Italian Rock Progressive reviewes (ITA)

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  • Questo lavoro vuole essere solo una racolta di materiale dedicato ad un genere musicale considerato ormai del passato ma che coinvolge ancora oggi numerosi fans.

    Anche se il fenomeno legato ad un preciso periodo che si posiziona soprattutto attorno agli anni '70, non mancano nuovi dischi in linea con il Progressive Rock o "Rock sinfonico" come dovrebbe essere pi correttamente chiamato, in Italia, il genere musicale.

    La maggior parte dei commenti ai vari album deriva dall'ottimo lavoro pubblicato sul sito "Manlio Progressive Reviews"Altri articoli invece derivano dalla rivista Ciao 2001 con i commenti soprattutto di Enzo Caffarelli.Altri ancora da:"Pagine Settanta" e molte altre.In rari casi ho inserito note personali per quei dischi che non ho trovato recensito da nessuna altra parte.

    Sito internet dedicato al progressive rock soprattutto italiano

    Notevole la quantit di notizie dedicate al Rock Progessive italiano.I commenti in questo caso sono di Sergio Caffarellihttp://digilander.libero.it/ciao.2001/

    Introduzione alla 1^ edizione

    Progressive rock italiano

    Sito internet dedicato al progressive rock italiano. Peccato che sia in lingua inglese!!!http://www.italianprog.com/

    Sito internet dedicato al progressive rock in generehttp://www.split.it/users/aboz/engine/artista.asp

    http://it.geocities.com/manlioprog/index2.html

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  • Sommario

    Artista Titolo anno

    Acqua FragileACQUA FRAGILE 1973AKTUALAAKTUALA 1973AriaAlan Sorrenti 1972Come un Vecchio Incensiere all' Alba di un Villaggio Deserto

    Alan Sorrenti 1973

    Carta StracciaALBERTO RADIUS 1977America Good-ByeALBERTO RADIUS 1979ScolopendraALLUMINOGENI 1972Un'isola senza soleAPOSTHOLI 1972 Ho smesso di vivereAPOSTHOLI 1979Arbeit Macht FreiAREA 1973Crac!AREA 1975MaledettiAREA 1976Gli Dei Se Ne Vanno, Gli Arrabbiati Restano!AREA 1978Gioia e RivoluzioneAREA 1996TILT - Immagini per un orecchioARTI+MESTIERI 1974Giro di valzer per domaniARTI+MESTIERI 1975Quinto StatoARTI+MESTIERI 1979TrysBALLETTO DI BRONZOSirio 2222BALLETTO DI BRONZO 1970YSBALLETTO DI BRONZO 1972Darwin!BANCO DEL MUTUO SOCCORSO 1972 -Banco del Mutuo SoccorsoBANCO DEL MUTUO SOCCORSO 1972-Io sono nato liberoBANCO DEL MUTUO SOCCORSO 1973Come in un'ultima cenaBANCO DEL MUTUO SOCCORSO 1976Garofano rossoBANCO DEL MUTUO SOCCORSO 1976...di terraBANCO DEL MUTUO SOCCORSO 1978Canto di primaveraBANCO DEL MUTUO SOCCORSO 1979Da qui messere si domina la valle...B.M.S. (91)BANCO DEL MUTUO SOCCORSO 1991 -Da qui messere si domina la valle...DarwinBANCO DEL MUTUO SOCCORSO 1991 -NudoBANCO DEL MUTUO SOCCORSO 1997Il tempo della seminaBIGLIETTO PER L'INFERNOBiglietto per l'infernoBIGLIETTO PER L'INFERNO 1972BLUE MORNINGBLUE MORNING 1973Campo di MarteCampo di Marte 1973CELESTECELESTE 1976MelosCERVELLO 1973Cherry fiveCherry five 1975El TorCITTA' FRONTALEAspettando GodotClaudio Lolli 1972 -Volo magico n. 1Claudio Rocchi 1971 -La norma del cielo (volo magico n. 2)Claudio Rocchi 1972Profondo rosso - XXV anniversarioCLAUDIO SIMONETTI 2000Corte dei MiracoliCorte dei Miracoli 1976

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  • Io non so da dove vengo e non so dove mai andr. Uomo il nome che mi han dato

    DE DE LIND 1973

    DEDALUSDEDALUS 1973Dolce acquaDELIRIUM 1971Lo scemo e il villaggioDELIRIUM 1972DUELLO MADREDUELLO MADRE 1973Siegfried, il Drago e Altre StorieERRATA CORRIGE 1976Diario Di Viaggio Della Festa MobileFESTA MOBILE 1973Topi o uominiFLEA 1972Il vento ha cantato per ore tra i rami dei versi d'amore.

    FRANCHI GIORGETTI TALAMO 1973

    PollutionFranco Battiato 1972FetusFranco Battiato 1972Sulle Corde Di AriesFranco Battiato 1973"Clic"Franco Battiato 1974NudaGARYBALDI 1972AstrolabioGARYBALDI 1973Terra in boccaI GIGANTI 1971I teoremiI TEOREMI 1972Il VoloIL VOLO 1974Essere o non essere? Essere, Essere, Essere!IL VOLO 1975DNAJUMBO 1972Vietato ai minori di 18 anni?JUMBO 1973l' uOvo di cOlomboL' UOVO DI COLOMBO 1973Passio Secundum MattheumLATTE E MIELE 1972CollageLE ORME 1971Uomo di pezzaLE ORME 1972Felona e SoronaLE ORME 1973ContrappuntiLE ORME 1974SmogmagicaLE ORME 1975ElementiLE ORME 2001To Allen GinsbergLIVING MUSIC 1972Homo homini lupusLOCANDA DELLE FATEForse le lucciole non si amano piLOCANDA DELLE FATE 1977PortobelloLOY & ALTOMARE 1973MeghMARIO BARBAJA 1972iaia (76)MARIO LAVEZZI 1976Al mercato degli uomini piccoliMAURO PELOSI 1973MaxophoneMAXOPHONE 1975...E fu il sesto giorno - VedetteMETAMORFOSI 1972InfernoMETAMORFOSI 1972ZarathustraMUSEO ROSENBACH 1973Rare and UnreleasedMUSEO ROSENBACH 1992Concerto Grosso n1NEW TROLLS 1971UTNEW TROLLS 1972New Trolls Atomic SystemNEW TROLLS 1973Concerto grosso n2NEW TROLLS 1976Canti d'innocenza, canti d'esperienzaNICO, GIANNI, FRANK, MAURIZIO 1973Arrow HeadOSAGE TRIBE 1972L'uomoOSANNA 1971

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  • Milano Calibro 9OSANNA 1972PalepoliOSANNA 1973UnoPANNA FREDDA 1971Abbiamo Tutti un Blues da PiangerePERIGEO 1973La Valle Dei TempiPERIGEO 1975Pierrot LunairePIERROT LUNAIRE 1974GudrunPIERROT LUNAIRE 1977Storia di un minutoPremiata Forneria Marconi 1972Per un amicoPremiata Forneria Marconi 1972Photos of GhostsPremiata Forneria Marconi 1973Live in U.S.A.Premiata Forneria Marconi 1974L'isola di nientePremiata Forneria Marconi 1974Chocolate king'sPremiata Forneria Marconi 1975Jet LagPremiata Forneria Marconi 1977Quella Vecchia LocandaQUELLA VECCHIA LOCANDA 1972Il Tempo Della GioiaQUELLA VECCHIA LOCANDA 1974Per...un mondo di cristalloRACCOMANDATA RICEVUTA RITORNO 1972Reale accademia di musicaREALE ACCADEMIA DI MUSICA 1972Storie di uomini e nonROCKY'S FILJ 1973La BibbiaROVESCIO DELLA MEDAGLIA 1971ContaminazioneROVESCIO DELLA MEDAGLIA 1973Il ritornoROVESCIO DELLA MEDAGLIA 1995SamadhiSAMADHI 1974Dedicato a FrazzSEMIRAMIS 1972ShowmenSHOWMEN 2 1972L'unitSTORMY SIX 1971The TripThe TRIP 1970CaronteThe TRIP 1971AtlantideThe TRIP 1972Time of changeThe TRIP 1973ArtVince Tempera 1973

    122totale album recensiti

    Acqua FragileACQUA FRAGILE

    1973

    L'errore pi grave che si potrebbe commettere con questo disco, il pensare di prevedere il contenuto e la forma delle composizioni solo al leggere la presenza alla voce di Bernardo Lanzetti, grande cantante, si sa, ma con un taglio nettamente alla Gabriel. In pi, con ulteriore input al fallo, si pu essere perfettamente consci della sua presenza nei lavori della seconda fase (come la chiamo io) della P.F.M., che, francamente, non entusiasmano pi di tanto.

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  • Si scopre (o almeno io scopro) invece un disco lineare e preciso, acustico ed elettrico, con stralci veramente taglienti e spigolosi ...una meraviglia alle mie orecchie... La voce sempre ben impostata di Lanzetti, con una perfetta pronuncia inglese, amalgamata magistralmente nel contesto musicale del gruppo, porta l'ascoltatore ad affrontarsi con un risultato d'insieme, tralasciando, o meglio, non lasciando il tempo di cercare quelle somiglianze e assonanze Gabrielliane. Netta la divisione del disco: inizio ("Morning Comes" e "Comic Strips") e fine ("Three Hands Man", secondo me il miglior brano) martellanti e potenti, mentre il resto delle composizioni si assestano su toni tranquilli e spesso acustici dove brilla soprattutto ("Going Out"). L'unico neo , secondo me, un richiamo (almeno a me ha fatto questo effetto) non troppo velato in "Morning Comes" ai cori di "Child in Time" dei Deep Purple. Onestamente non ho capito la scelta dei testi tradotti in italiano all'interno. Concludendo, io lo ritengo un disco molto valido...a me piace!Consigliato

    AKTUALAAKTUALA

    1973

    Milanesi di nascita o di adozione, gli aktuala rappresentano una delle pi significative novit della scena italiana. Cultori di musiche popolari d'ogni epoca e di ogni paese, appassionati collezionisti ed etnologi, essi rappresentano una "comune" musicale votata al recupero di una musica popolare universale, totale, che fruisca delle esperienze di popoli vicini e lontani, senza la mediazione della cultura classica.Musica dunque istintiva, primordiale, nella quale i segni stessi della natura, il suono quotidiano diviene musica, come il canto degli uccelli, e nella quale facile cogliere, immediatamente, gli influssi timbrici e le venature melodiche del folklore africano e mediorientale: la base infatti il Mediterraneo, e se vogliamo l'Italia meridionale, che nel corso della storia stata teatro di differenti civilt.Naturalmente rischioso parlare solo di musica popolare. Meglio rinunciare alle etichette, in un momento in cui anche il jazz e lo stesso rock si avvicinano e rielaborano il folklore europeo, quello latino americano, quello indiano, quello africano.IL gruppo rifiuta naturalmente qualsiasi virtuosismo solistico, poich i loro desiderio o "quello di riportare alla strada una musica nata dalla strada". ed in questo senso, coerentemente, essi hanno compiuto una tourne la scorsa estate in Liguria, su spiagge e piazze, senza teatri o impresari.Gli Aktuala sono in cinque, di cui una ragazza, e suonano un miriade di strumenti che non mi attardo ad elencare. Segnalo comunque che parti predominanti hanno la chitarra acustica, vari modelli di bizzarre percussioni, e numerosi strumenti a fiato, dall'oboe arabo al normale sassofono.Le atmosfere vivono su tensioni di vario tipo, ora aggressive e convulse, ora pacifiche e dolcissime; i titoli sono sei, ma esiste una continuit nello spirito musicale della formazione che impedisce quasi di cogliere i caratteri distintivi di ognuno.Una musica che va seguita con particolare attenzione e che non pu esser giudicata con il metro estetico normale, ma relativamente alle sensazioni che in ogni ascoltatore potr suscitare.Enzo Caffarelli

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  • AriaAlan Sorrenti

    1972

    Tutto si pu dire di questo disco del poi figlio delle stelle Alan Sorrenti (...) ma non che sia un disco dall'ascolto semplice ...e ancor pi difficile il tentare di spiegarlo. Il bell'impatto musicale, ad opera soprattutto del bravo Albert Price, perfettamente azzeccato per la voce e la chitarra acustica di Sorrenti. Impressionante il modo di usare il cantato: Sorrenti usa la voce in un modo rivoluzionario ed imprevedibile (a volte con qualche piccola stonatura pure), con un suono quasi metallico prima e dolce e soave poi. Dei quattro brani che compongono il disco solo "Vorrei incontrarti" quello che rimane su uno stile classico con la chitarra che sottolinea ed accompagna il testo mentre in "Aria","La mia mente" e "Un fiume tranquillo" il gruppo e Sorrenti instaurano quasi un conflitto tra perfezione strumentale e volteggi vocali ma senza sovrastarsi a vicenda.A volte il cantato di Sorrenti mi fa ricordare per un po' Peter Hammill.Concludendo: sicuramente questo disco necessita molti e molti ascolti per essere ben digerito; non niente male anche se a volte riuscire ad ascoltare completamente l'ambiziosa "Aria" un po' difficile... almeno per me.* * *Chi lo ha gi ascoltato assolutamente d'accordo sul fatto che Alan Sorrenti rappresenta la figura musicalmente pi originale espressa dal nostro paese da tanti anni a questa parte. E chi non lo ha ascoltato, non so quanto potr ricavare dalle mie parole, data l'estrema difficolt di cogliere perfettamente nel segno e di descrivere dettagliatamente questo strano personaggio spuntato fuori dal golfo di Napoli, e asceso in volo fra le note della sua "Aria"."Aria" p la suite che occupa l'intera prima facciata, ed anche la composizione pi ambiziosa di Sorrenti. L'album stato registrato in parte in Italia, in parte in Francia, con alcuni sessionmen francesi, e con sopite d'eccezione Jean-Luc Ponty, il numero uno del violino jazz. La casa discografica ha visto giusto fin dal principio, ha creduto nel ragazzo e gli ha dato carta bianca, per di pi confezionando una bella copertina con tanto di testi e di note, mentre l'etichetta una delle pi illustri inglesi, la Harvest. Un autentico successo, dunque, su tutti i fronti.Alan suona la chitarra acustica, compone, arrangia. E' un cantautore del tutto particolare: la sua forza sta innanzi tutto nella voce, carezzevole e metallica, aspra e dolcissima a turno, che egli utilizza come un vero e proprio strumento, una voce personalissima e duttile, che si assottiglia e riprende corpo, si plasma secondo la nota, l'allunga e la tiene sospesa salendo le scale pi alte, poi la getta e la raccoglie di nuovo rimodellandola accuratamente. A qualcuno rammenta Peter Hammill dei Van der Graaf Generator, specie nell'uso del semiparlato, ma lo stile di Alan meno aggressivo, ed ancora pi raffinato e dettagliato; e mentre Hammill guida con la voce gli strumenti, Alan li precorre ed in un certo senso ne resta al di fuori."Aria" appunto un giuoco di voce, con il tema lacerato, ridotto a brandelli, poi ripreso, e solo in rarissimi casi con l'aiuto di distorsioni od effetti elettronici. Dietro suona l'ottimo complesso, con Vittorio Nazzaro al basso e a dare una mano ad Alan con la chitarra classica. Antonio Esposito alla batteria, Albert Prince al piano, all'organo, al sintetizzatore ed al mellotron, le cui aperture dolcissime interrompono e congiungono i vari momenti della composizione. Sullo sfondo i musicisti francesi, due fiati, un

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  • contrabbasso, e Ponty lucido maestro come di consueto con il violino stregato.Non si pu parlare di disco sperimentale, perch Alan gi in possesso dei mezzi e delle capacit espressive necessarie per un discorso formato e compiuto. I temi confluiscono uno dopo l'altro secondo una concezione modernissima, senza troppi compiacimenti melodici, n con eccessiva insistenza sulle frasi ritmiche, talora semplicemente abbozzando delle idee che viceversa avrebbero potuto essere realizzate su maggiore scala. Eccellenti dialoghi violino-voce, o negli episodi in cui domina la possente costruzione dell'organo, o l'uso raffinato e jazzistico del piano.La seconda facciata contiene tre pezzi: "Vorrei incontrarti" l'unico brano di stampo tradizionale, che si avvicina al modello pi conosciuto di cantautore; "La mia mente" una ricerca cerebrale nei meandri del proprio cervello, con le medesime caratteristiche formali di "Aria", ed anzi con i toni ancora pi esasperati; e "Un fiume tranquillo" ripropone l'accostamento a Peter Hammill, e si presenta come un altro tipico episodio di Sorrenti, con i fiati ed il sintetizzatore in evidenza, e con una linea melodica nel complesso pi facile e comprensibile degli altri."Aria" un disco che difficilmente piacer al primo ascolto, e che verr tacciato anche di mistificazione. Secondo me sarebbe stato un disco interessantissimo anche se fosse stato soltanto strumentale. In pi c' la voce di Alan, il vero carattere determinante ed originale, e naturalmente non facile accettarla immediatamente. Ma facciamo in modo che il detto "nemo propheta in patria" per una volta non abbia valore.Enzo Caffarelli

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  • Come un Vecchio Incensiere all' Alba di un Villaggio Deserto

    Alan Sorrenti

    1973

    Commento di RobertoIl secondo (ed ultimo) lavoro del Sorrenti Prog datato 1973. Come il precedente "Aria" un disco di non facile ascolto, e con la stessa struttura, una facciata occupata dal brano che da' il titolo all'album, con un utilizzo della voce forse un poco eccessivo, una parte centrale dove entra uno stupendo VCS3 assolutamente da brividi ed un finale che lascia intravedere sonorit mediterraneo/partenopee con le percussioni in bella evidenza. Pi tradizionale l'altra facciata dove emerge la stupenda "Serenesse" ma molto belli e particolari anche gli altri pezzi. Con Sorrenti, in questo lavoro collaborano musicisti prestati da Van Der Graaf Generator e Curved Air e , sembra incredibile, solo un anno dopo arrivano "DICINTECELLO VUJE " ed a seguire "I FIGLI DELLE STELLE" ed altre amenit......Il CD, uscito nel 2000 per EMI, contiene anche il brano "Le tue radici" che ha rappresentato il passaggio di ALAN SORRENTI alla musica commerciale ma, risentito a distanza di anni, lo si ascolta comunque con piacere, e resta la convinzione che anche in quell' ambito, avrebbe potuto "dare di pi".Chiudo con una citazione quanto mai centrata, tratta dal Dizionario del Pop Rock edito da Baldini & Castoldi : Mai in Italia siamo stati cos vicini alla scena musicale internazionale.Il giudizio di ENZO GENTILE.* * *Credo che Alan Sorrenti sia uno di quei personaggi su cui ci si trover costantemente in disaccordo, pronti ad esaltarlo da una parte come il personaggio pi nuovo ed importante fuoruscito dalla nostra scena, o come un discreto musicista, dall'altra, ma abile mistificatore prima di ogni altra cosa.Di questo secondo LP del cantautore anglo-napoletano abbiamo gi abbondantemente detto in anteprima. Se il carattere peculiare del personaggio risiede nell'avere ribaltato il concetto tradizionale dell'uso della voce, per primo in Italia, se pure sulla scorta di illustri esempi stranieri (Tim Buckley, Shawn Phillips, lo stesso Peter Hammill), Alan si conferma altres compositore eccellente, al di l dell'uso (e dell'abuso in pi di un'occasione) dei suoi indiscutibili mezzi vocali.Naturalmente non tutto farina del suo sacco: la presenza di gente matura, si solisti capaci di qualsiasi improvvisazione e variazione al suo fianco, gli consentono una coralit espressiva intelligente ed affascinante: nel primo album era il sol Jean-Luc Ponty l'uomo di "punta". Qui sono presenti un Dave Jackson in grande forma, che alle fughe rabbiose del sax preferisce quelle pi dolci ma non meno inquietanti di uno splendido flauto ("Serenesse" ed "Oratore"); Francis Monkman pianista e sintetizzatorista (VCS3) essenziale complemento all'organico; Toni Marcus violinista piena di grazie ed eleganza; Ron Matthewson al contrabbasso in un brano e Victor Bell al violoncello in un altro; infine la coppia italiana (D'Amora - Esposito) certo non disprezzabile.La prima facciata, suddivisa in cinque pezzi, senza dubbio la pi convincente, la meno forzata e la pi varia. Alan sfrutta la voce nei canali della grande arte, e si sforza di autoesaltarsi nel limite del lecito, mediante anche testi significativi e pregni di

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  • simbolismi. Rispetto al precedente LP "Aria", c' proprio una maggiore maturit espressiva complessiva, una struttura portante melodica e ritmica pi compatta e meno egocentrica, parole meno decadenti e pi realistiche."Serenesse", "Una luce si accende", "A te che dormi", quest'ultima per sola voce e chitarra acustica, sono degli autentici capolavori.La lunga suite che occupa per oltre ventitr minuti la seconda facciata, "Come un vecchio incensiere all'alba di un villaggio deserto", risente invece del progetto troppo ambizioso e forzato dell'impiego della voce, naturale o filtrata attraverso il sintetizzatore. Anche l'orchestrazione si fa pi povera, e si entra nel delirio, perdendo spesso la lucidit: si tenta di creare una nuova atmosfera, una serie di sensazioni prive di aggancio con la realt, e la musica si disgrega in una serie di suoni e rumori illogici. Solo la strofa cantata (con un testo assai bello) e la parte finale, dove l'abilit vocale si risolve pi che altro in qualche giuoco acrobatico, riscattano l'incensiere.Un disco notevolissimo che imporr definitivamente Sorrenti presso il pubblico italiano.Enzo Caffarelli

    Carta StracciaALBERTO RADIUS

    1977

    Siamo ormai alla fine degli anni '70 e il vecchio rock progressivo comincia a dare segni di stanchezza e declino. Si comincia a preferire alle complicate e lunghe atmosfere zeppe di tastiere tipiche della tradizione prog, soluzioni pi leggere ed immediate. Anche questo disco conferma questa regola, magari per staccarsi definitivamente dal filone Il Volo, e rimane sempre su canoni molto leggeri, guidati da chitarre acustiche e Fender Rhodes. Il prodotto comunque ben confezionato e spuntano dei bei testi con il pregio dell' originalit. Si veda qui il testo di "Ricette" e "Stai con me sto con te". Buone "Celebrai", "Pensami" e "Nel ghetto". "Carta straccia" ricorda stilisticamente il disco "Io tu noi tutti" di Lucio Battisti, fatto forse dovuto al particolare periodo di transizione anche visto che sono del medesimo anno. L'unico stralcio progressivo, soprattutto nelle parti di tastiere, presente in "Un amore maledetto" anche se siamo ben lontani dai canoni gloriosi. Dal punto di vista progressivo la bocciatura netta...visto come un disco leggero e commerciale, il prodotto buono e risulta orecchiabile e ben costruito soprattutto nel primo lato che passa liscio e gradevole.Penso che la morale del disco la si possa leggere in questo stralcio di testo:

    bandiere e altari baciai, ma vaffanculo...vai !!!A ciascuno la libera interpretazione!Consigliato a chi non cerca atmosfere complesse.

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  • America Good-ByeALBERTO RADIUS

    1979

    Formazione vincente (?!?) non si cambia ed ecco ripresentata la line-up del precedente "Carta Straccia". Anche i contenuti seguono la stessa rotta e ne riesce un disco sempre leggero ma meno emozionante e con qualche eco di gi sentito. Leggermente inferiori anche i testi, completamente concentrati nello smantellare e sminuire il mito americano (...il titolo non messo a caso...) con sfarzi ("Las Vegas"), problemi sociali come polizia corrotta ("Poliziotto") e leggende metropolitane ("Coccodrilli bianchi"). Bello l'omaggio, anche se sempre in tono polemico, a Mohamed Al in "Il buffone". Musicalmente da segnalare "Patricia", forse l'unico momento quasi interessante e l'avvento dei nuovi, per quel tempo, drum-pad elettronici disseminati qua e l.Chi adora "Carta Straccia" non avr problemi ad ascoltare anche questo disco, anche se onestamente io non lo ritengo un granch. Radius non si arrabbi se utilizzo un suo verso:ci perdonerai se da adesso in poi saremo affari sfortunati...Meglio volgere lo sguardo ai primi lavori...

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  • ScolopendraALLUMINOGENI

    1972

    Gli Alluminogeni fanno parte di quel gruppo ci complessi nati tre o quattro anni or sono con la lodevole intenzione di rinnovare il mercato italiano, ma incapaci di costruire in pratica grandi cose. Fra i tanti anzi, il trio piemontese ha sempre mantenuto il ricordo di una melodicit tutta italiana, un po' come pi tardi avrebbe fatto, ma sinceramente ad altro livello, il Banco del mutuo soccorso.

    In questo senso la musica italiana viene automaticamente a svincolarsi dai modelli stranieri. Ma probabilmente non questa l'intenzione racchiusa nelle ultime righe della presentazione del disco: "Non parole estetizzanti senza significato, ma liberazione dalle caverne dell'inglese da cui prima ci giungevano i suoni". Se si allude alle tematiche musicali, alla ricerca strumentale basata soprattutto sulle tastiere, non mi sembra allora che tale allontanamento sia profondo come si vorrebbe far credere.

    Patrizio Alluminio, occhialuto leader del gruppo, sciorina con abilit i suoi preferiti, che vanno dal Winwood di "Glad" in apertura, al piano elettrico, all'organistico Jimmy Smith di "Cosmo". Spinti come sono verso l'elettronica e l'uso delle tastiere e degli effetti in generale, gli Alluminogeni si son edificati in album "spaziale" ("La natura e l'universo", "La stella di Atades", "Cosmo", "Pianeta") rivelando purtroppo ancora una volta la grande crisi di testi che esiste in Italia.

    La musica propone immagini ed invenzioni (- questi suoni che ascolterete - dicono le note - sono gi dentro di voi. Erano chiusi dentro - ). Ma a mio avviso "Scolopendra" un album s piacevole, ma irrimediabilmente appartenente alla generazione precedente e non attuale del pop italiano. Enzo Caffarelli

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  • Un'isola senza soleAPOSTHOLI

    1972 ? o 1982 ???

    Bellissimo album di questo complesso sconosciuto e su cui si sa pochissimo (ved. successivo album "Ho smesso di vivere"). E' un insieme di poesie scritte da Carlo Andolfato tra cui spicca a mio parere "Il cielo piange".Dg.

    Il cielo piange contornato di questi coloriil cielo piange contornato di questi nostri piantiil cielo piange nell'ascoltarmi questa sera in questa sera che mi confessoe vivo nel girarmi attornotra gli umidi raccolti di una notte di stelleche mi compongonoed io ancora io stento a riempirti e stringertiil cielo piange ma questa notte farfalla non ti vedo.

    33 giri

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  • Ho smesso di vivereAPOSTHOLI

    1979

    da: Il giornale di Vicenza - Sabato 1 Febbraio 2003

    Rimasterizzato lelegante long-playing uscito nel 1980 "Ho smesso di vivere" ricompare in versione cd.

    Sta avendo un inaspettato successo lalbum nel quale Walter Bottazzi e il complesso degli Apostholi misero in musica 11 poesie di Carlo Andolfato di Antonio Stefani

    Vicenza. Allepoca - stiamo parlando del 1980 - di quellelegante long-playing vennero stampate 500 copie, corrispondenti alla tiratura della litografia firmata da Vico Calabr che, uscita dai torchi della Bottega dei Busato, fungeva da onirica copertina. E adesso, debitamente rimasterizzato a cura delletichetta padovana M.P. Records, ecco apparire in versione compact-disc Ho smesso di vivere , lalbum nel quale Walter Bottazzi e il complesso degli Apostholi, ricompostosi per loccasione dopo lepopea "beat" degli anni Sessanta, misero in musica undici poesie di Carlo Andolfato. Sono gli stessi protagonisti di quel singolare episodio nato allombra dei Berici a ricordare, nel libretto che accompagna il Cd, come scatur e si concretizz il progetto: Lidea di Ho smesso di vivere - spiegano - nasce a tarda ora, in una notte del 1978, tra i discorsi di due vecchi amici che non si rivedevano da almeno dieci anni. Avevano tante cose da raccontarsi. I pensieri erano ancora in sintonia, in sintonia erano le emozioni, i sogni, desideri e delusioni. Tra le tante cose, e tra un bicchiere e laltro, Carlo Andolfato parlava dei suoi versi, ne leggeva qualcuno. Walter Bottazzi ascoltava, ne condivideva lessenza, mentre nasceva la voglia di raccogliere la sfida e di interpretare quelle poesie, farle diventare "canzoni". Walter, storico bassista del gruppo vicentino Gli Apostholi, nati nel 1964, riuniva cos, dopo anni di silenzio, i vecchi amici musicisti e con loro dava inizio a quella che stata una gran bella avventura, fatta di collaborazione, di goliardica allegria, talvolta di stanchezza ma anche di indimenticabili spaghettate a notte fonda e di buon vino bevuto insieme, come accade nei momenti magici della vita. Oggi, dunque, abbiamo la possibilit di riascoltare brani come Il pesce rosso , Ho acceso un fiore , Un altare di farfalle , Profumo sorriso , componimenti che il "geometra" Andolfato affid alle note e alla voce del "ragionier" Bottazzi e che nelle registrazioni effettuate allo Studio Bottene di Schio con Roberto Trentin alle percussioni, Luigi Terzo alle tastiere e Franco Marchiori alle chitarre presero la forma di intimistiche ballate rivestite da arrangiamenti molto vicini al clima del "progressive rock" italiano. Pare, fra laltro, che il compact stia suscitando allestero - dalla Scandinavia al Giappone - la curiosit dei collezionisti di incisioni rare. Morale della favola, comincia a farsi strada la voglia di ristampare anche quello che fu il capitolo successivo delloperazione, vale a dire Unisola senza sole uscito nel 1982.

    CD

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  • Arbeit Macht FreiAREA

    1973

    Grandioso esordio per questa band con grandissime potenzialit tecniche dovute soprattutto, ma non solo, all'inconfondibile e grandiosa voce di Demetrio Stratos. Il sound del gruppo centrato nel free jazz, stile che ricorda lontanamente i Soft Machine e comunque ben contornato di sintetizzatori e pianoforte.I testi sono schiettamente politici, caratteristica presente in tutta la produzione del gruppo. Sicuramente un grande disco da cui spunta: "Luglio, agosto, settembre (nero)", l'improvvisazione di "Arbeit macht frei", "Consapevolezza" e "240 chilometri da Smirne". Il gruppo cela, secondo me, dietro a "L'abbattimento dello Zeppelin" un piccolo attacco al gruppo del dirigibile ovvero i Led Zeppelin, accusati di attirare tutta l'attenzione della scena musicale... contando anche il proponimento del gruppo di espansione oltre i confini con il suffisso international POPular group.Ultima osservazione per la presenza al basso di Patrick Djivas che lascier dal seguente disco il gruppo per inserirsi poi nella P.F.M.. Verr sostituito dal grande Ares Tavolazzi che diventer parte integrante del gruppo soprattutto in fase compositiva, trovando grande coesione con Tofani e Fariselli. Consigliato.* * *Sono nati da circa un anno, ma la loro formazione ha gi subto numerosi cambi (vedi anche le mininotizie di questo stesso numero), cosicch due soli dell'originaria formazione sono i superstiti. Gli Area sono comunque il gruppo pi interessante venuto alla ribalta in questo 1973 in Italia, ed il loro difficile album conferma le belle premesse di tanti spettacoli e di tanti inviti (ricordo fra parentesi che hanno suonato in tour con i Gentle Giant, i Soft Machine, gli Atomic Rooster, i Faces, sono stati invitati alla Biennale di Parigi ed alla Triennale di Milano, ecc.). Dall'iniziale free jazz, orientato verso i Nucleus o i Soft Machine, gli Area si sono spostati verso una ricerca pi attenta di contenuti e di effetti sonori, attingendo alla musica popolare, in modo particolare a quella greca ed araba, ed alle esperienze concreto-contemporanee con le quali sono venuti a contatto: Luigi Nono, Luciano Berio, l'ungherese Gyorgy Ligeti, il greco Yannis Xenakis fra i principali. La loro musica vuole essere assolutamente di "rottura", radicale nelle intenzioni dei musicisti e di chi li guida. "Arbeit macht frei" significa in tedesco "il lavoro rende liberi", ed era lo slogan posto all'entrata dei campi di concentramento nazisti. I sei brani che compaiono sull'album sono legati da un filo ideologico simboleggiato appunto dalla consapevolezza del carattere totalitario dell'affermazione. Il contenuto del LP si ispira a riflessioni sulla violenza e sul terrorismo: ma scelte orientative come l'introduzione di una recitazione in lingua araba, i richiami al folklore mediorientali trasfigurati, le citazioni si Smirne o di Settembre nero, sono da una parte la logica conseguenza della provenienza (greca) del leader Demetrio Stratos, dall'altra tendono a sottolineare un percorso storico-geografico della violenza: dai campi nazisti agli ebrei, al mondo arabo, turco, greco, russo. E la musica violenta, aggressiva, specie nella struttura volutamente caotica di certi momenti, nelle sofferte interpretazioni vocali, alcune delle quali recitative, di Demetrio.

    CD

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  • Cos il brano conclusivo, "L'abbattimento dello Zeppelin", dal sapore sinistro e provocatorio, sottolineato da effetti particolari dell'uso della voce, che segue le indicazioni di Berio nell'affiancamento voce-musica elettronica, ha un doppio senso: da un lato l'abbattimento di una realt difesa dai miti; dall'altro un chiaro attacco alla musica pop tradizionale, individuabile in quel momento nei Led Zeppelin. Tutti i brani sono ad alto livello: "Luglio, agosto, settembre (nero)" con la voce araba che introduce una melodia orientaleggiante; "Arbeit macht frei" di sapore pi tipicamente jazzistico, come pure "240 km da Smirne", esclusivamente strumentale, un pezzo fra i migliori anche eseguito secondo schemi piuttosto classici di free, Infine "Le labbra del tempo" si presenta pi varia e contorta, un insieme di sensazioni e di voci che si accavallano e si divaricano con particolare cura degli effetti. Complessivamente la ritmica si rivela particolarmente efficace: Ian Patrick Djivas, neo acquisto della Premiata Forneria Marconi, suon un basso Fender Precision privo di tasti ed il contrabbasso, rivelandosi un solista instancabile e fantastico. Latro musicista di spicco Eddy Busnello, un sassofonista gi con una lunga esperienza alle spalle. Ma anche tutti gli altri si muovono con attenzione giungendo a risultati ricchi di potenza e di fantasia, come Stratos, che opera alle percussioni, suona l'organo con il compito principale di creare un continuum di fasce sonore per gli altri solisti, ed utilizza la voce alla maniera tipica e significativa di uno strumento. Enzo Caffarelli

    Crac!AREA

    1975

    Insieme a "Arbeit..." un MUST degli Area ! Dopo un disco influenzato dall'attivit di ricerca quale il precedente "Caution Radiation Area", il gruppo ritorna leggermente verso gli orizzonti del debutto proponendo un sound decisamente pi stabile. Non che manchino i momenti di improvvisazione sia chiaro (vedi ad esempio "Area 5"), ma maggiormente in luce un proponimento esecutivo di gruppo. Solo la pazzia ne "La mela di Odessa (1920)" merita il prezzo del disco, anche se sono presenti anche altri grandiosi momenti in "L'elefante bianco", con un synth che ricorda vagamente atmosfere orientaleggianti, e "Gioia e rivoluzione" dove il maestro della voce mette in mostra tutto il suo stile e la sua bravura.Grandioso.

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  • MaledettiAREA

    1976

    Dei dischi di questo gruppo, questo forse il pi difficile da interpretare e decifrare. "Diforisma urbano" forse l'unica traccia in cui il gruppo ritrova la carica dei primi dischi e propone un free Jazz dal sound tipico e cavalcante. "Gerontocrazia" d inizio all'attivit di ricerca di Stratos accompagnato da percussioni che sembrano timpani tribali. Il brano poi cambia e il gruppo riprende le redini riportando il contesto nei soliti termini con qualche puntatina improvvisativa. "Scum" forse il brano pi forzato: un pianoforte estremamente antisonante per un testo in stile politico tipico della band, anche se con un piccolo taglio pessimista: In questa societ...la vita una noia sconfinata. "Giro, giro, tondo" , secondo me, il pezzo migliore del disco: l'attivit di ricerca non ostacola oltremodo la linerarit compositiva e ne esce un piano elettrico sempre in prima fila che non disdegna un sano ritorno all'improvvisazione nella parte finale. Segue la lunga "Caos": nove minuti di improvvisazione estrema.Un pugno nello stomaco ogni tanto fa bene...ma non uno dei miei preferiti.

    Gli Dei Se Ne Vanno, Gli Arrabbiati Restano!AREA

    1978

    Ultimo disco di questo gruppo che merita attenzione secondo me.Il livello un po' inferiore ai precedenti ma sono presenti dei buoni momenti in "Il bandito del deserto", "Return from Workuta" e "Guardati dal mese vicino all'aprile!".

    Gioia e RivoluzioneAREA

    1996

    Questo stato il primo mio disco di questo gruppo: volevo tastare il terreno con questa raccolta! Sono presenti canzoni anche dischi pi recenti, che per perdono lucidit e smalto

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  • TILT - Immagini per un orecchioARTI+MESTIERI

    1974

    Gran bel disco, molto originale nei contenuti e nella forma; la presenza di un violino suonato in maniera diversa dal solito canone come avviene, per esempio, nella p.f.m. e di un batterista con uno stile tutto suo, sono il segreto di questo disco. Dopo l'influsso positivo dato agli ultimi due lavori dei Trip, Chirico sfodera tutta la sua stoffa in questo e nel successivo disco, donando grinta ed imprevedibilit alle canzoni.Giuoca un ruolo fondamentale anche la presenza di brevi ma intensissimi punti dedicati all'improvvisazione come in "Gravit 9.81" e "Tilt". Bella parte di violino in "Articolazioni". Le parti cantate sono limitate a due canzoni e sono comunque molto convincenti, soprattutto la sublime melodia di "Strips".Veramente bello.

    Giro di valzer per domaniARTI+MESTIERI

    1975

    Questo disco forse tecnicamente migliore del precedente ma sempre suonato con lo stile tipico di questa band. Ci sono tre canzoni cantate in modo sempre molto interessante, fatto dovuto anche all'inserimento di un bravo nuovo cantante, tra le quali spunta "Saper sentire". L'unica pecca che qui viene esasperato lo stile sempre pomposo del batterista Chirico e al lungo ascolto il disco risulta un po' noioso....almeno nelle ultime tracce. Nulla da togliere comunque a quest'ultimo: basta ascoltare canzoni come "Sagra" per convincersi della sua grande tecnica.Non che il disco sia noioso, voglio metterlo bene in chiaro: per me difficile ascoltarlo tutto e forse per questo preferisco leggermente "Tilt". Le migliori: "Valzer per domani", "Mirafiori", "Mescal" e "Consapevolezza" All'interno del libretto viene anche spiegata la teoria del valzer. Comunque consigliato.

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  • Quinto StatoARTI+MESTIERI

    1979

    Dopo due grandi dischi quali "Tilt" e "Giro di Valzer per Domani", il gruppo degli Arti e Mestieri offre questo "Quinto Stato" che non assolutamente paragonabile ai precedenti detti. Il sound perde quasi completamente l'armonia e la forza che caratterizzava lo stile tipico di questo gruppo e i testi sono un misero miscuglio di parole che hanno pure la pretesa (!!!) di essere taglienti. Onestamente sono rimasto molto deluso da questo disco: cerca di raggiungere la sufficienza nei vari momenti strumentali, dove spicca "Vicolo", ma poi cade miseramente nelle canzoni cantate (si salva a malapena la title track). Il nuovo cantante Rudy Passuello lontano anni luce dal bravo Gaza e manca, secondo me, di qualsiasi forma di espressione, dando a tutte le canzoni lo stesso taglio e rendendole quasi noiose. Bisogna ribadire comunque che tra canzoni cantate e strumentali lo stile molto diverso... anche il sempre bravo Chirico perde qui il suo smalto e splendore, offrendo una batteria anonima e raramente ai livelli precedenti. Che dire: ....triste.

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  • TrysBALLETTO DI BRONZO

    1. La discesa nel cervello2. Tastiere isteriche3. Marcia in sol minore4. Donna Vittoria5. Optical surf beat6. Introduzione7. Primo incontro8. Secondo incontro9. Terzo incontro ed epilogo10. Technoage11. Love in the kitchenSirio 2222" is the debut album by Balletto di Bronzo from 1970! Their second album "Ys" is an italian progressive masterwork album. Balletto di Bronzo released it in 1972! The remastered edition is now available as a midprice CD. "Trys" is the latest release from Balletto di Bronzo: a superbe live recording from 1998.

    Balletto di Bronzo has recently reformed with the following line-up: Gianni Leone (keyboards, vocal), Alessandro Corsi (bass) and Riccardo Spilli (drums). The new Balletto di Bronzo performed two concerts in Japan in September 2002:Saturday 14 September, 2002 >> at Kitijyoji Star Pines Cafe, TokyoSunday 15 September, 2002 >> at Sakuranomiya Batabata de la Salsa, OsakaMore concerts are scheduled for March 2003 in Mexico:March 1-5, 2003 >> Chihuahua and Mexico City

    Sirio 2222BALLETTO DI BRONZO

    1970

    Dal punto di vista del rock progressivo questo disco ha poco da presentare in quanto si possono citare solo due canzoni: "Ma ti aspetter" e "Meditazione". Visto per sotto il profilo di un disco post anni '60, pieno periodo di sbandamento musicale, questo LP a dir poco sensazionale: ...un vero capolavoro basato su ritmi cavalcanti e sempre tiratissimi con testi che non esitano ad essere anche irriverenti. Della formazione di "YS" c' Lino Ajello e Giancarlo Stinga, qui insieme a Marco Cecioni (voce/chitarra) e Michele Cupaiolo (Basso).Le canzoni migliori: tutto il primo lato da cui spunta la grandiosa "EH EH AH AH": ( ...lungo la strada ho visto mille ragazze, e certo una star bene con me...eh eh ah ah... ) "Girotondo" e "Ti risveglierai con me".Procuratevelo se siete amanti delle atmosfere rockettare tipo Biglietto Per L'Inferno.

    CD

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  • YSBALLETTO DI BRONZO

    1972

    Secondo me uno dei migliori dischi progressive italiani di tutti i tempi.Uno stile molto personale e molto spigoloso... penso di poter dire tranquillamente che questo forse il disco pi Hard progressive italiano. Bellissimo inizio con "Introduzione" con la caratteristica voce di Gianni Leone e le sue tante tastiere sempre in primo piano. Alte tensioni musicali nel resto del disco e nella mia favorita "Secondo incontro". Grandi stacchi anche in "Terzo Incontro". In "Introduzione" c' una piccola contraddizione nel testo: La voce narr all'ultimo che, sul mondo rest... e poi comand di andare dai suoi......ma non era l'ultimo ??? Questa comunque una piccola pignoleria...Nella versione CD presente anche la bonus track "La tua casa comoda" , un po' pi soft ma sempre molto bella.Consigliato.* * *D un tantino l'idea della Divina commedia la serie di quadri che compongono l'album: "Primo incontro", "secondo incontro", ecc., e l'originale miniaturismo delle pagine interne della confezione, ma Dante Alighieri non stato scomodato, ed il Balletto di bronzo ha creato, al di l dei riferimenti culturali che non ci sono e al di l dei testi, un album musicalmente ottimo, grazie ad un ritmo sorretto da una vitalissima sezione che non cade mai nell'hard rock, e grazie alle numerosissime tastiere di Gianni Leone, che opera al piano, all'organo, al mellotron, alla celeste, alla spinetta ed al Moog.Il Balletto stato uno dei primo gruppi in Italia a portare avanti un discorso nuovo, ma come quasi tutti i gruppi nati intorno al 1968-69, hanno incontrato difficolt insormontabili per sfondare, al contrario dei pi fortunati gruppi del periodo immediatamente successivo. Il gruppo napoletano ha ora le carte in regola per un successo di gran lunga pi ampio, e l'album "YS" un primo esempio di capacit e di idee che sicuramente possono essere potenziate e sviluppate.Da un punto di vista strumentale, il Balletto si presenta omogeneo e tecnicamente dotato, specie quando l'atmosfera si fa lievemente jazzata, ed assai pregevoli sono i passaggi alle tastiere, ad esempio nella seconda parte della lunga "Introduzione", e nella porzione a cavallo fra il "Secondo" ed il "Terzo incontro" e nell'"Epilogo". Anche i testi sono interessanti, ma per il Balletto vale la legge della difficolt di accoppiare la lingua italiana con il ritmo del rock, che sembra nato apposta per le lingue anglosassoni. E' forse l'unico neo del gruppo di "YS" come di tante altre formazioni, in parte sormontabile soprattutto se si pensa che la musica esclusivamente strumentale non pi tabEnzo Caffarelli

    CD

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  • Darwin!BANCO DEL MUTUO SOCCORSO

    1972 -2

    Questo disco sicuramente uno dei miei preferiti!!!Grandiose atmostere nella lunga "L'evoluzione": divisa in pi parti trova l'apice massimo in un pazzo incrocio di moog che ribadisce senza mezzi termini la grande bravura sia come esecutore che come compositore di Vittorio Nocenzi. Incredibile "La conquista della posizione eretta": una prima tiratissima parte strumentale con strani effetti e una seconda tranquilla. Da sottolineare il bel testo perfettamente studiato per la voce di Di Giacomo che affascina nel finale e dove l'aria in fondo tocca il mare lo sguardo dritto pu guardare. Intervallo jazzy nella "Danza dei grandi rettili" seguita da "Cento mani e cento occhi" fino ad arrivare a "750.000 anni fa...l'amore" : un classico del gruppo. Singolare ed originalissimo il testo: parla di un preistorico amante che spia la sua bella che sogna di conquistare non nascondendo per la paura da essere rifiutato. Segue "Miserere alla storia" con un incredibile e potentissimo intermezzo di pianoforte!Chiude "Ed ora io domando tempo al tempo...": stilisticamente diversa dalle altre canzoni del disco ma con una bella parte di clavicembalo ed uno strano effetto scricchiolio della ruota del tempo che passa. un MUST ! Ascoltare per credere!* * *Contro tutti coloro che fanno dell'album a concetto unico un paravento per mascherare la propria carenza creativa specie sul piano dei testi, e contro quelli cha pure in buona fede hanno denunciato paurosi limiti in tal senso, in Italia ed all'estero, il Banco al suo secondo album offre un'opera perfettamente compiuta che ad ogni istante sa offrire prospettive convincenti, emozioni nuove, e coinvolge l'ascoltatore ponendolo di fronte ai grandi dubbi della vita con gusto semplice, intima necessit e squisita poesia.La celebrazione di un genio della scienza, l'inglese Charles Darwin, padre dell'evoluzionismo moderno, non che il pretesto per riproporre in un mirabile affresco di colori l'eterno dramma dell'esistenza. I musicisti hanno cercato di immedesimarsi nel sentimento dell'uomo nel corso della sua evoluzione, ed ogni tappa del processo storico trova simbolico riscontro nella vita dell'individuo, idi ogni tempo.Il concetto di evoluzione biologica esprime il fatto che tutti gli esseri viventi discendono, con pi o meno vistose modificazioni dovute all'adattamento all'ambiente, alla lotta per la sopravvivenza ed alla riuscita degli individui pi idonei, da organismi preesistenti. L'uomo in particolare deriverebbe dalla scimmia, ed per questa asserzione che Darwin il pi delle volte ricordato. L'evoluzione non esclude a priori l'opera creatrice di Dio e nei suoi aspetti meno radicali non affatto inconciliabile con la dottrina cattolica. Il pensiero di Darwin fu a lungo avversato e combattuto; in America alcune leggi, poi abrogate, ne proibirono l'insegnamento nelle scuole. Forse per questo, come un po' tutti i precursori della scienza, Darwin viene scoperto ed amato dai giovani.Nel disco musiche e liriche si sviluppano in maniera organica, ma n le une n le altre sono condizionate reciprocamente e fra loro, cosicch ciascuno dei sette brani gode di una propria autonomia, e potrebbe costituire un momento a se stante. Ma soprattutto non ci sono edite enunciazioni della dottrina filosofica e scientifica: non aride descrizioni storiche, non parole pesanti, e forzatamente intellettuali, non citazioni rigorosamente scientifiche. Soltanto un viaggio intimo nel mondo degli uomini primitivi

    CD

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  • sapientemente ricreato con le atmosfere inquiete e pregne della consapevolezza di una lunga ed estenuante guerra, la lotta dell'uomo come di qualsiasi altro organismo per la sopravvivenza, e la vanit di tutte le cose terrene, mirabilmente e drammaticamente sintetizzata dalla profezia di "Miserere alla storia": " Ma quanta vita ha ancora il tuo intelletto se dietro a te scompare la tua razza?".I testi, scorrevoli e mai complicati, sono importanti da una cura che a tratti pu sembrare compiaciuta di una ricercatezza formale, ma che mai scende in fumosi barocchismi. Il gusto per l'immagine ariostesca, cara a Francesco Di Giacomo, gi esemplificata nei testi del primo album, e non soltanto per la riesumazione dell'Ippogrifo, torna puntualmente e possente, specie in alcuni tratti (- Informi essere il mare vomita, sospinti a cumuli su spiagge putride... - o - Alto,arabescando, un alcione stride sulle ginestre e sul mare... - da "Evoluzione"). Ma il punto pi notevole da sottolineare la struttura squisitamente armonica del testo, il rigido e mai forzato rispetto per la metrica, l'inserimento della parola tanto nei riffs serrati quanto nelle strutture melodiche a pi ampio respiro.Senza ombra di dubbio il Banco va considerato il pi italiano ed il pi meridionale dei nostri gruppi d'avanguardia, perch ha saputo anteporre il sentimento alla ragione ed ha rispettato gli altri fondamenti imprescindibili dal gusto e dalla cultura tipicamente latina e mediterranea del nostro paese, rielaborandoli attraverso un linguaggio modernissimo.Cos mentre gli Osanna e la Premiata stanno mostrando come in Italia si possa essere tecnicamente pi preparati dei colleghi inglesi e contemporaneamente gettano le basi di un pop nostro ma internazionale, il Banco si muove su altro versante ed lontano da qualsiasi modello straniero. In altri termini se Premiata ed Osanna vogliono riconquistare il pubblico che sinora ha seguito soltanto i gruppi stranieri. il Banco potrebbe avere la funzione di recuperare coloro rimasti legati ancora alla canzonetta. E questo non va ascritto a demerito del gruppo, perch il prodotto non affatto commerciale nel senso deteriore della parola: semplicemente universale, capace di raggiungere tutti perch massaggio dettato dal cuore, e come tale frutto della pi nobile arte.Confrontato con il primo album, "Darwin!", oltre ad una generale maturazione di idee e di esecuzioni, offre un maggiore impegno a livello di composizione e di arrangiamenti. La liricit e l'organicit sono cresciute, e Francesco "Big" trova la sua pi completa realizzazione vocale."Evoluzione", il pezzo pi lungo, musicalmente ripropone la struttura dei migliori episodi del primo album: ritmi tipici accompagnati dal testo, e variazioni atipiche e fuggevoli, senza un definito tema conduttore, e proprio per questo ricche di fascino e dense di sorprese ad ogni riascolto. I ragazzi hanno confessato che parte delle musiche sono state improvvisate in sala di registrazione: ebbene nonostante questo mai il disco scade a livello di avventura o di approssimazione, ma rimane saldamente nelle mani di musicisti geniali che fanno di ogni parola, di ogni nota, perfino di ogni pausa dell'arte e particolarmente della poesia.Il testo una presentazione dei concetti darwinisti e la narrazione dell'evoluzione organica dalla materia inorganica, e della conquista da parte della specie viventi dei tre ambienti naturali a disposizione, il mare inizialmente, la terraferma poi, il cielo aperto infine. Non una battaglia contro la religione, ma semplicemente una demitizzazione della creazione biblica in senso letterale. La stessa Chiesa del resto ha rifiutato il creazionismo specifico allineandosi moderatamente con la dottrina evoluzionista.Armonie e melodie si succedono nel pezzo in sviluppi semplici ma imprevedibili, con una ricchezza interiore straordinaria. Sensazioni ed emozioni che non vogliono mai essere sforzi di abilit tecnica: e tutti gli strumenti trovano una propria dimensione giusta, dalla chitarra tipica di Marcello Todaro, all'organo di Vittorio Nocenzi ed al moog, per la prima volta impiegato dal sestetto ma con originalit e funzionalit, al

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  • piano di Gianni Nocenzi, che negli sviluppi melodici risente delle formazione classicheggiante, complesso ma lineare e mai involuto."La conquista della posizione eretta" pi cerebrale del precedente. Il desiderio di descrivere esaurientemente il paesaggio desolato delle origini si affianca alla ricerca di una dimensione drammatica che fa da teatro all'affannosa conquista. Il testo breve e pregnante, due versi per inquadrare stupendamente lo scenario, e quanto basta per descriver il tentativo. Nella sua proiezione universale ed individuale la conquista della posizione eretta simboleggia la continua lotta per la gloria e per il potere nella societ.Come altrove, ma di pi in questo caso perch collocato in conclusione, il cantato svolge un ruolo accentratore, cio riassume e d senso al tutto, al contrario di numerosi altri artisti italiani che non riescono ancora a soddisfare diligentemente l'irrinunciabile esigenza di inserire le liriche nelle musiche.Forse per questo motivo la successiva "Danza dei grandi rettili" mi sembra meno significativa. E' un intermezzo jazzato, abilmente ideato ed inserito al punto giusto, ma senza eccessive pretese."Cento mani e cento occhi" potrebbe essere al contrario l'episodio pi convincente, perch nell'impostazione dialogata, nell'orientamento melodico, nelle interpretazioni vocali di Francesco e di Vittorio, affiora il tentativo di riportare in un linguaggio attuale elementi della tradizione popolare e soprattutto lirica, notoriamente detestata dalla pi giovani generazioni perch priva di aggancio con la realt. E' l'embrione di una rock-opera, meglio di quanto gli stranieri abbiano sin ora fatto. La necessit di una dimensione visiva stata comunque avvertita a tal punto dal Banco che, abbandonata l'originaria idea di rielaborare una tragedia greca, i ragazzi sono al lavoro per la sceneggiatura teatrale di "Darwin!". E sarebbe un vero peccato che - come annunciato - questo fosse l'ultimo album a concetto unico del gruppo, perch ci radicato nelle loro possibilit.Il testo introdotto da un sintetizzatore descrive la primigenia organizzazione tribale, la prima offerta di un "ritto" ad un altro che non sia uno scambio di violenze: l'uomo combattuto fra l'unione che gli consente una vita pi sicura e la perdita della liber, amletico dramma che si rinnova nella nostra vita di ogni giorno."750.000 anni fa... l'Amore?" il gioiello melodico della raccolta. Il piano sottolinea con delicatezza gli accenti tragici del testo, l'impotenza dello "scimmione senza ragione", consapevole della sua bruttezza e della sua incapacit (-la mente vuole, ma il labbro inerte non sa dire niente-), a possedere il "corpo chiaro dai larghi fianchi". Con un sapore vagamente leopardiano, Francesco ci regala una delle sua pi struggenti interpretazioni, soffermandosi, al di l della tipicit della sua figura fisica, il primo grande personaggio vocale che la nostra scena di gruppi d'avanguardia abbia prodotto."Miserere alla storia", dal clima teso ed inquieto, con poche parole declamate conclude la descrizione e fa da premessa alla riflessione successiva. A cosa serve il progresso se la razza si estingue? E- traslato sul piano individuale - quanto giova lottare e soffrire per beni terreni se dietro ciascuno di noi la morte?"Ed ora io domando tempo al Tempo ed egli mi risponde... non ne ho!" un episodio a parte, sia per la struttura musicale che per il significato conclusivo dell'opera. Un valzerone popolare, una fisarmonica il clavicembalo, il clarino ed il cigolo di una grande ruota che gira: il tempo che inesorabilmente stritola l'essere vivente. L'uomo moderno proprio dal fenomeno dell'evoluzione acquista maggiore coscienza dell'infinta vanit e del trasformarsi di ogni cosa. L'estrema contraddizione la ruota che gira senza perdere un colpo e la musica che la accompagna, una giostra antica ola pedana di un circo felliniano, con qual senso di malinconia infinita e quell'ironia della vita che tutti questi amari simboli rappresentano. La conclusione pi giusta e pi bella per questo capolavoro del Banco: - Ah! ruota gigante, perch dunque mi fai pensare se nel tuo tirare la mente poi mi frenerai -.Enzo Caffarelli

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  • Banco del Mutuo SoccorsoBANCO DEL MUTUO SOCCORSO

    1972-1

    Primo disco di una (lo dico senza problemi) delle mie BANDS preferite di tutti i tempi!!!Grandiose melodie e ritmi sfrenati che vedono trainanti le grandiose mani dei due fratelli Gianni e Vittorio Nocenzi e la caratteristica voce di Francesco Di Giacomo. Il disco delinea subito lo spirito stilistico della band rendendolo inconfondibile anche nei dischi successivi (o almeno in parte di essi).Pianoforti, clavicembali e organi Hammond sono sempre in primo piano ma con un grande feeling con gli altri strumenti. Purtroppo la qualit di registrazione del suono (anche su CD) non delle migliori! "R.I.P.","Metamorfosi", "Passaggio" e "Traccia" sono brani che il banco esegue tutt'ora nei concerti .Commento finale: un MUST !* * *Nome, copertina ed etichetta originalissimi per una formazione romana sicuramente fra le pi personali tra tutte quelle emerse alla ribalta nazionale nell'ultimo anno. Il loro organico presenta chitarra, basso, batteria, piano, organo (sono molto rari i gruppi con piano ed organo insieme, ricordi i Procol Harum che sono stati i migliori con le due tastiere), pi un cantante eccellente, il panciuto Francesco Di Giacomo, dai toni vocali molto originali.L'album del Banco del Mutuo Soccorso personale ed originale non solamente nel panorama italiano (sono compagni di management della Premiata Forneria Marconi, ma non le somigliano affatto). Ma non offre neppure facili agganci con gruppi stranieri, e questo per ovvie ragioni un immenso bene. In fondo il sestetto ha superato a pieni voti il consueto "salto" che ogni gruppo italiano deve affrontare quando abbandona il repertorio inizialmente, di solito, preso in prestito dagli americani o dagli inglesi, ed entra in una fase assolutamente creativa e propria.Il Banco torna sul tema dell'uomo angosciato ed alienato di fronte alla realt circostante, il tema che gli italiani hanno maggiormente affrontato negli ultimi tempi. Lo fanno con liriche simboliche molto belle, favolistiche, ariostesche forrei dire tenuto conto dell'accenno iniziale ad Astolfo e all'ippogrifo, sognanti, accoppiate con atmosfere melodiche e intimiste, con il piano sempre in bella evidenza, e con un organico complessivamente capace e creativo. "R.I.P." (Requescant in pace) e "Il giardino del mago" i pezzi migliori.Enzo Caffarelli

    CD

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  • Io sono nato liberoBANCO DEL MUTUO SOCCORSO

    1973

    Questo disco parte un "Canto nomade" da 15 minuti : grandi momenti ma a volte l'atmosfera risulta troppo pesante!Segue "Non mi rompete": un altro classico del gruppo che a onor del vero non mi entusiasma pi di tanto in quanto non molto in linea con il resto delle canzoni. "La citt sottile" evidenzia la grande tecnica di Gianni al pianoforte mentre "Dopo...niente pi lo stesso" un qualcosa di incredibile: un inizio mozzafiato con grinta da vendere! Durante un'assolo di piano/moog viene anche ripreso un tema che era apparso nel "canto nomade". Chiude la bellissima "Traccia II".* * *Non facile trovare le parole giuste per questo nuovo capolavoro del Banco. L'album venuto fuori dopo un lungo lavoro di selezione tra il materiale che Vittorio Nocenzi e compagni avevano in mente; e questo comporta un maggiore equilibrio rispetto ai precedenti dischi, cio uno svisceramento di ciascuna idea, superando la struttura collagistica apparsa di tanto in tanto nel primo LP ed in "Darwin!".Dunque i sei ragazzi (sette con l'aggiunta del chitarrista Rodolfo Maltese che ha affiancato con l'acustica Marcello Todaro) lavorano con lucida inventiva su parte delle loro numerose idee, senza per questo restare ancorati a schemi prestabiliti. L'album un superamento soprattutto negli arrangiamenti, nelle trovate ritmiche e nell'uso dei sintetizzatore, al quale Vittorio ha dato una fisionomia precisa ed inconfondibile. Inoltre tutti gli strumentisti sono cresciuti, come la recente tourne ha confermato indiscutibilmente: e un cenno particolare merita il pi giovane dei fratelli Nocenzi, il pianista Gianni, che esordisce anche nelle vesti di compositore.Un capitolo a parte anche per Francesco: "Big", al di l del personaggio, un interprete raffinatissimo, capace di comunicare straordinariamente anche dai microfoni di una sala di registrazione. la sua recitazione possiede una spontaneit inimitabile, e la particolare impostazione contribuisce a far venire in mente certi elementi della musica lirica che il Banco fra i pochi per non dire l'unica formazione italiana e non ad avere recuperato e riattualizzato alla luce de un linguaggio del tutto nuovo.I testi sono autentiche poesie, la lingua ricca e se vogliamo ricercata, quindi non sempre di immediata presa, ma nello stesso tempo talmente pregnante di significati che con un minimo di attenzione facile apprezzarla ed innamorarsene.I brani di "Io sono nato libero" non costituiscono un disco a concetto unico, come per "Darwin!", tuttavia si articolano intorno ad un comune denominatore che la ricerca della libert: libert che manca ai prigionieri politici ("Almeno tu che puoi fuggi via canto nomade, questa cella piena della mia disperazione, tu che puoi non farti prendere. Voi condannate per comodit, ma la mia idea gi vi assalta. Voi martoriate le mie sole carni, ma il mio cervello vive ancora... ancora"); che manca a chi costretto a combattere ("Lingue gonfie, pance piene, non parlatemi di libert, voi che io stramaledico"); che manca a chi vive nelle grandi metropoli disumanizzanti ("Qui il vento non soffia - rivive un'immagine di Cento mani, cento occhi - i rumori, ma c' il silenzio che s scrivere nell'aria ferma. Sottile non citt, fra i tuoi perenni grigi, sola").Inoltre le parole sono inserite nelle musiche pienamente, senza setti divisori. Insomma una grande opera: e se l'immagine del grasso Francesco e la sua umanit poetica

    CD

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  • sono la prima cosa a balzare agli occhi ed a toccare il cuore, il gruppo dietro non resta in secondo piano. Sul piano ritmico non ha pi nulla da invidiare a nessuno, sul piano delle invenzioni solistiche organo, piano e sintetizzatore, creano suggestioni ed emozioni continue, fuggendo complesse elaborazioni polifoniche, e senza concedersi momenti di pausa.Un breve cenno sui cinque brani che compongono il microsolco. "Canto nomade per un prigioniero politico" una stupenda canzone "autunnale", per il clima crepuscolare e nostalgico che la pervade ("In questi giorni certo autunno gi da noi, dolce Marta, Marta mia", come se per il protagonista, "prigioniero per l'idea", lo scorrere delle stagioni non avesse pi senso). La seconda parte del brano strumentale e sviluppa in particolare idee ritmiche, con l'aggiunta alle percussioni di Silvana Aliotta dei Circus 2000."Non mi rompete" una breve ballata con la chitarra acustica in evidenza. Francesco si riscopre immaginifico discepolo ariostesco, mentre il suo impegno recitativo maggiore ne "La citt sottile", inserito in una dimensione trasognata, da incubo felliniano, con il pianoforte protagonista assoluto. "La citt sottile", composto da Gianni Nocenzi, il brano musicalmente pi difficile del LP."Dopo... niente lo stesso" ripercorre tutta una serie di situazioni attraverso una curatissima strumentazione: l'impostazione lirica, la suggestione del dialogo, i personaggi diversi o dovuti alle diverse situazioni psicologiche che si accavallano e si confondono nel finale vortice di tristezza, ne fanno probabilmente il pezzo pi significativo del LP. Come pure altrove, i ritmi anglosassoni sono calati in una sensibilit ed in una forma di tradizione tipicamente mediterranee, operazione comune anche a gruppi inglesi, vedi i Gentle Giant ad esempio.Infine "Traccia II" si ispira al tema che chiudeva il primo album del Banco: uno strumentale che nasce in sordina e poi esplode in un prezioso crescendo. Un disto che va ascoltato con molta attenzione, ma che consacra definitivamente - se ce ne fosse ancora bisogno - questo grandissimo gruppo.Enzo Caffarelli

    Come in un'ultima cenaBANCO DEL MUTUO SOCCORSO

    1976

    Questo disco segna un piccolo cambiamento nello stile del gruppo: risulta un disco di minor impatto sonoro ma comunque molto gradevole.Spiccano "Il ragno" (tutt'ora in scaletta), l'inizio travolgente di "Voila' Mida" e la ballata acustica "La notte piena". Chiude "Fino alla mia porta" che sar estesa e rinominata nel successivo disco live "CAPOLINEA" (non recensito). Un gran bel disco ma con sonorit pi soft.

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  • Garofano rossoBANCO DEL MUTUO SOCCORSO

    1976

    Disco colonna sonora del film "Garofano rosso" completamente strumentale trova secondo me i picchi pi elevati nella grintosissima "Garofano rosso" (soprattutto nella seconda parte), nella "Passeggiata in bicicletta", nella bellissima "Tema di Giovanna" e nel "Notturno breve".Niente male ma lo consiglio ai fans scatenati.

    ...di terraBANCO DEL MUTUO SOCCORSO

    1978

    Altro disco strumentale dove la band viene affiancata dall "Orchestra dell'Unione Musicisti di Roma" diretta da Vittorio Nocenzi.I titoli/versi delle varie parti sono di Di Giacomo: Nel cielo e nelle altre cose muteterramadre,non senza doloreio vivon pi di un albero non meno di una stella nei suoni e nei silenzidi terra.

    Bellissimo il tema ma a volte l'orchestrazione risulta un po' forzata! Comunque onestamente come disco strumentale lo preferisco a "Garofano rosso" soprattutto per l'entusiasmante finale di pianoforte di "Di terra".

    Canto di primaveraBANCO DEL MUTUO SOCCORSO

    1979

    Qui la storia cambia...!Le sonorit cominciano a spostarsi sempre di pi verso il pop e si salvano "Canto di primavera" , la bella "E mi viene da pensare" e "Lungo il margine". Il gruppo ha definitivamente abbandonato quello stile che lo ha reso noto nei primi dischi.

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  • Da qui messere si domina la valle...B.M.S. (91)BANCO DEL MUTUO SOCCORSO

    1991 -1

    In questi due "Da qui messere si domina la valle" vengono riproposti i primi due dischi completamente riregistrati con suoni moderni e batteria elettronica inserendo anche variazioni o ampliazioni ai vari momenti di assolo.Bella l'orchestrazione in "Passaggio" e in "750.000 anni fa...l'amore".Io preferisco gli originali...ma non sono male per un ascolto occasionale

    Da qui messere si domina la valle...DarwinBANCO DEL MUTUO SOCCORSO

    1991 -2

    vedi sopra

    NudoBANCO DEL MUTUO SOCCORSO

    1997

    Questo doppio "Nudo" diviso in tre parti: una nuova canzone da 15 minuti initolata "Nudo" , una parte 'unplugged' e una parte 'live'.Non male la nuova traccia "Nudo" anche se improntata in maniera leggermente pi moderna e quindi diversa dalle migliori canzoni del gruppo. Nella parte 'unplugged' vengono riinterpretati i vecchi cavalli di battaglia con 2 chitarre acustiche e un pianoforte.Grandioso il risultato!!!!La parte 'live' occupa completamente il secondo CD.Impressionante la sonorit, la precisione e la grinta con cui vengono eseguiti i pezzi , contando anche l'assenza di Gianni Nocenzi! "La conquista della posizione eretta" e "Metamorfosi" incoronano indubbiamente Vittorio Nocenzi come uno dei pi grandi musicisti italiani presenti sulla scena. Alta tensione anche in "Roma/Tokyo" e "Traccia". SUPER CONSIGLIATO.

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  • Il tempo della seminaBIGLIETTO PER L'INFERNO

    Onestamente sono rimasto un po' deluso da questo seguito!!! Ci sono ancora dei bei momenti, soprattutto nella title track, ma spesso il gruppo si rifugia in passaggi pop.Bella "Vivi lotta pensa" e "L'arte sublime di un giusto regnare"

    Biglietto per l'infernoBIGLIETTO PER L'INFERNO

    1972

    Altro bel disco italiano anche se magari un po' pi orientato verso l'hard rock che al progressive.Belle "Confessione" un lungo dialogo tra una specie di Robin Hood odierno che ruba ai ricchi per dare ai poveri e un prete con un bel intervento di pianoforte e coro finale, "Una strana regina" con Hammond e moog sempre in evidenza, "Il nevare" che alterna parti soft e tirate sfilate di moog e chitarra distorta, e la lunga "L'amico suicida". Un gran bel disco: sicuramente consigliato agli amanti delle sonorit leggermente pi spostate verso l'hard rock.

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  • BLUE MORNINGBLUE MORNING

    1973

    i Blue Morning sono un gruppo romano avviato al jazz d'avanguardia, da parecchio tempo in anticamera: finalmente esce il loro primo album, che coincide per con uno sfaldamento parziale della formazione. Resta il documento, il "risultato di una ricerca musicale condotta per molto tempo in modo del tutto autonomo e non senza sacrifici vari", come gli stessi ragazzi del gruppo scrivono nelle note di copertina.

    Una ricerca che pone i Blue Morning - quattro elementi pi uno, Alvise Sacchi, addetto ad "aggeggi vari" e disegnatore della copertina - all'avanguardia in Italia. Maurizio Giammarco, sassofonista flautista e pianista, ha suonato con noti jazzisti. Roberto Ciotti, musicista preparatissimo, il chitarrista che Alan Sorrenti avrebbe voluto con s nell'ultimo gruppo la scorsa estate. Tutti insieme hanno partecipato alla realizzazione in sala di dischi di colleghi, come "Alice non lo sa" per Francesco De Gregori.

    Il loro un jazz personale, lontano dai modelli inglesi pi imitati: un jazz ricco di spunti creativi e sufficientemente comunicativo, senza sbavature, con spazio per tutti gli strumenti e nel medesimo tempo senza noiosi assoli.

    L'album strumentale, e cinque sono i brani dai titoli molto originali: "Danza del palombari lottatori", "Panini volanti", "Farfalle nella pancia", "Belmont Plaza" e "Una sera di luglio, in citt, dopo una cena col morto": per i quali non sempre facile trovare il nesso logico con la musica, ma comunque piacevole la distinzione dai soliti incubi, risveglio, sogno, realt, visione, illusione... che rappresentano la trovata a senso unico per molti gruppi italiani minori.

    Un'ennesima prova, quella dei Blue Morning, che la musica in Italia ha uomini validi, e che sono soprattutto le strutture, e semmai l'educazione artistica del pubblico a mancare.Enzo Caffarelli

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  • Campo di MarteCampo di Marte

    1973

    Negli anni '70, tanti furono i temi di discussione che sfociarono magari in motivo di protesta o che presi come puri ideali, suscitarono emozioni tali da formare veri e propri movimenti di gruppo. Alcuni di questi si sono persi lungo il cammino del tempo mentre altri sono rimasti vivi e sono arrivati fino ad oggi. Uno di questi, che maggiormente ha meritato attenzione, era (ed ) il tema della pace.Non so se il nome del gruppo includa il mitologico dio della guerra proprio come manifesto di offesa e lotta, ma i testi e le atmosfere trasudano di questi ideali.Strana la scelta dei titoli: una numerazione in tempi (dal primo al settimo), quasi a richiamo classico.E' lampante la voglia del gruppo di proporre un lavoro variegato ed originale: molte composizioni (come ad esempio "Primo tempo") si snodano su pi temi, leggeri e pesanti, acustici ed elettrici, lenti e sfrenati; ci si scontra con atmosfere estremamente tirate (...quasi da campo di battaglia...) con chitarre distorte in primissimo piano accompagnate da lunghe cavalcate di basso e batteria intrise di ottime tastiere, e magari di l a poco i flauti intrecciano con i corni un sottile mosaico di note quasi da "Quiete dopo la tempesta" (si vedano anche "Secondo tempo" e "Quinto tempo").Bene in vista anche alcuni accenti al di fuori del progressive: "Quarto tempo" ha un'impronta nettamente classica mentre "Settimo tempo" quasi jazz, almeno in alcune parti. Anche alcuni interventi di chitarra non si possono, secondo me, catalogare propriamente rock e si nota gi dal primo ascolto una marcata differenza tra la chitarra acustica, sempre lineare, precisa e pulita, e la chitarra elettrica, dirompente, potente e, in alcune parti, fin quasi maltrattata. Basta sentire l'inizio di "Terzo tempo" (la traccia migliore insieme a "Settimo tempo"): un indiavolato assolo iniziale, caotico e perfezionista allo stesso tempo, che introduce al bellissimo cantato con ottima parte di pianoforte. Da segnalare inoltre il grandioso assolo centrale che richiama l'energica grinta iniziale.

    Ricordo quel prato coperto di fiori ......e vedo quel luogo, migliaia di croci ...Un disco valido, che deve molto alla grande tecnica dei componenti!Consigliato.

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  • CELESTECELESTE

    1976

    Le sonorit di questo disco sono sempre molto soft ma sprigionano in vari momenti delle sensazioni uniche. Oltre ai classici strumenti, vengono usati xilofoni e flauti.Bellissime "Principe di un giorno" e "Favole antiche". Forse il fatto che l'atmosfera rimane sempre su certi canoni rende difficile l'intero ascolto.Comunque consigliato

    MelosCERVELLO

    1973

    Melos il personaggio della mitologia greca che rappresenta il canto, ed il protagonista di questa ricostruzione del clima della tragedia e del mito che il Cervello ha voluto offrire al suo esordio.Il quintetto napoletano usa un linguaggio volutamente ricercato, arcaicizzante fino all'esasperazione, ma immediato, senza rifiniture barocche, costituito di immagini rapide e folgoranti, una descrizione verbale tesa a provocare, secondo il programma dei musicisti, visioni altrettanto immediate nell'ascoltatore. Le parti cantate sono porzioni di un tutto musicale, senza interrompere lo svolgimento armonico del brano: c' una sapore dodecafonico e di antichi canti che si mescolano e rendo l'operazione difficile e particolarmente interessante, anche se dura al primo ascolto.Musicalmente il Cervello presenta una certa autonomia dai modelli stranieri: forse un momento di sintesi delle cose migliori offerte dal panorama italiano, dalla PFM al Banco, agli Area; soprattutto agli Osanna, cui il Cervello doppiamente legato: in quanto Corrado Rustici, chitarrista, il fratello minore di Danilo, e perch lo stesso Danilo insieme ad Elio D'Anna sono stati i produttori dell'album e le attente guide del gruppo costituito da giovanissimi (et media diciannove anni).Il recupero della tradizione mediterranea, e greca in particolare, vuol essere un fatto ispirativo, non di ricostruzione neoclassica: anzi le figure di Euterpe, la musa del canto, o del Satiro, dello stesso Melos, ambiguo, portavoce delle contraddizioni della realt di ogni tempo, sono osservate attraverso un diaframma critico. Del rito dionisiaco viene esaltata la potenza energetica, ma condannata la forma. Gianluigi di Franco (flauto e voce) e Corrado Rustici hanno composto i brani, anche se sul disco figurano due prestanome.Ci sono degli episodi acustici, tipicamente pastorali, come scenografia richiede, ma c' soprattutto un rock-jazz libero, fluido, con atmosfere galattiche. L'uso del mandolino, del vibrafono e di vari tipi di flauto danno particolare ricchezza e corposit al suono. In alcuni brani si osserva proprio una crescita da momenti tradizionali verso la conquista progressiva di un linguaggio concettualmente pi moderno.Enzo Caffarelli

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  • Cherry fiveCherry five

    1975

    Primo e unico disco di quelli che saranno i futuri Goblin: evidenzia le grandissime capacit tecniche dei componenti.Le sonorit ricordano a volte gli Yes dei dischi migliori ma con il grande pregio di non imitare mai , e ripeto mai, lo stile di Jon Anderson. Difficile dire cosa spicca...il livello sempre alto...le canzoni sono sempre lunghe ed interessanti dall'inizio alla fine: Simonetti abbonda con Hammond, Mellotron e Rhodes, strumenti che non user pi di tanto nei seguenti dischi coi Goblin. Atmosfere sempre tirate in "Country Grave-yard"; bello l'inizio acustico in "The picture of Dorian Gray" con uno strano intreccio vocale all'interno; grandioso l'inizio di "The swan is murdered part 1" con un clavicembalo intrecciato ad un pianoforte che creano un sostegno incredibile per la voce di Tartarini; "Oliver" la traccia pi lunga del disco sempre spigolosa e comandata dall'Hammond di Simonetti. Chiude "My little cloud land": dall'assolo finale di moog (?) vibrato si pu avere un assaggio del seguente stile Goblin.Un grande disco!!! CONSIGLIATO

    El TorCITTA' FRONTALE

    Onestamente non comprendo come due personaggi di spicco come Vairetti e Guarino che hanno creato parte della storia della musica italiana con gli Osanna siano riusciti a confezionare un disco del genere.Le melodie sono quasi da Santa Messa della domenica. Onestamente salvo solo "Duro lavoro".

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  • Aspettando GodotClaudio Lolli

    1972 - Ciao 2001

    E' piuttosto strano come con un vasto patrimonio tradizionale e con tentativi cos numerosi, l'Italia abbia partorito negli ultimi dieci anni tanti cantautori sufficientemente apprezzabili, ma un solo indiscutibile genio e poeta, Francesco Guccini.Ed a Guccini che Claudio Lolli si avvicina per formule musicali, per gli arrangiamenti scarni e semplici (che qui divengono comunque semplicistici) e per l'impegno ricercato dei testi. Con la differenza che quanto in Francesco riflesso, implicito e pregnante di un provincialismo culturale che in fondo proprio e tipico di quasi tutti i grandi artisti del nostro paese, in Claudio denuncia esplicita e forzata, costantemente sull'orlo del luogo comune e di quella protesta politica che fa di tanti talenti degli uomini "impegnati" ma non degli artisti. E quanto in Guccini spontanea descrizione di moti del cuore e di paesaggi naturali, in Lolli frutto di esperienze personali nelle quali la costante ricerca di un'assoluta sincerit merita sicuramente una lode, ma risente qua e l di un notevole sforzo espressivo.Ci non significa affatto che il discorso artistico di questo giovane cantautore sia sbagliato o, quel che peggio, sia assente. Tutt'altro. Solo che non c' bisogno di scomodare Guccini, come taluni hanno fatto, per paragoni dai quali nessuno dei due pu trarre giovamento alcuno. In fondo Lolli un personaggio estremamente sincero, e come tale non va considerato secondo a nessuno: per forse non basta essere se stessi per essere dei grandi artisti.Claudio deve amare profondamente Samuel Beckett se ha intitolato il primo brano e l'intero album "Aspettando Godot". Oppure ha trovato estremamente giusto, per ci che complessivamente vuol dire con questa sue esperienza discografica, la satira del commediagrafo irlandese, per entrare nei panni un po' scomodi di Vladimiro e di Estragone a confessare l'inutilit della propria esistenza nell'attesa di qualche cosa di superiore. "Aspettando Godot" il brano pi complesso e pi valido dell'album, seguito a ruota da "Borghesia", musicalmente un buono folk italiano, con un quadro davvero tragico dei certa borghesia. poi "L'isola verde" e "Angoscia metropolitana". Le altre sembrano le poesie d'amore scritte nella prima giovinezza e musicate con l'ombra di Luigi Tenco in mente.Il tema fondamentale resta l'inutilit della vita: il risultato cui, sfruttando i suoi principi marxisti, Lolli giunge conseguentemente attraverso un'amara ironia della vita con una continua, elementare ma significativa, confessione.Ci che resta di questo disco l'analisi psicologica del personaggio, la vicenda dell'"uomo" non in termini astratti e generali come hanno fatto sinora troppi gruppi italiani con testi talora infelici, ma composta con un mosaico di ricordi, impressioni e sentimenti personali; e restano in mente i brani pi belli, da canticchiare scoprendovi magari, inaspettatamente, la problematica che qualcuno di essi pone.La strada quella giusta: ricordiamoci per che ci sono altri talenti da scoprire, senza accontentarci di figure mediocri o di doppioni. Lolli non fortunatamente n l'uno n l'altro, ma non possiede neppure l'altezza lirica e la maturit dei migliori. Un esordio in ogni caso degno di menzione.Enzo Caffarelli

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  • Volo magico n. 1Claudio Rocchi

    1971 - Ciao 2001

    Claudio Rocchi il cantautore pi nuovo ed interessante che la scena italiana abbia espresso da un anno a questa parte. Claudio partito contemplando ancora modelli nazionali e stranieri, come in pratica inevitabile oggi per un cantautore, ma ormai riuscito ad esprimere pienamente se stesso, a trovare un equilibrio eccellente fra musiche e testi: le musiche molto scarne, incisive, un piano leggiadro e creativo, una ritmica in sottofondo, due o pi chitarre a dialogare in primo piano; i testi chiari e sintetici, provocanti, spesso sognanti, che comunque sanno darci l'esatta immagine del Rocchi-uomo, stravagante pacifista genuinamente ispirato ma utopista come tanti altri.

    "Volo magico N. 1" il secondo album di Rocchi, dopo "Viaggio", e doveva originariamente essere doppio. Vi figurano parecchi nomi dell'ambiente milanese che cominciano a farsi notare, come i ragazzi del Pacco. Cito fra gli altri il piano di Eugenio Pezza, e le chitarre di Alberto Camerini e Riki Belloni.

    Claudio dolce ed intimista in brani come "La realt non esiste" e "Tutto quello che ho da dire"; il suo linguaggio si fa pi urlato ed esasperato nella lunga "Giusto amore". La seconda facciata occupata interamente dal pezzo che porta il titolo dell'album, composizione eccezionale dall'atmosfera a tratti pseudo-orientale, ma a base di semplici percussioni di chitarre acustiche, e di cori sino all'entrata del mellotron e della chitarra elettrica nella parte finale.

    Molto belle le parole, non riportate nella copertina, ma facilissimamente comprensibili dalla limpida collocazione della voce nel sound del disco. Ecco alcuni stralci: "...c' sempre tempo per cantare... poi puoi andare dove vuoi, poi puoi esser come vuoi, poi puoi stare con chi vuoi poi puoi prendere o lasciare, poi puoi scegliere di dare... ".

    Mi piace soprattutto "La realt non esiste": "Quando stai mangiando una mela, tu e la mela siete parte di Dio; quando pensi a Dio sei una parte, di ogni parte niente fuori da tutto; quando vivi tu sei un centro di ruota, e i tuoi raggi sono raggi di vita; puoi girare solo intorno al tuo perno o puoi scegliere di correre e andare; quando dormi tu sei come una stella e il respiro come fuori dal tempo; quando ridi come il sole sull'acqua, sai che farne della vita che hai; quando ami tu ridono al tuo corpo quel che manca per riempire un abbraccio; quando corri sai esser lepre e lumaca, se hai deciso di arrivare o restare; quando pensi stai creando qualcosa, l'illusione di chiamarla illusione; quando chiedi tu hai bisogno di dare, quando hai dato hai realizzato l'amore...".

    Enzo Caffarelli

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  • La norma del cielo (volo magico n. 2)Claudio Rocchi

    1972

    Due mesi fa Claudio Rocchi tornava in Italia dalla sua esperienza indiana, giunta puntuale dati gli interessi artistici ed umani del cantautore milanese. Tornava anche con l'epatite virale, dalla quale fortunatamente si rimesso.

    Questo album esattamente la prosecuzione del precedente, "Volo magico n. 1", considerato anche il fatto che quel primo doveva essere doppio, mutilato poi per ovvie controversie discografiche. Dunque buona parte del materiale qui raccolto era pronto da un anno almeno. Simile l'impostazione dei brani, i brevi tratti cantati che focalizzano il pezzo, ed i lunghi episodi strumentali, gli stessi sono i musicisti partecipanti alle registrazioni, fra i quali Eugenio Pezza, Eno Bruce, Lorenzo Vassallo, Alberto Camerini.

    L'album di Claudio contiene melodie fresche e dolcissime, anche se qua e l i periodi meditativi vengono un po' sacrificati alla creazione di una particolare concentrazion3e e di una particolare atmosfera; buoni i testi: il loro messaggio semplice come il personaggio che gli sta dietro. Frasi come "vivi la vita vivendo la vita" hanno un significato profondissimo, ma che purtroppo pu sfuggire ad una ascoltatore distratto.

    Claudio gi molto conosciuto anche grazie alla rubrica radiofonica "Per voi giovani", e dunque quasi tutti lo apprezzano: pensiamo che questo LP piacer a chi gi lo stima, e riuscir a convincere anche il resto del pubblico. La cosa pi interessante, al di l delle influenze orientaleggianti, ci sembra la vena genuina del cantautore, che sa fare del folk con semplicit e poesia sulla base di un discorso prettamente italiano. Cos in "La norma del cielo", "Storia di tutti", "L'arancia un frutto d'acqua".S. R.

    Profondo rosso - XXV anniversarioCLAUDIO SIMONETTI

    2000

    Raccolta di canzoni dei Goblin ed altri autori completamente risuonati e talvolta riarrangiati da Simonetti. Segnalo "Profondo rosso" con un ottimo scambio di assoli finale, "Tenebre", "X-files" e "Opera". Le canzoni sono comunque tratte da due compilation: X-Terror Files e Transilvania. ...molto spesso si sente la mano di un grande musicista...

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  • Corte dei MiracoliCorte dei Miracoli

    1976

    Disco di tardo progressive (76) per questo gruppo che presenta alla chitarra in "...e verr l'uomo" e al banco di missaggio Vittorio De Scalzi dei New Trolls . De Scalzi dar a tutto il disco un taglio riconoscibile e molto simile ad Atomic System. Da segnalare il bell'inizio in "..e verr l'uomo" e una sempre attiva presenza di pianoforte e batteria. Una pecca del disco che a volte il gruppo si rifugia in passaggi magari gi consolidati e non proprio originali.Il risultato comunque tutt'altro che malvagio...anzi!Ne "Una storia fiabesca" l'apporto vocale ricorda vagamente Tagliapietra....un bel disco.

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  • Io non so da dove vengo e non so dove mai andr. Uomo il nome che mi han dato

    DE DE LIND

    1973

    Corro il rischio di non trovare pi che cosa scrivere intorno ai gruppi italiani, i quali nonostante il momento buono pi volte sottolineato, si ripetono in una maniera incredibile.

    Dopo il successo clamoroso e, per la maggior parte dei casi, meritato, di alcuni gruppi nostrani, le case discografiche ed i managers, fino a quel momento drasticamente chiusi ad ogni tentativo di novit, ad ogni esperimento che portasse una ventata di freschezza all'asfittico panorama italiano, hanno creduto di scoprire l'oro e si sono buttati a testa bassa sul materiale giovane, spendendo tempo e danaro sull'etichetta "underground italiano" (ammesso e non concesso che buona parte delle persone che in Italia tengono in mano il mercato discografico, siano in grado di selezionare il buono dal cattivo, e di distinguere ci che non capiscono da quello che definiscono underground. Purtroppo la nuova generazione di tecnici e discografici giovani si sta imponendo solo lentamente).

    E' un breve monito questo che vorrebbe richiamare ad una certa prudenza, a contenere un fenomeno che rischia la pi ridicola delle inflazioni. Non un discorso che serve ad introdurre specificatamente i De De Lind, gruppo nuovo che tutto sommato conosce il fatto suo e si esprime in termini accettabili, facendosi apprezzare moderatamente per questo suo esordio, senza raggiungere tuttavia traguardi troppo ambiziosi e lodevoli.

    I De De Lind sono in cinque, con la tipica strumentazione ricchissima del nuovo prototipo di gruppo italiano: un cantante che scrive i testi e suona la chitarra acustica, due ritmi, due solisti che si alternano al flauto, al sax, al pino, all'organo, alla chitarra elettrica. Niente di nuovo sotto il sole: le solite melodie acustiche alternate a ritmi incalzanti e a brevi episodi di rock pi duro, con testi difficilmente imponibili alle esigenze metriche delle melodie, e strutturati al solito modo ed introno agli stessi argomenti di introspezione personale che finiscono per essere fatalmente i pi banali (benedetti ragazzi, sarete i duecentocinquantesimi ad usare titoli come "Fuga e morte", "Smarrimento", "Voglia di vivere", "E poi...", e meno male che non c' accenno a "Sogno e risveglio", "Incubo" e "Illusione!").

    Qualche influenza classicheggiante, e tante idee appena abbozzate ed ancora da sviluppare compiutamente. E' un album dal titolo chilometrico che ha la funzione principale di creare una base, sia pure con qualche trave traballante, per un edificio futuro forse ricco di buoni risultati. Tra le due facciate, migliore la prima.Enzo Caffarelli

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  • DEDALUSDEDALUS

    1973

    Per la neonata Tridenti esordiscono i Dedalus, Gia segnalatisi come una delle promesse pi benne della scena italiana. Come altri nomi nuovi, il gruppo si muove nell'aera del jazz pi vicino al rock, quello che in Inghilterra ha nome Soft Machine o Nucleus, in America Miles Davis, Weather Report, Mahavishnu Orchestra, Herbie Hancock.Il linguaggio dei Dedalus a met strada fra le due esperienze, ricco di immagini, ricercato nelle sonorit, e con risultati estremamente soddisfacenti fin dalla prima incisione. Sui quattro giuoca un ruolo notevole l'esperienza, essendo stati tutti pi o meno, nonostante l'et (dai ventitr ai diciotto anni), impegnati in ambienti qualificati, come quello dell'elettronica, del jazz o del blues, al contrario di altri musicisti pur volenterosi, che giungono ad esperienze avanzate dopo anni di balera.Agli strumenti base, che sono batteria, basso, sax o chitarra e tastiere, si aggiungono il sint, varie percussioni, il contrabbasso e, la nota pi curiosa, il violoncello - che il pianista Fiorenzo Bonansone inserisce spesso e volentieri tra lucidi assoli di sax - sonorit liquide di piano elettrico, voci elettroniche mescolate con gusto ed efficacia, e ritmi tribali realizzati grazie alla collaborazione di Ren Mantegna degli Aktuala.Musica cerebrale e difficile, ma variando timbri e strumenti conduttori, i Dedalus vogliono intenzionalmente prevenire questo pericolo. D'altra parte la musica si evolve, il rock e con esso il pubblico del rock tendono parallelamente a qualcosa di pi significativo, a costo di qualche sacrificio di impegno nell'ascolto: i Dedalus lo hanno capito e non si preoccupano di venire incontro alla massa con facili concessioni. Ecco perch questo LP non destinato al grande successo, anche se rappresenta un convincente esempio di come anche in Italia si possa suonare bene.Cinque i titoli: "Santiago", "Leda", "Conn", "CT 6" e "Brilla".Enzo Caffarelli

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  • Dolce acquaDELIRIUM

    1971

    Per chi rimasto al "Canto di Osanna", devo immediatamente precisare che i cinque Delirium valgono assai di pi, e che anzi sono sicuramente fra i nomi che danno maggiore fiducia e maggiore speranza per il futuro della musica italiana.

    Dopo gli Osanna, anche i compagni di scuderia Delirium hanno costruito quello che in Inghilterra chiamano un "album concept", in altri termini una raccolta di brani legati da un tema conduttore: tema conduttore che ancora una volta l'uomo, compresso dal particolarismo e minacciato dall'alienazione, in un viaggio di sensazioni che lo conducono dalla paura alla speranza, attraverso l'egoismo, il dubbio, il dolore, l'ipocrisia, la verit, il perdono e la libert.

    Musicalmente il gruppo preferisce una strumentazione acustica, basata sull'ottimo flauto di Ivano Fossati, l'autore pi prolifico del quintetto, e sul piano di Ettore Vigo. Possiede inoltre pi di una bella voce, elemento purtroppo assai raro fra i nuovi gruppi italiani, ed un'impostazione di base che consente loro di affrontare con felice risultato il jazz, con accenni alla musica sudamericana, e senza dimenticare nel frattempo un tipo di canzone che ricorda molto da vicino i migliori cantautori italiani.

    Dopo il Preludio ed i primi due Movimenti, l'album offre un piacevolissimo intermezzo jazzistico. Il brano dedicato a "Satchmo", "Bird, ed un altro indimenticabile amico", ma, come specificano le note dell'album, vuol essere puramente ispirato al mondo musicale del jazz, senza accenni espliciti allo