in Cass. pen., 1991, 572 ss., con nota di CA-STELLANI, L’art. 49 c.p. tra tentativo e reato impossibile; Trib. Roma, 2 maggio 2000,Ostensi, ivi, 2001, 2532 ss., con nota di GROSSO, Proscioglimento per furto di cose divalore particolarmente esiguo, cit., 2535 ss. In proposito si vedano gli interventi del-la Corte Costituzionale in argomento, sent. 26 marzo 1986, n. 62, in Cass. pen.,1986, 1053 ss., con nota di PALAZZO, Ragionevolezza delle previsioni sanzionatorie edisciplina delle armi e degli esplosivi, 1694 ss.; sent. 11 luglio 1991, n. 333, in Giur.cost., 1991, 2646 ss.; sent. 24 luglio 1995, n. 360, in Cass. pen., 1995, 2820 ss.; sent.11 luglio 2000, n. 263, ivi, 2000, 2951 ss.; sent. 21 novembre 2000, n. 519, ivi, 2001,818 ss., con nota di BENIGNI, Ribadito dalla Corte costituzionale il principio di neces-saria offensività del reato, 2015 ss.; sent. 17 luglio 2002, n. 354, in Foro it., 2003, I,2923; sent. 4 maggio 2005, n. 265, ivi, 2006, I, 18. Da ultimo, v. Cass., Sez. Un., 24aprile 2008, Di Salvia, n. 28605; Cass., Sez. IV, 28 ottobre 2008, Nicoletti, n. 1222.

Nell’indagare sulla sussistenza di questa componente esistenziale del-l’illecito penale, a guida non dovrà essere chiamato lo scopo, ovvero laratio, della norma, che si impegna a spiegare quali siano le funzionipolitico-criminali della fattispecie 164. Quanto piuttosto il bene che lastessa fattispecie tutela e che è il referente del pregiudizio vietato, ilquale assolve una funzione ideologica 165 e socio-culturale 166 che neimpedisce la ricavabilità esclusivamente dalla nuda lettera della nor-ma penale.

Le argomentazioni già sviluppate indirizzano difatti a risponderealla domanda su cosa integri la contrarietà alla norma, violata attra-verso la realizzazione della fattispecie tipica, avvalendosi del concettodi offensività 167. A prescindere (per un attimo) dalla specifica colloca-

Page 85: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

70 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

168 Così MARINI, Reato, in Enc. giur., XXVI, Roma, 1991, 10 ss. Sostiene chel’oggetto giuridico è diverso per ogni reato in quanto è definito nel singolo casodall’integrazione del bene con le «circostanze collaterali dalle quali dipende la en-tità dell’allarme sociale», PAGLIARO, Principi di diritto penale, cit., 227. In argomen-to v. ZAZA, L’oggetto giuridico del reato. Un’analisi giurisprudenziale, Milano, 1999,88.

169 Critico DONINI, Alla ricerca di un disegno, cit., 86 s., che a proposito della con-cezione realistica conclude: «Si tratterebbe, in sostanza, di una mera operazionecorrettiva – conforme alla volontà della legge – diretta ad escludere quei comporta-menti che rientrano nello schema legale solo per un eccesso della sua gittata defi-nitoria formale, della sua capacità semantica: la legge “plus dixit quam voluit”. Ora,è a tutti noto che una simile operazione ermeneutica presenta margini progressi-vamente ristretti quanto più la legge abbia costruito i fatti di reato su tipologie do-ve la singola condotta inosservante non potrà mai da sola ledere il bene finale pro-tetto, ovvero fatti di trasgressione formale di regole preventivo-cautelari o di pre-scrizioni dell’Autorità, autorizzazioni, ecc., che scontano in anticipo la possibilitàdi incriminare comportamenti non lesivi di beni sostanziali indirettamente protet-ti, ma comunque lesivi di interessi strumentali (beni organizzatori, mere funzionidi controllo, finalità preventive, ecc.), comunque pericolosi se letti in una prospet-tiva ex ante. Da qui la indicata ambiguità della concezione realistica: applicarla “aforza” su un modello di legislazione così concepito e realizzato, significherebbe inrealtà tradire la voluntas legis, anziché attuarla come parrebbe suggerire la conce-zione in esame: ammettere oggi che l’esercizio abusivo della professione (art. 348c.p.) sia inoffensivo perché sarebbe stata rilasciata abilitazione in caso di rituale eprevia domanda amministrativa, significherebbe trascurare la volontà della leggedi colpire tutti, trasgressori della stessa procedura di controllo amministrativo (be-ne-oggetto), al di là della reale messa in pericolo della corretta esecuzione dellemansioni lavorative coinvolgenti i significativi interessi (privati e pubblici) che af-feriscono alle varie professioni abilitate (beni-scopo)».

170 M. GALLO, Dolo, cit., 784 e 787.

zione dogmatica di volta in volta conferitagli, si tratta invero di un pro-filo pacificamente assunto dal panorama scientifico come condizio-nante l’incriminazione. La quale esige non solo la realizzazione di unfatto materiale che combaci con l’ideal-tipo sanzionato dalla legge inquanto ritenuto generalmente ed astrattamente lesivo o pericoloso ri-spetto allo specifico interesse tutelato, ma anche l’accertamento inconcreto di un simile carattere offensivo.

Si può quindi affermare che tipicità formale e contenuto di disvalo-re del fatto tipico procedono di pari passo a dipingere il modello pena-le entro cui va sussunto l’episodio concreto, che è “un caso” di offesada sondarsi quanto a natura ed intensità 168. Ove, pertanto, non sia da-to riscontrare nella vicenda il necessario requisito dis-valutativo 169,non potrà dirsi integrato quel carico di significato negativo che vale arendere il fatto causa efficiente di conseguenze giuridiche penalisti-che 170.

Disciplinare la possibile (e marginale) disfunzione tra questi ele-

Page 86: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 71

171 Obiezioni critiche sono state mosse da STELLA, La “descrizione” dell’evento, I,L’offesa e il nesso causale, Milano, 1970, 54 ss., il quale ha rilevato che l’art. 49, com-ma 2, non concorre in alcun modo ad individuare la natura degli interessi tutelati,per cui si sostiene che l’interesse deve rintracciarsi sulla base della descrizionenormativa delle singole figure di illecito oppure che l’art. 49 rinvia a criteri di valu-tazione extranormativi. Critico anche NUVOLONE, I limiti taciti della norma penale,Padova, 1972, 18, che conclude come «il principio di legalità … e la certezza del di-ritto non sarebbero più ancorati alla legge, ma ai valori sostanziali immanenti nel-la società e in continua evoluzione».

172 M. GALLO, Dolo, cit., 783; NEPPI MODONA, Il reato impossibile, cit., 79.

menti (tipo-offesa; fattispecie tipica-fattispecie offensiva ovvero real-mente criminosa) sancendo la conseguente inapplicabilità della san-zione penale, non costituisce, allora, la rilevazione di una frattura cheincrina la logica del sistema 171, quanto la presa di coscienza dell’impo-tenza legislativa a sostenere in modo assoluto la mediazione tra l’ipote-si astrattamente descritta, dalla cui “intima struttura” il bene giuridicoviene dedotto 172, e la sua reale criminosità.

La partizione teoretica così proposta permette infine di suggerireuna diversa impostazione nell’analisi degli istituti del delitto tentato edel reato impossibile, mettendone in luce la distinta funzionalità ri-spetto ai due momenti del sillogismo giuridico appena evidenziati. Sitratta invero, nel prosieguo della disamina, di verificare la ragionevo-lezza di una demarcazione tra l’art. 56 (comma 1) e l’art. 49 (comma 2)c.p., che nel primo riconosca il luogo di disciplina del fenomeno deltentativo nella sua struttura tipica (ovvero fisica), mentre assegni al se-condo il ruolo di sancire la natura essenziale dell’adeguatezza offensi-va, quale fattore irrinunciabile perché una qualsiasi manifestazione(tipica) del comportamento umano sia catalogabile nelle pagine deicrimini.

4. La successione tra tipo ed offesa

Fin qui si è sostenuto come la definizione di reato scaturisca dalcombinarsi dei connotati formali tipici con la realtà del pregiudizioche gli stessi comportano. Dal divergere di queste due dimensioni na-sce bensì un fatto il cui significato non coincide con quello tecnico-giu-ridico di entità legale punibile.

Ciò apre ad una scissione all’interno della norma. Da un lato essa sicompone di un versante formale e rappresentativo, ove si racconta intermini naturalistici l’accaduto umano che plausibilmente arreca il di-svalore che l’ordinamento si propone di reprimere; dall’altro delinea

Page 87: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

72 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

173 Cfr. NEPPI MODONA, Il reato impossibile, cit., 402 ss.; BRICOLA, Teoria generaledel reato, cit., 7 ss.

un versante “significante”, che è destinato ad “animare” quella sorta didiapositiva. Relativamente al primo, il compito dell’attività ermeneuti-ca è appurare la sovrapposizione tra il singolare accadimento storico el’immagine fotografata dalla norma; con riguardo al secondo, l’esege-si, opportunamente valorizzando il contesto socio-culturale in cui è ca-lata la fattispecie penale, è chiamata ad estrapolare il messaggio che ladisposizione comunica (sic, voleva comunicare) al soggetto attore-ri-cevente, in modo da vagliarne nel caso di specie l’effettiva elusione.

Vero è che i due profili tendenzialmente si riscontrano allineati, percui la situazione già riconosciuta come tipica si rivela anche effettiva-mente portatrice di quella lesività alla cui punizione è stata deputata laredazione della fattispecie astratta. Ciò ben pare il segno e della ragio-nevolezza e della determinatezza, sub specie di verificabilità, dell’ipo-tesi incriminatrice.

Ma tanto non sembra invalidare l’idea di una loro separazione con-cettuale, peraltro avallata dalla giurisprudenza, anche costituzionale,impegnata nell’analisi delle vicende normative (esegetiche) intertem-porali: qui si insegna che fatti tipici immutati, e quindi stabili nella lo-ro fenomenologia naturalistica, possono risultare mobili quanto ad of-fensività, per il mutevole atteggiarsi del disvalore punibile. Per cui que-sto, ora si espande fino a coprire fatti prima pensati come irrilevanti –è la storia dei delitti contro la libertà religiosa – ora si ritrae in più ri-stretti spazi operativi – nell’evoluzione di costumi e di linguaggio cheaccompagna ad esempio l’intendimento dei pregiudizi all’onore.

E non meno rara è l’ipotesi inversa, quella cioè in cui l’illecito penale,pur mutando la tipicità del fatto in cui esso consiste, rimane agganciatoalla stessa “idea” offensiva: così per l’abuso d’ufficio, che nel passaggiodalla versione innominata a quella determinata ha acquistato una visi-bilità non esattamente sovrapponibile a quella precedente, ma per unabuona parte tesa a perseguire lo stesso orizzonte di criminalizzazione.

Il “perché” del reato impossibile può trovare spiegazione proprio al-la luce di simili frangenti: è difatti la sede in cui diviene norma la “ec-cezionale” discrasia tra il tipo ed il disvalore suscettibile di emergereda quelle modalità fattuali legislativamente descritte. La mancanza dioffensività – coerentemente con le osservazioni già svolte – precludeinvero al fatto tipico di assurgere alla statura di illecito penale, dandoragione della espressa negazione dell’assoggettabilità a pena per esse-re, il reato impossibile, «fatto non preveduto dalla legge come reato»(art. 202, comma 2, c.p.) 173.

Page 88: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 73

174 Si vedano le divergenti osservazioni sviluppate da VINCIGUERRA, Appuntisull’inoffensività, cit., 2095. L’Autore, dopo aver aderito all’orientamento che rico-nosce nel fatto inoffensivo un fatto non tipico, si trova a formulare l’auspicio diuna riforma legislativa che elimini le conseguenze sfavorevoli per la persona offe-sa discendenti da questa impostazione: «Ma la prospettiva della restituzione o delrisarcimento del danno, magari in forma simbolica, che è un’eventualità realisticanel caso di piccole aggressioni al patrimonio, non trova un’adeguata soddisfazio-ne nel processo penale. Infatti, l’assoluzione per insussistenza del fatto, a cui ap-proda l’accertamento dell’inoffensività, preclude l’esercizio fruttuoso dell’azionecivile in sede penale e, per evitare che gli sia opposto il giudicato penale di assolu-zione, l’offeso deve promuoverla indipendentemente dal processo e prima che siformi il giudicato di assoluzione … È un’emarginazione dal processo penale chel’offeso non si merita ed alla quale varrebbe la pena di rimediare nel corso di unodegli interventi di rifinitura (chiamiamola così) del nostro codice di rito, a cui sia-mo abituati».

175 STELLA, La teoria del bene giuridico, cit., 3; ROMANO, Commentario sistematico,I, cit., 512 s.

176 Per questa non incontrastata dottrina, si richiamano SINISCALCO, La strutturadel delitto tentato, Milano, 1959, 131 ss.; C. FIORE, Il reato impossibile, cit., 22 ss.; M.GALLO, Dolo, cit., 786 ss.; E. GALLO, Il delitto di attentato, cit., 99 e 147; NEPPI MODO-NA, Reato impossibile, in Noviss. Dig. it., XIV, Torino, 1967, 974; PATALANO, Signifi-cato e limiti della dommatica del reato di pericolo, Napoli, 1974, 76; MANTOVANI, Ilprincipio di offensività del reato, cit., 451.

177 Progetto definitivo di un nuovo codice penale con la relazione del Guardasigil-li on. Alfredo Rocco, in Lavori preparatori del codice penale e del codice di procedurapenale, V, Progetto definitivo di un nuovo codice penale con la relazione del Guarda-sigilli On. Alfredo Rocco, pt. 1, Roma, 1929, 100. Per più ampi riferimenti in rela-zione ai contenuti nei lavori preparatori sulla portata dell’inidoneità quale princi-pio generale, si rinvia a NEPPI MODONA, Il reato impossibile, cit., 102, 115 ss. Si veda

Doverosamente – ed in estrema sintesi, rinviando oltre per ogni ap-profondimento – si anticipa come la suddetta conclusione, circa l’ine-sistenza del reato per difetto di reale offensività, se non importa l’esclu-sione dell’integrazione degli estremi di un illecito civile, neppure vale aprecludere la sussistenza di un pericolo attuale di un’offesa ingiustaper difendersi dal quale si possa agire in stato di legittima difesa 174.

Trattasi peraltro di conclusione che si pone evidentemente al segui-to dell’orientamento che recupera l’autonomia funzionale dell’art. 49,comma 2, c.p. rispetto al delitto tentato, contrapponendosi all’esplica-to indirizzo tradizionale che l’uno considera doppione in negativo del-l’altro 175. Da qui si riconosce come nel disposto trovi allocazione l’as-serzione codicistica del carattere di necessaria offensività dell’illecitopenale 176, in linea con quanto trapela dalla Relazione del Guardasigil-li Rocco al Progetto definitivo del codice penale, che dell’idoneità inquestione parla in termini di requisito «essenziale di ogni attività ille-cita, perché possa essere qualificata come delittuosa» 177.

Page 89: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

74 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

anche DELITALA, Le dottrine generali del reato nel progetto Rocco, in Diritto penale.Raccolta degli scritti, I, Milano, 1976, 285.

178 Cfr. NEPPI MODONA, Il reato impossibile, cit., 21 ss.179 Cfr. NEPPI MODONA, Il reato impossibile, cit., 200: «Dal comma 2 dell’art. 49

c.p. emergerebbe, poi, una maggiore complessità ed un arricchimento del principiodi stretta legalità, nel senso che i comportamenti conformi al tipo descrittivo, manon lesivi, non sono perseguibili».

180 Per una schematica riproposizione del vasto dibattito agitatosi intorno al di-stinguo tra reati di offesa e reati di scopo, tallone d’Achille dell’affermazione di unprincipio di necessaria lesività dell’illecito penale, si vedano le argomentazioni di C.FIORE, Il principio di offensività, cit., 285; PALAZZO, Ragionevolezza delle previsionisanzionatorie, cit., 1703; MANTOVANI, Il principio di offensività nello schema di delegalegislativa per un nuovo codice penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1997, 326, che sot-tolinea come la chiara consapevolezza della distinzione tra i reati di offesa – «neiquali l’offesa a un preesistente bene giuridico è elemento tipico esplicito o implici-

4.1. Le due sponde, del delitto tentato e del reato impossibile

È bene dare rapidamente conto delle ulteriori argomentazioni giu-ridiche che sorreggono l’affermazione in ultimo sostenuta, chiave divolta della riflessione sviluppata di seguito.

Da un lato, indici testuali contrappongono le nozioni di «delitto»,«atti» ed «evento» (naturalistico) cui si riferisce l’art. 56, comma 1, ri-spettivamente alle espressioni «reato», «azione» ed «evento dannoso opericoloso» (giuridico) menzionati nell’art. 49, comma 2. Dall’altro, ar-gomenti sistematici evidenziano l’incongruenza di una previsione (laprima o la seconda che sia) dal contenuto normativo pressoché super-fluo, per limitarsi ad anticipare o posticipare il medesimo concetto diidoneità, peraltro scollegandolo dalla sua collocazione naturale che siriconosca nell’ambito di questa o quella disciplina 178.

Le une e le altre ragioni, sommate alle osservazioni di ordine gene-rale già espresse in precedenza, favoriscono dunque la considerazionedel reato impossibile come enunciazione di un principio generale del-l’ordinamento – piuttosto che formulazione al contrario del dettato re-lativo al delitto tentato – applicabile a tutte le figure criminose 179.

Ne consegue, data la reciproca autonomia dei disposti, come siaplausibile procedere ad una “revisione” che, facendo tesoro della de-scritta scissione tra tipo ed offesa, coinvolga entrambi gli istituti ri-chiamati. Alla stregua di tale esegesi, nel tentativo rimarrebbe tipizza-to un fatto altrimenti “atipico”, perché carente quanto ad integrazionedi tutti gli estremi propri della fattispecie delittuosa di forma consu-mata; nel reato impossibile, invece, si coglierebbe per l’appunto la re-golamentazione dettata per un fatto totalmente conforme al tipo (rec-tius, a qualsiasi forma tipica) 180 rivelatosi non offensivo dell’interesse

Page 90: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 75

to dei reati assieme agli altri elementi strutturali della fattispecie e che deve esseredal giudice accertato in concreto di volta in volta» – e i reati di scopo (o senza offe-sa) – «coi quali si incrimina non l’offesa a un bene giuridico ma la realizzazione dicerte situazioni che lo Stato ha interesse a che non si realizzino» – è passaggio ne-cessario per riconoscere appunto nei reati di scopo una deroga necessaria ed irri-nunciabile al principio di offensività. Ed ancora puntualizza: «La travagliata storiadell’offesa è anche la storia dei continui svuotamenti, assieme all’oggetto giuridico,pure dell’offesa medesima, operati sul presupposto che ogni norma è preordinataal conseguimento di un interesse, mediante la identificazione dell’offesa con la ti-picità … Sicché in questa prospettiva giuspositivistica-formalistica dell’offesa, ognireato postula per definizione un’offesa, la quale non è che un travisamento verbaledella fattispecie legale, rappresentando essa non un elemento costitutivo del reato,da accertarsi caso per caso, ma lo stesso reato visto sotto il profilo della frustrazio-ne dell’interesse dello Stato alla non commissione del reato stesso. E l’ipotesi delreato senza offesa finisce per essere considerata una contradictio in terminis». Inargomento anche FERRARA, Riflessioni in tema di offensività in concreto, in Giur. co-st., 2000, IV, 3071 s.; CATENACCI, I reati di pericolo presunto fra diritto e processo pe-nale, in Studi in onore di Giorgio Marinucci, a cura di Dolcini e Paliero, II, Milano,2006, in particolare 1427 ss.

181 Cfr. la considerazione per cui nel falso innocuo l’inoffensività deriva dallaconcreta valutazione della sua efficacia in rapporto alla situazione da decidere, DE

MARSICO, Falsità in atti, in Enc. dir., XVI, Milano, 1967, 582; S. FIORE, Ratio della tu-tela e oggetto dell’aggressione nella sistematica dei reati di falso, Napoli, 2000, 112 s.

tutelato 181. E ciò vuoi perché, nell’ipotesi consumata come tentata, lacondotta si sia dimostrata incapace di riflettere o di innescare il disva-lore che fomenta la reazione sanzionatoria; vuoi perché, nell’ipotesitentata, quel fattore esterno che blocca l’itinerario delittuoso si sia con-testualizzato in un oggetto materiale non corrispondente a quello indi-cato dalla norma incriminatrice. In tale evenienza l’idonea condotta siè dunque proiettata verso un oggetto materiale “tipico” che in effettinon esiste, finendo pertanto per coinvolgere un elemento della realtàdiverso da quello che avrebbe giustificato l’intervento punitivo.

Questo prospetto induce a fissare quantomeno due prime conside-razioni.

A stare all’interpretazione così “sperimentata”, difatti, l’ipotesi discuola dell’attentatore che spara nel letto vuoto non rimarrebbe piùcollocata nel luogo del reato impossibile per inesistenza dell’oggettomateriale, come invece prescrive la tradizione. Ne risulterebbe piutto-sto la qualificazione nei termini di tentato omicidio “possibile” (peridoneità della condotta e l’essersi questa rivolta verso un esistente og-getto tipico), quale che sia la motivazione adducibile a spiegazione del-l’assenza del corpo. Assenza, che è pur sempre evento involontaria-mente interruttivo della realizzazione criminosa.

Di contro, consentirebbe di posizionare proprio all’interno della ca-

Page 91: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

76 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

182 V. DINACCI, Profili sistematici del falso documentale, Napoli, 1987, 32 ss.; GIA-CONA, Appunti in tema di falso grossolano, innocuo e inutile, in Foro it., 1993, II, 499;PILLA, In tema di non punibilità del falso in atto pubblico, in Giust. pen., 1997, II,280.

183 Di questa opinione anche RONCO, Interruzione del nesso causale e principio dioffensività, in Dir. pen. proc., 2007, 824 ss., che, pur distinguendo la tipicità forma-le dall’offensività alla stregua del generale disposto dell’art. 49, comma 2, c.p., que-st’ultima chiama poi a far parte integrante del fatto (tipico) oggettivo, come tassel-lo subitaneamente successivo a quello della causalità naturalistica, in forza del pre-cetto sancito all’art. 41, comma 2, c.p.: «la struttura del fatto oggettivo non si esau-risce con l’accertamento della causalità, ma si completa con la verifica dell’offensi-vità. Poiché, invero, i beni giuridici si costituiscono nella esperienza della prassi at-traverso l’intrecciarsi delle azioni umane le une con le altre, affinché sorga la pos-sibilità della punizione è indispensabile che, già sul piano oggettivo, la condottaumana sia stata non soltanto c.s.q.n. dell’evento naturalistico, ma altresì portatricedi una rottura del tessuto relazionale della convivenza civile. Ove quest’ultima si-tuazione non ricorra, vano è affannarsi nella ricerca del dolo o della colpa del-

tegoria ora studiata il falso afferente ad un documento che ex lege, os-sia per effetto di una valutazione normativa circa la sua natura, non siafonte di interessi probatori. In tal caso, la pur idonea condotta falsifi-catoria darebbe luogo ad un “impossibile” tentativo di delitto per averinteressato un oggetto materiale che non presenta caratteri corrispon-denti a quelli tipizzati, che lo vogliono capace di contenere una mani-festazione o dichiarazione o attestazione di volontà giuridicamente ri-levante 182.

4.2. Il crinale disegnato dall’art. 49 c.p., tra i commi 1 e 2

Le osservazioni rapidamente snocciolate stimolano certo ad ap-profondire la natura normativa autonoma che in quest’ottica si ve-drebbe assegnata ai requisiti di idoneità ed inidoneità, rispettivamenteattributi della condotta tentata ed “impossibile”. Se a leggerli questisembrano porsi in un rapporto di speculare similitudine, a guardarmeglio si dimostrerebbero attenere l’uno all’area della tipicità, l’altroall’area dell’offensività. Così, mentre l’idoneità degli atti concorrerebbealla determinazione del tipo del delitto tentato, in particolare rappor-tandolo al fatto consumato, l’idoneità dell’azione (non impossibile) im-plicherebbe l’accertamento ex post della verificazione dell’offesadell’interesse tutelato, secondo un giudizio di lesività che assume a ri-ferimento il “genere” di disvalore vietato a mente dell’astratta previsio-ne legislativa.

V’è di più. Assorbite queste premesse concettuali, la collocazionetemporale ex post del giudizio di offensività 183 diventa una naturale

Page 92: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 77

l’agente … Nel codice è, invero, presente, con l’art. 49, comma 2, un segno impor-tante di una scelta criminale di tipo realistico, cui si ispira anche il comma 2 del-l’art. 41. Pur direttamente rivolta a escludere la punibilità del tentativo inidoneo, ladisposizione dell’art. 49, comma 2 possiede una evidente portata generale. Dilatatasecondo una coerente interpretazione, statuisce la non punibilità per ogni caso incui, secondo un giudizio realistico svolto ex post grazie a tutti gli elementi concretia disposizione, l’evento di danno o di pericolo né si è realizzato né avrebbe potutorealizzarsi. Onde è sottratto alla pena non soltanto il tentativo inidoneo, ma altresìqualsiasi altra situazione in cui, pur corrispondendo la condotta al profilo esterio-re della tipicità formale, l’evento di danno o di pericolo è impossibile. L’art. 41,comma 2 si colloca nel solco di questa scelta realistica. Anche se potrebbe astratta-mente affermarsi, in forza del principio condizionalistico, la tipicità formale dellacondotta rispetto all’evento naturalistico, la scelta realistica impone di escludere ilnesso allorché nell’evento concreto, visto nella prospettiva dell’offesa al bene rela-zionale, non sia riscontrabile alcuna traccia del pericolo provocato dalla condottaumana».

184 A conclusioni non difformi giunge anche RUSSO, Il problema della idoneità neldelitto tentato, in Giust. pen., 1971, II, 383.

conseguenza dell’ordine che segna il “divenire” dei momenti appenafocalizzati, il tipo e l’offesa. Ciò non significa, peraltro, che ivi debba-no essere prese in considerazione circostanze esterne alla fattispeciepositivizzata. Anzi, l’esclusione di un simile approccio si radica pro-prio nei più elementari riflessi della legalità penale, posto che immet-terle equivarrebbe all’introduzione, in sede di raffronto tra la dimen-sione del fatto concretamente conforme al tipo e la prospettiva dell’in-teresse tutelato, di un facile quanto pericoloso veicolo di gravi indeter-minatezze.

Non rimane, allora, che verificare sulla scorta del dato normativo lavalidità di quanto finora discusso, ovvero l’idea di una distinzione traaspetto descrittivo e valutativo del fatto di reato che ridondi in una dif-ferente cronologia del relativo accertamento, e di poi in una diversifi-cazione della risposta penale a fronte dell’assenza dell’uno o dell’altroversante.

L’attenzione si sposta così direttamente sull’art. 49 c.p., e sulla suainterna ripartizione in commi 1 e 2. Difatti, la divaricazione che la nor-ma prospetta tra la non assoggettabilità a pena derivante dalla com-missione di un reato putativo e quella confezionata invece in ordine alreato impossibile, assume ragionevolmente il significato di prospetta-re l’articolazione del passaggio tra tipo ed offesa secondo un ordine diprevalenza logica e temporale. Per cui, da un lato, viene negata la “con-cepibilità” di una risposta punitiva in relazione a fatti, ancorché dota-ti di una certa carica offensiva, non conformi al tipo (solo putativo);dall’altro, si acconcia una peculiare reazione rieducativa a fronte difatti tipici non effettivamente lesivi dell’interesse tutelato 184.

Page 93: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

78 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

185 Sul tema del reato putativo PIACENZA, Reato putativo, in Noviss. Dig. it., XIV,Torino, 1967, 1003 ss.; SERIANNI, Reato impossibile e reato putativo, in Enc. giur.,XXVI, Roma, 1991, 1 s.; PETRINI, Reato putativo, in Dig. disc. pen., XI, Torino, 1996,348 ss.

Tant’è: l’assenza della componente tipica “formale”, laddove cioè ilfatto non costituisca reato ex art. 49, comma 1, c.p. 185, impedisce in as-soluto qualsivoglia rilevanza penale della vicenda. Conferma ne èl’inapplicabilità finanche di una misura di sicurezza, al cospetto di unasupposizione erronea circa la natura criminosa del fatto commessoche neppure viene riguardato nel suo indubbio valore sintomatico dicapacità a delinquere. Invece, l’assenza del solo requisito oggettivo del-l’offesa – quando, per la inidoneità dell’azione o per l’inesistenza dell’og-getto di essa, è impossibile l’evento dannoso o pericoloso, ex art. 49, com-ma 2 – non esclude fini di garanzia diversi da quelli serviti dalla pena,e sostanziabili, appunto, nella misura di sicurezza. Se ne trae che, unavolta accertata l’integrazione di una ipotesi tipica, e quindi rilevato ildisvalore “immaginato” nella fattispecie astratta, il fatto deve comun-que passare attraverso la mediazione di un elemento ulteriore – la ri-prova in concreto dell’esistenza dell’offesa – per assurgere a disvaloredi reato e rendere applicabile la pena. Ma la verifica della tipicità giàbasta a sancire in potenza un intervento di cogente risocializzazione,che riposa sulla comune percezione di contrasto dell’episodio con va-lori condivisi.

Orbene, il primo approdo della presente analisi può ora considerar-si raggiunto. Se il fatto atipico è un fatto assolutamente non punibilegiusto il disposto, appena esaminato, dell’art. 49, comma 1, c.p., alloradovrà darsi per smentito un inquadramento della desistenza nei termi-ni di norma specificativa della non punibilità di un fatto atipico di ten-tativo, proprio per essere questo “precetto” già scolpito tra le righe delreato putativo.

5. Offesa e desistenza: un “legame”. Ma quale?

Non stupisce che la presenza di un momento contenutistico delreato, adagiato tra le pieghe della relativa descrizione linguistica-for-male, sia stata avvertita da buona parte della dottrina e della giuri-sprudenza degli ultimi decenni come un ingombrante bagaglio. Con-siderato evanescente, indefinito ed indefinibile, discrezionale se nonaddirittura arbitrario, l’elemento dell’offesa è stato in prevalenza per-cepito nella sua portata potenzialmente implosiva all’interno di un si-

Page 94: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 79

186 Per la critica al principio, in quanto fondato su valutazioni di carattere me-tagiuridico, sì che «il giudice, sulla scorta di criteri di giudizio inevitabilmente sog-gettivi e non verificabili» si renderebbe «interprete dei valori sociali, che avvertenella sua coscienza», NUVOLONE, I limiti taciti della norma penale, cit., 18; ID., Re-censione a Neppi Modona, in Ind. pen., 1967, 47. L’idea di un principio di offensivitàcome canone interpretativo in concreto – già presente nel progetto Pagliaro (art. 4,comma 1) (Schema di delega legislativa per l’emanazione di un nuovo codice pe-nale, in Ind. pen., 1992, 579 ss.) – era stata fatta propria anche dall’art. 2, comma 2,del c.d. progetto Grosso, cit., nel quale si sancisce: «Le norme incriminatrici non siapplicano ai fatti che non determinano una offesa al bene giuridico». Collocatonell’ambito delle disposizioni attinenti all’“Applicazione della legge penale” taleprincipio si vede allora assegnato lo status di criterio interpretativo. Critico su unasimile opzione de lege ferenda FIANDACA, L’offensività è un principio codificabile?, cit.,1 ss., che vede per tale via aperti eccessivi orizzonti di discrezionalità, mentre ma-nifesta «maggiori aperture rispetto alla possibilità di codificare una ben ponderatadisciplina dell’irrilevanza (penale del fatto) quale istituto applicabile alle forme dimanifestazione in concreto scarsamente offensive di fattispecie di reato di gravitàastratta medio-bassa». Si veda anche l’opzione codificata nel progetto Nordio, cit.,all’art. 7 (Offensività del reato): «La norma che prevede un fatto come reato si ap-plica ai soli casi in cui si è verificato un danno o un pericolo per l’interesse da essaspecificamente protetto».

187 Sul punto DONINI, Alla ricerca di un disegno, cit., 93: «La dialettica fra inter-pretazione, individuazione del bene giuridico e previsione legale dei parametri on-de ritenere, oltre alla tipicità anche l’inoffensività e l’esiguità del fatto, suppone ungiudice ben libero nelle sue scelte ermeneutiche, un giudice molto “critico” nellavalutazione dei fatti irrilevanti, e proprio per questo un giudice che necessita di in-dici di giudizio precostituiti dalla legge, se non anche di definizioni legali (dell’of-fensività, dei singoli interessi tutelati, ecc.)».

188 In argomento, GOMETZ, La certezza giuridica come prevedibilità, Torino,2005, in particolare 22 ss. Per una concezione di certezza in qualche modo “tra-

stema ispirato alla garanzia della “certezza” 186. In questa impostazio-ne si ritiene infatti annidato un realistico pericolo di instabilità, ove silasci all’allarme sociale o all’influenza di gruppi di potere la forza distigmatizzare i reati proprio fornendo di volta in volta gli strumenti diindividuazione dell’offesa che quegli illeciti si prestino a sanzionare.Tuttavia, ogni tensione svanisce se si condivide che la dimensione er-meneutica del suddetto principio rimane comunque governata dagliordinari criteri interpretativi della fattispecie normativa, per cui an-che il “senso” del disvalore punibile (al pari della configurazione em-pirica del fatto) rimane definito attraverso il campo semantico del lin-guaggio utilizzato per la sua formulazione espressiva. Anche il fattoredell’offesa, allora, riesce a rispondere alla costante necessità di certez-za penale (relativamente al “se”, al “come” ed al “quando” del reato e,quindi, della pena 187), che è prevedibilità di date conseguenze giuridi-che di atti o fatti 188.

Page 95: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

80 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

sversale”, nel senso che le linee portanti di questa si rinvengono presso autori cheattengono a tradizioni culturali fortemente differenziate, cfr. CORSALE, Certezzadel diritto e crisi di legittimità, Milano, 1979, 31 ss., 41 ss., per il quale la certezzaè data non solo dalla possibilità di prevedere le conseguenze giuridiche della pro-pria condotta, ma anche dalla sicurezza, da parte dei membri di una comunitàorganizzata in ordinamento giuridico, del fatto che le contestazioni circa i dirit-ti spettanti a ciascuno di essi verranno risolte nella maniera più aderente al co-mune sentimento di giustizia, e che la soluzione prevalsa sarà praticamente ope-rante.

189 Supra, FORNASARI, Per un diverso inquadramento delle ipotesi di desistenza erecesso, cit.

La presa di coscienza di un simile connotato ha progressivamentespinto il principio generale dell’offensività del reato ad acquisire unaforza dogmatica talmente dirompente ed invasiva da arrivare a scuote-re anche la riflessione in tema di desistenza.

Segnatamente, si è ricordato come l’ultimo slancio ricostruttivo inmateria sia stato rivolto ad una concettualizzazione dell’istituto comelimite normativo del tentativo. Se ne è dunque avvertita la vicinanza ri-spetto alla tematica dell’offesa, e si è di poi solcata la strada che ponein collegamento la causa ultima della non punibilità prescritta dalcomma 3 dell’art. 56 c.p., da un lato, ed il principio di tenuità ovvero diesiguità del fatto, dall’altro 189.

La matrice concettuale del connubio è stata colta in questa equiva-lenza: ciò che è non esiguo si rivela necessariamente offensivo, e di con-tro ciò che si dimostra esiguo si traduce in necessariamente inoffensivo.Ebbene, la desistenza sconfinerebbe appieno in quest’ultimo ambito,per cui si renderebbe speciale depositaria, nel quadro del delitto tenta-to, dell’espresso principio superiore e generale.

Le conclusioni cui dianzi si è giunti in realtà allontanano da una po-sizione di tal fatta: non è la desistenza la norma che trascrive una si-mile affermazione circa il ruolo costitutivo dell’offesa all’interesse pro-tetto nell’ambito del tentativo. Ciò in quanto la stigmatizzazione del-l’offesa quale elemento strutturale che affianca la tipicità in ogni reato(non solo, quindi, nel delitto tentato) trova la sua fonte nell’anteceden-te art. 49, comma 2, c.p.

Sennonché – lo si è accennato – la contestazione dell’esegesi dianziricordata sorge ben prima, col metterne in discussione il fondamentosistematico, ovvero la pretesa equiparazione tra principio di tenuitàdel fatto e principio di necessaria offensività.

Gli argomenti a sostegno di questa obiezione paiono invero di in-dubbia coerenza. Si è assodato come nel nostro sistema c’è «spazio peruna concezione dell’illecito penale che contrappone una antigiuridi-

Page 96: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 81

190 GROSSO, Proscioglimento per furto di cose di valore particolarmente esiguo, cit.,2535.

191 L’impostazione è adottata tra l’altro da Trib. Roma, 2 maggio 2000, in Cass.pen., 2001, 2532: «nel caso di furto di beni del valore di dodicimila lire in un gran-de magazzino non vi sono margini per sostenere l’esistenza di una lesione penal-mente rilevante del bene giuridico del patrimonio, per cui l’imputato deve essereassolto perché il reato non sussiste per difetto di lesione del bene giuridico norma-tivamente protetto dall’art. 624 c.p.». In senso critico VINCIGUERRA, Appuntisull’inoffensività, cit., 2096.

192 Sul punto DONINI, Alla ricerca di un disegno, cit., 274: «Anche la storia delprincipio di offensività sia come principio costituzionale che come criterio erme-neutico rivolto al giudice, anziché al legislatore, si colloca entro questo movimentodi riduzione dell’area punibile. Una riduzione che si vorrebbe raggiungere già inastratto, sul terreno della tipizzazione dei fatti punibili. La dimensione costituzio-nale e politico-legislativa del principio, infatti, riguarda le scelte di criminalizza-zione, mentre la dimensione ermeneutica del principio concerne una vicenda se-lettiva, successiva all’avvenuta previsione legislativa dei reati. In questa seconda di-mensione (ermeneutica) si inquadrano anche le ipotesi di irrilevanza penale del fat-to (nozione legislativa) le quali, valorizzando la categoria dell’esiguità (nozionedogmatica) quale dimensione quantitativa dell’offensività minima in concreto edella modestia degli altri profili di addebito personale e di rilevanza sociale del fat-to concreto, mirano a una ulteriore riduzione dell’effettivo intervento della sanzio-ne penale».

cità formale, risultante dal rapporto tra il fatto concreto e lo schemanormativo astratto, ad una antigiuridicità materiale, alla cui streguaoccorre che il fatto conforme al tipo descrittivo sia altresì idoneo a le-dere l’interesse a tutelare il quale la norma penale incriminatrice è sta-ta predisposta» 190. L’area della “vera” irrilevanza penale si riduce, per-tanto, alle specifiche ed “irregolari” ipotesi che non si prestano a ren-dere in alcun modo tangibile lo spessore offensivo tipizzato, e ciò pre-clude logicamente l’assimilabilità di queste ai casi di valore offensivoparticolarmente esiguo.

Non può difatti negarsi l’evidenza di uno iato tra l’inesistenza del-la lesione del bene giuridico e la speciale tenuità della stessa, danno opericolo che sia 191. Un conto è riscontrare la carenza di un’offesa pe-nalmente rilevante, e di seguito l’insussistenza del reato perché il fat-to non ha assunto un grado di disvalore tale da integrare la soglia pre-sa in considerazione dal legislatore; altro conto è accertare che quel-la soglia di danno o pericolo tipizzato sia stata superata in misuramarginale 192. Parafrasando, «“esiguità” ed “inoffensività” sono duefenomeni diversi, cui si attribuiscono significato ed effetti giuridicidifferenti: l’esiguità, invero, non è un criterio di individuazione del-l’inoffensività, ma una caratteristica di particolare tenuità di un’offe-sa sicuramente esistente e tipica, giacché, altrimenti, ove la condotta

Page 97: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

82 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

193 Cass., Sez. IV, 28 aprile 2006, Crepaldi, in Cass. pen., 2006, 2897.194 Di rilievo, al riguardo, è l’ultima versione del progetto Grosso, cit., dove vie-

ne introdotta una disciplina della “non punibilità per particolare tenuità del fatto”(art. 74) allargata al diritto penale degli adulti in generale anche se circoscritta aireati per i quali sia prevista la pena detentiva non superiore ai due anni. V. GROSSO-PALAZZO-SICILIANO (est. Palazzo), Documento n. 2 su inoffensività e irrilevanza del fat-to, negli “Allegati alla Relazione della Commissione Grosso”, in Per un nuovo codicepenale, relazione della Commissione Grosso, a cura di Grosso, Padova, 2000, 103 ss.Per una esposizione dei progetti, fino a quello Nordio, sorretti dall’ideale del-l’espresso riconoscimento legislativo della concezione realistica, MASULLO, Aspet-tando l’offensività. Prove di scrittura del principio nelle proposte di riforma del codi-ce penale, in Cass. pen., 2005, 1772 ss.

Infine, va ricordato il dettato dell’art. 2 del c.d. progetto Pisapia, cit., che preve-de alla lett. c): «l’agente non sia punibile quando risultino la tenuità dell’offesa el’occasionalità del comportamento».

in concreto fosse inoffensiva non sarebbe possibile configuare il rea-to» 193.

L’obiezione cui presta il fianco la prospettazione di una equivalen-za tra le ipotesi avvicinate non riposa, peraltro, sulla sola considera-zione dell’essere – questa sì – una modalità interpretativa suscettibiledi indebolire il principio di legalità e di certezza del diritto, rendendoil giudice arbitro della responsabilità o dell’irresponsabilità penale del-l’agente. Un ulteriore rilievo critico fuoriesce dall’analisi dei casi dinon procedibilità a causa della “irrilevanza penale del fatto”, per mar-ginale offesa dell’interesse protetto dalla norma penale incriminatrice,interiorizzati dal sistema penale.

Trattasi, a ben vedere, di fattispecie che conoscono una operativitàconfinata entro limiti specificamente segnalati, per cui è proprio la pe-culiare, e non generale, area di applicabilità a chiarire la consistenza diqueste che dallo stesso legislatore vengono definite “cause di esclusio-ne della procedibilità”, ed espressamente previste con riferimento allagiustizia minorile (art. 27, comma 1, D.P.R. n. 448 del 1988) e con ri-guardo ai reati bagatellari assegnati alla competenza penale del giudi-ce di pace (art. 34, D.Lgs. n. 274 del 2000) 194.

Se ne trae difatti, in prima battuta, che l’esigenza per far fronte allaquale tali disposizioni sono nate è alleggerire, nei casi di reità assoluta-mente marginale, il giudizio sulla responsabilità penale dal peso delle or-dinarie rigidità procedurali. In seconda battuta, che tali previsioni fannoriferimento ad un quadro di fatto ormai al di là del gradino di effettivanon offensività (che lega l’art. 49, comma 2, c.p. all’art. 129 c.p.p.). Tant’èche l’effetto della non punibilità (rectius, non procedibilità), lungi dall’es-sere riconosciuto come diretta ed immediata conseguenza della sola par-ticolare tenuità del danno o del pericolo prodotto, è stato subordinato al-

Page 98: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 83

195 In proposito, cfr. VINCIGUERRA, Appunti sull’inoffensività, cit., 2099 s.

la concomitanza di ulteriori requisiti. Così, in tema di giustizia minorile,essi si individuano nell’occasionalità del comportamento e nella conside-razione che l’ulteriore corso del procedimento pregiudichi le esigenzeeducative del minorenne. Mentre in materia di competenza del giudicedi pace si è definito particolarmente tenue il fatto «quando, rispettoall’interesse tutelato, l’esiguità del danno o del pericolo che ne è derivatononché la sua occasionalità e il grado della colpevolezza non giustificanol’esercizio dell’azione penale, tenuto conto altresì del pregiudizio che l’ul-teriore corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, di stu-dio, di famiglia o di salute della persona sottoposta ad indagini o dell’im-putato». Infine, si è subordinata l’applicazione dell’istituto a circostanzeulteriori quali l’assenza di un interesse della persona offesa alla prosecu-zione del procedimento o, se vi è stato esercizio dell’azione penale, lamancanza di opposizione dell’imputato o della persona offesa 195.

5.1. “Prima” della reale offensività del fatto tipico

Alla luce di questi elementi sembra quantomeno rafforzato il dub-bio circa l’identificabilità del fatto tenue nel fatto inoffensivo. Affian-cata da molteplici, estranei ed eterogenei requisiti, l’offesa finirebbeper collocarsi al di fuori della norma incriminatrice, trasformandosinella negazione di sé stessa.

In realtà tali ipotesi, a tutt’oggi qualificabili come elementi di carat-tere prevalentemente procedurale, potrebbero trovare una congruacollocazione sostanziale giusto sul terreno delle cause di non punibi-lità: è questo il luogo in cui l’ordinamento rinuncia all’applicazione diuna sanzione penale “divenuta” inopportuna ed irragionevole per lascarsa significatività dell’offesa ingenerata.

Certo è che l’esito raggiunto nella disamina non permette di aderiread un approccio alla desistenza come ipotesi di inoffensività del fattotipico di delitto tentato per la scarsa significatività della lesione cagio-nata (apparentata all’assenza totale di offesa).

Ma ciò non significa disconoscere il fondo di validità che alloggia nel-l’analisi del legame esistente tra desistenza ed offesa penale; piuttosto,convince ad indirizzare la riflessione verso una prospettiva peculiare del-la dinamica disvalutativa di stampo penalistico: una prospettiva che pre-cede quella della necessaria – perché reato vi sia – “realtà” del disvalore ti-pico, di cui fin qua si è trattato discettando attorno al reato impossibile.

Pare invero riscontrabile una fase a questa propedeutica, che pren-de corpo nel momento in cui l’offesa si attualizza ovvero al tempo in cui

4.

Page 99: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

84 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

196 Per la concezione della conformità al tipo come “indizio” dell’antigiuridicitàv. VASSALLI, Il fatto negli elementi del reato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1984, 560.

la singolare lesione (lato sensu) dell’interesse assume quell’apparenzagiuridica di illiceità penale che la rende passibile di valutazione in ter-mini realistici ai sensi ed agli effetti di cui all’art. 49, comma 2, c.p.

Si tratta pertanto di un profilo che si volge ad arricchire quanto so-stenuto dianzi. Se da un lato sono le esigenze basilari del sistema pe-nale, di conoscibilità e comprensibilità, a rendere indispensabile unradicamento della tipicità nella realtà fenomenica, come tale preesi-stente alla disciplina normativa, dall’altro sono le stesse caratteristichequalificanti del diritto penale, incentrato sulla previsione selettiva dimodelli comportamentali socialmente negativi, a ripudiare l’idea nonsolo di un fatto costituente reato connotato da cieco naturalismo, magià di un fatto tipico incapace di cogliere il comportamento umano aldi là della fisicità del dato corporeo.

In altri termini, confermato l’assunto di una dimensione tipica chevive autonomamente rispetto a quella dell’offesa, si intende precisarecome il comportamento risultante dalla brevissima narrazione rac-chiusa nella fattispecie normativa è “uguale a sé stesso”, ovvero real-mente tipico, solo nella misura in cui effettivamente segnali la presu-mibile sussistenza di ogni altro elemento compositivo del reato. Orbe-ne, a questa considerazione di “indizio criminale” il fatto si può pre-stare solo col rimanere sul tavolo dell’analisi giuridica, in quanto ilsoggetto agente non l’abbia completamente annientato per sua mano esua volontà. Difatti, solo a tali condizioni il fatto in parola si lascia in-dagare da parte dell’interprete, il quale è chiamato a sondare la realeconsistenza dei “sospetti” di offensività, di antigiuridicità 196, ed infinedi colpevolezza, annidati nel suo essere fatto tipico.

Di ciascuno degli elencati elementi costruttivi il ragionamento giuri-dico si muove invero a trovare conferma una volta recepiti i relativi se-gnali indizianti emersi in sede di tipicità: non a caso, l’accertamentoche li riguarda si connota in senso prettamente negativo, sviluppandosiattraverso la verifica dell’inesistenza di “cause di esclusione di” (perl’appunto, offensività, antigiuridicità, colpevolezza) capaci di falsificarel’idea di reato fotografata dal tipo. Per cui, la tipicità descrive la situa-zione apparente, e questa rappresenta il punto di partenza per vagliarela realtà penalistica della vicenda umana in tutte le sue sfaccettature.

Se tanto si premette, allora è anche ragionevole porsi il problemagiuridico dell’esistenza di un collegamento che permetta di saltare dal-l’apparenza al reale, dall’ideale all’effettività criminale. Serve cioè un

Page 100: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 85

197 Argomentazione sviluppata da BRICOLA, Teoria generale del reato, cit., 7 ss.198 V., tra i tanti, CONTENTO, Corso di diritto penale, II, Roma-Bari, 1996, 411 ss.;

CARACCIOLI, Manuale di diritto penale. Parte generale, Padova, 1998, 442; ROMANO,Commentario sistematico, I, cit., 587 s. Per una analisi storica e comparatistica de-gli schemi mentali alla luce dei quali è stata affrontata la tematica del delitto tenta-to, LICCI, Modelli nel diritto penale. Filogenesi del linguaggio penalistico, Torino,2006, 144 ss. In giurisprudenza Cass., Sez. II, 26 ottobre 1965, Calderoni e altri, inCass. pen., 1966, 823 s.; Cass., Sez. II, 11 gennaio 1985, Basile, ivi, 1986, 1076 s.;Cass., Sez. II, 25 giugno 1987, Aquilino, ivi, 1988, 1853; Cass., Sez. I, 12 gennaio1989, Pani, in Giust. pen., 1989, II, 649 s.

ponte, innanzitutto logico e pre-giuridico, che agganci la tipicità al pri-mo dei successivi anelli supra descritti in concatenazione: quell’offen-sività, sancita nel capoverso dell’art. 49 c.p., la cui assenza assorbe(rendendolo inutile a fini penalistici) e quindi preclude l’accertamentodegli altri elementi.

La desistenza costruisce questo ponte.

6. L’attualità dell’offesa penalmente rilevante

Il pensiero formulato attraverso le proposizioni che precedono pog-gia sul paradigma che non ci sia reato senza offesa, né offesa penal-mente rilevante se non in corrispondenza di una determinata fattispe-cie astratta. Poggia altresì sulla concezione per cui il tipo, per sua na-tura, e quindi pur se tassativo e determinato, non ha la capacità di pre-vedere tutte le varianti atte a rendere il fatto realmente offensivo: la si-tuazione che dalla struttura tipica si desume rimane pur sempre fissa-ta in una accezione statica, idonea a “fermare” il modello di una certaapparenza fenomenica ma al contempo incapace di scontare quellaspecificità della dimensione storica che invece emerge in sede di con-creta valutazione della lesività 197.

Ciò che resta ancora da sviscerare è il segnale minimo dell’esistenzadi una lesione in senso penale, il livello al di sotto del quale l’“idea” di di-svalore non acquista – comunque – il peso del reato. In breve, deve esse-re focalizzato il momento in cui l’offesa diventa qualificabile come at-tuale, perché è quello il momento in cui inizia il “periodo” dell’illecito pe-nale e principia quindi il percorso al cui interno il reato è suscettibile dimutare nella forma di manifestazione, nel modo d’essere, nella gravità.

Ebbene, a costo di ovvietà, va ribadito come la tematica del principiodella punibilità sia stata da sempre legata alla comprensione dell’istitutodel tentativo 198, più specificamente, essa s’è vista immersa nella proble-matica dell’idoneità degli atti realizzati, di tal ché alla suddetta idoneità

Page 101: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

86 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

199 L’attualità della problematica circa l’individuazione dell’inizio dell’esecuzioneè dimostrata, tra l’altro, sia dalle iniziative di riforma del codice penale (v. progettoPagliaro, cit. – art. 19 –, che adotta la soluzione imperniata sull’idoneità-univocitàdegli atti; la prima versione del progetto Grosso, cit. – art. 43 –, che recepisce la so-luzione basata sull’inizio dell’esecuzione; il progetto Nordio, cit. – art. 41 –, che ri-propone il binomio degli atti diretti in modo univoco ed idonei alla realizzazione delreato; il progetto Pisapia, cit. – art. 18 –, che prescrive la punibilità di «chi intenzio-nalmente e mediante atti idonei intraprenda l’esecuzione di un reato, o si accinga aintraprenderla con atti che immediatamente la precedono») sia dai più recenti con-tributi dottrinali, si vedano GIULIANI BALESTRINO, Sull’inizio della punibilità a titolo didelitto tentato, in Ind. pen., 2000, 487 ss.; G.A. DE FRANCESCO, Brevi spunti sulla rifor-ma del tentativo, in Riv. it. dir. proc. pen., 2001, 716 ss.; ANGIONI, Un modello di tenta-tivo per il codice penale, ivi, 2001, 1097 ss.; BARTOLI, Brevi considerazioni sull’elementooggettivo del delitto tentato in una prospettiva de lege ferenda, ivi, 2002, 915 ss.

200 PETROCELLI, Il delitto tentato. Studi, Padova, 1955, 1.201 V. GIACONA, Il tentativo tra passato e futuro, in Leg. pen., 2002, 923.202 Per la definizione di idoneità come possibilità, cfr. C. FIORE, Il reato impossi-

bile, cit., 112 s.; ALEO, Il danno e il pericolo nel reato, Catania, 1983, 151; ANGIONI, Ilpericolo concreto come elemento della fattispecie penale. La struttura oggettiva, Mila-no, 1994, 257 ss.; PAGLIARO, Principi di diritto penale, cit., 524, per cui «l’atto è ido-neo, quando un osservatore avveduto, che si fosse trovato nella stessa situazioneconcreta in cui si è trovato l’agente e, in più, avesse avuto le cognizioni particolaridi quest’ultimo, avrebbe giudicato possibile il verificarsi dell’evento»; ROMANO,Commentario sistematico, I, cit., 591 s., dove si definisce l’idoneità come «attitudi-ne offensiva» per poi osservarne la non particolare selettività, servendo semplice-mente ad escludere «a priori comportamenti innocui, privi di una significativa(congrua, rilevante) potenzialità di danno per l’interesse protetto», per cui «ancheatti remotamente preparatori (la lettura di un testo di chimica per preparare il ve-leno mortale; l’addestramento all’uso di armi per scegliere quella cui si è più porta-ti, ecc.) sono in questo senso idonei al (nei confronti del) delitto consumato».

203 V. CONTENTO, Corso di diritto penale, cit., 421 s.; GIACONA, Il concetto d’idoneità

è stata infine assegnata la funzione di rivelatore dell’offesa 199.L’excursus dogmatico relativo alla nozione di idoneità dimostra infat-

ti che, dopo essere stata riconosciuta quale misura di discrimine «fra gliatti punibili come tentativo e quelli che, pur essendo manifestazioneesterna del proposito delittuoso, non sono punibili» 200, alla stessa sia sta-to affidato il compito di garantire l’effettiva offensività della condotta 201.

La svolta è dettata dalla presa di coscienza in ordine al contenutodel concetto di univocità degli atti, che non coincide con quello di con-dotta pericolosa, descrivendo piuttosto un comportamento di per sédichiarativo, per il contesto e la specifica modalità di realizzazione,della prossimità quanto all’inizio della realizzazione di un fatto tipico.

Passando attraverso questa evoluzione, l’idoneità è stata quindiidentificata nella “capacità di realizzazione dell’offesa”, calibrata intermini di possibilità 202 o di probabilità 203 di consumazione del de-

Page 102: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 87

nella struttura del delitto tentato, Torino, 2000, 113 ss.; FIANDACA-MUSCO, Diritto pe-nale. Parte generale, Bologna, 2007, 462 s.

204 Cfr. PADOVANI, Diritto penale, cit., 268; DEL CORSO, Art. 56 c.p., in Codice pe-nale, a cura di Padovani, Milano, 2007, 452. In generale sulla contrapposizione trateorie oggettive e soggettive del tentativo SEMINARA, Spunti per una riforma in temadi tentativo, in AA.VV, Verso un nuovo codice penale, Milano, 1993, 441 ss.

205 Di origini marcatamente tedesche è infatti la c.d. scuola soggettiva del ten-tativo, per cui la punizione va opportunamente estesa anche alle condotte assolu-tamente inidonee, le quali comunque estrinsecano una volontà riprovevole, v.BOCKELMANN, Strafrechtliche Untersuchungen, Göttingen, 1957, 135 s. Sul carattereessenzialmente soggettivo della disciplina del tentativo nella codificazione tede-sca, FORNASARI, I principi del diritto penale tedesco, cit., 389 s.; MAIWALD, L’evoluzio-ne del diritto penale tedesco in un confronto con il sistema italiano, a cura di Mili-tello, Torino, 1993, 112 s. Sull’impostazione prevalentemente oggettiva del siste-ma del tentativo delineato dall’ordinamento italiano, a partire dalla teorica di RO-MAGNOSI, Genesi del diritto penale, a cura di Ghiringhelli, Milano, 1996, in partico-lare 199 ss., e di P. ROSSI, Trattato di diritto penale, trad. it. di Pessina, Napoli,1896, 371 s., v. DEL CORSO, Il tentativo nel codice Zanardelli, in Riv. it. dir. proc.pen., 1990, 956 s., 991 s.

206 Tra gli altri PANNAIN, Manuale di diritto penale, cit., 462; VANNINI, Il problemagiuridico del tentativo, Milano, 1952, 69 s.; ID., Il reato impossibile, cit., 476; PAGLIA-RO, Principi di diritto penale, cit., 523 s.; ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Partegenerale, Milano, 2003, 495 s. Sul tema cfr. anche SINISCALCO, La struttura del delit-to tentato, cit., 136 ss., 157 ss.; C. FIORE, Il reato impossibile, cit., 112 s.; NUVOLONE,Il sistema del diritto penale. Parte generale, Padova, 1982, 415; PARODI GIUSINO, I rea-ti di pericolo tra dogmatica e politica criminale, Milano, 1990, 199 ss.; CANESTRARI,Reato di pericolo, in Enc. giur., XXVI, Roma, 1991, 2; G.A. DE FRANCESCO, Sul tenta-tivo punibile, in Studium iuris, 1999, 254; GIACONA, Il concetto d’idoneità, cit., 17 s.;ROMANO, Commentario sistematico, I, cit., 591; FIANDACA-MUSCO, Diritto penale, cit.,459 s. Così, anche PETROCELLI, Il delitto tentato, cit., 24 s.; E. GALLO, Il delitto di at-tentato, cit., 196.

207 MORSELLI, Il tentativo, in Giust. pen., 1988, 134 s.; ID., Tentativo, in Dig. disc.

litto avuto di mira dall’agente. La nozione di pericolo, cui è stata inultima analisi ricondotta l’espressione “atti idonei”, è, allora, divenu-ta il criterio euristico del fondamento dell’incriminazione del tentati-vo 204, quale “prima” forma di manifestazione delittuosa. Eppurel’idoneità, pur se frequentemente issata a vessillo dell’italica contrap-posizione rispetto alle tendenze soggettivistiche d’oltralpe 205, non hatardato a mostrare una chiara insufficienza costituzionale a rendere,da sola, oggettivo il fondamento della punibilità del tentativo. V’è in-fatti da dire che i molteplici modi interpretativi ai quali si è piegatal’hanno alternativamente rappresentata in veste di pericolo forgiatoin risposta ad istanze di offensività e quindi inteso “in concreto” 206, ocome pericolo costruito per rispondere alle esigenze di difesa susci-tate dall’allarme sociale e percepito quindi come punibile già “in a-stratto” 207.

Page 103: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

88 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

pen., XIV, Torino, 1999, 194 s.: «L’idoneità degli atti va quindi giudicata “in astrat-to” o meglio – considerato il pericolo che l’idoneità astratta venga confusa con l’ido-neità assoluta – in senso generico, contrapposta all’idoneità in concreto, o specifi-ca». In questi termini l’Autore vuole sottolineare che il giudizio deve essere effet-tuato considerando la situazione concreta in cui si trovava l’agente e ipotizzandouna situazione di normalità.

208 ANGIONI, Il pericolo concreto, cit., 23 ss.209 PARODI GIUSINO, I reati di pericolo, cit., 182.

Solo occasionalmente l’idoneità è stata intesa ed approfondita inqualità di elemento oggettivo strutturale del tentativo. Ed anche conciò il risultato esegetico è rimasto in realtà sostanzialmente immobile,posto che il parametro de quo è stato tradotto nella probabilità o pre-visione di non impossibilità dell’esito delittuoso, finendo ancora unavolta per proporre l’equazione tra idoneità e pericolo in quanto con-cetti che identicamente pongono in relazione una entità esistente (atti)ed un’entità successiva assunta come realtà eventuale (delitto) 208.

Ora, delle due l’una. O si condivide questo dogma e la prospettazio-ne dell’istituto tentato che reca seco, o lo si censura motivando nel sen-so della sovrapposizione tra distinti ed eterogenei profili costitutividella fattispecie penale. Più chiaramente: spiegare l’idoneità nei termi-ni di relazione tra comportamento tentato e verificazione dell’offesa diconsumazione 209 significa concludere che il grado di reale offensivitàdella condotta è un requisito tipico del reato. Significa cioè mescolarein un unicum tipo ed offesa.

Il ricordato tenore dell’articolo 49 c.p. suggerisce invece l’opportu-nità di separare in primo, per poi coordinare, l’apprezzamento della ri-spondenza del fatto alla fattispecie tipica astratta, da un lato, ed il va-glio della sua connotazione assiologica, dall’altro.

6.1. Il giudizio sul pericolo penalmente rilevante

A sostegno dell’accennato progetto esegetico va subito spesa unaconsiderazione indicativa della fondamentale perplessità lasciata inso-luta dalla vigente ricostruzione in punto di delitto tentato. Si trattacioè di porre in rilievo l’inattendibilità di una determinazione obiettivadel tipo di comportamento criminalizzabile perseguita col tradurre gliatti idonei in atti pericolosi, tali perché prossimi o vicini alla produ-zione del disvalore “finale”.

Tant’è che in questa prospettiva – l’idoneità trasportata nella di-mensione del pericolo penalmente rilevante – o si ritiene non sanzio-nabile chi, ad esempio, erroneamente porga la tazzina non avvelenata

Page 104: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 89

210 MORSELLI, Tentativo, cit., 194 s.211 Così ROMANO, Commentario sistematico, I, cit., 592.

al posto di quella contenente il veleno, al pari di chi impugni la pistolascarica al posto di quella carica, in quanto si tratterebbe di un’azioneper l’appunto “inidonea” (ai sensi degli artt. 56 e 49 c.p.), per non po-tere la condotta del soggetto attivo giungere al risultato previsto e vo-luto 210. Oppure si prende atto del valore non particolarmente selettivodi un simile criterio di “attitudine offensiva”, di adeguatezza dell’azio-ne rispetto all’evento, in quanto semplice filtro di comportamenti in-nocui già “a priori”. Con l’effetto di rinnegare la premessa dell’idoneitàquale carattere oggettivo della struttura delittuosa tentata, e di ritene-re pertanto idonei al delitto consumato «anche atti remotamente pre-paratori (la lettura di un testo di chimica per preparare il veleno mor-tale, l’addestramento all’uso di armi per scegliere quella cui si è piùportati, ecc.)» affidando l’applicazione della norma sul delitto tentatoalla percezione “sociale” di una volontà “cattiva” ed alla sensibilità sog-gettiva dell’operatore giuridico 211.

Viene peraltro all’attenzione anche un ulteriore aspetto di censura-bilità dell’opinione ad oggi condivisa in merito a ciò che renda l’attoidoneo. Ebbene, nessuno dubita che il giudizio di “verosimile previsio-ne” della consumazione delittuosa, il quale dà corpo alla predetta ido-neità, non possa essere sviluppato una volta acquisita la certezza chel’evento lesivo non si sia verificato. È fin troppo noto, difatti, che delsuddetto giudizio si parli in termini di valutazione ex ante. Ma se tantoimpone di retrocedere la verifica dell’idoneità (leggi pericolosità) dellacondotta, collocandola “indietro” rispetto all’avvenuto impedimentodella consumazione, non chiarisce però a quale momento essa debbaessere precisamente rapportata. Così, fissarla al tempo della commis-sione degli atti, per assurdo, varrebbe a far prescindere da una even-tuale desistenza come da una ipotesi di recesso volontario, per cui sidovrebbe ritenere il fatto comunque dotato dello stesso grado di offen-sività a prescindere che esso sia rimasto involontariamente tentato opiuttosto dallo stesso si sia desistito o receduto; posticipare detta veri-fica rispetto al momento dell’azione significherebbe invece ancorarlaad un indefinito istante intermedio tra la fine della condotta e l’eventotipico.

Senza dimenticare i difetti connessi al meccanismo di selezione deifattori che si riconoscono far parte dello scenario a sfondo dell’accer-tamento di specie.

Ciò vale con riguardo ad un giudizio di idoneità che si intenda svi-

Page 105: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

90 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

212 Cfr. sul punto PIERDONATI, La proporzione nella difesa legittima: il “momento”e la “base” del giudizio, in Ind. pen., 2003, 605.

213 BARTOLI, Brevi considerazioni, cit., 926.214 PADOVANI, Diritto penale, cit., 270 s.; MANTOVANI, Diritto penale, cit., 432.215 Per l’elaborazione del criterio secondo cui il soggetto che possiede cono-

scenze superiori deve essere punito, si veda GAMBERINI, Il tentativo, in AA.VV., In-troduzione al sistema penale, a cura di Insolera-Mazzacuva-Pavarini-Zanotti, II, To-rino, 2001, 314.

luppato su base totale: in tale prospettiva ai fini della valutazione l’in-terprete è chiamato ad avvalersi di ogni dato appurato come effettiva-mente sussistente, in ossequio ad una concezione eminentemente og-gettiva del delitto tentato 212. Accolta questa impostazione rimane ine-vitabile fornire una immagine della punibilità come variabile dipen-dente da un fattore sostanzialmente casuale, che è il momento in cuisovviene nel caso concreto l’intervento del fattore impeditivo. Tale che«si finisce per punire il delitto tentato solo nell’ipotesi in cui il fattoreimpeditivo non solo è intervenuto in un momento successivo alla rea-lizzazione degli atti, ma addirittura quando si era veramente prossimialla realizzazione della fattispecie incriminatrice di parte speciale. Co-sì, ad esempio, sicuramente punibile per tentato omicidio è chi sparaalla vittima, la colpisce, ma la morte non si verifica per la cura tempe-stiva ed efficace che gli viene apprestata; parimenti, risulta punibileper delitto tentato chi infila la mano nella borsa della signora, ma es-sendo stato sorpreso non riesce a sottrarre il portafoglio. Al contrario,non risulta a rigore punibile chi spara e non uccide la vittima perchéprotetta da un giubbotto antiproiettile oppure chi infila la mano nellaborsa in cui occasionalmente non si trova l’oggetto materiale del fur-to». Addirittura, pure nel caso in cui il bersaglio umano non sia statocolpito perché il soggetto agente ha sbagliato la mira sembrerebbe dif-ficilmente prospettabile la punibilità, visto che la vita di chi si volevauccidere non è stata mai posta in pericolo 213.

Ma vale anche con riguardo ad un giudizio di idoneità sugli atti ela-borato adottando una base parziale 214: in siffatta guisa da un lato ven-gono estromesse da ogni considerazione le circostanze (pure esistenti)non verosimili in quanto ordinariamente classificabili come eccezio-nali, dall’altro non sono escluse dall’ambito della punibilità del delittotentato le ipotesi in cui il fattore impeditivo sia risultato concomitanteall’estrinsecarsi della condotta 215. A tanto è sottesa l’idea che il tentati-vo incrimini un fatto atipico rispetto alla fattispecie incriminatrice diparte speciale, che seppure nella maggior parte dei casi si riveli non pe-ricoloso consti però di un disvalore soggettivo meritevole di tutela pe-

Page 106: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 91

216 In questi termini BARTOLI, Brevi considerazioni, cit., 929. Quanto alla diret-trice c.d. soggettivistica nella ricostruzione del tentativo, cfr. JESCHECK-WEIGEND,Lehrbuch des Straftrechts. Allgemeiner Teil, Berlin, 1996, 512 ss.; ALCACER, La tenta-tiva inidonea. Fundamento de puniciòn y configuratiòn del injusto, Granada, 2000,17 ss., 247 ss. In essa si distingue l’orientamento che considera punibile qualsiasimanifestazione di volontà criminosa, ancorché inidonea (salvo il delitto tentatoc.d. superstizioso), individuando la ratio della punizione nel mero atteggiamento didisobbedienza (BLOY, Unrechtsgehalt und Strafbarkeit des grob unverständingen Ver-suchs, in ZStW, 2001, 76 ss. Critico MORSELLI, Tentativo, cit., 187) e l’orientamentoche ravvisa la ratio del tentativo nella manifestazione di una volontà criminosa che,pur non oggettivamente pericolosa, suscita allarme sociale (cfr. JESCHECK-WEIGEND,Lehrbuch des Strafrechts, cit., 514; MORSELLI, Tentativo, cit., 187). In questa pro-spettiva la punibilità per il delitto tentato è da escludersi quando, sia per l’inesi-stenza o l’assenza del bene giuridico tutelato sia per l’ignoranza nomologica delsoggetto agente, è impossibile la consumazione del delitto.

217 In applicazione di questo criterio esegetico, la giurisprudenza riconoscel’ipotesi del delitto tentato nell’evenienza in cui la mancanza dell’oggetto materialeal momento dell’azione sia solo occasionale, contingente ed ignota all’agente(Cass., Sez. II, 21 novembre 1988, Rubino, in Cass. pen., 1990, 1312), mentre a fron-te di una inesistenza in rerum natura ravvisa un reato impossibile (Cass., Sez. I, 26novembre 1991, Vignone, in Cass. pen., 1994, 313).

nale. Non può invero dimenticarsi – proseguono gli autori che tessonoquesta linea interpretativa – che il soggetto voleva la realizzazionecompleta della fattispecie criminosa, e che la mancata consumazioneè dovuta a fattori totalmente indipendenti dalla sua volontà 216.

Eppure, riconoscere un siffatto peso al disvalore soggettivo signifi-ca, né più né meno, disconoscere apertis verbis la struttura oggettivadell’idoneità degli atti tentati.

Da ultimo, non vanno dimenticate le notazioni (di dubbio) già mes-se in evidenza a proposito del rapporto che, alla stregua della posizio-ne concettuale qui indagata in senso critico, finisce per costruirsi tra ladisciplina del tentativo e quella del reato impossibile per inesistenzadell’oggetto della condotta.

Di tal ché, muovendo dall’assunto di un giudizio di idoneità-perico-losità da effettuarsi “a base totale”, il capoverso dell’art. 49 c.p., nellaporzione appena richiamata, si limiterebbe a confermare la necessitàche la verifica in discorso sia supportata da ogni elemento della realtàdel caso, con l’ovvia asserzione della inconsistenza di questo carattereove l’oggetto materiale del comportamento si dimostri inesistente 217.Per cui tale disposizione – con notabile mancanza di lungimiranza –non aggiungerebbe nemmanco un elemento costitutivo della fattispe-cie rispetto a quanto poi ricavabile dall’art. 56, comma 1.

Al contrario, convenendo della natura “parziale” del giudizio di ido-neità si sarebbe tenuti a concludere nel senso di una funzione costitu-

Page 107: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

92 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

218 Per un primo orientamento interpretativo è il requisito dell’idoneità a svol-gere un fondamentale ruolo di tipizzazione dell’elemento oggettivo del delitto ten-tato, mentre l’univocità svolge una funzione correttiva secondaria, sintetizzata orain quella di indicatore oggettivo della direzione della condotta verso un determina-to fatto criminoso (si vedano le più ampie ed approfondite ricostruzioni sul puntodi GIACONA, Il concetto d’idoneità, cit., 417 ss. e ROMANO, Commentario sistematico,I, cit., 592 ss.); ora in quella di prova dell’intento criminoso (AZZALI, Idoneità ed uni-vocità degli atti. Offesa di pericolo, in Riv. it. dir. proc. pen., 2001, 1186); ora di ele-mento espressivo di un termine di relazione da ricavarsi dall’elemento psicologicodel soggetto agente (SINISCALCO, Tentativo, in Enc. giur., XXX, Roma, 1993, 3); oradi elemento strutturalmente identico all’idoneità, da cui differisce in ordine alla so-la base, non totale ma composta dalle circostanze normalmente conoscibili da unosservatore esterno mediamente avveduto, incluse quelle maggiori eventualmentepossedute dall’agente concreto (GIACONA, Il concetto d’idoneità, cit., 439).

tiva dell’art. 49, comma 2, nella parte de qua. Tale norma, statuendo lanon punibilità in caso di inesistenza dell’oggetto dell’azione, allarghe-rebbe le maglie della verifica al di là di ciò che è effettivamente cono-sciuto o ragionevolmente conoscibile dal soggetto, proprio con l’im-porre di prendere comunque in considerazione l’assenza in discorso.In buona sostanza, una fondamentale porzione della regolamentazio-ne dettata per la forma delittuosa tentata sarebbe non solo posta all’in-terno di una disposizione diversa da quella che pacificamente ne ca-denza tutte le componenti (id est, art. 56 c.p.) ma addirittura collocataprima dell’esposizione dell’istituto di cui è parte integrante e nell’am-bito di un dettato (art. 49, comma 2, c.p.) che quanto al resto attenzio-na una ipotesi (inidoneità dell’azione) di portata generale (e quindinon riconducibile al solo tentativo) se non addirittura eterogenea (se-condo la lettura intrapresa nel testo).

7. Distinguere l’idoneità degli atti dall’offensività del delitto tenta-to: una questione di principio

A tirare le somme di quanto da ultimo accennato, inizia a prendereuna certa consistenza la difficoltà di tracciare, per mezzo del concettodi pericolosità-idoneità (ex art. 56, comma 1, c.p.) 218, i confini di unaincriminazione a titolo di delitto tentato che riesca a rispondere al ca-none – costituzionalmente orientato – di chiara e precisa rappresenta-zione di un fatto umano.

Di fronte alle perplessità suscitate da codesto scenario, l’avvertitodiscernimento tra livello descrittivo e livello valutativo dell’illecito pe-nale, nei termini sopra riassunti, può costituire la base per una distin-ta riflessione propositiva.

Page 108: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 93

219 In questo senso SEMINARA, Contro una configurabilità “causale” del tentativo,in Leg. pen., 2002, 918. Conforme G.A. DE FRANCESCO, L’enigma del tentativo: vicen-de sistematiche ed interrogativi politico-criminali, in Leg. pen., 2002, 928.

220 Verso questa direzione sembra peraltro incamminarsi un recente spuntogiurisprudenziale (Cass., Sez. III, 13 maggio 2003, La Ferla, in Cass. pen., 2005,

La costante visione dogmatica percepisce difatti l’esigenza chel’idoneità degli atti esecutivi, quale fattore dirimente la natura delit-tuosa dell’episodio comportamentale, venga assunta come corollariodi una più generale opzione sui contenuti e sui fini del diritto pena-le 219, a riprova positiva che l’ordinamento intende punire i fatti umanisolo in quanto lesivi degli interessi protetti. Il riscontro del caratteredell’idoneità della condotta non costituirebbe, quindi, una questionepeculiare dell’istituto del tentativo, da risolvere con regole destinate adoperare solo al suo interno e per ciò bisognevoli di specifica disciplina;si tratterebbe bensì di una “impronta del sistema” che al pari coinvol-ge gli “atti” inseriti nella più ampia cornice del reato consumato. Insintesi, è il riflesso di una scelta di fondo attinente ai caratteri propridel fatto penalmente rilevante.

L’“abitudine” scientifica a postulare l’indefettibilità di una connota-zione in termini offensivi di ogni episodio ammesso a varcare il guadodel terreno penale, va pienamente acquisita. Ma la stessa appare con-gruamente riferibile – lo si è motivato – ad un filtro normativo che nonè quello dell’idoneità della condotta tentata ex art. 56, comma 1, c.p.Qui basti un riepilogo per somme linee: la statuizione dettagliata e ge-nerale dell’offesa quale elemento costitutivo del reato si è ritenuta di-morare nell’art. 49, comma 2, c.p., ove è sancita la non soggezione a pe-na dell’azione rivelatasi inidonea a cagionare l’evento; l’esistenza od ine-sistenza di siffatta componente si deduce all’esito di un giudizio relati-vo al complesso oggettivo e soggettivo della singola – anche tentata – fi-gura tipica, traslata dalla sfera di umana materialità a quella valutativa.

Ciò chiarito, resta da ponderare il ruolo affidato al dettato positi-vizzato dal comma 1 dell’art. 56 c.p., in particolare sub specie di previ-sione dell’idoneità della condotta punibile. Orbene, il discorso in argo-mento, allontanato per ovvie ragioni di razionalità sistemica dalla sfe-ra dell’offensività, può essere validamente reimpostato nell’ottica dellatipicità, più esattamente nell’ottica della descrizione dell’accadimentostorico di significato delittuoso.

La prospettiva di una idoneità “naturalistica” degli atti tentati, co-me elemento oggettivo del tipo delittuoso, qui schizzata in contrappo-sizione alla consueta visuale prettamente offensivista, ha dalla sua unasolida aderenza ai disposti normativi 220. Si richiama nuovamente la

Page 109: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

94 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

3360), che, sviluppando la matrice concettuale costantemente utilizzata a filtro del-l’idoneità degli atti – ovvero l’accertamento che questi risultino adeguati in concre-to al raggiungimento dello scopo tenuto conto del contesto delle circostanze in cuiopera l’agente, in altri termini la verifica dell’attitudine a creare una situazione dipericolo attuale e concreto in rapporto alla lesione del bene protetto dalla normaincriminatrice (Cass., Sez. I, 28 giugno 1995, Cocuzza, in Cass. pen., 1996, 2199;Cass., Sez. I, 2 ottobre 1997, Tundo, ivi, 1999, 852) – esprime l’esigenza che la con-dotta tentata abbia l’oggettiva attitudine ad inserirsi, quale condizione necessaria,nella sequenza causale ed operativa che conduce alla consumazione del delitto.

221 V. GIACONA, Il concetto d’idoneità, cit., 40 ss.

limpida consecuzione tra i commi 1 e 2 dell’art. 49 c.p., la quale impo-ne di separare la (prima) linea della tipicità (comma 1), dove accertarela corrispondenza del concreto episodio comportamentale rispetto aduna data descrizione legislativa di una fenomenologia umana, dalla(seconda) linea dell’offensività (comma 2), in cui è valutata la portatadel fatto tipico rispetto all’interesse di cui il medesimo indizia la lesio-ne o messa in pericolo.

Beninteso, ciò di cui occorre prendere atto, ora e senza ulteriori in-dugi, è la necessità di una norma che intervenga a fornire la specificaindicazione fenomenica del fatto delittuoso di tentativo (lacuna nondiversamente colmabile in vista delle fondamentali regole penalisti-che), che è a sua volta la base operativa del giudizio di reale offensivitàconsolidato nell’istituto del reato impossibile.

In altre parole, se è il tipo che deve trovare in primo luogo una defi-nizione positiva perché di seguito possa discettarsi in termini di effet-tiva offensività del fatto concreto in esso sussunto; se questa secondasequenza del ragionamento penalistico è già resa “certa” dalla leggepenale nell’art. 49, comma 2, c.p.; per quanto attiene alla forma di ma-nifestazione tentata si tratterà di verificare se è stata scritta una appo-sita fattispecie astratta deputata ad inglobarla e renderla sanzionabile.E la verifica conduce davanti all’art. 56, comma 1, c.p.

A seguire questo percorso l’idoneità si posiziona allora ad un livellonaturalistico-descrittivo, coadiuvando la costruzione della tipicità del-la fattispecie di tentativo. Essa serve proprio ad individuare l’arco ma-teriale e temporale degli atti che segnano lo sviluppo dell’iter criminische è stato tipizzato come “già” punibile: a partire da quelli in rappor-to di stretta anticipazione rispetto al momento in cui inizia l’esecuzio-ne tipica della fattispecie legale consumata, fino ad arrivare ad untempo immediatamente antecedente al compimento della condotta oalla realizzazione dell’evento naturalistico 221.

Con affermazione laconica e stentorea si potrebbe concludere:l’idoneità, assieme alla univocità, attiene alla dimensione tipica dell’il-

Page 110: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 95

222 Sull’assunto secondo il quale la portata estensiva dell’art. 56 c.p. «può coin-volgere, tra gli elementi che compongono strutturalmente la norma penale incri-minatrice, soltanto la condotta tipica», si vedano le osservazioni di BRUNELLI, Breviconsiderazioni su tentativo di rapina impropria e fattispecie penali con plurimo com-portamento, in Cass. pen., 2003, 3269.

223 Che il tentativo vada con certezza affermato ove siano stati compiuti atti ti-pici è conclusione pressoché costante, v. Cass., Sez. III, 14 giugno 1994, Mega, inForo it., 1996, II, 377, che ravvisa tentativo di violenza carnale nel caso di chi cer-

lecito penale. E poco importa a questo punto intenderla come possibi-lità o come probabilità, posto che la nozione ruota attorno alla mate-riale capacità dimostrativa della condotta – basata su leggi d’esperien-za – rispetto alla sua evoluzione naturalistica verso l’esecuzione tipicae la completa realizzazione del fatto delittuoso.

8. La figura tipica del delitto tentato: in particolare, l’idoneità de-gli atti

La diversità fenomenica del tentativo rispetto al caso illustrato trale righe della fattispecie consumata ha infatti imposto la creazione diuna nuova tipicità, che irrompe nell’equilibrio della norma incrimina-trice “finale” e ne crea uno nuovo, dilatato verso il minus, coinvolgen-te due poli (oggettivi) di opposta natura soggettiva: l’uno, quello degliatti qualificati, volutamente apprestato, l’altro, quello del non raggiun-gimento della meta delittuosa, non voluto, come chiarito dalla imper-sonalità della formulazione linguistica («l’azione non si compie o l’e-vento non si verifica»).

Dopo aver isolato la portata epistemologica della ricordata formu-lazione al livello di tipizzazione della condotta (nel senso più voltechiarito), è agevole proseguire con una ulteriore considerazione. Veroche il dato di riferimento dell’idoneità degli atti letteralmente si identi-fica nella “commissione” del fatto criminoso, ciò non significa che loSpielraum del tentativo si apra al momento della realizzazione dellacondotta tipica di parte speciale 222. Perché è fuori discussione che attiidonei a commettere un delitto si rinvengano cronologicamente e logi-camente prima della stessa commissione.

Questa soluzione è per giunta l’unica coerente con il dettato nor-mativo, che ammette la configurabilità di una condotta delittuosa ten-tata fino al punto in cui non si sia perfettamente completata la realiz-zazione della situazione indicata dalla fattispecie incriminatrice(l’azione non si compie o l’evento non si verifica) 223. È questo il crinale

Page 111: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

96 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

chi di indurre l’ex amante ad ulteriori rapporti sessuali minacciando di divulgarefotografie compromettenti.

224 Sembra aderire a questa considerazione l’art. 41 del progetto Grosso, cit., nelprevedere la punibilità di chi, l’esecuzione di un delitto, «si accinge a intraprender-la con atti immediatamente antecedenti». Sostanzialmente uniforme la formula-zione proposta dal progetto Pisapia, cit., il cui art. 18 definisce punibile a titolo ditentativo «chi intenzionalmente e mediante atti idonei intraprenda l’esecuzione diun reato, o si accinga a intraprenderla con atti che immediatamente la precedono».Critico rispetto ad un simile disposto GIACONA, Il tentativo tra passato e futuro, cit.,924. L’Autore ritiene infatti che, con tale formulazione, il giudizio di pericolo vadariferito non già alla consumazione del delitto, ma all’inizio di esecuzione della con-dotta tipica; momento che ritiene non significativo in ordine alla sussistenza delpericolo. Piuttosto – osserva più ampiamente in altra sede, v. ID., Il concetto d’ido-neità, cit., 39 s. –, il termine di relazione del giudizio di pericolosità/probabilità do-vrebbe essere individuato nel momento ipotetico in cui si sarebbe verificata l’inte-grale realizzazione della condotta tipica nei reati di mera condotta, ovvero l’eventonaturalistico nei reati che lo prevedono.

225 ANGIONI, Il pericolo concreto, cit., 187. In senso critico PARODI GIUSINO, I reatidi pericolo, cit., 350: «il momento di cui si deve tener conto non è quello che auto-rizza la prognosi più sfavorevole, ma sempre quello che autorizza la prognosi piùcompleta, cioè il momento cronologicamente più vicino (benché anteriore rispetto)all’epilogo».

ove il tentativo lascia il posto all’eterogenea forma della consumazio-ne, conciocché, se il primo ha la sua conclusione (ovvero preclusione)al tempo del completamento della figura consumata (se del caso, altempo del completamento della condotta di consumazione), ragionevuole che abbia inizio in un momento antecedente.

Può infine dirsi: tanto l’etimo quanto la struttura normativamenteassegnata al tentativo ne avvalorano l’immagine di fatto proteso nonverso la consumazione tout court, ma verso l’inizio della commissionedel delitto fino alla sua consumazione 224, “incredibilmente” mancata.

Gli atti sono dunque idonei quando da un punto di vista naturali-stico valgono a descrivere una sequenza che, agli occhi di un ragione-vole osservatore esterno, si porta verso l’esecuzione in fieri di un certofatto delittuoso. È chiaro, allora, non solo che l’accertamento di speciesi debba fermare qui, senza spostarsi in avanti (nel tempo) a secondadel punto (e del momento) da cui di volta in volta si renda possibileravvisare l’eventuale sussistenza del pericolo 225.

Ma anche che nel tracciare l’identikit dell’idoneità non si debba farriferimento alla generica possibilità ovvero alla maggiore-minore pro-babilità che gli atti producano il disvalore a cui sono votati. Il parame-tro essendo piuttosto quello della sussumibilità di tali atti, quali anellidi una serie comportamentale, entro una sequenza che esteriorizzi unpercorso di pronta realizzazione del fatto di reato. Alla stregua di que-

Page 112: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 97

226 In questa prospettiva, per tutti MARINUCCI, Fatto e scriminanti. Note domma-tiche e politico-criminali, in Riv. it. dir. proc. pen., 1983, 1223 ss.; ANGIONI, Il perico-lo concreto, cit., 299 ss.; FIANDACA-MUSCO, Diritto penale, cit., 461 s.

227 Di questa opinione NEPPI MODONA, Il reato impossibile, cit., 327 ss.

sta concezione, infatti, è idoneo, ex art. 56 c.p., un atto ancorché uti-lizzato in un contesto in cui non possa effettivamente servire ad alcu-na finalità offensiva, come un’arma da fuoco puntata contro un bersa-glio umano appena fuori dalla sua gittata; o l’innocua bevanda versatanel bicchiere dell’ospite al posto di quella venefica che è contenuta inidentica bottiglia preparata là vicino. Proprio perché l’inadeguatezzache quella condotta dimostra rispetto alla produzione del disvalore fi-nale (pur sempre ricercato), in nulla incide sulla propedeutica pro-spettiva – espressa dalla medesima condotta – di quella che ne sarà laprogressione fattuale: l’idoneità degli atti, insomma, parla dei passi dicui l’agente si renderà autore nel prosieguo di quel contesto fattuale,ovvero di come il fatto verrà a svilupparsi (ad esempio, una volta pre-muto il grilletto).

È dunque indubbio come questa attitudine del comportamento, aspiegare le cadenze successive della situazione umana presa in esame,non venga a dipendere dalla messa in conto di ogni circostanza esi-stente al momento dell’azione (c.d. prognosi a base totale) 226: la para-digmatica assenza del portafogli dalla borsa violata dalla mano furtivadell’agente non offusca certo la visuale naturalistica della vicenda, chesi snoda attraverso l’impossessamento del bene, mediante sottrazione,al fine di profitto.

Né viene a dipendere dalla considerazione delle sole circostanze co-nosciute o conoscibili al momento della condotta da parte di un uomoavveduto pensato al posto dell’agente concreto, eventualmente inte-grate dalle maggiori conoscenze specifiche di quest’ultimo (c.d. pro-gnosi a base parziale) 227: a rigore, puntare un’arma contro un uomo (anon irragionevole distanza) e fare fuoco lungo questa traiettoria si di-mostra accadimento oggettivamente prestato a cagionare la morte delbersaglio, nel senso di rendere visibile il fatto materiale di cui all’art.575 c.p. senza che ci si debba appellare alla conoscenza/conoscibilitàdella gittata dell’arma.

Piuttosto, i profili di cui sopra possono acquisire rilevanza rispetti-vamente in sede di verifica della reale offensività del fatto delittuoso, aisensi del disposto dell’art. 49, cpv., c.p., ed in sede di riscontro dell’uni-voco orientamento degli atti, distribuiti in modo da corrispondere allavolizione dell’agente. Così, riprendendo l’esempio appena proposto,che l’agente conosca l’effettiva capacità di gittata dell’arma giocherà

Page 113: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

98 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

228 V. Trib. Napoli, 4 febbraio 2004, n. 128, in Guida al dir., 2004, n. 18, 92, cheha qualificato come tentativo del delitto di sostituzione di persona (art. 494 c.p.) ilpossesso di una carta d’identità falsificata.

un ruolo fondamentale in punto di accertamento del dolo di consuma-zione (dell’omicidio), che sorregge la fattispecie tentata.

Del resto, gli stessi aspetti dovranno essere ponderati quando si trat-ti di appurare la non volizione dell’intervenuto fattore paralizzante: sipensi in questo senso all’errore di mira che impedisce di colpire la po-tenziale vittima, o alla mancanza di denaro e preziosi dentro la cas-saforte che è stata forzata.

8.1. La nozione di idoneità “ripensata”

Allora, ciò che serve a scindere la preparazione di un delitto, atipi-ca e non punibile, da un fatto oggettivamente tipico alla stregua del pa-radigma delittuoso tentato, lo si trova su di un piano prettamente uma-no e materiale: è la visualizzazione dell’avvenuta combinazione siner-gica degli atti da parte dell’agente. È in quel punto ed in quel momen-to che si riesce a cogliere il passaggio dalla preparazione, di quanto vie-ne posto a strumento di esecuzione, all’uso, di quei mezzi in funzionedell’esecuzione del delitto.

In fondo, tanto si radica nella stessa nozione di idoneità, qualeconcetto di relazione che trova una propria personalità contenutisti-ca solo in rapporto ad un determinato comportamento futuro. Essoimplica difatti la necessità che le potenzialità di cui è intriso l’atteg-giamento già speso (emblematico l’acquisto della dose di veleno ri-spetto al matricidio) siano state rese effettivamente operative (dicia-mo innescate, per effetto dello sversamento del veleno all’interno delbicchiere d’acqua da offrire): solo a questa condizione gli atti riesco-no ad offrire una “precognizione” dello sviluppo comportamentalesuccessivo.

È in questa prospettiva, invero, che il materiale dei singoli compor-tamenti precedenti entra nella storia del fatto penalmente rilevante, esi investe di un ruolo attualmente significativo per l’economia del suoprogresso.

Chiaramente, l’avere a disposizione un’arma da fuoco, così come ildetenere una carta di identità falsificata 228, si rivelano atteggiamentiincapaci di descrivere alcuna direzione delittuosa di specie. Trattasi disituazioni di per sé statiche, di puro possesso, solo eccezionalmente edespressamente riconducibili ad una sanzione penale. Ma allorquandovengano immesse in una relazione dinamica con altri elementi, e ciò

Page 114: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 99

consenta di scorgere un contesto di utilizzazione di questa preesisten-te base fattuale in funzione della realizzazione di un delitto, ebbenesarà dato individuare un quadro idoneo; ove poi quest’utilizzazione siaccerti finalisticamente orientata alla commissione, si avrà pure il ri-scontro di una univoca direzione psicologica.

La consistenza dell’idoneità che si auto-evidenzia attraverso questeprimissime considerazioni esegetiche è pertanto quella di una serialitàdi atti, plasmati a mezzi di avvicinamento e quindi di ottenimento fi-nale di un fatto criminoso, capaci di fornire una rappresentazione og-gettiva di tale scopo e del dolo che lo anima.

D’altronde, già intuitivamente potrebbe definirsi “tentata” quellacondotta che rappresenta la parziale manifestazione della forma con-sumata del delitto, sia cioè indizio antecedente la piena ravvisabilità diquest’ultima. Così, atti idonei sono per certo tutti quelli che inserendo-si nello svolgimento naturalistico dell’esecuzione criminosa compon-gono un contesto minimo e sensibile del delitto “perfetto”. L’accinger-si, nottetempo e con arnesi serventi all’effrazione, a scavalcare il murodi cinta di un museo; entrare nella sede di un istituto bancario tenen-do in pugno una pistola pronta per l’uso: sono atti idonei ad una rea-lizzazione criminosa in considerazione dell’oggettiva cornice di circo-stanze che “volutamente” li accompagnano. In conclusione, l’attributoche si viene indagando seleziona gli atti capaci di rendere percepibilela dinamicità del fatto verso l’inizio e la piena realizzazione dell’esecu-zione, capaci di fornire immediatamente la “visione” dell’ordine in cuiverranno fatti scorrere quelli che da lì seguiranno; capaci di materia-lizzare una serie comportamentale che si iscrive entro il percorso del-la consumazione.

9. La figura tipica del delitto tentato: in particolare, l’univocità de-gli atti

Univoci, per altro verso, sono gli atti cui l’agente, proprio perché in-seriti in quello specifico contesto, non poteva che assegnare un unicoed unitario significato criminoso; univoci sono gli atti che il soggettoavrebbe reso disefficienti rispetto alla prosecuzione degli sviluppi cau-sali innescati se non li avesse voluti caricare definitivamente di unafunzione delittuosa. In breve, quelli voluti dall’agente come strumentidi esecuzione dell’illecito proposto, quelli che, in quanto anche idonei,hanno fatto assumere un margine di visibilità ad un doloso atteggia-mento delittuoso. È in quest’ottica, ad esempio, che risulta possibilediscriminare le percosse consumate ed il tentativo di violenza sessuale

Page 115: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

100 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

229 Sul concetto di univocità, nel senso di riconoscibilità esteriore di una certacondotta come diretta alla consumazione della fattispecie, v. CARRARA, Programmadel corso di diritto criminale. Parte generale, I, Firenze, 1924, § 358, ove l’univocità èdescritta come «il primo carattere indispensabile a recarsi negli atti esterni che sivogliono imputare come conati. Finché l’atto sarà tale da poter condurre tanto aldelitto quanto ad azione innocente, non avremo che un atto preparatorio il qualenon può imputarsi come conato». MANTOVANI, Diritto penale, cit., 434, intendendol’univocità in termini di «attitudine degli atti a fondare un giudizio probabilisticosulla realizzazione del delitto perfetto e, quindi, anche sulla verosimile intenzionedell’agente di portare a termine il proposito criminoso», per un verso sembra farcoincidere le nozioni di idoneità ed univocità, per l’altro pare ammettere l’inclina-zione “soggettiva” di quest’ultima. Per una distinzione di natura tra i concetti diidoneità ed univocità v. GIACONA, Il concetto d’idoneità, cit., 357 e 433, secondo ilquale l’idoneità, di natura prevalentemente oggettiva sarebbe diretta espressionedelle istanze di offensività, mentre l’univocità risponderebbe ad istanze di meraprevenzione rivelando uno stato di pericolosità soggettiva dell’agente e presuppo-nendo un’incrinazione dell’assetto sociale: «In sostanza, il giudizio di univocità – adifferenza, a nostro parere, di quello d’idoneità, che ha una dimensione naturali-stica, fondandosi su una base totale di circostanze – ha carattere normativo e valu-tativo facendo riferimento al punto di vista della collettività, rapportato al parame-tro astratto dell’uomo medio. E ciò in quanto, secondo noi, l’univocità risponde aesigenze di prevenzione generale (oltre che speciale) avvertendosi la necessità dipunire condotte che, pur non essendo realmente offensive creano tuttavia il rischioche altri consociati possano essere indotti a seguire il cattivo esempio». Sulla natu-ra oggettiva dell’univocità la maggiore dottrina è concorde. In questo senso ROMA-NO, Commentario sistematico, I, cit., 593 ss.; PADOVANI, Diritto penale, cit., 272 s.

230 Cass., Sez. I, 24 settembre 2008, Cristello ed altri, n. 40058: «Pur in assenzadi una riproduzione, nel codice penale vigente, della formula (inizio dell’esecuzione),contenuta nell’art. 61 del codice Zanardelli, ai fini della configurabilità dell’ipotesidisciplinata dall’art. 56 c.p., è comunque, necessario il passaggio della condotta dal-la fase preparatoria a quella esecutiva. Gli atti diretti in modo non equivoco a com-mettere un delitto possono, infatti, essere esclusivamente gli atti esecutivi, ossia gliatti tipici, corrispondenti, anche solo in minima parte – come inizio di esecuzione –alla descrizione legale di una fattispecie delittuosa a forma libera o a forma vinco-lata. Se l’idoneità di un atto può denotarne al più la potenzialità a conseguire unapluralità di risultati, soltanto dall’inizio di esecuzione di una fattispecie delittuosapuò dedursi la direzione univoca dell’atto stesso a provocare proprio il risultato cri-minoso voluto dall’agente. Sono, pertanto, irrilevanti, a titolo di tentativo, gli attipreparatori, ossia le manifestazioni esterne del proposito delittuoso che abbiano ca-rattere strumentale rispetto alla realizzazione, non ancora iniziata, di una figura de-

laddove l’elemento della violenza sia integrato da un siffatto compor-tamento 229.

Declinare in questi termini il concetto di univocità degli atti ne im-porta una radicale rielaborazione rispetto alla tradizionale immaginein cui viene dipinto l’attributo, generalmente assunto ad espressionesinonimica di quella soppiantata formula dell’inizio dell’esecuzioneche racchiudeva, ai tempi del codice Zanardelli, l’essenza del tentativopunibile 230.

Page 116: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 101

littuosa. Essi non sono puniti come tentativo per la loro “lontananza” dal risultatolesivo e, dunque, per la loro bassa pericolosità rispetto al bene giuridico». Contra,Cass., Sez. I, 15 dicembre 2006, M. e altro, in Guida al dir., 2007, n. 11, 72, per cui«L’istituto del delitto tentato, nel sistema adottato dal codice penale (art. 56 c.p.),non prevede una distinzione fra atti preparatori e atti esecutivi, in quanto la relati-va struttura si fonda sul compimento di “atti idonei diretti in modo non equivoco acommettere un delitto”. Ne deriva che, per ritenere il tentativo, non si richiede chel’azione esecutiva sia già iniziata e ne deriva, altresì, che anche un atto preparatoriopuò integrare gli estremi del tentativo quando sia idoneo e diretto in modo nonequivoco a commettere un delitto. In altri termini, il criterio legale per la qualifica-zione del tentativo punibile è quello dell’individuazione, nello sviluppo assunto dal-la condotta, degli elementi distintivi del delitto consumato attraverso l’univocitàdella direzione degli atti compiuti verso la commissione di tale delitto e la contem-poranea idoneità degli atti stessi a commetterlo» (Nella fattispecie, escluso trattarsidi atti meramente preparatori, si è ritenuto integrato un tentativo di omicidio nellacondotta degli imputati che, allo scopo di uccidere una giovane, l’avevano storditafacendole bere acqua in cui era stata sciolta sostanza a base di barbiturici, avevanopredisposto una siringa contenente una overdose di eroina, avevano trasportato laragazza in stato di incoscienza in zona periferica, frequentata da tossicodipenden-ti, non riuscendo però nell’intento per cause indipendenti dalla loro volontà). In te-ma v. LICCI, Modelli nel diritto penale, cit., 150 ss., il quale sottolinea come il legisla-tore del 1930 si risolva coraggiosamente ad abbandonare il paradigma tradizionaleche collocava il problema dell’inizio dell’attività punibile entro lo sfondo problema-tico costituito dalla dicotomia fra atti preparatori ed esecutivi, per riconfigurare laquestione nel contesto problematico della direzione del comportamento.

231 Legge n. 2260 del 1925.232 In Lavori preparatori del codice penale e del codice di procedura penale, V, pt.

Tratta l’obiettività dell’elemento ora in esame dalla sua qualità diattributo degli atti, l’orientamento consolidato lo ha difatti in breve po-sto accanto all’idoneità, e prima della stessa, a specificare come l’iniziodella realizzazione del fatto tipico, avanzato fino allo stadio di una suaindubbia visibilità da parte di un astratto osservatore esterno, sia dacogliere nella condotta in sé, per il contesto in cui si cala e per la spe-cifica modalità di realizzazione che la connota, senza che a tal fineconti il riferimento alle intenzioni.

Di più. L’univocità – così spiegata – si è resa il segno della portatanon innovatrice della locuzione vigente rispetto a quella di zanardel-liana memoria. Ciò in sintonia con le parole pronunciate dal MinistroGuardasigilli in sede di discussione in Senato del disegno di legge chesarebbe poi stato approvato come legge delega per l’emanazione di unnuovo codice penale 231: in esse si è letto l’intendimento di affidare lacaratterizzazione degli atti esecutivi esclusivamente al requisito del-l’univocità, attestato sulla manifestazione oggettiva della volontà delit-tuosa, mentre il criterio dell’idoneità veniva chiamato ad agire dal-l’esterno, per escludere la punibilità degli atti univoci inadeguati allaproduzione dell’evento 232.

Page 117: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

102 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

1, cit., 268 s.: «il risultato pratico … di una più efficace repressione del conato de-littuoso, potrebbe ottenersi con la equiparazione degli atti preparatori agli atti ese-cutivi, sopprimendo cioè la distinzione tra atti preparatori e atti esecutivi nella con-figurazione del tentativo, sempre quando gli atti preparatori siano univoci e idonei.Univoci: è la vecchia teoria carrariana che credo sempre la esatta. Gli atti prepara-tori univoci costituiscono il tentativo. Occorre poi che gli atti siano idonei, perchémancando l’idoneità manca l’elemento obiettivo o materiale del reato».

233 È esplicita l’adesione della Corte Costituzionale ad una concezione restritti-va del tentativo punibile, ancorata alla realizzazione di atti univoci di esecuzione,v. Corte Cost., 22 dicembre 1980, n. 177, in Giur. cost., 1980, 1535 s.: «soltanto dal-l’inizio dell’esecuzione di una fattispecie delittuosa può dedursi la direzione univo-ca dell’atto stesso a provocare proprio il risultato criminoso voluto dall’agente», dacui discende l’identificazione di un atto preparatorio «in una manifestazione ester-na del proposito criminoso che abbia un carattere strumentale rispetto alla realiz-zazione, non ancora iniziata, di una figura di reato».

La riferita convinzione ha così avuto buon gioco a respingere sem-pre più ai margini della riflessione scientifica le prospettazioni chepercepivano al fondo della creazione del requisito dell’univocità il con-sapevole obiettivo di estendere l’attenzione penale verso fasce di situa-zioni dapprima normativamente indifferenti.

Del resto, nel senso maggioritario s’è vista deporre pure l’eccezio-nalità della rilevanza riconosciuta dall’art. 115 c.p. agli atti non ancoraesecutivi di una fattispecie delittuosa, ma che a partire dalla primamanifestazione esterna del proposito criminoso predispongono mezzie creano le condizioni per il delitto 233.

In sostanza, la lettura del requisito “di oggi” ha seguito pedissequa-mente le sorti della locuzione “di ieri”, al pari stretta nell’opzione traun accertamento di tipo obiettivo, che lega l’univocità alla natura degliatti della fattispecie incriminatrice, di cui viene evocata la parziale ti-picità; ed un accertamento riferito invece alla manifestazione della vo-lontà colpevole, che rinvia al valore sintomatico degli atti anche in re-lazione al piano predisposto dal soggetto attivo.

La forbice così ricreata fa sì che la stessa area esistenziale del ten-tativo oscilli da una configurazione minima, la quale con riferimentoalle fattispecie causali a forma libera sopravvive nel solo tentativo c.d.compiuto, ad una configurazione ancorata alla “scelta” in ordine alpunto fin dove arretrare la soglia iniziale dell’univocità. Scelta delica-tissima. L’analisi di quest’ultima impostazione esegetica consente in-fatti di notare come la formula dell’anticipazione (della non equivo-cità) ad un momento anteriore rispetto alla condotta tipica comportil’introduzione nell’area di interesse criminale di tutti gli atti che a que-sta si rivelino contigui e risultino univocamente significativi; atti, cioè,che avendo l’indole di inizio d’esecuzione di un delitto rispetto ad una

Page 118: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 103

234 ROMANO, Commentario sistematico, I, cit., 593. Va richiamata l’impostazioneintermedia e mista recentemente seguita dall’art. 41 del progetto Grosso, cit., dovesi prevede che, ferma restando la punibilità degli atti tipici, siano comunque puni-bili anche quelli immediatamente precedenti a questi ultimi; nonché dall’art. 18 delprogetto Pisapia, cit.

235 Cfr. Cass., Sez. II, 7 febbraio 1992, Mazza, in Cass. pen., 1993, 1428, in cuiviene a darsi rilievo alla confessione dell’imputato di voler commettere la rapina inbanca.

236 Esclude il tentativo di rapina nel caso di soggetti sorpresi in possesso di stru-menti genericamente indicativi di un programma criminoso, ma in un luogo nonconducente all’individuazione di un preciso obiettivo, Cass., Sez. I, 9 marzo 1995,De Luca, in Foro it., 1996, II, 428. V. anche G.u.p. Perugia, 20 dicembre 2004, Frau,in Rass. giur. umbra, 2005, 214 ss., con commento critico di FALCINELLI, Preparazio-ne di un delitto: quando la volontà diventa fatto: ivi il giudicante è pervenuto all’as-soluzione dal delitto di tentata rapina, escludendo l’univocità dell’azione degli im-putati, in un caso in cui i concorrenti, in numero di quattro, erano giunti, già mu-niti di pistole, nei pressi di un ufficio postale, dopodiché tre di essi si erano dispo-sti su altrettante autovetture, una delle quali rubata, predisposte per la fuga mentreil quarto si era diretto a piedi verso il predetto ufficio. In particolare, si è assuntoche l’azione non si era spinta a tal punto da manifestare per sé stessa, agli occhi diun osservatore esterno, la sua direzione finalistica verso la commissione del reato,ed elementi logici (le pistole non erano ancora state distribuite, le macchine “puli-te” dei rapinatori erano ancora nei pressi dell’obiettivo, mentre una delle auto ru-bate era ancora parcheggiata lontano) facevano del resto pensare che la rapina do-vesse essere compiuta circa un’ora dopo l’intervento “interruttivo” dei Carabinieri.Cass., Sez. II, 20 marzo 2007, Di Simone, in Cass. pen., 2008, 605 ss., confermandola sentenza d’appello dichiara invece la responsabilità penale di tutti gli imputatiper tentata rapina, sostenendo che «l’osservazione della corte d’appello circa l’av-venuta assunzione di ruolo da parte di tutti i concorrenti è indubbiamente in gradodi qualificare talune fattispecie, attribuendo loro una speciale significatività ai finidella configurabilità del tentativo. Il comportamento di una pluralità di personecoerentemente diretto ad un unico fine è infatti altamente sintomatico, sul pianologico, dell’univocità degli atti richiesta dal tentativo, e quindi tale notazione, seb-bene non costituisca regola universale di giudizio, conforta senz’altro la strutturaargomentativa della sentenza impugnata».

data intenzione dell’agente, ed offrendo un principio di pericolo attua-le, si accompagnino a condizioni materiali tali da manifestare – e la-sciar individuare – la direzione criminale 234. Proprio nei riflessi appli-cativi dell’impostazione si delinea, allora, la sostanziale disattenzionerispetto all’obbiettivo prefissato: la ricerca di un criterio netto per af-fermare o negare l’ingresso del fatto nel sistema penale. Tant’è, basan-dosi su questa teorica è permesso sia di riconoscere una tentata rapinanel fatto di chi venga sorpreso, con armi ed altri idonei strumenti, nel-l’atto di approssimarsi ad una banca 235, sia di escludere in analoghe si-tuazioni che si abbia tentativo 236. Perché è chiaro: la soluzione finale –circa l’aderenza, non anche coincidenza, degli atti al ritratto tipico delfatto, risultante dalla descrizione normativa – o è lasciata soprattutto

Page 119: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

104 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

237 Caratteristica che non perde neppure alla luce della recente riflessione diGIACONA, Il concetto d’idoneità, cit., 438 ss., per cui l’univocità è da intendersi come«probabilità su base parziale della realizzazione del fatto tipico».

all’intuitiva induzione dell’interprete o è parametrata al programmacriminale non integralmente realizzato, ricostruita cioè alla streguadella sequela di fasi immaginate corrispondere ai termini del pianoconcreto dell’agente.

9.1. La nozione di univocità “ripensata”

L’appunto che è stato appena sollevato, con riguardo alla carenza dideterminatezza del concetto di univocità come odiernamente metabo-lizzato dall’analisi scientifica 237, non esaurisce comunque i rilievi dicensurabilità degli inquadramenti posti sotto esame. Che si segual’uno o l’altro dei percorsi interpretativi da ultimo tracciati, è per veroinevitabile (ed al pari incontestabile) giungere a conferire rilevanza de-cisiva (ai fini della ricognizione di atti univoci) al dolo dell’agente, allarappresentazione e volizione del fatto di reato come da lui elaborate.Ciò, nonostante il dolo di specie, per assunto unanime, sia stato allo-cato su di un piano di rilevanza eterogeneo ed inconfondibile con quel-lo dell’oggettiva univocità.

A questo punto, allora, va posto un punto interrogativo sulla bontàdella costruzione del tentativo quale risultante dalla comune letturadella formula degli atti idonei ed univoci. L’espressione si è vista infat-ti forgiare integralmente ed esclusivamente il lato oggettivo dell’istitu-to, il quale conoscerebbe pertanto di una disciplina per così dire par-ziale, posto che l’art. 56, comma 1, c.p. risulterebbe privo di qualsivo-glia immediato riferimento al profilo psicologico. Questo, nel silenzio,dovrebbe rimanere descritto dal disposto dell’art. 42, comma 2, c.p.,che del dolo statuisce la valenza costitutiva generale nell’orbita dei de-litti.

Sulla scorta di siffatte premesse, la domanda di cui in abbrivio di-viene quindi funzionale quantomeno a rimettere sul tappetto dueobiettivi fondamentali. Approcciare ad un senso dell’univocità dai con-fini più nitidi rispetto a quelli oggi individuati, e delimitare con mag-gior fermezza l’origine della punibilità di un fatto delittuoso.

Quanto al primo aspetto, va subito apprezzata una certa forzaturanell’asserzione che dapprima priva la lettura degli “atti diretti in modonon equivoco” del referente soggettivo doloso, per poi, sommessamen-te, ripiegare sullo stesso al momento di precisare la consistenzadell’univocità nella manifestata ed oggettiva volontà di “stare commet-

Page 120: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 105

238 Patrocina il senso oggettivistico SINISCALCO, La struttura del delitto tentato,cit., 89: «il ritenere … che per l’elemento “univocità” l’accertamento si caratterizzinel senso che non si potrebbe prescindere dalla considerazione degli atti compiuti,e l’intenzione sarebbe provata solo allorquando risulti da questi o quanto meno an-che da questi, introdurrebbe una precisa limitazione, in contrasto con le regole ge-nerali. Sennonché nulla autorizza una siffatta conclusione: nessun elemento sulpiano della lettera della legge, nessuna ragione sul piano generale o di carattere so-stanziale».

239 Cfr. l’arricchente riflessione formulata, con riguardo al requisito della «dire-zione della volontà», da CERQUETTI, Reato doloso, in Dig. disc. pen., Agg. II, Torino,2008, 977 ss.: «L’azione penalmente rilevante – ai fini del dolo e della colpa con pre-visione – è, così, sempre connotata dagli stati psichici della previsione e della vo-lontà del risultato perseguito come conseguenza dell’azione medesima … Occorre,quindi, al fine di distinguere tali due forme di imputazione soggettiva, verificare sela previsione e la volontà del risultato perseguito come conseguenza dell’azione (pe-nalmente rilevante) consistano o no nella previsione e volontà dell’evento. Orbene,sotto il profilo della volontà dell’evento, essa presenta, oltre al requisito strutturaledella forza della volontà … il requisito strutturale della direzione della volontà … unagrandezza, attinente allo stato psichico della volontà del risultato (preveduto e) per-seguito dall’agente come conseguenza dell’azione, strutturalmente connotantel’azione penalmente rilevante – sotto il profilo della tipicità soggettiva – sia a titolodi dolo, sia a titolo di colpa con previsione … Inoltre, tale grandezza penalmente ri-levante, ai sensi delle ricordate disposizioni del codice penale, deve essere idonea aconfrontare la direzione della volontà dell’agente in relazione al risultato persegui-to intenzionalmente (in senso stretto, quale scopo) come conseguenza dell’azione,con la direzione della volontà dell’agente in relazione all’evento che la legge pre-scrive di assumere come termine di confronto per distinguere il dolo dalla colpa

tendo” un delitto 238. La coscienza giuridica non può difatti tralasciarela considerazione della indefettibilità di una specificazione in ordine alprofilo psichico del tentativo, ove la regola generale di ascrizione sog-gettiva – ex artt. 42, comma 2 e 43, comma 1, c.p., della rappresenta-zione e volontà del tipo delittuoso realizzato – non potrebbe trovareuna così pacifica applicazione. Infatti, a che si configuri la forma dimanifestazione criminosa in questione, si richiede pur sempre l’inter-vento di un fattore interruttivo esterno, ovvero eccezionale, tale se edin quanto non prefiguratosi alla mente del colpevole e/o comunquedallo stesso non voluto. Per cui il tentativo si dimostra connotato dauna composizione strutturale (fattore positivo+fattore negativo) taleda non essere direttamente gestibile a mezzo di una regolamentazioneche intende rappresentato e voluto l’intero fatto tipico.

Alla luce di tali riflessioni, non appare pertanto scorretto assegnarealla dizione dell’univocità il significato di indirizzo soggettivo alla com-missione di un delitto, il quale si sia rivelato in atti che si possano perl’appunto definire assistiti da una volontà proiettata verso la sua pienarealizzazione 239. Nulla osta, di conseguenza, a ravvisare nell’univocità

Page 121: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

106 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

con previsione. I parametri di tale confronto sono legalmente tipicizzati nelle pre-dette espressioni “secondo l’intenzione” e “contro l’intenzione”».

240 Ritengono che «atti diretti in modo non equivoco a commettere un delitto»non potrebbero essere quelli posti in essere con dolo eventuale, tra gli altri SINI-SCALCO, La struttura del delitto tentato, cit., 207 s.; M. GALLO, Dolo, cit., 796; GROSSO,Dolo (dir. pen.), in Enc. giur., XII, Roma, 1989, 9 s.; MONTANARA, Tentativo (dirittovigente), in Enc. dir., XLIV, Milano, 1992, 126. Con altre argomentazioni sostengo-no l’inammissibilità del dolo eventuale nel tentativo, NEPPI MODONA, Il reato impos-sibile, cit., 396 s.; G.A. DE FRANCESCO, Forme del dolo e principio di colpevolezza neldelitto tentato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1988, 977 s.; ID., Fatto e colpevolezza nel ten-tativo, ivi, 1992, 710 s.; FIANDACA-MUSCO, Diritto penale, cit., 468 s. Per la tesi oppo-sta, della compatibilità tra dolo eventuale e tentativo, PETROCELLI, Il delitto tentato,cit., 36 s.; MORSELLI, Tentativo, cit., 191; ROMANO, Commentario sistematico, I, cit.,588 s. Sul punto anche la giurisprudenza è divisa. Infatti, nonostante l’interventodella Cass., Sez. Un., 18 giugno 1983, Basile, in Cass. pen., 1984, 493 s., a sostegnodella tradizionale tesi dell’ammissibilità di un tentativo commesso con dolo even-tuale, le singole sezioni della Cassazione hanno poi spesso preso posizione contra-ria, cfr. Cass., Sez. I, 2 luglio 1990, Fransero, in Riv. pen., 1991, 669; Cass., Sez. I,11 maggio 1992, Amatesi, in Cass. pen., 1993, 2263; Cass., Sez. I, 17 marzo 1995,Papagni, ivi, 1996, 2190 s. Contra, per la tesi della compatibilità, Cass., Sez. I, 28novembre 1987, Addis, in Cass. pen., 1989, 1746; Cass., Sez. I, 23 marzo 1990, La-via, in Riv. pen., 1991, 218; Cass., Sez. I, 30 marzo 1990, Felser, ibidem.

241 In proposito si veda G.A. DE FRANCESCO, Forme del dolo e principio di colpe-volezza, cit., 963 ss.; ID., Fatto e colpevolezza nel tentativo, cit., 703 ss.

il fattore soggettivo della fattispecie tentata, quale manifestazione diuna determinata intenzione delittuosa espressasi con modalità tali dafar (innanzitutto) ragionevolmente escludere che così agendo il sog-getto mirasse a predisporre l’evoluzione del proprio comportamentoverso una situazione lecita o giuridicamente indifferente. D’altronde, ilfatto che sia la presenza del suddetto requisito a far legittimamente di-scutere circa la compatibilità della struttura tentata con un profilo didolo eventuale 240, può valere a segnalare la validità della soluzioneproposta, che sostiene celarsi – dietro l’espressione linguistica analiz-zata – la necessaria attualità di un aspetto psichico doloso, esterior-mente reso riconoscibile attraverso elementi materiali già verificabili.

Ricongiungendo in sintesi le trame dei pensieri appena imbastiti, siappalesa dunque come le qualifiche di idoneità ed univocità, nel de-scrivere rispettivamente l’aspetto oggettivo e quello soggettivo degli at-ti tentati, scandiscano i momenti di analisi fenomenologica ed i limitiesterni di quella che potrebbe definirsi come tipicità “positiva” del de-litto tentato; e se pure non esauriscono ogni loro compito nella crea-zione di una immagine fenomenica del delitto, indicando altresì la pre-sumibile esistenza sia dell’offensività e dell’antigiuridicità dell’illecitoche della colpevolezza dell’agente 241, è adempiendo a questa funzionerappresentativa (leggi tipica) che concludono la preliminare fase del

Page 122: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 107

242 Si rinvia all’analogo ragionamento svolto da Corte Cost., 7 luglio 2005, n.265, in Giur. cost., 2005, 2432 ss., che dichiarando l’infondatezza della questione dilegittimità costituzionale dell’art. 707 c.p. per contrasto con il principio di offensi-vità, sottolinea la duplicità dei livelli di accertamento – rispettivamente della tipi-cità e dell’offensività – con peculiare riferimento alla struttura dei reati di pericolo,cui pianamente si riconduce la fattispecie delittuosa tentata: «Si deve però tenerepresente che la particolare configurazione della contravvenzione in esame lasciaaperta la possibilità che si verifichino casi in cui alla conformità del fatto al model-lo legale non corrisponde l’effettiva messa in pericolo dell’interesse tutelato. Il giu-dice chiamato a fare applicazione della norma dovrà pertanto operare uno scruti-nio particolarmente rigoroso circa la sussistenza del requisito dell’offensività inconcreto, verificando la specifica attitudine funzionale degli strumenti ad aprire oforzare serrature (v. ordinanza n. 36 del 1990, nonché sentenza n. 370 del 1996), evalutando – soprattutto quando gli strumenti di cui l’imputato è colto in possessonon denotino di per sé tale univoca destinazione – le circostanze e le modalità ditempo e di luogo che accompagnano la condotta, dalle quali desumere l’attualità ela concretezza del pericolo di commissione di delitti contro il patrimonio».

243 MORSELLI, Condotta ed evento nella disciplina del tentativo, in Riv. it. dir. proc.pen., 1998, 39.

244 Cfr. VANNINI, Il problema giuridico del tentativo, cit.

ragionamento giuridico. La loro individuazione non esaurisce, quindi,ma semplicemente precede l’accertamento dell’effettiva produzioneantigiuridica e colpevole dello specifico evento offensivo (pericoloso),ricavabile dal combinarsi della clausola generale del tentativo con ilparametro dell’ipotesi consumata.

In sostanza, la peculiarità della forma delittuosa in esame comenon preclude la necessità di verificare l’esistenza di un fatto che abbiaassunto un certo spessore materiale e psicologico (corrispondente adun dato referente normativo), così non esula dall’esigenza che dettofatto risulti ponderato come realmente offensivo 242.

Ascrivere la punizione del tentativo ad un concetto di offesa al beneche non si conforma al convenzionale senso meccanicistico di danno olesione, non significa infatti relegarne il senso ad una motivazione eti-co-sociale, in cui leggere la sanzione nei termini di reazione ad una“pura” manifestazione di volontà ribelle alla legge, né ad un «turba-mento sociale intrapsichico relazionato al valore tutelato» 243. La puni-bilità, piuttosto, prende corpo nel contesto di una situazione di messain pericolo del bene giuridico che dà consistenza all’offensività del fat-to, per essere le condizioni di tutela legislativamente apprestate sceseal di sotto della soglia di sufficienza minima 244.

Page 123: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

108 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

10. La desistenza e la non attualità dell’offesa

Verificato il dato naturalistico “positivo”, di una condotta che è insé obiettiva e soggettiva manifestazione di una intrapresa esecuzionedelittuosa, ed accertata l’involontaria interruzione della stessa condot-ta per effetto della presenza di circostanze eccezionali o casuali (tracui la mancanza di condizioni normalmente esistenti) tutti gli estremidella figura tipica tentata possono dirsi riscontrati. Nel solco dell’im-postazione cui si è dichiaratamente aderito, che distingue e scansional’accertamento della tipicità da quello involgente l’offensività, assuntaquesta veste il fatto – già astrattamente sanzionabile per aver superatolo sbarramento di cui al comma 1 dell’art. 49 c.p. – dovrà essere collo-cato nella dimensione successiva, dove quanto posto in essere vienemisurato con la possibilità di produzione dell’esito offensivo.

Proprio qui, nel passaggio che divide e congiunge il nucleo tipico daldisvalore, nella distanza che separa e connette l’idoneità dall’offensivitàdel fatto, riesce a diventare intellegibile il ruolo della desistenza: perchéè alla luce del comma 3 dell’art. 56 c.p. che si colgono i segni dell’in-gresso del comportamento umano nel mondo dei (dis)valori penali.

La desistenza si presta difatti ad essere intesa quale istituto tipiz-zante il requisito dell’attualità dell’offesa, che è la condizione minimaper aversi un fatto penalmente rilevante. Essa, nel suo configurarsi, va-le a negare qualsiasi considerazione alla frazione di condotta esecuti-va (atti idonei ed univoci) già realizzata (dal “colpevole”), che l’inter-vento di un fattore esterno non voluto avrebbe reso tentata, o che ilsuccessivo volontario impedimento dell’evento avrebbe lasciato intra-vedere nella forma delittuosa del recesso, o che sarebbe altrimenti ri-masta assorbita nella prosecuzione ed ultimazione del delitto consu-mato.

La riflessione merita un subitaneo chiarimento.Si tratta invero di comprendere la ragione della non punibilità di un

dato comportamento (ancora, gli atti idonei univocamente diretti allacommissione di un delitto) se inserito nel contesto della desistenza, edella contrapposta punibilità di quello stesso tratto di condotta se ca-lato nell’ambito di un delitto tentato, di un delitto “receduto”, o di undelitto consumato.

È chiaro, infatti, che nell’ipotesi del recesso come del tentativo laragione della pena non si annida nell’irrompere del fattore interrutti-vo, rispettivamente volontario ed involontario, ma in quello stesso in-cipit che parrebbe creare un collante naturale tra questi istituti e la de-sistenza.

Eppure il distacco tra essi è assoluto, come assoluto può essere il di-

Page 124: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 109

stinguo tra reato e non-reato. E se la desistenza è, di per sé, un non-reato, ciò significa che essa consiste nel rinnegare il compiuto renden-dolo inesistente (salva l’irreversibilità della avvenuta consumazione dialtri reati): ciò si materializza attraverso una immediata, operativa edefficace regressione, la quale (sola) impedisce che si possa addiveniread una valutazione in termini penali di quegli atti che, compiuto il fat-to della desistenza, non esistono più.

Inversamente, la conferma del significato delittuoso del comporta-mento che è stato assunto si percepisce proprio nel non averlo, l’agen-te, immediatamente cancellato e nel non averne, per così dire, sop-presse le tracce. A quel punto l’unico senso agli atti attribuibile li radi-ca definitivamente nell’area dell’illecito penale, entro la quale ben pos-sono assumere diverse forme. Se la scala non è stata rimossa, se glistrumenti d’effrazione non sono stati eliminati dalla scena complessi-va del “tentativo” di furto, un oggettivo giudizio esterno può ragione-volmente concludersi nel senso che la fuga sia stata involontaria o l’in-tento sia quello di attendere un momento migliore. Al pari, se la cessa-zione delle telefonate estorsive non si accompagna alla distruzione del-le foto compromettenti e dei relativi negativi, a mezzo dei quali si in-tendeva costringere la vittima alla dazione di denaro, si dovrà conve-nire circa la qualificazione della situazione come mera “sospensione”dell’agire criminoso, pure impeditiva dell’evento. Stesso inquadramen-to spetterà alla manomissione dell’impianto frenante dell’auto del pa-dre realizzata dal figlio con intento omicida, se ed in quanto quest’ul-timo si spenda poi a convincere il primo a servirsi di altro mezzo perrecarsi sul luogo di lavoro senza però che a ciò si affianchi il ripristinodella violata funzionalità meccanica del veicolo. L’offesa degli atti uni-vocamente idonei in tali casi permane, e ne permane la punibilità.

L’attuale pericolosità del contesto fattuale che è già stato predispo-sto – ed in cui si radica la premessa dell’assoggettamento a pena – silegge, allora, attraverso la non-desistenza. Gli atti, ordinati secondouna sequela che oggettivamente rivela una direzione criminosa, e vo-lontariamente lasciati correre sul binario dell’offensibilità, cristallizza-no irreversibilmente quel minimum di disvalore criminoso che rappre-senta il centro di gravità del sistema penale. Da quel punto il reato as-sume una forma esteriore, di recesso, di tentativo, di consumazione, dipermanenza. Da quel punto il reato non solo acquista l’attitudine adessere assoggettato a misure di sicurezza ma diventa anche passibile diuna valutazione in termini di reale offensività oggettiva, con ciò apren-dosi la strada all’applicazione della pena (art. 49, comma 2, c.p.), nellamisura in cui il fatto risulti rivolto alla perpetrazione di un illecito“possibile”.

Page 125: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

110 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

10.1. Giudizio di offensività e desistenza

L’esposizione che precede vale a chiarire il nesso che – qui si ritie-ne – unisce il tipo al disvalore sanzionabile. Affinché la suddetta tipi-cità (di immediato respiro fenomenico) possa assurgere efficacemen-te ad indizio di offensività reale è necessario e sufficiente che i trattinaturalistici descritti dalla norma incriminatrice risultino percepibiliin quanto attualizzati, o meglio fissati in un determinato contestospazio temporale.

Che poi la condotta tipica “originaria” di un fatto costituente delit-to doloso coincida con la non-desistenza, trova conferma immanentenel raffronto tra i commi 1, 3 e 4 dell’art. 56 c.p., ove si lascia cogliereappieno la scelta di fondo del sistema penale: chiunque compia attiidonei e diretti in modo non equivoco a commettere un delitto è punibi-le se ed in quanto non desista da simile comportamento. Segnatamente,è punibile a titolo di recesso attivo se volontariamente interviene adimpedire la produzione dell’evento offensivo; a titolo di delitto tentatoove a seguito della condotta l’azione non si compia o l’evento non si ve-rifichi per causa diversa dal predetto ravvedimento; a titolo di delittoconsumato ove l’azione venga compiuta o l’evento consequenziale siverifichi.

Ben si spiega, allora, pure la causa ultima dell’assenza di tratta-mento sanzionatorio a fronte di un fatto di desistenza. In tal caso man-ca addirittura la “materia” su cui sviluppare una valutazione circa larealtà o meno di un disvalore, perché un disvalore non è più attuale: èinvero divenuto “inosservabile” il comportamento aderente ad un mo-dello tipico. L’acquisizione di una simile nozione di desistenza, e di at-tualità dell’offesa, si presta così a divenire valido criterio di interpreta-zione anche per quelle ipotesi ove un apparente ripensamento lasci du-bitare dell’effettiva verificazione del reato. Si pensi al caso di scuoladella moglie che, decisa ad uccidere il marito, prepari una torta avve-lenata e poi, “pentita”, la riponga all’interno di un ripiano della cucinapreparandone un’altra innocua da servire a tavola. Pare inconfutabileche la donna abbia non solo posto in essere atti idonei diretti in modonon equivoco ad uccidere il coniuge, ma abbia anche lasciato che que-sta stessa condotta – ancorché volontariamente impedita nella sua evo-luzione offensiva – sopravviva, non annullandone la pericolosità già in-nescata. Si badi, difatti, come la letale pietanza non sia stata distruttaovvero gettata via o comunque resa non mangiabile: in poche parole,non si è desistito.

Il giudizio di offensività, all’esito di queste riflessioni, risulta quindidilatato. Il disvalore tipico, raggiunta e superata la soglia di attenzione(focalizzata nella non-desistenza) che lo rende astrattamente punibile

Page 126: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 111

245 Cass., Sez. I, 15 maggio 1989, Lungaro, cit.: «La norma dell’art. 49, comma2, c.p., lungi dal porsi in funzione di limite negativo della fattispecie del delitto ten-tato ha una portata e una rilevanza ben più ampie, preminenti e diverse, deducibi-li anche (ma non solo) dalla testuale sua riferibilità a tutti i reati (e non solo ai de-litti) e alla idoneità dell’azione (piuttosto che a quella degli atti come è per l’art. 56c.p.). In realtà, nel sistema della definizione delle fattispecie penalmente rilevantitale norma afferma il principio dell’offensività del reato (che ne concretizza la con-cezione realistica), per cui non è punibile – ma eventualmente può dar luogo allaapplicazione di misure di sicurezza – il comportamento conforme alla fattispecielegale penale, che tuttavia non manifesti obiettivamente nel caso concreto l’attitu-dine causale a ledere o porre in pericolo il bene giuridico protetto. Tale principioallora implica un criterio valutativo che va oltre il limite delle regole di esperienzacomune attraverso le quali viene risolto il problema dell’idoneità degli atti nel ten-tativo, muovendo dalla c.d. prognosi postuma. Esso postula, invero, l’accertamen-to della idoneità dell’azione (o, in altri termini, dell’offensività della condotta) allastregua delle circostanze obiettive del caso concreto, secondo un giudizio che nonpuò non essere che ex post». Cfr. la c.d. teoria dell’attentato, che intendendo l’ido-neità in termini di effettiva pericolosità ne ha elaborato il concetto come offensivitàdella condotta necessaria per ogni reato, così E. GALLO, Attentato (delitti di), in Dig.disc. pen., I, Torino, 1987, 348: «La direzione del fatto criminoso è percepibile sol-tanto quando si tratti di atti ormai idonei a conseguire l’intento verso cui si dirigo-no. In altri termini … l’idoneità degli atti mette ormai in evidenza che essi sono di-retti all’offesa di quel certo bene tutelato». Critico GIACONA, Il concetto d’idoneità,cit., 44, che distinguendo i due piani ritiene realizzabile sia una condotta idoneama non offensiva sia una condotta offensiva ma inidonea.

quantomeno attraverso misure di sicurezza, deve poi, per essere consi-derato disvalore di “vero” reato, riscontrarsi come reale ed effettivonella fattispecie concretamente perfezionatasi, integrando quel livellodi allarme che rende il fatto sanzionabile con una pena.

Nella forma tentata, inoltre, un simile giudizio si connota – anch’es-so al pari della tipicità – per un carattere relazionale: l’offensività si rav-visa nella visibilità del pericolo che si realizzi un’offesa “di consuma-zione”, quale esito della prevista e voluta evoluzione della situazioneprodotta 245. Ciò significa che la pericolosità degli atti idonei, elimina-to mentalmente il fattore interruttivo, dovrà riflettersi, e trovare corri-spondenza, nell’offensività dell’ipotetica consumazione.

11. La desistenza come ipotesi di quasi delitto

Nel concludere questo discorso introduttivo, si scopre infine il sen-so dell’asserzione dalla quale si è partiti, per cui la desistenza non ne-ga (solo) il tentativo, piuttosto nega il delitto doloso o meglio l’essenzadi ogni delitto (ed in generale di ogni reato) doloso.

Di più. Se si conviene che la desistenza definisca il demarcatore del

Page 127: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

112 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

(necessario) carattere di attualità offensiva della tipicità, si deve coe-rentemente ritenere che l’efficace contrasto volontariamente rivoltoagli antecedenti causali già apprestati dallo stesso agente – il quid del-la desistenza – non si limita ad una pura e semplice eliminazione dellavolontà attuale del fatto preso di mira (col cessare dal suo persegui-mento), ma si sostanzia nella volontaria produzione di una totale ini-doneità degli atti ad assumere un peso penalmente significativo.

Allora, è l’identità del profilo in cui si trovano immersi, quello ap-punto offensivo, che permette di relazionare – ora in prima approssi-mazione – la desistenza al reato impossibile, e di arrivare ad una qua-lificazione dell’istituto in esame come quasi-delitto (doloso).

Nell’ascesa dal quasi-delitto, configurato dalla desistenza, al quasi-reato di cui all’art. 49, comma 2, c.p., prende infatti corpo la gradualitàdel disvalore tipico.

La suddetta offesa, una volta attualizzatasi per non essere stata re-sa immediatamente evanescente a mezzo della desistenza dall’azionecriminosa, ed acquisita per questo verso una certa visibilità, potrà dir-si apparente o reale a seconda che la modalità di protezione del benegiuridico sia stata “sfiorata” o effettivamente violata.

Ma una volta arrivati a questo punto, in breve superata la soglia del-la non desistenza, solo l’assoluta “inidoneità” della condotta, per quel-lo che essa stessa è o per l’inesistenza (parimenti assoluta) del suo og-getto materiale (ad es., uccisione di un cadavere), e quindi solo l’accer-tamento dell’impossibilità a cagionare l’offesa («evento dannoso o pe-ricoloso» ex art. 49, comma 2, c.p.) potrà legittimare l’inapplicabilità diuna pena rispetto ad un fatto ormai caduto all’attenzione dell’ordina-mento.

Nell’accennata sequela di fasi sta quindi scritto il procedimento as-siologico che l’interprete è tenuto a seguire nella verifica dell’integra-zione di un illecito penale. In prima battuta, oggetto di vaglio sarà l’ef-fettivo superamento di quel livello di offendibilità che rende il fattoumano inseribile in un determinato “tipo” criminoso, e che costituiscefondamento per l’applicabilità di una misura di sicurezza. Livello (neldelitto doloso) identificato nella non desistenza, ovvero nell’attualepresenza di un fatto capace di porsi a figura sintomatica di una speci-fica pericolosità delittuosa. E per ciò (realmente) tipico. Immediata-mente dopo, posto che si è ormai determinata una “invasione” nel-l’area degli effetti penali, e questa ha acquisito una peculiare forma dimanifestazione, si impone la verifica dell’indice di realità del disvaloreattuale, per accertare se legittima ne è la sanzionabilità con pena.

Quindi, nel caso di offesa attuale ma irreale, la medesima rimanecomunque oggetto di “percezione” da parte dell’ordinamento: il feno-

Page 128: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 113

246 Così PROSDOCIMI, Profili penali del postfatto, cit., 113.247 MESSINA, La desistenza volontaria, cit., 30 ss.248 Cfr. BRICOLA, Fatto del non imputabile e pericolosità, cit., 170 ss.

meno cui ci si trova dinanzi, pur non essendo un reato stricto sensu,ammette tuttavia l’operatività di una misura di sicurezza. Ben distinto,ovviamente, il caso in cui l’offesa arrivi anche ad assumere dimensioniche la rendano degna di considerazione in termini di vero disvalorecriminale: un illecito penale c’è e – in presenza degli altri necessari re-quisiti prescritti – sarà punito con pena.

11.1. Desistenza e misure di sicurezza

Eppure, la differenza che corre tra desistenza e reato impossibilenon si ferma al particolare atteggiarsi dell’offesa penale, per cui nellaprima non è dato rinvenire quella base statica del giudizio di offensi-vità (un fatto attualmente offensivo) che, invece, nell’ipotesi del reatoimpossibile è l’indefettibile punto di partenza per sviluppare l’accerta-mento della vitalità dell’offesa stessa.

Coinvolge anche un ulteriore profilo qualitativo.Ciò apre all’analisi dell’effetto preclusivo della desistenza volontaria

rispetto all’applicabilità delle misure di sicurezza, argomento podero-samente dibattuto ed in ordine al quale sono state formulate tante so-luzioni quante sono state le sistemazioni dogmatiche tradizionalmen-te pensate per l’istituto. Occorre, brevemente, darne conto.

La negazione dell’applicabilità delle misure di sicurezza al desi-stente è tra l’altro discesa dall’inquadramento dell’istituto come limitealla tipicità del tentativo, venendo con ciò a proclamarsi l’elisione diuno dei presupposti fondamentali indicati all’art. 202 c.p. 246. E certonon stupisce che identica conclusione sia stata avallata da quanti han-no dipinto la desistenza volontaria nei termini di causa di esclusionedella capacità a delinquere 247: una presunzione legislativa di non peri-colosità rende consequenziale la carenza dell’altro presupposto appli-cativo delle misure di sicurezza 248.

Al pari, una volta considerata la desistenza quale causa di estinzio-ne del reato, la suddetta efficacia preclusiva è diventata l’inevitabile edindiscutibile effetto della previsione di cui all’art. 210 c.p., più precisa-mente del riferimento che la norma contiene alla categoria delle causedi estinzione del reato, con la sola eccezione della confisca (ai sensidell’art. 236, comma 2, c.p.).

Neppure è mancato il tentativo di equiparare sotto questo profilo

Page 129: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

114 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

249 CONTENTO, Corso di diritto penale, cit., 235 s., 433, 543 ss.250 Come correttamente sottolineato da ZICCONE, Le cause “sopravvenute” di non

punibilità, Milano, 1975, 81.251 ZICCONE, Le cause “sopravvenute” di non punibilità, cit., 78 ss.

cause di estinzione del reato e cause di non punibilità in senso stretto,tra cui inserire la desistenza 249. Così, appresa dall’art. 210 c.p. l’esigen-za di non lasciar sopravvivere alla caducazione della sanzione principa-le un provvedimento restrittivo della libertà personale, l’inapplicabilitàdella misura di sicurezza al desistente è stata argomentata a fronte del-la medesimezza della premessa (venir meno della sanzione principale).Certo è che quest’ultima considerazione si lascia agevolmente confuta-re alla luce del c.d. doppio binario 250: ammettendo la duplicità della ri-sposta sanzionatoria il sistema dà infatti ragione di una reciproca auto-nomia delle misure effettuali e rende ammissibile rinunciare alla penasenza dover implicitamente rinunciare alla misura di sicurezza.

Solo secondo una delimitata e contrastante opinione, invece, ilcombinato disposto degli artt. 202 e 203 c.p. lascerebbe persuasi del-l’inesistenza dell’efficacia preclusiva in parola quanto alle ipotesi diravvedimento 251, per essere la desistenza volontaria una ipotesi di cau-sa di non punibilità in senso stretto (non causa di estinzione del reato)e per la riferibilità dell’espressione “non punibile”, ivi contenuta, allasola pena.

Alla stessa soluzione finale propugnata dai più si giunge pure ade-rendo alle riflessioni sviluppate nel testo: qui, l’effetto preclusivo delladesistenza rispetto alle misure di sicurezza, si rapporta non solo allainesistenza di un perimetro tipico, ma anche alla specifica carenza dipericolosità del soggetto nel senso che ne è mancata una “espressionedefinitiva”. L’agente-desistente, difatti, ha rinunciato alla contestualerealizzazione dell’illecito.

Tanto dà agio di una parentesi di doveroso approfondimento circail distinguo qualitativo tra desistenza e reato impossibile, di cui s’è det-to in apice.

Nel quasi-delitto, ovvero nella desistenza, l’assoluta impossibilitàdell’offesa tipica coincide con una volontaria inattualità della stessa;nel quasi-reato, invece, l’offesa attuale mutua l’assoluta impossibilità didiventare reale dalla situazione in sé, dalla condotta per ciò che essa va-le nella dimensione fattuale. Il reato risulta, infatti, impossibile per ini-doneità dell’azione (o inesistenza dell’oggetto di essa) in quanto l’azio-ne stessa sia completamente mancante dei necessari requisiti materialioffensivi. Ciò significa, ancora, che la condotta espressa all’interno di

Page 130: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 115

quel contesto (l’esempio classico è il furto dell’acino d’uva), rimane de-privata di ogni “causalità” rispetto all’evento giuridico, a fronte però diuna tipicità (leggi apparenza fenomenica) integra e quind’anche di unavolontà criminosa, effettiva (dolo) o normativa (colpa), rimasta inalte-rata ab origine. In quest’ottica, un conto è propinare una forte dose dizucchero a persona notoriamente sana, nell’erronea convinzione (ma-turata attraverso un percorso attestante l’obiettivo) che ingerirne inun’unica volta una grande quantità sia comunque idonea ad uccidereun uomo; altro è porgere, per errore, il bicchiere in cui non è stato di-sciolto lo zucchero alla vittima gravemente malata di diabete. Se nelprimo caso si configura un delitto impossibile, nell’altro si scorge net-tamente l’irrompere di un fattore interruttivo non voluto che chiudel’esecuzione criminosa e perfeziona un tentativo “possibile”.

Pertanto, se è vero che in entrambe le ipotesi prese in considerazio-ne, ovvero nel quasi delitto e nel quasi reato, non c’è un fatto che co-stituisce reato, perché comunque non c’è un fatto offensivo, ciò non to-glie che diverse siano le ragioni giuridiche dell’inesistenza: nell’un ca-so determinata dalla volontaria inattualità dell’offesa, la quale impedi-sce il sorgere di una tipicità dolosa; nell’altro conseguenza del fatto chel’offesa attuale è oggettivamente apparente e non reale.

Data la diversità dei presupposti evidenziati non deve stupire la nonequivalenza delle relative conseguenze sanzionatorie.

L’impunità “assoluta” del desistente discende infatti dal disinteres-se totale del sistema penale verso il suo complessivo comportamento,tanto sotto l’aspetto oggettivo quanto sotto l’aspetto soggettivo dell’of-fesa. Sempre limitatamente a quella parte non già integrante un even-tuale e diverso reato, il cui disvalore si sia ormai attualizzato.

In fondo non c’è (più) niente da “osservare”, niente da vagliare,niente da punire.

L’applicabilità di una misura sanzionatoria (ex art. 49, comma 4,c.p.) al reo “impossibile” ha invece origine nell’offensività soggettivache dal fatto-non reato trapela, proprio in quanto l’(oggettiva) insussi-stenza dell’offesa giuridica, che pure permane nella sua visibilità, nonè stata volontariamente indotta.

Questo spiraglio apre ad una moltitudine di considerazioni ulterio-ri. Ed implica una riflessione senza dubbio non esauribile in una inci-dentale parentesi: si intravede, infatti, l’essenza di problematiche “infi-nite”, che spaziano dalla colpevolezza, alla capacità a delinquere, allapericolosità del reo fino a coinvolgere l’intera personalità umana.

Senz’altro accantonata la pretesa di approfondire in modo esausti-vo l’argomento, rimane l’opportunità di verificare sinteticamente aquali effetti e condizioni un’analisi spostata su tale versante possa va-

5.

Page 131: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

116 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

252 In argomento si vedano le ampie riflessioni di MOCCIA, Il diritto penale tra es-sere e valore. Funzione della pena e sistematica teleologica, Napoli, 1992, 83 ss.

253 Coltivando questo binomio si evitano le prospettive eticizzanti della dottrinafinalistica dell’azione, che dischiudevano pericolose aperture verso il diritto penaled’autore. In questa direzione è emblematica la concezione di WELZEL, Das DeutscheStrafrecht. Eine systematische darstellung, Berlin, 1969, in particolare 4 e 62, per cuila punizione di una condotta è legittimata dalla disobbedienza contro l’ordine eti-co, a prescindere dalla presenza di una effettiva, concreta lesione o messa in peri-colo di beni giuridici.

254 Sul punto, in particolare PALIERO, “Minima non curat praetor”, cit., 693 ss.255 NUVOLONE, La capacità a delinquere nel sistema del diritto penale, Piacenza,

lere alla piena comprensione del ruolo attribuito al fatto del desistentesulla scena dell’offesa penale.

12. La piena inoffensività, oggettiva e soggettiva, del fatto di desi-stenza

La funzione della pena legittimamente perseguibile nell’odiernocontesto ordinamentale – definita nel concetto di integrazione sociale ecomposta anche degli aspetti della prevenzione generale e speciale 252 –conquista una centralità teleologica tanto indiscussa da attribuire ilruolo di necessari caratteri definitori della struttura dell’illecito all’of-fensività ed alla personalità della responsabilità penale 253. Precisamen-te, la considerazione dei fini propri della sanzione criminale, di orien-tamento generale dei consociati e di risocializzazione (o non ulterioredesocializzazione) del condannato, impone di subordinare l’identifica-zione di un reato alla compresenza di un comportamento lesivo di in-teressi costituzionalmente rilevanti e di una personale aggressione aibeni tutelati; in altre parole alla contestuale verifica di un disvalored’evento e di un disvalore d’azione 254. Solo in relazione ad un fatto le-sivo o pericoloso che sia altresì proprio del soggetto, in quanto allostesso materialmente e psicologicamente riconducibile, possono inve-ro concepirsi legittime esigenze di prevenzione.

Una simile costruzione dell’illecito penale è peraltro dotata di unsolido e chiaro basamento normativo, costituito tra l’altro – messo aparte il reticolato costituzionale tracciato dagli artt. 13, 25, comma 2,27, commi 1 e 3 – dalla regola codicistica di cui all’art. 133 c.p. A teno-re della norma da ultimo citata, difatti, la determinazione della misu-ra della punibilità deve fondarsi tanto sulla gravità del reato quantosulla capacità a delinquere del colpevole 255, rimarcando così l’esten-

Page 132: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 117

1942, 587 ss.; MORSELLI, Il significato della capacità a delinquere nell’applicazionedella pena, in Riv. it. dir. proc. pen., 1977, 1343 ss.

256 In argomento, tra gli altri, ANTOLISEI, La “capacità a delinquere”, in Riv. it. dir.pen., 1934, 168 s., per il quale la seconda parte dell’art. 133 c.p. designa «l’attitudi-ne, la idoneità o potenza psicologica ad essere o divenire autore di reati»; MALIN-VERNI, Capacità a delinquere, in Enc. dir., VI, Milano, 1960, 118 s.; PAGLIARO, Princi-pi di diritto penale, cit., 494, che definisce la capacità a delinquere «un aspetto delsignificato giuridico della condotta illecita» che «precisamente, si identifica col si-gnificato personalistico di questa», facendo rientrare tale argomento nella «teoriache riguarda la tipicità della condotta illecita».

257 Cfr. DELL’OSSO, Capacità a delinquere e pericolosità sociale, Milano, 1985, 53s.; CUSTODERO, Capacità a delinquere e commisurazione della pena: problemi ed orien-tamenti, in Riv. it. dir. proc. pen., 1998, 81; PAGLIARO, Principi di diritto penale, cit.,494 s.

258 In proposito occorre ricordare come il disvalore d’evento sia stato oggetto diattenzione privilegiata sin dai primi sviluppi dell’indagine scientifica, cfr. MEZGER,Die subjektiven Unrechtselemente, in GS, 1924, 245 ss., che definisce l’illecito come«modificazione di una situazione giuridicamente approvata o causazione di una si-tuazione giuridicamente disapprovata, non modificazione giuridicamente disap-provata di una situazione». La stessa dottrina tedesca ha in seguito acquisito con-sapevolezza del ruolo costitutivo dell’illecito svolto sia dal disvalore d’azione sia daldisvalore d’evento: in proposito ZIMMERL, Aufbau des Strafrechtssystems, Tübingen,1930, 56; WELZEL, Das deutsche Strafrecht, cit., 62; ROXIN, Strafrecht. AllegemeinerTeil, München, 1997, 264 ss.

259 Contra MAZZACUVA, Il disvalore di evento nell’illecito penale, Milano, 1983, 5 ss.,che tende a svalutare il significato del disvalore d’azione al quale pure viene ricono-sciuto valore costitutivo dell’illecito, in quanto limita la portata di questo concetto almero disvalore soggettivo (di intenzione) e fa dunque derivare il disvalore oggettivodel fatto dalla sola prospettiva del disvalore di evento. FORTI, Colpa ed evento nel di-ritto penale, Milano, 1990, 328, e DONINI, Illecito e colpevolezza nell’imputazione delreato, Milano, 1991, 255, assegnano invece anche al disvalore di azione un autono-mo disvalore sul piano oggettivo, in modo che le due dimensioni acquistano mag-gior equilibrio nella costruzione dell’illecito. Deciso orientamento alla soggettivizza-zione caratterizza invece la posizione di MORSELLI, Disvalore dell’evento e disvaloredella condotta nella teoria del reato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1991, 796 ss. Nel sensodel testo S. FIORE, Ratio della tutela e oggetto dell’aggressione, cit., 37: «il concetto didisvalore di azione ha un’estensione che supera gli angusti (e fuorvianti) limiti delsoggettivismo o, peggio, della Gesinnung, ed anzi presenta, rispetto alla sostanzialestaticità del disvalore di evento, una notevole “ricchezza” assiologica: nel disvaloredi azione vanno collocati tutti quegli elementi normativamente significativi, anchedi natura oggettiva, che non attengono al risultato della condotta e che contribui-scono alla determinazione del contenuto di disvalore penalisticamente significativodi un fatto dal punto di vista delle ragioni (e quindi delle funzioni) della pena».

sione della valutazione giudiziale dal fatto oggettivo alla personalitàdel reo 256, nell’ottica di una individualizzata graduazione della pena dairrogarsi 257. Difatti, la sanzione acquisisce una fisionomia definita nonsolo attraverso la ponderazione del fatto (disvalore d’evento 258 + disva-lore d’azione 259) ma anche misurando il comportamento in rapporto

Page 133: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

118 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

260 In proposito cfr. SGUBBI, Il reato come rischio sociale. Ricerche sulle scelte diallocazione dell’illegalità penale, Bologna, 1990, 9, 24, 52, il quale critica l’attuale“impronta” dell’illecito penale, trasformato in un illecito di mera trasgressione og-gettiva e impersonale. In esso scompare – nel contempo – sia il fatto che l’elemen-to soggettivo, dipendendo la sua configurazione non più da una libera scelta com-portamentale dell’uomo bensì dalla sussistenza e dalla distribuzione artificiale (al-locazione) delle norme la cui trasgressione viene penalmente sanzionata. La cen-tralità della trasgressione verrebbe così a cancellare il dolo e la colpa, solitamentereputati in re ipsa, l’offesa e con essa la causalità, l’evento lesivo ed anche l’accerta-mento sulla pericolosità oggettiva della condotta, ed il bene si immedesimerebbenel fine della norma mentre l’offesa nella trasgressione stessa.

261 Si veda GUARNERI, Pericolosità sociale, in Noviss. Dig. it., XII, Torino, 1965,955 ss.; TAGLIARINI, Pericolosità, in Enc. dir., XXXIII, Milano, 1983, 27 ss.; ID., Col-pevolezza, pericolosità, trattamento. Profili storici e problemi attuali, Bologna, 1993,79 ss. e 147 ss.; CALABRIA, Sul problema dell’accertamento della pericolosità sociale,in Riv. it. dir. proc. pen., 1990, 782 ss. Per una identificazione della capacità a de-linquere con la pericolosità sociale del soggetto, nel suo nucleo essenziale di atti-tudine del soggetto a commettere nuovi reati, salva la diversità quantitativa evi-dentemente implicata nei rapporti tra “possibilità” e “probabilità”, FLORIAN, Partegenerale del diritto penale, Milano, 1934, 320 ss.; FROSALI, Sistema penale italiano, I,Torino, 1958, 658 ss.; ID., Pena (diritto penale), in Noviss. Dig. it., XII, Torino, 1965,818 ss.

262 DONINI, Illecito e colpevolezza, cit., 35 ss., 48 ss., 492 ss., 582 ss., 593 ss., con-duce la distinzione fra illecito e colpevolezza attraverso la chiave di lettura offertadai momenti più impersonali e fattuali dell’elemento soggettivo (attinenti all’illeci-to), e quelli più personalistici della colpevolezza. Cfr., anche DONINI, Teoria del rea-to, in Dig. disc. pen., XIV, Torino, 1999, 276 ss., 291 ss.; ID., Alla ricerca di un dise-gno, cit., 265. L’Autore sottolinea trattarsi di un tema – questo del rapportofatto/autore – che ha costituito il perno sistematico del codice Rocco (Titolo terzo:“Del reato”, Titolo quarto: “Del reo e della persona offesa dal reato”, comprensivodelle discipline del concorso di persone e della recidiva, oltre che dell’imputabilità),ma il cui valore di tessuto ideologico oggi si è quasi volatilizzato. Sul punto si se-gnalano le diverse impostazioni di FIORELLA, Reo, in Enc. giur., XXVI, Roma, 1991,1 ss. (dove “autore” è sinonimo di colui che realizza il fatto di reato a prescindereda ogni connotazione personalistica, con una accezione tutta spostata sul fatto) edi MARINI, Reo, in Dig. disc. pen., XII, Torino, 1997, 53 ss. (dove la nozione è invecefedelmente utilizzata seguendo l’impostazione sistematica del codice).

263 Cfr. Cass., Sez. V, 12 marzo 2004, B.G., in Danno e resp., 2005, 421, che af-ferma potersi prescindere da eventuali inesattezze dei fatti menzionati nel contestodell’articolo di critica quando tali fatti, che sono pure inesatti o non veri, non assu-

ad una più ampia dimensione personale 260, dalla quale eventualmentedesumere la pericolosità sociale dell’individuo (art. 203 c.p.) 261.

Così che i termini della connessione fra “capacità a delinquere delcolpevole” e fatto colpevole (reato) sovvengono all’evidenza 262. La primarimane infatti nettamente vincolata al secondo per essere integrata conl’accertamento dell’esistenza di un reato – nella tetrade che gli è propriadi fatto tipico, offensivo, antigiuridico e colpevole 263 – e messa così in

Page 134: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 119

mono un particolare valore informativo: occorre cioè verificare se il fatto riferito ri-sulti di per sé lesivo della personalità; solo in caso affermativo ci si potrà chiederese sia vera o falsa la notizia lesiva, ai fini dell’operatività della scriminante.

264 CAVALIERE, Riflessioni intorno ad oggettivismo e soggettivismo nella teoria delreato, in Studi in onore di Giorgio Marinucci, a cura di Dolcini e Paliero, II, Milano,2006, 1462: «… può costituire illecito penale soltanto un fatto lesivo di beni giuri-dici che rappresenti anche dal punto di vista dell’agente, al momento della condot-ta, un’aggressione a quei beni: l’espressione dommatica sintetica da tempo utiliz-zata per definire tale aspetto è “disvalore (oggettivo e soggettivo) d’azione”. In que-sta sede, appare necessario porre in evidenza la complementarietà del disvalored’azione rispetto al disvalore d’evento, nel senso che la disapprovazione della con-dotta dipende eclusivamente dal suo orientarsi, oggettivamente e soggettivamente,alla realizzazione di un evento lesivo».

265 Sul punto, DOLCINI, La commisurazione della pena tra teoria e prassi, in Riv.it. dir. proc. pen., 1991, 55 ss.

conto tra i presupposti della pena. In sostanza, accertato l’an dell’illeci-to penale, il problema di verificare la sussistenza della capacità a delin-quere non si pone: si è dimostrata presente nell’individuo una certa atti-tudine criminosa penalmente rilevante. Piuttosto, è nello stabilire ilquantum della suddetta capacità che dovranno prendersi in considera-zione i fattori normativamente prescritti, al fine di creare una rispostasanzionatoria ad immagine e somiglianza del corrispondente reato.

La conclusione collima perfettamente con l’idea sostanzialmenteacquisita per cui offensività oggettiva e soggettiva – ovvero disvalored’evento e disvalore d’azione – rappresentano i due poli d’attrazionedell’interesse penale, per regola generale concentrato su quanto filtriattraverso questa duplice dimensione selettiva 264. Così, la pena dove-rosamente consegue all’accertamento di tali aspetti, combinati inun’unica entità (reato) 265. Per spostarsi, invece, sul diverso binario del-la misura di sicurezza occorrerà che quegli stessi profili rivestano unospessore peculiare, capace di indicare che il fatto di reato è un fattocommesso da “mano” socialmente pericolosa.

Conferma di questa regola sta scritta proprio nell’eccezione. Nelleipotesi di c.d. quasi-reato (artt. 49, comma 2, e 115 c.p.) la premessaviene espressamente a scindersi dalla conclusione (ex art. 202, comma2, c.p.), ed il potere punitivo sotto forma di misura di sicurezza si ri-versa su di un fatto pur non preveduto dalla legge come reato. Formu-la, come noto, diversa da quella per cui il “fatto non costituisce reato”,rintracciabile nei dettati degli artt. 47, comma 1, e 49, comma 1, c.p.ove indiscutibilmente si delinea l’insussistenza di un tipo penale.

In siffatti casi “eccezionali”, del resto, il ragionamento legislativotrova solide basi giustificative proprio nella sopravvivenza di un com-portamento ormai materializzatosi in forma tipica, il quale rileva non

Page 135: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

120 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

solo in conto di indizio di disvalore oggettivo, ma anche come spia diuna basilare capacità a delinquere.

12.1. Il distinguo tra quasi reato e quasi delitto

Si tratta ora di puntualizzare il postulato appena assunto, non do-po aver messo nuovamente in risalto la parzialità del panorama crimi-nale che la presente disamina si ripromette di saggiare, in linea di mas-sima confinato negli orizzonti dell’illecito doloso.

L’azione, l’accordo, l’istigazione cui si riferiscono i disposti “ecce-zionali” sopra menzionati, sono infatti tutte condotte tipiche, rispetti-vamente di un delitto tentato o di un reato consumato la prima, di undelitto/reato tentato in concorso di persone le seconde. Nell’una comenell’altra ipotesi il reato risulta infine mancare per insussistenza del-l’offesa al bene giuridico protetto. In brevi cenni, di poi meglio sonda-ti, si dirà che di tale assenza si ha contezza ora all’esito di una esegesigiudiziale (vale per il reato impossibile) ora per essere stata specifica-ta a priori dal legislatore attraverso una sorta di fattispecie di non-pe-ricolo astratto (nei casi afferenti al fenomeno plurisoggettivo): nondi-meno in ambedue le situazioni la “carenza” in discorso rimane conse-guenza di un comportamento solo involontariamente non assurto arealtà criminosa. Proprio qui trova origine il commentato potere san-zionatorio risolventesi nella comune applicabilità di una misura di si-curezza, il cui spazio di manovra sta tutto nella permanente volonta-rietà dell’illecito penale, e nell’offensività soggettiva che se ne trae.Nessun fattore “personale”, invero, è intervenuto – al contrario che nel-la desistenza – a spazzar via l’idoneità causale e la capacità offensivadel fatto, o a negare l’individuale attitudine a violare la legge penale;per contro è rimasto attuale quell’atteggiamento di personale “adesio-ne” al reato concretizzatosi nello specifico episodio. Di tal ché persisteun presente, attuale, in cui eventualmente rintracciare elementi deno-tatori di una generale potenzialità del soggetto stesso ad indirizzarsiverso un futuro criminoso. Sussistono, allora, tutti i segnali necessarie sufficienti a rendere possibile una quantificazione della pericolositàe, se del caso, ad assoggettare l’agente a misura di sicurezza.

Nel chiudere la parentesi riflessiva, ci si accorge di come il silenziocirca l’applicabilità di detta species di sanzione nel quadro normativodella desistenza abbia la forza di integrare e precisare il significato del-la “locale” previsione dell’assenza di punibilità.

La prescrizione di non pena (lato sensu) diventa la riprova dellamancanza – per essere inattuale – non solo di una offesa oggettiva maanche di una offensività soggettiva che attribuisca il comportamento

Page 136: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

L’inattualità offensiva della desistenza 121

266 Per quanto concerne il problema dell’eventuale effetto preclusivo della desi-stenza volontaria sull’applicabilità delle misure di sicurezza cfr. ZICCONE, Le cause“sopravvenute” di non punibilità, cit., 78 ss. Nel senso che sia insoddisfacente l’ideadi una presunzione legislativa di non pericolosità, posto che non acquista rilievo ilcarattere definitivo o non della rinuncia da parte dell’agente al proprio piano cri-minoso, cfr. BRICOLA, Fatto del non imputabile e pericolosità, cit., 170 s.; VASSALLI,Cause di non punibilità, cit., 609 ss. V. ancora RANIERI, Manuale di diritto penale,cit., 363, secondo cui il punto di incidenza degli effetti della desistenza sarebbe lacapacità a delinquere presa in considerazione dall’art. 133 c.p. per la commisura-zione della pena, che verrebbe esclusa con la conseguenza (non dedotta esplicita-mente) della necessaria riduzione della pena fino a quota zero.

delittuoso d’origine (atti idonei ed univoci) all’agente, segnalandoquindi l’assenza di una capacità personale di delinquere quale indefet-tibile presupposto perché si abbia a sviluppare una previsione di peri-colosità sociale 266.

Di più. Diventa la riprova della presenza di un valore d’evento, per lasostanziale salvaguardia del bene protetto infine provocata, e di un valo-re d’azione inteso nel senso di connotazione assiologica positiva dell’at-teggiamento soggettivo dell’agente, in cui è dato ravvisare la previsione ela volontà di porre in essere una condotta idoneamente rivolta a lasciareilleso il bene eliminando le condizioni già apprestate per l’aggressione.

Il riconoscimento di tali componenti come parti strutturali della de-sistenza, per l’appunto un non-disvalore d’evento ed un non-disvalored’azione, consente in definitiva di spiegare il fenomeno dell’assenza dipunibilità in termini di totale assorbimento di quei tratti offensivi rin-venibili negli atti idonei e diretti in modo non equivoco, i quali si sa-rebbero altrimenti insediati nella realtà giuridica ove lasciati sopravvi-vere fino ad un volontario impedimento dell’evento o fino all’involon-tario intervento interruttivo, ovvero fino alla consumazione delittuosa.

Corollario ne diventa la restrizione concettuale dell’ambito di con-figurabilità dell’istituto in esame, ampiamente dettagliato nelle propo-sizioni che seguiranno. Si è detto che il fatto della desistenza implicala completa neutralizzazione di quanto commesso dall’agente-desi-stente nell’accingersi all’esecuzione delittuosa, sia nella sua essenza didisvalore oggettivo sia nel suo aspetto di disvalore soggettivo. Ciò im-plica che i due profili, affacciatisi attraverso gli atti univocamente ido-nei, debbono risultare a tal punto assottigliati da scomparire agli occhidel legislatore penale. Ciò implica che la contro-attivazione de qua nonsolo si colloca cronologicamente in un momento pressoché coinciden-te con il compimento della condotta precedente, ma esteriorizza la vo-lontà negativa rispetto al delitto attraverso una attuale autodetermina-zione alla non lesione.

Page 137: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento
Page 138: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

267 Cfr. FORNASARI, Per un diverso inquadramento delle ipotesi di desistenza e re-cesso, cit., 1341: «Il concetto di premio può avere senso, in diritto penale, in riferi-mento a soggetti che si sono già resi responsabili della commissione di un reato(consumato o tentato ma con impedimento dell’evento indipendente dall’autore) edai quali l’ordinamento offre in seguito la possibilità di sfuggire alla sanzione pena-le o ad una parte di essa contro la prestazione di un determinato servizio». Criticonei confronti della teoria del ponte d’oro, per cui se l’esenzione della pena si risol-vesse in una controspinta al crimine, si finirebbe col presupporre che chi delinqueabbia conoscenze giuridiche tali da saper valutare i limiti di applicabilità del bene-ficio dell’impunità, CONTENTO, La condotta susseguente al reato, cit., 79.

268 Sul punto DONINI, L’art. 129 del progetto di revisione costituzionale approvato il

CAPITOLO TERZO

La forma della desistenza

SOMMARIO: 1. Tracce introduttive. – 2. Tentativo e desistenza: un inesistente rapportodi specialità. – 2.1. La condotta tentata come presupposto della desistenza. – 3. De-sistenza: la struttura di una fattispecie non incriminatrice. – 4. La natura “regres-siva” della condotta desistente. – 4.1. Segue: unità di progressione. – 4.2. Segue:unità di regressione. – 5. La volontarietà del fatto. – 5.1. Volontarietà versus spon-taneità. – 5.2. Dolo e volontarietà. – 5.3. In particolare: la volontarietà come dolo“negativo”. – 6. Considerazioni conclusive sulla struttura della desistenza. – 7. Il re-cesso volontario. Una forma dell’illecito penale. – 7.1. Dolo e condotta tipica dellafattispecie incriminatrice di recesso. – 7.2. Concludendo sul recesso attivo.

1. Tracce introduttive

I termini della contiguità concettuale tra delitto tentato e fatto didesistenza, appena proposti, riflettono dunque un legame che andan-do al di là della palese esclusione reciproca permette di scavalcarel’iconografia classica dell’istituto in esame, raffigurato quale ponte ver-so una “dorata” impunità 267.

Ciò che si intravede nello scorrere dei commi 1 e 3 dell’art. 56 c.p. è,piuttosto, il tessuto connettivo tra i due livelli in cui comunemente siarticola la “cultura dell’offensività”: l’uno costituzionale, l’altro erme-neutico 268.

Page 139: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

124 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

4 novembre 1997. Un contributo alla progressione “legale”, prima che “giurispruden-ziale”, dei principi di offensività e sussidiarietà, in Critica del dir., 1998, n. 2-3, 105 s.;ID., Prospettive europee del principio di offensività, in AA.VV., Verso un codice pena-le modello per l’Europa. Offensività e colpevolezza, a cura di Cadoppi, Padova, 2002,109 ss.

L’equilibrio tra il primo, che esige presidiati attraverso lo strumen-to penale solo valori degni di siffatta protezione, ed il secondo, con cuisi reclama la necessità che il pregiudizio si sia effettivamente reso tan-gibile perché si abbia a meritare il connesso effetto sanzionatorio, siregge incontestabilmente sull’aderenza tra fatto astrattamente tipizza-to e fatto concretamente offensivo. A sua volta, l’equilibrio tra fattispe-cie tentata e desistenza riesce a cogliersi proprio in questo peculiare“andamento” del ragionamento giuridico, che dall’accertamento dellatipicità, indizio del disvalore, va a spostarsi nella dimensione dell’offe-sa reale: dovendo passare – nel seguire questa direzione – attraversol’attualità offensiva del fatto.

Una simile notazione può allora dare agio di una complessiva riva-lutazione della tematica in analisi, motivata dalle insufficienze, dallecontraddizioni, dalle lacune che la fondamentale elaborazione scienti-fica di riferimento nella letteratura italiana – dianzi riproposta – nonsembra aver saputo sanare; e stimola per questo verso ad una rinvigo-rita riflessione sulla “forma” in cui la desistenza si rivela all’interno delsistema penale.

È l’analisi di questo profilo che occorre quindi approfondire.Si è già avuto modo di individuare l’elemento di base che tutte ac-

comuna e tutte vizia le teoriche passate al vaglio. Esso consiste nel-l’aver rappresentato la desistenza come fattore che impiantandosi nel-l’istituto del tentativo viene a disturbare a tal punto la volizione delit-tuosa in atto da determinarne eccezionalmente l’interruzione. Ciò hainevitabilmente spinto le suesposte opinioni dottrinali ad aderire adun’unica dimensione prospettica, ove si parte dalla regola del tentativo(comma 1), che punisce una volontà delittuosa oggettivatasi, e si con-clude con la deroga della desistenza (comma 3), che quella stessa vo-lontà rinuncia a punire. Il fatto compiuto rimane così travolto – in ori-gine o a posteriori, a seconda delle specifiche impostazioni – dall’ecce-zionale ripensamento.

È agevole sintetizzare il ruolo dogmatico che in quest’ottica la desi-stenza, più o meno espressamente, finisce per assumere nell’ambitodell’illecito tentato. Difatti, dire che se c’è desistenza non ci può essere– o non può più esserci – tentativo per sopravvenuto venir meno delfondante elemento volitivo intenzionale, equivale a sostenere che non

Page 140: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

La forma della desistenza 125

269 Sull’argomento, G.A. DE FRANCESCO, Lex Specialis. Specialità ed interferenzanel concorso di norme penali, Milano, 1980, 68; PROSDOCIMI, Profili penali del post-fatto, cit., 109, che precisa: «La norma sulla desistenza volontaria è dunque normaspeciale rispetto a quella contenuta nel comma 1 dell’art. 56 c.p. per la parte relati-va al mancato compimento dell’azione. La fattispecie contemplata nella primacomprende tutti gli elementi contenuti nella seconda, con l’aggiunta dell’elementospecializzante consistente nella dipendenza del mancato compimento dell’azionedalla volontà dell’agente; se il secondo capoverso dell’articolo non esistesse ancheal desistente si applicherebbe la norma generale contenuta nel comma 1. La normasul ravvedimento operoso, configurando un’ipotesi di tentativo circostanziato, nonostacola invece l’applicazione della norma generale».

c’è illecito penale nel caso in cui manchi il profilo psicologico fissatonel tipo legale, come già sembra anticipare l’art. 42, comma 2, c.p. Sa-rebbe questo, allora, il significato ultimo ascrivibile all’ermetico detta-to della desistenza: ove non siano ravvisabili tutti gli elementi “rego-larmente” necessari per integrare la figura normativa, la pena deve es-sere esclusa.

È chiaro, tale risultato non premia la ricerca, risolvendosi nella ri-proposizione della premessa fondamentale di ogni riflessione giuridi-ca in campo penale, per cui non c’è reato se il fatto umano non corri-sponde all’illecito astratto, non c’è pena se non c’è reato. Ma ben oltrel’elementarità di una simile obiezione, entra in gioco un rifiuto dog-matico di codesto precipitato dai contorni ben più marcati.

2. Tentativo e desistenza: un inesistente rapporto di specialità

Chi ravvede nella desistenza una circostanza di non punibilità, alpari di chi vi scorge un fattore impeditivo dell’integrazione dell’azionetipica, accondiscende ad una spiegazione di essa implicante l’inevita-bile richiamo ad un rapporto di specialità con l’ipotesi tentata 269, percui il generale dettato del comma 1 soccombe alla speciale configura-zione del comma 3.

Tuttavia, l’inesistenza della suddetta relazione emerge senza diffi-coltà una volta rotto l’isolamento in cui la tradizione ermeneutica hacostretto la desistenza proprio rapportandola esclusivamente alla di-sposizione descrittiva della forma delittuosa tentata, e rendendola cosìincapace di elevarsi in tutta la sua “altezza” giuridica.

Già potrebbe sorprendere, per cominciare, che si qualifichi comespeciale un fatto il cui verificarsi non modifica il titolo del reato, puressendo questo un carattere della norma speciale desumibile dalla de-finizione tradizionalmente e legislativamente accolta, bensì inverte la

Page 141: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

126 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

270 V. infra.

rilevanza penale del comportamento pregresso. Senza, peraltro, chequesto fatto sia esplicitamente qualificato come estintivo, come esigenon solo la logica dell’eccezionalità che sorregge la suddetta categoriaconcettuale ma anche una coerenza sistematica che chiede al legisla-tore di segnalare di volta in volta la presenza di un simile effetto 270.

In secondo luogo, ed in particolare, a stonare è l’inettitudine di que-sto inquadramento dogmatico a reggere il confronto con la realtà del-la disciplina del tentativo e della desistenza.

Voler parlare di rapporto di specialità ha infatti un “costo fisso”, ecioè presupporre una identica ossatura che congiunga i due estremi diriferimento ed in entrambi permanga nei suoi tratti caratterizzanti.Ebbene, è proprio questa porzione a mancare nel caso specifico, per ilconfigurarsi nella desistenza non di un quid pluris o minus rispetto al-la fattispecie generale del tentativo, quanto di un quid novi che inverteil fatto, sia per l’aspetto oggettivo sia per quello soggettivo, e ne plasmauna essenza diametralmente opposta in confronto ad una condotta pe-nalmente rilevante.

Alla radice di questa confutazione si pone del resto una considera-zione che parrebbe inappuntabile: se per aversi delitto tentato è neces-sario il compimento di atti idonei diretti inequivocabilmente a com-mettere il delitto, ciò non è sufficiente. Come già più volte rimarcato,ulteriore ed indispensabile elemento è il mancato compimento del-l’azione o il non verificarsi dell’evento per effetto di cause esterne (pre-senza di circostanze eccezionali o casuali, mancanza di circostanzenormalmente esistenti), di fattori cioè cui non si estende quel dolo cheinvece necessariamente accompagna l’articolarsi della condotta ten-tata.

Un tale, qualificato volere non si proietta quindi sul risultato ogget-tivo della condotta, che pure connota la fattispecie descritta per rela-tionem dall’art. 56, comma 1, c.p. Ciò non solo – lo si è rapidamente se-gnalato – è esemplificato dall’impersonalità dell’espressione utilizzatadal legislatore, che scrive «l’azione non si compie o l’evento non si ve-rifica»; è altresì comprovato da una considerazione che sfiora l’ovvietà.Infatti, se il tentativo sorgesse come tale semplicemente nel momentoin cui divenisse certo che l’azione non si compirà o che l’evento nonverrà ad esistenza, indifferentemente rispetto all’atteggiamento psico-logico dell’autore, allora desistenza e recesso sarebbero da considerar-si come due tra le innumerevoli cause cui potrebbe seguire la mancataconsumazione. Diverrebbero modalità di realizzazione del tentativo

Page 142: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

La forma della desistenza 127

271 Cfr. PROSDOCIMI, Profili penali del postfatto, cit., 106.272 Si veda G.A. DE FRANCESCO, Lex specialis, cit.; ID., Concorso apparente di nor-

me, in Dig. disc. pen., II, Torino, 1988, 428 ss.273 Cfr. G.A. DE FRANCESCO, Lex specialis, cit., 73: «Quando la valutazione nor-

mativa è incentrata sulla descrizione del comportamento in sé e per sé considera-to, tale comportamento non può configurarsi come una species di altre condotteche attingono la loro rilevanza penale in quanto orientate verso la realizzazione dideterminati effetti contemplati nelle relative fattispecie».

274 Opinando diversamente, ed estendendo a dismisura l’ambito in cui correttosi ritenga parlare di specialità, un simile concetto ingloberebbe anche il rapportotra tentativo e consumazione, ove nel configurarsi del primo si incarna una ecce-zione alla regolare perfezionabilità del crimine voluto, e la forma delittuosa specia-le, derogando alla forma delittuosa generale, trova applicazione esclusiva. Pure, ta-le soluzione definitoria non è mai stata utilizzata per cogliere il senso del nesso in-tercorrente tra il tentativo di un delitto e la sua esecuzione consumata. La preva-lenza della norma disciplinante l’ipotesi da ultimo citata non rappresenta certo l’ef-fetto di un concorso apparente di norme, discendendo invero da caratteri dell’ille-cito che nulla hanno da spartire con la peculiare situazione giuridica in cui ha le-gittimo ingresso il principio di specialità.

stesso, rendendo poco comprensibile una disciplina così profonda-mente diversificata quanto agli effetti sanzionatori 271.

Certo è: una volta premessa l’essenzialità, ai fini dell’identificazione diuna figura delittuosa tentata, sia del fattore esterno “eccezionale” sia diun dolo dai contorni così marcati, viene a crollare la plausibilità di una ri-costruzione esegetica che lasci intravedere una identità di “materia” (exart. 15 c.p.) tra tentativo da un lato e desistenza, che dell’interruzione ri-chiede la volontarietà, dall’altro. In questa, infatti, non si rinviene un da-to normativo specifico o aggiuntivo rispetto ad elementi costitutivi co-muni, ma un elemento votato ad innovare la “qualità” della situazione.

L’interferenza tra le due fattispecie 272, incidendo nel momento del-la condotta, finisce allora per produrre elementi reciprocamente estra-nei e per determinare così una distinta dimensione 273: il fatto voluto(consistente nel non aver commesso il delitto) non è in alcun modo ri-conducibile al fatto non voluto 274.

2.1. La condotta tentata come presupposto della desistenza

L’attenzione va pertanto concentrata su questo aspetto, in linea conun’immagine della desistenza non più ridotta a quella di omissione ri-spetto alla prosecuzione di un delitto tentato. A spiccare, nella sua fi-siognomica, è piuttosto la combinazione tra due condotte che si susse-guono senza soluzioni di continuità, nessuna delle quali (da sola)astrattamente riconducibile ad alcuna forma delittuosa tipica.

Page 143: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

128 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

Ora. Acquisito come nel contesto della desistenza non si rinvengasic et simpliciter una condotta di volontaria esecuzione del delitto, cherisulterebbe punibile nella forma tentata se forzatamente interrotta enella forma della consumazione se portata a conclusione, non può co-munque negarsi che il comportamento del desistente presupponga ilconfigurarsi di un atteggiamento, per così dire, di tentativo: più cor-rettamente, si dovrebbe asserire che il desistente non compie più attiidonei ed univoci.

Ciò, ovviamente, non fornisce una spiegazione sufficiente quantoalla ragione della non punibilità.

Se nel tentativo causa e oggetto di sanzione – in breve, il fondamen-to della punibilità – si rinvengono proprio nell’incipit dell’impresa de-littuosa, ovvero negli atti idonei ed univoci – tant’è che il successivoelemento interruttivo vale esclusivamente a determinare il titolo dellapunibilità, per delitto tentato piuttosto che per delitto consumato –, al-lora sembra sfuggire la risposta all’interrogativo: perché la stessa,identica condotta in un caso risulta punibile mentre nell’altro rimanenon punita?

Dall’impasse si esce adottando una chiave di lettura alternativa,emersa lungo il percorso interpretativo fin qui battuto: un comporta-mento umano è suscettibile di porsi a strumento tipico di “rappresen-tazione” di un’offesa solo se quella stessa “idea” di offesa, latente negliatti idonei e diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, ri-sulta attuale (ex art. 56, comma 3, c.p.). In mancanza di un simile at-tributo il fatto storico dovrà dirsi incapace di indicare un disvalore, ri-manendo infine privo di qualsiasi spessore criminale.

Nella rapidità di questi spunti non rimane invero celata l’efficaciapropriamente “costruttiva” che il ragionamento rivela rispetto all’edifi-cio del sistema penale, arricchito di un principio di attualità dell’offesa,tratto dalla non desistenza, che concorre a disegnare il varco di entra-ta del fatto nella dimensione illecita. Ad essere identificata è quellaconsistenza minima del dato umano, prima facie corrispondente alladescrizione tipica, che è sufficiente a chiamare in gioco la sanzione pe-nale. Quanto poi allo specifico abito, di pena o di misura di sicurezza,che detta sanzione verrà ad assumere, ebbene la scelta è rinviata al-l’esito del consecutivo giudizio sulla virtualità o meno del disvalore co-sì apparso, ex art. 49, comma 2, c.p.

Sviluppare a fondo queste proposizioni diventa quindi l’obiettivoimmediato, al cui seguito si porrà l’indagine sugli ulteriori riflessi chene scaturiscono.

Page 144: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

La forma della desistenza 129

3. Desistenza: la struttura di una fattispecie non incriminatrice

Si innesta qui la doverosa parentesi relativa alla struttura del fattodi desistenza, stigmatizzabile nei tratti di una fattispecie non incrimi-natrice che sorge dal combinato disposto di un aspetto materiale e diun aspetto psichico. Condotta regressiva e volontarietà divengono al-lora i nuclei tematici da sceverare per accingersi a descrivere un nuo-vo orizzonte di riferimento della desistenza, adeguato alla sua “nuova”natura giuridica.

L’indagine precedentemente svolta consente invero di precisare co-me il fenomeno in esame, inserendosi nel limen tra criminosità ed “a-criminosità” del fatto umano, da un lato debba condividere con l’illeci-to la naturale frazionabilità in elementi costitutivi oggettivi e soggetti-vi, dall’altro debba discostarsi dall’illecito stesso, negandone specular-mente le singole componenti.

In sostanza. Una volta rappresentata l’assenza di punibilità previstaper il desistente quale risultante di una somma di addendi, appariràevidente come il risultato della (eventuale) totale liceità di tale fattonon possa che discendere dalla natura non illecita delle singole frazio-ni, oggettiva e soggettiva, di cui si compone la sua struttura.

Tanto obbliga ad evadere dal perimetro concettuale entro cui la de-sistenza viene comunemente racchiusa nel momento in cui ad essa siassegna un ruolo prettamente psicologico e la si sintetizza in un muta-mento della volontà che incide su un fatto già integrante un illecito pe-nale. Accolta questa nozione si dovrebbe infatti ammettere che la voli-zione di un certo dato – nel caso la non prosecuzione dell’attività ten-tata, rectius dell’attività criminosa – valga da sola a disintegrare la rile-vanza fattuale di quanto è preceduto.

A correggere questa visione deve soccorrere un approccio metodo-logico che, invertendo la prospettiva, in linea con le premesse si volgaalla verifica (o alla falsificazione) della presenza nella desistenza diuna fattispecie non incriminatrice.

4. La natura “regressiva” della condotta desistente

In primo, si tratta di sondare il mezzo comportamentale attraversocui si esteriorizza la volontà di desistere e si concretizza la presenza diun non-disvalore, nel senso già esplicato.

A tal riguardo, non può certo trascurarsi il peso assunto nel conte-sto dal lessema «colpevole». Come sottolineato, seppure con tale ter-mine non si voglia (melius, non si possa) indicare che un giudizio di

Page 145: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

130 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

275 Sul concetto di tempo, ormai assodato nella filosofia della scienza come«ineluttabile e irreversibile successione di fatti», si veda CAPOZZI, L’individuo il tem-po la storia, Napoli, 2000, 27 ss.

colpevolezza si è ormai concluso, esso rappresenta comunque una spialinguistica dell’avvenuta realizzazione di una frazione esecutiva, altri-menti rilevante nell’ambito di una condotta tipica, tentata o consuma-ta, e che potrebbe già integrare, ed a tal titolo essere punita, un reatodiverso, cioè “altro” rispetto al delitto la cui consumazione finale rap-presentava l’intenzione originaria.

Allora, considerato che il cammino delittuoso è già stato intrapreso,e che proprio questo tratto sarebbe in sé suscettibile di dare luogo adun disvalore punibile, anche laddove l’agente non venisse più a com-piere alcunché (per il sopraggiungere del fattore interruttivo esternoatto a delineare una figura criminosa tentata), l’esclusione a priori del-la pena in conseguenza della desistenza dovrà poggiare su di un ulte-riore e distinto atteggiamento materiale, che si muova nella direzioneesattamente opposta a quella fin lì seguita: nella direzione della nonconsumazione. È questo l’elemento oggettivo capace di dare visibilitàesteriore al c.d. dolo di desistenza.

La contro-attivazione diventa infatti il cardine di una sorta di re-gressione criminosa, in cui il beneficio della depenalizzazione viene le-gato ad una valutazione globale entro la quale rimangono computatesia l’esiguità temporale che ha connotato (l’esistenza di) quella situa-zione di offendibilità del bene scaturita dal primitivo atteggiamento(atti idonei ed univoci al delitto) 275, sia l’effettivo raggiungimento delrisultato abolitivo, determinato dall’eliminazione di quegli atti.

Si assiste così, nell’idea legislativa, alla successione senza soluzionidi continuità di atti (dapprima) legati da un nesso funzionale rispettoalla realizzazione del delitto e di atti che (poi) inversamente annullanotale serie e le sue diramazioni.

Si immagini quindi una linea, quale ben può delinearsi nell’arcodell’evoluzione criminosa che collega tentativo e perfezionamento de-littuoso finale. La linea, quando si tratta di desistenza, è la stessa, maè il percorso a cambiare, o meglio, è la direzione ad invertirsi.

L’intima antinomia concettuale che esiste tra condotta criminosa econdotta desistente si annida proprio nel descritto “mutamento dimarcia”, riassumibile nei tratti di una incompatibilità tra progressione(in senso lato) e regressione nel delitto, la quale va dettagliatamentescandagliata.

Nel realizzare questo disegno non potranno che essere frequenti irichiami di taglio esclusivamente didascalico a taluni concetti penali-

Page 146: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

La forma della desistenza 131

276 Quanto al carattere della fattualità del tempo, per cui si ritiene possibile co-glierne la struttura solo se lo si rapporta ad una qualche forma di realtà, cfr. GIUN-TA-MICHELETTI, Tempori cedere, cit., 7 s. Secondo gli Autori senza un simile requi-sito perderebbe di significato l’idea stessa di successione, ovvero di sequenza di“prima”, “adesso” e “poi” in cui si articola – necessariamente ed in questo precisoordine – la temporalità. Per una concezione di “tempo assoluto” e di “temporalitàpura”, avulsa da ogni fenomenologia e incentrata esclusivamente sull’idea di dura-ta, cfr. BERGSON, Essai sur les données immédiates de la coscience, Paris, 1912, 75.

277 Sul tema VASSALLI, Antefatto non punibile, postfatto non punibile, in Enc. dir.,II, Milano, 1958, 505. V. anche BRUNELLI, Il reato portato a conseguenze ulteriori.Problemi di qualificazione giuridica, Torino, 2000, 88 ss.

278 V. RANIERI, Reato progressivo e progressione criminosa, Milano, 1942; ID., Laprogressione criminosa (in senso stretto), in Scritti e discorsi vari, I, Milano, 1968,191; ID., La progressione criminosa ancora una volta riconosciuta dalla giurispru-denza, ivi, 254; ANTOLISEI, Reato composto, reato complesso e progressione crimino-sa, in Arch. pen., 1949, I, 72 s.; GOLDONI, Brevi note in tema di reato progressivo e pro-gressione criminosa, in Giust. pen., 1968, II, 823 s.; DEL ROSSO, Spunti problematiciin tema di reato progressivo e di progressione criminosa, in Riv. it. dir. proc. pen.,1976, 623 ss.; VASSALLI, Progressione criminosa e reato progressivo, in Enc. dir.,XXXVI, Milano, 1987, 1150; ID., Antefatto non punibile, postfatto non punibile, cit.,511. Si richiamano brevemente gli elementi costitutivi della categoria giuridica del-la progressione criminosa: una pluralità di fatti o condotte che si susseguano nel

stici “elementari”; ma, d’altro canto, non sarà affrontato con pari leg-gerezza il rinvio ad istituti di titanica problematicità che si impone perl’affinità o per il contrasto dagli stessi dimostrato rispetto alla catego-ria della desistenza.

Così, le prime battute della riflessione puntano a ribadire quanto inrealtà già emerso: il fenomeno umano giuridicamente definibile come“reato” viene ad assumere i contorni di un graduale sviluppo, dal pen-siero all’atto, dall’atto all’azione, dall’azione alla conclusione illecita.Quindi, visto nel suo divenire il fatto si presenta come una successio-ne tra un minus ed un maius 276. Sia che ciò corrisponda ad una uni-taria deliberazione di crescente offesa di uno stesso bene, anche ne-cessariamente od eventualmente comprendente la commissione di unreato minore (si pensi alle ipotesi di reato complesso, in particolare direato progressivo). Sia che una simile evoluzione costituisca la nor-male congiuntura tra reati eterogenei, normale per essere l’uno il mez-zo d’ordinaria realizzazione del reato più grave oppure per essere l’al-tro strumentale al conseguimento dello scopo per cui fu commesso unprimo e più grave reato (antefatto e postfatto – discutibilmente – nonpunibili) 277.

Sia, ancora, che detto passaggio “dal meno al più” venga ad esserel’espressione di risoluzioni successive.

È, quest’ultimo, il caso della c.d. progressione criminosa 278. Il caso di

Page 147: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

132 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

tempo ed astrattamente riconducibili a distinte figure di reato, l’identità del sog-getto attivo e passivo, l’avere le condotte arrecato diversi gradi o stadi di offesa allostesso bene giuridico e l’essere le stesse, repentinamente avvicendatesi, sorrette dadistinti atteggiamenti psicologici.

279 MANTOVANI, Diritto penale, cit., 476 s.

chi, ad esempio, sorretto da distinte spinte psicologiche, passi dal feri-mento all’omicidio della vittima, di chi, mutato proposito, dal sequestroarrivi alla riduzione in schiavitù della persona, di colui che dagli atticontrari alla pubblica decenza giunga agli atti osceni. A detta di talunosi tratterebbe di una categoria intermedia tra il concorso apparente dinorme, di cui assorbirebbe la nota caratterizzante della parziale sovrap-ponibilità dei fatti – configurandosi rispetto a fattispecie dotate di untratto di “materia” in comune –, ed il concorso di reati, a cui rimarreb-be accomunato dalle distinte deliberazioni. Nondimeno, rispetto ad unaforma di concorso materiale il fenomeno sotto l’obbiettivo segnerebbenettamente le distanze, non implicando un succedersi di fattispecie ete-rogenee, ovvero di azioni tipiche prive di spazi di compatibilità 279.

4.1. Segue: unità di progressione

Si badi come tale esposizione in punto di progressione criminosaabbia la sua chiave di volta nell’intendimento dell’unicità di azione,quale discriminante il concorso formale dal concorso materiale di rea-ti, nei termini di azione tipica.

Ma ad accedere ad una ricostruzione per così dire “antropologica”della nozione di azione unica, la soluzione che si rinviene è diversa. Sifa difatti forte la sensazione di avere a che fare, nel caso della progres-sione, con una ipotesi sui generis di concorso formale eterogeneo direati, a proposito della quale, in forza di una logica “sussidiaria-con-suntiva”, devesi concludere per l’applicabilità della sola norma chesanziona l’offesa più grave.

Di progressione criminosa ha infatti motivo di discutersi quandomodalità comportamentali di ingravescente effetto offensivo, ed auto-nome quanto a risoluzione criminosa, vengano consecutivamente in-dirizzate dallo stesso agente contro il medesimo “oggetto” passivo. Inmodo da delineare, alla stregua di una osservazione esterna, un unicoepisodio comportamentale, perfettamente sussumibile nell’arcod’azione del concorso formale di reati se non fosse che, una volta pas-sata attraverso il filtro della valutazione di offensività, l’unicità delcomportamento non si frantuma in pluralità di illeciti ma si compattain un solo reato.

Page 148: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

La forma della desistenza 133

280 Non distinguono tra azione unica ed azione tipica, MARINUCCI, Il reato comeazione. Critica di un dogma, Milano, 1971, 23 ss.; PADOVANI, Diritto penale, cit., 381 ss.;MANTOVANI, Diritto penale, cit., 453.

281 PADOVANI, Diritto penale, cit., 381; MANTOVANI, Diritto penale, cit., 451 s.

Sulla porzione finale dell’asserzione si avrà modo di formulare i do-verosi approfondimenti in una seconda battuta.

Preliminarmente, senza l’intenzione di attardarsi sull’argomento ol-tre lo stretto necessario, non v’è dubbio che qualche parola debba es-sere spesa per delucidare il lettore sul significato che le proposizioniprecedenti ascrivono alla nozione di “unità d’azione”.

L’indagine in merito inizia il suo breve, e consapevolmente superfi-ciale, cammino dalla lettera dell’art. 81, comma 1, c.p., che smentisceillico et immediate la pur ricorrente identificazione dell’unità d’azionenell’unità d’azione tipica 280, stabilendo una netta separazione tra pianonaturalistico stricto sensu, suggerito dall’azione od omissione, e pianotipico, che emerge dall’incisivo riferimento alle violazioni della stessa odi diverse disposizione di legge.

Del resto una simile scissione è confortata dalle numerose norme diparte generale che l’azione intendono in senso esclusivamente fattuale,prescindendo dalla relativa qualificazione giuridica (per tutte, artt. 40,56, 116 c.p.).

Inoltre, la formulazione del comma 1 dell’art. 81 c.p. neppure dà so-stegno alla pur diffusa idea compromissoria che quella unità intendealla stregua di un unitario processo esecutivo (l’esempio del pistoleroche uccide due uomini con un unico sparo): si noti infatti come unespresso richiamo ad azioni esecutive si ha solo nell’immediato prosie-guo dell’articolo, dedicato al reato continuato (… in esecuzione di unmedesimo disegno criminoso). E vale anche la pena sottolineare comenell’ipotesi del concorso eterogeneo di reati tale impostazione, per in-dividuare un’unica azione, risulti costretta a ripiegare integralmentesul diverso canone, questa volta normativo, del rapporto di interferen-za strutturale tra le fattispecie astratte specificamente considerate 281.

Le contestazioni rinvenute danno allora man forte ad una riformu-lazione dell’unità in questione come concetto di ordine oggettivo e dicarattere naturalistico. Con che lo stesso (ex art. 81, comma 1, c.p.) ri-mane indifferente rispetto all’elemento psicologico strutturante le sin-gole violazioni realizzate, nel senso di dimostrarsi compatibile anchecon più illeciti teleologicamente connessi (ai sensi dell’art. 61, n. 2,c.p.).

La suddetta unità andrà quindi accertata in base ad una comunepercezione sociale, la quale procede secondo criteri empirici. In breve,

Page 149: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

134 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

282 Secondo ROMANO, Commentario sistematico, I, cit., 727, per la costruzionedel concorso formale di reati non occorre sussista «altro legame che non sia quellotemporale che contrassegna e circoscrive l’uni(ci)tà complessiva della ribellione al-l’ordinamento».

283 Per l’unicità dell’azione come contrassegno del fatto storico, BRUNELLI, Unitàcomportamentale, unità o pluralità di reati: alcune proposizioni, in Studium iuris,2002, 893; ROMANO, Commentario sistematico, I, cit., 726 ss.; PALAZZO, Corso di dirit-to penale. Parte generale, Torino, 2008, 546 ss.

284 V. le considerazioni svolte da BRUNELLI, Unità comportamentale, cit., 896.285 Per queste riflessioni, BRUNELLI, Unità comportamentale, cit., 897 s.

potrà dirsi inquadrato un fatto, ovvero fotografata una situazione divita, al riscontro di un episodio umano connotato da una contiguità dicomportamenti fenomenicamente (naturalisticamente) significativa 282,e sempre che rimanga immutato l’oggetto materiale verso cui si dirigela condotta ovvero l’agente persista nell’utilizzazione dello stesso stru-mento o intraprenda un comportamento riconducibile alla medesimatipologia 283. In un simile avvenimento, che si caratterizza per unaunità sincronica in quanto sviluppato lungo identiche coordinate spa-zio temporali, ben potranno scoprirsi incuneati più reati quando sipassi al momento del ragguaglio col dato tipico 284.

Solo la norma, infatti, può rompere l’identità naturalistica fissatadal contesto empirico spalmandola su più fattispecie tipiche, omoge-nee od eterogenee. E, di necessario converso, solo alla norma può rico-noscersi la capacità di congiungere episodi comportamentali distintisotto il profilo storico (come in molteplici casi di reato complesso) 285.

Rispetto a questo sfondo generale le esemplificazioni della progres-sione criminosa si pongono quindi come ipotesi speciali di concorsoformale, per essere chiaramente inesistente una relazione strutturaledi specialità unilaterale (ex art. 15 c.p.) tra le norme di volta in volta inrichiamo; ma a cavaliere con il reato progressivo, entro cui tale casi-stica appare suscettibile di essere ricondotta.

Più chiaramente. L’unità di azione che si coglie per effetto del me-desimo contesto in cui l’agente variamente aggredisce lo stesso sogget-to passivo, si colora di una continuità offensiva tanto densa da ottene-re uno specifico, unitario, riconoscimento normativo ogni qual volta illegame di strumentalità necessaria della lesione minore rispetto allalesione maggiore sia oggetto di una coscienza e volontà sempre ugua-le a sé stessa, dal principio alla fine del comportamento criminoso. Èappunto l’ipotesi comunemente assunta nel modello del reato progres-sivo.

Ebbene, non v’è dubbio che ci sia un vistoso punto di contatto tra

Page 150: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

La forma della desistenza 135

286 V. VALLINI, Concorso di norme e di reati, in AA.VV., Introduzione al sistema pe-nale, a cura di Insolera-Mazzacuva-Pavarini-Zanotti, II, Torino, 2001, 396 s.: «Farrispondere invece di lesioni e di omicidio in concorso materiale, in una situazionedel tutto identica sul piano oggettivo, chi abbia mutato in peius il proprio propositocriminoso durante il compimento dell’azione, significa alla fine creare una signifi-cativa disparità di trattamento tra due fattispecie concrete identiche, sulla base del-la mera diversità di atteggiamenti psicologici, con violazione degli artt. 3 e 25 Cost.(principio di uguaglianza e di materialità)».

tutte le norme incriminatrici in progress via via citate nell’incedere diquesta riflessione, per quanto attiene alla medesimezza del bene giuri-dico entro di esse tutelato: è lo stesso interesse, infatti, che subisce of-fese di crescente intensità (si pensi alla libertà personale o alla mora-lità pubblica) fino ad un estremo che del bene può addirittura sancirela fine irreversibile (così con la perdita della vita).

Ora. È pacifico che sia punibile solo ai sensi dell’art. 575 c.p. chi ca-gioni l’altrui decesso sorretto fin dall’inizio da proposito omicida, purtransitando attraverso una fase che parrebbe penalmente qualificabilecome lesione. Proprio perché la fattispecie astratta fotografa un fatto –il cagionare dolosamente la morte di un uomo – in cui rimane neces-sariamente assorbito il disvalore prodottosi nell’“intermezzo” dellamalattia fisica.

Si tratta allora di verificare se in questa stessa ipotesi normativa ri-manga sussumibile il caso della progressione delittuosa. Si tratta cioèdi confrontare la cornice storica descritta nella norma incriminatricedi parte speciale definibile come reato progressivo, con l’evenienza dicui è protagonista il soggetto che, mentre pugnala il rivale per ferirlo,in un lasso temporalmente non percettibile muta proposito decidendodi continuare nell’aggressione fino ad ucciderlo. La diversità di atteg-giamento psicologico – pur sempre dolo –, che invece di abbracciareglobalmente il fatto ne sorregge distintamente le porzioni poste in se-quenza (lesioni, omicidio), non sembrerebbe invero capace di confer-mare la disciplina del concorso formale di reati, e di allontanare così lasituazione dallo spettro sanzionatorio dettato per il fatto nel suo com-plesso dall’art. 575 c.p. 286. Da un punto di vista oggettivo, ovvero guar-dando alla vicenda attraverso le lenti della materialità e dell’offensi-vità, si percepisce difatti una identica fattispecie concreta; per cui, se èvero che la pietra angolare di una ragionevole scelta di incriminazionedel comportamento umano è rappresentata dalla consistenza del vul-nus inferto al bene giuridico, entrerebbe in aperto conflitto con il prin-cipio declamato all’art. 3 Cost. ipotizzare una risposta punitiva così vi-stosamente divergente a fronte di una medesima offesa prodotta al-l’esito di un’unica condotta.

Page 151: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

136 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

Conciocché, una lettura costituzionalmente orientata di siffatte fat-tispecie (di reato progressivo) non potrà che far convenire circa la sus-sumibilità in esse pure delle corrispondenti ipotesi di c.d. progressionecriminosa, ove ancora una volta si riscontra un unico comportamentoed una identica evoluzione offensiva.

Una precisazione. Visualizzato in questi margini il campo della pro-gressione criminosa in senso stretto, in cui è corretto concludere perl’applicabilità di una sola norma incriminatrice – quella eretta a tuteladella più grave offesa –, è chiaro come ne fuoriescano tutte le altre si-tuazioni. In particolare, tutte quelle situazioni fattuali, pur frequente-mente riportate nella casistica di specie, che non appaiono oggettiva-mente sovrapponibili a fattispecie incriminatrici la cui spina dorsale èsegnata dal crescente aggravamento della lesione dello stesso bene giu-ridico: ad esempio il fatto di chi passa dal rifiuto di indicazioni sullapropria identità personale al fornire false indicazioni. Non si fatica ariconoscere, qui, i tratti di un concorso formale eterogeneo di reati.

4.2. Segue: unità di regressione

La pausa di riflessione su cui ci si è attardati in merito alla progres-sione predispone un saldo appoggio logico per saltare sull’opposto ver-sante della regressione criminosa, fenomeno che pare inglobare purel’immagine della desistenza criminosa e del non-reato in cui questaprende corpo. Beninteso, se la progressione investe un (ed un solo)episodio comportamentale, contenente l’aggravamento esattamente diquell’offesa già visibile nella prima porzione del fatto, la regressionedal canto suo inquadra un unitario accadimento in cui è dato osserva-re la consecutiva scomparsa di quel tratto di offesa in un primo temporeso visibile.

Allora, è chiaro come in entrambe le categorie richiamate non sifaccia questione di comparare elementi delle fattispecie astratte perverificarne l’identità: si è già detto dell’inesistenza – in tali ipotesi – diun rapporto di specialità unilaterale tra norme, e di contro della con-statazione di una relazione di interferenza.

Conta, piuttosto, valutare il disvalore espresso dall’intero ed unita-rio fatto concreto: per vedere, rispettivamente, se una delle fattispecielegali apparentemente integrate sia in grado di assorbirlo completa-mente, o piuttosto se questo disvalore risulti assolutamente negato ereso irriconoscibile nella sua rilevanza penale.

Il parallelismo tra fenomeno progressivo e fenomeno regressivo,quindi, è sviluppabile e sostenibile solo fino ad un certo punto.

Bensì, non può negarsi l’evidenza che in entrambe le categorie l’iden-

Page 152: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

La forma della desistenza 137

287 PALAZZO, Dolo e azione tipica: l’incidenza dell’elemento soggettivo sulla struttu-ra unitaria e plurima della condotta, in Studium iuris, 1995, 34 ss., puntualizza cheprimo indicatore dell’unificazione dell’azione è quello cronologico, per cui duesegmenti comportamentali realizzati in un contesto unitario ed in immediata suc-cessione tra loro depongono a favore dell’unicità della condotta. Si veda in propo-sito Cass., Sez. II, 26 novembre 1987, Surico, in Cass. pen., 1989, 986, che ha esclu-so nella specie la desistenza volontaria in quanto l’imputato aveva distrutto gli stu-pefacenti solo dopo averne avuto la disponibilità per un tempo apprezzabile. Cfr.,nello stesso senso, Cass., Sez. IV, 21 dicembre 1988, Zannoni, in Cass. pen., 1989,844.

288 La connessione cronologica dei fatti non rileva, infatti, solo sul piano della

tità del soggetto attivo e del bene giuridico pregiudicato rimanga ac-compagnata dall’identità del soggetto passivo delle (altrimenti) diversecondotte “tipiche” che si susseguono e si concatenano disegnando ununico episodio comportamentale, supportato da omogenee modalitàdi condotta. Nè può tacersi del particolare che in ambedue le fenome-nologie giuridiche richiamate questi distinti comportamenti risultanopsicologicamente slegati: tanto il progredire quanto il regredire dell’of-fesa dipendono infatti da risoluzioni successive, cioè dal mutamentodella volontà dell’agente.

Le indubbie similitudini non elevano tuttavia ostacoli ad analizza-re le differenze che corrono tra l’una e l’altra delle figure disquisite, lequali assumono un peso significativo nel discernimento della desi-stenza.

Si è detto che, nella progressione come nella regressione, la succes-sione temporale tra le condotte (compositive di un’unica azione) deb-ba risultare identicamente rigorosa 287. Ciò non toglie, tuttavia, che nel-la regressione quel minimale spazio temporale acquisti un peculiaresignificato. Il gap cronologico, pressoché impercettibile, non rimaneinfatti puro e semplice diaframma tra modalità esecutive teleologica-mente indipendenti e pur sempre di segno illecito, come invece nellaprogressione, quanto piuttosto spazio tra condotte finalisticamenteopposte ed inverse quanto a rilevanza penale.

Perché si abbia a parlare di regressione criminosa, il repentino mu-tamento di volontà deve invero essersi immediatamente espresso inuna condotta che è contestuale (leggi, appartenente allo stesso conte-sto) anche nel senso di fungere da modalità annientatrice della prece-dente, specifica esecuzione criminosa. In tal modo il fatto della regres-sione, e quindi della desistenza, riesce ad esprimere un unitario signi-ficato, speculare rispetto a quello definito dalla progressione: perchéunica e complessiva è l’assenza di disvalore, che coinvolge gli “accenni”delittuosi precedenti 288.

Page 153: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

138 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

nozione di tempo: essa forgia, altresì, la funzione “significante” o “coscienziale”propria del tempo, consentendo di attribuire valore ai fatti tra cui si instaura la re-lazione cronologica. In questo senso, per tutti, CAPOZZI, L’individuo il tempo la sto-ria, cit., 43 ss.; GIUNTA-MICHELETTI, Tempori cedere, cit., 7 s., ove si rappresenta unefficace parallelismo tra una singola nota musicale – «il cui suono assume signifi-cato nel momento in cui, cessando di essere isolato, si inserisce nel corso del tem-po: allorché si collega con ciò che lo precede e lo segue, costituendo quell’insiemetemporalmente congiunto che è la musica» – le parole di una frase – «la relazionetemporale conferisce alle parole il senso di un discorso» – ed i momenti che com-pongono la vita di ciascun uomo – «la concatenazione cronologica attribuisce si-gnificato ai singoli eventi dell’esistenza». «Per questa ragione – concludono gli Au-tori – il tempo è coscienza ed espressività. Tutto ciò vale a fortiori nel mondo del di-ritto, che può essere visto, empiricamente, come un insieme di fatti cronologica-mente connessi». Cfr. sul punto, COTTA, Diritto e tempo. Linee di una interpretazionefenomenologica, in AA.VV., La responsabilità politica. Diritto e tempo, a cura diOrecchia, Milano, 1982, 142 ss. Amplius CAPOZZI, Temporalità e norma nella criticadella ragione giuridica, Napoli, 1996, 280 ss., 315 ss., 383 ss.

289 Sulla funzione del decorrere del tempo come strumento di promozione di undinamismo sostanziale che limita la memoria dell’ordinamento lasciandogli dimen-ticare quei fatti dei quali il sistema penale trattiene temporaneamente il ricordo, cfr.LEONE, Il tempo nel diritto penale sostantivo e processuale, Napoli, 1974, 14 ss.

290 Cfr. Cass., Sez. II, 20 marzo 2007, L.F., n. 1552, che ha negato la ravvisabilitàdella desistenza volontaria nel fatto di chi, dopo aver minacciato la persona offesadi redigere una relazione attestante la falsità della sua vettura d’epoca senza lasciar-ne emergere la relativa buona fede, salvo dazione di denaro o beni, depositava co-

Il regredire del processo fattuale in primo votato alla consumazio-ne, proprio per effetto di una risoluzione non originaria, per l’insorge-re cioè di una correzione della volontà circa il perfezionarsi del fatto,si traduce così inderogabilmente in fasi comportamentali distinte insenso “normativo” eppur necessariamente contemporanee in senso“umano”, la seconda delle quali, nell’immediatezza del suo sovvenire,si dimostra capace di assorbire e dissolvere l’offensività indiziata dallaprima 289.

Salvo, ovviamente, per la parte in cui un illecito si sia già impressoin via definitiva nella realtà penale, assumendo contorni tipici che fon-dano il sospetto di offensività: l’“altro” reato non potrà che rimanere(al punto in cui siamo dell’analisi, ancora ignari della reale offensività,dell’antigiuridictà del fatto e della colpevolezza rispetto ad esso) puni-bile.

Pertanto, la riflessione conduce a riscontrare come la condotta didesistenza non si nutra di mera omissione rispetto agli atti ulteriori(necessari per la consumazione), ovvero della semplice interruzionedell’iter criminis, quanto del comportamento di volta in volta necessa-rio ad annichilire la portata offensiva degli atti compiuti, ed a mate-rializzare un non-delitto 290.

Page 154: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

La forma della desistenza 139

munque la relazione documentante la non autenticità della vettura prima che ve-nisse sporta denuncia. L’aver depositato la relazione minacciata – segnala la Corte –rientra «a pieno titolo nella condotta delittuosa, della quale costituiva l’esito menoprofittevole per il ricorrente, ma non perciò imprevisto, né estraneo al programmadi commissione del reato». Difatti, «nel delitto di estorsione, la realizzazione del ma-le minacciato per coartare il soggetto passivo, anche quando segua o addirittura de-termini l’impossibilità di conseguire il profitto ingiusto, rientra sempre nella con-dotta delittuosa, della quale costituisce la possibile finalizzazione». Posto che, nelcaso di specie, «la minaccia non risiede nel mero compimento dell’atto, ma nella suafinalizzazione, che non può essere rivelata né smentita dal suo compimento, ma so-lo dalle attività atipiche e collaterali che la finalizzano al profitto ingiusto», ne di-scende come «l’abbandono della condotta criminosa potrà essere riscontrato sol-tanto dalla cessazione o dalla revoca delle attività volte a finalizzare in modo illeci-to un comportamento in sé legittimo», palesandosi infine gli estremi di una estor-sione tentata.

291 Nel senso che per i reati omissivi impropri si ha desistenza quando «per ar-restare il processo causale è sufficiente riprendere l’azione dovuta», PROSDOCIMI,Profili penali del postfatto, cit., 49. Nello stesso senso PAGLIARO, Principi di diritto pe-nale, cit., 526; MANTOVANI, Diritto penale, cit., 444.

292 Per cui, nel caso in cui il colpevole si avvalga di congegni capaci di sprigio-nare energia meccanica – ad es. una bomba ad orologeria –, ove l’azione esecutivasi compie con l’attivare il mezzo impiegato, di desistenza si avrà contezza allor-quando il reo abbia non semplicemente disinnescato e rimosso lo strumento ma neabbia assolutamente impedito, distruggendolo o comunque definitivamente pri-vandolo di componenti essenziali, il successivo dispiegarsi della forza causale dal-lo stesso posseduta.

293 Cfr. FIANDACA, Sulla desistenza, cit., 252; M. GALLO, Appunti di diritto penale,III, cit., 124, i quali condizionano l’inquadramento della situazione di c.d. “manca-ta ripetizione del tentativo” nell’ambito di applicazione della desistenza volontariaal non essersi col primo atto già integrata l’azione tipica. Perplessità in merito al-l’inquadramento nell’ambito della desistenza delle ipotesi di mancata ripetizione

L’idea è del resto già sostanzialmente condivisa in relazione ai rea-ti omissivi propri ed impropri, nel cui perimetro la desistenza assumepacificamente i contorni del tempestivo adempimento dell’attività do-verosa richiesta dalla norma incriminatrice, appunto capace di rende-re invisibile l’intrapresa inazione 291. Ma la conclusione, naturalmente,ha pari valore in riferimento ai reati commissivi, nel cui spettro gliestremi oggettivi della desistenza saranno configurabili ogni qual vol-ta l’agente riesca “immanentemente” ad annullare l’offesa sprigionatadall’azione fino a quel momento tenuta 292.

Discende da queste precisazioni l’estraneità all’area di inquadra-mento della desistenza di situazioni in cui l’agente, non riuscito a por-tare a compimento il proprio intento con una prima sequenza com-portamentale, pur non avendo “ritentato” non abbia comunque imme-diatamente precluso a se stesso la possibilità di reiterare uno o più at-ti dello stesso tipo o di porre in essere atti di tipi diverso 293, in ogni ca-

Page 155: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

140 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

del tentativo, sono state recentemente sollevate da FORNASARI, Per un diverso inqua-dramento delle ipotesi di desistenza e recesso, cit., 1351, nota 6.

294 Di contrapposto avviso ROMANO, Commentario sistematico, I, cit., 607, il qua-le ivi ravvisa una ipotesi di desistenza volontaria avendo l’agente in effetti interrot-to l’azione dello sparare, «intesa unitariamente come sparo del primo colpo e deglialtri colpi a disposizione, ai quali invece rinuncia».

295 Obiezione mossa da ROMANO, Commentario sistematico, I, cit., 606.296 V. sul punto BAUMANN-WEBER, Strafrecht. Allgemeiner Teil, Bielefeld, 1995,

501.

so idonei a sfruttare la predisposta, e non annientata, pericolosità fat-tuale. Si pensi, in tal senso, a chi, scattate foto compromettenti ad unfacoltoso imprenditore, minacci telefonicamente costui di renderlepubbliche ove non adeguatamente compensato per il silenzio. La man-cata prosecuzione dell’accennata dinamica, per essere stata immedia-tamente chiusa e non più reiterata la conversazione da parte del colpe-vole, non indulge da sé a qualificare il fatto come desistenza, salva laprocurata inutilizzabilità del materiale costrittivo (distruzione volon-taria di foto e relativi negativi) che importa la scomparsa dalla visualedell’ordinamento giuridico di un qualsivoglia fatto (doloso) offensivo.

Così, parimenti col segno negativo – al cospetto di un interrogativocirca l’operatività dell’art. 56, comma 3, c.p. – andranno marcate lequalificazioni dell’agire di A, che, dopo aver attinto già con due coltel-late il tronco di B dormiente per determinarne la morte, mutando in-tendimento non infligga il terzo ed esiziale colpo; e del comportamen-to di C, che, volendo fuggire dal carcere, riesca a procurarsi un fucilecon un intero caricatore a disposizione per eliminare l’agente di custo-dia, contro cui spara un primo colpo andato a vuoto: a quel punto, ri-conosciuto nel secondino di turno la guardia con cui è divenuto amico,non ne spara altri 294.

Alla stregua di una simile palingenesi della desistenza, debbono al-lora rigettarsi le soluzioni offerte da coloro che nell’offrirne una rico-struzione funzionale alla risoluzione delle vicende di specie, finisco-no per favorire il soggetto più minuziosamente pianificatore, e perciòpiù pericoloso 295: escludendo l’applicabilità della desistenza nelleipotesi in cui l’agente, interrottosi per essere andato a vuoto il tenta-tivo, si sia in realtà accinto ad agire proponendosi il compimento diun solo atto esecutivo; riconoscendola, di converso, a chi si sia prefi-gurato ab origine la possibilità di dover ricorrere alla reiterazione del-la condotta ed invece a questa abbia poi rinunciato 296. Parimenti, nonpuò essere accolta la posizione di coloro che, per ovviare all’incon-gruità appena evidenziata, riconoscono in ogni caso la configurabi-

Page 156: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

La forma della desistenza 141

297 ROMANO, Commentario sistematico, I, cit., 607. In senso ancora più estensivo,teso a riconoscere una generale riconducibilità entro i confini della desistenza vo-lontaria di tutti i casi di mancata ripetizione, MANTOVANI, Diritto penale, cit., 443 s.

lità della desistenza: non solo quando oggetto originario del pianocriminoso fosse la realizzazione delittuosa di plurimi atti dello stessotipo, ma anche laddove atti ulteriori rispetto a quelli compiuti «sep-pure non preventivati, si presentassero all’agente come agevolmentepossibili sul momento e, sul presupposto di una contestualità spaziotemporale e di uno stesso processo di motivazione, si sarebbero ag-giunti al precedente formando con esso una sorta di unità naturale diazione» 297.

Entrambi gli indirizzi, difatti, non celano una frizione con l’im-pianto oggettivistico-offensivo riconosciuto come proprio dell’illecitopenale, nella misura in cui si rivelano identicamente incuranti di ag-ganciare la desistenza ad un profilo che vada al di là della sola rappre-sentazione soggettiva dell’agente, giustificandone con ciò la configura-zione in un mero contegno (volontariamente) interruttivo del percorsocriminoso.

5. La volontarietà del fatto

Dopo aver acquisito che il formante concettuale della desistenza èquello di una fattispecie non incriminatrice, e dopo averne riassunto lefattezze tecniche nell’ipotesi di un quasi-delitto, diventa coerente so-stenere che la volontarietà di cui si alimenta non vada colta, con sem-plicistica cadenza, nella libera autodeterminazione in ordine alla con-dotta successivamente tenuta, ovvero nell’assenza di coazione. Nellasuddetta volontarietà deve infatti riconoscersi la formula di sintesi perindicare l’appartenenza di questo fatto “lecito” – quale è il fatto di de-sistenza – ad una volontà che si potrebbe classificare come dolosa inquanto consta per l’appunto di una consapevole volizione, ma che èsenza dubbio un dolo sui generis, dal momento che scorre su di un pia-no contrario e parallelo rispetto al dolo ravvisabile in sede di illecito ti-pico.

Così argomentando, il campo d’osservazione relativo alla nozionedi volontarietà propria della desistenza è destinato a mutare sensibil-mente. Da più parti è stata elevata a spia linguistica della ragione ul-tima circa l’assenza del trattamento sanzionatorio: perché al suo co-spetto il dolo del tentativo verrebbe irrimediabilmente compromesso.Tuttavia, la dimostrata diversità strutturale tra il delitto tentato e

Page 157: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

142 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

298 Né può sfuggire come sia proprio questo l’elemento capace di rendere edot-ti anche circa il perfezionarsi – quantomeno nell’apparenza fenomenica – di un de-litto tentato o di un delitto consumato, se è vero come è vero che il dolo del sogget-to rimane identico nell’uno e nell’altro caso, rivolgendosi comunque alla lesione delbene giuridico. A mutare è il referente oggettivo, la modalità comportamentale ef-fettivamente riscontrabile.

299 Così invece MALINVERNI, La volontarietà della desistenza nel tentativo, in Giur.it., 1948, II, 217 ss., secondo il quale è chiaro che «la volontarietà della desistenzanon possa essere stabilita in base a criteri puramente naturalistici, attinenti al pro-cesso psichico volontario, ma debba essere determinata attraverso un giudizio divalore. E poiché il fatto della desistenza, in sé stesso, non ci pare suscettibile di ungiudizio, ma assume un differente significato in ragione del valore dei motivi psi-cologici che lo determinarono, proponiamo che appunto in base a questi motivivenga giudicato».

300 Per il significato di volontarietà come assenza di motivi cogenti, concettual-mente distinta dalla spontaneità, che implica una motivazione etica positiva o co-munque apprezzabile, cfr. LATAGLIATA, La desistenza volontaria, cit., 85 ss.; MONACO,Sul recesso dal delitto tentato, cit., 271; PADOVANI, Diritto penale, cit., 278; MANTOVA-NI, Diritto penale, cit., 445. Così anche la giurisprudenza unanime, per cui la sud-detta volontà non va intesa come possibilità di scelta ragionevole ma come deter-minazione autonoma, indipendente da motivazioni interne e da cause esterne inci-denti sulla capacità di scelta, cfr. Cass., Sez. VI, 21 aprile 1989, Gottardo, in Cass.

l’istituto in esame viene a privare il postulato di una portata conclu-dente. Punto fermo diventa, piuttosto, la complessità del fatto di desi-stenza, per cui la semplice volontarietà diviene incapace di addurreuna spiegazione giuridicamente soddisfacente quanto alla mancanzadi pena. Non sfugge, invero, come sia proprio la condotta, per certopsichicamente supportata, successiva alla frazione comune consisten-te in atti idonei e diretti al delitto in modo non equivoco, a dare spes-sore al titolo di punibilità del tentativo e ad annullarlo nell’ipotesi didesistenza 298.

È quindi tempo di analizzare funditus il profilo psichico che ac-compagna questa innovazione fattuale, ormai definibile come regres-sione criminosa.

Ripensamento, pentimento, ravvedimento sono i termini tradizio-nalmente evocati nella descrizione del quid oggetto di indagine, il qua-le, va ribadito, insorge nella seconda frazione del fatto del desistente.Altrettanto tradizionalmente simili espressioni vengono a trovare unaprecisazione concettuale “per negazione”. In sostanza, il dato su cui siappunta il consenso scientifico è che dette nozioni prescindano dallaspontaneità quale spinta emotiva giuridicamente tradotta nel sintomodi una consapevole resipiscenza a fronte dell’offesa generata 299. In al-tri termini, la spontaneità è riconosciuta come incontestabilmenteestranea al nocciolo duro della nozione di volontarietà 300. La diagno-

Page 158: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

La forma della desistenza 143

pen., 1991, 408; Cass., Sez. VI, 7 giugno 1989, Riccobene, ivi, 1991, I, 409; Cass.,Sez. VI, 22 luglio 1992, Pellegrini, in Giust. pen., 1993, II, 241; Cass., Sez. V, 3 di-cembre 2004, D., n. 17688; Cass., Sez. I, 2 dicembre 2005, P., n. 46179. Non è per-tanto volontaria se dovuta a possibile intervento della polizia, ad energica resisten-za della vittima oppure alla sorpresa in flagranza. Ancora, la preoccupazione “au-togena” di essere arrestato, il timore di essere sorpreso, sono di per sé sufficienti adescludere la configurabilità del recesso efficace. In questo senso, v. Cass., Sez. II, 18aprile 1967, Napolitano, in Cass. pen., 1968, 700; Cass., Sez. II, 24 aprile 1967, Bru-ni, ivi, 1969, 61; Cass., Sez. I, 19 maggio 1967, Stellari, ivi, 1968, 522; Cass., Sez. I,18 ottobre 1968, Villardi e altro, ivi, 1969, 1481. V. anche Cass., Sez. IV, 12 febbraio2003, Schiavo, in Riv. it. dir. proc. pen., 2004, 1279 ss., in cui la Corte ha ritenutocorretta l’esclusione della desistenza e l’affermazione della sussistenza del tentati-vo punibile di furto in un supermercato in un caso in cui l’agente, dopo aver prele-vato un capo di abbigliamento dal banco di esposizione, aveva vanamente tentatodi strappare il dispositivo antitaccheggio di cui l’oggetto era munito e, a fronte del-la riscontrata impossibilità di riuscirvi, aveva rimesso l’oggetto medesimo al suoposto. Alla medesima soluzione giunge pure chi, isolatamente, argomenta della vo-lontarietà attraverso il canone della ragionevolezza alla prosecuzione criminosa,così Trib. min. Milano, 11 aprile 2005, in Foro ambr., 2005, 1: «la volontarietà del-la desistenza viene meno nel caso in cui la continuazione dell’impresa delittuosa,pur se materialmente possibile, presenta rischi tali da non potersi correre da unapersona ragionevole. Non è applicabile l’esimente in questione quando la desisten-za è deliberata in presenza di fattori esterni che facciano venir meno la libera de-terminazione del soggetto o dei soggetti agenti. Non può quindi considerarsi vo-lontaria la desistenza cagionata dalla paura che deriva dal prospettato intervento diterze persone rappresentanti un pericolo o delle forze dell’ordine» (nella fattispe-cie, di tentato omicidio, dopo aver trasportato la vittima in stato d’incoscienza abordo di un’autovettura in un luogo periferico frequentato da tossicodipendentiper iniettargli una dose letale di eroina, gli autori desistevano per il passaggio in zo-na di un’autovettura dei Carabinieri che faceva venire meno l’intendimento delit-tuoso).

301 Cass., Sez. I, 21 marzo 1989, Agostani, in Cass. pen., 1990, 2110. Si veda al-tresì Cass., Sez. III, 10 aprile 1987, Leone, in Cass. pen., 1988, 1281, che ha negatola qualifica di fattore esterno, coartante la volontà dell’agente, all’invito alla dichia-razione doganale, poiché questo è solo un atto di sollecitazione che lascia il sog-getto, intenzionato ad esportare valuta illegalmente, libero di scegliere tra desi-stenza dall’azione e possibilità di proseguirla utilmente. Di contro, sono stati rite-nuti validi fattori interruttivi esterni la scoperta di essere sorvegliati dalla polizia(Cass., Sez. I, 22 gennaio 1979, Carbonetti, in Riv. pen., 1979, 941); l’imminenza diuna perquisizione personale ineludibile, rispetto alla consegna della res occultatasulla propria persona (Cass., Sez. III, 14 novembre 1984, Di Monte, n. 1080); l’im-prevista resistenza del soggetto passivo (Cass., Sez. II, 15 novembre 1985, Beretta,n. 1193); l’accidentale ferimento della vittima di una tentata rapina a seguito del-l’involontaria esplosione dell’arma utilizzata per minacciarla (Cass., Sez. II, 21 di-cembre 1987, Cavallini, n. 7566).

stica del requisito in parola lo vuole infatti escluso nell’ipotesi in cui unfattore esterno abbia avuto influenza decisiva sulla volontà dell’agente,menomandone il libero arbitrio 301; e di converso lo considera ammes-so per il ladro che se ne vada dall’abitazione visitata per non avervi tro-

Page 159: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

144 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

302 Cass., Sez. IV, 21 dicembre 1988, Zannoni, in Riv. pen., 1989, 1189.303 Cass., Sez. V, 7 dicembre 1999, p.g. c. Maravolo, in C.E.D., n. 216438.304 Sul concetto giuridico di libertà morale condizionata, SERENI, Istigazione al

reato e autoresponsabilità. Sugli incerti confini del concorso morale, Padova, 2000,21; MANTOVANI, Diritto penale, cit., 618 ss. Sul rapporto tra libero arbitrio e “poteragire diversamente”, FIORELLA, Responsabilità penale, in Enc. dir., XXXIX, Milano,1988, 1338.

vato alcunché 302, o per i rapinatori che si allontanano dalla banca pre-sa di mira una volta appreso che la chiave della cassaforte si trova nel-l’esclusiva disponibilità del direttore, assente 303.

Tuttavia, all’alba di questo sentiero interpretativo pare opportunoindugiare su di una considerazione che si presta a far rigettare l’idea diuna volontarietà della c.d. interruzione esauribile in una sorta di raffor-zamento di quanto disposto al comma 1, ove già si delinea l’involonta-rietà dell’elemento impeditivo che struttura la punibilità a titolo di de-litto tentato.

Ovvero, la volontà di commettere un delitto, per dar luogo alla vo-lontaria desistenza, non può limitarsi a cangiare abito assumendoquello della non – più – volontà di commetterlo. La negazione del si-gnificato delittuoso impresso al comportamento già tenuto – di cui pri-ma si è venuto argomentando – deve infatti essere “affermata” in ter-mini psicologici chiari e forti per riuscire a produrre l’effetto depena-lizzante. Necessaria, dunque, è una vera e propria “trasfigurazione”della volontà: da quella delittuosa a quella di un non delitto. In altre pa-role, il peso di cui è carico il dolo preesistente rende necessario far ri-corso a mezzi psichici di paragonabile carisma ed intensità per otte-nerne l’eliminazione. Non basta, allora, la non-volontà di proseguirenel delitto, perché un requisito dotato di siffatti connotati sarebbe pri-vo della forza indispensabile per concorrere a spazzare via il dolo og-gettivato nel fatto realizzato.

5.1. Volontarietà versus spontaneità

La consueta raffigurazione dogmatica della volontarietà desistentenei “semplici” tratti di una decisione di interruzione formatasi autono-mamente, non coatta da condizioni esterne 304, rimane rinnegata an-che in forza di una attenta esegesi di quella spontaneità che si pone al-la base della riparazione attenuante ex art. 62, n. 6, seconda parte, c.p.

A tal proposito, l’orientamento classico, risalente alla relazione alcodice, è imperniato sul rilievo che la citata circostanza, di natura pla-tealmente soggettiva, si risolva in un comportamento valevole a deno-

Page 160: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

La forma della desistenza 145

305 Così, Cass., Sez. VI, 30 novembre 1989, Coloimata, in Riv. pen., 1991, 195. Indottrina v. PADOVANI, L’attenuante del risarcimento del danno e l’indennizzo assicura-tivo, in Cass. pen., 1989, 1186, per cui «l’adoperarsi spontaneo deve pur sempre ri-sultare efficace».

306 In questo senso Corte Cost., 23 aprile 1998, n. 138, in Giur. cost., 1998, 1076ss., che ha dichiarato infondata la questione di illegittimità costituzionale dell’art.62, n. 6, c.p. nella parte in cui non consentirebbe l’applicabilità dell’attenuante nel-l’ipotesi in cui il risarcimento del danno sia stato effettuato dalla compagnia assi-curatrice in forza di un contratto di assicurazione per la responsabilità civile versoterzi, assumendo trattarsi di ipotesi rientrante nella previsione normativa. Cfr.Cass., Sez. I, 2 febbraio 2005, Scognamiglio, n. 3673, che negando un collegamen-to della circostanza con il profilo di ravvedimento del reo sostiene «che sono estra-nei gli stati psicologici o la condotta tenuta a tal fine dal reo, poiché l’unico ele-mento cui attribuire incidenza è la persona offesa e la necessità connessa che ildanno da questa patito sia ristorato per intero. Proprio quest’ultimo profilo esclu-de, quindi, la rilevanza del requisito del ravvedimento, com’è dimostrato dalla con-statazione secondo cui neppure l’eventuale trasferimento spontaneo dell’intero pa-trimonio dell’imputato a favore della persona offesa comporta l’applicabilità dellacircostanza in esame se il risarcimento non è completamente commisurato all’en-tità del danno arrecato. Consegue che ravvedimento e pentimento non fanno partedel contenuto concreto della circostanza». In dottrina, nega che il comportamentodescritto nella attenuante debba essere considerato «sintomo di pentimento»,MANNA, Circostanze del reato, in Enc. giur., VI, Roma, 1988, 12. Contra, per cui la ra-tio stessa della circostanza in discorso andrebbe individuata nel maggior favore ac-cordato al reo che abbia manifestato un sincero ravvedimento (tranne nel caso del-la seconda parte), FIANDACA-MUSCO, Diritto penale, cit., 441.

tare la volontà dell’imputato di riparare il danno prodotto con la suacondotta criminosa, ed a manifestare così tangibilmente la di lui resi-piscenza. Ad incrinare la compattezza della comune ricostruzione ir-rompe però l’esigenza promossa dalla giurisprudenza – tanto di legitti-mità quanto costituzionale – di svincolare la circostanza dalle angustieche finiscono per avvinghiarla una volta accettata questa collocazione.

La critica mossa contro l’esegesi appena esposta trova difatti a suofavore solidi argomenti, testuali, logici e sistematici. In primo luogo,nulla della formulazione legislativa induce a ravvisare nel ravvedimen-to del reo lo scopo ultimo dell’attenuante. Anzi, la richiesta integralitàdel risarcimento – scolpita nella prima parte dell’art. 62, n. 6, c.p. – co-sì come l’effettività dell’elisione o attenuazione delle conseguenze dan-nose o pericolose del reato – di cui alla seconda parte della disposizio-ne 305 – appaiono l’indice di una regolamentazione del conflitto di inte-ressi tra reo e vittima che non lascia uno spazio significativo alla rile-vanza degli stati psicologici o degli aspetti motivazionali, in breve al-l’atteggiamento puramente interiore del primo 306. In secondo luogo, sediamo per assodata la consistenza (non anche l’efficacia) fondamen-talmente oggettiva del suddetto comportamento riparatorio, tale a pre-

Page 161: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

146 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

307 Così invece Cass., Sez. I, 26 gennaio 1973, Zannino, in Giur. it., 1974, II, 186,per cui «la volontarietà della desistenza non va confusa con la spontaneità ondenon è necessario che sia frutto di un vero e proprio pentimento».

308 BISORI, L’attenuante comune del risarcimento del danno e la disciplina di co-municazione delle circostanze ai concorrenti, in Cass. pen., 1998, 1088.

309 Quindi, l’attenuante non risulta applicabile al datore di lavoro che, a seguitodella diffida dell’Ispettorato del lavoro, abbia provveduto ad eliminare le conse-guenze del reato, trattandosi di adempimento di un obbligo di legge, Cass., Sez. III,25 gennaio 1991, Pinzoni, in Riv. pen., 1991, 618. Neppure a chi consegna la so-stanza stupefacente detenuta illegalmente nel corso di una perquisizione, Cass.,Sez. VI, 7 aprile 1994, Deidda, n. 6757; o a chi ripristina lo stato dei luoghi, in ipo-tesi di reato ai sensi dell’art. 1 sexies, legge n. 431 del 1985, due anni dopo la com-missione dell’illecito e solo a seguito dell’ordine dell’autorità di controllo, Cass.,Sez. III, 6 marzo 1996, Parenzan, in Dir. giur. agr. e amb., 1997, II, 520.

310 ERRA, La desistenza volontaria nel tentativo, in Arch. dir. proc. pen., 1937, 950.311 Cass., Sez. Un., 22 gennaio 2009, De Angelis, n. 5941: «… in modo che se uno

dei correi ha già provveduto in via integrale, l’altro, per esempio, dovrà nei tempi

scindere da qualsiasi manifestazione di pentimento 307, spicca l’artifi-ciosità del distinguo che suole operarsi tra volontarietà e spontaneità.Del resto, il discrimine tra i due requisiti tende a risultare inafferrabi-le già al momento in cui viene fatto risiedere «non tanto nella naturadei motivi che muovono il reo (poiché comunque non è richiesto, nep-pure per la seconda ipotesi, che essi siano frutto di un autentico trava-glio interiore), quanto piuttosto nella genesi della scelta, intendendosiper “spontanea” quella cui il reo si è determinato non solo in assenzadi coazioni esterne, ma altresì in via del tutto autonoma, cioè in assen-za anche solo di più blande pressioni o sollecitazioni» 308.

Si deve allora concludere che la figura di un comportamento spon-taneo si delinea nella misura in cui lo sforzo del colpevole sia frutto diuna libera opzione e non l’effetto della pressione di circostanze estra-nee 309, coincidendo con il «potere che l’uomo ha di determinarsi adagire in un determinato modo, indipendentemente da ogni causa e-sterna» 310.

L’intervento delle Sezioni unite chiude il cerchio, convocando a di-rimere il passaggio il comune canone interpretativo delle norme pena-li quale esige che le condotte previste, «salvo le eccezioni espressa-mente indicate, debbano essere connotate da volontarietà», e debbanoessere intese conservando il valore assiomatico della locuzione legisla-tiva impiegata. Sicché “l’aver riparato”, non potendo consistere nellasola sussistenza dell’evento, «deve comprendere una volontà di ripara-zione», tale che nei reati dolosi si richiede «una concreta, tempestiva,volontà di riparazione del danno cagionato» 311.

Page 162: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

La forma della desistenza 147

utili rimborsare il complice più diligente (Sez. I, 27 ottobre 2003, n. 4177, P.G. neiconfronti di Balsano e altri, rv. 227102) o comunque dimostrare di aver avanzatouna seria e concreta offerta di integrale risarcimento».

312 Definisce il pentimento come «una ribellione intima del mondo etico di fron-te alla spinta o alle spinte criminose», GRANATA, Riflessioni sulla desistenza, in Arch.pen., 1949, I, 369.

313 Tesi opposta è stata sostenuta, senza alcun seguito dal solo BETTIOL, v. BET-TIOL-PETTOELLO MANTOVANI, Diritto penale. Parte generale, Milano, 1986, 630, alla lu-ce del raffronto tra l’esaminata disposizione e quella dell’art. 62, n. 6, da cui di-scenderebbe l’operatività della prima in ordine alle ipotesi di desistenza dal propo-sito criminoso, della seconda in riferimento alle ipotesi di semplice desistenza dal-l’esecuzione del delitto. Sembrerebbe aderire a questa impostazione anche Cass.,Sez. II, 9 aprile 1981, Dei, in Giust. pen., 1982, II, 408: «Sussiste il furto tentato, enon un caso di desistenza volontaria, nell’ipotesi di forzamento di una finestra nonriuscito per la resistenza opposta dalle inferriate. La desistenza volontaria infatti ri-corre solo quando l’attività criminosa cessi per motivi assolutamente spontanei o dipentimento, e non per fattori estranei e non volontari». Si veda nello stesso sensoCass., Sez. II, 15 dicembre 1975, Mauro, in Cass. pen., 1977, 308.

Ben si avvede come, riconosciuto questo significato al termine checompare all’art. 62, n. 6, c.p., a nulla varrà disconoscerne formalmen-te la sostanziale coincidenza con l’essenza della volontarietà dianzi ri-cordata, quella cioè che generazioni di giuristi hanno pervicacementeaddotto come base portante della desistenza.

5.2. Dolo e volontarietà

Scoprire la struttura normativa della volontarietà della desistenza:questo il viaggio che ci si propone di intraprendere seguendo le coor-dinate tracciate dal sistema penale.

Così, a dato di partenza non potrà che assumersi il netto distaccodella nozione di volontarietà dal pentimento, quale repulsione intimarispetto al substrato di immoralità che sta sul fondo di qualsiasi fattoillecito 312, connotato ormai permeato nella cultura e nell’esperienzagiuridica italiana 313. Immediatamente dopo si dovrà procedere col da-re atto della non coincidenza – linguisticamente evidenziata – tra la vo-lontarietà e l’aspetto soggettivo compendiato nella spontaneità, quale èstato chiarito. Arrivati a questo punto, è la grammatica del diritto pe-nale a spiegare positivamente la volontarietà della desistenza, che è vo-lontarietà di una fattispecie non incriminatrice, in termini specular-mente corrispondenti alla volontà dolosa, e quindi di elemento psico-logico costruito a mezzo di direttrici normative.

L’elemento si scrolla allora di dosso le poco confortevoli vesti che lovedevano riassunto in una mera pressione psichica atta a provocare un

6.

Page 163: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

148 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

314 È questa la formula definitoria di Frank, che viceversa nega la volontarietàladdove l’agente fondi la propria decisione sul diverso assunto “vorrei continuarema non posso”. In argomento si rinvia, tra gli altri, a MARINUCCI-DOLCINI, Manualedi diritto penale. Parte generale, Milano, 2006, 254 ss.

315 SINISCALCO, Tentativo, cit., 7; MADDALENA, Ravvedimento operoso, in Enc. dir.,XXXVIII, Milano, 1987, 756; M. GALLO, Appunti di diritto penale, III, cit., 125; RO-MANO, Commentario sistematico, I, cit., 610 s.; MANTOVANI, Diritto penale, cit., 445.Nel senso di richiedere da parte del soggetto una vera e propria prognosi circa l’uti-lità della prosecuzione dell’iter criminis fino alla consumazione, per cui «involon-taria sarà da considerare, oltre alla desistenza necessitata, solo quella in cui la re-lativa decisione si prospetti come l’unica ragionevolmente praticabile, date le cir-costanze del caso concreto, su di un piano di realismo e di concretezza che tengaconto anche dei maggiori rischi dell’operazione, in rapporto alle difficoltà insorte,rispetto ai benefici sperati», CONTENTO, Corso di diritto penale, cit., 434. In giuri-sprudenza, pressoché isolata, Cass., Sez. V, 30 aprile 1973, Santin, in Cass. pen.,1974, 762, per cui «la desistenza volontaria presuppone la possibilità di scelta tradue condotte e tale possibilità non sussiste sia nel caso in cui l’impresa criminosavenga abbandonata per la resistenza della vittima, sia in quello in cui il prosegui-mento presenti svantaggi o rischi, sia, infine, quando il colpevole si renda contodell’insufficienza dei mezzi usati».

316 V. PROSDOCIMI, Profili penali del postfatto, cit., 92: «Non più inutili e comples-se disquisizioni psicologiche, non più poco conferenti formule – come quella bennota di Frank – volte a fissare l’incerto confine tra volontarietà e involontarietà delrecesso; ciò che importa è esclusivamente che il recesso appaia in contrasto con lalogica delinquenziale, così da sottrarre alla pena la funzione che questa è chiamataa svolgere». L’Autore sostiene l’orientamento di matrice germanica, definito “nor-mativo” perché propositore della valutazione normativa dei motivi che hanno spin-to il soggetto a desistere, dai più confutato in forza di una assunta connotazioneprettamente psicologica della volontarietà. In questo senso LA ROSA, La desistenzavolontaria tra vecchi problemi e nuove prospettive, in Riv. it. dir. proc. pen., 2004,1286 ss. Con riferimento all’ordinamento spagnolo MARTINEZ ESCAMILLA, El desisti-miento en derecho penal. Estudio de algunos de sus problemas fundamentales, Ma-drid, 1994, 17.

317 BOCKELMANN, Wann ist der Rücktritt vom Versuch freiwillig?, in NJW, 1955,1417.

318 WALTER, Bestimmung der Freiwilligkeit beim Rücktritt vom Versuch, in GA,1981, 403.

cambiamento di intenzione all’esito del ragionamento “potrei conti-nuare ma non voglio” 314, e comunque maturata in uno sfondo fattualeove residua una “possibilità di scelta ragionevole” (c.d. concezione psi-cologica) rispetto ad una decisione in senso contrario 315.

Ugualmente, la riflessione che ora impegna finisce per allontanareda una chiave di lettura della volontarietà quale atteggiamento del sog-getto nei confronti della norma (c.d. concezione normativa) 316. In que-st’ottica la volontarietà era stata descritta in guisa di “ritorno del sog-getto alla legalità” 317 o quantomeno di sua sufficiente disposizione alrispetto della stessa 318; di ricostituzione della fiducia riposta dai con-

Page 164: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

La forma della desistenza 149

319 SCÜNEMANN, Die deutschsprachige Strafrechtswissenschaft nach der Strafrecht-sreform im Spiegel des Leipzinger Kommentars und des Wiener Kommentars (Teil 2),in GA, 1986, 323.

320 KRAUß, Der Strafbefreiende Rücktritt vom Versuch, in JuS, 1981, 883.321 È quanto traspare dalle “malleabili” soluzioni giurisprudenziali sul punto.

Una rapida carrelata casistica, in parte ripetitiva di esempi già addotti, fornisce di-fatti un panorama cui guardare con severa criticità: sul presupposto per cui la de-sistenza è volontaria anche quando indotta da ragioni utilitaristiche o da conside-razioni dirette ad evitare un male ipotizzabile o dalla presa di coscienza degli svan-taggi dell’azione criminosa, è stata ritenuta configurabile nella condotta di due ra-pinatori di banca che, una volta appresa la circostanza per cui la chiave della cas-saforte era detenuta dal solo direttore il quale non era presente nei locali, si eranoallontanati interrompendo l’azione criminosa (Cass., Sez. V, 7 dicembre 1999, Ma-ravolo, n. 1955); insussistente la desistenza nell’abbandono di un tentativo di eva-sione dovuto a fattori estranei alla volontà dei detenuti, come il tempo di notte, lafriabilità del muro, la rudimentalità degli attrezzi usati, l’inumidirsi delle malte ce-mentante e l’imprevista presenza di tubi nel tratto scavato (Cass., Sez. VI, 21 apri-le, Gottardo, cit.). Ci si è peraltro preoccupati di precisare che la desistenza è vo-lontaria quando, seppur non spontanea, sia frutto di una scelta operata in una si-tuazione di libertà interiore, indipendentemente dalla presenza di fattori esterniidonei a menomare la libera determinazione dell’agente, così Cass., Sez. II, 7 di-cembre 1980, Mangascia, in Riv. pen., 1981, 795; Cass., Sez. VI, 26 marzo 1992, Pel-legrini, in Giust. pen., II, 1993, 241. In senso analogo Cass., Sez. IV, 12 febbraio2003, Schiavo, cit., in cui si è ritenuta la desistenza non volontaria perché indottadall’impossibilità da parte dell’agente di staccare il dispositivo antitaccheggio delgiubbotto di pelle da lui prelevato all’interno di un supermercato. Si veda ancheCass., Sez. I, 22 gennaio 1979, Carbonetti, in Riv. pen., 1979, 941, che ha escluso lavolontarietà della desistenza in un caso in cui il delitto di rapina ad una banca nonfu portato a compimento perché gli autori si accorsero di essere sorvegliati dalla

sociati sull’effettività della norma penale 319; di annullamento dell’im-pressione della pericolosità sociale precedentemente manifestata conl’inizio dell’esecuzione 320.

Con l’inserimento della volontarietà nel quadro di una fattispecienon incriminatrice, sub specie di quasi-delitto, così ricostruita la desi-stenza, l’elemento non può che cambiare volto. I margini della volon-tarietà dovranno invero essere apprezzati nell’ampio spazio soggettivoin cui “respira” la direzione criminosa, nello spazio, cioè, in cui trovaorigine ogni personale ed intima determinazione all’affronto di valoripenalmente tutelati: che il desistente – è bene rimarcarlo – ha già, perun attimo, invaso. Tali confini si scoprono, allora, perfettamente coin-cidenti con quelli delineati nel quadro degli artt. 42, comma 1 e 43,comma 1, primo alinea, del codice penale.

A ragionare diversamente si è finito per suggerire l’opportunità –anche de iure condito – della non criminalizzazione dell’interruzionedelittuosa a qualsiasi causa ascrivibile 321, ancorché le regole positiviz-

Page 165: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

150 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

polizia, e Cass., Sez. IV, 21 dicembre 1988, Zannoni, cit., che ha ravvisato il reces-so – e non la desistenza, per difetto del requisito della volontarietà – nel caso di unladro che non avendo trovato nulla nell’abitazione visitata, spontaneamente se neera andato via.

zate divergano di misura da una interpretazione che prospetti l’ugua-glianza tra l’“umano” desistere da un lato, e l’accadimento naturale e leinerzie meramente meccanicistiche, produttive di un somigliante ef-fetto paralizzante, dall’altro.

La prospettiva disegnata dalle norme cui si è fatto riferimento la-scia invece affiorare un contenuto volitivo della desistenza dotato diconsiderevole pregnanza.

In primo, passando per l’art. 42, comma 1, c.p., si ottiene il neces-sario chiarimento quanto al momento limite per il configurarsi dellacoscienza e volontà di commettere il fatto di desistenza dall’azione, ov-vero di desistenza dalla consumazione verso cui in origine ci si era ri-volti: tale è quello in cui si perde la suitas, la dominabilità dell’agireprecedente.

L’asserzione non pare confutabile. L’“ambiente” di rilevanza pena-le è costituzionalmente un ambiente umano, segnato cioè dalla pre-senza di un individuo che, avendo tenuto un comportamento fisica-mente controllabile da chi abbia identità umana, si sia reso per ciò su-scettibile di un giudizio che si porti a vagliare la tipicità, l’offensività,l’antigiuridicità, la rimproverabilità del suo fatto. E tanto indubbia-mente vale non solo nel campo della rilevanza penale “positiva”, ovecioè si abbia a che fare con una fattispecie incriminatrice, ma ancheove la rilevanza in parola sia “negativa”, per trattarsi di fattispecie nonincriminatrice. Come è nel caso della desistenza.

La dimensione storica attenzionata dal sistema criminale rimanedunque completamente isolata rispetto a quegli atti che, svolgendosi aldi fuori di ogni possibile dominio del volere, neppure risultano avver-titi dalla coscienza della persona o comunque rimangono determinatida una forza fisiologica, fisica e psichica ad essa superiore. L’esperien-za quotidiana e la psicologia elementare dimostrano infatti la coinci-denza tra la sfera rapportabile alla volontà umana e la sfera di ciò cheè dominabile attraverso poteri di materiale impulso e di inibizione.

Di seguito, la “lente” fornita dall’art. 43, comma 1, primo alinea,c.p. arricchisce la volontarietà di un ruolo da sempre rimasto in om-bra: quello di reale spinta psichica, che permette di selezionare, all’in-terno dell’area delimitata dalla sopraddetta suitas, le condotte caratte-rizzate da una effettiva estrinsecazione di impulsi coscienti. L’elemen-to volitivo necessario ex art. 56, comma 3, deve infatti ergersi in spe-

Page 166: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

La forma della desistenza 151

322 V. PAGLIARO, Discrasie tra dottrina e giurisprudenza? (In tema di dolo eventua-le, dolus in re ipsa ed errore su legge extrapenale), in AA.VV., Le discrasie tra dottrinae giurisprudenza in diritto penale, a cura di Stile, Napoli, 1991, 122, il quale riassu-me le soluzioni tecniche date al “problema” dell’oggetto (della volontà) del dolo, es-senzialmente in tre formulazioni: 1) dolo come volontà di offendere il bene giuridi-co protetto dalla legge (M. GALLO, Dolo, cit., 781 ss.; GROSSO, Dolo, cit., 3 s.); 2) do-lo come volontà dell’evento significativo (ARDIZZONE, I reati aggravati dall’evento.Profili di teoria generale, Milano, 1984, 22; MAZZACUVA, Evento, in Dig. disc. pen., IV,Torino, 1990, 451; PAGLIARO, Principi di diritto penale, cit., 293 ss.); 3) dolo come vo-lontà del fatto tipico (FIANDACA-MUSCO, Diritto penale, cit., 355 s.). Per una puntualericostruzione dello stato psichico volitivo strutturalmente rilevante ai fini della de-terminazione del dolo dell’azione penalmente rilevante (id est, l’efficacia della vo-lontà) come composito delle due grandezze «forza della volontà» e «direzione dellavolontà», «attinenti allo stato psichico della volontà del risultato (preveduto e) per-seguito dall’agente come conseguenza dell’azione», CERQUETTI, La rappresentazionee la volontà dell’evento nel dolo, Torino, 2004, 311 s.; ID., Reato doloso, cit., 977 ss.

323 Si noti come talune sentenze in materia di falso definiscano il dolo come pre-visione e volontà dell’evento giuridico, seppure contestualmente reputino suffi-ciente ai fini della sua configurazione nei delitti de quibus la mera coscienza e vo-lontà della falsificazione, cfr. Cass., Sez. V, 28 maggio 1980, Baldi, in Cass. pen.,1981, 1541 ss.; Cass., Sez. III, 27 gennaio 1955, Fossi e altro, ibidem, 1543 ss., concommento di PADOVANI, La coscienza dell’offesa nel dolo del falso: un requisito adpompam?

culare contrapposizione rispetto al dolo che copre sia la condotta ese-cutiva già intrapresa sia gli effetti da questa scaturibili. Quindi, deveincorporare, come proprio oggetto, non solo l’incidenza negativa sul-l’esistenza naturalistica dell’originario comportamento ma anchel’estirpazione della funzione offensiva – in senso laico – che al medesi-mo si voleva attribuire 322.

Non tardano allora a delinearsi, sotto le spoglie linguistiche dellavolontarietà, i contorni di un dolo non incriminante, i cui dati caratte-rizzanti non possono che essere esattamente ricavabili, ancorché acontrario, dai profili descrittivi del dolo incriminante ex art. 43, com-ma 1, c.p.

Volontà e rappresentazione del fatto materiale – nella specie, il fat-to di regressione – manifestano così il contenuto anche di tale forma divolizione penalmente significativa, e si rivelano come appendice dellairrinunciabile umanità del comportamento reso oggetto del sillogismogiuridico. Ma v’è di più. Se è vero che il dolo esprime una intima, stret-ta partecipazione del soggetto all’accaduto, allora anche questo tipo didolo si eleva a categoria realmente pregnante nella misura in cui lo siriferisca, oltre che al fatto nella sua apparenza fenomenica costitutivadi reato, a quell’elemento che il fatto colora di disvalore: l’offesa 323.

Page 167: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

152 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

324 Si ricordano nuovamente, in questo senso, M. GALLO, Dolo, cit., 781 ss.;GROSSO, Dolo, cit., 3 s.

325 Cfr. le formule proposte dai citati progetti Pagliaro (art. 12), Grosso (art. 27,lett. c), Pisapia (art. 16), che individuano l’oggetto del dolo nel «fatto che costitui-sce reato». In proposito, si rinvia alle osservazioni svolte da CERQUETTI, Reato dolo-so, cit., 1031, che ritiene pienamente condivisibile tale scelta di sancire espressa-mente, quali oggetto della rappresentazione e volontà del dolo, «tutti gli elementioggettivi del fatto tipico».

5.3. In particolare: la volontarietà come dolo “negativo”

Vale la pena puntualizzare, seppure in brevissime battute, il pensie-ro che muove verso queste asserzioni, consapevolmente smarcato daun approfondito confronto con quelle teoriche che la questione-cardi-ne del rapporto tra dolo ed offesa hanno attentamente indagato. Ciò,del resto, rimane precluso dall’economia della presente analisi, chepure si presta a lasciar avallare l’orientamento per cui la riferibilitàdell’elemento psicologico doloso va estesa all’offesa al bene giuridi-co 324, così come descritta dalla norma penale.

Si è più volte rimarcata l’idea per cui, nel forgiare la figura tipica delreato il legislatore riversa la considerazione circa la generale ed astrat-ta consequenzialità, a partire da quella vicenda, di un certo disvaloreche evidentemente ritiene intollerabile. In breve, il tipo è indizio del-l’offesa che dà ragione alla singola incriminazione. Ne consegue che ildolo, ovverosia la rappresentazione e la volontà di ogni elemento cor-rispondente al fatto tipico 325, per essere realmente tale non può spo-gliarsi della coscienza e volizione di quello che è un carattere “natura-le” – o meglio sociale, pregiuridico – di quanto si viene a realizzare, ecioè l’ordinario suo protendersi verso la produzione di un danno o del-la messa in pericolo di un certo valore (che risulta protetto). Ciò tra-duce il dolo nella cognizione e volontà di realizzare un comportamen-to naturalisticamente dotato di determinate caratteristiche offensive,ma certo non spinge ad esigere una rappresentazione e volontà “dachierico” – leggi tecnica – di quanto consegua alla propria condotta.Tale effetto, per l’appunto tecnico, cade su momenti estranei al fatto direato, legati piuttosto alla qualificazione giuridica discendente dallaprevisione incriminatrice.

In fin dei conti, la struttura che attraverso queste considerazioni fi-nisce per assegnarsi al dolo, ne valorizza e ne specifica la complessitàdescritta dal dettato codicistico, per cui lo si intende imperniato sia sudi un momento volitivo-psicologico che è diretto alla condotta (per suomezzo anche all’evento) in senso naturalistico ed è attinente al versan-te della “nuda” tipicità; sia su di un momento intellettivo, di compren-

Page 168: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

La forma della desistenza 153

326 Per il duplice rilievo riconosciuto a dolo e colpa, dapprima in sede di tipicità,ai fini dell’individuazione dei tipi di reato dolosi e colposi, dipoi come oggetto delgiudizio individualizzato proprio di una rinnovata categoria della colpevolezza, cuispetta «il compito di valutare l’Unrecht, l’illecito complessivo – composto, in en-trambe le sue articolazioni (tipicità ed antigiuridicità), di momenti oggettivi e sog-gettivi – in rapporto al singolo concreto autore del fatto ed all’effettiva situazione incui si è realizzato» (così MOCCIA, Il diritto penale tra essere e valore, cit., 208), si rin-via a WELZEL, La posizione dogmatica della dottrina finalistica dell’azione, in Riv. it.dir. pen., 1951, 1 ss.; SANTAMARIA, Interpretazione e dommatica nella dottrina del do-lo, cit., 106 ss., 110 ss.; LATAGLIATA, I principi del concorso di persone nel reato, Na-poli, 1964; BRICOLA, Teoria generale del reato, cit., 51 ss.; 62 ss.; V. DE FRANCESCO, Sul-la misura soggettiva della colpa, in Studi urbinati, 1977-1978, 273 ss.; ID., Il “model-lo analitico” fra dottrina e giurisprudenza: dommatica e garantismo nella collocazio-ne sistematica dell’elemento psicologico del reato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1991, 107ss.; C. FIORE, Azione finalistica, in Enc. giur., IV, Roma, 1988, 1 ss.; ID., Azione so-cialmente adeguata, ibidem, 1988, 1 ss.; DONINI, Teoria del reato, cit., 262 ss.; FORNA-SARI, Dolo, errore sul fatto ed aberratio ictus, in AA.VV., Introduzione al sistema pe-nale, II, a cura di Insolera-Mazzacuva-Pavarini-Zanotti, Torino, 2001, 155 ss.

327 V. MASUCCI, “Fatto” e “valore” nella definizione del dolo, Torino, 2004, 121, chepuntualizza come l’evento offensivo svolga «una funzione di raccordo tra la realtàmateriale nei suoi significati rilevanti dal punto di vista di una specifica incrimina-zione, ed il singolo soggetto al quale la medesima realtà si ascrive tramite l’elemen-to psicologico, segnando il rapporto di appartenenza che legittima l’ascrizione diresponsabilità». Cfr. anche FIORELLA, Responsabilità penale, cit., 1325, che precisa lanecessità di non limitarsi alla considerazione di un “tipo” di evento ma di conno-tarlo in aderenza agli accadimenti effettivi.

sione dell’offensività potenzialmente insita in quel fatto, che è partedella tipicità quale indizio di colpevolezza 326.

Ebbene, riportando il discorso sul terreno che è proprio della cor-rente trattazione, si deve convenire che simili tratti dolosi si rivelanopienamente compatibili con la struttura della volontarietà della desi-stenza, seppure in una versione rigorosamente rovesciata. Il dolo “po-sitivo”, che del reato concorre a costruire l’immagine e la ragione del-la punibilità, trova infatti allo specchio il neo-individuato dolo “negati-vo”, che di un non-reato è elemento costitutivo.

Pertanto – al livello in cui siamo del percorso ermeneutico –, nonsorprenderà l’assunto per cui la volontà del desistente abbraccia sial’intero fatto rappresentato dal comma 3 dell’art. 56 sia la sua portataassiologica. Difatti, se il centro attorno a cui gravita la nozione penali-stica del dolo è il dominio psichico dell’accadimento, e questo conse-gue alla percezione da parte dell’agente del comune significato offensi-vo della realtà che contribuisce a realizzare (dominio della realtà ma-teriale significativa) 327, allora dal canto suo il desistente, oltre a raffi-gurarsi le modalità realizzative che sono contrassegno fattuale del do-lo negativo in parola, deve volere la condotta di desistenza anche nella

Page 169: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

154 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

328 Non sfugge il parallelismo instaurabile con altra ipotesi di tentativo fallitopunibile, ove Tizio, colpito Caio con volontà omicida, dopo una serie di colpi se nevada perché convinto di averlo già ucciso, cfr. Cass., Sez. I, 9 dicembre 1969, inCass. pen. mass., 1971, 714.

329 DELITALA, Legittima difesa e reato colposo, in Diritto penale. Raccolta degliscritti, I, Milano, 1976, 461.

330 Isolata la posizione di LEONE, Il reato aberrante, Napoli, 1964, 191, che ritie-ne il termine evento utilizzato in tutto il codice penale in senso giuridico.

sua essenza di fatto non reato (per l’esattezza, non delitto), rappresen-tandosi il valore di quel comportamento nel senso di strumento impe-ditivo dell’offesa.

In sintesi, se la tipicità richiede l’accertamento di una corrispon-denza oggettiva e soggettiva della vicenda concreta alla fattispecieastratta, perché sia integrato il tipo della desistenza occorrerà una vo-lontà effettivamente riferita al tipo di evento non offensivo che è quioggetto di interesse, consistente nella devitalizzazione della carica of-fensiva insita nella previa condotta.

Dall’assunto parallelismo tra dolo di incriminazione e dolo di nonincriminazione è agevole trarre un’ulteriore conclusione, relativamen-te alla tematica dell’errore in cui sia incorso il desistente. Il dolo, nel-la duplice veste (positiva o negativa) che si è visto poter assumere ri-spetto alla costituzione di una fattispecie criminosa, rimarrà identica-mente escluso da una non esatta rappresentazione della dimensionefattuale.

Sta qui la soluzione rispetto a quelle ipotesi in cui il fattore di osta-colo alla prosecuzione dell’iter criminis venga percepito dall’agente co-me esistente, costringendolo a ritirarsi dal suo cammino delittuoso,mentre tale non sia nella corrispondente realtà fenomenica. In questifrangenti appare invero evidente la carenza di una volontarietà intesacome dominio psicologico del fatto attualmente inoffensivo, che devepsicologicamente supportare il lato oggettivo della desistenza 328.

A chiarimento di tale proposizione si precisa come il giudizio suldolo debba sempre impegnarsi a considerare la causa, lo scopo dellavolontà umana con riguardo all’atto compiuto, in breve la direzione dicodesta volontà 329. Ne consegue come la differenza intercorrente trasussistenza ed insussistenza di un “dolo desistente” andrà ricercataproprio nella determinazione della volontà.

Pertanto, mentre nel dolo decriminante di cui si fa questione l’ob-biettivo (non necessariamente finale) dell’azione è l’evento da inten-dersi come risultato che lascia percepire l’eliminazione del disvaloregià prodottosi 330, nella situazione di errore da ultimo presa in consi-

Page 170: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

La forma della desistenza 155

331 In questo senso MADDALENA, Ravvedimento operoso, cit., 756. In giurispru-denza, v. Cass., Sez. II, 16 maggio 1973, Tiberio, in Cass. pen., 1974, 762, che ha ri-tenuto non volontaria la «desistenza determinata dalla percezione di un fattoreesterno che possa far ritenere il pericolo dell’intervento della polizia».

derazione la volontà forgia la condotta come strumento per la realiz-zazione di uno scopo diverso. Tale è lo “sfuggire” all’immaginato fatto-re interruttivo per non “bruciare” la propria idea delittuosa, sì chel’evento disattualizzante l’offesa si perfeziona come conseguenza nonvoluta dall’agente.

Non si tratta, allora, come invece dai più sostenuto, di verificare ca-so per caso il grado di ragionevolezza e di autonomia che contraddi-stingue la decisione di interrompere la realizzazione del reato 331, quan-to di vagliare l’effettività della rappresentazione e dell’adesione volitivarispetto all’immediato regresso dagli atti intrapresi e quindi dall’offen-sività in questi invischiata.

A seguire l’esegesi classica, la riflessione sul punto prosegue conl’analisi della situazione diametralmente opposta, che vede protagoni-sta chi, ignorando la sussistenza di fattori di ostacolo e quindi repu-tando perfettamente possibile il completamento dell’iter criminis, in-terrompa l’azione.

L’interrogativo, ovviamente, si concentra sull’applicabilità al casodell’art. 56, comma 3, c.p.

La risposta non è stata univoca. Certo, ove si condizionasse la vi-genza del disposto alla semplice esistenza di una libera determinazio-ne in ordine all’interruzione dell’azione delittuosa, sarebbe agevole ri-conoscere rilevanza alla volontarietà putativa della desistenza, per es-sere fuori di ogni dubbio che la condotta dell’agente anche nel caso siafrutto di una scelta autonoma. L’elemento impeditivo, difatti, non es-sendosi rappresentato nella mente dell’agente neppure ha potuto in-fluire in alcun modo sul processo decisionale sfociato nell’omissionedel prosieguo criminoso. Ma della inattendibilità di una simile visionerestrittiva, non solo e non tanto della volontarietà desistente quantodella desistenza stessa, s’è già diffusamente argomentato.

V’è allora da dire che la consolidata opinione, individuando nel-l’ipotesi di desistenza una causa personale di non punibilità, ha propo-sto di improntare la soluzione del caso ragionando attorno all’applica-bilità della disciplina di cui all’art. 59, comma 4, c.p.

Chi nega la possibilità di richiamare la suddetta previsione, con ciòseguendo la lettura nettamente prevalente nel panorama dogmaticoitaliano, sostiene l’incapacità di una volontarietà putativa ad eliminareil dolo di un comportamento già integrante gli estremi del tentativo

Page 171: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

156 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

332 M. GALLO, Appunti di diritto penale, III, cit., 130; ROMANO, Commentario siste-matico, I, cit., 611, il quale ritiene che la putatività vada valutata alla stregua del-l’art. 133 c.p.

333 ZICCONE, Le cause “sopravvenute” di non punibilità, cit., 32 ss.

punibile 332; chi la afferma, rendendosi fautore della minoritaria esege-si, estensiva dell’art. 59, comma 4, c.p. anche alle cause sopravvenutedi non punibilità, radica la propria teorica sull’assunto per cui purequest’ultime costituiscono un elemento negativo del fatto tipico 333.

L’inquadramento che via via si è venuto proponendo lungo le pagi-ne della presente disamina, ove si parla della desistenza nei termini difattispecie non incriminatrice, permette lo sviluppo di una ulterioreopzione risolutiva, a stare alla quale si deve concludere come nei casidel genere di quello esemplificato l’ordinamento non ravvisi più mar-gini per reprimere un fatto umano attraverso una tipologia sanziona-toria penale. Ad apparire è difatti l’iconografia propria della desisten-za, se ed in quanto gli atti idonei ed univoci vengano repentinamentetravisati e volutamente indirizzati verso l’opposta meta della non com-missione del delitto.

6. Considerazioni conclusive sulla struttura della desistenza

L’impegnativa analisi finora portata avanti ha mostrato i suoi frut-ti mettendo in luce che il concetto normativo di desistenza, quello inpratica fatto proprio dal codice penale, non coincide con quello di “ab-bandono del proposito criminoso” che è concetto di logica “civile”. Ècosa ben diversa.

Esso consiste nella volontaria regressione criminosa, quale si este-riorizza in un comportamento che miscela l’iniziale esecuzione delit-tuosa e la subitanea, volontaria distruzione dei “mezzi” apprestati. Ilrisultato è infine tangibile in una modificazione di quella situazione,diretta verso il delitto, che appena prima era stata creata nel mondoesterno, e non si riduce a pensiero “non più cattivo”.

La “rivoluzionaria” immagine della desistenza trasmessa da questenotazioni cancella infine l’idea che di questa possa darsi rappresenta-zione come semplice cessazione della condotta, come mera omissione,come inerzia, anche qualora si tratti di reato commissivo. La sua foto-grafia ha invece come unico soggetto una realtà positiva. Così, chi sta“tentando” di uccidere la sua vittima somministrandole successive do-si di veleno non potrà limitarsi ad interromperne prontamente la som-

Page 172: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

La forma della desistenza 157

334 Cass., Sez. II, 15 maggio 2002, T., n. 30105.

ministrazione. Ma per godere della non punibilità dovrà anche provve-dere ad eliminare la specifica cornice di pericolosità in tal modo affre-scata: in breve, è tenuto a disfarsi del suddetto veleno e di quanto ap-prestato per farglielo ingerire, salvo altrimenti consentire di ravvisareuna mera sospensione dell’idonea direzionalità delittuosa, incapace diincarnare un fatto desistente.

Sulla falsariga, va proposta la soluzione per il caso della messa in li-nea via web di una pagina contenente informazioni “truffaldine”, adesempio atte ad indurre in inganno in ordine all’attività commercialeprestata e dirette all’ottenimento di un atto di disposizione patrimo-niale da parte di quanti ad essa accedano: se l’agente provvede tosto acancellare la pagina stessa, prima che qualcuno la visiti, non si avrà fa-tica a misurare la fattispecie della desistenza. Stesso dicasi per il casodel programmatore che, nell’eseguire la prestazione richiesta all’inter-no del sistema operativo della società, inserisca di nascosto nel mede-simo sistema un programma capace di bloccarne totalmente la funzio-nalità: la cancellazione di questo programma, operata contestualmen-te e volontariamente prima della relativa attivazione, reca, ancora unavolta, i connotati di un fatto di desistenza (rispetto al delitto di dan-neggiamento informatico ex art. 635 bis c.p., che pure lascia intonse lelinee costitutive dell’illecito di cui all’art. 615 quinquies c.p.).

Simili formulazioni spingono allora a riconsiderare in termini net-tamente differenziati svariati episodi ricondotti sotto l’“ala” di non pu-nibilità della desistenza volontaria. Emblematico il caso di chi, dopoaver chiesto ad un imprenditore il pagamento di una somma per con-to del clan camorristico dei cosiddetti “casalesi”, ed aver ottenuto lapromessa del versamento nel mese successivo, si sia allontanato dallapropria abitazione rendendosi irreperibile, nella prospettiva di evitare,così, di rimanere vittima di un agguato mortale analogo a quello oc-corso al complice ad opera di appartenenti ad un contrapposto gruppocamorristico 334.

Ammesso che l’interruzione della condotta criminosa sia stata quiverosimile conseguenza di una controspinta criminale dovuta alla mor-te violenta del predetto concorrente, il giudicante ha altresì esclusotrattarsi di un fattore esterno coartante, oggettivamente incompatibilecon la libertà di autodeterminazione. Ed ha puntualizzato come la vo-lontarietà prescritta dalla norma (sulla desistenza) possa sopravviverepure a fronte di motivi di convenienza dell’interruzione, per il soprav-venire di particolari circostanze idonee ad ostacolare l’esito positivo

Page 173: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

158 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

335 RAMACCI, Istituzioni di diritto penale, cit., 253: «Il passaggio della c.d. soglia dipunibilità avviene nel tentativo nel momento in cui, superata la fase dell’ideazionesi realizza un fatto costituito dagli atti compiuti, idonei e univoci. Questa conclu-sione è convalidata dall’interpretazione sistematica: da un lato l’art. 49, comma 2richiede che gli atti siano idonei in concreto, perché esclude la punibilità dell’azio-ne idonea astrattamente, ma non nella situazione concreta, nella quale è impossi-bile la verificazione dell’evento, dall’altro l’art. 115, escludendo la punibilità dell’ac-cordo o dell’istigazione a commettere un delitto, esclude la punibilità della sempli-ce ideazione».

dell’azione ovvero a costituire pericolo per la stessa incolumità del-l’agente. Pertanto, il timore connesso all’assassinio, avvenuto in uncontesto temporale e spaziale del tutto estraneo a quello dell’intrapresaattività estorsiva, non è stato ritenuto equiparabile al costringimentofisico o ad un qualsiasi altro fattore impeditivo della consumazione delreato capace di negare un processo volitivo di autonoma desistenza.

Di contro. Riconsiderando la situazione alla luce di una nozione didesistenza intesa come immediata ed efficace regressione delittuosa,determinata dalla previsione e dalla volizione del suddetto risultatoinoffensivo, diviene chiaro come né l’uno né l’altro degli indicati estre-mi appaiono ravvisabili nella vicenda di cui si è narrata la trama. Inprimo luogo, l’agente nulla ha fatto perché venisse eliminata la condi-zione di pericolo per la libera disponibilità patrimoniale da lui stesso –assieme al complice – prodotta con l’agire “a nome” di una potente etemibile organizzazione criminale. In secondo luogo, la fuga ha trova-to una determinazione volitiva che nulla ha a che vedere col significa-to della volontarietà ex art. 56, comma 3, c.p.

Non può allora disconoscersi la sussumibilità del fatto nella disci-plina del tentativo di estorsione, di cui si riscontrano sia i requisiti po-sitivi dell’idoneità e dell’univocità degli atti commessi, sia il fattore ne-gativo, ovvero l’involontario impedimento della consumazione, consi-stito nell’insorgere del conflitto tra clan.

Alle ultime proposizioni di questa discettazione sulla struttura del-la desistenza, si affida il compito di meglio delineare l’equilibrio codi-cistico tra gli istituti or ora posti in alternativa nella qualificazione del-la vicenda illustrata. Da un lato, il legislatore ha tratteggiato il passag-gio dagli atti preparatori al tentativo punibile marcando i segni distin-tivi di una forma tipica di illecito penale (art. 56, comma 1, c.p.) 335.Dall’altro, ha disciplinato la non punibilità della regressione crimino-sa, ponderabile nel fatto di chi, dopo aver compiuto atti fino a quel mo-mento idonei e diretti in modo non equivoco a commettere il delitto,repentinamente neutralizzi la condotta compiuta sotto la direzione diuna reale volontà e rappresentazione del fatto di non aggressione (art.

Page 174: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

La forma della desistenza 159

56, comma 3, c.p.). Nel rispettivo combinarsi e distinguersi, i dispostirichiamati descrivono allora il momento in cui avviene l’emersionedell’offesa dolosa “tipica” (leggi astratta), il momento in cui il disvalo-re del comportamento umano doloso acquista la visibililità e lo spes-sore necessario ad entrare nel cono d’ombra del sistema penale.

In estrema sintesi, a ribadire e fissare quanto fin qui divisato, solodal gradino dell’attualità offensiva – che è la non desistenza, da accer-tarsi alla luce degli indagati fattori costitutivi – si riesce a varcare lasoglia che lascia accedere ad un giudizio realistico del disvalore pro-dotto.

La formulazione vale allora a riconoscere quella portata generaledel principio dell’attualità offensiva, non limitato al territorio del ten-tativo ma valido rispetto all’intera dimensione dell’illecito doloso, cheverrà motivata attraverso le ulteriori tappe dell’analisi sistematica.

D’altronde, seppure quiescente nelle disamine di sistema, proprioquesto pensiero trova episodiche emersioni in pronunce che si rendo-no portavoci della necessità di una dinamica di non regressione dalfatto perché la vicenda umana possa essere resa oggetto di una valuta-zione in termini di effettiva offensività.

Ivi si inserisce il rigetto del ricorso promosso da imputato, ricono-sciuto colpevole del reato di cui agli artt. 369 e 370 c.p., il quale me-diante dichiarazione resa alle forze dell’ordine aveva incolpato se stes-so della contravvenzione di guida in stato di ebbrezza, affermando,contro il vero, di essere stato alla guida di autovettura coinvolta in unincidente stradale. Egli, dopo essersi assunta la suddetta responsabi-lità, resosi conto che sarebbe stato denunciato per la contravvenzionedi cui all’art. 186 cod. str., aveva immediatamente ritrattato e precisa-to, secondo verità, che l’auto era guidata dal relativo proprietario; il ri-corrente lamentava pertanto che la tempestività della ritrattazione nonavesse compromesso il bene giuridico protetto dalla norma incrimina-trice, con l’effetto di escludere la configurabilità del delitto ascrittogli.

Il ragionamento dipanato dalla Corte prende le mosse da una rico-struzione fattuale dalla quale si evidenzia come l’imputato, assuntasila suddetta responsabilità nell’immediatezza dell’intervento dei carabi-nieri sul luogo dell’incidente, soltanto nella tarda mattinata dello stes-so giorno, in coincidenza della formalizzazione degli atti relativi alleindagini fino a quel momento condotte in una certa direzione, ritrattòle sue precedenti dichiarazioni e rivelò la verità.

Ciò posto, osserva la Corte che la ritrattazione della falsa incolpa-zione, anche se spontanea ed anteriore al giudizio, non esclude la pu-nibilità del reato di autocalunnia, «che si perfeziona con la presenta-zione della denunzia alla polizia giudiziaria, essendo tale ritrattazio-

Page 175: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

160 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

336 Cass., Sez. VI, 14 maggio 2003, M., n. 37016.

ne un post factum che non esclude il reato già compiutamente realiz-zato. La ritrattazione idonea a elidere l’offensività dell’azione è soloquella che interviene senza soluzione di continuità con la falsa de-nuncia: deve cioè verificarsi nel medesimo contesto ed essere tale daprivare l’azione del suo effetto, prima che questo abbia avuto la possi-bilità di esplicarsi. Soltanto in tale caso viene meno il carattere lesivodella condotta autocalunniatrice e si determina un reato impossibileper inidoneità dell’azione, ai sensi dell’art. 49 c.p.». Di guisa che – siviene a concludere nella fattispecie in esame –, considerando come ledichiarazioni autoaccusatorie spese dall’imputato abbiano avviato edorientato le indagini in una certa direzione, il bene protetto dall’art.369 c.p. risulta essere stato compromesso, profilandosi il pericolo perl’amministrazione della giustizia di essere fuorviata e comunque osta-colata 336.

Sulla scorta di quanto asserito, l’appunto critico non può che in-centrarsi sulla norma chiamata dalla Suprema Corte a fondare il ra-gionamento giuridico.

La situazione ipotizzata come giustificante la non punibilità – quel-la di contestuale elisione dell’offensività per volizione del medesimoagente – non si confà certo al dettato del capoverso dell’art. 49 c.p., nonfoss’altro per il fatto che qui l’inidoneità offensiva non deve risultareprodotta dalla volontarietà dell’agente, bensì deve caratterizzare l’“azio-ne” realizzata, da intendersi come azione tipica giusto che solo unaazione tipica potrebbe altrimenti (se idonea) essere punita in quantoproduttiva di disvalore.

Piuttosto, le parole spese dal giudicante richiamano tosto alla men-te la configurazione qui fornita in merito alla desistenza.

7. Il recesso volontario. Una forma dell’illecito penale

Chi desiste, come precisato, volgendosi indietro si trova davanti aduna serie di atti idonei ed univoci che decide di spazzar via nella con-sapevolezza di annientare in siffatta maniera le tracce di pericolositàgià in essi implicate.

Chi recede (art. 56, comma 4, c.p.), al pari scorta una condotta giàintegrante gli estremi indispensabili per accedere ad una figura tipica,guarda avanti decidendo di non percorrere fino in fondo la strada de-littuosa dianzi predisposta. Ed impedisce l’evento.

Page 176: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

La forma della desistenza 161

La prima sensibile discrepanza tra l’una e l’altra figura sta proprioin quella sorta di dinamicità interna alla sola desistenza che è capacedi rendere inafferrabile la pericolosità della primitiva condotta, inglo-bata nell’irrilevanza penale di seguito generata. Questo intermezzo “inmovimento”, rappresentato dalla subitanea inversione di rotta, nel re-cesso manca, sostituito piuttosto da un profilo statico incapace di as-solvere il compito di fondere il prima con il poi e di dotare il fatto diun’unica identità non criminosa: il blocco esecutivo originato dal c.d.ravvedimento, ovvero la condotta impeditiva dell’evento, svolge invecela funzione di separare nettamente questa seconda fase dal comporta-mento originariamente tenuto.

Più in dettaglio. È chiaro come la rilevata ultima frazione dell’epi-sodio nasca e si sviluppi condizionata dal suo presupposto genetico,cioè da quanto sia stato fatto fino a quel momento per realizzare l’of-fesa. Ma una simile influenza rimane unilaterale. Nel senso che, se lacondotta già intrapresa incide sempre sul tempo e sulla modalità del-l’impedimento dell’evento (anti)giuridico, non vale la considerazionereciproca, perché la consumazione del delitto viene in tal caso evitatasenza incidere materialmente su quanto è stato apprestato.

Difatti, a destare l’interesse del legislatore, così convinto a qualifi-care peculiarmente l’accadimento, si appresta tout court questa secon-da “fase-ostacolo” di cui si compone il fatto di recesso, la cui verifica-zione oltre ad essere efficace deve anche risultare volontaria. Esclusi-vamente a queste condizioni viene fatta scattare la prevista diminuzio-ne di pena: e solo una diminuzione di pena. Si vuole con ciò sottoli-neare che se alla condotta impeditiva non appartiene una forza effet-tuale assimilabile a quella della desistenza dall’azione, tanto è dovutoalla sua incapacità di volatilizzare il disvalore espressosi nella condot-ta precedente, sulla quale non interviene direttamente ma solo indiret-tamente evitando che si completi nel suo naturale epilogo. La secondafrazione di condotta non si confonde con la prima, stravolgendone ilsignificato giuridico, ma semplicemente a quel significato mette la pa-rola fine, impedendo che venga “aggiunto” altro. L’assenza di un con-temporaneo rimescolamento volitivo e fattuale, che tutto faccia scom-parire come nella desistenza, permette così di continuare a fotografarenitidamente l’avvenimento umano, e di valutarlo attraverso la catego-ria logica e giuridica dell’illecito penale.

Il discrimine tra gli istituti posti in raffronto passa proprio per lapolverizzazione da un lato (della desistenza) e la conservazione dall’al-tro (del recesso) della condotta causalmente orientata in senso delit-tuoso, che, solo ove resa diafana alla vista del sistema penale per effet-to della distruzione di ogni suo segno “tipico” di riconoscimento, ri-

Page 177: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

162 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

337 G.I. Roma, 19 dicembre 1972, Iodice, in Arch. pen., 1973, II, 86: «Ciò che di-stingue la desistenza volontaria dal recesso attivo non è la forma esteriore assuntadalla condotta dell’agente ma il punto d’incidenza di tale condotta nell’iter criminis,nel senso che mentre la desistenza volontaria interviene durante lo svolgersi delprocesso esecutivo del reato e ne impedisce il completamento, il recesso attivo in-terviene in un momento successivo e cioè quando il processo esecutivo si è ormaiesaurito». In dottrina gli aspetti normativi delle due tematiche (desistenza e reces-so) vengono spesso trattati congiuntamente, talvolta sotto il comune denominato-re concettuale del c.d. pentimento o ravvedimento operoso, v. MADDALENA, Ravvedi-mento operoso, cit., 750. Si tratta in realtà di fenomeni nettamente distinti dato ildiverso oggetto su cui vanno ad incidere, cioè rispettivamente i contorni di un fat-to non penalmente rilevante e il trattamento giuridico di un fatto sicuramente rile-vante sul piano penale. Cfr. FORNASARI, Per un diverso inquadramento delle ipotesi didesistenza e recesso, cit., 1341 e 1374, il quale considera desistenza e recesso allastessa stregua, dato che la loro caratteristica differenziale, ovvero il completamen-to o non completamento della condotta, assume un valore essenzialmente “quanti-tativo”, ma non “qualitativo”. Cfr. ancora MONACO, Sul recesso dal delitto tentato,cit., 242, che parla di un ordinamento orientato alla struttura “bifasica” del reces-so, in cui è la norma a fissare l’ambito di oscillazione del recesso tra i due estremiesplicitamente definiti: l’azione punibile e l’evento delittuoso.

marrà estranea da qualsivoglia reazione sanzionatoria (sotto il titolodel delitto doloso verso cui ci si era incamminati).

Tanto basta a segnare la divaricazione all’infinito delle due ipotesi.Chi desiste non commette un fatto costituente reato perché non ha

commesso alcunché possa (più) assurgere a considerazione penale.Chi recede è punito per aver commesso un delitto, benché non ap-

paia riscontrabile alcuna figura tipica “tradizionalmente” intesa. Néquella di un delitto tentato, che – è stato più volte sottolineato – rima-ne ravvisabile solo nel momento in cui l’idoneo ed univoco comporta-mento esecutivo risulti interrotto da un ostacolo esterno che interferi-sce in modo inconciliabile con la volontà del perfezionamento. Né tan-tomeno quella di un delitto consumato, che l’assenza di un volontarioimpedimento dell’evento implica per l’integrazione oggettiva e sogget-tiva del fatto tipico 337.

Di nuovo, quindi, anche nel trattare del recesso, ci si accorge comel’orizzonte di riferimento non possa essere confinato all’interno deltentativo, da sempre considerato comodo punto d’appoggio della ma-teria. Si scopre di contro la necessità di espandere la riflessione nel piùvasto campo delle forme di manifestazione dell’illecito.

7.1. Dolo e condotta tipica della fattispecie incriminatrice di recesso

Al cospetto di simili indicazioni, l’analisi del comma 4 dell’art. 56c.p. non può che partire da un luogo logico diverso da quello di una

Page 178: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

La forma della desistenza 163

fattispecie non incriminatrice, fin qui richiamato a proposito del com-ma 3. Un conto è non punire la desistenza. Altro è punire il recesso.

La distanza immediatamente rilevata dalla lettura delle conseguen-ze sanzionatorie necessita però di particolari chiarimenti, perchè nonsembri, come pure a molti è apparso, l’opinabile esito di un processolegislativo che ha scelto soluzioni differenti a seconda del momentotemporale in cui si sia reso manifesto lo scemare della colpevolezza.

Occorrerà allora visualizzare a fondo il fatto assunto a modello dallegislatore nell’astratta disciplina “attenuante” del recesso.

Vi si intravede il colpevole che, dopo aver compiuto atti idonei e di-retti in modo non equivoco ad una realizzazione delittuosa, muta pro-posito impedendo volontariamente l’evento. Impedendo quindi chevenga “scritta” la fattispecie consumata.

Ebbene, ciò accade in un momento successivo ed indipendente ri-spetto al perfezionamento dell’azione corrispondente all’esecuzionedelittuosa tentata (id est, atti idonei ed univoci), compiuta o incompiu-ta (a seconda del completamento o meno della condotta di consuma-zione), di cui vengono volontariamente ad escludersi solo gli ulteriorisviluppi offensivi. Ne consegue come a subire una trasformazione nonsarà la natura giuridica del fatto nel suo complesso, che era e rimanepenalmente illecito, quanto la forma della relativa manifestazione de-littuosa e quindi il titolo della correlata punibilità.

Il rinvenirsi, pure in questa sede, del concetto di volontarietà, sta al-lora a confermare da un lato l’identità che corre tra gli elementi costi-tutivi del dolo di una fattispecie incriminatrice (nella specie, recesso) equelli del dolo di una fattispecie non incriminatrice (desistenza). Dal-l’altro, la diversità dell’oggetto che questi elementi rispettivamente as-sumono a referente: per volontarietà qui si intende la decisione di de-linquere (leggi offendere) “meno” del previsto e voluto in primis. Di-stinto, rispetto alla desistenza, per quanto attiene all’oggetto dell’atteg-giamento psicologico, diverso sarà pure l’impatto che tale comporta-mento di recesso avrà nel mondo dei giudizi di valore penale.

Il fatto di desistere – dal proposito e dall’esecuzione criminosa amezzo di una condotta sovrapponibile all’iniziale e di questa “annien-tatrice” – non consente infatti di essere misurato con lo stesso metroutilizzabile per saggiare il fatto di recedere – dagli sviluppi del proces-so delittuoso bloccando la successiva operatività delle forze causali in-nescate.

In sostanza, nell’ipotesi ora al vaglio non si fa altro che lasciare lecose come stanno, congelandole attraverso un comportamento atto adimpedirne gli effetti “naturali”. All’agente, per rendersi recedente, oc-corre quindi attivarsi sì, ma in direzione della pura e semplice interru-

Page 179: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

164 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

338 Nel senso, invece, che il recesso consista in un comportamento sempre posi-tivo, diretto a contrastare, con l’introduzione di fattori causali impeditivi, gli effet-ti discendenti dalla condotta posta in essere, PALAZZO, Corso di diritto penale, cit.,486.

zione del processo già posto in moto dalla condotta, altrimenti verosi-milmente in grado di sfociare nell’evento consumativo.

A differenza della desistenza, quindi, l’attività postulata dal recesso,ancorché esso risulti normativamente qualificato come “attivo”, nonimplica sempre e necessariamente un comportamento di tal genere na-turalistico, potendo bastare alla realizzazione del fine (impedimentodell’evento) anche un comportamento “omissivo” 338. È il caso di chi,dopo aver messo in moto l’estorsione grazie ad un messaggio telefonicominatorio, non si rechi a ritirare quanto portato dalla vittima nel luogoe nell’ora prestabiliti. Come pure del potenziale omicida che, avendopredisposto nel bagagliaio dell’auto gli arnesi necessari per immobiliz-zare ed uccidere la vittima suo passeggero, si “limiti” ad accompagnar-lo presso l’abitazione senza procedere nell’intento originario.

Fondamentale risulta aver tenuto un comportamento volutamentedirezionato a non ottenere l’esito antigiuridico del proprio inizialecontegno (compiuto o meno), senza la necessità che quest’ultimo ven-ga soppresso, senza la necessità che venga reso penalmente invisibile.A rigore, si potrebbe infatti valorizzare la qualifica di attivo che spettaal recesso proprio in questo senso, cogliendovi cioè l’indicazione deltrattarsi di una condotta distinta e percepibile rispetto a quanto è sta-to fatto precedere – già compiuti gli atti tentati –, che pertanto non vie-ne cancellato.

Come è del resto per le ipotesi, dianzi sottoposte all’attenzione, divolontaria mancata reiterazione degli atti, da parte di chi avrebbe po-tuto infliggere l’ultima e mortale coltellata, ma decide di lasciare in vi-ta la vittima predestinata e si allontana dalla scena del crimine; o daparte di chi, tentando l’evasione, smette di far fuoco sulla guardia, chesi era prefissato di eliminare per raggiungere lo scopo, non intendendouccidere quella persona.

La dimensione del recesso scopre così un’area di operatività nonconfondibile con quella della desistenza, trattandosi per l’appunto diuna forma di manifestazione delittuosa. E non secondari sono i risvol-ti in punto di certezza del diritto.

La donna che, fattasi introdurre una cannula in vagina con l’inten-zione di provocare un aborto, la estragga volontariamente dopo uncerto lasso di tempo, ad ogni modo sufficiente ad evitare l’interruzionedella gravidanza, rimarrà punibile a titolo di recesso non perché trat-

Page 180: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

La forma della desistenza 165

339 MADDALENA, Ravvedimento operoso, cit., 755; MANTOVANI, Diritto penale, cit.,443 s. Così anche Cass., Sez. I, 12 febbraio 2004, Galisai, in Cass. pen., 2005, 1252s., per cui nel caso di «reato di danno a forma libera (nella specie, omicidio) il ten-tativo si perfeziona con l’attivazione del meccanismo causale capace di produrre –salvo l’intervento di fattori esterni – l’evento (cosiddetto tentativo compiuto); sic-ché, una volta posta in essere tale condotta, non è più configurabile la desistenzavolontaria a norma dell’art. 56, comma 3, c.p. – che non esime l’agente da pena, maprende in considerazione solo gli atti già compiuti, se ed in quanto costituiscano di-verso reato – mentre non sono esclusi i più limitati effetti della diminuzione di pe-na prevista dal comma successivo della citata norma qualora sia tenuta una con-dotta attiva che valga a scongiurare l’evento» (nella specie la Corte ha rigettato il ri-corso proposto contro la sentenza che condannava l’imputato in relazione al delit-to di omicidio tentato per aver colpito la convivente con un coltello, procurandoleuna ferita al polmone ed al fegato e recidendo l’arteria intercostale destra; secondola Corte territoriale non era configurabile la desistenza volontaria trattandosi ditentativo compiuto, in cui cioè era stato attivato il processo causale destinato a con-cludersi con la morte della vittima se non fossero intervenute cause esterne. La di-fesa ricorreva per cassazione lamentando violazione di legge: l’imputato, infatti,pur avendo superato la resistenza della vittima, poi non l’aveva ulteriormente col-pita, consentendole di uscire dall’abitazione e chiedere soccorso ai vicini). Confor-me Cass., Sez. I, 2 ottobre 2007, Pepini, n. 42749, che inquadra nella fenomenolo-gia del delitto tentato (di omicidio) attenuato dal recesso attivo il fatto di colui che,afferrata con forza la donna che aveva minacciato di morte, e trascinata nelle ac-que del lago, la immergeva ripetutamente col capo e la tratteneva con violenza sot-to l’acqua fino a farle perdere i sensi: lo stesso agente aveva impedito l’evento leta-le sollevandola dall’acqua e riportandola a riva ove le aveva praticato la respirazio-ne bocca a bocca.

340 ROMANO, Commentario sistematico, I, cit., 609.

tasi di comportamento qualificabile nei termini di condotta esecutivaesaurita piuttosto che in fieri al momento dell’estrazione della cannu-la; non perché al momento dell’“impedimento” il processo causale ri-sulta ormai attivato e destinato, secondo l’id quod plerumque accidit, asfociare nell’evento 339; né certo facendo leva sul criterio della conti-nuità temporale o dominio diretto, per cui l’accennato contegno risul-terebbe inserito in un contesto di rottura temporale rispetto all’azioneprecedentemente intrapresa, trovandosi così l’agente privo di un pote-re di controllo sull’interruzione degli atti 340.

Piuttosto, l’inconfigurabilità di una ipotesi di desistenza rimanedettata dalla carenza di quell’immediatezza nella contro-impresa checoncorre a svelare il volto non offensivo della regressione delittuosa. Inaltre parole, l’immagine di offensività che sta dentro la condotta ido-neamente ed univocamente perpetrata ha ormai lasciato la sua im-pronta nel mondo umano, per non essere stata immediatamente spaz-zata via, ed è la visibilità di questa traccia a rendere legittima la con-nessa risposta penale.

Page 181: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

166 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

341 V. G.I. Roma, 19 dicembre 1972, Iodice, cit., 86 ss.342 V. Cass., Sez. I, 10 aprile 2001, D., n. 14536. Correttamente è stata invece

esclusa l’ipotizzabilità del ravvedimento operoso in analogo caso, non risultandoche l’uomo si fosse efficacemente adoperato per evitare la morte della donna vio-lentemente aggredita, limitandosi piuttosto ad aprire la porta dell’abitazione, ovelui e la vittima si trovavano, alle forze dell’ordine, peraltro non subito ma solo do-po qualche minuto e dietro le insistenti richieste degli agenti di polizia, Cass., Sez.I, 2 giugno 1999, Brasili, n. 13741.

Ancora. L’uomo che volendo uccidere la moglie dormiente apra ilrubinetto del gas, per poi repentinamente richiuderlo prima che ladonna abbia inalato alcunché e quindi possa subire un qualsiasi pre-giudizio, si avvarrà dell’impunità prescritta dall’art. 56, comma 3, c.p.in quanto, immediatamente tornato sui suoi passi, ha cancellato l’in-trapresa condotta per l’appunto eliminando quelle condizioni idonea-mente ed univocamente poste alla commissione delittuosa 341. Il checerto non potrebbe dirsi ove invece si allontanasse da casa ed altret-tanto rapidamente avvertisse con una chiamata telefonica l’ambulanzao le forze di polizia per assicurare alla consorte un soccorso tempesti-vo (ricadendosi nell’ipotesi di cui al comma 4).

L’“immediatezza” che struttura la figura regressiva della desistenzasta difatti a significare e segnalare – giova dettagliarlo – che la secondaed “annullatrice” fase del comportamento, la cui flessibile consistenzaè in funzione degli atti idonei univocamente fin lì perpetrati, non deveessere inquadrabile come atteggiamento distinto ed a sé stante, ma co-me porzione di quell’unica condotta non punibile sviluppatasi in unmedesimo contesto spazio-temporale d’azione. Tant’è che, per certo,non desistente bensì recedente avrà da qualificarsi il soggetto di cui so-pra allorquando rientri in casa e chiuda il rubinetto del gas, parimentiottenendo l’incolumità della dormiente, solo dopo che il senso di colpal’abbia attanagliato ormai allontanatosi dall’abitazione.

Di recesso, invero, risponderà anche chi, dopo aver gettato l’odiatonemico nel fiume perché anneghi, lo tragga in salvo; o il soggetto chedopo aver infierito sulla convivente, versandogli sul viso una pentolad’acqua bollente e colpendola reiteratamente alla testa con un matte-rello, cessi dall’aggressione e conduca la vittima in ospedale affinchéabbia le cure necessarie 342. Ma non l’agente che abbandona l’impresadi rapinare la banca in cui è nottetempo entrato perché ritiene la chia-ve, con cui sta procedendo all’effrazione, non adatta ad aprire la cas-saforte, mentre è solo malamente infilata: in simile ipotesi, ove mancaplatealmente la volontarietà (di desistenza come di recesso), si rinven-gono piuttosto i profili di un delitto tentato.

Page 182: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

La forma della desistenza 167

343 In questo senso, seppur con terminologia che lascia residuare la configura-bilità di una prospettiva adesiva all’opinione espressa nel testo, Cass., Sez. I, 17gennaio 1996, Pietrzak, in Cass. pen., 1997, 1713: «Lo schema dell’impedimento vo-lontario dell’evento (cosiddetto recesso attivo) si differenzia da quello dell’atte-nuante di cui all’art. 62, n. 6, c.p. (attivo ravvedimento): ed invero nel primo caso,ad attività criminosa compiuta, e mentre è in svolgimento l’ormai autonomo pro-cesso naturale (che è in rapporto necessario di causa ed effetto tra una determina-ta condotta ed un determinato effetto cui la prima mette capo), l’agente si riattiva,interrompendo tale processo, così da impedire il verificarsi dell’evento; nel secon-do caso, invece, a reato consumato, e quindi ad evento già verificatosi, interviene ilravvedimento dell’agente che spontaneamente ed efficacemente si adopera per at-tenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato: il chiaro discrimine tra ledue ipotesi è ravvisabile pertanto nella avvenuta oppure no verificazione dell’even-to normativo». La Corte ha così ritenuto realizzata l’ipotesi prevista dall’ult. com-ma dell’art. 56 c.p. nel caso di una donna attinta da un violento colpo di cortello inzona vitale del corpo, che tra l’altro aveva cagionato il collasso di un polmone, ed inpreda ad una emorragia tanto imponente che, senza un tempestivo intervento chi-rurgico l’avrebbe portata a morte sicura; l’uomo che l’aveva accoltellata, subito do-po la soccorse accompagnandola in ospedale e consentendo così quell’interventoche, se ritardato, avrebbe sicuramente determinato il decesso della vittima.

7.2. Concludendo sul recesso attivo

Concludendo in tema di recesso attivo, va ribadito che quanto giàrealizzato ivi persiste agli occhi dell’ordinamento, pure se accompa-gnato da un comportamento di “riattivazione” volto ad evitare il perfe-zionarsi dell’evento. Ciò basta a far riconoscere i connotati tipici diuna pericolosità oggettiva e soggettiva: il soggetto ha commesso un il-lecito penale, rectius l’illecito penale “minore” (punito con minore pe-na edittale) perché volutamente ridotto a tali dimensioni. Tornando in-dietro, al di qua della soglia su cui si apre questa primigenia forma direato, si incontra la desistenza: una offesa che la volontà ha reso com-pletamente inattuale, e di conseguenza “atipica”.

Tali osservazioni dimostrano, infine, l’irriducibilità della nozione di“evento”, richiamata nel disposto da ultimo analizzato, ad un signifi-cato prettamente naturalistico, cui invece la riconduce la tradizionedogmatica attenta a creare una rigorosa corrispondenza tra la dizionedel comma 4 e la formulazione del comma 1 dell’art. 56 c.p. 343. Rima-ne dunque confutata l’esistenza di una perfetta e necessaria corrispon-denza tra tentativo incompiuto e desistenza, da un lato, e tentativocompiuto e recesso attivo, dall’altro. Se l’una disciplina (desistenza)può innestarsi anche su una condotta già esaurita, è possibile che l’al-tra (recesso) intervenga prima dell’esaurimento della condotta c.d. ti-pica, posto che il comportamento del “colpevole” è identico in entram-bi i casi, costituito da atti idonei e diretti in modo non equivoco a com-

Page 183: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

168 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

344 Cfr. ROMANO, Contributo all’analisi della “aberratio ictus”, Milano, 1970, 20ss.; ID., Commentario sistematico, I, cit., 436 ss.

345 Cfr. Cass., Sez. Un., 22 gennaio 2009, De Angelis, cit.: «la circostanza del ri-sarcimento del danno, in questo senso sola tra le attenuanti comuni, suppone ne-cessariamente che il reato a cui si riferisce sia stato già consumato. Cosa che si pa-lesa con evidenza osservando la struttura dell’art. 62, n. 6, il quale, nel richiedereche sia stato riparato interamente il danno, esclude che un’azione riparatrice utilepossa intervenire quando il reato non si sia ancora perfezionato e continui così aprovocare danni materiali e morali. L’attenuante, per esprimersi con Sez. Un. 23novembre 1988, n. 5909, rv. 181084, Presicci: “contempla unicamente un compor-tamento … successivo all’esaurimento del reato”, con il corollario che un tale com-portamento, ove il reato sia stato commesso da una pluralità di soggetti, è fuori dalconcorso di persone, dissoltosi con il perfezionamento della fattispecie criminosa».

346 Cfr. Cass., Sez. V, 6 ottobre 2004, Raciti, n. 44312, che nega l’attenuante exart. 62, n. 6, c.p. nel caso di condotta collaborativa dell’imputato, seguita alla con-sumazione del reato ex art. 455 c.p., sì pienamente confessoria e pertanto merite-vole delle attenuanti generiche ma certamente inidonea ad elidere o ridurre il dan-no ormai irreparabile derivato dalla pregressa ed esaurita attività di spendita dellebanconote contraffatte in diversi esercizi pubblici.

mettere un delitto, indifferentemente dall’essere l’azione (già definibi-le come tentata) compiuta o meno. Conciocché l’evento in tale ultimofrangente menzionato, la cui integrazione è volontariamente preclusa,ben presto rivela uno spessore metaforico atto ad accostarlo alla no-zione di evento emergente dalla definizione codicistica del dolo (e del-la colpa), da intendersi come sineddoche del fatto storicamente deter-minatosi in tutti i suoi aspetti rilevanti ai fini della tipicità 344.

D’altronde, la prescrizione dell’art. 62, n. 6, seconda parte, c.p., ri-prova la correttezza della ricostruzione proposta, che scruta il recessovolontario adottando una visuale autonoma rispetto all’accertamentodel tentativo. Il dettato cui si fa menzione proclama difatti l’applicabi-lità della circostanza fuori del caso preveduto nell’ultimo capoverso del-l’art. 56, e con ciò fa salva la configurabilità della fattispecie circostan-ziata de qua a fronte di un delitto tentato sul presupposto dello spon-taneo ed efficace adoperarsi per l’elisione od attenuazione delle «con-seguenze dannose o pericolose del reato».

Tant’è. Con la modalità di ravvedimento attivo che comunque è im-plicata nell’elemento circostanziale, non si intacca l’immagine feno-menica dell’offesa penalmente rilevante, la quale si intende ormai fis-sata in modo intangibile nella forma tentata o consumata del reato 345,ma la si computa in termini attenuati in forza dell’efficace interventodell’agente, autonomamente adoperatosi per estinguere o ridurre leconseguenze del suddetto reato, la cui evoluzione, fino a quel momen-to, non era stata personalmente ostacolata 346.

Page 184: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

La forma della desistenza 169

347 In senso contrario Cass., Sez. I, 17 gennaio 1996, Pietrzak, cit., per cui la ra-dicale differenza registrata tra le due fattispecie esaminate, «ravvisabile nella avve-nuta oppure no verificazione dell’evento normativo», «non viene per nulla attenua-ta dalla possibilità, che va senz’altro riconosciuta, di configurabilità della atte-nuante ex art. 62, n. 6 anche in relazione a reato che non ha superato la soglia deltentativo. E ciò, perché la possibilità in parola, proprio in virtù della clausola di sal-vezza di cui si è innanzi fatta menzione, si verifica esclusivamente in relazione areati tentati per i quali la eventualità di consumazione è esclusa. Tale rilievo giusti-fica la conclusione secondo cui la attenuante ex art. 62, n. 6 ricorre allorché l’atti-vità da ravvedimento dell’agente miri ad alternare conseguenze dannose o perico-lose ulteriori rispetto a quelle normativamente proprie alle singole fattispecie cri-minose».

La fattispecie di recesso, invece, si presta a riqualificare gli indizi dioffensività trapelati dagli atti idonei ed univoci, compiuti e non desisti-ti, andando a conteggiare il voluto impedimento dell’effetto criminoso(normativizzato) quale elemento costitutivo di una manifestazione suigeneris di delitto. Non è un caso, difatti, che a rilevare nel recesso è lavolontarietà dell’elisione (nel senso sopra dettagliato), non potendo ba-stare, nel contesto di una ipotesi incriminatrice, l’indicazione della me-ra spontaneità, invece sufficiente quando si abbia a che fare con un re-quisito di portata accessoria.

Così, se il tipo di illecito realizzato è quello minimo, caratterizzatodal voluto impedimento del risultato tipico offensivo, ciò significa chenon può intravedersi quella libera autodeterminazione (spontaneità)ad agire esclusivamente “contro” le conseguenze criminose di un reatoormai “formatosi”, che è invece la situazione attenzionata dall’ipotesiattenuante.

La clausola di sussidiarietà indagata riflette quindi una relazione diincompatibilità normativa tra la situazione descritta all’art. 56, comma4, c.p. e quella considerata all’art. 62, n. 6: ove stia l’una dell’altra nonsi riescono a ravvisare gli estremi, o meglio non ne sussistono le pre-messe concettuali 347.

Page 185: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento
Page 186: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

348 Per un’indagine sulla struttura e sulla consistenza della desistenza in una di-mensione plurisoggettiva, cfr. GUARNERI, Valore della desistenza volontaria da partedi un concorrente nel reato, in Riv. it. dir. pen., 1949, 454 ss.; CORMIO, Efficacia delladesistenza di uno dei compartecipi nel concorso di persone nel reato, in Giur. it.,1961, II, 345 ss.; VIOLANTE, Sulla struttura dell’atto di desistenza del concorrente, cit.,837 ss., 844; D’ARGENTO, Brevi riflessioni sulla desistenza volontaria, in Arch. pen.,1969, I, 246 ss.; MORELLI, La desistenza volontaria del compartecipe nel contesto delreato concorsuale consumato, in Giust. pen., 1971, II, 308 ss.; CARPEGGIANI, “Desi-stenza volontaria” e “recesso attivo” del concorrente non esecutore, in Riv. pen., 1977,361 ss.; FIANDACA, Sulla desistenza, cit., 243 ss.; FLORA, Il ravvedimento del concor-rente, Padova, 1984; MADDALENA, Ravvedimento operoso, cit., 750 ss. Nella dottrinatedesca, per tutti, ROXIN, Der Rücktritt bei Beteiligung vom Versuch und Tatbeteili-

CAPITOLO QUARTO

Desistenza e fenomeno concorsuale

SOMMARIO: 1. Status quaestionis: profili generali. – 2. Un passo indietro. – 3. Fattispe-cie plurisoggettiva eventuale e desistenza: una discussa compatibilità. – 4. La pe-culiare “complessità” della desistenza nel concorso di persone. – 5. La soglia di pu-nibilità concorsuale. – 5.1. La problematica identità del contributo causale nelconcorso di persone nel reato. – 5.2. Segue: nell’elaborazione giurisprudenziale. –5.3. Prime obiezioni ad una definizione mutuabile dalla causalità penale. – 5.4. Laprospettiva dogmatica: l’ancoraggio “ad ogni costo” al modello causale e l’“impro-prietà” delle soluzioni alternative. – 5.5. Dalla prospettiva condizionalistica … –5.6. Segue: … alla dimensione tipica dell’illecito concorsuale. – 5.7. Il metro dellanon-desistenza. – 6. Il “concorrere nel medesimo reato” letto attraverso la lentedella tipicità dolosa. – 7. Definizione tipica della condotta concorsuale ed offensi-vità. – 8. La desistenza concorsuale: chiosa. – 9. Il recesso concorsuale. – 10. Desi-stenza concorsuale ed art. 115 c.p. – 11. Natura e funzione dell’art. 115 c.p. – 12.Segue: come ipotesi di quasi reato. – 13. L’offesa di concorso: una, nessuna, cen-tomila.

1. Status quaestionis: profili generali

Le conclusioni che sono state delineate all’epilogo dell’illustrazionecompiuta in ordine all’impostazione dogmatica in punto di desistenzadeterminano l’opportunità di una rilettura dell’istituto nel contestodella forma concorsuale di manifestazione dell’illecito penale 348. Que-

Page 187: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

172 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

gung mehrerer, Berlin, 1972; WALTHER, Zur Strafbarkeit des zurücktretenden Tatbe-teiligten, wenn die Hauptatt vollendet wird, in JR, 1976, 100 ss.; KÜPER, Versuchs undRücktrittsprobleme bei mehreren Tatbeteiligten, in JZ, 1979, 775 ss.; LOAS, Beteiligungund Rücktritt. Zur Abgrenzung zwischen Abs. 1 und Abs. 2 des § 24 StGB, in Jura,1996, 10 ss.

349 Per le condotte originariamente atipiche la norma che incrimina il concorsoha la funzione di estendere l’ambito della punibilità ed opera quindi come “normadi fattispecie”, cfr. M. GALLO, Lineamenti di una teoria sul concorso di persone nelreato, Milano, 1957, 7 s.

350 Per una lettura del nuovo art. 118 c.p. implicante un necessario coordina-mento con le regole generali di cui all’art. 59 c.p., ROMANO-GRASSO, Commentario si-stematico del codice penale, II, Milano, 1996, 233 ss.; FIANDACA-MUSCO, Diritto pena-le, cit., 521. Per una distinzione tra le “cause che escludono la pena”, comunicabiliex art. 119 c.p., in base alla loro natura (cause di giustificazione, cause di esclusio-ne della colpevolezza, cause di non punibilità in senso stretto), cfr. PEDRAZZI, Il con-corso di persone nel reato, Palermo, 1952, 67; DELL’ANDRO, La fattispecie plurisogget-tiva in diritto penale, Milano, 1956, 195, 205; MARINUCCI, Cause di giustificazione,cit., 132 ss.; ROMANO, Cause di giustificazione, cit., 66 ss.

sto si pone come momento preliminare per poi approcciare alla defi-nizione dei rapporti che il suddetto disposto intesse con l’ulteriore pre-visione di quasi-reato contenuta nell’art. 115 c.p.

Diventa infatti in primo luogo fondamentale verificare la “resisten-za”, nell’alveo della fattispecie plurisoggettiva eventuale, di un model-lo di desistenza corrispondente a quello dianzi proposto per la tipolo-gia individuale. Ciò impone che la riflessione si sposti nella peculiaredimensione costruita attraverso la combinazione dell’art. 110 c.p. edella singola ipotesi incriminatrice di parte speciale, ove il contributodoloso alla realizzazione della fattispecie, ancorché della minima im-portanza (art. 114, comma 1, c.p.), diventa luogo di emersione di con-dotte non tipiche, e con ciò non punibili, se osservate in un’ottica mo-nosoggettiva, le quali si rivelano complementi costitutivi di un unicoreato concorsuale 349. Tant’è che, ai sensi della disciplina dettata agliartt. 118 e 119 c.p. 350, circostanze aggravanti ed attenuanti e, rispetti-vamente, cause di giustificazione e cause di esclusione della punibilità,sono ponderate in capo ai singoli, della cui responsabilità si discute, acondizione che gli stessi già risultino aver concorso a realizzare unafattispecie criminosa nel senso di fatto tipico.

Detto questo, le battute successive insistono su due profili.Da un lato ripropongono la convinzione circa la netta divergenza

tra l’istituto della desistenza, da concepirsi in termini autonomi rispet-to alla struttura tipica del tentativo, e la categoria delle cause di esclu-sione della punibilità – nella specie, ex art. 119 c.p. – cui invece la desi-stenza (anche concorsuale) viene ricondotta dalla più ampia porzione

Page 188: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 173

351 V. per tutti FIANDACA, Sulla desistenza, cit., 279 ss.; ANTOLISEI, Manuale di di-ritto penale. Parte generale, cit., 581.

352 Cfr. PAGLIARO, Profili dogmatici delle c.d. cause di estinzione del reato, cit., 476.

della dottrina contemporanea 351. Difatti – va ribadito –, se la desisten-za consiste in atti volontariamente cauterizzati quanto ad attualità of-fensiva, radicalmente rimossi dal territorio penale, ciò significa che alsuo cospetto rimane ontologicamente esclusa l’integrazione di unaqualunque forma di illecito. Mentre le cause di esclusione della puni-bilità proprio di un reato implicano la verificazione.

Dall’altro lato approfondiscono un tassello del ragionamento che èstato solo accennato. Una volta ammesso che la norma sulla desisten-za funziona come segnale del minimo carattere offensivo di cui deveessere dotato il fatto doloso per risultare tipico, per attirare cioè “a pri-ma vista” un certo interesse penale, non si potrà negarne la natura dinorma generale, o meglio di norma di sistema: indiscutibilmente vali-da ed operante pure nei peculiari circuiti della forma di manifestazio-ne concorsuale.

2. Un passo indietro

Prima di procedere oltre, raccogliendo quest’ultimo spunto riflessi-vo, è bene intrattenersi sui riflessi che le opzioni ermeneutiche via viaformulate a proposito dell’art. 56, comma 3, c.p. hanno prodotto in se-de concorsuale.

L’adesione ad una stigmatizzazione della desistenza nei termini dicondizione risolutiva del reato ha infatti doverosamente spinto a con-cludere nel senso della non sopravvivenza di ciascuna delle fattispecieplurisoggettive già integrate: la desistenza, difatti, produrrebbe il venirmeno ex tunc di tutti gli effetti che si ricollegano al delitto, ormai sop-presso dal mondo delle realtà giuridiche 352. Così, pur se sorta in rela-zione ad uno solo dei compartecipi, quest’ultima non potrebbe checoinvolgere inesorabilmente tutti i soggetti agenti ed il coacervo di fat-tispecie a ciascuno di essi attribuibili.

Ma ricordando che la prevalente lettura, in atto sia in dottrina chein giurisprudenza, quanto alla desistenza suggerisce la didascalicaqualifica di causa di esclusione della pena, occorre precisare come laquestione che più ampiamente si discute nell’ambito ora in attenzioneè la specifica allocazione della desistenza nell’uno o nell’altro ramodella dicotomia che la categoria ivi conosce, a mente della lettera del-

Page 189: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

174 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

353 Per comodità del lettore si riporta il testo dell’art. 119 c.p.: «Le circostanzesoggettive, le quali escludono la pena per taluno di coloro che sono concorsi nelreato hanno effetto soltanto riguardo alla persona cui si riferiscono. Le circostanzeoggettive che escludono la pena hanno effetto per tutti coloro che sono concorsi nelreato».

354 In questo senso, ma con diverse sfumature, VASSALLI, Cause di non punibi-lità, cit., 630; LATAGLIATA, Concorso di persone nel reato, in Enc. dir., VIII, Milano,1961, 598; PROSDOCIMI, Note su alcuni criteri di classificazione delle circostanze delreato, in Ind. pen., 1983, 284 ss., 292 ss.; MONTANARA, Reato plurisoggettivo, in Enc.dir., XXXVIII, Milano, 1987, 879; ROMANO, Commentario sistematico, I, cit., 721.

355 La norma, infatti, si inserisce nel capo II, del titolo III, del libro I, ove espres-sa eccezione è costituita dal solo art. 59 c.p. che disciplina anche le cause di esclu-sione della pena. In argomento v. PAGLIARO, Principi di diritto penale, cit., 588; MAN-TOVANI, Diritto penale, cit., 534 ss.

356 Di questa opinione ROMANO-GRASSO, Commentario sistematico, II, cit., 238;FIANDACA-MUSCO, Diritto penale, cit., 524. Parla di «circostanza soggettiva attinentealla intensità del dolo e che non si comunica ai concorrenti» PANNAIN, Manuale didiritto penale, cit., 468.

l’art. 119 c.p. che fraziona tali circostanze di esclusione in soggettiveed oggettive 353.

In questa prospettiva, votata a misurare l’estensione dell’effettodella non punibilità, una prima famiglia di opzioni si è venuta deli-nenando sulla linea del combinato disposto degli artt. 119 c.p. e 70c.p. 354: in sua virtù è invero altrettanto plausibile catalogare la desi-stenza quale circostanza soggettiva – e perciò non comunicabile –,collegata all’intensità del dolo o alle condizioni ed alle qualità delcolpevole, oppure quale circostanza oggettiva – e perciò comunica-bile – ancorata alla natura dell’azione o alla gravità del danno o delpericolo.

L’obiezione cui si espongono le tesi accennate punta proprio al lorocomune fondamento: difatti, la collocazione sistematica conferma lariferibilità dell’art. 70 c.p. alle sole circostanze attenuanti ed aggravan-ti (c.d. circostanze proprie), rispetto alle quali vige la disciplina con-corsuale dell’art. 118 c.p. ad integrazione del meccanismo generaledettato dall’art. 59 c.p. 355.

È sulla scorta di questa fondata censura che l’interpretazione del-l’art. 119 c.p. si è allora mossa a ritenere oggettive le cause che esclu-dono l’antigiuridicità obiettiva (scriminanti) e soggettive quelle cheescludono l’antigiuridicità soggettiva, tra cui (oltre alle cause di esclu-sione della colpevolezza) le cause di esclusione della sola punibilità,con ciò argomentando il contingentamento dell’impunità della desi-stenza 356.

A stare poi ad un diverso orientamento dottrinale sarebbero da con-

Page 190: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 175

357 PAGLIARO, Principi di diritto penale, cit., 591.358 Che così prescrive: «Salvo che la legge disponga altrimenti, l’estinzione del

reato o della pena ha effetto soltanto per coloro ai quali la causa di estinzione si ri-ferisce».

359 Cfr. BOSCARELLI, Contributo alla teoria del “concorso di persone nel reato”. Lefattispecie di concorso, Padova, 1958, 89 ss.; CONTENTO, La condotta susseguente alreato, cit., 134.

siderarsi oggettive le circostanze di esclusione della pena la cui strut-tura sia tale da investire la condotta di tutti i partecipi; soggettive quel-le che in concreto riguardano la condotta di alcuno o alcuni soltantodei compartecipi 357. Ebbene, assunta quest’ottica, l’opinione general-mente condivisa in ordine alla desistenza concorsuale quale causa diesclusione di carattere soggettivo entra in insanabile contraddizionecon la propria premessa esegetica. Anticipando brevemente quantoavrà poi modo di puntualizzarsi, viene infatti qui in evidenza l’aporiadi una impostazione che da un canto asserisce la necessità, perché siabbia desistenza del singolo concorrente, che questi interferisca sulfatto collettivo impedendone la consumazione, dall’altro ha cura diprecisare l’efficacia prettamente soggettiva della connessa impunità,in altre parole la sua incomunicabilità. Conformemente a quanto di-sposto dall’art. 182 c.p. 358, la suddetta non punibilità opererebbe soloa favore dei soggetti indicati dalla norma, ovvero dei soggetti cui lacausa di estinzione “si riferisce” 359.

3. Fattispecie plurisoggettiva eventuale e desistenza: una discussacompatibilità

Si tratta dunque di ripartire da questo scenario decostruttivo, e dal-la esigenza – che se ne trae – di riformulare ab origine la teoria della de-sistenza concorsuale che in esso alberga. La delicatezza del ruolo a-scrivibile alla desistenza quale si è venuto delineando nelle pagine cheprecedono, ago della bilancia per l’ingresso di un fatto umano nelmondo giuridico penale, impone dunque una dettagliata disamina del-le questioni pregiudiziali, da tempo invalse nella scena dogmatica egiurisprudenziale, relative ai margini di compatibilità tra detto istitutoe quello della plurisoggettività eventuale.

Il punto nevralgico, ancora una volta l’individuazione dei confiniestremi del punibile, qui si inserisce nella profonda divaricazione aper-ta dai due indirizzi sviluppatisi in merito alla definizione del contribu-to penalmente rilevante, l’uno oggettivo-causale, l’altro soggettivo-pro-

Page 191: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

176 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

360 Sul punto si rinvia a PEDRAZZI, Il concorso di persone nel reato, cit., 3 ss.;SEMINARA, Riflessioni sulla condotta istigatoria come forma di partecipazione alreato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1983, 1121 ss.; VIGNALE, Ai confini della tipicità:l’identificazione della condotta concorsuale, ibidem, 1359; FIORELLA, Responsabi-lità penale, cit., 1301 ss.; ID., Reo, cit., 2; SPASARI, Dalla fattispecie plurisoggettivaeventuale al concorso nel medesimo reato. (Appunti di dommatica esegetica), inScritti in memoria di Renato Dell’Andro, II, Bari, 1994, 907 ss.; SERENI, Istigazio-ne al reato e autoresponsabilità, cit., 8 ss.; G.A. DE FRANCESCO, Modelli scientifici e“cultura” dei principi nel rapporto di causalità in diritto penale, in Studium iuris,2002, 454 ss.

361 In proposito, ALBEGGIANI, Imputazione dell’evento e struttura obiettiva dellapartecipazione criminosa, in Ind. pen., 1977, 403 s.; MILITELLO, Agevolazione e con-corso di persone nel Progetto 1992, ivi, 1993, 575 s.

362 Si noti il progressivo allargamento subito dalla non meglio definita figura delrafforzamento dell’altrui proposito criminoso, ad opera della giurisprudenza, tan-to da arrivare a ricomprendere addirittura la manifestazione di consenso obiettiva-mente idonea a costituire anche solo un ostacolo al formarsi di una “volontà di re-sipiscenza” nell’autore del reato, cfr. Cass., Sez. I, 10 maggio 1993, Algranati e altri,in Cass. pen, 1994, 53. Sul rischio di punibilità del mero tentativo di partecipazio-ne STORTONI, Agevolazione e concorso di persone nel reato, Padova, 1981, 99 ss.; DO-NINI, La partecipazione al reato tra responsabilità per fatto proprio e responsabilità perfatto altrui, in Riv. it. dir. proc. pen., 1984, 232 ss.

babilistico 360. Ciascuno reca con sé un rischio. Rispettivamente, quel-lo di esasperare la valorizzazione della peculiare complessità della fe-nomenologia concorsuale, finendo per sconnetterla dai principi gene-rali del sistema; e quello di acconsentire ad uno slittamento verso lasoggettivizzazione della partecipazione criminosa che è preludio del-l’eticizzazione del sistema penale, condizionando l’intervento punitivoad una mera aderenza all’altrui volontà illecita 361, e quindi ad unrafforzamento psichico pur privo di un effettivo legame eziologico conil fatto 362.

Così, i pericoli si accrescono: perché la vacua consistenza da sem-pre riconosciuta alla desistenza viene qui ad unirsi all’“indigena” mo-bilità dei confini della fattispecie concorsuale, che ha origine nella ge-nericità della clausola generale di cui all’art. 110 c.p., e si “aggrava” pereffetto del suo combinarsi con la forma delittuosa tentata cui l’istitutoin discussione è solito ricondursi. Va infatti sottolineato come la persi-stente punibilità del singolo pseudo-desistente in qualità di correo,sembra rimanere subordinata non alla prova positiva di un effettivocondizionamento, materiale o psicologico, dallo stesso prodotto ri-spetto all’esecuzione del reato, quanto alla mancanza di una «provacontraria e concreta della inesistenza di un nesso causale per l’ineffi-cacia del rafforzamento rispetto all’altrui volontà, se capace comunque

Page 192: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 177

363 Cass., Sez. I, 30 gennaio 1992, Abbate, in Foro it., 1993, II, 39, con nota diFIANDACA, Sulla responsabilità concorsuale dei componenti della “cupola” di Cosa no-stra.

364 Cfr. FIANDACA, Sulla desistenza, cit., 258 ss. Sul punto anche VIOLANTE, Sullastruttura dell’atto di desistenza del concorrente, cit., 844.

di svolgersi autonomamente ed indipendentemente per il compimentodel fatto» 363.

L’affermazione non teme smentite. A tutt’oggi le prevalenti propo-ste di ricostruzione dogmatica tendono ad inquadrare la desistenzaconcorsuale al di fuori del disposto di cui all’art. 56, comma 3, c.p.; o,seppure a questa norma alfine si riconducono, ne delineano un’imma-gine che, fuoriuscendo dai limiti tradizionalmente tracciati attornoall’ipotesi monosoggettiva, si lega all’impedimento della realizzazionecriminosa frutto dell’originaria volontà collettiva.

In breve, la desistenza in questa sede diventa un “tutt’uno” con l’ipo-tesi del recesso attivo, del quale viene al contempo formulata una in-novativa lettura. L’“evento” impedito, difatti, non rimane agganciato alsenso esclusivamente naturalistico che gli viene riconosciuto in campomonosoggettivo, ma si traduce nel più vasto concetto giuridico di “fat-to di reato”.

Sviluppando queste premesse si apre una impegnativa riflessione,che impone in primo luogo di dipanare il nodo concettuale relativo al-l’applicabilità della disposizione oggetto d’attenzione ai concorrenticome genere particolare di rei; in secondo luogo di vagliare la riferibi-lità della suddetta disciplina in ordine a tutti i “tipi” di compartecipi oin ordine solo ad alcuni.

A scendere in una simile disamina si percepisce immediatamente lafragilità di una interpretazione della disciplina della desistenza che siarrocchi sulla “singolarità” del termine “colpevole” ricorrente al com-ma 3 dell’art. 56 c.p. per desumere come la legittima applicazione del-la norma venga a limitarsi al solo autore materiale. E per ammetterne,al più, la riferibilità ai concorrenti diversi da codesto autore attraversouna estensione analogica in bonam partem. A tal proposito c’è inveroda porsi l’interrogativo se, effettivamente, un simile procedimento sitraduca sempre in un automatico vantaggio per il reo, consideratal’eventualità che la pena per gli atti compiuti, costituenti di per sé rea-to, risulti più gravosa di quella che l’avrebbe atteso in caso di non de-sistenza 364. La risposta evidentemente negativa, sradicando la confi-gurabilità di un istituto per così dire di favore, è in sé sufficiente a sgre-tolare l’intera costruzione logica della desistenza concorsuale comeesito di una applicazione analogica.

Page 193: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

178 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

365 LATAGLIATA, La desistenza volontaria, cit., 138; MADDALENA, Ravvedimento ope-roso, cit., 758.

366 Nel senso che per aversi desistenza in caso di concorso di persone nel reato

Del resto, una simile proposta esegetica, trae spunto da una inac-cettabile trasfigurazione della lettera normativa. È vero che la struttu-ra dell’articolo, nell’evocare – senza alcun dubbio – una situazione in-dividuale, lascia emergere una operatività “concorsuale” direttamenteriferibile a chi desista dal compiere la propria azione tipica, che tale –cioè tipica – rimarrebbe anche se realizzata monosoggettivamente. Èper certo questa l’ipotesi di più frequente ricorrenza. Ma la accolta pa-rificazione (ex art. 110 c.p.) di quanti partecipino alla realizzazione delreato finisce per disilludere della bontà di questa soluzione, pur coe-rente con la statistica, convincendo piuttosto che ognuno risulti am-messo a desistere a seconda del ruolo avuto nel quadro della fattispe-cie plurisoggettiva.

Inoltre, riconoscere l’operatività dell’istituto della desistenza pertutti i correi, ben al di là dei ristretti margini della (co)autoria, e quin-di riconoscere la forza espansiva del combinato disposto degli artt. 110e 56, comma 3, c.p., non vale a negare spazi applicativi alla figura delrecesso volontario, la cui specificità concorsuale – in esatta specularitàall’ipotesi monosoggettiva – diventa rintracciabile nel fatto di colui chesi determini, dopo aver tenuto un comportamento partecipativo, a chela condotta complessiva di cui si è reso parte integrante non evolva ver-so la sua consumazione: in caso di esito positivo beneficerà della di-minuzione di pena prevista dal comma 4 dell’art. 56 c.p.

4. La peculiare “complessità” della desistenza nel concorso di per-sone

Le riproposte ambiguità di una impostazione che neghi la sede im-mediata della desistenza concorsuale nell’art. 56, comma 3, c.p., han-no già da tempo spinto verso una rivalutazione della pur risalente teo-rica che proprio in questa base normativa inquadra invece la temati-ca 365. Nondimeno, ciò non ne ha condotto ad una ricostruzione in ter-mini unitari con la figura monosoggettiva, a stare alla quale la desi-stenza del partecipe si dovrebbe parimenti concretare nella mera in-terruzione della sua, singolare attività criminosa, sostenendosi di con-tro come vada ravvisata in una condotta attiva di ravvedimento fina-lizzata all’eliminazione del contributo causale fornito alla verificazio-ne dell’illecito 366.

Page 194: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 179

con gli effetti indicati nel comma 3 dell’art. 56 c.p. non basta un semplice abban-dono ma occorre un quid pluris, consistente nell’attivarsi per «annullare il contri-buto dato alla realizzazione collettiva, in modo che esso non possa più essere effi-cace per la prosecuzione del reato ed eliminare le conseguenze della sua azione chefino a quel momento si sono prodotte», v. Cass., Sez. I, 12 luglio 1991, Cantone, n.7513; Cass., Sez. I, 3 ottobre 1997, Arnone, n. 8980; Cass., Sez. II, 4 febbraio 1998,Sannino, n. 1296.

367 In particolare, il riconoscimento di un simile diverso atteggiarsi della desi-stenza volontaria nel reato monosoggettivo rispetto a quello plurisoggettivo, per es-sere l’azione tipica inerente nel primo ad un solo soggetto, nel secondo alla collet-tività dei compartecipi, ha segnato l’orientamento assunto dalla Suprema Cortenegli anni 70-80. In tal senso si vedano Cass., Sez. III, 8 novembre 1976, Vocca, inCass. pen., 1978, 982; Cass., Sez. II, 21 dicembre 1977, Trotta, in Giust. pen., 1978,II, 509; Cass., Sez. I, 29 dicembre 1978, Manganelli, in Cass. pen., 1980, 1025; Cass.,Sez. III, 7 luglio 1980, Damiani, in Giust. pen., 1981, II, 484; Cass., Sez. I, 4 giugno1981, Sarti, in Cass. pen., 1982, 1748; Cass., Sez. I, 9 giugno 1981, Cementino, ivi,1982, 1297; Cass., Sez. II, 30 novembre 1981, Caloria, ivi, 1983, 1312.

368 Cfr. BISORI, L’omesso impedimento del reato altrui nella dottrina e nella giuri-sprudenza italiane, in Riv. it. dir. proc. pen., 1997, 1339.

369 Secondo un orientamento largamente seguito, di cui ora si anticipano i trat-ti essenziali, la desistenza del compartecipe (che concorre nel reato attraverso ilcompimento di atti di partecipazione atipici) si dovrebbe tradurre nell’impedimen-to del reato: il “colpevole” dovrebbe cioè attivarsi non solo per eliminare le conse-guenze del proprio antecedente contributo ma anche per impedire che l’attività cri-minosa degli altri concorrenti giunga alla consumazione; tesi temperata a partiredal 1966 (Cass., Sez. II, 14 dicembre 1966, Bova, in Cass. pen., 1968, 698) dall’af-fermazione dell’equivalenza di una condotta del compartecipe pentito quantomenoablativa degli effetti e delle conseguenze degli atti dal medesimo in precedenza po-sti in essere. Così Cass., Sez. I, 1° aprile 1970, Vanelli, in Giust. pen., 1971, II, 627;Cass., Sez. II, 27 marzo 1973, Antonelli e altro, ivi, 1974, II, 31; Cass., Sez. I, 30maggio 1980, Milan, in Cass. pen., 1981, 1987; Cass., Sez. II, 15 luglio 1981, Oriani,

Nella dialettica intenta ad interrogarsi sulla consistenza e sugli ef-fetti di questa “originale” condotta attiva, si è peraltro registrata unanetta divaricazione di prospettive.

Per un verso si è fatto leva sull’idea di una completa eterogeneità tradimensione desistente monosoggettiva e plurisoggettiva, in considera-zione della peculiare stratificazione comportamentale che connotaquest’ultima modalità di realizzazione criminosa. Accolto un similepostulato, per cui la desistenza del compartecipe (che concorre nelreato attraverso il compimento di atti di partecipazione atipici) si at-teggia in forma necessariamente diversa rispetto a quella dell’esecu-zione monosoggettiva 367, la configurazione dell’istituto ha vissuto unapericolosa oscillazione verso i confini dell’impedimento del fatto illeci-to altrui 368, e si è resa discutibile veicolo per l’ingresso di un obbligogiuridico di garanzia – sub specie di controllo del contesto pericolosocollettivamente confezionato – in capo al complice 369.

7.

Page 195: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

180 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

ivi, 1983, 285. Contra PANNAIN, Manuale di diritto penale, cit., 468 s., secondo il qua-le negare la desistenza perché gli altri hanno proseguito l’esecuzione del reato por-tandolo fino allo stadio della consumazione o del tentativo punibile sarebbe una«pretesa … arbitraria ed illegale perché il concorrente nessun obbligo giuridico hain tali sensi». Si veda ancora, in proposito, Cass., Sez. V, 18 dicembre 1968, Landi,in Giust. pen., 1969, II, 1103: la pretesa di impedire l’evento non è né «logicamen-te» né «legalmente concepibile perché non si riesce a vedere come e con quali mez-zi leciti il desistente possa raggiungere il suspiegato effetto», altrimenti «si dovreb-be pervenire alla aberrante conclusione che l’originario compartecipe sarebbe co-stretto ad eliminare gli stessi complici nella loro umana esistenza (ossia ucciden-doli) perché solo così potrebbe impedire che essi, avvalendosi dei metodi e dei pro-cedimenti già sperimentati insieme con lui, ponessero altre azioni criminose o uti-lizzassero l’esperienza acquisita».

370 Cfr. Cass., Sez. I, 11 marzo 1991, Cantone, cit., 525 s.: «poiché nell’esecuzio-ne plurisoggettiva il compartecipe affida ad altri il dominio finalistico dell’azione,egli, per il principio monistico del concorso, risponde del delitto portato a compi-mento dai compartecipi, in esecuzione del programma concordato». In altre paro-le: «mentre l’autore, come portatore del dominio del fatto, è certamente in condi-zione di attuare una desistenza effettiva, in caso di tentativo incompiuto, con lasemplice interruzione del progetto criminoso, il partecipe non si deve limitare a la-sciare alle cose il loro corso, secondo il principio “senza di me”, perché il contribu-to del partecipe al fatto è già diventato efficace e non può quindi essere neutraliz-zato con un semplice lasciar fare, nell’ipotesi di concorso». Ancora, Cass., Sez. II,28 febbraio 2007, R., in Dir. e giust., 2007, n. 19, 100: «Nell’ipotesi di reato concor-suale, stante la struttura unitaria del reato realizzato in concorso, la semplice desi-stenza da parte di uno dei concorrenti non è sufficiente a scriminarne la responsa-bilità: in tal caso, infatti, il semplice abbandono o l’interruzione dell’azione crimi-nosa non basta perché si abbia desistenza rilevante ai sensi del comma 3 dell’art. 56c.p., occorrendo un “quid pluris”, il quale comporta che la desistenza del singolocompartecipe abbia instaurato un processo causale che arresti l’azione degli altricompartecipi o impedisca comunque l’evento, nel senso che l’interessato deve atti-varsi al fine di evitare la realizzazione concorsuale o comunque il verificarsidell’evento che ne deriva».

La condotta in parola dovrebbe infatti tradursi, per acquisire rile-vanza impunitiva, nell’impedimento del reato, vale a dire – par bene –nel fattore interruttivo esterno che la norma di cui all’art. 56, comma1, c.p. richiama tra gli estremi costitutivi della fattispecie delittuosatentata: per aversi desistenza diviene ora indefettibile l’attivarsi del“colpevole”, non solo per eliminare le conseguenze del proprio antece-dente contributo ma anche per impedire che l’attività criminosa deglialtri concorrenti giunga a consumazione 370.

Così, chi si è assunto il compito di dare esecuzione materiale al pro-getto estorsivo, e dopo essere giunto assieme ad altri presso l’abitazio-ne della vittima, di fronte alle rimostranze di questa non solo non si faconsegnare il denaro ma anzi offre alla medesima la propria protezio-ne, potrebbe riconoscersi desistente “a patto” che non permetta aquanti lo accompagnino di insistere verso la vittima nella condotta mi-

Page 196: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 181

371 V. Cass., Sez. VI, 21 ottobre 1999, Bakhshkon, in Cass. pen., 2001, 850, connota di FALCINELLI, Una duplice connotazione della desistenza volontaria nel reatoconcorsuale, che in un caso affine a quello descritto perviene ad una articolata so-luzione “compromissoria”: «Ed invero, pur a voler ammettere che a favore del con-corrente F., in forza della sentenza assolutoria pronunciata nei suoi confronti, ab-bia operato l’esimente della desistenza volontaria, anche se è molto discutibile chene ricorressero i presupposti, considerato che la semplice interruzione dell’azionedel singolo non aveva inciso, in termini di causalità efficiente, sull’arresto dell’azio-ne degli altri compartecipi, detta esimente non può certamente estendersi al ricor-rente, concorrente morale (quale mandante) nel reato … Il concorrente nel reato,infatti, poiché la sua azione è considerata, indipendentemente dal ruolo svolto, in-divisibile e inscindibile rispetto a quella dei compartecipi e diretta ad un unico ri-sultato, intanto può beneficiare dell’art. 56, comma 3, c.p., operante a favore di al-tro compartecipe, in quanto l’azione di desistenza di quest’ultimo assuma una va-lenza tale da neutralizzare gli effetti della condotta del primo e da scongiurare concertezza e comunque la realizzazione dell’evento programmato … ove la desisten-za del singolo assuma una connotazione più riduttiva, nel senso che si limita ad eli-minare gli effetti della condotta individuale, rendendola estranea e irrilevante ri-spetto al reato commesso dagli altri o rimasto allo stato di tentativo, è più che evi-dente la ininfluenza di tale desistenza sulla posizione degli altri compartecipi, le cuicondotte pregresse, conservando intatta la loro valenza causale, hanno prodottoconseguenze ormai irreversibili, funzionali alla consumazione del reato o alla con-figurazione del tentativo punibile».

372 Cass., Sez. VI, 7 aprile 1999, Corriere, in Cass. pen., 2000, 3005.373 In tal senso, si vedano anche due remote sentenze, che hanno riconosciuto la

desistenza in favore del concorrente per il solo fatto dell’interruzione della propriacondotta individuale di partecipazione: Cass., 23 giugno 1948, Semprini, in Riv.pen., 1948, 1116; Cass., 7 luglio 1950, De Marchi, in Rep. Foro it., 1950, voce Com-plicità e correità, n. 16.

374 Non si vuole con ciò intendere che l’art. 27, comma 1, Cost., escluda la legit-timità di una norma ordinaria che punisca in ragione di forme di collaborazione

nacciosa a fini estorsivi 371; mentre estraneo all’applicabilità della di-sposizione rimarrà il concorrente nel delitto di truffa che, dopo averinsieme ai correi indotto con inganno la vittima a versare svariate som-me di denaro, cessi dal partecipare materialmente alla ricezione dellesuddette somme ma non sveli a quest’ultima il meccanismo truffaldi-no, con ciò consentendo che molte altre dazioni avvengano a mano de-gli altri partecipi 372.

Ciò, nonostante che nell’ambito del reato monosoggettivo venga ri-tenuta sufficiente, a mente degli stessi interpreti, l’interruzione da par-te dell’agente della condotta delittuosa prima che questa sia portata acompimento 373.

La notazione si candida ad alimentare dubbi quanto alla validità diun ragionamento peraltro non congruente rispetto al principio di per-sonalità della responsabilità penale 374.

Page 197: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

182 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

tra soggetti, ma prima ancora, «affinché possa legittimamente affermarsi l’imputa-zione ad un soggetto di un’altrui attività illecita, occorre una precisa disposizionedi legge che, nello statuire la detta estensione della punibilità, determini gli ele-menti della partecipazione rilevante e gradui con attenzione il trattamento penalesecondo il diverso significato dei contributi causali dati dai diversi soggetti», cosìFIORELLA, Reo, cit., 2.

375 LATAGLIATA, Concorso di persone nel reato, cit., 581. Cfr. MORSELLI, Note criti-che sulla normativa del concorso di persone nel reato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1983,429 s.

376 Cfr. VIGNALE, Ai confini della tipicità, cit., 1358; DONINI, La partecipazione alreato, cit., 175 ss.

377 V. RAMACCI, Istituzioni di diritto penale, cit., 228, per cui «è necessario che ilconcorrente che desiste elimini il proprio contributo causale alla produzione del-l’evento voluto da tutti i concorrenti, oppure che adempia, per quanto gli pertiene,all’obbligo giuridico di attivarsi allo scopo di impedire l’evento».

La composizione elementare della forma di manifestazione pluri-soggettiva insegna difatti la non frazionabilità dell’elemento psicologi-co “di concorso”, in quanto necessariamente ricorrente “per intero”nella condotta di ognuno dei compartecipi 375, così da plasmare il con-fine che esclude l’imputabilità di un rischio superiore a quello corri-spondente al pericolo creato almeno “prevedibilmente” (giusta la let-tura costituzionalmente orientata dell’art. 116 c.p.). Ciascuno farebbealtrimenti proprie, senza limiti, le modalità offensive poste singolar-mente in essere dagli altri, pagando il prezzo (una sorta di cambiale inbianco) di aver aderito alla partecipazione criminosa e per questo su-bendo l’imputazione anche qualora, pur non portando volontariamen-te a compimento l’azione a lui delegata, non riesca ad ottenere lo stes-so risultato impeditivo in relazione a quella complessiva 376.

L’obiezione viene sostanzialmente aggirata deducendo a carico delcorreo-desistente un distinto concorso omissivo in fattispecie commis-siva (tentata o consumata dagli altri correi), che proprio nella disposi-zione in punto di desistenza troverebbe fondamento, sancendo essa unobbligo giuridico di garanzia, alla cui fonte costitutiva, ovvero all’agireillecito precedente, occorrerebbe riguardare per determinarne sia ilcontenuto (l’azione idonea ad impedire) sia l’oggetto (l’evento che deveessere impedito) della condotta desistente 377.

La non condivisibilità di un simile esperimento concettuale è ri-conducibile a molti fattori. Non ultima sta l’intima fragilità della cate-goria dell’agire pericoloso precedente nella funzione di positivizzareuna preesistente e specifica posizione di garanzia. Si noti, infatti, chel’art. 40, comma 2, c.p. non presuppone – ai fini della prescritta equi-valenza – un mero obbligo di attivarsi al momento di fare i conti conuna cornice di rischio, ma un obbligo ad hoc, la cui speciale e pene-

Page 198: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 183

378 LEONCINI, Obbligo di attivarsi, obbligo di garanzia e obbligo di sorveglianza, To-rino, 1999, 111, 123, 345 ss. L’Autrice esclude che una norma incriminatrice sia persua stessa natura compatibile con il ruolo di fonte originaria ed autonoma di ob-blighi rilevanti ai sensi dell’art. 40, comma 2, dato che l’originaria fonte di discipli-na dei poteri-doveri impeditivi del garante va sempre rintracciata nella norma ex-trapenale. Il fare pericoloso precedente – prosegue – è cioè estraneo alla sfera dellefonti dell’obbligo di garanzia, sia per il contrasto di tale presunta fonte con il prin-cipio della riserva di legge, sia perché un atto penalmente illecito non pone di fattoil soggetto passivo, incapace di provvedere alla propria autotutela, nella sfera di cu-stodia dell’agente e in una situazione di assoluta dipendenza materiale da costui.

379 In questo senso Cass., Sez. II, 15 luglio 1981, Oriani, in Cass., pen., 1983, 285;Cass., Sez. I, 20 maggio, 1982, Fanolla, ivi, 1984, 288; Cass., Sez. II, 22 gennaio1986, Coinn, ivi, 1987, 1112; Cass., Sez. I, 3 ottobre 1997, Arnone, cit.; Cass., Sez. I,2 ottobre 2007, Pepini, n. 42749; Cass., Sez. I, 1° febbraio 2008, R., n. 9775. In dot-trina cfr. MANTOVANI, Diritto penale, cit., 536, che ritiene necessario, per il partecipedesistente, l’annullamento totale degli effetti del proprio contributo. Di questo te-nore già il pensiero di CARRARA, Programma del corso di diritto criminale. Parte ge-nerale, cit., § 493 ss., in particolare §§ 496 e 497, che riconosce l’impunità del «de-linquente accessorio» ove questi, avendo comunicato «tempestivamente, sebbenenon utilmente, il suo variato consiglio all’esecutore, abbia distrutto per parte suatutti gli effetti del suo primo disegno, e dell’accordo primitivo. Perciò ove tale sup-posto cessi, ella è necessità logica riconoscere la perseveranza della imputabilitànel partecipe, ad onta del suo pentimento e della manifestazione tempestiva di co-testo pentimento». Ciò si ritiene accadere «quando il partecipe abbia aiutato ai pri-mi atti delittuosi o dato istruzioni o somministrato mezzi che poi abbiano effettiva-mente servito a consumare il delitto. In simili fattispecie il primo atto malvagio delpartecipe che ebbe efficienza sul delitto, non può essere cancellato mercé il secon-

trante rilevanza sta nell’esatta e previa finalizzazione all’impedimentodell’evento criminoso a mezzo di efficaci e precostituiti poteri giuridi-ci di intervento 378.

Alla profonda divergenza così evidenziata, tra la giuridicità di un si-mile preteso obbligo ed il generico dovere sociale di attivarsi sotteso alcomportamento pericoloso precedente (del correo), fa eco un ben di-stinto inquadramento normativo. L’aver compiuto atti idonei ed inmodo inequivoco orientati verso una direzione delittuosa ha la capa-cità di ingenerare solamente l’“onere” di evitare che dal proprio com-portamento discendano conseguenze criminose ulteriori. Onere al cuieventuale adempimento rimane collegata una attenuazione della pena,ai sensi dell’art. 56, comma 4, c.p., non anche l’esclusione della puni-bilità che invece discende dalla desistenza.

Altra e contraria prospettiva ha peraltro rappresentato il contenutodella condotta di desistenza del concorrente nella più semplice veste dineutralizzazione dell’individuale contributo di partecipazione, in mo-do da renderlo non «più efficace per la prosecuzione del reato, con eli-minazione delle conseguenze fino a quel momento prodotte» 379.

Page 199: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

184 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

do atto di resipiscenza, che non fu efficiente ad impedirlo. La imputabilità restamalgrado cotesto futile pentimento, a meno che il partecipe non abbia spinto la suaresipiscenza fino al punto di agire con ogni suo possibile per impedire il delitto».

380 FROSALI, Il concorso di persone nel tentativo criminoso, in Riv. pen., 1945, 429;FIANDACA, Sulla desistenza, cit., 273; FLORA, Il ravvedimento del concorrente, cit., 43;MADDALENA, Ravvedimento operoso, cit., 758; MORMANDO, L’istigazione. I problemi ge-nerali della fattispecie ed i rapporti con il tentativo, Padova, 1995, 108.

Nondimeno, tale soluzione ha lasciato ampi e comodi spazi per ar-gomentare in senso ad essa contrario, nella misura in cui si dimostracapace di confezionare una vera e propria interpretatio abrogans del di-sposto. Infatti, l’assenza del contributo causale “individuale”, essendoelemento negativo della fenomenologia delittuosa concorsuale descrit-ta dall’art. 110 c.p., parrebbe rendere inutile un qualsiasi riferimento alcomma 3 dell’art. 56 c.p. 380.

L’obiezione va tuttavia perfezionata. Difatti, vero ciò, vero quindiche il c.d. contributo causale è richiesto “tra le righe” dell’art. 110 c.p.come elemento essenziale della partecipazione criminosa, è pure veroche detto fattore normativo non trova qui alcuna specifica disciplina.Il che lascia convenire circa la sua acquisizione da altro luogo concet-tuale, e fornisce l’abbrivio per una consecutiva riflessione sulla sogliadi punibilità concorsuale, quale è codificata dal contributo penalmen-te rilevante.

5. La soglia di punibilità concorsuale

Per individuare con precisione i margini di visibilità dell’istituto quial vaglio, una volta immerso nella complessità strutturale della formacriminosa plurisoggettiva, occorre reimpostare il procedimento logico.Infatti, nel dibattito che la figura del partecipe desistente viene a fo-mentare, il punto cruciale non tange la connessione propriamenteeziologica tra condotta di concorso, complessivamente risultante dalsommarsi dei comportamenti individuali dei correi, ed evento natura-listico di cui la fattispecie in evenienza prescriva la verificazione. A talproposito ogni problematica viene indiscutibilmente risolta alla stre-gua dell’opzione sistematica di cui agli artt. 40 e 41 c.p.

Ciò di cui discutere si concentra piuttosto sul quando viene ad esi-stenza un contributo partecipativo del singolo e quale ne sia la consi-stenza, ovvero su cosa debba avvenire per dirsi plasticamente dimo-strata la sussistenza di una condotta individualmente concorsuale dirilievo penale.

Riemerge qui, in una veloce parentesi, l’atmosfera di generale do-

Page 200: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 185

381 Così si spiega il sopravvento di una prassi applicativa che agilmente scusa,nel nome di una maggiore temibilità della criminalità collettiva, un allentamentodei parametri garantisti attraverso la flessibilizzazione delle fondamentali catego-rie penalistiche. Sul punto DONINI, La partecipazione al reato, cit., 180 ss.

382 Cfr. per tutti PEDRAZZI, Il concorso di persone nel reato, cit., 80 s.383 Le notevoli perplessità che la tematica ancora suscita sono compendiate

nelle discussioni sorte attorno all’art. 49 del progetto Grosso, cit., che dispone:«La punibilità è esclusa per il concorrente che volontariamente desiste, neutraliz-zando del tutto gli effetti della propria condotta, ovvero impedisce la consuma-zione del reato. La punibilità è altresì esclusa per il concorrente che abbia postoin essere un volontario e idoneo ravvedimento, quando il reato non viene a con-sumazione per altra causa». Si vedano in proposito le osservazioni di DONINI, Alla

glianza circa la strutturale carenza di tipicità del concorso di persone,suffragata dalla laconicità propria della locuzione di cui all’art. 110c.p. Nell’appannata visuale che la norma di per sé offre, pare infatti dif-ficile evitare l’elaborazione di una nozione estensiva di autore di tiposintomatico, che spinga cioè ad apprezzare una condotta di concorsonella personale adesione all’altrui azione delittuosa 381.

Ma a far deviare da questa rotta pericolosa interviene, oltre all’ideaguida di un illecito penale modellato nello stampo costituzionale delladeterminatezza e tassatività, la considerazione di una distinta prospet-tiva tutta interna alla fenomenologia del concorso di persone: essa sidipana dalla premessa logica per cui il contributo si coglie in una con-dotta individuale strumentalmente connessa alle particolari modalitàdi realizzazione del fatto di reato 382. Presone atto, non ci si può esime-re dall’individuare i relativi criteri di tipizzazione. Si tratta, al fine, diescludere dalla “zona” di partecipazione quanti tengano comporta-menti, anche desistenti, che l’ordinamento percepisce come privi diuna effettiva incidenza significativa rispetto all’evento criminoso hic etnunc realizzatosi, in quanto inespressivi sul piano del disvalore tipico.

In questo quadro generale è opportuno non perdere di vista lo spe-cifico contesto in cui vive la desistenza, connotato dall’avere l’agentegià tenuto un non equivoco comportamento idoneo all’esito delittuoso,di cui “ritratta” la rilevanza giuridica.

Ebbene, se, come si è venuto argomentando nelle proposizioni cheprecedono, la non-desistenza traccia la linea di non-ritorno dell’in-gresso nel mondo del disvalore penale; se con essa il sistema sancisceil principio dell’attualità delle condizioni offensive tipiche quale pre-supposto indefettibile per aversi una forma di manifestazione crimi-nosa della quale vagliare la “possibilità-impossibilità”; allora lo stessofiltro selettivo non potrà che valere con le medesime cadenze nella di-mensione dell’illecito concorsuale 383. Qui il concorrere ad un medesimo

Page 201: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

186 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

ricerca di un disegno, cit., 330: «Da questa disciplina si potrebbe argomentare acontrario. Se la desistenza ha valore generale di causa di non punibilità per i con-correnti, e se essa si fonda sulla neutralizzazione degli effetti della condotta dipartecipazione, è logico che la partecipazione debba avere degli effetti. Una par-tecipazione senza effetti, in questa lettura, non solo non sarebbe suscettibile didesistenza, ma non sarebbe neppure partecipazione, non sarebbe concorso. Devoammettere che una replica di questo tipo ha una sua forza di suggestione ma, aun’attenta disamina, non potrebbe persuadere fino in fondo. Dalla disciplina del-la desistenza si ricava soltanto l’idea che il contributo di concorso deve avere “ef-fetti”. Esso non può dunque consistere in una condotta meramente pericolosa se-condo una lettura totalmente ed esclusivamente ex ante». Pure, prosegue l’Autore,il “vero” problema persiste, per non essere chiarito il secondo termine del rappor-to causale o di influenza. «Su che cosa deve avere effetto la condotta di parteci-pazione: sull’evento, sulla consumazione, oppure solo sulla preparazione e l’orga-nizzazione del reato, ovvero sulla psiche dei correi? Il richiamo all’agevolazionedell’esecuzione, contenuto nell’articolato, non appare sufficiente nella misura incui l’assistenza o l’aiuto possono essere interpretati addirittura come contributicontestuali all’esecuzione, ma efficienti solo in termini di opportunità esecutive,di disponibilità di strumenti, di mezzi, ovvero efficienti solo in termini psicologi-ci, ovvero persino di efficienza potenziale. Neutralizzare i loro effetti, in questocaso, significherebbe neutralizzare la loro pericolosità, non la loro dispiegata ef-ficienza eziologica sull’evento o la consumazione. Ma se così fosse, le stesse lettu-re in chiave di aumento del rischio valutato ex ante potrebbero essere recuperate,sia pure parzialmente». Si rinvia anche all’opzione del progetto Nordio, cit., cheall’art. 46 (Desistenza e recesso del concorrente) prescrive l’estensione dell’applica-bilità delle cause di non punibilità previste dall’art. 42 (Desistenza e recesso) «alconcorrente che desistendo o recedendo impedisce volontariamente la consuma-zione del reato o si adopera volontariamente e con atti idonei per impedirla».Nonché al dettato formulato nel progetto Pisapia, cit., art. 21 (Concorso di perso-ne nel reato): «1. Prevedere che: … m) la punibilità sia esclusa per il concorrenteche, volontariamente, neutralizzi gli effetti della propria condotta ovvero impedi-sca la consumazione del reato ovvero ponga in essere atti idonei a impedirne laconsumazione, quando questa non si verifichi per altra causa; n) la pena sia di-minuita per il concorrente che, volontariamente, ponga in essere atti idonei a im-pedire la consumazione del reato, quando questa nondimeno si verifichi; o) neicasi di cui alle tre lettere precedenti, il concorrente sia comunque punito per gliatti che costituiscano un diverso reato».

reato – giusto il dettato dell’art. 110 c.p. – riformula in termini pluri-soggettivi (ed estesi al campo contravvenzionale, per parlarsi di reatopiuttosto che di delitto) la necessità di una condotta che entri nella di-namica penale dell’esecuzione criminosa compiutamente descritta dal-la norma incriminatrice: ciò che si richiede è pertanto il compimentodi atti idonei e diretti inequivocabilmente alla commissione dell’illeci-to, confermati nel loro disvalore oggettivo e soggettivo in quanto nonimmediatamente e completamente eliminati per mezzo ed effetto diun atteggiamento volontariamente desistente.

Una operazione esegetica che segua questo percorso produce un ri-sultato irreversibile: mette infatti definitivamente in disparte il criterio

Page 202: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 187

384 Cfr. RONCO, Le interazioni psichiche nel diritto penale: in particolare sul con-corso psichico, in Ind. pen., 2004, 815 ss., 843 ss., che individua nei criteri di ido-neità ed univocità degli atti i requisiti di rilevanza penale della partecipazione psi-chica.

385 Per tutti, PEDRAZZI, Il concorso di persone nel reato, cit., 48; STORTONI, Agevo-lazione e concorso di persone nel reato, cit.; ALBEGGIANI, Imputazione dell’evento estruttura oggettiva della partecipazione, cit., 626 ss.; GRASSO, Disciplina normativadella compartecipazione criminosa e principio di tassatività della fattispecie, inAA.VV., Le discrasie tra dottrina e giurisprudenza in diritto penale, a cura di Stile,Napoli, 1991, 131 ss.

386 Ritiene contenuto essenziale del concetto di partecipazione quello di rela-zione funzionale-razionale rispetto alla scopo, per cui la condotta deve aver contri-buito a variare l’efficacia della condotta collettiva attraverso una utilità effettiva-mente verificatasi o solo concordata, ALEO, Sistema penale e criminalità organizza-ta. Le figure delittuose associative, Milano, 1999, 14 ss., 19 ss., 23 ss.

nomologico di causa – quello che fonda la ragionevolezza della causa-lità individuale su di una causalità generale di taglio scientifico – comecriterio di tipizzazione dell’azione del concorrente “atipico”, rilevando-ne la disfunzionalità quale parametro di ascrizione della suddetta for-ma di responsabilità. D’altronde, non è di queste righe il merito di averdimostrato l’inettitudine del paradigma eziologico a fornire informa-zioni che fuoriescano dalla regolarità di una sequenza condotta/eventonaturalistico spiegabile sulla base di leggi pseudo-scientifiche 384.

Né è questa la sede per ripercorrere con rigoroso approfondimentole svariate ipotesi proposte dalla letteratura penalistica relativamenteall’indicato metro causale 385. Ma conviene riflettere su come l’abban-dono della parificazione condizionalistica, di seguito puntualizzato,introduca ad apprezzare autonomamente il disvalore di ciascun ap-porto alla luce delle effettive interrelazioni tra l’agente-concorrente edil fatto di reato 386.

Ordunque, questo è il postulato di cui ci si attende la falsificazioneo la verificazione al termine dell’analisi differenziale di seguito svilup-pata a proposito della causalità concorsuale. La soglia del penalmentesanzionabile (di nuovo: a titolo di dolo) nel vigente sistema normativoè incardinata sulla non-desistenza, situazione tecnicamente caratteriz-zata dal riconoscimento come propri di atti, idonei ed univocamenteimprontati alla commissione di un delitto (ovvero di un reato concor-suale), non volontariamente ed immediatamente azzerati nella relativafunzionalità rispetto alla direzione criminosa. L’autore di tale condot-ta – ne consegue – si contrappone ai dettami dell’ordinamento in ugualmodo e misura a prescindere dalla spendita di questo comportamentoin un contesto monosoggettivo o plurisoggettivo; ed in uguale modo emisura è autore (signore) del fatto prodotto, posto che lo realizza stru-

Page 203: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

188 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

387 Sul concetto di “signoria sul fatto” – che, si badi, presuppone una teoria delconcorso costruita attorno alla reità come qualità d’autore, speculare rispetto allacostruzione adottata nel testo che parte invece dal reato in cui si concorre – si rin-via all’ampia analisi sviluppata da ROXIN, Täterschaft und Tatherreschaft, Berlin-New York, 2000, 60 ss. Cfr. anche PADOVANI, La concezione finalistica dell’azione e lateoria del concorso di persone nel reato, in Riv. it. dir. proc. pen., 2003, 395 ss.

mentalizzando un comportamento plasmato dalla sua risoluzione divolontà 387.

5.1. La problematica identità del contributo causale nel concorso dipersone nel reato

La nota introduttiva all’analisi promessa sconta l’ovvietà che sta alfondo di ogni dato incontestabile.

Il terreno su cui si gioca la definizione dei limiti estremi tra lecitoed illecito concorsuale è variabilmente tracciato proprio dai crismi dirilevabilità penale di una condotta intrinsecamente atipica rispetto al-la fattispecie incriminatrice, che la regola vuole descritta in forma con-sumata e monosoggettiva.

L’appunto critico di partenza ha un andamento costante. Le fattez-ze generali della clausola descritta nell’art. 110 c.p. non sembrano in-fatti riuscire, da sole, ad assolvere questo compito, di dipingere conchiarezza il quadro del contributo obiettivamente rilevante. Da qui, co-me già rimarcato, l’aiuto fornito da scrupolosa dottrina e giurispru-denza con l’approcciare alla “titanica” impresa ricorrendo al paradig-ma causale.

Ma i dubbi sulla correttezza di questa prospettiva sono segnalati, invia di prima approssimazione, da un duplice ordine di motivi.

In primo luogo, motivi di portata sostanziale, alla stregua dei qualipuò apparire non ragionevole accantonare ipso facto la valutazione deldisvalore implicato in condotte che “nascono” per innestarsi nell’altruicomportamento nell’ottica di una realizzazione criminosa, ma non ef-fettivamente influenti, in senso meccanicistico, sulla commissione delreato, e per questo estromesse dal perimetro della causalità necessaria:tali perché il contributo non è stato utilizzato nell’esecuzione (nonconcorre chi fornisce gli strumenti da scasso non impiegati essendo lacassaforte già aperta), o è stato limitato ad una condotta non essenzia-le per la consumazione del reato (il “palo” cui il ladro ricorre solo permaggiore sicurezza, o chi fornisce consigli che rendono semplicemen-te più rapida la realizzazione del furto).

In secondo luogo, considerazioni più squisitamente normative. Es-

Page 204: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 189

388 Contra, AZZALI, Concorso di persone nel reato. La prospettiva causale, in Studiin onore di Giorgio Marinucci, a cura di Dolcini e Paliero, II, Milano, 2006, 1366 ss.,che nega al criterio della minima importanza, sussunto nella disposizione dell’art.114 c.p. a circostanza (potestativa) attenuante, la capacità di sovvertire la regola re-cepita dagli artt. 40 e 41 c.p. attraverso il verbo concorrere: «La norma non faespresso riferimento alla causa. Il riferimento è tuttavia implicito nella collocazio-ne della circostanza (anche) nella fase dell’esecuzione del reato ... La commisura-zione dell’importanza della causa evoca, in ogni caso, ancora una volta l’idea di unrapporto eziologico graduato secondo il criterio di adeguatezza».

se muovono dal dettato dell’art. 114 c.p., che, nel prevedere una circo-stanza attenuante per chi «abbia avuto minima importanza nella pre-parazione o nell’esecuzione del reato», indirizza alla soluzione di rav-visare un concorrente in colui che pure non abbia realizzato una con-dizione necessaria nel plesso della causa sufficiente alla produzionedel fatto, ex artt. 40 e 41 c.p. 388. E muovono, altresì, direttamente daldisegno giuridico emergente dall’art. 110 c.p. Infatti, la marcata diffe-renza che separa il “causare” dal locale “partecipare” al reato, è espres-sa in una formula di sintesi vistosamente neutra sotto il profilo eziolo-gico. Che del resto è già pienamente implicato nel richiamo al concet-to normativo-giuridico di reato. Concorrere nel medesimo reato (piut-tosto che concorrere a causare il medesimo reato, sulla falsariga delladisciplina del fattore causale) significa allora affluire nell’unico risul-tato illecito percorrendo strade distinte eppure convergenti, ciascunapenalmente significativa rispetto alla commissione del fatto ancorchéda sola non sufficiente a produrlo.

Del resto, opporre un rifiuto al condizionalismo quale cardine delcontributo del singolo concorrente si atteggia ad invariabile premessadi un progetto ambizioso: condurre la materia lontano dai luoghisdrucciolevoli dell’arbitrio giudiziario, verso cui il condizionalismo lalascia affacciare (come di poi più ampiamente spiegato), per allinearlaai saldi binari della precisione e della determinatezza normativa che,soli, permettono un confronto conoscibile con le particolarità evocatedagli accadimenti concreti.

L’etichettatura della posizione causale come scientifica, oggettiva,in una parola certa, non tarda invero a rivelarsi una comoda via di fu-ga con cui evitare di fornire una reale definizione del criterio d’impu-tazione dell’evento “collettivo” rispetto al concorrente atipico. A benguardare nasce già sotto il segno del fallimento: la sua essenza di ante-cedente necessario alla stregua di una legge che si vuole scientifica, sidimostra invero inadatta a svolgere una qualsiasi funzione informati-va in ordine ad una relazione che si sviluppa tra azioni umane – quel-la del partecipe e quella dell’autore del reato –, non confondibile con

Page 205: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

190 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

389 Il rinvio è al noto modello bifasico di accertamento eziologico proposto nel-la sentenza Franzese. Cfr. Cass., Sez. Un., 10 luglio 2002, Franzese, in Riv. it. dir.proc. pen., 2002, 1137 ss.

390 In questa direzione si spinge la riflessione avanzata da AZZALI, Concorso dipersone nel reato, cit., 1354 ss. Fra le tante soluzioni giurisprudenziali di segnoconforme, Cass., Sez. I, 27 novembre 1991, Terranova, in Cass. pen., 1993, 294.

un rapporto intercorrente tra condotta e rispettivo risultato naturali-stico.

Si assiste infatti, diffusamente, ad un formale richiamo alla conce-zione del nesso causale come ragionevole collegamento tra una causaed un effetto governato da leggi scientifiche, richiamo ligio ai dettamidelle Sezioni unite 389. Ma la solidità di questa apparenza si scontra conla sostanziale dissoluzione dell’assioma una volta che venga posto di-nanzi all’immancabile deficit conoscitivo riguardo alla regolarità dellasuccessione degli accadimenti presi in considerazione. Ogni qual voltamanchi questo anello forte della struttura della spiegazione scientifica,l’orditura dell’imputazione causale non potrà che essere alternativa aquella di tipo condizionalistico-nomologico, e fondarsi sulla sola cau-salità negativa mutuata dall’evidenza disponibile. In pratica, rilevata laconnessione fattuale tra evento dannoso e condotta atipica del singolo,e rilevata l’inesistenza di decorsi causali alternativi, l’accertamento siregge sull’assenza di una analoga plausibilità della ricostruzione cheleghi il reato alla sola condotta tipica, secondo un procedimento cheben lascia immaginare la causalità di ogni ipotesi di contributo pura-mente morale.

Così, applicata a forza, la teoria condizionalistica finisce col trascu-rare apertamente il proprio modello originario, spiegando il corso de-gli avvenimenti plurisoggettivi in base a leggi falsamente naturalisti-che. Non è un caso, allora, che proprio da siffatta artificiosità del pa-radigma sia derivato l’espediente probatorio di individuare l’effettocausale della mera promessa di una prestazione efficace nel “rafforza-mento psichico” dell’agente (amplius, dei correi). In modo da salvare larilevanza penale pure delle condotte singolari in ordine alle quali si siaaccertata la mancanza di un apporto significativo, in termini (mate-rialmente) condizionalistici, rispetto all’evento criminoso da altri rea-lizzato. La distorsione così ingenerata nel paradigma causale per effet-to dell’introduzione di una verifica sussidiaria e sufficiente quanto al-l’avvenuta interazione del partecipe con la psiche dell’agente principa-le, attraverso l’aggiunta o la sottrazione di motivazioni 390, è peraltroconfessata dalla stessa giurisprudenza, che pure ha ampiamente ap-profittato della flessibilità di questo protocollo. Tant’è che la sua re-

Page 206: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 191

391 Cass., Sez. Un., 12 luglio 2005, Mannino, in Cass. pen., 2005, 3732 ss.; in Fo-ro it., 2006, II, 80 ss.

392 Per simili considerazioni, sulla tematica del concorso psichico nel reato,RONCO, Le interazioni psichiche nel diritto penale, cit., 843 s.

393 Sul punto, FIORELLA, Responsabilità penale, cit., 1301; MANTOVANI, Diritto pe-nale, cit., 507 ss.

cente rinnegazione è contenuta nella stessa pronuncia destinata a ri-manere epocale nella misura in cui si schiera esplicitamente a favoredi una identificazione nomologica del contributo causale fornito allarealizzazione del fatto tipico collettivo: nelle righe citate viene dise-gnato un procedimento di accertamento che ricalca il modello unitarioe indifferenziato ispirato alla condicio sine qua non proprio delle fatti-specie a forma libera e causalmente orientate 391.

Cominciano così a delinearsi più nitidamente i contorni della realeapplicazione dell’idea causale elevata a criterio di tipizzazione dellacondotta concorsuale atipica. La decisione di punire il concorrente“stenta” infatti a sorgere dal vero perimetro garantista della regola, dicaratura generale, dettata dall’art. 40 c.p., e rimane influenzata nellamaggior parte dei casi dall’ascolto di persuasive voci di ispirazione ge-neral-prevenzionistica 392, che gridano il bisogno di criminalizzare si-tuazioni non coperte dal meccanismo causale.

Lo statuto della causalità penale, intatto nella sua denominazionelinguistica, non tarda allora a svuotarsi del suo intimo contenuto, tra-ghettando dentro la cornice della legalità formale un’idea di giustiziasostanziale in cui causale diventa anche il contributo mentalmente eli-minabile senza che il fatto venga meno, purché effettivamente inci-dente sulla realizzazione del reato per averne agevolato o rafforzato ilprogetto 393, magari rassicurando l’agente nella commissione del reato,trasmettendogli la sensazione di un ambiente solidale o proponendogliun sostegno nella fase post-delittuosa; ovvero dimostrandogli una di-sponibilità fattuale, col fornire strumenti ancorché poi rivelatisi inuti-li o controproducenti.

Nondimeno, in queste considerazioni introduttive non deve intra-vedersi l’obbiettivo di spianare la strada al contrapposto schema argo-mentativo, che la rilevanza delle condotte partecipi coglie filtrandoleattraverso il fatto storicamente verificatosi. In questo modo, è eviden-te, ciascuna peculiarità dell’atteggiarsi in concreto dell’illecito verreb-be automaticamente ascritta al livello dell’incidenza causale, muoven-do dalla premessa per cui eliminando mentalmente una qualsiasi con-dotta lo svolgersi reale della singolare vicenda criminosa si troverebberimodellato. Ma, è altrettanto patente, si verrebbe con ciò a rinunciare

Page 207: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

192 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

394 In questo ordine di idee, v. tra gli altri PEDRAZZI, Il concorso di persone nel rea-to, cit., 3 ss.; DELL’ANDRO, La fattispecie plurisoggettiva, cit., 1 ss.; SPASARI, Dalla fat-tispecie plurisoggettiva eventuale al concorso nel medesimo reato, cit., 907 ss.; SEMI-NARA, Riflessioni sulla condotta istigatoria, cit., 1121 ss.

395 Per la vastità delle analisi dogmatiche, e per la varietà di soluzioni proposte,che hanno interessato l’argomento, si limita il riferimento ai fondamentali scritti diGROSSO, Le contiguità alla mafia tra partecipazione, concorso in associazione mafio-sa e irrilevanza penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1993, 1185 ss.; ID., Le fattispecie as-sociative: problemi dommatici e di politica criminale, ivi, 1996, 419 ss.; MANNA, L’am-missibilità di un c.d. concorso “esterno” nei reati associativi, tra esigenze di politicacriminale e principio di legalità, ivi, 1994, 1189 ss.; INSOLERA, Il concorso esterno neidelitti associativi: la ragione di Stato e gli inganni della dogmatica, in Foro it., 1995,II, 423 ss.; MUSCATIELLO, Il concorso esterno nelle fattispecie associative, Padova,1995, 327 ss.; TURONE, Il delitto di associazione mafiosa, Milano, 1995, 327 ss.; CA-VALIERE, Il concorso eventuale nel reato associativo. Le ipotesi delle associazioni perdelinquere e di tipo mafioso, Napoli, 2003; VISCONTI, Contiguità alla mafia e respon-sabilità penale, Torino, 2003.

396 A titolo esemplificativo, per integrare il concorso è generalmente ritenutosufficiente un contributo anche minimo, una influenza anche modesta, attinentealla fase ideativa come a quella esecutiva, capace di rafforzare il proposito crimi-noso dell’autore od agevolare il fatto, Cass., Sez. I, 6 luglio 1987, Mango, in Cass.pen., 1989, 1743; Cass., Sez. I, 4 dicembre 1989, Tafuri, ivi, 1991, 406 s.

all’individuazione di un perno normativo – figlio di un sistema penalea legalità formale – attorno al quale far ruotare la dimensione concor-suale.

5.2. Segue: nell’elaborazione giurisprudenziale

L’oscillazione del pendolo giurisprudenziale sull’argomento, visto-samente spostato a favore della spiegazione causalistica suggerita dal-la dominante dottrina 394, invita ad un più accurato scrutinio del fluidoconcetto di partecipazione. È in questo scenario che gioca un ruolotutt’altro che secondario la progressiva emersione della tipologia con-corsuale “esterna” al fatto associativo 395, e la sua peculiare dislocazio-ne rispetto alle molteplici e specifiche figure di contiguità apposita-mente confezionate dal legislatore (per tutte, l’art. 416 ter c.p.).

Al proposito, l’orizzonte evolutivo disegnato dal progredire dellepronunzie delle Sezioni unite nel tentare di mettere ordine alla conge-rie di orientamenti “viventi” 396, rivela senza falsi pudori la malleabilitàcui si presta il criterio causale.

In effetti, la scansione di seguito operata dimostra come la rifles-sione esegetica sia stata profondamente segnata da una menomazioneoriginaria, per essere priva di un coerente riferimento al diritto positi-vo. Una simile carenza ha inizialmente trovato una cassa di risonanza

Page 208: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 193

397 Il didascalico riferimento è alla distinzione proposta da Cass., Sez. Un., 5 ot-tobre 1994, Demitry, in Cass. pen., 1995, 842 ss., con nota di IACOVIELLO, Il concor-so eventuale nel delitto di partecipazione ad associazione per delinquere, a mente del-la quale partecipe dell’associazione è colui che fornisce un contributo “fisiologico”alla relativa attività, ed agisce volendo perseguirne i fini in qualità di suo apparte-nente; concorrente esterno è invece colui che fornisce un contributo “non fisiologi-co”, ovvero non pertinente alla normalità dell’azione associativa, consapevole deifini perseguiti dal gruppo, a cui non appartiene, ma rispetto ad essi indifferente.

398 Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2002, Carnevale, in Foro it., 2003, II, 453.399 Cass., Sez. Un., 12 luglio 2005, Mannino, cit., richiede che «il contributo ati-

pico del concorrente esterno, di natura materiale o morale, diverso ma operante insinergia con quello dei partecipi interni, abbia avuto una reale efficienza causale,sia stato condizione “necessaria” – secondo un modello unitario e indifferenziato,ispirato allo schema della condicio sine qua non proprio delle fattispecie a forma li-bera e causalmente orientate – per la concreta realizzazione del fatto criminoso col-lettivo e per la produzione dell’evento lesivo del bene giuridico protetto, che nellaspecie è costituito dall’integrità dell’ordine pubblico, violata dall’esistenza e dal-l’operatività del sodalizio e dal diffuso pericolo di attuazione dei delitti-scopo delprogramma criminoso». Si sottolinea, in particolare, che pretendere di prescinde-

nell’enfatizzazione “clinica” della figura del concorrente esterno, nelcui solco la tipizzazione della fattispecie plurisoggettiva eventuale èpassata attraverso l’importanza del contributo recato alla vita dell’as-sociazione da chi non gli appartiene, tale da risultare condizionanteper la sua stessa sopravvivenza 397. La qualifica di concorrente si è cosìattagliata al soggetto – privo di affectio societatis e non inserito nellastruttura organizzativa – apportatore di un contributo al gruppo con-creto, specifico, consapevole e volontario, a carattere indifferentementeoccasionale o continuativo.

Superata la metafora della patologia, la trama delle pronunce suc-cessive ha saldamente ancorato la caratterizzazione causale della con-dotta tipica all’accertamento di una effettiva sua rilevanza ai fini dellaconservazione o del rafforzamento del fenomeno associativo nel suocomplesso 398.

Consapevolmente, dunque, questi approdi giurisprudenziali, sep-pure facciano transitare gli effetti tipizzanti dell’art. 110 c.p. attraver-so il richiamo alla causalità del contributo individuale, lasciano il me-desimo paradigma smarcato da un determinazione contenutisticaadatta a confinarlo nei margini della causalità penale stricto sensu. Perovviare all’intollerabile svalutazione della legalità così perpetrata, unanuova pronuncia della Suprema Corte si è quindi avviata a precisare iprofili essenziali della nozione, per l’appunto declinandola attraversolo «schema della condicio sine qua non proprio delle fattispecie a for-ma libera e causalmente orientate» 399. La ricerca del “contributo”, per-

Page 209: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

194 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

re dal paradigma eziologico varrebbe ad anticipare arbitrariamente la soglia di pu-nibilità in contrasto con il principio di tipicità e con l’affermata inammissibilità delmero tentativo di concorso, per cui non risulterebbe «sufficiente che il contributoatipico – con prognosi di mera pericolosità ex ante – sia considerato idoneo ad au-mentare la probabilità o il rischio di realizzazione del fatto di reato, qualora poi,con giudizio ex post, si riveli per contro ininfluente o addirittura controproducenteper la verificazione dell’evento lesivo». Né, d’altra parte, potrebbe autorizzarsi l’im-piego della causalità psichica c.d. da “rafforzamento” dell’organizzazione crimina-le, «per dissimulare in realtà l’assenza di prova dell’effettiva incidenza causale delcontributo materiale per la realizzazione del reato: nel senso che la condotta atipi-ca, se obiettivamente significativa, determinerebbe comunque nei membri dell’as-sociazione criminosa la fiduciosa consapevolezza di poter contare sul sicuro ap-porto del concorrente esterno, e quindi un reale effetto vantaggioso per la struttu-ra organizzativa della stessa».

400 In questo senso anche RONCO, Interruzione del nesso causale e principio di of-

seguita ponderandone la reale efficacia di rafforzamento o conserva-zione rispetto alla «concreta realizzazione del fatto criminoso colletti-vo», non si presterebbe ad una valutazione ex ante, in termini di merapericolosità. Occorrerebbe, al contrario, che una verifica ex post mettain luce una concreta significatività del rafforzamento così ingeneratonell’intera organizzazione sodale o in una sua articolazione. All’esito,si sancisce rispondere di concorso esterno in associazione mafiosa ilsoggetto che, pur non inserito stabilmente nella struttura organizzati-va del sodalizio e privo dell’affectio societatis, fornisca tuttavia ad essaun (tradizionale) concreto, specifico, consapevole, volontario contri-buto. Sempre che questo esplichi una effettiva rilevanza causale, e cioèsi configuri come condizione necessaria per la conservazione o ilrafforzamento delle capacità operative dell’associazione o di un suoparticolare settore, ramo di attività o articolazione territoriale, e quin-di per la produzione dell’evento lesivo del bene giuridico protetto (nel-la specie costituito dall’integrità dell’ordine pubblico, violata dall’esi-stenza e dall’operatività del sodalizio e dal diffuso pericolo di attuazio-ne dei delitti-scopo del programma criminoso).

Balza agli occhi come, nel precisare la necessità della dimostrazio-ne quanto all’effettivo nesso condizionalistico tra la condotta stessa ela realizzazione del fatto di reato, così come storicamente verificatosihic et nunc con tutte le caratteristiche essenziali connesse alla dimen-sione plurisoggettiva e associativa dell’evento lesivo, la Corte compia ilpasso che invalida il processo (nomo)logico strenuamente sostenuto invia di principio. L’incedere del ragionamento, difatti, in primo la co-stringe a trasformare l’ortodossia dello statuto causale, secondo i cuipacifici dettami – ex art. 40, comma 1, c.p. – l’elemento rispetto al qua-le vagliare il rapporto con la condotta è il risultato naturalistico 400: vie-

Page 210: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 195

fensività, cit., 824: «Se v’è concordia, infatti, in dottrina, sul fatto che la trattazionedel problema causale vada svolta in due fasi concettualmente distinte … la primadedicata al nesso di condizionamento fra condotta ed evento naturalistico, la se-conda dedicata alla c.d. imputazione oggettiva, secondo criteri valutativi da ricava-re dall’ordinamento giuridico … non v’è chiarezza sufficiente in ordine al fonda-mento e alla portata di tali criteri valutativi».

401 Applica puntualmente questo impianto Cass., Sez. V, 20 aprile 2006, p.g. inc. Prinzivalli, in Dir. pen. proc., 2006, 1112 ss., statuendo come «necessario e suffi-ciente ad integrare la condotta costitutiva del reato è la concreta e reale precostitu-zione di un giudice non imparziale, ma prevenuto in favore degli imputati, cui èstato promesso il voto assolutorio ed una gestione compiacente del dibattimento.Non si tratta, dunque, di mera disponibilità ad operare, bensì di un contributo ef-fettivo e non virtuale ... Si è, pertanto, alla presenza di una condotta concretamen-te adiutoria, che rafforza ed esalta il vincolo associativo in maniera esponenziale,dal momento che il sodalizio è riuscito ad acquisire il contributo di un membro del-l’istituzione giudiziaria, deputata a giudicare l’associazione illecita».

ne difatti qui generalizzato, col chiamare in causa il «fatto criminosocollettivo», un discusso e discutibile intendimento della causalitàomissiva come relazione tra comportamento umano e fatto di reato(altrui). A tacer d’altro, è estraneo ad una qualifica strettamente condi-zionale il comportamento del concorrente esterno che (necessaria-mente) si dirige ad innestarsi in una fattispecie ove, per opera di altrisoggetti, siano già stati realizzati tutti e ciascuno degli elementi costi-tutivi della figura incriminatrice.

In secondo, il filo del pensiero non porta la Corte lontano dai con-sueti approdi esegetici, compendiando «l’efficacia causale della … atti-vità di sostegno» nel risultare essa «vantaggiosa per la conservazione oil rafforzamento dell’associazione», quale contributo «diretto alla rea-lizzazione, anche parziale, del programma criminoso». Testualmente:per l’integrazione del reato è necessario che «all’esito della verifica pro-batoria “ex post” della loro efficacia causale risulti accertato, sulla ba-se di massime di esperienza dotate di empirica plausibilità, che gli im-pegni assunti … abbiano inciso effettivamente e significativamente, diper sè ed a prescindere da successive ed eventuali condotte esecutivedell’accordo, sulla conservazione o sul rafforzamento delle capacitàoperative dell’intera organizzazione criminale o di sue articolazionisettoriali» 401.

Per riepilogare, a questo stadio della tipizzazione giurisprudenzialela condotta partecipativa si atteggia a condicio sine qua non rispetto alfatto di reato, da accertarsi tramite leggi scientifiche, o più verosimilimassime di esperienza, che consentano di asseverare una generaleconnessione tra il “tipo” di condotta ed il “tipo” di reato, escludendospiegazioni causali alternative.

Page 211: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

196 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

402 In proposito, si vedano le riflessioni critiche sviluppate da SERENI, Causalitàe responsabilità penale. Dai rischi d’impresa ai crimini internazionali, Torino, 2008,312 ss., in particolare 330 ss.

403 Per analoghe considerazioni, SERENI, Istigazione al reato e autoresponsabilità,cit., 38.

404 Cfr. le osservazioni svolte da INSOLERA, Ancora sul problema del concorsoesterno nei delitti associativi, in Riv. it. dir. proc. pen., 2008, 639 ss., che evidenziacome «già si colgono casi di “sterilizzazione” della portata garantistica della deci-sione che potrebbero preludere ad un overruling delle Sezioni unite», riducendol’uso del paradigma causale ad una «rassicurante convenzione linguistica, che celala reale ragione decisoria del giudice».

Tuttavia, calato nello specifico scenario del contributo all’associa-zione criminale, l’aiuto appena descritto, consistito nella conservazio-ne o nel rafforzamento della struttura de qua, si rivela poggiato su diun paradigma tanto poco “originale” quanto poco selettivo, constan-do dell’estrinsecazione di un risultato esterno, materialmente perce-pibile ed empiricamente verificabile: chiara eco di quel modello “uti-litaristico” che si rifà direttamente al fatto concreto per saggiare l’esi-stenza di un comportamento concorsuale atipico (v. infra). Lo slancio“rivoluzionario” della riferita pronuncia, insinuato dalla promessa diuna rigorosa tipizzazione condizionalistica della partecipazione, alpassaggio cruciale, quello dell’esame dei contributi potenzialmente de-terminanti, ripiega dunque verso più dimesse affermazioni di com-promesso 402.

Beninteso, queste valutazioni critiche non nascondono la mole del-la posizione assunta dalle Sezioni unite, ove prende corpo l’istanza dicontenere il germe dell’arbitrio interpretativo inculcato con l’accosta-mento ai delitti associativi del modello aperto dell’art. 110 c.p. 403.

Eppure, uno sguardo a trecentosessanta gradi sul contemporaneopanorama giurisprudenziale non può che registrare la sostanziale disat-tenzione dimostrata da pronunce successive rispetto a tali dettami 404.

Con l’obbiettivo di saggiare queste deviazioni, ci si affaccia in primoluogo sul versante del merito: qui, all’affermazione per cui «ben puòaversi concorso nel reato quando un soggetto apporta il proprio singo-lo apporto causale al fatto complessivamente considerato, con la con-sapevolezza che la propria condotta costituisce un contributo al fatto»,segue la considerazione per cui un’azione di tal fatta «esige anche lasola presenza di persone». Ciò sconta il preliminare rifiuto dell’impre-scindibilità del nesso di condicio sine qua non, mancando un qualsiasiriferimento al requisito del rafforzamento del proposito criminoso co-me ad altre formule indicative del nesso di causalità psichica. E fissa lascelta – realisticamente sottesa alla formula proposta dalle Sezioni

Page 212: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 197

405 Trib. Milano, ord. 25 marzo 2006, L.F., in Corr. mer., 2006, 1049 ss. La sen-tenza di condanna del G.u.p. Milano, 15 settembre 2006, M.I. ed altri, in Corr. mer.,2006, 1451 ss., ripercorre queste argomentazioni attraverso un passaggio didasca-lico: «Ben può aversi infatti concorso nel reato quando un soggetto apporta il pro-prio singolo apporto causale al fatto complessivamente considerato, con la consa-pevolezza che la propria condotta costituisce un contributo al fatto stesso, secondouna divisione di compiti necessariamente richiesta dalla complessità dell’azionecriminosa posta in essere; un’azione che esige anche la sola presenza di personeche si rifiutano di ottemperare all’ordine di sgombero e di fatto, sorvegliando edostacolando l’intervento delle Forze dell’Ordine, consentono agli altri di impegnar-si più direttamente in specifici atti di danneggiamento e violenza».

406 Cass., Sez. III, 4 luglio 2006, Bracchi Tkachenok, in Cass. pen., 2007, 2972 ss.La fattispecie, afferente all’integrazione del concorso nel reato ex art. 171, comma1, lett. a bis), legge n. 633 del 1941, verteva sul sequestro preventivo di due portaliweb, attraverso i quali erano state illecitamente trasmesse in diretta via internetpartite del campionato di calcio italiano, mediante connessione ad emittenti cinesiche, acquistato il diritto di diffonderle localmente dal titolare dell’esclusiva, aveva-no poi immesso in rete la trasmissione degli eventi sportivi.

407 Cass., Sez. III, 4 luglio 2006, Bracchi Tkachenok, cit., 2974.

unite – di appoggiarsi al carattere della consapevole oggettiva stru-mentalità della condotta singolare rispetto all’altrui esecuzione delreato per distinguere, in caso di mera presenza di un soggetto nel luo-go del reato, il concorso morale penalmente rilevante dalla mera con-nivenza: «se un manifestante – come nel caso di specie – resta a “pre-sidiare” una “barricata” che impedisce l’intervento delle forze dell’or-dine … sapendo che questo è funzionale alla realizzazione di atti di de-vastazione … sicuramente concorre nel reato di devastazione anche selui non realizza personalmente alcun danneggiamento» 405. Ci si im-batte così in una embrionale valorizzazione della compenetrazione traelemento soggettivo ed elemento oggettivo quale demarcatore dellasfera criminalizzabile delle vicende concorsuali.

In seconda battuta, la panoramica si allarga negli spazi della giuri-sprudenza di legittimità.

E pone in primo piano la decisione che è approdata alla configura-bilità del concorso nel reato di abusiva diffusione, mediante internet,di immagini protette da diritto di esclusiva (nella specie, partite di cal-cio), in capo a chi ha diffuso sul web informazioni in ordine ai collega-menti ed ai programmi necessari alla visione delle suddette immaginiprima che le stesse venissero da altri immesse in rete 406. In tal modo –si rileva – agevolando la connessione, attraverso un sistema di guida online, e facilitando la sincronizzazione con l’evento sportivo: «senza l’at-tività degli indagati, non ci sarebbe stata, o si sarebbe verificata in mi-sura minore, la diffusione delle opere tutelate» 407. Il flessibile criterio

Page 213: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

198 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

408 Cass., Sez. III, 4 luglio 2006, Bracchi Tkachenok, cit., 2974. I corsivi sonodell’autore.

409 Cass., Sez. VI, 10 maggio 2007, Contrada, in Cass. pen., 2008, 3197 ss., in par-ticolare 3225.

410 Cass., Sez. VI, 9 ottobre 2008, C. ed altro, n. 39989.

della portata agevolatrice del contributo causale finisce così per riem-pire di contenuto proprio le parole spese dalle Sezioni unite, riuscendonell’impresa di tornare ad allineare due assunti in sé altrimenti incom-patibili: l’affermazione per cui «in base alle generali norme sul concor-so nel reato, gli indagati, pur non avendo compiuto l’azione tipica,hanno posto in essere una condotta consapevole avente efficienza cau-sale sulla lesione del bene tutelato», e la puntualizzazione dell’indivi-duarsi l’attività costitutiva del concorso «in qualsiasi comportamentoche fornisca un apprezzabile contributo alla ideazione, organizzazioneed esecuzione del reato» 408.

Senza dimenticare il recente arresto che, ancora in tema di concor-so esterno nel delitto di associazione di tipo mafioso, chiosa, con ri-guardo alle connotazioni del contributo reso da un autorevole membrodelle istituzioni statuali per lunghi anni impegnato nel contrasto allacriminalità organizzata: «l’effetto rafforzativo per Cosa Nostra dell’ap-porto esterno di Contrada B. è elevato e deriva, come spiegano persua-sivamente i giudici di merito, dalla semplice percezione in seno all’as-sociazione della sola “disponibilità” di una figura dello spessore delfunzionario …» 409; né adombrando la soluzione di continuità offertain tema di detenzione illecita di sostanze stupefacenti nella casa co-niugale: qui, ai fini della sussistenza del concorso di persone da partedel coniuge o convivente more uxorio si «esige infatti un contributocausale in termini, sia pur minimi, di facilitazione della condotta de-littuosa, mentre la semplice conoscenza o anche adesione morale, l’as-sistenza inerte e senza iniziative a tale condotta non realizzano la fat-tispecie … dato che non sussiste in tal caso un obbligo giuridico ... fer-ma restando la regola … che … è necessario e sufficiente che talunopartecipi all’altrui attività criminosa con la semplice volontà di adesio-ne, che può manifestarsi in forme di agevolazione della detenzione an-che solo assicurando all’altro partner (coniuge, figlio, parente, convi-vente, etc.) una relativa sicurezza, consistente nella consapevolezzadell’agente di apportare un contributo causale alla condotta altrui giàin atto ovvero nella disponibilità, anche implicitamente manifestata,di addurre, in caso di bisogno e di necessità, comunque una propria at-tività di collaborazione» 410.

Infine, l’orientamento della Cassazione sul tema della circostanza

Page 214: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 199

411 Cass., Sez. IV, 12 gennaio 2006, Martino e altri, in Guida al dir., 2006, n. 19,96; Cass., Sez. VI, 4 maggio 2006, Pacifico e altri, in Riv. pen., 2007, 446; Cass., Sez.IV, 15 febbraio 2007, Usala, in Cass. pen., 2008, 590 ss.; Cass., Sez. IV, 29 marzo2007, Buggeri, in Guida al dir., 2007, n. 18, 98. Conformi Cass., Sez. I, 2 luglio 1997,Berio, in Cass. pen., 1998, 2347; Cass., Sez. VI, 30 novembre 2005, Cirillo, n. 45248.

412 Cass., Sez. VI, 4 maggio 2006, Pacifico e altri, cit.413 La connessione si ritiene emergere dai lavori preparatori, Lavori preparatori

del codice penale e del codice di procedura penale, V, pt. 1, cit., 165: «Il legame, inve-ro, che avvince l’attività dei vari concorrenti, si realizza in una associazione di cau-se coscienti, alle quali è dovuto l’evento e, perciò, a ciascuno dei compartecipi deveessere attribuita la responsabilità dell’intero». In proposito v. fra gli altri ANTOLISEI,Manuale di diritto penale. Parte generale, cit., 563 ss.; criticamente DONINI, La parte-cipazione al reato, cit., 180 ss.

attenuante della minima partecipazione (art. 114 c.p.), costantementeribadito pure all’indomani della fatidica asserzione della Corte Supre-ma, illumina a pieno una realtà prasseologica in cui il contributo cau-sale viene inteso in una forma ben più plastica di quella irrigidita nel-la formula eziologica. Così – si legge – ai fini dell’integrazione del ri-cordato elemento circostanziale non è sufficiente una minore efficaciacausale dell’attività prestata da un correo rispetto a quella realizzatadagli altri, ma è necessario che il contributo dato si sia concretizzatonell’assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di ef-ficacia causale così lieve rispetto all’evento da risultare trascurabilenell’economia generale dell’iter criminoso: ciò si verifica allorquandola condotta del correo risulti tale da poter essere avulsa, senza apprez-zabili conseguenze pratiche, dalla serie causale produttiva dell’even-to 411. Non stupisce, vista la premessa, che di seguito si disperda la de-finizione recentemente insegnata dalla Cassazione, e si immerga lacausalità del contributo in una perifrasi volutamente distante dal mo-dello dell’art. 40 c.p., a stare alla quale si ha concorso nel reato quandola condotta si inserisce nella dinamica criminosa rivelandosi funzio-nalmente, temporalmente e ontologicamente legata al reato stesso 412.

Tanto vale dichiarare ancora aperta la ricerca del modello legale en-tro cui ritagliare l’effettività funzionale del contributo del concorrente.

5.3. Prime obiezioni ad una definizione mutuabile dalla causalitàpenale

I frammenti applicativi passati in disamina, se non disperdono il sen-so dello sforzo intrapreso per formulare una nozione di causalità con-corsuale dotata di un carisma identico a quello assegnato all’eziologiatrattata agli artt. 40 e 41 c.p. 413, dovendo rappresentare il presupposto

Page 215: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

200 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

414 V. FIORELLA, Reato in generale, in Enc. dir., XXXVIII, Milano, 1987, 803.415 Che il concetto di condicio sine qua non sia la base per determinare il rap-

porto di causalità nel senso del diritto penale è opinione condivisa, v. per tutti PIZ-ZI, Eventi e cause. Una prospettiva condizionalistica, Milano, 1997, 271 ss.; VOLK,Causalità e diritto penale, in AA.VV., Sistema penale e criminalità economica. I rap-porti tra dommatica, politica criminale e processo, Napoli, 1998, 88 ss.

416 Per una efficace sintesi della critica della causalità quale criterio di fonda-zione della fattispecie concorsuale, v. DONINI, La partecipazione al reato, cit., 208;G.A. DE FRANCESCO, Il concorso di persone nel reato, in AA.VV., Introduzione al siste-ma penale, a cura di Insolera-Mazzacuva-Pavarini-Zanotti, II, Torino, 2001, 328 s.Da ultimo, v. RISICATO, La causalità psichica tra determinazione e partecipazione, To-rino, 2007, 5 ss., 14 ss.

417 M. GALLO, Lineamenti di una teoria sul concorso di persone nel reato, cit., 17;ALBEGGIANI, Imputazione dell’evento e struttura obiettiva della partecipazione crimi-nosa, cit., 408. In giurisprudenza, aderisce ad una simile posizione Cass., Sez. I, 23febbraio 1989, Turrà, in Riv. pen., 1990, 942.

418 VIOLANTE, Istigazione (nozioni generali), in Enc. dir., XXII, Milano, 1972, 986ss.; M. GALLO, Lineamenti di una teoria sul concorso di persone nel reato, cit., 58 s.

419 Per obiezioni all’evento giuridico come secondo termine del nesso causale,in particolare per la sua “vaghezza”, v. INSOLERA, Concorso di persone nel reato, inDig. disc. pen., II, Torino, 1988, 459.

materiale della “dominabilità del fatto da parte dell’autore” 414, certo ren-dono acuto il progressivo distacco dall’ideale di una medesima premes-sa condizionalistica 415. E rendono soprattutto difficile sottrarsi all’im-pressione di una forzata equivalenza imposta per vie ermeneutiche.

Non stupisca allora il paradosso per cui il dato di partenza comu-nemente riscontrabile nel panorama esegetico, ora per espressa am-missione ora per implicita presupposizione, è proprio l’inadeguatezzadel criterio strettamente causale a fungere da collante dell’unità con-corsuale 416.

A porre l’accento sulla “locale” intrasferibilità del modello condi-zionalistico è già la problematica legata all’identificazione degli estre-mi di un nesso di tal fatta, rimanendo indissolubile l’incertezza se sidebba far capo all’altrui condotta o all’evento o ad entrambi. Al propo-sito, le risposte a tali opzioni sono tutte ragionevolmente negative: nonpotrebbe trattarsi della condotta dell’autore principale o del fatto tipi-co da questi commesso, in ossequio al dogma dell’accessorietà, perchétale referente sarebbe destinato ad avere uno spazio vitale inaccetta-bilmente limitato, fallendo clamorosamente rispetto alle ipotesi di ese-cuzione frazionata 417. Né varrebbe richiamarsi all’evento naturalisti-co, mancante nei reati di mera condotta 418; né all’evento in senso giu-ridico, posto che l’offesa è la valutazione in termini di reale rilevanzapenale dell’intero fatto tipico concorsuale, e non una sua porzione 419.

Page 216: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 201

420 INSOLERA, Problemi di struttura del concorso di persone nel reato, Milano,1986, 46 ss.; ID., Concorso di persone nel reato, cit., 462 s. Ascendente di questa tesi,NUVOLONE, Il sistema del diritto penale, cit., 397: «L’efficienza causale va, dunque,giudicata sulla base dell’appartenenza dell’azione di ciascuno dei concorrenti alpiano organizzativo … L’elemento finalistico, caratteristico della compartecipazio-ne criminosa, porta con sé l’esigenza della coordinazione, e quindi del piano orga-nizzativo: e, pertanto, è in rapporto a tale elemento che deve e può risolversi ancheil problema causale».

421 Si veda, ad esempio, Cass., Sez. I, 18 febbraio 2004, Ingrasciotta, n. 32094.422 Cfr. CAVALIERE, Il concorso eventuale nel reato associativo, cit., 160 ss.423 In questo senso è la rigorosa posizione di STELLA, Leggi scientifiche e spiega-

Né, infine, la seconda costante del rapporto parrebbe individuabile nelmomento oggettivo dell’organizzazione concorsuale, quale elementocostitutivo implicito alla cui stregua commisurare, in termini di con-creta adeguatezza, ogni singolo contributo 420. La suggestione della ri-ferita tesi, che riconosce la punibilità di ogni condotta se ed in quantoinserita nell’apparato strategico, svanisce difatti al contatto con una si-stematica penale fondata sulla legalità: l’esito proposto nasce dall’in-terposizione in via ermeneutica di un elemento – l’organizzazione –non richiesto dalla vigente disciplina ai fini costitutivi della strutturaconcorsuale. Per la verità una posizione del genere, compenetrando iprofili organici del fatto associativo nella trattazione della più ampiatematica del concorso eventuale, ne trascura l’aspetto discriminante,che solo in ordine al primo consente di subordinare la configurazionetipica della condotta ad una stabile compenetrazione del soggetto neltessuto organizzativo del sodalizio, essendo egli acquisito dal gruppocome risorsa disponibile e durevole per la commissione di una serie al-meno quantitativamente indeterminata di delitti 421. Oltretutto, una li-nea di confine tra associazione e concorso di persone, potrebbe di se-guito essere mantenuta solo al caro prezzo di ridurre l’associazione adun mero accordo, eccezionalmente punito in assenza della realizzazio-ne dei delitti scopo 422.

D’altra parte, interrogativi altrettanto poderosi insorgono al mo-mento di identificare le leggi scientifiche di copertura destinate a for-nire la spiegazione del nesso. Una puntualizzazione significativa si im-pone in prima battuta in ordine alle forme concorsuali c.d. morali, ba-sate cioè sulla forza comunicativa, ove la causalità della condotta (diistigazione, determinazione, consiglio) si esprimerebbe rispetto allapsiche umana lasciando vacillare la certezza del libero arbitrio: l’arduasentenza, infatti, discenderebbe dalla assunta prospettabilità di una re-golare ed empiricamente ripetibile consecuzione tra gli accadimenti inquestione, capace di sovrastare la libertà di scelta dell’agire 423.

Page 217: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

202 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

zione causale nel diritto penale, Milano, 1990, 123 ss. Cfr. l’opinione di EUSEBI, Il do-lo come volontà, Brescia, 1993, 107 ss., che dalla prima prende le distanze riferen-dosi a leggi psicologiche di tipo scientifico. Sostiene, di contro, l’utilizzabilità di unprocedimento argomentativo nutrito da massime d’esperienza, CERQUETTI, Gli ele-menti descrittivi della fattispecie penale, Perugia, 2002, 153 ss.

424 Si vedano i rilievi di ALBEGGIANI, Imputazione dell’evento e struttura obiettivadella partecipazione criminosa, cit., 409 ss.; CONTENTO, Corso di diritto penale, cit.,456 ss. Nonché VIGNALE, Ai confini della tipicità, cit., 1364 ss., e DONINI, La parteci-pazione al reato, cit., 201 ss., 213 ss., che ravvisano nella maggior parte di questi ca-si una espressa deroga legislativa all’esigenza della causalità del contributo, trattan-dosi di condotte che realizzano circostanze (ad es. la fornitura dell’arma non usatadall’esecutore integrerebbe gli estremi dell’aggravante di cui all’art. 625, comma 1,n. 3, c.p.; la condotta del palo l’aggravante ex art. 61, n. 6, c.p.), elementi significati-vi in concreto e legislativamente considerati come qualificanti sul piano delle mo-dalità di aggressione al bene giuridico. Contra, DE VERO, Compartecipazione crimi-nosa e personalità della responsabilità penale, in Studium iuris, 1998, 254, replican-do che, ai fini della verificazione del nesso condizionalistico, non si può far riferi-mento a decorsi alternativi meramente ipotetici, tali quelli consistenti nell’ipoteticoimpiego di strumenti effettivamente disponibili ma non realmente impiegati.

425 V. CAVALIERE, Il concorso eventuale nel reato associativo, cit., 231 ss., 243:«Con tutte le sue insufficienze, il nesso causale rimane, comunque, un requisito in-dispensabile». Cfr. anche SPASARI, Dalla fattispecie plurisoggettiva eventuale al con-corso nel medesimo reato, cit., 917 s.

426 Comportando una dilatazione all’infinito dei contributi concorsuali, v. inparticolare le obiezioni formulate da PAGLIARO, Principi di diritto penale, cit., 557 ss.

Ma non rimane scevra da somiglianti argomentazioni critiche pureuna corposa porzione di comportamenti materiali – per tutti, la forni-tura dell’arma come “causa” della morte ovvero dell’altrui condottaomicida –, che avrebbero potuto sostituirsi con strumenti anche soloipoteticamente disponibili al momento della realizzazione della fatti-specie incriminatrice, senza con ciò spostare le coordinate spazio-tem-porali dell’accadimento hic et nunc 424.

5.4. La prospettiva dogmatica: l’ancoraggio “ad ogni costo” al mo-dello causale e l’“improprietà” delle soluzioni alternative

Le obiezioni finora ripercorse hanno convinto ad intraprendere unpoderoso ripensamento del criterio causale valido nel τ�π�ς concor-suale, in particolare depurandolo dal fuorviante metro della condiciosine qua non e dal supporto logico del giudizio controfattuale 425. Così,l’orientamento volto a recuperare la rilevanza di condotte causalmen-te atipiche, ha introdotto a correttivo il riferimento all’evento in con-creto: è la storia dell’episodio ad indicare come, senza l’apporto singo-lare in considerazione, il fatto di reato non avrebbe avuto luogo, per lomeno non in quel modo né in quella concreta forma 426. Per cui sono da

Page 218: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 203

427 V. PEDRAZZI, Il concorso di persone nel reato, cit., 79 ss.; GRASSO, Disciplinanormativa della compartecipazione criminosa, cit., 137.

428 V. in proposito C. FIORE, Diritto penale. Parte generale, II, Torino, 1995, 107 s.;MILITELLO, Agevolazione e concorso di persone, cit., 584; FIANDACA-MUSCO, Diritto pe-nale, cit., 499 ss.

429 In tal senso, Cass., Sez. I, 11 marzo 1997, Perfetto, in Cass. pen., 1998, 2349 s.:«In tema di concorso di persone nel reato, anche la semplice presenza sul luogodell’esecuzione del reato può essere sufficiente a integrare gli estremi della parteci-pazione criminosa quando, palesando chiara adesione alla condotta dell’autore delfatto, sia servita a fornirgli stimolo all’azione e un maggior senso di sicurezza». Cfr.Cass., Sez. VI, 23 ottobre 1989, Masserini, in Cass. pen., 1990, 407; Cass., Sez. II, 23maggio 1990, Cappai ed altri, ivi, 1991, 1802; Cass., Sez. VI, 15 aprile 1993, La Tor-re, ivi, 1994, 2983; Cass., Sez. I, 31 marzo 1994, Corsi, ivi, 1995, 88; Cass., Sez. I, 11ottobre 2000, Moffa, ivi, 2003, 1531 ss., con nota di PIVA, Presenza sul luogo del rea-to ed effettività del contributo concorsuale. In senso contrario alla rilevanza penaledella mera presenza, Cass., Sez. IV, 5 febbraio 1998, Brescia, in Cass., pen., 1999,1444; in proposito v. anche PAPA, Art. 110 c.p., in Codice penale, a cura di Padovani,Milano, 2007, 765.

430 Così PADOVANI, La concezione finalistica dell’azione, cit., 406.431 Per una simile impostazione, ALBEGGIANI, Imputazione dell’evento e struttura

obiettiva della partecipazione criminosa, cit., 426 ss.; MORSELLI, Note critiche sullanormativa del concorso di persone nel reato, cit., 429 s.; PAGLIARO, Principi di dirittopenale, cit., 560 ss. In giurisprudenza, in tal senso Cass., Sez. I, 11 marzo 1991, Can-tone, in Cass. pen., 1993, 44 s.; Cass., Sez. I, 10 maggio 1993, Algranati, ivi, 1995, 51.

intendere come modificazioni rilevanti tutte quelle che abbracciano laconcretizzazione di elementi fattuali di rilevanza legislativa in quantocorrispondenti al dato tipico 427.

Diffuso, oltre che discusso, è l’ulteriore riferimento alla componen-te qualificativa dell’agevolazione, che il concorrente identifica in coluiche abbia effettivamente agevolato la specifica modalità di realizzazio-ne, ravvedendo la condicio sine qua non in una condotta anche sosti-tuibile con altra maggiormente efficiente eppure efficace rispetto al-l’evento hic et nunc 428. Se ne trae, pertanto, la sicura affermazione del-la punibilità finanche della mera presenza sul luogo dell’esecuzione edella mera adesione, perché comportamenti tali da rafforzare l’altruiproposito criminoso concretamente identificato 429. Ma, è altrettantosicuro, una simile causalità “storica” nulla spiega scientificamente, etutto presuppone, limitandosi all’osservazione dello sviluppo del fattoa partire dai dati della vicenda criminosa, caricati a priori di una di-gnità causale 430.

Parimenti, nasce nel segno di una alterazione dilatativa della rego-la condizionalistica il riferimento a criteri di tipo prognostico, imper-niati, a mezzo del richiamo all’art. 56 c.p., sull’idoneità ex ante dellacondotta a concorrere nella realizzazione del fatto 431. Criteri che, nel-

Page 219: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

204 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

432 Dichiaratamente in questo senso PAGLIARO, Causalità e diritto penale, in Cass.pen., 2005, 1046 s.

433 PAGLIARO, Causalità e diritto penale, cit., 1046; ID., Principi di diritto penale,cit., 553, secondo cui «la coscienza di cooperare con l’azione altrui fa venir meno,tra la condotta di ciascun soggetto e l’evento, la necessità del requisito causale dicui agli artt. 40 e 41 c.p.».

434 Orientati in tal senso C. FIORE, Diritto penale. Parte generale, I, Torino, 1993,206 ss.; SERENI, Istigazione al reato e autoresponsabilità, cit., 15. Cfr. RONCO, Inter-ruzione del nesso causale e principio di offensività, cit., 819 ss., in particolare 824 ss.

435 ALBEGGIANI, Imputazione dell’evento e struttura obiettiva della partecipazionecriminosa, cit., 424 s.; PAGLIARO, Principi di diritto penale, cit., 553.

l’ambito della criminalità collettiva, forgiano la “causa” ad immaginedi una finalità preventiva del diritto penale sotto il cui vessillo legitti-mare la trasformazione metodologica dei concetti 432. La conclusionenaturale di una simile impostazione, difatti, giunge ad identificare ilricercato parametro nomologico nell’imputazione obiettiva dell’even-to, secondo cui l’avere accresciuto in misura notevole le probabilità delverificarsi dell’evento o l’averne apprezzabilmente accelerato il tempodel verificarsi, costituisce un “cagionare” – o un “non impedire” –l’evento concreto prodottosi. Ad illuminare la portata causale dellacondotta si presta allora il riscontro di un «contributo al verificarsi del-l’evento, in modo tale che questo costituisca la realizzazione del vole-re. Non occorre cioè un vero e proprio rapporto di connessione fisicadi tipo naturalistico: basta un rapporto tale, che faccia considerare lasituazione esterna come proiezione del significato posto dal volere» 433.

Un nesso eziologico di stampo tradizionalmente oggettivo andreb-be piuttosto ravvisato, a detta dell’orientamento in commento, tra l’in-sieme delle condotte e l’evento giuridico, in questa direzione deponen-do anche l’art. 41, comma 2, c.p., riferito all’intervento, sul decorsocausale già avviato, di accadimenti successivi tali che l’esito, spiegan-dosi come loro derivazione regolare, non possa più considerarsi rea-lizzazione del rischio creato dalla condotta precedente 434. Difatti, colprospettare una causalità “in carne ed ossa” del contributo del compli-ce, si eleverebbe l’insuperabile obiezione della natura di causa soprav-venuta, da sola sufficiente a determinare l’evento, della condotta del-l’esecutore 435.

Ovvio, tuttavia, lo squilibrio spiccatamente soggettivista di una ten-denza interpretativa che muova da un concetto in fin dei conti norma-tivo della causalità. Di contributo, invero, diventa lecito parlare a fron-te di un qualsiasi generico apporto che renda propria (della volontà)del compartecipe l’intera realizzazione criminosa, di tal ché dovrebbe

Page 220: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 205

436 ALBEGGIANI, Imputazione dell’evento e struttura obiettiva della partecipazionecriminosa, cit., 427 ss.

437 Cfr. VIGNALE, Ai confini della tipicità, cit., 1401 ss.; DI GIOVINE, Lo statuto epi-stemologico della causalità penale tra cause sufficienti e condizioni necessarie, in Riv.it. dir. proc. pen., 2002, 680 s.

438 In questo senso critico, CAVALIERE, Il concorso eventuale nel reato associativo,cit., 230.

439 Cfr. BETTIOL, Diritto penale, cit., 595, che esorta i sostenitori della teoria del-

risultare a tanto sufficiente la mera cogitatio accompagnata dall’iner-zia consapevole rispetto al fatto realizzato da altri.

Non meno inaccettabile si presenta, altresì, la premessa di un fon-damento esclusivamente negativo del proposto ripiego a criteri progno-stici. In quest’ottica, infatti, da un lato l’art. 56 c.p. è richiamato comeipotesi normativa che non escluderebbe la propria operatività (fondatasull’accertamento ex ante) allorché un reato sia stato da altri commes-so, limitandosi piuttosto a dichiarare la non punibilità di atti idoneiunivocamente diretti a far commettere da altri un reato 436. Dall’altro la-to, la non punibilità dell’accordo o dell’istigazione non eseguiti (art. 115c.p.) consentirebbe di dedurre a contrario la punibilità delle stesse con-dotte allorché il reato sia stato commesso, anche in assenza di un nessocausale che questo leghi all’accordo o all’istigazione. Per cui, in sé in-sufficienti ai fini dell’imputazione dell’evento, tali comportamenti sa-rebbero normativamente tipizzati come contributi causali 437.

Il destino della teoria rimane irrimediabilmente segnato da questitratti, implicanti l’adozione, in mancanza di un baricentro positivo, diun ragionamento analogico in malam partem che si chiude afferman-do la punibilità del tentativo di concorrere nel delitto da altri commes-so solo perché il legislatore ha descritto il tentativo del delitto mono-soggettivo 438.

L’incursione tra gli orientamenti interpretativi elaborati sul temafornisce dunque un primo caposaldo relativamente all’intonsa incer-tezza che permane attorno ai requisiti costitutivi delle condotte su-scettibili di integrare un contributo causale, attorno cioè alla ragioneminima sufficiente a giustificare un unitario procedimento di sussun-zione rispetto ad un coacervo di comportamenti individuali.

Viene peraltro a constatarsi come un simile quadro sia rimasto in-variato nonostante la condivisibile irruzione, al centro della discussio-ne dogmatica, del “medesimo reato” commesso dai più agenti, sullacui scorta si è negata cittadinanza ad una dimensione accessoria delconcorso e si è superato l’avvertito rischio di vincolare la punibilità delpartecipe all’inizio di una azione punibile dell’autore 439.

Page 221: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

206 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

la fattispecie plurisoggettiva eventuale «ad essere logici fino in fondo e non fer-marsi a mezza strada … bisogna ammettere che qualsiasi atto di partecipazione siapunibile di per se stesso e sia perfetto nello stesso momento in cui esso si estrinse-ca, perché il voler attendere il compimento di una ulteriore azione da parte di unaltro soggetto concorrente significa riconoscere la dipendenza della punibilità del-l’azione del partecipe … dall’inizio dell’esecuzione del reato da parte di un altrosoggetto».

440 Come hanno dimostrato le classiche analisi di DELL’ANDRO, La fattispecie plu-risoggettiva, cit., e di M. GALLO, Lineamenti di una teoria sul concorso di persone nelreato, cit. La dogmatica italiana segna così un distacco definitivo da una teoria delconcorso costruita a partire dal concetto di “reità” – intesa come qualità d’autore –intorno al quale si dispongono le figure concorsuali satellitari (la cui rilevanza ri-sponde al canone della c.d. tipicità indiretta, cfr. LATAGLIATA, I principi del concorsodi persone nel reato, cit., 149 s.), e la cui espressione normativa si coglie nella de-scrizione di figure concorsuali accessorie rispetto al fatto dell’autore (ad es. § 26StGB: «quale istigatore è punito allo stesso modo dell’autore chi ha determinatodolosamente un altro alla commissione di un fatto antigiuridico»). In proposito sirinvia all’accurata disamina di PADOVANI, La concezione finalistica dell’azione, cit.,395 ss.

441 Secondo quello che LATAGLIATA, I principi del concorso di persone nel reato,cit., 11 s., descrive come principio di esecutività del concorso.

442 Per queste osservazioni, v. PADOVANI, La concezione finalistica dell’azione, cit.,405.

Il passaggio risulta fondamentale. Riconoscere l’esistenza di unastruttura tipica nuova, diversa da quella cucita addosso all’autore indi-viduale 440, significa ammettere la natura frazionabile del “reato” (leg-gi fatto tipico) che è requisito costitutivo indefettibile nella ricomposi-zione della fattispecie plurisoggettiva eventuale: almeno uno – ma nonnecessariamente soltanto uno dei concorrenti – deve averlo realizza-to 441. Allora, se oggetto della ricerca sono i termini in cui l’insieme sirelaziona alle sue parti (reato/concorrenti), non risulta punto necessa-rio né che la condotta tipica sia realizzata da uno soltanto dei compar-tecipi, ma neppure da tutti; né che il dolo sia presente nell’autore piut-tosto che in uno qualsiasi dei concorrenti 442.

Nel ridefinire i margini della questione prestando attenzione a que-sti suggerimenti esegetici, una recente disamina ha infine recuperatola ricordata esigenza di calare ciascun contributo nella nuova dimen-sione, generale ed astratta, che nasce dall’intervento dell’art. 110 c.p.,disimpegnando in tal guisa la ricerca su cui ora ci si intrattiene dallamera presa d’atto della specifica evoluzione fattuale. Ciò non toglie chedi questa evoluzione la stessa teorica rimanga fortemente debitrice, at-testandosi sulla verifica di una reale efficienza causale della condottasingolare. Per cui, se è vera l’affermazione dell’autonomia della fatti-specie plurisoggettiva eventuale, e dell’alternatività del modello con-

Page 222: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 207

443 G.A. DE FRANCESCO, Il concorso di persone nel reato, cit., 335. L’Autore prose-gue chiarendo come tale rapporto, «oltre ad interessare le condotte di cooperazio-ne atipica, si presta ad essere riferito anche ai comportamenti parzialmente tipici,attribuendo ad essi un significato concorsuale soltanto laddove questi possanocoordinarsi tra loro secondo una logica di concreta funzionalità rispetto all’inte-grazione “congiunta”, per così dire, degli elementi di una fattispecie imputabile apiù soggetti», op. ult. cit., 338.

444 G.A. DE FRANCESCO, Il concorso di persone nel reato, cit., 337. Secondo CAVA-LIERE, Il concorso eventuale nel reato associativo, cit., 239, la verifica di tale ricon-

corsuale rispetto al reato monosoggettivo, non è meno vera la dipen-denza pure di questo schema dalla concretezza, dalla fattualità storicadell’accadimento cui il concorso si riferisce.

Difatti. Una volta tracciata la trama della fattispecie attraverso l’in-tersecarsi reciproco delle condotte che abbiano esplicato un ruolo eduna funzione di connessione strumentale alla perpetrazione dell’illeci-to, se ne fa derivare come «la “tipicità” del contributo non potrà rap-presentare un dato ancora da accertare, da verificare attraverso un’ul-teriore indagine ispirata alla ricerca della sua efficienza “causale”; larilevanza del contributo di partecipazione dovrà essere, al contrario,desunta dal modo stesso con il quale un simile contributo è venuto adinserirsi nell’ordito complessivo della vicenda delittuosa, alla streguadell’unico parametro di valutazione effettivamente disponibile, rap-presentato appunto dal suo carattere obiettivamente “strumentale” ri-spetto allo svolgersi e al dipanarsi della condotta confluita nella faseesecutiva dell’illecito realizzato in concorso» 443.

In definitiva, il criterio di tipizzazione delle condotte concorsualiemerge dal nesso di congruenza strumentale impostato secondo la ca-tegoria mentale del “mezzo per lo scopo”.

In questo senso la delimitazione della natura concorsuale di con-dotte come l’istigazione o la determinazione consegue alla verifica po-sitiva della corrispondenza tra reato da altri commesso e reato al qua-le le stesse funzionalmente miravano, perdendo di converso ogni con-sistenza la pretesa di distinguere a seconda che l’istigato risulti o me-no omnimodo facturus. Ciò che occorre è, piuttosto, la verifica di unaconcreta incidenza sulla psiche altrui, operata influenzando il c.d. pro-posito criminoso e quindi la realizzazione del fatto con quelle modalitàoggettive e quella posizione spazio temporale che lo caratterizzano. Sitratta, cioè, di verificare una relazione «controllabile sul piano empiri-co, fondata appunto sull’obiettiva constatazione di un rapporto di cor-rispondenza e di funzionalità in concreto del messaggio istigatorio ri-spetto alle dinamiche operative che hanno caratterizzato la realizza-zione dell’illecito» 444.

Page 223: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

208 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

ducibilità del fatto all’istigazione va operata «secondo un modello generalizzante dispiegazione causale, ossia, quanto meno attraverso il riferimento a massimed’esperienza corrispondenti agli standards richiesti per le leggi scientifiche, relati-ve alla capacità di motivazione di una certa condotta istigatoria in rapporto alle ca-ratteristiche del soggetto istigato ed alla riferibilità della reazione comportamenta-le dell’istigato ad una sua reazione psichica all’istigazione ricevuta».

445 Così PADOVANI, La concezione finalistica dell’azione, cit., 408.446 V. MORMANDO, L’istigazione, cit., 72; SERENI, Istigazione al reato e autorespon-

sabilità, cit., 12 ss.

La rapidità con cui sono stati passati in rassegna gli snodi essenzia-li di tale linea interpretativa non sembra ora precludere la percezionedi due difetti ereditari, devitalizzanti l’efficacia del senso così rico-struito in ordine al “concorrere nel medesimo reato” da parte di più in-dividui: l’uno si identifica nella carenza di un aggancio normativo chedi quella strumentalità colga in astratto la struttura essenziale; l’altro,dal primo discendente, consiste nella riproposizione della necessità diuna concreta “efficienza” mutuata direttamente dalle evenienze fat-tuali, ovvero la necessità dell’effettiva utilizzazione dello strumento nelcorso dell’esecuzione della fattispecie “monosoggettiva”.

La lettura delle conclusioni cui l’inquadramento giunge dimostragli effetti di instabilità da questi vizi ingenerati. Si percepisce inverol’assenza di un nesso di strumentalità della condotta del complice ri-spetto al reato «se l’arma fornita per eseguire l’omicidio si rivela inuti-lizzabile prima che il futuro omicida intraprenda alcun atto di esecu-zione, e questo segua pertanto scartando l’arma e con altri mezzi»; dicontro viene a ravvisarsi la persistenza del nesso «se l’inidoneità del-l’arma si rivela nel corso dell’esecuzione, che viene perfezionata ricor-rendo ad uno strumento diverso» 445. Vale a dire: la responsabilità delcompartecipe dipende dalle scelte personali dell’autore, a seconda, adesempio, che questo si impegni o meno ante factum in una sorta diprova generale dei mezzi esecutivi. Tanto finisce per dipingere una pa-lese contraddizione con il postulato elevato a premessa, circa l’inuti-lizzabilità del criterio causale nel concorso di persone proprio per lapresenza della decisione, da parte dell’esecutore, se utilizzare l’aiutomateriale o se attualizzare l’istigazione: difatti, si vorrebbe con ciò ne-gare, in sostanza, che l’integrazione di una partecipazione atipica pos-sa rimanere condizionata da questo atteggiamento 446.

In fin dei conti, sotto l’innovazione terminologica che l’orientamen-to propone, si scopre allora una riformulazione del criticato parametrocausale, attinto dalla verifica di una dipendenza effettiva del fatto com-messo dalla condotta singolare: si attende l’esito di codesto accerta-mento per tacciarla di essere un contributo concorsuale.

Page 224: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 209

447 Cfr. SEMINARA, Tecniche normative e concorso di persone nel reato, Milano,1987, 255 ss.

448 Per una critica alla prospettiva della fattispecie plurisoggettiva eventuale, nelsenso che finisce per scavalcare il problema della determinazione del parametronormativo di riferimento senza risolverlo, e si traduce in una vera e propria peti-zione di principio, SEMINARA, Tecniche normative e concorso di persone nel reato,cit., 293: «Sul piano astratto la fattispecie plurisoggettiva eventuale non esiste o,meglio, esiste come una mera possibilità riconosciuta dall’art. 110 c.p., la quale sitraduce in realtà solo dinanzi ad un concreto, specifico – e soprattutto già qualifi-cato in termini di punibilità – episodio concorsuale».

Ben si avvede, pertanto, come l’idea della strumentalità, conscia dinon poter rispondere all’interrogativo “chi concorre nel medesimo rea-to”, non faccia altro che sostituirlo con una domanda maggiormenteaderente alla realtà concreta dell’esperienza giudiziale: “cosa è servitoper commettere il reato”.

5.5. Dalla prospettiva condizionalistica ...

L’indefinita estensione della punibilità concorsuale 447, partoritadalla formulazione tautologica della clausola generale e sfruttata in va-ria guisa dall’interprete del caso concreto, non cessa di reclamare lapredisposizione di misure normative a contenimento di una altrimen-ti infelice vaghezza 448. È in questo spazio, lasciato vuoto da convin-centi ricostruzioni esegetiche, che trova allora ragione di proporsi unaprospettiva alternativa nella ricostruzione dei requisiti concernenti lapartecipazione del terzo.

Primo obiettivo: la conquista di una risposta di definita chiarezza,perché di taglio non squisitamente ideologico, su quanto abbisogni af-finché un contributo non strettamente causale sia ammesso nella sfe-ra della rilevanza penale sancita dall’art. 110 c.p.

Invero, negare – più o meno esplicitamente – che la selezione delcontributo penalmente rilevante vada operata col conforto dell’art. 40c.p., per regola generale riferibile esclusivamente ad una condotta ne-cessaria e sufficiente alla verificazione dell’evento, apre l’ingresso del-la dimensione criminale ad una moltitudine di situazioni umane. Mai,difatti, potrebbe concludersi nel senso dell’efficacia propriamente cau-sale di atti meramente comunicativi (come la formulazione della vo-lontà di uccidere un uomo) rispetto ad un evento materiale (si pensi al-la morte dell’uomo) ove si pensasse ad un contesto strettamente mo-nosoggettivo.

Un esempio può essere illuminante, per avallare siffatta considera-zione. Due persone si appostano armate all’angolo di un edificio per

Page 225: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

210 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

colpire mortalmente il rivale in affari non appena questi si appresti aduscire dalla porta della sua abitazione; solo uno dei due riesce ad at-tingere un organo vitale determinando così la morte della vittima pre-destinata, mentre l’altro – di mira meno precisa – gli provoca ferite su-perficiali alla spalla. Ebbene, avvalendoci di una regola condizionali-stica propriamente detta dovremmo ravvisare un contributo causaleesclusivamente nella condotta realizzata dal primo, ed a questi limita-re l’attribuibilità oggettiva del fatto, non avendo il secondo prodotto al-cuna circostanza necessaria della causa sufficiente a produrre l’eventoletale nel caso concreto. Davvero il disposto dell’art. 110 c.p. consentequesta selezione? Che, si badi, occorrerebbe senza dubbio alcuno nel-l’ipotesi richiamata, ove esistono leggi di copertura capaci di fondare ilconvincimento motivabile del giudice esclusivamente in ordine al rap-porto tra la condotta di colui che ha colpito al cuore e la morte del sog-getto passivo; e d’altro canto non si ravvisano elementi indicativi – ol-tre ogni ragionevole dubbio – di differenti leggi di copertura sotto cuiricondurre la spiegazione dell’evento concreto.

Neppure è contestabile che la questione della c.d. causalità concor-suale non sia esauribile nei tratti di una problematica di con-causalità,accuratamente precisata dal comma 1 dell’art. 41 c.p. L’“anche se” iviespresso, dichiara apertamente la persistenza del nesso oggettivo afronte di ciascuna delle plurime condotte capaci di spiegare la natura-le successione dell’evento, sia che rimangano non intersecantesi (Tizioe Caio appiccano contemporaneamente ma l’uno indipendentementedall’altro il fuoco all’ufficio di Sempronio al fine di ucciderlo, e si ac-certa che la morte per asfissia si sarebbe verificata in modo e tempopressoché identico se avesse agito soltanto Tizio o soltanto Caio) siache risultino tra loro combinate (Tizio e Caio agiscono con le identichemodalità sopra descritte ma risultano essersi previamente coordinatiper provocare la morte di Sempronio).

Se, infine, quanto al caso portato ad esempio, conveniamo nell’af-fermare la sussistenza di un contributo concorsuale anche rispetto al-la condotta del secondo “imperito” agente, ciò si deve necessaria-mente all’intervento di un fattore normativo estraneo al parametrocausale.

Tant’è. Negli episodi plurisoggettivi il risultato finale di un siffattocomportamento non è l’evento significativo “semplice”, cui si riferiscelo statuto della causalità (ad es. la morte della vittima, che è “un” ac-cadimento), ma la situazione complessa del convergere di più condot-te verso l’unico obiettivo (medesimo reato). Limpido, alfine, il corret-tivo introdotto dalla regola del “concorrere nel medesimo reato” ri-spetto alla formula condizionalistica, non occorrendo una vera e pro-

Page 226: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 211

449 Riconosce che «tra concorso di cause e concorso di persone vi è una diffe-renza di struttura» PEDRAZZI, Il concorso di persone nel reato, cit., 41, che spiega co-me «nel concorso di cause vi sono più fattori complementari, benché soltanto in li-nea di fatto», mentre «nel concorso di persone la dipendenza non è reciproca» es-sendovi «un principale e un accessorio, quest’ultimo bisognoso della qualifica cheil principale, esecutivo, possiede anche da solo». Non per questo, prosegue l’Auto-re, occorre concludere nel senso che «i due istituti debbano di necessità applicarsia ipotesi diverse: nei reati materiali, infatti, un concorso di persone non è pensabi-le senza un concorso di cause»; ugualmente «un concorso di condotte illecite cau-sali dello stesso evento (art. 41, comma 3, c.p.) comporta molto spesso un concor-so di persone ai sensi dell’art. 110 o 113 c.p.», loc. ult. cit.

450 In argomento, GUERRINI, Il contributo concorsuale di minima importanza, Mi-lano, 1997.

451 Nel senso che l’art. 116 c.p., col richiedere un nesso causale fra la condotta eil reato diverso da quello voluto, varrebbe ad ammettere, a contrario, la rilevanza exart. 110 c.p. anche di contributi non condizionali, CONTENTO, Corso di diritto pena-le, cit., 485 ss.; RAMACCI, Corso di diritto penale, cit., 519 ss.

pria connessione naturalistica capace di suffragare una spiegazionelogica della successione degli avvenimenti, ma una condotta del sin-golo tale da far considerare la situazione finale – reato – come proie-zione esterna del significato posto dal volere attraverso gli atti intra-presi.

È l’espressa previsione legislativa, del resto, che evita l’equivoco dipensare risolta la c.d. causalità del contributo atipico attraverso la for-mula condizionalistica, ad essa abdicando nel momento in cui rinun-cia a menzionarla. Non è un caso, difatti, che la previsione non si limi-ti ad un richiamo – altrimenti opportuno – all’ipotesi del concorso cau-sale di attività illecite, in sostanza alla disciplina della causalità addi-zionale di cui all’art. 41, comma 3, c.p. 449. La distanza tra i due dettatiè precisamente misurabile proprio nella autonomia linguistica e con-cettuale che il “concorrere nel reato” assume rispetto al “concorrere acausare l’evento”. Ad abundantiam, l’art. 114, comma 1, c.p. conferma,tale considerazione, dimostrando interne alla sistematica concorsualecondotte che, per essere “minimamente partecipative” alla preparazio-ne o all’esecuzione, chiaramente esulano dallo spazio operativo delcondizionalismo 450.

Né gli artt. 113 e 116 c.p., inserendo nella rispettiva formulazionegli enunciati di «evento … cagionato dalla cooperazione di più perso-ne» e di «evento … conseguenza della sua azione od omissione», val-gono in alcun modo ad obiettare a siffatta conclusione, convincendopiuttosto del fatto che la definizione della condotta concorsuale (ex art.110 c.p.) sia a tali norme preesistente, nonché per l’appunto eteroge-nea rispetto al modello causale 451. La norma relativa alla cooperazio-

8.

Page 227: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

212 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

ne nel delitto colposo, difatti, nel plasmare un modello di illecito plu-risoggettivo tanto strutturalmente indipendente da quello dolosoquanto ad esso “successivo” – potendo solo “eccezionalmente” aggiun-gersi alla previsione di un siffatto, generale, titolo di imputazione sog-gettiva – par così creare una ragionevole connessione con la dizionedell’art. 43, comma 1, secondo alinea, c.p., ove l’inosservanza della re-gola di diligenza è tratteggiata come “causa” del fatto. La disciplinadell’aberratio concorsuale, dal canto suo, si muove invece vistosamen-te ad ampliare una pre-data nozione di “concorrente”: nel senso che“concorre” nel diverso reato doloso pure chi non abbia dolosamentepartecipato alla sua realizzazione, purché, in siffatta evenienza, egliabbia realizzato una condizione necessaria del conseguente – sebbene“divergente” – risultato criminoso (in guisa da lasciar apprezzare, nelversante psicologico, la piena prevedibilità della successione di eventiconnessa alla di lui condotta).

Del resto, indirizzano alla stessa meta le (altrettanto) “eccezionali”incriminazioni del concorso colposo nell’altrui reato doloso (ad es.artt. 254 e 259 c.p.): la condotta, commessa per colpa, intesa come par-tecipativa ed alla quale non può che essere stata estesa la punibilità giàsancita per l’“omologa” condotta dolosa, è descritta con la perifrasidell’ «aver reso possibile o anche soltanto agevolato l’esecuzione deldelitto». Se neppure in questo frangente il legislatore ha scelto di espri-mere il comportamento del concorrente “atipico” con la formula del“concorrere a causare”, vorrà ben dire qualcosa.

Il riferimento contenuto nell’art. 110 c.p. ad altra, e metabolizzata,nozione normativa si coglie così col recuperare la pregnanza semanti-ca dell’espressione “concorrere”, che segnala una condotta oggettiva-mente e soggettivamente direzionata verso la “stessa” meta criminosa.

Le linee argomentative di questa tesi non mancheranno di esserepianamente illustrate, ma sembra opportuno fornirne fin da qui unaformulazione di sintesi, che renda manifesto l’obiettivo della dimo-strazione.

La disposizione in menzione segue infatti, con siffatta formula, lecoordinate già dettate attraverso la tipizzazione della condotta dolosaminima, necessaria e sufficiente a segnalare un disvalore voluto, qualeè il compimento di atti idonei e diretti in modo non equivoco a com-mettere un reato coordinandosi con i distinti comportamenti di altri sog-getti, omogenei sotto un profilo funzionale. Solo così, del resto, si per-viene ad una chiara e definita concettualizzazione della condotta par-tecipativa, che non ha bisogno di perdersi né in considerazioni meta-giuridiche di strumentalità della condotta né in viaggi senza limiti esenza confini attraverso la trasformazione metodologica del criterio

Page 228: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 213

452 PAGLIARO, Principi di diritto penale, cit., 357 ss.; ID., Causalità e diritto penale,cit., 1046.

453 V. M. GALLO, Lineamenti di una teoria sul concorso di persone nel reato, cit.,63 s.

454 Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2002, Carnevale, in Foro it., 2003, II, 453, che ri-percorre i passaggi essenziali, tranne per quanto attiene all’elemento psicologicodel concorso esterno in delitto associativo, del più importante precedente giuri-sprudenziale con cui si è misurata, Cass., Sez. Un., 5 ottobre 1994, Demitry, cit. Peruna efficace sintesi degli itinerari della giurisprudenza in ordine al concorso even-tuale VASSALLI, Note in margine alla riforma del concorso di persone nel reato, in Stu-di in onore di Giorgio Marinucci, a cura di Dolcini e Paliero, II, Milano, 2006, 1959ss., cui si rinvia anche per la bibliografia citata.

455 Cass., Sez. Un., 12 luglio 2005, Mannino, cit. Anzi, si precisa come la pecu-

causale, giustificata nel vago nome della funzione preventiva del dirit-to penale 452.

5.6. Segue: … alla dimensione tipica dell’illecito concorsuale

È pervero legittimo pretendere che la soluzione al quesito circa ladimensione tipica del contributo concorsuale non venga dettata esclu-sivamente da una pur pressante pregiudiziale opportunistico-giusti-zialista.

E l’indagine dà ragione a questa pretesa: è il sistema penale, infatti,a decodificare positivamente la problematica, nel disporre la pari pu-nibilità di tutti coloro che concorrono nel medesimo reato.

Per avvicinarsi ad una appropriata collocazione della condotta esa-minata occorre quindi partire da un punto prospettico che ne pongadefinitivamente in risalto quel carattere di atipicità, rispetto alla de-scrizione formulata nella fattispecie incriminatrice, capace di attrarrecomportamenti materiali e psichici indubbiamente non afferenti al-l’area di rilevanza segnalata dallo statuto della causalità penale 453.

Il rilievo, peraltro, trova un riconoscimento generale nelle afferma-zioni dell’esperienza giudiziale, in cui emerge un’immagine del fattoconcorsuale «per definizione atipico» e riconoscibile per il suo orien-tamento causale (che – si deve convenire – non è causalità in sensostretto), quale fattore di tipizzazione del contributo 454. Anche laddovesi sconfina nel richiedere un «effettivo nesso condizionalistico tra lacondotta stessa e la realizzazione del fatto di reato, come storicamen-te verificatosi, hic et nunc, con tutte le sue caratteristiche essenziali»,insomma ove si pretende «una reale efficienza causale» del contributo,questo rimane fermamente «atipico» e di carattere sia materiale chemorale 455.

Page 229: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

214 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

liarità dell’apporto del concorrente morale (istigazione diretta o indiretta al delitto;determinazione alla sua esecuzione; agevolazione della sua preparazione o consu-mazione; rafforzamento del proposito criminoso di altro concorrente; mera ade-sione o autorizzazione o approvazione per rimuovere ogni ostacolo alla realizza-zione di esso), non esima dal motivare sulla prova dell’esistenza di una sua realepartecipazione nella fase ideativa o preparatoria del crimine, né dal precisare sottoquale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attivitàposte in essere dagli altri concorrenti, non potendosi confondere l’atipicità dellacondotta criminosa concorsuale con l’indifferenza probatoria circa le forme con-crete del suo manifestarsi nella realtà, così Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2003, An-dreotti e altri, in Riv. it. dir. proc. pen., 2004, 590.

456 In particolare, VIGNALE, Ai confini della tipicità, cit., 1375 ss.457 V. PADOVANI, La concezione finalistica dell’azione, cit., 404.458 Cfr. DELL’ANDRO, La fattispecie plurisoggettiva, cit., 80 s.459 Da lunga data è stato infatti rilevato come l’art. 110 c.p. non chiarisca la ne-

cessità di un nesso causale, v. M. GALLO, Lineamenti di una teoria sul concorso dipersone nel reato, cit., 17: «Attraverso una siffatta terminologia, non si pone nem-

Tant’è che crescenti consensi – di chi, pur contestando il monopo-lio causale, non lo ha ripudiato 456 – ha ottenuto la valorizzazione delcontributo quale criterio di tipizzazione piuttosto che di imputazionedell’evento.

Verso l’accennato risultato esegetico indirizza già la visione di unaserie di reati plurisoggettivi di natura bilaterale o, per così dire, a con-corso necessario, ove le condotte convergenti, integrandosi a vicenda,costituiscono proprio la tipizzazione della trama materiale dell’unita-rio reato. Ma a convincere della bontà di questa piattaforma concet-tuale interviene soprattutto l’annotazione sviluppabile attorno all’ele-mento linguistico “reato”: termine di relazione del concorrere e quindidato normativo del fenomeno plurisoggettivo 457, segnalato da unaconformità al tipo oggettivo di parte speciale (magari combinato conla previsione generale del delitto tentato) riferibile sia ad una sia ad al-cune sia a tutte le condotte dei soggetti implicati 458. Ebbene, un siffat-to elemento normativo già in sé contiene il rinvio all’elemento eziolo-gico proprio dictu. Un rinvio, si badi, del tutto eventuale, considerato,come noto, che il citato nesso non risulta fattore costitutivo irrinun-ciabile di ogni illecito penale, ma rimane necessario nelle sole fattispe-cie di evento ai fini della verifica della commissione di un fatto che as-suma la forma della consumazione. Non può mettersi in dubbio, infi-ne, l’evidenza: la tipicità della discussa forma di manifestazione crimi-nosa, tanto oggettivamente quanto soggettivamente, trova un paradig-ma normativo distinto dal reato, quale fatto descritto dalla singolanorma incriminatrice, e dettato dall’art. 110 c.p. nei termini del con-correre con altri nel medesimo reato 459.

Page 230: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 215

meno in rilievo la necessità di una efficienza causale del comportamento qualifica-to a titolo di concorso».

460 Ritiene operante un criterio basato su «fatti di equiparazione», cioè su cor-rispondenze analogiche tra contributo d’autore e contributo dei complici, GIULIANI

BALESTRINO, I limiti della compartecipazione criminosa, Milano, 1988, 23 ss., 89 ss.Cfr., Cass., Sez. I, 11 ottobre 2000, Moffa, cit., 1531 ss., che ravvisa una coopera-zione delittuosa nel fatto del concorrente morale che abbia rafforzato il propositodell’autore materiale del reato e ne abbia agevolato l’opera sempre che «si sia rap-presentato l’evento del reato ed abbia partecipato ad esso esprimendo una volontàcriminosa uguale a quella dell’autore materiale».

461 Sul punto DONINI, La partecipazione al reato, cit., 182 ss., 233 ss., 242 ss. In par-ticolare (op. ult. cit., 179) l’Autore sostiene la necessità di «tipicizzare in via interpre-tativa le carenze del dato positivo»; cosicché, all’esito di una tale operazione erme-neutica, «la ricostruzione tracciata persuade del rispetto del principio di tassativitàda parte della vigente normativa sul concorso di persone» (ivi, 242). Peraltro lo stes-so Autore ha recentemente abbandonato tale posizione: «Io non credo più (come in-vece ritenevo diciassette anni orsono) alla sufficienza di una tipicizzazione interpreta-tiva», DONINI, Il concorso di persone nel Progetto Grosso, in AA.VV., La riforma del co-dice penale. La parte generale, a cura di De Maglie-Seminara, Milano, 2002, 154.

Occorre, allora, stringere l’obiettivo, e formulare la proposizione diun criterio che, raggruppando nella stessa dimensione penale la plura-lità delle frazioni compositive della fattispecie concreta, consenta diequipararle 460. In una simile impresa la linea da seguire rimane quelladi una interpretazione sistematica che tenga conto dei principi gene-rali dell’imputazione, e non trasformi la disciplina concorsuale in unasorta di clausola di ipertutela dei beni giuridici rimessa ad una defini-zione puramente ermeneutica ed inevitabilmente vanificatrice dei li-miti della legalità 461.

5.7. Il metro della non-desistenza

Ebbene, se si tratta di riformulare l’immagine del fatto che, singo-larmente compiuto, confluisce insieme agli altrui comportamenti nelrealizzare un volere criminale, il parametro cui riferirsi è quello dellacondotta dolosa. Posto che il concorrere nel medesimo reato è la for-mula di sintesi per esprimere l’affluire delle molteplici condotte versol’identico, ed identicamente voluto, obiettivo illecito, sembra inveroconvincente un ragionamento che nel ricercare il canone di tipizzazio-ne della condotta di partecipazione si richiami al modello normativodella condotta dolosa e questa ponderi in relazione al reato material-mente commesso (insieme ad altro o altri autori).

In dettaglio. Si è già commentato come il criterio della causalità ade-guata, alla cui stregua è penalmente punibile una condotta che abbia ac-cresciuto il rischio in ordine alla realizzazione del reato, sollevi perples-

Page 231: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

216 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

462 Per tutti, DONINI, La partecipazione al reato, cit., 230 ss.; INSOLERA, Problemi distruttura del concorso di persone nel reato, cit., 50 ss.; SEMINARA, Tecniche normativee concorso di persone nel reato, cit., 260 ss.

463 CAVALIERE, Il concorso eventuale nel reato associativo, cit., 230 s.464 Si propone, infatti, nel testo una lettura soggettiva del requisito dell’univo-

cità degli atti di cui all’art. 56, comma 1, c.p.

sità non dissolvibili nel momento in cui focalizza sulla mera idoneitàcausale, fuoriuscita dall’adattamento logico del parametro condiziona-listico, il canale d’entrata nell’area dei comportamenti suscettibili di cri-minalizzazione. L’incontestabile carenza – dianzi rimarcata – di un ra-gionevole fondamento positivo, la rende alternativa esegetica non per-corribile, completamente disarmata al cospetto dell’evidenziato contra-sto con la non punibilità del c.d. tentativo di concorso 462, «per la man-canza di previsione espressa oltre che per la presenza di una disposizio-ne espressa in senso contrario, art. 115 c.p.» 463. Pure, la stessa opzionecoglie in parte nel segno, intuendo che il giudizio di tipicità della con-dotta partecipativa debba essere svolto ponendosi, come suol dirsi, exante rispetto alla realizzazione completa del fatto di reato, e non nel mo-mento successivo che è il luogo, ed il tempo, dell’accertamento causale.

Se quello previsto e punito ex art. 110 c.p. è, come appurato, un fat-to non necessariamente causale; se, per premessa irrinunciabile, è unfatto proprio di ciascuno dei concorrenti ed a ciascuno è personal-mente rimproverabile; se, infine, l’illiceità penale non si radica nel fat-to di reato da altro soggetto compiuto ma nel comportamento del sin-golo, ciò significa che la ricerca, allontanandosi dall’esclusivo riferi-mento alla sfera del disvalore d’evento deve calibrarsi anche sul disva-lore d’azione.

Occorre, allora, il riscontro di un atteggiamento umano che dimo-stri un concreto impegno, personale e consapevole, all’esecuzione delreato, in modo da segnalare la presenza di una condotta tipica dolosa.Non basta, invero, che ci sia una caratterizzazione oggettiva del com-portamento, nel senso dell’idoneità degli atti ad operare come parti in-tegranti di una commissione plurisoggettiva, ma è pure necessario chein questi si rifletta, coerentemente, la direzione non equivoca della vo-lontà dell’agente a porre la propria condotta a strumento per l’esecu-zione ed il perfezionamento dell’obiettivo criminale 464.

Sennonché, la funzionalità della condotta atipica rispetto a quellatipica, in breve il suo rivelarsi mezzo rispetto al fine di commettere ilreato, può considerarsi corretta misura di valore del contributo con-corsuale solo nel momento in cui sia segnalata positivamente da unoschema generale ed astratto di responsabilità penale.

Page 232: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 217

465 Diverso il ragionamento seguito da RONCO, Le interazioni psichiche nel dirit-to penale, cit., 849 ss., che, individua la soglia del penalmente rilevante nella disci-plina del tentativo ex art. 56, comma 1, c.p. e quindi subordina la punibilità del con-

Come punto d’avvio concettuale non pare a questo punto fuorvian-te richiamare i requisiti, oggettivo e soggettivo, della condotta tentataprevista dall’art. 56, comma 1, c.p. Che, si badi, non equivale a coin-volgere l’intera forma delittuosa del tentativo, la cui immagine – è or-mai chiaro – si definisce compiutamente solo a seguito dell’interventodi un fattore cogente esterno, impeditivo dell’esito prefissato («sel’azione non si compie o l’evento non si verifica»).

L’osservazione deve pertanto concentrarsi su questo tratto di con-dotta (compiuta o meno che sia), idonea e diretta in modo non equi-voco a commettere il delitto, che non rappresenta di per sé il minimocomportamento necessario e sufficiente alla visibilità di una tipicitàdolosa monosoggettiva, ma di questa costruisce un gradino fonda-mentale.

Lo si desume in termini inequivocabili nel confronto con il comma3, ove è dettata la non punibilità del “colpevole” che volontariamentedesista dall’azione, ovvero dagli atti qualificati già realizzati. Qui – si ètentato di dimostrare – inizia a disegnarsi il perimetro del sistema pe-nale: il primo (in senso cronologico) comportamento che filtra al suointerno, perché pregno di un disvalore meritevole di pena, consiste nelfatto di non rinnegare volontariamente la condotta compiuta, idoneaed inequivoca, privandola con immediatezza del ruolo funzionale allacommissione delittuosa nella cui ottica era stata costruita. Dall’istan-te in cui il sistema penale avverte la presenza di un simile atteggia-mento, volutamente strumentalizzato all’esecuzione delittuosa e nonrepentinamente abbandonato (rectius, cancellato dalla visuale dell’or-dinamento), lo rende passibile di sanzione penale: nella forma di de-litto tentato se l’azione non si compie o l’evento non si verifica, nellaforma di delitto consumato nell’inversa evenienza di esito propizio perl’agente.

In breve, se da qui, dalla non desistenza, inizia la colpevolizzazionegiuridica di una condotta lasciata correre lungo i binari dell’esecuzio-ne delittuosa, allora è da qui che inizia la tipicità di un comportamen-to doloso. Ne consegue come la spendita di un simile comportamento– di non desistenza da atti idonei ed univocamente diretti al delitto – col-loca il soggetto, sotto il profilo della contrapposizione rispetto allescelte ordinamentali di tutela, nella stessa posizione di colui che con-corre al reato, tanto che questo rimanga allo stadio di tentativo tantoche risulti alfine consumato 465. Difatti, una volta ricostruito il codice

Page 233: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

218 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

corrente psichico agli stessi requisiti di punibilità del fatto tentato. Date queste pre-messe si trova però costretto ad ammettere la irriducibile diversità che corre tra de-litto tentato e delitto consumato, nella specie concorsuale, ed a superare l’impassesancendo la prevalenza dell’ «importanza degli aspetti di somiglianza, ben più rile-vanti nell’economia valutativa, e che concernono il disvalore espresso dalla con-dotta».

genetico del fatto tipico doloso, è lì che pare lecito rinvenire il criteriovalido per l’identificazione di una partecipazione penalmente rilevan-te, comportando questa – come si rimarcava poc’anzi – un problema ditipicità, piuttosto che di causalità.

6. Il “concorrere nel medesimo reato” letto attraverso la lente dellatipicità dolosa

La visione così suggerita pare recare un valore aggiunto al panora-ma ormai consolidato, fornendo la chiave di lettura dell’altrimenti si-billina espressione «concorrere nel medesimo reato» ex art. 110 c.p.,propositiva di una nuova forma di incriminazione: la sinteticità che laincalza trova invero ragione nel presupporre già assorbita all’internodel sistema penale la regola generale di incriminabilità di una condot-ta dolosa individuale, a condizione di ravvisare (non essendo desistiti)atti intenzionalmente resi strumenti – e come tali osservabili dall’ester-no – per la commissione di un delitto (ex art. 56, commi 1 e 3, c.p.).

Ciò posto, l’istituto concorsuale per un verso acquisisce il suddettoparadigma della tipicità dolosa, e concorrere diventa compiere (non de-sistendo da) atti idonei ed univocamente diretti a commettere un mede-simo reato, ovvero a commettere insieme ad altri un reato; per altroverso, in ragione del maggiore spessore che acquista il disvalore pro-dotto dal fenomeno aggregativo, ne dilata i margini di applicabilità, ri-ferendosi all’intera fenomenologia del reato doloso invece che alla piùstretta dimensione delittuosa.

In definitiva, viene così a puntualizzarsi la differenza corrente tra ilmodello di sussunzione sotto leggi generali ed il modello della condot-ta tipica dolosa, l’uno valido per l’accertamento dell’eventuale elemen-to eziologico (quello ad esempio intercorrente tra lo sparare del sicarioe la morte della vittima predestinata), l’altro indicatore, all’interno del-la fattispecie plurisoggettiva eventuale, dell’identità della comparteci-pazione. Scolpita, quest’ultima, in un parametro giuridico che la ca-ratterizza come situazione fattuale in primo luogo “afferrabile”, per-ché non immediatamente e volontariamente cancellata attraverso unacontro-condotta di desistenza, in secondo luogo idoneamente ed in-

Page 234: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 219

466 In questo senso sembra indirizzarsi Cass., Sez. V, 4 novembre 1992, Madon-na, in Cass. pen., 1994, 1497, in cui si è escluso che gli omicidi commessi material-mente da alcuni affiliati possano essere automaticamente addebitati a titolo di con-corso morale ai componenti della “commissione” in quanto tali, richiedendosi perciascuno di essi una previa verifica della “causale”, individuabile nel diretto e pres-sante interesse alla soppressione della vittima.

467 Centrale, invece, il connotato soggettivo nelle teorie finalistiche, ove cam-peggia una nozione di azione collettiva: «la realizzazione collettiva, in quanto vie-tata come tale, è un nuovo tipo di condotta rispetto alle singole azioni che vi con-fluiscono; la nuova tipicità è determinata dall’elemento psicologico che unifica leazioni e che viene preso come termine di riferimento dal divieto contenuto nelle di-sposizioni sul concorso», LATAGLIATA, I principi del concorso di persone nel reato, cit.,272.

468 Cass., Sez. I, 27 novembre 1991, Terranova, in Cass. pen., 1992, 294.

tenzionalmente diretta ad integrare il quadro composito della com-missione plurisoggettiva dell’illecito penale.

Né l’interprete potrà legittimamente discostarsi da questo paradig-ma allo scopo di ricomprendere sotto lo spettro della punibilità altre ti-pologie di fatti, colorate soltanto da una intrinseca portata teleologicarispetto all’offesa, e quanto al resto mancanti di idoneità oggettiva 466.Sulla scorta di tale requisito si deve infatti esigere nella condotta il ca-rattere, socialmente apprezzabile, di mezzo rispetto al fine di integrarela realizzazione del reato insieme agli altrui comportamenti, tutti av-volti nel fascio unitario dell’art. 110 c.p. Il nucleo nevralgico dello spar-tiacque tra compartecipazione e situazione intenzionale penalmenteirrilevante passa così per la verifica del significato oggettivamente at-tribuibile al comportamento nel muoversi ad innestarsi sulla condottaesecutiva 467. Ne consegue come risultino punibili solo quelle realtàfuoriuscite dai margini del desiderio, dell’apprezzamento, della conni-venza 468, e catalizzatesi verso la creazione delle condizioni fattuali incui diversi soggetti possano materialmente spendere un atteggiamentotale da definire in concreto l’evento tipicamente offensivo.

Si badi: ciò non implica, neppure a proposito del consiglio o del-l’esortazione, la verifica dell’effettiva efficienza causale, la quale a ri-gore rimarrebbe inesistente qualora l’esecutore avesse già in sé radica-ta l’intenzione di compiere il reato, occorrendo piuttosto il vaglio deltenore del messaggio e delle condizioni in cui è stato reso.

Nel riaffermare la pregnanza definitoria, in ordine ai contorni delcontributo causale, riconosciuta alla componente della non-desisten-za, va infatti sottolineato come tale criterio da un lato si conformi allemoderne acquisizioni della scienza psicologica, che la volontà umanaintendono come solo “relativamente” libera in quanto variabilmente

Page 235: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

220 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

469 Cfr. FIORELLA, Responsabilità penale, cit., 1338.470 Concordi nell’impiego del criterio causale anche in rapporto a questa forma

di partecipazione, SEMINARA, Riflessioni sulla condotta istigatoria, cit., 1123 ss.; SE-RENI, Istigazione al reato e autoresponsabilità, cit., 94 ss., 105, 143; FIANDACA-MUSCO,Diritto penale, cit., 501 s. In particolare, si oppongono all’abbandono di un metododi spiegazione scientifica, STELLA, Leggi scientifiche e spiegazione causale, cit., 102ss.; ALESSANDRI, Art. 27, comma 1, Cost., in Commentario della Costituzione, a curadi Branca, Bologna-Roma, 1991, 40; ROMANO-GRASSO, Commentario sistematico, II,cit., 159 s. Contra, MORMANDO, L’istigazione, cit., 72 s.; DI GIOVINE, Lo statuto episte-mologico della causalità penale, cit., 679.

471 Cfr. Cass., Sez. I, 10 maggio 1993, Algranati, cit., 51.472 G.A. DE FRANCESCO, Il concorso di persone nel reato, cit., 337.473 In questo senso SEMINARA, Riflessioni sulla condotta istigatoria, cit., 1129 ss.;

CAVALIERE, Il concorso eventuale nel reato associativo, cit., 238 s.

condizionata dall’esterno e dall’interno della personalità individua-le 469. Dall’altro si presti a non sacrificare l’identità tipica del c.d. con-corso morale, evitando di imprigionarlo in un problematico procedi-mento pseudo-scientifico, magari nella forma semplificata del ricorsoa massime d’esperienza, volto a verificarne la reale incidenza sulla psi-che altrui (melius, sull’altrui proposito criminoso) nella pretesa di ac-certare la connessione consequenziale che lo lega alle modalità ogget-tive ed alla posizione spazio-temporale del fatto concreto 470. A ciò siaggiunga, quale ulteriore obbiettivo centrato dal ricorso al modellonon-desistente, la rinuncia al ripiego verso schemi presuntivi, che tra-ducano contributi materiali inutilizzati in ipotesi di supporto psicolo-gico; o verso schemi di tipo prognostico, legittimati attraverso fuor-vianti riferimenti normativi 471.

È indubbio, d’altronde, come la mera ricerca di una corrisponden-za oggettiva tra istigazione e fatto commesso 472 si ridurrebbe ad inac-cettabile equivalente della formula “post hoc propter hoc”. Di converso,alludere ancora ad una “causalità” dell’istigazione ove ne conseguauna esecuzione diversamente circostanziata rispetto all’originaria pia-nificazione 473, si appalesa nulla più che uno schermo verbale osse-quioso della più accreditata tradizione esegetica. Invero, una volta as-sunto che l’accertamento dell’effettiva influenza dell’istigazione primasulla psiche e poi sulla condotta altrui vada operato secondo un mo-dello generalizzante di spiegazione causale, rimarrebbe ancora tuttada provare la “scientificità” del metodo che conduce a riferire l’atteg-giamento dell’istigato ad una sua reazione psichica a fronte dell’istiga-zione ricevuta. A maggior ragione la saldezza del ragionamento sispezza ove si ammetta che la concreta e decisiva incidenza sul com-portamento dell’istigato “singolarmente” dipenda dalla pregnanza

Page 236: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 221

474 GRASSO, Disciplina normativa della compartecipazione criminosa, cit., 138 s.;FIANDACA-MUSCO, Diritto penale, cit., 502.

475 In senso conforme, oltre a Cass., Sez. I, 2 dicembre 2003, R. e altri, in Dir.pen. proc., 2004, 685 s., Cass., Sez. V, 27 aprile 2001, Riina, in Cass. pen., 2002, 975,che ha annullato la sentenza di condanna nei confronti dei componenti della “com-missione”, estranei al ristretto gruppo di coloro che avevano ideato e fatto eseguireil delitto, per non essere stati neppure avvertiti della deliberazione criminosa. Ladecisione ha affermato il principio secondo cui nell’ambito dell’associazione perdelinquere di stampo mafioso denominata “Cosa nostra”, la semplice appartenen-za all’organismo collegiale centrale, denominato “Commissione” o “Cupola”, com-posto da un ristretto numero di associati e investito del potere di deliberare in or-dine alla commissione di singoli fatti criminosi da considerare di speciale impor-tanza per la vita dell’organizzazione, non ha più valenza indiziaria univoca, dimo-strativa del contributo di ciascuno dei suoi componenti alla decisione del reato fi-ne in considerazione delle mutate condizioni organizzative dell’associazione, in cuiprevale un gruppo egemone e sanguinario non osservante la prassi della collegialitàdelle decisioni. In dottrina, cfr. FIANDACA, Sulla responsabilità concorsuale, cit., 15ss.; SEMINARA, Riflessioni sulla condotta istigatoria, cit., 1121 ss.; DE MAGLIE, Teoriae prassi dei rapporti tra reati associativi e concorso di persone nei reati-fine, in Riv. it.dir. proc. pen., 1987, 924 ss.; CANZIO, Orientamenti giurisprudenziali in tema di re-sponsabilità dei partecipi nei reati-fine: la responsabilità dei capi di “Cosa nostra” pergli omicidi “eccellenti” ascrivibili all’associazione mafiosa, in Foro it., 1996, II, 587 ss.

476 Cfr. Cass., Sez. I, 2 dicembre 2003, R. e altri, cit., che sottolinea: «la provadella esistenza di un “consenso tacito” deve, dunque, essere fornita attraverso la in-dicazione di comportamenti univocamente convergenti a dimostrare che l’imputa-to era a conoscenza della deliberazione che la commissione avrebbe adottato, hapartecipato a detta riunione, si è espresso in senso favorevole all’omicidio, o purnon avendo partecipato alla riunione ha tenuto, tuttavia, un atteggiamento idoneoad influire positivamente sulla decisione adottata».

qualitativa e quantitativa della pressione esercitata sull’altrui volontà.In breve, la necessaria efficienza causale delle condotte di concorsomorale implicherebbe solo che in esse risulti contenuto un impulsopsicologico ad agire 474.

Identiche considerazioni, peraltro, valgono in ordine alla rilevanzadel consenso c.d. tacito. Così, la mancanza di una opinione dissen-ziente (riferibile ad esempio ai membri della “commissione” di “cosanostra”) può dirsi contributo rispetto all’“omicidio eccellente” nel mo-mento in cui si accerti la sussistenza di presupposti fattuali che collo-chino quel silenzio in un contesto reso intenzionalmente idoneo a ri-muovere un ostacolo all’esecuzione del delitto 475. Per cui, anche ovevenisse provata una determinazione degli esecutori materiali tale chela prospettazione di eventuali reazioni negative non li avrebbe dissua-si dall’opera, dovrà considerarsi integrato il contenuto della partecipa-zione punibile con l’essere dimostrata la valenza di «autorizzazionestrumentale all’offesa» propria della non contrarietà comunicata aiproponenti 476.

Page 237: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

222 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

477 In questa linea sembra inserirsi anche Cass., Sez. I, 11 ottobre 2000, Moffa,cit., accogliendo il ricorso per carenza di motivazione della sentenza di merito cheaveva ritenuto sussistente il concorso dell’imputato nei delitti di tentato omicidio elesioni volontarie aggravate commessi dal fratello. La pronuncia, difatti, si era svi-luppata sulla scorta di elementi probatori consistenti nella presenza del soggettosul luogo del ferimento della vittima e nell’essersi questi trovato poco prima nel me-desimo garage dal quale il fratello aveva prelevato l’arma usata per il tentato omi-cidio, null’altro specificando in merito alla natura di dette presenze ed all’atteggia-mento soggettivo tenuto dall’imputato rispetto all’azione realizzata dal fratello.

478 Cass., Sez. VI, 23 ottobre 1989, Masserini, cit., 407, ha qualificato come cor-reo il convivente per il maggior senso di sicurezza che avrebbe infuso nell’autricedel reato.

479 Dando così copertura all’impresa criminosa, Cass., Sez. II, 17 giugno 1992,Ortu, in Cass. pen., 1992, 123.

480 Cass., Sez. I, 27 ottobre 1964, Zanotti, in Cass. pen., 1964, 243, sulla base del-le riportate considerazioni ha ritenuto il concorso morale dell’imputato nel delittodi omicidio commesso dal fratello minore, anche per la preminenza di ruolo sem-pre assunta in ogni circostanza dal fratello maggiore e più autorevole.

481 V. il caso, diffusamente richiamato da SERENI, Istigazione al reato e autore-sponsabilità, cit., 33, deciso dalla Corte di Assise di Imperia (sent. 4 giugno 1993,Cominelli, inedita), avente ad oggetto l’omicidio commesso da una giovane coppiaai danni della madre della ragazza, in cui, motivando alla stregua della presunzio-ne criticata nel testo, il giudicante si pronunciò per la responsabilità concorsualedella ragazza nonostante fosse risultato che la decisione definitiva del ragazzosull’agire e sull’esecuzione del fatto fosse avvenuta in solitudine, senza alcun ap-poggio da parte di lei.

Parallelamente, a delineare l’idoneità all’interazione criminosa delcontesto che è stato dolosamente predisposto, ben varranno quelle cir-costanze che attengono alla sfera personale dei rapporti tra i presunticompartecipi (legame solidaristico derivante da vincoli di parentela,convivenza, relazioni commerciali o lavorative). In una simile cornicepossono infatti emergere uno o più momenti di rilievo empirico cheriescono a dipingere con chiarezza la coscienza e la volontà di connet-tersi oggettivamente alla dinamica del crimine 477. In questo senso van-no ad intendersi la convivenza consapevolmente protratta a contattocon gli episodi di spaccio di droga realizzati nella comune abitazio-ne 478; o il persistere nel normale svolgimento dell’attività lavorativapur sapendo che nei locali sia in atto un sequestro di persona 479; o lasolidarietà all’agente, dettata dalla comune motivazione, manifestatain comportamenti pre e post delictum ed accompagnata dalla presenzanell’ora e nel luogo del crimine 480. Non vale a questi fini, di converso,la presunzione di sostegno psicologico che esprimerebbe il vincolo deisentimenti in uno con la presenza di un comune interesse di fatto 481.

Page 238: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 223

482 Sul punto, rileva «l’insufficienza del mero criterio causale», «nella misura incui esso comporta la rinuncia ad una tipizzazione delle condotte di concorso mo-rale», CAVALIERE, Il concorso eventuale nel reato associativo, cit., 242. In questo sen-so anche MONACO, La riforma dell’art. 110 del codice penale italiano. Spunti introdut-tivi, in AA.VV., Problemi generali di diritto penale. Contributo alla riforma, a cura diVassalli, Milano, 1982, 126; SERENI, Istigazione al reato e autoresponsabilità, cit.,138 ss., che sostiene la necessità di tipizzare le condotte di istigazione alla streguadi parametri normativi di imputazione oggettiva, quali il rischio consentito ed ilprincipio di autoresponsabilità.

483 Anche il progetto Pagliaro, cit., premessa l’esigenza di «identificare la con-dotta di partecipazione secondo il principio di determinatezza», rinuncia «allaprevisione di figure concorsuali tipiche», segnalando un fatto di concorso nellacondotta di chi «nella fase ideativa, preparatoria o esecutiva, dà un contributo ne-cessario, o quanto meno agevolatore, alla realizzazione dell’evento offensivo»(art. 26). Neppure il progetto Riz, risalente al 1995, in Riv. it. dir. proc. pen., 1995,927 ss., innova sul punto, riproponendo all’art. 95 la clausola generale di cuiall’art. 110 c.p. Il progetto Grosso, cit., si accinge invece a descrivere le tipologietassative di concorso in tre figure fondamentali, costruite però come fattispecieaperte, che riecheggiano l’elastica formulazione della disciplina vigente. In parti-colare, all’art. 43, comma 1, dispone che «concorre nel reato chiunque partecipaalla sua esecuzione, ovvero determina o istiga altro concorrente, o ne agevolal’esecuzione fornendo aiuto o assistenza causalmente rilevanti per la sua realizza-zione». Quanto, al progetto Nordio, cit., lo slancio di determinatezza definitoriache lo caratterizza si pone esattamente in linea con le conclusioni condivise neltesto, sia per la notazione “di chiusura” dell’art. 44, comma 1, c.p., per cui «nes-

7. Definizione tipica della condotta concorsuale ed offensività

L’orizzonte che si è tentato di dischiudere lascia quindi intravederei non trascurabili margini di validità del criterio proposto, in parteconnesso al concetto di aumento del rischio di realizzazione del reato,nella misura in cui consente di identificare la condotta di partecipa-zione al momento in cui viene prestata ed a prescindere da una sua ef-fettiva valenza condizionalistica rispetto all’evento o al reato che sia;quanto al resto, significativamente distante dalla pretesa, formulatadalla stessa teorica, di agganciare il fondamento normativo del canoneall’art. 56, comma 1, c.p., la cui portata operativa si esaurisce piuttostonell’esclusiva descrizione della forma delittuosa tentata.

Infatti, un percorso ricostruttivo che si avvalga dello schema nomo-logico della non-desistenza riesce ad individuare nitidamente proprio ilperimetro normativo in cui iscrivere il significato della condotta con-corsuale, a tutt’oggi altrimenti puntualizzabile solo in via empirico-cir-costanziale attraverso singole categorie “nominali” di rilevanza concor-suale. Del resto, l’ampiezza dell’ambito della punibilità così misuratoattraverso l’estensivo metro della tipicità dolosa 482, si rende comunquecompatibile con il principio di legalità, sub specie di determinatezza 483,

Page 239: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

224 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

suno può essere punito per atti di partecipazione nel reato se non è stato realiz-zato un tentativo punibile dello stesso reato», ovvero la prima forma di manife-stazione criminosa è quella immediatamente successiva alla non desistenza; sianella dettagliata enunciazione delle modalità di esecuzione e partecipazione nelreato ex art. 43: «Concorrono nel reato coloro che contribuiscono alla sua realiz-zazione con atti di esecuzione o di partecipazione. Costituisce partecipazione lapromozione, l’organizzazione, la direzione e l’agevolazione del reato. Sono atti dipromozione quelli che danno impulso all’ideazione od alla preparazione del rea-to. Sono atti di organizzazione quelli di coordinamento nella preparazione delreato. Sono atti di direzione quelli di sovrintendenza nella preparazione del rea-to. Sono atti di agevolazione l’aiuto o l’assistenza che hanno reso l’ideazione, lapreparazione o l’esecuzione del reato più pronte o più sicure e sono prestati for-nendo indicazioni, informazioni o consigli diretti in modo obiettivamente univo-co alla commissione del reato oppure fornendo mezzi o strumenti o eliminandoimpedimenti oppure promettendo in anticipo aiuto. Sono esecutori coloro i qualicommettono in tutto o in parte il fatto previsto come reato. Sono altresì conside-rati esecutori coloro i quali nel commettere il reato si giovano dell’errore o dell’in-capacità altrui, anche se da essi non cagionati ovvero coloro che con violenza ominaccia costringono altri a commettere il reato». Infine, il progetto Pisapia, cit.,statuisce all’art. 21: «1. Prevedere che: a) concorre nel reato chi partecipando allasua deliberazione, preparazione o esecuzione ovvero determinando o istigandoaltro concorrente, o prestando un aiuto obiettivamente diretto alla realizzazionemedesima, apporta un contributo causale alla realizzazione del fatto; … d) nessu-no sia punito per concorso nel reato se il fatto non sia stato realizzato almeno nel-la forma del tentativo».

Per un vaglio critico dei tentativi di ricodificazione dell’art. 110 c.p. si rinvia aVASSALLI, Note in margine alla riforma del concorso di persone nel reato, cit., 1945 ss.Si veda anche SEMINARA, Sul concorso di persone nel reato, in Dir. pen. proc., 2007,1401 ss., che, in commento alla tipizzazione delle condotte di partecipazione al rea-to offerta dal progetto Pisapia, sottolinea come nessuna formula di tipizzazione siain realtà in grado di conseguire l’ambizioso obiettivo di determinatezza che si pre-figge, perché incapace di ingabbiare esaustivamente la variabile multiformità delreale.

484 Si richiama a questo proposito l’opinione di SERENI, Istigazione al reato e au-toresponsabilità, cit., 196, per cui la rilettura della norma imposta dai principi co-stituzionali di autoresponsabilità dovrebbe imporre l’affermazione di una irrilevan-za dell’istigazione come modo di causazione del reato, anche al di là dei casi in cuiquesta non sia accolta ovvero pur accolta il reato non sia commesso dall’istigato.

sintetizzando la pluralità delle possibili fenomenologie del concorrere.Oltre ad istigazione ed accordo, desunte ex adverso dall’art. 115

c.p. 484, convergono in questo modello sia le figure estrapolabili dagliartt. 111 e 112 c.p. – quelle del determinatore, del promotore, dell’or-ganizzatore dei contributi concorsuali (la cui attività potrebbe nonassumere efficacia condizionante: è il caso del soggetto che interven-ga nel corso dell’esecuzione del sequestro di persona per coordinarele operazioni di riscossione del riscatto e liberazione della vittima) –,sia le condotte meramente agevolatrici o di facilitazione, nonché lecondotte rivelatesi a posteriori inutili o dannose, generalmente ap-

Page 240: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 225

485 Così PADOVANI, Diritto penale, cit., 287. In generale, sulla possibilità di indivi-duare forme differenziate di condotte nelle pieghe della disciplina positiva in ma-teria di concorso, LATAGLIATA, I principi del concorso di persone nel reato, cit., 228 ss.;VIGNALE, Ai confini della tipicità, cit., 1396 ss.

486 Cfr. PELISSERO, Il contributo concorsuale tra tipicità del fatto ed esigenze dicommisurazione della pena. Paradigmi teorici e modelli normativi, in Studi in onoredi Giorgio Marinucci, a cura di Dolcini e Paliero, II, Milano, 2006, 1643: «È su que-sto elemento che si è concentrata l’attenzione nel nostro sistema, forse proprio per-ché l’indagine non è stata “distratta” dalla differenziazione delle figure concorsua-li, anche se ugualmente nei sistemi fondati sull’impostazione accessoria si pone –come si è accennato – lo stesso ordine di problemi in relazione ai contributi atipi-ci. È possibile, pertanto, concludere affermando che la previsione di differenti ti-pologie di condotta deve essere sempre affiancata dalla indicazione del nesso dicollegamento con il fatto: solo l’operare congiunto di entrambe consente di sottrar-re l’attuale art. 110 c.p. dalla indeterminatezza di cui è affetto e riportare il sistemaal rispetto del principio di responsabilità per fatto proprio». Sul punto si veda an-che SERENI, Verso una nuova disciplina del concorso di persone nel reato, in AA.VV.,La riforma della parte generale del codice penale, a cura di Stile, Napoli, 2003, 352;CONTENTO, Osservazioni sulla proposta di riforma della disciplina del concorso di per-sone nel reato, ibidem, 340.

prezzate sul piano della partecipazione psichica come forme di isti-gazione 485.

La riflessione teorica appena sviluppata si dimostrerebbe del restoconsona pure ad un quadro normativo che, innovandosi, facesse pro-pria la scelta di una espressa tipizzazione delle modalità di concretiz-zazione dell’apporto: l’opzione di cui ora si discute, per certo in gradodi dotare la linea di confine della fattispecie plurisoggettiva dei neces-sari attributi della precisione e della determinatezza, non è da sola suf-ficiente ad assicurare la costruzione di un criterio di imputazione per-sonale, ove sfornita di un elemento di collegamento con il fatto con-corsuale 486.

Concludendo. Concorre – ed è punibile ai sensi della fattispecie plu-risoggettiva eventuale germinata dall’incontro dell’art. 110 c.p. con lanorma di parte speciale – chiunque spenda una condotta tipica dolosaconvergente con altri nella realizzazione di un reato; chiunque, cioè,non desista volontariamente dalla realizzazione di atti idonei e direttiin modo non equivoco a commettere un reato insieme a più persone,sia che tale attività si identifichi in tutto o in parte con la situazione ti-pica descritta dalla fattispecie incriminatrice di parte speciale, sia chetale coincidenza manchi.

Comunque, in entrambe le evenienze richiamate, la vicenda di cia-scun agente rimarrà sussumibile in un autonomo quadro giuridico,dallo sfondo tipicamente “corale” e coincidente nei soli margini ester-ni con il fatto descritto nell’ipotesi di riferimento, di dimensione tenta-

Page 241: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

226 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

487 Per una analisi delle problematiche suscitate dalla congiunzione delle clau-sole estensive della punibilità di cui agli artt. 56, comma 1, e 110, c.p. si rinvia aRISICATO, Combinazione e interferenza di forme di manifestazione del reato. Contri-buto ad una teoria delle clausole generali di incriminazione suppletiva, Milano,2001, 215 ss.

488 Questa la comune posizione giurisprudenziale, cfr. Cass., Sez. I, 5 dicembre1984, Fabiano, in Cass. pen., 1986, 1972; Cass., Sez. VI, 19 settembre 1990, Casira-ghi, ivi, 1992, 1910.

489 A tal proposito v. DONINI, La partecipazione al reato, cit., 230 ss., che mette afuoco il contrasto con il principio di eguaglianza, sub specie di proporzione, insitonell’equiparazione tra contributi effettivamente efficaci e contributi solo idonei aconcorrere all’offesa.

ta o consumata 487. In questo “intreccio sistematico”, del resto, si im-pronta un modello di responsabilità aperto a conferire rilevanza pena-le anche a contributi volontariamente apportati ad alcune soltanto del-le fasi di ideazione, organizzazione ed esecuzione della condotta cri-minosa 488. Con tutte le problematiche – di latitudine interpretativa –che ne discendono.

Ciò non toglie, tuttavia, che il requisito tipizzante della non desi-stenza svolga, con proprietà di verificabilità empirica, una funzionegarantista in chiave di legalità aliena dalle contraddizioni in cui rima-ne invischiato un nesso causale in senso naturalistico. Rispetto al qua-le, d’altronde, risulta arricchito per la considerazione pure dell’ele-mento psicologico doloso.

Da ultimo, rimangono da precisare due profili di non secondario ri-lievo.

Sancire la pari punibilità di un simile complesso eterogeneo di con-dotte non significa convenire su di una punibilità pari 489. Ovvero, il do-veroso ossequio ai canoni di valutazione indicati dall’art. 133 c.p., checonsente l’oscillazione della misura sanzionatoria – per ogni concor-rente – tra i due lati della cornice edittale, non può lasciar avallare ladisapplicazione dell’articolato meccanismo circostanziale ivi apposita-mente predisposto nell’ottica di una accentuata esigenza di individua-lizzazione della risposta penale (ex artt. 112, comma 1, nn. 2, 3, 4, e114, comma 1, c.p.). La dimensione delle circostanze, invero, proprionella vicenda concorsuale segna il suo terreno d’elezione positivizzan-do la non equiparazione della pena a fronte di una parificata respon-sabilità: se l’ultima trova ragione nella base comune (a tutti i concor-renti) della tipicità dolosa della condotta, la prima risulta invece pecu-liarmente imbastita sul ruolo concretamente assunto dal comparteci-pe, rimanendogli strettamente aderente. Le tipologie di contributi tra-dotte in elementi accessori (organizzazione, direzione, contributo mi-

Page 242: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 227

490 DE VERO, Compartecipazione criminosa e personalità della responsabilità pe-nale, cit., 254 s., sostiene come ai fini della configurabilità di un concorso moraledel “palo” occorra che gli altri concorrenti sappiano della sua presenza, per averlacon lui concordata. Analogamente CAVALIERE, Il concorso eventuale nel reato asso-ciativo, cit., 244, riconosce che, laddove «l’intervento del palo non incida sul fattoquale lesione di beni giuridici, o qualora questi rimanga inattivo, non essendo pro-spettabile una causalità della sua condotta, la sua punibilità potrà farsi risalireeventualmente ad un concorso morale», sempre che partecipi ad un accordo cri-minoso nel cui ambito si impegna a svolgere un compito efficace o sul piano dellacausazione dell’evento lesivo o sul piano dell’assicurazione dell’impunità, potendocon ciò rafforzare l’altrui proposito criminoso.

nimo di facilitazione esecutiva) appaiono infatti nell’indubitabile vestedi circostanze inerenti alla persona del colpevole, a detta dell’art. 118c.p. escluse dal circuito della comunicabilità intersoggettiva. D’altrocanto, l’evidente distonia che siffatta disciplina presenta rispetto aduna spiegazione in termini causali del contributo singolare è la ragio-ne più plausibile dell’indifferenza costantemente dimostratagli dallaprassi applicativa, platealmente dimentica della previsione attenuanteche pondera la «minima importanza nella preparazione o nell’esecu-zione del reato» (art. 114, comma 1, c.p.).

Infine, l’ampia fascia di incriminabilità emersa dalla individuata ti-pizzazione delle condotte concorsuali non coincide per ciò solo conl’area di applicabilità della pena. La marginalità di taluni contributi diagevolazione (come consigli relativi a modalità operative di tale com-plessità o pericolosità da non essere affatto presi in considerazione insede esecutiva), in particolare quelli risoltisi nella mera presenza sulluogo del fatto (si pensi al caso del convivente che assista meramente“silente” ai traffici illeciti perpetrati nella sua abitazione), dovrà, al pa-ri delle altre e più corpose condotte, essere filtrata attraverso il prismadell’idoneità dell’azione tipica alla produzione dell’evento offensivo.Ove il fatto del singolo compartecipe non superasse tale ulteriore sbar-ramento selettivo (come parrebbe essere negli esempi suindicati), percerto (ex art. 49, commi 2 e 4, c.p.), residuerebbe la sola applicabilitàdella misura di sicurezza. E ciò va tenuto fermo anche rispetto allaclassica ipotesi del “palo” rimasto completamente inattivo, a prescin-dere, naturalmente, dalla consapevolezza che della sua presenza ab-biano gli altri concorrenti 490. Il potenziale “palo”, sia che concordi ilsuo ruolo aderendo ad un accordo criminoso, sia che all’insaputa degliesecutori si prefigga di assicurare loro l’impunità, pur realizzando unacondotta tipica di concorso solo a questo titolo “impossibile” potrebberisultare sanzionabile.

Tanto permette di percorrere una via di maggior rigore giuridico,

Page 243: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

228 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

491 PEDRAZZI, Il concorso di persone nel reato, cit., 46 ss.; STORTONI, Agevolazionee concorso di persone nel reato, cit., 87 ss., 130.

492 Nel senso che simili criteri creerebbero lacune di punibilità, ALBEGGIANI, Im-putazione dell’evento e struttura obiettiva della partecipazione criminosa, cit., 419 s.;VIGNALE, Ai confini della tipicità, cit., 1371 ss. Sulle teorie dell’imputazione oggetti-va v. anche MOCCIA, Il diritto penale tra essere e valore, cit., 130 ss.

493 Cfr., a tal proposito, la formulazione della nuova versione dell’art. 41, cpv.,c.p. proposta – già alla Commissione Grosso – da DONINI, Imputazione oggettiva del-l’evento. “Nesso di rischio” e responsabilità per fatto proprio, Torino, 2006, 80: «Nonè punibile chi ha commesso il fatto per l’intervento assorbente di cause sopravvenuteche dipendano da fattori eccezionali, da sfere giuridiche di competenza esclusiva diterzi, della persona offesa, o da rischi ubiquitari». «È assorbente l’intervento delle con-cause di cui al comma precedente, quando esso riduce la causalità della condotta alsignificato di mera occasione, o determina un effetto manifestamente sproporzionatoall’idoneità lesiva della condotta vietata». «L’imputazione dell’evento non è esclusaquando le concause sopravvenute costituiscono l’approfondimento dello specifico ri-schio illecito della condotta vietata». Si noti peraltro che ivi l’Autore ha cura di chia-rire come «il nuovo art. 41 cpv.» presupponga «una condotta già vietata, anche senon ancora punibile, che abbia attivato un rischio illecito (comma 3), perché se nonlo fosse, non le si potrebbe imputare mai un evento. Ciò implica che sia esclusodall’imputazione il comportamento che rimane entro la soglia di un rischio lecito,e quindi dà per risolto (mediante criteri che però la norma stessa non contiene enon potrebbe contenere) il problema della rilevanza della condotta in termini di su-peramento del rischio consentito». Si rinvia anche a DONINI, Alla ricerca d un dise-gno, cit., 249 s.

494 Così SERENI, Istigazione al reato e autoresponsabilità, cit., 13: «A favore delprincipio causale depone anche l’art. 115 c.p. che, sia pur indirettamente, consacrala regola di non punibilità del tentativo di partecipazione e che sembra implicarel’irrilevanza penale tanto dell’istigazione che non abbia effettivamente motivatol’autore, quanto a fortiori del contributo materiale che non sia stato utilizzato nellafase esecutiva. Ed invero, riguardo all’istigazione, accogliere il criterio dell’aumen-to del rischio significa rinunciare ad accertare se la condotta istigatrice abbia real-

scartando l’idea di correttivi normativi del criterio causale, che puresono stati proposti nel tentativo di rispondere alla medesima esigenzadi rispetto dell’offensività penale 491: seguendo tale impostazione si ri-chiederebbe che il contributo abbia «significativamente aumentato ilrischio» della realizzazione del fatto e che il rischio così generato ab-bia poi trovato effettiva concretizzazione 492. Delimitazione, questa,che se stride con la previsione dell’art. 114 c.p. neppure si rispecchia inalcun dettato positivo, già intaccandosi con questo rilievo la validità diun riferimento all’imputazione oggettiva 493. Di più. Deporrebbe a sfa-vore anche la regola della non punibilità del tentativo di partecipazio-ne consacrata nell’art. 115 c.p.: una volta accolto il criterio dell’au-mento del rischio la suddetta formulazione varrebbe infatti a “firmare”la (poco comprensibile) rinuncia ad accertare che la condotta istigatri-ce abbia mai realmente superato una simile soglia di sbarramento 494.

Page 244: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 229

mente superato la soglia del tentativo di partecipazione: ciò, appunto, in evidentecontrasto con il disposto dell’art. 115 c.p.». In proposito anche PETROCELLI, Il delit-to tentato, cit., 75 ss.; INSOLERA, Concorso di persone nel reato, cit., 455 ss.

495 Così anche Cass., Sez. V, 9 febbraio 1983, Cecilia, in Cass. pen., 1984, I,1111 ss.

496 Cfr. FLORA, Il ravvedimento del concorrente, cit., 185 ss., che sottolinea come«dal punto di vista sostanziale, infatti, anche in relazione all’efficacia del contribu-to partecipativo meramente psicologico o materiale con effetti psicologici, dovreb-be ritenersi sufficiente controoperare, rispettivamente, togliendo dalla mente deicompartecipi l’idea criminosa negli stessi esatti termini in cui era stata insinuata ofacendone venir meno la fermezza del proposito criminoso. Senonché, dal punto di

L’adozione del metro selettivo suggerito dal connubio dei commi 1e 3 dell’art. 56 c.p. sembra invece consentire l’individuazione di un ra-gionevole fondamento giuridico quanto alla rilevanza di tali contribu-ti a titolo di concorso nel reato, la quale rimarrebbe al contempo con-gruamente collegata sia al principio della pari responsabilità, che im-pone l’appartenenza di tutte le condotte ad un genus comune, sia al-l’idea costituzionale di punibilità come effetto “estremo” di un fatto of-fensivo.

8. La desistenza concorsuale: chiosa

Depurato il quadro di riferimento dalle zone d’ombra che maggior-mente hanno ostacolato l’indagine, si tratta ora di stabilire a quali con-dizioni possa ravvisarsi la desistenza del correo.

Si è più volte sottolineato come nel fatto di interesse gli atti idoneied univoci vengono, per così dire, fatti scomparire per volontà dellostesso agente, in modo tale che quella condotta, rimasta priva di ogniindizio di pericolosità in ordine al perfezionarsi del delitto originaria-mente prefissato, sia considerabile solo alla stregua di atti preparatoriverso i quali è immediatamente fatta regredire. D’altronde, su questoinnegabile profilo individuale della desistenza concorda anche unabuona parte della dottrina e della giurisprudenza dianzi criticate, chene hanno sottolineato una natura soggettiva e personalissima la cui ri-levanza si esplicherebbe proprio nell’escludere la configurabilità di unconcorso 495.

A mettere in dubbio la consistenza giuridica così individuata nonvale la pur indubbia difficoltà che presenta l’accertamento dell’avve-nuta eliminazione dell’originario contributo del concorrente, in parti-colar modo se trattasi di contributo morale e se il delitto venga co-munque portato a compimento dagli altri correi 496. In tali casi, la veri-

Page 245: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

230 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

vista processuale probatorio, il buon esito della controoperazione è di problemati-ca dimostrazione, trattandosi di accertare un mutamento avvenuto nella psiche deiconcorrenti. Anzi, proprio la commissione del reato da parte di questi ultimi, no-nostante l’adoperarsi dell’istigatore, potrebbe al contrario costituire un riscontroobiettivo della mancata totale elisione del contributo originario. Così, una voltaprovato che la condotta materiale o istigatoria ha fatto sorgere o ha rafforzato ilproposito criminoso dei compartecipi, deve ritenersi ragionevole considerare ilreato commesso da questi ancora influenzato dalla precedente attività istigatoria».

497 Così RISICATO, Combinazione e interferenza di forme di manifestazione del rea-to, cit., 345.

498 Conforme, nel senso che è sufficiente l’integrale eliminazione delle conse-guenze del contributo precedentemente fornito, venendo in questo caso a mancareogni nesso di condizionamento con il reato poi realizzatosi, M. GALLO, Lineamentidi una teoria sul concorso di persone nel reato, cit., 27 ss. e 85; VIOLANTE, Sulla strut-tura dell’atto di desistenza del concorrente, cit., 846; MORELLI, La desistenza volonta-ria del compartecipe, cit., 308; FIANDACA, Sulla desistenza, cit., 279 ss. In proposito, sirichiamano le principali, e discordanti, pronunce sul tema, Cass., Sez. II, 14 di-cembre 1966, Bova e altri, in Riv. it. dir. proc. pen., 1968, 837 ss.; Cass., Sez. II, 11novembre 1969, Govoni, in Cass. pen., 1971, 93; Cass., Sez. II, 16 dicembre 1969,Lunetta, in Giust. pen., 1974, II, 31; Cass., Sez. II, 27 marzo 1973, Antonelli e altro,ibidem; Cass., Sez. II, 21 dicembre 1977, Trotta, ivi, 1978, II, 61; Cass., Sez. I, 29 di-cembre 1978, Tanganelli, in Cass. pen., 1980, 1025; Cass., Sez. I, 9 giugno 1981, Ce-renterio, ivi, 1982, 1297; Cass., Sez. I, 30 giugno 1981, Sarti, ivi, 1983, 1748; Cass.,Sez. II, 30 novembre, 1981, Casaria, ivi, 1983, 1312; Cass., Sez. III, 27 novembre1984, Accardi, ivi, 1986, 465; Cass., Sez. I, 8 aprile 1997, Sannino, in Riv. pen., 1998,206; Cass., Sez. VI, 7 aprile 1999, Corriere e altro, in Guida al dir., 1999, n. 29, 84;Cass., Sez. I, 29 aprile 1999, Carnovale, ibidem, n. 47, 89.

fica della totale estraneità del concorrente “dissociato” rispetto al fattoconcretamente commesso, rimane legata alla risultanza di questo co-me frutto di una nuova ed autonoma risoluzione criminosa, avulsa daqualsiasi profilo di offensività – oggettiva e soggettiva – riconducibileal comportamento del desistente. Il fatto deve cioè porsi come espres-sione di un disvalore in cui nulla si scorga di quello già insito nel pre-gresso comportamento singolare, estirpato dalla scena collettiva 497.

In questa prospettiva, invero, gli atti compiuti, non più qualificabi-li come idonei ed univocamente diretti a commettere un delitto, nep-pure potranno ritenersi realizzare gli estremi di un contributo causalealla verificazione del delitto stesso 498, riflettendo essi una assolutainattualità dell’offesa.

Di converso. Allorquando l’azione del correo abbia originato, co-scientemente e consapevolmente, meccanismi di interconnessione conl’altrui comportamento, e gli stessi siano stati cristallizzati attraversouna non immediata desistenza, doverosa risulterà la conclusione nelsenso della responsabilità penale. In altre parole, una volta attualizza-tasi l’offesa attraverso quel comportamento, non potrà certo negarsi la

Page 246: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 231

499 Sul punto, per cui non sempre risulta possibile per il concorrente elidere ilproprio antecedente apporto senza incidere sull’attività degli altri concorrenti, v.Cass., Sez. II, 22 gennaio 1986, Coinn, in Riv. pen., 1987, 281, che conclude nel sen-so che la desistenza si atteggerà come neutralizzazione degli effetti del proprio ap-porto oppure impedimento alla realizzazione del reato a seconda delle caratteristi-che del contributo atipico fornito agli altri concorrenti (per es. informazioni, esor-tazioni, consigli): «diversamente dall’esecutore monosoggettivo al quale si può ri-conoscere la desistenza volontaria se interrompe il corso dell’azione o impediscel’evento, il concorrente nel reato (la cui azione è considerata, indipendentementedal ruolo svolto, indivisibile ed inscindibile rispetto a quella dei compartecipi e di-retta ad un unico risultato) se vuole beneficiare dell’art. 56, comma 3, c.p., deve at-tivarsi al fine di evitare la realizzazione concorsuale o comunque dell’evento che nederiva; è necessario che, in relazione alla sua concreta possibilità all’interno dell’or-ganizzazione criminosa, instauri un processo causale che arresti l’azione dei com-partecipi o impedisca l’evento o, quanto meno, elimini le conseguenze della suacondotta rendendola estranea e irrilevante rispetto al reato commesso dagli altri orimasto allo stato di tentativo; quest’ultima forma di desistenza può ricorrere soloquando la struttura dell’organizzazione del reato e il ruolo svolto dal concorrentegli consentano l’effettiva elisione di tutti gli effetti della sua condotta e non è quin-di ravvisabile nel caso in cui l’agente sia un informatore dei meri casi e abbia inte-ramente esaurito il suo apporto causale sicché le conseguenze della attività da luiin precedenza compiuta siano irreversibili; in tal caso la desistenza è possibile solose, al di là del modo e dell’importanza della sua partecipazione, il concorrente si as-sicura l’onere di arrestare l’azione comune o di impedire l’evento».

500 Cfr. Cass., Sez. V, 16 maggio 1980, Di Gregorio, in Cass. pen., 1982, 62. Nel-la specie, una donna incinta, in qualità di agente provocatore, dopo aver simulata-mente accettato di sottoporsi ad interruzione della gravidanza dietro compenso e

necessità che lo stesso correo, al fine di manifestare esteriormente unproprio “ravvedimento”, interrompa l’azione collettiva, divenuta unicaed anche “sua”, e quindi impedisca l’evento 499. Saremmo tuttavia giànell’ambito del recesso attivo, posto che l’inderogabile annullamentodella condotta totale, la sola che possa dirsi propriamente causa del-l’evento, appare l’indice di una azione individuale ormai in sé e per sénon cancellabile, costitutiva di un contributo causale “realmente” tipi-co e degna di essere riconosciuta come offensiva tanto sotto il profilooggettivo quanto sotto quello soggettivo.

Superato, allora, il confine di accesso nella partecipazione crimino-sa al momento in cui il significato – e quindi il potenziale disvalore –dei precedenti atti venga confermato dal contegno immediatamentesuccessivo piuttosto che da questo essere invertito e corretto, si può ri-tenere a quel punto perfettamente delineata la cornice di una formaconcorsuale di manifestazione delittuosa, al cui interno valutare poil’eventuale esistenza di un recesso attivo per il preteso desistente, e diun tentativo per gli altri soggetti rimasti inerti in questa direzione diravvedimento postumo 500.

Page 247: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

232 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

senza l’osservanza delle modalità prescritte, appena iniziate le pratiche abortiveaveva provocato l’intervento della polizia: secondo la Corte l’esaurimento dell’atti-vità dell’agente provocatore, che fin dall’inizio si era proposto di limitare il suo ap-porto volontario al compimento di una parte soltanto dell’azione criminosa, ha co-stituito un avvenimento estraneo e indipendente dalla volontà del compartecipe, sìche la cessazione dell’attività di questi non può considerarsi volontaria.

501 In questi termini RISICATO, Combinazione e interferenza di forme di manife-stazione del reato, cit., 268. Cfr. CARRARA, Programma del corso di diritto criminale.Parte generale, cit., §§ 489 e 490, che riconduce il fenomeno del recesso, inserito nelcontesto di un delitto consumato, alla logica della dissociazione del concorrentedall’impresa criminosa comune, definendolo come «cessazione di coerenza nellevolontà». Nello stesso senso TOLOMEI, Il pentimento nel diritto penale, cit., 268, cheparla di una «cessazione di coerenza della volontà dei partecipanti».

502 RISICATO, Combinazione e interferenza di forme di manifestazione del reato,cit., 343.

Il sunto della riflessione rimane, così, profondamente distinto daquello espresso dalla posizione concettuale, recentemente rivalutata,alla cui stregua l’autonomia del recesso (in senso lato) del concorrenterispetto alla struttura della desistenza implica che il primo si configu-ri anche nel ben diverso contesto della dissociazione del singolo parte-cipe da un reato che non sia rimasto allo stadio del tentativo punibile,per essere stato dagli altri effettivamente consumato 501.

In questo nuovo capitolo della tematica si annidano, e si ripropon-gono, i difetti delle linee esegetiche già affrontate e le consecutive obie-zioni critiche rispetto ad esse formulabili.

In particolare. Da un lato si assume che la desistenza ex art. 56,comma 3, c.p. sia un fenomeno tipico del tentativo e dunque presup-ponga la mancata consumazione dell’illecito concorsuale come conse-guenza, diretta o indiretta, dell’interruzione dell’iter criminis ad operadi uno dei concorrenti; dall’altro si intende il recesso del concorrentequale sinonimo di “dissociazione”, e lo si ravvisa esclusivamente nelcontesto del reato consumato, ove determina l’annullamento del sin-golo contributo causale richiesto dall’art. 110 c.p. in qualità di elemen-to essenziale della partecipazione criminosa.

Ne discende, seguendo le cadenze dell’opinione in analisi, che se ilsingolo partecipe si ritira dal piano delittuoso collettivo poi giunto acompimento pur a seguito di codesto abbandono, non si potrà più par-lare di vera e propria desistenza, avendosi piuttosto un fenomeno nuo-vo e diverso (per l’appunto, il recesso concorsuale), la cui rilevanzasarà subordinata all’integrale eliminazione degli esiti della condotta dipartecipazione, di modo che il fatto realizzato dagli altri soggetti nonsia più in alcun modo riferibile sul piano causale al concorrente “no-lente”: non sia più opera sua 502.

Page 248: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 233

503 Dovrebbe di conseguenza estendersi a tutti i concorrenti secondo FIANDACA-MUSCO, Diritto penale, cit., 521, 524. Contra, RISICATO, Combinazione e interferenza diforme di manifestazione del reato, cit., 372, la quale sottolinea le perplessità suscita-te da una collocazione del recesso tra le circostanze relative ai rapporti tra colpe-vole e offeso, che fanno riferimento ad una relazione pregressa tra autore e vittimae non a quella meramente occasionale nascente dal contesto della realizzazione cri-minosa.

Così nasce l’ossimoro di una “normativa contra legem”, partorita –col nome di recesso del concorrente – dall’assemblamento dei silenzidi un legislatore che avrebbe taciuto la disciplina sia in ordine alla de-sistenza dalla consumazione delittuosa sia in ordine al ravvedimentoin ambito concorsuale.

9. Il recesso concorsuale

Al proposito, una volta intravisto un margine di operatività “con-corsuale” della disposizione sul recesso distinto da quello della desi-stenza, sono sorte discordanze ulteriori in ordine alla relativa classifi-cazione giuridica.

Ancorché pacifica nel considerarla come una circostanza atte-nuante soggettiva, la dottrina si è divisa sulla sua comunicabilità. I piùl’hanno ritenuta estensibile ai concorrenti; taluni tuttavia, a fronte del-la innovata disciplina di cui all’art. 118 c.p., hanno concluso nel sensoopposto, sostenendo che la suddetta circostanza rientri nel novero diquelle relative ai rapporti tra colpevole ed offeso nello stesso dispostomenzionate 503. Seppure questa pare la soluzione più conforme all’im-magine di stretta individualità che trapela dalla descrizione normati-va del recesso, non può non mettersi in evidenza un particolare piut-tosto significativo: la considerazione di un simile legame tra agente esoggetto offeso è assolutamente estranea all’analisi dell’art. 56, com-ma 4, c.p.

Proseguendo. Al pari di quello appena accennato anche l’inquadra-mento dell’istituto tra le circostanze non comunicabili ex art. 118 c.p.in quanto attinente all’intensità del dolo del recedente si è rivelato in-soddisfacente, per aver completamente obliato, a fronte della privile-giata considerazione della volontarietà, il dato strutturale oggettivo delnecessario impedimento dell’evento.

Certo più ragionevole parrebbe a questo punto ricomprendere laprevisione tra le circostanze miste, pure non espressamente contem-plate nell’attuale dicitura codicistica, la cui specifica classificazione

Page 249: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

234 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

504 PROSDOCIMI, Note su alcuni criteri di classificazione delle circostanze, cit., 271.505 Nello stesso senso Ass. Bari, 13 novembre 1954, Loiotile e altri, cit., che ha

ritenuto, al fine di stabilire la desistenza scriminante nell’ipotesi di recesso del solocompartecipe, di dover valutare unicamente l’abbandono dell’originario propositodi cooperazione criminosa prima che sia portata a termine la propria opera indivi-duale di correità, istigazione o agevolazione. Contra, INSOLERA, Problemi di struttu-ra del concorso di persone nel reato, cit., 162 s., per il quale l’esecuzione concorsua-le implica che la desistenza del singolo concorrente intervenga quando questi abbiagià integralmente prestato il contributo, proprio perchè deve essere valorizzato ilvenir meno di un apporto già di per sé rilevante a titolo di partecipazione.

trova soluzione attraverso l’alternativa valutazione di prevalenza dellenote soggettive o oggettive inerenti alla singola circostanza. In tal caso,l’applicazione dell’effetto mitigante della pena a tutti i concorrenti sem-brerebbe conseguenza inevitabile per il determinante rilievo di una ca-ratterizzazione di tipo oggettivo della disposizione ora all’esame 504.

Eppure, una diatriba in proposito è privata di ogni ragione non ap-pena si ricostruisca il recesso nei termini di “minima” ed autonomaforma di manifestazione del reato. Non si tratta, allora, di disquisirecirca la comunicabilità o meno dell’effetto, quanto piuttosto di vaglia-re l’eventualità del concretizzarsi di una fattispecie plurisoggettiva: ov-vero di un concorso di persone nel delitto receduto, che dall’art. 110c.p. – combinato col comma 4 dell’art. 56 c.p. – eredita tutti e ciascunodegli elementi costitutivi.

10. Desistenza concorsuale ed art. 115 c.p.

L’art. 56, comma 3, c.p., impiantato nel terreno della partecipazio-ne criminosa, esce da questa eleborazione con una silhouette ben mar-cata. Qualora il colpevole, cioè colui che ha compiuto atti idonei e di-retti a commettere inequivocabilmente il delitto risultante dalla con-vergenza delle fattispecie plurisoggettive eventuali, volontariamentene desista in una stretta contestualità temporale, allora la di lui con-dotta, la cui tipicità sfuma, non potrà dirsi integrante un contributocausale alla verificazione del fatto: del resto neppure esiste una sua at-tuale volontà di cooperare per la realizzazione di un comune reato 505.Perde così consistenza proprio quella “medesimezza” sulla quale l’art.110 c.p. è forgiato, e trova ragione la totale impunità prescritta per l’as-soluta – anche sotto il profilo soggettivo – inattualità dell’offesa.

L’esame dell’aspetto appena evocato attraverso il riferimento alladimensione tipica, per l’appunto quello offensivo che il tipo indizia elascia presumere fino alla contraria dimostrazione di una sua causa di

Page 250: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 235

506 Cfr. BETTIOL, Sul tentativo di partecipazione delittuosa, in Scritti giuridici, I,Padova, 1966, 89 ss. Per una sintesi delle diverse concezioni sul tentativo di parte-cipazione FLORA, Il ravvedimento del concorrente, cit., 30 ss.

507 Sul tema RISICATO, Combinazione e interferenza di forme di manifestazione delreato, cit., 217 ss.

508 Nel codice Zanardelli non esisteva una disposizione analoga al vigente art.115 c.p., ma la coeva dottrina italiana escludeva la configurabilità e punibilità deltentativo di partecipazione, trattandosi di atti irrilevanti in qualità di tentativo per-ché non rappresentanti un inizio di esecuzione, e neppure rilevanti come atti dipartecipazione non accedendo ad un commesso reato, cfr. IMPALLOMENI, Il codicepenale italiano. Parte generale, I, Firenze, 1900, 275: «l’istigazione, per qualunquesiasi causa non seguita da reato non consumato, né tentato, non è imputabile comepartecipazione, neanco a titolo di tentativo, per l’inesistenza appunto di un gradoqualunque di forza fisica di quel reato che volevasi cagionare; non si dà tentativod’istigazione: l’atto provocatore rimane allora nei limiti di un mero atto preparato-rio».

esclusione, implica a questo punto un necessario rinvio all’art. 115c.p., considerato il ruolo da tale norma rivendicato nella delimitazionein negativo delle condotte di partecipazione punibili. Più esattamente,e secondo la scuola di pensiero di maggior seguito, il disposto si rita-glia una parte da protagonista nello stabilire la non sanzionabilità diun tentativo di concorso 506, crocevia del problematico fenomeno di“interferenza” tra art. 56 ed art. 110 c.p. in cui risultano amplificati glieffetti estensivi della punibilità propri dell’applicazione cumulativadelle clausole generali di incriminazione suppletiva 507.

A questo scopo è opportuno operare una rapida comparazione si-nottica dei due disposti avvicinati. Da una parte, la desistenza dal rea-to concorsuale ricostruisce la non commissione del fatto costituivo direato rispetto al singolo desistente, per volontaria interruzione (in sen-so lato) della sua “azione”. La forma che il delitto abbia poi successi-vamente assunto ad opera dei residui concorrenti, consumata, tentatao receduta, rimane indifferente per definire la posizione del desistente,la quale viene valutata come oggettivamente e soggettivamente neutra-le rispetto agli scopi di tutela penale.

L’art. 115 c.p., di contro, prescrive che nessuna delle due o più per-sone tra le quali sia intervenuto l’accordo o si sia intessuta una rela-zione istigatoria, risulti per ciò solo – e salva diversa disposizione legi-slativa – punibile se il reato non è commesso. Ovvero, se il reato non siè consumato. Nondimeno, nel caso di accordo e di istigazione non ac-colta per commettere un delitto o di istigazione accolta per commette-re un reato, si riconosce al giudice il potere discrezionale di applica-zione di una misura di sicurezza. Siamo di fronte all’altra ipotesi diquasi-reato disciplinata nel sistema penale 508.

Page 251: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

236 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

509 Così PETROCELLI, Il delitto tentato, cit., 80, che sommariamente esemplificagli atti in cui è suscettibile di concretizzarsi l’accordo: atti di comunicazione delproposito criminoso all’eventuale socio; atti di induzione, ovvero esortazioni, mi-nacce, promesse, prospettazione di utili e profitti; atti di accettazione, come l’ap-provazione del piano criminoso o il giuramento di fedeltà; atti di organizzazione,di ripartizione dei compiti; atti assicurativi e cautelativi, consistenti ad esempionella ricerca del ricettatore o nella predisposizione di un piano di fuga; atti di de-terminazione delle condizioni, delle modalità e dei mezzi del delitto; atti di procac-ciamento, allestimento, distribuzione dei mezzi.

510 PETROCELLI, Il delitto tentato, cit., 77. La più recente dottrina si preoccupa tut-tavia di sottolineare l’eterogeneità strutturale ed ontologica delle categorie dell’ac-cordo e dell’istigazione, in questo senso MORMANDO, L’istigazione, cit., 33.

511 In particolare, l’accordo per commettere un reato è stato approfondito comespunto per un esame relativo ai profili della condotta punibile. Secondo LATAGLIA-TA, Concorso di persone nel reato, cit., 577 s., l’art. 115 contiene l’esplicita indicazio-ne di quello che nel nostro ordinamento è il presupposto necessario di tutte le ipo-tesi di concorso di persone, cioè la commissione di un reato, per aversi la quale –afferma richiamandosi ad Antolisei – non è sufficiente che «almeno uno dei sog-getti e precisamente l’autore stricto sensu abbia realizzato il fatto materiale che èdescritto nella norma incriminatrice». La norma assolverebbe pertanto una fun-zione precettiva come deroga al principio dell’irrilevanza penale degli atti tipica-mente preparatori non seguiti dalla commissione di un reato (ID., Principi del con-corso di persone, Napoli, 1964, 20 ss.). Cfr. M. GALLO, Lineamenti di una teoria sulconcorso di persone nel reato, cit., 57. Che la previsione di non punibilità contenutanell’art. 115 c.p. sancisca l’accettazione da parte del legislatore di quell’aspetto del-la teoria dell’accessorietà che impone la necessità di un contributo dei comparteci-pi relazionato ad un fatto dotato di rilevanza penale, è stato sostenuto da SEMINARA,Tecniche normative e concorso di persone nel reato, cit., 279, e INSOLERA, Concorso dipersone nel reato, cit., 456 s.

Quanto detto apre ad una doverosa disamina della struttura e quin-di del senso ultimo dell’art. 115 c.p., la cui rubrica è sembrata spessoaccomunare le due accennate tipologie modali nell’alveo del tentativodi partecipazione 509. Il loro substrato comune consisterebbe nell’esse-re la «sintesi e, insieme, il punto d’arrivo di una serie di atti i quali van-no dal primo manifestarsi all’esterno di un proposito di accordo o diistigazione sino all’incontro finale delle volontà» 510.

Prima di accettare acriticamente questa pervasiva soluzione, con-viene però riflettere sull’effettivo significato sistematico della norma indiscorso, avvalendosi degli strumenti offerti dalle discussioni suscitatedall’argomento 511, così da “fermare” l’essenza del precetto contenutonell’art. 115 c.p. e di seguito raffrontarla con il significato enucleabiledal modello normativo della desistenza.

Page 252: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 237

512 Cfr. M. GALLO, Lineamenti di una teoria sul concorso di persone nel reato, cit.,44 ss., 54: «l’art. 115 non fa che sancire un principio del tutto ovvio come è quelloalla stregua del quale si afferma l’irrilevanza penale di atti che da soli, ove non sia-no seguiti da un altrui comportamento, ad essi collegato e che realizzi gli estremidi una lesione giuridica, non possono considerarsi offensivi del bene tutelato, nem-meno a titolo di tentativo».

513 PETROCELLI, Il delitto tentato, cit., 77: «l’art. 115 pone in modo esplicito nel si-stema del diritto penale italiano, fra il mero proposito interno di commettere un de-litto e la esecuzione di esso, una categoria di atti, i quali, pur essendo manifesta-zione esterna di quel proposito, pur essendo destinati, predisposti, diretti al fine dicommettere un delitto, non sono punibili». La funzione della norma, secondo l’Au-tore, è quella di rappresentare un limite espresso alla norma generale sul tentativoe di sancire, attraverso la non punibilità dell’accordo e dell’istigazione “sterile”, checon essi il reato non è ancora iniziato.

514 Così E. GALLO, Il delitto di attentato, cit., 268. Cfr. SERENI, Istigazione al reatoe autoresponsabilità, cit., 13 ss., secondo il quale l’art. 115 c.p., se pure indiretta-mente, consacra la regola di non punibilità del tentativo di partecipazione, sem-brando così implicare l’irrilevanza penale tanto dell’istigazione che non abbia ef-fettivamente motivato l’autore, quanto del contributo materiale che non sia statoutilizzato nella fase esecutiva. In conclusione, «è pacifico, a norma dell’art. 115 c.p.,che l’istigazione non costituisce in sé atto idoneo e univocamente diretto alla com-missione di un delitto. Quindi è proprio l’art. 56 c.p. ad avere come oggetto esclusi-vo di valutazione la somma degli atti posti in essere dai concorrenti. Ne segue cheestendere l’ambito di applicazione del tentativo ai singoli concorrenti equivarrebbead un’inammissibile interpretazione analogica in malam partem». Sul punto si ve-da anche PETROCELLI, Il delitto tentato, cit., 75 ss.; BETTIOL, Sul tentativo di parteci-pazione delittuosa, cit.; INSOLERA, Concorso di persone nel reato, cit., 455 ss.

11. Natura e funzione dell’art. 115 c.p.

L’esegesi della norma di cui ora si fa questione ha subìto il fascinodi accezioni tanto sensibilmente differenziate quanto sempre a strettocontatto con la problematica del tentativo.

In particolare, in un’ottica garantistica vi si è individuato un argine,ad abundantiam, rispetto alla punibilità degli atti meramente prepara-tori 512. L’istigazione e l’accordo sono state cioè interpretate come tipi-che manifestazioni esterne di un proposito criminoso, dirette al fine dicommettere un delitto eppure non punibili in quanto non esecutive 513.Le due diverse tipologie di attività troverebbero, allora, un’unica iden-tità nell’appartenenza alla categoria di atti comunque non conformi almodello legale di alcun reato descritto da una disposizione incrimina-trice 514. In pratica, una sorta di specchio normativo (e negativo) dellafigura delittuosa tentata.

Altrove, è stata elevata a deroga espressa del principio generale del-l’irrilevanza penale degli atti preparatori, e qualificata come disposi-zione precettiva nella parte in cui prevede l’applicazione di una misu-

Page 253: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

238 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

515 LATAGLIATA, I principi del concorso di persone nel reato, cit., 24 ss. «la vera ra-gione d’essere della disposizione non sta tanto nella necessità di riaffermare la nonpunibilità della sola istigazione e del solo accordo (dato che questa irrilevanza de-gli atti di accordo e di istigazione discende dalla loro natura di comportamenti me-ramente preparatori), quanto piuttosto nell’espressa previsione dell’applicabilità diuna misura di sicurezza per la pericolosità rivelata dal soggetto». Si veda anche BO-SCARELLI, Compendio di diritto penale. Parte generale, Milano, 1991, 166.

516 PEDRAZZI, Il concorso di persone nel reato, cit., 25 ss.517 VASSALLI, Accordo (dir. pen.), in Enc. dir., I, Milano, 1958, 302.518 TONINI, Istigazione, tentativo e partecipazione al reato, in Studi in memoria di

Delitala, III, Milano, 1984, 1601, per cui l’art. 115 c.p. sancirebbe la regola dellaimmunità da pena del tentativo idoneo ed univoco che si esprime nelle formedell’accordo o dell’istigazione non seguita da altra attività. Ancora in proposito ve-di RISICATO, Combinazione e interferenza di forme di manifestazione del reato, cit.,220 ss.; ID., La causalità psichica, cit., 11, 36 s.; BERGAMASCO, Art. 115 c.p., in Codicepenale, a cura di Padovani, Milano, 2007, 832.

519 Cfr. CAMAIONI, Riflessioni sul “tentativo di concorso nel reato” e “tentativo direato in concorso”, in Riv. it. dir. proc. pen., 2005, 1079, nota 27, il quale sottolineacome l’esigenza politico-criminale che gli atti non siano puniti «quando, nonostan-te la loro idoneità ed oggettiva univocità, siano tuttavia troppo remoti rispetto al-l’obiettivo criminoso perseguito, viene soddisfatta non già dall’art. 56 c.p., ma dal-la disposizione contenuta nell’art. 115 c.p., che sancisce la non punibilità degli atti– benché idonei ed univoci – meramente preparatori, come l’istigazione e l’accordo(non seguiti dall’esecuzione del reato)».

520 Così i Lavori preparatori del codice penale e del codice di procedura penale, V,pt. 1, cit., 172: «D’altra parte si rende conto che anche quegli atti possano essere in-dici gravissimi della pericolosità delle persone, che l’hanno compiuti. Il progettoautorizza, in tali casi, l’applicazione di una misura di sicurezza».

ra di sicurezza a fronte di quanto altrimenti non sarebbe assoggettabi-le ad alcuna sanzione criminale 515. O, ancora, si è letta nella disposi-zione una proiezione normativa della teoria dell’accessorietà 516.

Infine, l’art. 115 c.p. è apparso sancire un limite alla configurabilitàdelle ipotesi di tentativo punibile, con ciò integrando il disposto collo-cato all’art. 56, comma 1 517. Si è difatti progressivamente fatta stradal’idea che l’art. 115 c.p., non prendendo in considerazione atti mera-mente preparatori, implicasse le note dell’idoneità e dell’univocità comeessenziali anche per la sussistenza delle condotte di accordo e di istiga-zione 518. Ne è conseguita la prospettazione di queste nei tratti di figuredi tentativo di partecipazione o di concorso, dall’ordinamento giuridiconon assoggettate a pena per mere ragioni di politica criminale 519 eppu-re suscettibili di legittimare l’irrogazione di una misura di sicurezza 520.

In premessa a queste annotazioni si è posta la constatazione di unanuova struttura legale del tentativo, sganciato dal criterio zanardellia-no che, impostato sul grado di sviluppo dell’azione criminosa, decreta-va la non punibilità degli atti non esecutivi: ciò avrebbe indotto il legi-

Page 254: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 239

521 Lavori preparatori del codice penale e del codice di procedura penale, V, pt. 1,cit., 173.

522 Si vedano i rilievi formulati da PETROCELLI, Il delitto tentato, cit., 82 s.523 AZZALI, Concorso di persone nel reato, cit., 1364 ss.524 AZZALI, Concorso di persone nel reato, cit., 1365, ritiene che questa ipotesi non

poteva sfuggire alla portata dell’art. 115 c.p., essendovi ricompresa sia quella del-l’accordo sia quella dell’accoglimento dell’istigazione.

slatore a mitigare le potenzialità repressive dell’odierna formulazione,bilanciandole a mezzo del suddetto «limite espresso alla norma gene-rale sul tentativo, limite tanto più necessario in un sistema, che confe-risce all’istituto del tentativo la maggiore estensione» 521. In sostanza,l’intelaiatura del codice Rocco nasconderebbe una potente “truffa del-le etichette”, mirando a riproporre sotto altra locuzione (rectius, com-binazione sistematica) il medesimo criterio distintivo degli atti prepa-ratori ed esecutivi del codice abrogato 522.

Proprio sulle orme di questa posizione, che descrive l’art. 115 c.p.come una fattispecie eccezionale di tentativo di concorso, sembra ac-crescersi l’interesse a rimeditare con toni più attenti il profilo dei rap-porti intercorrenti tra la suddetta disposizione, da un lato, e quella raf-figurante la desistenza, dall’altro.

Ciò non significa riconoscere nelle due previsioni una sostanzialesomiglianza di ordine concettuale e criminologico, come pure non fa-tica a concludere chi a proposito dell’art. 115 c.p. parla nei termini dicausa di non punibilità 523. Per cui la norma, muovendo dalla sussi-stenza di un fatto costitutivo di reato, radicherebbe il suo effetto nellapresenza di determinati fattori che comportano l’inopportunità dell’in-tervento penalistico. In altre parole, nonostante l’idoneità di accordo oistigazione a sfociare nella consumazione del reato, e quindi nono-stante si abbia a che fare con elementi tipici costitutivi di una offesa dipericolo, si rinuncerebbe all’interesse punitivo, con riguardo al com-messo delitto tentato, in considerazione dell’incentivo ad abbandona-re l’impresa criminosa che ne possa discendere prima di una traslazio-ne dell’offesa nello stadio del danno, pur facendo salva l’applicabilitàdi una misura di sicurezza.

D’altronde, l’obiezione più salda all’indicata ricostruzione sta tuttanella lettera del disposto: difatti, la dichiarazione di non punibilità cuifa luogo l’art. 115 c.p. ricomprende anche l’ipotesi di istigazione nonaccolta, a proposito della quale dovrebbe dirsi ormai svanito il perico-lo che l’aggressione dell’interesse protetto venga proiettata oltre, man-cando, con ciò, la ragione di proporre un qualsivoglia contraccambioopportunistico 524.

Page 255: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

240 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

525 Diverso l’intendimento della relazione corrente tra i due istituti proposto daNEPPI MODONA, Il reato impossibile, cit., 202, e da VIOLANTE, Istigazione, cit., 994, se-condo il quale «l’art. 115 c.p. viene ad assumere una funzione del tutto distinta dal-l’art. 49 c.p., seppure ad esso complementare. Nel reato impossibile è tipicizzatauna situazione di conformità formale ad una fattispecie legale, caratterizzata dallanon lesività della condotta; attraverso l’art. 115 invece si commina la misura di si-curezza per un comportamento che non è neanche formalmente tipico e che rap-presenta soltanto uno dei possibili contributi atipici ad una lesione descritta nellaparte speciale del codice». In proposito, cfr. anche RISICATO, Combinazione e inter-ferenza di forme di manifestazione del reato, cit., 237 ss., che sottolinea come l’unicopunto di contatto tra le due ipotesi di quasi-reato in esame sia rappresentato dal-l’istigazione non accolta, sola fattispecie riguardante il tentativo di concorso inquanto per definizione priva di una sua efficacia causale rispetto al delitto pro-grammato e pertanto insuscettibile di essere ritenuta idonea, pur se apparente-mente univoca, a commettere una condotta di partecipazione. Di contro, proseguel’Autrice, l’accordo criminoso e l’istigazione accolta di cui ai primi tre commi con-templerebbero forme di partecipazione atipiche ma in sé compiute: estranee quin-di al concetto di tentativo di partecipazione – ove a rilevare sono esclusivamente leforme incompiute di concorso – e rappresentative, piuttosto, di un invalicabile li-mite esegetico all’operatività del concorso in tentativo.

526 Ritiene invece che l’istigazione privata a far commettere un reato sia privadel carattere dell’univocità, VIOLANTE, Istigazione, cit., 990.

12. Segue: come ipotesi di quasi reato

L’avvio di ogni dibattito dogmatico sull’argomento si è tradizional-mente irradiato da quello che per la desistenza ha costituito, nella pre-sente riflessione, un punto d’arrivo: il disposto dell’art. 115 c.p. tratteg-gia infatti un principio di carattere generale. A favore depongono tral’altro la collocazione sistematica della norma, l’assenza di una qual-siasi specificazione “tipica” in ordine ai richiamati fatti di accordo edistigazione, la presenza di codificate eccezioni in fattispecie speciali.

Rebus sic stantibus, deve esserne focalizzata la portata.L’orizzonte in cui è stata calata la riflessione si candida a saldare in

proposito un assunto: l’art. 115 c.p. regge il “peso” di limite interno,piuttosto che esterno, della punibilità concorsuale, specificando il mo-do d’essere di un tipo di tentativo di partecipazione criminosa che segnail confine tra “quasi reato” e reato “in senso pieno” perché realmenteoffensivo.

In definitiva, la disposizione testimonia una realtà fattuale che, alpari del “reato” cui si riferisce l’art. 49, comma 2, c.p., integra gli estre-mi tipici del modello legale, in specie tentato, ma risulta privo del ca-rattere di lesività dell’interesse tutelato 525.

A guardare la questione ancora più a fondo, se è chiaro che accor-do ed istigazione possono considerarsi un principio di esecuzione 526,

Page 256: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 241

527 Per cui l’istigazione non sarebbe soltanto verbale ma anche reale, potendosiesplicitare attraverso la somministrazione dei mezzi necessari a commettere il rea-to, e nel concetto di accordo andrebbero ricompresi anche gli atti di comunicazio-ne, di induzione, di accettazione, di organizzazione, cautelativi di procacciamento,allestimento e così via, cfr. PETROCELLI, Il delitto tentato, cit., 80.

528 In senso contrario MORMANDO, L’istigazione, cit., 102 ss. Secondo l’Autore lanatura e la funzione dell’art. 115 c.p. deve individuarsi nell’esigenza di apprestareuna tutela giuridica più avanzata rispetto a condotte che non potrebbero altrimen-ti qualificarsi né come ipotesi di concorso né come fattispecie di tentativo: nel de-litto tentato conseguente ad istigazione l’accoglimento segna il limite cui rapporta-re il giudizio di idoneità e diventa il primo atto esecutivo.

529 In proposito cfr. GIUNTA-MICHELETTI, Tempori cedere, cit., 7 ss.

in genere punito attraverso la sanzione prevista per il reato concorsua-le successivamente consumato o rimasto tentato, è parimenti chiaroche i “fatti” dell’accordo e dell’istigazione potranno essere riguardatiisolatamente – ex art. 115 c.p. – purché da soli si siano materializzati.Apparendo essi come momento di convergenza di più volontà su undato risultato criminoso, rimasto invero inadempiuto, ovvero – è il ca-so dell’istigazione non accolta – come esternazione di un intento, ri-masto frustrato, di influire sull’altrui volontà.

La rispettiva “idoneità” ex art. 56, comma 1, c.p. andrà certo scrupo-losamente vagliata, sottoponendo le menzionate condotte alla verificadi una natura circostanziata, che le risolva non in generici e vacui giri diparole ma in manifestazioni specifiche dell’interiore proponimento ille-cito in quanto corredate dalla prospettazione e determinazione dellecondizioni, delle modalità, dei mezzi per la realizzazione del proposito.Ciò tuttavia non significa che sia necessario l’effettivo e concreto ap-prestamento di una simile cornice, quale è stata idealmente rappresen-tata: si finirebbe altrimenti per disconoscere la stessa configurabilità diuna categoria di concorso morale, subordinandolo pur sempre alla rav-visabilità di condotte materiali di preparazione del reato ideato 527.

Tanto premesso, è fuori di ogni ragionevole dubbio che quegli stes-si comportamenti, estrinsecazione tipica di una volontà ostile 528, pos-sano costituire oggetto di attenzione in qualità di episodio sintomati-co di pericolosità sociale. Ebbene, proprio questo profilo occorre ri-valutare per giungere all’individuazione di un significato del dispostocapace di connetterlo a quanto prescritto dall’art. 49, comma 2, c.p., eal contempo distanziarlo dalla previsione di cui al comma 3 dell’art.56 c.p. Nel caso ora all’attenzione, infatti, non si è nell’ambito delladesistenza perché c’è un “adesso” ricco di “significato coscienzia-le” 529, che permane nell’orizzonte visivo dell’ordinamento penale ren-dendogli riconoscibile l’indice di illiceità di cui la tipicità è ipostasi.

Page 257: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

242 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

530 Sulla precisazione terminologica, per cui soltanto l’istigazione non accoltarappresenterebbe una forma di tentativo di partecipazione, mentre sia l’istigazioneaccolta sia l’accordo criminoso concluso, ove rimasti senza effetti, costituirebberotipi di concorso consumato, si rinvia nuovamente a RISICATO, Combinazione e inter-ferenza di forme di manifestazione del reato, cit., 224.

531 Ciò sembra ricavarsi dai Lavori preparatori del codice penale e del codice diprocedura penale, V, pt. 1, cit., 173, in cui viene espressamente affermato che conl’art. 115 c.p. si voleva «mettere un limite espresso alla norma generale sul tentati-vo», per cui se ne è dedotto che si trattasse di un limite generale alla punibilità deltentativo.

532 È, per esemplificare, il caso di Tizio e Caio, che, entrati in banca per impos-sessarsi del denaro mediante violenza e minaccia agli impiegati, mentre Mevio èfuori in auto pronto a partire col bottino ed i soci una volta conclusa la rapina, fal-liscono nell’intento per l’entrata in funzione del sistema di allarme.

Brevemente: non solo non risulta implicata nella previsione dell’art.115 c.p. una contro-azione, descrivendosi piuttosto una non-azione omeglio il “nudo e crudo” non proseguimento del disegno costitutivoche in origine saldava le plurisoggettive volontà o fondava l’intenzio-ne istigatoria («qualora … un reato … non sia commesso»; «se il rea-to non è stato commesso»); ma tanto è l’effetto involontario – per nonesserne richiesta la volontarietà, ed utilizzandosi di inverso espressio-ni impersonali – di una peculiare situazione esterna.

13. L’offesa di concorso: una, nessuna, centomila

È opportuno risalire rapidamente alla prospettiva sposata a montedell’esposta soluzione, in cui solarmente alberga la convinzione chel’odierno sistema penale accolga una nozione di tentativo di concorsopunibile. Tant’è, una volta riconosciuta l’autonomia della forma di ma-nifestazione criminosa plurisoggettiva, la questione della configurabilitàdi un tentativo di concorso 530 – la cui generale non punibilità è pure, atutt’oggi, un dogma pressoché incrollabile tratto dall’art. 115 c.p. 531 –non pare poter trovare un fondamento e quindi una risposta normativadifferenziata rispetto alla c.d. ipotesi di concorso in delitto tentato 532.L’unica via percorribile per approcciare alla meta dell’anzidetto tentati-vo in delitto concorsuale, rimane invero la combinazione dell’art. 110c.p. con la norma incriminatrice del delitto tentato, pure a sua volta ri-sultante dalla fusione di due precetti [110 c.p. + (56 c.p. + fattispecie in-criminatrice speciale)]; il che tra l’altro consente di disimpegnarsi dallascolastica opera di demarcazione tra l’emisfero della combinazione equello dell’interferenza delle clausole generali di cui agli artt. 56 e 110

Page 258: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 243

533 RISICATO, Combinazione e interferenza di forme di manifestazione del reato,cit., 151 ss.

534 Prevalente l’opinione che nega l’assimilabilità del concetto di “delitto” ex art.56, comma 1, c.p. con quello di “partecipazione”, per cui chi compie atti idonei, di-retti in modo non equivoco a partecipare all’altrui delitto non realizza un’attivitàche si possa considerare equivalente a quella di chi compie atti idonei ed univoci di-retti a commettere un delitto. V. BETTIOL, Sul tentativo di partecipazione delittuosa,cit., 89, il quale osserva come «la partecipazione non costituisce un delitto partico-lare staccato dal delitto principale in cui essa si innesta; quindi un tentativo di par-tecipazione, una combinazione in tal senso delle due norme di estensione non ègiuridicamente ammissibile». Nello stesso senso CAVALIERI, L’accordo e l’istigazionea reato rimasti sterili, in Riv. pen., 1946, 865; PEDRAZZI, Il concorso di persone nel rea-to, cit., 79.

c.p. Solo il primo – si è sostenuto – legittimo, dando luogo ad una appli-cazione distinta e successiva delle due forme di manifestazione con lafattispecie incriminatrice speciale: in esso avrebbe sede la figura del con-corso in delitto tentato. L’altro inammissibile, perché comportante unasovrapposizione delle clausole generali, innestate contemporaneamentenell’alveo della fattispecie di parte speciale: da qui discenderebbe l’in-configurabilità di un tentativo di concorso nel reato 533.

Riprendendo le fila del discorso appena principiato, a stare al qualela norma generale in materia di concorso di persone va collegata allasingola incriminazione di volta in volta in rilievo, a risultare formulatarispetto ad ogni correo sarà pur sempre una tipicità “singolare” – rico-noscibile nella ricordata immagine della non desistenza – da rintracciar-si nel fatto proprio di ciascun concorrente, il cui comportamento benpotrà accedere ad una condotta altrui pure priva dei caratteri della pu-nibilità a titolo di concorso di persone (cfr. art. 112, ult. comma, c.p.).

Dunque, sviluppando questo nucleo propositivo, se Sempronio for-nisce le armi che Caio e Tizia avrebbero dovuto impiegare per l’esecu-zione della rapina, ma quest’ultimi poi decidono di rinunciare all’im-presa, il comportamento del primo lo rende punibile per tentativo diconcorso nella rapina stessa: perché il suo è e rimane comportamentoidoneo e diretto in modo univoco alla realizzazione, in concorso, diuna fattispecie delittuosa il cui mancato perfezionarsi si ascrive ad unfattore dal punto di vista di Sempronio sicuramente involontario [110c.p. + (56 c.p. + 628 c.p.)] 534.

Del resto, ove egli venga intercettato dalla polizia mentre sta reca-pitando le armi da fuoco ai complici, i quali riescano ad eseguire la ra-pina con altri mezzi a loro disposizione, non pare si pongano dubbi aduna qualificazione della sua condotta come di partecipazione al reatoconsumato [110 c.p. + 628 c.p.].

9.

Page 259: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

244 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

535 Per questa isolata posizione, PALMIERI, Osservazioni in tema di istigazione adelinquere, in Riv. it. dir. proc. pen., 1968, 1032, il quale riconosce alla partecipa-zione un proprio ed autonomo disvalore giuridico, acquisito per mezzo del colle-gamento con la fattispecie principale, che la fa assurgere ad «autonoma fattispeciedescritta dalla legge attraverso un particolare sistema di individuazione indiretta, edella quale non si vede perché non possa sopportare la correlata figura del tentati-vo».

536 Così, in senso critico, AZZALI, Concorso di persone nel reato, cit., 1364: «men-tre si danno ipotesi specifiche di presunzione legislativa del pericolo – ossiadell’idoneità della condotta nel senso in cui se ne occupa il comma 1 dell’art. 56 c.p.rispetto alla consumazione del reato – l’art. 115 c.p. interverrebbe a coniare un’ipo-tesi comune (in tema di concorso) di presunzione legislativa di segno opposto: se ilreato non è commesso, l’accordo o l’istigazione a commetterlo si presumono inido-nei allo scopo, nel senso di cui al comma 2 dell’art. 49 c.p.».

A negare simili riflessioni non vale il richiamo all’art. 115 c.p. Lanorma, infatti, si premura di dichiarare la non punibilità, espressa-mente ed esclusivamente, di due forme di tentativo di partecipazione,quali sono l’accordo e l’istigazione a commettere un reato, per l’ap-punto non seguite dalla commissione dello stesso. Ebbene, tanto bastaa sancire la vigenza “generale” – nel senso di regolare punibilità – del-l’ipotesi cosiddetta di tentato concorso 535. Sia l’accordo sia l’istigazio-ne ivi considerati si lasciano infatti inquadrare nell’immagine tipica diun reato tentato, risultante dall’ampliamento che l’innesto dell’art. 110c.p. produce sull’art. 56 c.p. È innegabile – lo si ribadisce – come i com-portamenti menzionati si atteggino ad atti idonei e soggettivamente di-retti alla commissione di una fattispecie incriminatrice. Altrettanto in-negabile è che a questi non seguano ulteriori atti esecutivi, e tantome-no il perfezionarsi del reato, a causa di contingenze non riconducibiliné ad un comportamento volontario – non prescritto – dell’agente, néad una intrinseca inidoneità offensiva della condotta in parola, che ri-durrebbe il disposto ad orpello confermativo della vigenza, ex art. 49,cpv., c.p. di un principio di reale offensività 536.

Tanto premesso, sembra potersi concludere la locale riflessione intermini pienamente coerenti con le acquisizioni realizzate in merito alprocesso costitutivo del fatto-reato, che dalla tipicità passa al versantedell’offesa reale attraverso il tessuto connettivo della non desistenza.

In particolare, appare ora nitidamente come il legislatore abbia quitracciato una sorta di fattispecie di non pericolo presunto, da posizio-nare a sbarramento dell’alternativa operatività dell’ipotesi di quasi rea-to ex art. 49, comma 2, c.p. La quale “risorge” solo una volta negata laconfigurabilità della prima.

Invero, c’è senza dubbio un fatto tipico di tentativo, qual è un ten-

Page 260: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Desistenza e fenomeno concorsuale 245

537 Ivi la lettera della legge, difatti, non richiede espressamente, per l’irrogazio-ne della misura di sicurezza, che il reato oggetto dell’istigazione accolta abbia na-tura delittuosa, come è invece nell’ipotesi di mancato accoglimento. Ciò ha indottoparte della dottrina (ROMANO-GRASSO, Commentario sistematico, II, cit., 201) a pro-pendere per l’applicabilità della misura medesima anche in caso di istigazione, ac-colta ma inefficace, a commettere una contravvenzione. L’opinione contraria (MA-RINI, Lineamenti del sistema penale, cit., 788) si sviluppa sulla scorta del rilievo cheil comma 3 rinvia, attraverso la locuzione «le stesse disposizioni si applicano», allemedesime disposizioni dei commi precedenti, in virtù delle quali la misura di sicu-rezza è applicabile, in caso di accordo rimasto sterile, solo allorquando questo siadiretto a commettere un delitto, di tal ché rimarrebbe esclusa dalla fattispecie diquasi-reato l’ipotesi dell’istigazione accolta avente ad oggetto una contravvenzione.A lasciar propendere per l’adesione alla prima teorica si presta tuttavia la formula-zione del consecutivo comma 4, solo nel quale emerge letteralmente la specifica-zione della sottoponibilità dell’istigatore a misura di sicurezza «qualora l’istigazio-ne non sia stata accolta, e si sia trattato d’istigazione a un delitto». La ratio dell’in-dagata scelta diversificatoria parrebbe fondarsi sulla considerazione di una piùprobabile “ripetibilità” (in astratto) di quelle condotte singolarmente intese – ri-spettivamente di inculcazione in altri di un concreto e specifico intendimento cri-minoso, e di formazione di un corrispondente proprio “volere illecito” in funzionedi quella sollecitazione – piuttosto che di un accordo, da intendersi come costru-zione congiunta, e partecipata, di una unica e comune volontà delittuosa.

tativo di partecipazione, ma a questo, che pure ha superato la fascia diirrilevanza disegnata da una procurata inattualità offensiva per mezzodella desistenza, viene applicato un ulteriore filtro selettivo prima dilasciarlo approdare sui lidi del giudizio realistico.

Così, il sistema “reagisce” alla inevitabile espansione della tipicitàpenale che implica l’interferire delle due forme di manifestazione, con-corsuale e tentata, ed appresta una eccezionale anticipazione in astrat-to al vaglio che la regola dell’art. 49, comma 2, rimette all’interprete delcaso concreto. Attraverso queste proposizioni si segnala, cioè, in nega-tivo il minimo disvalore concorsuale che assume una “taglia” penale:vale a dire, non c’è comunque offesa di concorso ove si rinvenga accor-do o istigazione tout court.

Quanto resta serrato tra le larghe maglie di una simile grata è consi-derato di per sé carente di effettiva offensività oggettiva, all’esito di unarigorosa selezione dello spazio di intervento punitivo. Sempre che il so-lo accordo o la sola istigazione non siano già altrove – così, ad esempio,agli artt. 302 e 304 c.p. – ritenuti sufficienti indizi di un simile disvalore.

Pure, proprio l’integrità delle condizioni offensive tipiche, appre-state e non eliminate, ammette a fronte di taluni di questi atti (a vista i“più gravi”: accordo non eseguito od istigazione non accolta a com-mettere un delitto; istigazione accolta ad un reato 537) una valutazionedella pericolosità sociale dell’agente, presupposto della sanzionabilitàdel fatto con misura di sicurezza.

Page 261: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento
Page 262: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

538 Così, drasticamente e con intenti evidentemente provocatori, KIRCHMANN, Lamancanza di valore della giurisprudenza come scienza, in KIRCHMANN-WOLF, Il valorescientifico della giurisprudenza, Milano, 1964, 18.

CAPITOLO QUINTO

Le scelte degli ordinamenti europei contemporanei

SOMMARIO: 1. Sistema e comparazione. – 2. Uno sguardo diacronico: verso il passato … –3. Segue: … e verso il futuro. – 4. Cenni di diritto comparato: la disciplina della desi-stenza e del recesso nelle principali esperienze europee. – 4.1. L’ordinamento penaletedesco. – 4.2. L’ordinamento penale francese. – 4.3. L’ordinamento penale inglese. –5. Brevi notazioni sul sistema penale americano.

1. Sistema e comparazione

A chiosa della riflessione che queste pagine hanno stimolato sullaproblematica della desistenza, pare doveroso precisare l’obiettivo no-mologico che l’ha guidata, e che pure non sembra rimasto occultatonella sintesi espositiva. Non si tratta – e non si pretende – di perveniread una definizione scientificamente corretta di desistenza, valida inogni tempo ed in ogni luogo, da contrapporre ad una nozione errata. Ilproposito è piuttosto quello di interpretare una regola penale in modoplausibile, ragionevole e coerente con il sistema generale in cui risultainserita.

Sconfessata l’eccessiva ingenuità di chi sostiene la totale chiarezzae completa vincolatività letterale delle proposizioni normative penali,ed al pari prese le distanze dal dogma dell’estremo scetticismo, chepermeando di dubbio le definizioni giuridiche ne sconta l’assoluta nonvincolatività, un virtuoso compromesso riesce a svilupparsi dalla pre-sa d’atto della complessità del fenomeno giuridico, in cui non «basta-no tre parole di rettifica del legislatore e intere biblioteche diventanocarta straccia» 538.

Che non esista una simile potere “magico”, di creare dal nulla isti-tuti per i quali non siano rinvenibili radici nella contemporanea cultu-

Page 263: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

248 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

539 In questo senso CADOPPI, Il problema delle definizioni legali nel diritto penale.Presentazione, in AA.VV., Omnis definitio in iure periculosa? Il problema delle defi-nizioni legali nel diritto penale, Padova, 1996, in particolare 24, nota 58, ove vieneproblematizzato l’oggetto dell’ignorantia legis ex art. 5 c.p.: «infatti la “nuova” nor-ma, come risultante a seguito della sentenza n. 364 del 1988, prende a prestito dal-l’esperienza tedesca la soluzione dell’inevitabilità, ma essa va ad inserirsi su un det-tato letterale diverso da quello tedesco. Se il § 17 StGB parla di ignoranza di “agireillecitamente”, quello italiano parla di ignoranza “della legge penale”, col che l’igno-ranza inevitabile potrebbe scusare, da noi, pur in presenza della consapevolezza diagire illecitamente (ad es. sul piano amministrativo), ma nella convinzione di nonviolare la legge penale». Sul punto cfr. SOMMA, L’uso giurisprudenziale della compa-razione nel diritto interno e comunitario, Milano, 2001, 80 ss.: «Il riferimento ad undiritto straniero viene talvolta impiegato per provocare una evoluzione nell’ordina-mento e quindi per supportare una soluzione prima avversata e successivamente ri-tenuta in linea con il sentire comune. Certo il nuovo orientamento si pone in con-trasto con precedenti prese di posizione consolidatesi nella prassi applicativa. Pe-raltro il contrasto che emerge dal tenore della decisione – contrasto in riferimentoa cui viene menzionata la soluzione aliena – viene sovente presentato come conflit-to con il tenore letterale di alcune disposizioni legislative o con l’orientamentoespresso dalla letteratura. Così la decisione con cui la Corte Costituzionale ha in-taccato il principio della assoluta inescusabilità dell’ignoranza della legge penale,negandone applicazione nelle ipotesi di errore di diritto “inevitabile”: ovvero vi sia“impossibilità oggettiva di conoscenza del precetto” e “specifiche cognizioni delsingolo” non siano idonee a sopperirvi. L’orientamento si fonda su “riflessioni dalpunto di vista storico e di diritto comparato” e in particolare sull’osservazione –corredata da riferimenti ai codici penali tedesco-occidentale, austriaco, svizzero,greco, polacco, jugoslavo, giapponese, ecc. – che “il principio della assoluta inescu-sabilità dell’ignoranza della legge penale non è mai stato positivamente affermatonella sua assolutezza”».

540 Nel senso che non è sufficiente, per un soddisfacente confronto ed anche perun eventuale “trapianto”, stare sulla superficie della law on the books, ma occorrespingersi a guardare attentamente anche la law in action, v. VARANO-BARSOTTI, Latradizione giuridica occidentale, I, Testo e materiali per un confronto civil law com-mon law, Torino, 2002, in particolare 19 ss. Cfr. anche GORDLEY, “Common law” v.“Civil law”: una distinzione che va scomparendo?, in Scritti in onore di Rodolfo Sac-co, I, Milano, 1994, 559 ss.

ra giuridica, lo dimostra la pericolosità, pacificamente riconosciuta,dell’inserimento di una soluzione normativa “forestiera” nell’ambito diun codice non adatto o non adattato 539. E lo dimostra anche il fattoche pure a fronte di medesimi testi normativi non è detto che l’esegesi,e la conseguente pratica applicativa, sia anch’essa identica 540.

Il ricorso alla comparazione, allora, è obbligato ad assumere unafunzione prettamente descrittiva-cognitiva laddove siano coinvolti set-tori dell’ordinamento plasmati attorno a modelli culturali difficilmen-te assimilabili: in altre parole, i riferimenti al diritto straniero e com-parato di seguito riportati in ordine alla disciplina della desistenza so-no apertamente riconducibili al proposito di esaltare la connessione

Page 264: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Le scelte degli ordinamenti europei contemporanei 249

541 Sulle “costanti” formali-stilistiche e contenutistiche che connotano nel tem-po il modello italiano di codice penale si veda l’approfondito esame affrontato daCADOPPI, Le “formule recise di assoluto rigore” del code pénal. Alla ricerca di una plau-sibile “tradizione penalistica italiana”, tramite un’analisi delle reazioni italiane al co-dice francese del 1810, in AA.VV., Codice dei delitti e delle pene pel Regno d’Italia(1811), a cura di Vinciguerra, Padova, 2002, CCV ss.; ID., Il “modello italiano” di co-dice penale. Dalle “origini lombarde” ai progetti di un nuovo codice penale, in Ind.pen., 2003, 19 ss.

542 In proposito CAENEGEM (VAN), I signori del diritto. Giudici, legislatori e profes-sori nella storia europea, trad. it. Ascheri-Lazzari, a cura di Ascheri, Milano, 1991.Si veda anche MONATERI-SOMMA, “Alien in Rome”. L’uso del diritto comparato comeinterpretazione analogica ex art. 12 preleggi, in Foro it., 1999, V, 47 ss.

543 Così PALAZZO-PAPA, Lezioni di diritto penale comparato, Torino, 2000, 28 s. Inquesto senso anche NUVOLONE, Il diritto penale comparato quale mezzo di ricercanell’ambito della politica criminale, in Ind. pen., 1980, 9 s.: «Le norme penali dei va-ri ordinamenti devono essere classificate in funzione delle diverse componenti pre-giuridiche da cui traggono origine e delle diverse finalità cui possono servire: e que-sto deve essere a sua volta, il punto di partenza per giudicare della loro adattabilitàa situazioni similari …».

tra le rispettive divergenze di regolamentazione 541, da un lato, ed i di-stinti valori-guida attorno ai quali ciascun ordinamento tradizional-mente si informa 542, dall’altro.

In quest’ottica, il preliminare inquadramento dell’impianto storicosu cui l’istituto della desistenza si è evoluto nel nostro ordinamento,diventa essenziale per comprendere la sostenuta relatività – e non ne-cessaria interscambiabilità – del relativo concetto giuridico. Indagaresul «perché, in un dato Paese, in una determinata area culturale, si siagiunti ad adottare un particolare modello anziché un altro», implicainfatti la sinergica comprensione delle radici e ragioni storiche, econo-miche, sociologiche, culturali della categoria all’attenzione, chiarendo-ne in tal guisa pure le tendenze di sviluppo 543.

Con estrema cautela, dunque, si deve procedere lungo la via dellariforma (per quanto di interesse, della desistenza) levando gli scudidella comparazione, trattandosi di metodo col quale non si intendesemplicemente verificare quale sia il dato letterale presente nel mag-gior numero degli (altri) ordinamenti, e da questa indagine estrarre,magari un pezzo qua e un pezzo là, la soluzione tecnica preferibile. Sein questa prospettiva “evolutiva” la comparazione si indirizza a co-gliere la reale fisionomia e la reale funzione di una norma chiamata agovernare una determinata situazione criminale all’interno dei distin-ti ordinamenti, non è difficile intuire la “genesi” di una riforma na-zionale così motivata. Essa consiste nella sovrapponibilità della “basedi partenza” degli ordinamenti (rispettivamente interno ed esteri)

Page 265: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

250 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

544 Per analoghe, e più approfondite, considerazioni si rinvia a VIGANO’, Spuntiper un «progetto alternativo» di riforma della legittima difesa, in Studi in onore diGiorgio Marinucci, a cura di Dolcini e Paliero, II, Milano, 2006, 2021 ss.

545 SEMINARA, La questione del tentativo nella scienza penalistica tedesca della pri-ma metà del XIX secolo, in Studi in onore di Giorgio Marinucci, a cura di Dolcini ePaliero, II, Milano, 2006, 1831.

546 Cfr. SEMINARA, La questione del tentativo, cit., 1831 s.547 V. gl. desiit, D. 47.2.66 (65), De furtis, l. Qui ea mente: «In delictis … si pro-

cessum est ad actum: si quidem consummatum et perfectum – non potest postea

messi a confronto, giacchè la norma di volta in volta in discussione al-tro non è che una “incognita” dipendente da una molteplicità di va-riabili vigenti, dipendenti a loro volta dal complesso del sistema pe-nale 544.

Del resto non è un caso che da più parti sia stata formulata la stes-sa osservazione: ammessa la possibilità di conseguire una normativapenale comune a livello europeo, pure sommamente ostacolata dalleeterogeneità culturali caratterizzanti le tradizioni giuridiche dei Paesicomponenti, è verosimile «che le categorie concettuali più consolidatedella teoria del reato, a livello nazionale, continuerebbero a vivere an-che all’interno delle nuove norme, così trasformando un processo diomogeneizzazione in una nuova frammentazione» 545.

Qualunque innovazione, insomma, deve fare i conti con il passato:perché è la storia che conserva quelle matrici culturali che sono statevariamente assorbite dalle codificazioni nazionali, ed è solo in rap-porto alla storia che si disvela la persistente attualità di quei fonda-menti nell’essere di oggi e nel divenire di domani della scienza penali-stica 546.

2. Uno sguardo diacronico: verso il passato …

L’odierna, e nostrana, dinamica giuridica degli istituti resi ogget-to di un così modesto studio si abbevera ad una storia speculativaper certo possente, le cui vicende solcano i secoli dell’umanità assu-mendo le prime sembianze di sistemazione organica nella Glossa or-dinaria di Accursio: opera che fissa un dies a quo. Dalle sue pagine sistaglia il distinguo tra l’ipotesi in cui la mancata consumazione rap-presenti l’espressione della volontaria desistenza dell’agente (quianoluit) e quella contraria – passibile di sanzione penale – ove la nonrealizzazione del fine criminoso sia stata determinata da una causaindipendente dalla costui volontà (quia non potuit) 547. La distinzio-

Page 266: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Le scelte degli ordinamenti europei contemporanei 251

poenitere, ut evitet poenam … si autem non consummatum nec perfectum: si qui-dem quia noluit sed potuit – licet poenitere et non incidit in poenam … si vero quianon potuit – nihilominus tenetur». Sul punto, per una accurata analisi ed estesi ri-chiami bibliografici, si rinvia a ISOTTON, Crimen in itinere. Profili della disciplina deltentativo dal diritto comune alle codificazioni penali, Napoli, 2006, 56 ss.

548 A tal proposito, v. più ampiamente SCARANO, Il tentativo, Napoli, 1960, 209 ss.;ISOTTON, Crimen in itinere, cit., 74 ss.

549 Ipotesi sostanzialmente coincidente con la moderna figura del reato puta-tivo.

550 Così PROSPERO FARINACCI, Praxis et Teorica criminalis, Lione, 1616, qu.124, n. 150: «… poenitentia in delictis, etiam quod ultra cogitationem fuerit de-ventum ad aliquem actum, et etiam in atrocissimis, facit ut delinquens non pu-niatur».

ne, trasfusa nell’esegesi dell’epoca dei post-glossatori, manifesta lapura ispirazione soggettiva sia della punibilità del tentativo siadell’efficacia esimente della poenitentia, esclusivamente concentratesul permanere/venir meno dell’intenzione criminosa. La tradizionedel Commento, che di queste esperienze prende il testimone, lasceràemergere il limite al principio dispiegato: se il comportamento spon-taneamente interrotto integra di per sé un reato diverso (delictum ac-cessorium) da quello originariamente concepito persistono le ragio-ni della pena, le quali – chiarirà Baldo – svaniscono «in delictis inquorum principio nemo laeditur» 548. L’analisi di un pensiero chestenta ad affrontare la materia nell’ottica di una più decisa lente og-gettiva, ed aggancia la non punibilità ad una spes poenitendi riscon-trabile fintantoché l’agente non abbia interamente posto in atto ilcomportamento orientato al proposito criminoso, spiega bene l’irri-levanza (nell’ottica della non punibilità) dell’ipotesi oggi denomina-ta recesso attivo, che proseguirà ad essere affermata ben oltre la so-glia temporale delle moderne codificazioni. Si dischiude così unaprospettiva destinata a rimanere un saldo riferimento: sottoposta asanzione è, in fin dei conti, la compiuta manifestazione di una vo-lontà illecita, senza che ciò ostacoli la previsione di una pena più se-vera per le fasi del percorso criminale che avanzino al di là dell’actusremotus.

Le consecutive riflessioni sui temi della desistenza e dell’impedi-mentum iuris – ove l’impunità segue un comportamento lecito perpe-trato nella convinzione della sua natura criminosa 549 – identificanoeloquentemente il ruolo ad essi riconosciuto.

La conferma dell’efficacia esimente della poenitentia 550 si accompa-gna così al rilievo decisivo progressivamente attribuito ai motivi chel’hanno determinata, capaci di negarla ove non sia il risultato di un ve-

Page 267: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

252 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

551 PROSPERO FARINACCI, Praxis et Teorica criminalis, cit., qu. 124, n. 154, ritieneinvero perseguibile «qui delictum non consummavit, non voluntarie poenitendo, etse ab eo abstinendo, sed propter aliquem timorem, seu rumorem, ne in illo de-prendehetur», precisando che in tal caso il reo «non est puniendum poena ordina-ria delicti, sed mitiorem».

552 PROSPERO FARINACCI, Praxis et Teorica criminalis, cit., qu. 124, n. 157: «quialium occideret, arma et socios paravit, illumque aggressus est, sed quia insultatussese valide defendit, idcirco aggressoris manus evasit».

553 BECCARIA, Dei delitti e delle pene, a cura di Venturi, Torino, 1994, § VII, 22. Sulpunto v. CATTANEO, La filosofia della pena nei secoli XVII e XVIII. Corso di filosofiadel diritto, Ferrara, 1974, 115 s.; TARELLO, Storia della cultura giuridica moderna. As-solutismo e codificazione del diritto, Bologna, 1976, 476.

554 BECCARIA, Dei delitti e delle pene, cit., § I, 11.555 Così osserva CAVANNA, Codificazione del diritto italiano e imperialismo giuri-

dico francese nella Milano napoleonica. Giuseppe Luosi e il diritto penale, in CAVAN-NA-VANZELLI, Il primo progetto di codice penale per la Lombardia napoleonica (1801-1802), a cura di Vinciguerra, Padova, 2000, 238: «le origini della codificazione pe-nale italiana sono davvero, nel bene e nel male, anche lombarde … nell’odierno si-stema del diritto penale del nostro Paese si scorgono, in filigrana, valori, ideologie,principi generali, moduli scientifici e soluzioni tecniche già visualizzati come codi-ficabili dai criminalisti della Milano asburgica e napoleonica».

556 I progetti del 1791-1792, del 1801-1802, del 1805-1806, rappresentano mo-menti e testi fondamentali per la successiva codificazione della Penisola. Degli stes-si non possono tuttavia che richiamarsi le norme essenziali relative all’istituto di-saminato. Nel primo dei testi citati il § 8 dispone: «La semplice disposizione d’ani-mo a delinquere non soggiace a imputazione. Sarà però imputabile quando siasi

ro pentimento 551 ovvero in quanto sia innescata da un impedimentumfacti 552.

Una volta conclusa la parabola del diritto comune, l’impostazionebeccariana forgia l’essenza di quello che sarà il nuovo aspetto della de-sistenza, illuminato dalla funzione della pena connessa al tentativo:per un verso la misura della sanzione a quest’utimo relativa, attenuatarispetto all’ipotesi consumata, è oggettivamente individuabile nel dan-no arrecato alla società, sub specie di messa in pericolo del bene pro-tetto, piuttosto che nell’intenzione di chi lo produce 553; per l’altro, loscopo perseguito a mezzo della comminatoria di essa si riconosce nel-la produzione di “motivi sensibili” capaci di distogliere l’animo umanodalla dissoluzione 554. Al sommarsi di questi due profili, la minaccia diuna risposta penale ingravescente per la consumazione del reato serveesattamente allo scopo di spingere l’agente alla desistenza.

La storia della codificazione penalistica italiana, che affonda neiprogetti lombardi a cavaliere tra settecento ed ottocento 555, non si di-simpegna da una simile visuale, aspirando ad un progressivo affranca-mento dagli imperanti archetipi codicistici d’oltralpe 556 attraverso l’as-

Page 268: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Le scelte degli ordinamenti europei contemporanei 253

manifestata con atti esterni preordinati al delitto, quantunque rimasto ineseguitoper qualsivoglia cagione, salvo che l’inesecuzione fosse derivata dal ravvedimentodel delinquente il quale provi d’aver resistito spontaneamente dal criminoso atten-tato prima che ne sia avvenuto verun sinistro effetto, o dipendendo la consumazio-ne del delitto dall’altrui opera vi sia riuscito ad impedirlo». Il progetto è integral-mente edito in CAVANNA, La codificazione penale in Italia. Le origini lombarde, Mila-no, 1975, 277 ss.

Il “progetto Luosi” del 1801 – il cui testo è in CAVANNA-VANZELLI, Il primo proget-to di codice penale per la Lombardia napoleonica, cit., 243 ss. – stabilisce al § 20 co-me siano sottoposti a sanzione penale, coincidente con quella del delitto o attenua-ta a seconda delle circostanze, «gli attentati di delitto manifestati con atti esternidalla legge vietati, e susseguiti da un principio di esecuzione, se non sono stati so-spesi, che da circostanze fortuite indipendenti dalla volontà dell’incolpato»; e pro-segue al § 21: «Gli altri attentati, che sono stati sospesi dalla volontà dell’incolpato,ma si sono manifestati con l’azione vietata dalla legge vengono castigati in via cor-rezionale». A tal proposito il § 370 specifica che «Tutti gli attentati, che sono statisospesi dalla volontà dell’incolpato, ma che si sono manifestati con atti prossimivietati dalla legge, qualora si tratti di delitti portanti pena affittiva, o che abbianoarrecato un grave scandalo, saranno puniti con una detenzione, non maggiore diun anno, né minore di tre mesi». Per il significato di «atto dalla legge istessa vieta-to» come sinonimo di atto tipicamente previsto da una norma incriminatrice, sirinvia a quanto trapela dalle parole di FILANGIERI, La Scienza della legislazione, Mi-lano, 1855, 705 e 707: «… l’atto che la legge deve punire, è soltanto quello che con-tiene in sé la violazione della legge, o anche quello che manifesta la volontà di vio-larla? Il conato, il semplice e nudo tentativo al delitto, dev’egli esser punibile, quan-to il delitto stesso consumato e riuscito?», e di seguito «La volontà di violare la leg-ge non costituisce il delitto, se non quando si manifesta coll’atto dalla legge istessavietato; ed in questa sola ipotesi il conato al delitto è punibile, quanto il delittoistesso consumato e riuscito». Sul pensiero giuridico di questo autore dell’illumini-smo italiano v. CAVANNA, Storia del diritto moderno in Europa, II, Le fonti e il pensie-ro giuridico, Milano, 2005, 174 ss. La progettata, rapida escursione storica ove elo-quentemente si manifesta la volontà di prendere le distanze dal parametro esclusi-vamente soggettivo dell’intentio delinquendi, si conclude con il progetto Travaglidel 1806, in Collezione dei Travagli sul Codice Penale pel Regno d’Italia, I, Brescia,1807. L’articolo 68 stabilisce infatti che «L’attentato di delitto, perché sia punibile,deve essere manifestato con atti esterni e prossimi all’esecuzione»; di seguito l’art.69: «§ 1. L’attentato di delitto che sia stato sospeso dal pentimento, non è punito. §2. Se però il pentimento succeda ad atti che costituiscano un particolare delitto,l’attentante è punito per questo»; l’art. 70: «Se il delitto sia stato sospeso dal penti-mento del mandatario dopo di avere accettato il mandato, è punito il mandante co-me colpevole di attentato». In generale sull’opera DEZZA, Appunti sulla codificazio-ne penale nel primo Regno d’Italia: il progetto del 1809, in ID., Saggi di storia del di-ritto penale moderno, Milano, 1992, 225 ss.

Per uno scorcio su questa feconda attività, CADOPPI, Una “Pompei” nel diritto pe-nale. Tradizione romanistica e “origini lombarde” del codice napoletano del 20 mag-gio 1808, in AA.VV., Le leggi penali di Giuseppe Bonaparte per il regno di Napoli(1808), a cura di Vinciguerra, Padova, 1998, CLXXXII ss.

557 Ribadisce come l’oggettivismo sia un tratto costante dell’evoluzione storica

segnazione di una portata costitutiva del principiare della punibilitàanche a profili oggettivi 557.

Page 269: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

254 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

della codificazione penale italiana CADOPPI, Le “formule recise di assoluto rigore” delcode pénal, cit., CI.

558 Sulla formazione delle leggi penali napoletane, DA PASSANO, La codificazionedel diritto penale a Napoli nel periodo francese, in AA.VV., Le leggi penali di GiuseppeBonaparte per il Regno di Napoli (1808), a cura di Vinciguerra, Padova, 1988, CLVIIss.; MASTROBERTI, Codificazione e giustizia penale nelle Sicilie dal 1808 al 1820, Na-poli, 2001, 31 ss.

559 V. in Collezione dei Travagli, cit., I, 180.560 Nel codice penale per il Principato di Lucca, entrato in vigore nel 1807, l’art.

73 dispone infatti: «Qualunque tentativo di delitto manifestato con atti esterni, edaccompagnato da un cominciamento di esecuzione, e dal quale apparisce il dise-gno di commettere un delitto atroce è punito come delitto istesso, se non è stato so-speso o impedito che da circostanze fortuite». V. sul relativo iter formativo, DA PAS-SANO, La formazione del codice penale lucchese, in AA.VV., Codice penale per il Prin-cipato di Lucca (1807), a cura di Vinciguerra, Padova, 2000, IX ss.

561 Anche nel progetto di Codice penale per la Lombardia napoleonica del 1809,corredato dalle osservazioni del Gran Giudice Giuseppe Luosi, si ritrova la normache subordina la punibilità del tentativo alla condizione che «circostanze del tuttofortuite o cause indipendenti dalla volontà dell’attentante ne abbiano impedito ilprogresso o l’esito» (art. 75), accanto alla disposizione che stabilisce l’efficacia esi-mente della poenitentia, salvo il ricorrere di un delictum accessorium (art. 81). Peruna specifica analisi della redazione si rinvia a ISOTTON, Crimen in itinere, cit., 386 ss.

562 Rimarca l’esistenza di un legame inscindibile tra lo stile normativo dell’espe-

L’innovativa soluzione verrà peraltro trasfusa nella Legge su i delit-ti e sulle pene – tra le leggi criminali emanate da Giuseppe Bonaparteper il Regno di Napoli del 1808 558 –, che ingloba nella nozione di ten-tativo (art. 17) «(…) quello, nel quale l’intenzione del delinquente siastata manifestata con atti esterni, prossimi all’esecuzione», i cui effet-ti, in tutto o in parte non si siano materializzati; e che riconferma, inuno con l’ordinaria attenuazione della risposta sanzionatoria rispettoal delitto consumato (art. 17), la non punibilità della desistenza, salvala configurazione di un delictum accessorium (art. 18).

Le motivazioni, di discendenza politico-criminale, della scelta dilasciare espressamente impunita la condotta sospesa dal pentimentodell’attentatore, per animarlo a ritirarsi dalla consumazione del delit-to ove in dubbio se inoltrarvisi o meno 559, paiono per vero rappresen-tare il minimo comun denominatore che cementa le richiamate pro-spettive italiche, generalmente abdicative – salvi episodi di adesio-ne 560 – rispetto agli schemi normativi transalpini del conato, che que-sto condizionano al persistere di una volontà criminosa, tacendo delladesistenza 561.

Del resto, questo stesso tratto di disciplina attraverserà indenne levicissitudini che costelleranno la storia della codificazione pre-nazio-nale, prima, e del diritto penale italiano, poi 562.

Page 270: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Le scelte degli ordinamenti europei contemporanei 255

rienza italo-lombarda e le nostrane codificazioni, CADOPPI, Il “modello italiano” dicodice penale dalle “origini lombarde” al codice Rocco ed altri codici europei odierni,in Amicitiae Pignus. Studi in ricordo di Adriano Cavanna, I, Milano, 2003, 121 ss.

563 Imprescindibile è riferirsi alla definizione che lo stesso Autore dà di attenta-to come «fatto umano avente carattere estrinseco di mezzo assunto da malvagioproposito, e idoneo a conseguire il suo fine nella consumazione di certa e determi-nata offesa sociale» (CARMIGNANI, Elementi di diritto criminale, Milano, 1863, § 227),ed alla considerazione della ragione dell’imputazione nell’aver messo in pericolo lasicurezza dei cittadini e per aver nuociuto al «publico esempio» (CARMIGNANI, Ele-menti di diritto criminale, cit., § 243).

564 «Nel qual caso, per regola generale, l’attentato più non sussiste, né obbietti-vamente né subbiettivamente», CARMIGNANI, Elementi di diritto criminale, cit., § 238.

565 CARMIGNANI, Elementi di diritto criminale, cit., § 245, nota 5.566 Cfr. in proposito CARRARA, Programma del corso di diritto criminale. Parte ge-

nerale, cit., §§ 390 e 391, che esaminando «la qualità del conato» desumendola dal-le diverse cause che impedirono la consumazione, ne descrive la degradazione«quanto più nello impedimento della sua perfezione ebbe parte la volontà del-l’agente», «fino ad annientare la imputazione del tentativo, se la desistenza del-

È in questo crocevia, cronologico e concettuale, che si colloca l’es-senziale argomentazione scientifica impostata da Carmignani 563, daun lato vicina alla criminalistica francese d’antico regime, ma dall’al-tro portatrice di un germe critico che non pare troppo lontano dal ve-ro definire come precorritore di quella elaborazione distintiva tra de-sistenza volontaria e recesso attivo di seguito perpetrata a livello nor-mativo.

La desistenza volontaria è difatti eletta ad elemento di qualità del-l’attentato, ovvero circostanza per cui l’intenzione criminosa non sispinge fino al punto di perfezionamento del crimine – «quando cioè eglispontaneamente desiste da ulteriori atti necessari alla consumazionedel delitto» 564 –, ma non deve implicare l’integrale assoluzione del reo,che pentendosi desiste dal consumare l’attentato delittuoso, senza ri-guardo alla gravità ed atrocità del misfatto. Perché, conviene l’Autore,se è vero che le leggi si volgono ad incentivare il pentimento prima del-la consumazione del delitto, rendendolo vantaggioso ed utile per il de-linquente, è certo che detto scopo possa ugualmente ottenersi appli-cando «al caso di pentimento l’infimo grado della pena correzionale aquella specie di delitto minacciata» 565. Già questa riduzione sanziona-toria, infatti, assolverebbe la necessità di prevenire, attraverso propor-zionali ostacoli, la commissione di illeciti. Tre i passaggi argomentati-vi per approdare alla riferita conclusione: se pure il pentimento inter-venuto prima della consumazione del delitto ha capacità impeditiva ri-spetto al danno immediato, allo stesso tuttavia si accompagna l’inca-pacità di eliminazione totale del danno mediato 566; né potrebbe mai

Page 271: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

256 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

l’azione fu esclusivamente attribuibile alla volontà del suo autore, purché avvenissead un momento in cui non era stato ancora violato nesun diritto. È evidente chequando la causa impeditiva della consumazione fu volontaria …, il danno mediatosparisce affatto; perché i buoni certamente nulla hanno a temere da cotesto fatto, ilquale, ove cento volte si ripetesse, non potrebbe mai turbare di un atono l’ordineesterno; e sarebbe puerile il supporre che ne potessero trarre argomento di audaciai malvagi».

567 Di segno opposto la conclusione cui perviene P. ROSSI, Traitè de droit penal,II, Paris, 1863, 175 ss. Nel caso della desistenza volontaria, sostiene l’Autore – si re-gistra un cambiamento di volontà dell’agente, il quale abbandona il suo inizialeprogetto per motivi che, pur non essendo necessariamente di origine morale, devo-no sempre stimarsi giuridicamente rilevanti perché l’umana giustizia non è assolu-tamente in grado di frugare nell’intimità del pensiero. Ed osservando che il tentati-vo seguito dalla desistenza volontaria non ha ancora prodotto il male che l’autoreaveva di mira e che, inoltre, non ispira il medesimo allarme sociale che il primo sol-leva, si conclude affermando l’impunità di tale ipotesi.

aversi una sicurezza della sincerità del pentimento tale da non lasciarsospettare, in qualche misura, che l’agente abbia desistito dal suo at-tentato in vista soltanto dell’impossibilità di eseguire il delitto; e co-munque, quand’anche il pentimento togliesse la volontà di delinquere,ciò non basterebbe a dimostrare la totale estinzione della prava incli-nazione a delinquere, che «si dee perciò … correzionalmente repri-mere» 567.

Pensieri che risaltano in un panorama epocale significativamentediscordante. Ove è regola – accolta pressoché pacificamente nei codicipreunitari a sugello dell’ampia parabola dello ius comune – l’impunitàdegli atti esecutivi interrotti per volontà dell’agente, impunità finaliz-zata a non incentivarne la prosecuzione della condotta criminosa. Co-sì l’art. 73 del codice del Regno delle Due Sicilie (che faceva riferimen-to al «pentimento del colpevole»); l’art. 106 del codice sardo del 1839(corrispondente all’art. 101 del codice del 1859: «tentativo … sospesoper volontà dell’attentante»); l’art. 48 del codice toscano del 1853 (chepure limitava l’efficacia della desistenza spontanea ai casi del delittotentato che non fosse trapassato in delitto mancato, ovvero ai casi didelitti tentato incompiuto); l’art. 71 del codice estense del 1855: in tut-te queste disposizioni si rinviene sancita, accanto all’impunità del-l’agente, una sua eventuale responsabilità penale per l’ipotesi in cui gliatti compiuti già di per sé integrino gli estremi di altra speciale dispo-sizione incriminatrice.

Isolati, in questo quadro storico, rimanevano i casi del codiceparmense, totalmente aderente al codice penale francese ove manca-va una disposizione ad hoc in materia di desistenza dell’agente, e delregolamento penale gregoriano, che stabiliva (art. 11) la punibilità,

Page 272: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Le scelte degli ordinamenti europei contemporanei 257

568 L’art. 61 punisce «colui che, a fine di commettere un delitto, ne comincia conmezzi idonei l’esecuzione, ma per circostanze indipendenti dalla sua volontà noncompie tutto ciò che è necessario alla consumazione di esso»; l’art 62 punisce «co-lui che, a fine di commettere un delitto, compie tutto ciò che è necessario alla con-sumazione di esso, se questo non avvenga per circostanze indipendenti dalla suavolontà».

569 Quanto ai postulati della scuola classica si fa rinvio agli elaborati di CARRA-RA, Programma del corso di diritto criminale. Parte generale, cit., § 356 ss., che de-scrive il tentativo come atto volontario dell’uomo e fatto lesivo della sicurezza.

570 Il codice penale dell’Impero germanico del 1° gennaio 1872 al § 43 stabiliva:«chiunque ha manifestato la intenzione di commettere un crimine o un delitto me-diante atti che costituiscono un principio di esecuzione di questo crimine o delitto,è punito per tentativo, se il crimine o delitto avuto in mira non è giunto alla consu-mazione», così Codice penale dell’Impero germanico, trad. it., Gualtierotti, Morelli eFeroci, Roma-Torino-Firenze, 1874. Cfr. JESCHECK, Lehrbuch des Strafrechts. Allge-meiner Teil, Berlin, 1988, 458 ss. Significativo, ulteriore, emblema della piena rot-tura con una logica soggettiva è peraltro l’assenza, a partire dal codice Zanardelli,di quella clausola di salvaguardia che nei testi preunitari valeva ad eccezione dellamitigazione punitiva, sancendo la reviviscenza dell’equiparazione sanzionatoriatra delitto tentato e consumato.

pur alquanto mitigata nel minimo e nel massimo edittale, del «cona-to interrotto dalla volontà del colpevole per cagione del di lui penti-mento».

Il sunto storiografico così repentinamente offerto vale comunque ailimitati scopi di illuminare il significato delle norme che il codice Za-nardelli dedica alla desistenza. Ove refluisce il descritto, compatto re-troterra concettuale e legislativo che lentamente si forma e si informaad un intendimento dell’offesa di rilievo penale quale risultante dallacommistione di un “peso” oggettivo e di un “peso” soggettivo.

Le annotazioni di maggior pregio in ordine a questo impianto nor-mativo muovono a far rilevare in primo luogo l’accentuazione oggetti-vista dei contorni del tentativo – ed in particolare della condotta tenta-ta, qui di specifico interesse – tramutata in realtà positiva: il tentativoè punito in quanto fatto esterno, materiale, pericoloso per il bene tute-lato dalla singola fattispecie delittuosa (implicando il cominciamentodell’esecuzione con mezzi idonei) 568, in ossequio ai postulati dellascuola classica 569 ed in aperta contrapposizione rispetto al movimentosoggettivista che partendo dalla Germania stava investendo gli altri or-dinamenti europei 570. In secondo luogo, la considerazione si appuntasulla delimitazione della regola dell’impunità per la desistenza dagliatti d’esecuzione, salvi i casi in cui l’atto eseguito «costituisca di per séreato»: essa, peraltro, è inserita esclusivamente nella norma che disci-plina il delitto tentato (art. 61), tacendosene con riferimento all’ipotesi

Page 273: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

258 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

571 La dottrina è concorde nel ritenere che l’art. 48 del testo granducale qualifichila desistenza come spontanea, così MORI, Teorica del codice penale toscano, Firenze,1854, 74, per cui è notissimo il principio dell’immunità da pena di «quell’agente che,commesso un tentativo, desiste spontaneamente dall’azione intrapresa».

572 CANOFARI, Commentario sulla parte seconda del codice per lo Regno delle DueSicilie, I, Napoli, 1819, 204, richiede espressamente il carattere della spontaneitàdella desistenza; di contro ROBERTI, Corso completo del diritto penale del regno delleDue Sicilie secondo l’ordine delle leggi penali, III, Napoli, 1833, 144, esclude con net-tezza che questo possa essere un elemento necessario a produrre l’effetto dell’esen-zione di pena.

573 PUCCIONI, Il codice penale toscano illustrato sulla scorta delle fonti del diritto edella giurisprudenza, II, Pistoia, 1855, 55.

di delitto mancato (art. 62). Ciò ben dimostra che il relativo concettogià veniva a ritagliarsi non con riguardo alla volontà delittuosa – cheavrebbe potuto interrompersi anche a condotta completata, e pari-menti meritare l’impunità – bensì rispetto all’area fattuale che oggetti-vamente l’ordinamento aveva selezionato come innesco della offensi-vità di base, quella cioè minima e necessaria ad invadere il territoriopenale.

In ultima battuta, si sottolinea come l’avverbio che “per primo” quiinterviene a qualificare la desistenza come volontaria traduca l’inten-zione legislativa di chiudere le accese discussioni circa il coefficientepsicologico necessario e sufficiente a sorreggere il comportamento del-l’agente.

Le incertezze non sopite dall’uso, in talune delle normazioni preesi-stenti, dei termini «spontaneamente» (così il codice penale toscano) 571

e «pentimento» (nel codice penale delle Due Sicilie) 572 avevano infattilasciato aperti interrogativi destabilizzanti l’operatività della figura inquestione. Occorreva un vero pentimento? O il movente risultava pocosignificativo, bastando che la volontà non fosse il mero frutto del ti-more di non riuscire nella consumazione del reato per il sopraggiun-gere di una forza esterna imprevista? O, ancora, doveva considerarsisufficiente che la circostanza fortuita avesse davvero fatto sorgere nel-l’agente la volontà di cambiare proposito?

Questioni di sorprendente attualità. Dalle quali fuoriuscivano mo-niti di cautela rivolti ai tribunali, di indagare ponderatamente la causadell’interruzione senza confondere quella nata dal timore di sorpresa odi pericolo personale con l’altra proveniente dalla «volontaria risolu-zione del delinquente, sorta dal pentimento; nel primo caso si presen-tano gli elementi della imputabilità del tentativo, nel secondo soltantola legge esenta da pena, volendo in chiare parole la spontaneità delladesistenza» 573.

Page 274: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Le scelte degli ordinamenti europei contemporanei 259

574 CARRARA, Programma del corso di diritto criminale. Parte generale, cit., § 385.

Con nettezza Carrara scolpirà questa dicotomia, definendo comevolontarie le cause della mancata consumazione del reato che hanno«genesi in un cambiamento tutto ultroneo di volontà nell’agente. È ilcaso del vero pentimento; è la desistenza dal fine, ben diversa dallamera desistenza dai mezzi. Quindi non è vero, come taluno pretese,che alle cause volontarie non debba riferirsi la pietà che siasi destatanell’animo dell’assassino alle preghiere della vittima. Il moto del suoanimo, sia pure esso eccitato dal pianto altrui, è sempre moto dell’ani-mo suo; è sempre vero pentimento e vera desistenza dal delitto; lo chenon si avvera quando la desistenza è figlia di un moto d’animo cheproceda dal sospetto o dal timore di qualche accidente sopravvenu-to» 574. Ecco che, attraverso il distinguo tra desistenza spontanea enon spontanea, si individua una linea di discriminazione all’internodelle ipotesi di interruzione esecutiva per un atto di volontà dell’agen-te, ravvisabili tanto ove questi si ritragga «per un ostacolo che ap-prenda, quanto se desista per cagionato pensiero. Ma nel primo casosi l’interrompimento per causa causale morale; nel secondo caso sil’interrompimento per causa volontaria, ossia desistenza spontanea.Se l’agente desistè perché un terzo gl’intimò con la pistola di desiste-re; se desistè perché si vide scoperto da qualcuno; se desistè perché ilcane latrò, o perché vide accorrere gente, la causa è morale: poichétutti cotesti accidenti non agivano sul suo braccio e non gli impediva-no fisicamente di continuare, ma non è volontaria, perché desistécontro sua volontà, mentre egli avrebbe voluto continuare. Se l’agen-te al contrario desistè perché pensò alla pena, perché si commosse alpianto e alle preghiere dell’aggredito, ei non vide in ciò un ostacoloimminente. Fu tutto un moto dell’animo suo che lo fece cangiar con-siglio. La causa è volontaria. La desistenza è spontanea, e il conatonon deve imputarsi … In una parola la differenza fra causa causalemorale, e causa volontaria si riduce a questa indagine. Il colpevole de-sisté perché ebbe coscienza di non potere con sicurezza per cagionivere o supposte, compiere il delitto? La causa è causale morale, e iltentativo rimane imputabile. Il colpevole desistè perché, quantunquerimanesse in lui la coscienza di potere senza proprio pericolo attualecondurre a termine il reato, cambiò consiglio? È tentativo abbando-nato. Non è imputabile. La non imputabilità non la desumiamo dun-que dalla circostanza del mutato consiglio, ma dalla cagione del mu-tato consiglio. Se cotesta cagione provenne dall’apprensione di unostacolo o di un pericolo proprio imminente, non è resipiscenza. Se

Page 275: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

260 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

575 CARRARA, Programma del corso di diritto criminale. Parte generale, cit., § 385,nota 1.

576 L’assenza di una disciplina comune del tentativo nella prima edizione delCorpus iuris, risalente al 1997, era stata tra gli altri segnalata da GRASSO, Prefazionea AA.VV., Verso uno spazio giudiziario europeo, Milano, 1997, 26. Voce dissenzien-te quella di PALIERO, La fabbrica del Golem. Progettualità e metodologia per la “ParteGenerale” di un Codice Penale dell’Unione Europea, in Riv. it. dir. proc. pen., 2000,485, che sostiene la perfetta comprensibilità di questa denunciata assenza – e l’effi-cacia meramente simbolica della recente introduzione – per la previsione (artt. 1-8)di fattispecie a tutela talmente anticipata rispetto alla violazione dei rispettivi benigiuridici da non poter nemmeno ammettere la punizione nella forma tentata, cherisulterebbe anticipata oltre il limite di tollerabilità.

provenne da pietà o da prevalenza della ragione e del sentimento deldovere, è resipiscenza» 575.

3. Segue: … e verso il futuro

L’attuale opzione codicistica – tanto in ordine alla punibilità del re-cesso e del tentativo, che in sé ingloba il delitto mancato, quanto in or-dine alla non punibilità della (sola) desistenza volontaria – fissa quin-di, ad oggi, il momento in cui sorge l’interesse alla sanzionabilità conpena di un fatto umano, radicandolo, con senso di continuità rispettoalle scelte ormai storiche, attorno ad un ideale di necessario disvalored’evento, oltre che di azione.

Altrove la scelta di sistema è platealmente inversa. Là si ammetteche tra il verificarsi o meno dell’evento offensivo non corra una di-stanza insuperabile; anzi, l’innegabile eterogeneità si ritiene recupera-bile attraverso una valutazione discrezionale del giudice, cui è affidatala contestualizzazione della pena. Non appare irragionevole, allora,confondere la risposta dell’ordinamento a fronte di una consumazionedelittuosa comunque evitata per effetto di una scelta volontaria del-l’agente.

Già da questi frammenti di pensiero affiora come le posizioni as-sunte sul punto dai singoli ordinamenti possano risultare difficilmen-te conciliabili. Il polso di questa sensibilità si rinviene anche nellosforzo di creazione di uno spazio giuridico penale europeo, in cui havisto recentemente la luce, nell’edizione del 2000 del Corpus iuris, laprima normazione “europea” del tentativo e della desistenza 576: l’art.11 bis, descrivendo la soglia minima del penalmente rilevante, si pro-pone di diventare la comune cartina al tornasole del senso dell’inter-vento penale, assemblando tranci di diverse normative nazionali cia-

Page 276: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Le scelte degli ordinamenti europei contemporanei 261

577 In commento all’art. 11 bis del Corpus iuris, edizione 2000, FORNASARI, La di-sciplina del tentativo nel Corpus iuris, in Dir. pen. XXI secolo, 2002, 283 ss. In gene-rale, per una analisi della normativa in questione si rinvia a AA.VV., Il Corpus Juris2000. Un modello di tutela penale dei beni giuridici comunitari, a cura di Grasso e Si-curella, Milano, 2003.

578 Lo definisce «delicato compromesso raggiunto nella definizione della disci-plina del tentativo», FORNASARI, La disciplina del tentativo nel Corpus iuris, cit., 294,che trovando avallo al suo giudizio positivo nelle conformi inclinazioni, in partico-lare quanto alla desistenza, della prospettiva di riforma elaborata dalla Commis-sione ministeriale Grosso, conclude: «Indubbiamente, vi è un allontanamento dal-la prospettiva oggettivistica che caratterizza la nostra legislazione, ma si può direche oggi forse anche in Italia i tempi potrebbero essere maturi per un ripensamen-to sul tema, che non condurrebbe ad alcuno scandaloso abbassamento del livello diciviltà».

579 Art. 1, frode agli interessi finanziari delle Comunità europee e reati assimi-lati; art. 2, frode in materia di appalti; art. 3, riciclaggio e ricettazione.

580 Art. 5, corruzione; art. 6, malversazione; art. 7, abuso d’ufficio; art. 8, rivela-zione di segreti d’ufficio.

581 Sul ruolo del diritto comparato sulle scelte di politica criminale nazionale

scuna avulsa dall’originario contesto 577. Le molteplici distonie di par-tenza – circa l’identificazione delle condotte punibili, i requisiti per lapunibilità, l’individuazione della pena ed infine il ruolo della desisten-za volontaria e del recesso attivo – si perdono, infatti, e si annullanoall’interno di un risultato che si rivela un agglomerato in stupefacenteequilibrio tra le diverse impostazioni di cui si compone 578. La pena ri-dotta a tre quarti della pena stabilita per il delitto consumato (comma1) si applica a chi, con l’intenzione di commettere uno dei fatti di rea-to previsti dagli artt. da 1 a 3 579 e da 5 a 8 580, realizza un «atto che co-stituisce inizio dell’esecuzione» dell’infrazione (comma 2); mentre sisancisce la non punibilità di «colui che ha tentato di commettere undelitto se ha volontariamente desistito dal portarlo a termine o ne havolontariamente impedito la realizzazione. Se l’infrazione non si con-suma per altri motivi, perché la pena non sia irrogata è sufficiente chela persona abbia tentato volontariamente e seriamente di desistere dal-la condotta o di impedire il realizzarsi dell’evento» (comma 3).

Certo, il percorso di formulazione di nozioni giuridiche più rispon-denti a quelle esigenze di pluralismo culturale sottese al processo di ar-monizzazione europea si sviluppa lungo le coordinate della compara-zione, dimostrandosi per ciò stesso capace di superare gli ostacoli deiparticolarismi giuridici. Ma è al contempo destinato ad incontrare sulsuo cammino difficoltà non sempre risolvibili su di un terreno lingui-stico, essendo la diversità terminologica spesso un mero veicolo di benpiù significative divergenze concettuali 581.

Page 277: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

262 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

JESCHECK, Il significato del diritto comparato per la riforma penale, in Riv. it. dir. proc.pen., 1978, 803 ss.; NUVOLONE, Il diritto penale comparato, cit., 10 ss.

582 Anche il codice penale spagnolo prevede l’esaminata unificazione. L’art. 16,stabilisce al comma 1 che tentativo si ha «quando il soggetto dà inizio all’esecuzio-ne del delitto direttamente con fatti esteriori, realizzando in tutto o in parte gli attiche dovrebbero oggettivamente produrre l’evento e, ciononostante, esso non si ve-rifica per cause indipendenti dalla volontà dell’agente»; prosegue al comma 2 di-sponendo l’esenzione da responsabilità penale per il delitto tentato rispetto a «chine evita volontariamente la consumazione sia desistendo dall’esecuzione già ini-ziata sia impedendo la produzione dell’evento, fatta salva la responsabilità nellaquale può essere incorso per gli atti già compiuti se essi integrano di per sé un di-verso delitto o contravvenzione». Infine, conclude al comma 3, quando ad un fattopartecipano più soggetti, «sono esenti da responsabilità penale quello o quelli chedesistono dall’esecuzione già iniziata e impediscono o tentano di impedire, in mo-do serio, fermo e decisivo, la consumazione, fatta salva la responsabilità nella qua-le possono incorrere per gli atti compiuti qualora essi integrino un diverso delitto ocontravvenzione».

583 Per una efficace sintesi, FORNASARI-MENGHINI, Percorsi europei di diritto pena-le, Padova, 2005, 88 ss., in particolare 94 ss.

Ebbene. Al lettore italiano balza agli occhi un’unica sintonia ideo-logica, quella della graduazione sanzionatoria, ovvero l’accoglimentodel’obbligatoria diminuzione di pena nell’ipotesi tentata.

Quanto a tutto il resto, il progetto rimane decisamente distante dal-le scelte culturali operate dall’ordinamento nazionale. In particolare, ilcompleto abbandono del criterio dell’idoneità, assieme alla parifica-zione di desistenza e recesso nell’assente trattamento sanzionatorio,sono la prova provata dell’avallo a quella valutazione soggettiva dell’il-lecito tanto prevalente negli ordinamenti europei quanto abiurata dal-la tradizione italiana 582.

4. Cenni di diritto comparato: la disciplina della desistenza e delrecesso nelle principali esperienze europee

Chiarita la natura che fonda la disciplina della desistenza e del re-cesso nell’ambito del sistema penale italiano, e calata la stessa nell’ot-tica di uno sviluppo diacronico, vale ora la pena ascoltare le voci dei le-gislatori europei contemporanei, i quali – come già evidenziato – han-no operato scelte sensibilmente e significativamente differenti 583.

La veloce, e per questo non esaustiva, panoramica che verrà ad illu-strarsi pare negare con vigore una qualsiasi giustificazione di assorbi-mento tout court di caratteristiche spiccatamente estranee al sistemaitalico. Salvo rinnegare a priori la necessaria attualità dell’offesa comecardine del disvalore penale punibile e collante dell’intero sistema.

Page 278: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Le scelte degli ordinamenti europei contemporanei 263

584 Si veda ANGIONI, Un modello di tentativo, cit., 1089 ss., in particolare 1101 ss.,il quale conclude la sua riflessione sul panorama delle principali realtà normativecontinentali in ordine alla disciplina del tentativo nel senso «di un orientamentodelimitativo fondamentalmente comune, al di là delle formule e formulazioni lette-rali di volta in volta adottate».

585 FEUERBACH, Lehrbuch des gemeinen in Deutschland gultigen Peinlichen Rechts,Giessen, 1847, § 42, per primo fonda la punizione del tentativo nella «pericolositàdell’azione obiettivamente capace di produrre un risultato», da ciò discendendo –ovvero dal mancato disvalore d’evento – la necessaria punibilità in misura inferio-re rispetto al corrispondente reato consumato. In Italia è efficace sostenitore di ta-le indirizzo MORSELLI, Condotta ed evento nella disciplina del tentativo, cit., 36 ss.;ID., Tentativo, cit., 191 ss. Per una attenta ricostruzione della progressiva afferma-

Questo, difatti, sarebbe l’effetto di una semplicistica equiparazione trarecesso e desistenza quanto all’esclusione dell’inflizione della conse-guenza sanzionatoria: scomparirebbe così il fondamentale parametrodi riferimento per cogliere l’inizio di una realtà oggettivamente e sog-gettivamente offensiva. Né una riforma nel senso della loro identifica-zione potrebbe assurgere a rimedio di quella che taluni asseriscono es-sere una ingiustificata discriminazione tra due situazioni ontologica-mente uguali. A tal proposito si è chiarito come il collegamento che en-trambe unisce al comma 1 dell’art. 56 c.p., quanto all’individuazionedel comportamento realizzato dal “colpevole”, acquisisca un significa-to di ben diverso spessore: nel comma 3 diventa un riferimento al pas-sato, ad un fatto che l’ordinamento penale non ha mai visto e mai ve-drà nella sua consistenza offensiva; nel comma 4 è preso in considera-zione come dato presente, per cui gli atti rappresentano un fattore fe-nomenico costitutivo di una autonoma manifestazione del reato.

4.1. L’ordinamento penale tedesco

Ovviamente, la soluzione relativa al “se” ed al “come” punire il rea-to tentato, e la risposta al quesito concernente l’opportunità di sanzio-nare pure il fatto inidoneo in assoluto alla consumazione, discendonoda una riflessione preliminare, in cui viene a chiarirsi “che cosa” vienepunito, ossia per quale motivo l’ordinamento sottopone un fatto, rec-tius il suo autore, a pena 584.

La dottrina penalistica tedesca, impegnata nella discussione atti-nente a queste problematiche sin dal principio del XIX secolo, ha sin-tetizzato le posizioni assumibili in proposito elaborando, rispettiva-mente, la teoria oggettiva, che fonda la punibilità sul versante del-l’obiettiva messa in pericolo dei beni giuridici da parte di colui che in-tende lederli 585; la teoria dell’impressione o teoria impressionistica

Page 279: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

264 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

zione di una concezione oggettiva del tentativo nel pensiero di Feuerbach, e del re-pentino suo stemperarsi all’interno di un movimento caratterizzato da spiccati sen-timenti storicistici e positivistici, fino alle rielaborazioni critiche che ne segnaronoil definitivo tramonto, SEMINARA, La questione del tentativo, cit., 1832 ss.

586 Cfr. HIRSCH, Gefähr und Gefährlichkeit, in Festschrift für A. Kaufmann, Hei-delberg, 1993, 560.

587 KAUFMANN, Lebendiges und Totes in Bindings Normentheorie. Normologik undmoderne Strafrechtsdogmatik, Göttingen, 1954, 121 ss.

588 Per una interessante definizione di atti preparatori, v. l’art. 30, comma 1, delcodice penale russo: «Per preparazione di un reato si intende la ricerca, la provvi-sta o l’approntamento da parte dell’agente dei mezzi o degli strumenti necessari acommettere un reato, la ricerca di complici, l’accordo per commettere un reato oaltra intenzionale creazione delle condizioni atte a commettere un reato».

589 SEMINARA, La questione del tentativo, cit., 1835.590 V. SEMINARA, La questione del tentativo, cit., 1862 ss.

(Eindruckstheorie), per cui la punibilità del tentativo discende da unaestrinsecata volontà contraria al diritto (componente soggettiva) incombinazione con la capacità della stessa di turbare la fiducia della co-munità circa la vigente efficacia dell’ordinamento giuridico (compo-nente oggettiva) 586; ed infine la teoria soggettiva estrema. Alla streguadi questa, decisivo è il disvalore della condotta, ove si ravvede l’eserci-zio di una volontà ostile al diritto (cattiva Gesinnung) e, pertanto, lagiustificazione dell’inflizione sanzionatoria di fronte alla pericolositàdell’autore. Ne discende l’irrilevanza dell’idoneità, del mezzo come del-l’oggetto, alla commissione del reato 587, e di contro la rilevanza già del-l’attività preparatoria se assistita dalla decisione di proseguire 588.

La riforma del codice penale tedesco del 1975 si preoccupò di pren-dere, sul punto, una definitiva presa di posizione: il risultato è una di-sciplina, pure generalmente definita obiettivo-subiettiva, in cui nettaemerge la prevalenza di un substrato soggettivo.

In effetti, quale che sia la nomenclatura adottata per segnalare ilcontenuto sia delle opzioni in ordine alle funzioni della pena, sia delconnesso concetto di tentativo punibile, sono evidenti «da un lato, lastraordinaria ricchezza di approfondimenti in merito ai presuppostisoggettivi della punibilità, cioè alla colpevolezza», dall’altro «una per-cezione del tentativo alla luce del dolo rivelato dall’agente attraverso lacondotta, ciò che pacificamente porta con sé la punibilità del tentativoremoto, nel quale confluiscono gli atti meramente preparatori» 589.

È in questa prospettiva generale che la stessa contrapposizione traorientamento oggettivo ed orientamento soggettivo in tema di tentati-vo finisce per assumere connotati originali, dotati di punti di contattoche ne consentono una elaborazione sincretica 590. Una simile conclu-

Page 280: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Le scelte degli ordinamenti europei contemporanei 265

591 Situazione risolta nel senso della non punibilità motivata dalla mancanzadella «percezione del sovvertimento del diritto». In proposito MAIWALD, L’evoluzio-ne del diritto penale tedesco, cit., 111 ss.

sione ha decisivi riscontri normativi nella disciplina degli istituti presiin disamina. La soggettivizzazione trova infatti una piana espressionenella formula cui spetta di individuare l’inizio del tentativo: per cuicompie un tentativo di reato colui che, secondo la propria rappresen-tazione del fatto, si appresta (Ansetzen) con immediatezza (Unmittel-barkeit) a realizzare la fattispecie (§ 22 StGB). Balza agli occhi, a partela discrezionalità prescritta per la riduzione di pena, l’irrilevanza delconcetto di idoneità e lo spostamento del baricentro del tentativo su diuna “esecutività” nel cui accertamento non entra in considerazione ilpunto di vista di un osservatore oggettivo esterno all’accadimento,quanto, piuttosto, lo stadio di realizzazione del fatto secondo il pro-getto “soggettivo” dell’agente. Tant’è che l’Ansetzen non implica la rea-lizzazione della fattispecie astratta neppure in termini parziali, ed il re-quisito di Unmittelbarkeit delimita gli atti punibili dai confinanti attipreparatori per rimanere solo i primi legati alla fattispecie concreta daun rapporto di immediata prossimità temporale.

La superficie normativa – che, sola, qui si ha la pretesa di richia-mare – dimostra l’inconfutato principio per cui l’offesa penalmente ri-levante nel grembo del sistema tedesco è una offesa fortemente sog-gettivizzata, così come vuole l’aderenza ad una metabolizzata tradizio-ne giuridica che comporta la responsabilità per tentativo non solo delborseggiatore che abbia infilato le mani nella borsa altrui completa-mente vuota ma pure di colui che abbia sparato ad una persona giàmorta. Impostazione tuttavia mitigata, nelle sue estreme conseguenze,dalla prescritta impunità dell’ipotesi irreale (di chi tenti di procurareun aborto mediante una tisana di camomilla; o di colpire un aereo involo mediante una comune pistola) o superstiziosa (di chi tenti di uc-cidere un uomo mediante preghiere) 591: «se il soggetto, in modo deltutto irragionevole, non si è reso conto che il tentativo, in relazione al-l’oggetto od ai mezzi adottati per la commissione del fatto, non potevagiungere a consumazione, il giudice può esentarlo dalla pena o può ap-plicargli una pena discrezionalmente diminuita» (§ 23, Abs. 3, StGB).

Proprio questa essenza soggettiva, peraltro, riaffiora nella peculia-re rilevanza riconosciuta alla desistenza volontaria dall’azione rivoltaalla realizzazione della fattispecie, nonché al recesso attivo (c.d. tätigerReue).

Infatti, rimane esente da pena chiunque tenti di compiere un reatoma poi ne interrompa volontariamente l’esecuzione prima della con-

Page 281: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

266 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

592 In argomento, tra la vasta letteratura tedesca, si veda per tutti JÄGER, DerRücktritt vom Versuch als zurechenbare Gefährdungsumkehr, München, 1996.

593 Cfr. JÄGER, Der Rücktritt vom Versuch, cit.594 Sulla configurabilità della desistenza del concorrente prima della riforma le-

gislativa del 1975, tra gli altri ROXIN, Einfhürung in das neue Strafrechts, München,1974, 24.

595 In questo senso BGHST. 40, 304, 306. Ha ritenuto invece trattarsi di tentati-vo incompiuto, e non punibile a fronte della pura e semplice non prosecuzione del-l’azione BGHST. 35, 90.

sumazione (freiwillig die weitere Ausführung der Tat aufgibt) o impedi-sca quest’ultima dopo aver compiuto quanto già necessario alla causa-zione dell’evento (deren Vollendung verhindert). Il § 24, Abs. 1, StGB,così, dopo aver accomunato già a livello lessicale desistenza e recessosotto l’unitaria denominazione di Rücktritt 592, per entrambi sanciscel’esclusione della punibilità, parimente estesa a chi seriamente e vo-lontariamente si sforzi (freiwillig und ernsthaft bemüht) per impedire laconsumazione del reato, se questa non si verifica indipendentementedall’intervento del recedente 593. Specularmente, il nuovo § 24, Abs. 2,StGB nella prima parte prevede che «se più soggetti partecipano allarealizzazione del fatto, non è punito per tentativo chi volontariamentene impedisce la consumazione»; nella seconda prosegue affermandosufficiente, ai fini dell’impunità, che il partecipe «si sia adoperato vo-lontariamente e seriamente per impedire la consumazione del fatto»,nelle ipotesi in cui il suddetto fatto non venga consumato indipenden-temente dal suo intervento o venga consumato prescindendo dal suoprecedente contributo 594.

Riepilogando. La suddetta disposizione consente al soggetto, finoall’ultimo momento ed a prescindere dall’esito finale, di rimanereesente da pena una volta seriamente manifestata la volontà di non piùconsumare il reato. Nondimeno, a fronte dell’identico risultato pre-miale, accertare se si sia in presenza dell’operatività dell’una o dell’al-tra figura è parimenti indefettibile, per essere diversi nei due casi icomportamenti che conducono all’esclusione della responsabilità pe-nale: nel primo il non completamento della condotta; nel secondo l’im-pedimento dell’evento.

Per iniziare, occorre considerare – in via del tutto incidentale – co-me la maggiore dottrina e la costante giurisprudenza siano concordinel ritenere responsabile per tentativo chi interrompa l’ulteriore realiz-zazione dell’azione quando ormai si sia rappresentato, accanto alla ne-cessità di proseguire per raggiungere lo scopo, la possibilità che quan-to compiuto sia già sufficiente per il verificarsi dell’esito prefissato 595.

Page 282: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Le scelte degli ordinamenti europei contemporanei 267

596 Non mancano tuttavia posizioni contrastanti che negano tale privilegio, vuoiper la non volontarietà della desistenza (SONNEN, Felgeschlagener Versuch u. Rück-trittsvoraussetzungen, in JA, 1980, 158 ss.), vuoi per la mancata decisione di rece-dere intesa come necessario elemento strutturale (così BOTTKE, Rücktritt vom Ver-such der Beteiligung nach § 31 StGB, Berlin, 1980, 21 ss.).

597 Di quest’opinione anche HEINTSCHEL-HEINEGG, Versuch und Rücktritt, inZStW, 1997, 29 ss.

Mentre si propenda perché resti impunito il soggetto che, avutane lapossibilità, non abbia ripetuto l’atto di tentativo andato a vuoto 596.

Ciò dà atto delle incertezze interpretative imperanti sul tema del«Rücktritt vom Versuch» 597, tema che merita di essere riproposto neisuoi termini essenziali, invariabilmente intessuti di rinvii ad istitutiquali il tentativo incompiuto (unbeendeter), compiuto (beendeter) o an-dato a vuoto (fehlgeschlagener).

Di recente voci autorevoli hanno tuttavia auspicato un ritorno al-l’aderenza alla stretta lettera della norma (§ 24 StGB), sottolineando lanecessità di recuperare le ragioni giuridiche della non punibilità delRücktritt in speculare corrispondenza alle ragioni della punibilità deltentativo, lasciandone emergere una intelaiatura inappuntabilmente“soggettiva”.

Secondo la teorica più risalente tale fondamento sarebbe rintrac-ciabile nella vantaggiosa offerta al delinquente di un “ponte d’oro” (gol-dene Brücke), funzionale ad indurne il ritorno nell’alveo della legalità.Di contro, una seconda impostazione esegetica, col capovolgere que-st’ottica giustificativa del do ut des, ha inquadrato l’istituto dal lato del-la domanda piuttosto che dal lato dell’offerta (da parte dell’ordina-mento statale): il soggetto che autonomamente decida di fare ritornosulla strada della legalità ha “diritto” ad una ricompensa, onorata at-traverso l’esclusione della sua responsabilità penale.

Un terzo orientamento (Strafzwecktheorie o Indiztheorie), infine, hapreso le mosse da considerazioni teleologiche. In quest’ottica, a frontedi un recesso volontario dal tentativo la sanzione penale non potrebbepiù svolgere alcun ruolo, per esserne venuto meno, assieme allo scopospecial-preventivo, anche lo scopo di prevenzione generale. L’uno, in-fatti, scompare nel momento in cui appare caducata l’esigenza di rie-ducare un soggetto che si è autonomamente corretto, l’altro si dimo-stra superfluo non assolvendo alcuna funzione intimidativa della col-lettività, rispetto alla quale chi recede volontariamente non costituiscepiù un esempio negativo da imitare.

A dimostrazione ulteriore – se occorre – dell’impostazione pretta-mente soggettiva che il sistema tedesco dà allo iato tra tentativo puni-

Page 283: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

268 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

598 Si chiede, tuttavia, se il venir meno del coraggio, a fronte delle implorazionidi salvataggio dei figli, non costituisca un motivo autonomo, e finanche apprezza-bile, MAIWALD, L’evoluzione del diritto penale tedesco, cit., 122 s.

bile e recesso non punibile, stanno alcuni esempi tratti dalla giuri-sprudenza, i quali traducono di fatto la prescritta volontarietà in unmotivo di valore etico.

In dettaglio. Un uomo, aggredita una donna per violentarla, vennedalla stessa riconosciuto e chiamato per nome; a sua volta anche l’uo-mo riconobbe la donna, e vergognatosi del proprio comportamento lalasciò andare via. Ebbene, il Bundesgerichtschof asserì che non fossenecessario un effetto preventivo speciale nei confronti di un soggettoche, a causa della vergogna provata, avesse spontaneamente rinuncia-to alla realizzazione della fattispecie consumata. E statuì che il discri-mine rispetto ad un non volontario recesso dal tentativo di violenzacarnale fosse da cogliersi nel motivo-causa della non realizzazione del-l’intento criminoso. Tale, ovvero non volontario, sarebbe risultato solose l’agente avesse desistito non per vergogna ma per timore che la don-na aggredita, avendolo riconosciuto, potesse denunciarlo alla polizia.

Esattamente opposta è stata invece la conclusione riguardo al casodi un padre che, disperato, deciso ad uccidere i propri figli ma inten-dendo farlo in modo “silenzioso ed indolore”, dopo averli addormenta-ti con un sonnifero e averli sistemati in auto, collegò per mezzo di untubo il gas di scarico della vettura con l’abitacolo. A quel punto i bam-bini si svegliarono ed iniziarono a piangere e gridare, costringendo co-sì il padre ad abbandonare il tentativo, visto fallito il suo piano di agi-re. Il giudice ritenne non trattarsi di recesso volontario da omicidiotentato, proprio per la cogenza dei pianti e delle grida che avevano re-so psicologicamente impossibile al padre proseguire nella realizzazio-ne del progetto 598.

Quanto poi ai casi di abbandono del piano criminoso riferibili al ti-more della pena, s’è fatta strada, in sede giurisprudenziale, un’ulterio-re distinzione. Per cui, se il soggetto recede a causa del concreto timo-re dell’arrivo della polizia e del proprio conseguente arresto, non si po-trà parlare di recesso volontario; ma tale si intravede quando l’agentepossa solo astrattamente temere di essere chiamato a rispondere pe-nalmente del fatto commesso. In particolare, nella prima ipotesi con-creti influssi esterni, dotati di cogente efficacia motivazionale, indur-rebbero il delinquente a non compiere il reato; nella seconda si riscon-trerebbe il puro e semplice timore di essere puniti.

La volontarietà, ancora una volta, non viene intesa nel senso “laico”di decisione libera: e lo stesso Bundesgerichtschof è alfine costretto a

Page 284: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Le scelte degli ordinamenti europei contemporanei 269

599 Per le decisioni giurisprudenziali sul tema cfr. GUTMANN, Die Freiwilligkeitbeim Rücktritt vom Versuch und bei der tätigen Reue, Hamburg, 1963; HERZBERG,Grund und Grenzen der Strafbefreiung beim Rücktritt vom Versuch. Von derStrafzwecklehre zur Schulderfüllungstheorie, in Festschrift für Karl Lackner, Berlin,1987, 325 ss.; MAIWALD, L’evoluzione del diritto penale tedesco, cit., 121 s.

600 In proposito, cfr. RISICATO, Combinazione e interferenza di forme di manife-stazione del reato, cit., 80 ss.

601 Problema di grande attualità e di non facile soluzione risulta, per dottrina egiurisprudenza tedesca, la differenziazione tra tentativo inidoneo e reato putativo,il primo punibile, il secondo sempre esente da pena. Per reato putativo si intendeuna condotta obiettivamente lecita compiuta da chi per errore la ritiene penalmen-te rilevante.

602 Di contrario avviso, FORNASARI, Il recesso dal tentativo negli ordinamenti pe-nali tedesco ed italiano, in Dir. pen. proc., 1995, 499 ss.

603 Cfr. BERNARDINI-RENUCCI, Cenni sulle recenti innovazioni nel diritto penalefrancese, in Leg. pen., 1994, 521 ss.; PRADEL, Il nuovo codice penale francese. Alcunenote sulla sua parte generale, in Ind. pen., 1994, 5 ss.; VINCIGUERRA, Francia: il nuovocodice penale, in Dir. pen. proc., 1995, 260 ss.; MANACORDA, Reato nel diritto penalefrancese, in Dig. disc. pen., XI, Torino, 1996, 304 ss.; STEFANI-LEVASSEUR-BOULOC,Droit pénal général, Paris, 1997, 197 ss.

lasciar trapelare il postulato da cui prende le mosse, specificando co-me il timore di rimanere assoggettati a sanzione penale non rappre-senti un motivo eticamente apprezzabile per un recesso dal tentativo 599.

La non punibilità, legata alla modificazione non casuale di un fatto(Tatänderung) ancora indirizzabile verso il rispetto della norma, per-mette infine di ricostruire l’in sè del comportamento di Rücktritt comeeliminazione, variabile a seconda dell’ipotesi in concreto, di quella pe-ricolosità penalmente rilevante che l’ordinamento tedesco ravvisa inuna volizione “apparsa” in antagonismo con la pacifica convivenza so-ciale. Ben risponde ad una logica interna, allora, ritenere sufficiente,affinché la sanzione non si applichi, la decisione di rinunciare al fatto,materialmente espressasi ancorchè non realizzata. E ben si percepiscel’inconciliabilità tra il fondamento politico-criminale della punibilitàd’oltralpe 600, strettamente connesso al punto di vista dell’autore 601, e lavisione a base spiccatamente oggettiva dell’illecito penale propria del-l’ordinamento italiano 602.

4.2. L’ordinamento penale francese

Il nuovo codice penale francese, per la materia in esame, ripercorreintegralmente la strada della tradizione, riprendendo la distinzione con-sacrata nel modello ottocentesco: gli artt. 2 e 3 del Codice napoleonicodiventano così gli artt. 121-4 e 121-5 del Nouveau Code Pénal 603.

Page 285: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

270 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

604 Occorre tuttavia sottolineare come, già sotto il vecchio codice, la giurispru-denza tendeva a sostenere come «le commencement d’execution est constitué …par tous les actes qui tendent directement at immediatement à la consommationdu delit», cfr. Cass. crim., 5 giugno 1984, in B., n. 212, fornendo una nozione di«inizio di esecuzione» non interamente condizionata dalla tipicità della fattispeciedi parte speciale.

605 Condivisa da dottrina e giurisprudenza, cfr. VARINARD, La théorie de l’infrac-tion impossible; vers la disparition d’un mythe doctrinal, Paris, 1990, 165.

606 Cfr. sul punto LAINGUI-LEBIGRE, Histoire du droit pénal, I, Paris, 1979, 52.607 Conferma di quanto detto si trae dalla differenziazione, che dottrina e giuri-

sprudenza francese si preoccupano di sottolineare, tra désistement volontaire e re-pentir: la stessa distinzione che passa tra recesso volontario ex art. 56, comma 4, c.p.e circostanza attenuante ex art. 62, n. 6, c.p. La prima figura, per dar luogo all’impu-nità, deve intervenire prima della consumazione dell’illecito; si parla invece di repen-tir actif laddove l’agente, consumata l’infraction, ne ripari gli effetti e le conseguenze.Di tale circostanza il giudice può tener conto ai fini dell’attenuazione della pena.

608 Cfr. MERLE-VITU, Traité de droit criminel, I, Paris, 1997, 627 ss., che sottoli-neano l’insuccesso, nella prassi, di un contrapposto orientamento oggettivistico ri-goroso, in quanto finisce per lasciare impuniti atti che pure sono molto vicini al ri-sultato finale.

All’eterna domanda circa il momento che rende l’attività criminalesuscettibile di entrare nell’area operativa della legge penale, il dirittofrancese ha risposto cercando di forgiare una sintesi tra prospettivaoggettiva e soggettiva. Ma, nonostante i propositi “conciliativi”, chiaroè lo squilibrio che la disciplina del tentativo presenta a favore di unaconcezione soggettivista, cui si informa l’anima stessa del sistemafrancese 604. La si coglie appieno in quella valorizzazione della témébi-lité dell’autore che dà ragione di una pari gravità sociale della violazio-ne consumata rispetto a quella tentata, ove l’intenzione criminosa e lapericolosità dell’agente si sono pur sempre rivelate 605.

Se ne propone una istantanea: a guardare tra gli elementi costituti-vi del tentativo (di crimine o di delitto, non se ne prevede la configura-bilità in caso di contravvenzione), si rinvengono da un lato atti che ma-nifestino un inizio di esecuzione (commencement d’exécution) e dall’al-tro l’assenza di una volontaria rinuncia alla consumazione (désiste-ment volontaire) 606. Per cui non è punibile colui che volontariamentefa cessare l’esecuzione criminosa, chi decide liberamente di non conti-nuare nella realizzazione propostasi: chi, in una parola, “recede” 607.

Nella costruzione interpretativa prevalente quest’ultimo appare untratto genetico negativo dell’inizio dell’esecuzione punibile, quale con-dotta che, tendendo direttamente ed immediatamente alla perpetra-zione del delitto, incarna il carattere irrevocabile della risoluzione cri-minale del soggetto 608. La desistenza rimane così assoggettata alla du-

Page 286: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Le scelte degli ordinamenti europei contemporanei 271

609 Sono state pertanto considerate cause capaci di escludere la configurabilitàdi un désistement volontaire la prospettiva di una denuncia (Cass. crim., 29 maggio1902, in D.P., 1904, 1, 31); la prospettiva dell’apertura di un procedimento penale(Cass. crim., 20 luglio 1933, in B., n. 157 e 158); la resistenza opposta da una don-na a fronte di una tentata violenza sessuale (Cass. crim., 16 marzo 1961, in J.C.P.,1961, II, 12157); la discreta sorveglianza espletata dall’impiegato di un magazzino(Cass. crim., 3 gennaio 1973, in R.S.C., 1974, 577); la fuga di una giovane donnadall’appartamento di un uomo che, fintosi medico, le domandava di spogliarsi persottoporsi ad un esame medico, con la reale intenzione di avere con lei un rappor-to sessuale (Cass. crim., 14 giugno 1995, in D.P., 1995, n. 222); la «déficience mo-mentanée» di chi si appresta a commettere un furto (Cass. crim., 10 gennaio 1996,in D.P., 1996, n. 97); la vigilanza della vittima, che prende coscienza dell’atteggia-mento fraudolento realizzato (Cass. crim., 27 aprile 2000, in D.P., 2000, n. 137). Dicontro, è stata ravvisata desistenza volontaria nell’interruzione della condotta disottrazione di cadavere da un cimitero provocata dalla paura che il contesto avevafinito per suscitare nel reo (T. corr. Fort de France, 22 settembre 1967, in J.C.P.,1968, II, 15583).

610 Cfr. Cass. crim., 9 maggio 1979, in B., n. 168.611 MASCALA, Droit pénal général, Paris, 2003, 106. In giurisprudenza, Cass. crim.,

23 luglio 1969, in D.P., 1970, 361; Cass. crim., 16 gennaio 1986, in J.C.P., II, 20774.612 V. MASCALA, Droit pénal général, cit., 113 ss.

plice condizione: della volontarietà, da leggere come assenza di causeesterne determinanti la rinuncia a commettere la violazione 609, e del-l’essere anteriore alla commissione dell’illecito, che, ove integralmenterealizzato, lascia scorgere i diversi, e solo diminuenti, profili del repen-tir actif 610.

Conciocché, se ad essere punita è l’oggettivazione di una intenzionecriminale, indipendentemente dal risultato che si sia nel frattempoprodotto, regola e non eccezione è che una manifestazione di volonta-ria “sospensione”, ovvero la semplice cessazione di tale direzione psi-cologica, possa costituire il presupposto dell’impunità. Accompagnata,peraltro, dalla condivisa punibilità pure del tentativo impossibile, co-munque rivelatore dell’intenzione criminale dell’agente quale che siastata la consistenza dell’attività materiale 611.

Ma certo, vacilla irrimediabilmente la logica di un trapianto dellasoluzione nel tessuto normativo italiano.

Consta del resto – in uno scenario in cui all’intenzione in parola siriconosce una diversa forza criminale – come un cambio di volontà piùnon basti sul versante della “complicité”, integrata (ai sensi dell’art.121-7) dalla consapevolezza di prestare aiuto o assistenza o di facilita-re la preparazione o la consumazione di un crimine o di un delitto (perle contravvenzioni dispone l’art. R. 610-2); o ancora, compendiatanell’istigazione alla commissione sostanziatasi nella provocazione onella fornitura di istruzioni 612. Ebbene, se il “repentir du complice

Page 287: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

272 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

613 DESPORTES-LE GUNEHEC, Le nouveau droit pénal, I, Droit pénal général, Paris,1998, 441.

614 Caratteristicamente differenziata, rispetto al panorama offerto dai Paesi eu-ropei continentali, per l’articolarsi attraverso la combinazione di due settori: quel-lo della normativa scritta (statute law) e quello del precedente giurisprudenziale dicommon law. In argomento si veda VINCIGUERRA, Introduzione allo studio del dirittopenale inglese. I principi, Padova, 1992.

615 Si veda l’attenta analisi di VINCIGUERRA, Diritto penale inglese comparato. Iprincipi, Padova, 2002, 437 ss.

616 Cfr. In particolare WILLIAMS, Textbook of criminal law, London, 1983, 404 ss.

avant la commission de l’infraction” rimane dogmaticamente inqua-drato nella disamina del carattere (necessariamente) intenzionale del-la complicità, per cui vale a saggiare la indefettibile concomitanzadell’intenzione suddetta rispetto al tempo della condotta (aide, assi-stance, forniture d’instructions), la soluzione a fronte del successivomutamento d’avviso rispetto alla realizzazione criminosa (le complicechange d’avis avant la réalisation de l’infraction et souhaite se dissocierde l’auteur) non sembra più poggiare sull’esclusivo profilo dell’inver-sione psicologica (il semble que ce sursaut moral soit en lui-même in-suffisant): il complice dovrà agire positivamente per assicurarsi l’im-punità, recuperando l’arma che aveva reso disponibile all’autore, av-vertendo la vittima designata, dando indicazioni alla polizia 613.

4.3. L’ordinamento penale inglese

Nell’avviarsi verso la conclusione di questa panoramica “esterna”,uno sguardo merita di essere rivolto all’esperienza inglese 614, la cui im-magine di sistema fortemente garantista della sicurezza della colletti-vità si staglia nitida nell’approcciare all’analisi della disciplina di inte-resse.

Quanto al tentativo, la relativa fattispecie è definita nel comma 1dell’art. 1 del Criminal Attempts Act del 1981: «è colpevole di tentativouna persona che, con l’intenzione di commettere uno dei reati a cui èapplicabile l’art. 1 [i reati più gravi – indictable offences –, con esclusio-ne quindi dei reati minori – summary offences – salvo correzioni giuri-sprudenziali], compie un atto più che meramente preparatorio [morethan merely preparatory] della sua commissione» 615.

Invero, le ragioni che fondano l’incriminazione del tentativo nonhanno mai suscitato grande interesse tra i penalisti inglesi, e quanti sene sono occupati l’hanno principalmente ricondotta ad esigenze diprevenzione speciale e generale 616. L’una rimarrebbe infatti svuotata

Page 288: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Le scelte degli ordinamenti europei contemporanei 273

617 «Un soggetto può essere condannato per tentativo anche se i fatti sono taliche la realizzazione del reato è impossibile», ed «in ogni caso, quando a prescinde-re da questo comma l’intenzione del soggetto non sarebbe considerata come un’in-tenzione di commettere un reato, ma se i fatti del caso fossero stati come egli cre-deva, la sua intenzione sarebbe considerata quella di commettere il reato, allora ta-le soggetto sarà ritenuto ai fini del comma 1, aver avuto l’intenzione di commette-re quel reato».

618 CROSS-JONES-CARD, Introduction to criminal law, London, 1988, 551.619 L’Act 1981 sul punto non ha apportato mutamenti alla disciplina di common

law. Pure in dottrina c’è qualche voce favorevole all’attribuzione di una efficacia didefence alla desistenza libera e volontaria considerato che la non punibilità incenti-verebbe a desistere dal proposito criminoso, cfr. ASHWORTH, Principles of criminallaw, Oxford, 1995, 464.

dalla mancata punizione riservata a chi abbia tentato senza successodi commettere un reato, producendosi l’effetto di “spinta a riprovare”;l’altra risulterebbe avvilita dall’assenza di quella efficacia disincenti-vante che la conseguenza penale produce su tutta la collettività.

Ma la spia di una ossatura soggettiva dell’ordinamento, cui infinericondurre le scelte in ordine all’indicata disciplina, ha conferma neidisposti di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 1 Act 1981 617: un soggetto puòessere chiamato a rispondere del tentativo di un reato, ancorché im-possibile da commettere, se questo sarebbe stato realizzabile nelle cir-costanze che egli crede o spera che esistano. È sufficiente, cioè, avere«raggiunto il proprio obiettivo in senso fisico, sebbene a causa di qual-che errore esso non assurga a reato» 618.

Eppure, dal descritto impianto non discende una regolamentazionedi desistenza e recesso corrispondente a quella già analizzata in meri-to ai sistemi tedesco e francese. Piuttosto, le circostanze dipendentidalla volontà dell’agente che impediscano la consumazione del reato,al pari di quelle estranee al soggetto, non escludono la rilevanza pena-le del fatto commesso. Neppure la desistenza motivata da sincero pen-timento viene dalle Corti considerata alla stregua di una defence (cau-sa di esclusione della punibilità): in questo contesto recesso e desi-stenza vengono parificati sì, nell’ottica del mero impedimento evoluti-vo, ma sul piano di circostanze di riduzione della pena 619.

Si badi, una simile alternativa soluzione non crea una insanabileaporia con la premessa. Se è la volontà criminosa a fondare tanto l’il-lecito quanto l’esigenza retributiva-rieducativa rispetto al reo, o si am-mette che, una volta liberamente invertita la volizione e tradottasi que-sta nuova situazione in atti per effetto dell’interruzione nella prosecu-zione, si ripristina il rapporto di rispetto tra agente e norma, e quantocommesso non viene sanzionato; oppure si assume come ormai irre-

Page 289: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

274 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

620 Sul tema VINCIGUERRA, Diritto penale inglese comparato, cit., 418 ss.621 SMITH, Witdrawal in complicity: a restatement of principles, in Crim. L. Rev.,

2001, 769.

versibilmente spezzato l’equilibrio sociale, e la disobbedienza, seppurnon più perpetrata, rimane punibile.

Residua tuttavia in sede concorsuale l’affermazione della non puni-bilità del partecipe che interrompa il proprio apporto al reato primache questo venga commesso, tranne il caso di una condotta realizzatagià integrante gli estremi di un diverso reato – come il tentativo, l’inci-tement o la conspirancy – e di per sé sanzionata. Ma l’inapplicabilitàdella sanzione viene scollegata dal puro e semplice ripensamentoesternato nella mera interruzione della condotta, richiedendosi piutto-sto una volontaria incidenza sulla perpetrazione del reato comune, ta-le da impedirne la consumazione o, più limitatamente, da annullare larilevanza del proprio comportamento rispetto a quanto verrà poi rea-lizzato da parte degli altri correi 620.

Si legge così nelle sentenze, come non basti il semplice cambia-mento di stato d’animo (change of heart), di per sé incapace di ostaco-lare la perpetrazione del fatto da parte dei concorrenti 621.

Per cui, nel caso di partecipazione morale si tratterà di eliminarel’influenza psichica esercitata attraverso il consiglio, l’istigazione, l’or-dine dato per la commissione del reato, proprio per mezzo dell’esplici-tazione – non equivoca (unequivocal notice) e rivolta a ciascuno di co-loro cui era stata originariamente diretta l’istigazione – dell’oppostoconsiglio o comando (salva la responsabilità a titolo di incitement nelcaso di istigazione determinante). Di modo che, seppure gli altri persi-stano nella realizzazione del reato, comunque non sarà più configura-bile la partecipazione da parte del desistente.

Ove, invece, si versi nell’ipotesi di partecipazione materiale, il sog-getto, per risultare non punibile, dovrà effettivamente impedire la con-sumazione del reato da parte dei concorrenti; diversamente, chi “desi-ste” sarà comunque responsabile di partecipazione nel tentativo.

Ciò, in fin dei conti, non fa altro che ribadire quanto sopra emerso.Difatti, la scelta di un substrato prevalentemente soggettivo della rile-vanza penale del fatto umano lega quest’ultima, invariabilmente, allemutevoli considerazioni – di stampo politico criminale – circa i modiin cui l’agente possa effettivamente ed efficacemente (nell’ottica dellanon punibilità) manifestare la sua non più-volontà criminosa.

Un’impronta oggettivistica, dal canto suo, ha un altro “costo”: la-sciare rigidamente differenziate la fenomenologia non incriminatrice

Page 290: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Le scelte degli ordinamenti europei contemporanei 275

622 STEPHEN, A History of the Criminal Law of England, London, 1883, 226.623 Cfr. Weaver v. State, 116 Ga. 550, 554, 42 S.E., 745, 747 (1902); People v. Col-

lins, 234 N.Y. 355, 360, 137 N.E. 753, 755 (1922). In questo senso anche WHARTON,Criminal Law, Philadelphia, 1846, § 226.

624 State v. Thomas, 438 S.W. 2d 441, 447 (Mo. 1969); State v. Workman, 90 Wa-sh. 2d 443, 450, 584 P. 2d 382, 386 (1978); People v. Myers, 85 Ill. 2d 281, 290, 426N.E. 2d 535, 539 (1981); People v. Dillon, 34 Cal. 3d 441, 454, 558 P. 2d 697, 702, 194Cal. Rptr. 390, 395 (1983).

della desistenza da un lato (sempre uguale a sé stessa), e le forme del-l’offesa penale dall’altro.

5. Brevi notazioni sul sistema penale americano

Nel 1883 Stephen poteva affermare che «la legge francese, e quelladi molti altri Paesi, non considera rilevante un tentativo di commette-re un crimine dal quale il colpevole volontariamente desiste» 622. L’os-servazione – se ne conviene al termine del rapido excursus proposto –rimane vera a tutt’oggi. Non pochi sono i sistemi penali che, subendol’influenza della previsione contenuta nel codice penale napoleonico,sanzionano solo le condotte fallite «per circostanze indipendenti dallavolontà dell’offensore»: con ciò escludendo dalla responsabilità pertentativo il fatto desistito. Altri, invece, adottano l’impostazione assun-ta nella codificazione tedesca fin dal 1871, specificamente prevedendol’impunità per quanti abbandonano volontariamente il completamen-to dell’atto intenzionale.

Può altresì convenirsi come, rispetto all’accennata ottica continen-tale-europea, la dimensione giuridica Anglo-americana, che la punibi-lità del tentativo conosce per effetto di una sensibilità creativa di natu-ra giurisprudenziale, sul tema della desistenza si presenti con trattifortemente differenziati.

Muovendo dalla conclusione acquisita attraverso le proposizioniche hanno preceduto, per cui la common law nega che l’abandonmentsi proietti sulla responsabilità per tentativo dissolvendola, va sottoli-neato come la giurisprudenza statunitense, fin dalle sue prime asser-zioni, abbia dimostrato una perfetta aderenza nei confronti di questatradizione. A parte rare ed occasionali opinioni contrarie, ove la desi-stenza è descritta nei termini di defense 623, le Corti americane sosten-gono infatti fermamente come «una volta che il tentativo risulti com-pleto di tutti i suoi elementi, l’abbandono del proposito criminale nonesclude la punibilità» 624.

10.

Page 291: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

276 Desistenza volontaria e tipicità del fatto doloso

625 Così SAYRE, Criminal Attempts, in Harv. L. Rev., 1928, 41, 821, 847.626 GLANVILLE, Criminal Law. The General Part, London, 1961, 620.627 GLANVILLE, Criminal Law, cit., 379 s.628 FLETCHER, Rethinking Criminal Law, Boston-Toronto, 1978, 190.629 «Secondo il nostro punto di vista il più persuasivo argomento a favore della

previsione di un abbandono non punito è che, dato lo scopo di prevenzione propriodel diritto penale, appare ugualmente importante incoraggiare ragionevolmente uncospiratore, un attentatore o un istigatore a tornare sui suoi passi prima di avercommesso un illecito penale, quanto incoraggiare un complice a porre fine alla suapartecipazione al crimine», The Law Commission Working Paper n. 50, InchoateOffences 102 (1973). Contra, WASIK, Abandoning Criminal Intent, in Crim. L. Rev.,1980, 785 ss., 793, che sostiene l’implausibilità di una ricostruzione dell’assenza dipena in conseguenza dell’interruzione del percorso criminoso, ormai giunto allostadio di un tentativo punibile.

Una volta che il soggetto abbia commesso atti sufficienti a renderlo re-sponsabile di tentativo, nessun pentimento o ripensamento successivo,nessuna astensione dal proseguire nel crimine potrà escluderne la respon-sabilità penale per il crimine già commesso. Un sincero pentimento può de-terminare la riduzione della condanna, ma non rendere esente da responsa-bilità penale. Nei casi in cui l’agente volontariamente abbandona il corsodella sua condotta intenzionale, comunque, la questione si riduce a verifi-care se la condotta precedente già si fosse, o meno, spinta tanto avanti daintegrare una fattispecie tentata. Il ladro che, mentre cerca di forzare la ser-ratura del portone d’ingresso, decide di abbandonare il tentativo è ugual-mente colpevole sia che il ripensamento venga dettato dalla voce della suacoscienza sia che venga dettato dalla voce del poliziotto in avvicinamento.Il presente non ha la capacità di spazzare via il passato criminale 625.

Un simile insegnamento non ha tuttavia impedito la problematizza-zione dogmatica delle ragioni fondanti la persistente punibilità di chi ab-bandona l’intento criminoso prima di completare l’offesa. La critica diquesta disciplina è intervenuta ora col vagliare – della desistenza – il pro-filo rivelatore di una scarsa fermezza nel perseguire l’originario dise-gno 626; ora valorizzando il suggerimento, trasudante dal volontario ri-pensamento, che nei fatti il soggetto «non sarebbe andato tanto avanti dadimostrare di aver attraversato la barriera psicologica per commettere uncrimine» 627. Ancora, nella volontaria rinuncia alla realizzazione crimino-sa si è intravisto un atto che annulla l’originaria riprovevolezza e quindirimuove la motivazione etica alla sanzionabilità penale 628; infine, la neu-tralizzazione della pena è stata spiegata come incentivo rispetto a chi ten-ti di commettere un illecito, perché desista dal completare il suo piano 629.

Il progetto del Model Penal Code irrompe in questa granitica cornicedi continuità, inquadrando, per chiara scelta legislativa, la desistenzanella categoria di “defense”. Di essa la descrizione chiarisce i contorni di

Page 292: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Le scelte degli ordinamenti europei contemporanei 277

630 Model Penal Code (Proposed Official Draft 1962) § 5.01.631 V. Harden v. State, 465 So.2d 321, 325 (Miss. 1985); Alexander v. State, 520

So.2d 127, 130 (Miss. 1988).632 Sul tema, in particolare, HOEBER, The Abandonment Defense to Criminal At-

tempt and Other Problems of Temporal Individuation, in Cal. L. Rev., 1986, n. 74,377 ss.

633 V. Pruitt v. State, 528 So.2d 828, 830 (Miss. 1988).634 Ross v. Mississippi, 601 So.2d 872 (Miss. 1992).

“abbandono” dell’intenzione di commettere il crimine o comunque di“impedimento” della sua commissione a fronte di una condotta, già rea-lizzata, altrimenti costitutiva di un tentativo ed in presenza di circostan-ze che manifestino una completa e volontaria rinuncia al proposito cri-minale. In dettaglio, viene specificato come la rinuncia al proposito cri-minale non sia volontaria se in tutto o in parte motivata da circostanze,non presenti o manifeste all’inizio del decorso della condotta, che au-mentino la probabilità di fallimento o di cattura o che rendano maggior-mente difficoltosa la realizzazione del proposito criminale. Né è comple-ta la rinuncia motivata dalla decisione di posporre la condotta ad un mo-mento più vantaggioso o di trasferire l’obbiettivo dello sforzo criminososu di un diverso, ma simile, oggetto o vittima 630. Il crimine di attempt ri-sulta dunque visualizzabile nel fatto di chi, con l’intenzione di commet-tere un determinato illecito, e realizzati gli atti a tanto diretti, falliscal’obiettivo o rimanga “impedito” nel perfezionamento dello stesso, adesempio per l’intervento della vittima o di un terzo che convincano, rec-tius costringano l’agente a non proseguire nello sforzo criminoso 631.

La dizione, adottata in parecchi Stati 632, rivela dunque significativipunti di contatto con il senso accordato dalla presente riflessioneall’istituto della desistenza, nei tratti assegnatigli dalla sistematica pe-nale italiana. I non frequenti casi di «abandonment in attempt» porta-tisi all’attenzione delle Corti 633 dimostrano invero come il ragiona-mento attorno all’istituto si sia concentrato nel mettere in evidenzanon solo la libertà volitiva dell’interruzione ma anche una peculiareconsistenza del comportamento da cui origina l’impunità, in cui purecontinuano a mescolarsi le fenomenologie della desistenza e del reces-so. Così, in ordine alla tentata violenza sessuale di chi, entrato in casadella vittima ed intimatole di spogliarsi sotto la minaccia di un fucile,si sia allontanato repentinamente e definitivamente dall’abitazione do-po aver ascoltato le preghiere della donna, piangente, di non farle al-cun male perché la sua bambina, di lì a poco di ritorno a casa, non ave-va altri che lei: la Corte suprema del Mississipi riformò la condannaper aver riconosciuto gli estremi della defense 634.

Page 293: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento
Page 294: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

SEZIONE II

LA GESTIONE DELL’ATTUALITÀDELL’OFFESA PENALE

Page 295: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento
Page 296: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

1 Si rende portavoce della crisi del diritto penale classico con specifico riguardoal tema di danno da prodotto, emblematica fenomenologia della post-modernità,PIERGALLINI, Danno da prodotto. Profili dommatici e politico-criminali, Milano, 2004,33 ss.

Linee guida per una analisi “multidirezionale”

Lo scenario aperto dalla direttiva esegetica fin qui seguita permettedi volgere l’attenzione a quelle norme che rispettivamente assorbono emodellano, adattandola all’originalità dello specifico quadro di riferi-mento, l’attualità del disvalore penale, intesa come complesso dellecondizioni minime che l’ordinamento ha fissato per la visibilità-rico-noscibilità dell’offesa del bene giuridico. Solo queste, beninteso, am-mettono la tipicità al giudizio realistico di cui all’art. 49, comma 2, c.p.

Si è già argomentato quanto al “senso” costituzionale del diritto pe-nale, che impedisce il sorgere di fattispecie sostanzialmente vuote, pri-ve cioè già in astratto della capacità di evocare un disvalore. Di questasorta di “catena assiologica”, che condiziona il legislatore a non creareilleciti risolventisi in mera manifestazione di volontà disobbediente,l’adozione della tecnica di tutela dibattuta nelle pagine che seguono èspecifica conferma. Attraverso di essa la previsione normativa esprimeuna precisa scelta di contenuto, selezionando – nel pieno rispetto delprincipio di frammentarietà nonché di proporzione della misura pena-le – gli accadimenti della vita rappresentativi di un dato disvalore; estabilendo fin quando sia giuridicamente ipotizzabile una desistenzasuscettibile di accordare al fatto commesso la completa irrilevanza pe-nale.

Poste queste considerazioni preliminari, una consecutiva e, perquanto nelle forze di chi scrive, accurata disamina dei luoghi dell’ordi-namento ove si articolano le suddette opzioni, non potrà che lasciarconstatare la vastità dei confini di interesse, al cui interno le norme co-dicistiche si affiancano a disposizioni che vivono nei settori “ai limiti”del c.d. diritto penale classico, a proposito dei quali da tempo si discu-te di una certa vocazione a ridefinire la nozione minimale di offesa pe-nalmente rilevante 1.

Page 297: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

282 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

Basti citare la sfera dei reati ambientali, ove la predominante strut-tura contravvenzionale, etichettata come di pericolo astratto, è valsa afar passare l’idea che si tratti di una nicchia di illeciti “sostanzialmen-te formali”, strumentali alla primaria tutela dell’ambiente e, per qua,della salute collettiva. Nonché il segmento degli illeciti penali tributa-ri, in cui, di contro, l’egida della misura sanzionatoria criminale tendea scomparire in attesa della consumazione della fattispecie, negandosicosì spazio alla configurabilità di una forma delittuosa tentata.

Ora. Senza pretesa di riproporre in questa inadeguata sede un qua-dro compiutamente dettagliato dei profili che impegnano dottrina egiurisprudenza nella delicata anamnesi delle disposizioni di volta involta richiamate, conviene – a proposito delle stesse – affrontare laquestione strettamente strutturale. Un rapido percorso attraverso glielementi che le compongono appare infatti valido ausilio non solo enon tanto per documentare le inquietudini esegetiche che ne rendonotravagliata l’applicazione, quanto e soprattutto per suffragare la bontàdel modello della non-desistenza come referente del pericolo attualechiamato a costruire le discusse fattispecie.

Page 298: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

CAPITOLO PRIMO

Il “pericolo attuale” nella legittima difesae nello stato di necessità

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Attualità del pericolo e tipicità della scriminante: “crona-ca” di una ricerca. – 2.1. Il carattere dell’attualità. – 3. In particolare: pericolo at-tuale e legittima difesa. – 3.1. Il convergere del “pericolo attuale” nell’attualità del-l’offesa. – 3.2. Gli equivoci sul tappeto. – 3.3. Nota conclusiva: il pericolo attualealla prova della riforma in tema di legittima difesa. – 3.3.1. La non desistenza ed ilpericolo di aggressione. – 4. In particolare: pericolo attuale e stato di necessità. –4.1. Il pericolo attuale di un danno grave alla persona. – 4.2. Miti e contraddizionidel pericolo necessitante. – 4.3. Oltre il velo: il “pericolo attuale” nel contesto nor-mativo dello stato di necessità.

1. Premessa

Con riguardo al sistema codicistico, prime, in ordine “topografico”,a venire in considerazione sono le disposizioni di cui agli artt. 52 e 54.In effetti le due norme stabiliscono la non punibilità di chi abbia com-messo il fatto per esservi stato costretto dalla necessità rispettivamen-te di reagire al pericolo attuale di un’offesa ingiusta rivolta ad un dirit-to proprio o altrui, o di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un dan-no grave alla persona. Orbene, la situazione cogente in entrambi i casitrova radici nel rapporto di alternatività tra il salvataggio di un bene,posto in pericolo, ed il sacrificio di un altro, offeso dal fatto criminosogiustificato; ma ad allontanare i margini delle ipotesi scriminanti sov-viene la diversità fenomenica del pericolo attuale evocata dalla etero-genea indicazione di ciò in cui quel pericolo consiste.

Nel modello della legittima difesa la perifrasi utilizzata dà infatti ra-gione della contrapposizione di due fatti umani – appunto riconduci-bili all’assalitore ed all’assalito – penalmente omogenei: con ciò si vuoleintendere come si tratti di accadimenti che, per essere posti l’uno difronte all’altro sullo stesso piano valutativo, debbono al pari constaredi una aggressione connotata dai crismi della rilevanza penale. In altritermini, se il fatto giustificato è senza dubbio un fatto tipico, allora ta-

Page 299: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

284 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

2 In proposito v. l’efficace sintesi di SZEGÖ, Ai confini della legittima difesa.Un’analisi comparata, Padova, 2003, 347 ss.

3 PADOVANI, La condotta omissiva nel quadro della difesa legittima, in Riv. it. dir.proc. pen., 1970, 691. Cfr., con diverse sfumature, GROSSO, Difesa legittima e stato dinecessità, Milano, 1964, 66; MANTOVANI, Diritto penale, cit., 203.

4 PADOVANI, Difesa legittima, in Dig. disc. pen., III, Torino, 1989, 501. Concezionespostata verso un’interpretazione soggettiva della nozione di pericolo nella legitti-ma difesa è quella sostenuta da MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, I, Torino,1981, 686: «Il pericolo non è mai qualche cosa di concreto, perché non è una realtà,bensì un giudizio logico, una mera previsione, fondata, è vero, sulla realtà, ma nel-la quale la realtà stessa è valutata nella sua potenzialità, cioè come indizio di ciòche potrà derivarne nell’avvenire, e non in sé medesima». Sulla nozione di pericoloin generale si veda ANGIONI, Il pericolo concreto, cit., 36, per il quale «il pericolo è …

le, ovvero tipico, deve risultare pure il pericolo attuale dell’offesa (in-giusta), traducendosi codesta espressione linguistica nella attuale nondesistenza da un “delitto”.

Nella modulazione dello stato di necessità, di converso, il pericoloattuale si riflette nella diversa prospettiva di un danno grave alla perso-na, quale evento (dannoso) naturalistico la cui imminente verificazioneè segnalata dalla sussistenza di tutte le condizioni necessarie e suffi-cienti a produrlo secondo i dettami esperienziali.

2. Attualità del pericolo e tipicità della scriminante: “cronaca” diuna ricerca

Scorse queste sintetiche righe introduttive, si avvede come il requi-sito dell’attualità del pericolo, integrante entrambe le norme focalizza-te, nel prendere corpo alla luce della proposta lettura infrasistematicasi dota di una linea di contorno concreta e precisa che scioglie le con-troversie dogmatiche man mano evidenziatesi nel corso dell’impegna-tivo confronto attorno a tale elemento 2.

Una panoramica generale sulla nozione di pericolo “scriminante”subito evidenzia in primo piano l’avvicendarsi degli interrogativi circauna sua consistenza oggettiva piuttosto che meramente psicologica,circa la sua maggiore ovvero minore aderenza alla nozione comuneche è per regola sistemica accertabile ex ante, circa – infine – il para-metro per verificarne la sussistenza.

L’opinione consolidatasi non ha mancato di ravvisare nel suddet-to pericolo (attuale e generale) una «vera e propria situazione natu-ralistica» 3, che relaziona «un insieme di circostanze materiali date eun evento ulteriore» 4; ed ha proceduto nell’accertamento del requisi-

Page 300: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Il “pericolo attuale” nella legittima difesa e nello stato di necessità 285

un attributo di una situazione o di un atto che è posto in relazione con un’altra si-tuazione o risultato successivo e sfavorevole».

5 Cfr. DE VERO, Le scriminanti putative. Profili problematici e fondamento delladisciplina, in Riv. it. dir. proc. pen., 1998, 794 ss.

6 La rilevanza oggettiva delle cause di giustificazione, la cui operatività a favoredell’agente è legata al solo ricorrere dei requisiti normativamente prescritti, a pre-scindere dalla consapevolezza dell’agente stesso, è affermazione della dottrina do-minante, si vedano in proposito GROSSO, L’errore sulle scriminanti, Milano, 1961,115 ss.; ID., Difesa legittima, cit., 237 ss.; MARINUCCI, Cause di giustificazione, cit.,142 s.; PAGLIARO, Principi di diritto penale, cit., 450 s.; ROMANO, Commentario siste-matico, I, cit., 652 ss. Contra SPAGNOLO, Gli elementi soggettivi nella struttura dellescriminanti, Padova, 1980, 10 ss. Sottolinea la rilevanza oggettiva e soggettiva dellescriminanti, RAMACCI, Corso di diritto penale, cit., 313 s.: oggettiva, «perché le scri-minanti in concreto esistenti escludono il reato qualunque sia il convincimento delsoggetto agente al riguardo»; soggettiva, perché per le scriminanti il putativo equi-vale al reale, in quanto «se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze diesclusione della pena (che invece in effetti non esistono) queste sono sempre valu-tate a favore di lui».

7 Così, tra gli altri, FROSALI, Sistema penale italiano, II, cit., 293 s.; PADOVANI, Di-fesa legittima, cit., 502; GROSSO, Difesa legittima, cit., 69; MARINUCCI, Cause di giusti-ficazione, cit., 137; PIERDONATI, La proporzione nella difesa legittima, cit., 611; VI-GANÒ, Art. 54 c.p., in Codice penale commentato, a cura di Dolcini e Marinucci, Mi-lano, 2006, 653.

8 Per tutti, ANGIONI, Il pericolo concreto, cit., 97 ss.9 È giurisprudenza consolidata che l’esimente putativa non possa ricondursi ad

un criterio di carattere meramente soggettivo, identificato nel solo timore o nel so-

to a mezzo di un giudizio prognostico che vaglia le circostanze ma-teriali conoscibili al momento dell’azione, cui eventualmente si ag-giungono le maggiori circostanze fattuali conosciute dall’agente con-creto 5. Insomma, un protocollo di giudizio ex ante in aperto contra-sto con l’indicazione che promana dalla rilevanza oggettiva dellescriminanti ai sensi dell’art. 59, comma 1, c.p. 6, la quale depone piut-tosto a favore di una valutazione ex post, cioè a fatto offensivo esau-rito, sulla scorta di ogni elemento intervenuto sulla scena anche seaccertato ed accertabile solo in un momento successivo all’aggres-sione 7.

A sostegno di questa lettura, che visualizza «tutte le circostanze esi-stenti al momento del fatto, cioè quelle che caratterizzano o accompa-gnano la condotta o l’evento oggetti del giudizio di pericolo» 8, giocadel resto pure la disciplina dettata dall’art. 59, comma 4, c.p. nell’am-mettere l’operatività esimente (vs. scriminante) di un pericolo erronea-mente supposto senza colpa, quindi in realtà inesistente ma ragione-volmente configurabile come tale secondo la prevedibilità media allastregua delle cognizioni accessibili al momento della condotta 9.

Page 301: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

286 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

lo stato d’animo dell’agente, v. ex multis Cass., Sez. I, 10 gennaio 2000, Saetta, n.1785.

10 PENSO, Difesa legittima, Milano, 1939, 100 s., sottolinea come il pericolo nonpossa constare della mera possibilità dell’evento, poiché determinerebbe una sferatroppo vasta della legittima difesa.

11 PETROCELLI, La pericolosità criminale e la sua posizione giuridica, Padova,1940, 3 ss.

12 MANZINI, Trattato di diritto penale, II, cit., 441, per cui è sufficiente che «se-condo la legge di probabilità e le condizioni psichiche del soggetto, risulti subietti-vamente fondata la previsione d’una assai prossima verificazione del danno o dellacausa relativamente inevitabile di esso».

13 GROSSO, Difesa legittima, cit., 67.14 FROSALI, Sistema penale italiano, cit., 294 s.15 Ritiene che la probabilità – possibilità vada accertata alla stregua di un crite-

rio matematico, costituito «da un numero di condizioni favorevoli al verificarsi del-l’evento che sia maggiore del numero delle condizioni contrarie», PETROCELLI, Lapericolosità criminale, cit., 3 ss.

16 PADOVANI, Difesa legittima, cit., 502.17 Cfr. GROSSO, Difesa legittima, cit., 66.

Partito da questo solido terreno cognitivo, il dibattito si è di seguitoconcentrato sul crinale della sufficienza (dell’accertamento) di unapossibilità del verificarsi dell’offesa, o piuttosto della necessità di unapiù corposa probabilità.

Così, con riferimento a codesto profilo del “grado della forza” delpericolo attuale, una posizione esegetica sostanzialmente omogenea haproposto le fungibili locuzioni di «probabilità» 10 tout court, di «proba-bilità logico-matematica» 11, di «probabilità prossima» 12, di «rilevante»o «seria» «possibilità» 13 o di «non quasi impossibilità» 14 che l’offesa siverifichi. Tutte parametrate, in una visione praticamente unanime 15,ad un dato sociale fondato sull’id quod plerumque accidit 16, che sele-ziona ciò che è idoneo ad incutere timore secondo il criterio dell’uomomedio 17.

All’esito, del pericolo di specie continua a fuoriuscire un’immaginepiuttosto evanescente, che in ogni occasione rinvia al comune modo diintendere la realtà futura, inevitabilmente piegato a canoni d’ordinepsicologico ed etico-sociale.

2.1. Il carattere dell’attualità

La stabilità dell’esegesi del requisito dell’attualità, dal canto suo, hacontribuito a fissare la figura del pericolo nei termini sopra schema-tizzati, muovendosi esattamente a confermarne la validità. L’immuta-

Page 302: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Il “pericolo attuale” nella legittima difesa e nello stato di necessità 287

18 PEVERATI, Osservazioni sulla legittima difesa, Torino, 1942, 153, per cui «vi de-ve essere qualche cosa di immanente, di esistente che concretizzi il criterio di at-tualità».

19 PETROCELLI, La pericolosità criminale, cit., 18 ss. GROSSO, Difesa legittima, cit.,79, considera innegabile che attuale (nella legittima difesa) «serva a precisare sem-plicemente la necessità che il rischio sussista, sia presente quando il soggetto agen-te pone in essere la condotta reattiva».

20 PADOVANI, La condotta omissiva, cit., 691 e 706.21 Per cui l’attualità è esclusa nel caso in cui sia ravvisabile un notevole inter-

vallo di tempo tra l’offesa e la difesa, Cass., Sez. II, 9 novembre 1934, in Riv. pen.,1935, 962; oppure l’aggressore non abbia dimostrato di voler «passare all’attuazio-ne di un proposito criminoso» con un comportamento attivo, Cass., Sez. II, 8 apri-le 1959, Comparin, in Rep. Foro it., 1960, 728.

22 Nel senso che la legittima difesa è configurabile se diretta ad evitare che il pe-ricolo stesso si concreti in un’offesa maggiore, v. Cass., Sez. Un., 10 gennaio 1953,n. 1, in Cass. pen. mass., 1953, 295; o a fronte di una minaccia di offesa imminen-te, Cass., Sez. I, 8 febbraio 1954, n. 1210, in Cass. pen. mass., 1954, 301; Cass., Sez.

bile opinione vuole infatti che attuale sia ciò che si rinviene presente eciò che è prossimo, ovvero quanto risulta vicino all’individuo che rea-gisce 18.

L’attualità, infine, si traduce nell’«essere in atto», nell’«essere inazione», ed il pericolo attuale in «pericolo in atto», «di cui sono in azio-ne, in movimento i fattori, le energie che lo costituiscono, minacciache è sulla via di realizzarsi per quanto non in procinto (pericolo immi-nente)» 19. Così, per tralatizia affermazione, questa peculiare connota-zione del pericolo si immedesima nell’«esistenza di un rapporto diquasi immediatezza cronologica fra il verificarsi dei fattori causali del-l’evento e l’evento stesso»: in pratica, il verificarsi del risultato, qualeconseguenza del modo di essere della situazione reale, non deve rap-presentare una probabilità meramente teorica o remota, ma una pro-babilità prossima, per essere il rapporto eziologico già in itinere e pros-simo a realizzare il danno 20.

In linea di massima l’attualità del pericolo, con riferimento tanto al-la legittima difesa quanto allo stato di necessità, trova dunque riscon-tro nella rilevante possibilità, non futura né passata, di verificazione diun evento lesivo. Sennonché, la condizione disaminata proprio nel me-tro della “presenza” del pericolo al momento del fatto ha trovato la suamisura di elasticità: il presente è tale perché incombente nell’imme-diato 21 o perché perdurante, ovvero non ancora sviluppatosi in tutta lasua estensione, conciocché, protraendosi la situazione offensiva neltempo, si ammette una difesa che ne ostacoli il definitivo consolida-mento o lo scaturire di ulteriori eventi lesivi 22. È l’ipotesi di illecito

Page 303: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

288 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

I, 25 febbraio 1954, n. 590, ibidem, 300. Cfr. anche Cass., Sez. II, 10 dicembre 1952,Morra, in Arch. pen., 1953, II, 228: «Quando sia dimostrato che l’aggressore ha giàesaurita la sua azione offensiva e che nessun male egli ulteriormente minacci alsoggetto passivo, la reazione privata, successivamente attuata da quest’ultimo, nonappare più giustificata né subiettivamente né obiettivamente, e concreta una situa-zione contraria al diritto, penalmente perseguibile a titolo di responsabilità piena,eventualmente attenuata solo per la provocazione».

23 Di questa opinione, Cass., Sez. Un., 10 gennaio 1953, n. 1, cit., «nel caso in cuiil pericolo sia già in corso di attuazione ma non esaurito, è configurabile la legitti-ma difesa, diretta ad evitare che il pericolo stesso si concreti in un’offesa maggio-re».

24 ALTAVILLA, Difesa legittima (diritto penale comune), in Noviss. Dig. it., V, Tori-no, 1960, 622. Cfr. Cass., Sez. II, 13 luglio 1945, Aiello, in Riv. pen., 1945, 294; Cass.,Sez. I, 6 aprile 1964, Assumma, in Cass. pen. mass., 1965, 682; App. Roma, 2 luglio1980, Caruso, in Foro it., 1981, II, 304.

25 BATTAGLINI, Sulla legittima difesa, in Riv. it. dir. pen., 1933, 340.26 PENSO, Difesa legittima, cit., 28.

permanente. Qui, ove il pericolo non si conclude nell’immediatezzadella minaccia di un’imminente offesa, l’attualità si conta sulla basedell’intera estensione della situazione pericolosa, che, in corso al mo-mento della reazione, deve manifestare apertamente la volontà lesivadell’aggressore sulla base di un comportamento protratto in modocontinuo e privo di “tregue” non ulteriormente offensive 23.

La nozione di pericolo perdurante in tal guisa enucleata travalicatuttavia i confini tradizionalmente assegnati al reato permanente, chequella nozione accolgono in una struttura normativa deputata a rap-presentare una situazione fattuale, offensiva, volutamente dilatata neltempo. Una volta esclusane in via generale l’ammissibilità per i casi diconflitto “istantaneo” tra beni personali, ove l’aggredito si ritiene reagi-re legittimamente solo se e nei limiti in cui tenda ad impedire una nuo-va ed ulteriore fase offensiva 24, l’accennato concetto è stato infatti tra-sportato nella cornice legale della fattispecie di furto, pur senza indivi-duare appigli normativi che ne legittimassero la traslazione: «il ladropuò già essere in fuga con la bicicletta sottratta; ma se al proprietarioriesce di raggiungerlo, gliela può ritogliere con l’uso di una proporzio-nata violenza» 25; «ove l’agente abbia commesso il furto ed è da me in-contrato colla refurtiva nel momento in cui esce dal portone della miacasa, io ho diritto di farmi restituire – colla violenza, se occorre – gli og-getti rubati, nonostante l’offesa sia giuridicamente esaurita. E s’egliscappa ed io lo inseguo e lo raggiungo, ho diritto di spogliarlo della re-furtiva anche se la corsa mi abbia portato lontano dal luogo in cui il fur-to è avvenuto e sia passato del tempo da che questo è stato consuma-to» 26; nel caso del ladro che, sorpreso, si dà alla fuga e, dopo un tratto

Page 304: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Il “pericolo attuale” nella legittima difesa e nello stato di necessità 289

27 Nel caso, deciso da Cass., Sez. I, 20 marzo 1974, Casciello, in Giur. it., 1975,II, 609 ss. con nota di PADOVANI, Difesa legittima di interessi patrimoniali e facoltà diarresto da parte del privato, il derubato prosegue nell’inseguimento del ladro arma-to di fucile e tenta di esplodergli contro un colpo. A sua volta il ladro, vistosi aggre-dito, estrae la pistola e ferisce il proprietario.

28 FIANDACA-MUSCO, Diritto penale, cit., 278 s. Ammette la legittima difesa controil ladro che fugge «con in mano la collana di perle» per esservi un pericolo ancoraattuale, ROMANO, Commentario sistematico, I, cit., 556.

29 PADOVANI, Difesa legittima, cit., 501, sostiene che attorno «al requisito del pe-ricolo attuale gravita il senso stesso della reazione, che intanto rappresenta una di-fesa in quanto si eserciti prima che l’offesa sia compiutamente realizzata, ma nonprima ch’essa si prospetti con un rilevante grado di probabilità». In relazione allostato di necessità, MEZZETTI, “Necessitas non habet legem”? Sui confini tra “impos-sibile” ed “inesigibile” nella struttura dello stato di necessità, Torino, 2000, 160 ss.,sottolinea essere un dogma tralatizio e consolidato quello di ricondurre l’attualitàdel pericolo al pericolo “incombente”, così da ravvisare un difetto del «contestotemporale appropriato» di fronte a fenomeni di anticipazione della condotta ne-cessitata. Salvo poi, in casi limite, interpretare «il requisito dell’attualità non in sen-so strettamente cronologico, bensì ammettendo l’azione necessitata anche antici-patamente, in considerazione dell’opportunità di evitare l’incremento della poten-zialità lesiva propria della situazione pericolosa».

30 V. Cass., Sez. I, 28 settembre 1978, Scottoli, in Riv. pen., 1979, 622; Cass., Sez.I, 9 giugno 1983, Marinelli, in Giur. it., 1984, II, 587.

31 Cass., Sez. I, 15 novembre 1972, Musso, in Giust. pen., 1974, II, 7.

di circa cinquanta metri, abbandona la refurtiva costituita da tre pian-te di cavolfiore 27, «non vi è dubbio che il pericolo incombente di offesasussiste durante la sottrazione dei cavolfiori e, al più tardi, finché il la-dro fuggendo mantiene il possesso delle piante rubate; onde, la reazio-ne del derubato può essere coperta dalla legittima difesa … fin quandotenda all’interruzione del furto ovvero al recupero della refurtiva» 28.

Addirittura, la notevole malleabilità di cui si pregia il requisito nep-pure ha sbarrato la strada al sostenere comunque presente, cioè attua-le, il pericolo futuro, nelle limitate ipotesi in cui sia comunque neces-sario agire subito – “ora o mai più” – per impedire la realizzazione al-trimenti certa di una consecutiva offesa.

Alla descritta oscillazione del momento in cui ha origine questa ti-pologia di pericolo, perno centrale di ambedue le situazioni giustifi-canti poste all’attenzione 29, fa da contraltare il più saldo intendimentodel relativo dato terminale, che si intravede coincidere con l’esaurirsidell’azione lesiva: quando l’aggressore si sia dato alla fuga o comunquesi sia allontanato, voltando le spalle all’aggredito o tornando nella suadimora 30, o ancora sia caduto a terra disarmato 31.

Fin qui si è dato succintamente conto dei percorsi ricostruttivi che,scorrendo paralleli attorno al requisito dell’attualità del pericolo, in-

Page 305: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

290 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

32 V. GRISPIGNI, Diritto penale, cit., 250 s.33 GROSSO, Difesa legittima, cit., 134, 161.

tarsiano un formidabile intreccio sistematico tra legittima difesa e sta-to di necessità. Tuttavia, con l’obbiettivo di mappare esattamente icampi applicativi delle invocate cause di giustificazione, e di visualiz-zare le trame che queste uniscono alle linee portanti del sistema pena-le, nel prosieguo della riflessione critica occorrerà rimanere fedeli allapremessa distinzione della nozione di pericolo attuale a seconda delcontesto normativo in cui essa si trova calata, agganciandola all’offesaingiusta con riguardo all’art. 52 c.p., al danno grave alla persona amente dell’art. 54 c.p.

3. In particolare: pericolo attuale e legittima difesa

La rapida disamina appena effettuata lascia emergere le contiguitàimplicate nelle ricostruzioni dei concetti di attualità del pericolo e diidoneità ex art. 56, comma 1, c.p., amplificate dalla suggestione di unacontemporanea e profonda rivisitazione degli istituti della legittima di-fesa e del tentativo nel passaggio dal codice Zanardelli al codice Roc-co: la concomitanza ha difatti suscitato propositi di identificazione delpericolo che entrambi struttura all’insegna di una medesima coordi-nata “offensiva”.

Per un verso, la nuova norma della legittima difesa con l’espressio-ne richiamata sostituisce la più delimitata nozione di «violenza»; perl’altro, la locuzione «atti idonei, diretti in modo non equivoco a com-mettere un delitto» subentra alla previsione di punibilità per i soli attiesecutivi. Così, ad una prima lettura, non è sembrato inopportuno sot-tolineare l’evidente delinearsi di un disegno unitario e coerente tra san-zione comminata dallo Stato e sanzione inflitta dal singolo cittadino:la realizzazione di atti preparatori punibili a titolo di tentativo legitti-merebbe (anche) il privato a reagire contro di essi 32.

Vero che l’intuizione che scorre sotto questa considerazione, dellaconnessione tra difesa ed insorgere di un fatto attualmente offensivo,oggi appare saldamente argomentabile per il diverso tramite dell’art.56, comma 3, c.p. Ma la teoria in apice non ha comunque tardato adessere spogliata di validità gnoseologica, avuto riguardo in primo luo-go all’immagine che della scriminante si finisce per plasmare qualeforma di conseguenza sanzionatoria del comportamento illecito 33,che, a tacer d’altro, incarnerebbe una violazione del ne bis in idem af-

Page 306: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Il “pericolo attuale” nella legittima difesa e nello stato di necessità 291

34 MARINUCCI, Cause di giustificazione, cit., 133.35 PADOVANI, Difesa legittima, cit., 502, giustifica, nel caso dell’«energumeno che

rientrando la sera ubriaco maltratta i familiari», la soluzione di ravvisare un «peri-colo attuale di un’offesa ingiusta per il sol fatto di varcare l’uscio di casa in pienostato di ebbrezza» col rifarsi alla categoria delle “offese abituali”, nelle quali «il pe-ricolo è attuale ogniqualvolta si presentino le condizioni che solitamente determi-nano la condotta di reiterazione».

36 V. MARINUCCI, Cause di giustificazione, cit., 141.37 Cfr. ROMANO, Commentario sistematico, I, cit., 555, 594.

fiancandosi alla sanzione inflitta dagli organi statali 34. Inoltre, la tesirimarrebbe mutilata per effetto del suo ampio spettro di invalidità, di-mostrandosi inoperativa già nei frequenti casi di c.d. pericolo perdu-rante, pur pacificamente abbracciati dall’art. 52 c.p.: qui, a rigore,mancano gli estremi di una fattispecie tentata per avere il fatto rag-giunto lo stadio della “consumazione”. Col trarre il significato dell’at-tualità del pericolo dal concetto di atti idonei, la teorica dovrebbe in-fatti dichiarare irrilevanti in seno alla scriminante accadimenti – la vit-tima che uccide il sequestratore, la donna abitualmente picchiata dalconvivente ubriaco che questi uccide non appena si avvicina minac-ciosamente a lei in pieno stato di ebbrezza 35 – in cui il pericolo ha or-mai scavalcato tale soglia (subentrando nella dimensione della perma-nenza) o ancora non appare ad essa giunto, e pure se il medesimo sipresenta certo ed inevitabile, ossia tale da poter «essere sventato soloda un’immediata azione difensiva» 36. Situazioni che l’insopprimibilecoscienza sociale esige invece giustificate.

Ammesso il difetto della linea esegetica, ne è tuttavia rimasto in pie-di il suggerimento di base, tant’è che proseguendo lungo questo cam-mino si è ulteriormente sostenuta la tesi della tendenziale coincidenzatra il limite iniziale dell’attualità del pericolo e la rilevanza penale de-gli atti tentati: la pericolosità per il bene giuridico in entrambi i casi sa-rebbe ancorata alla «prossimità logico-cronologica alla consumazio-ne» 37. Attuali risulterebbero dunque anche gli atti preparatori prossi-mi al tentativo, secondo una formula la cui latitudine non tarda a far-ne emergere una insostenibile opacità contenutistica.

3.1. Il convergere del “pericolo attuale” nell’attualità dell’offesa

Sulla scorta di questi approcci rivolti ad un intendimento della no-zione di attualità del pericolo in senso normativo-penalistico, balzaagli occhi come di pericolo attuale di una offesa (ingiusta) si finiscaper parlare nel senso di probabilità della consumazione di un reato,

Page 307: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

292 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

38 Cass., Sez. V, 15 aprile 2004, L., n. 23788, ha escluso la sussistenza dell’attua-lità del pericolo nella fattispecie in cui agenti delle Guardie Forestali, ponendosi ar-mati avanti all’autovettura in cui si trovavano bracconieri di ghiri, causarono lamorte del guidatore sparandogli alcuni colpi di pistola dopo che, nonostante l’inti-mazione all’alt ricevuta, questi muoveva il veicolo a strattoni per farli spostare: l’ar-gomento centrale per negare l’attualità è consistito nell’assenza di intenzione, daparte della vittima, di travolgere l’imputato.

ovvero di situazione in cui si attesti la presenza di un fatto tipico (edantigiuridico) in corso di attuazione, e pertanto non ancora esaurito.

A questo punto pare schiudersi un varco alla considerazione del re-quisito in discorso come sintetico richiamo al parametro invalso nel-l’ordinamento a qualificare come tipico un fatto umano doloso, piùesattamente a qualificare il tipo delittuoso doloso, dal momento chenell’illecito colposo, al pari di quello contravvenzionale (salvo quantogià precisato in ordine alla dinamica della tipicità concorsuale), non èdato discernere uno iato tra inizio dell’attività punibile e perfeziona-mento della fattispecie. Se si tratta, allora, di ricercare la norma che of-fre il criterio per identificare il principio di questa tipicità penale, eb-bene non si tarda a rinvenirla nel rimembrato coadiuvarsi dei commi1 e 3 dell’art. 56 c.p., per effetto del quale rimane fotografato il com-portamento minimo capace di filtrare nel cuore del sistema penale ren-dendosi portatore di un disvalore criminale: è una non-desistenza, ov-vero la mancata rinnegazione volontaria dell’idonea ed inequivocacondotta già compiuta, che di quest’ultima avrebbe disinnescato la po-tenzialità rispetto alla commissione delittuosa.

Il pericolo attuale di un’offesa ingiusta funge cioè da elemento de-scrittivo di quanto stia al di là del confine di rilevanza penale, di quan-to stia, in pratica, dopo una non desistenza per avere assunto la fisio-nomia tipica di illecito doloso. Il che dà spiegazione del mancato rife-rimento (presente invece nell’art. 54 c.p.) alla non volontarietà né ine-vitabilità altrimenti da parte dell’agente della suddetta situazione of-fensiva: la specificazione, doverosamente prescritta nello stato di ne-cessità per qualificare la fonte necessitante, risulterebbe superflua nel-la sede in discussione, dove la fonte “legittimante” è già esattamenteidentificata, attraverso l’esaminata locuzione, nell’illecito dolosamenteattualizzato dall’assalitore 38. È quest’ultimo che, volontariamente, nonha desistito dando adito al pericolo attuale de quo.

Non solo, l’inquadramento rende il pericolo attuale “misurabile”nella stessa lunghezza del persistere di una (qualsiasi) forma di mani-festazione delittuosa. D’altronde, se l’esimente analizzata viene con-cessa al privato nelle ipotesi di altrimenti inefficace intervento pubbli-

Page 308: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Il “pericolo attuale” nella legittima difesa e nello stato di necessità 293

39 La sede non si presta ad una adeguata disamina del carattere ingiusto di talecondotta aggressiva, sul quale si è a lungo dibattuto (per una sintesi in argomento,da ultimo BELLINI, La difesa legittima, Torino, 2006, 139 ss.), in primo riconoscendonell’attributo i classici tratti dell’antigiuridicità (ANTOLISEI, Manuale di diritto pena-le. Parte generale, cit., 301; PULITANÒ, Diritto penale, Torino, 2005, 302) salvo poi perlo più notare come detto aspetto già si lasci cogliere nel riferimento all’offesa di undiritto quale situazione di interesse giuridicamente protetto (per tutti ROMANO,Commentario sistematico, I, cit., 556 s.; MANTOVANI, Diritto penale, cit., 241). Il pas-saggio concettuale successivo ha portato ad ampliare la considerazione dell’ingiu-stizia anche alla contrarietà rispetto a regole etiche o sociali (PAGLIARO, Principi didiritto penale, cit., 454), con una non condivisibile apertura ad esigenze di stampoesclusivamente sostanziale; oppure ad intendere che l’offesa in questione sia quel-la non autorizzata dall’ordinamento (non iure). In quest’ultima prospettiva affondale radici la soluzione positiva al dilemma dell’invocabilità della legittima difesa incaso di reazione contro chi operi in stato di necessità. Si tratterebbe dell’unica ipo-tesi di offesa ingiusta, tra le cause di giustificazione codificate, non classificabilecome esercizio di una facoltà legittima per i noti margini di rilevanza civilistica as-segnati al fatto (GROSSO, Legittima difesa, in Diz. dir. pubbl., IV, Milano, 2006, 3474;FIANDACA-MUSCO, Diritto penale, cit., 281; PALAZZO, Corso di diritto penale, cit., 401s.). La posizione in ultimo illustrata non convince, cadendo in una poderosa con-traddizione: viene infatti affermata la legittimità della difesa pure al confronto con

co, la stessa non potrà che trovare applicazione nei limiti in cui sareb-be possibile invocare l’azione di quegli organi: a fronte di un fattoumano che abbia varcato la soglia tipica di rilevanza penale.

Nel ridurre drasticamente l’esame della legittima difesa in modo ta-le da non fuoriuscire dalla traiettoria in attenzione, è giocoforza con-cludere rapidamente col riformulare l’elemento strutturale del «peri-colo attuale di una offesa ingiusta».

Qui, la sintetica formulazione espressiva di un concetto che impre-gna l’intero sistema, avverte della bilanciabilità del disvalore del fatto(tipico) di reato solo a fronte di un’offesa – di discendenza “umana” –che sia entrata nell’area di penale rilevanza per essere apparsa attra-verso atti idonei ed univoci non desistiti dall’aggressore (ex art. 56,comma 3, c.p.).

Conformemente, quindi, né il pericolo di cui si discute avrà da in-tendersi in veste esclusivamente oggettiva, per l’indubbio spessore cheallo stesso porta il profilo psicologico del dolo dell’assalitore; né il suocarattere ingiusto rinvia ad una molteplice gamma di possibili relazio-ni tra la suddetta situazione e l’ordinamento, in cui troverebbe spazioanche l’offesa inferta non iure oltre che quella contra ius, per trattarsiinvece – anche in questo caso – di una nozione di ascendenza stretta-mente penalistica.

Difatti, la difesa contro il pericolo del sopravvenire di una situazio-ne vietata dall’ordinamento (antigiuridica) 39 è consentita, e quindi le-

Page 309: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

294 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

aggressioni da parte di soggetti incapaci di intendere e di volere (ed in generale daindividui incolpevoli), trattandosi di condotte comunque non corrispondenti al-l’esercizio di una facoltà legittima. A seguire questa linea di pensiero si dimenticatuttavia come l’art. 2046 c.c. sancisca l’irresponsabilità – a differenza dell’ipotesidello stato di necessità – di chi non abbia avuto la capacità di intendere o di volereal momento della commissione del fatto dannoso (a meno che lo stato di incapacitàderivi da sua colpa). Per cui, a rigore, la mancanza di qualsiasi profilo di “necessa-rio” disvalore civilistico (ex art. 2047, comma 2, c.c.) dovrebbe indulgere verso laqualificazione di questa offesa come non ingiusta. Simili perplessità corroboranol’idea che l’espressione “offesa ingiusta”, evocativa della violazione di una norma didivieto (contra ius), si traduca effettivamente in offesa non giustificata, trovandoquindi il suo esatto significato nei confini della sistematica penale, e che, in que-st’ottica, non possa essere chirurgicamente separata dal sintagma in cui è inseritacome elemento di specificazione: il pericolo attuale di una offesa ingiusta.

40 Su tali problematiche si rinvia, per tutti, a GROSSO, Difesa legittima, cit., 163;ROMANO, Commentario sistematico, I, cit., 556 s.; FIANDACA-MUSCO, Diritto penale,cit., 281; MANTOVANI, Diritto penale, cit., 250 s.

gittima, proprio in forza dei parametri fissati dal sistema per valutarela presenza “minima” di un illecito delittuoso: necessario e sufficientea strutturare il suddetto requisito dell’attualità pericolosa è invero ildato della tipicità, che già rende il fatto penalmente rilevante se ed inquanto consistito in una condotta che descriva oggettivamente e sog-gettivamente una specifica traiettoria criminosa da cui non si è desi-stito.

Ciò comporta l’inerenza della legittima difesa ad una rosa di com-portamenti che si ascrivono a risposta difensiva rispetto ad atti chequesto minimum di disvalore criminale abbiano ormai raggiunto emanifestato, e fino al punto in cui gli stessi rimangano visibili stru-menti di realizzazioni illecite, per non essere scomparsa la specificamodalità di manifestazione criminosa (receduta, tentata, consumata,permanente) che su quel nucleo di attualità dell’offesa si struttura. So-lo in questi limiti, corroborati dalla verifica della proporzione tra le of-fese realmente contrapposte, si scopre ragionevole e coerente la “pub-blica autorizzazione” al pregiudizio dell’altrui interesse.

3.2. Gli equivoci sul tappeto

Ancora: la lettura così formulata convince del fatto che l’applicazio-ne dell’art. 52 c.p, come non rimanga subordinata alla riprovevolezzasoggettiva dell’agente-offensore, esulando dal testo normativo unaqualsiasi evocazione di siffatto frammento strutturale dell’illecito pe-nale, neppure risulti condizionata dalla punibilità di questi. Per cui èd’uopo concludere nel senso dell’invocabilità di una difesa legittimapure per contrastare aggressioni non colpevoli e non punibili 40.

Page 310: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Il “pericolo attuale” nella legittima difesa e nello stato di necessità 295

41 GROSSO, Il requisito della produzione non volontaria del pericolo nello stato dinecessità e nella difesa legittima, in Studi in onore di Francesco Antolisei, II, Milano,1965, 79.

42 La quale difetterebbe nel momento in cui la necessità difensiva sia stata ca-gionata, e non subita, con il proprio volontario comportamento, PADOVANI, Difesalegittima, cit., 510.

43 Anche nell’ambito di uno scontro tra due soggetti qualificabile come “sfida”,Cass., Sez. I, 4 maggio 1992, Mancarella, n. 6917; Cass., Sez. I, 14 gennaio 1998,Doino, in Cass. pen., 1999, 3166; Cass., Sez. I, 24 settembre 1999, Polichetti ed al-tri, n. 365; Cass., Sez. II, 10 novembre 2000, Gianfreda ed altri, n. 13151. In pro-posito, nel senso che richiedendo la necessità il legislatore postula che il pericolonon sia volontariamente prodotto, PETTOELLO MANTOVANI, Volontarietà del pericoloe legittima difesa, in Riv. pen., 1955, II, 886 ss. Sostiene, invece, a proposito delmedesimo requisito, che esso sarebbe implicito nell’indicazione «pericolo attualedi una offesa ingiusta», SABATINI, Provocazione e legittima difesa: requisiti comunie differenziali, in Foro it., 1936, II, 54. Si è infatti rilevato come la situazione di pe-ricolo deve essere positivamente imputabile al contegno ingiusto dell’aggressore;e questo porta logicamente a presupporre che non sia stato tale quello del-l’aggredito.

44 SABATINI, Provocazione e legittima difesa, cit., 54. In giurisprudenza la caduca-zione dell’ingiustizia è di frequente avvertita unitamente a quella dell’attualità delpericolo, cfr. Cass., Sez. I, 4 marzo 1992, Filopanti, in Riv. pen., 1992, 1052.

Altresì, in tale ottica sembra trovare soluzione uno spinoso profilodella questione psicologica inerente alla indagata “causa di esclusionedella pena”, chiarendosi come l’aggressione contro cui è concesso di-fendersi debba essere non semplicemente dolosa, ma volutamente rea-lizzata “solo” da chi rimane vittima della reazione, e per questo estra-nea alla sfera volitiva di colui che si difende. Difatti, esclusivamente al-l’assalitore compete la realizzazione di quel pericolo attuale dell’offesache è la forma linguistica sincopata per esprimere la presenza di un fat-to corrispondente ad un modello tipico doloso. Al di fuori di questa vi-suale, la non espressa previsione dell’accennato confine soggettivo, in-dicato invece nello stato di necessità ove il pericolo deve essere non vo-lontariamente causato dal necessitato, sembrerebbe dare ragione a chi,riconosciuta l’insuperabilità dell’argomento a contrario, nega ogni rile-vanza all’essere l’aggressione volontariamente causata dall’aggredito 41.

Ci si allinea così, seppure percorrendo un sentiero argomentativodalle ben diverse sfumature, alla soluzione avallata da quel risalenteandamento giurisprudenziale, e da quella ristretta parte della dottrina,che hanno escluso l’operatività della scriminante in caso di pericolovolontariamente cagionato dall’assalito: in tale frangente si assistereb-be – a ragione dei citati indirizzi – al venir meno della costrizione 42 opiuttosto della necessità della condotta difensiva 43, se non dell’ingiu-stizia dell’offesa 44, salvo reazioni assolutamente imprevedibili e spro-

Page 311: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

296 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

45 In argomento, v. Cass., Sez. I, 24 settembre 1987, Logiudice, n. 730; Cass.,Sez. I, 14 dicembre 1992, Di Grande ed altri, n. 710. Nel senso che, nell’ambito diuna rissa, la legittima difesa sia configurabile solo per coloro che adottino una po-sizione “passiva”, limitandosi a parare i colpi degli avversari o dandosi alla fuga,mentre è inapplicabile a condotte attive integranti il delitto di cui all’art. 588 c.p.,Cass., Sez. V, 13 marzo 1981, Benincasa, n. 4098. Per l’esclusione della scriminan-te nelle ipotesi in cui l’aggredito contribuisca volontariamente alla creazione dellasituazione di pericolo attuale ovvero vi si esponga consapevolmente, Cass., Sez. I,12 novembre 1990, Minzoturo, n. 1333.

46 Anche la giurisprudenza riconosce la centralità del «grado di esposizione alpericolo» dell’interesse aggredito, cfr. Cass., Sez. V, 7 dicembre 1989, Mazzella, n.2768: «In tema di legittima difesa il giudizio di proporzione tra necessità di difesae reazione difensiva non può mai prescindere dalla natura e dall’entità del pericolodi offesa, che incombe realmente sull’aggredito».

47 Cfr. PENSO, Difesa legittima, cit., 245, che sottolinea come col medesimo mez-zo possono concretizzarsi una molteplicità di diverse reazioni, di non omogeneapotenzialità offensiva: «Con un’arma da fuoco posso soltanto intimorire, posso fe-rire appena, ferire gravemente, uccidere; e lo stesso con uno stocco, con un pugna-

porzionate, tali da dare origine ad una nuova ed autonoma situazioneoffensiva 45.

A ruota, si ha l’ardire di prospettare una parziale rivisitazione dellatradizionale lettura sistematica che giustifica ex art. 52 c.p. la condot-ta difensiva solo ove questa abbia come destinatario l’aggressore, escrimina invece il danno procurato come effetto della reazione ad unterzo entro i più rigidi parametri dello stato di necessità. Sul punto, dipoi sviscerato, occorre fin d’ora precisare come non si tratti di un con-fine positivizzato dalla norma sulla legittima difesa, ma piuttosto di uninserimento dogmatico valevole a creare un ricercato margine di sepa-razione rispetto allo stato necessitante. In effetti, svelato il contenutodel pericolo attuale di una offesa nei termini di cui si è detto, appari-rebbe coerente concludere che la natura del bersaglio della reazionenon trasporta il fatto commesso dal primo al secondo dei modelli scri-minanti richiamati: ove si stagli la ricordata immagine di un fatto direato tipico, e certo in presenza degli ulteriori requisiti prescritti, chela difesa si diriga direttamente verso l’assalitore o indirettamente ver-so un terzo non riesce a spostare i margini di qualificazione della vi-cenda entro l’art. 52 c.p.

Infine, l’operazione esegetica che si viene in queste pagine a speri-mentare consentirebbe pure di rideterminare l’ubi consistam del re-quisito della proporzione nonché la collocazione temporale del relati-vo giudizio, coinvolgente da un versante il pericolo attuale di un’offesaingiusta a carico dell’assalito 46 e dall’altro l’evento effettivamente ca-gionato a danno dell’assalitore 47. Il chiaro argomento testuale, che in-

Page 312: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Il “pericolo attuale” nella legittima difesa e nello stato di necessità 297

le, con un bastone, con un oggetto qualunque, colle mani ecc. … Il mezzo di per sénon è mai né proporzionato né sproporzionato: è dal modo come si usa e dall’even-to reattivo che, conseguentemente, si produce, che può giudicarsi sull’adeguatezzadella difesa». Ed ancora, op. ult. cit., 253: «ciò che è proporzionato per un soggettopuò non esserlo per un altro, nonostante la medesimezza dell’offesa. Ciò che è pro-porzionato per un’offesa può non esserlo per un’altra, nonostante la medesimezzadel soggetto. Ciò che è proporzionato in un dato momento può non esserlo in un al-tro momento, nonostante la medesimezza del soggetto e dell’offesa».

48 I parametri della “difesa” e dell’“offesa”, che orientano l’accertamento delrapporto di proporzionalità, si prestano ad una considerazione di ampio respiro,che vagli l’insieme della situazione aggressiva e reattiva, così PADOVANI, Difesa legit-tima, cit., 513. Per una attenta ricostruzione dell’evoluzione giurisprudenziale edottrinale dalla teoria dei mezzi alla teoria dei beni, quali criteri per orientare l’in-terprete nell’accertamento del rapporto di proporzionalità, PIERDONATI, La propor-zione nella difesa legittima, cit., 592 ss.

49 PIERDONATI, La proporzione nella difesa legittima, cit., 626.50 GROSSO, Difesa legittima, cit., 22 ss.51 PAGLIARO, Principi di diritto penale, cit., 450; ROMANO, Commentario sistemati-

co, I, cit., 557; FIANDACA-MUSCO, Diritto penale, cit., 281; MANTOVANI, Diritto penale,cit., 254.

voca l’aggressione come termine di paragone del reato commesso, im-pone infatti la considerazione della proporzione come non limitata alraffronto tra i mezzi (disponibili vs. quelli utilizzati da colui che si di-fende) o tra i beni coinvolti. Sul piatto della bilancia, a testimonianzadella complessità dell’elemento, si pongono piuttosto una molteplicitàdi fattori 48: tra essi vanno di regola inclusi il rango dei beni in con-trapposizione, secondo la graduazione gerarchica degli interessi fattapropria dall’ordinamento, l’intensità dell’offesa reale e di quella poten-ziale, nonché la possibilità di seguire vie di difesa alternative, non lesi-ve o di minore impatto, nel senso che renderebbero l’offesa evitabilecon una condotta lecita o meno lesiva per l’aggressore 49.

Al proposito, sebbene incidentalmente, vale supportare l’idea percui quest’ultimo profilo non afferisca all’identificazione della necessitàdella difesa, essendo in realtà necessitata ogni condotta funzionale afronteggiare il pericolo, ogni condotta che sia cioè idonea a neutraliz-zare l’incalzante offesa del diritto 50. Si dà quindi torto alla tendenza in-terpretativa che porta ad aggiungere all’elemento della necessità l’in-grediente della non evitabilità dell’offesa con una condotta lecita o me-no lesiva per l’aggressore 51. Nell’obbiettivo di rimarcare l’eccezionalitàdell’autotutela privata, anche sotto il profilo delle modalità “minime”in cui è dato utilizzarla, questa opinione cade all’ulteriore confrontocon la stesura dello stato di necessità, la sola ad esplicitare il requisitodell’inevitabilità. Allora, in sintonia con un dettato letterale che instau-

Page 313: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

298 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

52 Tradizionale è l’opzione favorevole ad un accertamento prognostico, condot-to cioè ex ante, così GROSSO, Difesa legittima, cit., 42; SERENI, Il caso Muccioli e i mo-tivi dell’azione necessitata, in Ind. pen., 1989, 454, che individua nel momento di ef-fettiva conoscenza da parte dell’agente della situazione di pericolo, «il limite del-l’azione proporzionata nel caso in cui l’aggredito abbia la possibilità e la capacitàdi proporzionare la sua reazione al grado e al tipo di pericolo inizialmente dato».Per una accurata descrizione dei singoli modelli in cui internamente si articola l’in-dicato orientamento, a seconda del novero delle circostanze da assumere come ba-se del giudizio, V. DE FRANCESCO, La proporzione nello stato di necessità, Napoli,1978.

53 In questo senso, sul tema della proporzione nello stato di necessità, MEZZET-TI, “Necessitas non habet legem”?, cit., 221 ss.: «È vero che la norma dell’art. 54 c.p.parla esplicitamente di “pericolo”, ma ciò non impone che si debba procedere adun giudizio ex ante perché il solo compatibile col giudizio di pericolo, dato che, inrealtà, si tratta di pericolo “corso”, e quindi “concreto” che va accertato ex post pro-prio in base ad un evento “di rischio” che scaturisce dalla “vicenda” necessitata». Intema di proporzione nella legittima difesa, PIERDONATI, La proporzione nella difesalegittima, cit., 616 ss.; VIGANÒ, Art. 52 c.p., in Codice penale commentato, a cura diDolcini e Marinucci, Milano, 2006, 604.

ra il rapporto di proporzionalità tra le estese entità della difesa e del-l’offesa, le circostanze da assumersi a base del giudizio – inquadrabilein una diagnosi ex post 52 – saranno le circostanze oggettivamente in-tervenute a descrivere la cornice di antagonismo, ancorché non cono-sciute né conoscibili dai protagonisti o dall’uomo medio coscienziosoe avveduto, nel periodo che va dall’inizio della fase offensiva (pericoloattuale) fino all’epilogo di quella difensiva (disvalore effettivamente ca-gionato) 53.

Viene così a tesaurizzarsi la peculiare stratificazione strutturaledella legittima difesa, che presuppone l’esistenza di due fatti tipici,l’aggressione e la reazione. La verifica della proporzione dovrà inveroessere condotta secondo un percorso storico articolato lungo questi di-stinti e progressivi momenti: il primo, del pericolo attuale di un offesaingiusta al diritto proprio o altrui, da computare attraverso il noto pa-radigma; il secondo, concernente il risultato criminoso cagionato dal-la reazione dell’aggredito.

3.3. Nota conclusiva: il pericolo attuale alla prova della riforma intema di legittima difesa

A questo quadro normativo si aggancia strettamente la disciplinadell’autotutela in un privato domicilio, intervenuta a scrivere una pre-sunzione legale di proporzione tra offesa e difesa. Ivi si stabilisce che«nei casi previsti dall’art. 614, commi 1 e 2, sussiste il rapporto di pro-

Page 314: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Il “pericolo attuale” nella legittima difesa e nello stato di necessità 299

54 Art. 52, commi 2 e 3, c.p. introdotti dalla legge n. 59 del 2006.55 Comune, tuttavia, la considerazione per cui nel caso di arma non legittima-

mente detenuta sia esclusa l’operatività della presunzione di cui al comma 2, con-tinuando piuttosto ad applicarsi il comma 1, v. per tutti VIGANÒ, Art. 52 c.p., cit.,606.

56 Parlano di presunzione, della proporzione, iuris et de iure VIGANÒ, Art. 52 c.p.,cit., 604; SEMERARO, Riflessioni sulla riforma della legittima difesa e sull’autotutela inun privato domicilio, in Cass. pen., 2006, 846; CADOPPI, La legittima difesa domicilia-re (c.d. “sproporzionata” o “allargata”): molto fumo e poco arrosto, in Dir. pen. proc.,2006, 436 s., che pure adombra l’interrogativo se la rinuncia al limite della propor-zione sia così assoluta da legittimare il difensore a qualsiasi difesa o se questa co-nosca comunque dei confini; e se il difensore possa usare indifferentemente qual-siasi arma o altro mezzo idoneo a difendersi od occorra far riferimento alla vicen-da concreta in cui si trova ad agire; MARRA, Legittima difesa: troppa discrezionalità.Non chiamiamola licenza di uccidere, in Dir. e giust., 2006, n. 5, 96. Conclude inve-ce trattarsi di una «presunzione relativa dell’esistenza della proporzione», MANTOVA-NI, Legittima difesa comune e legittima difesa speciale, in Scritti per Federico Stella, I,Napoli, 2007, 799, «nel senso cioè che la proporzione si presume esistente, a menoche la pubblica accusa non ne provi l’inesistenza sia obiettiva che putativa. E con-seguentemente: a) non spetta più all’aggredito – come invece per la legittima difesacomune – provare l’esistenza della proporzione … b) spetta, invece, alla pubblica

porzione di cui al comma 1 del presente articolo se taluno legittima-mente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittima-mente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propriao altrui incolumità; b) i beni propri o altrui, quando non vi è desisten-za e vi è pericolo d’aggressione»; e di seguito si puntualizza come lasuddetta disposizione trovi applicazione «anche nel caso in cui il fattosia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’at-tività commerciale, professionale o imprenditoriale» 54.

Pur dovendo soprassedere – per ragioni di economia concettuale –a una disamina approfondita della neo-formulazione, è nondimeno in-discutibile che ci si debba qui impegnare nel cogliere senso e limitidell’operatività della presunzione, valida in un lato contesto domicilia-re, rispetto agli scenari lasciati aperti dal comma 1 dell’art. 52 c.p. Aquesto scopo giova preliminarmente osservare che, sebbene l’espres-sione “arma legittimamente detenuta” implichi l’accertamento in ordi-ne all’esistenza di un titolo autorizzatorio, la generale sussidiarietàdella consecutiva nozione di “altro mezzo idoneo alla difesa” ha la for-za di svincolare la discussa proporzione dallo specifico strumento uti-lizzato. In pratica, qualunque mezzo, anche non legittimamente dete-nuto da chi ne fa uso, lascia aperto il vaglio circa il prescritto equilibriotra il pericolo paventato e l’offesa cagionata 55. Ciò non significa, però,che il riferimento all’uso del mezzo prescelto cancelli la rilevanza del-l’effetto da esso scaturito, come pure si è diffusamente sostenuto 56: del

Page 315: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

300 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

accusa provare non solo l’esistenza della sproporzione obiettiva, ma anche l’inesi-stenza di una proporzione putativa (cioè ritenuta sussistente dall’aggredito) o, quan-to meno, in caso di provata esistenza di una proporzione putativa, che la erroneasupposizione della esistenza della proporzione fu dovuta a colpa, potendo solo neisuddetti casi di raggiunta prova avanzare una richiesta di condanna dell’aggredi-to»; FIANDACA-MUSCO, Diritto penale, cit., 285; PALAZZO, Corso di diritto penale, cit.,408.

57 Per cui occorre avere riguardo all’uso specificamente fatto dell’arma. Inquesto senso depone la tesi ormai consolidata in materia di uso legittimo dellearmi ex art. 53 c.p.: per beneficiare della causa di giustificazione in parola, quan-tunque non menzionato dalla norma, deve comunque rispettarsi il requisito dellaproporzione tra il bene leso e quello che l’adempimento del dovere di ufficio ten-de a soddisfare. Illuminante, sul punto, il tenore dell’art. 14, lett. b) del progettoPisapia, cit., che dispone di prevedere quale causa di giustificazione: «l’adempi-mento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo del-la pubblica autorità; prevedere che nel caso dell’adempimento di un dovere daparte del pubblico ufficiale, ove esso consista nel respingere una violenza o nelvincere una resistenza, la causa di giustificazione operi nei suoi confronti e neiconfronti della persona legittimamente richiesta se egli fa uso ovvero ordina di fa-re uso di armi o di altri strumenti di coazione, sempre che necessari e nel rispet-to della proporzione tra beni in conflitto nella situazione concreta». V. DELOGU,L’uso legittimo delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, in Arch. pen., 1972, I,192; MARINI, Uso legittimo delle armi, in Noviss. Dig. it., XX, Torino, 1975, 266; PU-LITANÒ, Uso legittimo delle armi, in Enc. giur., XXXII, Roma, 1994, 4 s.; ROMANO,Commentario sistematico, I, cit., 566; MANTOVANI, Diritto penale, cit., 266 s.; non-ché, in giurisprudenza, Cass., Sez. IV, 5 giugno 1991, Rizzo, in Cass. pen., 1993,576; Cass., Sez. IV, 15 febbraio 1995, Pastorelli, in Cass. pen., 1996, 1842. V. an-che, a proposito dell’art. 31, comma 3, del progetto Nordio, CADOPPI, “Si nox fur-tum faxit, si im occisit, iure caesus esto”. Riflessioni de lege ferenda sulla legittimadifesa, in Studi in onore di Giorgio Marinucci, a cura di Dolcini e Paliero, II, Mila-no, 2006, 1408.

resto nessuno dubita che si tratti di una rimodulazione della propor-zione «di cui al comma 1 del presente articolo», ovvero quella tra si-tuazione offensiva e situazione difensiva. Ne discende che la portatadella presunzione legale in ordine all’esistenza di tale requisito si mi-sura attraverso la riduzione dei parametri che debbono guidare l’inter-prete nell’accertamento, qui ancora riconoscibili nella (sola) concretavalutazione comparativa degli interessi e dei gradi dei danni ad essi re-lativi, tant’è che oggetto del giudizio di proporzione, a stare esatta-mente alla lettera del disposto, rimane pure l’uso, ovvero le modalitàdell’uso del mezzo di difesa, immediatamente evocative delle modalitàdi produzione dell’offesa 57. Ma con riferimento ai mezzi solo questo èl’aspetto che continua a porsi all’attenzione dell’interprete al momentodi verificare la proporzione, per cui a rimanerne fuori sarà la conside-razione della possibilità di sostituire quella condotta con altra lecita oproduttrice di minor danno.

Page 316: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Il “pericolo attuale” nella legittima difesa e nello stato di necessità 301

Se questa è la decurtazione realizzatasi quanto ai fattori che dannoil risultato della proporzione – in fondo “parzialmente” presunta –, al-lora la riforma, col contestuale inserimento del requisito soggettivodella “finalità di difendersi”, raggiunge esattamente lo scopo di rico-noscere l’inesigibilità di una precisione matematica nel calcolo dellaproporzione tra offesa incombente sull’assalito ed offesa che bersaglial’assalitore nel contesto di una violazione della libertà domiciliare,quando cioè è presumibile uno stato psicologico di timore per la pro-pria incolumità o quella dei propri cari nonché per l’intero patrimoniolocalizzato nei predefiniti ambiti spaziali.

3.3.1. La non desistenza ed il pericolo di aggressione

Le ipotesi in cui si biparte il comma 2 a seconda della direzione di-fensiva non smentiscono la riflessione. Piuttosto, nel convalidare, peril resto, l’ambito di applicabilità della scriminante quale risultante dalcomma 1, il disposto da ultimo introdotto si attarda a sciogliere la for-mula dell’attualità del pericolo di un’offesa in termini pienamentecompatibili con la trascorsa analisi.

In una rapida digressione introduttiva conviene ricordare come aisensi della lett. a) la liceità della condotta dipenda dall’essere indiriz-zata a proteggere la propria o altrui incolumità, mentre la lett. b) con-templa la difesa di beni propri o altrui. Sul punto la prevalente scuoladi pensiero, col leggere la prima espressione in senso lato, ovvero com-prensiva della vita, dell’integrità fisica di singoli e determinati indivi-dui nonché di ogni forma di libertà personale (morale, sessuale, fisica),procede poi ad intendere la seconda locuzione in senso stretto, ed incontrapposizione ai suindicati beni personali, come beni materiali-pa-trimoniali. Benché, a rigore, la nitidezza del significato linguistico pro-prio della terminologia adottata non fatichi ad ammettere una inter-pretazione dei beni includente il riferimento ad ogni bene diverso daquello della vita e dell’integrità fisica cui si rivolge l’antecedente sottoi-potesi. L’orientamento dilagante ha in realtà buone ragioni per opera-re sul testo una simile manipolazione, convinto come è che nel caso diazione finalizzata alla difesa di beni propri o altrui la presunzione diproporzione di cui al comma 2 subisca una ulteriore restrizione dellecondizioni di applicabilità. A seguire questa impostazione, difatti, siaggiunge un duplice filtro destinato ad incidere solo nello spettro di tu-tela dei beni patrimoniali, negativo l’uno dovendo mancare la desi-stenza dell’assalitore, positivo l’altro dovendo sussistere il pericolo diaggressione.

L’espressa previsione del requisito della non desistenza, su cui inquesta sede è destinata a concentrarsi l’attenzione, ha suscitato inte-

Page 317: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

302 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

58 PADOVANI, Diritto penale, cit., 163 ss.59 MANTOVANI, Legittima difesa comune e legittima difesa speciale, cit., 791.60 Si veda Cass., Sez. IV, 4 luglio 2006, A.D., n. 32282. La Corte ricorda che «i

presupposti essenziali della legittima difesa sono costituiti da una aggressione in-giusta e da una reazione legittima; la prima deve concretarsi in un pericolo attua-le di un’offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocerebbe nella lesionedel diritto; la seconda deve inerire alla necessità di difendersi, alla inevitabilità delpericolo ed alla proporzione tra difesa ed offesa (ex ceteris, Cass., Sez. IV, n. 16908del 2004; id., Sez. I, n. 9695 del 1999; id., Sez. I, n. 6811 del 1994); e le espressioninormative «necessità di difendere» e «sempre che la difesa sia proporzionale all’of-fesa», di cui all’art. 52 c.p., vanno intese nel senso che la reazione deve essere, inquella circostanza, l’unica possibile, non sostituibile con altra meno dannosaegualmente idonea alla tutela del diritto proprio o altrui (tra altre, Cass., Sez. I, n.2554 del 1996; id., Sez. IV, n. 9256)». Calate nel caso di specie, ove l’imputato ave-va esploso un colpo di pistola dalla finestra della sua abitazione attingendo coluiche stava fuggendo dopo essersi in essa introdotto previa effrazione di una fine-stra, queste premesse conducono ad affermare come «la condotta dell’aggressore(valutata ex ante, al momento in cui il ricorrente esplose il colpo di pistola) ... si eragià esaurita nella sua aggressività e potenzialità offensiva, la vittima si era data al-la fuga (venne attinta dal colpo di pistola alle spalle «mentre si dava alla fuga»),nessun pericolo attuale poteva più sussistere in riferimento alla integrità fisica delricorrente e degli altri abitanti dell’immobile o del suo diritto patrimoniale». Né ta-li conclusioni si intendono «inficiate o caducate dalla modifica normativa interve-nuta con l’art. 1 della legge n. 59 del 2006, che ha introdotto i commi 2 e 3 all’art.52 c.p., «nei casi previsti dall’art. 614, commi 1 e 2». Anche alla stregua di tale no-vellato disposto legislativo, difatti, l’uso di un’arma legittimamente detenuta,quanto al rapporto di proporzione di cui al comma 1, concretizza l’esimente in di-scorso quando è volto a «difendere la propria o altrui incolumità», ovvero «i benipropri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione». Doven-dosi siffatta valutazione pur sempre operare in relazione alla situazione concretasussistente nel momento in cui si faccia uso dell’arma, nella specie, per quantoesplicitato dai giudici del merito e testé richiamato, nel momento in cui l’imputa-to fece uso di quell’arma, colpendo il fuggitivo (che aveva già guadagnato la stra-

ressanti perplessità. Nella condivisa premessa per cui a fronte della de-sistenza del colpevole svanisca la situazione aggressiva, e quindi la fi-nalità difensiva del comportamento reattivo, all’espressione è stato ri-conosciuto un compito peculiare: gravare l’aggredito dell’onere di inti-mare all’intruso l’abbandono dell’azione criminosa, avvertendolo chein mancanza della cessazione farà immediatamente uso dell’arma, inpratica pronunciando la fatidica frase “fermo o sparo” 58; o quantome-no di dichiarare la non disponibilità dei beni patrimoniali richiesti e fi-nanche di frapporre una resistenza (rifiuto di consegnare i beni, diaprire la cassaforte, ecc.) o di reagire attivamente 59.

La più agevole considerazione di questo fattore negativo come se-gnalatore della perdurante necessità dell’attualità dell’aggressione, cheevidentemente sfuma nei casi di fuga (volontaria) dell’assalitore 60, con-

Page 318: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Il “pericolo attuale” nella legittima difesa e nello stato di necessità 303

da) alle spalle, più non sussisteva la necessità di «difendere la propria o altrui in-columità», e, quanto ai beni, più non sussisteva un «pericolo di aggressione» e lavittima, dandosi alla fuga, aveva in sostanza desistito dal suo iniziale intento ag-gressivo».

61 Cfr. SEMERARO, Riflessioni sulla riforma della legittima difesa, cit., 848, il qualeritiene che la mancata qualificazione porti ad ammettere «che – anche nell’ipotesidi desistenza realizzata a causa del sopravvenire di testimoni o delle forze dell’or-dine – l’autotutela privata non può più trovare configurazione».

62 Così, SEMERARO, Riflessioni sulla riforma della legittima difesa, cit., 848, per ilquale «il requisito della “mancata desistenza” descrive già per intero al suo inter-no il pericolo di lesione del patrimonio (ad es., il ladro trattiene il bene sottrattoe, quindi, fa perdurare il pericolo patrimoniale), talché risulterebbe inutile – sot-to il profilo normativo – la richiesta del requisito ulteriore sostanziantesi nel “pe-ricolo di aggressione”, atteso che il pericolo per i beni materiali è implicito nellamancata desistenza dall’offesa. Se invece tale elemento viene ricollegato al benerappresentato dall’integrità fisica della persona aggredita, esso acquista più com-pleto significato descrittivo». In questo senso anche MARRA, Legittima difesa, cit.,97.

63 MANTOVANI, Legittima difesa comune e legittima difesa speciale, cit., 792, ritie-ne che nella vicenda criminosa tracciata dalla c.d. legittima difesa speciale il peri-colo di aggressione a beni patrimoniali sempre si accompagni al pericolo per l’in-columità o per la vita della vittima, in quanto «a) l’agente o gli agenti vengono a tro-varsi nell’alternativa tra desistere o persistere; b) l’opzione per la desistenza in locodelicti non può che essere indotta (fuori dei teorici casi di folgoranti pentimenti)dagli ostacoli costituiti dalla presenza, resistenza, reazione, attivazione di allarmi,spari in aria; c) l’opzione, viceversa, per la persistenza non può che essere seguitadalla minaccia o violenza neutralizzatrici dei possibili ostacoli, frapposti dalla vit-tima, alla realizzazione del delitto; d) con la conseguente insorgenza del concretopericolo di aggressione non solo per il patrimonio, ma ancor prima per l’incolumitào per la vita della vittima, quando non anche con la lesione già in atto di tale inco-

forta appieno la lettura che si è dinanzi sposata in ordine alla nozionedi pericolo di cui all’art. 52, comma 1, c.p., pur trattandosi di una desi-stenza che non reca più con sé l’apposizione qualificante della volonta-rietà. A guardar bene, invero, questa sorta di amputazione letterale nonimposta alcun cambio di direzione esegetica, dal momento che l’unicanozione di desistenza concepibile all’interno del sistema penale (quellaex art. 56, comma 3, c.p.) è indefettibilmente marchiata dalla volonta-rietà 61.

La fermezza dell’approdo consente dunque di procedere oltre, va-gliando il pericolo di aggressione cui si deve accompagnare il suddettorequisito della non desistenza.

Si tratta di condizione che non è stata intesa nel senso di richiede-re ad abundantiam l’attualità di una prospettiva offensiva rispetto alpatrimonio 62, ma è stata riferita a situazioni in cui si sia manifestatoun pericolo di aggressione all’incolumità fisica delle persone presentinel domicilio 63. Pericolo del quale neppure si richiede l’attualità, po-

Page 319: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

304 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

lumità (percosse, ferimento)». Analogamente Cass., Sez. I, 8 marzo 2007, p.m. c.G.A., in C.E.D., n. 236502.

64 Per tutti, VIGANÒ, Art. 52 c.p., cit., 608; ID., Spunti per un “progetto alternativo”di riforma della legittima difesa, cit., 2038 ss.

65 V. Cass., Sez. IV, 4 luglio 2006, A.D., cit. In termini difformi motiva Cass., Sez.V, 20 marzo 2008, M.D., n. 19069, in ordine a fattispecie in cui l’imputato si era por-tato, armato di coltello, nel garage condominiale dell’edificio dove abitava, dal qua-le tre individui stavano tentando di asportare il suo autoveicolo; al suo sopraggiun-gere i tre si erano dati alla fuga, ma uno di costoro, mentre stava scavalcando uncancello per uscire dal condominio, era stato raggiunto dall’imputato che lo avevacolpito ripetutamente alla regione dorsale, provocandone la morte: «non sussistevanecessità obiettiva o putativa del ricorrente armato di difendere qualsiasi bene dachi disarmato se ne stava allontanando».

tendo anche essere semplicemente lasciato intuire: sarebbe sufficienteche la prospettiva del suo sopravvenire risulti percepibile per le vittimesulla base di concrete circostanze fattuali, dedotte da modalità com-portamentali come dal numero degli aggressori o dalla prestanza fisi-ca di questi. Ciò in corrispondenza sia delle dichiarazioni rese nel cor-so dei lavori preparatori, sia del dettato costituzionale, che all’art. 2 –implementato per questo verso dall’art. 2, comma 2, lett. a) della Con-venzione Europea dei Diritti dell’Uomo – disconosce la liceità della vo-lontaria uccisione di un aggressore perpetrata per salvaguardare benidi stampo esclusivamente patrimoniale 64.

Pure, non sfugge come una soluzione interpretativa di questo teno-re spiani la strada ad una irragionevole disparità di trattamento tra le-sioni, anche mortali, prodotte a carico di chi abbia violato il domicilioa seconda che sia o meno coinvolta la difesa di un bene patrimoniale.In dettaglio. Quando si tratti di difendere esclusivamente la propria oaltrui incolumità – lett. a) – la reazione armata, qualunque ne sia l’ef-fetto, si intenderebbe giustificata solo a fronte di un pericolo attuale,incombente, secondo gli ordinari canoni della scriminante. Quando,invece, il timore sorga rispetto ad un attacco a beni patrimoniali in at-to, perchè non desistito, allora questo pericolo di aggressione fisica,pure necessario, sarebbe sufficiente che sia futuro, praticamente even-tuale. Sennonché, a guardare la casistica richiamata ad esemplificare icasi di esclusione dell’esaminato requisito positivo, essa si scopre con-sistere nelle ipotesi di fuga dell’assalitore, ove cioè del pericolo manchil’attualità 65.

Ciò dà agio di un intendimento congiunto delle due condizioni ap-procciate – negativa e positiva – cui si affida il compito di tradurre ana-liticamente la clausola sintetica di cui al comma 1, precisando i confi-ni concettuali del pericolo attuale di una offesa, personale o patrimo-

Page 320: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Il “pericolo attuale” nella legittima difesa e nello stato di necessità 305

66 Sul punto, FALCINELLI, Legittima difesa: I) Diritto penale, in Enc. giur., Agg. XV,Roma, 2007, 2 s.

67 V. MARINUCCI-DOLCINI, Manuale di diritto penale, cit., 218.68 Cfr. Cass., Sez. II, 3 ottobre 1978, Pappalardo, in Cass. pen., 1980, 1091; Cass.,

Sez. I, 10 ottobre 1978, Masetti, ibidem, 1092; Cass., Sez. III, 29 novembre 1982,Martino, ivi, 1984, 1674; Cass., Sez. V, 23 maggio 1997, Montalto, n. 4903.

niale, in aderenza alla ricostruzione suggerita in premessa. L’attualitàdel pericolo, per vero, va dal momento in cui sorge la tipicità dell’ag-gressione, non desistita, e perdura fintantoché essa, ovvero il pericolodi aggressione, persiste 66. Più che verosimile, allora, è che tale defini-zione non riguardi la sola ipotesi sub b), ma compaia unicamente altermine della sua formulazione per ragioni di economia legislativa,trattandosi di requisito indubitabilmente valido senza eccezioni; e cheper questo l’aggressione rimanga priva di ulteriori qualificazioni quan-to alla tipologia del bene attaccato, così aderendo ad entrambe le si-tuazioni offensive distinte nelle lettere del comma 2, omogenee od ete-rogenee che siano rispetto all’interesse intaccato per mezzo della rea-zione difensiva 67.

4. In particolare: pericolo attuale e stato di necessità

Il ritmo di quest’ultima riflessione indirizza lungo un percorso con-cettuale di taglio trasversale, valevole a ridisegnare pure il tracciatooperativo dello stato necessitante.

Considerato sostanzialmente analogo alla struttura della legittimadifesa, lo stato di necessità si impernia, per tradizione esegetica, su diuna situazione di pericolo attuale di un danno e su di una azione stret-tamente connessa all’imminenza del danno indicato 68, che, riverbe-randosi su di un soggetto estraneo alla sua produzione, ne giustificauna serie di peculiarità attinenti all’oggetto ed alla fonte. Il primo si re-stringe ad un «danno grave alla persona», con riferimento esclusivo,quindi, ai risultati di rilievo penale incidenti su diritti della personalitàfisica e morale; la seconda si allarga a ricomprendere pure l’accadi-mento naturale non imputabile all’uomo.

I caratteri appena ricordati stentano tuttavia a trovare un completoaccoglimento una volta che si sia riguardata la figura descritta all’art.54 c.p. attraverso il filtro della legittima difesa come inquadrata nellepagine che precedono. Per intendersi: e la ripetitiva disamina del re-quisito del pericolo attuale e l’inserzione della peculiare identità dellavittima quale terzo innocente, mutuate, rispettivamente per similitudi-

Page 321: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

306 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

69 Sulla dialettica insorta circa la configurazione contenutistica del pericolo co-me possibilità o probabilità si rinvia alle approfondite riflessioni di PARODI GIUSINO,I reati di pericolo, cit., e ANGIONI, Il pericolo concreto, cit.

70 Sul tema v. FORNASARI, Il principio di inesigibilità nel diritto penale, Padova,1990, 135 ss.; MEZZETTI, Stato di necessità, in Dig. disc. pen., XIII, Torino, 1997, 670;VIGANÒ, Stato di necessità e conflitti di doveri. Contributo alla teoria delle cause di giu-

ne e per differenza, proprio dai connotati del fatto ex art. 52 c.p., ne-cessitano di una profonda riconsiderazione al confronto con l’innova-ta lettura del disposto in ultimo citato.

4.1. Il pericolo attuale di un danno grave alla persona

Infatti, l’analisi fin qui perpetrata in ordine al valore semanticodell’espressione «pericolo attuale di un’offesa ingiusta», perfettamen-te conforme alla nozione di tipicità dolosa emergente dal fatto non de-sistito ex art. 56, comma 3, c.p., in veste di attualità dell’offesa, nonprosegue immutata nel passaggio all’esegesi del «pericolo attuale diun danno grave alla persona», risultante dalla formulazione dell’art.54 c.p.

La premessa è peraltro supportata da una diversità linguistica tan-to palese quanto significativa. L’identificazione dell’oggetto di un simi-le pericolo col richiamo ad un risultato dannoso piuttosto che ad unfatto penalmente rilevante (offesa ingiusta), vale infatti a sradicare ilcampo di riferimento dell’attualità pericolosa da quello – doloso – didiscendenza esclusivamente umana, legalmente definito a partire dauna non desistenza. E lo trasla su di un piano cognitivo generale, puregiuridicamente accolto (così, ad esempio, il pericolo in cui versa il sog-getto che abbisogna del soccorso ex art. 593 c.p.), in cui rimane intesocome relazione probabilistica tra uno stato presente ed un risultatopregiudizievole futuro 69. Non sembra dunque poter sorgere controver-sia in ordine al perimetro entro cui si rinviene il pericolo di cui sopra:la sua origine è suscettibile di identificarsi in eventi naturali, certo, maanche nell’altrui illecito colposo nonché nell’altrui reato doloso se ed inquanto esso fuoriesca dal modello dell’attualità del pericolo di offesaper essersi oramai consumato. Del resto è lo stesso art. 54 c.p. adorientare l’interprete nel senso appena sposato, nella parte in cui (com-ma 3) si trova ad asserire l’afferenza al campo della situazione necessi-tante del c.d. costringimento psichico, indotto appunto dalla minaccia(fatto la cui tipicità è bensì conclusa) formulata da chi abbia prospet-tato al pericolante il danno anzidetto nell’ipotesi di non commissionedi un reato determinato 70.

Page 322: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Il “pericolo attuale” nella legittima difesa e nello stato di necessità 307

stificazione e delle scusanti, Milano, 2000, 168 ss. e bibliografia ivi citata; VENAFRO,Scusanti, cit., 14 ss.

71 RAMACCI, Corso di diritto penale, cit., 341, definisce l’ipotesi dell’art. 54, com-ma 3, c.p. come un «fenomeno … della traslazione della responsabilità penale: delreato commesso dalla persona minacciata (che quindi non è punibile) risponde chil’ha costretta a commetterlo». Di questo avviso anche MEZZETTI, “Necessitas nonhabet legem”?, cit., 229.

72 V. BOSCARELLI, Contributo alla teoria del “concorso di persone nel reato”, cit.,90, per cui risulta “giustificato” il fatto “principale” del minacciato e “non giustifi-cato” quello del minacciante. Il punto è dibattuto in dottrina, v. PADOVANI, Le ipote-si speciali di concorso nel reato, Milano, 1973, 193; ROMANO, Commentario sistema-tico, I, cit., 576 s. In casi di minaccia diretta di un’arma, in cui si scivola verso l’in-tegrazione di forme di costringimento fisico, ritiene poter «essere fondatamentemessa in discussione la stessa suitas della condotta compiuta dal minacciato (chequi non agit, sed agitur)», VIGANÒ, Mafia e imprenditori: una decisione coraggiosa intema di stato di necessità, in Dir. pen. proc., 2004, 1261. Per una acuta disamina del-la questione, VISCONTI, Imprenditori e camorra: l’“ineluttabile coartazione” come cri-terio discretivo tra complici e vittime?, in nota a Cass., Sez. I, 5 gennaio 1999, Cabib,in Foro it., 1999, II, 631.

73 In proposito, tra gli altri PEDRAZZI, Il concorso di persone nel reato, cit., 35 ss.;M. GALLO, Lineamenti di una teoria sul concorso di persone nel reato, cit., 73 ss.; SI-NISCALCO, Autore mediato (dir. pen.), in Enc. dir., IV, Milano, 1959, 448 s.; PADOVANI,Le ipotesi speciali di concorso nel reato, cit., 1 ss.

74 Cfr. VIGANÒ, Stato di necessità e conflitti di doveri, cit., 319 s., che conclude:«La regola dell’art. 119 c.p. sarà dunque quella della comunicabilità a tutti i con-correnti delle cause di giustificazione, a meno che la singola causa di giustificazio-ne non si applichi a talune categorie di soggetti e non ad altri; mentre i presuppostidi tutte la cause scusanti andranno vagliati rispetto ad ogni singolo concorrente,trattandosi di valutare la personale rimproverabilità di ciascuno di essi». In propo-

Pervero, nell’idea di chi scrive, quest’ultimo articolato non si prestaad estendere la non punibilità definita al comma 1 anche al minacciatoda fonte umana (funzione dichiarativa) e quindi ad operare la direttaincriminazione per l’autore della minaccia (funzione incriminatri-ce) 71. Invero, posta la struttura immanentemente concorsuale di unasiffatta ipotesi 72, che rifugge dal proporsi a veicolo della ripudiata teo-ria dell’autore mediato 73, la prescrizione da un canto ribadisce l’appli-cabilità del comma 1 pure al reato compiuto in una situazione di co-stringimento determinato dall’altrui minaccia (non sussumibile – s’èdetto – entro il modello della legittima difesa), dall’altro sancisce, ri-spetto al minacciante, la persistenza di una responsabilità concorsua-le nell’illecito realizzato dal coactus, non estendendosi anche a lui la ri-chiamata causa oggettiva di esclusione della pena. Un’eccezione, quin-di, alla regola sovrana che rende comunicabili a tutti i concorrenti lecause di giustificazione, in contrapposizione alla disciplina dettata conriguardo alle scusanti 74. Se, difatti, lecita è la partecipazione ad un fat-

11.

Page 323: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

308 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

sito si rinvia anche alle osservazioni sviluppate da SANTORO, L’ordine del superiorenel diritto penale, Torino, 1957, 248.

75 PEDRAZZI, Il concorso di persone nel reato, cit., 67; FLETCHER, Rethinking Cri-minal Law, cit., 762.

76 ROMANO, Cause di giustificazione, cit., 68; VIGANÒ, Stato di necessità e conflittidi doveri, cit., 317.

77 Così, nel senso che il richiamo ad una generica volontà escluda «la possibilitàdi una limitazione ad ipotesi di volizione particolarmente qualificata», NUVOLONE, I

to che l’ordinamento reputa realizzato a salvaguardia di un interesseprevalente su quello tutelato dalla norma incriminatrice 75, la conside-razione della locale peculiarità implica sempre un vaglio singolare del-la causa giustificante 76.

4.2. Miti e contraddizioni del pericolo necessitante

Lo snodarsi della questione vertente sulla natura del soggetto passi-vo finale, conduce verso i medesimi risultati interpretativi. Vero che lascriminante dello stato di necessità è invocabile pure in contesti domi-nati da una aggressione umana, tuttavia la suddetta evenienza, per es-sere sussumibile in questo formato giustificante, non rimane condi-zionata dal riferirsi della aggressione difensiva ad un estraneo noncoinvolto nell’attacco al bene giuridico. Sul punto il silenzio serbatodalla lettera legislativa dice tutto ciò che vi è da sapere, bilanciato al-tresì dall’esplicito messaggio che scorre sotto l’originale dizione del pe-ricolo attuale di un danno grave alla persona, segnatamente distaccatodalla dimensione dell’attualità offensiva.

In pratica, inquadrato in uno sfondo di tal fatta, l’atteggiamentoinnescato nel pericolante ben potrà rivolgersi sia contro un soggetto,per così dire, neutrale sia contro lo stesso assalitore, in colpa o in do-lo che sia. Purché, si badi, di questo dolo o di questa colpa l’aggredi-to non partecipi: non a caso, l’invocabilità dello stato di necessità daparte di chi ha commesso il fatto è subordinata all’essere il pericolo«da lui non volontariamente causato», né «altrimenti evitabile». Eb-bene, la ragione della precisazione si adagia esattamente lungo il per-corso ermeneutico che si è venuto tracciando, ove si impone una con-notazione del rapporto psicologico intercorrente tra la vittima po-tenziale e la situazione pericolosa, mancando quella qualificazionesoggettiva che è invece intrinseca al concetto di pericolo attuale diuna offesa, inerente alla legittima difesa. Tanto basta a liberare lanorma dall’impasse di una incessante rivisitazione dell’inciso volon-tariamente: inteso ora come “preordinatamente” 77 o “intenzional-

Page 324: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Il “pericolo attuale” nella legittima difesa e nello stato di necessità 309

limiti taciti della norma penale, cit., 121. Si veda anche GROSSO, Difesa legittima, cit.,104 s., che ravvisa la presenza della clausola negativa da ultimo individuata «tuttele volte in cui il soggetto provoca ad arte l’aggressione da parte dell’individuo che siprefiggeva di ledere onde precostituirsi una scusa».

78 Nel senso che il limite posto dal requisito della non volontarietà della situa-zione di pericolo attuale debba essere confinato alle sole ipotesi di causazione in-tenzionale, nonché in quelle ove «l’insorgere di tale situazione sia stata prevista edaccettata (in termini corrispondenti al dolo eventuale) dall’agente», VIGANÒ, Stato dinecessità e conflitti di doveri, cit., 591. Si vedano, fra gli altri, anche FLORIAN, Partegenerale del diritto penale, cit., 543; BATTAGLINI, Diritto penale, cit., 334 s.; BETTIOL,Diritto penale, cit., 354.

79 FROSALI, Sistema penale italiano, II, cit., 329; MOLARI, Profili dello stato di ne-cessità, Padova, 1964, 97 ss.

80 SABATINI, Istituzioni di diritto penale. Parte generale, II, Catania, 1945, 89; VAN-NINI, Manuale di diritto penale, cit., 181 s.; CONTENTO, Liceità apparente e responsabi-lità penale nella difesa legittima e nello stato di necessità, in Arch. pen., 1956, I, 326.

81 GROSSO, Necessità (dir. pen.), in Enc. dir., XXVII, Milano, 1977, 886.82 Cfr. Cass., Sez. V, 14 gennaio 1987, Amore, in Cass. pen., 1988, 1040, secondo

la quale «non è sufficiente che l’azione delittuosa venga attuata nell’aspettativa chepossano essere evitati pericoli che non abbiano i suddetti (attualità del pericolo co-me già individuato e circoscritto) connotati e che siano invece meramente even-tuali e futuri, possibili o anche probabili»; Cass., Sez. I, 6 aprile 1987, Aruta, in Riv.pen., 1988, 1020; Cass., Sez. I, 2 giugno 1988, Coltella, in Cass. pen., 1990, 1508.

83 Ove a difettare sarebbe proprio un «contesto temporale appropriato» per ilconfigurarsi dello stato di necessità, così SERENI, Il caso Muccioli, cit., 442.

mente” 78, ora come “colposamente” 79, ora esteso a generico compor-tamento volontario inclusivo sia della volontà sia della prevedibilitàdello specifico rischio corso 80.

4.3. Oltre il velo: il “pericolo attuale” nel contesto normativo dellostato di necessità

Questi rapidi cenni convincono infine ad avallare lo stato ricogniti-vo del requisito del pericolo nello stato di necessità, e ad affollare lenutrite schiere del consenso ad un suo intendimento quale «rilevantepossibilità che abbia a verificarsi un danno» 81.

Così, per quanto attiene alla sua qualificazione come “attuale”, ci sitrova a conformarsi alla dinamica giurisprudenziale che ne ha solida-mente tenuto costante la lettura di (pericolo) “presente” o “incomben-te” nel momento in cui il soggetto agisce, cosicché imminente si pongail danno che ne possa derivare 82. Ciò, si badi, non preclude il ricono-scimento di una simile prossimità temporale tra situazione di pericoloed incombenza della lesione in situazioni c.d. di “anticipazione” dellacondotta necessitata 83, sempre che la cornice empirica emersa con-

Page 325: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

310 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

84 Cfr. App. Bologna, 28 novembre 1987, Muccioli, in Foro it., 1988, II, 588; Trib.Palermo, 18 marzo 2004, M., in Dir. pen. proc., 2004,1255: nel caso è stato ritenutonon potersi parlare di «stretta imminenza del danno» nel momento in cui M., im-prenditore vittima di un tentativo di estorsione da parte di membri di una coscamafiosa, rendeva per effetto delle minacce ricevute dichiarazioni reticenti alla po-lizia giudiziaria, aiutando in tal modo i propri estorsori ad eludere le investigazio-ni dell’autorità. Infatti, secondo l’id quod plerumque accidit, i latori della minacciaavrebbero fatto scattare la rappresaglia nei confronti del dichiarante e dei suoi fa-miliari solo dopo aver appreso delle accuse a loro carico.

85 CRESPI, L’aborto vivo e vitale negli auspici della Corte costituzionale, in Riv. it.dir. proc. pen., 1975, 567 ss. V. anche Cass., Sez. III, 12 maggio 1967, Cravotta, n.631, che ha riconosciuto lo stato di necessità nel fatto dell’imputato per favoreg-giamento personale, rifiutatosi per timore di rappresaglie di fare i nomi di appar-tenenti alla mafia che gli avevano amputato una mano, sulla base del principio se-condo cui «l’attualità del pericolo non va intesa nel senso di una contemporaneitàtra il pericolo e l’azione necessitata, sicché lo stato di necessità può sussistere an-che quando la verificazione del danno è prossima, se breve è l’intervallo di tempo».Analogamente Ass. Messina, 22 giugno 1962, Ialuna, in Foro it., 1962, II, 238; Ass.App. Messina, 5 luglio 1963, Ialuna, ivi, 1964, II, 120, per le quali l’attualità del pe-ricolo va riconosciuta in una situazione di pericolo “permanente”, quale quello rap-presentato dalle minacce di ritorsione da parte della mafia.

86 Cass., Sez. IV, 4 ottobre 2004, Di Pietro, in Riv. pen., 2006, 137, ha escluso chericorresse la scriminante dell’art. 54 c.p. in ordine al fatto dell’imputato che, a cau-sa della sua tossicodipendenza, aveva contratto un debito con i suoi fornitori didroga i quali lo avevano minacciato, così che egli aveva spacciato per loro conto inmodo da saldare il dovuto: «era stato … lo stesso ricorrente a creare la situazionedi pericolo, essendo riconducibili ad una sua libera scelta l’acquisto della sostanzastupefacente per il suo consumo personale e il mancato saldo di quanto dovuto perle forniture di droga».

tenga condizioni tali da dimostrare la ragionevole evoluzione versouna (ulteriore) situazione di danno 84.

Il concetto di pericolo attuale qui sviscerato si presta invero a dareman forte a quanti da tempo ne evocano un modello funzionale adaderire alle evenienze in cui il danno paventato verosimilmente si pro-durrà soltanto in uno stadio più avanzato, eppure risulti necessario unintervento subitaneo, l’unico idoneo a sventare un danno futuro in se-guito non più evitabile 85.

Ne discende, in chiusura, che il minimo comun denominatore dellesituazioni in esso sussumibili sarà da riscontrarsi in una oggettivatraiettoria verso un risultato pregiudizievole per la persona, la cui lati-tudine è segnata, da un lato, dalla gravità del danno e, dall’altro, dallasua estraneità sia rispetto alla volontà (volontariamente) sia rispettoad un comportamento (latamente) colposo (altrimenti evitabile) del-l’agente 86.

Page 326: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

CAPITOLO SECONDO

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza

SOMMARIO: 1. Desistenza: tra regola ed eccezione. – 2. L’altro modello dell’attualità of-fensiva. – 3. Ipotesi speciali di desistenza e cause sopravvenute di non punibilità. –3.1. Le cause sopravvenute di non punibilità: ritrattazione ed insolvenza fraudo-lenta seguita da adempimento. – 3.2. Le ipotesi speciali di desistenza: l’insolvenzafraudolenta. – 4. Attualità dell’offesa e fattispecie di bonifica ambientale. – 4.1. As-sunto: l’indefettibilità dell’offesa nella dimensione penale. – 4.2. Lo spettro offen-sivo dell’illecito ambientale. – 5. Nel labirinto esegetico dell’art. 51 bis, D.Lgs. n. 22del 1997, per giungere all’art. 257, D.Lgs. n. 152 del 2006. – 5.1. La ritenuta natu-ra omissiva dell’art. 51 bis, D.Lgs. n. 22 del 1997. – 5.2. Le discrasie dell’intender-lo un reato omissivo proprio. – 5.3. La luna ed il dito: la non omessa bonifica nel-le vesti di causa di esenzione dalla pena. – 5.4. L’omessa bonifica a confronto conil paradigma dell’attualità offensiva. – 5.5. Epitome. – 6. L’omessa dichiarazioneex art. 5, D.Lgs. n. 74 del 2000. – 6.1. Desistenza speciale e reato omissivo: una di-samina preliminare. – 6.2. Rileggere l’art. 5, D.Lgs. n. 74 del 2000. – 7. Se scom-pare l’attualità dell’offesa creditoria: soglia temporale della dichiarazione di falli-mento e condizione di inesistenza del reato di bancarotta fraudolenta. – 7.1. Laquestione: la c.d. bancarotta riparata. – 7.2. Art. 216, comma 1, legge fall.: analisidella grammatica penale. – 7.3. Richiami: l’attualità dell’offesa come ingredientedella tipicità penale. – 7.4. La bancarotta prefallimentare calata nello schema del-la fattispecie qualificata dalla non desistenza: notazioni conclusive.

1. Desistenza: tra regola ed eccezione

Desistere, si è visto, significa cancellare ciò che immediatamenteprima è stato commesso.

Significa eliminare dalla sfera percettiva dell’ordinamento penale lecondizioni di pericolosità fin lì organizzate in funzione del consegui-mento di un risultato illecito.

Sul punto non c’è più tema di smentita. Una volta soppresso il datoumano che è oggetto della valutazione (anti)sociale, per essere stati re-cisi i collegamenti tra l’accaduto ed il decorso offensivo originaria-mente in esso implicato, non potrà più individuarsi alcun momento dicontatto tra la vicenda e la fattispecie incriminatrice dolosa. A manca-re sarà il primo dei fondamentali gradini che elevano il fatto al cospet-to della sanzione penale: la tipicità.

Page 327: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

312 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

Il principio dell’attualità dell’offesa, quindi, ridescrive la dimensio-ne tipica che emerge dalla figura dolosa, tentata come consumata, po-sto che la situazione di volta in volta raffigurata nella norma (tentativodi omicidio come omicidio consumato, tentativo di danneggiamentocome danneggiamento ex art. 635 c.p.) implica e presuppone la defini-tiva e volontaria conferma della direzione criminosa impressa agli at-ti. Infatti, se questa fosse stata disattesa, subitaneamente invertita ver-so il contrapposto esito del non completarsi dell’azione e del non pro-dursi dell’evento, allora di tentativo o di consumazione non sarebbe ri-masta traccia alcuna.

Ciò posto, e cioè che la non-desistenza si erge a premessa costituti-va della tipicità dolosa descritta dalla singola fattispecie, ha pregio svi-luppare un’ulteriore riflessione.

L’ordinamento adagia la previsione delle specifiche ipotesi incrimi-natrici proprio sulla tacita acquisizione del principio generale in di-scussione, il quale, impastando le sinapsi del sistema, importa che ven-gano direttamente dettati i requisiti della situazione finale che già in-corpora gli indizi di una offensività penalmente rilevante. Sul punto –trasparente – non v’è ragione di intrattenersi ancora. Ovvio, invece, chesia l’eccezione, pure applicazione dell’identico principio generale del-l’attualità offensiva, ad entrare in disamina: invero, l’utilizzo di unatecnica di redazione che costruisce le coordinate della fattispecie con-sumata esplicitamente avvalendosi del parametro della non desistenzaha creato perplessità esegetiche di una certa consistenza.

In simili evenienze la norma si struttura in una articolazione percosì dire bifasica, ove all’indicazione del doloso comportamento del-l’agente e di quanto ne deve conseguire sul piano della realtà effettua-le, si accompagna l’espressa precisazione del modulo e dei tempi com-portamentali necessari per sradicare l’offensività di crisma penale,sub specie di offesa consumata, della quale il fatto anzidetto suggeri-sce la presenza. In modo da impedirne l’insorgere in veste di fatto ti-pico.

La desistenza, in tal guisa, viene trasportata direttamente all’inter-no della formulazione speciale, perdendo il suo caratteristico aspetto“causalmente libero” che la portata generale dell’art. 56, comma 3, c.p.le aveva consegnato, ed assumendo piuttosto una forma vincolata im-postale dalla peculiarità del caso. Qui, infatti, il legislatore selezionaespressamente le cadenze e la tipologia del comportamento che con-sente all’agente di sottrarsi alla responsabilità penale dissolvendo ognitraccia di tipicità (consumata) che il fatto pregresso lasciava verosi-milmente intravedere: e solo a queste condizioni ammette l’integraleestirpabilità degli indizi di disvalore fin lì coltivati.

Page 328: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 313

Di contro, fino a quando non risulti decorso il margine di operati-vità della desistenza “speciale”, rimarrà impercepibile una forma con-sumata di tipicità.

A tal proposito, è d’intuibile evidenza come la specialità di cui si famenzione sposti in avanti le lancette dell’orologio biologico dell’attua-lità offensiva. Spunto, questo, che è dato cogliere non solo in reati dimera condotta, ove, in siffatta maniera, si ammette l’evenienza di undestino alternativo rispetto a quello consistente nel lasciar sedimenta-re il realizzato; ma anche in ipotesi che combinano il comportamentoad un evento naturalistico consequenziale, senza tuttavia che quest’ul-timo materializzi la lesione dell’interesse e quindi chiuda definitiva-mente il cerchio della tipicità contestualizzando l’offensività della con-dotta (come è paradigmaticamente nell’ipotesi dell’omicidio). Ovvero,senza che questo evento renda immediatamente tangibile il significatodi disvalore che la fattispecie mira a sanzionare.

L’allargamento d’operatività della desistenza coincide, allora, conl’allargamento della visuale normativa, che legge nell’evento l’indizio, enella tipicità – all’esito di un mancato annientamento del pregresso – laprova di una offesa consumata attuale.

2. L’altro modello dell’attualità offensiva

Orbene. Se è vero che la tipicità dolosa si incentra sulla (volontaria)non eliminazione della condotta indiziante l’offensività verso cui l’au-tore si dirige, non è incoerente l’impegno legislativo nel declinare fatti-specie incriminatrici avvalendosi del suddetto modello, laddove l’ob-biettivo sia quello di puntualizzarlo, specificando i modi ed i tempidella desistenza dal fatto commesso.

Il bisogno di precisare nella “specie” un concetto che pure trovaun’esatta definizione generale nell’art. 56, comma 3, c.p. potrebbe ap-parire evanescente, fomentando con ciò il dubbio di una artificiosaproposta esegetica.

Ma ad un attento vaglio se ne rinviene la ragionevolezza.In prima battuta va prestata attenzione alla fenomenologia con-

travvenzionale. Qui, è pur vero che la prima forma della tipicità dolo-sa monosoggettiva si rinviene alla soglia della consumazione, ma per-mane la sovrastante ragione del riproporre la modulazione della desi-stenza (che peraltro s’è già dimostrata operante nella dimensione con-corsuale) ove occorra indicare nel dettaglio ciò che impedisce la rile-vanza tipica del comportamento già intrapreso.

In seconda battuta la riflessione coinvolge il versante delle fattispe-

Page 329: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

314 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

cie delittuose, ove la peculiarità della struttura in discorso, offerta dalconfigurarsi di una ipotesi di desistenza speciale, si atteggia a manife-sto di “rinuncia” quanto al meccanismo sanzionatorio altrimenti ivioperativo al cospetto degli elementi costitutivi della forma tentata, po-sta la regola generale dell’art. 56, comma 1, c.p.: il tipo doloso, nel ca-so di volta in volta in considerazione, si scorgerà – piuttosto – per laprima volta nell’esatta immagine che riproduce la veste consumatadell’illecito di specie.

Il sistema penale si impegna così a riconfermare la vigenza dell’as-sunto principio, prestato a fecondare talune fattispecie speciali espres-samente strutturate attorno ad una peculiare regressione criminosa, lacui attuazione ad opera dell’agente impedisce la ricostruzione del fat-to tipico (consumato): melius, di ogni fatto tipico.

3. Ipotesi speciali di desistenza e cause sopravvenute di non puni-bilità

La cifra comune di codeste figure incriminatrici le avvince infine inuna categoria non-generale di desistenza, che pur sempre permette diravvisare la cancellazione del fatto doloso nel contestuale espletamen-to di una operazione esattamente coincidente nella portata e contrarianella direzione a quanto già commesso.

La lettera normativa, adottando questo format, esprime inverochiaramente l’intendimento di non lasciare all’area delle cause so-pravvenute di non punibilità quegli episodi: difatti le vicende narrate,piuttosto che mirare all’impedimento di un nuovo ed ulteriore trattodi offesa derivante da quella precedente ormai prodottasi, oppure al-l’eliminazione o attenuazione delle relative conseguenze, si volgono ascardinare dall’orizzonte visivo della sistematica penale un determi-nato brano di vita. Il quale, solo se confermato a mezzo della qualifi-cata inattività, è considerato minare in astratto la tutela del bene giu-ridico.

Tant’è. La linea che segna il declivio tra desistenza e condotte postcrimen dilavanti la punibilità, segue le orme del fatto rispettivamentenon riconducibile e riconducibile al modello sanzionabile. In effetti, ea rigore, solo nella premessa verifica di un fatto (astrattamente) costi-tuente reato (per essere corrispondente al paradigma tipico) riesce atrovare spazio la valutazione opportunistica, di caratura politico-cri-minale, circa la non applicabilità della sanzione comminata.

Fin troppo note sono le questioni sorte sull’oscillante collocazionedelle richiamate cause sopravvenute di non punibilità perché su di es-

Page 330: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 315

87 Per tutti CHIAROTTI, Le cause speciali di non punibilità, Roma, 1946; BOSCAREL-LI, Ritrattazione della falsa testimonianza e punibilità del “concorrente”, in Riv. it. dir.proc. pen., 1958, 452; SANTORO, Estinzione del reato e della pena, in Noviss. Dig. it.,VI, Torino, 1960, 992; VASSALLI, Cause di non punibilità, cit., 629; SPAGNOLO, Linea-menti di una categoria dei fatti estintivi, cit.; CONTENTO, La condotta susseguente alreato, cit., 36; RAGNO, Estinzione del reato e della pena, in Enc. dir., XV, Milano, 1966,987; ZICCONE, Le cause “sopravvenute” di non punibilità, cit.; STORTONI, Estinzionedel reato e della pena, cit., 355 ss.

88 Specchiata aderenza a questa impostazione è manifestata dalla formulazione– inserita nell’art. 1 dello Schema di disegno di legge recante “disposizioni concer-nenti i delitti contro l’ambiente”, delega al governo per il riordino, il coordinamen-to e l’integrazione della relativa disciplina, approvato dal Consiglio dei Ministri il24 aprile 2007 – dell’art. 452 sexiesdecies (Causa di non punibilità): «Non è punibi-le l’autore di taluno dei fatti previsti dai precedenti articoli del presente titolo, chevolontariamente rimuova il pericolo ovvero elimini il danno da lui provocati primache sia esercitata l’azione penale». Per un primo commento alla previsione, v. MAN-NA-PLANTAMURA, Una svolta epocale per il diritto penale ambientale italiano?, in Dir.pen. proc., 2007, 1080.

89 Lo attesta limpidamente il ragionamento speso da Corte Cost., 20 novembre1995, n. 490, in Giur. cost., 1995, 4200 ss., nel rilevare che il comma 2 dell’art. 371c.p. deve considerarsi abrogato per effetto dell’art. 2738 c.c.: «… il quadro di riferi-mento è del tutto mutato con l’entrata in vigore del codice civile del 1942, che nel-l’art. 2738 unifica il regime per entrambe le specie di giuramento, escludendo sem-pre la prova contraria ed inibendo in ogni caso la revocazione della sentenza qualo-ra il giuramento sia stato dichiarato falso: la ritrattazione del giuramento supple-torio o estimatorio non spiega più alcun effetto impeditivo al formarsi del giudica-to. Conseguentemente, la causa di esclusione della punibilità non trova ormai piùalcuna giustificazione, e la sua sopravvivenza creerebbe una evidente incoerenzanel sistema».

se si abbia ragione di indugiare 87. Ma vale la pena rimarcare l’ulterio-re riflesso che, a partire dalle considerazioni sviluppate, si dirige ver-so questa categoria, calata in una dimensione che rivela una peculia-re connessione con la modalità aggressiva espletata dall’agente. Lecause sopravvenute di non punibilità rimangono invero incapaci di in-canalanarsi entro una disciplina generale che ne permetta una catalo-gazione “di massima”, scollegata cioè dalla specificità del dato conte-sto criminoso. È solo questo il parametro, singolare, per tramite delquale il legislatore valuta l’opportunità di non sanzionare il fatto (rea-to) in quanto di stretto giro seguito da un comportamento esattamen-te uguale e contrario a quello incriminabile 88. Per cui, l’offesa si è pro-dotta, lasciando un’impronta che ammette la reazione ordinamentale,ma la stessa si ritiene ancora intaccabile, segnatamente ad opera del-l’agente dal quale si attende un intervento “restauratore”, adesivo al-l’interesse tutelato 89. Quel particolare disvalore penale – creatura inultima istanza normativa – si presta cioè a ridursi, scemando ad una

Page 331: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

316 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

90 In argomento, PIFFER, I delitti contro l’amministrazione della giustizia, I, I de-litti contro l’attività giudiziaria, in Trattato di diritto penale. Parte speciale, diretto daMarinucci e Dolcini, Padova, 2005, 553 s.

tale esigua consistenza da lasciar dichiarare non più opportuna laspendita della pena (tanto principale quanto accessoria). Ne conseguecome in questa pur vasta panoramica di desensibilizzazione non ri-manga “naturalmente” coinvolto pure il distinto binario delle misuredi sicurezza, per l’ovvia inesistenza di un momento di annientamentodella tipicità.

3.1. Le cause sopravvenute di non punibilità: ritrattazione ed insol-venza fraudolenta seguita da adempimento

Il ragionamento che dà atto della sopravvenienza in discorso scorrelimpidamente attraverso le disposizioni della ritrattazione e dell’insol-venza fraudolenta seguita da adempimento, entrambe implicanti uncomportamento ripristinatorio “immediato”: l’una consistendo nellacompleta e non equivoca smentita della deposizione e nella manifesta-zione del vero non oltre la chiusura del dibattimento (o, per trattarsi dicausa civile, prima che sulla domanda giudiziale sia pronunciata sen-tenza definitiva, anche se non irrevocabile), non bastando la genericaaffermazione di non più ricordare; l’altra inquadrandosi nell’adempi-mento dell’obbligazione avvenuto prima della condanna.

Evidente, a questo punto, la loro ontologica irriducibilità alle causeestintive, del reato come della pena 90: le vicende che quest’ultime cate-gorie qualificano, ancorché risultino compendiabili in comportamentiumani (così per la sospensione condizionale della pena; per la libera-zione condizionale, per l’oblazione volontaria) piuttosto che in avveni-menti naturali (morte; decorrere del tempo strutturante la prescrizio-ne), rimangono pur sempre estranee al fatto commesso, nella misurain cui si attestano avulse dalla situazione specificamente prodotta at-traverso la commissione del crimine. In breve, le cause estintive di cuisopra si atteggiano pur sempre ad accadimenti decontestualizzati ri-spetto alla specifica fattispecie incriminatrice realizzata.

Le prime invece, esprimono un così stretto legame con la personadel reo da essere sempre e necessariamente soggettive ai sensi dell’art.119, comma 1, c.p. La considerazione non vale tuttavia ad estromette-re dalla prescritta area di non punibilità il concorrente, non esecutoredella falsa dichiarazione, che abbia istigato o comunque agevolato l’al-trui ritrattazione, ad esempio confessando la propria partecipazione

Page 332: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 317

91 Nel senso di escludere la ritrattazione in relazione a persona diversa da quel-la che abbia dichiarato il falso, M. GALLO, Appunti di diritto penale, IV, cit., 166.L’Autore, nel caso descritto nel testo, ritiene piuttosto applicabile l’attenuante dicui all’art. 62, n. 6 c.p., sempre che ne siano presenti i requisiti di spontaneità ed ef-ficacia.

92 V. Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2002, Vanone, in Riv. it. dir. proc. pen., 2003,1470 ss.: «la causa sopravvenuta di esclusione della punibilità prevista dall’art. 376c.p. in favore di chi, avendo reso falsa testimonianza, l’abbia ritrattata, ha naturasoggettiva e, come tale, non opera nei confronti dell’istigatore, concorrente nel rea-to di cui all’art. 372 c.p., salvo che la ritrattazione sia il risultato del comportamen-to attivo dell’istigatore, diretto a sollecitarla per neutralizzare gli effetti del falso, le-sivi dell’interesse alla realizzazione del giusto processo». Per una approfondita ri-costruzione degli oscillanti orientamenti interpretativi giurisprudenziali circa il ca-rattere oggettivo o soggettivo della “circostanza” in disamina, si rinvia a PIFFER, Idelitti contro l’amministrazione della giustizia, cit., 573 ss.

93 Cfr. PISAPIA, Fondamento e limiti delle cause di esclusione della pena, cit., 5 ss.94 A questo proposito si leggano le affermazioni contenute nella Relazione sul

Libro I del Progetto preliminare, in Lavori preparatori del codice penale e del codice diprocedura penale, V, pt. 1, cit., 106: «il termine non punibilità ha nel codice un si-gnificato generico non ristretto alle cause che esimono la pena. Esso comprendeogni causa per la quale il fatto non può essere punito all’infuori dei casi di non im-putabilità e l’ho preferito alle espressioni specifiche per non pregiudicare, di fron-te alla varietà dei casi, l’interpretazione giurisprudenziale e la elaborazione dottri-nale».

nel delitto 91. Si tratta pur sempre di quel comportamento che l’art. 376c.p. qualifica come non punibile delinenandolo in una semplificatoriaprospettiva monosoggettiva: un comportamento che si sovrappone aquello ormai tipico commesso dal concorrente c.d. atipico, e di questoestirpa la “consumazione”ormai radicatasi 92.

Ciò non solo spiega il profilo letterale-linguistico del distinguo sus-sistente tra cause sopravvenute di non punibilità e cause di estinzione,ma suffraga altresì la convinzione circa l’esclusione di una automaticariferibilità alle prime della disciplina costruita a margine delle secon-de 93. Del resto, una simile idiosincrasia si evince già dal raffronto tral’art. 210 c.p., che al sopravvenire di cause estintive del reato «impedi-sce l’applicazione delle misure di sicurezza e ne fa cessare l’esecuzio-ne», e l’art. 203 c.p., che genericamente ammette la possibilità di por-re una misura di sicurezza a carico di chi “non punibile” (v. supra).

Ad ulteriore corollario, le cause di estinzione del reato o della penarisultano solo quelle così testualmente definite dalla norma, attraversouna espressione appunto diversa dalla formula genericamente rinvian-te alla non punibilità 94. In forza di questa osservazione il catalogo inquestione viene allora ad ampliarsi, dovendosi considerare tali purequelle che estintive divengono “per pura convenzione normativa”: ov-

Page 333: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

318 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

95 Si veda anche l’art. 181, comma 1 quinquies, D.Lgs. n. 42 del 2004 (Codice deibeni culturali e del paesaggio): «La rimessione in pristino delle aree o degli immobi-li soggetti a vincoli paesaggistici, da parte del trasgressore, prima che venga dispo-sta d’ufficio dall’autorità amministrativa, e comunque prima che intervenga la con-danna, estingue il reato di cui al comma 1».

96 Che la causa estintiva non consista in un puro e semplice fatto oggettivo, inmodo da operare nei confronti di tutti coloro che siano concorsi nel reato, inten-dendosi ad essi comunque “riferibile” ex art. 182 c.p., è opinione che trova confor-to nel dettato dell’art. 556, comma 3, c.p.: qui si scrive la deroga alla regola genera-le statuendosi che «se il matrimonio contratto precedentemente dal bigamo è di-chiarato nullo, ovvero è annullato il secondo matrimonio per causa diversa dalla bi-gamia, il reato è estinto, anche rispetto a coloro che sono concorsi nel reato». Con-tra, nel senso che la causa di non punibilità ha carattere oggettivo, producendo ef-fetto per tutti coloro che sono concorsi nel reato, MANZINI, Trattato di diritto penale,IX, cit., 810.

vero, quelle cause sopravvenute di non punibilità che il legislatore hatestualmente equiparato, nella portata, a taluna delle categorie estinti-ve codificate, come è nel comma 2 dell’art. 641 c.p., ove l’opzione si in-carna nella locuzione «l’adempimento dell’obbligazione avvenuto pri-ma della condanna estingue il reato» 95. Conciocché, giusto il dettatodell’art. 182 c.p., l’effetto estintivo si produce in capo a chi, colpevole,sia “referente” dell’adempimento, per averlo singolarmente realizzatoo per aver concorso a realizzarlo 96.

3.2. Le ipotesi speciali di desistenza: l’insolvenza fraudolenta

Peraltro, al limitato scopo che la presente analisi si propone, ossiadi vagliare se ed in quali ipotesi sia rinvenibile un modello per così di-re alternativo di attualità offensiva, la fattispecie di insolvenza frau-dolenta riveste un interesse non esauribile in questa notazione. Lasua struttura (comma 1), infatti, si compenetra di una inerzia, quali-ficata nei modi e nei tempi, che della non desistenza fornisce un lim-pido esempio: al pari della bonifica del sito inquinato omessa o nonrispettosa della sequenza procedimentalizzata; al pari dell’omissionedell’atto protratta dal pubblico ufficiale dopo la richiesta del privato;al pari della persistita non presentazione della dichiarazione dei red-diti.

Dettagliatamente. La dissimulazione, ovvero il nascondimento delproprio stato di insolvenza, servente al contrarre un’obbligazione conl’intenzione di non adempierla, è fatto che non innesca l’immediatareazione punitiva. Ecco perché, avvistatolo, l’ordinamento attende ilmomento in cui l’obbligazione effettivamente non sia adempiuta. Ladiscussione sulla natura dell’elemento negativo in ultimo citato si è di-

Page 334: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 319

97 PISAPIA, Sulla natura giuridica del reato di insolvenza fraudolenta, in Riv. it. dir.pen., 1955, 558; GRIECO, Il mancato adempimento della obbligazione nel reato di in-solvenza fraudolenta, in Riv. pen., 1956, II, 213; ANGELI, Condotta, evento, momentoconsumativo e dolo nel delitto di insolvenza fraudolenta, in Riv. it. dir. proc. pen.,1967, 1279; AZZALI, Insolvenza fraudolenta, in Enc. dir., XXI, Milano, 1971, 788.

98 Cass., Sez. II, 7 giugno 1972, Dugo, in Cass. pen., 1974, 496.99 GRANATA, Insolvenza fraudolenta ed incauto acquisto, in Giust. pen., 1953,

1076; MANZINI, Trattato di diritto penale, IX, cit., 809; ANTOLISEI, Manuale di dirittopenale. Parte speciale, I, Milano, 2002, 378. V. anche Cass., Sez. III, 20 giugno 1953,Sisani ed altri, in Giust. pen., 1953, II, 1973; Cass., Sez. III, 19 novembre 1965, Cer-to, in Cass. pen., 1966, 670.

100 Lo ritengono consumato nel tempo e nel luogo dell’avvenuto inadempimen-to, DE MARSICO, Delitti contro il patrimonio, Napoli, 1951, 161; MANTOVANI, Dirittopenale. Parte speciale, II, Delitti contro il patrimonio, Padova, 2002, 225 s. ContrarioANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Parte speciale, cit., 378, che ritenendo l’ina-dempimento condizione oggettiva di punibilità, fa coincidere il momento consu-mativo del reato con l’assunzione dell’obbligazione da parte dell’agente.

101 Cass., Sez. II, 28 maggio 1962, Zoli, in Cass. pen., 1962, 968; Cass., Sez. III,12 giugno 1964, Righi, in Giust. pen., 1965, II, 44; Cass., Sez. III, 13 dicembre1964, Liati, in Cass. pen., 1964, 401; Cass., Sez. II, 24 gennaio 1967, Schiavoni, ivi,1968, 547; Cass., Sez. V, 10 dicembre 1969, Albieri, ivi, 1971, 759; Cass., Sez. I, 23aprile 1985, Sarzi, ivi, 1986, 1773; Cass., Sez. II, 28 gennaio 1986, Negrini, ivi,1987, 1517.

visa attorno alle ormai note classificazioni di evento lesivo del reato 97,condotta del reato che presuppone l’avvenuta assunzione di reciprocheobbligazioni 98, condizione oggettiva di punibilità 99. Con quanto neconsegue in ordine all’accertamento del momento consumativo 100, percostante giurisprudenza identificato nel giuridico perfezionarsi del-l’inadempimento dell’agente una volta scaduto il termine previsto dal-la normativa civile 101.

Ebbene, a volere saggiare la validità delle riportate qualificazioni,non emerge solamente l’improprietà del ragionamento che chiama incausa una circostanza estranea ed esterna al piano strutturale dell’il-lecito, suscettibile di inficiarne esclusivamente la sanzionabilità. Più ingenerale, difatti, si erge una vera e propria preclusione logica a frontedella prospettazione dell’inadempimento de quo nei panni di evento(condizionante o costitutivo che sia), per non consistere, questo, né inun avvenimento derivante dal fatto di reato né nel risultato del proces-so esecutivo innescato dal comportamento dell’agente.

L’inadempimento dell’obbligazione, piuttosto, attiene alla condottadell’agente.

Detto questo, si impone una precisazione. Per un verso, a conside-rarlo l’ultima fase della condotta tipica, che in sé incentra l’offensività

Page 335: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

320 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

102 MANTOVANI, Insolvenza fraudolenta, in Dig. disc. pen., VII, Torino, 1993, 127,parla in proposito di “effetto logico” della stipulazione dell’obbligazione nell’im-possibilità oggettiva di adempiere.

103 In questi termini MANTOVANI, Insolvenza fraudolenta, cit., 127.104 Così, Cass., Sez. II, 15 novembre 1955, Parrella, in Giust. pen., II, 582.

patrimoniale del fatto 102, nulla osta a sostenere l’integrazione della fat-tispecie anche ove l’agente acquisisca la possibilità di adempiere al-l’obbligazione in un tempo successivo al suo accollo eppure mantengauna volontà a ciò contraria. Ma per altro verso, l’integrazione dovreb-be negarsi ove l’inadempimento risulti alla scadenza non più volutoeppure inevitabile per la disastrosa situazione patrimoniale. Difatti,con l’iscrivere detto elemento nei margini della condotta materiale,l’accertata mancanza di un effettivo substrato volitivo non potrebbeavere altro effetto che quello di lasciar svanire l’immagine tipica, risul-tando la carenza del dolo di inadempimento.

Tant’è che per arrivare a sostenere il contrario si è fatto apodittica-mente leva sulla permanenza dell’originario stato di insolvenza, e sul-la pretesa sufficienza di un dolo iniziale, ancorché non concomitan-te 103, secondo il modello (il)logico del dolo generale.

Così, ben può concludersi nel senso della configurabilità del delittopure nel caso in cui l’agente, al momento in cui sia tenuto ad adem-piere, abbia la volontà ma non la possibilità di farlo, nonché nell’ipo-tesi in cui lo stesso, divenuto solvibile, voglia adempiere eppure nonriesca per causa sopravvenuta a lui non imputabile (forza maggiore;perimento fortuito della cosa).

Di contro. Che non sia l’inadempimento il quid su cui direttamenteconcentrare la visione del fatto punibile si coglie col prendere in esamequello, pure volontario, verificatosi per difficoltà sopravvenute alla da-ta della stipulazione 104: esso è per certo penalmente irrilevante. La di-namica in cui consiste la situazione vietata si snoda difatti attraversol’assunzione del vincolo giuridico accompagnata dalla dissimulazionedi un esistente stato di insolvenza e mossa dal proposito di non ottem-perarvi: questo (solo) è il fatto deputato a suggerire l’offensività rispet-to al patrimonio della controparte.

A fronte di ciò, allora, l’inadempimento si rivela esattamente calatonel ruolo di condotta non desistente, quale denotatore di un fatto aquel punto tipico ed assoggettabile al giudizio che è teso a saggiarne ilreale disvalore. Se l’agente/obbligato tempestivamente adempie, e, sibadi, adempie volontariamente, avrà annientato ogni traccia di offen-sività oggettiva come soggettiva, rimanendo così esclusa la vicenda dal

Page 336: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 321

105 Cfr. Cass., 20 giugno 1953, in Cass. pen., 1954, II, 87.106 AZZALI, Insolvenza fraudolenta, cit., 794; MANTOVANI, Insolvenza fraudolenta,

cit., 127; ID., Diritto penale. Parte speciale, II, Delitti contro il patrimonio, cit., 226.107 Per una acuta, ancorché non condivisibile, critica alla «pretesa necessaria of-

fesa a un bene giuridico nella configurazione del reato», ZUCCALÀ, Due questioni at-tuali sul bene giuridico: la pretesa dimensione “critica” del bene e la pretesa necessa-ria offesa ad un bene, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2004, 839 ss., in particolare 853 ss.

cono applicativo dell’art. 641 c.p., i cui tratti tipici non sovvengono inevidenza. Se non adempie, ovvero non desiste, egli sarà punibile peraver contratto un’obbligazione dissimulando il proprio stato di insol-venza e con l’intenzione di non osservarla alla scadenza: avvenimentoda quel momento ascritto alla dimensione tipica del delitto.

Ne discende come il non dissolvimento del pregresso rappresenti ildato che per la prima volta scuote l’interesse del sistema penale, scor-gendosi solo qui – al livello della consumazione – la meritevolezza del-la misura criminale. In questa articolazione strutturale si rinviene per-tanto il germe di quella inconfigurabilità giuridica del tentativo 105 daipiù condivisa all’esito di un percorso piuttosto tortuoso, che la spiegarichiamando il capoverso della norma: datone il tenore, per cui l’adem-pimento tardivo è scolpito come causa di estinzione del reato, traspa-rirebbe l’insostenibile incongruità di lasciare altrimenti sempre puni-bile il “mero” tentativo di contrarre un’obbligazione, essendo inconce-pibile l’adempimento di un’obbligazione mai sorta 106.

4. Attualità dell’offesa e fattispecie di bonifica ambientale

Il passaggio dalle non troppo calme acque codicistiche a quelle an-cor più agitate in cui naviga la legislazione complementare, non puòprescindere da un definitivo – ed ovviamente incidentale – chiarimen-to in ordine alla continuità operativa del principio di offensività delreato, criterio costante di tipizzazione delle fattispecie criminose 107.Rispetto ad esso, infatti, il principio di attualità dell’offesa estrapolatodalla dizione della desistenza si erige a corollario, vigente nell’autono-mo emisfero dell’illecito doloso, col proclamare il sorgere della tipicitànell’istante in cui atti idonei, diretti a realizzare un pregiudizio penal-mente rilevante, vengano consapevolmente e volontariamente saldatiin questa predisposta cornice di aggressività. Così, se la regola di cuiall’art. 56, comma 3, c.p. ne è per l’appunto conclamata applicazionenell’ambito della categoria delittuosa, la cui prima apparizione si con-densa nei tratti del tentativo, non troppo rare sono le fattispecie pena-

Page 337: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

322 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

108 ZUCCALÀ, Due questioni attuali sul bene giuridico, cit., 858; ID., Profili del de-litto di attentato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1977, 1248 ss.

109 Così PULITANÒ, Il laboratorio del giurista: una discussione su strumenti e sco-pi, in Riv. it. dir. proc. pen., 2003, 139 s., che solleva la preoccupazione «del rischioche, dando nome e parvenza di autonomia ad “interessi strumentali” …, vengaoscurato il dato sostanziale dell’allargamento dell’area di intervento penale, con iproblemi a ciò connessi …».

li di settore che, per diverse ragioni impermeabili ad una simile formadi manifestazione criminosa, modulano la tipicità consumata filtran-dola attraverso questo stesso principio di attualità offensiva.

La descrizione normativa, in tali casi, dopo aver selezionato un cer-to comportamento, si impegna ad attendere per un definito lasso cro-nologico nelle cui more l’efficace realizzazione di una specifica moda-lità comportamentale è riconosciuta capace di estirpare l’idoneità of-fensiva indiziata dalla condotta precedente. Tanto vale ad escludere lapunibilità dell’agente per insussistenza del fatto di reato, posto che gliindizi della condotta dolosa trascolorano in meri fattori naturalisticiinadatti a suscitare l’interesse penale.

Proseguire la riflessione in questi termini non può, pertanto, chestimolare una considerazione attenta, ancorché non esaustiva, delleargomentazioni proposte a vessillo dell’incompatibilità di una offesa“in carne ed ossa” con buona parte della normativa complementare divecchia o nuova generazione.

L’esplosione, sul piano legislativo, di ipotesi apparentemente im-prontate alla repressione della violazione di obblighi strumentali adimpedire una offesa, non più adeguatamente fronteggiabile una voltarealmente materializzatasi, fornisce così occasione e materia per unadisamina ad ampio raggio sul concetto in discussione. Disamina che ilpresente studio si limita a ripercorrere sommariamente attraverso spe-cifici richiami alla dinamica protezionistica dell’ambiente.

4.1. Assunto: l’indefettibilità dell’offesa nella dimensione penale

In un sistema giuridico che si (auto)assegna il compito della salva-guardia sollecita ed avanzata di beni particolarmente significativi, par-rebbe comprensibile attribuire «rilevanza tipica alla condotta che con-figura la violazione del divieto stesso, senza che vi sia un’offesa diretta– ma solo mediata – dell’interesse specifico che si intende anticipata-mente tutelare» 108, valutando come «reale fondamento della tutela» lastessa «anticipazione» dell’intervento penale 109.

Supportato, così, dalla affermata sussistenza di norme che – a diffe-

Page 338: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 323

110 Tra gli altri, si fa specifico riferimento ai delitti ostativi, ai delitti di accordoed istigazione autonomamente puniti, ai delitti a dolo specifico, a taluni reati tri-butari, a quelli di infedeltà nelle società commerciali e nell’intermediazione finan-ziaria. Per una riproposizione del contrapposto pensiero di Ettore Gallo, che ri-scontra la direzione del fatto criminoso «soltanto quando si tratti di atti ormai con-cretamente idonei a conseguire l’intento verso cui si dirigono», si rinvia a CASAROLI,Attentato, Pericolo, Offesa. Le costanti nel pensiero di Ettore Gallo, in Ind. pen., 2003,905 ss., in particolare 914.

111 ZUCCALÀ, Profili del delitto di attentato, cit., 1225 ss.; MUSOTTO, Diritto penale.Parte generale, Palermo, 1981, 131 ss. Sul tema, si veda anche PEDRAZZI, Problemi ditecnica legislativa, in Diritto penale, III, Milano, 2003, 148 s.

112 Lo stesso ZUCCALÀ, Due questioni attuali sul bene giuridico, cit., 863 ss., in par-ticolare 864, nell’argomentare la negazione di un fondamento costituzionale delprincipio di offensività, considera che «la Costituzione abbia comunque potutoprescindere (senza che ciò comporti negazione dei principi stessi) dalla necessità divincolare fondamentalmente il legislatore e l’interprete al principio di offensivitànel reato. Reprimendo, infatti, la mera disobbedienza volontaria del divieto postoda una norma … non si degrada l’uomo a mero “oggetto” di trattamento per suepresunte inclinazioni antisociali: egli resta sempre autore di un fatto illecito cheesprime orientativamente un disvalore anche in ordine all’offesa di un bene, me-diatamente protetto».

113 Cfr. Cass., Sez. IV, 28 aprile 2006, Crepaldi, cit., 2897: «Ed invero “l’offesa èelemento essenziale e costante di tutti i reati” e anche i reati di pericolo astratto, inrealtà, seppure in maniera strumentale, afferiscono alla protezione di beni finali e,comunque, di interessi giuridicamente rilevanti, giacché i reati-funzione ed anchequelli-ostacolo possono ledere in via indiretta beni giuridici, giacché i limiti delladeterminatezza della fattispecie e dell’offensività sia pure indiretta tale da non far“perdere completamente di vista l’evento offensivo” attengono ai principi costitu-zionali della tipicità e dell’offensività della fattispecie cioè alla concezione del rea-

renza del delitto tentato – richiederebbero la mera direzione della con-dotta, e non l’idoneità del fatto 110, un orientamento ha denunciato daun lato la pretestuosità di una costituzionalizzazione del principio dinecessaria offensività del reato, dall’altro la presenza di reati irrime-diabilmente senza offesa. Tali da comportare l’“eccezionale” punizionedi “atti preparatori” intenzionalmente compiuti, in considerazione del-la loro potenzialità a dar luogo ad un pericolo che incida su di un benegiuridico di peculiare rilevanza 111.

Nondimeno, la conclusa sufficienza, perché possa configurarsi unafattispecie penale, di un comportamento oggettivamente e soggettiva-mente tipico appare agevolmente rinnegabile alla vista di un ordina-mento nazionale che disconosce reati di mera disobbedienza, ove l’of-fesa è relegata al fondo della ratio dell’incriminazione 112.

Verso questa conclusione conduce in primo luogo il richiamo aiprincipi di attualità (nei termini proposti dalla presente analisi) non-ché (più tradizionalmente) di “effettività” dell’offesa 113; in secondo

Page 339: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

324 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

to come fatto tipico lesivo di un bene. Infatti sembra ormai definitivamente acqui-sito che “il reato di pericolo presunto in realtà non si identifica con il c.d. reato diinfedeltà, in quanto poggia [anch’esso n.d.r.] su di una situazione sottostante di pe-ricolo [soltanto presunta dal legislatore] rispetto al pericolo concreto”. Del resto, laritenuta costituzionalizzazione del principio di offensività e la sua utilizzazionenon solo quale criterio legislativo, ma anche giuridico-interpretativo impongonouna simile esegesi …».

114 Sulla difficoltà di delimitazione del bene giuridico, quale vincolo alla potestàpunitiva che esigerebbe contorni concettuali tanto «nitidi e marcati da rappresen-tare un parametro di valutazione delle scelte legislative sufficientemente certo e af-fidabile», CATENACCI, Bene giuridico (dir. pen.), in Diz. dir. pubbl., I, Milano, 2006,675.

115 Sull’atteggiarsi del modello della tutela di funzioni, ove lo strumento penaleassolve un ruolo sanzionatorio di precetti amministrativi, v. PADOVANI, Tutela di be-ni e tutela di funzioni nella scelta fra delitto, contravvenzione e illecito amministrati-vo, in Cass. pen., 1987, 677.

116 ZUCCALÀ, Due questioni attuali sul bene giuridico, cit., 857.117 Su questi rilievi, DOLCINI, Il reato come offesa a un bene giuridico: un dogma

al servizio della politica criminale, in AA.VV., Il diritto penale alla svolta di fine mil-lennio, a cura di Canestrari, Torino, 1998, 212 ss.; PATRONO, I reati in materia di am-biente, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2000, 676; ZUCCALÀ, I reati di infedeltà nelle societàcommerciali e nell’intermediazione finanziaria, in Il diritto penale dell’impresa, a cu-ra di Conti, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, di-retto da Galgano, Padova, 2001, 351 ss.

luogo, una corretta perimetrazione del bene giuridico, quale parame-tro di un giudizio di reale offensività che, si badi, solo eccezional-mente può sconfessare gli indizi sintetizzati nella “metafora” del fattotipico 114.

Ne consegue il cedimento della tesi che preme per confutare larealtà della tutela accordata a beni designati come strumentali o inter-medi, per lo più traducibili in funzioni, nel senso di attività di governoo controllo di interrelazioni complesse 115. Difatti, affermare che «le at-tività inerenti a funzioni, come pure le condizioni e gli strumenti nel-l’ambito dei beni ambientali – che si ritengono idonei ad assicurarel’integrità di altri beni proprio per il loro carattere strumentale – …, siidentificano di solito … con gli elementi della struttura oggettiva dellafattispecie indicati dalla norma per la descrizione del fatto crimino-so» 116, non rende per ciò solo il bene de quo inidoneo a fungere da li-mite alle scelte punitive dello Stato 117. Piuttosto, l’appunto vale pro-prio a riconoscere l’“abilità” della rappresentazione fenomenica fissa-ta nel tipo ad esprimere sinteticamente l’astratta offesa al valore. L’an-golazione da cui osservare il fenomeno non sembra allora divergere daquella che connota, ad esempio, l’indagine sui delitti contro la pubbli-ca amministrazione, anch’essi volti a creare un apparato di salvaguar-

Page 340: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 325

118 Cfr. in proposito G.A. DE FRANCESCO, Interessi collettivi e tutela penale. “Fun-zioni” e programmi di disciplina dell’attuale complessità sociale, in Studi in onore diGiorgio Marinucci, a cura di Dolcini e Paliero, I, Milano, 2006, 948 ss.

119 Cfr. Corte Cost., 18 luglio 1973, n. 142, in Giur. cost., 1973, 1416, che, con ri-ferimento agli artt. 266, 270, 272, 305, 414 e 416 c.p., parla di figure di reato ten-denti «alla protezione di beni e valori essenziali alla pacifica convivenza e all’ordi-nato funzionamento del sistema costituzionale». Né contrasta con la conclusionedel testo l’affermazione di Corte Cost., 11 luglio 1991, n. 333, in Cass. pen., 1992,576, per cui «è riservata al legislatore l’individuazione sia delle condotte alle qualicollegare una previsione assoluta di pericolo sia della soglia di pericolosità allaquale fare riferimento», con il limite che «esse non siano irrazionali ed arbitrarie;

dia rispetto ad un sistema di rapporti e di interazioni che rimane evo-cato dalla perifrasi del “buon funzionamento dei pubblici uffici” 118.

In nulla, quindi, si prospetta fondata una simile contestazione mos-sa alla regola della tipicità come naturale contenitore dell’offensività delfatto: salvo concludere, per assurdo, che il bene tutelato nella fattispe-cie di omicidio non possa propriamente cogliersi nella vita di una per-sona giacchè la fattispecie tipica si declina attraverso la causazionedella «morte di un uomo»; o sentenziare come in tale delitto riposiun’anima di mera disobbedienza, in considerazione del fatto che allarealizzazione della descritta situazione non possa corrispondere ungiudizio negativo sulla realità dell’offesa.

Nella brevità di una parentesi, del resto, è doveroso mettere in ri-salto la versatilità della dimensione tipica ad inglobare direttamente insé quei profili costitutivi del reato che, pur sempre dalla stessa indizia-ti, debbono d’ordinario poi trovare un puntuale ed autonomo riscon-tro. Così è rispetto ai reati la cui formulazione linguistica contienel’espressa menzione del pericolo al bene, ove ad essere trasportata nel(luogo e nel tempo del) tipo è la realità dell’offesa prodotta dalla speci-fica situazione umana; o rispetto alle previsioni incriminatrici checontemplano clausole di c.d. antigiuridicità espressa, nella quali è ildato per l’appunto dell’antigiuridicità ad essere “anticipato” – al tempodi accertamento della tipicità; o, ancora, rispetto a fattispecie che, in-cludendo nel dettato letterale il fattore della “consapevolezza” (v. art.600 quater c.p.), ben paiono prefiggersi l’obiettivo di assorbire in que-sto primo livello l’elemento della colpevolezza dolosa.

Va peraltro ulteriormente precisato come la dignità di assurgere abene giuridico oggetto di protezione penalistica, che è insuperabile vin-colo costituzionale alla discrezionalità politico-criminale (già ex art. 13Cost.), rimanga condizionata dal carattere di valore prodotto e ricono-sciuto da una determinata realtà socio–culturale, della quale l’ordina-mento penale regolamenta le tensioni 119. Questo valore ha “diritto” di

Page 341: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

326 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

ciò che si verifica allorquando esse non siano collegabili all’id quod plerumque ac-cidit».

120 Così, l’imparzialità di “nuovi” soggetti con funzioni pubblicistiche, come i re-visori, quale sembra assurgere ad oggetto di tutela nel delitto di illeciti rapporti pa-trimoniali con la società assoggettata a revisione (v. art. 177, D.Lgs. n. 58 del 1998).In argomento, VALENTI, La “musa negletta”: quando la Costituzione non ispira più illegislatore nelle scelte di incriminazione, in Ind. pen., 2003, 951 ss. in particolare 959.Sul rilievo che la rieducazione dell’individuo puà concepirsi solo con riferimento abeni e valori posti a base del patto di convivenza civile e quindi unanimamente con-divisi, MUSCO, Bene giuridico e tutela dell’onore, cit., 117.

121 Sul sorgere di nuovi beni giuridici, in particolare sul nodo problematico del-la tutela degli interessi delle future generazioni, STRATENWERTH, Zukunftssicherungmit den Mitteln des Strafrechts?, in ZStW, 1993, 679 ss.

122 In questo senso, MARINUCCI-DOLCINI, Corso di diritto penale, cit., 551: «Le atti-vità inerenti a funzioni proprie di nuovi organi di governo dell’economia, non me-no di quelle inerenti alle tradizionali funzioni dello Stato, sono autentici beni giu-ridici», trattandosi di «entità offendibili (in quanto possono essere impedite, osta-colate, turbate da parte dei comportamenti dell’uomo)» e come tali «capaci di tute-la penale, non diversamente dai beni che si incarnano in entità materiali». Cfr. an-che PAGLIARO, Principi di diritto penale, cit., 230: «Anziché parlare del reato come of-fesa di beni o funzioni, si parlerà – con maggiore chiarezza e semplicità – del reatocome “offesa di beni”. Entia non sunt moltiplicanda sine necessitate».

123 Incarna la presa di coscienza di questa “evoluzione biologica” dell’oggettodella tutela penale il cambiamento vissuto dalla disciplina normativa in tema di in-sider trading. Oggi, l’art. 184, D.Lgs. n. 58 del 1998 (t.u.f.), distaccatosi dall’oniricaimmagine di fattispecie eretta a proteggere il bene della trasparenza e della parità

imprimersi in una fattispecie incriminatrice – la quale evoca, in ordineallo stesso, una vicenda pregiudizievole – ancorché il suo contenuto dispecie non si traduca nel volto per così dire classico di un interesse in-dividuale o super-individuale, ma si riconosca in un interesse, dal con-tenuto eventualmente complesso e stratificato, cui l’odierna dinamicaumana abbia attribuito pregnanza equivalente o rapportabile a quelladella libertà personale 120. Insomma, un bene la cui novità non ne tra-volge l’autonomia, l’afferrabilità e la preesistenza rispetto alla discipli-na penalistica 121.

È in questo quadro che cade coerentemente il riferimento ad atti-vità giuridicamente regolate, esercizio di funzioni eventualmente pro-prie di enti o organi pubblici: il bene consiste per l’appunto nel “valo-re” di un equilibrio legalmente definito, adatto ad assicurare il con-temperamento di interessi in potenziale antitesi 122. Una simile conflit-tualità, espressione della moderna dinamica tecnocratica, impone in-fatti di improntare la disciplina protettiva in funzione di una “sicurez-za” che deve essere gestita e organizzata al fine di abbattere (dimo-strabili) evoluzioni verso il pericolo dell’insorgere di fattori e situazionidi rischio 123.

Page 342: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 327

di accesso al mercato, è approdato alla tutela di una “funzione”, fondando il disva-lore sulla violazione di un dovere di correttezza da parte di soggetti qualificati. Co-sì VENAFRO, Il nuovo oggetto di tutela della fattispecie di insider trading, in Dir. pen.proc., 2007, 952, per cui «la sanzione penale si lega alla funzione di impedire che at-traverso un abuso funzionale si metta in crisi il delicato meccanismo di bilancia-mento tra ciò che si deve rendere pubblico e ciò che, viceversa, può rimanere se-greto. Quello che si punisce, quindi, non è tanto la violazione di una fantomatica edirrealizzabile parità di accesso, quanto, piuttosto, il fatto che la superiorità cono-scitiva nasce dalla violazione di un rapporto di fiducia. Il reato di insider trading sipone, quindi, come norma di ‘chiusura’ della procedura amministrativa, ad ulte-riore garanzia della correttezza del sistema».

124 Cfr. G.A. DE FRANCESCO, Programmi di tutela e ruolo dell’intervento penale, To-rino, 2004, 55: «i riferimenti normativi contenuti nella Carta fondamentale nonpossono essere interpretati alla stregua di altrettanti “beni giuridici” traducibili al-l’interno di fattispecie compiutamente idonee ad inverarli. Essi rappresentano edesprimono delle scelte programmatiche di ben più ampio respiro, le quali sotten-dono, bensì, la necessità di predisporre determinate soluzioni normative destinate(ed adeguate) a concretizzarle, ma senza tuttavia identificare e “predefinire” le ca-ratteristiche ed i contenuti specifici degli “oggetti” delle opzioni legislative di voltain volta collegate alla materia interessata».

125 Ampliamente, sul tema dei delitti contro l’incolumità pubblica, GARGANI, Ildanno qualificato dal pericolo. Profili sistematici e politico-criminali dei delitti control’incolumità pubblica, Torino, 2005, in particolare 129 ss.

126 PALAZZO, Principi costituzionali, beni giuridici e scelte di criminalizzazione, inStudi in memoria di Pietro Nuvolone, I, Milano, 1991, 382.

In sintesi, il baricentro di buona parte delle fattispecie extracodici-stiche si sposta sì rispetto al classico asse di riferimento del sistema pe-nalistico, ma non per consistere in una tecnica di tutela ulteriormenteanticipata, assestata sulla soglia del rischio corso da un bene diverso emaggiormente danneggiabile. Piuttosto, la protezione è proiettata sudi un oggetto prodromico, rispetto al coinvolgimento effettivo di unqualsiasi bene tradizionale 124, che a sua volta ha acquisito pari spesso-re di valore danneggiabile. Sulla falsariga, del resto, di quello stesso ca-none logico che ha forgiato l’avanzamento – ormai storico – della tute-la apprestata all’incolumità ed alla salute dei singoli individui attraver-so il presidio della pubblica incolumità 125.

Con ciò, il timore di dilatare «senza limiti l’area del punibile, in fla-grante contrasto con l’indicazione dell’extrema ratio» 126, sembra poter-si contenere entro visibili argini di meritevolezza, sia del valore tutela-to sia delle possibili tipologie aggressive capaci di vantare un suffi-ciente grado di pericolosità.

Più esattamente, è la ragionevolezza dell’impegno penalistico, al-ternativo a quello punitivo amministrativo in risposta a canoni di sus-sidiarietà e di proporzione, a forgiare il metro su cui misurare la legit-timità della singola scelta incriminante. Consequenziale è l’adesione al

Page 343: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

328 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

127 In quest’ottica sembra potersi leggere la disposizione di cui all’art. 181, com-ma 1 ter, D.Lgs. n. 42 del 2004, per cui la fattispecie prevista al comma 1 – ovverol’incriminazione dell’esecuzione di lavori di qualsiasi genere su beni paesaggisticisenza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa – «non si applica» nella ca-sisitica di seguito elencata «qualora l’autorità amministrativa competente accerti lacompatibilità paesaggistica secondo le procedure di cui al comma 1 quater».

128 Sul punto, MUSCATIELLO, La tutela penale dell’ambiente e il terzo scacchiere, inRiv. trim. dir. pen. econ., 2005, 704 ss., il quale tuttavia sostiene come in questi ca-si non sia «l’alterazione dell’equilibrio ambientale, la violazione sostanziale di unaregola, ad interessare il sistema penale, o gran parte di esso, ma il mancato rispet-to di un principio, quello per cui qualsiasi attività debba essere procedimentalizza-ta in modo da consentire, se del caso, i necessari controlli amministrativi, senzaperciò che tale violazione, seppure nelle forme cumulative e seriali, riesca a ledereil bene giuridico finale …». Si tratterebbe, in fin dei conti, di incriminazioni di tipomeramente formale «ove dunque la norma non ritrova un interesse intermedio datutelare in maniera avanzata, ma crea, essa stessa, un interesse da tutelare, che nonè altro se non il rispetto delle norme, assai spesso di tipo burocratico». Nelle rifles-sioni di SGUBBI, Il reato come rischio sociale, cit., 20, essi divengono «veri e propri“divieti con scopo autonomo”», volti cioè ad impedire azioni in quanto elusive diuno scopo ancorché non produttive di una lesione ad un bene.

129 V. PADOVANI, Tutela di beni e tutela di funzioni, cit., 676.130 Per una riflessione sulla caratteristica post-liberale già del Codice Rocco,

convergente nel rilevante numero di beni giuridici a carattere superindividuale o

ragionamento che accorda sanzione penale (esclusivamente) a fatticomportanti l’elusione radicale della disciplina inerente all’attività in-trapresa, capaci quindi di frustrare di per sé lo scopo protettivo del be-ne “complesso”; ovvero fatti che inficiano la conservazione del corret-to rapporto ideato per equilibrare la pluralità dei valori in campo 127:equilibrio che prende corpo proprio nella specifica regolamentazionedello svolgimento dell’attività 128. D’altro canto, la prospettiva appenadisegnata impone di disconoscere la pena per le ipotesi di inottempe-ranza a formali doveri di segnalazione, informazione, registrazione, inquanto a null’altro serventi che a semplificare l’intervento delle auto-rità competenti 129, e per vero eretti a presidio delle sole regole del gio-co, imponendo con ciò un cieco rispetto della norma.

Di seguito, pare rischiararsi anche la delicata problematica afferen-te alla modestia dei livelli sanzionatori edittali previsti per le indagatefattispecie, che se appaiono coerentemente commisurati al paradigmadi questo autonomo ed originale bene giuridico – come ora individua-to – per certo risulterebbero non proporzionati all’entità del pretesosuperiore interesse finale.

Non rimane, in ultimo, che prendere atto della direzione “spiritua-listica” intrapresa dalla moderna sistematica criminale, che irreversi-bilmente è tenuta a ripensare il contenuto delle fattispecie penali 130, e

Page 344: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 329

collettivo, spesso privi di un substrato materiale concretamente aggredibile, FIAN-DACA-MUSCO, Perdita di legittimazione del diritto penale?, in Riv. it. dir. proc. pen.,1994, 26 ss. In particolare, autorevole dottrina ha registrato nel campo del dirittopenale economico il luogo naturale ove plasmare forme protettive di funzioni, v.PADOVANI, Diritto penale della prevenzione e mercato finanziario, in Riv. it. dir. proc.pen., 1995, 640 ss.; LIBONATI, Ordine giuridico e legge economica del mercato, in Riv.soc., 1998, 1541 ss.; SGUBBI, Il risparmio come oggetto di tutela penale, in Foro it.,2004, V, 136 ss.

131 V. DONINI, Teoria del reato. Una introduzione, cit., 147.132 Sull’atteggiarsi dei reati ambientali, in generale PEDRAZZI, Profili penalistici di

tutela dell’ambiente, in Ind. pen., 1991, 617 ss.; VERGINE, Ambiente nel diritto penale(tutela dell’), in Dig. disc. pen., IX, App., Torino, 1995, 757 ss.; MANNA, Le tecniche pe-nalistiche di tutela dell’ambiente, in Riv. trim. dir. pen. econ., 1997, 665 ss.; BERNA-SCONI, Il difficile equilibrio tra legalità ed offensività nella tutela penale dell’ambiente,ivi, 2003, 47 ss.; LO MONTE, Diritto penale e tutela dell’ambiente. Tra esigenze di effet-tività e simbolismo involutivo, Milano, 2004.

133 In generale, sul processo di volatilizzazione che la nozione di bene giuridicosubisce nel diritto penale complementare, GIUNTA, Lineamenti di diritto penale del-l’economia, Torino, 2001, 37. In particolare, sulla tecnica di costruzione delle fatti-specie incriminatrici in materia ambientale, BERNASCONI, Il difficile equilibrio tra le-galità ed offensività, cit., 73 ss.

134 A livello comunitario il principio di precauzione è stato codificato, in mate-ria ambientale, dall’art. 174, comma 2, del Trattato di Amsterdam (v. anche tratta-to di Roma del 29 settembre 2004, che nella prospettiva di adottare una Costituzio-ne per l’Europa lo sancisce all’art. 233, comma 2). La comunicazione sul principiodi precauzione della Commissione CE del 2 febbraio 2000 ne ha peraltro sottoli-neato la portata generale, chiarendo che «il suo campo di applicazione è molto piùvasto. Esso comprende quelle specifiche circostanze in cui le prove scientifiche ri-sultano insufficienti, non conclusive o incerte e vi sono indicazioni, ricavate da unapreliminare valutazione scientifica obiettiva, che esistono ragionevoli motivi di te-mere che gli effetti potenzialmente pericolosi sull’ambiente e sulla salute umana,

ad allontanarsi dalla sintesi listziana dell’offesa al bene giuridico comeaggressione ad un oggetto materiale valevole a rendere corporalmentesensibile l’interesse protetto 131.

4.2. Lo spettro offensivo dell’illecito ambientale

L’analisi portata avanti consente ora di affrontare sotto nuova lucela mappatura del codice genetico del reato di pericolo che è inteso co-me modello di illecito nel settore ambientale 132. Esso, difatti, non valetto quale strumento di tecnica legislativa asservito alla tutela di unbene giuridico finale – l’ambiente/la salute pubblica – la cui “vicinan-za” spesso si rivela empiricamente inafferrabile 133, ma come puntualeprotezione dell’apparato di controllo pubblico del rischio ambientale.

In questo senso, peraltro, depone la metabolizzazione del c.d. prin-cipio di precauzione 134: la strategia di analisi e gestione del rischio ri-

Page 345: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

330 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

animale o vegetale possono essere incompatibili con il livello di protezione pre-scelto». Nell’ordinamento italiano è stato espressamente richiamato in tema di in-quinamento elettromagnetico (art. 1, lett b), legge n. 36 del 2001), di sicurezza deiprodotti (art. 10, comma 1, in relazione all’art. 6, comma 3, lett. f ), D.Lgs. n. 115 del1995) e di OGM (art. 1, D.Lgs. n. 224 del 2003). E recentemente codificato all’art.301 (Parte sesta, Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambien-te), D.Lgs. n. 152 del 2006, che, rubricato “Attuazione del principio di precauzio-ne”, detta al comma 1: «In applicazione del principio di precauzione di cui all’art.174, par. 2, del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la saluteumana e per l’ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione»; alcomma 2: «L’applicazione del principio di cui al comma 1 concerne il rischio checomunque possa essere individuato a seguito di una preliminare valutazione scien-tifica obiettiva»; al comma 4 infine prescrive che il Ministro dell’ambiente e dellatutela del territorio, in applicazione del principio di precauzione ha facoltà di adot-tare in qualsiasi momento misure di prevenzione, ai sensi dell’art. 304, che risulti-no «a) proporzionali rispetto al livello di protezione che s’intende raggiungere; b)non discriminatorie nella loro applicazione e coerenti con misure analoghe giàadottate; c) basate sull’esame dei potenziali vantaggi ed oneri; d) aggiornabili allaluce di nuovi dati scientifici».

In argomento, GRAGNANI, Il principio di precauzione come modello di tutela del-l’ambiente, dell’uomo, delle generazioni future, in Riv. dir. civ., 2003, II, 9 ss.; IZZO, Laprecauzione nella responsabilità civile. Analisi di un concetto sul tema del danno dacontagio per via trasfusionale, Padova, 2004; MARINI, Il principio di precauzione neldiritto internazionale e comunitario. Disciplina del commercio di organismi genetica-mente modificati e profili di sicurezza alimentare, Padova, 2004, 41 ss.; DE LEONAR-DIS, Il principio di precauzione nell’amministrazione di rischio, Milano, 2005, 123 ss.;RIVA, Principio di precauzione e diritto penale. Genesi e contenuto della colpa in con-testi di incertezza scientifica, in Studi in onore di Giorgio Marinucci, a cura di Dolci-ni e Paliero, II, Milano, 2006, 1743 ss.

135 Il rifiuto di un approccio puramente ipotetico del rischio, fondato su sem-plici supposizioni non ancora accertate scientificamente, funzionali a mascherareun programma di protezionismo o a risolversi nell’utopica ricerca di un livello ze-ro di rischio, è stato da ultimo sottolineato dalla Corte di Giustizia CE, sent. 9 set-tembre 2003, C-236/01, in Foro it., 2004, IV, 245 ss., con nota di BARONE, Organismigeneticamente modificati (Ogm) e precauzione: il “rischio” alimentare tra diritto co-munitario e diritto interno, 248 ss. Sul tema v. CORBETTA, Sicurezza alimentare e ri-schio da “ignoto biotecnologico”: una tutela incompiuta (a proposito della disciplinadegli alimenti e dei mangimi contenenti organismi geneticamente modificati - D.Lgs.21 marzo 2005, n. 70), in Studi in onore di Giorgio Marinucci, a cura di Dolcini e Pa-liero, III, Milano, 2006, 2271 ss.; FORTI, La “chiara luce della verità” e “l’ignoranza delpericolo”. Riflessioni penalistiche sul principio di precauzione, in Scritti per FedericoStella, I, Napoli, 2007, 650 ss.

chiede infatti l’adozione di misure di cautela adeguate, ragionevoli eproporzionali, volte a minimizzare l’incidenza negativa di pericoli po-tenziali per l’ambiente e la salute umana, animale e vegetale 135. La spe-cificità dell’azione precauzionale la connota quindi come azione antici-pata al fine di evitare l’insorgere di una situazione potenzialmente pe-ricolosa, che sarebbe poi praticamente impossibile gestire adeguata-mente per la mancanza delle necessarie conoscenze scientifiche o tec-

Page 346: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 331

136 V. art. 3 ter, D.Lgs. n. 152 del 2006, introdotto dal D.Lgs. n. 4 del 2008.137 V. art. 3 quater, D.Lgs. n. 152 del 2006, introdotto dal D.Lgs. n. 4 del 2008.138 In questo senso COCCO, Beni giuridici funzionali versus bene giuridico perso-

nalistico, in Studi in onore di Giorgio Marinucci, a cura di Dolcini e Paliero, I, Mila-no, 2006, 193, e bibliografia ivi richiamata. Analogo il protocollo logico assunto daCass., Sez. III, 13 novembre 2007, Marzullo, n. 2003, che ha escluso di ravvisarenella fattispecie di cui all’art. 517 c.p. un reato di pericolo «in quanto il bene tute-lato non è l’interesse dei consumatori o quello degli altri produttori, ma è l’interes-se generale concernente l’ordine economico, sicché il mettere in vendita o porre al-trimenti in circolazione prodotti con segni mendaci costituisce già una lesione ef-fettiva e non meramente potenziale della lealtà degli scambi commerciali».

niche. Tanto giustifica la formulazione di un “principio” (che veroprincipio non è) autonomo, quello appunto di precauzione 136, che,esprimendo un avanzato modello di protezione di alcuni interessi, edal contempo una consistente compressione dell’esercizio di confinantidiritti di libertà (la libertà di iniziativa economica, la libertà di progre-dire nella scienza e nella tecnica), si traduce nell’esigenza di un appa-rato di controllo pubblicistico della conflittualità così prodotta. Nel-l’esigenza, dunque, di un nuovo bene giuridico.

A garantire questo controllo da una pregiudizievole violazione deiparametri di cui si compone e si avvale, strumentali alla pianificazionedi uno sviluppo sociale sostenibile 137, si erge la tutela penalistica offer-ta da fattispecie pur sempre modulate secondo il paradigma classicodell’offesa al bene giuridico, esattamente nella specie del danno 138.

La coscienza giuridica collettiva ha infatti ormai acquisito la legit-timità di un siffatto intervento penalistico, datato al tempo in cui la si-tuazione di pericolo rispetto ad un bene (tradizionalmente) fonda-mentale non si sia ancora realizzata compiutamente e nondimeno esi-sta il rischio della sua insorgenza, sintetizzabile nel concetto del “nonancora pericolo” (Noch - nicht - Gefahr).

Da un simile quadro non può quindi trarsi alcuna concessione dicittadinanza penale ad un’offesa non attuale, che si prospetti cioè note-volmente lontana nello spazio o nel tempo: si pensi, in questo senso, adeterminate immissioni inquinanti che effettivamente non risultanoattualmente pericolose per l’equilibrio delle risorse naturali, ma cheappaiono portatrici del rischio di divenire tali in un processo di conti-nua implementazione. Ciò che si coglie, piuttosto, è il deciso segnaledell’emersione di un ulteriore e distinto interesse di rango fondamen-tale – il corretto governo di una situazione conflittuale – che collega ilpresente al futuro delle generazioni successive.

Parimenti, e consequenzialmente, il fatto che non venga richiesta,ai fini dell’integrazione del fatto tipico, la verificazione di un vero e

Page 347: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

332 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

139 La cui valutazione sarebbe da espletarsi alla stregua delle comuni regole diesperienza, così ANGIONI, Contenuto e funzioni del concetto di bene giuridico, cit.,177 ss.; MAZZACUVA, Il disvalore di evento, cit.; GRASSO, L’anticipazione della tutela pe-nale: i reati di pericolo e i reati di attentato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1986, 697.

140 In questo senso invece, PADOVANI, La problematica del bene giuridico e la scel-ta delle sanzioni, in Dei delitti e delle pene, 1984, 120; PULITANÒ, La formulazione del-le fattispecie di reato: oggetti e tecniche, in AA.VV., Beni e tecniche della tutela penale,Milano, 1987, 40; PEDRAZZI, Profili penalistici di tutela dell’ambiente, cit., 620.

141 V. amplius, CATENACCI, La tutela penale dell’ambiente. Contributo all’analisidelle norme penali a struttura “sanzionatoria”, Padova, 1996, 142 s. Per una ap-profondita analisi della nozione di ambiente penalmente rilevante e delle tecnichedi tipizzazione delle offese all’ambiente, SIRACUSA, La tutela penale dell’ambiente. Be-ne giuridico e tecniche di incriminazione, Milano, 2007, in particolare 23 ss., 79 ss.,163 ss.

142 DE VITA, I reati a soggetto passivo indeterminato. Oggetto dell’offesa e tutelaprocessuale, Napoli, 1999, 89.

proprio evento di pericolo a carico dell’ambiente, non potrà più essereletto come viatico all’irrilevanza del dato dell’offesa 139.

Il vaglio dell’adeguatezza dell’intervento penale nel settore ambien-tale, in conclusione, non esige una forzata decontestualizzazione dellafattispecie, operata sotto la luce riflessa di un c.d. bene finale che si in-tende indirettamente tutelato attraverso il filtro della disciplina ammi-nistrativa 140.

Il quid assunto ad oggetto di protezione consiste piuttosto nella ir-rinunciabile mediazione istituzionale all’interno di una comunità in-terdisciplinare, che vive cioè nel combinarsi di molteplici fattori-valo-ri. Così, si spiega perché non tutte le condotte di smaltimento, scarico,emissione, ecc., necessitano di un controllo preventivo da parte dellapubblica amministrazione, o, comunque, non sempre l’omessa spon-tanea sottoposizione a tale controllo risulta penalmente rilevante, diregola prevedendosi un simile presidio solo in relazione ad attività tec-nologicamente complicate (economico-industriali) 141. D’altronde, ciònon troverebbe ragione nella spiccata attitudine lesiva degli stessi com-portamenti nei confronti dell’equilibrio ambientale. È invero chiarocome una simile presunzione di pericolosità non trarrebbe origine dal-la capacità della singola condotta di aumentare la probabilità di unagrave alterazione ecologica. Tale attitudine risulterebbe al massimoagganciata alla «particolare forza cumulativa e sinergica che le stesseacquistano, allorché vengano esercitate in modo costante e continuo»,con ciò ammettendo una debàcle non solo del principio di offensività,perché si punirebbe una singolare condotta dichiaratamente non por-tatrice di disvalore (o meglio portatrice di un pericolo «apodittico» 142)

Page 348: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 333

143 Al riguardo, ANILE, La disciplina della bonifica dei siti contaminati: aspetti pe-nalistici, in AA.VV., La bonifica dei siti contaminati. I nodi interpretativi giuridici etecnici, a cura di Giampietro, Milano, 2001, 260 ss.; BRUNELLI, Profili penali nellabonifica dei siti inquinati, in AA.VV., La bonifica dei siti inquinati: aspetti problema-tici, a cura di Vipiana Perpetua, Padova, 2002; MICHELETTI, Il reato di contamina-zione ambientale (Interpretazioni a confronto sull’art. 51 bis, D.Lgs. n. 22 del 1997),in Riv. trim. dir. pen. econ., 2004, 107 ss.

144 Art. 257, D.Lgs. n. 152 del 2006.145 In proposito, si veda Cass., Sez. III, 14 marzo 2007, Magni, in Riv. trim. dir.

ed a prescindere dal suo effettivo sommarsi con altre analoghe prece-denti o successive. Ma anche del principio di rimproverabilità perso-nale, per il ridursi del fatto ad elemento sintomatico di un fenomeno diinquinamento di dimensione collettiva.

5. Nel labirinto esegetico dell’art. 51 bis, D.Lgs. n. 22 del 1997, pergiungere all’art. 257, D.Lgs. n. 152 del 2006

Una volta assorbita dalle previe riflessioni l’idea della totale copertu-ra del sistema penale da parte del principio di necessaria offensività, perproseguire il percorso esegetico appena imboccato si deve innanzituttoprendere coscienza della tipologia criminosa dominante nella materiadi interesse: quella contravvenzionale. Di seguito, è d’uopo porre mentealla regola generale fissata dagli artt. 42, ult. comma e 43, ult. comma,c.p.: nel campo de quo il reato doloso è parificato al reato colposo, fattasalva la reviviscenza della distinzione ove la legge ne faccia dipendereun qualsiasi effetto giuridico. Infine, occorre considerare come l’analiz-zato principio di attualità dell’offesa, che trova appunto una sua regolaapplicativa nell’art. 56, comma 3, c.p. a disciplina della fenomenologiadelittuosa, legandosi strettamente ad un comportamento doloso benammette – già si è argomentato a proposito dell’art. 110 c.p. – di essererecepito per questa via nell’alveo di un fatto contravvenzionale.

Dotarsi di questi strumenti concettuali appare preparativo indefet-tibile per inoltrarsi nella fitta rete di proposte interpretative che si so-no affastellate dinanzi alla lettera dell’art. 51 bis del D.Lgs. n. 22 del1997 143. La cui anamnesi vale la pena ricostruire prima di dar contodell’ultimo tratto del cammino normativo percorso dalla disciplina del-la bonifica dei siti, oggi dischiusa dal D.Lgs. n. 152 del 2006 (T.U.A.) 144:essa, difatti, si inquadra in una cornice di piena continuità strutturalerispetto alla soluzione esegetica che, attraverso le proposizioni seguen-ti, viene ad affacciarsi a proposito del previgente dettato 145.

Page 349: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

334 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

pen. econ., 2007, 870, 880 ss.: «Il reato di cui all’art. 51 bis, D.Lgs. n. 22 del 1997 èstato abrogato e riformulato dall’art. 257, D.Lgs. n. 152 del 2006 in modo più favo-revole al reo ai sensi dell’art. 2, comma 4, dell’art. 2 c.p. (abrogatio sine abolitione).Pur sussistendo continuità normativa tra le due fattispecie, l’evento di inquina-mento contemplato dalla nuova disposizione è più grave, differenziandosi rispettoal precedente non soltanto perché previsto unicamente come evento di danno (in-quinamento tout court) e non come semplice pericolo di inquinamento, ma ancheperché l’inquinamento è attualmente definito come superamento delle concentra-zioni soglia di rischio (CSR) – indicate negli artt. 240, lett. c) e 242, D.Lgs. n. 152 del2006 in relazione all’All. 5 della Parte Quarta –, livello di rischio superiore ai livellidi accettabilità già definiti dal D.M. 25 ottobre 1999, n. 471». Contra, VERGINE, Con-tinuità del tipo di illecito o discontinuità tra il reato di cui all’art. 51 bis, comma 1,D.Lgs. n. 22 del 1997 e quello di cui all’art. 257, comma 1, D.Lgs. n. 152 del 2006?, inRiv. trim. dir. pen. econ., 2007, 872 ss.

146 La previsione edittale è dell’arresto da sei mesi ad un anno e dell’ammendada € 2.582 a € 25.822. La norma prosegue con il sancire «la pena dell’arresto da unanno a due anni e la pena dell’ammenda da € 5.164 a € 51.645 se l’inquinamento èprovocato da rifiuti pericolosi. Con la sentenza di condanna per la contravvenzio-ne di cui al presente comma, o con la decisione emessa ai sensi dell’articolo 444 delcodice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della penapuò essere subordinato alla esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, boni-fica e ripristino ambientale».

147 Cfr. PALAZZO, Principi fondamentali e opzioni politico criminali nella tutela pe-nale dell’ambiente, in AA.VV., Ambiente e diritto, a cura di Grassi-Cecchetti-Andro-nio, II, Firenze, 1999, 549 ss.

148 Su tale principio DE LUCA, L’evoluzione del principio “chi inquina paga” nel di-ritto dell’Unione Europea: questioni in attesa di soluzione uniforme in vista del LibroBianco della Commissione, in Contratto e impresa/Europa, 2000, 287 ss.

149 Cfr. gli artt. 62, n. 6, c.p.; 162 bis, comma 3, c.p.; 165 c.p.; nonché gli artt. 60e 61, D.Lgs. n. 152 del 1999.

La norma, che la pena sanciva per «chiunque cagiona l’inquina-mento o un pericolo concreto ed attuale di inquinamento, previsto dal-l’art. 17, comma 2», «se non provvede alla bonifica secondo il procedi-mento di cui all’articolo 17» 146, è stata tradizionalmente menzionatatra gli istituti sanzionatori finalizzati a reintegrare beni giuridici tute-lati dall’ordinamento all’esito di una precedente lesione 147.

Più esattamente. La menzionata bonifica, oggetto diretto e specifi-co della tutela penale, si sarebbe atteggiata a misura di ripristino dellostatus quo ante delictum, discendenza del «chi inquina paga» di anticamemoria 148, da affiancarsi, per pari discendenza, ad istituti che condi-zionano al perfezionarsi di condotte ripristinatorie successive all’illeci-to l’applicazione di un trattamento sanzionatorio più favorevole 149;nonché a modalità di restitutio in integrum plasmate come pene acces-sorie, imposte dal giudice in conseguenza del reato.

Alla prospettiva di tutela che così uniformemente si è venuta rico-

Page 350: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 335

150 In generale sul punto, BELTRAME, Gestione dei rifiuti e sistema sanzionatorio,Padova, 2000, 386 ss.

151 L’originaria fattispecie incriminatrice, prevista dall’art. 50, comma 2, D.Lgs.n. 22 del 1997 nella forma di contravvenzione volta a sanzionare il non adempi-mento all’obbligo di cui all’art. 17, comma 2, era stata “rettificata” dall’introduzio-ne dell’art. 51 bis ad opera del D.Lgs. n. 389 del 1997.

152 Sostengono questa tesi, tra gli altri, ANILE, Bonifica dei siti contaminati: ob-blighi di ripristino e tutela penale, in Ambiente, 1999, 125 ss.; ID., La disciplina dellabonifica dei siti contaminati, cit., 246 ss.; PATRONO, I reati in materia di ambiente,cit., 682 ss.; BRUNELLI, Profili penali nella bonifica, cit., 241 ss.; RAMACCI, Manuale didiritto penale dell’ambiente, Padova, 2003, 276 s. In giurisprudenza, v. Cass., Sez.III, 28 aprile 2000, Pizzuti, in Cass. pen., 2002, 2875 ss.

noscendo sottesa alla fattispecie, non è tuttavia corrisposta una omo-genea precisazione della struttura dell’ipotesi incriminatrice, e nem-meno dei riflessi penalistici di una bonifica ottenuta seguendo unaprocedura diversa da quella descritta nell’art. 17 150.

La potenziale anfibologia della norma ha dato invero ragione di duedivergenti orientamenti interpretativi, entrambi nati nelle pieghe diuna sorta di “sovrabbondanza precettiva” che subordina il trattamen-to sanzionatorio al combinarsi della causazione «di un inquinamentoo di un pericolo concreto ed attuale di inquinamento, previsto dall’art.17, comma 2» con l’omessa eliminazione di tale stato come effetto delprocedimento di bonifica messo a punto dallo stesso art. 17.

Una esegesi si è appoggiata al primo dei ricordati sintagmi, e conciò ha intravisto un reato di evento a condotta libera che viene reso as-soggettabile a pena dalla mancata bonifica; l’altra si è invece affidata alsecondo enunciato per trovare conferma di una immutata – rispetto al-la previsione originaria 151 – natura omissiva propria.

5.1. La ritenuta natura omissiva dell’art. 51 bis, D.Lgs. n. 22 del 1997

A convergere verso quest’ultima soluzione si configurerebbe un rea-to omissivo incentrato sull’inosservanza dell’obbligo di bonifica deli-neato dalla disposizione di rinvio, portatore di un pericolo presunto ri-spetto all’offesa dell’equilibrio ambientale 152, e “pensato” come funzio-nale sia a sdrammatizzare le pressanti problematiche afferenti all’ac-certamento processuale del decorso causale, sia ad assorbire i casi dicontaminazione accidentale del sito, assunti nella veste di situazionepresupposta. Come è noto, richiamate dall’art. 17, comma 2, questeipotesi rimarrebbero, altrimenti, invariabilmente estromesse dall’areadella tipicità, ove intese in guisa di “evento” che non può non avere lesembianze di conseguenza dolosamente o colposamente imputabile.

Page 351: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

336 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

153 In senso contrario BRUNELLI, Profili penali nella bonifica, cit., 239, 241 s., cheosserva la non decisività della lettera «in una contingenza in cui domina una evi-dente sciatteria nella produzione legislativa», e sottolinea come la portata rivolu-zionaria dell’introduzione di una fattispecie causale pura nel campo del diritto pe-nale ambientale avrebbe dovuto implicare un più degno “annuncio”.

154 Così conclude anche PATRONO, I reati in materia di ambiente, cit., 683.155 Il D.M. n. 471 del 1999 ha precisato, all’art. 2, lett. b), doversi considerare

contaminato il sito anche quando «uno solo dei valori di concentrazione delle so-stanze inquinanti nel suolo o nel sottosuolo o nelle acque sotterranee o nelle acquesuperficiali risulta superiore ai valori di concentrazione limite accettabili stabilitidal presente regolamento».

La contestazione rispetto a simili riflessioni si muove lungo due di-rettrici. Da un lato, anche a visualizzarvi una fattispecie di obbligo,piuttosto che di divieto, l’impronta di modello causalmente orientato(chiunque cagiona l’inquinamento …) 153 renderebbe comunque opera-tivo il precetto solo all’esito di una provata eziologia del comporta-mento dell’agente 154. Dall’altro, la portata del rinvio all’art. 17, comma2, non si presta ad essere ampliata fino a giungere alle accennate con-clusioni, che nella situazione presupposta dalla condotta punibile ri-condurrebbero anche le ipotesi di contaminazione non colpevole. Aben vedere, infatti, i dubbi circa un pedissequo riecheggiarsi della con-dotta descritta dalla disposizione non penale potrebbero legittima-mente sorgere nell’esclusiva evenienza di una mancata, autonoma pre-visione di questo elemento ad opera della fattispecie incriminatrice: laquale, invece, si preoccupa di descriverlo nei termini sopra ricordati.Ciò vale a contenere l’oggetto del rinvio, e quantomeno a ricondurre laformulazione letterale di cui ora si discute all’interno della comune im-magine di un tipo contravvenzionale, fungibile ad una imputazione siadolosa che colposa, ma non anche incolpevole.

La materia del rinvio, infatti, non può ragionevolmente coinciderecon la descrizione del comportamento, quel cagionare, anche in ma-niera accidentale … ovvero determinare un pericolo concreto ed attualeche finirebbe per accavallarsi con lo specifico dettato dell’art. 51 bis.Essa dovrà allora individuarsi nella descrizione del risultato vietato –l’inquinamento – nei tratti del «superamento dei limiti di cui al comma1 lettera a)» dello stesso art. 17 155.

Si impone così una radicale messa in discussione della tesi che havisto nella norma la sanzione di un inadempimento dell’obbligo di bo-nifica. Il che, tuttavia, non impone di attribuire al profilo “omissivo”un ruolo assolutamente marginale nell’economia penale del fatto, allastregua di una condizione obiettiva di punibilità o di una causa di nonpunibilità.

Page 352: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 337

156 Nel senso di situazione che, in adesione alla nozione di evento di pericoloaccolta dal sistema penale, dimostri la direzione verso lo scavalcamento dei para-metri che delimitano lo stato di non inquinamento ambientale. Di questa opinio-ne anche Cass., Sez. III, 28 aprile 2000, Pizzuti, cit., 2883. Critico, e propositore diuna verifica caso per caso del pericolo, BRUNELLI, Profili penali nella bonifica, cit.,246 s. Si noti peraltro la significativa divergenza dalla nozione di «potenziale in-quinamento» descritta dall’art. 2, lett. c), D.M. n. 471 del 1999: tale si afferma rin-venibile nel «sito nel quale, a causa di specifiche attività antropiche pregresse o inatto, sussiste la possibilità che nel suolo o nel sottosuolo o nelle acque superficia-li o nelle acque sotterranee siano presenti sostanze contaminanti in concentrazio-ni tali da determinare un pericolo per la salute pubblica o per l’ambiente naturaleo costruito».

157 Di questa opinione BRUNELLI, Profili penali nella bonifica, cit., 248.

È altresì indubbio che l’accolta nozione di inquinamento si guardibene dal coinvolgere aspetti di “reale” ingerenza sull’ecosistema: l’inte-resse protetto dalla norma in commento si spiega infatti nel “valore”del contenimento delle attività umane all’interno di standard precau-zionali di sicurezza, controllabili dall’apparato di governo dell’ambien-te. E si tratta di bene giuridico tanto distante da un effettivo e ponde-rabile pregiudizio dell’equilibrio corrente tra le risorse naturali, da am-mettere la pari considerazione del superamento e del pericolo concre-to ed attuale di superamento dei limiti tabellari 156, tradotti in un’unita-ria cornice sanzionatoria e tali da importare un’identica procedura di“recupero”.

5.2. Le discrasie dell’intenderlo un reato omissivo proprio

La situazione di fatto delineata nell’incipit della norma non si di-mostra per vero riducibile alle dimensioni di mero presupposto dellacondotta omissiva, che, nel descrivere il complesso di circostanze giu-ridico-fattuali da cui scaturisce l’obbligo di specie, disegni il perimetrodei soggetti sanzionabili attorno a coloro che materialmente abbianorealizzato quelle condizioni 157. Ne sono peraltro consapevoli gli stessipropositori della prospettiva omissiva, che ammettono configurabileuna forma concorsuale sia attraverso la partecipazione alla condotta-presupposto sia attraverso la partecipazione alla fase propriamenteomissiva. E con ciò acconsentono ad un ampliamento contra legemdell’istituto di cui all’art. 110 c.p., dando rilevanza ad un contributoprestato per la realizzazione di un fatto (produzione dell’inquinamen-to) non reato, ma di questo semplice (eventuale) antecedente fattuale.

Ad ulteriore confutazione della lettura si muovono le perplessità ar-ticolabili attorno alla definizione della condotta tipica attesa dall’agen-

Page 353: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

338 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

158 Così ANILE, La disciplina della bonifica dei siti contaminati, cit., 254. Lo stes-so dubbio è sollevato dalla dottrina contraria a tale tesi, per tutti SEVERINO DI BE-NEDETTO, I profili penali connessi alla bonifica dei siti contaminati, in Ambiente,2000, 420 s.

159 In argomento BRUNELLI, Profili penali nella bonifica, cit., 253.160 Così BRUNELLI, Profili penali nella bonifica, cit., 256 ss. Per i rilievi critici re-

lativi alla prospettata soluzione, v. MICHELETTI, Il reato di contaminazione ambien-tale, cit., 123, che, in particolare, a proposito dell’incerto termine di consumazionedell’illecito nell’ipotesi di omessa instaurazione del procedimento sottolinea la di-pendenza di questo «dalla volontà nonché dalle risorse economiche della pubblicaamministrazione: alla quale, in buona sostanza, è rimessa la scelta se insistere nelrichiedere la collaborazione del privato, evitando così l’incriminazione di quest’ul-timo ai sensi dell’art. 51 bis, o procedere a una bonifica d’ufficio, sintomatica diquella caducazione del procedimento che delimiterebbe, in questa prospettiva, laconsumazione del reato».

161 Sottolinea criticamente la problematica rilevanza degli adempimenti tempe-stivi ma inesatti, o delle negligenze formali ininfluenti sul raggiungimento del ri-sultato finale, SEVERINO DI BENEDETTO, I profili penali connessi alla bonifica, cit.,421. Sulle questioni interpretative suscitate dalla consecutiva frammentazione deldovere di agire penalmente rilevante, MICHELETTI, Il reato di contaminazione am-bientale, cit., 122.

te 158. In particolare, si asserisce della necessità, ai fini dell’esclusionedi una omissione pertinente all’area penale, di una procedura di boni-fica concentrata nella riconduzione del tasso di inquinamento entro imargini consentiti, distogliendo in tal modo l’attenzione da un pieno edefinitivo recupero dello stato ambientale quale obiettivo finale di undistinto – e non tipizzato – piano di ripristino (ex art. 2, lett. b), D.M. n.471 del 1999). Preso atto di ciò, alcuni autori si sono dimostrati inclinia ritenere che l’“obbligo di risultato” presidiato dall’art. 51 bis si con-centri sostanzialmente nell’eliminazione, comunque ottenuta, dell’ec-cedenza o del pericolo di eccedenza 159. Al più affiancato da un unicoaltro dovere, a presidio della presenza di un controllo amministrativosull’attività di recupero dell’area contaminata: quello di instaurare laprocedura ex art. 17 160. Diviene allora trasparente come, al fondo diquesta teorica, il disvalore del fatto penda vistosamente dal lato dellacausazione dell’inquinamento, tanto da negare la sanzione a fronte diun suo abbattimento pure se ottenuto non assecondando le precise ca-denze dettate dall’art. 17, comma 2.

Agli antipodi si è espressa la porzione maggioritaria dell’imposta-zione omissiva, che ha ricostruito la condotta tipica allo specchio del-le incombenze precisate 161, configurando un’omissione penalmente ri-levante a fronte della violazione di una qualsiasi delle scansioni predi-sposte come obbligatorie. Per cui, si sono identicamente valutate, per

Page 354: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 339

162 Cfr. Cass., Sez. III, 14 marzo 2007, R.M., cit., 874, per cui non è possibile«prescindere nelle fattispecie contravvenzionali dall’essenziale profilo psicologicoimposto dall’art. 42, comma 4, c.p.».

163 ANILE, La disciplina della bonifica dei siti contaminati, cit., 249.

limitarsi ai tratti più salienti, la mancata o intempestiva notifica dellasituazione di pericolo o di inquinamento del sito entro 48 ore (art. 17,comma 2, lett. a); l’inottemperata o ritardata comunicazione, entro lesuccessive 48 ore, degli interventi di messa in sicurezza adottati pernon aggravare la situazione, contenere gli effetti e ridurre il rischio sa-nitario ed ambientale (art. 17, comma 2, lett. b); la carenza o la nontempestività della presentazione del progetto di bonifica delle aree in-quinate entro trenta giorni dall’evento che ha determinato l’inquina-mento ovvero dalla individuazione della situazione di pericolo (art. 17,comma 2, lett. c), in particolare del piano di caratterizzazione della bo-nifica, del progetto preliminare ed infine del progetto definitivo di bo-nifica previsti rispettivamente dall’art. 10, commi 2, 4 e 6, D.M. n. 471del 1999; il mancato rispetto dei tempi di esecuzione degli interventi dibonifica approvati ed autorizzati (art. 17, comma 4).

A questo punto, peraltro, irrompe l’interrogativo sulla eterogeneacomposizione soggettiva potenzialmente rinvenibile nel fatto omissivocosì stigmatizzato.

Della logica estromissione di una causazione dell’inquinamentomeramente accidentale si è già argomentato 162. Ora, a rimanere sultappeto è il grado di consapevolezza del risultato inquinante da cui na-scerebbe l’imposizione del ricorso alla bonifica: conosciuto o sempli-cemente conoscibile l’effettivo inquinamento, sempre realmente cono-sciuto il pericolo a fronte della previsione ex art. 17, comma 2, lett. c)che fa decorrere il tempo di presentazione del progetto di bonifica«dalla individuazione della situazione di pericolo». Da simili premessederiverebbe la possibile integrazione non solo di ipotesi di reato ex art.51 bis interamente dolose o colpose, ma anche di omesse bonifichecolpose successive alla realizzazione dolosa dei presupposti, e omessebonifiche dolose consequenziali alla realizzazione colposa dei presup-posti 163. A fare la differenza sotto il profilo dell’imputazione psichicadovrebbe intervenire, a rigore, l’esclusiva qualificazione soggettiva del-l’omissione. Ma riaffiora la netta sensazione che all’interno del disva-lore sanzionabile venga ad acquistare un autonomo spazio di signifi-cato proprio l’inquinamento generato e la “forza” della volontà spesadall’agente nel determinarlo.

12*.

Page 355: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

340 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

164 GIAMPIETRO, Bonifica dei siti inquinati: dal D.Lgs. “Ronchi” al D.Lgs. “Ronchibis”, in Ambiente, 1998, 74; ALIOTTA, Art. 51 bis “Bonifica dei siti”: tutto da rifare!, inAmbiente, 1998, 75 ss.; MARTINI, La nuova disciplina penale per la tutela dell’ambien-te dai rifiuti, in Leg. pen., 1998, 977; PANAGIA, Il reato di inquinamento dei siti indu-striali, in Riv. trim. dir. pen. econ., 1999, 1086 ss.; SEVERINO DI BENEDETTO, I profilipenali connessi alla bonifica, cit., 419 ss.; MICHELETTI, Il reato di contaminazione am-bientale, cit., 130 ss. In giurisprudenza v. Cass., Sez. III, 14 marzo 2007, R.M., cit.,873 ss.

165 GIAMPIETRO, Bonifica dei siti inquinati, cit., 74; SEVERINO DI BENEDETTO, I pro-fili penali connessi alla bonifica, cit., 420.

166 MICHELETTI, Il reato di contaminazione ambientale, cit., 137 s.167 ALIOTTA, Art. 51 bis, cit., 77 s.; MICHELETTI, Il reato di contaminazione ambien-

tale, cit., 136 s. Cfr. Cass., Sez. III, 14 marzo 2007, R.M., cit., 875.168 BISORI, Gli istituti ripristinatori nel diritto penale dell’ambiente, in AA.VV., Am-

biente e diritto, a cura di Grassi-Cecchetti-Andronio, II, Firenze, 1999, 607, nota 23;BRUNELLI, Profili penali nella bonifica, cit., 239.

169 MICHELETTI, Il reato di contaminazione ambientale, cit., 137.

5.3. La luna ed il dito: la non omessa bonifica nelle vesti di causa diesenzione dalla pena

La pregnanza offensiva del comportamento causale e del connessoevento emerge nel passaggio alla teorizzazione della fattispecie neipanni di reato d’evento a condotta libera, sanzionabile subordinata-mente alla verificazione dell’omessa bonifica 164.

Seguendo queste fila esegetiche, si avvede difatti nel secondo fram-mento normativo l’immagine di una speciale clausola di esenzionedalla pena: ora tratteggiata nei termini di causa sopravvenuta di nonpunibilità 165, che consentendo la confiscabilità dell’area compromet-terebbe però la funzione premiale assegnata alla bonifica 166; ora, se-condo la dominante visione, di condizione obiettiva di punibilitàespressa in forma negativa ed ascrivibile alla categoria delle “intrinse-che” 167.

A vagliare le obiezioni che quest’ultima, diffusa variante muove al-la prima, le si scopre fondamentalmente ancorate a ragioni formali egrafiche. Si adduce, in particolare, come il ruolo di causa di non puni-bilità avrebbe richiesto una formulazione significativamente diversada quella di «è punito se non adempie» 168, ed immediatamente capacedi segnalare la successiva negazione dell’assoggettabilità a sanzione(«non è punito se adempie»); il che, peraltro, avrebbe determinato l’op-portunità del relativo inserimento quantomeno in un comma separatoda quello descrittivo del fatto base 169.

Il proposto inquadramento tra le condizioni intrinseche risultereb-be invece pienamente compatibile sia con l’idea di compenetrazione

Page 356: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 341

170 MICHELETTI, Il reato di contaminazione ambientale, cit., 137, richiama a ri-prova di questa valenza anche la rubrica dell’art. 51 bis, incentrata sull’attività dibonifica.

171 Di questa opinione MICHELETTI, Il reato di contaminazione ambientale, cit.,139 s.

172 MICHELETTI, Il reato di contaminazione ambientale, cit., 139 s.173 In termini Cass., Sez. III, 30 novembre 2006, Magri ed altro, n. 13456: «ap-

plicando il principio generale di cui all’art. 165 c.p., la bonifica alla quale subordi-nare il beneficio penale non è necessariamente quella proceduralizzata dal D.Lgs.n. 22 del 1997, art. 17 (e ora dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 242), ma coinciderà conquella stabilita concretamente dal giudice per eliminare le conseguenze del dannoambientale prodotto, che potrà eventualmente essere verificata ex post dal giudicedella esecuzione».

della vicenda omissiva nel giudizio fondante l’illiceità penale 170, siacon l’esigenza di semplificare l’accertamento del relativo elemento psi-cologico trascinandolo sul terreno della colpa.

Sennonché, fissato questo cardine esegetico, la clausola di omessabonifica è stata di seguito interpretata quale mero modello di massima,nel senso di riconoscere la fungibilità della condotta ivi specificamen-te richiesta con un qualsiasi, diverso comportamento parimenti sati-sfattivo dell’interesse tutelato 171.

In breve, una volta tradotta la condizione di punibilità di cui all’art.51 bis nella fonte di un elastico obbligo di risultato, imposto al sogget-to che ha cagionato il superamento dei limiti (o il pericolo di una si-mile situazione), se ne è fatto derivare come «la meticolosa osservanzadel procedimento indicato dall’art. 17, comma 2, D.Lgs. n. 22 del 1997opera come condizione minima ma non esclusiva di esenzione dallapena: nel senso che fino a quando il soggetto agente rispetta un taleprocedimento, non potrà ritenersi perfezionato il reato; ma allo stessoesito dovrà giungersi anche quando l’autore dell’inquinamento ha in-teramente ripristinato l’area … oppure il terreno è stato bonificato se-guendo una procedura diversa, ma parimenti efficace, rispetto a quel-la ordinaria» 172.

La chiara dizione normativa, tuttavia, contrasta apertamente conuna simile conclusione, la quale rimane immediatamente smentitadalla precisazione per cui un tardivo (e quindi atipico) completamen-to della bonifica, lungi dall’impedire la consumazione del reato, puòesclusivamente giovare (al pari della messa in sicurezza e del ripristi-no ambientale) alla concessione della sospensione condizionale dellapena (art. 51 bis, comma 1, ult. parte) 173.

Proseguendo, si avvistano due ulteriori profili suscettibili di inficia-re la validità di questa angolazione.

Page 357: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

342 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

174 Per una simile interpretazione, PAGLIARA, Bonifica dei siti inquinati: un dibat-tito ancora aperto (II), in Ambiente, 1998, 743 s.; FIMIANI, Acque, rifiuti e tutela pe-nale, Milano, 2000, 632; BUTTI, Il punto sulla disciplina delle bonifiche dopo la sca-denza del termine per la c.d. “autodenuncia”, in Giur. mer., 2001, 1244 s.

175 Cfr. BRUNELLI, Profili penali nella bonifica, cit., 240 s.176 In proposito, ANILE, La disciplina della bonifica dei siti contaminati, cit., 263.177 MICHELETTI, Il reato di contaminazione ambientale, cit., 144.

In primo luogo, articolando la contravvenzione attorno a due com-portamenti, anche notevolmente distanziati nel tempo, l’orientamentoin discorso lascia trasparire una non netta cesura rispetto alla prospet-tiva – cui pure vorrebbe contrapporsi – che legge la fattispecie incrimi-natrice ex art. 51 bis come «reato a condotta mista» e a «formazioneprogressiva» 174, risultante dal composto di una condotta causativa del-l’inquinamento e di una omissione della procedura amministrativa,entrambe riferibili ad identico soggetto. Teorica a proposito della qua-le rimane ferma una valutazione di inattendibilità: la mancanza di unaregolare coesione (in senso empirico-criminologico) tra ante-fatto, ov-vero attività inquinante, e post-fatto, omessa bonifica, estromette in-fatti irrimediabilmente l’art. 51 bis dallo schema concettuale degli ille-citi a condotta plurima 175.

In secondo luogo, nel momento in cui si accorda lo spostamento delsorgere della punibilità alla data dell’inottemperata bonifica, si ripro-pone la lacuna di effettività già manifestata dall’inquadramento mistoed omissivo 176: «agli amministratori di un’impresa industriale, autoridi un fatto inquinante, basterebbe dimettersi per sfuggire a ogni re-sponsabilità penale e scaricare sui successivi amministratori la “se-conda e decisiva parte della tipicità penale”. Solo questi ultimi, invero,potrebbero eventualmente rispondere del reato di cui all’art. 51 bisqualora non procedano alla bonifica; non certo gli originari ammini-stratori che, pur essendo responsabili della prima condotta tipica, po-trebbero sempre opporre, per sottrarsi all’incriminazione, l’ipoteticavolontà di procedere affettivamente alla bonifica qualora non fosserodecaduti dall’incarico, e l’impossibilità oggettiva di aver poi potutoportare a termine una tale attività a causa della successiva carenza delnecessario potere giuridico» 177.

5.4. L’omessa bonifica a confronto con il paradigma dell’attualitàoffensiva

Se le impostazioni finora rappresentate non appaiono adeguate,non è allora inopportuno confrontare il dettato della fattispecie con-

Page 358: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 343

travvenzionale de qua con il paradigma generale dell’attualità offensi-va proprio dell’illecito doloso. Vero, infatti, che la scelta generale delsistema nella specie di incriminazione in attenzione si dirige verso unaparificazione delle due possibili componenti soggettive del reato, è al-trettanto indubbio che il legislatore possa condizionare la fisionomiadi una contravvenzione alla necessaria presenza di un substrato psico-logico doloso.

Di questa logica selettiva la fattispecie menzionata diventa paradig-ma, trasponendo la regola giuridica descritta nell’art. 56, comma 3,c.p. all’interno di una ipotesi non delittuosa.

Identica, a ben vedere, l’ossatura di fondo: chi cagiona l’inquina-mento, o il relativo pericolo, rimane assoggettabile a sanzione penalese non tiene un immediato comportamento che il precedente annulliattraverso la bonifica del sito contaminato; chi dirige inequivocabil-mente i propri atti idonei verso un risultato delittuoso è punibile a ti-tolo di delitto tentato (ove l’azione non si compia o l’evento non si ve-rifichi) se non desiste da quanto realizzato. Valorizzando l’evidentesimbiosi strutturale tra le norme, diviene trasparente l’essenza dolosadel fatto ex art. 51 bis c.p., che emerge a realtà empirica penalmente ri-levante – in una parola, a sembianze tipiche – solo se non volontaria-mente annichilito nell’ambito di una “immediatezza” che l’art. 17 for-malizza quanto a modi e tempi.

Ciò comporta, da un lato, il contenimento dello spessore psichicodell’illecito ambientale in commento entro i confini del dolo. L’utiliz-zazione di un modulo espressivo ricalcante la dinamica del fatto di de-sistenza è in questo senso patente, circoscrivendo la tipicità al solo in-quinamento dolosamente prodotto. Dall’altro, sulla falsariga del ragio-namento sviluppato in ordine all’art. 56, comma 3, c.p., diviene indi-spensabile pensare ad una piena volontarietà della bonifica perchéquesta possa sbriciolare, secondo le prescritte scadenze, la consistenzapotenzialmente offensiva di un comportamento che reca in sé i germidel pregiudizio ad un controllato equilibrio “normativo” delle compo-nenti dell’ecosistema. Ne discende come l’accertamento positivo dellatipicità del fatto commesso dipenda dal non essere questo eliminatonei rispettivi indizi di disvalore a mezzo di un solerte regresso crimi-noso, che la norma, proprio in quest’ottica, ha cura di precisare neidettagli del suo svolgimento.

In particolare. Pur dopo essere stato disatteso il protocollo di sor-veglianza che prescriveva il contenimento dei valori di concentrazione,il fatto acquisisce la dimensione figurativa di una ipotesi criminosa –scavalcando i confini prettamente amministrativi in cui nasce – solonel momento in cui condotta e risultato non vengano eliminati per ef-

Page 359: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

344 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

fetto di un contro – comportamento che riconduca tempestivamente lostato del sito sotto l’occhio vigile del controllo pubblico e, per qui, en-tro le soglie prefissate di contaminazione ambientale.

Così, il momento consumativo della fattispecie si coglie alla data incui l’evento di superamento, o il formarsi di una situazione di concre-to pericolo di superamento, rimanga visibile per non essere stato can-cellato nell’ordine e nelle cadenze temporali indicate. Momento indub-biamente variabile, essendo a tali fini equivalente l’inottemperanza aduna qualsiasi delle fasi prescritte, alla stregua di una norma mista al-ternativa in cui tutte le condotte indicate (nel caso, di non desistenza),si rivelano adatte a rendere tangibile un identico significato aggressivoal modulo del controllo pubblico.

La non attualità del disvalore trapela, invero, solo col pronto an-nientamento di una situazione che, nel travalicare i margini di precau-zione, è uscita dai binari della gestione pubblica del fenomeno dell’in-quinamento. In una simile prospettiva, una riconduzione dei livelli dicontaminazione del sito al di sotto dei limiti tabellari, che venga ela-borata e gestita in proprio, ricorrendo ad una bonifica deformalizzata,non assolve il compito di intaccare la manifestata elusione della sorve-glianza dei comportamenti umani interferenti con le risorse ambienta-li. Di contro, divenuto tipico il fatto, la bonifica, comunque ottenuta,residuerà di una funzionalità post-criminosa estintiva del reato, al pa-ri del ripristino e della messa in sicurezza, giusto il disposto dell’ultimaparte dell’art. 51 bis, comma 1.

5.5. Epitome

Orbene, queste constatazioni permettono in chiosa di delineare “adalta definizione” due punti chiave dell’analisi.

In primo luogo, discende una ricostruzione della fattispecie di omes-sa bonifica “allo specchio” della regressione criminosa disciplinata dal-la desistenza, a mente della quale si ammettono a varcare la soglia dellatipicità dolosa solo quelle condotte causali che abbiano mantenuto l’ap-parenza di una portata offensiva nella misura in cui non siano state re-pentinamente adeguate ai protocolli precauzionali, confermando ex po-st (con l’inottemperanza alle incombenze procedimentali) quanto affer-mato ex ante con il superamento dei limiti tabellari. L’alternativa – im-praticabile – verterebbe sulla configurazione dell’omessa bonifica neitermini di una condotta post factum autonomamente considerata comefatto illecito, col quale l’ordinamento si accingerebbe a riutilizzare lasanzione penale per sollecitare il privato a porre rimedio all’attuata im-presa delinquenziale: intricata insistenza legislativa, che la pena adotta

Page 360: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 345

178 MUSCATIELLO, La tutela penale dell’ambiente e il terzo scacchiere, cit., 732.179 Così conclude sul punto MUSCATIELLO, La tutela penale dell’ambiente e il terzo

scacchiere, cit., 733, per cui «la pattuizione di condotte emendative incontra, dun-que, un doppio elemento di contraddizione: ponendosi ad ampia distanza dal fattoillecito, rischia di non servire più e in fondo di non servire mai».

180 Come modificato dal D.Lgs. n. 4 del 2008.

per convincere «a-fare, una volta che si è deciso di fare ciò-che-non-an-dava-fatto» 178. Del resto, un meccanismo così congegnato non tarda adimostrarsi ineffettivo, giacché non solo la “seconda” disposizione in-criminatrice potrebbe intervenire molto in là rispetto ai fatti ambienta-li, ma soprattutto nulla assicura che intervenga, o quantomeno inter-venga prima del sopraggiungere di cause estintive di altra natura 179.

In secondo luogo, adottando la prospettiva che si è tentato di sug-gerire, si descrive una meno enigmatica composizione soggettiva del-l’illecito in parola, allontanato da una tradizionale imputazione alter-nativa per dolo o per colpa ed indirizzato a selezionare esclusivamen-te condotte causali dotate di una spinta psicologica effettiva. Senza,peraltro, che detto profilo debba poi sommarsi ad un fattore psichicodistinto e magari eterogeneo (perché colposo), di sostegno al compor-tamento di omessa bonifica. Questa seconda fascia comportamentaleha piuttosto, in negativo, la funzione di affermare l’insorgere della ti-picità dolosa della prima, così come la volontaria ottemperanza allabonifica ha l’effetto di negarla.

Da ultimo, si precisa come il significato di tutela di una funzione dicontrollo (ovvero di un modello di gestione) pregiudicata da fatti dolo-si, così emerso tra le righe della fattispecie di evento a condotta liberaex art. 51 bis, pare riproporsi senza variazioni nell’illecito di cui all’art.58, ult. comma, D.Lgs. n. 152 del 1999, anch’esso oggi metabolizzatonella riorganizzazione normativa di settore operata dal D.Lgs. n. 152del 2006 180. La fattispecie si distingueva dalla prima quanto alla natu-ra – idrica – del corpo recettore dell’inquinamento, ma al pari si volge-va a sanzionare (con identica misura) chi, avendo provocato con il pro-prio comportamento omissivo o commissivo, in violazione delle dispo-sizioni del suddetto decreto, un danno alle acque, al suolo, al sotto-suolo e alle altre risorse ambientali, ovvero un pericolo concreto ed at-tuale di inquinamento ambientale, non avesse ottemperato alla pre-scrizione di «procedere a proprie spese agli interventi di messa in si-curezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate edegli impianti dai quali è derivato il danno ovvero deriva il pericolo diinquinamento ai sensi e secondo il procedimento di cui all’art. 17 delD.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22».

Page 361: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

346 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

181 Sul punto, VALLETTI, Bonifica dei siti inquinati e responsabilità “oggettiva” delproprietario anche incolpevole, in Dir. giur. agr. amb., 2002, 556.

182 Per quest’ultima considerazione, v. MICHELETTI, Il reato di contaminazioneambientale, cit., 141.

183 Così il comma 1 dell’art. 257 T.U.A. Il comma 2 prescrive un aggravamentodella pena (arresto da un anno a due anni e ammenda da cinquemiladuecento eu-ro a cinquantaduemila euro) se l’inquinamento è provocato da sostanze pericolo-se; il comma 3 recita che «nella sentenza di condanna per la contravvenzione di cuiai commi 1 e 2, o nella sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 del codice di proce-dura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere su-bordinato alla esecuzione degli interventi di emergenza, bonifica e ripristino am-bientale».

184 Sembra infatti plausibile la lettura dell’ultima porzione dell’art. 257, comma1, T.U.A. («in caso di mancata effettuazione della comunicazione di cui all’articolo

Né, per inciso, la struttura essenzialmente dolosa delle riportate fat-tispecie era destinata a produrre discutibili vuoti di tutela: la sanzioneprevista dall’art. 650 c.p. rimaneva infatti invocabile a presidio di unacolposa o dolosa elusione della diffida a bonificare rivolta dal Comuneall’autore non intenzionale dell’inquinamento, o pericolo di esso 181, inconsiderazione della convergenza del contenuto del provvedimento inanalisi verso esigenze di salvaguardia della sicurezza pubblica 182.

Giunti al termine di questa parabola esegetica, tocca ora fare “armie bagagli” e trasferirla nella più moderna sede che l’art. 257, D.Lgs. n.152 del 2006 (T.U.A.), ha per essa acconciato.

Due notazioni valgono a creare lo sfondo su cui impostare la disa-mina: l’originario dualismo normativo lascia posto ad un’unica previ-sione, che predispone uno spazio comune di tutela per gli svariati ele-menti naturali contaminati e contaminabili; e nel solco di una conti-nuità di struttura, pure affiancata da fattori costitutivi e regole proce-dimentali non perfettamente sovrapponibili nella loro specifica iden-tità, la norma si articola come riformulazione linguistica del “tipo” diprecetto già in piedi, quale suggerito dalle cadenze interpretative diqueste righe.

La bonifica dei siti si veste dunque da disposizione contravvenzio-nale che commina l’arresto o l’ammenda a «chiunque cagiona l’inqui-namento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle ac-que sotterranee con il superamento delle concetrazioni soglia di ri-schio … se non provvede alla bonifica in conformità al progetto ap-provato dall’autorità competente nell’ambito del procedimento di cuiagli articoli 242 e seguenti» 183. E prosegue – limitandosi a prevedereuna mitigazione di pena ove sia mancata la comunicazione di cui al-l’art. 242 184 – con l’esplicita (seppure non espressa) parificazione, ai

Page 362: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 347

242, il trasgressore è punito con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o conl’ammenda da mille euro a ventiseimila euro») come fattispecie speciale “attenua-ta”, costruita attorno alla peculiare inottemperanza – rilevante ai fini della non de-sistenza – data dalla (sola) inattivazione rispetto alla «immediata comunicazione»all’autorità di cui all’art. 242, comma 1, T.U.A.: comunicazione che si ha tuttavia daintendere come di poi intervenuta, ancorché in ritardo alla stregua dell’elastico pa-rametro temporale prescritto. Si badi difatti come la mancanza tout court, ovverototale, della suddetta comunicazione, innescherebbe a catena la violazione delleconsecutive fasi della procedura, di tal ché non solo non potrebbe più essere ri-guardata da sola, ma neppure riuscirebbe a dare giustificazione della prescritta at-tenuazione sanzionatoria, ponendosi anzi in insanabile contrasto con il generalerinvio al procedimento ex art. 242 con cui si chiude la proposizione antecedentedell’art. 257 T.U.A. La considerazione si giustappone alla riflessione maturata in ar-gomento da MICHELETTI, Il reato di omessa denuncia del pericolo ambientale, in Stu-dium iuris, 2008, 154 ss., che intende il richiamato art. 257, comma 1, secondo pe-riodo, come «un reato omissivo proprio, destinato cioè a perfezionarsi con la sem-plice trasgressione del dovere di agire cui “allude” il legislatore», ovvero con l’ina-dempimento totale dell’obbligo informativo di carattere prodromico che segna l’av-vio del procedimento di bonifica. Sennonché, ad una impostazione di tal fatta, giàconseguirebbero due corollari ben poco condivisibili: da un canto (op. ult. cit., 158s.), si dovrebbe convenire circa la restrizione della tipicità penale esclusivamente al-la «mancata effettuazione della comunicazione» da parte del responsabile dell’in-quinamento, e non già alla mancata adozione delle ulteriori misure prescritte, pre-ventive e di sicurezza, per cui solo la conoscenza della pubblica amministrazioneverrebbe intesa assurgere a dignità di valore penalmente rilevante; dall’altro (op.ult. cit., 160 s.), tal’ultima soluzione finirebbe per stridere con la previsione di unasanzione amministrativa parimenti prescritta, invece, a fronte di ciascuna delle ri-cordate inottemperanze, ma riferibile al solo «operatore» non responsabile dell’in-quinamento cui si rivolge il dettato dell’art. 304 T.U.A.

185 Art. 242, comma 1, T.U.A.186 Cfr. art. 240, comma 1, lett. b), T.U.A.187 A mente dell’art. 240, comma 1, lett. c), T.U.A., tali sono «i livelli di contami-

nazione delle matrici ambientali, da determinare caso per caso con la procedura dianalisi di rischio sito specifica secondo i principi illustrati nell’Allegato 1 alla partequarta del presente decreto e sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione,il cui superamento richiede la messa in sicurezza e la bonifica. I livelli di concen-trazione così definiti costituiscono i livelli di accettabilità per il sito».

sensi ed agli effetti dell’integrazione della fattispecie, dell’inottempe-ranza a qualunque fase in cui si articola il citato protocollo: oramaigradualizzato nel passaggio dalla predisposizione delle necessarie mi-sure di prevenzione e dalla «immediata comunicazione» ex art. 304,comma 2, T.U.A. 185, all’accertamento di concentrazioni soglia di con-taminazione (CSC) 186 – coincidenti con i valori a suo tempo individua-ti dalle tabelle allegate al D.M. n. 471 del 1999 per definire i limiti di ac-cettabilità –, alla caratterizzazione ed all’analisi di rischio sito specifi-ca, fino alla verifica del superamento delle più elevate concentrazionisoglia di rischio (CSR) 187 da cui si innesca la bonifica.

Page 363: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

348 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

188 Nel senso che il non provvedere alla bonifica rappresenti una condizione dipunibilità, Cass., Sez. III, 29 novembre 2006, Montigiani, n. 9794: «… si deve quin-di osservare che la struttura del reato contravvenzionale di cui all’art. 51 bis, D.Lgs.n. 22 del 1997 è stata ora riprodotta nella fattispecie prevista dall’art. 257, D.Lgs. n.152 del 2006, giacché entrambe le norme puniscono chiunque cagiona l’inquina-mento del sito se non provvede alla bonifica secondo la relativa procedura prevista.Trattasi, secondo l’interpretazione preferibile sotto il profilo letterale e sistematico,di reato di evento a condotta libera o reato causale puro, sottoposto a condizioneobiettiva di punibilità negativa». Ad analoghe conclusioni perviene parte della dot-trina, v. MICHELETTI, Commento all’art. 257, D.Lgs. n. 152 del 2006, in Codice com-mentato dei reati e degli illeciti ambientali, a cura di Giunta, Padova, 2007, 355 ss.;BERNASCONI, Il reato ambientale. Tipicità, offensività, antigiuridicità, colpevolezza, Pi-sa, 2008, 70 ss. Difforme l’opinione lasciata trasparire da VERGINE, Continuità del ti-po di illecito, cit., 880, che statuisce, stante la «nuova» formulazione adottata, che«la consumazione del reato si verificherà esclusivamente nel momento necessaria-mente successivo alla scadenza del termine, perentorio, entro il quale realizzare labonifica, indicato nel progetto formalmente approvato ex art. 242. Essendo richia-mato espressamente nella fattispecie, detto progetto contribuisce a “descrivere” lacondotta incriminata e, quindi, in quanto elemento essenziale, la sua esistenza de-ve essere provata dall’autorità giudiziaria».

Invero, la portata strutturale dell’omessa bonifica nella composi-zione dell’illecito de quo viene direttamente scolpita al comma 4 delnovello disposto, che, in risposta ad istanze di certezza, considera l’os-servanza dei progetti di bonifica approvati ai sensi degli artt. 242 e se-guenti come «condizione di non punibilità» in ordine ai «reati am-bientali contemplati da altre leggi per il medesimo evento e per la stes-sa condotta di inquinamento di cui al comma 1». Ne trapela la confor-tante considerazione della produzione dell’inquinamento quale com-portamento tipico, e del superamento della soglia positivizzata CSRnei termini di evento della fattispecie (unico e di “danno”, per essereestromesso dal prospetto punitivo il «pericolo concreto ed attuale diinquinamento»), nonché la percezione della desistenza dalla situazio-ne così determinata – attraverso la predisposizione e la realizzazionedei progetti ripristinatori – quale requisito al cui cospetto si ritrae lameritevolezza della punibilità. Ha infatti pregio sottolineare come, ascanso di equivoci, sia stata accordata preferenza ad una “flessibile”locuzione condizionale negativa piuttosto che all’espressione tecnicavocata ad identificare le condizioni oggettive di punibilità.

Ciò da un lato consente di cogliere l’estraneità dell’elemento rispet-to all’area che quest’ultime occupano (ex art. 44 c.p.): è indubbiamen-te significativa l’assenza sia della perifrasi identificativa di «evento fu-turo ed incerto», sia di altre formulazioni comunque capaci di ricor-dare la categoria, ad esempio suonando «l’omessa bonifica – o la man-cata osservanza dei progetti … – è condizione di punibilità» 188.

Page 364: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 349

189 V. art. 242 T.U.A.

Dall’altro, si è indotti ad intendere che l’indicazione della condottanei termini di «condotta di inquinamento di cui al comma 1» si im-ponga come necessaria proprio per scremare questo richiamo da quel-lo alla controcondotta, pure porzione indefettibile (nel suo “non” con-figurarsi) del comportamento tipico, che il comma in discorso specifi-camente attenziona. A tal proposito viene peraltro puntualizzato comel’omissione che “condiziona” la punibilità (rectius, tipicità) del fattonon rimanga evitata sol col dare immediata notizia (entro ventiquattroore ai sensi e con le modalità dell’art. 304, comma 2, T.U.A.) dell’even-to potenzialmente in grado di contaminare il sito 189, o comunicando alcomune ed alla provincia competenti l’accertato avvenuto superamen-to del livello delle concentrazioni soglia di contaminazione, o ancoracol procedere all’analisi di rischio. Quanto vale a far prendere corpo al-la bonifica è piuttosto l’integrale rispetto di ogni modulo – ciascunoformattato nei numerosi commi lungo cui si snoda l’art. 242 T.U.A. –attraverso cui si disegnano i modi ed i tempi della proposizione, ap-provazione ed infine “posa in opera” del progetto operativo degli inter-venti miranti a «minimizzare e ricondurre ad accettabilità il rischioderivante dallo stato di contaminazione presente nel sito» (art. 242,comma 7, T.U.A.).

6. L’omessa dichiarazione ex art. 5, D.Lgs. n. 74 del 2000

L’attualità offensiva, quale impronta necessaria della condotta tipi-ca dolosa, non cela quindi la sua naturale flessibilità, sfruttando laquale viene talora modulata la stessa consumazione. È quanto alfineemerge dalla disamina appena conclusa in ordine alla fattispecie con-travvenzionale di omessa bonifica dei siti inquinati.

Ovviamente, l’esemplificazione della categoria delle fattispecie qua-lificate dalla non desistenza con ciò non si completa.

Al fine di integrarne un affresco generale occorre ancora prestarepeculiare attenzione alle implicazioni che sovvengono a proposito del-l’illecito omissivo: il ragionamento si dirige così verso il paradigma de-littuoso dell’art. 5, D.Lgs. n. 74 del 2000. La disposizione, pervero, fis-sa l’immagine della tipicità consumata col non considerare omessa ladichiarazione annuale relativa alle imposte sui redditi o sul valore ag-giunto (pur mancante di sottoscrizione o resa con moduli diversi daquelli predefiniti) presentata entro 90 giorni dalla scadenza del termi-

Page 365: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

350 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

190 Il termine di tolleranza di 90 giorni coincide con quello ritenuto efficace dal-la disciplina tributaria per la validità delle dichiarazioni (art. 1, comma 2, lett. g),D.P.R. n. 542 del 1999). I termini di scadenza della presentazione sono differenzia-ti a seconda delle disposizioni previste dalla materia tributaria per ciascun periodod’imposta. In particolare, il D.P.R. n. 322 del 1998 ha stabilito scadenze diversifi-cate con riguardo al tipo di dichiarazione, alla categoria di appartenenza del sog-getto obbligato ed alle modalità di inoltro, in proposito v. TRAVERSI-GENNAI, I nuovidelitti tributari, Milano, 2000, 230 s.

191 Cfr. MANZINI, Trattato di diritto penale, II, 521, per cui «nei reati di omissionein senso proprio il tentativo non è possibile, perché, sino al momento in cui puòutilmente verificarsi l’attività doverosa, non sussiste alcuna condotta antigiuridica;mentre, quando è scaduto il termine perentorio o si è verificata la condizione chepone fine al periodo d’attesa, l’omissione deve considerarsi come irrimediabilmen-

ne fiscale 190. Per cui, la ravvisabilità di una omissione tipica, ai sensidell’ipotesi suindicata, si assesta solo al momento del non (pressoché)subitaneo e volontario annientamento degli indizi di offensività impli-cati nella condotta di ritardata presentazione della documentazione.

Nondimeno, la modulazione della fattispecie consumata attraversouna clausola speciale di desistenza ne determina l’incompatibilità conl’autonoma forma tentata di manifestazione delittuosa. Ciò sta a signi-ficare che l’attualità della peculiare offesa dolosa può essere trattaesclusivamente da “quel” fatto, solo lì iniziando il significato punibiledell’accadimento. Lì dove si ferma l’immagine del reato perfetto, ovve-ro del reato completo in tutti e ciascuno dei descritti tratti distintivi.

Il tema appena lambito merita una certa pausa di riflessione, purnella consapevole prospettiva della incapacità di questa a toccare conproprietà di approfondimento ogni piega della solcata problematica.L’intento prevalente è invero quello di indagare la struttura di talunidelitti di pura omissione (per tutti, si cita l’art. 328, comma 2, c.p.),che, rivelandosi sovrapponibile all’ipotesi di regressione criminosa incui la desistenza si identifica, incoraggia ad individuarvi il riscontro diun modello generale dell’illecito criminale doloso.

6.1. Desistenza speciale e reato omissivo: una disamina preliminare

Infatti, occorre premettere che l’inconfigurabilità di un modus ten-tato non sorge tout court dalla natura omissiva propria del reato, comepure pervicacemente sostenuto da quanti in questo ambito colgonouna sorta di inutilità dogmatica di una forma criminosa (tentata) de-stinata a durare solo brevi istanti, per poi rimanere assorbita, alla sca-denza del termine finale entro cui è concesso assumere quel dato at-teggiamento, nello stadio della consumazione 191. L’“impensabilità”,

Page 366: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 351

te avvenuta, e quindi consumato il relativo reato». Opinione ripresa da numerosiautori, tra i quali PETROCELLI, Il delitto tentato, cit., 50 s.; VANNINI, Il problema giuri-dico del tentativo, cit., 32 ss.; SPASARI, L’omissione nella teoria della fattispecie pena-le, Milano, 1957, 191; PADOVANI, La condotta omissiva, cit., 675 ss. Ammettono in-vece, in svariati termini, la configurabilità del tentativo nei reati omissivi propri,GROSSO, Brevi note su di un aspetto problematico del reato omissivo proprio: il luogodella consumazione (osservazioni in margine alle fattispecie di omesso versamento dicontributi sociali o assicurativi), in Riv. it. dir. proc. pen., 1964, 248 ss.; CARACCIOLI,Il tentativo nei delitti omissivi, Milano, 1975, 119 ss.; GELARDI, Il tentativo nei delittiomissivi puri, in Il Tommaso Natale, 1976, 298 ss.; FIANDACA, Sulla configurabilitàdel tentativo nei delitti di omissione, in Ind. pen., 1976, 29 s.

192 In questi termini CADOPPI, Il reato omissivo proprio, II, Profili dogmatici, com-paratistici e de lege ferenda, Padova, 1988, 904 ss., il quale richiama a sostegno ditale opinione sia argomenti letterali, considerando che l’art. 56 c.p. parla di “atti”mentre il reato omissivo si compone di una condotta negativa, sia il rilievo sostan-ziale della convergenza del reato omissivo proprio nella mera disobbedienza: ne di-scenderebbe la repressione del pericolo di un pericolo, palesemente lontana dalprofilo dell’offesa del bene giuridico.

193 V. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Parte generale, cit., 512.194 M. GALLO, Appunti di diritto penale, II, cit., 77 s. perviene a constatare che

«l’obbligo di fare postula sempre, per necessità logica, un termine entro il quale ilfare deve essere realizzato», ovvero che «l’obbligo di fare non può prescindere daun termine che ne assicuri l’effettività», perentorio o ordinatorio che sia.

195 Sostiene invece come nei reati omissivi impropri manca un termine diretta-mente o indirettamente fornito dalla norma, «attualizzandosi viceversa in concre-to, a seconda dello stadio di avanzamento del pericolo di verificazione dell’evento»,CADOPPI, Il reato omissivo proprio, II, cit., 909, che prosegue affermando come solonel reato omissivo proprio «va, ab extrinseco, imposta una “deadline” entro la qua-le l’azione va compiuta: essa non è legata ad alcun dato fenomenico in divenire, e,senza un termine previsto (più o meno direttamente) da una norma, non può nem-

così descritta, del conato di un delitto omissivo proprio 192, poggia per-vero su basi dogmatiche limpidamente fragili, ancora una volta di-mentiche della “seconda” e “negativa” componente necessaria della fi-gura tipica tentata: l’interruzione involontaria dell’iter criminis cheproduce il non completamento della condotta o la non verificazionedell’evento.

La notazione, pertanto, implica un ripensamento del rilievo per cui«se il termine utile per compiere l’azione prescritta non è scaduto, ilnon averla posta in essere non implica ancora violazione dell’obbligo,mentre, se il termine è scaduto, il reato è già perfetto» 193.

Che il termine qui discusso “appartenga” all’omissione, costituendola coordinata temporale dell’inadempimento, appare invero inconte-stabile, proprio per la più intima essenza della categoria criminosa dicui si ha a trattare 194, che obbliga a tenere un certo comportamento at-tivo fintantoché sussistano determinate contingenze fattuali 195.

Page 367: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

352 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

meno attualizzarsi l’obbligo di agire». Secondo l’Autore, nell’opposto caso di illeci-to omissivo improprio, «ciò che conta è il dato naturalistico dell’accrescimento delpericolo, e non occorre che la norma faccia riferimento ad un termine finale, poi-ché esso discende dalla situazione di fatto dell’impossibilità sopravvenuta di evita-re l’evento». Nel senso che il termine comunque nei reati omissivi impropri assol-verebbe un ruolo diverso da quello ricoperto nell’ambito del reato omissivo pro-prio, in quanto elemento costitutivo del fatto, CARACCIOLI, Il tentativo nei delittiomissivi, cit., 161 ss.; GELARDI, Il tentativo nei delitti omissivi, cit., 264 s.; GIULIANI

BALESTRINO, Aspetti del tentativo nei delitti di omissione, in Riv. it. dir. proc. pen.,1977, 428.

196 Così CADOPPI, Il reato omissivo proprio, II, cit., 867.197 CADOPPI, Il reato omissivo proprio, II, cit., 868, trova qui spiegazione della non

rara previsione di termini autonomamente rilevanti per il diritto penale, ulterioririspetto a quelli di significato extrapenale. Con ciò rimarcando l’inconfigurabilitàdi precetti penali “meramente sanzionatori” rispetto a precetti extrapenali.

198 VANNINI, Il problema giuridico del tentativo, cit., 32: «O si omette (anche conla precisa intenzione di mai compiere l’atto voluto dalla legge) sino all’istante in cuiscade il termine utile per il doveroso compimento dell’atto imposto dalla norma epoi tempestivamente si eseguisce l’atto dovuto, e in tal caso nulla si è commesso dicontrario alla norma, poiché l’omissione precedente all’azione tempestivamentecompiuta esprime esercizio di un diritto, costituisce insomma, un comportamentoperfettamente lecito; oppure l’atto imposto dalla norma si eseguisce fuori del ter-mine fissato, oltre il termine fissato, e in tal caso, malgrado l’esecuzione dell’atto, ilreato è con ciò consumato in quanto la successiva azione (anche se realizzatricedello scopo voluto dalla norma stessa) non elimina dal mondo dei fenomeni giuri-dici la precedente omissione»; CADOPPI, Il reato omissivo proprio, II, cit., 905: «Coin-cidendo l’evento da produrre con la scadenza del termine, in tale momento vi sonodue possibilità: o l’evento si è verificato, e allora il reato non vi sarà (neppure ten-tato); o l’evento non si è verificato, e allora il reato vi sarà (e già consumato)».

199 V. BETTIOL, Diritto penale, cit., 568. Contrario MANTOVANI, Diritto penale, cit.,439 s., che, nell’ammettere la configurabilità del tentativo nell’ambito dei reati dipura omissione, ritiene possibile riscontrarvi un iter criminis.

Il c.d termine (normativamente posto) rappresenta dunque un ele-mento essenziale nel tessuto connettivo della fattispecie omissiva, la-sciandosi da questo forgiare la stessa tipicità della condotta 196, cosìintrodotta nella dimensione di offensività penale dell’interesse pro-tetto 197.

Ma se è vero che il volontario non adempimento segna la consu-mazione dolosa del reato stesso 198, non pare altrettanto pacifico mi-sconoscere l’esistenza di alcunché di giuridicamente rilevante primadella scadenza cronologica implicitamente o esplicitamente fissata.Ne dovrebbe discendere la conclusione di un reato invariabilmenteunisussistente, non scomponibile in un iter criminis ovvero in una se-quela di atti considerabili idonei e diretti in modo non equivoco acommetterlo 199.

Non stupisce, allora, la contraddizione in cui cadono gli stessi pro-

Page 368: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 353

200 CADOPPI, Il reato omissivo proprio, II, cit., 915.201 Si ricorda la divisione giurisprudenziale insorta in proposito alla compatibi-

lità strutturale del tentativo con i reati di pericolo (Cass., Sez. VI, 13 febbraio 1995,Ciccarone, n. 4169), ovvero alla inconfigurabilità di tale forma di manifestazione de-littuosa nell’ambito di specie (Cass., Sez. V, 27 maggio 1982, Caldogno, n. 8605;Cass., Sez. I, 22 novembre 1995, Grandini, in Giust. pen., 1996, II, 511, che ha esclu-so la legittimità del sequestro di sciarpe trovate in possesso di alcuni sostenitori diuna squadra di calcio e dalle cui caratteristiche si era ritenuto di desumere che essefossero idonee a costituire un incoraggiamento alla violenza, osservando che, attesal’inquadrabilità del delitto di pubblica istigazione a delinquere di cui all’art. 414 frai reati di pericolo, per i quali non è ammessa la figura del tentativo, deve ritenersi il-legittimo il sequestro di cose che si assumano riferibili ad un illecito penale costi-tuito dal tentativo di commettere il suddetto reato). Da ultimo cfr. Cass., Sez. III, 13novembre 2007, Marzullo, cit.: «è lo stesso art. 56 c.p. a imporre positivamente l’an-ticipazione della soglia di punibilità, e quindi la deroga al principio di offensività,senza possibilità di distinguere tra i vari tipi di delitti, a meno che la struttura stes-sa del delitto sia ontologicamente incompatibile col tentativo: incompatibilità chenon si può logicamente ravvisare per i reati di pericolo in quanto tali, perché – comegià accennato – è ben possibile compiere atti idonei diretti in modo non equivoco acagionare un pericolo che poi, per ragioni contingenti, non insorge».

202 In questo senso, invece, BONINI, L’omissione nel reato, Milano, 1947, 153; BO-SCARELLI, Compendio di diritto penale, cit., 134.

positori della criticata impostazione, che tratteggiano la condotta dichi si sia messo nell’impossibilità di adempiere come «atto preparato-rio, non ancora “conforme al tipo”, seppur teleologicamente – nelle in-tenzioni del soggetto – orientato all’inadempimento e dunque alla rea-lizzazione di un’omissione tipica» 200.

Tant’è: questo pensiero è destinato a cadere col riconoscere che lafunzione naturale della dimensione tentata consiste proprio nell’arre-trare la tipicità disegnata dall’ipotesi consumata.

Quanto alle ulteriori considerazioni, sostanziali e formali, diffusa-mente addotte per negare la “locale” rilevanza del conato, ebbene an-ch’esse non mancano di suscitare poderose perplessità. Per le une, adeporre nel senso dell’inconfigurabilità del tentativo interverrebbe lanatura di pericolo comunemente riconosciuta in capo al reato omissi-vo proprio.

In realtà, detto questo, rimane ancora tutto da individuare il para-metro normativo alla cui stregua l’ordinamento avrebbe dichiarato diespungere dalla sfera della punibilità il pericolo (leggi tentativo) di unpericolo 201.

Le altre si dissolvono una volta chiamati in causa i reati omissiviimpropri: se fosse il riferimento agli «atti» ed all’«azione», contenutonell’art. 56 c.p., ad escludere dal relativo spettro applicativo una con-dotta omissiva 202, ad identica conclusione dovrebbe giungersi in ordi-

Page 369: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

354 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

203 Che i delitti omissivi impropri ammettano il tentativo pare infatti fuori di-scussione, v. ANDREI, Il tentativo nei reati omissivi, in Riv. pen., 1963, I, 219 ss.; CA-RACCIOLI, Il tentativo nei delitti omissivi, cit.; FIANDACA, Sulla configurabilità del ten-tativo, cit., 13; CADOPPI, Il reato omissivo proprio, II, cit., 907 ss.

204 Cfr., in giurisprudenza, Cass., Sez. VI, 8 maggio 1985, Pardin, in Cass. pen.,1987, 542.

205 CARACCIOLI, Il tentativo nei delitti omissivi, cit., 84 ss., 95: «nei reati di puraomissione, la scadenza infruttuosa del termine di adempimento non partecipa deicaratteri tipici degli elementi costitutivi del reato, in quanto … non si pone in col-legamento causale con la condotta tenuta dal reo; d’altronde, possiede invece tuttiquei requisiti che, in base all’art. 44 c.p., sono necessari, ma anche sufficienti, rela-tivamente alle condizioni obiettive di punibilità».

206 V. FIANDACA, Reati omissivi e responsabilità penale per omissione, in Arch.pen., 1983, I, 39; ID., Sulla configurabilità del tentativo, cit., 29 s.

ne ad un comportamento non impeditivo dell’ «evento che si ha l’ob-bligo giuridico di impedire», a proposito del quale tuttavia una simileimpostazione negativa rimane disattesa 203.

Alla luce di siffatte obbiezioni, l’indagine viene agevolmente a spo-starsi a favore della contrapposta soluzione esegetica, verso la qualeindirizza la tesi che ravvisa i tratti somatici del tentativo nel fatto di chicompia atti idonei e diretti in modo non equivoco a porsi nell’impossi-bilità di adempiere al comando 204: l’attività svolta dal soggetto primadella scadenza del termine assume quindi un significato percepibile aisensi dell’art. 56, comma 1, c.p., quale percorso volutamente predispo-sto dall’agente come “mezzo per il delitto”.

Questa stessa sensibilità ad anticipare la visione del fatto di reatoomissivo continua peraltro a trasparire anche dalla variante interpre-tativa secondo cui la punibilità di codesto tentativo rimarrebbe obiet-tivamente condizionata – al pari della forma consumata – dalla sca-denza del termine 205. A stare ad essa, tuttavia, l’inevitabile sovrapposi-zione tra sanzionabilità del tentativo e punibilità del reato consumatoridurrebbe la prima a mera ipotesi teorica.

Né, infine, incompatibile con quest’ordine di idee si dimostra l’opi-nione che delimita lo spazio di cittadinanza del tentativo alle ipotesi incui il soggetto abbia già creato una situazione che renda impossibile ilsuo adempimento 206, beninteso quando la lesione dell’interesse tutela-to non si sia verificata per l’intervento di fattori esterni. Opinione, que-sta, che pure non consente di essere adottata in quanto premette la so-stituzione – contra legem – della condotta omissiva con un aliud agerepreclusivo dell’adempimento del precetto.

Ammettiamo, allora, in coerenza con le deduzioni tratte nel corsodi questo studio, che l’atto (qualificato) con cui un soggetto si indiriz-

Page 370: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 355

207 Per una simile opinione, FLORA, Profili penali in materia di imposte dirette edI.V.A., Padova, 1979, 210, nota 164; CERQUA, L’equiparazione del delitto tentato aquello consumato nella legislazione penale tributaria, in Riv. dir. valut., 1984, 186 s.

zi a non adempiere integri la soglia di punibilità della condotta tentata.Ma consideriamo anche come una forma tentata di manifestazione de-littuosa non possa ancora dirsi realizzata, costretta come è a subirel’intervento interruttivo di un fattore esterno. Ne discende come non visia ragione alcuna per tacciare l’ipotesi di tentato delitto omissivo(proprio) di una irrisoria vita autonoma, in quanto destinata a trasfor-marsi, non appena scaduto il termine, in reato consumato: in una si-mile evenienza del delitto tentato mai potrebbero cogliersi le sembian-ze, irrimediabilmente carente del dato costitutivo di segno negativo.

A rigore, piuttosto, del tentativo in discussione si avvisteranno lefattezze a fronte di una involontaria interruzione del percorso crimi-noso orientato verso la non produzione del risultato atteso, come è nel-le pur non frequenti ipotesi di forzato adempimento nel termine: ogni-qualvolta, cioè, la realizzazione dell’evento comandato dipenda dalcoattivo intervento di un terzo o comunque da un involontario adem-pimento o ancora dall’altrui adempimento 207.

In siffatti casi, il non completamento della condotta – quella vieta-ta dalla norma penale e voluta dall’agente, ovvero l’omissione dell’atti-vità – è invero determinato da un fattore cogente che nasce e rimane“non personalmente riferibile” al soggetto attivo, secondo un modelloesattamente sussumibile nella prescrizione dell’art. 56, comma 1, c.p.

La regola appena ricostruita conosce tuttavia eccezioni: come è nel-l’ipotesi tributaria portata all’esame, ove la struttura della fattispecieincriminatrice interdice la configurabilità giuridica della forma tenta-ta. Per cui, nelle stesse evenienze appena richiamate – quelle, in breve,di adempimento involontario – a condensarsi sarà “direttamente” la fi-gura consumata.

L’esito così raggiunto non appare scevro da zone d’ombra, che su-bito occorre diradare. In particolare, è opportuno mettere bene a fuo-co l’accennata sintassi dei fatti (consumati) ove alla condotta omissivadell’agente subentri, prima del decorso integrale del periodo di tempoconcesso dall’ordinamento per desistere, l’agire di altro soggetto suffi-ciente ad impedire il denegato risultato dell’inazione, o comunque su-bentri un adempimento non volontario.

Per esemplificare, è tra l’altro il caso del superiore gerarchico cheottemperi all’atto d’ufficio omesso dal pubblico ufficiale (o incaricatodi pubblico servizio) a lui subordinato nelle more dei trenta giorni de-correnti dal ricevimento della richiesta scritta dell’interessato, entro

Page 371: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

356 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

208 Cfr., nel senso dell’usura quale delitto a consumazione prolungata, Cass.,Sez. I, 19 ottobre 1998, D’Agata, in Dir. pen. proc., 1999, 86, con nota adesiva di PI-SA, Duplice svolta giurisprudenziale a proposito di usura e art. 586 c.p.; Cass., Sez. II,30 ottobre 1999, Lopez, in Cass. pen., 2000, 1644; Cass., Sez. II, 11 novembre 2005,Casadei e altri, n. 41045. Critico rispetto a questa ricostruzione BRUNELLI, Il reatoportato a conseguenze ulteriori, cit., 18 ss., 141 ss.

cui all’omittente è per l’appunto concessa l’opportunità di compierel’atto medesimo.

Da questo angolo di visuale è possibile intravedere difatti una ulte-riore caratterizzazione di simili fattispecie qualificate dalla non (vo-lontaria) desistenza: esse incarnano la (pari) risposta sanzionatoriadettata dal sistema sia rispetto alla effettiva lesione sia rispetto allamessa in pericolo del bene protetto. Sottendono cioè l’anima di normealternativamente rivolte (pur sempre nella fase consumata) a coprirela rilevanza penale e di fatti prettamente pericolosi – allorquando l’at-teggiamento non volontario dell’agente, al pari dell’intervento fattivodi un terzo, precluda l’oggettiva evoluzione verso la lesione – e di fattiintrisi di danno.

Si asseconda così una opzione legislativa presente anche in altriluoghi dell’ordinamento penale. In proposito, valga per tutti l’eteroge-neo riferimento all’art. 644 c.p.: la previsione della condotta quale «far-si dare o promettere … interessi o altri vantaggi usurari» esprime in-vero il duplice schema di un reato il cui momento consumativo è al-ternativamente costituito dagli atti di adempimento dell’obbligazioneusuraria – ove si materializza il danno patrimoniale –, da un lato, e dal-la semplice accettazione della promessa di pagamento di interessi usu-rari – ove a manifestarsi è un pericolo per il patrimonio della vittima –,dall’altro 208.

6.2. Rileggere l’art. 5, D.Lgs. n. 74 del 2000

A corollario di questo ragionamento è d’uopo rivolgere rinnovataattenzione al delitto di omessa dichiarazione ex art. 5, D.Lgs. n. 74 del2000. La normativa tributaria in esame consente infatti di assegnare ilruolo di fattore negativo della tipicità, sub specie di integrale, effettivae tempestiva desistenza, alla presentazione della dichiarazione annua-le delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto «entro novanta giornidalla scadenza del termine» fiscale intenzionalmente – rectius, al finedi evadere le imposte – lasciato decorrere.

La precisazione, contenuta nel comma 2, di non considerare quellacome condotta omissiva ai fini della disposizione di cui al comma pre-

Page 372: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 357

209 In tal senso anche CADOPPI, Commento all’art. 5, in AA.VV., Diritto e procedu-ra penale tributaria, a cura di Caraccioli-Giarda-Lanzi, Padova, 2001, 221; BERSANI,I reati di dichiarazione infedele e di omessa dichiarazione. Artt. 4 e 5 del D.Lgs. 10marzo 2000, n. 74, Padova, 2003, 135. V. TRAVERSI-GENNAI, I nuovi delitti tributari,cit., 228, i quali osservano come «in considerazione del fatto che la dichiarazionenon si considera omessa fintanto che non sia trascorso il termine di comporto, sidesume – a contrario – che, decorsi inutilmente novanta giorni dalla scadenza deltermine previsto per la presentazione della dichiarazione, l’eventuale successivoadempimento dell’obbligo non fa venir meno l’intrinseca illiceità della condottaomissiva già posta in essere».

210 IORIO, I nuovi reati tributari, in Commento al nuovo sistema penale tributario,in allegato a Fisco, 2000, n. 14, 36.

211 TRAVERSI-GENNAI, I nuovi delitti tributari, cit., 228. Per una critica alla solu-zione indicata, cfr. NAPOLEONI, I fondamenti del nuovo diritto penale tributario, Mi-lano, 2000, 150; CADOPPI, Commento all’art. 5, cit., 221; ZANNOTTI, Il delitto di omes-sa dichiarazione, in AA.VV., Diritto penale tributario, a cura di Musco, Milano, 2002,158. Sul punto v. anche BELLAGAMBA-CARITI, I nuovi reati tributari. Commento per ar-ticolo al d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, Milano, 2000, 76, che sollevano dubbi di legit-timità costituzionale in ordine alla equiparazione così operata. Peraltro, nella vi-genza della legge n. 516 del 1982 già la Corte Cost., ord. 6 dicembre 1989, n. 524, inG.U. 13 dicembre 1989, ritenne infondata analoga questione. Ritengono inoltre chela dichiarazione presentata oltre il termine massimo possa esplicare effetti sulla

cedente, sembra proprio riprodurre esattamente lo schema giuridicoestratto dalla regola della desistenza dal delitto. Che ci sia stata unainazione alla scadenza del termine per la presentazione costituisce, co-sì, la condizione “basica” per saggiare la rilevanza penale del fatto. Maquesta viene ad essere proclamata solo allo scoccare dei 90 giorni suc-cessivi all’originaria scadenza 209, sempre che non sia stato nel frat-tempo dissolto il sospetto di offensività ingenerato, tempestivamentesconfessato ad opera di una controcondotta capace di “ricoprire” ilcomportamento già intrapreso (presentazione vs. non-presentazione).

In sintesi, (solo) la somma di questi due antinomici atteggiamentinon acquista il grado di forza necessario e sufficiente a scavalcare ilmuro di contenimento del divieto penale.

Con ciò, si profila non accettabile l’osservazione per cui, anche nelcaso di presentazione successiva della dichiarazione, sarà «… ben dif-ficile che venga integrato il reato in esame … in quanto non si è in pre-senza di alcuna imposta evasa» 210. E parimenti non plausibile si rivelala proposta, formulata da altra dottrina, di individuare, accanto ad unaipotesi di realizzazione del reato concretizzata in una omissione totale– per completa inerzia del soggetto di fronte al precetto – una distintafigura di “tardiva presentazione”, che si verificherebbe invece nel casoin cui la dichiarazione venisse presentata oltre il termine penale di tol-leranza 211.

Page 373: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

358 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

sussistenza dell’elemento soggettivo, costituendo un indice sintomatico dell’insus-sistenza in capo al contribuente del richiesto dolo di evasione, BRICCHETTI, Dichia-razione omessa e infedele: la fattispecie a condotta monofasica, in Fisco, 2001, 7075;BERSANI, I reati di dichiarazione infedele, cit., 136.

212 TRAVERSI-GENNAI, I nuovi delitti tributari, cit., 231.213 V. Cass., Sez. III, 28 febbraio 2003, B., in Dir. pen. proc., 2004, 591. In que-

sto senso depone anche l’abrogazione ad opera dell’art. 25, lett. a) del D.Lgs. n. 74del 2000 dell’intero Titolo I della legge n. 516 del 1982, con ciò caducando l’istitu-to del ravvedimento operoso di cui all’art. 14, comma 5, legge n. 408 del 1990. Lanorma collegava l’effetto della non punibilità per i reati tributari ove il contri-buente avesse presentato una dichiarazione integrativa contenente l’indicazionedelle variazioni apportate rispetto alla dichiarazione originaria e passibile di esse-re presentata non oltre il termine di scadenza della dichiarazione per il secondo pe-riodo di imposta successivo a quello interessato, a condizione che non fossero in-tervenuti accessi, ispezioni, verifiche, inviti o richieste e la violazione non fosse sta-ta contestata.

D’altronde, l’attualità dell’offesa indiziata dall’inottemperanza ri-spetto ai tempi non penali permane pure nell’ipotesi di successiva etempestiva dichiarazione c.d. “incompleta”, individuabile nei casi didichiarazione «talmente carente, generica e imprecisa quanto al con-tenuto, da rendere impossibile all’ufficio la ricostruzione della baseimponibile o, addirittura la stessa identificazione del contribuente» 212.Anche tale tipologia di situazione, pertanto, si dimostra attagliarsi per-fettamente alla dimensione tipica disegnata dall’art. 5.

Va da sé che profondamente diversa è la scelta riflessa nella tecnicadi tipizzazione adottata, tra gli altri, all’art. 2 della stessa normativa.Qui il delitto si consuma alla data della presentazione della dichiara-zione annuale dei redditi contenente indicazioni fraudolente, fondatesu fatture corrispondenti ad operazioni inesistenti, di talché a nulla ri-leva il fatto che lo stesso reo abbia fatto seguire una dichiarazione cor-rettiva di quella fraudolenta nei termini previsti dalla legge per la pre-sentazione annuale 213.

Né stupisce, a questo punto, il tenore del consecutivo art. 6, aventecura di precisare come «i delitti previsti dagli artt. 2, 3 e 4 non sono co-munque punibili a titolo di tentativo»: con siffatta espressione la nor-ma si incarica di puntualizzare che, la scelta di postergare la visibilitàdella tipicità penale fino a quando non appaiano tutti gli elementi de-scritti nella parte narrante della speciale norma incriminatrice, non ri-mane isolata nella disposizione dell’art. 5, che immediatamente la pre-cede, diffondendosi piuttosto ad ogni ipotesi delittuosa in materia didichiarazione.

Page 374: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 359

214 Cass., Sez. V, 26 gennaio 2006, Arcari, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2006, 745 ss.,con nota di ZAMPANO, Bancarotta “riparata” e principio di offensività.

7. Se scompare l’attualità dell’offesa creditoria: soglia temporaledella dichiarazione di fallimento e condizione di inesistenza delreato di bancarotta fraudolenta

Una recente riflessione di portata giurisprudenziale fornisce l’ab-brivio per un ultimo slancio riflessivo: «Il delitto di bancarotta è reatodi pericolo, potendosi realizzare anche senza un effettivo e definitivopregiudizio ai creditori, bensì con la esposizione al rischio del possibi-le danno. La verificazione di detto pericolo deve riguardarsi, tuttavia,al momento della dichiarazione giudiziale di fallimento e non già aquello dell’atto antidoveroso. Ne consegue che, quando la condotta haannullato ogni valenza pregiudizievole per l’interesse tutelato primadella soglia cronologica costituita dall’apertura della procedura, attra-verso la restituzione – al momento dell’apertura del concorso dei cre-ditori – del patrimonio aziendale nella sua integrità, viene meno lastessa integrità giuridica della fattispecie, risultando del tutto indiffe-rente la pregressa condotta di gestione, poiché essa non riversa i suoieffetti dannosi in seno alla successiva vicenda concorsuale, non poten-dosi intravedere potenzialità di danno per i creditori, nemmeno in unaprospettiva meramente astratta» 214.

Di antica memoria, eppure di spessore giuridico non affievolito, levicende di riparazione che ruotano attorno alla bancarotta fraudolen-ta si candidano a gran voce a fornire nuovo materiale ad uno studio,quale è quello in cui ci si è da ultimo impegnati, che tende a rifuggirel’etichetta “di settore”, tentando piuttosto di portare in superficie i le-gami che saldano la legislazione penale complementare con gli am-plissimi spazi concettuali della parte generale del codice.

Ebbene, l’ennesimo obiettivo, di proporre una formula ragionevol-mente atta a decriptare la fenomenologia delle ipotesi di bancarotta“riparata”, impone ancora una volta il confronto, inelusibile ed inin-terrotto, con la linfa vitale dell’illecito penale, con quel disvalore checomunica del singolo fatto storico la relativa identità criminale.

È il passaggio su cui cimentarsi, non appena delucidata la casisticatratteggiata in epigrafe ed il correlato novero di proposte interpretative.

7.1. La questione: la c.d. bancarotta riparata

Ad assolvere il primo compito sovvengono le esemplificative sem-bianze storiche dell’episodio cui porge soluzione il decisum riprodotto.

Page 375: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

360 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

215 Si badi come, per principio costantemente affermato, le restituzioni interve-nute dopo la sentenza dichiarativa di fallimento non escludano la configurabilitàdel reato, Cass., Sez. V, 15 giugno 1984, Frigerio, in Cass. pen., 1985, 595; Cass.,Sez. V, 17 marzo 1987, Navacchia, ivi, 1988, 1949; Cass., Sez. V, 7 maggio 2004,Giacompolli, in C.E.D., n. 228708; Cass., Sez. V, 16 marzo 2005, Miatello, in C.E.D.,n. 231853.

216 L’elaborazione dogmatica in punto di bene giuridico tutelato offre un vario-pinto ed eterogeneo quadro di ipotesi ricostruttive del quid protetto: non solo con-trapponendo la teoria che lo identifica nella garanzia creditoria (DELITALA, L’ogget-to della tutela nel reato di bancarotta, in Studi in onore di Longhi, in Riv. pen., 1935,284; PROSDOCIMI, Tutela del credito e tutela dell’impresa nella bancarotta prefallimen-tare, in Riv. trim. dir. pen. econ., 1999, 138) a quella che lo individua in un interes-se prettamente pubblicistico-processuale (in questo senso NUVOLONE, Il diritto pe-nale del fallimento e delle altre procedure concorsuali, Milano, 1955, 24 ss.; LA MONI-CA, I reati fallimentari, Milano, 1999, 320; GIULIANI BALESTRINO, La bancarotta e gli al-tri reati concorsuali, Milano, 1999, 53 ss.; SANTORIELLO, I reati di bancarotta, Torino,2000, 87 ss.), ma anche profilandolo nelle multiformi vesti che lo rendono consonoad un reato plurioffensivo. Cavalcando questa impostazione ANTOLISEI, Manuale didiritto penale. Leggi complementari, II, I reati fallimentari, tributari, ambientali e del-l’urbanistica, Milano, 2008, 46, non ne limita il novero degli aspetti protetti agli in-teressi sostanziali di stampo patrimoniale ascrivibili ai creditori (esigenze di cono-

Ciò consente di illustrare una situazione di integrale ricostituzione delpatrimonio dell’impresa ad opera di taluni amministratori che, dopoaver distratto somme, le stesse hanno provveduto a riversare nelle me-desime casse sociali prima della dichiarazione di fallimento. Proce-dendo per induzione dal singolare episodio distrattivo, non manca mo-do di riscontrarvi il fondo di una questione generale: circa la punibilitào meno di condotte, ovviamente tra quelle selezionate dalla norma dequa, la cui potenzialità offensiva per il bene protetto appaia esaurita invirtù della ricostituzione in integrum della situazione economicaaziendale intervenuta in un tempo antecedente la dichiarazione giudi-ziale di insolvenza.

L’irrilevanza di codeste sopravvenienze ai fini dell’(esclusione del-l’integrazione del delitto di bancarotta sembra conclusione ben pococontrastata da una giurisprudenza convinta, dalla specifica natura diillecito di pericolo assegnabile alla fattispecie in questione, a valoriz-zare l’argomento dell’idoneità dei comportamenti spesi a sottrarre i be-ni all’esecuzione fallimentare 215. Verificata per giusta regola ex ante,questa idoneità non fatica granché a rimanere completamente insensi-bile rispetto a contro-manovre che pure si rivelino economicamente ef-ficaci nell’ottica del risanamento aziendale. Per cui, viene a concluder-si, il delitto ex art. 216, comma 1, n. 1, legge fall. (R.D. n. 267 del 1942)si realizza prima ed indipendentemente dalla dichiarazione di insol-venza, pur senza un effettivo e definitivo pregiudizio ai creditori 216, i

Page 376: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 361

scere la consistenza patrimoniale del debitore, di trovare in essa adeguata garanziae di essere pariteticamente trattati in caso di sua insolvenza) ma mette in risalto an-che le ripercussioni negative della bancarotta sull’economia pubblica.

217 Cass., Sez. V, 25 febbraio 1977, Marzollo, in Cass. pen., 1978, 1495; Cass.,Sez. V, 15 gennaio 1985, Ortolani, ivi, 1986, 1392.

218 In tal senso si è affermato che la chiusura del fallimento per carenza di insi-nuazioni o per soddisfazione integrale dei creditori ex art. 118, nn. 1 e 2, non esclu-de la legittimità e l’efficacia della sentenza dichiarativa di fallimento né della con-seguente instauranda procedura, posto che solo la revoca del fallimento, pronun-ciabile ex art. 19 nel caso di insussistenza dello stato di insolvenza al momento del-la relativa declaratoria, fa venir meno la configurabilità, sotto il profilo oggettivo esoggettivo, del reato di bancarotta commesso in un momento ad essa anteriore,Cass., Sez. V, 8 aprile 1999, Grandi, in Guida al dir., 1999, n. 22, 128. Cfr. PAJARDI-FORMAGGIA, I reati fallimentari, Milano, 1994, 72, per i quali il pagamento dei credi-tori, comunque avvenuto dentro e fuori il processo fallimentare, così come la man-cata partecipazione dei creditori al suddetto processo, sono eventi totalmenteestranei, successivi ed eventuali, al compimento del reato.

219 V. PERINI-DAWAN, La bancarotta fraudolenta, Padova, 2001, 64.220 In giurisprudenza, v. Pret. Modena, 9 marzo 1970, Capelli, in Giur. mer.,

1972, II, 135; Trib. Roma, 14 ottobre 1980, Cannolicchio, ivi, II, 1345.221 BONELLI, Del fallimento, Milano, 1938, 816: preme sottolineare che l’Autore

muove da una identificazione del fallimento con il reato di bancarotta che è statadefinitivamente disattesa. Cfr. anche ROVELLI, Disciplina penale dell’impresa, Mila-no, 1935, 137.

quali, a rigore, potrebbero anche ottenere pieno soddisfacimento dellerispettive pretese: o a mezzo di altri beni dell’imprenditore, sufficientia ripianare le di lui situazioni debitorie; ovvero proprio attraverso i be-ni distratti od occultati recuperati dal curatore per vie del tutto auto-nome dall’attivarsi in questo senso del fallito 217. L’illecito, immediata-mente consumato all’epoca della commissione dei fatti delineati dallaprevisione incriminatrice, sarebbe, in una parola, “irreparabile” 218. Ilpeso della dichiarazione di fallimento, seguendo questo percorso, ri-mane visibilmente computato nell’esclusivo conto della punibilità 219,ponendosi dal lato degli eventi condizionali che risultano “punitivi”senza essere “costitutivi” della qualità o della quantità del disvaloremeritevole di sanzione criminale 220.

Per giungere alla soluzione di segno opposto, che alla riparazionericonosce effetti lato sensu retroattivi, occorre invece spingersi dal latodi chi asserisce l’insussistenza, nella fenomenologia all’attenzione, de-gli estremi oggettivi della bancarotta fraudolenta: «se il fatto, in quan-to sia riparabile, venga riparato prima che accada la dichiarazione difallimento … il reato non viene fuori, sia pure che la riparazione acca-da indipendentemente dalla volontà del debitore» 221.

La riformulazione di questa antesignana conclusione esegetica pro-

Page 377: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

362 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

222 Pur nell’identità degli effetti applicativi con riferimento alla discussa ipotesidella bancarotta riparata, sono isolabili due distinte correnti, dalle premesse incom-patibili. L’una (NUVOLONE, Il diritto penale del fallimento, cit., 43 s.) poggia su di unaoggettività giuridica processuale, che si volge a garantire la par condicio creditorum:la relativa offesa è attualizzata dalla dichiarazione di fallimento, che crea un vinco-lo di indisponibilità dei beni. L’altra (MEZZASALMA, L’elemento psicologico della ban-carotta semplice, Milano, 1970, 20 ss.; COCCO, La bancarotta preferenziale, Napoli,1987, 186 ss.; ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, Leggi complementari, cit., 53 ss.)ragiona di contro in termini di reato contro il patrimonio, per cui occorre verificarela sussistenza della diminuzione patrimoniale alla data del fallimento.

223 Così, per tutti, CONTI, I reati fallimentari, Torino, 1991, 302; LA MONICA, I rea-ti fallimentari, cit., 620. Contra NUVOLONE, Il diritto penale del fallimento, cit., 481.

224 A mero ausilio mnemonico del lettore si riproduce la lettera dell’art. 216,comma 1, n. 1, legge fall.: «ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipa-to in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai credito-ri ha esposto o riconosciuto passività inesistenti».

225 Parimenti, si trascrive il n. 2 del citato disposto: «ha sottratto, distrutto o fal-sificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto pro-fitto o di recare pregiudizio ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha te-

cede oggi attraverso il richiamo alla consolidata categoria delle condi-zioni intrinseche di punibilità, rectius attraverso l’illustrazione del fal-limento come tale 222. L’annullamento delle condotte di occultamento,distrazione, dissimulazione, distruzione e via dicendo, tenutesi nel ca-so di volta in volta in considerazione, non tarda così a precludere laconfigurabilità della consumazione delittuosa, nulla ostando alla ipo-tizzabilità del tentativo 223.

In quest’ottica, in breve, l’idea punitiva, concentrata sui fatti di ma-nomissione dei beni, non si accontenta di visionarli una tantum, madegli stessi esige un vaglio, quanto a carica offensiva, datato allo sca-dere della condizione-dichiarazione di fallimento. Solo allora la statu-ra di una offesa già nata potrà ritenersi completa, giunta al limite im-prescindibile per sancirne l’illiceità.

Si precisa: fino ad allora, ovvero fintantoché la lesione non sia dive-nuta attuale, i fatti ben potranno risultare reversibili.

7.2. Art. 216, comma 1, legge fall.: analisi della grammatica penale

È ormai chiaro che l’obbiettivo dell’analisi debba temporaneamen-te, e strumentalmente, deviare verso la delucidazione della posizionestrutturale assunta dalla dichiarazione di fallimento nelle ipotesi dibancarotta prefallimentare, la cui osservazione si è fin qua venuta iso-lando entro i confini normativi dell’art. 216, comma 1, legge fall. Tan-to nella forma patrimoniale 224 quanto nella forma documentale 225,

Page 378: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 363

nuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movi-mento degli affari».

226 Ex multis, ALIMENA, Le condizioni di punibilità, Milano, 1938, 8 ss.; MORO, Lasubiettivazione della norma penale, Bari, 1942, 198; M. GALLO, Il concetto unitario dicolpevolezza, Milano, 1951, 24 ss.; MOLARI, La tutela penale della condanna civile, Pa-dova, 1960, 61; NEPPI MODONA, Condizioni obiettive di punibilità, cit., 1 ss.; FIORELLA,Reato in generale, cit., 811; VENEZIANI, Spunti per una teoria del reato condizionato,cit., 4 ss.; ZANOTTI, Punibilità (condizioni di), cit., 544 ss.; DONINI, Teoria del reato.Una introduzione, cit., 412 ss.

227 In argomento si rinvia a PETROCELLI, Reato e punibilità, cit., 669 ss.; CURATO-LA, Condizioni obiettive di punibilità, in Enc. dir., VIII, Milano, 1961, 809 ss.; BRICO-LA, Punibilità (condizioni obiettive di), cit., 590; ANGIONI, Condizioni di punibilità eprincipio di colpevolezza, cit., 1450 ss.; ANTONINI, La funzione delle condizioni obiet-tive di punibilità. Applicazioni in tema di rapporti fra incesto e violenza carnale pre-sunta, in Riv. it. dir. proc. pen., 1984, 1278.

l’imprenditore che delle descritte condotte si è reso autore è punito so-lo se dichiarato fallito.

Della dichiarazione in parola – è più che noto – sono stati storica-mente proposti inquadramenti agli antipodi giuridici, stigmatizzabili nelbinomio alternativo elemento essenziale vs. condizione obiettiva di puni-bilità. Del pari, è assodato l’esito della diatriba: sullo sfondo del diffusoesame che ha riguardato entrambe le categorie, la preferenza dogmaticasul campo si è nettamente spostata a favore della natura condizionale.

Sennonché, il travaglio esegetico è lungi dal considerarsi cessato.L’odierna concordia (dei più) sulla funzione attribuibile alla constata-ta insolvenza si dimostra infatti priva di consistenti contenuti argo-mentativi non appena messa a confronto con ciascuna delle “fazioni”in cui rimane articolata la categoria delle condizioni.

Documentare a grandi passi la ricordata bipartizione diviene quindiantefatto irrinunciabile per incamminarsi verso una lettura critica del-l’istituto nel cui terreno, ormai tralatiziamente, viene ricondotto il falli-mento.

Dal lato estrinseco, quello cioè che vive e trova disciplina separata-mente rispetto al fatto di reato ed all’in se offensivo che di questo è pro-prio, le condizioni sono governate dall’art. 44 c.p., ed in suo nome so-no disconnesse tanto dalla necessaria verifica di un collegamento ezio-logico tanto da una imprescindibile appartenenza psicologica. Unaformulazione di sintesi le dipingerebbe quali condizioni per l’opportu-nità della punizione 226.

Dal lato intrinseco, quello stanziato nel perimetro degli elementicostitutivi del disvalore penale, le condizioni svolgono il “silente” com-pito di segnalare il livello di progressione dell’offesa – radicata nel fat-to commesso – atto a collocare l’accadimento nell’area criminale 227. La

Page 379: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

364 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

228 MORMANDO, L’evoluzione storico-dommatica delle condizioni obiettive di puni-bilità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1996, 610.

229 Corte Cost., 16 maggio 1989, n. 247, in Giur. cost., 1989, 1133 ss.230 Sul punto ANGIONI, Condizioni di punibilità e principio di colpevolezza, cit.,

1498 ss.231 Per le quali più opportunamente si rinvia a D’ASCOLA, Punti fermi e aspetti

problematici delle condizioni obiettive di punibilità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1993,652 ss.; ID., Reato e pena nell’analisi delle condizioni obiettive di punibilità, cit., inparticolare, 88 ss., 117 ss., 213 ss. In argomento, anche FALCINELLI, Le soglie di pu-nibilità tra fatto e definizione normo-culturale, Torino, 2007, 11 ss.

232 A tal riguardo v. DURIGATO, Ancora un interrogativo sulle condizioni obiettivedi punibilità, in Ind. pen., 1989, 733 ss.

233 In senso critico PERDONÒ, Fatti di bancarotta e declaratoria di fallimento: dalproblematico inquadramento dogmatico ad una proposta de iure condendo, in Riv.trim. dir. pen. econ., 2004, 447 ss.

peculiarità di un siffatto ruolo contenutistico, tagliato “su misura”, lerende infine elementi partecipi «dell’interesse unitario e globale com-plessivamente protetto» 228 in quanto «filtro selettivo che connota lagravità dell’offesa» 229. Dunque, componenti essenziali sì, ma non ab-bastanza per rimanere integralmente assoggettate al modello ascritti-vo dettato per quei fattori che prima facie descrivono il fatto, e di con-seguenza sempre imputabili per colpa sulla falsariga della previsioneritagliata dall’art. 59, comma 2, c.p. con riferimento alle circostanzeaggravanti 230.

Non è questo il tempo ed il luogo per discettare sui dettagli delleobiezioni fondatamente formulabili dirimpetto all’opzione appenaesplicata 231. Ma certo non ci si può esimere dal valorizzarne l’artificio-sità, ad uso e consumo del dominio giurisprudenziale sull’argomento.Del resto, l’estraneità alla lettera ed alla logica penale invitano ad ap-prezzare l’opinione promossa da una schiera crescente di oppositorialla categoria delle condizioni intrinseche 232, ed a coinvolgere così inun’unica parentesi critica “collettiva” tutti i richiami proposti alla sud-detta categoria di cui si è dato atto nell’esposizione delle fattispecie cheè preceduta.

Nondimeno, proprio tale ultima “porzione” delle condizioni è sta-ta chiamata a gran voce per offrire una consona qualificazione delladeclaratoria di fallimento, nei termini – lo si è ricordato – di elemen-to che attualizza il pregiudizio di un bene altrimenti leso solo in po-tenza 233.

Se questa ricostruzione, alla luce delle perplessità sopra sollevate,non pare giuridicamente credibile, certo è che raffigurare di contro lapronuncia, senz’altro con maggior proprietà di linguaggio penale, nei

Page 380: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 365

234 Nel senso che, ai fini dell’integrazione del delitto ex art. 216 legge fall., si deb-ba prescindere dalla verifica di collegamenti eziologici e psicologici tra fatti di ban-carotta e fallimento, tra le altre, Cass., Sez. V, 23 gennaio 1984, Zucchetti, in Giust.pen., 1985, II, 28. Cfr. BARTOLO, La distrazione seguita dal fallimento. Bancarotta edinfedeltà patrimoniale infragruppo, Roma, 2008, 43 ss.

235 CONTI, I reati fallimentari, cit., 304, ipotizza come in caso contrario il fatto co-stitutivo di reato potrebbe non risultare punibile.

236 Cfr. GIULIANI BALESTRINO, La bancarotta, cit., 56.237 Cass., Sez. V, 29 novembre 2005, Bazzoli, in C.E.D., n. 233048.

colori di una condizione estrinseca, ne importerebbe l’esilio dal corpocentrale dell’illecito 234.

Proprio tale necessaria conseguenza logica deve fomentare l’inter-rogativo sulla bontà di una qualsiasi conclusione che tralasci di consi-derare il legame, di innegabile evidenza, tra i fatti – per tutti, distratti-vi – ed il tempo del fallimento: la bancarotta punibile esige una decla-ratoria intervenuta quando la diminuzione patrimoniale sia ancora inatto 235.

Del resto, a far dubitare dell’attribuibilità di una natura condizio-nale estrinseca all’elemento in discettazione, concorrono proprio le ar-gomentazioni di sostegno spese con specifico riferimento alla fenome-nologia su cui ora si attarda l’interesse. Si sostiene difatti che comun-que andrebbe negata la riparabilità della lesione occorsa al bene tute-lato per effetto di condotte antecedenti il fallimento, posto che, am-messa tale riparazione, la non punibilità potrebbe seguire solo a rime-di apprestati rispetto a condotte distrattive di cose fungibili; inoltre,col valutare il danno al momento del fallimento, si precluderebbe albancarottiere di avvalersi dell’attenuante ex art. 62, n. 6, c.p., egli es-sendo considerato meritevole solo nell’adoperarsi per la reintegrazionetotale del patrimonio, non bastando il risanamento parziale 236.

Quanto vale a confutare la prima ragione è presto detto. Ove ancherisultasse questa netta delimitazione alla (sopravvenuta) non punibi-lità, ebbene sarebbe l’evidente riflesso di una tecnica selettiva, e sovra-na, di politica criminale, connessa alla peculiarità della modalità com-portamentale aggressiva di un bene infungibile.

La seconda argomentazione trova invece diretta contraddizionenella stessa grammatica della norma che varrebbe a giustificarla. Si ri-corda, difatti, come la prima parte dell’art. 62, n. 6, c.p., riconosce ef-fetto attenuante al risarcimento del danno solo ove il danneggiato siastato completamente reimmesso nella posizione qua ante, non essendosufficiente una qualsivoglia chiusura del rapporto risarcitorio conse-guente al reato 237. In sostanza, le conseguenze dannose o pericolose

Page 381: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

366 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

238 ROCCO, Il fallimento, teoria generale ed indagine storica, Torino, 1917, 117;LONGHI, Bancarotta e altri reati in materia commerciale, Milano, 1930, 69.

239 Cass., Sez. Un., 25 gennaio 1958, Mezzo ed altri, in Giust. pen., 1958, II, 513ss., in particolare 518, per cui è «evidente che la dichiarazione di fallimento, oltre adeterminare la punibilità del fatto-reato, concorre alla esistenza del reato … In al-tre parole la dichiarazione di fallimento inerisce all’attività antecedente dell’im-prenditore, trasformandola in attività trasgressiva della norma penale». Cfr. Cass.,Sez. I, 25 luglio 1991, Bianchi, in Riv. pen., 1992, 521; Cass., Sez. I, 27 ottobre 1994,Ferrari, in Cass. pen., 1996, 940.

240 Trib. Genova, 22 dicembre 2004, Afferni, in Giust. pen., 2006, II, 370, a pro-posito dell’art. 223, comma 2, n. 2, legge fall., richiede «un accertamento rigorosodella sussistenza del nesso causale con il fallimento, inteso nel suo aspetto sostan-ziale di dissesto, poiché esso è evento del reato».

del reato cui fa cenno l’ultima porzione della previsione circostanziale,dando rilievo attenuante pure ad una loro mitigazione, sono una entitàconcettualmente distinta dal danno economicamente valutabile, di cuisi pondera esclusivamente la radicale eliminazione. Per cui nessun be-neficio rimarrebbe irragionevolmente precluso al bancarottiere.

Stupisce non poco, dopo aver letto queste rapide riflessioni, scopri-re che pure le teorie impegnatesi a ripercorrere la natura della indaga-ta pronuncia nei tratti di elemento essenziale non appaghino il corren-te senso giuridico. Di tale “difetto” peccano sia la primigenia colloca-zione del fallimento in seno all’evento del reato 238 sia l’inquadramentodello stesso nel suggestivo cono d’ombra delle “condizioni di esistenzadel reato” 239.

È pur vero che nel vagliare la solidità del primo pensiero sia daestromettere l’obbiezione che assume l’inspiegabilità, in questo ordinedi idee, delle ipotesi di bancarotta post fallimentare, ove la condotta ètenuta dopo l’indagata dichiarazione di insolvenza, che pure si vorreb-be qualificata come evento. Difatti, nulla sembra precludere al legisla-tore di focalizzare l’attenzione su di un certo dato reale ora come esitodi una definita sequenza comportamentale, ora – ovviamente nell’al-veo di una distinta fattispecie incriminatrice – come situazione in cuioccasiona l’insorgere di un atteggiamento criminalizzabile.

Ma effettivamente insuperabile, nella critica all’accennata imposta-zione, si dimostra altro argomento, di spessore sistematico: la sintassinormativa dell’art. 216, comma 1, legge fall., una volta messa al con-fronto con la limpida formulazione linguistica dell’art. 223, comma 2,n. 2 (ove sta scritto del cagionare il fallimento della società) 240, convin-ce di una esplicita scelta nel senso del locale soprassedere alla positi-vizzazione di un vincolo, tanto eziologico quanto psicologico, tra falli-mento e condotte precedentemente tenute.

Page 382: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 367

241 In questo senso SCALERA, Teoria generale del reato di bancarotta, Milano, 1969,76 s.; PEDRAZZI, Reati fallimentari, in AA.VV., Manuale di diritto penale dell’impresa,Bologna, 1998, 23, per cui il comportamento riparatorio dell’imprenditore deter-minerebbe il venir meno della permanenza della lesione, così da spegnerne la po-tenzialità causale. Diversamente secondo GROSSO, Osservazioni in tema di struttura,tempo e luogo del commesso reato della bancarotta prefallimentare, in Riv. it. dir.proc. pen., 1970, 568, per cui il comportamento del “bancarottiere” «potrà acqui-stare piena rilevanza penale nella misura in cui, avendo lasciato traccia nella vitaeconomica della impresa, ha fatto sì che al momento dell’apertura della proceduraconcorsuale si sia venuta a creare una situazione (in genere una situazione patri-moniale) diversa da quella che si sarebbe verificata ove la condotta tipica non fos-se stata invece compiuta, e pregiudizievole per gli interessi dei creditori»; conformeTrib. Milano, 7 febbraio 2002, in Foro ambr., 2002, 237.

242 Cfr. PUNZO, Il delitto di bancarotta, Torino, 1953, 78 ss.243 V. Cass., Sez. V, 24 gennaio 2006, Cresci, in C.E.D., n. 233607.244 Cfr. Cass., Sez. V, 30 gennaio 2006, De Rosa, in C.E.D., n. 233413. Tanto, del

resto, spiega il superamento della distinzione tra diminuzione effettiva e diminu-zione fittizia del patrimonio, posto che i fatti di distrazione, occultamento, dissi-mulazione, distruzione e dissipazione sono intesi costituire modalità di esecuzio-ne, alternative e fungibili, del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, Cass.,Sez. V, 29 settembre 1983, Totaro, in Riv. pen., 1984, 648; Cass., Sez. V, 15 maggio1987, Pari, in Riv. trim. dir. pen. econ., 1988, 1541; Cass., Sez. V, 11 novembre 1999,Tassan Din, ivi, 2000, 476; Cass., Sez. V, 10 novembre 2004, Gatto, in Cass. pen.,2006, 646. Sul punto v. anche GIULIANI BALESTRINO, La bancarotta, cit., 328; PERINI-DAWAN, La bancarotta fraudolenta, cit., 162.

Censurata così di netto la dizione del fallimento come evento, escossa nell’anima pure la sua risoluzione nell’imprecisata dimensionedelle condizioni esistenziali del reato, rimane pur sempre in piedi lavalidità del ragionamento che intravede lo svanire del fatto di banca-rotta, inteso come fatto capace di produrre una lesione, ogni qualvol-ta il comportamento sanante sia posto in essere prima della dichiara-zione 241.

7.3. Richiami: l’attualità dell’offesa come ingrediente della tipicitàpenale

Il pregio dell’osservazione induce a coltivare l’idea che al fallimentonon debba assegnarsi uno spazio esterno al fatto tipico 242. Piuttosto, lapronuncia stigmatizza il “momento” in cui saggiare la diminuzioneeconomicamente apprezzabile del compendio attivo dell’impresa 243,che è il danno patrimoniale destinato in potenza a riflettersi sui credi-tori 244.

Non sfugga, difatti, la specifica indicazione, operata dal testo del-l’art. 216, del fallimento come dichiarazione. Ciò mira a spostare l’at-

Page 383: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

368 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

245 Nel senso che la data di commissione dei reati di bancarotta prefallimentarecoincida con quella della pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento, Cass.,Sez. I, 29 ottobre 2004, Marosi Guareschi, in C.E.D., n. 230162: «ne consegue che,qualora nella sentenza di condanna manchi l’indicazione della data del commessoreato, legittimamente il giudice dell’esecuzione la individua nella data della senten-za di fallimento, ricavandola dagli atti del procedimento, qualora la circostanza siarilevante ai fini della decisione». Si rinvia anche a Cass., Sez. V, 12 ottobre 2004,Rossi, in C.E.D., n. 231167: «La sentenza dichiarativa di fallimento è un elementocostitutivo del reato di bancarotta fraudolenta, con la conseguenza che fatti altri-menti irrilevanti sul piano penale o, comunque, integranti altri reati possono esse-re considerati lesivi degli interessi dei creditori ed incidenti sul regolare svolgi-mento dell’attività imprenditoriale, tanto da essere specificamente perseguiti pe-nalmente; ne deriva che la prescrizione decorre dal momento della consumazionedel reato e, quindi, nella specie, dalla sentenza dichiarativa di fallimento». Analo-gamente, Cass., Sez. V, 9 dicembre 1982, Stabile, in Cass. pen., 1984, 692; Cass.,Sez. V, 17 novembre 1989, Sargenti, in Riv. trim. dir. pen. econ., 1990, 823; Cass.,Sez. I, 27 ottobre 1994, Ferrari, ivi, 1995, 1431.

246 Perplessità che emergono ad esempio dal decisum di Trib. Perugia, 7 maggio2001, in Rass. giur. umbra, 2002, 622: «nel delitto di bancarotta è irrilevante che ilfallimento costituisca, o no, evento del reato, dal momento che il dolo deve anco-rarsi e coprire l’intero fatto-reato, con riguardo alla totalità dei suoi presupposti edelementi costitutivi, ed a nulla può valere un comportamento finanche mirato adimpoverire la società, quando quell’effetto o si sia realizzato, o sia venuto ad esi-stenza per altre cause». Nel caso di specie si è esclusa la responsabilità penale peril reato di bancarotta mancando nell’agente la percezione della rilevanza della pro-pria condotta ai fini del verificarsi di uno stato di insolvenza, ed anzi essendo di-mostrato che la decozione insorse per fatti del tutto indipendenti, e su di essa lacondotta non incise in alcun modo.

tenzione dell’interprete verso un limite temporalmente certo, unico etassativamente determinato e determinabile 245.

A questo punto. Se si tratta di verificare la consistenza giuridicadell’intuizione quanto ad una portata esistenziale della discussa dichia-razione rispetto alla bancarotta prefallimentare – ed al contempo evi-tare derive di perplessità circa l’appartenenza umana (psichica e mate-riale) del requisito 246 – è inattaccabile che si debba abbandonare ognirassicurante riferimento alle classiche ripartizioni dell’ontologia delreato, sconfitte sul campo per l’incapacità di svolgere a tal propositouna coerente funzione esplicativa.

Occorre piuttosto muovere alla volta della tipicità penale seguendopercorsi non battuti, e giungere così ad una scansione delle sinapsi traquesto fondamentale parametro selettivo, da un lato, e l’offesa penale,dall’altro.

L’obbiettivo dell’indagine torna allora ad essere quello che è statoposto al centro della presente riflessione: fotografare dove è che emer-ge il confine d’entrata nell’illecito penale, il limite violato il quale solo

Page 384: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 369

un contrario interesse, di caratura oggettiva (mancanza di antigiuridi-cità) o soggettiva (mancanza di colpevolezza), ovvero un contrario bi-sogno di stampo opportunistico, di discendenza politica o pragmaticache sia, può convincere il legislatore ad ammettere l’impunità crimi-nale al cospetto dell’intrusione.

Vale a dire, comprendere quando inizia il fatto di bancarotta pre-fallimentare.

È l’occasione, giunti in fondo al tragitto lungo cui si è snodato il no-stro discettare, di fornire sommari richiami ai passaggi nodali che so-no stati affrontati.

Il moderno orizzonte euristico sull’offensività criminale – s’è visto –ruota pacificamente attorno ad un preciso baricentro. Per “vedere” unfatto di reato non è sufficiente riscontrare la corrispondenza della vi-cenda storica al fenotipo descritto nel modello legale; la riconoscibilitàdell’illecito penale è bensì condizionata dalla verifica del concreto si-gnificato dell’avvenimento, realmente portatore di quella lesività chel’ordinamento ha ritenuto intollerabilmente contrastante con i valoricollettivi.

Il ruolo della desistenza diventa così pienamente intellegibile pro-prio col collocare l’istituto nell’area di passaggio dal nucleo tipico al di-svalore, a colmare la distanza che separa la conformità del fatto al mo-dello naturalistico dalla sua materiale offensività.

Sinteticamente, la non desistenza tipicizza quel requisito dell’attua-lità dell’offesa che è la condizione minima per aversi un fatto penal-mente rilevante – leggi tipico – in veste di reato doloso. Il suo configu-rarsi in positivo vale di contro a negare qualsivoglia considerazione al-la frazione di condotta esecutiva già realizzata, che altrimenti – conesemplificativo richiamo alla ordinaria cadenza della fenomenologiadelittuosa – l’intervento di un fattore esterno non voluto avrebbe resotentata, o che il successivo volontario impedimento dell’evento avreb-be lasciato intravedere nella forma delittuosa del recesso, o che sareb-be rimasta assorbita nella prosecuzione ed ultimazione del delitto con-sumato.

Rinnegare il compiuto rendendolo inesistente (salva l’irreversibilitàdell’avvenuta consumazione di altri illeciti penali) attraverso una im-mediata, operativa ed efficace regressione, impedisce di addivenire aduna valutazione in termini penali di quegli atti che, compiuto il fattodella desistenza, non esistono più. In tal caso manca addirittura la“materia” su cui sviluppare una valutazione circa la realtà o meno deldisvalore, non più attuale sia in termini oggettivi sia in termini sogget-tivi. Perché non solo è stato dissolto il lato “materiale” della capacitàoffensiva proiettata sul bene giuridico, per mezzo di una contro con-

Page 385: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

370 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

dotta uguale e contraria, cioè di direzione esattamente inversa, rispettoa quella tenuta. Ma l’annientamento del pregresso è dipeso dalla con-sapevolezza e dalla volontà dell’agente di operare in una prospettivadesistente, assistito dunque da quella volont(ariet)à di non commettereil delitto che è il necessario contraltare del dolo antecedentemente di-spiegato.

Di converso, la conferma del significato delittuoso del comporta-mento assunto si percepisce proprio nel non averlo, l’agente, imme-diatamente cancellato e nel non averne, per così dire, soppresso l’iden-tità.

A quel punto l’unico senso attribuibile agli atti li radica definitiva-mente nell’area dell’illecito penale: a quel punto l’offesa si proclama at-tuale.

Da quel momento il reato non solo acquista l’attitudine ad essereassoggettato a misura di sicurezza, ma diventa anche passibile di unavalutazione in termini di reale offensività oggettiva, con ciò aprendosila strada all’applicazione della pena (art. 49, comma 2, c.p.), nella mi-sura in cui il fatto risulti rivolto alla perpetrazione di un illecito “pos-sibile”.

Il cesellato principio dell’attualità dell’offesa, quindi, ridescrive ladimensione tipica che emerge dalla figura dolosa, tentata come consu-mata, posto che la situazione di volta in volta raffigurata nella normaimplica e presuppone la definitiva e volontaria conferma della direzio-ne criminosa impressa agli atti.

Orbene, se regola vuole che l’ordinamento adagi la previsione dellespecifiche ipotesi incriminatrici proprio sulla tacita acquisizione delcarattere generale in discussione, non troppo rare sono le fattispeciepenali che modulano la tipicità consumata filtrandola attraverso l’at-tualità offensiva. La descrizione normativa, in questi casi, dopo averselezionato un certo comportamento, si impegna ad attendere per undefinito lasso cronologico nelle cui more l’efficace realizzazione di unacontrapposta modalità comportamentale è riconosciuta capace diestirpare l’idoneità offensiva segnalata dalla condotta precedente. Tan-to vale ad escludere la punibilità dell’agente per insussistenza del fattodi reato, posto che gli indizi della condotta dolosa trascolorano in me-ri fattori naturalistici inadatti a suscitare l’interesse penale.

Più in dettaglio. Se è vero che la tipicità dolosa si incentra sulla non(volontaria) eliminazione della condotta indiziante l’offensività versocui si è diretto l’autore, non è incoerente l’approccio legislativo che de-clina fattispecie incriminatrici avvalendosi del suddetto modello, lad-dove l’obbiettivo sia quello di puntualizzarlo, specificando i modi ed itempi della desistenza dal fatto commesso.

Page 386: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 371

La desistenza in tal guisa viene trasportata direttamente all’internodella formulazione speciale, ove il legislatore seleziona espressamentele cadenze e/o la tipologia del comportamento che consente all’agentedi sottrarsi alla responsabilità penale dissolvendo ogni traccia di tipi-cità (consumata) che il fatto pregresso lasciava verosimilmente intra-vedere: solo a queste condizioni si ammette l’integrale estirpabilità de-gli indizi di disvalore fin lì coltivati. Di contro, fino a quando non ri-sulti decorso il margine di operatività della desistenza “speciale”, ri-marrà impercepibile una forma consumata di tipicità. Di più, ad esse-re preclusa risulterà pure la configurabilità del tentativo, posto che laspecialità di cui si fa menzione sposta inevitabilmente in avanti il tem-po dell’attualità offensiva, che è tratto basilare della tipicità: il tipo do-loso, nel caso di volta in volta in considerazione, si scorge per la primavolta nell’immagine che esattamente riproduce la veste consumata del-lo specifico illecito.

7.4. La bancarotta prefallimentare calata nello schema della fatti-specie qualificata dalla non desistenza: notazioni conclusive

Al limitato scopo che questa porzione di analisi si propone, ossia divagliare la natura del fallimento nel contesto della bancarotta prefalli-mentare, e di seguito formulare una ragionevole soluzione dei nodiche avvincono i comportamenti riparativi ante dichiarazione, la rico-gnizione della struttura della fattispecie di insolvenza fraudolenta svol-ge un essenziale compito chiarificatore, delineando una inerzia, tem-poralmente qualificata, che della non desistenza fornisce un limpidoesempio.

Se ne è dato conto: la dissimulazione, ovvero il nascondimento delproprio stato di insolvenza, che è servente al contrarre un’obbligazio-ne con l’intenzione di non adempierla, è fatto non sufficiente ad inne-scare nell’immediato una reazione punitiva. Perché pur dopo averlo vi-sto, l’ordinamento attende il momento in cui l’obbligazione effettiva-mente non sia adempiuta, alla stregua della scadenza fissata dalla nor-mativa civile.

Il singolare parallelismo che avvince le sorti del fallimento alla di-scussione circa la natura dell’elemento negativo da ultimo citato –evento lesivo del reato ovvero condizione oggettiva di punibilità – sol-lecita proprio nel valorizzare il profilo di vicinanza tra l’ortografia giu-ridica dell’art. 641, comma 1, c.p. e quella dell’art. 216, comma 1, leg-ge fall., consentendo così di proporne un comune inquadramento trale fattispecie qualificate dalla non desistenza.

Della prima si è dianzi argomentato.

Page 387: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

372 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

Della seconda va detto come anche la struttura organica dellabancarotta prefallimentare appalesa la logica selettiva, di improntagarantista, che impedisce al legislatore penale di visualizzare ognifatto lesivo degli altrui interessi patrimoniali. Non deve ingannareche sullo sfondo ci sia il fallimento: tale non è, nella sua portata so-stanziale di dissesto economico importante l’insolvenza, il moventedella punibilità; né può far breccia una suggestione interpretativache connetta la sanzione penale ad una qualsivoglia condotta distrat-tiva/distruttiva assunta dall’imprenditore rispetto ai propri beni,espressione di una libertà dispositiva lungi dall’essere messa toutcourt in discussione.

La fisionomia della fattispecie astratta avverte piuttosto del fattoche la soglia della rilevanza penale dal versante tipico sia agganciataalla contestualizzazione della anzidetta tipologia comportamentale,nel senso che la stessa deve risultare “presente” al momento della di-chiarazione di fallimento per non essere stata fin là volontariamentedesistita. Il depauperamento del patrimonio che sia stato dolosamenteimpostato dall’imprenditore, in via formale o in via sostanziale, dà lin-fa vitale ad un pregiudizio degli interessi afferenti alla massa credito-ria che si eleva a latitudine penale nella sola misura in cui quella spe-cifica traccia di offensività non sia stata volontariamente cancellataentro la dichiarazione giudiziale di fallimento. Solo in tale evenienzala condotta mantiene un ruolo, per l’appunto cosciente e volontario,nel percorso e nell’avvenimento del default. Ecco “perché”, nell’indaga-ta ipotesi di riparazione, l’integrale, volontaria restituzione di quantosottratto, precedente alla data della pronuncia, ne esaurisce ogni rile-vanza criminale.

Il ragionamento viene così a divincolarsi dai limiti della semplifica-tiva soluzione della declaratoria de qua come elemento costitutivo deldelitto, sì, ma costretto ad esulare dalla ortodossia dell’imputazioneper dolo per non rimanere irretito nel poco agevole spettro della con-sapevolezza e della volontà.

In questa stessa articolazione strutturale si rinviene peraltro il ger-me di quella inconfigurabilità giuridica del tentativo a tratti condivisadal panorama esegetico.

La modulazione della fattispecie consumata attraverso la spiegataclausola speciale di desistenza sta infatti a significare che l’attualitàdella peculiare offesa dolosa può essere tratta esclusivamente dalla for-ma “completa” dell’accadimento descritto.

L’ipotesi di lavoro posta in premessa non sembra allora smentitadalla rapida verifica che si è venuta svolgendo: al contrario, l’asser-zione che spiega la bancarotta fraudolenta prefallimentare quale fat-

Page 388: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Scenari: le ipotesi speciali di desistenza 373

247 Contrario, nel senso che l’annullamento delle precedenti manomissioni dibeni non costituirebbe una ipotesi di desistenza, o di pentimento operoso, CASARO-LI, Disposizioni penali. Principi generali (artt. 216-241), in Commentario breve allalegge fallimentare, a cura di Maffei Alberti, Padova, 2000, 830.

248 Cfr. Cass., Sez. V, 14 dicembre 1999, Tonduti, in Cass. pen., 2001, 661 ss., percui «la destinazione di risorse da una società all’altra, sia pur collegata, integra per-fettamente la violazione del vincolo patrimoniale nei confronti dello scopo stretta-mente sociale e configura la condotta del delitto sopra menzionato». Cfr. Cass.,Sez. V, 26 febbraio 1986, Gesnelli, in Cass. pen., 1987, 1827; Cass., Sez. V, 4 no-vembre 1993, Manco, ivi, 1995, 1635.

249 Cass., Sez. V, 16 febbraio 1994, Freato, in Cass. pen., 1996, 939. In motiva-zione si legge che i valori sottratti alla società o le eventuali restituzioni, se nonfossero stati occultati contabilmente sarebbero stati iscritti tra le voci attive delbilancio, laddove il capitale sociale trova la sua collocazione nel passivo ex art.2424 c.c.

tispecie qualificata dalla non desistenza assume ora la statura di tesiragionevolmente coordinata con il modello del “fatto che costituiscereato” 247.

Così, da un lato sarà dato riconoscere gli estremi integrativi dellabancarotta fraudolenta per distrazione in ogni forma di ingiustificatae diversa destinazione volontariamente data al patrimonio rispetto aifini che questo deve avere nell’impresa, in quanto fattore fondante lafunzionalità della stessa nonché la garanzia verso terzi 248. Dall’altro,la visualizzazione delle anzidette sembianze non rimarrà impedita alcospetto dell’aumento di capitale sociale realizzato dagli autori diuna sottrazione di mezzi finanziari al patrimonio dell’impresa. Per-ché il versamento in tal guisa della somma, ad opera dei soggetti atti-vi della distrazione, è prestazione diversa rispetto a quella da effet-tuarsi in adempimento dell’obbligo di rendere quanto indebitamentepercepito, e per questo verso incapace di “nascondere” il già fatto adesso esattamente sovrapponendosi: in breve, è condotta non dotata diun carisma neutralizzante l’attualità offensiva del caso. Tant’è: l’au-mento del debito della società non può considerarsi integrare unaforma di restituzione (in senso proprio) dei valori finanziari attivisottratti 249.

Solo dopo aver riconosciuto nella fattispecie concreta la fotografiadel fatto tipico, illustrata nelle annotazioni che precedono, avrà unsenso giuridico interrogarsi sull’effettivo disvalore implicato nel-l’interezza della vicenda prodottasi, e calcolarne di seguito la reale of-fensività giuridica. È ponendoci in questa distinta dimensione che puòsovvenire la negazione circa la portata distrattiva (ex art. 216, comma1, legge fall.) di «un’operazione di diminuzione patrimoniale senza ap-

Page 389: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

374 La gestione dell’attualità dell’offesa penale

250 Cass., Sez. V, 24 maggio 2006, Bevilacqua, in C.E.D., n. 234606. Di contro, ècoerente indirizzo giurisprudenziale quello che intende realizzato il delitto di ban-carotta fraudolenta per distrazione a fronte di atti di disposizione patrimoniale pri-vi di seria contropartita eseguiti dagli amministratori a favore di una società dellostesso gruppo, giusto che il fenomeno del collegamento societario (o del “gruppo diimprese”) è di natura meramente economica, e non scalfisce il principio dell’auto-noma personalità giuridica di ciascuna società, Cass., Sez. V, 17 marzo 1995, DegliAntoni, in Cass. pen., 1997, 218; Cass., Sez. V, 20 novembre 1995, Napoleone, ivi,1997, 218; Cass., Sez. V, 8 novembre 2007, Belleri, n. 7326. In argomento PEDRAZZI,Gruppo di imprese e responsabilità penale, in AA.VV., Disciplina giuridica del gruppodi imprese. Esperienze e proposte, Milano, 1982, 157 s.; PAGLIARO, Problemi generalidel diritto penale dell’impresa, in Ind. pen., 1985, 17 s.; MANGANO, L’infedeltà patri-moniale degli amministratori nei gruppi di imprese, in Riv. trim. dir. pen. econ., 1989,1015 s.; CARRERI, I reati di bancarotta, Milano, 1993, 92 s.

parente corrispettivo per una delle società collegate (…) se, con valu-tazione ex ante, i benefici indiretti per la società fallita» (discendentidai rapporti di gruppo) «si dimostrino idonei a compensare efficace-mente gli effetti immediatamente negativi, sì da rendere l’operazioneincapace di incidere sulle ragioni dei creditori della società» 250.

Page 390: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Bibliografia

AA.VV., Il Corpus Juris 2000. Un modello di tutela penale dei beni giuridicicomunitari, a cura di Grasso e Sicurella, Milano, 2003.

ALBEGGIANI, Imputazione dell’evento e struttura obiettiva della partecipazio-ne criminosa, in Ind. pen., 1977, 403 ss.

ALCACER, La tentativa inidonea. Fundamento de puniciòn y configuratiòn delinjusto, Granada, 2000.

ALEO, Il danno e il pericolo nel reato, Catania, 1983.ALEO, Sistema penale e criminalità organizzata. Le figure delittuose associa-

tive, Milano, 1999.ALESSANDRI, Art. 27, comma 1, Cost., in Commentario della Costituzione, a

cura di Branca, Bologna-Roma, 1991, 1 ss.ALIMENA, I limiti e i modificatori dell’imputabilità, II, Torino, 1896.ALIMENA, Le condizioni di punibilità, Milano, 1938.ALIOTTA, Art. 51 bis “Bonifica dei siti”: tutto da rifare!, in Ambiente, 1998, 75 ss.ALLFELD, Der Rücktritt vom Versuch, in Festgabe für Reinhard von Frank, II,

Tübingen, 1930, 74 ss.ALTAVILLA, Difesa legittima (diritto penale comune), in Noviss. Dig. it., V, To-

rino, 1960, 619 ss.AMARELLI, La ritrattazione e la ricerca della verità, Torino, 2006.ANDREI, Il tentativo nei reati omissivi, in Riv. pen., 1963, I, 210 ss.ANGELI, Condotta, evento, momento consumativo e dolo nel delitto di insol-

venza fraudolenta, in Riv. it. dir. proc. pen., 1967, 1277 ss.ANGIONI, Contenuto e funzioni del concetto di bene giuridico, Milano, 1983.ANGIONI, Condizioni di punibilità e principio di colpevolezza, in Riv. it. dir.

proc. pen., 1989, 1440 ss.ANGIONI, Il pericolo concreto come elemento della fattispecie penale. La strut-

tura oggettiva, Milano, 1994.ANGIONI, Un modello di tentativo per il codice penale, in Riv. it. dir. proc.

pen., 2001, 1089 ss.ANILE, Bonifica dei siti contaminati: obblighi di ripristino e tutela penale, in

Ambiente, 1999, 119 ss.ANILE, La disciplina della bonifica dei siti contaminati: aspetti penalistici, in

AA.VV., La bonifica dei siti contaminati. I nodi interpretativi giuridici etecnici, a cura di Giampietro, Milano, 2001, 222 ss.

ANTOLISEI, La “capacità a delinquere”, in Riv. it. dir. pen., 1934, 168 ss.ANTOLISEI, Reato composto, reato complesso e progressione criminosa, in Arch.

pen., 1949, I, 67 ss.ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Parte speciale, I, Milano, 2002.

13.

Page 391: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

376 Bibliografia

ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Parte generale, Milano, 2003.ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Leggi complementari, II, I reati falli-

mentari, tributari, ambientali e dell’urbanistica, Milano, 2008.ANTONINI, La funzione delle condizioni obiettive di punibilità. Applicazioni in

tema di rapporti fra incesto e violenza carnale presunta, in Riv. it. dir.proc. pen., 1984, 1278 ss.

ANTONINI, Contributo alla dommatica delle cause estintive del reato e dellapena, Milano, 1990.

ARDIZZONE, I reati aggravati dall’evento. Profili di teoria generale, Milano,1984.

ASHWORTH, Principles of criminal law, Oxford, 1995.AZZALI, Insolvenza fraudolenta, in Enc. dir., XXI, Milano, 1971, 784 ss.AZZALI, Idoneità ed univocità degli atti. Offesa di pericolo, in Riv. it. dir. proc.

pen., 2001, 1168 ss.AZZALI, Concorso di persone nel reato. La prospettiva causale, in Studi in

onore di Giorgio Marinucci, a cura di Dolcini e Paliero, II, Milano, 2006,1351 ss.

BARATTA, Positivismo giuridico e scienza del diritto penale. Aspetti teorici eideologici dello sviluppo della scienza penalistica tedesca dall’inizio delsecolo al 1933, Milano, 1966.

BARONE, Organismi geneticamente modificati (Ogm) e precauzione: il “ri-schio” alimentare tra diritto comunitario e diritto interno, in Foro it.,2004, IV, 248 ss.

BARSANTI, Del pentimento nei reati e suoi effetti giuridici, Macerata, 1886.BARTOLI, Inoffensività del fatto e interpretazione teleologica della norma, in

Cass. pen., 1998, 2739 ss.BARTOLI, L’irrilevanza penale del fatto. Alla ricerca di strumenti di depenaliz-

zazione in concreto contro la ipertrofia c.d. “verticale” del diritto penale,in Riv. it. dir. proc. pen., 2000, 1473 ss.

BARTOLI, Aspetti penali sostanziali: le definizioni alternative del procedimen-to, in Dir. pen. proc., 2001, 172 ss.

BARTOLI, Brevi considerazioni sull’elemento oggettivo del delitto tentato inuna prospettiva de lege ferenda, in Riv. it. dir. proc. pen., 2002, 915 ss.

BARTOLO, La distrazione seguita dal fallimento. Bancarotta ed infedeltà patri-moniale infragruppo, Roma, 2008.

BATTAGLINI, Sulla legittima difesa, in Riv. it. dir. pen., 1933, 338 ss.BATTAGLINI, Diritto penale. Parte generale, Padova, 1949.BAUMANN-WEBER, Strafrecht. Allgemeiner Teil, Bielefeld, 1995.BECCARIA, Dei delitti e delle pene, a cura di Venturi, Torino, 1994.BELLAGAMBA-CARITI, I nuovi reati tributari. Commento per articolo al D.Lgs.

10 marzo 2000, n. 74, Milano, 2000.BELLINI, La difesa legittima, Torino, 2006.BELTRAME, Gestione dei rifiuti e sistema sanzionatorio, Padova, 2000.BENIGNI, Ribadito dalla Corte costituzionale il principio di necessaria offen-

sività del reato, in Cass. pen., 2001, 2015 ss.BERGAMASCO, Art. 115 c.p., in Codice penale, a cura di Padovani, Milano,

2007, 828 ss.

Page 392: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Bibliografia 377

BERGSON, Essai sur les données immédiates de la coscience, Paris, 1912.BERNARDINI-RENUCCI, Cenni sulle recenti innovazioni nel diritto penale fran-

cese, in Leg. pen., 1994, 521 ss.BERNASCONI, Il difficile equilibrio tra legalità ed offensività nella tutela pena-

le dell’ambiente, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2003, 47 ss.BERNASCONI, Il reato ambientale. Tipicità, offensività, antigiuridicità, colpe-

volezza, Pisa, 2008.BERNER, Trattato di diritto penale, Milano, 1892.BERSANI, I reati di dichiarazione infedele e di omessa dichiarazione. Artt. 4 e

5 del D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, Padova, 2003.BETTIOL, Bene giuridico e reato, in Riv. it. dir. pen., 1938, 3 ss.BETTIOL, Sul tentativo di partecipazione delittuosa, in Scritti giuridici, I, Pa-

dova, 1966, 84 ss.BETTIOL, Diritto penale. Parte generale, Padova, 1982.BETTIOL-PETTOELLO MANTOVANI, Diritto penale. Parte generale, Milano, 1986.BINDING, Das bedingte Verbrechen, in GS, 1906, 22 ss.BINDING, Grundriss zu Vorlesungen über das deutsche Strafrecht, Leipzig,

1908.BINDING, Compendio di diritto penale, trad. it. di Borettini, Roma, 1927.BISORI, L’omesso impedimento del reato altrui nella dottrina e nella giuri-

sprudenza italiane, in Riv. it. dir. proc. pen., 1997, 1339 ss.BISORI, L’attenuante comune del risarcimento del danno e la disciplina di co-

municazione delle circostanze ai concorrenti, in Cass. pen., 1998, 1081 ss.BISORI, Gli istituti ripristinatori nel diritto penale dell’ambiente, in AA.VV.,

Ambiente e diritto, a cura di Grassi-Cecchetti-Andronio, II, Firenze,1999, 597 ss.

BLOY, Unrechtsgehalt und Strafbarkeit des grob unverständingen Versuchs,in ZStW, 2001, 76 ss.

BOCKELMANN, Wann ist der Rücktritt vom Versuch freiwillig?, in NJW, 1955,1417 ss.

BOCKELMANN, Strafrechtliche Untersuchungen, Göttingen, 1957.BONDI, I reati aggravati dall’evento tra ieri e domani, Napoli, 1999.BONELLI, Del fallimento, Milano, 1938.BONINI, L’omissione nel reato, Milano, 1947.BOSCARELLI, Contributo alla teoria del “concorso di persone nel reato”. Le fat-

tispecie di concorso, Padova, 1958.BOSCARELLI, Ritrattazione della falsa testimonianza e punibilità del “concor-

rente”, in Riv. it. dir. proc. pen., 1958, 448 ss.BOSCARELLI, Compendio di diritto penale. Parte generale, Milano, 1991.BOTTKE, Rücktritt vom Versuch der Beteiligung nach § 31 StGB, Berlin, 1980.BRICCHETTI, Dichiarazione omessa e infedele: la fattispecie a condotta mono-

fasica, in Fisco, 2001, 7068 ss.BRICOLA, Fatto del non imputabile e pericolosità, Milano, 1961.BRICOLA, Punibilità (condizioni obiettive di), in Noviss. Dig. it., XIV, Torino,

1967, 588 ss.BRICOLA, Teoria generale del reato, in Noviss. Dig. it., XIX, Torino, 1973, 7 ss.BRICOLA, Funzione promozionale, tecnica premiale e diritto penale, in

AA.VV., Diritto premiale e sistema penale, Milano, 1983, 121 ss.

Page 393: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

378 Bibliografia

BRICOLA, Rapporti tra dommatica e politica criminale, in Riv. it. dir. proc.pen., 1988, 3 ss.

BRUNELLI, Il reato portato a conseguenze ulteriori. Problemi di qualificazionegiuridica, Torino, 2000.

BRUNELLI, Profili penali nella bonifica dei siti inquinati, in AA.VV., La boni-fica dei siti inquinati: aspetti problematici, a cura di Vipiana Perpetua,Padova, 2002, 221 ss.

BRUNELLI, Unità comportamentale, unità o pluralità di reati: alcune proposi-zioni, in Studium iuris, 2002, 891 ss.

BRUNELLI, Brevi considerazioni su tentativo di rapina impropria e fattispeciepenali con plurimo comportamento, in Cass. pen., 2003, 3627 ss.

BUTTI, Il punto sulla disciplina delle bonifiche dopo la scadenza del termineper la c.d. “autodenuncia”, in Giur. mer., 2001, 1241 ss.

CADOPPI, Il reato omissivo proprio, II, Profili dogmatici, comparatistici e delege ferenda, Padova, 1988.

CADOPPI, Il problema delle definizioni legali nel diritto penale. Presentazione,in AA.VV., Omnis definitio in iure periculosa? Il problema delle defini-zioni legali nel diritto penale, Padova, 1996, 1 ss.

CADOPPI, Una “Pompei” nel diritto penale. Tradizione romanistica e “originilombarde” del codice napoletano del 20 maggio 1808, in AA.VV., Le leggipenali di Giuseppe Bonaparte per il regno di Napoli (1808), a cura di Vin-ciguerra, Padova, 1998, CLXXXII ss.

CADOPPI, Commento all’art. 5, in AA.VV., Diritto e procedura penale tributa-ria, a cura di Caraccioli-Giarda-Lanzi, Padova, 2001, 217 ss.

CADOPPI, Le “formule recise di assoluto rigore” del code pénal. Alla ricerca diuna plausibile “tradizione penalistica italiana”, tramite un’analisi dellereazioni italiane al codice francese del 1810, in AA.VV., Codice dei delittie delle pene pel Regno d’Italia (1811), a cura di Vinciguerra, Padova,2002, CCV ss.

CADOPPI, Il “modello italiano” di codice penale dalle “origini lombarde” al co-dice Rocco ed altri codici europei odierni, in Amicitiae Pignus. Studi inricordo di Adriano Cavanna, I, Milano, 2003, 121 ss.

CADOPPI, Il “modello italiano” di codice penale. Dalle “origini lombarde” aiprogetti di un nuovo codice penale, in Ind. pen., 2003, 19 ss.

CADOPPI, La legittima difesa domiciliare (c.d. “sproporzionata” o “allargata”):molto fumo e poco arrosto, in Dir. pen. proc., 2006, 434 ss.

CADOPPI, “Si nox furtum faxit, si im occisit, iure caesus esto”. Riflessioni delege ferenda sulla legittima difesa, in Studi in onore di Giorgio Marinuc-ci, a cura di Dolcini e Paliero, II, Milano, 2006, 1377 ss.

CAENEGEM (Van), I signori del diritto. Giudici, legislatori e professori nellastoria europea, trad. it. Ascheri-Lazzari, a cura di Ascheri, Milano,1991.

CALABRIA, Sul problema dell’accertamento della pericolosità sociale, in Riv.it. dir. proc. pen., 1990, 762 ss.

CAMAIONI, Riflessioni sul “tentativo di concorso nel reato” e “tentativo di rea-to in concorso”, in Riv. it. dir. proc. pen., 2005, 1069 ss.

CANESTRARI, Reato di pericolo, in Enc. giur., XXVI, Roma, 1991, 1 ss.

Page 394: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Bibliografia 379

CANOFARI, Commentario sulla parte seconda del codice per lo Regno delle DueSicilie, I, Napoli, 1819.

CANZIO, Orientamenti giurisprudenziali in tema di responsabilità dei parteci-pi nei reati-fine: la responsabilità dei capi di “Cosa nostra” per gli omici-di “eccellenti” ascrivibili all’associazione mafiosa, in Foro it., 1996, II,587 ss.

CAPOZZI, Temporalità e norma nella critica della ragione giuridica, Napoli,1996.

CAPOZZI, L’individuo il tempo la storia, Napoli, 2000.CARACCIOLI, Il tentativo nei delitti omissivi, Milano, 1975.CARACCIOLI, Manuale di diritto penale. Parte generale, Padova, 1998.CARMIGNANI, Elementi di diritto criminale, Milano, 1863.CARPEGGIANI, “Desistenza volontaria” e “recesso attivo” del concorrente non

esecutore, in Riv. pen., 1977, 361 ss.CARRARA, Del grado nella forza fisica del delitto, in Opuscoli, I, Firenze, 1898.CARRARA, Programma del corso di diritto criminale. Parte speciale, I, Firen-

ze, 1906.CARRARA, Programma del corso di diritto criminale. Parte generale, I, Firen-

ze, 1924.CARRERI, I reati di bancarotta, Milano, 1993.CASAROLI, Disposizioni penali. Principi generali (artt. 216-241), in Commen-

tario breve alla legge fallimentare, a cura di Maffei Alberti, Padova, 2000,819 ss.

CASAROLI, Attentato, Pericolo, Offesa. Le costanti nel pensiero di Ettore Gal-lo, in Ind. pen., 2003, 905 ss.

CASTELLANI, L’art. 49 c.p. tra tentativo e reato impossibile, in Cass. pen.,1991, 575 ss.

CATENACCI, La tutela penale dell’ambiente. Contributo all’analisi delle normepenali a struttura “sanzionatoria”, Padova, 1996.

CATENACCI, Bene giuridico (dir. pen.), in Diz. dir. pubbl., I, Milano, 2006,671 ss.

CATENACCI, I reati di pericolo presunto fra diritto e processo penale, in Studiin onore di Giorgio Marinucci, a cura di Dolcini e Paliero, II, Milano,2006, 1415 ss.

CATTANEO, La filosofia della pena nei secoli XVII e XVIII. Corso di filosofiadel diritto, Ferrara, 1974.

CAVALIERE, Il concorso eventuale nel reato associativo. Le ipotesi delle asso-ciazioni per delinquere e di tipo mafioso, Napoli, 2003.

CAVALIERE, Riflessioni intorno ad oggettivismo e soggettivismo nella teoriadel reato, in Studi in onore di Giorgio Marinucci, a cura di Dolcini e Pa-liero, II, Milano, 2006, 1443 ss.

CAVALIERI, L’accordo e l’istigazione a reato rimasti sterili, in Riv. pen., 1946,835 ss.

CAVANNA, La codificazione penale in Italia. Le origini lombarde, Milano, 1975.CAVANNA, Codificazione del diritto italiano e imperialismo giuridico francese

nella Milano napoleonica. Giuseppe Luosi e il diritto penale, in CAVANNA-VANZELLI, Il primo progetto di codice penale per la Lombardia napoleoni-ca (1801-1802), a cura di Vinciguerra, Padova, 2000, 145 ss.

Page 395: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

380 Bibliografia

CAVANNA, Storia del diritto moderno in Europa, II, Le fonti e il pensiero giu-ridico, Milano, 2005.

CAVANNA-VANZELLI, Il primo progetto di codice penale per la Lombardia na-poleonica (1801-1802), a cura di Vinciguerra, Padova, 2000.

CERQUA, L’equiparazione del delitto tentato a quello consumato nella legisla-zione penale tributaria, in Riv. dir. valut., 1984, 184 ss.

CERQUETTI, Gli elementi descrittivi della fattispecie penale, Perugia, 2002.CERQUETTI, La rappresentazione e la volontà dell’evento nel dolo, Torino,

2004.CERQUETTI, Reato doloso, in Dig. disc. pen., Agg. II, Torino, 2008, 962 ss.CESAREO, La desistenza volontaria, in Rass. giur. umbra, 1968, 7 ss.CHIAROTTI, Le cause speciali di non punibilità, Roma, 1946.CIVOLI, Trattato di diritto penale. Parte generale, I, Milano, 1912.COCCO, La bancarotta preferenziale, Napoli, 1987.COCCO, Beni giuridici funzionali versus bene giuridico personalistico, in Stu-

di in onore di Giorgio Marinucci, a cura di Dolcini e Paliero, I, Milano,2006, 167 ss.

CONCAS, Scriminanti, in Noviss. Dig. it., XVI, Torino, 1969, 793 ss.CONTENTO, Liceità apparente e responsabilità penale nella difesa legittima e

nello stato di necessità, in Arch. pen., 1956, I, 311 ss.CONTENTO, La condotta susseguente al reato, Bari, 1965.CONTENTO, Corso di diritto penale, II, Roma-Bari, 1996.CONTENTO, Osservazioni sulla proposta di riforma della disciplina del con-

corso di persone nel reato, in AA.VV., La riforma della parte generale delcodice penale, a cura di Stile, Napoli, 2003, 339 ss.

CONTI, I reati fallimentari, Torino, 1991.COPPI, Ritrattazione, in AA.VV., I delitti contro l’amministrazione della giu-

stizia, a cura di Coppi, Padova, 1996, 351 ss.CORBETTA, Sicurezza alimentare e rischio da “ignoto biotecnologico”: una tu-

tela incompiuta (a proposito della disciplina degli alimenti e dei mangimicontenenti organismi geneticamente modificati - D.Lgs. 21 marzo 2005,n. 70), in Sudi in onore di Giorgio Marinucci, a cura di Dolcini e Palie-ro, III, Milano, 2006, 2257 ss.

CORMIO, Efficacia della desistenza di uno dei compartecipi nel concorso dipersone nel reato, in Giur. it., 1961, II, 345 ss.

CORSALE, Certezza del diritto e crisi di legittimità, Milano, 1979.COTTA, Diritto e tempo. Linee di una interpretazione fenomenologica, in

AA.VV., La responsabilità politica. Diritto e tempo, a cura di Orecchia,Milano, 1982, 142 ss.

CREMANI, De iure criminali, Ticini, 1791.CRESPI, L’aborto vivo e vitale negli auspici della Corte Costituzionale, in Riv.

it. dir. proc. pen., 1975, 566 ss.CROSS-JONES-CARD, Introduction to criminal law, London, 1988.CURATOLA, Condizioni obiettive di punibilità, in Enc. dir., VIII, Milano,

1961, 807 ss. CUSTODERO, Capacità a delinquere e commisurazione della pena: problemi ed

orientamenti, in Riv. it. dir. proc. pen., 1998, 78 ss.

Page 396: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Bibliografia 381

D’AGOSTINO, La condotta susseguente al reato, Milano, 1959.D’ARGENTO, Brevi riflessioni sulla desistenza volontaria, in Arch. pen., 1969,

I, 246 ss.D’ASCOLA, Punti fermi e aspetti problematici delle condizioni obiettive di pu-

nibilità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1993, 652 ss.D’ASCOLA, Reato e pena nell’analisi delle condizioni obiettive di punibilità,

Napoli, 2004.DA PASSANO, La codificazione del diritto penale a Napoli nel periodo francese,

in AA.VV., Le leggi penali di Giuseppe Bonaparte per il Regno di Napoli(1808), a cura di Vinciguerra, Padova, 1988, CLV ss.

DA PASSANO, La formazione del codice penale lucchese, in AA.VV., Codice pe-nale per il Principato di Lucca (1807), a cura di Vinciguerra, Padova,2000, IX ss.

DAVINO, Sul non luogo a procedersi contro minorenni per irrilevanza del fat-to, in Giur. mer., 1998, 485 ss.

DE FRANCESCO G.A., Lex Specialis. Specialità ed interferenza nel concorso dinorme penali, Milano, 1980.

DE FRANCESCO G.A., Concorso apparente di norme, in Dig. disc. pen., II, To-rino, 1988, 416 ss.

DE FRANCESCO G.A., Forme del dolo e principio di colpevolezza nel delitto ten-tato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1988, 963 ss.

DE FRANCESCO G.A., Fatto e colpevolezza nel tentativo, in Riv. it. dir. proc.pen., 1992, 703 ss.

DE FRANCESCO G.A., Sul tentativo punibile, in Studium iuris, 1999, 254 ss.DE FRANCESCO G.A., Sulle scriminanti, in Studium iuris, 2000, 270 ss.DE FRANCESCO G.A., Brevi spunti sulla riforma del tentativo, in Riv. it. dir.

proc. pen., 2001, 715 ss.DE FRANCESCO G.A., Commento all’art. 34, Decreto Legislativo 28 agosto

2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza del giudice di pace), in Leg.pen., 2001, 193 ss.

DE FRANCESCO G.A., Il concorso di persone nel reato, in AA.VV., Introduzio-ne al sistema penale, a cura di Insolera-Mazzacuva-Pavarini-Zanotti, II,Torino, 2001, 328 ss.

DE FRANCESCO G.A., L’enigma del tentativo: vicende sistematiche ed interro-gativi politico-criminali, in Leg. pen., 2002, 927 ss.

DE FRANCESCO G.A., L’esiguità dell’illecito penale, in Dir. pen. proc., 2002,889 ss.

DE FRANCESCO G.A., Modelli scientifici e “cultura” dei principi nel rapporto dicausalità in diritto penale, in Studium iuris, 2002, 454 ss.

DE FRANCESCO G.A., Programmi di tutela e ruolo dell’intervento penale, Tori-no, 2004.

DE FRANCESCO G.A., Interessi collettivi e tutela penale. “Funzioni” e pro-grammi di disciplina dell’attuale complessità sociale, in Studi in onore diGiorgio Marinucci, a cura di Dolcini e Paliero, I, Milano, 2006, 929 ss.

DE FRANCESCO V., Sulla misura soggettiva della colpa, in Studi urbinati,1977-1978, 273 ss.

DE FRANCESCO V., La proporzione nello stato di necessità, Napoli, 1978.DE FRANCESCO V., Il “modello analitico” fra dottrina e giurisprudenza: dom-

Page 397: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

382 Bibliografia

matica e garantismo nella collocazione sistematica dell’elemento psicolo-gico del reato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1991, 107 ss.

DEL CORSO, Il tentativo nel Codice Zanardelli, in Riv. it. dir. proc. pen., 1990,955 ss.

DEL CORSO, Art. 56 c.p., in Codice penale, a cura di Padovani, Milano, 2007,448 ss.

DE LEONARDIS, Il principio di precauzione nell’amministrazione di rischio,Milano, 2005.

DELITALA, L’oggetto della tutela nel reato di bancarotta, in Studi in onore diLonghi, in Riv. pen., 1935, 279 ss.

DELITALA, Le dottrine generali del reato nel progetto Rocco, in Diritto penale.Raccolta degli scritti, I, Milano, 1976, 277 ss.

DELITALA, Legittima difesa e reato colposo, in Diritto penale. Raccolta degliscritti, I, Milano, 1976, 457 ss.

DELL’ANDRO, La fattispecie plurisoggettiva in diritto penale, Milano, 1956.DELL’OSSO, Capacità a delinquere e pericolosità sociale, Milano, 1985.DELOGU, L’uso legittimo delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, in Arch.

pen., 1972, I, 166 ss.DEL ROSSO, Spunti problematici in tema di reato progressivo e di progressio-

ne criminosa, in Riv. it. dir. proc. pen., 1976, 623 ss.DE LUCA, L’evoluzione del principio “chi inquina paga” nel diritto

dell’Unione Europea: questioni in attesa di soluzione uniforme in vistadel Libro Bianco della Commissione, in Contratto e impresa/Europa,2000, 287 ss.

DE MAGLIE, Teoria e prassi dei rapporti tra reati associativi e concorso di per-sone nei reati-fine, in Riv. it. dir. proc. pen., 1987, 924 ss.

DE MARSICO, Delitti contro il patrimonio, Napoli, 1951.DE MARSICO, Falsità in atti, in Enc. dir., XVI, Milano, 1967, 560 ss.DE SIMONI, Dei delitti considerati nel solo affetto ed attentati, Milano, 1854.DESPORTES-LE GUNEHEC, Le nouveau droit pénal, I, Droit pénal général, Pa-

ris, 1998.DE VERO, Compartecipazione criminosa e personalità della responsabilità

penale, in Studium iuris, 1998, 253 ss.DE VERO, Le scriminanti putative. Profili problematici e fondamento della di-

sciplina, in Riv. it. dir. proc. pen., 1998, 773 ss.DE VITA, I reati a soggetto passivo indeterminato. Oggetto dell’offesa e tutela

processuale, Napoli, 1999.DEZZA, Appunti sulla codificazione penale nel primo Regno d’Italia: il proget-

to del 1809, in ID., Saggi di storia del diritto penale moderno, Milano,1992, 225 ss.

DI CHIARA, Esiguità penale e trattamento processuale della “particolare te-nuità del fatto”: frontiere e limiti di un laboratorio di deprocessualizza-zione, in AA.VV., Il giudice di pace. Un nuovo modello di giustizia pena-le, a cura di Scalfati, Padova, 2001, 311 ss.

DI GIOVINE, Lo statuto epistemologico della causalità penale tra cause suffi-cienti e condizioni necessarie, in Riv. it. dir. proc. pen., 2002, 634 ss.

DI MARTINO, La sequenza infranta, profili della dissociazione tra reato e pe-na, Milano, 1998.

Page 398: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Bibliografia 383

DINACCI, Profili sistematici del falso documentale, Napoli, 1987.DIOTALLEVI, L’irrilevanza penale del fatto nelle prospettive di riforma del si-

stema penale: un grande avvenire dietro le spalle?, in Cass. pen., 1998,2806 ss.

DI SALVO, Principio di offensività e particolare tenuità del fatto, in Cass. pen.,2002, 2756 ss.

DOLCINI, La commisurazione della pena tra teoria e prassi, in Riv. it. dir.proc. pen., 1991, 55 ss.

DOLCINI, Il reato come offesa a un bene giuridico: un dogma al servizio dellapolitica criminale, in AA.VV., Il diritto penale alla svolta di fine millen-nio, a cura di Canestrari, Torino, 1998, 211 ss.

DONINI, La partecipazione al reato tra responsabilità per fatto proprio e re-sponsabilità per fatto altrui, in Riv. it. dir. proc. pen., 1984, 175 ss.

DONINI, Illecito e colpevolezza nell’imputazione del reato, Milano, 1991.DONINI, Teoria del reato. Una introduzione, Padova, 1996.DONINI, Le condizioni obiettive di punibilità, in Studium iuris, 1997, 592 ss.DONINI, L’art. 129 del progetto di revisione costituzionale approvato il 4 no-

vembre 1997. Un contributo alla progressione “legale”, prima che “giuri-sprudenziale”, dei principi di offensività e sussidiarietà, in Critica del dir.,1998, n. 2-3, 95 ss.

DONINI, Teoria del reato, in Dig. disc. pen., XIV, Torino, 1999, 221 ss.DONINI, Metodo democratico e metodo scientifico nel rapporto fra diritto pe-

nale e politica, in Riv. it. dir. proc. pen., 2001, 27 ss.DONINI, Non punibilità ed idea negoziale, in Ind. pen., 2001, 1035 ss.DONINI, Ragioni e limiti della fondazione del diritto penale sulla Carta costi-

tuzionale. L’insegnamento dell’esperienza italiana, in Foro it., 2001, V,29 ss.

DONINI, Il concorso di persone nel Progetto Grosso, in AA.VV., La riforma delcodice penale. La parte generale, a cura di De Maglie-Seminara, Milano,2002, 139 ss.

DONINI, Prospettive europee del principio di offensività, in AA.VV., Verso uncodice penale modello per l’Europa. Offensività e colpevolezza, a cura diCadoppi, Padova, 2002, 109 ss.

DONINI, Alla ricerca di un disegno. Scritti sulle riforme penali in Italia, Pado-va, 2003.

DONINI, Le tecniche di degradazione fra sussidiarietà e non punibilità, in Ind.pen., 2003, 75 ss.

DONINI, Imputazione oggettiva dell’evento. “Nesso di rischio” e responsabilitàper fatto proprio, Torino, 2006.

DURIGATO, Ancora un interrogativo sulle condizioni obiettive di punibilità, inInd. pen., 1989, 733 ss.

ERRA, La desistenza volontaria nel tentativo, in Arch. dir. proc. pen., 1937,950 ss.

EUSEBI, Il dolo come volontà, Brescia, 1993.

FALCINELLI, Una duplice connotazione della desistenza volontaria nel reatoconcorsuale, in Cass. pen., 2001, 852 ss.

Page 399: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

384 Bibliografia

FALCINELLI, Preparazione di un delitto: quando la volontà diventa fatto, inRass. giur. umbra, 2005, 221 ss.

FALCINELLI, Legittima difesa: I) Diritto penale, in Enc. giur., Agg. XV, Roma,2007, 1 ss.

FALCINELLI, Le soglie di punibilità tra fatto e definizione normo-culturale, To-rino, 2007.

FERRARA, Riflessioni in tema di offensività in concreto, in Giur. cost., 2000,IV, 3065 ss.

FEUERBACH, Kritik des Kleinschrodischen Entwurfs zu einem peinlichen Ge-setzbuchs, Frankfurt am Main, 1804.

FEUERBACH, Lehrbuch des gemeinen in Deutschland gultigen Peinlichen Re-chts, Giessen, 1847.

FIANDACA, Sulla configurabilità del tentativo nei delitti di omissione, in Ind.pen., 1976, 13 ss.

FIANDACA, Sulla desistenza nella partecipazione criminosa, in Studi in onoredi Musotto, II, Palermo, 1980, 243 ss.

FIANDACA, Reati omissivi e responsabilità penale per omissione, in Arch. pen.,1983, I, 3 ss.

FIANDACA, Note sul principio di offensività e sul ruolo della teoria del benegiuridico tra elaborazione dottrinale e prassi giurisprudenziale, inAA.VV., Le discrasie tra dottrina e giurisprudenza in diritto penale, a cu-ra di Stile, Napoli, 1991, 61 ss.

FIANDACA, Sulla responsabilità concorsuale dei componenti della “cupola” dicosa nostra, in Foro it., 1993, II, 15 ss.

FIANDACA, La legalità penale negli equilibri del sistema politico-costituziona-le, in Foro it., 2000, V, 137 ss.

FIANDACA, L’offensività è un principio codificabile?, in Foro it., 2001, V, 1 ss.FIANDACA-MUSCO, Perdita di legittimazione del diritto penale?, in Riv. it. dir.

proc. pen., 1994, 23 ss.FIANDACA-MUSCO, Diritto penale. Parte generale, Bologna, 2007.FILANGIERI, La Scienza della legislazione, Milano, 1855.FIMIANI, Acque, rifiuti e tutela penale, Milano, 2000.FIORE C., Il reato impossibile, Napoli, 1959.FIORE C., L’idoneità dell’azione nella struttura del fatto tipico, in Foro pen.,

1963, 246 ss.FIORE C., Azione finalistica, in Enc. giur., IV, Roma, 1988, 1 ss.FIORE C., Azione socialmente adeguata, in Enc. giur., IV, Roma, 1988, 1 ss.FIORE C., Diritto penale. Parte generale, I, Torino, 1993.FIORE C., Il principio di offensività, in Ind. pen., 1994, 275 ss.FIORE C., Diritto penale. Parte generale, II, Torino, 1995.FIORE S., Osservazioni in tema di clausole di irrilevanza penale e trattamen-

to della criminalità bagatellare. A proposito di una recente proposta legi-slativa, in Critica del dir., 1998, n. 4, 274 ss.

FIORE S., Ratio della tutela e oggetto dell’aggressione nella sistematica deireati di falso, Napoli, 2000.

FIORELLA, Reato in generale, in Enc. dir., XXXVIII, Milano, 1987, 770 ss.FIORELLA, Responsabilità penale, in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1988, 1289 ss.FIORELLA, Reo, in Enc. giur., XXVI, Roma, 1991, 1 ss.

Page 400: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Bibliografia 385

FLETCHER, Rethinking Criminal Law, Boston-Toronto, 1978.FLORA, Profili penali in materia di imposte dirette ed I.V.A., Padova, 1979.FLORA, Il ravvedimento del concorrente, Padova, 1984.FLORIAN, Parte generale del diritto penale, Milano, 1934.FORNASARI, Il principio di inesigibilità nel diritto penale, Padova, 1990.FORNASARI, I principi del diritto penale tedesco, Padova, 1993.FORNASARI, Per un diverso inquadramento delle ipotesi di desistenza e reces-

so in un nuovo codice penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1994, 1336 ss.FORNASARI, Il recesso dal tentativo negli ordinamenti penali tedesco ed italia-

no, in Dir. pen. proc., 1995, 499 ss. FORNASARI, Dolo, errore sul fatto ed aberratio ictus, in AA.VV., Introduzione

al sistema penale, a cura di Insolera-Mazzacuva-Pavarini-Zanotti, II,Torino, 2001, 155 ss.

FORNASARI, La disciplina del tentativo nel Corpus iuris, in Dir. pen. XXI se-colo, 2002, 283 ss.

FORNASARI-MENGHINI, Percorsi europei di diritto penale, Padova, 2005.FORTI, Colpa ed evento nel diritto penale, Milano, 1990.FORTI, La “chiara luce della verità” e “l’ignoranza del pericolo”. Riflessioni pe-

nalistiche sul principio di precauzione, in Scritti per Federico Stella, I,Napoli, 2007, 573 ss.

FRANK, Vollendung und Versuch, in Vergl. Darst. d. deutsch Strafrechts, Ber-lin, 1908.

FROSALI, Il concorso di persone nel tentativo criminoso, in Riv. pen., 1945,425 ss.

FROSALI, Sistema penale italiano, I, Torino, 1958.FROSALI, Sistema penale italiano, II, Torino, 1958.FROSALI, Pena (diritto penale), in Noviss. Dig. it., XII, Torino, 1965, 816 ss.

GALLO E., Reato impossibile per apparente consumazione, in Riv. it. dir.proc. pen., 1964, 1120 ss.

GALLO E., Il delitto di attentato nella teoria generale del reato, Milano, 1966.GALLO E., Attentato (delitti di), in Dig. disc. pen., I, Torino, 1987, 340 ss.GALLO M., Il concetto unitario di colpevolezza, Milano, 1951.GALLO M., Il dolo. Oggetto e accertamento, in Studi urbinati, 1951-1952, 127 ss.GALLO M., Lineamenti di una teoria sul concorso di persone nel reato, Mila-

no, 1957.GALLO M., Dolo (diritto penale), in Enc. dir., XIII, Milano, 1964, 750 ss.GALLO M., I reati di pericolo, in Foro pen., 1969, 1 ss.GALLO M., Appunti di diritto penale, II, Il reato. Parte I. La fattispecie ogget-

tiva, Torino, 2000.GALLO M., Appunti di diritto penale, III, Le forme di manifestazione del rea-

to, Torino, 2003.GALLO M., Appunti di diritto penale, IV, Della estinzione del reato e della pe-

na, Torino, 2006.GAMBERINI, Il tentativo, in AA.VV., Introduzione al sistema penale, a cura di

Insolera-Mazzacuva-Pavarini-Zanotti, II, Torino, 2001, 305 ss.GARGANI, Il danno qualificato dal pericolo. Profili sistematici e politico-cri-

minali dei delitti contro l’incolumità pubblica, Torino, 2005.

Page 401: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

386 Bibliografia

GELARDI, Il tentativo nei delitti omissivi puri, in Il Tommaso Natale, 1976,264 ss.

GIACONA, Appunti in tema di falso grossolano, innocuo e inutile, in Foro it.,1993, II, 499.

GIACONA, Il concetto d’idoneità nella struttura del delitto tentato, Torino,2000.

GIACONA, Il tentativo tra passato e futuro, in Leg. pen., 2002, 922 ss.GIAMPIETRO, Bonifica dei siti inquinati: dal D.Lgs. “Ronchi” al D.Lgs. “Ron-

chi bis”, in Ambiente, 1998, 67 ss.GIULIANI BALESTRINO, Il problema giuridico delle condizioni di punibilità, Pa-

dova, 1966.GIULIANI BALESTRINO, Aspetti del tentativo nei delitti di omissione, in Riv. it.

dir. proc. pen., 1977, 427 ss.GIULIANI BALESTRINO, I limiti della compartecipazione criminosa, Milano,

1988.GIULIANI BALESTRINO, La bancarotta e gli altri reati concorsuali, Milano,

1999.GIULIANI BALESTRINO, Sull’inizio della punibilità a titolo di delitto tentato, in

Ind. pen., 2000, 487 ss.GIUNTA, La giurisdizione penale di pace. Profili di diritto sostanziale, in Stu-

dium iuris, 2001, 395 ss.GIUNTA, Lineamenti di diritto penale dell’economia, Torino, 2001.GIUNTA-MICHELETTI, Tempori cedere. Prescrizione del reato e funzioni della

pena nello scenario della ragionevole durata del processo, Torino, 2003.GLANVILLE, Criminal Law. The General Part, London, 1961.GOLDONI, Brevi note in tema di reato progressivo e progressione criminosa, in

Giust. pen., 1968, II, 821 ss.GOMETZ, La certezza giuridica come prevedibilità, Torino, 2005.GORDLEY, “Common law” v. “Civil law”: una distinzione che va scomparen-

do?, in Scritti in onore di Rodolfo Sacco, I, Milano, 1994, 559 ss.GRAGNANI, Il principio di precauzione come modello di tutela dell’ambiente,

dell’uomo, delle generazioni future, in Riv. dir. civ., 2003, II, 9 ss.GRANATA, Riflessioni sulla desistenza, in Arch. pen., 1949, I, 363 ss.GRANATA, Insolvenza fraudolenta ed incauto acquisto, in Giust. pen., 1953,

II, 1075 ss.GRANDE, Giustizia (delitti contro l’amministrazione della), in Dig. disc. pen.,

VI, Torino 1992, 11 ss.GRASSO, L’anticipazione della tutela penale: i reati di pericolo e i reati di at-

tentato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1986, 697.GRASSO, Disciplina normativa della compartecipazione criminosa e principio

di tassatività della fattispecie, in AA.VV., Le discrasie tra dottrina e giuri-sprudenza in diritto penale, a cura di Stile, Napoli, 1991, 129 ss.

GRASSO, Prefazione a AA.VV., Verso uno spazio giudiziario europeo, Milano,1997, 1 ss.

GRIECO, Il mancato adempimento della obbligazione nel reato di insolvenzafraudolenta, in Riv. pen., 1956, II, 210 ss.

GRISPIGNI, Diritto penale italiano, Milano, 1947.GROSSO, L’errore sulle scriminanti, Milano, 1961.

Page 402: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Bibliografia 387

GROSSO, Brevi note su di un aspetto problematico del reato omissivo proprio:il luogo della consumazione (osservazioni in margine alle fattispecie diomesso versamento di contributi sociali o assicurativi), in Riv. it. dir.proc. pen., 1964, 241 ss.

GROSSO, Difesa legittima e stato di necessità, Milano, 1964.GROSSO, Il requisito della produzione non volontaria del pericolo nello stato

di necessità e nella difesa legittima, in Studi in onore di Francesco Anto-lisei, II, Milano, 1965, 55 ss.

GROSSO, Osservazioni in tema di struttura, tempo e luogo del commesso rea-to della bancarotta prefallimentare, in Riv. it. dir. proc. pen., 1970, 564 ss.

GROSSO, Necessità (dir. pen.), in Enc. dir., XXVII, Milano, 1977, 882 ss.GROSSO, Dolo (dir. pen.), in Enc. giur., XII, Roma, 1989, 1 ss.GROSSO, Le contiguità alla mafia tra partecipazione, concorso in associazio-

ne mafiosa ed irrilevanza penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1993, 1185 ss.GROSSO, Le fattispecie associative: problemi dommatici e di politica crimina-

le, in Riv. it. dir. proc. pen., 1996, 419 ss.GROSSO, Proscioglimento per furto di cose di valore particolarmente esiguo:

inoffensività od irrilevanza penale del fatto?, in Cass. pen., 2001, 2535 ss.GROSSO, Su alcuni problemi generali di diritto penale, in Riv. it. dir. proc.

pen., 2003, 18 ss.GROSSO, Legittima difesa, in Diz. dir. pubbl., IV, Milano, 2006, 3473 ss.GROSSO-NEPPI MODONA-VIOLANTE, Giustizia penale e poteri dello Stato, Mila-

no, 2002. GROSSO-PALAZZO-SICILIANO (est. Palazzo), Documento n. 2 su inoffensività e

irrilevanza del fatto, negli “Allegati alla Relazione della CommissioneGrosso”, in Per un nuovo codice penale, relazione della CommissioneGrosso, a cura di Grosso, Padova, 2000, 103 ss.

GUARNERI, Valore della desistenza volontaria da parte di un concorrente nelreato, in Riv. it. dir. pen., 1949, 454 ss.

GUARNERI, Pericolosità sociale, in Noviss. Dig. it., XII, Torino, 1965, 951 ss.GUARNERI, La ritrattazione della falsa testimonianza, in Riv. it. dir. proc.

pen., 1973, 741 ss.GUERRINI, Il contributo concorsuale di minima importanza, Milano, 1997.GUTMANN, Die Freiwilligkeit beim Rücktritt vom Versuch und bei der tätigen

Reue, Hamburg, 1963.

HEINTSCHEL-HEINEGG, Versuch und Rücktritt, in ZStW, 1997, 29 ss.HERZBERG, Grund und Grenzen der Strafbefreiung beim Rücktritt vom Ver-

such. Von der Strafzwecklehre zur Schulderfüllungstheorie, in Festschriftfür Karl Lackner, Berlin, 1987, 325 ss.

HIRSCH, Gefähr und Gefährlichkeit, in Festschrift für A. Kaufmann, Heidel-berg, 1993, 545 ss.

HOEBER, The Abandonment Defense to Criminal Attempt and Other Pro-blems of Temporal Individuation, in Cal. L. Rev., 1986, n. 74, 377 ss.

HORN, Der Versuch, in ZStW, 1900, 353 ss.

IACOVIELLO, Il concorso eventuale nel delitto di partecipazione ad associazio-ne per delinquere, in Cass. pen., 1995, 858 ss.

Page 403: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

388 Bibliografia

IMPALLOMENI, Il codice penale italiano. Parte generale, I, Firenze, 1900.INSOLERA, Problemi di struttura del concorso di persone nel reato, Milano,

1986.INSOLERA, Concorso di persone nel reato, in Dig. disc. pen., II, Torino, 1988,

437 ss.INSOLERA, Il concorso esterno nei delitti associativi: la ragione di Stato e gli

inganni della dogmatica, in Foro it., 1995, II, 423 ss.INSOLERA, Ancora sul problema del concorso esterno nei delitti associativi, in

Riv. it. dir. proc. pen., 2008, 632 ss.IORIO, I nuovi reati tributari, in Commento al nuovo sistema penale tributa-

rio, in allegato a Fisco, 2000, n. 14, 27 ss.ISOTTON, Crimen in itinere. Profili della disciplina del tentativo dal diritto co-

mune alle codificazioni penali, Napoli, 2006.IZZO, La precauzione nella responsabilità civile. Analisi di un concetto sul te-

ma del danno da contagio per via trasfusionale, Padova, 2004.

JÄGER, Der Rücktritt vom Versuch als zurechenbare Gefährdungsumkehr,München, 1996.

JESCHECK, Il significato del diritto comparato per la riforma penale, in Riv. it.dir. proc. pen., 1978, 803 ss.

JESCHECK, Lehrbuch des Strafrechts. Allgemeiner Teil, Berlin, 1988.JESCHECK-WEIGEND, Lehrbuch des Straftrechts. Allgemeiner Teil, Berlin,

1996.

KAUFMANN, Lebendiges und Totes in Bindings Normentheorie. Normologikund moderne Strafrechtsdogmatik, Göttingen, 1954.

KAUFMANN, Beiträge zur Juristischen Hermeneutik. Sowie weitere rechtsphi-losophishe Abhandlungen, Köln-Berlin-Bonn-Munchen, 1984.

KAUFMANN-HASSEMER, Einfhürung in Rechtsphilosophie und Rechtstheorieder Gegenwart, Heidelberg, 1989.

KIRCHMANN, La mancanza di valore della giurisprudenza come scienza, inKIRCHMANN-WOLF, Il valore scientifico della giurisprudenza, Milano,1964, 3 ss.

KRAUß, Der Strafbefreiende Rücktritt vom Versuch, in JuS, 1981, 883 ss.KÜPER, Versuchs und Rücktrittsprobleme bei mehreren Tatbeteiligten, in JZ,

1979, 775 ss.

LA CUTE, Recensione a Rossi, in Arch. pen., 1970, I, 485 s.LAINGUI-LEBIGRE, Histoire du droit pénal, I, Paris, 1979.LAMMASCH, Das moment objectiver Gefährlichkeit im Begriffe des Verbre-

chensversuches, Wien, 1879.LA MONICA, I reati fallimentari, Milano, 1999.LA ROSA, La desistenza volontaria tra vecchi problemi e nuove prospettive, in

Riv. it. dir. proc. pen., 2004, 1282 ss.LATAGLIATA, Concorso di persone nel reato, in Enc. dir., VIII, Milano, 1961,

568 ss.LATAGLIATA, I principi del concorso di persone nel reato, Napoli, 1964.LATAGLIATA, La desistenza volontaria, Napoli, 1964.

Page 404: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Bibliografia 389

LEONCINI, Obbligo di attivarsi, obbligo di garanzia e obbligo di sorveglianza,Torino, 1999.

LEONE, Il reato aberrante, Napoli, 1964.LEONE, Il tempo nel diritto penale sostantivo e processuale, Napoli, 1974.LIBONATI, Ordine giuridico e legge economica del mercato, in Riv. soc., 1998,

1541 ss.LICCI, Ragionevolezza e significatività come parametri di determinatezza del-

la legge penale, Milano, 1989.LICCI, Modelli nel diritto penale. Filogenesi del linguaggio penalistico, Tori-

no, 2006.LISZT, Lehrbuch des deutschen Strafrechts, Berlin u. Leipzig, 1921.LOAS, Beteiligung und Rücktritt. Zur Abgrenzung zwischen Abs. 1 und Abs. 2

des § 24 StGB, in Jura, 1996, 10 ss.LO MONTE, Diritto penale e tutela dell’ambiente. Tra esigenze di effettività e

simbolismo involutivo, Milano, 2004.LONGHI, Bancarotta e altri reati in materia commerciale, Milano, 1930.LUDEN, Handbuch des teutschen gemeinen und partikularen Strafrechts, Je-

na, 1847.

MADDALENA, Ravvedimento operoso, in Enc. dir., XXXVIII, Milano, 1987,750 ss.

MAIWALD, L’evoluzione del diritto penale tedesco in un confronto con il siste-ma italiano, a cura di Militello, Torino, 1993.

MALINVERNI, La volontarietà della desistenza nel tentativo, in Giur. it., 1948,II, 217 ss.

MALINVERNI, Capacità a delinquere, in Enc. dir., VI, Milano, 1960, 118 ss.MANACORDA, Reato nel diritto penale francese, in Dig. disc. pen., XI, Torino,

1996, 304 ss.MANES, Il principio di offensività. Tra codificazione e previsione costituzio-

nale, in AA.VV., Meritevolezza di pena e logiche deflattive, a cura di DeFrancesco e Venafro, Torino, 2002, 15 ss.

MANES, Il principio di offensività nel diritto penale. Canone di politica crimi-nale, criterio ermeneutico, parametro di ragionevolezza, Torino, 2005.

MANGANO, L’infedeltà patrimoniale degli amministratori nei gruppi di impre-se, in Riv. trim. dir. pen. econ., 1989, 1003 ss.

MANNA, Circostanze del reato, in Enc. giur., VI, Roma, 1988, 1 ss.MANNA, L’ammissibilità di un c.d. concorso “esterno” nei reati associativi,

tra esigenze di politica criminale e principio di legalità, in Riv. it. dir.proc. pen., 1994, 1189 ss.

MANNA, Le tecniche penalistiche di tutela dell’ambiente, in Riv. trim. dir. pen.econ., 1997, 665 ss.

MANNA, Corso di diritto penale. Parte generale, II, Padova, 2008.MANNA-PLANTAMURA, Una svolta epocale per il diritto penale ambientale ita-

liano?, in Dir. pen. proc., 2007, 1075 ss.MANTOVANI, Il principio di offensività del reato nella Costituzione, in Scritti

in onore di Costantino Mortati, IV, Milano, 1977, 447 ss.MANTOVANI, Insolvenza fraudolenta, in Dig. disc. pen., VII, Torino, 1993,

122 ss.

Page 405: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

390 Bibliografia

MANTOVANI, Il principio di offensività nello schema di delega legislativa perun nuovo codice penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1997, 313 ss.

MANTOVANI, Diritto penale. Parte speciale, II, Delitti contro il patrimonio, Pa-dova, 2002.

MANTOVANI, Diritto penale. Parte generale, Padova, 2007.MANTOVANI, Legittima difesa comune e legittima difesa speciale, in Scritti per

Federico Stella, I, Napoli, 2007, 783 ss.MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, I, Torino, 1981.MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, II, Torino, 1981.MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, IX, Torino 1984.MARINI, Uso legittimo delle armi, in Noviss. Dig. it., XX, Torino, 1975,

259 ss.MARINI, Reato, in Enc. giur., XXVI, Roma, 1991, 1 ss.MARINI, Lineamenti del sistema penale, Torino, 1993.MARINI, Reo, in Dig. disc. pen., XII, Torino, 1997, 53 ss.MARINI, Il principio di precauzione nel diritto internazionale e comunitario.

Disciplina del commercio di organismi geneticamente modificati e profi-li di sicurezza alimentare, Padova, 2004.

MARINUCCI, Il reato come azione. Critica di un dogma, Milano, 1971.MARINUCCI, Fatto e scriminanti. Note dommatiche e politico-criminali, in

Riv. it. dir. proc. pen., 1983, 1190 ss.MARINUCCI, Antigiuridicità, in Dig. disc. pen., I, Torino, 1987, 172 ss.MARINUCCI, Cause di giustificazione, in Dig. disc. pen., II, Torino, 1988, 131 ss.MARINUCCI-DOLCINI, Corso di diritto penale, I, Le norme penali: fonti e limiti

di applicabilità. Il reato: nozione, struttura e sistematica, Milano, 2001.MARINUCCI-DOLCINI, Manuale di diritto penale. Parte generale, Milano, 2006.MARRA, Legittima difesa: troppa discrezionalità. Non chiamiamola licenza di

uccidere, in Dir. e giust., 2006, n. 5, 95 ss.MARTINEZ ESCAMILLA, El desistimiento en derecho penal. Estudio de algunos

de sus problemas fundamentales, Madrid, 1994.MARTINI, La nuova disciplina penale per la tutela dell’ambiente dai rifiuti, in

Leg. pen., 1998, 957 ss.MASCALA, Droit pénal général, Paris, 2003.MASSARI, Il momento esecutivo del reato. Contributo alla teoria dell’atto pu-

nibile, Pisa, 1923.MASSARI, Le dottrine generali del diritto penale, Napoli, 1930.MASTROBERTI, Codificazione e giustizia penale nelle Sicilie dal 1808 al 1820,

Napoli, 2001.MASUCCI, “Fatto” e “valore” nella definizione del dolo, Torino, 2004.MASULLO, Aspettando l’offensività. Prove di scrittura del principio nelle pro-

poste di riforma del codice penale, in Cass. pen., 2005, 1772 ss.MAZZACUVA, Il disvalore di evento nell’illecito penale, Milano, 1983.MAZZACUVA, Evento, in Dig. disc. pen., IV, Torino, 1990, 445 ss.MELILLO, In tema di desistenza volontaria e recesso attivo, in Giust. pen.,

2000, II, 543 s.MENGONI, Spunti per una teoria delle clausole generali, in Riv. crit. dir. priv.,

1986, 5 ss. MERLE-VITU, Traité de droit criminel, I, Paris, 1997.

Page 406: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Bibliografia 391

MESSINA, La desistenza volontaria dal tentativo come causa di esclusione del-la capacità a delinquere, in Scuola pos., 1954, 11 ss.

MESSINA, La correlazione fra teoria del reato e teoria del reo nel pensiero di Fi-lippo Grispigni, in Scuola pos., 1956, 407 ss.

MEZGER, Die subjektiven Unrechtselemente, in GS, 1924, 245 ss.MEZZASALMA, L’elemento psicologico della bancarotta semplice, Milano,

1970.MEZZETTI, Stato di necessità, in Dig. disc. pen., XIII, Torino, 1997, 670 ss.MEZZETTI, “Necessitas non habet legem”? Sui confini tra “impossibile” ed

“inesigibile” nella struttura dello stato di necessità, Torino, 2000.MICHELETTI, Il reato di contaminazione ambientale (Interpretazioni a con-

fronto sull’art. 51 bis, D.Lgs. n. 22 del 1997), in Riv. trim. dir. pen. econ.,2004, 107 ss.

MICHELETTI, Commento all’art. 257, D.Lgs. n. 152 del 2006, in Codice com-mentato dei reati e degli illeciti ambientali, a cura di Giunta, Padova,2007, 329 ss.

MICHELETTI, Il reato di omessa denuncia del pericolo ambientale, in Studiumiuris, 2008, 154 ss.

MILITELLO, Agevolazione e concorso di persone nel Progetto 1992, in Ind.pen., 1993, 575 ss.

MOCCIA, Il diritto penale tra essere e valore. Funzione della pena e sistemati-ca teleologica, Napoli, 1992.

MOLARI, La tutela penale della condanna civile, Padova, 1960.MOLARI, Profili dello stato di necessità, Padova, 1964.MONACO, Sul recesso dal delitto tentato, in Studi urbinati 1978-1979, 219 ss.MONACO, La riforma dell’art. 110 del codice penale italiano. Spunti introdut-

tivi, in AA.VV., Problemi generali di diritto penale. Contributo alla rifor-ma, a cura di Vassalli, Milano, 1982, 119 ss.

MONATERI-SOMMA, “Alien in Rome”. L’uso del diritto comparato come inter-pretazione analogica ex art. 12 preleggi, in Foro it., 1999, V, 47 ss.

MONTANARA, Reato plurisoggettivo, in Enc. dir., XXXVIII, Milano, 1987, 868 ss.MONTANARA, Tentativo (diritto vigente), in Enc. dir., XLIV, Milano, 1992,

117.MORELLI, La desistenza volontaria del compartecipe nel contesto del reato

concorsuale consumato, in Giust. pen., 1971, II, 308 ss.MORI, Teorica del codice penale toscano, Firenze, 1854.MORMANDO, L’istigazione. I problemi generali della fattispecie ed i rapporti

con il tentativo, Padova, 1995.MORMANDO, L’evoluzione storico-dommatica delle condizioni obiettive di pu-

nibilità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1996, 610 ss.MORO, La subiettivazione della norma penale, Bari, 1942.MORSELLI, Il significato della capacità a delinquere nell’applicazione della pe-

na, in Riv. it. dir. proc. pen., 1977, 1342 ss.MORSELLI, Note critiche sulla normativa del concorso di persone nel reato, in

Riv. it. dir. proc. pen., 1983, 415 s.MORSELLI, Il tentativo, in Giust. pen., 1988, 129 ss.MORSELLI, Disvalore dell’evento e disvalore della condotta nella teoria del rea-

to, in Riv. it. dir. proc. pen., 1991, 796 ss.

Page 407: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

392 Bibliografia

MORSELLI, Condotta ed evento nella disciplina del tentativo, in Riv. it. dir.proc. pen., 1998, 36 ss.

MORSELLI, Tentativo, in Dig. disc. pen., XIV, Torino, 1999, 182 ss.MUSCATIELLO, Il concorso esterno nelle fattispecie associative, Padova, 1995.MUSCATIELLO, La tutela penale dell’ambiente e il terzo scacchiere, in Riv.

trim. dir. pen. econ., 2005, 701 ss.MUSCO, Bene giuridico e tutela dell’onore, Milano, 1974.MUSOTTO, Diritto penale. Parte generale, Palermo, 1981.

NAPOLEONI, I fondamenti del nuovo diritto penale tributario, Milano, 2000.NEPPI MODONA, I concetti di “idoneità degli atti” e “inidoneità dell’azione”.

Struttura e accertamento, in Riv. it. dir. proc. pen., 1963, 753 ss.NEPPI MODONA, Il reato impossibile, Milano, 1965.NEPPI MODONA, Reato impossibile, in Noviss. Dig. it., XIV, Torino, 1967,

974 ss.NEPPI MODONA, Concezione realistica del reato e condizioni obiettive di puni-

bilità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1971, 184 ss.NEPPI MODONA, Condizioni obiettive di punibilità, in Enc. giur., VII, Roma,

1988, 1 ss.NEPPI MODONA, Reato impossibile, in Dig. disc. pen., XI, Torino, 1996, 259 ss.NUVOLONE, La capacità a delinquere nel sistema del diritto penale, Piacenza,

1942.NUVOLONE, Il diritto penale del fallimento e delle altre procedure concorsuali,

Milano, 1955.NUVOLONE, Recensione a Neppi Modona, in Ind. pen., 1967, 46 s.NUVOLONE, I limiti taciti della norma penale, Padova, 1972.NUVOLONE, Il diritto penale comparato quale mezzo di ricerca nell’ambito del-

la politica criminale, in Ind. pen., 1980, 5 ss.NUVOLONE, Il sistema del diritto penale. Parte generale, Padova, 1982.

PADOVANI, La condotta omissiva nel quadro della difesa legittima, in Riv. it.dir. proc. pen., 1970, 675 ss.

PADOVANI, Le ipotesi speciali di concorso nel reato, Milano, 1973.PADOVANI, Difesa legittima di interessi patrimoniali e facoltà di arresto da

parte del privato, in Giur. it., 1975, II, 609 ss.PADOVANI, La coscienza dell’offesa nel dolo del falso: un requisito ad pom-

pam?, in Cass. pen., 1981, 1542 ss.PADOVANI, La problematica del bene giuridico e la scelta delle sanzioni, in Dei

delitti e delle pene, 1984, 114 ss.PADOVANI, Il traffico delle indulgenze. “Premio” e “corrispettivo” nella dina-

mica della punibilità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1986, 398 ss.PADOVANI, Tutela di beni e tutela di funzioni nella scelta fra delitto, contrav-

venzione e illecito amministrativo, in Cass. pen., 1987, 670 ss.PADOVANI, Difesa legittima, in Dig. disc. pen., III, Torino, 1989, 496 ss.PADOVANI, L’attenuante del risarcimento del danno e l’indennizzo assicurati-

vo, in Cass. pen., 1989, 1183 ss.PADOVANI, Diritto penale della prevenzione e mercato finanziario, in Riv. it.

dir. proc. pen., 1995, 634 ss.

Page 408: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Bibliografia 393

PADOVANI, La concezione finalistica dell’azione e la teoria del concorso di per-sone nel reato, in Riv. it. dir. proc. pen., 2003, 395 ss.

PADOVANI, Diritto penale, Milano, 2006.PAGLIARA, Bonifica dei siti inquinati: un dibattito ancora aperto (II), in Am-

biente, 1998, 743 ss.PAGLIARO, Profili dogmatici delle c.d. cause di estinzione del reato, in Riv. it.

dir. proc. pen., 1967, 472 ss.PAGLIARO, Problemi generali del diritto penale dell’impresa, in Ind. pen.,

1985, 17 ss.PAGLIARO, Discrasie tra dottrina e giurisprudenza? (In tema di dolo eventua-

le, dolus in re ipsa ed errore su legge extrapenale), in AA.VV., Le discrasietra dottrina e giurisprudenza in diritto penale, a cura di Stile, Napoli,1991, 113 ss.

PAGLIARO, Principi di diritto penale. Parte generale, Milano, 2003.PAGLIARO, Causalità e diritto penale, in Cass. pen., 2005, 1037 ss.PAGLIARO, Il reato nel progetto della commissione Nordio, in Cass. pen.,

2005, 4 ss.PAJARDI-FORMAGGIA, I reati fallimentari, Milano, 1994.PALADIN, Ragionevolezza (principio di), in Enc. dir., Agg. I, Milano, 1997,

899 ss.PALAZZO, Ragionevolezza delle previsioni sanzionatorie e disciplina delle armi

e degli esplosivi, in Cass. pen., 1986, 1694 ss.PALAZZO, Principi costituzionali, beni giuridici e scelte di criminalizzazione,

in Studi in memoria di Pietro Nuvolone, I, Milano, 1991, 369 ss.PALAZZO, Dolo e azione tipica: l’incidenza dell’elemento soggettivo sulla strut-

tura unitaria e plurima della condotta, in Studium iuris, 1995, 34 ss.PALAZZO, Meriti e limiti dell’offensività come principio di ricodificazione, in

AA.VV., Prospettive di riforma del codice penale e valori costituzionali,Milano, 1996, 73 ss.

PALAZZO, Le riforme costituzionali proposte dalla Commissione bicamerale,B) diritto penale sostanziale, in Dir. pen. proc., 1998, 37 ss.

PALAZZO, Principi fondamentali e opzioni politico criminali nella tutela pe-nale dell’ambiente, in AA.VV., Ambiente e diritto, a cura di Grassi-Cec-chetti-Andronio, II, Firenze, 1999, 545 ss.

PALAZZO, Corso di diritto penale. Parte generale, Torino, 2008.PALAZZO-PAPA, Lezioni di diritto penale comparato, Torino, 2000.PALIERO, “Minima non curat praetor”. Ipertrofia del diritto penale e decrimi-

nalizzazione dei reati bagatellari, Padova, 1985.PALIERO, Depenalizzazione, in Dig. disc. pen., III, Torino, 1989, 425 ss.PALIERO, La fabbrica del Golem. Progettualità e metodologia per la “Parte ge-

nerale” di un Codice penale dell’Unione Europea, in Riv. it. dir. proc. pen.,2000, 466 ss.

PALMIERI, Osservazioni in tema di istigazione a delinquere, in Riv. it. dir.proc. pen., 1968, 996 ss.

PANAGIA, Il reato di inquinamento dei siti industriali, in Riv. trim. dir. pen.econ., 1999, 1083 ss.

PANNAIN, Manuale di diritto penale. Parte generale, Torino, 1950.PAPA, Art. 110 c.p., in Codice penale, a cura di Padovani, Milano, 2007, 741 ss.

Page 409: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

394 Bibliografia

PARODI GIUSINO, I reati di pericolo tra dogmatica e politica criminale, Mila-no, 1990.

PATALANO, Significato e limiti della dommatica del reato di pericolo, Napoli,1974.

PATERNITI, Appunti sulla non punibilità, in Ind. pen., 2005, 147 ss.PATRONO, I reati in materia di ambiente, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2000,

669 ss.PAVARINI, La crisi della prevenzione speciale fra istanze garantiste e ideologie neo-

liberiste, in Quali garanzie, a cura di Cotturri-Ramat, Bari, 1983, 295 ss.PECORARO ALBANI, L’estinzione delle situazioni soggettive penali, Napoli,

1967.PEDRAZZI, Il concorso di persone nel reato, Palermo, 1952.PEDRAZZI, L’exceptio veritatis. Dogmatica ed esegesi, in Riv. it. dir. pen.,

1954, 428 ss.PEDRAZZI, Gruppo di imprese e responsabilità penale, in AA.VV., Disciplina

giuridica del gruppo di imprese. Esperienze e proposte, Milano, 1982,157 ss.

PEDRAZZI, Profili penalistici di tutela dell’ambiente, in Ind. pen., 1991, 617 ss.PEDRAZZI, Reati fallimentari, in AA.VV., Manuale di diritto penale dell’impre-

sa, Bologna, 1998, 70 ss.PEDRAZZI, Problemi di tecnica legislativa, in Diritto penale, III, Milano, 2003,

129 ss.PELISSERO, Il contributo concorsuale tra tipicità del fatto ed esigenze di com-

misurazione della pena. Paradigmi teorici e modelli normativi, in Studiin onore di Giorgio Marinucci, a cura di Dolcini e Paliero, II, Milano,2006, 1625 ss.

PENSO, Difesa legittima, Milano, 1939.PERDONÒ, Fatti di bancarotta e declaratoria di fallimento: dal problematico

inquadramento dogmatico ad una proposta de iure condendo, in Riv.trim. dir. pen. econ., 2004, 447 ss.

PERINI-DAWAN, La bancarotta fraudolenta, Padova, 2001.PESSINA, Elementi di diritto penale, Napoli, 1871.PETRINI, Reato putativo, in Dig. disc. pen., XI, Torino, 1996, 348 ss.PETROCELLI, La pericolosità criminale e la sua posizione giuridica, Padova,

1940.PETROCELLI, Principi di diritto penale, I, Padova. 1943.PETROCELLI, Il delitto tentato. Studi, Padova, 1955.PETROCELLI, Reato e punibilità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1960, 669 ss.PETTENATI, Ritrattazione della falsa testimonianza e cause estintive della pu-

nibilità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1964, 557 ss.PETTOELLO MANTOVANI, Volontarietà del pericolo e legittima difesa, in Riv.

pen., 1955, II, 886 ss.PEVERATI, Osservazioni sulla legittima difesa, Torino, 1942.PIACENZA, Reato putativo, in Noviss. Dig. it., XIV, Torino, 1967, 1003 ss.PIERDONATI, La proporzione nella difesa legittima: il “momento” e la “base”

del giudizio, in Ind. pen., 2003, 587 ss.PIERGALLINI, Danno da prodotto. Profili dommatici e politico-criminali, Mi-

lano, 2004.

Page 410: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Bibliografia 395

PIERGALLINI, Fondamento, funzioni e limiti delle moderne forme di impunitàretroattiva, in Studi in onore di Giorgio Marinucci, a cura di Dolcini ePaliero, II, Milano, 2006, 1653 ss.

PIFFER, I delitti contro l’amministrazione della giustizia, I, I delitti control’attività giudiziaria, in Trattato di diritto penale. Parte speciale, direttoda Marinucci e Dolcini, Padova, 2005.

PIGHI, L’“irrilevanza” del fatto nel diritto penale minorile, in Studium iuris,1999, 71 ss.

PILLA, In tema di non punibilità del falso in atto pubblico, in Giust. pen.,1997, II, 274 ss.

PISA, Duplice svolta giurisprudenziale a proposito di usura e art. 586 c.p., inDir. pen. proc., 1999, 86 ss.

PISANI, La tutela penale delle prove formate nel processo, Milano, 1959.PISAPIA, Fondamento e limiti delle cause di esclusione della pena, in Riv. it.

dir. pen., 1952, 3 ss.PISAPIA, Sulla natura giuridica del reato di insolvenza fraudolenta, in Riv. it.

dir. pen., 1955, 558 ss.PIVA, Presenza sul luogo del reato ed effettività del contributo concorsuale, in

Cass. pen., 2003, 1534 ss.PIZZI, Eventi e cause. Una prospettiva condizionalistica, Milano, 1997.PRADEL, Il nuovo codice penale francese. Alcune note sulla sua parte genera-

le, in Ind. pen., 1994, 5 ss.PROSDOCIMI, Profili penali del postfatto, Milano, 1982.PROSDOCIMI, Note su alcuni criteri di classificazione delle circostanze del rea-

to, in Ind. pen., 1983, 269 ss.PROSDOCIMI, Tutela del credito e tutela dell’impresa nella bancarotta prefalli-

mentare, in Riv. trim. dir. pen. econ., 1999, 131 ss.PROSPERO FARINACCI, Praxis et Teorica criminalis, Lione, 1616.PUCCIONI, Il codice penale toscano illustrato sulla scorta delle fonti del diritto

e della giurisprudenza, II, Pistoia, 1855.PUCCIONI, Saggio di diritto penale teorico pratico, Firenze, 1858.PULITANÒ, La formulazione delle fattispecie di reato: oggetti e tecniche, in

AA.VV., Beni e tecniche della tutela penale, Milano, 1987, 33 ss.PULITANÒ, Uso legittimo delle armi, in Enc. giur., XXXII, Roma, 1994, 1 ss.PULITANÒ, Il laboratorio del giurista: una discussione su strumenti e scopi, in

Riv. it. dir. proc. pen., 2003, 108 ss.PULITANÒ, Diritto penale, Torino, 2005.PUNZO, Il delitto di bancarotta, Torino, 1953.

RAGNO, Estinzione del reato e della pena, in Enc. dir., XV, Milano, 1966,950 ss.

RAMACCI, Le condizioni obiettive di punibilità, Napoli, 1971.RAMACCI, Istituzioni di diritto penale, Torino, 1988.RAMACCI, Corso di diritto penale, Torino, 2001.RAMACCI, Manuale di diritto penale dell’ambiente, Padova, 2003.RAMPIONI, Sul valore della ritrattazione nel delitto di simulazione di reato, in

Riv. it. dir. proc. pen., 1975, 1301 ss.RANIERI, Reato progressivo e progressione criminosa, Milano, 1942.

Page 411: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

396 Bibliografia

RANIERI, Manuale di diritto penale. Parte generale, Padova, 1952.RANIERI, La progressione criminosa (in senso stretto), in Scritti e discorsi va-

ri, I, Milano, 1968, 191 ss.RANIERI, La progressione criminosa ancora una volta riconosciuta dalla giu-

risprudenza, in Scritti e discorsi vari, I, Milano, 1968, 253 ss.RESTANO, Il tentativo secondo la scuola criminale positiva, Savona, 1895.RICCARDI, I “confini mobili” del principio di offensività, in Ind. pen., 1999,

711 ss.RISICATO, Combinazione e interferenza di forme di manifestazione del reato.

Contributo ad una teoria delle clausole generali di incriminazione sup-pletiva, Milano, 2001.

RISICATO, La causalità psichica tra determinazione e partecipazione, Torino,2007.

RIVA, Art. 56 c.p., in, Codice penale commentato, a cura di Dolcini e Mari-nucci, Milano, 2006, 719 ss.

RIVA, Principio di precauzione e diritto penale. Genesi e contenuto della col-pa in contesti di incertezza scientifica, in Studi in onore di Giorgio Mari-nucci, a cura di Dolcini e Paliero, II, Milano, 2006, 1743 ss.

ROBERTI, Corso completo del diritto penale del regno delle Due Sicilie secon-do l’ordine delle leggi penali, III, Napoli, 1833.

ROCCO, Il fallimento, teoria generale ed indagine storica, Torino, 1917.ROMAGNOSI, Genesi del diritto penale, a cura di Ghiringhelli, Milano, 1996.ROMANO, Cause di giustificazione, cause scusanti, cause di non punibilità, in

Riv. it. dir. proc. pen., 1990, 55 ss.ROMANO, “Meritevolezza di pena”, “bisogno di pena” e teoria del reato, in Riv.

it. dir. proc. pen., 1992, 39 ss.ROMANO, Commentario sistematico del codice penale, I, Milano, 2004.ROMANO-GRASSO, Commentario sistematico del codice penale, II, Milano, 1996.RONCO, nota in Cass. pen. mass., 1971, 714.RONCO, Le interazioni psichiche nel diritto penale: in particolare sul concor-

so psichico, in Ind. pen., 2004, 815 ss.RONCO, Interruzione del nesso causale e principio di offensività, in Dir. pen.

proc., 2007, 819 ss.ROSSI A., Natura giuridica e struttura della desistenza volontaria, Cosenza,

1968.ROSSI P., Traité de droit pénal, Bruxelles, 1852.ROSSI P., Traitè de droit penal, II, Paris, 1863.ROSSI P., Trattato di diritto penale, trad. it. di Pessina, Napoli,1896.ROVELLI, Disciplina penale dell’impresa, Milano, 1935.ROXIN, Der Rücktritt bei Beteiligung vom Versuch und Tatbeteiligung mehre-

rer, Berlin, 1972.ROXIN, Einfhürung in das neue Strafrechts, München, 1974.ROXIN, Strafrecht. Allegemeiner Teil, München, 1997.ROXIN, Täterschaft und Tatherreschaft, Berlin-New York, 2000.RUSSO, Il problema della idoneità nel delitto tentato, in Giust. pen., 1971,

II, 374.

SABATINI, Istituzioni di diritto penale, Roma, 1935.

Page 412: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Bibliografia 397

SABATINI, Provocazione e legittima difesa: requisiti comuni e differenziali, inForo it., 1936, II, 51 ss.

SABATINI, Istituzioni di diritto penale. Parte generale, II, Catania, 1945.SANTAMARIA, Interpretazione e dommatica nella dottrina del dolo, Napoli,

1961.SANTORIELLO, I reati di bancarotta, Torino, 2000.SANTORO, L’ordine del superiore nel diritto penale, Torino, 1957.SANTORO, Manuale di diritto penale, Torino, 1958.SANTORO, Estinzione del reato e della pena, in Noviss. Dig. it., VI, Torino,

1960, 991 ss.SAYRE, Criminal Attempts, in Harv. L. Rev., 1928, 41, 821 ss.SCALERA, Teoria generale del reato di bancarotta, Milano, 1969.SCARANO, Il tentativo, Napoli, 1960.SCÜNEMANN, Die deutschsprachige Strafrechtswissenschaft nach der Strafre-

chtsreform im Spiegel des Leipzinger Kommentars und des Wiener Kom-mentars (Teil 2), in GA, 1986, 293 ss.

SEMERARO, Riflessioni sulla riforma della legittima difesa e sull’autotutela inun privato domicilio, in Cass. pen., 2006, 843 ss.

SEMINARA, Riflessioni sulla condotta istigatoria come forma di partecipazio-ne al reato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1983, 1121 ss.

SEMINARA, Tecniche normative e concorso di persone nel reato, Milano, 1987.SEMINARA, Spunti per una riforma in tema di tentativo, in AA.VV, Verso un

nuovo codice penale, Milano, 1993, 441 ss.SEMINARA, Contro una configurabilità “causale” del tentativo, in Leg. pen.,

2002, 915 ss. SEMINARA, La questione del tentativo nella scienza penalistica tedesca della

prima metà del XIX secolo, in Studi in onore di Giorgio Marinucci, a cu-ra di Dolcini e Paliero, II, Milano, 2006, 1831 ss.

SEMINARA, Sul concorso di persone nel reato, in Dir. pen. proc., 2007, 1401 ss.SERENI, Il caso Muccioli e i motivi dell’azione necessitata, in Ind. pen., 1989,

439 ss.SERENI, Istigazione al reato e autoresponsabilità. Sugli incerti confini del

concorso morale, Padova, 2000.SERENI, Verso una nuova disciplina del concorso di persone nel reato, in

AA.VV., La riforma della parte generale del codice penale, a cura di Stile,Napoli, 2003, 351 ss.

SERENI, Causalità e responsabilità penale. Dai rischi d’impresa ai crimini in-ternazionali, Torino, 2008.

SERIANNI, Reato impossibile e reato putativo, in Enc. giur., XXVI, Roma,1991, 1 ss.

SERIANNI, La desistenza volontaria e il ravvedimento attivo, Milano, 2008.SEVERINO DI BENEDETTO, I profili penali connessi alla bonifica dei siti conta-

minati, in Ambiente, 2000, 417 ss.SGUBBI, Il reato come rischio sociale. Ricerche sulle scelte di allocazione del-

l’illegalità penale, Bologna, 1990.SGUBBI, L’irrilevanza penale del fatto quale strumento di selezione dei fatti

punibili, in AA.VV., Verso una giustizia penale “conciliativa”, a cura diPicotti, Milano, 2002, 159 ss.

Page 413: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

398 Bibliografia

SGUBBI, Il risparmio come oggetto di tutela penale, in Foro it., 2004, V,136 ss.

SINISCALCO, Autore mediato (dir. pen.), in Enc. dir., IV, Milano, 1959, 443 ss.SINISCALCO, La struttura del delitto tentato, Milano, 1959.SINISCALCO, Tentativo, in Enc. giur., XXX, Roma, 1993, 1 ss.SIRACUSA, La tutela penale dell’ambiente. Bene giuridico e tecniche di incri-

minazione, Milano, 2007.SMITH, Witdrawal in complicity: a restatement of principles, in Crim. L. Rev.,

2001, 769 ss.SOMMA, L’uso giurisprudenziale della comparazione nel diritto interno e co-

munitario, Milano, 2001.SOMMER, Das bedingte Verbrechen, Leipzig, 1908.SONNEN, Felgeschlagener Versuch u. Rücktrittsvoraussetzungen, in JA, 1980,

158 ss.SPAGNOLO, Lineamenti di una categoria dei fatti estintivi nel diritto penale,

Napoli, 1963.SPAGNOLO, Gli elementi soggettivi nella struttura delle scriminanti, Padova,

1980.SPASARI, L’omissione nella teoria della fattispecie penale, Milano, 1957.SPASARI, Dalla fattispecie plurisoggettiva eventuale al concorso nel medesimo

reato. (Appunti di dommatica esegetica), in Scritti in memoria di RenatoDell’Andro, II, Bari, 1994, 907 ss.

STEFANI-LEVASSEUR-BOULOC, Droit pénal général, Paris, 1997.STELLA, La “descrizione” dell’evento, I, L’offesa e il nesso causale, Milano,

1970.STELLA, La teoria del bene giuridico e i c.d. fatti inoffensivi conformi al tipo,

in Riv. it. dir. proc. pen., 1973, 3 ss.STELLA, Leggi scientifiche e spiegazione causale nel diritto penale, Milano,

1990.STEPHEN, A History of the Criminal Law of England, London, 1883.STORTONI, Agevolazione e concorso di persone nel reato, Padova, 1981.STORTONI, Estinzione del reato e della pena, in Dig. disc. pen., IV, Torino,

1990, 342 ss.STRATENWERTH, Zukunftssicherung mit den Mitteln des Strafrechts?, in

ZStW, 1993, 679 ss. STRATENWERTH, Il diritto penale nella crisi della società industriale, in

AA.VV., Materiali per una storia della cultura giuridica, Bologna, 1994,254 ss.

SZEGÖ, Ai confini della legittima difesa. Un’analisi comparata, Padova, 2003.

TAGLIARINI, Pericolosità, in Enc. dir., XXXIII, Milano, 1983, 6 ss.TAGLIARINI, Colpevolezza, pericolosità, trattamento. Profili storici e problemi

attuali, Bologna, 1993.TARELLO, Storia della cultura giuridica moderna. Assolutismo e codificazio-

ne del diritto, Bologna, 1976.TOLOMEI, Il pentimento nel diritto penale, Torino, 1927.TONINI, Istigazione, tentativo e partecipazione al reato, in Studi in memoria

di Delitala, III, Milano, 1984, 1563 ss.

Page 414: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Bibliografia 399

TRAVERSI-GENNAI, I nuovi delitti tributari, Milano, 2000.TURONE, Il delitto di associazione mafiosa, Milano, 1995.

VALENTI, La “musa negletta”: quando la Costituzione non ispira più il legi-slatore nelle scelte di incriminazione, in Ind. pen., 2003, 951 ss.

VALLETTI, Bonifica dei siti inquinati e responsabilità “oggettiva” del proprie-tario anche incolpevole, in Dir. giur. agr. amb., 2002, 554 ss.

VALLINI, Concorso di norme e di reati, in AA.VV., Introduzione al sistema pe-nale, a cura di Insolera-Mazzacuva-Pavarini-Zanotti, II, Torino, 2001,373 ss.

VANNINI, Il tentativo nella dottrina e nel codice penale italiano, Torino, 1913.VANNINI, Desistenza volontaria e ravvedimento attuoso, in suppl. Riv. pen.,

I, 1920, 153 ss. VANNINI, Il problema giuridico del tentativo, Milano, 1952.VANNINI, Il reato impossibile, in Scritti giuridici in onore di Manzini, Pado-

va, 1954, 475 ss.VANNINI, Manuale di diritto penale. Parte generale, Firenze, 1954.VARANO-BARSOTTI, La tradizione giuridica occidentale, I, Testo e materiali per

un confronto civil law common law, Torino, 2002.VARINARD, La théorie de l’infraction impossible; vers la disparition d’un

mythe doctrinal, Paris, 1990.VASSALLI, La potestà punitiva, Torino, 1942.VASSALLI, Accordo (dir. pen.), in Enc. dir., I, Milano, 1958, 301 ss.VASSALLI, Antefatto non punibile, postfatto non punibile, in Enc. dir., II, Mi-

lano, 1958, 505 ss.VASSALLI, Cause di non punibilità, in Enc. dir., VI, Milano, 1960, 609 ss. VASSALLI, Considerazioni sul principio di offensività, in Scritti in memoria di

Ugo Pioletti, Milano, 1982, 617 ss.VASSALLI, Il fatto negli elementi del reato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1984,

529 ss.VASSALLI, Progressione criminosa e reato progressivo, in Enc. dir., XXXVI,

Milano, 1987, 1150 ss.VASSALLI, Note in margine alla riforma del concorso di persone nel reato, in

Studi in onore di Giorgio Marinucci, a cura di Dolcini e Paliero, II, Mi-lano, 2006, 1939 ss.

VENAFRO, Scusanti, Torino, 2002.VENAFRO, Il nuovo oggetto di tutela della fattispecie di insider trading, in Dir.

pen. proc., 2007, 948 ss.VENEZIANI, Spunti per una teoria del reato condizionato, Padova, 1992.VENEZIANI, Motivi e colpevolezza, Torino, 2000.VERGINE, Ambiente nel diritto penale (tutela dell’), in Dig. disc. pen., IX, App.,

Torino, 1995, 757 ss. VERGINE, Continuità del tipo di illecito o discontinuità tra il reato di cui

all’art. 51 bis, comma 1, D.Lgs. n. 22 del 1997 e quello di cui all’art. 257,comma 1, D.Lgs. n. 152 del 2006?, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2007,870 ss.

VIGANÒ, Stato di necessità e conflitti di doveri. Contributo alla teoria dellecause di giustificazione e delle scusanti, Milano, 2000.

Page 415: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

400 Bibliografia

VIGANÒ, Mafia e imprenditori: una decisione coraggiosa in tema di stato dinecessità, in Dir. pen. proc., 2004, 1258 ss.

VIGANÒ, Art. 52 c.p., in Codice penale commentato, a cura di Dolcini e Ma-rinucci, Milano, 2006, 576 ss.

VIGANÒ, Art. 54 c.p., in Codice penale commentato, a cura di Dolcini e Ma-rinucci, Milano, 2006, 643 ss.

VIGANÒ, Spunti per un «progetto alternativo» di riforma della legittima dife-sa, in Studi in onore di Giorgio Marinucci, a cura di Dolcini e Paliero, II,Milano, 2006, 2001 ss.

VIGNALE, Ai confini della tipicità: l’identificazione della condotta concorsua-le, in Riv. it. dir. proc. pen., 1983, 1358 ss.

VINCIGUERRA, Introduzione allo studio del diritto penale inglese. I principi,Padova, 1992.

VINCIGUERRA, Francia: il nuovo codice penale, in Dir. pen. proc., 1995, 260 ss.VINCIGUERRA, Diritto penale inglese comparato. I principi, Padova, 2002.VINCIGUERRA, Appunti sull’inoffensività, la tenuità dell’offesa e la tenuità del

reato in Italia nel secondo Novecento, in Studi in onore di Giorgio Mari-nucci, a cura di Dolcini e Paliero, II, Milano, 2006, 2077 ss.

VIOLANTE, Sulla struttura dell’atto di desistenza del concorrente, in Riv. it.dir. proc. pen., 1968, 837 ss.

VIOLANTE, Istigazione (nozioni generali), in Enc. dir., XXII, Milano, 1972,986 ss.

VISCONTI, Imprenditori e camorra: l’“ineluttabile coartazione” come criteriodiscretivo tra complici e vittime?, in Foro it., 1999, II, 631 ss.

VISCONTI, Contiguità alla mafia e responsabilità penale, Torino, 2003.VOLK, Causalità e diritto penale, in AA.VV., Sistema penale e criminalità eco-

nomica. I rapporti tra dommatica, politica criminale e processo, Napoli,1998, 88 ss.

WALTER, Bestimmung der Freiwilligkeit beim Rücktritt vom Versuch, in GA,1981, 403 ss.

WALTHER, Zur Strafbarkeit des zurücktretenden Tatbeteiligten, wenn dieHauptatt vollendet wird, in JR, 1976, 100 ss.

WASIK, Abandoning Criminal Intent, in Crim. L. Rev., 1980, 785 ss.WELZEL, La posizione dogmatica della dottrina finalistica dell’azione, in Riv.

it. dir. pen., 1951, 1 ss.WELZEL, Das deutsche Strafrecht. Eine systematische darstellung, Berlin,

1969.WHARTON, Criminal Law, Philadelphia, 1846. WILLIAMS, Textbook of criminal law, London, 1983.

ZACHARIA, Die Lehre vom Versuch der Verbrechen, Göttingen, 1863.ZAGNONI, “Desistenza volontaria” e riparazione del danno non patrimoniale,

in Riv. it. dir. proc. pen., 1983, 1294 ss.ZAGREBELSKY, Danno da riparare, entità della riparazione e applicabilità del-

l’attenuante dell’art. 62 n. 6 c.p., in Riv. it. dir. proc. pen., 1966, 555 ss.ZAGREBELSKY, Contenuti e linee evolutive della giurisprudenza in tema di rap-

porti tra tassatività del fatto tipico e lesività, in AA.VV., Problemi genera-

Page 416: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Bibliografia 401

li di diritto penale. Contributo alla riforma, a cura di Vassalli, Milano,1982, 417 ss.

ZAMPANO, Bancarotta “riparata” e principio di offensività, in Riv. trim. dir.pen. econ., 2006, 745 ss.

ZANCHETTA, L’“irrilevanza del fatto” come strumento deflattivo: una via pra-ticabile?, in Quest. giust., 1990, 107 ss.

ZANNOTTI, Il delitto di omessa dichiarazione, in AA.VV., Diritto penale tribu-tario, a cura di Musco, Milano, 2002, 151 ss.

ZANOTTI, Punibilità (condizioni di), in Dig. disc. pen., X, Torino, 1995, 534 ss.ZAZA, L’oggetto giuridico del reato. Un’analisi giurisprudenziale, Milano,

1999.ZICCONE, Le cause “sopravvenute” di non punibilità, Milano, 1975.ZIMMERL, Aufbau des Strafrechtssystems, Tübingen, 1930.ZUCCALÀ, Profili del delitto di attentato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1977,

1225 ss.ZUCCALÀ, I reati di infedeltà nelle società commerciali e nell’intermediazione

finanziaria, in Il diritto penale dell’impresa, a cura di Conti, in Trattatodi diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, diretto da Gal-gano, Padova, 2001, 281 ss.

ZUCCALÀ, Due questioni attuali sul bene giuridico: la pretesa dimensione “cri-tica” del bene e la pretesa necessaria offesa ad un bene, in Riv. trim. dir.pen. econ., 2004, 839 ss.

Page 417: Itinerari di...Esprimo un pensiero di profonda stima, gratitudine ed affetto al Prof. David Brunelli, per avermi generosamente seguita, inco-raggiata e sostenuta, anche nello svolgimento

Finito di stampare nel mese di maggio 2009nella Stampatre s.r.l. di Torino – via Bologna, 220