Itinerari di · 2. Responsabilità per fatto proprio e dogma causale 2.1. L’identificazione tra...

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  • Itinerari di Diritto PenaleCollana diretta da

    Giovanni Fiandaca - Enzo Musco - Tullio Padovani - Francesco Palazzo

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  • Dove va il diritto penale, quali sono i suoi itinerari attuali e lesue prevedibili prospettive di sviluppo? Ipertrofia e diritto penaleminimo, affermazione simbolica di valori ed efficienza utilitaristica,garantismo individuale e funzionalizzazione politico-criminalenella lotta alle forme di criminalità sistemica, personalismo edesigenze collettive, sono soltanto alcune delle grandi alternativeche l’attuale diritto penale della transizione si trova, oggi più diieri, a dover affrontare e bilanciare.

    Senza contare il riproporsi delle tematiche fondamentali rela-tive ai presupposti soggettivi della responsabilità penale, di cuiappare necessario un ripensamento in una prospettiva integratatra dogmatica e scienze empirico-sociali.

    Gli itinerari della prassi divergono peraltro sempre più daquelli della dogmatica, prospettando un diritto penale “reale” chenon è più neppure pallida eco del diritto penale iscritto neiprincipi e nella legge. Anche su questa frattura occorre interro-garsi, per analizzarne le cause e prospettarne i rimedi.

    La collana intende raccogliere saggi e studi che, nella consa-pevolezza di fondo di questa necessaria ricerca di nuove identitàdel diritto penale, si propongano percorsi realistici di analisi,aperti anche ad approcci interdisciplinari.

  • LUIGI CORNACCHIA

    CONCORSO DI COLPE EPRINCIPIO DI RESPONSABILITÀ

    PENALE PER FATTO PROPRIO

    G. GIAPPICHELLI EDITORE – TORINO

  • © Copyright 2004 - G. GIAPPICHELLI EDITORE - TORINOVIA PO, 21 - TEL. 011-81.53.111 - FAX 011-81.25.100

    http://www.giappichelli.it

    ISBN 88-348-4165-4

    Composizione: Compograf – Torino

    Stampa: Stampatre s.r.l. – Torino

    Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4 della legge22 aprile 1941, n. 633 ovvero dall’accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS e CNA, CONFARTIGIANATO,CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000.

    Le riproduzioni ad uso differente da quello personale potranno avvenire, per un numero di pagine nonsuperiore al 15% del presente volume, solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, viadelle Erbe, n. 2, 20121 Milano, telefax 02-80.95.06, e-mail: [email protected]

  • Ai miei genitori e a mia sorella

    Alla memoria di P. Thomas Tyn

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    INDICE

    PRESENTAZIONE di Stefano Canestrari

    PREFAZIONE

    INTRODUZIONE

    CAPITOLO I

    NULLUM CRIMEN SINE PECULIARI OFFICIOIL CONCORSO COLPOSO NELLA PROSPETTIVADEL PRINCIPIO DI RESPONSABILITÀ PENALE

    PER FATTO PROPRIO

    Sezione I

    CRITICA DI TRE DOGMI

    1. La prospettiva d’indagine: la separazione metodologica tra proble-ma della tipicità del contributo di concorso e problema dell’impu-tazione (o dei soggetti). Centralità del principio costituzionale diresponsabilità penale per fatto proprio1.1. La «irrazionalità» del concorso nel reato (in particolare, nel

    reato colposo)1.2. La fattispecie concorsuale come prioritario problema di indi-

    viduazione dei soggetti1.3. Il poliedrico universo culturale dell’opzione codicistica1.4. La relazione biunivoca tra paradigma dell’equivalenza causa-

    le e concorso di persone nel codice penale: la ratio di collega-mento con l’idea di responsabilità personale

    1.5. La logica del diritto penale della pericolosità sociale1.6. L’inversione metodologica nell’analisi del concorso. Le solu-

    zioni «rassegnate» della dottrina1.7. I devastanti «effetti a catena» della parificazione tra condotte

    tipiche e contributi atipici1.8. Proposta di un diverso percorso metodologico: il problema

    del rapporto tra fatto e autore (imputazione) come cuoredell’indagine. Distinzione tra la questione dell’imputazione equella della tipicità. Tipicità come espressione del principio di

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    legalità-determinatezza, imputazione come espressione delprincipio di personalità-responsabilità per fatto proprio. Ilprincipio di responsabilità per fatto proprio nella Costituzio-ne. Il significato dell’art. 27 Cost.: divieto di responsabilità perfatto altrui… Segue: …e divieto di responsabilità oggettiva: l’ef-fetto di elusione del significato minimo dell’art. 27 Cost. indot-to dall’evoluzione in direzione del riconoscimento del princi-pio di colpevolezza. Il principio di responsabilità per fatto pro-prio come cartina di tornasole di una corretta impostazionedel tema della plurisoggettività

    1.9. La riscoperta del principio di responsabilità per fatto proprionell’ambito del diritto penale d’impresa

    1.10. Critica di tre dogmi2. Responsabilità per fatto proprio e dogma causale

    2.1. L’identificazione tra divieto di etero-responsabilità e presup-posto causale dell’imputazione

    2.2. L’«universale» modello dell’era del positivismo2.3. Condicio per quam e condicio sine qua non2.4. Il dogma causale come impronta generale del Codice Rocco2.5. Il recupero dell’imputazione oggettiva come statuto della re-

    sponsabilità per fatto proprio2.6. Causalità e funzione della responsabilità penale nella società

    tecnologica2.7. Dicotomia tra spiegazione causale e responsabilità? 2.8. La doverosa distinzione tra imputazione e tipicità: l’emergere

    di tendenze ascrittivo-normative nella prassi giurisprudenziale2.9. L’individuazione dei soggetti come questione prioritaria della

    teoria del concorso di persone2.10. Il significato di causa2.11. L’identificazione dell’osservatore nel problema della selezione

    delle cause3. La distinzione dell’illecito in elemento oggettivo e soggettivo

    3.1. La progressiva dissoluzione del modello classico3.2. L’eterno ritorno alla scientia maleficii come criterio di collega-

    mento dei contributi atipici3.3. Standard di diligenza come regole giuridiche

    4. La concezione imperativistica4.1. Il sostrato imperativistico della corrente lettura del rapporto

    fatto-autore4.2. La connotazione imperativa delle norme giuridico-penali: for-

    za dell’evidenza o evidenza forzata? 4.3. La natura della c.d. «norma primaria». La dialettica tra conce-

    zione imperativista e concezione valorativa della norma. Di-mensione paradigmatica e dimensione imperativa della nor-ma: l’errata comprensione del momento del «Sollen». La dupli-ce funzione, di orientamento e di determinazione della confor-mità al sistema, delle regole di condotta nella teoria di Hru-schka

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    4.4. La critica tradizionale di «riduzionismo». I «Performatory im-peratives» di Olivecrona. La «Bestimmungsnorm» di Larenz. Lanetta distinzione tra dimensione normativa ed espressioneprecettiva

    4.5. Le origini: la (inespressa) connotazione paternalistica dell’ana-litica imperativista

    4.6. Eterogeneità funzionale di norma e imperativo: la vexata quae-stio della dicotomia tra codice naturalistico e normativo. Laneokantiana separazione tra mondo dell’essere e mondo deldover essere: il concetto di «autonomia» nella teoria pura deldiritto di Kelsen. Il significato simbolico-comunicativo dellanorma in Jakobs. Il dovere giuridico che sta a fondamento del-la responsabilità va inteso come «Sollen» e non come «Müs-sen»

    4.7. La funzione prospettica di motivazione assegnata alla normadalla concezione imperativista. L’idealtipo del reato commissi-vo doloso come emblema della contaminazione dommaticaderivante da un’errata prospettiva normologica. Imperativi-smo e suggestioni finalistiche nella lettura basica dell’illecito.Rapporto inversamente proporzionale tra tendenza ascrittivae imperativismo

    4.8. L’ottica generalpreventiva dell’imperativismo4.9. Imperativismo come mera struttura particolare di alcune fatti-

    specie4.10. Abbozzo di una prima sintesi: il significato fondamentale del-

    la norma primaria va tratto dai principi

    Sezione II

    DALLA RESPONSABILITÀ PER FATTO PROPRIO COME PRINCIPIO ALLA NORMA COSTITUTIVA DI STATUS

    1. La responsabilità personale come principio assiomatico2. La difficile integrazione tra regole e principi. La responsabilità per

    fatto proprio: un principio dalle potenzialità inespresse3. L’art. 27 come fondamento della responsabilità penale4. La norma giuridico-penale come precetto personale5. La traduzione in regole: proposta di una concezione normologica

    discendente dal principio di personalità6. La norma giuridico-penale come norma costitutiva di status7. La norma primaria come regola costitutiva8. La lettura costituzionalmente orientata come terza via tra concezio-

    ne ontologica e costruttivistica9. Responsabilità per fatto proprio, argumentum libertatis e art. 13 Cost.:

    libertà c.d. positiva, competenza, status di cittadino10. La norma come fondamento del neminem laedere: la precedenza del

    dovere giuridico sull’offesa e la previa delimitazione del «rischioconsentito»

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    11. Il dovere giuridico come codice della responsabilità12. Responsabilità per fatto proprio e dinamica del rapporto tra Stato e

    cittadino13. Responsabilità personale e generalprevenzione14. Il diritto penale del rischio: le insane tendenze verso un modello po-

    st-personale15. Dalla critica ai pre-giudizi del pensiero giuridico come filtro meto-

    dologico alla struttura della norma come espressione del principiodi responsabilità per fatto proprio e base di partenza per una rico-struzione del concorso colposo

    16. Il concorso colposo come «istituto»

    CAPITOLO II

    IL CONCORSO COLPOSO COME PROBLEMA TEORICO:LA COOPERAZIONE COLPOSA NELL’ESPERIENZA ITALIANA

    1. La «cooperazione colposa» nell’ordinamento italiano ai confini tradommatica del concorso di persone nel reato e teoria della colpa. Laposizione sistematica della fattispecie di cui all’art. 113 c.p. comeproblema teorico comune alle questioni della funzione, incrimina-trice o di disciplina, della norma e della delimitazione dalla concor-renza di condotte indipendenti

    2. La funzione dell’art. 113 c.p.: dalla sua genesi «tautologica», alla ri-tenuta ratio «bivalente», alla dissoluzione sistematica della defini-zione e funzione della fattispecie in quella del legame tra i concor-renti

    3. La cooperazione colposa ai confini con la figura del concorso di cau-se colpose indipendenti: il riflesso della relazione tra modello mo-nosoggettivo e modello della partecipazione. Il rilievo pratico delladistinzione: le diverse conseguenze sostanziali e processuali. Le li-nee essenziali del dibattito3.1. La tesi dell’identità come riflesso del principio causale e della

    equipollenza delle concause: irrilevanza della consapevolezzadella cooperazione nelle fattispecie causalmente orientate (Bo-scarelli). Concorso di cause colpose come reato a evento unico(Pannain). Cooperazione come attualizzazione di condotte apericolosità astratta e indeterminata (Pedrazzi)

    3.2. La tesi che assegna una funzione autonoma al concorso di cau-se colpose indipendenti. In particolare, il criterio psicologico-soggettivo. Collegamento soggettivo come mera consapevolez-za dell’altrui contributo esteriore (M. Gallo). Consapevolezzadel carattere colposo dell’altrui condotta come fondamentodella condotta di cooperazione colposa (Latagliata, Spasari,Bettiol). La consapevolezza quale requisito specifico della par-tecipazione in generale (Albeggiani, Risicato)

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    3.3. La progressiva normativizzazione in parallelo con gli sviluppidella dommatica della colpa. La trasposizione all’ambitodell’art. 113 del criterio della prevedibilità (Severino Di Bene-detto). Cooperazione come violazione di una regola di caratte-re «secondario» (Cognetta). La norma concorsuale in funzionedi adattamento della tipicità soggettiva alla fattispecie pluri-soggettiva (G.A. De Francesco). L’interazione plurisoggettivacome organizzazione (Insolera)

    3.4. Verso l’«esaurimento della parabola storica»: il concorso dicolpe nella prospettiva dell’eliminazione dell’art. 113 c.p. (An-gioni). La rigorizzazione del modello esplicativo e la dissolu-zione della distinzione (Giunta)

    4 Concorso di cause colpose e agevolazione5. L’art. 113 c.p. come crocevia tra fattispecie colposa e schema con-

    corsuale. Due itinerari alternativi: la cooperazione colposa all’inter-no della teoria del concorso di persone. Ancora sul nesso psicologi-co come requisito d’essenza della cooperazione colposa. L’art. 113come fattispecie a struttura accessoria? Clausole generali e forme dimanifestazione del reato. Il secondo itinerario: la concezione nor-mativa della colpa. La difficile soluzione tra ossequio al dato codici-stico e rispetto del principio di determinatezza. L’evoluzione «circo-lare» della fattispecie della cooperazione colposa

    6. Conclusioni: la cooperazione colposa come fattispecie afferente allateoria della colpa e l’esigenza di un più compiuto raccordo con ilprincipio della responsabilità per fatto proprio

    CAPITOLO III

    LA PROBLEMATICA FISIONOMIA DEL CONCORSO COLPOSONELLE RICOSTRUZIONI DI LINGUA TEDESCA

    1. Introduzione: la rinascita dell’interesse per il tema del concorso col-poso nel diritto penale tedesco sul piano prasseologico

    2. Il modello posizionale e il modello quantitativo3. Il dibattito sulla configurabilità della «Mittäterschaft» nell’ambito

    della colpa4. La proposizione della coautoria colposa «per analogia»; il significa-

    to normativo delle condotte di concorso colposo (Exner)5. Le ragioni di semplificazione processuale sottese alla riscoperta del-

    la fahrlässige Mittäterschaft – Le soluzioni a base causale totale(Dencker)

    6. L’inquadramento del concorso colposo sotto il modello unitario: ilparallelo con il concetto estensivo d’autore. La riconduzione di tuttele forme alla Nebentäterschaft colposa. Dall’autoria alla competenzacome presupposto di tipicità in ambito colposo (Bottke)

    7. I correttivi al concetto di dominio sul fatto. L’adattamento forzato

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    dei criteri del dolo: la ricostruzione della fahrlässige Mittäterschaftcome coautoria preterintenzionale (Ransiek). La scarsa efficacia eu-ristica delle soluzioni mutuate dal dolo

    8. Il tentativo di riabilitare il concetto restrittivo d’autore anche in am-bito colposo come sbarramento alla punibilità

    9. L’edificazione del concetto restrittivo d’autore in ambito colpososulla base della teoria dell’imputazione oggettiva dell’evento (Otto).Critica: commistione di elementi normativi e descrittivi nell’utilizzodella Steuerbarkeit come nucleo della Mittäterschaft

    10. Fondazione giuridico-penale della partecipazione nell’ottica dellaresponsabilità per fatto proprio (Lüderssen). La rivalutazione delconcetto restrittivo di autore in ambito colposo e la partecipazionecome reato di pericolo concreto (Renzikowski)

    11. La dommatica delle forme di concorso nell’ottica della riconduzionenormologica al sistema costituzionale (Stein)

    12. La progressiva normativizzazione: l’unificazione dei diversi contri-buti sotto un medesimo obbligo cautelare (Weißer). La traslazionedel concorso colposo nell’alveo del reato omissivo. La coautoria col-posa nel «primo Roxin» sul presupposto dell’assimilazione tra illeci-ti colposi e «Pflichtdelikte» (Roxin). La critica di Wolfgang Schild alcriterio della Tatherrschaft: dal fatto tipico all’autore come elementorilevante della sua descrizione, alla relazione tra soggetto e fatto co-me questione primaria dell’illiceità

    13. L’equivoco funzionalista14. L’introduzione del modello funzionale: il diritto penale come orien-

    tamento di comportamenti in funzione di ottimizzazione degli sco-pi delle norme (Kratzsch)

    15. Il modello ontologico-sistemico di responsabilità (Lampe)16. Il modello funzionale-neohegeliano17. Il normativismo radicale della «scuola di Bonn»(Jakobs, Lesch): le

    premesse sistematiche. La bipartizione tra responsabilità per com-petenza organizzativa e responsabilità per competenza istituziona-le. Ruolo comune e obblighi negativi. Ruoli speciali e obblighi posi-tivi. La base hegeliana. L’accessorietà normativa. Edificazione dellaresponsabilità in ambito plurisoggettivo sulla objektive Zurechnunge approssimazione al modello unitario. Centralità della posizione digarante. Corrispondenza tra misura della responsabilità e compe-tenza

    18. Un recente sviluppo eclettico, tra teoria funzionalista e concezionenormologica (Kindhäuser)

    19. Il monismo hegeliano e la dissoluzione dell’analitica20. La divaricazione tra due prospettive. La responsabilità per fatto pro-

    prio come dimensione strutturale della Beteiligung. La tendenza almodello unitario e la centralità dell’individuazione dei soggetti

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    CAPITOLO IV

    CAUSA AD EXCLUDENDUM

    Sezione I

    L’INTERSEZIONE RECIPROCA DI PIU CONDOTTE E IL PROBLEMADELLA DELIMITAZIONE DELLA PARTECIPAZIONE

    1. I limiti esterni al concorso punibile. Il percorso parallelo italiano etedesco sull’intervento di cause. Le molte facce del c.d. Regreßverbot.La radice selettiva comune

    2. Le teorie dell’interruzione causale: condizioni e cause. L’efficaciaesclusiva delle cause sopravvenute dolose (von Bar). La consapevo-lezza come presupposto dell’autoria (M. E. Mayer)

    3. La teoria del Regreßverbot (Frank)4. Il Regreßverbot rispetto alla Teilnahmelehre: l’impunità generale de-

    gli agenti colposi. La condicio per quam come fondamento del Re-greßverbot (Hruschka). L’idea di dominabilità (Naucke, Otto). Ilprincipio di autoresponsabilità come limite invalicabile al concorsodi condotte colpose (Welp)

    5. La riconduzione al contenuto dell’obbligo di diligenza (Jescheck).La distanza temporale tra azione neutrale ed esecuzione criminosa(Puppe)

    6. La riconoscibile inclinazione al fatto nell’euristica situazionale diRoxin

    7. L’adeguatezza professionale (Hassemer)8. Il Regreßverbot come linea di demarcazione tra rischio consentito e

    illiceità. In particolare, il Regreßverbot come «incompetenza» per gliesiti lesivi del proprio comportamento (Jakobs)

    Sezione II

    L’INTERSEZIONE RECIPROCA DI PIU CONDOTTE E IL PROBLEMA DELLE CAUSE SOPRAVVENUTE

    1. Interposizione mediatrice versus interposizione interruttiva. Esposi-zione del fenomeno

    2. Il modello italiano: l’esplicita tipizzazione del principio di causalitàe la disciplina delle c.d. concause

    3. Il dibattito sul significato dell’art. 41. Una norma «scritta male»? Lafunzione dell’art. 41. Il significato di «causa da sola sufficiente a de-terminare l’evento». Il collegamento con le generalizzazioni nomo-logiche del modello della sussunzione sotto leggi scientifiche

    4. Il problema dell’intervento della condotta interruttiva del terzonell’ambito della dottrina di lingua tedesca. Il rilievo del «peso» delcontributo del terzo rispetto al fatto complessivo. La distinzione trasemplice mancato impedimento di un rischio preesistente e crea-

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    zione di un rischio aggiuntivo (Rudolphi). La tesi del «rischio sup-plementare» (Frisch). La creazione «diretta» e «mediata» del rischioche si realizza nell’evento (Lenckner). La costellazione della concor-renza dei rischi (Jakobs). La relazione logica di causalità (Puppe)

    5. Il problema dell’intervento della condotta del terzo riguardato comecausa interruttiva della connessione di rischio

    6. Prospettiva ex ante: selezione dei rischi attraverso la delimitazionedelle sfere di competenza

    7. Prospettiva ex post: realizzazione nell’evento dello specifico rischiodisapprovato presente nella condotta non consentita

    8. I due livelli selettivi del sistema italiano

    CAPITOLO V

    IMPUTATIOL’INDIVIDUAZIONE DEI SOGGETTI COMPETENTI

    COME «CAUSA» DEL REATO

    1. Norme costitutive di status come base della imputatio. Lo status co-me posizione pubblica. Selezione soggettiva e oggettiva. Individua-zione dei soggetti competenti come primo livello selettivo in funzio-ne di garanzia di maggiore determinatezza. Tassatività normativa eresponsabilità strutturata su competenze tecniche. Status predefini-ti e classi di agenti. Una rinnovata sensibilità per il tema dell’indivi-duazione dei soggetti dell’imputazione1.1. La distinzione metodologica tra personalità e determinatezza.

    Tipicità come selezione oggettiva, in relazione di concretizza-zione con la imputatio. Il nesso tra imputazione e tipicità. Im-putatio e modello sociale delineato dalla Costituzione. Doverigiuridici e norme di fattispecie. Il dovere giuridico come nor-ma «di posizione»

    2. Abbozzo di una fondazione normoteoretica: la teoria delle norme co-me «ponte» tra soluzioni dommatiche e logica formale del sistema.La struttura bidimensionale della norma: regola di condotta e san-zione. «Lebendiges und Totes in Deutschlands Normentheorie»2.1. Segue: «Rechtsnorm» come dimensione propriamente normativa,

    come norma costitutiva di status, da cui originano doveri giuridi-ci; «Rechtssatz» come fattispecie contenente i presupposti di tipi-cità, quindi della sanzione penale. «Bestimmungsnorm» e«Bewertungsnorm»: tematizzazione della categoria delle «normedi individuazione o selezione soggettiva». Regole di tipicità e re-gole di ascrizione. Il dovere giuridico come centro della imputatio

    2.2. La prioritaria tematica dei destinatari della norma. Il proble-ma dell’individuazione del destinatario della norma: indirizzoformale e materiale (Krüger). Destinatario possibile ed effetti-vo (Somló)

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    2.3. Precedenti o analoghi nella dommatica penale: la norma di do-vere inespressa nella concezione normativistica della colpevo-lezza di Goldschmidt. Il dovere come nucleo dell’illiceità nelleelaborazioni della scuola di Kiel: dovere (in senso eticizzante)come delimitazione e garanzia dei diritti soggettivi, delle sferedi libertà individuale (Larenz). Il significato di dovere giuridi-co rispetto alla teoria del reato come violazione dell’obbligo(Schaffstein). La tipicità come momento logicamente successi-vo rispetto alla violazione del dovere

    2.4. Segue: le vicissitudini della Sorgfaltpflicht nella teoria dei Pflicht-delikte. La teoria dei «vorgelagerte Pflichte», preesistenti allalegge penale e alla tipicità (Maurach-Gössel-Zipf). Critica: lavolatilizzazione della tipicità nella antinormatività. La concre-tizzazione della violazione del dovere giuridico nella trasgres-sione delle regole della fattispecie tipica

    3. Dimensione ex ante e dimensione ex post: i quattro significati del ter-mine «responsabilità» in Hart (in particolare, la «Role-Responsabi-lity»). La dicotomia tra responsabilità come «rendere conto» e la re-sponsabilità in senso stretto o «di condanna» in Ross

    4. «Causa» del reato e causa ad excludendum. Il rilievo marginale asse-gnato alla competenza dalla dottrina italiana. Sua fondazione nor-mologica e normocostituzionale

    5. Doveri giuridici e norme di fattispecie in relazione da principi a re-gole; desumibilità dei doveri dalle stesse norme che li concretizzano;possibile critica di circolarità. I doveri giuridici come norme a gene-ralità funzionale e strutturale (secondo la concezione dei principi diCrisafulli). Prospettiva genetica e prospettiva analitica: la questionedella genesi come distinta da quella della concreta sussistenza deidoveri giuridici5.1. Doveri giuridici generali e obblighi cautelari concreti: antigiuri-

    dicità come giudizio di difformità rispetto ai doveri giuridici; ti-picità come giudizio di conformità rispetto alla previsione legale.Doveri giuridici come struttura normativa delle regole di tipicità

    5.2. Il contributo della «sfera della norma» all’individuazione deisoggetti responsabili. Determinazione ermeneutica della com-petenza da «officium iuris»

    5.3. Dimensione intersoggettiva dei doveri giuridici: la relazione«impropria» tra soggetti di diritto

    6. Il commiato dalla separazione tra valutazione e oggetto. Dimensio-ne ex ante ed ex post

    7. Dalla prospettiva normologica al contenuto della norma: imputatioe rischio7.1. La distinzione tra rischio ubiquitario, rischio antigiuridico e

    rischio penalmente tipico7.2. Dalla partecipazione come res illicita alla relatività (o relazio-

    nalità) dell’illecito7.3. Concetto di «corretta gestione» in relazione al canone del «ne-

    minem laedere». Delimitazioni giuridiche alla possibilità di

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    produrre rischi. Il controllo dei rischi creati nell’esercizio dellapropria attività. Il contributo della «Ingerenz» al rinvenimentodei doveri giuridici di corretta gestione della propria sfera diattività. Differenze topiche per descrivere il medesimo feno-meno: la imputatio

    7.4. Il significato delle soluzioni topiche della teoria dell’imputa-zione oggettiva: alcuni nodi irrisolti (la sovrapposizione tra ba-se ed oggetto dell’imputazione). La tendenza verso lo Hand-lungsunwert delle teoriche che assolutizzano la funzione dellaZurechnungslehre

    7.5. In particolare, il criterio dell’aumento del rischio: l’indebita in-tercambiabilità tra valutazione ex ante e valutazione ex post. Ilprimato del dovere giuridico come presupposto di individua-zione della competenza. Il reale significato di «rischio lecito»

    7.6. La prospettiva normologica. Dalla imputazione oggettiva del-l’evento alla imputatio come corrispondenza delle responsabi-lità alle sfere di competenza previamente individuate

    7.7. Imputazione oggettiva e sistematica del reato: imprecisa colloca-zione della Zurechnungslehre. La tesi della monodimensionalitàdell’illecito come tipicità oggettiva. Una misura minima comune(e previa rispetto) a dolo e colpa. Diversi modi di atteggiarsidell’imputazione oggettiva nell’illecito doloso e in quello colposo7.7.1. Una soluzione intermedia: contenuto e funzione dell’im-

    putazione. Il dovere giuridico come base statica (previarispetto alla violazione) di ogni illecito. Il rischio ubiqui-tario come estraneo alla sfera di competenza di un sog-getto. La causa ad excludendum come presupposto og-gettivo negativo della responsabilità: il significato «apo-fatico» della misura oggettiva (comune a dolo e colpa)dell’imputazione

    7.8. Le conoscenze e capacità speciali: rilievo esclusivo ai fini dellaconfigurabilità dell’illecito di quelle che appartengono all’am-bito disegnato dalla competenza. Il problema particolare dellaconcorrenza di ruoli in capo ad un medesimo soggetto. Le co-noscenze superiori non dovute perché esterne rispetto allo sta-tus ricoperto vanno escluse in base al principio di responsabi-lità per fatto proprio

    8. Prime conclusioni: le costellazioni afferenti al fenomeno della causaad excludendum. La «causa» in senso normativo. Concretizzazionedella competenza nel contenuto della norma di fattispecie

    9. Competenze istituzionali come espressioni del richiamo costituzio-nale agli «inderogabili doveri di solidarietà» (art. 2 Cost.). Fonda-mento costituzionale. Doveri istituzionali o speciali e doveri supere-rogatori o specialissimi. Peculiarità dei doveri istituzionali9.1. Qualifica istituzionale e reato proprio. «Unipersonalità» degliilleciti a competenza istituzionale

    10. Reato come «illecito necessariamente a soggetto qualificato»? Labase pre-penale della imputatio

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    10.1. Il criterio delle sfere di responsabilità in diritto civile e dirittopubblico come evoluzione del concetto di adeguatezza (Olivet)

    10.2. Una concezione neo-sanzionatoria? La possibile reprimendadi «pancivilismo»

    10.3. Il «piedistallo civilistico» del modello adottato: critica e riaf-fermazione della soggezione della responsabilità penale alprincipio di personalità

    11. Il c.d. «momento omissivo della colpa»: il dibattito sulla distinzionetra regola cautelare e obbligo giuridico di garanzia nell’omissione.La «componente omissiva» ha ad oggetto la diligenza, ma si giustifi-ca sulla base del dovere giuridico preesistente di osservarla. La di-stinzione da astratto a concreto tra dovere giuridico e regola di dili-genza11.1. Edificazione della responsabilità penale sull’idealtipo del reato

    omissivo improprio? Dalla «eccezionalità» della posizione digarante alla «normalità» dell’esigenza della competenza comerequisito ulteriore, strutturante la responsabilità

    12. Imputatio e tipicità: il precedente della distinzione tra imputatio fac-ti e applicatio legis ad factum12.1. Tipicità come previsione e tipicità come fenomeno (tipizzazio-

    ne e fatto tipico)12.2. Riflessi sul concorso di persone: tipizzazione e tipicità. La di-

    cotomia tra fattispecie plurisoggettiva e accessorietà comefrutto di un equivoco. La fattispecie plurisoggettiva come pro-blema di qualificazione normativa, l’accessorietà (rectius, rela-zionalità) come problema di struttura

    13. Aspettativa astratta statica, fondata sulla mera sussistenza del dove-re giuridico (imputatio) versus aspettativa concreta dinamica, fon-data sul principio di affidamento (tipicità)

    14. La «colpa» della vittima: il comportamento della persona offesa co-me banco di prova della distinzione tra aspettative statiche e princi-pio d’affidamento. I doveri giuridici intersoggettivi non tipizzati del-la persona offesa che stanno alla base della imputatio come catego-ria eterogenea rispetto alle «incombenze». La base normologica pre-penale della competenza della vittima e di quella del reo

    15. Profili processuali: riflessi sulle formule assolutorie. Corrisponden-za tra la distinzione sostanziale di imputazione e tipicità e le formu-le processuali. Esigenza della prova «oltre il ragionevole dubbio» an-che per la competenza

    Indice XVII

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    CAPITOLO VI

    CULPA PER RELATIONEMPROFILI DI TIPICITÀ DEL CONCORSO COLPOSO:

    PRINCIPIO D’AFFIDAMENTO E OBBLIGHI RELAZIONALI

    1. Causa ad excludendum e principio d’affidamento. Dai doveri giuri-dici alle regole cautelari. Dovere giuridico come base della diligenzadovuta. Dalla causa ad excludendum come misura negativa pretipi-ca… Segue: …al principio di affidamento come meccanismo seletti-vo operante sul piano della tipicità. Segue: la relazione di concretiz-zazione tra principio di affidamento e causa ad excludendum. L’eli-sione dell’affidamento come presupposto dell’insorgenza di una re-gola cautelare di prudenza speciale. Regolarità del principio d’affi-damento e «deroga minimale». Applicazioni pratiche: l’affidamentonelle altrui competenze professionali. Segue: delimitazione dellacompetenza e operatività del principio di affidamento. Riepilogo:dal dovere giuridico di corretta gestione della propria sfera di com-petenza afferente allo status riconosciuto dall’ordinamento alla nor-ma di fattispecie attraverso la funzione tipizzante esplicata dal prin-cipio d’affidamento

    2. Status normativo e diligenza doverosa: cenni sulla problematicadelle c.d. regole cautelari. La struttura aperta della fattispecie col-posa. La tesi del rimando agli usi. Critica: un «male minore», chelascia inattese le prerogative dell’art. 25, secondo comma Cost.L’area di incidenza del principio di legalità: estraneità della proble-matica della diligenza doverosa, quale «regola», ossia, concretizza-zione dei doveri giuridici afferenti agli status riconosciuti. Cautelecome concrete modalità esecutive del rispetto dei doveri giuridici,la cui scelta è rimessa all’autoregolamentazione del soggetto porta-tore di status. Estraneità della «invenzione» – individuale e giudi-ziale – delle cautele rispetto al principio di legalità, in quanto meremodalità esecutive di doveri giuridici. L’art. 25, secondo comma,Cost. presiede alla tipizzazione penale dei doveri giuridici all’inter-no della norma di fattispecie colposa. La funzione meramente pa-radigmatica delle regole preventive a struttura rigida. Il riferimen-to allo status e alle competenze come piedistallo imprescindibiledella valutazione del comportamento diligente da parte del giudice.La precostituzione dei soggetti competenti come conferma dellaedificazione della regola cautelare sul disvalore di evento nell’illeci-to colposo. Sintesi. La funzione modale e paradigmatica delle c.d.regole cautelari. Esigenza di delimitazione della diligenza dovutadal titolare dello status attraverso standard parametrati sul criteriodell’homo eiusdem condicionis et professionis. La questione della le-gittimità di regole cautelari di fonte sociale o sublegislativa: esigen-za di una fondazione su status normativi. Standard di riferimentoindividuati da parte di agencies: il ruolo dei protocolli

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    3. Obblighi relazionali come eccezione alla normale operatività delprincipio di affidamento nelle costellazioni in cui la competenza siestende a comportamenti di terzi. Fattispecie plurisoggettiva comelimite generale alla vigenza del principio di affidamento? Propostaclassificatoria degli obblighi relazionali. Segue: obblighi sinergici ocomplementari: loro utilizzo rispetto alla problematica della causa-lità cumulativa e degli effetti sinergici. Segue: obblighi accessori. Se-gue: obblighi eterotropi, o di controllo del comportamento altrui. Inparticolare, le strutture pluripersonali complesse. Il modello del la-voro d’équipe. Ripartizione gerarchica. Successione diacronica mul-tidisciplinare: obblighi relazionali a contenuto negativo; obblighiaccessori derivanti dal principio d’affidamento. La fissazione di nor-me di competenza da parte del legislatore: l’esempio delle normesull’organizzazione gerarchica nell’ambito ospedaliero. Metaregoleordinatorie e organizzatorie. Obblighi relazionali e concetto di«strumentalità». Obblighi relazionali e accessorietà in senso norma-tivo (rectius, relazionalità)

    4. La distinzione puramente descrittiva tra cooperazione colposa econcorrenza di condotte colpose indipendenti: relazionalità comeelemento caratterizzante della figura dell’art. 113. Unità-pluralità didecorso causale. Interazione sporadica, alternatività e cumulativitàdell’obbligo cautelare. Decorsi causali non interferenti e interazioneplurisoggettiva «aberrante». Concorrenza organizzata

    5. La funzione dell’art. 113. Le clausole generali come tendenza dellamoderna legislazione. La cooperazione colposa come «forma di ma-nifestazione del reato». La valenza dell’art. 113 rispetto ai reati a for-ma vincolata, ai reati di mera condotta e ai reati propri

    6. La «consapevole convergenza» delle condotte di cooperazione: con-trassegno indefettibile della fattispecie di cui all’art. 113 (e del con-corso di persone in generale)? La questione della delimitazione del-la responsabilità colposa alle forme più gravi: la colpa grave e la col-pa cosciente. La teoria di Köhler. La colpa incosciente come formanormale di imputazione colposa nell’ordinamento vigente. L’irrile-vanza della colpa lieve sul piano della definizione dell’illecito. Lacolpa grave. Le ragioni politico-criminali di una possibile delimita-zione; le ragioni dommatiche. Obiezione: il dovere di conoscere co-me obbligo proprio dello status ricoperto. L’«obbligo primario diprendere conoscenza» nella teoria di Hruschka. Dall’affermazione(apodittica) del nesso psicologico tra concorrenti (rappresentazioneattuale dell’altrui contributo) come requisito soggettivo comune atutte le forme di concorso alla prospettiva di un recupero struttura-le della coscienza della portata cautelare all’interno della teoria delreato colposo (eventualmente a livello di misura soggettiva)

    7. Conclusioni. Quadruplice base fondativa della teoria dei doveri giu-ridici: sociologico-istituzionalistica; normologica; prasseologica; co-stituzionale. La triplice critica della pars destruens. La prospettivanormativistica. Priorità della imputatio. Dalla fase pre-tipica della

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    causa ad excludendum alla fase tipica del principio di affidamento.La «culpa per relationem» in prospettiva de iure condendo: una figu-ra colposa. Due possibili alternative. I principi costituzionali comeirrinunciabile direttrice d’indagine

    BIBLIOGRAFIA

    XX Concorso di colpe e principio di responsabilità penale per fatto proprio

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  • ABBREVIAZIONI

    AI Ars Interpretandi. Annuario di ermeneutica giuridicaAK-StGB Reihe Alternativkommentare, Kommentar zum Straf-

    gesetzbuchAP Archivio penaleARSP Archiv für Rechts- und SozialphilosophieARWP Archiv für Rechts- und WirtschaftsphilosophieAT Allgemeiner TeilAufl. AuflageBh BeiheftBGE Entscheidung des schweizerischen BundesgerichtsBGHSt Entscheidungen des Bundesgerichtshofes in Strafsa-

    chenCP Cassazione penaleDDP Digesto delle Discipline PenalisticheDPP Diritto penale e processoED Enciclopedia del DirittoEG Enciclopedia Giuridica Treccani-FG FestgabeFI Foro Italiano-FS FestschriftGA Goltdammer’s Archiv für StrafrechtGC Giurisprudenza costituzionaleGP Giustizia penale-GS GedächtnisschriftIP Indice penaleISL Igiene e sicurezza del lavoroJA Juristische ArbeitsblätterJBl Juristische BlätterJR Juristische RundschauJura Juristische AusbildungJuS Juristische SchulungJus JusJW Juristische WochenschriftJZ JuristenzeitungLG LandgerichtLK Leipziger Kommentar zum Strafgesetzbuch

  • MschrfKrim Monatschrift für Kriminologie und StrafrechtsreformNJW Neue Juristisceh WochenschriftNK Nomos Kommentar zum StrafgesetzbuchNss.DI Novissimo Digesto ItalianoNStZ Neue Zeitschrift für StrafrechtOLG OberlandesgerichtÖZS Österreichische Zeitschrift für StrafrechtÖZÖR Österreichische Zeitschrift für Öffentliches RechtPJ Poder JudicialQC La questione criminaleRdn. RandnummerRDPCr Revista de Derecho Penal y CriminologiaRG Entscheidungen des Reichsgerichts in StrafsachenRGL Rivista giuridica del lavoro e della previdenza socialeRIDP Rivista italiana di diritto penaleRIDPP Rivista italiana di diritto e procedura penaleRIFD Rivista internazionale di filosofia del dirittoRIML Rivista italiana di medicina legaleRP Rivista penaleRS Rivista delle societàRTDPE Rivista trimestrale di diritto penale dell’economiaSchwZStr Schweizerische Zeitschrift für StrafrechtSJZ Schweizerische juristische ZeitungSP La Scuola PositivaSt. iur. Studium iurisStGB StrafgesetzbuchStrV Strafverteidigerwistra Zeitschrift für Wirtschafts- und SteuerstrafrechtZRV Zeitschrift für RechtsvergleichungZStrR Schweizerische Zeitschrift für Strafrecht/Revue Pénale

    Suisse/Rivista Penale SvizzeraZStW Zeitschrift für die gesamte Strafrechtswissenschaft

    XXII Concorso di colpe e principio di responsabilità penale per fatto proprio

  • PRESENTAZIONE

    Come si evince già dall’intitolazione, più che una monografia sullacooperazione, il lavoro di Cornacchia è una trattazione sul principiodell’art. 27, primo comma, Cost. nel suo significato minimo di princi-pio di responsabilità per fatto proprio al banco di prova del concorsodi più soggetti in ambito colposo.

    Lungi dal limitarsi all’analisi della fattispecie dell’art. 113 c.p., l’Au-tore in questo volume ricostruisce la problematica dell’interazione plu-risoggettiva nel contesto del reato colposo sotto una quadruplice pro-spettiva, peraltro esplicitamente assunta a linea direttrice di tutto ilpercorso: sociologico-istituzionalistica; normologica; prasseologica;costituzionale.

    Lo «zoccolo duro» del lavoro – frutto di tre anni complessivi di ri-cerca nella Repubblica Federale Tedesca, presso il Max-Planck-Institutdi Freiburg im Breisgau prima e il Rechtsphilosophisches Seminardell’Università di Bonn poi – è costituito soprattutto dall’impianto nor-moteoretico e normocostituzionale: si potrebbe dire, una vera e pro-pria Normentheorie edificata sul piedistallo axiologico dei principi co-stituzionali, in particolare del principio di responsabilità penale perfatto proprio.

    Motivo ispiratore dell’intera trattazione è l’approccio costituzio-nale. Attraverso una interpretazione evolutiva del principio di cuiall’art. 27 Cost. che potrà apparire persino «ardita» – quantunque inlinea con orientamenti emergenti già da tempo anche nella prassigiurisprudenziale – l’Autore, nel ribadire l’imprescindibilità dei prin-cipi costituzionali nella ricostruzione dell’illecito e la possibilità diun recupero ermeneutico del loro pieno significato nella definizionedelle «regole» (secondo metodologia dworkiniana-alexyana), intra-prende un’attenta rimeditazione di alcuni topoi inveterati nella men-talità dei giuristi.

    Il punto di partenza nonché il «filo rosso» che in maniera esplici-ta attraversa l’intera trattazione è dato dalla critica a tre dogmi. L’Au-tore rileva l’eterogeneità dell’esplicazione causale-naturalistica ri-spetto alla dimensione normativa dell’illecito; la fallacia «psicologi-sta» della rigida dicotomia tra oggettivo e soggettivo; la natura nonimperativa della norma penale.

    Come metodo di rinvenimento di soluzioni al «vuoto» lasciato da

  • tale pars destruens si propone, in particolare, di assumere il principiodi cui all’art. 27, primo comma, Cost. direttamente quale fondamentodella responsabilità penale, e non semplicemente come limite all’in-tervento penale. Riprendendo le parole utilizzate dall’Autore, il prin-cipio costituzionale vale a «sancire il dato strutturale intrinseco, irri-nunciabile, che connota la responsabilità penale: quasi a dire, la re-sponsabilità penale o è personale, o non è, ovvero, qualsiasi forma diresponsabilità che non risponda al carattere di personalità (nella suaduplice dimensione) è da considerarsi radicalmente estranea al mo-dello di rimprovero penale disegnato dalla Carta fondamentale dellaRepubblica». O ancora, la struttura della responsabilità penale è lapersonalità, nel suo duplice significato di riconducibilità del fatto og-getto del rimprovero al soggetto come proprio e di colpevolezza delmedesimo.

    Un’impostazione, dunque, che si caratterizza nettamente per unariproposizione di una fondazione costituzionalmente orientata «dapensiero forte». E che non rinuncia neppure all’altra grande base pre-comprensiva axiologica – matrice dell’intera Costituzione repubblica-na – della libertà, rivista come presupposto della competenza dei sog-getti riconosciuti istituzionalmente nei loro status.

    In questo tessuto fondamentale si contestualizza l’attenzione criti-ca per le correnti funzionalistiche d’oltralpe, non obliterando comun-que la centralità anche di altri principi: non ultimo, quello di legalità,nei corollari della riserva di legge, determinatezza e sussidiarietà (lanorma di fattispecie colposa deve selezionare alcuni dei doveri giuridi-ci che costituiscono lo status, e in particolare soltanto alcune modalitàdi loro violazione, tipizzandole).

    Così, il nodo gordiano del concorso di persone viene decifrato nellasua reale essenza di problema di individuazione dei soggetti che pos-sono astrattamente rispondere del fatto di reato.

    Il nucleo fondamentale attorno a cui ruota l’intera ricostruzione èl’idea secondo la quale non è possibile edificare alcun rimprovero –almeno penale, data la costituzionalizzazione del principio di re-sponsabilità personale in questo ambito – in capo a chi non sia com-petente; vale a dire: sulla base dei doveri giuridici attinenti allo statusche gli viene riconosciuto dall’ordinamento, e nei limiti della loroampiezza.

    Sul presupposto della «coincidenza tra ambito di autonomia rico-nosciuta al cittadino (status) e ambito di responsabilità (competen-za)», e dell’assegnazione alla tipicità penale del compito di selezionaree delimitare solamente una porzione di tale ambito, si chiariscono lequestioni relative alla individuazione dei soggetti competenti e alla de-limitazione normativa della fattispecie (attraverso il principio di affi-damento). La soluzione si estrinseca come una sorta di «lettura retro-spettiva del criterio dell’homo eiusdem condicionis et professionis»,

    XXIV Concorso di colpe e principio di responsabilità penale per fatto proprio

  • fondato sul piano axiologico-costituzionale e normologico su ruolinormativamente predefiniti. L’edificazione di standard comportamen-tali di diligenza sulla scorta dell’agente modello non può prescinderedunque dalla previa analisi degli status riconosciuti dall’ordinamentoe delle aspettative ad essi connesse.

    Si tratta di un’impostazione indubbiamente originale, che intendevagliare la tenuta degli asserti più scontati e non inficia, ma anzi cor-robora la serietà e la fondatezza della ricerca.

    STEFANO CANESTRARI

    Presentazione XXV

  • PREFAZIONE

    La più sentita riconoscenza innanzitutto al Maestro, prof. StefanoCanestrari, vero «complice morale» dell’opera, per la costante atten-zione rivolta allo sviluppo della stessa, per la condivisione paterna del-le difficoltà, ma più ancora per la grande libertà e fiducia accordatamiincondizionatamente fin dall’inizio.

    Inoltre, ringrazio il dott. Donato Castronuovo, per l’assistenza e lasollecitazione intellettuale offertami nelle fasi cruciali, e il dott. MarcoMantovani, per avermi reso disponibile materiale legislativo e giuri-sprudenziale di fondamentale rilievo.

    Alla realizzazione di questo lavoro hanno dato un apporto decisivoaltresì la competenza professionale e la cura costante della signora Cri-stina Campagni e della dottoressa Claudia Magni dell’Ufficio dottoratipresso il Dipartimento di scienze giuridiche «A. Cicu» di Bologna.

    Ringrazio il prof. Albin Eser e la dott. Silvia Tellenbach per avermiripetutamente permesso di svolgere le mie ricerche presso le strutturedel «Max-Planck-Institut für ausländisches und internationales Straf-recht» di Freiburg im Breisgau.

    Inoltre desidero esprimere la più profonda gratitudine al prof.Günther Jakobs, direttore del «Rechtsphilosophisches Seminar» dellaRechts- und Staatswissenschaftliche Fakultät der Rheinischen Frie-drich-Wilhelms-Universität di Bonn, di cui sono stato ospite per oltrediciotto mesi, per la sempre squisita cordialità, per i preziosi insegna-menti e per la continua disponibilità a discutere lungamente con me deitemi oggetto di ricerca. Ma della grande «famiglia di Bonn» voglio ri-cordare con grande affetto anche la segretaria signora Heidi Gerharz,sempre pronta a prodigarsi con ogni tipo di premura per rendere gra-devole e accogliente l’atmosfera dell’istituto, e tutti i colleghi: in parti-colare, gli amici Miguel Polaino Orts, Tobias Fell e Tudor Avrigeanu,compagni di estenuanti discussioni che hanno contribuito in misura sa-liente alla stesura di questo lavoro.

    Per finire, un ringraziamento speciale al «Maestro comune» prof.Hans-Heinrich Jescheck, punto di riferimento della moderna penali-stica, per i preziosi consigli che mi ha impartito fin dall’inizio e perl’aiuto non soltanto scientifico nei momenti più difficili.

    Bologna, 10 0ttobre 2003 LUIGI CORNACCHIA

  • 1 Diciamo una clausola di stile più che una denuncia o una constatazione, infondo schema simbolico di espressione dell’angoscia dell’uomo moderno difronte allo sviluppo tecnologico: basti pensare già al modo in cui si apriva unadelle prime e più ampie monografie sul tema del concorso colposo, quella di JAN-NITTI DI GUYANGA, Concorso di più persone e valore del pericolo nei delitti colposi,Milano, 1913, 1, ove si parla di «sviluppo vertiginoso delle industrie» e di «evo-luzione ampia del progresso, cui dobbiamo “nuovi casi di morte, nuove malattieinedite, nuove maniere di uccidere e di uccidersi senza volerlo”»; e sulle note tal-volta ampollose di un positivismo ancora trionfante in epoca anteriore al primoconflitto mondiale già si avverte come «… lo slancio ardito dell’attività umanaverso un ideale sempre più alto di civiltà e benessere possa esplicare l’impulso vi-goroso che lo anima solo a patto che la società si dichiari pronta al sacrificio diindefinite vittime, che non distrugga una fonte incessante di pericoli, che paghicol proprio sangue i trionfi della meccanica, della elettricità, delle industrie, tra-sformati in beni e vantaggi inapprezzabili. È la vertigine di una mèta sempre più

    INTRODUZIONE

    La recente attenzione al tema della colpa nel concorso di personeda parte della dottrina italiana costituisce riflesso di una serie di fatto-ri, anche in apparenza antitetici tra loro.

    Da un lato, infatti, l’enorme sviluppo degli studi sul concorso dolo-so, soprattutto rispetto ai rapporti con i reati associativi, dovuto ancheall’allarme sociale ingenerato dal dilagare della delinquenza organizza-ta, ha indotto un fenomeno di «attrazione» all’interno della tematicadel concorso di persone in generale anche della fattispecie di coopera-zione colposa, che ha conosciuto in qualche modo un destino parallelo.

    Fenomeno opposto e speculare è invece quello del processo di «au-tonomizzazione» della dommatica della colpa, non solo e non tanto intermini quantitativi, quanto in senso «specificante»: la stessa coopera-zione colposa non viene più studiata come un «visconte dimezzato» ri-spetto all’idealtipo del concorso doloso. Una delle ragioni è sicura-mente la ormai maggioritaria lettura normativistica della colpa.

    La menzione del motivo dell’aumento esponenziale della crimina-lità colposa e della sempre maggiore importanza assunta dall’illecitocolposo è, più che scontata, un topos che ormai nelle esposizioni pena-listiche in materia di colpa assurge a clausola di stile pressoché impre-scindibile 1. Così come la mistica che si è formata intorno ai concetti di

  • meravigliosa e audace che la pervade e avvince, ed è sui gravi e continui perico-li che essa incede gloriosa, intrepida, mentre scruta l’ignoto e lotta con le leggiferree e le immani forze della natura» (ibidem, 2). Quasi un secolo è passato, enon manca chi rimarca come il processo sia andato ben oltre le previsioni.

    2 L’ultima monografia risale a sedici anni orsono, ci riferiamo a quella di SE-MINARA, Tecniche normative e concorso di persone nel reato, Milano, 1987 (fattesalve, ovviamente le voci enciclopediche, le raccolte giurisprudenziali e la ma-nualistica).

    società del rischio, di era del macchinismo, di pericolo nucleare, am-bientale, tecnologico in generale.

    Del resto, la rinuncia, consapevole o meno, da parte della dottrinadegli ultimi anni, a una trattazione a tutto tondo della questione gene-rale del concorso di persone 2, argomento centrale della teoria del rea-to, per individuare piuttosto nelle direttrici di settore (es. reato neces-sariamente plurisoggettivo, concorso nel reato proprio, contributoconcorsuale di minima importanza, istigazione, concorso nel reato as-sociativo, e, appunto, cooperazione colposa) i temi su cui appuntarel’interesse è probabilmente frutto – oltre che, ovviamente, della setto-rializzazione degli studi – anche della tendenza alla costruzione sepa-rata delle fattispecie: appunto, ancora soltanto una linea di tendenza,essendo tutt’altro che maggioritaria, ma significativa anche per i ri-flessi sul modo di affrontare i temi classici del diritto penale.

    Tali considerazioni sembrerebbe peraltro delegittimare l’utilità diun’indagine sulla cooperazione colposa, essendo il tema già stato am-piamente esaminato in modo approfondito da autorevole dottrina.

    Quanto detto giustifica un’opera che, lungi dal pretendere di dareuna panoramica esaustiva del fenomeno – del resto inutile, stante lapresenza di opere pregevolissime anche recenti – si limiti a indicareuna prospettiva, peraltro già emergente da alcune recenti tendenze: ta-le affermazione non deve, ovviamente, suonare come una excusatio,ma piuttosto come la dichiarazione degli intenti che ispirano il pre-sente contributo.

    In specie la linea qui proposta non è che la riconduzione a estremema logiche conseguenze di certe acquisizioni che nel dibattito dottri-nale del nostro paese riecheggiano da tempi non certo recenti: quelleaquisizioni che, genericamente, di solito vengono ricondotte all’uni-verso multicolore del c.d. normativismo.

    Il termine «normativismo» può assumere una gamma di significatitalmente vasta da renderlo sostanzialmente privo di idoneità connota-tiva.

    2 Concorso di colpe e principio di responsabilità penale per fatto proprio

  • 3 DONINI, voce Teoria del reato, in DDP, XIV, 1999, 8 dell’estratto.4 In primis attraverso la voce di Franco Bricola.

    Con generale riferimento alle norme, rectius, al codice lessicale delsistema «responsabilità penale» – quindi, sostanzialmente quale va-riante di «giuspositivismo», o «positivismo penale» – la denominazio-ne è assolutamente lapalissiana: contrassegna semplicemente la neces-sità di rinvenire soluzioni attraverso gli «strumenti del proprio mestie-re» quale habitus del giurista (normativismo metodologico come sino-nimo di tecnicismo giuridico).

    Ai fini della materia oggetto di trattazione intendiamo invece unalettura che prescinde, in via di principio, da una valorazione naturali-stica o psicologizzante dei concetti, non perché tali dimensioni debba-no essere assolutamente estromesse dal ragionamento dommatico, maperché il loro richiamo è sempre e solo funzionale alla razionale deli-mitazione della responsabilità sul piano del significato dei fatti assun-ti come penalmente rilevanti: dunque, normativismo come categoriadi senso (il cui schema fondamentale è dato dal concetto di dovere giu-ridico, come si dirà).

    Sul piano metodologico, la prospettiva della costruzione separatadelle fattispecie induce a una analisi dell’istituto «dall’interno», comepeculiare forma di responsabilità colposa: in via di prima approssi-mazione, come colpa nel concorso, prima ancora che come concorsocolposo.

    Infine, quella vera e propria koinè culturale della scienza penalisticaitaliana, com’è stata definita da illustre dottrina 3, data dall’approcciocostituzionalistico quale metodo trasversale alle principali «scuole»penali costituirà base di partenza e motivo ispiratore dell’intera tratta-zione: i principi costituzionali dunque, anziché una fondazione imme-diatamente esegetica o dommatica: non si tratta solo di una «profes-sione di fede» in quella tradizione che ha caratterizzato precipuamen-te la dottrina del nostro paese 4 e che ha permesso di superare in via in-terpretativa, con soluzioni brillanti e originali, il dato stridente dellapersistente vigenza di un codice penale di impronta autoritaria. Ancorpiù, riteniamo che l’analisi di un istituto possa trarre proprio dai prin-cipi fondamentali che lo devono sorreggere le migliori indicazioni perpotersi confrontare con le esigenze di garanzia dell’individuo e con ledinamiche delle relazioni interpersonali che ispirano la nostra società.

    Un altro incipit che è divenuto leit-motiv della letteratura degli ultimianni è quello dell’ormai imminente e improcrastinabile avvento di un

    Introduzione 3

  • 5 Un’espressione che sembrerebbe più pertinente rispetto a una trattazionesulla responsabilità civile, ma che, a nostro avviso, evidenzia – meglio di quelleusuali di cooperazione o concorso colposo – l’esigenza di individuare i contras-segni della colpa in capo a ciascuno dei soggetti concorrenti.

    nuovo diritto penale, conforme alle esigenze della società del rischio, af-francato dalle pesanti ipoteche del diritto penale classico-liberale (inuti-le, superato, addirittura controproducente), modulato su schemi di in-terazione multifattoriale, e quindi di allocazione della responsabilitàsulla base di cibernetiche predefinizioni di ruoli e funzioni.

    Chiariamo invece che intento primario di questo contributo è la di-fesa di quell’unico modello che riteniamo compatibile con l’assetto divalori disegnato dalla Costituzione: il diritto penale a responsabilità ri-gorosamente individuale, con esclusione di qualsiasi forma di respon-sabilità collettiva, o per fatto altrui, o per il caso fortuito.

    Il problema è semmai proprio come recuperare in modo autenticol’istanza della responsabilità personale: vanno aggiornati i parametri,non svendute le garanzie, vanno cercate soluzioni più pregnanti dalpunto di vista semantico, e non avventuristici modelli tecnocratici.

    Ancora, il basamento su cui si intende edificare la parte critica maanche la parte costruttiva di questo contributo è, in linea con quellalettura costituzionalmente orientata del diritto penale dalla quale nonci si intende discostare, il principio della responsabilità personalenel suo contenuto di responsabilità per fatto proprio. Del signifi-cato che si intende attribuire a tale categoria si dirà nel prosieguo. Quibasti solo rimarcare una impressione: il tema della responsabilità perfatto proprio sembra emergere a sprazzi nel dibattito dottrinale più co-me «convitato di pietra» che come categoria degna di una attenta ri-flessione: in passato, meritava solo pochi cenni quale questione scon-tata e «archiviabile» sotto l’inquadramento causale; nell’evoluzione (oinvoluzione) del c.d. diritto penale del rischio, viene presentata comeretaggio di un’epoca romantica, oppure ne viene ribadita la assolutanecessità salvo poi intenderla come implicitamente risolta in certe co-struzioni sistemico-funzionaliste (o sedicenti tali) post-moderne.

    Questo contributo intende invece riprendere il filo interrotto diquell’idea di fondo, già di Delitala, per la quale, rispetto al tema ogget-to di studio, semplicemente «non si può concorrere nell’altrui colpa».

    Il che giustifica l’intitolazione prescelta: «concorso di colpe» 5, acontrassegnare come, nell’ottica prescelta di inscrivere il tema oggettodi trattazione nei canali imposti dall’adeguazione al principio della re-sponsabilità penale per fatto proprio, ciascun concorrente possa ri-spondere solo per la colpa propria.

    4 Concorso di colpe e principio di responsabilità penale per fatto proprio

  • CAPITOLO I

    NULLUM CRIMEN SINE PECULIARI OFFICIOIL CONCORSO COLPOSO NELLA PROSPETTIVADEL PRINCIPIO DI RESPONSABILITÀ PENALE

    PER FATTO PROPRIO

    Sezione I

    CRITICA DI TRE DOGMI

    SOMMARIO: 1. La prospettiva d’indagine: la separazione metodologica tra pro-blema della tipicità del contributo di concorso e problema dell’imputazione(o dei soggetti). Centralità del principio costituzionale di responsabilità pe-nale per fatto proprio. – 1.1. La «irrazionalità» del concorso nel reato (in par-ticolare, nel reato colposo). – 1.2. La fattispecie concorsuale come prioritarioproblema di individuazione dei soggetti. – 1.3. Il poliedrico universo cultura-le dell’opzione codicistica. – 1.4. La relazione biunivoca tra paradigmadell’equivalenza causale e concorso di persone nel codice penale: la ratio dicollegamento con l’idea di responsabilità personale. – 1.5. La logica del dirit-to penale della pericolosità sociale. – 1.6. L’inversione metodologica nell’ana-lisi del concorso. Le soluzioni «rassegnate» della dottrina. – 1.7. I devastanti«effetti a catena» della parificazione tra condotte tipiche e contributi atipici.– 1.8. Proposta di un diverso percorso metodologico: il problema del rappor-to tra fatto e autore (imputazione) come cuore dell’indagine. Distinzione trala questione dell’imputazione e quella della tipicità. Tipicità come espressio-ne del principio di legalità-determinatezza, imputazione come espressionedel principio di personalità-responsabilità per fatto proprio. Il principio diresponsabilità per fatto proprio nella Costituzione. Il significato dell’art. 27Cost.: divieto di responsabilità per fatto altrui … Segue: … e divieto di re-sponsabilità oggettiva: l’effetto di elusione del significato minimo dell’art. 27Cost. indotto dall’evoluzione in direzione del riconoscimento del principio dicolpevolezza. Il principio di responsabilità per fatto proprio come cartina ditornasole di una corretta impostazione del tema della plurisoggettività. – 1.9.La riscoperta del principio di responsabilità per fatto proprio nell’ambito deldiritto penale d’impresa. – 1.10. Critica di tre dogmi. – 2. Responsabilità perfatto proprio e dogma causale. – 2.1. L’identificazione tra divieto di etero-re-sponsabilità e presupposto causale dell’imputazione. – 2.2. L’«universale»modello dell’era del positivismo. – 2.3. Condicio per quam e condicio sine quanon. – 2.4. Il dogma causale come impronta generale del Codice Rocco. – 2.5.Il recupero dell’imputazione oggettiva come statuto della responsabilità perfatto proprio. – 2.6. Causalità e funzione della responsabilità penale nella so-

    2.

  • cietà tecnologica. – 2.7. Dicotomia tra spiegazione causale e responsabilità?– 2.8. La doverosa distinzione tra imputazione e tipicità: l’emergere di ten-denze ascrittivo-normative nella prassi giurisprudenziale. – 2.9. L’individua-zione dei soggetti come questione prioritaria della teoria del concorso di per-sone. – 2.10. Il significato di causa. – 2.11. L’identificazione dell’osservatorenel problema della selezione delle cause. – 3. La distinzione dell’illecito inelemento oggettivo e soggettivo. – 3.1. La progressiva dissoluzione del mo-dello classico. – 3.2. L’eterno ritorno alla scientia maleficii come criterio dicollegamento dei contributi atipici. – 3.3. Standard di diligenza come regolegiuridiche. – 4. La concezione imperativistica. – 4.1. Il sostrato imperativisti-co della corrente lettura del rapporto fatto-autore. – 4.2. La connotazione im-perativa delle norme giuridico-penali: forza dell’evidenza o evidenza forzata?– 4.3. La natura della c.d. «norma primaria». La dialettica tra concezione im-perativista e concezione valorativa della norma. Dimensione paradigmaticae dimensione imperativa della norma: l’errata comprensione del momentodel «Sollen». La duplice funzione, di orientamento e di determinazione dellaconformità al sistema, delle regole di condotta nella teoria di Hruschka. –4.4. La critica tradizionale di «riduzionismo». I «Performatory imperatives»di Olivecrona. La «Bestimmungsnorm» di Larenz. La netta distinzione tra di-mensione normativa ed espressione precettiva. – 4.5. Le origini: la (inespres-sa) connotazione paternalistica dell’analitica imperativista. – 4.6. Eteroge-neità funzionale di norma e imperativo: la vexata quaestio della dicotomia tracodice naturalistico e normativo. La neokantiana separazione tra mondodell’essere e mondo del dover essere: il concetto di «autonomia» nella teoriapura del diritto di Kelsen. Il significato simbolico-comunicativo della normain Jakobs. Il dovere giuridico che sta a fondamento della responsabilità vainteso come «Sollen» e non come «Müssen». – 4.7. La funzione prospettica dimotivazione assegnata alla norma dalla concezione imperativista. L’idealti-po del reato commissivo doloso come emblema della contaminazione dom-matica derivante da un’errata prospettiva normologica. Imperativismo e sug-gestioni finalistiche nella lettura basica dell’illecito. Rapporto inversamenteproporzionale tra tendenza ascrittiva e imperativismo. – 4.8. L’ottica gene-ralpreventiva dell’imperativismo. – 4.9. Imperativismo come mera strutturaparticolare di alcune fattispecie. – 4.10. Abbozzo di una prima sintesi: il si-gnificato fondamentale della norma primaria va tratto dai principi.

    1. La prospettiva d’indagine: la separazione metodologica tra proble-ma della tipicità del contributo di concorso e problema dell’impu-tazione (o dei soggetti). Centralità del principio costituzionale diresponsabilità penale per fatto proprio

    1.1. La «irrazionalità» del concorso nel reato (in particolare, nel reatocolposo)

    Le trattazioni del tema del concorso di persone, nell’ambito del do-lo come della colpa, ricorrentemente si dipanano intorno alla questio-ne della compatibilità del dato normativo codicistico 1, da un lato, con

    6 Concorso di colpe e principio di responsabilità penale per fatto proprio

  • 1 Spesso di fattura tecnicamente valida.2 V. Introduzione.3 Tanto che l’art. 110 del codice penale vigente, in flagrante violazione con

    l’art. 25, secondo comma, Cost. (e con il principio di eguaglianza), rappresente-rebbe «la disposizione più incostituzionale che esista nell’ordinamento penaleitaliano» secondo VASSALLI, Riforma del codice penale: se, come e quando, inRIDPP, 2002, 34.

    4 Su tali questioni, v. diffusamente cap. II.

    la dinamica di una società che dal 1930 si è trasformata in maniera ra-dicale, dall’altro con il tema dei «principi», in primo luogo dei principicostituzionali: quest’ultimo profilo, come detto 2, costituisce forse pro-prio la caratterizzazione precipua, la base precomprensiva tipica delgiurista italiano.

    La dottrina del nostro paese, ogni volta che si è trovata ad affronta-re la tematica del concorso di persone, ha dovuto fare i conti con unmodello, quello disciplinato dal codice, che appare non conforme alprincipio di determinatezza della fattispecie 3.

    La stessa prassi giurisprudenziale, nondirado «disinvolta» nell’inter-pretazione e applicazione degli istituti afferenti alla partecipazione, si ètrovata di fatto investita di un ruolo di supplenza rispetto al legislatore:e sarebbe proprio il modello unitario previsto dal codice del 1930 la ra-gione di questa sorta di delega in bianco lasciata all’interprete.

    O meglio, più ancora che l’adozione di un modello di regolamenta-zione, sul piano della tecnica legislativa il vero punctum dolens sareb-be il ricorso alle clausole generali di «dilatazione» della tipicità.

    Ancora, non manca chi rimarca la strutturale insuperabile carenzadi determinatezza dell’istituto della partecipazione: una sorta di tabeoriginaria, irreversibile portato dell’esigenza – generalpreventiva, maforse non solo – di allargare la punibilità a fatti non previsti dalle nor-me incriminatrici di parte speciale, che impone di creare una tipicitàdiversa da quella su cui è costruita la teoria del reato (monosoggetti-vo); un istituto che, ove fosse regolamentato in modo rigorosamente ri-spettoso del principio di tassatività, perderebbe la propria ragion d’es-sere, perché sarebbe un’inutile superfetazione rispetto a quanto già de-sumibile dalle regole generali sulla responsabilità.

    Estensione della punibilità a soggetti che pongono in essere condot-te atipiche: questo il profilo centrale della teoria (del concorso e) dellacooperazione colposa, dal momento che, secondo una quota riguarde-vole della dottrina, rispetto a comportamenti che sarebbero già tipici aisensi della fattispecie monosoggettiva, consterebbe l’inutilità dell’art.113 sul piano della posizione di responsabilità, residuando a tale normain questa materia unicamente la funzione di rendere applicabile la di-sciplina del concorso a fatti comunque già penalmente rilevanti 4.

    Nullum crimen sine peculiari officio 7

  • 5 Parla di «rarefazione della tipicità» con specifico riguardo al concorso col-poso, quale conseguenza della funzione incriminatrice dell’art. 113 che genera latendenza «regressiva» del giudizio di negligenza GIUNTA, Illiceità e colpevolezzanella responsabilità colposa. I. La fattispecie, Padova, 1993, 80 ss.

    6 E che ha prodotto elaborazioni pregevolissime, difficilmente superabili dalpunto di vista teorico e soprattutto sotto il profilo euristico delle soluzioni pro-poste rispetto a casi concreti emergenti nella prassi: si vedano, tra i lavori relati-vamente recenti di più ampio respiro e «a base totale» (riguardanti il concorsoin generale), quelli di SEMINARA, Tecniche normative e concorso di persone nel rea-to, Milano, 1987; INSOLERA, Problemi di struttura del concorso di persone nel rea-

    Questa natura di «corpo estraneo» rispetto alla tipicità intesa comeprecipitato tecnico del principio di determinatezza 5, costituisce la ra-gione per la quale alla fine l’interpretazione dominante tende adespungere, per così dire, l’istituto della partecipazione dalla teoria delreato per farne una mera forma di manifestazione, e una manifesta-zione in qualche modo irrimediabilmente «deviante».

    Ma proprio questo ordine di considerazione induce ad assumereuna differente prospettiva.

    La costante reprimenda di ineliminabile «irrazionalità» del concor-so di persone dovrebbe far dubitare della sua ragion d’essere: ossia, seè «impossibile» una disciplina «ideale» della fattispecie di persone, e seè giocoforza arrendersi all’evidenza di un fenomeno refrattario a unacompleta assimilazione ai principi, allora delle due l’una: o i principistessi vanno ripensati, demitizzandone il rilievo o quantomeno ridu-cendone l’estensione, ammettendo in sostanza «zone franche» dalla lo-ro potestà indisponibile; oppure la «tirannia dei principi» impone di ri-nunciare a porzioni notevoli dell’esistente giuridico, e, per quel checoncerne il fenomeno della partecipazione, di metterne in discussionela stessa legittimità.

    Non che con ciò si intenda affermare che per forza tutto ciò che èreale (l’interazione tra più soggetti nella commissione di un reato cer-to lo è, trattandosi di fenomeno ricorrente nella vita di tutti i giorni)debba essere anche razionale, ossia, esplicabile in maniera lineare escevra da contraddizioni, evidenti o latenti: la dommatica mette perio-dicamente «in saldo» i propri prodotti, deprezzando assai spesso pro-prio quelle acquisizioni che sembrano, o sono sembrate fino a quelmomento, indiscusse.

    Relativamente al tema oggetto di trattazione, il concorso di personenel reato colposo, probabilmente le «aporie insostenibili» menzionatepotrebbero essere solo l’effetto, non già di soluzioni inadeguate, maprima ancora di una non perfettamente centrata proposizione di que-stioni: forse l’attenzione precipua che è stata elargita, in modo presso-ché indiscusso, al tema della tipicità del concorso 6 ha finito per adom-

    8 Concorso di colpe e principio di responsabilità penale per fatto proprio

  • to, Milano, 1986; ID., voce Concorso di persone nel reato, in DDP, II, Torino, 1988,437; ID., voce Concorso di persone nel reato, in DDP, Agg., I, Torino, 2000, 66; G.A.DE FRANCESCO, Il concorso di persone nel reato, in AA.VV., Introduzione al sistemapenale, Vol. II, Torino, 2001 (Cap. 5, Forme di manifestazione nel reato, III. Il con-corso di persone nel reato), 328.

    brare altri profili, da cui sarebbe invece proficuo ripartire per assume-re la problematica nel modo più globale possibile.

    1.2. La fattispecie concorsuale come prioritario problema di individua-zione dei soggetti

    Si è accennato a un cambio di prospettiva.Il presente lavoro intende affrontare l’istituto della cooperazione

    nel delitto colposo eleggendo a polo di riferimento, non più il tema – difondamentale importanza, ma già ampiamente e approfonditamentetrattato dalla dottrina – della tipicità del contributo di partecipazione,bensì direttamente quello, distinto, eppure alla fine strettamente con-nesso, dei soggetti responsabili.

    Ossia: l’interpretazione assolutamente dominante assume come po-stulato – di solito implicito ma – inequivoco che vada considerato sog-getto, unico (nel reato monosoggettivo) o concorrente (nel reato pluri-soggettivo), chi compie la condotta tipica. Ci si propone di mettere indiscussione tale presupposto: oggetto d’indagine sarà infatti priorita-riamente proprio la questione dei soggetti che possono essere chiama-ti a rispondere della fattispecie di cui all’art. 113 c.p., quale profilo au-tonomo rispetto alla problematica della condotta tipica.

    Del resto, il tema dei soggetti emerge già da tempo come centralesoprattutto nella odierna discussione sulla responsabilità all’internodell’impresa.

    1.3. Il poliedrico universo culturale dell’opzione codicistica

    Il modello unitario di tipizzazione del concorso, almeno nella ver-sione edificata dal legislatore del 1930, costituisce il precipitato, con-giuntamente, di diversi orizzonti culturali: come efficacemente sinte-tizzato da illustre dottrina, dietro a tale opzione si staglia chiaramenteil tentativo «metodologico» di adagiare i criteri di conoscenza dellescienze della cultura sui modelli di quelli delle scienze naturali (di quiad esempio lo schematismo naturalistico-causale e l’equiparazione trafenomeno del concorso di persone e paradigma dell’equivalenza, ocondicio sine qua non, rivisti come due facce della stessa medaglia); co-

    Nullum crimen sine peculiari officio 9

  • 7 RONCO, Il principio di tipicità della fattispecie penale nell’ordinamento vigen-te, Torino, 1979, 287 ss. Peraltro, l’opzione del legislatore voleva anche dirimerele discussioni e lo stato di incertezza interpretativa ingenerati dalle difficoltà ap-plicative del sistema del codice Zanardelli: SEMINARA, Tecniche normative e con-corso di persone nel reato, 26.

    8 Negli stessi termini, nega che si debba stabilire un nesso necessario tra la di-sciplina degli artt. 110 ss. e il contesto storico-politico in cui il codice Rocco è sta-to partorito SEMINARA, Tecniche normative e concorso di persone nel reato, 26 ss.

    sì pure la pretesa «ideologica», tipica del milieu politico-criminale del-la scuola positiva, di soggettivizzare i paradigmi della tipicità facendodella sintomaticità criminale la ratio della punibilità; infine l’indirizzogeneralpreventivo, di incremento del controllo sociale, quale puntoqualificante del programma politico dello stato autoritario fascista 7.

    1.4. La relazione biunivoca tra paradigma dell’equivalenza causale econcorso di persone nel codice penale: la ratio di collegamento conl’idea di responsabilità personale

    Dall’analisi dei Lavori preparatori, risulta che il legislatore del ’30aveva inteso incardinare la previsione del concorso di persone sul dog-ma causale, in particolare, sul principio dell’equivalenza di tutte lecondizioni del fatto.

    Al di là della validità di un simile presupposto, o comunque dellasua compatibilità con gli sviluppi interpretativi e le esigenze prasseo-logiche successive all’emanazione del codice, emerge in maniera nitidail nesso significativo, si potrebbe dire osmotico, tra regolamentazionedella interazione plurisoggettiva (secondo il modello unitario) e di-mensione causale: non a caso, al principio di causalità è stato attribui-to spesso – specialmente in seguito all’introduzione dell’art. 27 Cost. –il significato di guarentigia del divieto di responsabilità per fatto altrui.

    Il cuore della problematica del concorso di più persone nel reato vaproprio ricercato in questa direzione: se è vero che l’effetto «aberran-te» della disciplina codicistica è la eccessiva estensione del potere di-screzionale del giudice, quasi una sorta di consacrazione legale delruolo creativo della giurisprudenza nell’attività di rinvenimento topicodi criteri integrativi del labile dato normativo, tuttavia non pare si pos-sa affermare che la ratio della disciplina codicistica vada individuatanecessariamente in un’esigenza generalpreventiva repressiva, di incri-minazione «a tappeto» 8 o di delegittimazione del modello della tipicitàdelineato per il fatto monosoggettivo (e oltretutto da leggersi nella cor-nice di determinatezza già approntata dall’art. 1 c.p.). Anzi, a nostroavviso, l’idea ispiratrice degli artt. 110 ss. va rinvenuta piuttosto nel

    10 Concorso di colpe e principio di responsabilità penale per fatto proprio

  • 9 E non certo nel corrispondente principio costituzionale, per ragioni crono-logiche.

    10 Cfr. ad es. recentemente ALDROVANDI, Concorso nel reato colposo e diritto pe-nale dell’impresa, Milano, 1999, 32 s.

    11 Tale ordine di considerazioni viene addotto da una parte della dottrina, as-sieme ad altre di carattere più strettamente dommatico, in favore dell’assimila-zione delle due tipologie e del loro raggruppamento sotto l’egida dell’art. 113 (v.diffusamente cap. II, in partic. § 3.4). Sul concorso di cause colpose indipenden-

    tentativo (magari malriuscito) di razionalizzare il problema della con-correnza di più fattori umani e di ancorare il giudizio di responsabilitàin tali costellazioni di casi al presupposto invalicabile per cui nessunopuò essere chiamato a rispondere di un fatto che non può dirsi «suo»:si intende evidenziare, insomma, che il legislatore del 1930 in fondo,attraverso il parallelo tracciato tra concorso di persone e concorso dicause (la cui identica denominazione significativamente pare connota-re la «sovrapponibilità» dei due fenomeni, pur attinenti ad ambiti di-stinti), verosimilmente aveva come intento primario proprio quello disubordinare la punibilità dei compartecipi ai presupposti del modello– mutuato dagli stilemi della Scuola Positiva – esplicitamente e pun-tualmente adottato per la dimensione oggettiva della responsabilitàpersonale. Che poi il criterio causale sia davvero idoneo a fornire unasimile garanzia, è altro problema.

    Quello che interessa, in questa sede, è sottolineare come, senell’idea 9 del divieto di responsabilità per fatto altrui va rinvenutala matrice primigenia della disciplina del concorso, è da questo pre-supposto che occorre partire: meditando, in primo luogo, di che signi-ficato si vada rivestendo oggi, alla luce dei dati offerti dall’ordinamen-to vigente, in particolare, dalla Carta Fondamentale della Repubblica.

    1.5. La logica del diritto penale della pericolosità sociale

    Rispetto all’idea, pressoché dominante, che il concorso di personesi inscriva in una logica di prevenzione generale e di difesa dei benigiuridici da aggressioni avvertite come particolarmente insidiose 10, sideve invece rilevare come tale punto di vista non appaia precisamentecalzante almeno con riguardo alla fattispecie di cui all’art. 113: la mag-giore pericolosità dei comportamenti ivi incriminati può essere predi-cata rispetto al reato colposo individuale, ma non sempre può dirsi al-trettanto rispetto al concorso di azioni colpose indipendenti, ossia, al-la casuale sommatoria «sinergica» di contributi colposi, che ben può es-sere più allarmante e dalle conseguenze più devastanti di una «classica»ipotesi di cooperazione colposa 11.

    Nullum crimen sine peculiari officio 11

  • ti ci permettiamo di rinviare a CORNACCHIA, Il concorso di cause colpose indipen-denti: spunti problematici, in IP, 2001, 645 (Parte I); 1063 (Parte II).

    12 V. recentemente ad es. RISICATO, Il concorso colposo tra vecchie e nuove in-certezze, in RIDPP, 1998, 134.

    Pertanto si può ben affermare che la normativa sul concorso dispo-ne una disciplina «diversa» (e non per forza più grave) per fatti che,derivando da un’interazione, assumono una connotazione peculiare:ma non per questo punisce necessariamente comportamenti «atipici»in ragione della loro pericolosità.

    1.6. L’inversione metodologica nell’analisi del concorso. Le soluzioni«rassegnate» della dottrina

    Il modus procedendi solitamente adottato dai cultori del tema delconcorso di persone è quello di focalizzare l’indagine sul problema del-la tassatività del contributo di partecipazione – di solito dando perscontata la insuperabile atipicità del contributo di concorso e cercan-do di «salvarne» la ratio giustificandone alcuni presupposti 12–lascian-do in subordine quello che invece costituisce il tema centrale: il pro-blema della responsabilità per fatto proprio.

    Ne deriva una sorta di inversione metodologica: si parte dal «difet-to» di previsione presente nel codice, per sottoporlo a critica – oblian-do o quantomeno lasciando sullo sfondo il «nucleo essenziale» del pro-blema – salvo poi dovere concludere che non sono praticabili rimedidecisivi: la punibilità del concorso comporta necessariamente una di-screpanza rispetto al principio di tassatività, più o meno forte: perchési puniscono condotte atipiche rispetto a fattispecie a forma vincolata,o a reati propri; o apporti non causali rispetto a reati a forma libera; ocontributi a efficacia causale «mediata» da altre condotte; o condottedi partecipazione «incomplete», il cui decorso causale produce l’esitodelittuoso solo in sinergia con altri fattori eziologici; ovvero comporta-menti caratterizzati da una pericolosità ancora «astratta» rispettoall’evento.

    Così, una volta constatata la inidoneità degli strumenti interpretati-vi disponibili a correggere il difetto di tassatività, si passa a un «pro-gramma minore»: quello di limitarlo, di ammettere, per così dire, la dé-faillance, «minimizzandone» i costi.

    La teoria del concorso di persone vive una sorta di scarto incolma-bile tra principi costituzionali e politico-criminali da una parte, datonormativo e armamentario concettuale offerto dalla dommatica dal-l’altra: la dialettica tra ciò che dovrebbe essere (rectius, non-essere:stando ai principi, la partecipazione non dovrebbe esistere) e ciò che in

    12 Concorso di colpe e principio di responsabilità penale per fatto proprio

  • 13 Da ultimo v. RISICATO, Combinazione e interferenza di forme di manifesta-zione del reato. Contributo ad una teoria delle clausole generali di incriminazionesuppletiva, Milano, 2001, 61 ss.

    14 GIULIANI-BALESTRINO, L’equivalenza non causale tra le condotte dei concor-renti nel reato, in RIDPP, 1985, 668 ss.

    realtà è e non può non essere (è pur necessario dal punto di vista ge-neralpreventivo punire condotte di partecipazione).

    Gioca, indubbiamente, un ruolo essenziale a riguardo, come detto,la «cattiva coscienza» dei giuristi italiani, che si trovano a dovere lavo-rare su un codice che di fatto fa ampio utilizzo di clausole generali diestensione della punibilità, derogando al principio di determinatezzadella fattispecie.

    1.7. I devastanti «effetti a catena» della parificazione tra condotte tipi-che e contributi atipici

    Di più: già da tempo è stato rimarcato, con perspicacia, il vero eproprio «attentato al principio di responsabilità per fatto proprio»operato dal codice vigente attraverso la relazione di equivalenza legi-slativamente stabilita – appunto attraverso le clausole generali di in-criminazione suppletiva di cui agli artt. 110 e 113 – tra condotta tipicaai sensi della fattispecie monosoggettiva e contributo di qualsiasi mo-dalità, anche assolutamente esigua, alla realizzazione del fatto 13: ilpresupposto, si potrebbe dire lo schema trascendentale di collegamen-to per addivenire a tale parificazione era dato, nel pensiero del legisla-tore del 1930, dal modello causale, individuato – nella icastica imma-gine «speculare» del concorso di cause offerta dall’art. 41 – come sche-letro del concorso di persone.

    Ora, le clausole generali di estensione della punibilità di fatto san-ciscono una equivalenza tra fatto tipico e «fatto analogo», tra «visi-bile e invisibile», ovvero, con altre parole, codificano una presunzionedi tipicità. Il risultato che si ottiene in ambito concorsuale è l’ascri-zione della responsabilità al soggetto che non ha posto in essere il fat-to tipico, ma un fatto diverso e al più simile 14, un suo «analogo fun-zionale»: rectius, un comportamento di per sé neutrale, ma qualificatocome equivalente sulla base di una presunzione legislativa. Il protocol-lo attraverso cui avviene tale qualificazione è, di solito, la causalità; maquesto schema rimane puramente formale, privo di contenuto: il legi-slatore in realtà non specifica i criteri che devono presiedere a siffatta«parificazione», e viene rimessa all’interprete l’invenzione (in senso er-meneutico) dei presupposti.

    A dire il vero, l’unica indicazione normativa rispetto alla criteriolo-

    Nullum crimen sine peculiari officio 13

  • 15 RISICATO, Combinazione e interferenza di forme di manifestazione del reato,62, che peraltro ritiene possibile arginare tale atipicità strutturale rispetto allafattispecie di cui all’art. 113 laddove sia ravvisabile in chi coopera la consapevo-lezza di concorrere al fatto materiale altrui, contrassegnando tale presuppostocome «colpa di concorso» (op. ult. cit., 141): v. cap. II, § 3.2.

    16 INSOLERA, voce Concorso di persone nel reato, 1988, 465; sulla causalità psi-chica sia consentito rinviare a CORNACCHIA, Il problema della c.d. causalità psichi-ca rispetto ai condizionamenti mentali, in CANESTRARI-FORNASARI (a cura di), Nuo-ve esigenze di tutela nell’ambito dei reati contro la persona, Bologna, 2001, 198 ss.;con specifico riguardo al concorso morale v. SERENI, Istigazione al reato e auto-responsabilità. Sugli incerti confini del concorso morale, Padova, 2000, passim.

    gia che deve presiedere a tale procedimento di «riempimento delloschema», di recupero di presupposti, è data dall’elemento soggettivo:nel modello descritto dal legislatore del ’30, ad esempio, il concorso erauna equivalenza di contributi qualificati da dolo (art. 110) e da colpa(art. 113), intesi come forme di colpevolezza. In breve: la pura giustap-posizione di causalità ed elemento soggettivo.

    Proprio tale logica binaria semplificata, legittimata oltretutto sulpiano della lettera della legge, sta all’origine della deriva verso la re-sponsabilità per fatto altrui: essa permette infatti che il concorrente ri-sponda di un fatto che non ha commesso – dato che il suo contributoera atipico, o addirittura insignificante – per la mera evenienza del-l’adesione soggettiva; indifferente poi che quest’ultima sia dovuta acontingenze meramente fortuite: la «scienza propria» rispetto a deter-minate situazioni assolverebbe a tale funzione di «ricucitura della fes-sura tra condotta atipica e fatto», non valendo certo a esimere da re-sponsabilità la involontarietà di tale conoscenza.

    La tipicità del contributo viene dunque sostituita integralmente dal-la mera valenza sintomatica della volontà; ovvero dal puro accordo,istigazione, o da atti preparatori; talora persino dalla semplice adesio-ne morale o dalla conoscenza o possibilità di conoscere.

    Dunque, elemento soggettivo come giustificazione retrospetti-va dell’infrazione della responsabilità