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ITALIA RELIGIOSA Percorsi nella vita di Ernesto de Martino Dott. Valerio Salvatore Severino Dipartimento di Studi storico-religiosi dell’Università degli Studi di Roma «La Sapienza» Dottorato in “Storia religiosa”, ciclo XVII° Anno accademico 2003/2004 Tutor: prof. Enrico Montanari Docenti esaminatori: prof.ssa Emanuela Prinzivalli prof. Pietro Angelini prof.ssa Immacolata Aulisa Riassunto Questa tesi offre concretezza al tema della lotta all’agnosticismo rinunciatario per come Raffaele Pettazzoni lo faceva coincidere con lo sviluppo della storia delle religioni in Italia; e quindi documenta i modi in cui la religione venne introdotta in ambienti laici, in termini di cultura e di storia, secondo una politica culturale intrapresa da Ernesto de Martino tra la fine degli anni Quaranta e gli anni Cinquanta. Un percorso tra gli archivi del Partito comunista e socialista italiano; esaminando le carte di Lelio Basso, Pietro Nenni, Ambrogio Donini, Carlo Muscetta, Alberto Moravia, Pettazzoni nonché del Ministero della Pubblica Istruzione e dell’Interno. Una successione di epoche nella vita intellettuale di de Martino: dal circolo crociano di villa Laterza, alla sua attività presso l’ufficio ideologico del Psi e dell’Istituto Gramsci, alla sua partecipazione alla rivista “Nuovi argomenti” per la proposta di un marxismo critico. Questi i contesti entro i quali inquadrare i progetti di storia del magismo, di una commissione per lo studio del laicismo, di un’etnologia religiosa.

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ITALIA RELIGIOSA Percorsi nella vita di Ernesto de Martino

Dott. Valerio Salvatore Severino

Dipartimento di Studi storico-religiosi dell’Università degli Studi di Roma «La Sapienza» Dottorato in “Storia religiosa”, ciclo XVII° Anno accademico 2003/2004

Tutor: prof. Enrico Montanari

Docenti esaminatori: prof.ssa Emanuela Prinzivalli prof. Pietro Angelini prof.ssa Immacolata Aulisa

Riassunto Questa tesi offre concretezza al tema della lotta all’agnosticismo rinunciatario

per come Raffaele Pettazzoni lo faceva coincidere con lo sviluppo della storia delle religioni in Italia; e quindi documenta i modi in cui la religione venne introdotta in ambienti laici, in termini di cultura e di storia, secondo una politica culturale intrapresa da Ernesto de Martino tra la fine degli anni Quaranta e gli anni Cinquanta. Un percorso tra gli archivi del Partito comunista e socialista italiano; esaminando le carte di Lelio Basso, Pietro Nenni, Ambrogio Donini, Carlo Muscetta, Alberto Moravia, Pettazzoni nonché del Ministero della Pubblica Istruzione e dell’Interno. Una successione di epoche nella vita intellettuale di de Martino: dal circolo crociano di villa Laterza, alla sua attività presso l’ufficio ideologico del Psi e dell’Istituto Gramsci, alla sua partecipazione alla rivista “Nuovi argomenti” per la proposta di un marxismo critico. Questi i contesti entro i quali inquadrare i progetti di storia del magismo, di una commissione per lo studio del laicismo, di un’etnologia religiosa.

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Indice

Introduzione p. 3 Capitolo primo Premessa: il circolo crociano di Villa Laterza.

Contributo a una contestualizzazione politica de Il mondo magico

p. 6

Capitolo secondo La Commissione socialista per lo studio del laicismo 1949-1950

p. 23

Capitolo terzo Il Partito comunista italiano negli anni Cinquanta. Tra religione e politica culturale

p. 35 Capitolo quarto «Nuovi argomenti”. Il ripristino della critica

marxista in campo religioso p. 55

Appendice: Da Raffaele Pettazzoni a Carlo Alberto Blanc. Una premeditata successione all’incarico di Etnologia

p. 64 Bibliografia: * Ernesto de Martino: - Scritti;

- Pubblicazioni postume; - Epistolario.

* Fonti: - archivistiche;

- pubblicazioni; * Studi.

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Introduzione

Senza essere una nazione pluriconfessionale e senza essere travagliata da una crisi religiosa, l’Italia ha sviluppato pure un suo intimo interesse propizio alla produzione di studi religiosi, ma al di fuori di una tradizione teologica. Così che la Storia delle religioni diventò un insegnamento della Facoltà di Lettere e Filosofia e non di Teologia1.

Di Raffaele Pettazzoni questa introduzione ricalca le parole e, così come riprende il titolo di una sua opera2, altrettanto intende accoglierne l’invito a proseguire la ricerca sulla storia religiosa d’Italia, nei punti in cui presenta una “dispersione dello spirito agnostico del laicismo”; ovvero, dove la religione si trova formulata in termini di cultura cioè di storia, la sola alternativa laica da far valere in luogo dell’agnosticismo rinunciatario3. La prefazione di Italia religiosa concludeva con l’indicazione dell’«indifferenza per le cose religiose».

L’esempio di Ernesto de Martino, suo allievo, conferma l’esito problematico con il quale, indipendentemente dalla fede, la religione veniva immessa nel circuito della cultura nazionale; e lo specifica nella forma di un recupero ideologico. Istituti, commissioni, riviste, promossi da partiti di ispirazione marxista, impostavano una politica che dava alla religione degli storici, non dei sacerdoti.

Dalla fine degli anni Quaranta, de Martino sviluppa un programma di studio in seno a una politica culturale che verificava la possibilità laica e storicista di parlare ancora di religione in Italia. La religione fu metodologicamente inserita nella società a cui si pensava rapportata; e la storia delle religioni affidata ai partiti che della propria società si facevano guida. Il nostro autore parla di una sempre rinnovata «riforma» di cui ricostruiremo la storia, il ruolo degli storici e le loro opzioni4.

E’ un tema essenziale e, tanto più, in risposta alla domanda: «perché storicismo?» e «quale storicismo?» in Italia; in considerazione dei modi in cui de Martino portava la religione in mezzo ad ambienti laici. Da qui parte la nostra ricerca delle reazioni e mediazioni che per la religione sono seguiti dal punto di vista della cultura nella sua componente ideologicamente riformata.

De Martino contribuisce a chiarire lo sviluppo di una tradizione orientata politicamente, in termini di cultura e storia, a svolgere la questione religiosa nella nostra società italiana, sotto un profilo umanistico libero da ogni residuo di trascendenza; chiarisce le

1 Pettazzoni R., Per l’insegnamento universitario della storia delle religioni, in «Annali della Pubblica

Istruzione», II Istituti Medi e Superiori, A. I (1924), fasc. 2-3 (10 ottobre – 10 dicembre), pp. 29-30; Id., Prefazione a L’Onniscienza di Dio, Torino 1955, pp. IX-X.

2 Id., Italia religiosa, Bari 1952. 3 Id., Gli studi storico-religiosi in Italia, in «Civiltà fascista», A. V (1938), n. 3 (marzo), p. 196; Id.,

Socialismo e cultura storico-religiosa, in «Mondo operaio», dicembre 1956, ripubblicato in Religione e società, a cura di M. Gandini, Bologna 1966, p. 176.

4 De Martino E., A proposito di una storia delle religioni senza opzioni filosofiche, in «Rivista storica italiana», LXXV (1963).

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scelte progressiste, stando all’importanza che il socialismo italiano ha accordato al cattolicesimo in ordine alla religione tra gli uomini.

La nostra disciplina è intessuta nella trama delle esperienze nazionali e, lì dove ha attecchito, compie un passaggio dalla teologia alla politica culturale, attraverso una delle vie italiane alla storia delle religioni.

Ci si aspetterebbe che questo passaggio si fosse compiuto in un modo più completo. Assistiamo invece a interventi che mostrano la stessa (se non maggiore) “caducità” dei tentativi fatti per introdurre in Italia gli studi di storia religiosa importati dalla teologia. Da qui il mio invito a ricavare dalla lettura dell’esperienza storico-religiosa di de Martino il grado di capacità di risposta alle esigenze immediate del pensiero nazionale e alle sue intime necessità. E’ una riflessione che investe tanto le ragioni interne alla disciplina che pratichiamo, quanto la volontà politica di dare un’espressione laica alla religione.

Per altro, è notevole riuscire a fissare un punto di intersezione tra due insigni studiosi, Pettazzoni e Adolfo Omodeo da cui ho tratto altre espressioni miratamente al tema della tradizione nazionale non teologica sviluppato nell’introduzione al suo Gesù5. Vale come coordinata utile per tracciare la via di successione attraverso la quale de Martino acquisiva un’eredità. La linea che se ne ricava dà un orientamento alla nostra ricerca tale che de Martino sembra appartenere a una seconda generazione capace di maturare quanto quella precedente aveva impostato. Da qui anche la scelta di studiarne la prospettiva storiografica, non a partire dai fondatori, bensì nell’ambito in cui si svolse istituzionalizzandosi, non solo sul versante accademico, ma nel senso più decisivo di una trasformazione culturale della politica italiana.

Il secondo, terzo e quarto capitolo seguono una via lineare: dalla politica culturale

praticata in seno al Partito socialista, poi in quello comunista fin dentro il settore identificabile con l’espressione di “marxismo critico”. A questo nucleo tematico attinente a proposte storico-religiose ho voluto accostare una premessa e un’appendice. Nel primo caso, traccio l’esordio di de Martino in seno a un movimento liberal-socialista, a contatto con uno dei campioni del mondo laico, Benedetto Croce; nel secondo (in appendice), trattando del tema etnologico del monoteismo primordiale, individuo un argomento essenziale alla tradizione laica in cui si configura l’indirizzo pettazzoniano seguito dal Nostro.

La tesi comprende la trascrizione di alcuni articoli poco noti o del tutto sconosciuti anche alle più accreditate bibliografie demartiniane. Riguardano la figura di de Martino nelle vesti di “giornalista” alle prese con L’Osservatore romano: segno di una avvenuta riscoperta di aspetti talvolta meno pertinenti alle vulgate che confezionano versioni del suo pensiero, in questa sede, di volta in volta storicizzate.

Ognuno dei capitoli (tranne il secondo, inedito) ripresenta in forma parzialmente modificata lavori accolti in ambienti già frequentati da de Martino e così, a quaranta anni dalla morte, torniamo nei luoghi che ne mantengono il ricordo: «Studi e materiali di storia delle religioni», «Nuovi argomenti», la Fondazione Istituto Gramsci (e la sua rivista «Studi storici»); nonché nei settori che lo riscoprono: «La cultura» di Gennaro Sasso; l’Associazione Internazionale Ernesto de Martino (in riferimento alla quale ringrazio Clara Gallini, Pietro Angelini, Roberto Pastina, Vittoria De Palma). Un ringraziamento va anche ad altri che hanno consentito e guidato questa ricerca: l’Orientamento dell’Archivio Centrale dello Stato, la Presidenza del Liceo “Virgilio” di Roma, le fondazioni “Lelio Basso” e “Pietro Nenni”, l’associazione “Fondo Alberto Moravia” (e Dacia Maraini); Albertina Vittoria della Fondazione Istituto Gramsci; Vincenzo Frustaci curatore del Fondo Carlo Muscetta presso l’Archivio storico capitolino; Mario Gandini del Fondo Pettazzoni, presso la biblioteca comunale di S. Giovanni in Persiceto.

5 Omodeo A., Introduzione a Gesù. Origini del cristianesimo, Messina, 1913. Le espressioni che usiamo

sono riprese dalle pagine III-V.

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Le indagini si sono svolte tra nove archivi del Novecento (quasi tutti romani), nell’arco di un triennio e più. Rispondono a una medesima esigenza di ricerca delle fonti che anima l’intero lavoro di storicizzazione radicale dell’opera e del pensiero di de Martino nella pluralità e vivacità di prospettive da cui derivano i temi nei quali la storia delle religioni si è configurata come disciplina laica. L’espressione di «Archivi dello storicismo» con la quale Enrico Montanari intitola la prima parte di Categorie e forme nella storia delle religioni6 costituisce un motivo ispiratore che segna la compattezza metodologica dei vari percorsi intrapresi, talvolta estremamente ma volutamente ramificati e complessi.

Questo lavoro ha contratto un particolare debito con quanto anima l’introduzione del citato Categorie e forme e, con l’autore, condivide la stessa presa di coscienza dell’isolamento raggiunto dalla cosiddetta “scuola romana”. Se «de Martino è uno storico delle religioni», tuttavia non può essere dichiarato tale ‘semplicemente’, collocato in una triade tra Pettazzoni e Angelo Brelich e, dal punto di vista di quell’orientamento di pensiero, dichiarato «nostro senza alcuna riserva»7. Non è in questione questa appartenenza, bensì la semplicità della storia delle religioni. Andrebbe spostata l’attenzione da un’astratta Scuola di indirizzo pettazzoniano a una concreta disciplina reintegrata storiograficamente al contesto contorto e talvolta pericolante in cui, in suo nome, si è agito in Italia.

6 Montanari E., Categorie e forme nella storia delle religioni, Milano 2001. 7 Sabbatucci D., Dal «chi sono» al «chi siamo» e ritorno, in Ernesto de Martino nella cultura europea,

a cura di C. Gallini e M. Massenzio, Napoli 1997, a p. 131 la formula «Ernesto De Martino è uno storico delle religioni» con la quale l’autore esordisce. Id., La prospettiva storico-religiosa, Roma 2000, pp. 99-100. Id., De Martino è nostro, Editoriale, in «Culture», 4 (febbraio 1979), p. 2; Gasbarro N., E. De Martino: microstoria di un «nostro», in «Studi e materiali di storia delle religioni», vol. 51 (1985, n.s. IX, 2), p. 212.

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Premessa Il circolo crociano di Villa Laterza: 1937-1942 Contributo a una contestualizzazione politica de Il mondo magico [pubblicato in “La cultura”, A. XL (2002), fasc. 1 (aprile)]

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Gli studi intrapresi sull’epistolario di Ernesto de Martino -soprattutto a partire dagli

anni ‘90- hanno consentito di datare l’ideazione e la progressiva elaborazione di quella ricerca sul magismo che, nel ’48, venne pubblicata con il nome de Il mondo magico. La stesura dell’opera, così chiarita, verrà qui ripercorsa cronologicamente raccogliendone e allineandone i diversi momenti per reinserirli in un contesto storico-politico poco noto -se non dimenticato- ma finalmente riemerso dall’esame di un gruppo di documenti inediti reperiti presso l’archivio del Ministero dell’Interno e della Pubblica Istruzione1. Queste centinaia di note ministeriali e amministrative -completate da una lettura comparata di memoriali, nonché da alcune carte dell’archivio della Segreteria del Liceo “Virgilio” di Roma2- chiariscono infatti quell’oscuro e contorto periodo antifascista di de Martino quando, tra la fine degli anni Trenta e l’inizio dei Quaranta, egli si avvicinò a un gruppo di intellettuali baresi per dare vita, intorno a Benedetto Croce -ospite nella villa dei Laterza-, a un movimento liberalsocialista. Si apre così una pagina di storia politica nella quale ricollocare e reintegrare, in senso interdisciplinare, un’opera che costituisce un momento fondamentale della Storia delle religioni del nostro paese.

Tra i fascicoli riservati della Polizia politica è stata rinvenuta una preziosa lettera della moglie di de Martino, Anna, scritta il 5 dicembre 1937 (da Bari, dove viveva con il marito) al fratello Lello Macchioro. Essa fornisce il punto d’inizio di una contestualizzazione dell’incontro tra de Martino e Croce. Così si legge:

Volevo dirti di Croce e invece me ne ricordo solo adesso/ Come Dio volle Ernesto è riuscito a incontrarsi con semidio! dico questo perché gli intellettuali baresi (intellettuali quanto vuoi, ma sempre baresi) che stanno attorno a Croce, si comportano come i custodi dell’Arca Santa! Si stringono intorno al loro padre eterno e lo difendono dagli attacchi estranei. E per quanto Ernesto avesse più volte pregato qualcuno dei suddetti angeli custodi di informarlo della venuta di Croce, non era mai riuscito ad accostarlo. Ecco quel che è capitato questa volta: per fortuna Croce e ... Nunziatina3 sono giunti insieme/ Ernesto andato a prendere Nunziatina, si è imbattuto negli angeli

1 Questi documenti sono attualmente conservati nell’Archivio Centrale dello Stato, presso il quale si

trova un corposo fascicolo sull’attività di insegnante di de Martino tra gli anni ‘30 e ‘40. Sono stati individuati ed esaminati anche vari fascicoli della Pubblica Sicurezza sull’inchiesta contro il movimento liberalsocialista. Altrettanto interessante è il fascicolo riservato “De Martino Ernesto” della Polizia Politica. La ricerca si è estesa anche ad altri documenti della Polizia Politica, del Casellario Politico Centrale, dell’Ufficio Confino, della categoria A1 della PS e della Segreteria del Duce. Si ringrazia il personale dell’Orientamento dell’ACS.

2 Si tratta del fascicolo personale “De Martino Ernesto” già individuato, ma solo sinteticamente riassunto da Riccardo Di Donato (Un contributo su de Martino politico in: De Martino E.-Secchia P., Compagni e amici. Lettere di Ernesto de Martino e Pietro Secchia, Firenze 1993, pp. XX-XXI). Queste carte sono state consultate grazie alla gentile disponibilità della preside del Liceo “Virgilio”.

3 Secondo la Questura di Bari -la quale prese visione di questa lettera- “L’“Annunziata” citata nella lettera [...] si identifica con Caterina Annunziata, domestica del suocero del de Martino, Prof. Macchioro Raffaele” (Ivi, nota 5).

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custodi, è stato presentato e Croce stesso lo ha invitato ad andare da lui. In conclusione evviva Nunziatina! Croce fu cordialissimo: ascoltò e commentò con interesse il piano di lavoro di Ernesto: gli consigliò dei libri. Parlarono/ a lungo. Abbiamo poi saputo che ha dato un ottimo giudizio su Ernesto e che ha raccomandato a Fiore e a Laterza di seguirlo con interesse.

La lettera venne intercettata e controllata dalla Divisione P.S. della R. Prefettura di

Napoli la quale, il 9 dicembre 1937, ne trasmise una copia al Questore di Bari ed alla Divisione Polizia Politica della Direzione Generale della P.S. pregando di “far procedere pure alla identificazione del nominato “Ernesto” citato nella lettera suddetta e che è stato costà presentato al noto oppositore senatore Benedetto Croce” 4. La Questura di Bari rispose che “Tanto la Macchioro che il De Martino [...] risiedono qui e serbano regolare condotta”5. Ma non era la prima volta che la prefettura di Napoli se ne occupava. Con una nota del 6 novembre tale prefettura lo aveva già notato chiedendone “le complete generalità e le informazioni specie in linea politica” in seguito alla revisione di una sua cartolina diretta al “noto oppositore”6. La R. Questura di Bari aveva similmente risposto che “De Martino [...] durante la sua permanenza in questa città non ha dato luogo a rilievi con la condotta in genere ed è iscritto al PNF dal I°/4/1930”7.

In questo clima, tra i sospetti del Regime e l’adesione al Partito8, avrà inizio -qualche

4ACS, Pol. Pol., Fasc. pers., b. 746, “Macchioro Vittorio”. “R. Questura di Napoli. Divisione P.S., N° di Prot. 107176, Napoli 9 Dicembre 1937 XVI°. Oggetto: Dr. Lello Macchioro-Revisione corrispondenza”; firmata: “Il Prefetto (Marziali) [firma illeggibile]” (di cui anche altra copia P.S., A1, b. 36, “Macchioro Prof. Vittorio”. “Divisione Polizia Politica. Appunto per l’On. Divisione Divisione Affari Generali e Riservati. N° 500. 39848. Roma, 21 Dicembre 1937 XVI”; firmato: “il direttore capo divisione polizia politica [firma illeggibile]”).

5 Ibid.., “R. Questura di Bari. Div. Gab., N. di prot. 017135, Risposta a nota 9 and. N. 107176. Bari, addì 20 Dicembre 1937 Anno XVI. Oggetto: Dr. LELLO Macchioro - Revisione corrispondenza”; inviata all’“ILLmo Signor Questore NAPOLI. On. Ministero dell’Interno. Direzione Generale della P.S. Divisione Polizia Politica”.

6 ACS, Pol. Pol., Fasc. pers, b. 354, “Ernesto De Martino” (sottofascicolo “B. Croce”). “R. Prefettura di Napoli. Div. P.S. N. 105984/689. Napoli 6 Novembre 193[7]. Oggetto: Oppositore senatore Benedetto Croce. Revisione corrispondenza”; rivolta all’“Ill.mo Sig. Questore di BARI. On. Ministero dell’Interno. Direzione Generale di P.S. Div. Pol. Politica”. La lettera di de Martino venne timbrata dalla Posta di Bari il 3.11.1937.

7 Ibid., “R. Questura di Bari. Divisione Gab. N. di prot. 014994. Bari, addì 23 Novembre 1937 anno XVI. Oggetto: Oppositore Senatore Benedetto Croce-Revisione corrispondenza”; rivolta all’“Ill/mo Questore di Napoli. e p.c. On/le Ministero dell’Interno. Direzione Generale della P.S. Divisione Polizia Politica. Roma”.

8L’iscrizione al PNF è uno degli aspetti più dimenticati di de Martino infine chiarito, in modo particolare, da un documento della Federazione dei Fasci di Combattimento di Bari dove il Segretario Federale, il 15 febbraio 1935, “certifica che DE MARTINO ERNESTO di Ernesto risulta iscritto al Partito presso il Fascio di Bari dal 1° aprile 1930 ed è al corrente[e] coi pagamenti per l’anno XIII” (ACS, MPI, Prof. ordinari, fasc. pers., 3° vers., b. 165, “de Martino Ernesto 23. parte vecchia”). Il certificato venne richiesto da de Martino in occasione del concorso per l’insegnamento ed indicato nell’Elenco di tutti i documenti, titoli, lavori presentati al concorso al quale venne allegato. Questa iscrizione risulta in tutte le relazioni del preside del Liceo Scacchi di Bari nel quale de Martino aveva insegnato dall’anno scolastico 1934-35 all’anno 1941-42. Nella relazione dell’anno 1935-1936 apprendiamo anche il suo numero di tessera del PNF (064715), nonché quello della tessera di iscrizione all’AFS (007783) al quale era iscritto dal 1935 (in altre relazioni è però datata 1936 -Ibid., “Professori di ruolo dei RR. istituti d’istruzione media. Anno scolastico 1940-1941. 15 maggio 1941”-) nonché anche il numero (0259) della tessera della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale -alla quale era iscritto dal 1932- con il grado di Capo-Manipolo (Ibid., “Professori di ruolo dei R.R. istituti d’istruzione media. Anno scolastico 1935-1936 -XIV. 24 maggio 1936”). Anche nella relazione dell’anno 1942-43 del preside Ernesto Guidi del Liceo di Lucca, presso il quale de Martino fu poi trasferito, si ricorda la sua iscrizione al PNF ed all’AFS (Ibid., “Professori di ruolo dei regi istituti dell’ordine superiore classico. Anno scolastico 1942-1943. 10

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anno dopo- Il mondo magico. Il 20 ottobre 1940 de Martino scriveva ad Adolfo Omodeo: “Come mi sembra di averVi già detto altra volta, mi sto occupando ora del magismo”9. Solo tre giorni dopo, il suo nome veniva ancora una volta segnalato dalla Divisione P.S. della R. Prefettura di Napoli alla Polizia Politica in seguito all’intercettazione di una sua lettera diretta a Croce10. Un mese dopo (il 30 novembre) egli informava Boccassino di una sua “ricerca, volta a determinare la Weltanschauung della magia, e che costituirà un lavoro propriamente storico”11. Nel mentre la situazione politica italiana sembra preoccuparlo sempre di più.

Il 20 gennaio del 1941 Otto Dietrich, Capo dell’Ufficio Stampa del Reich, tenne una conferenza alla riunione dell’Accademia tedesca di Praga subito dopo pubblicata in italiano in un opuscoletto12 al quale rispose l’anonima Lettera aperta del cittadino Settembrini che nel dopoguerra Enzo Fiore13, Mario Melino (sebbene confusamente)14 e Cosima Nassisi (assistita dai suggerimenti di Vittore Fiore)15 attribuirono a de Martino. Secondo gli atti del Casellario Politico Centrale e dell’Ufficio Confino Politico, questo documento avrebbe circolato nel gruppo antifascista barese legato a Croce16.

maggio 1943”). De Martino quindi manterrà per tutto il periodo del circolo crociano barese la tessera del partito.

9 Lettera pubblicata in: Imbruglia G., Tra Croce e Cassirer, in AAVV, La contraddizione felice? Ernesto de Martino e gli altri (Di Donato R., a cura di), Pisa 1990, p. 89. De Martino stesso colloca l’inizio dei lavori intorno a questo periodo quando in una lettera dell’8 agosto 1946 scriveva a Cesare Pavese: “Ti raccomando [...] vivamente la copia [de Il mondo magico] che ti invio, che è il risultato di sei anni di lavoro” (lettera pubblicata in: Pavese C.- De Martino E., La collana viola. Lettere 1945-1950, (Angelini P., a cura di), Torino 1991, p. 85). Si rinvia anche alla minuta di de Martino a Croce di difficile datazione, in Dall’epistolario di Ernesto de Martino (a cura di P. Angelini), in “Quaderni dell’Istituto universitario orientale. Dipartimento di scienze sociali”, A. III (1989), NS, n.3/4, pp. 168-171.

10 ACS, Pol. Pol., “de Martino”, cit. “R. Prefettura di Napoli. Divisione P.S. N° di prot. 10968/698. Napoli, 23 Ott. 1940-XVIII. Oggetto: Oppositore senatore Benedetto Croce. Revisione corrispondenza”; rivolta al “Ministero dell’Interno. Direzione Generale della P.S. Div. Polizia Politica ROMA”. La nota allega una copia di una lettera a Carlo Antoni che offre un prezioso documento per la datazione di Naturalismo e storicismo nell’etnologia: “Egregio Professore, E’ uscito in questi giorni il mio volumetto “Naturalismo e storicismo nell’Etnologia”, che l’editore vi invierà fra giorni in omaggio”. Tale lettera, con la quale de Martino chiedeva ad Antoni una recensione, è del 18 ottobre 1940.

11 Lettera pubblicata in: De Martino E.-Boccassino R., Una vicinanza discreta. Lettere, (Pompeo F., a cura di), Roma 1996, p. 35.

12 Dietrich O., Le basi spirituali della nuova Europa. Otto Dietrich. Discorso pronunciato alla solenne riunione dell’Accademia tedesca in Praga, il 20 gennaio, Berlino 1941.

13Testimonianza in Dilio M., Puglia antifascista, Bari 1977, p. 191. 14 Conversazione di Mario Melino con Cesare Bermani, Milano, 13 febbraio 1996, ore 15,30, in “Il de

Martino”, n°5-6 (1996), p. 45. Come fa notare Bermani, in nota, Melino confonderebbe Goering con Dietrich (al quale la lettera era rivolta). Stessa confusione avrebbe allora commesso Melino in: “Carissimo Mario”. 14 lettere di Tommaso Fiore, Milano 1966, p. 81, dove parla de ““la risposta del cittadino Settembrini al Ministro Goehring” di Ernesto De Martino”.

15 Nassisi C., Il “Nuovo Risorgimento” (1944-1946). Gli anni della grande speranza. Il polo liberal-socialista pugliese, Lecce 1990, pp. 309-314.

16 ACS, CPC, b. 3867, fasc. “Perna Giuseppe” (“R. Prefettura di Bari, Div. I^P.S., N. 012629. 22 luglio 1942, oggetto: [...] Antifascista ammonito politico”); nonché: fasc. “Perna Francesco” (“R. Prefettura di Bari, Div. I^P.S., N. 09930, 27 giugno 1942, oggetto: [...] Antifascista, confinato politico”); b. 2076, fasc. “Fiore Tommaso” (“R. Prefettura di Bari, Div. I^P.S., N. 04642, del 5 luglio 1942, oggetto: [...] Antifascista, confinato politico”); b. 1299, fasc. “Chicchiarelli Ezio” (“R. Prefettura di Bari, Div. I^P.S., N. 012630, del 10 luglio 1942, oggetto: [...] Antifascista-ammonito politico”). ACS, U.C.P, Fascicoli personali, b. 416, fasc. “Fiore Tommaso” (“Legione Territoriale dei Carabinieri reali di Bari, N° 213/15 di prot. div. III, Bari, lì 23 maggio 1942, oggetto:[...] Proposta di assegnazione al confino di polizia”; “R. Questura di Bari, Divisione Gab. N. di Prot. 04642, del 19 maggio 1942, oggetto: [...] Proposta di assegnazione al confino”); U.C.P., Affari Generali, b.

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Intanto Il Mondo magico prendeva lentamente forma. All’inizio del 1941, tra le pagine introduttive di Naturalismo e storicismo (pronto però già nell’agosto del ’40 e stampato, qualche mese dopo, in ottobre17; benché il frontespizio indichi la data: “1941-XIX”), de Martino annunciava pubblicamente un lavoro sul “cosiddetto mondo primitivo” il quale non rientrava “nell’economia dei saggi [...] raccolti”18; e, in una lettera del 12 febbraio, ad Antonio Banfi: “Ho finito da pochi giorni di scrivere un saggio dal titolo “Intorno l’impostazione storica del problema del magismo””19. Di un simile “saggio” egli parla a Carlo Muscetta, il giorno dopo, dicendogli che glielo avrebbe inviato “fra non molto”; e che toccava quello stesso “problema”, ma relativamente alla “Rinascenza””20. Il 24 febbraio, Benedetto Croce scriveva a de Martino di aver letto “con molto interesse” un testo la cui versione, successivamente pubblicata su “Studi e materiali di storia delle religioni” (probabilmente Percezione extrasensoriale e magismo etnologico)21, avrebbe poi costituito una parte del primo e del terzo capitolo. Lo stesso giorno (24 febbraio) anche Omodeo con lui discuteva di un lavoro di “storia del magismo”22. In una lettera a Pettazzoni (datata da Mario Gandini intorno a marzo o più precisamente, secondo Carlo Ginzburg, di poco anteriore al 7 aprile) de Martino riparla di un “articolo” sul genere (secondo Ginzburg dovrebbe trattarsi di Percezione extrasensoriale) e chiede consigli23; e, il 10 maggio del ’41, confida a Boccassino che contava di “elaborare per la fine del corrente anno, o, più probabilmente, per l’anno venturo, una monografia (il cui titolo passerà poi a sottotitolare Il mondo magico) nella quale – diceva - traccio il metodo generale col quale, a mio avviso, deve essere svolta una storia della magia”24.

Poco successivamente a questo intenso momento di lavorazione, tra ottobre e novembre del 1941, si organizzava a Bari un nucleo di contestazione politica. Nel dopoguerra vari protagonisti dell’antifascismo barese hanno sottolineato il ruolo svolto da de Martino25.

49, sottofascicolo n°13 (“R. Questura di Bari, Div. Gab. N.Prot. 012629, del 13 maggio 1942, oggetto: Perna Giuseppe [...] Proposta di ammonizione”; “R. Questura di Bari, Div. Gab. N. di Prot.09321, del 15 maggio 1942, oggetto: Vivoli Antonio [...]. Proposta di ammonizione”); ecc... Altri documenti pubblicati in: Colapietra R., La Capitanata nel periodo fascista (1926-1943), Foggia 1978, pp. 465, 468, 469, 494.

17 Cfr. De Matteis S., La tradizione dell’Occidente e il paradosso del primitivo [introduzione a] in: de Martino E., Naturalismo e storicismo nell’etnologia, Lecce 1997, p. 9 e relative note 2 e 3.

18 De Martino E., Naturalismo e storicismo nell’etnologia, Bari 1941, p. 13. 19 Lettera parzialmente pubblicata in Ginzburg C., Momigliano e de Martino, in “Rivista storica

italiana”, Anno C (1988), fasc. II, p. 406, e premetteva: “Attualmente lavoro intorno a una “Storia del Magismo”.

20 Archivio storico capitolino, Fondo Carlo Muscetta [d’ora in poi “Fondo Muscetta”], lettera dattiloscritta, Bari 13 febbraio 1941, con alcune frasi scritte a mano che citiamo.

21 Lettera parzialmente pubblicata in: Galasso G., Croce, Gramsci e altri storici, Milano 1978, p. 476 nota 54. Secondo Ginzburg l’articolo fatto leggere a Croce fu notevolmente rilavorato prima della sua pubblicazione su “Studi e materiali di storia delle religioni” (art. cit., pp. 403-404 nota 12).

22 Lettera parzialmente pubblicata in: Galasso G., op. cit., p. 477 nota 54.; nonché, da de Martino, nel suo Il mondo magico. Prolegomeni a una storia del magismo, Torino 1948, p. 192 nota 1.

23 Lettera parzialmente pubblicata in: Ginzburg C., art. cit., pp. 403 e 405; pubblicata integralmente da Gandini M., Ernesto de Martino e Raffaele Pettazzoni: dall’incontro dei primi anni Trenta all’autunno del 1959. Documenti, in “Rivista di storia della storiografia moderna”, A. XVII (1996), n°1-3 (gennaio-dicembre), pp. 148-150, dove parla di un articolo “sulla impostazione storica del problema del magismo”.

24 Lettera pubblicata in: de Martino E.-Boccassino R., op. cit., p. 57. Il titolo indicato è Prolegomeni ad una storia del magismo.

25 Per una ricostruzione più generica del ruolo di de Martino nell’antifascismo pugliese: Cfr. Valiani L., Il liberalsocialismo, in “Rivista storica italiana”, Anno LXXXI (1969), fasc. I., p. 83; Il partito d’azione, in AAVV, Azionisti, cattolici e comunisti nella Resistenza, Milano 1971, p. 35. Dilio M., Di Vagno, Bari 1971, pp. 176-178. De Antonellis G., Il Sud durante il fascismo, Manduria 1977, pp. 136-139. Colapietra R., op. cit., p. 239. De Giorgi M., Antifascismo e lotte politiche, in: De Giorgi M.-Nassisi C., Antifascismo e lotte di classe nel Salento (1943-47), Lecce 1979, p. 55. De Luna G., Storia del Partito d’Azione. La rivoluzione democratica

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Carlo Ludovico Ragghianti (azionista, in rapporto con quest’ultimi), in una ricostruzione dell’attività del “primo comitato antifascista attivo” sorto “a Bari nel 1941”, ricordava che il “comitato pugliese elaborò anche una serie di punti programmatici, che furono dopo lunghi dibattiti redatti da Ezio Chichiarelli; e, nell’ottobre 1941, consegnati al Croce, che risiedeva nella Villa Laterza a Bari, presenti Giovanni Laterza, Tommaso Fiore, Mario Melino, Michele Cifarelli, Fabrizio Canfora, Ernesto de Martino e Domenico Loizzi”26. Lo confermano Fiore, nel ’6327, ed altri partecipanti alla riunione dell’ottobre del ’4128. Canfora ricordò -se pur vagamente- come “in quegli anni Ernesto De Martino, Michele Cifarelli, io stesso ed altri giovani [...] avevamo insieme coi Fiore (Tommaso e il figlio Enzo) frequenti incontri e animate discussioni sino a tarda ora col vecchio filosofo liberale [...] nella nostra città, a Bari, nella casa del suo editore [...] nella consapevolezza che si avviava oramai il fascismo a larghi passi verso la sua caduta”29.

In quella sera di ottobre del ’41, tuttavia, Croce disapprovò il programma presentatogli, dissentendo soprattutto dalla parte che prometteva la terra ai contadini. Ragghianti parlò di una “separazione che si delineava [...] sugli atteggiamenti e i propositi politici”30; e, Melino, di come “Croce ebbe chiara la sensazione che tra noi e lui si stava scavando un solco”31. La sera successiva, chiamati alla villa Laterza, il filosofo distribuì e lesse loro una pagina di risposta scritta durante la notte passata insonne. Si tratta di un breve testo sul “liberalismo puro” scritto in opposizione a quegli ideali liberalsocialisti32 intorno ai quali il gruppo decise allora di riorganizzarsi con più decisione, vedendo “dissolta la speranza di avere Benedetto Croce con noi nelle nuove battaglie”33. In questa riorganizzazione de Martino fu particolarmente attivo.

Nell’84, Vittore Fiore (figlio di Tommaso) ricordò una successiva riunione elencando i “congiurati che mazzinianamente in casa Cifarelli il 18 novembre 1941 sottoscrissero il giuramento liberalsocialista [...]: Michele Cifarelli, Fabrizio Canfora, Vincenzo Fiore, Mario Melino, Domenico Loizzi, Domenico Mera, oltre Tommaso Fiore. Il testo era di un altro giovane intellettuale: Ernesto De Martino”34. Melino evidenziò “discussioni a non finire”35 nel “gruppo barese” che avrebbe deciso “di prestare giuramento” su un testo “scritto da De Martino”. La riunione si sarebbe tenuta “in casa Cifarelli” ma -secondo Melino- il “10 novembre del 1941”36. Il padrone di casa, dal canto suo, colloca

(1942/1947), Milano 1982, p. 64. Grassi F., Dal combattimento al liberalsocialismo, in: AAVV, Il movimento socialista e popolare in Puglia dalle origini alla Costituzione 1874-1946 (storia fotografico-documentaria) Vol. II, Bari 1985, pp. 222, 229, 231. Alosco A., L’arresto dei liberalsocialisti di Bari nel 1943, in “Annali dell’Istituto Ugo La Malfa”, vol. III (1987), p. 356. Nassisi N., op.cit, pp. 19, 39, 75; ecc.

26 Ragghianti C.L., Disegno della liberazione italiana, Pisa 1962, p. 299. 27 Fiore T., Formiconi di Puglia. Vita e cultura in Puglia (1900-1945), Manduria 1963, pp. 165-166. 28 Melino M., op. cit., pp. 69-72; Loizzi D., Bari antifascista (1941-1943), in AAVV, Studi storici in

onore di Gabriele Pepe, Bari 1969, p. 819. Curiosamente Loizzi cita quegli stessi nomi esattamente nello stesso ordine indicato da Ragghianti, riportando anche testualmente alcuni passi delle sue memorie. Si può pensare ad un’influenza di quest’ultimo sul ricordo di Loizzi.

29 Canfora F., Domenico Pàstina democratico del Sud, in: Pàstina D., Pagine sparse (a cura di N. Pàstina), Bari 1971, p. 10.

30 Ci riferiamo al passo di Ragghianti, op cit., p. 300 citato e confermato da T. Fiore, op. cit., p. 165. 31 Melino M., op. cit., p. 71. 32Si aggiunga alla testimonianza di Ragghianti in Fiore, op. cit, p. 165 e Melino (op. cit., pp. 71-73)

anche quella di Loizzi (op. cit., pp. 819-820) e Canfora F. (op. cit., pp. 10-11). 33 Melino M., op. cit., pp. 71-72. 34 Fiore V., Il problema meridionale, in AAVV, Il Partito d’Azione dalle origini all’inizio della

Resistenza armata. Atti del Convegno di Bologna, 23-25 marzo 1984, Roma 1985, p. 706. Interessante è anche l’intervento di Tartaglia G. (Le origini del Partito d’Azione in Puglia, in: Ibid., p. 572).

35 Melino M., op. cit., p. 69. Le discussioni sarebbero avvenuto tra Cifarelli, Canfora, Loizzi e De Martino.

36 Ibid., p. 74. Melino confermò quanto detto, anche in Conversazione di Mario Melino con Cesare

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l’avvenimento nel suo studio nel 1941; menzionando, più genericamente, le “discussioni con Ernesto De Martino, sempre teso all’estendimento e al superamento del crocianesimo, alla collaborazione costruttiva con Fabrizio Canfora, con Carlo Muscetta, con Mario Melino, con Mimì Loizzi”37. Quest’ultimo scrisse: “La sera del 18 novembre 1941 sorgeva a Bari il partito liberal-socialista e quella sera fu prestato per la prima volta il seguente giuramento, autore Ernesto De Martino”38 che Enzo Fiore (altro figlio di Tommaso) menzionò tra chi a Bari fu impegnato in un’attività di critica al fascismo. Enzo aggiunse come nell’ottobre 1941 si sentisse “la necessità di trasformare il movimento in partito che prese il nome, dopo lunghe discussioni, di partito liberal-socialista”39. Altre conferme vengono da Tommaso Fiore40 e Clara Gallini che ci rende partecipi dell’“ironia affettuosa” con cui de Martino rievocava quell’atto clandestino di antifascismo41.

In questo contesto nasceva il progetto del Mondo magico. Solo due mesi dopo aver giurato, il 15 gennaio 1942, “in qualità di membro corrispondente della Società Italiana di Metapsichica”, de Martino invitava la Einaudi a pubblicare degli “studi di metapsichica” che - aggiungeva - “una storia del magismo non può oggi trascurare”. In questa stessa lettera egli proponeva, a titolo personale, anche la pubblicazione di un “lavoro sui fenomeni psichici paranormali presso i popoli primitivi”42.

Fatto sta che, in questa prima lettera, de Martino drasticamente taceva della sua precedente e laterziana opera, Naturalismo e storicismo nell’etnologia43. Quasi egli ritenesse ormai mancare una qualsiasi convertibilità di fine Naturalismo e inizio Mondo magico; o considerasse impresentabile all’editore barese il nuovo lavoro forse sprovvisto dell’imprimatur crociano e quindi, irripetibile - o da non ripetere - l’operazione riuscita per Naturalismo. Sappiamo che il filosofo napoletano ne aveva “favorevolmente” parlato a Giovanni Laterza, poco prima che quest’ultimo ottenesse il manoscritto finito nel luglio 194044; per poi a sua volta riceverlo, spedito dall’autore il 3 agosto45 e leggerlo il giorno dopo, in vista della stampa destinata alla “Biblioteca di cultura moderna”. Croce ne prese appunto in una pagina del suo diario46.

Nel ’42, il rapporto con de Martino non sembra comunque compromesso. Si pensi che, solo qualche settimana dopo il giuramento, egli risulta a Napoli, in visita da Croce il quale annoterà in un suo taccuino, il 7 gennaio: “E’ venuto [...] da Bari, [...] per qualche giorno lavorerà nella mia biblioteca”47. Inoltre, in una lettera del 27 gennaio, il filosofo si interessa al

Bermani, cit., pp. 46-47.

37 Cifarelli M., Dalla vigilia dell’ultimo conflitto al congresso di Bari, in “La Rassegna pugliese”, Anno II (1967), n° 4-7 (aprile-luglio), p. 338. Più esattamente egli data la riunione “due anni dopo” rispetto al 1939.

38 Loizzi D., op. cit., p. 820. 39 Testimonianza pubblicata in: Dilio M., Puglia antifascista, op. cit., pp. 191-192. Più esattamente egli

riferisce de Martino all’attività del padre (Tommaso), di Cifarelli, Canfora, Loizzi, Melino, Giuseppe Lopez. 40 Fiore T., op. cit., p. 166: ricorderà che fu “Ernesto De Martino” ad aver composto il giuramento. 41 Gallini C., Mezzogiorno e impegno civile nell’opera di Ernesto De Martino, in “Politica e

Mezzogiorno”, Anno II (1965), N 2-3 (aprile-settembre), p. 207. 42 Lettera pubblicata in: Pavese C.-de Martino E., op. cit., pp. 49-51; precedentemente già segnalata e

riassunta in: Turi G., Casa Einaudi. Libri uomini idee oltre il fascismo, Bologna 1990, p. 236. 43 Angelini P., Introduzione a Pavese C. – De Martino E. La collana viola: lettere 1945-1950. Torino

1991, pp. 13-14. 44 AAVV, Laterza. Un secolo di libri 1885/1985. Bari, 1989, p. 38. 45 Imbruglia G., Tra Croce e Cassirer, in La contraddizione felice? Ernesto de Martino e gli altri, a

cura di Riccardo Di Donato, Pisa 1990, p. 98. 46 Croce B., Taccuini di lavoro. IV. 1937 – 1943, Napoli 1987, p. 230; Sasso G., Per invigilare me

stesso. I Taccuini di lavoro di Benedetto Croce, Bologna 1989, p. 235. 47 In: Imbruglia G., art. cit., p. 83; o direttamente i Taccuini di lavoro, cit., p. 330.

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“lavoro sul magismo”48. Da un punto di vista politico, poi, secondo una testimonianza autobiografica (del ’49), Croce avrebbe apprezzato il giuramento liberalsocialista tant’è che “si adoperò a diffonderlo nel Mezzogiorno” 49.

Comunque sia la proposta interessò la Einaudi che, il 2 febbraio 1942, rispose di gradire un “volume introduttivo [...] sulla ricerca metapsichica”50. Rilevante è il ruolo svolto da Muscetta che era in contatto con la cerchia di Tommaso Fiore, ovvero con i giovani del gruppo liberal-socialista: Canfora, Cifarelli, Loizzi e de Martino51 il quale, il 15 gennaio, gli aveva inviato acclusa a una lettera, quella per la Einaudi. A lui chiedeva di accompagnarla “con qualche rigo, avallando la serietà delle” sue “proposte” 52. Ripetutamente nel 1941 egli lo aveva tenuto informato della sua “storia del magismo” (non solo il 13 febbraio, ma anche il 17 giugno e 9 luglio)53. Il 24 gennaio 1942 Muscetta lo presenterà a Einaudi come “persona seria da prendere in considerazione”54.

Inaspettatamente, la situazione precipita. Il 25 marzo la Questura di Bari perquisisce l’azienda Laterza e le famiglie dei componenti55. Il 2 aprile, viene interrogato Elio De Pergola in relazione alle indagini contro il movimento liberalsocialista. Fu allora che De Pergola accuserà -tra i tanti- anche de Martino di appartenere a un movimento antifascista a capo del quale si sarebbe trovato Tommaso Fiore; nonché di aver partecipato a una riunione a Casa Laterza -nell’aprile 1941- nella quale Benedetto Croce avrebbe dichiarato la notizia dell’annuncio, fatto da Churchill in una riunione segreta di Gabinetto, del “promettente corso di trattative per l’intervento della Unione Sovietica nel conflitto”56. Con una lettera poco precedente al 9 aprile, de Martino scriverà alla Einaudi che il “volumetto non potrebbe [...] essere pronto prima della fine del 1942”, successivamente informandolo, il 12 aprile, di uno slittamento della consegna al febbraio 194357. Un ritardo comprensibile quando si scopre che,

48 Lettera a de Martino parzialmente pubblicata in: Galasso G., op. cit., p. 477 nota 54. 49 De Martino E., Allora Croce era con noi, in “Avanti!”, 17 giugno 1949, p. 3. In questo articolo

ricordò gli “amici del Croce, coloro che si stringevano attorno a lui a Villa Laterza nella comune difesa della libertà oltraggiata [...]. Accadde (mi si consenta il ricordo) che uno del gruppo scrisse persino un giuramento che avrebbe dovuto rannodare le fila dell’antifascismo”. Un altro ricordo di de Martino riguardante il gruppo liberal-mazziniano che “a Bari” rendeva “visita al vecchio Croce nella Villa Laterza” (dove però si accenna a delle “riserve e insoddisfazioni”) in: Gallini C. (a cura di), L’opera a cui lavoro, Lecce 1996, p. 11.

50 Pavese C.-De Martino E., op. cit., p. 51. 51 Muscetta C., L’erranza. Memorie in forma di lettere, Catania 1992, p. 59. 52 Fondo Muscetta, lettera dattiloscritta, Bari 15 gennaio 1942 a Carlo Muscetta. 53 Ivi, lettera del 13 febbraio 1941 già citata; biglietto dattiloscritto intestato “R. Liceo Scientifico. “A.

Scacchi” Bari. Sala dei professori”, 17 giugno 1941; lettera dattiloscritta, 9 luglio1941, dove scrive di avergli inviato “un articolo per Leonardo”, dubitando però che fosse adatto alla rivista e chiedendogli semmai di modificarne “qualche espressione poco opportuna, purché sia salvo il nocciolo della quistione”).

54 Mangoni L., Pensare i libri. La casa editrice Einaudi dagli anni trenta agli anni sessanta, Torino 1999, p. 163; che integra il lavoro di P. Angelini, La collana viola, cit., pp. 13-14.

55 Il 26.3.1942 Giovanni Laterza inviava all’“Eccellenza Mussolini Roma (Gab. Segr. ps.)” un telegramma di protesta: “Questo affronto ufficiale [...] non ci aspettavamo. Anni di corrispondenza di autori e del Senatore Croce si stanno ancora interpretando in questura” (ACS., SPD - C.O., n° 531-336, “Laterza Giuseppe -Casa editrice Bari, Giovanni Laterza Bari”). Lo si veda pubblicato in AAVV, Filosofi Università Regime. La Scuola di Filosofia di Roma negli anni Trenta. Mostra storico-documentaria, a cura di Gregory T., Fattori M., Siciliani De Cumis N., Roma 1985, p. 443.

56 ACS, PS, 1943, b. 89. (Complessivamente ci riferiamo ai relativi quattro sottofascicoli: cartella azzurra “1943 K.5 Bari. P.S. B.89”; cartella arancione “Bari. Ministero dell’Interno K.5”; cartella bianca “K.5 Movimento liberal-socialista”; cartella arancione -senza annotazioni-). Documento: “Copia. Alleg. 10. L’anno millenovecentoquarantadue XX il giorno II aprile nella R. Questura di Bari”; firmato: “De Pergola Elio. Polimene Michele - Commissario Capo P.S.”; timbrato: “Ispettorato Generale della pubblica sicurezza” e firmato: “PCC. Il v. Brigadiere di P.S. [firma illeggibile]”.

57 Pavese C.-De Martino E., op. cit., p. 52.

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dall’aprile del ’42 alla fine dell’anno, egli veniva sempre più e più pericolosamente coinvolto nelle indagini.

Solo qualche giorno dopo la lettera a Einaudi -il 19 aprile- furono interrogati anche Domenico Loizzi58 e Fabrizio Canfora59, i quali menzionarono la presenza di de Martino in casa di Tommaso Fiore e alle riunioni in casa Laterza in occasione delle visite di Benedetto Croce. La sua presenza era segnalata anche da Carlo De Donato (interrogato il 20 aprile)60 e dai Laterza Giambattista, Franco e Giuseppe (interrogati il 22 aprile)61. Tutti, però, dichiararono, a loro difesa, che le riunioni non avevano carattere propriamente politico e vertevano su argomenti di studio.

Vale la pena di soffermarsi ulteriormente su questo momento per colmare un vuoto negli studi biografici; nonché per apprezzare il resoconto dettagliato che i documenti dell’ACS offrono di questa vicenda, con una particolare attenzione per i rapporti con Croce.

Partiamo dall’interrogatorio di de Martino, a sua volta convocato dalla Questura di Bari quando, il 18 aprile, egli tentò di prendere le distanza dal liberalsocialismo, dichiarando: “Io in verità ho tenuto sempre un atteggiamento critico poichè, dato il mio passato di fascista e la mia qualità di ufficiale della M.V.S.N., il mio pensiero si è sempre orientato verso una giustificazione storica del Fascismo. Tale mio atteggiamento determinò un certo riserbo da parte del Fiore nei miei riguardi. [...] devo dire che durante questo mio ultimo periodo di frequenza in casa Fiore [“circa un anno addietro”] ho cominciato sempre più a non sentirmi a mio agio poichè i discorsi che talora mi occorreva di udire erano lontani dal mio convincimento politico62. Sentivo enunciare alcune proposizioni teoriche dirette a riunire le due tendenze liberale e socialista ma in verità non mi consta che tali propositi teorici

58 ACS, PS,1943, cit., “Copia Alleg. 16. L’anno millenovecentoquarantadue, XX, diciannove del mese

di aprile, nella R. Questura di Bari”; firmato: “prof. Dr. Domenico Loizzi. Mario Carella Comm. agg. di P.S.”; timbrato: “Ispettorato Generale di Pubblica Sicurezza. Bari” e firmato: “P.C.C. Il Comm. agg. di P.S. [firma illeggibile]”.

59 Ibid., “Copia. Alleg. n° 17. L’anno millenovecentoquarantadue, XX, addì diciannove del mese di aprile, nella R. Questura di Bari”; firmato: “Fabrizio Canfora. Mario Carella Comm. agg. di P.S.”; timbrato: “Ispettorato Generale di Pubblica Sicurezza. Bari” e firmato: “P.C.C. Il comm. agg. di P.S. [firma illeggibile]”.

60 Ibid., “Copia. Alleg. n° 15. L’anno millenovecentoquarantadue, XX, addì venti del mese di aprile, nella R. Questura di Bari”; firmato: “Avv. Carlo de Donato” e dai commissari di P.S. Mario Carella ed Alfonso Nuzzi; timbrato: “Ispettorato Generale di Pubblica Sicurezza. Bari” e firmato: “P.C.C. Il commissario. agg. di P.S. [firma illeggibile]”.

61 Ibid. I tre documenti sono rispettivamente firmati: “Giovanni Laterza”; “Dott. Franco Laterza”; “Giuseppe Laterza” e rispettivamente portano l’annotazione: “Copia. Alleg. n° 8”; “Copia. Alleg. n° 12”; “Copia. Alleg. n°13”. Tutti e tre: “L’anno millenovecentoquarantadue, XX, addì ventidue del mese di aprile, nella R. Questura di Bari”; firmato: “Mario Carella Comm. agg. di P.S.”, timbrato: “Ispettorato Generale di Pubblica Sicurezza. Bari” e firmato: “P.C.C. Il comm. agg. di P.S. [firma illeggibile]”. Giovanni, il giorno seguente informò Croce dell’accaduto, menzionando anche l’interrogatorio di de Martino (Laterza V., Quale editore. Note di lavoro, Roma Bari 2002, p. 28). Cfr. questi documenti anche in AAVV, Filosofi Università Regime, cit., p. 431 e pp. 444-445.

62 La notizia venne riportata anche nella proposta di assegnazione al confino riguardante Fiore Tommaso, curata dalla Questura di Bari: “Il Prof. De Martino Ernesto, docente di Filosofia presso il locale Liceo Scientifico, che aveva frequentato con una certa assiduità il Fiore e che si era lasciato anche attirare dalle sue idee, ha dichiarato che negli ultimi tempi si era trovato a disagio nell’ambiente di casa Fiore per i discorsi che si tenevano, tanto che ritenne opportuno allontanarsi” (ACS, UCP, Fasc. Pers., b. 416, “Fiore Tommaso”, p. 3. Nota della “R. Questura di Bari, Div. Gab., N° di prot. 04642, del 19 Maggio 1942 Anno XX”. Passo riassunto in: Massara K., Il popolo al confino. La persecuzione fascista in Puglia, Roma 1991, p. 267, alla voce “Fiore Tommaso”).

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miravano o abbiano avuto attuazione pratica”63. Può forse essere un tentativo di proteggersi. Tuttavia la notizia di un suo contrasto con il gruppo crociano non è da sottovalutare nella misura in cui essa risulta anche dal racconto di de Pergola il quale, durante il suo interrogatorio, aveva fatto presente come “il De Ruggero era stato posto in disparte per aver giustificato il fenomeno storico del Fascismo sollevando l’aperta riprovazione del Senatore Benedetto Croce riconosciuto Capo spirituale del movimento liberal- socialista”. Analogo caso “capitò qualche anno addietro al Professor De Martino docente di filosofia nello Istituto Magistrale di Bari in occasione di una conversazione da lui avuta sul Fascismo con Benedetto Croce allora ospite dell’editore Giambattista Laterza [...]. Allontanato dal gruppo, vi fu poi riammesso in seguito a scuse presentate al Prof. Fiore e pare anche al Senatore Croce”64. De Martino, nel suo interrogatorio, controbatterà: “La circostanza che voi mi contestate di avere io giustificato storicamente il Fascismo alla presenza del Senatore non mi sembra precisa poichè sebbene tali fossero le mie idee non rammento di averle espresse in maniera molto decisa in presenza del Croce, mentre dichiarazioni in tal senso io ho fatto al professore Fiore e a qualche suo amico”65.

Il 28 aprile l’OVRA informava vari sedi italiane (tra cui la questura di Bari) sull’esito dell’“Operazione di polizia -Movimento liberal-socialista” e, basandosi fondamentalmente sulla testimonianza di De Pergola, segnalava anche il “Prof. Ernesto De MARTINO” per “la diffida premonitoria” indicandolo tra i professori di cui si riteneva “necessario l’allontanamento dalla regione pugliese”66. In seguito, il 19 maggio (minuta copiata il 22 maggio) il Ministero dell’Interno, divisione A.G.R. sez. I segnalava al Ministero dell’Educazione Nazionale “l’opportunità” di quella misura67. Il 29 maggio il provveditore agli studi Angelo Caroli, scriveva a suo carico, nella relazione di fine anno scolastico: “Come è stato comunicato [...] è stato per motivi politici diffidato dalla R. Questura di Bari. Egli pertanto si è reso incompatibile in questa sede, ragione per cui insisto nella proposta [...] di trasferimento in altra sede lontana”68.

In un “Appunto” del 29 maggio della Direzione Generale di Pubblica Sicurezza, il “Prof. De Martino Ernesto” risulta tra i “proposti per la diffida”69; tuttavia, il 24 giugno, il Ministero dell’Educazione Nazionale sembra ancora disorientato, tanto da chiedere al Ministero dell’Interno (con una nota avente per oggetto “Professori e studenti aderenti a organizzazione antifascista”) “di comunicare con cortese urgenza i provvedimenti definitivi”70. Accanto a questa indecisione delle autorità vediamo crescere,

63 ACS, PS, 1943, cit., “Copia. Alleg. 18. L’anno millenovecentoquarantadue, XX, addì diciotto del

mese di aprile, nella R. Questura di Bari”; firmato “Ernesto De Martino. Dr. Mario Carella Comm. agg. P.S. Dr. Alfonso Nuzzi Comm. Capo P.S.”; timbrato: “Ispettorato Generale di Pubblica Sicurezza” e firmato: “P.C.C. Il comm. agg. di P.S. [firma illeggibile]”.

64 Ibid. Interrogatorio di De Pergola Elio del 2 aprile ‘42 alla questura di Bari (cit). 65 Ibid. Interrogatorio di de Martino del 18 aprile ‘42 alla questura di Bari, (cit.) . 66 Ibid. “Direzione Generale della P.S. OVRA III Zona, N. 524 di prot. Bari 28 aprile 1942 A. XX”, pp.

18-19. Già pubblicato in: Colapietra R., op. cit., pp. 491-492, di cui qui si dà la collocazione di archivio aggiornata essendo ormai inesistente quella indicata dall’autore.

67 Ibid. Minuta del “Ministero dell’Interno, Div. A.G.R., sez. I., Prot. 441/09865”; con timbro: “Copiata. 22 maggio 1942”.

68 ACS, MPI, Prof. ordinari, cit. “Professori di ruolo dei Regi istituti dell’Ordine Superiore Classico. Anno 1941-1942-XX. R. Liceo scientifico di Bari. Osservazioni del Provveditore agli studi” .

69 ACS, PS, 1943, cit. Appunto del “Ministero dell’Interno Direzione Generale della Pubblica Sicurezza. Div. Aff. Gen. e Riserv., 441/”; timbrato: “Ministero dell’Interno. Segreteria Ecc. Capo della Polizia. 31 mag42 - XX”. Di cui segnaliamo anche la minuta del 29/5 con timbro: “copiata 29 mag. 1942 XX”.

70 Ibid. “Riservata. Ministero dell’Educazione Nazionale. Direzione generale dell’ordine superiore classico, al Ministero dell’Interno. Direzione Generale della Pubblica Sicurezza, Prot. N° 2389” tra i nomi

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contemporaneamente, la sua protesta e il sostegno di alcune personalità influenti. All’inizio di luglio de Martino, particolarmente preoccupato, decideva di scrivere al

Ministro dell’Educazione Nazionale: “In seguito alla “diffida” mi risulta che si vuol prendere nei miei riguardi il provvedimento di trasferirmi da Bari. [...] tutto il lavoro paziente per organizzare [...] le mie ricerche scientifiche andrebbe distrutto”71; e ancora il 24 luglio, rivolgendosi al Capo della Polizia: “Mi permetto inoltre di ricordare a V.E. che la diffida che mi è stata inflitta avrà con molta probabilità conseguenze dal punto di vista professionale e politico: infatti io sarò quasi certamente trasferito dalla Sede nella quale mi trovo, e anzi c’è anche la minaccia, comunicatami verbalmente dal Federale della mia città, di espulsione dal Partito, il che avrebbe come conseguenza la perdita del posto”72. La Divisione AGR. Sez. I del Ministero dell’Interno trasmetteva “l’esposto” alla questura di Bari con una raccomandata73. Legata a questa nota troviamo un Pro-memoria del Segretario del consiglio Nazionale Acerbo Prof. G. Schepis, il quale dichiarava a favore: “Durante i continui rapporti avuti con il predetto studioso[nell’ambito della Società Italiana di Metapsichica], ne ho potuto constatare le ottime qualità come cittadino e come fascista”74.

Il 22 luglio intervenne il senatore Croce, con una lettera al Capo della Polizia Senise, a proposito di quel “discreto numero di persone [...] che mi rendevano visita e conversavano con me” presso “Laterza, nella cui villa soglio essere ospite” e che “sono stati per ciò diffidati”; e pregava: “poiché il provvedimento preso può danneggiare quegli studiosi e certamente li turba, […] di vedere se non sia il caso di frenare l’eccessivo zelo degli agenti della Questura di Bari e disporre che si tolgano le diffide che sono state intimate”75.

Il 29 luglio, il Ministero dell’Educazione Nazionale, “con riferimento alla nota di questo Ministero n. 2389 del 24 giugno u.s.”, chiedeva nuovamente alla Direzione Generale della Pubblica Sicurezza “quali provvedimenti definitivi siano stati adottati [...] a carico dei professori [...] indicati nella lettera sopra citata”. Questa volta però la nota porta l’annotazione, a penna, “v. appunto del Duce”76. Il primo agosto, la prefettura di Bari annotava per la Direzione Generale della P.S. Divisione A.G.R. Sezione I^ che “i Professori indicati in oggetto [...] furono diffidati in data 20 maggio u.s. dal locale Organismo dell’Ovra”. Il documento porta anch’esso l’annotazione a mano: “In attesa ritorno dell’appunto al Duce sul mantenimento o meno della diffida” (nonché, con un’altra grafia: “v. 018447”)77; e ancora “v. appunto al Duce v. 018447” è aggiunto a mano in un foglio timbrato

elencati “De Martino prof. Ernesto”.

71 ACS, MPI, Prof. ordinari, cit. Lettera a “S.E. il Ministro dell’Educazione Nazionale”; firmata “Ernesto de Martino. Bari, I I luglio 1942 XX”.

72 ACS, PS, 1943, cit. Lettera “All’Eccelenza il CAPO DELLA POLIZIA”; firmata: “Ernesto de Martino Bari, 24 luglio 1942. XX”.

73 Ibid. Minuta del “Ministero dell’Interno, Divisione A.G.R. Sez. I, Prot. 441/016827”; del “29.7.42 XX. oggetto: Prof. Ernesto De Martino di Ernesto”; timbrata: “Copiato 1[?] Ago1942 XX”.

74 Ibid. “Pro-memoria. Camera dei Fasci e delle Corporazioni”; timbrato: “Il Segretario del cons. Naz. Acerbo (Prof. G. Schepis) [firma illeggibile]”; datato a penna: “26/7 1942 XX”. Porta l’annotazione a mano: “N. 016827 -K.5 - 29.7.942”, ovvero il numero di protocollo e la data della suddetta minuta del Ministero dell’Interno del 29-7-42 (cit. nota precedente).

75 Ibid. Lettera “All’Eccellenza Senise, Capo della Polizia.Roma. Napoli, 22 luglio 1942”; firmato: “senatore Benedetto Croce”. Lettera pubblicata in: Spriano P., Storia del Partito comunista italiano.IV La fine del fascismo. Dalla riscossa operaia alla lotta armata, Torino 1973, pp. 80-81. La si veda riprodotta anche in AAVV, Filosofi Università Regime, cit., p. 458.

76 Ibid. Nota del “Ministero dell’Educazione Nazionale. Al Ministero dell’Interno. Direzione Generale della Pubblica Sicurezza, Prot. 17714. 29-7-1942 AXX”; timbrata: “Ministero dell’Interno. Segreteria Ecc. Capo della Polizia 1 Ago.42-XX”, nonché: “Riprodotto 12 sett.1942 AnnoXX”.

77 Ibid. Riservata della “R. Prefettura di Bari, Divisione I^P.S., Prot. 013265, Bari I° Agosto 1942

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“Ministero dell’Interno Segreteria Ecc. Capo della Polizia. 10Ago42-XX” dove si scriveva: “Ernesto de Martino [...] è stato recentemente diffidato dalla questura a non condurre attività contraria al regime [...]. Chiede che la sua pratica sia riesaminata”78. Lo stesso giorno, la Segreteria del Capo della Polizia prendeva atto del parere negativo dell’Ovra la quale ribadiva il suo coinvolgimento79. Ciò nonostante, nell’“Appunto per il Duce” del 21 Agosto (benché la minuta sia datata 14.8.42 e porti il timbro “Copiata 19 Ago 1942”80), recante la suddetta indicazione a penna “018447”, a suo riguardo scriveva: “Il Senatore Benedetto Croce, col quale i diffidati sono stati in relazione per ragione di studi, si è fatto eco delle loro proteste con l’esposto di cui si unisce copia [si tratta della lettera di Croce del 22 luglio]. Si può convertire la diffida in avvertimento?”81.

E’ così che la Divisione A.G.R Sez. I del Ministero dell’Interno, in una nota scritta il 25.8.42, informava la prefettura di Bari (e le altre coinvolte): “Per clemente disposizione del Duce, pregasi di revocare il provvedimento della diffida, sostituendolo con un semplice avvertimento nei confronti dei fratelli La Terza, Proff. Lizzi [probabilmente Domenico Loizzi], D’Oria, Perna Raffaele, Cocilovo, De Martino”82. Lo stesso giorno questo stesso Ministero indirizzava una lettera a Croce: “Mi è infine gradito di comunicarvi che per clemente [due cancellature] disposizione impartita dal Duce, dopo avere preso visione delle [“proteste”: cancellato e sostituito con] istanze degli interessati [“e della vostra lettera”: cancellato] autorevolmente appoggiate dalla vostra lettera, a [“tutte le persone”: cancellato] tutti i diffidati è stata revocata la diffida e sostituita con un semplice avvertimento verbale”83. Allo stesso modo, il 28 agosto, la Direzione Generale della P.S. scriveva al Ministero dell’Educazione Nazionale: “per clemente disposizione del Duce, in accoglimento delle istanze degli interessati, la diffida è stata ad essi revocata a tutt[documento deteriorato] effetti e sostituita con un semplice avvertimento ver[documento deteriorato]”84.

AXX. Al Ministero dell’Interno Direzione Generale della P.S. Divisione A.G.R. Sezione I^”; timbrata: “8 ago-42. Ministero dell’Interno. Segreteria Ecc. Capo della Polizia”. La nota rispondeva ad un’altra nota del 22.7.942 Prot. 441/015425 (di cui citiamo la minuta scritta il 19.7.42 XX ) dove de Martino compare in un elenco di nomi relativamente ai quali il Ministero dell’Interno chiedeva “se e nell’affermativa in quale data siano stati diffidati [...] aderenti o simpatizzanti all’attività antifascista del noto Prof. Tommaso Fiore” (Ibid.).

78 Ibid. Si tratta di un appunto in carta semplice. Per una più facile identificazione del documento si riporta la prima riga: “Ernesto de Martino di Ernesto, nato a Napoli il I° dicembre 1908 profes=”.

79 Ibid. “Ministero dell’Interno Direzione della P.S. Ovra III zona”; a “Il Capo della Polizia. Divisione Affari Generali e Riservati, N. 953 di prot. Bari 8 agosto 1942”. La Segreteria del Capo della Polizia prese visione di questa nota il 10 agosto come si evince dal timbro: “Ministero dell’Interno. Segreteria Ecc. Capo della Polizia 10 Ago42-XX”: Si legge: “Nell’interrogatorio il De Martino, per quanto reticente, ha ammesso di avere udito in casa del Prof. Fiore discorsi antifascisti con chiari accenni ai principi programmatici del movimento liberal-socialista. Questa circostanza smentisce l’affermazione dello stesso De Martino che i suoi rapporti col collega fossero di esclusivo carattere culturale”.

80 Ibid. Minuta del “Ministero dell’Interno Prot. 441/017673. Oggetto: Appunto per il Duce”. 81 Ibid. “Appunto per il Duce. Ministero dell’Interno Direzione Generale della Pubblica Sicurezza.

Divisione Affari Generali e Riservati. N° 441/017673. Roma, lì 21 Agosto 1942-XX”. 82 Ibid. Minuta del “Ministero dell’Interno, Divisione A.G.R. Sez. I, Prot. N° 441/018447”; con timbro:

“copiato 28 ago1942 XX”. 83 Ibid. Minuta del “Ministero dell’Interno. Roma, 25.8.42 XX. Al Prof. Benedetto Croce”; con timbro:

“Copiato 28 ago1942 XX”. Si vedano altre due versioni di questa lettera pubblicate in AAVV, Filosofi, Università Regime, cit., pp. 459-460.

84 Ibid. “Ministero dell’Interno. Direzione Generale della P.S. Divisione A.G.R. Sez. I., Prot. N° 441/018447. Risp. n. 2389 del 24.6.42-XX. Al Ministero Educazione Nazionale. Roma 28 agosto 1942 A XX”; con timbro: “Copiata 28 ago 1942 XX”. Di questo documento troviamo anche la minuta del 26.8.42 XX che permette di ricostruire le parole mancanti nella suddetta copia:“tutti”, “verbale”.

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Tuttavia, con il Bollettino del 20 agosto il Ministero dell’Educazione Nazionale aveva già reso noto il trasferimento di de Martino “da Bari a Lucca, per servizio”, con effetto dal 1° ottobre 1942-XX85; aumentandogli lo stipendio con il foglio d’ordine del 25 agosto 1942 (registrato alla Corte dei conti, il 23 settembre, con decorrenza dal 1-10-42)86. Egli, allora, scriverà ancora al Ministro dell’Educazione Nazionale, il 10 settembre: “Il sottoscritto [...] in data 20 Maggio 1942 XX è stato diffidato a non condurre attività contraria al regime [...]. In conseguenza di ciò [...] è stato dal Ministero dell’Educazione Nazionale trasferito da Bari a Lucca, con decorrenza dal I° ott. p. v./ Frattanto, in data 6 sett. 1942 XX, la polizia ha comunicato al sottoscritto l a r e v o c a della diffida [...]. Pertanto il sottoscritto si permette di chiedere all’E.V. la revoca del trasferimento, essendo venuta a mancare la causa prima che lo ha motivato, e cioè la diffida”. De Martino sentiva il suo lavoro scientifico in pericolo: “[...] il danno sarebbe gravissimo anche per i suoi studi, nonessendo Lucca un centro universitario, e data la natura del suo lavoro, che solo con molta fatica, e dopo anni di sforzi, era riuscito a organizzare in qualche modo a Bari”87.

Il mese successivo, Einaudi (con una lettera del 30 ottobre) chiede notizie della “Metapsichica”88. Comprensibilmente le varie preoccupazioni e il trasferimento avevano turbato de Martino, rallentandolo nello studio. Comunque, egli risponderà il 5 novembre: “il mio lavoro è abbastanza avanti e conto di consegnarvelo, secondo i precedenti accordi, nei primi mesi del ’43”, precisando che “probabilmente” avrebbe portato “il titolo Prolegomeni a una storia del magismo”89. Di fatto nel ’42, proprio nell’anno delle indagini sul movimento liberalsocialista, i lavori erano proseguiti di gran lena. Nella relazione sull’attività di insegnante, relativa all’anno scolastico 1941-1942, il 14 aprile del ’42 il preside del Liceo scientifico dove insegnava de Martino, annotava in merito alla sue “Consuetudine di studi”: “studia etnografia, metapsichica e magismo” 90. In quel periodo, molte future parti de Il mondo magico vennero pubblicate sotto forma di articolo. Nelle sue due recensioni a I primitivi di Remo Cantoni, si trova già delineata la tesi de Il mondo magico, ovvero l’idea che “il magismo non è una categoria dello spirito [...] ma una formazione storica definita”91, insistendo sul “carattere non categoriale, ma storico, dei concetti di magico, numinoso, pensiero partecipazionista, mentalità primitiva e simili”92. Sempre nel ’42, in un articolo di Risposta al prof. Ernesto de Martino, a sua volta Cantoni segnalava il caso etnografico delle zucche del missionario Grubb93 del quale l’interlocutore si occuperà nella sua opera94 ricordando a tal proposito, in appendice all’edizione del ’48, l’intervento di Cantoni95.

85 Ministero dell’Educazione Nazionale, “Bollettino ufficiale. Parte II Atti di amministrazione”, Anno

69° - Vol. II- Roma, giovedì 20 agosto 1942-XX, N° 34. Nella Rubrica: “Trasferimenti e passaggi”, p. 2403. 86 Ibid., Anno 69° - Vol. II. Roma, giovedì 29 ott. 1942 XXI, N° 44, pp. 3542-3543. 87 ACS, MPI, Prof. ordinari, cit. Lettera “All’Ecc. il Ministro dell’Educazione Nazionale”; firmata:

“Ernesto de Martino Roma” e datata: “10 sett. 1942. XX”. 88 Pavese C.-De Martino E, op. cit., p. 52. 89 Ibid., p. 53. 90 ACS, MPI, Prof. ordinari, cit. “Professori di ruolo dei Regi istituti dell’Ordine Superiore Classico.

Anno scolastico 1941-1942 -XX. R. Liceo scientifico di Bari”. 91 De Martino E., R. Cantoni, “I primitivi”, in “Studi e materiali di storia delle religioni”, vol. XVIII

(1942), fasc. 1-4, ma stampato nel ‘43, p. 104. Nella rubrica: “Rivista bibliografica”. 92 De Martino E., Remo Cantoni, “I primitivi”, in “Studi filosofici”, A. III (1942), n° 4 (ott. dic.),

p.355. Nella rubrica: “Recensioni”. 93 Cantoni R., Risposta al prof. Ernesto de Martino, in “Studi filosofici”, A. III (1942), n° 4 (ott. dic.).,

pp. 356-357. Nella parte: “Discussioni”. 94 De Martino E., Il mondo magico, op. cit., p. 163 e sgg. 95 Ibid., p. 262. Appendice. Risposta all’amico Cantoni, dove si rinvia ad una più estesa trattazione del

problema all’interno dell’opera.

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Tortuosamente, il contributo di de Martino alla Società Italiana di Metapsichica; il saggio sul magismo Lineamenti di etnometapsichica96, intanto perveniva a un insolito lettore, il cui nome ci orienta verso ambiti che non avremmo pensato di considerare, trattandosi di Benito Mussolini. A lui venne sottoposto l’articolo nel 1942, non isolato ma all’interno di un volume collettivo curato da quella Società. Invano il presidente della SIM, Ferdinando Cazzamalli, in data 22 ottobre, aveva provato “ad ottenere una brevissima udienza […] per presentarGli in omaggio la prima copia” 97. Se l’accoglimento della richiesta rimase impedita da alcune imprecisate “occupazioni” del Capo del Governo, tuttavia la “Segreteria Particolare” suggerì il 20 novembre che la pubblicazione gli fosse inviata, impegnandosi a farsene tramite e assicurando che “l’atto di omaggio” sarebbe stato “ugualmente apprezzato”98. Sempre a nome di Nicolò De Cesare, il 12 dicembre, essa comunicava a Cazzamalli tramite telegramma: “pubblicazione problemi di metapsichica pervenuta et sottoposta”99. Parole di circostanza per una vicenda, direi, stravagante, registrata in uno dei carteggi ordinari della Segreteria del Duce. Ma tant’è. Parte sostanziale del futuro Mondo magico arrivava sul tavolo di Mussolini; e la Società Italiana di Metapsichica ne era il veicolo e l’involucro nel quale de Martino si trovava adeguato, nei gesti, al galateo di Regime.

Le implicazioni tanto deviano quanto complicano il significato delle iniziative intraprese e dei rapporti che, in quegli anni, de Martino curava; fino a rendere la contingenza da cui scaturivano i suoi scritti sulla magia e la complessità delle situazioni, se non le contraddizioni.

Alla fine dell’anno (il 30 novembre del ’42) il Ministero dell’Educazione Nazionale informava il provveditore agli studi di Lucca: “Vogliate comunicare [...] che il Ministero non può, almeno per il corrente anno scolastico, restituirlo alla sede di provenienza”100. Nel frattempo de Martino chiederà dei congedi “per motivi di salute” -il primo dal 19 ottobre al 19 novembre, poi dal 19 novembre al 18 dicembre101 e infine di “essere collocato in aspettativa per ragioni di salute, a decorrere dal 3 febbraio 1943 XXI, per sei mesi”102. Verranno tutti accolti, come risulta da vari documenti ministeriali103 e dal “Bollettino ufficiale”104. Il 20 aprile

96 De Martino E., Lineamenti di etnometapsichica, in “Problemi di metapsichica”, 1942. 97 ACS, Segretaria particolare del Duce, Carteggio ordinario 1922-1943, fasc. 530754 “Roma. Società

Italiana di Metapsichica”, lettera, 22 ottobre 1942, indirizzata al Segretario Nicolò De Cesare, su carta intestata della Società.

98 Ivi, lettera 20 novembre 1942, indirizzata a F. Cazzamalli e firmata N. De Cesare. 99 Ivi., telegramma sped. 12 dicembre 1942, firmato dal Segretario particolare del Duce De Cesare. 100 ACS, MPI, Prof. ordinari, cit. “Ministero dell’Educazione Nazionale, Divisione IV. Prot. N° 21553.

Al R. Provveditore agli Studi Lucca”; timbrato: “Firmato Calamaro”; nonché: “Scaricato”. E’ da notare che, nel documento, venne sbarrata a penna la frase: “in seguito a revoca della diffida subita per ragioni politiche dalla Commissione provinciale di Polizia di Bari”.

101 Ibid. Lettera di de Martino al “Ministero dell’Educazione Nazionale. Lucca, 18 novembre 1942 XXI” firmato: “Ernesto de Martino”, con il “parere favorevole” del preside del Liceo di Lucca.

102 Ibid. Lettera di de Martino al “Ministero dell’Educazione Nazionale. Lucca 3 febbraio 1943 XXI”; firmata: “Ernesto de Martino”, con il “Nulla osta” del preside del Liceo di Lucca.

103 Ibid. Minuta de “Il Ministro Segretario di Stato per l’Educazione Nazionale”; timbrato: “Il Ministro. Firmato DEL GIUDICE”, nonché: “Minuta”; datato: “20 dic. 1942 Anno XXI”. “Ministero dell’Educazione Nazionale. Divisione IV. Prot. N° 24881. Roma 26 dic. 1942 Anno XXI. Al R. Provveditore degli studi Lucca. Oggetto: Congedo”; con timbro: “Minuta. Scaricato”. “R. Provveditore agli studi-Lucca. 9 marzo 1943 XXI”; con altri timbri: “18 feb. 1943 XXI”, “F.to Piazza”. Interessante è anche la relazione “Professori dei Regi Istituti dell’Ordine Superiore Classico. Anno scolastico 1942-1943”, nella quale il preside del Liceo di Lucca, presso il quale de Martino era stato trasferito, segnala “otto mesi di assenza” e che “il professore ha insegnato per un mese soltanto”.

104 Ministero dell’Educazione Nazionale, “Bollettino Ufficiale. Parte II Atti di amministrazione”, Anno

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del 1943 egli scriverà ancora al Ministero, ribadendo che: “il provvedimento di “diffida” fu in un secondo tempo revocato a tutti gli effetti, e così pure quello del ritiro della tessera del Partito”. De Martino chiede “quindi di essere trasferito a R o m a, o, se ciò non è possibile, di essere restituito alla sua antica sede di Bari”. Emerge il lavoro de Il mondo magico:

Il sottoscritto, prof. Ernesto de Martino [...] attualmente ha in preparazione una introduzione alla storia del magismo che vedrà la luce fra breve presso la casa editrice Einaudi. Il sottoscritto ha ragione di credere che codesto Ministero vorrà certamente favorire questa operosità scientifica di un suo funzionario105.

Il primo agosto del ’43, da Cotignola, de Martino scriverà a Croce (“In questa timida

alba di libertà”) per chiedergli di aiutarlo ad avere un trasferimento da Lucca a Roma106. Successivamente, con un decreto del 6 sett. 1943 del Ministro Segretario di Stato per l’Educazione Nazionale, egli finalmente otteneva “per domanda” il trasferimento, presso il Liceo-Ginnasio “Virgilio”, con effetto dal “1° ottobre 1943”107. Intanto nel ’43 la “Rivista di antropologia” pubblicava (nel volume 1942/43) una parte del futuro secondo capitolo de Il mondo magico108; e “Studi e materiali di storia delle religioni”, la prima parte del suddetto Percezione extrasensoriale e magismo etnologico109.

In una lettera si apprende del viaggio per raggiungere la nuova sede alla fine di ottobre 1943. De Martino scriveva al preside del Liceo “Virgilio”: “ a Firenze mi fu detto che le comunicazioni per Roma erano temporaneamente interrotte. [...] decisi di tornare a Cotignola (Ravenna), dove si trova la mia famiglia sfollata da Bari. Feci quindi presente la mia condizione al Provveditore di Ravenna” il quale “ha chiesto, in data 4 novembre, istruzioni al Ministro dell’Educazione Nazionale, residente a Padova, prospettando la possibilità di assumermi temporaneamente in forza al Provveditorato di Ravenna, e cioè fin quando perdureranno le attuali condizioni”110. Egli fu allora assegnato al liceo “Torricelli” di

70° - Vol. I- Roma, giovedì 20 maggio 1943-XXI, n° 20, p. 1448: “Dal 19 novembre al 12 dicembre 1942 XXI gli è concesso un congedo straordinario (D.M. 20 dicembre 1942-XXI)”; Ibid., Roma, giovedì 24 giugno 1943-XXI, n°25, p. 1898, dove si indica per l’“aspettativa per infermità” dal 3 febbraio al 2 agosto 1943-XXI, il “D.M. 10 marzo 1943-XXI”.

105 ACS, MPI, Prof. ordinari, cit. Timbrata: “Direzione generale ordine super.classico 010708-19 mag.1943”; con il “favorevole parere” del preside di Lucca del 28 aprile.

106 Lettera parzialmente pubblicata in: Imbruglia G., art. cit., p. 98 nota 8. 107 ACS, MPI, Prof. ordinari, cit. Decreto de “Il Ministro Segretario di Stato per l’Educazione

Nazionale”; timbrato: “6 set. 1943”; firmato: “Il Ministro [firma illeggibile]”. Si veda anche il “Bollettino Ufficiale. Parte II Atti di amministrazione”, del Ministero dell’Educazione Nazionale, Anno 70° - Vol. II- Roma, 26 agosto 1943, n° 34, p. 2373: “Con effetto dal 1° ottobre 1943” viene disposto il seguente movimento di presidi e professori: “De Martino Ernesto, da Lucca (Liceo scientifico) a Roma “Virgilio””. Facciamo notare che, contemporaneamente, anche Fabrizio Canfora (il cui caso venne esposto da de Martino a Croce, unitamente al suo -nella suddetta lettera dell’1 agosto-) ottenne il trasferimento da Locri a Roma all’“Augusto” (Ibid., p. 2372).

Sempre a proposito del trasferimento di de Martino a Roma: “Bollettino ufficiale. Parte II Atti di amministrazione” dell’ormai Ministero della Pubblica Istruzione, Anno 73°, Roma 16 febbraio 1946, n° 4, p. 386 dove si cita, a questo proprosito, il suddetto “D.M. 6 settembre 1943”).

108 De Martino E., Di alcune condizioni delle sedute metapsichiche alla luce del magismo sciamanistico, in “Rivista di antropologia”, vol. XXXIV (1942-1943).

109 De Martino E., Percezione extrasensoriale e magismo etnologico, in “Studi e materiali di storia delle religioni”, vol. XVIII (1942), stampato nel ‘43.

110Lettera del 4 novembre 1943, scritta da Cotignola in: Archivio della Segreteria del Liceo-Ginnasio “Virgilio”, Fasc. pers., “prof. De Martino Ernesto”. Su questa vicenda il fascicolo raccoglie anche lo scambio di lettere, dal ‘43 al‘44, tra de Martino, Arturo Bandini (preside del Liceo) ed il provveditorato di Roma e di

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Faenza dove, il “5.V.44” il preside lo descriverà, nella relazione di fine anno, come “appassionato ai problemi di storia delle religioni”111.

Si apre così il periodo di Cotignola, dopo la breve transizione di Lucca e prima dell’effettivo trasferimento a Roma nel dopoguerra. Così de Martino ricorda questo periodo in una missiva al Ministero dell’Educazione Nazionale del 15 maggio ’45, di particolare valore autobiografico:

Dal 1936 al 1942 il sottoscritto fu titolare del R. Liceo Scientifico “Scacchi” di Bari. Nell’anno

1942 fu trasferito a Lucca per aver partecipato al movimento clandestino liberalsocialista. Dopo aver chiesto l’aspettativa, si ritirò con la famiglia a Cotignola, provincia di Ravenna, dove continuò la sua attività antifascista. Dopo il 25 Luglio fu trasferito, durante il ministero Severi, a Roma, al Liceo classico “Virgilio”. Tuttavia per le sopravvenute complicazioni politiche e militari non potè mai raggiungere la sua nuova sede, e fu temporaneamente assegnato al Provveditorato di Ravenna, a disposizione del quale è rimasto tutt’oggi. Liberata Cotignola, e ricongiuntosi con la famiglia dalla quale aveva dovuto separarsi perchè ricercato dalle S.S., il sottoscritto desidera ora raggiungere la sua sede di Roma112.

Il turbolento percorso chiarisce in parte l’entità della “rovina” da cui i materiali

connessi alla stesura de Il mondo magico sono stati salvati; e il “disordine” di quelle carte preparatorie poi stipate per mano di de Martino all’interno di una valigia rinvenuta anni dopo, quando alla loro ricognizione contribuiva Clara Gallini con un lavoro archivistico tutt’ora in corso113.

Una lettera dell’8 agosto 1946 accompagna la copia ultimata del lavoro e ne data l’avvenuto invio da Roma. E’ di Bari, tuttavia, il recapito che de Martino ha premura di indicare al suo referente presso l’Einaudi (Cesare Pavese), per il periodo “dal 15 agosto al 30 settembre”, precedente a un annunciato ritorno nella capitale114. In effetti proprio in Puglia egli risulterà in quel momento essersi recato; intento a costituire un gruppo di frazione presso la Federazione socialista provinciale, assieme alla moglie Anna, a Raniero Panzieri, Pasquale Inigo De Maria, Mario Potenza e altri. Si apre uno iato alle spalle del nostro discorso ma, a questo punto, quello che noi riproduciamo è lo stesso salto che de Martino compiva in quei giorni estivi.

Malgrado i tempi protratti della pubblicazione, Il mondo magico terminava sostanzialmente qui, a ridosso di iniziative politiche compiute “mobilitando e preparando la base operaia”. Le carte del Fondo Lucio Luzzatto, segretario del partito socialista, ne conservano intense tracce nella corrispondenza con Panzieri. Il 4 settembre 1946, egli accluse a una lettera di de Martino, una dettagliata raccolta dei verbali dei convegni di frazione svolti insieme, dal 22 al 31 agosto che, a suo avviso, traducevano “in concreta azione alcune tesi “meridionalistiche” a” loro “care”; a contatto con i ferrovieri, con i segretari dei Nas della Birra Peroni, con la manifattura Tabacchi. In termini simili, de Martino ne aveva parlato direttamente con Luzzatto il 26 agosto, scrivendogli dalla redazione di “Socialismo”, la rivista

Ravenna.

111 ACS, MPI, Prof. ordinari, cit. “Personale di ruolo delle Scuole governative. Anno scolastico 1943-1944. Liceo Torricelli di Faenza”.

112 Ibid. Un analogo documento di valore autobiografico in: Fondazione Istituto Gramsci, Archivi, Fondo Lucio Luzzatto [d’ora in poi “Fondo Luzzatto”], voce 5, fasc. 1 “PSIUP”, Alla direzione del partito socialista di UP, 6 settembre 1946, c. 9. Relazione firmata “I delegati di maggioranza della sezione di Bari al VI Congresso prov. Socialista”, firmata anche da de Martino dove, di lui, si dice: “E’ legato alla formazione dei primi gruppi liberal-socialisti in Terra di Bari, nel 1938, perseguitato dall’OVRA, ben noto negli ambienti del partito d’Azione da cui proviene, e in Romagna dove svolse attiva opera clandestina e dove sfuggì miracolosamente al plotone di esecuzione delle S.S.”.

113 Gallini C., Dove tra l’altro si narra di un milite ignoto che divenne ’anima pezzentella. Note sull’Archivio de Martino, in “Belfagor”, 2002, fasc. V (30 settembre), pp. 590-591.

114 De Martino E. - Pavese C., La collana viola, cit., p. 85.

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di politica e di cultura dove operava115. La chiusa de Il Mondo magico dove al “linguaggio” e alla “prospettiva del

marxismo” de Martino riconduceva “nelle ultime righe” la crisi della presenza in età primitiva116, segna l’ultimo processo metabolico nel suo autore che spediva l’opera compiuta in prossimità del VI congresso provinciale socialista del Partito di unità proletaria, dove partecipò in qualità di delegato di maggioranza della sezione di Bari. Il 6 settembre 1946, firmando un pro-memoria, egli mostra intraprendenza nelle strategie interne alla Federazione117.

Poche parole sull’“a l i e n a z i o n e dei prodotti del lavoro”118; probabilmente una tardiva aggiunta, corrispondente a ciò che, un anno dopo, a de Martino stesso apparve essere stata un’“oscura parentesi “politica””119; “oscura” e, d’altra parte, avvertita nel gruppo di tendenza da lui promosso presso la Federazione barese, in uno stato di abbandono da parte del partito. Un mese dopo aver concluso la scrittura dei Prolegomeni a una storia del magismo, in una lettera assieme a quella di Panzieri indirizzata il 4 settembre dalla Puglia a Luzzatto, de Martino sceglieva l’immagine impressionante dei “coloniali abbandonati dalla madre patria” per raffigurare a parole il disaggio avvertito in seno al Psi120.

L’esperienza socialista di de Martino riprenderà con nuovi slanci, a Roma e, inizialmente, non riguarderà l’aspetto meridionalista; bensì quello praticamente sconosciuto, inerente ad una politica culturale di partito nel quale egli si inseriva come intellettuale laico.

115 Fondo Lucio Luzzatto, Fondazione Istituto Gramsci, Archivi, [d’ora in poi “Fondo Luzzatto”], voce

6, fasc. 7 “Bollettini PSI”. 116 Cases Introduzione a de Martino Il mondo magico, Torino 1997 (1° ed. 1948), p. xxx. 117 Fondo Luzzatto, voce 5, fasc. 1 “PSIUP”, dattiloscritto, Alla direzione del Partito socialista di u.p.. 118 De Martino E., Il mondo magico, cit., , p.258. 119 De Martino E. – Pavese C., La collana viola, cit., p. 98. 120 Fondo Luzzatto, voce 6, fasc. 7 “Bollettini PSI”.

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Ernesto de Martino e la commissione socialista per lo studio del laicismo: 1949-1950*

* Questo lavoro è frutto di un lavoro incrociato di archivi svolto tra la Fondazione Lelio Basso, l’Associazione internazionale Ernesto de Martino e la Fondazione Pietro Nenni. Un particolare ringraziamento rivolgo a Simona Luciani, autrice della Bibliografia degli scritti di Lelio Basso, Firenze, Olschki, 2003 e Vittoria De Palma per aver consentito e agevolato le mie ricerche.

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Nell’agosto 1949 il Partito socialista italiano invitava «tutti gli organi direttivi» interni

«e tutti i compagni nel quadro […] della fondamentale unità della classe lavoratrice a […] provocare una serie di iniziative intese a rivendicare la superiorità della moderna cultura e del costume laico di fronte all’arretratezza delle posizioni teologiche e confessionali sotto le quali si mascherano gli interessi della classe dominante». Così suonava la mozione del comitato centrale approvata nella riunione di Bologna1 e introdotta da un discorso del Segretario, Pietro Nenni. Il mancato crollo della maggioranza democristiana formatasi l’anno precedente, il 18 aprile, a suo avviso dipendeva dal mantenimento e aggravamento della «divisione interna sui temi dell’anticomunismo, della religione in pericolo». Maggiormente l’argomento faceva breccia nel momento in cui, dopo il clima da “guerra santa” che caratterizzò la campagna elettorale, «a completare l’opera» veniva un decreto emanato il primo luglio dal Sant’Uffizio2. I fedeli che professavano la «dottrina del Comunismo, materialista e anticristiano» incorrevano «“ipso facto” […] nella scomunica» e anzitutto coloro che se ne facevano propagandisti, non potendo più «essere ammessi ai Sacramenti»3.

L’ultimo giorno di settembre, la direzione del partito indiceva «un convegno per lo studio dei problemi inerenti alla lotta contro la invadenza clericale nello Stato e nella scuola e contro l’oscurantismo»4; nondimeno, con una circolare del 19 novembre, avvertiva le federazioni provinciali e le varie sezioni del pericolo di caduta «in errori anche grossolani che» avrebbero trascinato «nell’anticlericalismo di vecchia maniera»5. Lelio Basso, convocato dalla direzione6, definiva la «battaglia per la laicità» che il partito intendeva in quel modo impostare «non […] sul terreno religioso»; giacché mai il movimento operaio aveva «richiesto ai suoi militanti l’adesione a determinati credi filosofici e tanto meno professioni di fede atea». Urgeva invece attivarsi «contro l’avvilimento della religione a strumento di bassa politica», distinguendo il movimento socialista dalle finalità e dai metodi di lotta del vecchio

1 Trascrizione della mozione nell’articolo L’alternativa alla guerra è il socialismo, in «Avanti!», 3

agosto 1949, p. 1. Riunione del comitato centrale del Psi svolta tra il 31 luglio e il 2 agosto. 2 Il discorso di Nenni, in «Avanti!», 2 agosto 1949, p. 4. 3 S. S. Congregatio S. Officii, Decretum. Responsa ad dubia de communismo – 1 Iulii 1949, in «Acta

Apostolicae Sedis», A. XXXXI (1949), n. 8 (2 luglio), p. 334; e la traduzione italiana in «La civiltà cattolica», 1949, vol. III, Quaderno 2379 (6 agosto), pp. 316-317.

4 Comunicato della direzione del partito, pubblicato con il titolo Il P.S.I. convoca a Roma un Congresso internazionale socialista, in «Avanti!», 1 ottobre 1949, p.1.

5 FONDAZIONE LELIO E LISLI BASSO ISSOCO, Fondo Lelio Basso [d’ora in poi «Fondo Basso»], serie XV «Attività politica», b. 2, fasc. 11/a («Miscellanea»). Citiamo direttamente da una copia della circolare n. 424, prot. n. 17104/2, Roma 19 novembre 1949, c. 2, firmata dal segretario del partito Nenni e dal responsabile dell’Ufficio stampa e propaganda, Achille Corona e indirizzata ai consigli direttivi delle federazioni provinciali.

6 FONDO BASSO, serie XXV «Corrispondenza», fasc. 5, sottofasc. «settembre», lettera dattiloscritta, 21 settembre 1949, con la quale Lucio Luzzatto, Segretario della direzione, pregava Basso di voler intervenire alla riunione dei giorni 26 e 27, convocata per discutere in primo luogo dell’«organizzazione di un convegno per l’elaborazione della piattaforma del Partito nella lotta contro la clericalizzazione del paese e per la laicità dello Stato e della scuola».

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anticlericalismo borghese che invece assoggettava la Chiesa, facendone uno «strumento nelle proprie mani per la conservazione dei propri privilegi»7.

Il convegno ebbe luogo tra il 26 e il 27 novembre a Roma. Nenni ne curò l’introduzione dove nuovamente spiegava le ragioni del comitato centrale promotore. L’iniziativa sorgeva contro «le Chiese in quanto forze politiche e sociali reazionarie e conservatrici» che mettevano «la religione al servizio della dominazione della borghesia»; allo scopo di «fronteggiare il tentativo clericale di dividere la classe operaia in nome della religione». Era la mattina del giorno 26 quando Nenni, contro la «guerra santa» virtualmente proclamata, richiedeva la separazione dello Stato dalla Chiesa e l’«abolizione nella scuola di qualsiasi forma di insegnamento religioso»8. Seguivano alcuni brevi interventi in fine mattinata e, nel pomeriggio, alle ore 17 prendeva la parola Ernesto de Martino, con una relazione sul tema «Cultura e società».

I contenuti della comunicazione demartiniana erano noti per averli ripetutamente proposti, nel biennio ’48 - ’49, principalmente su l’«Avanti!» e «Quarto Stato», rispettivamente diretti da Sandro Pertini e Basso. Gabriele Pepe, attivo sostenitore dell’iniziativa laica socialista e occupandosi dei «Documenti dell’oscurantismo», segnalò quei contributi perché meritavano «una più ampia discussione per la loro fondamentale importanza nello orientamento ideologico e, quindi, politico del […] partito». Da questi egli ricavava l’individuazione di alcuni «tipi di cultura clericale» quali il cosiddetto «ferrantismo» (concernente padre Ferrante) e «oddonismo»9. Similmente, «Quarto Stato» già aveva rinviato il lettore a una terza pagina dell’organo del Psi dove de Martino commentava un volume di padre Oddone (da qui: «oddonismo») sulla «giustificazione scientifico-filosofica» delle «Visioni ed apparizioni “elettorali” fiorite intorno al 18 aprile», edito in una collezione de «La civiltà cattolica»10.

Tanto più de Martino si trovò schierato, durante un dibattito inaspritosi tra le colonne de «L’Osservatore romano» intitolate «Voci ed echi» e per mano di un anonimo corsivista che in lui indicava l’interprete della «cosiddetta coltura frontista»11. Al Fronte democratico popolare che, in occasione delle elezioni politiche dell’aprile 1948 propose un’unica lista alternativa al partito democristiano, de Martino aveva in effetti e variamente aderito: sin dal 20 febbraio, inserendosi nell’ampio comitato promotore di una «Alleanza per la cultura» a cui in particolare il Psi diede risonanza tramite l’«Avanti!» e l’Ufficio stampa12; e, nel giugno del

7 L. BASSO, Il nostro laicismo, in «Avanti!», 24 novembre 1949, editoriale. Il termine che dà il titolo

all’articolo, privo della valenza negativa che questa parola ha acquisito, è spesso usato in alternativa a “laicità” e pone l’interrogativo se non si cercasse, in questa forma, un contraltare di “clericalismo”.

8 Trascrizione del discorso di Nenni in L’indipendenza dello Stato dalla Chiesa condizione di una politica socialista in Italia, in «Avanti!», 27 novembre 1949, p.1. Cfr. anche, di simile contenuto P. NENNI, Una esigenza internazionale, in «Mondo operaio», A. II, n. 53 (3 dicembre 1949), p. 1.

9 G. PEPE, Ritorna la dottrina del Papa quasi Dio, in «Avanti!», 28 agosto 1949, p. 3. L’“oddonismo” o “ferrantismo” sarebbero forme cattoliche di cultura erudita ma, secondo de Martino, estranee alla civiltà moderna. Ad esempio e a suo avviso, il fenomeno delle apparizioni evidenzierebbe l’ottica di una «psicologia mistica» assunta da Oddone «come se avessero ancora autorità in materia, dopo Charcot e Janet e Leuba e Richet, i balbettamenti preistorici di Tommaso d’Aquino» (E. DE MARTINO, La cultura cattolica, in «Avanti!», 10 febbraio 1949, p. 3).

10 NON FIRMATO, Cattolicesimo elastico, in «Quarto Stato», A. IV, n.s. n. 2 (30 gennaio1949), che, di de Martino, cita «l’articolo […] sull’“Avanti!” del 10 febbraio», ovvero La cultura cattolica.

11 NON FIRMATO, Visioni e barbarie, in «L’Osservatore romano», 12 febbraio 1949, p. 2, nella rubrica «Voci ed echi».

12 Si legge di «Ernesto De Martino, Professore di Etnologia» tra le adesioni plebiscitarie all’appello dell’Alleanza indirizzato a «gli uomini di cultura, le organizzazioni e le associazioni culturali» dal comitato organizzatore al quale egli prendeva parte il 20 febbraio 1948 (Perché nessuno si sottragga alla lotta un appello de “L’Alleanza della cultura” agli intellettuali italiani, in «Avanti!», 21 febbraio 1948, p. 1; UFFICIO STAMPA DEL PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (a cura di), Per i lavoratori intellettuali. Una libertà socialista (1 - Quaderni di orientamenti), s.d. Roma, p. 32). Per una contestualizzazione dell’«Alleanza», in

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’49, confutando le accuse rivolte dal Ministro dell’Interno contro «tutti gli intellettuali che il 18 Aprile» sostennero il Fronte, etichettati con il termine di «culturame», durante un congresso della Democrazia cristiana 13.

Il quotidiano vaticano indicava in de Martino «un aspirante Rosemberg del frontismo italiano» così mirando, il 17 agosto, a «prospettare obbiettivamente il coscienzioso orientamento e la solida orditura culturale comunista»; per discreditarlo in quanto collocava «l’alta coltura al livello degli interessi politici e dei clamori della propaganda». Questa la risposta al suo L’ignoranza non s‘addice ai marxisti14, dopo la quale, a sua volta, de Martino replicava su l’«Avanti!», che l’ignoranza si addiceva «ai clericali, nel senso che appartiene alla loro essenza, al loro pensiero irrigiditosi nella teologia e nel dogma, e per ciò ignorante per definizione». Un linguaggio diretto, usato il 24 agosto contro uomini come Padre Pinard de la Boullaye, a suo dire da ammirare per «la mole dei suoi due volumi sullo studio comparato della storia delle religioni», ma che non avrebbe avuto «della storia, di cui pur discorre per più di un migliaio di pagine, il benché minimo concetto»; o «come Padre Schmidt […] assai abile nel tentativo di accordare i risultati della “scienza” con i dati della rivelazione»15. La polemica continuamente passava dal piano politico a quello culturale, ma si guastava chiudendosi il giorno successivo con un ulteriore scambio di attribuzione di scarsa serietà nella discussione16.

Contro di lui era applicata l’enciclica Divini Redemptoris in merito al materialismo marxista dal quale dipenderebbe «la negazione di Dio e della Redenzione, della morale

riferimento anche al convegno per il laicismo cfr. V. STRINATI, Politica e cultura nel partito socialista italiano 1945-1978, Napoli, Liguori, 1980, pp. 65-86 dove in più punti l’autore individua il ruolo svolto da de Martino.

13 E. DE MARTINO, Allora Croce era con noi, in «Avanti!», 17 giugno 1949, p. 3; di cui varie minute preparatorie sono integralmente pubblicate a cura di P. ANGELINI, Dall’epistolario di Ernesto De Martino, in «Quaderni. Istituto Universitario Orientale. Dipartimento di Scienze Sociali», A. III (1989), n.s. n. 3 / 4, pp. 189-192. A differenza della versione pubblicata, de Martino cita esplicitamente «dal Giornale d’Italia del 10 giugno»(Ivi, pp. 189-190), ovvero di Giuseppe Longo, Intervista con Scelba, p. 1 dove il Ministro negava a quegli intellettuali «il diritto di parlare al popolo italiano in nome della cultura e di fare gli educatori politici dei giovani».

14 NON FIRMATO, Alta e bassa coltura, in «L’Osservatore romano», 16-17 agosto 1949, p. 1: si riferisce all’articolo di de Martino nell’«Avanti!» del 13 agosto, continuazione della prima parte pubblicata il giorno 11 (entrambi ristampati in E. DE MARTINO, Scritti minori su religione marxismo e psicoanalisi, a cura di R. ALTAMURA e P. FERRETTI, Roma, Nuove Edizioni Romane, 1993, pp. 123-126).

15 E. DE MARTINO, Interessa l’Osservatore romano. L’ignoranza non s’addice ai marxisti, in «Avanti!», 24 agosto 1949, p. 3: è da aggiungere alla bibliografia degli scritti di de Martino in R. DI DONATO, I Greci selvaggi. Antropologia storica di Ernesto de Martino, Roma, Manifestolibri, 1999, pp. 211-228 (elaborata sulla base del lavoro di M. Gandini e S. Previtera).

Altro articolo assente dalla suddetta bibliografia: La jettatura di padre Lombardi in «Avanti!», 9 marzo 1950, p. 3, riferito al gesuita notoriamente attivo nel campo della cultura e che de Martino consigliava a Benedetto Croce «di evitare accuratamente». La battuta umoristicamente nasceva da una riflessione sul modo in cui «L’Osservatore romano» raccontò il rifiuto presentato dal filosofo napoletano di ricevere padre Lombardi. Croce avrebbe soggiunto a sua giustificazione «io non ho nulla da imparare». Vi era un curioso accostamento lì dove il giornale vaticano, subito dopo aver menzionato il «detto sacrilego», scriveva: «Ciò avveniva il 13 febbraio, lunedì alla sera. Nella notte Benedetto Croce si sentì male». De Martino lo reputa «non […] del tutto casuale» nell’intenzione di chi aveva redatto la precisazione, immaginando «che si sia voluto insinuare un certo nesso di eventi che la Chiesa chiama “segno di Dio” (e il popolo napoletano jettatura)»; simile a quello riscontrabile nelle «altre pie edificanti istorie di bestemmiatori impenitenti che nel bel mezzo del loro turpiloquio ammattirono, o giacquero folgorati o altrimenti furono puniti dal Signore». Sarcastico era poi il riferimento all’«invincibile malignità di noi laici» di cui avrebbe dato prova il suo giudizio.

16 NON FIRMATO, Nell’“alta coltura”, in «L’Osservatore romano», 25 agosto 1949, p. 2, nella rubrica «Voci ed echi»: «Ma quando egli non si perita di dare, come fa egli implicitamente così, dell’“ignorante per definizione” a Tommaso d’Aquino, a Dante, a Vico, a Manzoni – e per uscir di casa o meglio per restar nel mondo, cui pur appartengono questi grandi – ad Alexis Carrel, cioè al più recente esempio di scienziato divenuto credente esattamente per quel che Ernesto ritiene motivo d’ignoranza, ci sembra che se egli non fosse già un dimissionario della discussione, essendosi opposto a chi vuol parteciparvi, lo sarebbe adesso per ragione di serietà».

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cristiana»; alludendo a «tutte le barbariche mortificazioni e negazioni della persona umana, della libertà dei popoli, della convivenza civile, proprie d’ogni sistema ateo […]. Non per nulla», concludeva il corsivista vaticano, «Pio XI nella “Mit Brennender Sorge” contro il nazismo» aveva «ripetuto» quella stessa condanna «contro il comunismo, che Ernesto De Martino e l’Avanti! prendono senza altro per loro»17. Se l’accusato, il 25 febbraio, si difendeva usando un’altra enciclica18, subito fu rimproverato per via di alcune «citazioni addomesticate secondo la scuola frontista». Dandogli del «manipolatore», «L’Osservatore» riportava il sedicente «passo testuale non “cominformizzato” della Libertas» di Leone XIII19 da dove de Martino ricavava la dibattuta immagine di una Chiesa come «ritorno del medioevo». Questa Chiesa, tutt’al più, tollerava le libertà moderne per alcune condizioni straordinarie dei tempi; ma la libertà di cui si sarebbe valsa - ammesso che quel medioevo tornasse -, prendeva «le mosse dalle apparizioni elettorali del 18 Aprile» e poteva mettere «capo [...] al tribunale dell’inquisizione»20.

Non mancarono, in precedenza, frequenti riflessioni sulla «campagna elettorale e il regime parapretesco, che» aveva coronato «la vittoria democristiana del 18 aprile» in «un’Italia» - de Martino scriveva sull’«Avanti!»- forse trascurata «nel nostro dispositivo di lotta: un’Italia in cui la Chiesa fa muovere, col favore delle circostanze e quando occorra, i volti delle Madonne»21; in «una forma storica di società in cui è sempre possibile, p. es., a un parroco di campagna esortare i contadini a “votare per Cristo”, cioè per i padroni della terra che il contadino lavora»22. Dove «è più in catene la religione» - chiedeva - «in Italia, in cui poco manca che il papa non sia capo del governo, o in Ungheria, in cui la violenza dei preti politicanti non è consentita, e dove ci si ostina a pretendere che i preti spieghino il Vangelo in Chiesa?»23. Egli rileverà la «reale motivazione politica» del già citato decreto di pretesa ispirazione religiosa, quando il Santo Uffizio scomunicava i fedeli iscritti a partiti comunisti o che questi appoggiavano24.

E’ probabile che de Martino arrivi al convegno nel contesto del dibattito appena tracciato, ma anche seguendo il canale delle federazioni provinciali sollecitate dal partito perché inviassero i propri rappresentanti, «avendo cura di scegliere elementi capaci di portare un contributo»25. Il convegno era «aperto ai compagni designati» da queste in vista della nomina dei relatori26; ed egli, appunto, aveva ottenuto la carica di segretario della Federazione di Bari nel 194727. Tra il ’48 e il ’49 de Martino trascorreva un turbolento periodo di malattia

17 NON FIRMATO, Visioni e barbarie, cit., risposta a E. DE MARTINO, La cultura cattolica, cit., dove

cita la Divini Redemptoris per aver considerato i marxisti dei «barbari» che vogliono «riportare i popoli “ad una barbarie peggiore di quella che oscurava il mondo prima che il Redentore apparisse”».

18 E. DE MARTINO, Libertas, 25 febbraio 1949, p. 3, in riferimento all’enciclica di Leone XIII. 19 NON FIRMATO, «Libertas e libertà», in «L’Osservatore romano», 27 febbraio 1949, p. 2, nella

rubrica «Voci ed echi». Risposta all’articolo di de Martino Libertas (cit.) al quale anonimamente il quotidiano vaticano replica dedicandogli anche un secondo trafiletto Visioni e visionari circa la polemica rivolta da de Martino contro il volume Visioni ed apparizioni di padre Oddone, da lui nuovamente intrapresa dopo la precedente risposta de «L’Osservatore», Visioni e barbarie, cit. Il Vaticano, in questo caso, ribadiva le «riserve dell’Autorità ecclesiastica» su quell’opera, «pubblicate prima del 18 aprile» e quindi non legate alla campagna elettorale, come invece sosteneva de Martino.

20 E. DE MARTINO, Libertas, cit. 21 ID., Guerra ideologica, in «Avanti!», 8 agosto 1948, ripubblicato in Scritti minori, cit., p. 113. 22 ID., La civiltà dello spirito, in «Avanti!», 18 agosto 1948; ripubblicato in Scritti minori, cit., p. 116. 23 ID., La scelta concreta, in «Avanti!», 6 luglio 1949, p. 3. 24 ID., L’ignoranza non s’addice ai marxisti, in «Avanti!», 13 agosto 1949, ripubblicato in Scritti

minori, cit., p. 125. 25 Circolare già citata nella nota 5. 26 Comunicato della direzione del partito Il P.S.I. convoca a Roma un Congresso internazionale

socialista, in «Avanti!», 1 ottobre 1949, p.1. 27 Utili per una contestualizzazione, le ripetute testimonianze di P. I. DE MARIA: Il balcanesimo di

Ernesto De Martino fra teoria e pratica nel Mezzogiorno d’Italia, in «Quaderni meridionali», A. VI (1991), n. 16/17, pp. 41-42; ID., Il gruppo di tendenza barese. Conversazione con Cesare Bermani, in «Il de Martino», n.

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con lunghi soggiorni romani, che lascia rare tracce di attività politica28. Due sue lettere spedite dal capoluogo pugliese mostrano, nondimeno, intraprendenza organizzativa. Nella prima, del febbraio 1949, «a nome […] della Federazione del P.S.I. di Terra di Bari» e degli «operai delle ferriere di Giovinazzo» che chiedevano una visita di Nenni in fabbrica, de Martino a lui si rivolgeva pregandolo «vivamente di non lasciar cadere» l’«affettuoso invito». Nell’altra, di dicembre, egli risulta a una «riunione del direttivo della Federazione» e ancora con Nenni tratta soluzioni per il «buon andamento» di questa. Il tono è familiare: gli dà anche qui del “tu”. Per la prima volta, indichiamo i documenti di un rapporto diretto tra i due29.

Già nel 1946, guidando un gruppo di frazione e nell’intenzione di organizzare a Bari la tendenza «Quarto Stato», de Martino risulta in contattato anche con Basso, personaggio chiave della linea culturale socialista condotta nel partito. Il libro-cassa conservato tra le sue carte registra un versamento di 20.000 £. «a De Martino - Bari», nella pagina di settembre30. Per lo stesso mese, nel quaderno adoperato per schedare la vendita spicciola del quindicinale di cultura marxista, vediamo segnate numerose copie della rivista in corrispondenza a «Raniero Panzieri – presso Prof. De Martino»31. In quel gruppo di tendenza, oltre a Panzieri32, egli frequentava Mario Potenza con il quale nel ’47 pubblicò su “Quarto Stato” un’inchiesta sul Mezzogiorno33. Quasi due anni dopo, partendo da Cultura e classe operaia di de Martino, Basso impostava una «discussione sul valore della nuova cultura» nelle pagine della rivista da lui diretta. A questo articolo, la redazione rinviava il lettore, con l’augurio di proseguirne lo studio lì iniziato, «con l’intervento di altri compagni qualificati»34. Lo studio avrà un seguito e anche la collaborazione con Basso, in occasione del convegno per la laicità che realizzava l’idea di un impegno socialista sul piano ideologico.

Del convegno, in prima pagina, l’«Avanti!» trascrisse i vari interventi e tra questi quello di de Martino, che qui riportiamo in ampi stralci:

Rapporti fra cultura e società […] non vanno considerati in astratto ma tenendo conto della

presente situazione del Paese. Attorno al blocco creato dagli Stati Uniti in difesa del proprio imperialismo, si sono verificate da noi le più curiose alleanze: cattolici e protestanti, liberali e clericali, mazziniani e social-democratici. Questa tecnica di controffensiva si ispira all’evidente tentativo di isolare la classe operaia sul piano politico e insieme di isolarla sul piano culturale.

5/6 (1996), pp. 73-74; in M. MERICO, Ernesto de Martino la Puglia, il Salento. Temi d’analisi, testimonianze, documenti, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2000, pp. 55- 61, da leggere all’interno del capitolo L’esperienza politica in Puglia e nel Salento; con i rispettivi e pertinenti riferimenti bibliografici.

28 C. BERMANI, Le date di una vita, in «Il de Martino», n. 5/6 (1996), pp. 17-19; M. MERICO, Ernesto de Martino la Puglia, il Salento, cit., p. 34. De Martino, nel ’50, riappare nelle vesti di ispettore del Psi per la Puglia e commissario straordinario della Federazione provinciale di Lecce.

29 FONDAZIONE NENNI, Archivio (d’ora in poi «Archivio Nenni»), Carteggio, serie 1944-1979, b. 24, fasc. 1298, lettera dattiloscritta, a «Caro Compagno», 5 febbraio 1949; e manoscritta, a «Caro Nenni», 10 dicembre 1949, entrambe timbrate «Federazione prov. socialista di Bari». Nella seconda de Martino parla del «compagno Franco»: probabilmente Pasquale Franco che in Puglia stava «concertando […] un programma per la sinistra, di cui» Nenni sarebbe stato l’«espressione», secondo quanto a quest’ultimo Tommaso Fiore scriveva il 7 marzo 1949 (Ivi, b. 26, fasc. 1360). Le carte Nenni sono consultabili anche presso l’Archivio Centrale dello Stato.

30 FONDO BASSO, serie XII «Attività editoriale», b. 1, fasc. 2 «Amministrazione e contabilità», quaderno Libro cassa – L. B. (titolo in copertina).

31 Ivi, quaderno Quarto Stato. Vendita spicciola (titolo in copertina). L’indirizzo indicato è quello di de Martino a Bari: «Corso Vitt. Emanuele 30». Le vendite a gruppi di 30 copie si svolsero tra il 12 e il 24 settembre 1946.

32 R. PANZIERI, L’alternativa socialista. Scritti scelti 1944-1956, a cura di S. MERLI, Torino, Einaudi, 1982, p. XVI; ID., Lettere 1940-1964, a cura di S. MERLI e L. DOTTI, Venezia, Marsilio, 1987, pp. XI-XV.

33 E. DE MARTINO/M. POTENZA, Inchiesta di «Quarto Stato» sul mezzogiorno. Terra di Bari, in «Quarto Stato», n. 25-26 (30 gennaio-15 febbraio 1947), pp. 32-36.

34 LA REDAZIONE, Lettera alla redazione, in «Quarto Stato», A. IV, n.s. n. 6/7 (30 marzo-15 aprile 1949), p. 48, in riferimento a E. DE MARTINO, Cultura e classe operaia, in «Quarto Stato», A. III, n.s. n. 1 (30 dicembre 1948), pp. 19-22. Nel ’69, questo articolo sui «problemi culturali» sarà menzionato da Basso in Ricordo di Ernesto de Martino (a cura di G. BOSIO, in «Il de Martino», n. 5/6 (1996), p.75).

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Tale isolamento viene tentato sia cercando di guadagnare la classe operaia alle dottrine che già hanno fatto buona prova in difesa dell’ordine borghese, sia attraverso le accuse di fanatismo, di ritorni alle mitologie, e alla barbarie materialistica, ponendo sullo stesso piano il mito razzista e quello che essi chiamano il mito classista, ecc. Certamente […] la cultura borghese lavorò in profondità per conoscere e quindi per vaccinarsi contro il marxismo: da parte nostra si è fatto altrettanto per elaborare risposte criticamente adeguate? No: è per questa ragione che ai tempi [probabilmente: «temi»] polemici dell’anti marxismo è stato concesso di diventare pubblica opinione. Noi dobbiamo essere capaci di muovere accuse precise e di costringere i nostri avversari a rinnovare i loro argomenti. Dunque bisogna impostare il dialogo sul piano della cultura nazionale, rovesciando il fronte di lotta e dimostrando che, parlando di universalità dello spirito e di umanesimo, essi sono i veri materialisti nel senso volgare. Insomma smascherare una cultura che difende in realtà una disumana divisione di interessi. Soltanto se orienteremo così la nostra polemica potremo porci al disopra dei nostri avversari e spezzare quell’isolamento che essi tentano […]. Io credo […] che spetti in particolare al nostro Partito questo sforzo laico nel senso che abbiamo descritto, ma nel farlo occorre una viva sensibilità del nostro ambiente culturale, una meditata esperienza dell’avversario che sta di fronte a noi, occorre far fruttificare la tradizione iniziata da Antonio Gramsci nel carcere di Turi35.

Oltre i contenuti, giova rilevare il contesto politico nel quale de Martino avanzava le

sue proposte, nel punto in cui si inseriva il Presidente del Consiglio dei Ministri, intervenuto tre giorni dopo in Senato. Nel convegno Alcide De Gasperi vedeva «rappresentati i più autorevoli intellettuali socialisti» e di questi prese di mira la risoluzione finale perché impegnava il loro partito «a promuovere nell’ambito culturale lo sviluppo dell’umanesimo marxista forgiando gli strumenti necessari a contrastare il passo all’invadenza clericale…»36. Si apriva un dibattito nazionale sul laicismo, nel quale de Martino è collocato; l’inizio di una «battaglia» nella quale De Gasperi scongiurava di non buttarsi37.

Già in chiusura, la manifestazione socialista parlava di una «battaglia per il laicismo», prospettando un «programma preciso di Partito» e la necessità che fosse perciò «istituita una commissione di studio, che elabori il materiale da discutere in un prossimo Convegno»38. Lungi dal retrocedere, il 7 dicembre, la direzione del Psi esprimeva «il suo vivo compiacimento per lo svolgimento e i risultati» ottenuti e nominava la commissione. Erano chiamati a farne «parte i compagni: Libero Bigiaretti, Mario Bracci, Emilia Cabrini, Fabrizio Canfora, Franco Catalano […], M. S. Giannini, Joyce Lussu, Cesare Musatti, Gabriele Pepe, Giuseppe Petronio, Raffaello Ramat, Tullio Vecchietti» e «Ernesto De Martino». Quasi gli stessi protagonisti del convegno e tutti sotto la guida dell’Ufficio ideologico e culturale diretto da Basso e che, in quello stesso mese, si formava nel partito39.

Intanto l’Ufficio ideologico si attivava su più fronti, richiedendo alle federazioni «i nominativi dei professori iscritti» al partito o «simpatizzanti [...] insegnanti presso l’Università». Molti sarebbero i nomi da riportare ma tra questi, nell’ambito degli studi storico-religiosi, soprattutto indichiamo quello di Raffaele Pettazzoni, segnalato dalla

35 La trascrizione del discorso nell’articolo L’indipendenza dello Stato dalla Chiesa condizione di una

politica socialista in Italia. Il discorso inaugurale di Nenni: l’intolleranza e l’invadenza clericali pongono il problema della revisione del Concordato – Le relazioni di E. De Martino, G. Pepe, T. Vecchietti; M. S. Giannini e L. Bigiaretti, in «Avanti!», 27 novembre 1949, p. 1.

36 SENATO DELLA REPUBBLICA, atti parlamentari – resoconti delle discussioni, 1948-1949, Vol. IX (15 novembre – 22 dicembre 1949), Roma 1949, p. 12319 relativamente alla 316° seduta, martedì 29 novembre 1949.

37 Ivi, p. 12320. 38 La mozione conclusiva del convegno per la laicità. L’imborghesimento della Curia Romana inserisce

la battaglia laica nella lotta di classe, in «Avanti!», 29 novembre 1949, p. 1. 39 Il comunicato Riunione della direzione (7-12-49), in «Bollettino del Partito socialista italiano», 10

marzo 1950 (supplemento al n. 59 dell’«Avanti!»), p. 13; e La campagna per la laicità deve svilupparsi con tutti i mezzi, in «Avanti!», 8 dicembre 1949, p. 1. Nenni annotò di suo pugno l’elenco dei nomi, in una personale verbalizzazione della riunione della direzione («Sessione dicembre») in FONDO NENNI, serie Appunti e studi, b. 124, fasc. 2440, copia microfilmata, manoscritto di cinque cartelle intestate «Camera dei deputati», c. 3.

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Federazione provinciale di Roma a Basso, «dopo aver espletato ricerche», in una lista dei docenti «notoriamente orientati in senso democratico»40.

Pettazzoni “frontista”? Come de Martino, egli sottoscrisse il documento della già citata «Alleanza della cultura»; e, in prossimità delle elezioni del 18 aprile, era intervenuto a un suo congresso, sull’aspetto cristiano (e più ancora: cattolico) dell’«esclusivismo religioso» e sul pericolo di «una guerra di religione»41. Tema ripetutamente commentato e inteso «come forma totalitaria della religione», l’«esclusivismo» gli risultava rafforzato nel momento laico in cui «alla rinunzia dello Stato ad ogni vita religiosa sua propria non corrispose [...] la recessione della Chiesa nel suo proprio àmbito della religione dell’Uomo»42; quando quel totalitarismo oltre che religioso si faceva politico e il Cristianesimo diventava la religione dello Stato43. E’ questa una contrapposizione in linea con il programma culturale socialista; rilevante nel pensiero di Pettazzoni, di cui Enrico Montanari traccia i termini anche sulla scorta di alcuni più espliciti scritti degli anni ’5044. Pettazzoni sostenne che «la presenza […] in Italia di un forte partito di dichiarata ispirazione religiosa e di non meno decisa vocazione governativa» imponesse «anche ai partiti laici una più attenta riconsiderazione del fatto religioso»; e responsabilizzava il Partito socialista, poiché «in nome di una fede religiosa, di una dottrina […] dal di fuori» si invadeva «la politica, la storia e la cultura»45. Trapela la situazione italiana nei punti in cui l’autore indicava sia l’effetto politicamente espletato dalla «scomunica contro i marxisti»46, sia un temuto «secondo 18 aprile» dal quale i cattolici avrebbero dovuto guardarsi, senza «scambiare l’integralismo di un governo monocolore democristiano con l’avvento del Regno»47.

Fu intenzione dell’Ufficio ideologico «chiamare tutti» i «compagni a partecipare all’elaborazione degli indirizzi culturali del Partito». Da qui l’idea di un «censimento delle forze socialiste nel campo della cultura»48, mentre, in occasione dell’apertura della campagna per il tesseramento per il 1950, Nenni chiedeva di «lottare senza tregua» contro la risposta del Presidente del Consiglio alla presa di posizione laica dei socialisti49. Il 10 dicembre 1949, in

40 FONDO BASSO, serie XV «Attività politica», b. 3, fasc. 14 «Ufficio ideologico e culturale»,

sottofasc. «Elenco professori», lettera dattiloscritta, 7 dicembre 1949, firmata da Basso (per conto dell’Ufficio ideologico), indirizzata alla Federazione di Roma, per la quale risponde il vice segretario Giacinto Cardona, il 21 gennaio 1950. Il 4 aprile 1950 Basso gira l’elenco ottenuto alla compagna M. V. Silvestri della Commissione provinciale giovanile di Roma, pregandola di controllarlo, facendogli sapere le «eventuali aggiunte e modifiche». Segnaliamo anche un ampio Elenco professori universitari diviso per località, che talvolta distingue fra «democratici» (tra cui Pettazzoni, a Roma) e «simpatizzanti».

41 M. RAGO, Ampio dibattito al Congresso di Firenze per la difesa e l’avvenire della nostra cultura, in «l’Unità», 3 aprile 1948, pp. 1-2; e dello stesso autore, Il Congresso della Cultura, in «l’Unità», 4 aprile 1948, p. 4 a proposito di una «commissione per le scienze morali, storiche, culturali, religiose».

42 R. PETTAZZONI, Idea di una storia religiosa d’Italia, in «La rassegna d’Italia», A. II (1947), n. 6-8 (giugno-agosto), p. 75; ID., Per la storia religiosa d’Italia, in «Ricerche religiose», vol. XIX (1948), n.1 (marzo), p. 39.

43 Nel rimaneggiare il passo sopracitato e conclusivo (in Italia religiosa, Bari 1952, pp. 23-24), Pettazzoni usa questa formulazione (Ivi, p. 24).

44 E. MONTANARI, Religione dello Stato e religione dell’Uomo nel pensiero di Raffaele Pettazzoni, in Categorie e forme nella Storia delle religioni, Milano, Jaca Book, 2001, pp. 15-32.

45 R. PETTAZZONI, Socialismo e cultura storico-religiosa [1957; pubblicato sotto forma di lettera al direttore di «Mondo operaio»], in Religione e società, a cura di M. GANDINI, Bologna, Ponte Nuovo, 1966, pp. 175-176. Pettazzoni di nuovo scriverà in riferimento all’esclusivismo cattolico o «totalitarismo» e alla sua «insorgenza […] nel piano politico – dove la Chiesa si scontra con lo Stato» (ID., La Chiesa e la vita religiosa in Italia, [1957], in Religione e società, cit., p. 195).

46 Ivi, p. 197. 47 Ivi, p. 199. 48 Citiamo da una copia della circolare dell’Ufficio ideologico e cultuale n. 34, prot. n. 2970/16, 14

febbraio 1950, indirizzata a tutte le federazioni del Psi (FONDO BASSO, serie XV «Attività politica», b. 3, fasc. 14 «Ufficio ideologico e culturale», c. 2).

49 Discorso riportato in Nenni illustra a Torino la situazione interna e internazionale, in «Avanti!», 9 dicembre 1949, p.1.

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presenza del comitato centrale, il Segretario ribadiva i punti fissati dal partito in agosto durante il congresso di Bologna, pronunciatosi a sfavore della «arretratezza delle posizioni teologiche e confessionali»50.

Tanto più la tensione si aggravava quando, una settimana dopo, «La civiltà cattolica» rilevava nel convegno sul laicismo «una dichiarazione di guerra contro la religione della maggioranza degli Italiani», fatta dai «discepoli […] seguaci del verbo di Mosca»51; e dopo che «L’Osservatore romano» si era mosso difendendo De Gasperi dagli «attacchi dell’opposizione»52. «L’Unità» raccolse la sfida in prima pagina, mostrando nel discorso del Presidente del Consiglio introdotta la «voce del Vaticano al Senato», piena di «minacciose offese […] alla libertà di coscienza e di critica»53. A una riunione del comitato centrale, di metà dicembre, tuttavia Togliatti dichiarava che «il laicismo» non poteva essere «l’asse della […] politica» del Pci. Pur condividendo il sentimento di «viva ripugnanza politica e morale per il clericalismo e l’invadenza clericale» e sentendo «l’indegnità di un governo che dovendo giustificare gli assassini dei lavoratori fa appello ai sentimenti religiosi», comunque, le «differenze religiose» non dovevano «creare difficoltà all’unità dei ceti lavoratori e produttori»54.

In questo clima aveva inizio l’attività della «Commissione del Partito Socialista per lo studio dei problemi della laicità dello Stato, della cultura e della scuola». L’annunciava Giuseppe Petronio sull’«Avanti!», il 24 dicembre, confermando il legame con il «recente convegno»; e che, di questo, si cominciavano «ad attuare le deliberazioni». Non sembrò inutile ridistinguere la «politica laica» da quella «antireligiosa» che il marxismo non prevedeva, intendendo invece porre un problema di lotta con le Chiese in quanto forze politiche e sociali55. Petronio si soffermava quindi su «un’affermazione» ritenuta «assai grave» del dibattito in Senato, là dove De Gasperi aveva identificato «la religione cristiano-cattolica con la particolare e contingente politica della Curia romana»56. La commissione assumeva posizioni per le quali alla Camera dei deputati poteva esporsi Nenni, per ribadire che i socialisti non avevano «attaccato la religione come tale», ma l’«esecuzione del Concordato»57.

De Martino sembra attivamente coinvolto, se è giusto pensare che egli si riferisca alla commissione, quando parla di un «impegno politico-culturale» che stava «assolvendo» e che,

50 Discorso riportato in La Direzione ha rispettato il mandato politico presenta oggi un partito più

cosciente e più saldo, in «Avanti!», 11 dicembre 1949, p. 1 e p. 5. 51 NON FIRMATO, Laicità dello Stato e della Scuola, in «La civiltà cattolica», 1949, Vol. IV,

Quaderno 2388 (17 dicembre), p. 634; pp. 638-639. 52 NON FIRMATO, La risposta del Presidente del Consiglio agli attacchi dell’opposizione in Senato, in

«L’Osservatore romano», 1 dicembre 1949, p.1. 53 EDITORIALE, Minacciose offese di De Gasperi alla libertà di coscienza e di critica, in «l’Unità», 30

novembre 1949, p.1. 54 La relazione di Togliatti al Comitato Centrale del PCI, in «l’Unità», 15 dicembre 1949, p. 5. Sulla

distanza politica mantenuta da «Rinascita» nei confronti dei problemi religiosi, si veda il mio Ernesto de Martino e “Nuovi argomenti”. Il ripristino della critica marxista in campo religioso, in «Nuovi argomenti», n. 22, quinta serie (aprile – giugno 2003), pp. 322-323.

55 G. PETRONIO, Responsabilità della lotta per la laicità. E’ la Chiesa che attacca la libertà e il socialismo, in «Avanti!», 24 dicembre 1949, p. 1; ristampato con il titolo Il nostro laicismo, in ID., Cristo non c’entra, Manduria, Lacaita, 1951, p. 29.

56 Ivi, p. 4; (in Cristo non c’entra, cit., p. 31). Il Presidente del Consiglio aveva sostenuto che «quando si attacca la Chiesa cattolica si attacca la religione della Chiesa stessa» (SENATO DELLA REPUBBLICA, atti parlamentari – resoconti delle discussioni, 1948-1949, cit., p. 12319 relativamente alla 316° seduta, 29 novembre 1949).

57 CAMERA DEI DEPUTATI, atti parlamentari, anno 1950, discussioni dal 31 gennaio al 1° marzo, vol. X, Roma 1950, p. 15268, relativamente alla seduta pomeridiana del 9 febbraio. Nenni rispondeva al Presidente del Consiglio, ma l’ennesima sua precisazione riportava alla solita risposta sul «dovere di difendere la pace religiosa in Italia» (Ivi, p. 15268; pp.15413-15414: sulla preoccupazione «che i conflitti religiosi non vengano a complicare la già affaticata nostra vita pubblica […] che non si ricominci una guerra religiosa»).

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in quel periodo, gli impedì di occuparsi della Collezione di studi religiosi, etnologici e psicologici. Tre giorni dopo l’intervento al convengo socialista di fine novembre, il codirettore della collana einaudiana, Cesare Pavese, riceveva una sua lettera alla quale replicava, il 5 dicembre 1949, ma senza ottenere risposta e lasciando da lì in sospeso alcune questioni editoriali, malgrado un successivo sollecito. Il giorno 7, de Martino veniva nominato membro della commissione. Uscendo dal «silenzio» con Pavese solo verso fine gennaio 1950, egli gli preciserà che quell’impegno era «temporaneo»58.

Una lettera non firmata conservata tra le carte di Nenni descrive alcuni momenti del lavoro che la commissione faticosamente portava avanti. Il 21 febbraio 1950 il mittente (forse Mario Bracci)59 discute di un «programma» e di un «elenco» contenente dei «temi», trasmessogli da Basso, al quale si indirizza. Tra questi è indicato «quello dell’art. 7 della Costituzione» (ma anche dell’«azione dei vescovi e del clero» e della «manomorta») per il quale si consiglia di contattare Giannini che (come Bracci) era membro della commissione. Tutto, però, sembra in fieri e ancora si scambiavano opinioni sull’organizzazione della «commissione di studio»; quindi, su «riunioni collegiali» e «relazioni finali»60.

Nel marzo 1950, Basso commenta «l’andamento dei lavori della Commissione del laicismo» che lo aveva «lasciato piuttosto scettico sull’impegno dei compagni in questo tipo di lavoro collegiale». A de Martino si rivolge presso la Federazione del Psi di Bari e per conto dell’Ufficio ideologico, a proposito di una «Commissione di cultura [...]» utile per «affrontare tutti i compiti culturali che sono riservati al Partito» e che avrebbe «prossimamente» chiesto alla direzione di provvedere a creare. Intanto pregava lui e altri compagni «di continuare nel lavoro» considerato in seno a una già esistente «Sottocommisione di cultura», presso la quale de Martino aveva avanzato alcune imprecisate «proposte». Di queste sappiamo che miravano a indicare «un compito culturale più vasto» e che trovarono Basso «pienamente consenziente»61.

Basso tuttavia esita, perché ancora non si rende conto delle possibilità di cui poteva disporre «in questo campo»62. In una relazione sull’attività dell’Ufficio ideologico, egli tirerà le somme ed esprimerà un giudizio rigido e dettagliato, forse non immune dall’insoddisfazione politica che lo portò a ottobre a ritirarsi discretamente dalla direzione del partito. Leggiamone uno dei paragrafi più pertinenti:

«La Commissione per il Laicismo, che era un prodotto del Convegno Laico del Partito, di cui

rappresentava la aspirazione ad una attività culturale specifica, non ha superato le difficoltà obiettive, derivanti dal fatto che i compagni non erano in grado di assicurare, mediante una pur sempre saltuaria presenza a Roma, una attività continuativa. Le poche sedute che essa riuscì a tenere a notevole distanza di tempo l’una dall’altra, non furono mai plenarie, e sovente si ridussero alla presenza di due o tre elementi, sicchè non fu mai possibile un deliberato collegiale. La Commissione stessa si rese

58 E. DE MARTINO/C. PAVESE, La collana viola. Lettere 1945-1950, a cura di P. ANGELINI, Torino,

Bollati Boringhieri, 1991, p. 172 (lettera di de Martino del 20 gennaio 1950); e p. 169 la lettera di Pavese del 5 dicembre 1949 che rispondeva a una del 29 novembre (Ivi, p.167); la lettera di sollecito di Pavese è del 12 gennaio 1950 (Ivi, p. 171).

59 Sulla prima pagina della lettera dattiloscritta (ARCHIVIO NENNI, serie Appunti e studi, b. 124, fasc. 2443, copia microfilmata, 21 febbraio 1950, a «Caro Basso») troviamo segnato a penna «Di chi è?». Dai vari riferimenti alla questione del laicismo nell’ambito di una commissione di studio interna al partito, nonché a Giannini che ne faceva parte, si è portati a pensare che l’autore sia un altro membro di questa. Forse Mario Bracci, perché anche lui scriveva da Siena come l’anonimo mittente. Un confronto si può fare sulla base delle sue lettere conservate nel FONDO BASSO, serie XXV «Corrispondenza», fasc. 6, sottofasc. «novembre», 4 novembre 1950; nonché fasc. 7, sottofasc. «maggio», 4 maggio 1951 la quale, come quella conservata tra le carte Nenni, presenta una particolarità, ovvero ripete la data in alto all’inizio di ogni pagina, preceduto da: «segue» (nella lettera in questione leggiamo: «segue lettera 21 febbraio 1950»).

60 Lettera citata all’inizio della nota precedente. 61 ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE ERNESTO DE MARTINO, archivio, raccoglitore 28, lettera

dattiloscritta composta da due cartelle, 11 marzo 1950, a «Caro Ernesto» 62 Ibidem.

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conto di ciò, deliberando alla fine un nuovo metodo di lavoro, e cioè l’assegnazione di particolari temi a ciascuno dei suoi componenti, con l’intesa che la Commissione si sarebbe riconvocata quando i singoli membri fossero stati pronti a riferire. Ma, purtroppo, in parte a ragione delle occupazioni dei suoi componenti, in parte perché sentivano essi stessi la freddezza generale del Partito, nessuno dei compagni portò a termine la propria parte di lavoro»63.

Nella scelta di dimettersi entrava in gioco l’andamento del lavoro dell’Ufficio

ideologico e le condizioni in cui lo metteva la direzione impedendogli di «concretare» alcunché «di serio»: «Mancanza di mezzi (un giovane collaboratore per la mattinata e una dattilografa in comune con un altro ufficio […]); necessità di ricorrere per le dispense [...] a un collaboratore volontario e purtroppo oberato di lavoro; nessun appoggio del Partito alla diffusione di queste dispense […]; fino ad arrivare alla sottrazione di carte dai cassetti della scrivania». Così Basso esprimeva la sua amarezza a Nenni in una lunga lettera del 13 settembre 195064. Il medesimo rimprovero si trova nella relazione sull’attività dell’Ufficio ideologico, contro l’«assoluta scarsità di mezzi che il Partito ha potuto mettere a disposizione del nuovo Ufficio». Si ripresenta, come già nella lettera a de Martino, il carattere articolato e precario delle strutture organizzate, in questo caso riguardo alla non accolta «richiesta che l’Ufficio Centrale Culturale assorbisse l’Istituto Studi Socialisti ed in esso ponesse la propria sede». Basso era deluso perché «privandolo così dell’appoggio dello unico organo di attività culturale fino allora esistente nel Partito, l’Ufficio stesso, sfornito non solo di una biblioteca ma di un qualsiasi sussidio librario, e disponendo soltanto dell’opera di un funzionario per mezza giornata e di una stenodattilografa in comune con altro ufficio, dovette lavorare in modo artigianale»65.

La lettera di Basso a Nenni, già citata, chiudeva annunciando oltre il suo allontanamento da quell’ufficio, la sospensione di «“Quarto Stato” [...] per la fine dell’anno»66. In estate, lontano dalle attività politiche, egli tentò una riorganizzazione della rivista da affidare al partito; anche se, nel caso contrario, preferiva «sopprimerla o trasformarla […]», dandole una linea «più ideologica e di cultura […] del tipo de “La Pensée” o del tipo di “Società”». Contestualmente, venivano posti alcuni problemi redazionali e, proponendo uno «sforzo nella direzione dell’allargamento della cerchia dei collaboratori» ritenuta in generale insufficiente, Basso segnalava «Ernesto De Martino» tra i compagni che, a Lecce, sarebbe stato «utile avvicinare»67.

Un altro Progetto che sfumerà, dopo l’affaticato intervento laico che il partito riuscì parzialmente ad attuare sul piano culturale e che De Martino lascerà incompiuto. Nella lettera con la quale Basso anticipava a Nenni le sue dimissioni dalla direzione, nel settembre 1950, egli scriveva:

«se il Partito Socialista è ormai definitivamente fissato in una posizione di stanca

retroguardia, siamo parecchi compagni che non ci sentiamo una particolare inclinazione per questo ruolo e che preferiremmo chiedere di essere iscritti al Partito Comunista»68.

Non è cosa certa che tra quei compagni possa annoverarsi anche de Martino. E’ vero,

però, che all’inizio degli anni Cinquanta, egli si stava orientando verso iniziative legate al Pci,

63 FONDO BASSO, serie XV «Attività politica», b. 3, fasc. 14 «Ufficio ideologico e culturale»,

dattiloscritto, Relazione sull’attività dell’Ufficio ideologico e culturale, cc. 5 [bis]-6. 64 ID., serie XXV «Corrispondenza», fasc. 6, sottofasc. «settembre», 13 settembre 1950, lettera

dattiloscritta in triplice copia (una con lievi ritocchi a penna), non firmata, a «Caro Pietro», c.7. 65 Relazione sull’attività dell’Ufficio ideologico e culturale, citata nella nota 63, c. 5 [bis]. 66 ID., serie XXV «Corrispondenza», fasc. 6, sottofasc. «settembre», 13 settembre 1950, cc. 7-8. 67 ID., serie XXV «Corrispondenza», fasc. 6, sottofasc. «agosto», fotocopia di lettera dattiloscritta, 17

agosto 1950, a «Carissimo Bruno» [Widmar], intestata «Camera dei deputati». 68 ID., serie XXV «Corrispondenza», fasc. 6, sottofasc. «settembre», lettera a Nenni, 13 settembre 1950,

c. 8.

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collaborando con l’Istituto Gramsci e la commissione culturale comunista: un percorso intellettuale con conseguenze politiche, quando nel ’53 fece richiesta di iscrizione a quel partito, abbandonando definitivamente il socialismo italiano, di cui questo lavoro traccia alcune linee rilevanti, rinvenute nel triennio 1948-1950.

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Il partito comunista italiano degli anni Cinquanta fra religione e politica culturale [pubblicato in “Studi storici”, A. 44 (2003), fasc. 2 (aprile- giugno)]

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E’ consuetudine rimarcare la diffidenza suscitata dalla prima pubblicazione proposta a

“Società”1 da Ernesto de Martino; i dubbi destati all’interno di questa rivista che l’accoglieva ma, al contempo, ne prendeva le distanze. Li avvertivano, alla fine degli anni Sessanta, Giuseppe Galasso, poco dopo Mario Gandini e, soprattutto nella seconda metà del decennio successivo, Maria Luisa Meoni, Pietro Angelini, Carla Pasquinelli; nel 1980 Placido Cherchi, Cesare Bermani nel 1996 e altri ancora. Tutti citano ed evidenziano quel breve, ma tagliente trafiletto nel quale la redazione dichiarava di non poter far proprie “alcune delle tesi e interpretazioni […] presentate”2. All’opposto troviamo l’autore di quella nota redazionale, Cesare Luporini, che a più di quarant’anni di distanza e circa il suo commento contestava la diffusa tendenza a metterne “in rilievo esclusivamente la parte critica (che” tuttavia - egli ammise - “certamente ne era il motore)”3.

Che de Martino si sentisse giudicato “superficialmente”, in una pagina di quel primo articolo egli stesso lo dice in merito ad alcuni pareri sfavorevoli alla einaudiana “Collezione di studi religiosi, etnologici e psicologici” diretta assieme a Cesare Pavese4. Fu quella l’occasione per giustificare e difendere alcune scelte editoriali risultate poco gradite persino all’“ambasciata di Rumenia”5. Sappiamo che, dietro segnalazione dei “compagni rumeni”, era intervenuto Ambrogio Donini quando, nel luglio del 1949, protestò contro la prevista pubblicazione di “due libri dello scrittore controrivoluzionario Mircea Eliade”6. Di lui, Donini assieme a Carlo

1 E. de Martino, Intorno a una storia del mondo popolare subalterno, in “Società”, V, 1949, n. 3, pp. 411-

435. 2 G. Galasso, Croce, Gramsci e altri storici, Milano, 1969, p. 334, nota 193 in relazione a p. 318: “anche

presso quella parte politica a cui egli era più legato […] non era mai venuta meno, nei riguardi di De Martino, una tal quale diffidenza”; M. Gandini, Ernesto De Martino. Nota bio-bibliografica, in “Uomo e cultura”, V, n. 10, luglio - dic. 1972, p. 250; M. L. Meoni, Sul “Mondo popolare subalterno”, in P. Clemente, M. L. Meoni, M. Squillacciotti, Il dibattito sul folklore in Italia, Milano, 1976, p. 39 (ma già precedentemente stampato, a cura degli stessi autori, nella dispensa di Storia delle tradizioni popolari della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Siena, nell’anno accademico 1974-75: Aspetti del dibattito sul folklore in Italia nel primo decennio del secondo dopoguerra: materiali e prime valutazioni, nel capitolo Intorno alla storia del mondo popolare subalterno, II.A. - 1 e 2); P. Angelini, Nota introduttiva al Dibattito sulla cultura delle classi subalterne (1949-50), Roma, 1977, p. 37 (l’introduzione è datata “ottobre 1976”); C. Pasquinelli, Antropologia culturale e questione meridionale. Ernesto De Martino e il dibattito sul mondo popolare subalterno negli anni 1948-1955, Firenze, 1977, p. 1, nota 1; P. Cherchi, La “riscoperta” di Ernesto De Martino come “terra del rimorso” dell’ideologia, in “Studi bresciani”, 1980, n. 3 (sett.-dic.), p. 58; C. Bermani, Le date di una vita, in “Il de Martino”, 5-6, 1996, pp. 17-18.

3 C. Luporini, Da “Società” alla polemica sullo storicismo, in “Critica marxista”, 1993, n. 6 (nov.-dic.), p. 21.

4 E. de Martino, Intorno a una storia del mondo popolare subalterno, cit., p. 423 nota 1 5 Da una lettera di de Martino a Pavese (non datata, ma che risponde a due precedenti missive di

quest’ultimo dell’ottobre 1949) pubblicata in La collana viola. Lettere 1945-1950, a cura di P. Angelini, Torino, 1991, p. 152.

6 Donini scrisse a Giolitti il 18 luglio 1949, il quale trasmise la lettera a Pavese (cfr. L. Mangoni, Pensare i libri. La casa editrice Einaudi dagli anni trenta agli anni sessanta, Torino, 1999, p. 533). Sulla vicenda (ricostruita da P. Angelini, L’uomo sul tetto. Mircea Eliade e la “storia delle religioni”, Torino, 2001, pp. 56-57) e sulla

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Muscetta, si sarebbero poi “scatenati […] a inventare il collaborazionismo”: così, a ottobre, scriveva Pavese a de Martino7 il quale, con disagio, a sua volta discuteva le “critiche degli “ortodossi” alla collana viola, che nel loro petulante giudizio sarebbe addirittura da chiamare “collana nera”, cioè nazifascista”8. Della propria tessera del Pnf, invece, nessuno sembrava sapere nulla e neanche delle meno remote esitazioni politiche avute durante la militanza liberalsocialista9. Anzi, anni dopo, nell’Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza diretta da Pietro Secchia e in riferimento alla collana Einaudi, de Martino verrà commemorato per le “impegnate prese di posizione critiche, specie contro il dilagante irrazionalismo antistorico e sostanzialmente reazionario”10. D’altro canto, tornerà in mente il suo coinvolgimento nelle discussioni scaturite dalla pubblicazione dei Quaderni di Antonio Gramsci.

Svolti al Teatro delle Arti di Roma tra il 30 maggio e il 4 giugno 1951 i Tre dibattiti su “Letteratura e vita nazionale” hanno richiamato un’insistente attenzione e ciò nonostante che, in una nota biografica apparsa più di vent’anni dopo e riveduta da Gandini nel 1985, ancora si auspicasse il ritrovamento di “appunti” o “registrazioni” inerenti11. “Dei lavori”, come osserva anche Alberto Mario Cirese nel 1976, “non vennero pubblicati gli atti”12; e, all’infuori del biglietto d’invito individuato da Albertina Vittoria durante le ricerche archivistiche per il volume del 199213, nulla vi è rimasto tra le carte depositate presso la Fondazione Gramsci che quei dibattiti aveva organizzato. Al resoconto di uno dei partecipanti (Paolo Toschi)14 doveva ricorrere nel ’93 Patrizia Ferretti per documentare l’“ampia e organica relazione” di de Martino15; e altresì Fabrizio Franceschini nel 198916; e, nel ’91, Pietro Angelini, ma questa volta con l’ausilio di quattro “inediti” dove “si trovano mescolati o parzialmente montati brani che

posizione critica rispetto alle accuse antifasciste cfr. G. Sasso, Ernesto De Martino fra religione e filosofia, Napoli, 2001, p. 188 nota 3; e Eliade stesso, per l’accenno alle denunce arrivate alla Einaudi dalla “Legazione romena” (Le messi del solstizio. Memorie 2, a cura di R. Scagno, Milano, 1995, p. 108).

7 P. Angelini, a cura di, La collana viola, cit., p. 149. 8 Ivi, p. 152. Citiamo dalla lettera prima indicata (cfr. sopra, nota 5). De Martino non fa esplicitamente i

nomi di Donini e Muscetta; ma a loro si riferisce quando parla dell’“atteggiamento caporalesco degli ortodossi” (Ivi, p. 153): un riferimento velato, ma intuibile là dove nella lettera di Pavese - alla quale risponde - i due venivano a tal riguardo indicati (Ivi, p. 149); inoltre, si riferisce alle proteste dell’ambasciata rumena che, come sappiamo, furono trasmesse da Donini.

9 Per una documentata ricostruzione di questo controverso periodo rinvio al mio Ernesto de Martino nel circolo crociano di Villa Laterza: 1937-1942. Contributo a una contestualizzazione politica de Il mondo magico, in “La cultura”, XL, 2002, n.1 (aprile), p. 91 nota 8 a proposito dell’iscrisione al PNF.

10 V[ittoria] D[e] P[alma], De Martino, Ernesto, in Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza, Vol. II, Milano, 1971.

11 M. Gandini, Nota bibliografica degli scritti di Ernesto De Martino, in “Studi e materiali di storia delle religioni”, n.s. IX, vol. 51, 1985, fasc. 2, pp. 320-321. Id., Ernesto De Martino. Nota bio-bibliografica, cit., p. 245.

12 A. M. Cirese, Intellettuali, folklore, istinto di classe. Note su Verga, Deledda, Scotellaro, Gramsci, Torino, 1976, p. 142.

13 A. Vittoria, Togliatti e gli intellettuali. Storia dell’Istituto Gramsci negli anni Cinquanta e Sessanta, Roma, 1992, p. 23 e nota 1. Fondazione Istituto Gramsci, Archivi, Archivio Istituto Gramsci (d’ora in poi IG), Scatola 32/A, Attività Istituto Gramsci. Programmi corsi seminari convegni 1950-1985.

14 P. T.[oschi], Dibattito su Gramsci e il Folklore, in “Lares”, XVII, 1951, fasc. I-IV (gennaio-dic.), pp. 153-154.

15 P. Ferretti, Nota biobibliografica, in E. de Martino, Scritti minori su religione marxismo e psicoanalisi, a cura di R. Altamura - P. Ferretti, Roma, 1993, p. 160, dove l’autrice cita in modo non esplicito ma riconoscibile il passo di Toschi sull’“ampia ed organica relazione” (cfr. nota precedente, p. 153).

16 F. Franceschini, Cultura popolare e intellettuali. Appunti su Carducci, Gramsci, De Martino, Pisa, 1989, pp. 195-196. Si tratta del capitolo Ricerca folclorica e meridionalismo nella “traduzione dei linguaggi” demartiniana, ristampato in La contraddizione felice? Ernesto de Martino e gli altri, a cura di R. Di Donato, Pisa, 1990 (il passo in questione è a p. 164).

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potrebbero essere parti della ‘relazione smarrita’”17. Sarà integralmente pubblicata parte di questa documentazione dell’“archivio de Martino” nel 1992 a cura di Stefania Cannarsa18; nonché, nel ’96, una dimenticata versione di quella comunicazione sul folklore scovata da Bermani su “Mondo operaio”19. Negli anni Cinquanta e in varie vesti, lo stesso tema proposto in particolare a “Il calendario del popolo”20 e - sebbene solo per l’edizione romana21 - a “l’Unità”22 riscuoteva successo; e “Rinascita” menzionava de Martino fra i “più grossi nomi delle lettere e delle arti italiane contemporanee” che al convegno romano avevano preso parte23.

Ai Tre dibattiti e ai suoi echi nella stampa del partito seguirà il progetto di un nuovo convegno di studi gramsciani predisposto dalla stessa Fondazione. De Martino aderisce proponendo una comunicazione su Lo storicismo italiano e il pensiero di Antonio Gramsci che - a suo avviso - “rientrerebbe assai bene in uno dei temi fondamentali […] indicati, “Gramsci e il pensiero moderno in Italia””24. Lo comunica il 5 settembre 1951 rispondendo alla lettera d’invito di cui è conservata una copia quanto meno molto simile e, come quella che lui scrive di aver ricevuto, datata 30 agosto; firmata da Donini, non porta il nome del destinatario e dice: “Caro compagno […] Pur non disponendo ancora del piano definitivo del Convegno, abbiamo creduto opportuno informartene già fin d’ora, sia perché saremo lieti di conoscere la tua opinione in proposito, sia perché facciamo conto sul tuo contributo per lo svolgimento degli argomenti che verranno proposti”; e termina con la speranza “di poter riunire in ottobre […] tutti i compagni impegnati”25. A questa “riunione preliminare” si riferisce pure de Martino, nella sua missiva. Sapendo di “non potervi partecipare” per via di alcuni impegni di lavoro e con suo “vivo disappunto”, egli chiederà di rinviarla “ai primi di novembre”26.

Tuttavia, il 30 ottobre, nel corso di una riunione dell’ufficio culturale, Donini prospetta

17 P. Angelini, Gramsci, de Martino e la crisi della scienza del folklore, in G. Baratta - A. Catone, Antonio Gramsci e il “progresso intellettuale di massa”, Milano, 1995, p. 67. Il saggio porta la data “Estate 1991”.

18 E. de Martino, Due inediti su Gramsci “Postille a Gramsci” e “Gramsci e il Folklore”, a cura di S. Cannarsa, in “La ricerca folklorica”, 25, 1992 aprile. Viene pubblicato un blocco di fogli consistente, secondo la studiosa, “nella relazione definitiva per il Convegno” (Ivi, p. 73). Si tratterebbe “di una relazione dattiloscritta di dieci pagine, dal titolo Gramsci e il folklore, presentata al Convegno su Gramsci che si svolse a Roma nel maggio del 1951 in occasione della pubblicazione di Letteratura e Vita Nazionale” (Genesi del concetto di folklore progressivo. Ernesto De Martino e l’etnografia sovietica, Ivi, pp. 84-85). Qualche dubbio a riguardo è dato dal fatto che, in questi fogli, de Martino parla dei dibattiti promossi dalla Fondazione Gramsci come di un fatto passato, o meglio: “recentemente” avvenuto (Ivi, p. 75). Secondo Angelini, l’inedito “è esplicitamente scritto all’indomani del dibattito svoltosi al Teatro delle Arti” (Gramsci, de Martino e la crisi della scienza del folklore, cit., p. 69).

19 Ristampata con una breve introduzione del curatore ne “Il de Martino”, 5-6, 1996, pp. 87-90. L’articolo Gramsci e il folklore nella cultura italiana era stato a suo tempo pubblicato affianco a una foto che ritrae il “compagno De Martino mentre svolge la relazione: “Gramsci e il folklore” al dibattito svoltosi al teatro delle Arti il 1. giugno”, come si legge nella didascalia (in “Mondo operaio”, III, n. 133 (16 giugno 1951), p. 12).

20 E. de Martino, Gramsci e il folklore, in “Il calendario del popolo”, VIII, 1952, n. 8 e precedentemente Il folklore, Ivi, VII, 1951, n. 7.

21 Bruno Pischedda avanza la tesi secondo la quale la direzione del giornale, presieduta da Davide Lajolo, sarebbe rimasta “ad ogni buon conto sostanzialmente estranea” a quelle proposte culturali (Due modernità. Le pagine culturali dell’“Unità”: 1945-1956, Milano 1995, p. 132).

22 E. de Martino, Note lucane. Il folklore progressivo, in “L’Unità”, 26 giungo 1951, p. 3. 23 Non firmato, Dibattiti su Gramsci, in “Rinascita”, VIII, 1951, n. 5 (maggio), p. 248. Ricorderemo, in più,

un vago accenno all’intervento di de Martino “sui recenti indirizzi della etnografia sovietica” in occasione di un convegno a Firenze (VII, 1950, n. 11-12 (nov. - dic.), p. 549); quand’anche di lui, la rivista di Togliatti non si era mai decisa a recensire una delle opere maggiori, Il Mondo magico, che pur comparve nella rubrica dei “Libri ricevuti” (V, 1948, n. 9-10 (settembre-ottobre), p. 360).

24 IG, b. 38, Archivio Istituto 1948-1955, fasc. “1951”, lettera dattiloscritta indirizzata alla Fondazione Gramsci.

25 Ivi, b. 63, Convegno studi gramsciani 1952, lettera dattiloscritta intestata “Fondazione Gramsci Roma”. 26 Ivi, b. 38, cit., fasc. “1951”.

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le modalità del convegno; e muove alcune critiche a una precedente conferenza dove si discusse “sull’ultimo libro della letteratura e vita nazionale, sul folklore”. Egli constata: “che in assenza di una impostazione giusta da parte nostra, la discussione più che orientare, disorientava il pubblico”. L’“esperienza delle tre giornate al Teatro delle Arti” avrebbe “rivelato la impreparazione della maggior parte di quelli che partecipavano”. Le accuse senz’altro pesavano su quei “rappresentanti della cultura borghese vicini a noi” che Donini stesso in questi termini additò tra gli invitati27 ed è difficile capire in che misura possano ritenersi indirizzate anche a de Martino sebbene, in quella occasione, esplicitamente opposto a Gramsci, a difesa di una nozione ‘progressiva’ del folklore28. Il 4 dicembre, comunque, nella lista delle “Comunicazioni e interventi” previsti per la terza discussione su Letteratura e vita nazionale del progettato convegno, di lui risulta una relazione dal titolo Il folklore, in riferimento a quella di Muscetta e Carlo Salinari inerente a L’organizzazione della cultura e il problema di una riforma culturale in Italia29; curiosamente, però, non compare in un altro schema del programma molto simile30 che, tra l’altro, sarà poi del tutto abbandonato perché “obiettivo” all’epoca ritenuto “troppo ambizioso” per la Fondazione e il partito31.

Il fallimento è attenuato dalla riuscita di una manifestazione analoga, tenutasi a Napoli tra il 16 e il 17 febbraio 1952, di cui il fondo archivistico della commissione culturale del Pci custodisce una documentazione assai puntuale relativa all’elaborazione di un Appello degli intellettuali del Mezzogiorno e delle Isole sui temi della rinascita e per una comune linea di azione da concordarsi. Troviamo una lettera di Emilio Lussu del 29 dicembre 1951 rivolta a Muscetta, ma nella quale si estendono i saluti “anche a De Martino e [Giuseppe] Petronio”32. In un’altra sine-nomine e in diverse copie sottoscritte da questi ultimi e Muscetta si invita ad aderire, dicendo di aver “redatto il testo dell’appello” che sarebbe stato allegato e sottoposto all’attenzione del destinatario33. In una minuta, i tre precisano di averlo redatto in seguito ad una “riunione del 13 scorso [cancellato: “agosto”]” (quindi 1951), “tenendo conto delle osservazioni che furono fatte da tutti gli intervenuti”34.

Durante la fase organizzativa, la sezione culturale entrava in contatto con Massimo Caprara, presso la Federazione del Pci di Napoli dove, il 15 gennaio 1952, Salinari gli scrisse in merito al convegno: “pensiamo di incaricare Ernesto De Martino, che potrebbe preparare un

27 Ivi, b. 63, cit., A. Donini, Impostazione del convegno degli studi gramsciani, 4° e 5° pagina.

Dattiloscritto con segnato a matita sulla prima pagina: “Informazione alla riunione nazionale dell’Ufficio culturale 30-X-1951”.

28 A quel modo di intendere il folklore come “servitù ideologica, disgregazione culturale”, egli si era opposto individuando elementi “che nascono come protesta del popolo contro la sua propria condizione subalterna, o che commentano, esprimono culturalmente, le lotte per emanciparsene”. Citiamo dalla versione pubblicata su “Mondo operaio” (E. de Martino, Gramsci e il folklore nella cultura italiana, cit., p. 12).

29 IG, b. 38, cit., fasc. “1951”, dattiloscritto dal titolo Convegno di studi gramsciani 15, 16 e 17 aprile 1952. 30 Ivi, b. 63, cit. documento intitolato Convegno di studi gramsciani porta l’aggiunta manoscritta “1952” ed

è integralmente pubblicato da A. Vittoria, Togliatti e gli intellettuali, cit., pp. 267-270. 31 Sul rinvio del convegno ed il suo abbandono rinvio alla documentazione raccolta da A. Vittoria, Togliatti

e gli intellettuali, cit., p. 25. 32 Fondazione Istituto Gramsci, Archivi, Commissione culturale, 1952, fasc. “Convegno cultura e

Mezzogiorno Napoli 16-17 febbraio 1952”, sottofasc. “Convegno cultura e Mezzogiorno Napoli 16-17 febbraio 1952 - Adesioni”, lettera dattiloscritta intestata “Senato della Repubblica”.

33 Ivi, lettera circolare dattiloscritta datata 9 gennaio 1952. Vi è un’analoga minuta senza data intestata a “Egregio amico”; e un’altra ancora indirizzata a “Egregio Professore” del 17 gennaio 1952, con un testo sostanzialmente simile.

34 Ivi, lettera dattiloscritta intestata a “Egregio Amico”, allegata ad una lettera di Muscetta del 20 dicembre 51 indirizzata a Del Guercio.

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discorso che possa in assenza di [Luigi] Russo, servire anche di apertura”35. Ma a pronunciare quel “discorso d’apertura” sarà De Martino Francesco, nonché Natalino Sapegno, così come si legge nell’Elenco degli interventi36 e nei relativi atti ufficiali37; e Giuseppe Petronio, con una “relazione introduttiva”38. Ernesto comunque compare tra i “numerosi uomini di cultura” eletti per acclamazione alla presidenza39; e, secondo il relativo verbale, avrebbe addirittura presieduto la seduta pomeridiana del 16 febbraio40. La notizia non è però confermata né dagli atti41, né dalla stampa42 che, invece, indicano Giulio Palermo.

Comunque sia, de Martino riceverà “dal Comitato promotore e dalla presidenza la preghiera di trarre le conclusioni”; e, così come al dibattito romano svoltosi al Teatro delle Arti egli aveva proposto “la costituzione di un centro folkloristico nazionale”43, in questa occasione e nuovamente auspicherà la nascita di un “Centro per la difesa e lo sviluppo della cultura nel Mezzogiorno”44. Nella minuta del testo presentato leggiamo di questo “organismo permanente” che riprendendo “la tradizione delle grandi inchieste meridionali […] dovrebbe provvedere allo studio delle comunità meridionali e insulari del Mezzogiorno in tutti gli aspetti della loro vita”45, intesa dal punto di vista economico-sociale, igienico-sanitario, ambientale e urbanistico, culturale, politico e sindacale, oltre che psicologico e in riferimento alla “letteratura popolare” e alle “costumanze tradizionali (folklore), dall’etica alla vita religiosa popolare”46. La proposta

35 Ivi, lettera datata “15 gennaio 1951”; ma scritta nel 1952. L’errore è stato corretto facendo riferimento

non solo alla data del convegno in prossimità del quale venne spedita, ma soprattutto alle successive e inerenti tre lettere spedite da Salinari a Caprara per informarlo delle nuove adesioni, tutte conservate nello stesso sottofascicolo dell’archivio della Commissione culturale e datate gennaio 1952, così come è datata “9 gennaio 1952” la lettera di Russo a cui fa esplicito riferimento Salinari nella sopra citata missiva a Caprara.

36 Ivi, sottofasc. “Convegno cultura e Mezzogiorno 16-17 febbraio 1952”, dattiloscritto Elenco degli interventi al Convegno “Gli intellettuali e il Mezzogiorno”.

37 Centro per la difesa e lo sviluppo della cultura nel Mezzogiorno, a cura di, Gli intellettuali e il Mezzogiorno. Atti del Convegno di Napoli 16-17 febbraio 1952, s.l s.d., p. 9.

38 Ibidem. 39 Articolo non firmato, Per il riscatto del Mezzogiorno riuniti gli intellettuali a convegno, in “Il Paese”, 17

febbraio 1952, p. 6. 40 Commissione culturale, 1952, fasc. cit., sottofasc. “Convegno cultura e Mezzogiorno 16-17 febbraio

1952”, dattiloscritto di 13 pagine numerate, Convegno intellettuali del Mezzogiorno. Seduta pomeridiana del 16 febbraio 1952, p. 1

41 Centro per la difesa e lo sviluppo della cultura nel Mezzogiorno, a cura di, Gli intellettuali e il Mezzogiorno, cit., p. 9.

42 Numero dedicato al convegno Gli intellettuali e il Mezzogiorno de “La voce del Mezzogiorno” di Napoli, V, 1952, n. 3-4 (15-29 febbraio), p. 4.

43 La notizia si ricava dal resoconto de “l’Unità” del 2 giugno 1951, p. 3 dal titolo “Gramsci e il folklore” al Teatro delle Arti di grande interesse in particolare per la “relazione d’apertura” di de Martino.

44 Commissione culturale, 1952, fasc. cit., sottofasc. “Convegno cultura e Mezzogiorno 16-17 febbraio 1952”, Convegno degli intellettuali del Mezzogiorno. Seduta del 17 febbraio 1952, c. 5. Vi sono notizie discordanti e imprecise. Nel paragrafo I lavori del Convegno pubblicato negli atti ufficiali, leggiamo che aveva “chiuso il Convegno l’On. Prof. Francesco De Martino, proponendo la costituzione del “Centro […]” (cit., p. 10). Secondo “La voce del Mezzogiorno”, assumendo la presidenza della seduta congressuale, egli avrebbe sottoposto quella proposta “all’approvazione degli intervenuti” (cit., p. 5). Nei verbali sopra indicati viene invece chiarito come “in relazione alla proposta conclusiva di Ernesto” - e in nome del Comitato promotore e della presidenza - Francesco De Martino disse “di nominare un Comitato organizzatore per il “Centro”” (cit., c. 6).

45 Commissione culturale, 1952, fasc. cit., sottofasc. “Convegno cultura e Mezzogiorno 16-17 febbraio 1952”, minuta dattiloscritta con aggiunte e correzioni a mano, recante l’intestazione “Ministero della Educazione Nazionale. Giunta centrale per gli studi storici”, seconda pagina. In testa al primo foglio, si legge: “Permettetemi, cari amici, che io apra il mio intervento con un ricordo personale”.

46 Ivi. Questa seconda parte di citazione è tratta dall’unico foglio scritto in senso orizzontale su una metà di foglio A4 ed è stata da noi ricollegata al precedente pezzo del discorso citato dalla seconda pagina (scritto sempre su

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riceve “approvazioni unanimi” dal pubblico47 e non solo. Caprara, in alcune Note datate 22 febbraio, segnala la “chiusura del compagno Ernesto De Martino” tra gli interventi che ebbero “un tono e un contenuto di grande interesse e importanza”48. Notata anche nella prima pagina de “L’Unità”, Nino Sansone annuncia che quei “centri per la difesa della cultura sorgeranno nelle città del Mezzogiorno”49. Singolarmente non l’organo del Pci, ma l'“Avanti!” pubblica la relazione demartiniana il giorno stesso in cui era stata pronunciata, con il titolo Non ci abbandonare! L'esortazione di un vecchio contadino di Altamura50, in una versione quasi identica alla suddetta minuta, salvo lievi e saltuarie modifiche formali.

Nell’ambito delle iniziative coordinate dalla commissione culturale de Martino occupa autorevolmente un posto al convegno napoletano; appena un mese e mezzo dopo, tuttavia, subisce “un attacco solo allusivo ma pesante” durante una riunione nazionale. Velatamente, di lui, nella seduta del 3 aprile 1952, Palmiro Togliatti avrebbe sospettato “un approccio alla storia infetto di “irrazionalismo””, denunciando le “serenissime indagini sulla validità conoscitiva della stregoneria” e la responsabilità assunta tra “le più varie correnti di rinascita spiritualistica e nazionalistica”. La notizia così riportata e commentata nel 1996 nella cronologia biografica a cura di Bermani51 non è nuova e conferma un accenno fatto già nel ’93 da Riccardo Di Donato52, nonché le indicazioni di Placido Cherchi53 e Luigi Lombardi Satriani54 (rispettivamente del 1984 e 1980) a proposito dell’“isolamento” e delle “incomprensioni” contro le quali de Martino ripetutamente urtava. Ma già nell'Introduzione all'opera postuma La Fine del mondo, collocando l'episodio in un paragrafo sul tema del “distacco dal partito; marxismo e religione”, la curatrice rilevava l'“incisiva e autorevole stigmatizzazione di Togliatti” e un “fraintendimento delle

una metà di foglio A4, ma verticalmente) basandoci sulla versione edita quasi identica, salvo piccole modifiche (cfr. sopra, nota 50).

47 Ivi, Convegno degli intellettuali del Mezzogiorno. Seduta del 17 febbraio 1952, c. 5, già citato nella nota 44.

48 Ivi, sottofasc. “Adesioni”, dattiloscritto di 7 cartelle numerate, dal titolo: Note sul convegno “Gli intellettuali e il Mezzogiorno” (Napoli 16-17 febbraio 1952), c. 1.

49 Sansone parla della “proposta formulata dal prof. Ernesto De Martino, di dare vita ad un centro permanente per la difesa e lo sviluppo della cultura nel Mezzogiorno” (“l’Unità”, 19 febbraio 1952, p.1).

50 Ho ritrovato il ritaglio dell’articolo - pubblicato in terza pagina dell’“Avanti!” il 17 febbraio 1952 - nella suddetta busta del fondo Commissione culturale, sottofasc. “Convegno cultura e Mezzogiorno 16-17 febbraio 1952”. Nella Nota bibliografica degli scritti di Ernesto De Martino del 1985 (cit., p. 320), tra gli articoli indicati da Vittoria De Palma, ma che non gli era “stato possibile reperire”, Mario Gandini lo segnalava indicandone il titolo Non ci abbandonare e la data “febbraio 1952 (?)”. Nel tempo, se ne perse notizia a tal punto da non comparire neanche nella Bibliografia dell’opera di Ernesto de Martino curata anni dopo da Riccardo Di Donato (in I Greci selvaggi. Antropologia storica di Ernesto de Martino, Roma, 1999). In essa l’autore aveva riorganizzato e aggiornato un precedente e importante lavoro di Gandini (pubblicato nell’opera a cura di M. Magnante, Ernesto de Martino. La crisi della presenza tra psicopatologia ed antropologia, Santarcangelo di Romagna, 1995) già revisionato ad opera di Silvio Previtera nell’ambito dell’Associazione Internazionale Ernesto de Martino. Per altri dettagli sulla storia delle bibliografie demartiniane rinvio all’accurata nota di Gandini in Raffaele Pettazzoni nelle spire del fascismo (1931-1933). Materiali per una biografia, in “Strada maestra”, n. 50, 1° sem. 2001, pp. 180-183. In questa occasione egli rivede alcuni punti della sua ultima bibliografia, sulla base di quella di Di Donato.

51 C. Bermani, Le date di una vita, cit., p. 21. 52 R. Di Donato, Un contributo su de Martino politico, in Compagni e amici/ lettere di Ernesto de Martino

e Pietro Secchia, Firenze, 1993, p. XXIII dove parla della “malevola critica” togliattiana; ripubblicato nel ’99 in Id., I Greci selvaggi, cit., p. 165.

53 P. Cherchi, Il metodo e la ‘metis’: il crocianesimo di Ernesto De Martino, in “Prospettive settanta”, 1984, n. 2-3, pp. 308-309; e poi in Ernesto De Martino. Dalla crisi della presenza alla comunità umana, Napoli, 1987, pp. 152-153.

54 L. M. Lombardi Satriani, Introduzione a E. de Martino, Furore Simbolo Valore, Milano, 1980, p. 61.

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intenzioni demartiniane [...] palese e liquidatorio”55. A queste considerazioni è opportuno risalire.

Il lavoro della Gallini appena menzionato presenta alcune sviste nel punto dove cita Togliatti dal discorso edito nel 1974 a cura di Luciano Gruppi56. Lievi e che nulla tolgono alla qualità di questa ricerca, anzi svelano l’importanza attribuita a una sua pagina dai vari studiosi che, dopo la prima edizione degli ‘ultimi appunti’, ribadirono le accuse contro de Martino pronunciate alla commissione culturale. Scopriamo, così, come tutti (tra gli autori nominati, tranne Di Donato)57 riportino incautamente gli stessi errori di trascrizione; e, quindi, non nella pubblicazione integrale del discorso, ma nel contesto di quella Introduzione preferiscano leggere il passo lungamente citato. Quasi l’interpretazione del documento togliattiano avesse lì raggiunto un’esposizione definitiva58, nel tempo subirà un processo di aggiustamento e rafforzamento attraverso una reciproca conferma delle rispettive enunciazioni, circa il “chiaro” discorso del segretario del Pci e la sua “trasparente”59 e “pesante”60 allusione a de Martino. Nel punto più estremo di questa rielaborazione storiografica e in un capitolo sulla Solitudine e inattualità di Ernesto De Martino, si giungerà a parlare di “una imbarazzante gaffe di Togliatti nei suoi confronti” a cui diede origine il suo “indugiare su quel crinale pericoloso tra pratiche magiche, vissuto psicopatologico e percezioni extrasensoriali”61; una gaffe così ovvia e famosa da non richiedere più nessuna indicazione storica e bibliografica.

Ma più che di filologia, dovremmo allora parlare di ideologia, se la Gallini interpretò la relazione presentata da Togliatti in un’epoca nella quale - così mi disse alzando il pugno, come per fare il saluto comunista - “noi ci sentivamo più a sinistra del Pci”62. A conferma delle

55 C. Gallini, Introduzione a E. de Martino, La fine del mondo. Contributo all’analisi delle apocalissi

culturali, Torino, 1977, p. LXXIII. Ristampata nel 2002 sempre dalla Einaudi e a cura dell’autrice in collaborazione con Marcello Massenzio, l’opera presenta ora un’introduzione interamente nuova e scritta a due mani.

56 Si metta a confronto l’Introduzione a La fine del mondo, cit., p. LXXIII e P. Togliatti, Intervento alla commissione culturale nazionale, in La politica culturale, a cura di Luciano Gruppi, Roma, 1974, p. 197.

57 Di Donato è l’unico a non citare per esteso il discorso di Togliatti e nemmeno l’Introduzione a La fine del mondo a cui, in nota, Lombardi Satriani e, di riflesso, Cherchi invece ed esplicitamente rimandano. Tuttavia, è molto probabile che anche lui abbia preso spunto dalla Gallini o dai suoi derivati; non a caso fa riferimento alla stessa edizione del discorso da loro adoperata e non, ad esempio, a quella più recente del 1984 nel volume V delle Opere di Togliatti (malgrado l’errore di datazione: 1954 e non 1952) e né alla sua prima stampa Per una cultura libera moderna nazionale, Roma, s.d., della serie “Orientamenti di lavoro e di lotta”. Bermani, dal canto suo, non indica nessuna fonte, ma trascrive il passo togliattiano con le stesse sviste della citazione di cui si sopra.

58 Tra i nuovi documenti a cui una specifica indagine potrebbe ricorrere vi sono le bozze dattiloscritte del discorso dalle quali vennero ricavate le prime “5000 copie” (così come si legge sulla prima pagina, in alto). I fogli presentano varie e puntuali modifiche come, ad esempio, l’aggiunta manoscritta: “e irrazionalistiche” inserita nel passo in questione, nello spazio dell’interlinea sopra “rinascita spiritualistica”. La calligrafia e il modo di disporre nel testo questa e le simili correzioni lasciano pensare alla mano di Togliatti là dove, tra l’altro, la natura del documento di per sé escluderebbe un intervento correttivo esterno. Più complesso è il punto di interrogazione di diverso inchiostro (più spesso e scuro) che, a quell’altezza, troviamo collocato sul margine della pagina: un segno per evidenziare qualcosa risultata poco chiara nel testo e che, probabilmente e in questo modo, si voleva far rimarcare a chi aveva battuto a macchina il discorso o a chi lo stava rivedendo. Certo non risolve - anzi: aggrava - l’enigmaticità del tanto discusso intervento. (Commissione culturale, 1952, dattiloscritto di 15 cartelle, c. 6., Intervento di T. alla riunione della commiss. culturale del PCI del 3 aprile 1952).

59 P. Cherchi, Il metodo e la ‘metis’, cit., pp. 308-309. 60 C. Bermani, Le date di una vita, cit., p. 21 61 C. Pasquinelli, Solitudine e inattualità di Ernesto De Martino, in C. Gallini, M. Massenzio, a cura di,

Ernesto De Martino nella cultura europea, Napoli, 1997, p. 283. 62 La Gallini aggiunse che oggi non sosterrebbe più la drastica interpretazione del ’77 alla luce dei nuovi

elementi emersi dalla ricerca d'archivio, da cui risulta che una parte dei finanziamenti della "spedizione lucana" provenne proprio dal Pci. In effetti, quando tornerà a parlare della “pubblica ramanzina” fatta da Togliatti nel suo “famigerato intervento” (La ricerca, la scrittura, in E. de Martino, Note di campo. Spedizione in Lucania, 30 sett.-31

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passioni politiche suscitate in quel periodo, si può ulteriormente riflettere su quanto scrisse Nello Ajello nel ’79, allorché collocava la figura di de Martino tra gli “scomunicati” del suo Intellettuali e PCI63.

La fine del mondo aveva risvegliato gli animi. Vittorio Saltini contestò alla Gallini di aver voluto dare “lezioni al defunto” autore “perché non fu (benché di sinistra) né marxista né storicista ortodosso”; quando invece mai avrebbe praticato i “principî più elementari del materialismo dialettico”, lasciandone “la “brutalità” ai prefatori postumi”64. Si giocava, in questo modo, con le parole usate nella domanda posta “brutalmente” nell’Introduzione circa il grado di adesione di de Martino a quel materialismo, in considerazione delle “direzioni a dir poco cosí stravaganti” verso le quali in quel contesto si sarebbe mosso65; una domanda che non mancò di provocare la reazione di Carlo Ginzburg nel corso di una tavola rotonda66. Di questo ancora si discute a distanza di quindici anni, in occasione dell'uscita dell'epistolario con Pietro Secchia. Le vecchie domande riaffiorano su “Il Manifesto”, per mano di Cristiano Grottanelli: “In che senso fu marxista? Come militò nel Pci? […] Come ricollegare le sue letture filosofiche, etnologiche, storico-religiose, la sua problematica del magismo, le sue indagini fra i contadini lucani, con le sue scelte politiche?”67.

Storiografia, quindi; ma anche storia: la vicenda del documento di Togliatti va altrettanto utilmente inserita in questa indagine, nel punto dove ne avevamo interrotto la cronologia, dopo il 3 aprile 1952. In seguito, de Martino ammette di avvertire alcuni dei “limiti più gravi della politica culturale del P.C.”. Rispondendo a una lettera di Vittore Fiore scritta in agosto, egli contesta che “l’alleanza gramsciana operai del Nord - contadini meridionali” sia “vista su un piano strettamente “politico””, senza che “la vita culturale del mondo contadino” formi “problema”68. Con il partito, tuttavia e in quel momento, intercorrevano numerosi rapporti di carattere economico i quali, come si apprende dalla Gallini, svelano i “percorsi reali entro cui si tradusse quel legame tra partito e intellettuali”69.

Dalle carte relative alle ricerche svolte in Lucania tra il 30 settembre e il 31 ottobre 1952 risulta un finanziamento del Pci, ovvero della “Commissione cultura” (di 50.000 lire o, secondo un altro documento, di 65.000 lire), nonché della “Commissione stampa e propaganda” (di

ott. 1952, Lecce, 1995, p. 49), ella non la presenterà più come indirizzata specificatamente contro de Martino. Ne emerge un quadro politico-culturale più complesso dove l'ideologia doveva prevalere nei discorsi ufficiali, ma il partito poteva avere più anime.

63 N. Ajello, Intellettuali e PCI 1944-1958, Roma - Bari 1979, p. 333. 64 V. Saltini, A tu per tu con il Mito, in “L’Espresso”, 2 aprile 1978, p. 76. E' una critica acre quella di

Saltini e dai toni accesi, dove si definiscono dei “deliri apocalittici” le “corrette analisi di classe” che a sua avviso la Gallini e Vittorio Lanternari, si sarebbero rammaricati di non trovare nell'ultima opera di de Martino (Ivi, p. 81).

Sempre in riferimento al ““tartufismo” di certa politica editoriale”, ma in modo più argomentato, intervenne Enrico Montanari con Tarantismo e “cultura egemone”, da lui ripubblicato in Identità culturale e conflitti religiosi nella Roma repubblicana, Roma, 1988 e precedentemente apparso nel fascicolo monografico di “Studi e materiali di storia delle religioni” in omaggio a de Martino (n.s. IX, vol. 51, 1985, fasc. 2, p. 195). Di particolare interesse è la nota 19 scritta in merito alle “indicazioni metodologiche” fornite, nel 1970, dal volume della Gallini Protesta e integrazione nella Roma antica. Montanari rileva una tendenza a trasferire acriticamente lo schema “egemonia-subalternità” nel campo romano (Ivi, p. 192) e prosegue specificandone il meccanismo. Caratterizzato nei termini romani “patronus-cliens”, a suo giudizio, “tale rapporto appare totalizzante, onnipervadente, vero filo rosso (o “nero”?) che raccorda i principali istituti della compagine romana” (Ivi, p. 193).

65 C. Gallini, Introduzione a La fine del mondo, cit., p. LXXVII. 66 In “La fine del mondo” di Ernesto De Martino, in “Quaderni storici”, A. XIV, 1979, fasc. 1 (gennaio-

aprile), pp. 239-240. 67 C. Grottanelli, Comunista nel mondo magico, in “Il Manifesto”, 16 febbraio 1994, p. 13. 68 P. Angelini, a cura di, Dall’epistolario di Ernesto De Martino, in “Quaderni. Istituto Universitario

Orientale. Dipartimento di Scienze Sociali”, n.s. n. 3/4, A. III, 1989, p. 197. 69 C. Gallini, La ricerca, la scrittura, cit., p. 49.

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50.000 lire)70. Sono indicazioni preziose di cui non si trova traccia nella relazione pubblicata su “Società”71 e poi riprodotta da Paolo Toschi nella rivista “Lares”. Quanto meno esplicitamente, il Pci non è compreso tra gli “enti e associazioni” che avevano appoggiato l'iniziativa72, stando alle informazioni fornite ancora da de Martino negli articoli apparsi su “Nuovi argomenti”, “Radiocorriere” e nuovamente su “Società”73. Colpiscono alcuni suoi appunti riguardanti la necessità di spiegare “in via riservatissima ai comp. com. che la spedizione per la sua probabile struttura (partecipazione dell’Accademia di S. Cecilia, della Rai etc.) non può politicamente compromettersi, e dovrà lavorare in tutti gli ambienti, anche quelli avversari”74. Di quelle sovvenzioni non ne è al corrente o non ne serba memoria Diego Carpitella, come disse in una sua testimonianza:

“ […] per quello che riguardava la sinistra politica e culturale in Italia, che concretamente poi era

la politica della Commissione culturale del PCI, si aveva un certo scetticismo verso il folklore e il folklorismo […]. Quando partimmo nel settembre 1952 per la Lucania, io per la prima volta e de Martino che c’era già stato tre volte, mi ricordo che chiedemmo anche degli aiuti, delle sovvenzioni per questo nostro tentativo. E sinceramente da quegli organismi che noi avremmo pensato che avrebbero potuto dare degli aiuti culturali e politici non ne avemmo, proprio per una sordità a questi problemi, per la presunzione che si trattava di ordinamenti ormai superati”75.

De Martino proponeva di appoggiarsi in vari modi alle strutture del partito, indicando

l'utilità delle “sezioni comuniste, con i loro dirigenti”, nonché della “Federazione provinciale del P.C.I.” in quanto “fonte di informazione da tenersi sempre ben presente”76. Vittoria De Palma che prese parte ai vari viaggi, ricorda il ruolo dei “compagni” i quali “ci aiutavano [...] a penetrare” il ‘mondo popolare’; e “la gente” da loro convogliata “nelle varie sezioni di partito” e come in esse si svolgesse “l'incontro”77. Secondo un altro collaboratore, Giovannino Brandolini, le ricerche in Romagna vennero in parte finanziate dalla “Federazione del Partito comunista di

70 Ivi, p. 48. Nello stesso volume si vedano direttamente i taccuini di de Martino a p. 128. Cfr. anche la

Relazione sulla spedizione folkloristica in Lucania, 30 sett.-31 ott. 1952 pubblicata in E. de Martino, L’opera a cui lavoro. Apparato critico e documentario alla “Spedizione etnologica” in Lucania, a cura di C. Gallini, Lecce, 1996, p. 86. In una recente tesi di laurea e sulla base di una documentazione inedita tratta dall’Archivio de Martino, Annamaria Fantauzzi ha ulteriormente documentato l’aspetto finanziario del rapporto intrattenuto con la sezione culturale. In vista delle spese di viaggio e di soggiorno in Lucania, ovvero per la spedizione del giugno 1952, emerge in modo preciso il ruolo assunto da Salinari (A. Fantauzzi, Ernesto de Martino: dal campo al libro. Genesi e storia dell’opera antropologica relativa alla Magia lucana, Università di Pisa, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 2002-2003, p. 58).

71 E. de Martino, Una spedizione etnologica in Lucania (30 settembre-31 ottobre 1952), in “Società”, VIII, 1952, n. 4.

72 P. T.[oschi], Spedizione Etnologica in Lucania, in “Lares”, XIX, 1953, gennaio-dicembre. A p. 97 de Martino parla, invece, della Casa Editrice Einaudi, del Centro del Teatro e dello Spettacolo Popolare, dell’Universale Economica, della Società di Etnografia Italiana e del Centro Nazionale Studi di Musica Popolare.

73 E. de Martino, Note di viaggio, in “Nuovi argomenti”, I, 1953, fasc. 2 (maggio-giugno), p. 47. L’“iniziativa” viene attribuita al Centro etnologico italiano, tenendo presente “l’appoggio” del Centro nazionale di studi di musica popolare presso l’Accademia di Santa Cecilia. Gli stessi enti vengono segnalati in Spedizione in Lucania, in “Radiocorriere”, XXX, 1953, n. 32 (9-15 agosto), p. 17; in Etnologia e cultura nazionale negli ultimi dieci anni (“Società”, IX, 1953, n.3, p. 320) risulta condotta “a iniziativa del Centro Etnologico Italiano”.

74 Id., L’opera a cui lavoro, cit., p. 80, punto C. 75 Registrazione della conversazione del 3 dicembre 1973 pubblicata e curata da C. Bermani, Il mio Sud è il

Sud culturale, in “Il de Martino”, n. 5-6, 1996, p. 168. 76 C. Gallini, a cura di, Ernesto de Martino: scritti inediti sulla ricerca in Lucania, in “La ricerca

folklorica”, n. 13, 1986 aprile, p. 116; da lei ripubblicato in E. de Martino, L’opera a cui lavoro, cit., p. 71. 77 La testimonianza di V. De Palma si trova in Profondo Sud. Viaggio nei luoghi di Ernesto De Martino a

vent’anni da “Sud e magia”, a cura di C. Barbati, G. Mingozzi e A. Rossi, Milano, 1978, p. 29. Tratto da un’inchiesta televisiva prodotta dalla Rete Due della RAI.

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Ravenna”78. Ma al di là della questione economica e amministrativa certamente essenziale all’inizio

del viaggio etnologico, non meno rilevante fu il problema del ritorno. In una lettera aperta spedita a “La fiaccola” de Martino scriveva in questo senso: “Il materiale raccolto dalla spedizione sarà oggetto di una serie di conferenze che saranno tenute a Roma, Milano etc.”79. Noi esamineremo quella di Bologna, del 9 gennaio 1953, in occasione del II° Congresso nazionale della cultura popolare.

Togliatti non era presente, ma con un telegramma di augurio rivolse un saluto alla manifestazione bolognese; certo, formale e generico. Ma, tra i partecipanti che, più di altri, potevano sentirsi gli effettivi destinatari non è esagerato annoverare de Martino, quanto meno per il ruolo che, in quella iniziativa, aveva pubblicamente assunto. Per primo era salito sul palco della presidenza, con il compito di dichiarare aperto il congresso, invitando i tanti partecipanti a raggiungerlo80. In qualità di presidente della Commissione per le culture e le tradizioni popolari - sui cui lavori si era impegnato a riferire - è ancora lui a pronunciarsi “augurandosi che nel prossimo congresso della cultura popolare” quella commissione “divenga un organismo in cui il mondo popolare effettivo sia una maggioranza e dove si possa stabilire un dialogo concreto e continuo fra i rappresentanti delle classi sociali proletarie e gli uomini di studio”81. Ma alcune considerazioni introdotte da Emilio Sereni evidenziano un equivoco interno al dibattito che si teneva lì, dove la spedizione dalla Lucania approdava.

Con enfasi, Sereni allude alle “epiche battaglie che, all'ombra d’ogni campanile, si combattevano in ogni villaggio contro la superstizione”; le mette alla pari della lotta “contro l'analfabetismo, contro l'alcoolismo” intraprese a favore di una “cultura popolare laica, razionale, moderna”82. Il concetto di folklore presenterebbe degli “equivoci pericolosi” nei quali a Sereni sembra che “si incorra ancora spesso”. E precisa: “Non mancano [...] quelli che si preoccupano soltanto non dico di registrare, ma addirittura di mantenere in vita e di coltivare un uso tradizionale e barbaro, solo e proprio perché è tradizionale e barbaro”. Si trattava allora “di superare quell'elemento di passività culturale che è insito nella cultura popolare”; e di apprezzarne invece i “contenuti nuovi là dove un popolo s'impegna in lotte vive, attuali, moderne”83.

Non è chiaro fino a che punto il lavoro demologico demartiniano si sottragga o, al contrario, sia esposto a queste obiezioni. E’ tuttavia utile osservare come, per altri “aspetti” e sulla base di alcuni testi editi e inediti, ad Andrea Giardina parve che Sereni avesse addirittura anticipato “il grande tema del “folklore progressivo”, enunciato da Ernesto De Martino nel ’51” quando, tra l’altro, entrambi parteciparono ai già citati Tre dibattiti su “Letteratura e vita

78 Registrazione della conversazione avuta il 9 marzo 1996 pubblicata e curata da Bermani e Franco

Coggiola, in “Il de Martino”, n. 5-6, 1996, pp. 108-109: “[...] dove non arrivava il sostegno del partito c'era quello del sindacato. E allora se c'era necessità di trasferirsi una sera a Sant'Alberto in automobile, questa veniva messa a disposizione o dalla Federazione del Partito o dalla Camera del lavoro o dalla Lega dei braccianti”.

79 E. de Martino, Una spedizione etnologica in Lucania, in “La fiaccola”, novembre 1952, p.1. 80 La notizia si ricava dalla cronaca proposta da alcuni quotidiani: M. Venturi, Si è aperto a Bologna il

Congresso della cultura popolare, in “L’Unità”, 10 gennaio 1953, p. 3; nonché nell’articolo non firmato, Il congresso degli assenti al Teatro Comunale, in “Giornale dell’Emilia”, 10 gennaio 1953, p. 4, nella rubrica “Cronaca di Bologna”.

81 Dei passi della relazione sono pubblicati negli atti ufficiali (in “Letture per tutti”, V, 1953, n.1 (gennaio), p. 24) che qui leggiamo in riferimento a de Martino, La cultura e il popolo, in “Il Rinnovamento d’Italia”, 19 gennaio 1953.

82 Dal resoconto stenografico della relazione di Sereni, dal titolo Cultura nazionale e cultura popolare, pubblicato negli atti (cit., p. 4).

83 Ivi, p. 7.

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nazionale”84. D’altro canto e relativamente a de Martino, Luisa Mangoni ben sottolineò la proposta di pubblicare “una raccolta di saggi di etnologia sovietica concordata” fra lui e Sereni. Tale “suggerimento” (espresso a Pavese in una lettera dell’ottobre del ’49) indicherebbe “un sostanziale allineamento […] con quanto nella riunione della Commissione culturale del Pci [di giugno] era stato richiesto da Sereni”85 circa la rivalutazione della funzione dirigente dell’Unione Sovietica sul terreno culturale86. Sintonia quindi? Ma quand’anche fosse, nel gennaio del ’53 il contributo di de Martino non risulterebbe meno ambiguamente collocato dopo quel discorso preliminare sul concetto di folklore tenuto solo qualche ora prima.

Se la relazione di Sereni è riportata in dettaglio ne “L’Unità, al suo inviato la conferenza sul tema “viaggio in Lucania” appare appena e vagamente “interessante”87. Dei contenuti storico-religiosi e della mostra fotografica durante la quale, la sera, de Martino si era soffermato su alcune “immagini, che più da vicino lo vanno riportando al mondo di magia e di mito” parla invece Giuseppe Bartolucci che, in “Mondo operaio”, rilevava l’attenzione prestata ai “contadini stregoni” e ai “riti in occasione di morti”88: aspetti quanto mai emergenti che avrebbero portato a “un volume di etnologia lucana, secondo l’impegno assunto con Giulio Einaudi”89, ovvero Morte e pianto rituale nel mondo antico giunto a maturazione nel 1958.

A ciò dobbiamo aggiungere che gli appunti della spedizione troveranno una nuova sede di pubblicazione. Rimaneggiati nel 1953 per “Nuovi argomenti”90, de Martino si avviava intanto ad abbandonare “Società” alla quale aveva strettamente collaborato dal 1949. Tra il ’54 e il ’55 rileviamo un netto momento di passaggio tra le due riviste e, quindi, un nuovo orientamento del quale non si conoscono le ragioni, ma che - secondo la Gallini - potrebbero “toccare la questione dei suoi sempre più tesi rapporti col partito”91. Su “Società” sempre più pesava il marchio politico di rivista “ufficiale” o, quanto meno, pesava all’editore, Giulio Einaudi che, nel gennaio del ’53, interveniva presso Salinari, responsabile della Commissione culturale. “De Martino” risulta tra i nomi proposti per formare un “comitato redazionale” di “carattere più largamente consultivo” ed è segnalato tra le “persone” da includere “a noi vicine e che potremmo legarci più strettamente”92.

Ora, se di tensione si trattò, questa sarebbe però esplosa a poca distanza dall'iscrizione di de Martino al Pci. Il 26 novembre 1953, la Segreteria del partito ne aveva registrato e accolto la “Richiesta”93. Riguardo a questo atto di adesione e alle nuove scelte a cui diede luogo, acquista

84 A. Giardina, Emilio Sereni e le aporie della storia d’Italia, in “Studi storici”, 37, 1996, fasc. 3 (luglio -

settembre), p. 715 e nota 71. 85 L. Mangoni, Pensare i libri, cit., p. 537. La lettera di de Martino a Pavese, senza data è pubblicata

integralmente a cura di P. Angelini, La collana viola, cit., il passo citato si trova a p. 153. 86 A. Vittoria, La commissione culturale del Pci dal 1948 al 1956, in “Studi storici”, 31, 1990, fasc. 1

(gennaio - marzo), p.139; Id., Togliatti e gli intellettuali, cit., p. 14. 87 M. Venturi, Si è aperto a Bologna il Congresso della cultura popolare, cit., p.3. 88 G. Bartolucci, Il congresso della cultura popolare a Bologna, in “Mondo operaio”, n.s. VI, 1953, n. 2 (24

gennaio), p. 28. Sempre a Bartolucci dobbiamo la cronaca del convegno su l’“Avanti!”. 89 E. de Martino, Note di viaggio, cit., p. 47. 90 Ibidem. Questo e altri aspetti della collaborazione alla rivista di Moravia e Carocci nel mio recente

saggio Ernesto de Martino e “Nuovi argomenti”. Il ripristino della critica marxista in campo religioso, pubblicato in occasione del cinquantenario dalla fondazione (“Nuovi argomenti, n. 22 quinta serie, 2003 aprile - giugno, pp. 312-327).

91 C. Gallini, Le scienze umane nella rivista “Società”, in “Uomo e cultura”, XV-XVI, n. 29-32, 1982-1983, , p. 101.

92 Lettera dattiloscritta datata 14 gennaio 1953, in IG, b. 38, cit., fasc. “1953”, pp. 2-3; lungamente citata da L. Mangoni, Pensare i libri, cit., pp. 641-642.

93 Fondazione Istituto Gramsci, Archivio del Partito comunista italiano (d’ora in poi APC), Archivio Mosca, Segreteria, 1953, MF 165, b. 277, verbale della riunione del 26 novembre. In relazione alla “Richiesta di

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allora significato la testimonianza di Carlo Ragghianti che riporta le parole del direttore di “Nuovi argomenti”, Alberto Carocci, secondo il quale, in quel periodo, de Martino avrebbe accentuato “la sua professione comunista” dedicandosi “con quasi esclusivo impegno a ricerche etnologiche sull'Italia meridionale e sull'area mediterranea”94.

Quelli, però, erano gli anni in cui, tra equivoci e sottintesi, allarmava la tendenza “a mitizzare, o almeno ad attribuire un significato esemplare a certe forme di vita spirituale che […] si possono certo ritrovare tra i contadini meridionali”. In questi termini si esprimeva Mario Alicata il 20 novembre 195495, ovvero due mesi dopo Il meridionalismo non si può fermare ad Eboli dove, la già citata critica del ’52 rivolta da Togliatti alle “indagini sulla validità conoscitiva della stregoneria”96 riecheggiava, richiamata alla mente nel punto dove l’autore polemizza contro quelle “indagini concrete sul folclore” che presenterebbero “certi elementi di superstizione” nella forma di un “congeniale, e pur sempre valido, strumento di rappresentazione e di conoscenza della realtà”97. E’ addirittura possibile che il problema genericamente sollevato dal segretario del Pci sia stato riferito a de Martino, se letto nel contesto e alla stessa maniera in cui, contro di lui, è sembrato “obbedientemente” riproposto e sviluppato98 a due anni di distanza, su “Cronache meridionali”.

Dell’opposizione di Alicata non si può certo sottovalutare il peso; e né del saggio del settembre 1954. Pubblicato poco precedentemente alla sua nomina a responsabile della sezione culturale del Comitato centrale del Pci, esso non presentava un'opinione isolata. Nel “Mezzogiorno la linea che stava passando del realismo magico, della cultura del mondo contadino, e poi dell'etnografia, e poi della sociologia […] che apriva la strada alle spinte estremistiche” sembrava combattuta da quella “ferma e coerente polemica”. Anche Giorgio Amendola mette sotto accusa gli “studi etnografici di Ernesto De Martino”99. Salinari - il quale,

iscrizione al partito di Ernesto De Martino” troviamo indicati tra parentesi i nomi di “Pajetta G.C.” e “Salinari”. Risultano presenti “Togliatti, Longo, Secchia, Scoccimarro, D'Onofrio”. Il verdetto è positivo. Si legge: “Accogliere. Passare alla Federazione romana”.

94 C. L. Ragghianti, Marxismo perplesso. Arte cultura società politica, Milano, 1980, pp. 134-135. Lo scritto in questione è datato 1977. La testimonianza prosegue precisando che de Martino avrebbe contemporaneamente accentuato “le interfoliazioni esistenzialistiche del marxismo, causa le quali istanze, forse, era rimasto assai estraneo al pensiero di Gramsci”. La conversazione con Carocci è successiva alla fine del rapporto tra de Martino e Ragghianti o meglio, secondo le indicazioni fornite, non precedente all’anno in cui i due, in uno scambio di lettere, discussero gli argomenti implicati nel saggio Fenomenologia religiosa e storicismo assoluto, pubblicato da de Martino nel volume 1953-54 di “Studi e materiali di storia delle religioni” stampato, però, l’anno successivo.

95 Ampi brani della relazione di Alicata in R. V., Un dibattito sulla questione meridionale, in “Cronache meridionali”, II 1955, n. 1 (gennaio), p. 77: “qui si è caduti nell’errore di non comprendere che certi elementi che esistono certamente ancora oggi nel mondo morale, nel mondo religioso, nel mondo culturale dei contadini meridionali, e che sono fenomeni legati alla persistente arretratezza economica e sociale, vanno però isolati come manifestazioni residue di una condizione di assoggettamento contro la quale bisogna combattere e non come la manifestazione tipica, esemplare, di questo mondo”.

96 P. Togliatti, Intervento alla commissione culturale nazionale, cit., p. 198. Corsivo nostro. 97 M. Alicata, Il meridionalismo non si può fermare ad Eboli, in “Cronache meridionali”, 1954, settembre;

ripubblicato in Id., La battaglia delle idee, a cura di L. Gruppi, Roma, 1968, p. 68. Corsivo nostro. 98 A proposito di de Martino, P. Ferretti, Nota biobliografica, cit., p. 161: “Alicata, allineato

obbedientemente alla linea togliattiana del partito, scrive su “Cronache meridionali” un articolo polemico nei suoi confronti”; nonché C. Gallini, Introduzione a La fine del mondo, cit., p. LXXIII dove, alludendo alla riunione della commissione culturale dell’aprile 1952, scrive: “Alicata non faceva che riprendere e sviluppare una ben più dura, incisiva e autorevole stigmatizzazione di Togliatti”.

99 G. Amendola, Mario Alicata, partito nuovo e Mezzogiorno, in Mario Alicata. Intellettuale e dirigente politico, Roma, 1978, pp. 96-97. Degli studi di de Martino dice: “furono importanti, ma bisognava che non offuscassero la visione della questione meridionale come fatto storico, nato dalla storia, e superabile nella storia”.

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pur a più riprese, introdusse l’amico etnologo nelle attività sia dell'Istituto Gramsci, sia della Commissione culturale - considera quel saggio e il suo giudizio sul Cristo si è fermato ad Eboli di Levi “uno dei [...] più rigorosi ed acuti che la critica marxista abbia saputo produrre in Italia”. Egli vedeva aperta una “breccia” da chi stava operando per chiudere la “civiltà contadina arcaica [...] nei suoi miti, nelle sue superstizioni”100.

Il 10 dicembre 1954, de Martino rientrava nel dibattito prendendo di mira il II° Congresso del popolo meridionale tenutosi qualche giorno prima a Napoli. Durante una riunione presso l’Istituto Gramsci egli ne criticò la documentazione eloquentemente e serratamente “economica” della miseria delle plebi meridionali che, poco o per nulla, era stata studiata dal punto di vista “culturale”; e, di contro, sostenne la necessità di rivolgere l’attenzione “a tutti gli aspetti della soprastruttura”: non si poteva “essere assenti, per es., dagli studi di storia delle religioni”101. Difficilmente poteva non risultare a tutti evidente un suo - se pur non esplicito - riferimento ad Alicata che, più di tutti, aveva curato quell’iniziativa presiedendo il congresso napoletano e, poco dopo, pubblicandone gli atti nella rivista da lui diretta102. Indicandolo chiaramente, egli tornerà a parlare del concetto di “miseria culturale” il 15 gennaio del ’55, affermando in modo analogo che se il meridionalismo “non si può fermare ad Eboli”, tuttavia “non si può neanche esaurire nell’analisi e nella storia della struttura, o nelle inchieste sulle forme di miseria e di oppressione economica, sociale e politica”. Nello stesso contesto ritroviamo l’invito a esaminare il “processo storico-religioso” del Mezzogiorno103.

Propositi e contestazioni variamente espressi che, tuttavia, non convincevano; e non solo Alicata, ma neppure Arturo Colombi a cui l’Istituto Gramsci si era rivolto per redigere un rapporto sugli Orientamenti e compiti della storiografia marxista in Italia, discusso nella riunione del 10 dicembre 1954. Fra “gli studi e le pubblicazioni dei compagni storici elencati nell’appendice” Colombi non aveva riportato quelli di de Martino, che se ne rammarica considerandolo “forse ancora un sintomo di come venga trascurato tutto un genere di studi sovrastrutturali”104.

Il giorno dopo, Togliatti si dirà consapevole della necessità che gli “storici marxisti […] siano in grado di affrontare e affrontino tutti i temi della storia”105. Ma di questo giudizio il direttore dell’Istituto Gramsci stesso, Donini, non era stato “del tutto convinto”, nella misura in cui riteneva di essersi “sempre sforzato di applicare la metodologia marxista ad altri settori, e in

100 C. Salinari, Ricordo di Alicata in Tra politica e cultura, a cura di V. Spinazzola, Milano, 1980, pp. 29-

30. Il saggio è del dicembre 1967. La chiusura nel mondo arcaico si sarebbe svolta sulla base di una contrapposizione della civiltà contadina alla “città sfruttatrice e corruttrice di quel mondo […] presa nel suo complesso, come simbolo della civiltà industriale nella quale si trovano uniti capitalisti e operai”.

101 Il testo è ricavato da un verbale manoscritto della riunione. Sul primo foglio è scritto: “Discussione sul rapporto di Colombi sugli orientamenti e compiti della storiografia marxista in Italia svoltasi presso l’Istituto Gramsci il 10-12-1954”, conservato in IG, b. 38, cit., fasc. “Convegno storici”. Si veda a riguardo il lavoro di A. Vittoria, Togliatti e gli intellettuali, cit., pp. 56-57; e R. Di Donato, Un contributo su de Martino politico, cit., pp. XXVIII-XXIX.

102 Libertà e giustizia nel Mezzogiorno. Atti del secondo Congresso del popolo del Mezzogiorno e delle isole (Napoli, 4-5 dicembre 1954), supplemento al n. 1 del 1955 di “Cronache meridionali”. Relazione e conclusioni di M. Alicata, Il nostro meridionalismo è una conquista del Mezzogiorno alla democrazia, in “Rinascita”, XI, 1954, n. 11-12 (nov.-dic.), pp. 776- 779; in La battaglia delle idee, cit., pp. 75-82; in Intellettuali e azione politica, a cura di R. Martinelli - R. Maini, Roma, 1976, pp. 173-180.

103 E. de Martino, Etnografia e Mezzogiorno, in “Il contemporaneo”, 15 gennaio 1955, p. 5. 104 Cfr. sopra, nota 101. 105 Lettera di Togliatti a Donini dell’11dicembre 1954 in risposta alla relazione di Colombi, integralmente

pubblicata da A. Vittoria, Togliatti e gli intellettuali, cit., p. 273.

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modo particolare alla storia delle religioni”106. Affermato docente universitario, in quel periodo e di quella disciplina egli tentava di impartire un corso anche presso la Fondazione107.

De Martino si impegnò nel medesimo sforzo all’interno di quell’Istituto, tanto da sottolineare durante la detta riunione: “Occorrerà […] organizzare il nostro intervento al prossimo Congresso di storia delle religioni”108; “deve richiamare la nostra attenzione”109. Donini se ne era interessato, nel dicembre del ’51, chiedendo conferma a Raffaele Pettazzoni, responsabile dell’organizzazione, se veramente “il governo democristiano aveva “proibito”” di tenerlo a Roma. “La cosa è così grave” - gli scrisse - “che noi pensiamo non possa essere lasciata ulteriormente sotto silenzio; molti dei nostri amici, anzi, propongono che se ne faccia una pubblica discussione su riviste come Il ponte, Belfagor, Rinascita ed altre, oltre che sulla stampa quotidiana”110. Cinque mesi dopo de Martino interveniva su “L’Unità” contro quel “divieto” imposto dalla presidenza del Consiglio dei ministri111; e, il 27 aprile 1955, per esprimere il suo rammarico perché, nel corso di quella manifestazione finalmente realizzata nella capitale, per “ragioni indipendenti dalla volontà della presidenza, le rappresentanze dei paesi socialisti e a democrazia popolare” erano state “del tutto irrilevanti”112. Anche qui osserviamo un’azione parallela a Donini il quale, in precedenza, si era preoccupato di domandare se non fosse “opportuno, per la prima volta, rivolgere anche l’invito ad un gruppo di studiosi sovietici, che porterebbero una nota senza dubbio originale e interessante ai nostri lavori e aiuterebbero a spezzare tante barriere e tanti privilegi”; e su Pettazzoni aveva contato affinché provvedesse all’invito ufficiale “per poter”, nei confronti di quei studiosi, “far richiesta del visto presso le nostre autorità consolari a Mosca”113.

Malgrado questa sinergia, all’invito di Togliatti ad allargare gli orizzonti storiografici in ambito marxista, non sembra corrispondere l’inserimento di de Martino nel partito o in organismi a esso legati. Anzi, il suo ruolo diventa ancora più marginale, soprattutto in seguito alla relazione di Colombi. Allo scopo di fare il punto sui vari problemi polemicamente sorti, il 14

106 A. Donini, Sessant’anni di militanza comunista, Milano, 1988, p. 151. 107 APC, Istituti e organismi vari, 1953, IG, rif. 0408 e 1718-1725; e IG, b. 36, fasc. “Materiale vario I. G.

Dall’archivio Pci presso direzione Pds”. Dattiloscritto firmato da Donini e datato 26 novembre 1953, nel paragrafo “Piano di lavoro per il 1953-54”. L’idea di questi corsi nasceva con l’intenzione di far fare “il primo passo in direzione di una futura trasformazione della Fondazione Gramsci in università libera”.

108 Cfr. supra, nota 101. 109 IG, b. 38, cit., fasc. “Convegno storici”. Tratto da un altro blocchetto di appunti anonimi e manoscritti su

fogli a quadretti, non numerati, con l’intestazione “Colombi. Storia Mov. Operaio Italiano (Interventi)”. L’utilità di questo confronto di fonti è stata segnalata e apprezzata da A. Vittoria, Togliatti e gli intellettuali, cit., p. 209, nota 30.

110 IG, b. 14, Corrispondenza Donini anni ’50, fasc. “Pettazzoni”, copia di lettera datata 19 dicembre 1951. A Pettazzoni scrive: “noi non vogliamo iniziare nessuna polemica senza il tuo accordo e senza aver prima avuto uno scambio d’idee con te. Forse potremo vederci un momento dopo la tua lezione all’Università in uno dei prossimi giorni”.

Di particolare valore per un’ulteriore determinazione dei rapporti tra i due storici delle religioni è un passo di una lettera del 5 febbraio 1953: “Ti sono molto grato” Pettazzoni scriveva a Donini “del gentile pensiero col quale hai voluto associarti ai miei allievi più giovani nel porgermi gli auguri pel mio settantesimo anno, che sarà l’ultimo del mio insegnamento. Grazie del magnifico dono, e soprattutto delle parole che mi hai scritto anche a nome dei tuoi colleghi della Fondazione Gramsci, e dell’Onorevole Togliatti, al quale particolarmente ti prego di esprimere la mia riconoscenza per tanta cortesia” (Ibidem).

111 D.M., Città moderna o città metafisica? La “missione” di Roma, in “L’Unità”, 24 maggio 1952, p.3. L’articolo che non è firmato, ma siglato, è attribuito a de Martino dalle più recenti bibliografie.

112 E. de Martino, In margine a un Congresso internazionale. La Storia delle religioni, in “l’Unità”, 27 aprile 1955, p. 3.

113 IG, b. 14, cit. Nella lettera del 20 ottobre 1954 Donini offre un elenco di nomi di studiosi sovietici sulla base della sua conoscenza “delle loro opere nel campo delle discipline storico-religiose”.

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e 15 dicembre 1954, si tenne una riunione presso l’ufficio di Gian Carlo Pajetta, responsabile della commissione propaganda. Convocati alcuni studiosi presenti all’incontro del giorno 10114 egli non rimane escluso, ma della sua partecipazione non viene trascritto quasi nulla, se non che: “Chiede un dibattito sulla partiticità della scienza storica”115. Tra l’altro, la proposta è scartata tra quelle che l’Istituto Gramsci decideva di promuovere. I progettati dibattiti avrebbero dovuto vertere “non tanto su questioni generali di metodo (come la “partiticità degli studi storici” [il tema da lui avanzato] e simili), ma su questioni più determinate (Le origini del riformismo, il Congresso di Genova, Giolitti, ecc.)”116.

A de Martino, però, il segretario dell’Istituto, Sergio Bertelli, non esiterà a rinviare Charles Parain, vice-presidente della Société d’Ethnographie française che aveva fatto presente il desiderio di informarsi presso qualche specialista italiano sullo stato e sulle tendenze delle ricerche etnografiche nostrane117. Bertelli rispose, il 26 ottobre 1955, di aver segnalato la sua lettera “au camarade Ernesto De Martino” al quale avrebbe potuto rivolgersi “pour tout ce qui concerne les problèmes de l’ethnographie”118 e al quale, a sua volta, comunicò due giorni dopo: “Pensiamo che nessuno meglio di te possa dare al compagno Parain quelle notizie, da studioso a studioso, che egli desidera, e ci siamo pertanto permessi, nella nostra risposta, di segnalare il tuo indirizzo”119.

Solo due mesi dopo Alicata, responsabile della Sezione culturale, scriveva ad Alessandro Natta, direttore dell’Istituto Gramsci: “il compagno Ernesto De Martino è venuto ancora una volta a porci la questione della sua scarsa utilizzazione anche da parte dell’Istituto” presso il quale, non a caso, la missiva era stata indirizzata, ammettendo che “in effetti qualcosa di vero ci sia”; e quindi proponeva di includerlo “fra i collaboratori della Sezione Storica dell’Istituto, invitandolo alle riunioni e in ogni caso tenendo conto della sua consulenza per il nostro lavoro”120. E’ un’ammissione inaspettata dopo i contrasti e le incomprensioni del 1954, che svela un aspetto inedito del rapporto tra i due, evidentemente ancora da approfondire al di là della polemica provocata dal saggio Il meridionalismo non si può fermare ad Eboli. Questa lettera - di rara chiarezza - sembra produrre qualche effetto.

Inserito nel programma dell’Istituto Gramsci per l’anno 1956-57, di cui il direttore Natta inviò uno schema - ancora non “definitivo” - alla Segreteria del Pci, in allegato a una lettera del 28 settembre 1956, de Martino è indicato come curatore di un “Corso di lezioni, con Seminario”

114 Copia dattiloscritta conservata in IG, b. 38, cit., fasc. “1954” (allegata a una lettera indirizzata “Al

compagno Del Guercio Commissione Culturale Direzione PCI” datata 17 dicembre 1954) dove “De Martino Ernesto” compare tra i “presenti”. Cfr. A. Vittoria, Togliatti e gli intellettuali, cit., p. 69 e relativa nota 28.

115 IG, b. 38, cit., fasc. “Convegno storici”. Blocchetto di fogli non numerati, manoscritti. In testa al primo foglio la data: “14.12.1954”.

116 Facciamo riferimento alla terza pagina del verbale dattiloscritto citato sopra, nota 114, ma anche alla copia manoscritta, sostanzialmente identica collocata nella medesima busta, ma nel fasc. “Convegno storici”. Per agevolarne l’identificazione riportiamo la prima riga: “Il 14 e 15 dicembre si sono”.

117 IG, b. 15, Corrispondenza Natta 1956, fasc. “Parain”, lettera del 20 ottobre 1955 di Parain a “Chers camarades”.

118 Ivi. La lettera distrattamente datata “26 octobre 1956”, è evidentemente scritta l’anno precedente dal momento in cui tutte le altre del carteggio Bertelli/Parain (tra le quali si trova collocata) portano delle date che vanno dall’ottobre del ’55 al gennaio del ’56. Dal punto di vista della collocazione archivistica e per quel che riguarda gli argomenti trattati, essa è collegabile oltre che alle suddette lettere del fasc. “Parain”, anche a quella contenuta nel fasc. “De Martino” (sempre della Corrispondenza Natta) che Bertelli subito dopo a lui rivolse il 28 ottobre 1955.

119 Ivi, fasc. “De Martino” che conserva soltanto questa lettera. 120 IG, b. 10, Corrispondenza anni ’50, fasc. “Sezione Culturale”, lettera dattiloscritta datata 29 dicembre

1955.

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sul tema de “L’idea di religione in Italia” nell’ambito della “sezione di Critica e Arte”121. I fatti di Ungheria avrebbero poi distolto l’attenzione da quel programma che non sarà quasi per nulla attuato. Dal canto suo, in una lettera a Pietro Secchia, nei primi mesi del 1957 de Martino avvertiva e considerava una tendenza “pericolosa […] quella di ostinarsi a voler assolvere i propri compiti […] attraverso organismi di partito quali la Fondazione Gramsci”122. Maggiormente spicca un contrasto rispetto ai lavori del congresso della Federazione comunista romana ai quali egli aveva poco precedentemente preso parte in qualità di delegato della sezione di Monteverde Vecchio123; un altro paradosso che va contestualizzato.

Il 1957 è l’anno in cui, secondo una notizia comunemente condivisa, de Martino non rinnova l’iscrizione al Pci. Ciò è stato interpretato come il sintomo di un distacco politico determinato dalla “tragica svolta storica dei carri armati sovietici contro gli Ungheresi a Budapest”124; da altri, invece, come la “conseguenza di reiterate e insoddisfatte richieste di libertà culturale, per sé e per gli intellettuali operanti nel partito”125. Ma forse - e per quel che più ci riguarda, in questa sede - egli era semplicemente stanco “di pagare un prezzo molto alto in due direzioni tra loro opposte: inviso” non solo “a una parte almeno dei suoi compagni per le sue

121 Ivi, fasc. “Segreteria Partito”, minuta dattiloscritta dello schema del programma fissata con un fermaglio

alla suddetta lettera di Natta. Il nome della sezione “di Critica e Arte” è aggiunto a mano e modifica la sottostante indicazione: sezione “letteraria”, cancellata con dei tratti di penna.

122 Lettera senza data, ma scritta poco dopo l’VIII Congresso del Pci, nel febbraio o marzo 1957, secondo Di Donato (Compagni e amici, cit., p. 30) che ne cura la pubblicazione (Ivi, p. 37).

123 Ivi. Cfr. il paragrafo “L’intervento di Ernesto”, p. XXXI e sgg. 124 V. Lanternari, La mia alleanza con Ernesto De Martino e altri saggi post-demartiniani, Napoli, 1997, p.

28. Sui fatti di Budapest era stata scritta la famosa e cosiddetta “lettera dei 101” firmatari i quali, il 29 ottobre 1956, insieme si appellavano al comitato centrale del Pci affinché consentisse un più ampio e autocritico dibattito. Nelle varie edizioni, in essa tuttavia figurava un numero di adesioni minore a quello che dal nome del documento ci si aspetterebbe. Una spiegazione è data da N. Ajello secondo il quale alle firme mancanti “se ne aggiunsero successivamente altre 6” raggiungendo così la cifra conosciuta (Intellettuali e Pci, cit., p.538 nota 22; e come già osservava S. Bertelli, La crisi del ’56 e il PSI, in Trent’anni di politica socialista (1946-1976), Roma, 1977, p. 117 nota 29; in riferimento a G. D’Amelio, La lotta politica del 1956 fra gli universitari e gli intellettuali comunisti di Roma, in “Passato e presente”, n.13, gennaio-febbraio 1960); ma non dice di chi. Tra questi c’è de Martino che ha lasciato la sua firma autografa in calce alla lettera originale (APC, Federazioni, Roma, 1956, rif. 0446 – 0802 a me segnalata e data in visione da Albertina Vittoria). Si potrebbe obbiettare che le firme mancanti, compresa la sua, più che aggiungersi si siano allora perse prima di arrivare, 5 giorni dopo, alla pubblicazione della lettera su “Il Punto” dove non vi è traccia della sua presenza. E’ ipotizzabile un ritiro tempestivo del suo sostegno, o una dimenticanza? Ci limitiamo a indicare la dissociazione di oltre 60 firmatari che, con successo, chiesero a “L’Unità” di rendere nota. Sottoscritta anche da de Martino, in essa si dichiarava “falsato lo spirito” della suddetta iniziativa dato lo sconfinamento del dibattito all’esterno del partito e la tradita volontà inizialmente unanime di “sollecitare che fosse l’Unità e non altri giornali a dare alle stampe la lettera” (Isolato il tentativo di spostare il dibattito sul terreno frazionista, in “l’Unità”, 3 novembre 1956, p. 2). Di Vittoria si veda ora Il Pci, le riviste e l’amicizia. La corrispondenza fra Gastone Manacorda e Delio Cantimori, in “Studi storici”, n. 3-4, 2003, p. 832. Vi è poi un appunto rinvenuto da Di Donato, dove de Martino scriveva di non aver dato il suo voto alla lettera (Un contributo su de Martino politico, cit., p. XXXV, nota 24, punto a); non dice quale, ma non credo si possa intendere quella dei 101, piuttosto un’altra precedente e di protesta rivolta, nei primi di settembre, da studenti e docenti universitari romani contro la violenta replica di Togliatti a un articolo di Fabrizio Onofri (cfr. G. D’Amelio, La lotta politica del 1956, cit., pp. 1713-1716 per i vari risvolti). Proprio di Onofri, tra l’altro, l’appunto parla nello specifico, a differenza del manifesto dei 101 che non ne tratta. Inoltre quest’altra iniziativa presso l’università dove de Martino insegnava in quel momento, è contestuale a una sua missiva che, come fa notare Di Donato, riproduce vari passi dell’appunto. Tale missiva non è datata ma, nella prima frase, si riferisce a un articolo del primo settembre (Compagni e amici, cit., p. 8 e p. 11 nota 45). Tra le carte della Federazione romana, devo ancora ad A. Vittoria la conoscenza di un’altra lettera firmata assieme ad altri da de Martino, indirizzata alla segreteria del Pci, non datata ma affiancata a una copia del 21 ottobre 1956 su “gli avvenimenti in corso nella Repubblica Popolare Polacca” (APC, Federazione, cit., rif. 0446 – 0796 e 0797-0798).

125 C. Gallini, Introduzione a E. de Martino, La fine del mondo, cit., p. LXXVI.

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posizioni revisioniste”, ma anche “alla destra accademica in quanto comunista”126. Conversando con Luciano Dondoli presumibilmente nel 1960, de Martino avrebbe

parlato “subito confidenzialmente dei suoi problemi: insegnava all’Università di Cagliari [dalla fine del 1959] da dove pensava, ed era buon profeta, che non sarebbe mai stato chiamato sul continente a causa delle sue idee”127. E’ possibile che fosse “mal visto dai benpensanti dell’ambiente accademico […] perché era un uomo di sinistra, politicamente impegnato”? Il sospetto era venuto, quanto meno, ad Angelo Brelich128, uno dei suoi principali avversari - e poi, di fatto, il vincitore - al concorso per la cattedra romana di Storia delle religioni conclusosi il primo dicembre 1958. Brelich ricorda di aver trovato una certa disponibilità presso alcune “persone”; una delle quali, fermandolo “un giorno nel corridoio della Facoltà”, gli confidò di essere disposto a favorirlo al momento della scelta della commissione giudicatrice. Egli si dice “sicuro” che quella “benevolenza” avesse lo scopo di contrastare l’ingresso del collega nella Facoltà “per ragioni politiche”129. Pure Giuseppe Cocchiara si preoccupava sul serio che quella passione civile socialista, “in quegli anni di “caccia alle streghe” guardata con forte sospetto, potesse essere nociva al progredire nella carriera accademica dell’amico carissimo”130. Nel ’53, fu lui a metterlo “in guardia” dall’ambiente universitario; e a fargli notare, in una lettera del 5 settembre, che quando poneva una sua “candidatura per un incarico” si sentiva spesso rispondere: “- ma De Martino non ridurrà tutto a propaganda?”131.

Non meno complessa è la questione del distacco dal partito quando, poi, la si considera in relazione a quella del ritorno. In una famosa tesi di laurea e in base alla testimonianza della compagna di de Martino - la signora Vittoria De Palma - M. Cavani sostenne che quest’ultimo “attorno al ’58 ritornò a iscriversi”. Una conclusione poco accettabile, secondo Di Donato132. Giovanni Agosti e Maurizio Sciuto parlarono invece di un “suo ritorno estremo, nel 1964”133, poco prima di morire l’anno dopo a maggio. Sempre a proposito della tessera del Pci, Bermani affermò che “in seguito la riprenderà” senza però fare “più militanza”134.

La questione rimane aperta e tanto più si ripropone tenendo conto delle successive iniziative promosse dall’Istituto Gramsci. Nel resoconto della riunione del gruppo direttivo del 28 febbraio 1957, de Martino figura tra le persone che ci si proponeva di invitare “a far parte del

126 R. Di Donato, Un contributo su de Martino politico, cit., p. XLII. 127 L. Dondoli, Incontri con Ernesto de Martino, in “Storia, antropologia e scienze del linguaggio”, X,

1995, fasc. 3, p. 170 dove insiste sul carattere “clericale” del regime che “in quel periodo vigeva in Italia”. 128 A. Brelich, Storia delle religioni, perchè?, a cura di Vittorio Lanternari, Napoli, 1979, p. 65. 129 Ivi, p. 67. 130 G. Bonomo, Introduzione a La magia segno e conflitto, a cura di M. Giacomarra – J. Vibaek, Palermo,

1979, p. 14. L’autore usa il carteggio Cocchiara/de Martino e, in questo caso, si riferisce alla lettera del 1° settembre 1953 dove quest’ultimo parla della sua “passione civile socialista”, ovvero della “passione civile di Gramsci” nonché delle riserve avanzate da Cocchiara sull’opportunità di scoprirla negli scritti scientifici (lettera poi pubblicata in M. A. Nicolosi, Il concetto di cultura nell’opera di Giuseppe Cocchiara. Alcuni aspetti della demologia italiana del secondo dopoguerra, in “Uomo e cultura”, VIII/IX, n. 15-18, 1975-1976, , pp. 89-91).

131 Si tratta della risposta alla lettera del 1° settembre (cfr. nota precedente), pubblicata a cura di P. Angelini, Dall’epistolario di Ernesto De Martino, cit., p. 203, dove Cocchiara è preoccupato perché, in quel periodo, lui stesso era stato accusato in “un articoletto di un tal Giarrizzo […] di voler fare del folklore una scienza che può servire soltanto alla propaganda marxista”. Altra documentazione si trova in L. Mangoni, Pensare i libri, cit., pp. 520-521 nota 324 a proposito dell’“impegno […] con cui Cocchiara si occupava di una sistemazione universitaria per de Martino” tra il 1948 e il ’50.

132 R. Di Donato, Un contributo su de Martino politico, cit., p. XLII dove, nella nota 33, cita il passo dello studio della Cavani che qui riportiamo.

133 G. Agosti, M. Sciuto, L’atlante del pianto di Ernesto de Martino, in La contraddizione felice?, a cura di R. Di Donato, cit., p. 191.

134 C. Bermani, Le date di una vita, cit., p. 27.

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Comitato promotore” di un Convegno di studi gramsciani, prevedendo che sarebbe stato successivamente interessato all’iniziativa “da Salinari”135; anche se, in vista di questa riunione e relativamente a quel comitato, il suo nome non era considerato dal presidente dell’Istituto, Ranuccio Bianchi Bandinelli136. Di fatto, collocato solo all’interno del “Comitato d’onore”, il 3 luglio risulta aver già aderito137; ma senza poi lasciare tracce, se non il suo nome in un elenco della voluminosa pubblicazione ufficiale degli atti138, quand’anche da altri e se pur velocemente furono toccati “i problemi relativi alla religione”139, a “lo studio del folklore”140, sfiorando il tema della “religione popolare”141.

De Martino appariva nell’elenco dei presenti alla riunione del 18 ottobre 1957 sul tema de “L’Unione Sovietica dopo il XX Congresso” che Franco Ferri allegò a una lettera indirizzata il giorno successivo a Luigi Longo, presso la Direzione del Pci142; così anche in quello dei “compagni invitati al dibattito sull’“Unità Socialista”- Relatore il comp. Giorgio Amendola” del 29 gennaio 1958143. Ancor di più la natura del convegno di studio su “Marxismo e sociologia” lascerebbe immaginare una sua attività che, però, non si rileva né dai verbali della discussione svolta a Roma tra il 18 e il 19 aprile 1959 da Lucio Colletti, Tullio Seppilli e Mario Spinella144, né in due elenchi degli invitati145. Quando dell’Istituto sarà fondata la rivista, salvo per una breve recensione del 1961 sul tema delle Rivoluzioni anticoloniali e culti millenaristici, egli ne resterà in disparte146.

A più riprese, in campo storiografico, si è venuto cronologicamente collocando il voluto o subito distacco dal Pci. Le notizie in merito, non tutte concordanti, esitano a precisare il momento in cui, forse con altrettanta esitazione, de Martino maturava nuove idee sui rapporti tra intellettuali e partito, dando modo, a chi lo giudicasse, di avvertirne i cambiamenti. In questo

135 IG, b. 39, Archivio Istituto 1956-1959, fasc. “Materiale vario Istituto Gramsci 1957”, dattiloscritto con

indicato in alto: “Riunione del comitato direttivo dell’Istituto Gramsci (2°). 28 Febbraio 1957 – Resoconto sommario”, p.1.

136 IG, b. 66, Convegno di studi gramsciani, Roma 14-15-16 dicembre 1957, 11-13 gennaio 1958, fasc. “Alicata Mario”, lettera di R. Bianchi Bandinelli inviata ad Alicata responsabile della commissione culturale del Pci, datata 25 febbraio 1957, p.2.

137 Ivi, fasc. “Documenti”, lettera non firmata del 3 luglio 1957 intestata “Istituto Gramsci” e da indirizzare “A tutti i membri del C. Direttivo”. Di de Martino si dice che aveva “risposto in senso positivo” all’invito; e “accettato di far parte del Comitato d’Onore”, come si legge in un’altra lettera che, in quello stesso giorno, Bianchi Bandinelli rivolse a Roberto Cessi (Ivi, fasc. “Cessi Roberto”).

Sui vari problemi riguardanti le adesioni al convegno si veda A. Vittoria, Togliatti e gli intellettuali, cit., p. 133.

138 Istituto Antonio Gramsci, Studi gramsciani. Atti del convegno tenuto a Roma nei giorni 11-13 gennaio 1958, Roma, 1958, p. VII.

139 Ivi, intervento di Cesare Luporini a p. 41 e a pp.464-466. 140 Ivi, intervento di Raimondo Manelli, Note sulla poesia dialettale ternana, p. 187. 141 Ivi, intervento di Angiola Massucco Costa, Aspetti sociologici del pensiero gramsciano, p. 203. 142 IG, b. 39, cit., fasc. “1957”, sottofasc. “1° dibattito “L’Unione Sovietica dopo il XX Congresso” Longo

18 ott. ‘57”. L’elenco in ordine alfabetico è dattiloscritto e su carta velina. Il nome di de Martino figura accompagnato da una crocetta.

143 Ivi, sottofasc. “Unità Socialista. Giorgio Amendola 29.1.58”. Nella b. 45, Attività varie 1959, fasc. “Convegni [illegibile]”, sottofasc. “B – Incontri - dibattito” troviamo un altro elenco di nomi inseriti in una tabella. Sulla riga di “De Martino E.” vi è una crocetta segnata nella colonna numero “4” dove “Amendola” (nella corrispondente riga) risulta essere il “Rel.[atore]”. E’ probabile che questo documento si riferisca al suddetto dibattito del gennaio 1958.

144 IG, b. 70, Marxismo e sociologia 18-19 aprile 1959. Ho consultato gli atti rilegati e le varie relazioni. 145 IG, b. 45, Attività varie 1959, fasc. “Convegno Marxismo e sociologia 18-19 aprile ‘59”. Un primo

elenco di 4 fogli dattiloscritti ed un altro blocco di 5 fogli non numerati. 146 E. de Martino, Rivoluzioni anticoloniali e culti millenaristici, in “Studi storici”, 2, 1961, n.2 (aprile-

giugno), p. 417-420, nella rubrica “Cronache bibliografiche”.

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senso, nell’estate 1958 e in occasione del prestigioso premio letterario di Viareggio, a un redattore del “Il contemporaneo” poté sembrare che, nell’opera candidata e vincitrice Morte e pianto rituale, egli “avesse almeno in parte rinunciato alla sua concezione della milizia intellettuale”147. Ne immaginiamo il perché, ma non senza coglierne la stonatura, quanto meno rispetto al giudizio che de Martino stesso, l’anno seguente, avrebbe pronunciato contro i “limiti della cosiddetta cultura di sinistra dell’ultimo decennio, troppo letteraria e velleitariamente politica per essere riformatrice e responsabile”148: in questi termini si espresse a una riunione organizzata in vista della cosiddetta “Conferenza intellettuali” che, il 6 e il 7 giugno 1959, poi riunì a Firenze diverse personalità per iniziativa delle maggiori riviste italiane quali “Il contemporaneo”, “Il pensiero critico”, “Il Ponte”, “Nuovi argomenti”, “Officina”, “Ulisse”.

Un rimprovero, quindi, per non aver assunto un carattere seriamente politico nella riforma che, culturalmente, la sinistra avrebbe dovuto in questo modo avviare. Ricaviamo quest’ultima considerazione da un documento, per altro, privo di problemi che il nostro non abbia già abbondantemente e pubblicamente formulato. In effetti e di nuovo, egli affermava “la responsabilità dello scrittore di fronte alla clericalizzazione della cultura nazionale, l’esigenza di un nuovo umanesimo e di un nuovo laicismo, e la importanza attuale di una coscienza storico-religiosa degli italiani”; ma questa volta, presentendo che, in quella sede, non si volesse “toccare deliberatamente questo punto per ragioni di prudenza”. Sfiducia, quindi, ma anche intransigenza quando egli non esclude “di poter trattare il tema “religione e cultura nazionale””, nel “caso che venisse accolta questa” sua “istanza”149. Siamo alla fine degli anni ’50 e a queste parole facevano riscontro quelle di Salinari, intervenuto in conclusione, contro il pericolo da cui quel dibattito avrebbe dovuto premunirsi; affinché, cioè, si evitasse di dar sfogo alla “delusione per la rivoluzione mancata o, se si preferisce, per la resistenza tradita”150. Salinari si rivolgeva a Guido Piovene, Eugenio Garin, Pier Paolo Pasolini e altri, come appunto de Martino che, in seguito, pur figurando aver in precedenza mandato la sua adesione, non parteciperà al convegno151.

147 R. Dal Sasso, Premio Viareggio 1958, in “Il contemporaneo”, 1958, agosto-settembre, pp. 81-82.

L’autore bada “all’assenza e alla non verificazione di posizioni tendenzialmente, almeno, rivoluzionarie, che affidavano, in ultima istanza, alla realizzazione del socialismo il completo e autonomo affiorare all’umanesimo degli strati popolari anche più arretrati” (Ivi, p. 81).

148 Suggestivo è aver trovato presso la Fondazione Istituto Gramsci il verbale di questa discussione tra le Carte Togliatti/corrispondenza/carte personali, sezione “Singoli” del relativo inventario “carte scrivania”, alla voce “De Martino Ernesto. Firenze 1959. Per intervento a conferenza degli intellettuali” ed in riferimento alla sezione “Regioni e province”: “Firenze - 0175”, ovvero “1959. Verbale conferenza intellettuali- dattiloscritto”.

149 Ibidem. 150 Ivi, alla voce “Salinari Carlo. Firenze 1959” con lo stesso rinvio al suddetto verbale della “conferenza

intellettuali”. 151 Nella rubrica “Ritrovo”, Scrittori italiani a convegno, in “Il ponte”, 1959, fasc. VI, p. 883.

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«Nuovi Argomenti». Il ripristino della critica marxista in campo religioso [pubblicato in «Nuovi argomenti», n. 22, Quinta serie (aprile – giugno 2003)]

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1.

Nell’archivio storico della Biblioteca comunale di San Giovanni in Persiceto è conservata la lettera con la quale Alberto Carocci, il 27 ottobre 1958, contattò uno dei maggiori esperti italiani di storia delle religioni, Raffaele Pettazzoni, per invitarlo a prendere parte ad «un numero di Nuovi Argomenti dedicato al mito». A questa lettera venne allegato un apposito programma poi pubblicato come introduzione alla monografia; «un programma» -così si aggiungeva- «che il Prof. Ernesto De Martino ci ha aiutato a compilare»1.

Questa notizia è confermata dalla testimonianza di un altro dei partecipanti a questa iniziativa, Annabella Rossi. In occasione di un’inchiesta televisiva prodotta dalla Rai alla fine degli anni Settanta, la ormai direttrice del Museo Nazionale di Arti e Tradizioni Popolari dichiarò di aver conosciuto il noto demologo «subito dopo la laurea, quando, curatore del numero [...] su Mito e civiltà moderna [...], pensò di includervi parte della mia tesi»2.

In questa occasione de Martino divenne quasi un terzo coordinatore della rivista; o, se non altro, tutti coloro che furono inclusi in questo numero gli gravitavano intorno. Diego Carpitella era un suo affezionato compagno di ricerca. Il loro primo incontro -così come ricorda il musicologo- «risale verso gli inizi del ’52», poco prima di unirsi per la spedizione etnografica in Lucania3.

Con Remo Cantoni si era scontrato in un dibattito dei primi anni Quaranta sull’interpretazione neo-kantiana della magia, tra le pagine della rivista di Antonio Banfi «Studi filosofici», nonché di «Studi e materiali di storia delle religioni» diretta da Pettazzoni. Anche quest’ultimo era una vecchia amicizia: suo assiduo redattore e collaboratore, lo conosceva sin dal ‘33, quando gli presentò la tesi di laurea grazie all’intercessione di Adolfo Omodeo4. Vittorio Lanternari, infine, fissa al 1948 quella che egli amò chiamare: la loro “alleanza”5. In questo numero di «Nuovi argomenti» confluisce un pezzo della vita intellettuale di de Martino.

Egli ebbe allora un peso decisivo per la rivista; ma è vero anche il contrario. In parte, infatti, deve proprio a essa il primo ufficiale riconoscimento universitario nel marzo del

1 BIBLIOTECA COMUNALE “G.C. CROCE” di San Giovanni in Persiceto, Fondo Raffaele

Pettazzoni, Carteggio A. Carocci/R. Pettazzoni. 2 ROSSI A., In viaggio con Ernesto De Martino, in AAVV, Profondo Sud. Viaggio nei luoghi di

Ernesto De Martino a vent’anni da “Sud e magia”. Una grande inchiesta alla TV, Milano 1978, p. 7. Sui suoi rapporti con de Martino si consideri la controversa partecipazione alla spedizione nel Salento, nel 1959, sulla base dell’intervista di Giovanni Jervis MERICO M., Ernesto de Martino la Puglia, il Salento, 2000 Napoli, p. 92; e del saggio di IMBRIANI E., Annabella Rossi nel solco di de Martino, in Annabella Rossi e la fotografia. Vent’anni di ricerca visiva nel Salento e in Campania, Napoli 2003, p. 119-124.

3 CARPITELLA D., Le tre valenze di de Martino. “Il mio Sud è il Sud culturale” (Conversazione del 3 dicembre 1973 a cura di C. Bermani), in “Il de Martino”, n. 5-6 (1996), p. 167 (numero monografico: Tra furore e valore. Ernesto de Martino).

4 GANDINI M., Ernesto de Martino e Raffaele Pettazzoni: dall’incontro dei primi anni Trenta all’autunno del 1959- Documenti, in “Rivista di Storia della storiografia moderna”, n.1-3., A. XVII (1996), p. 144.

5 LANTERNARI V., La mia alleanza con Ernesto De Martino e altri saggi post-demartiniani, Napoli 1997, p. 2.

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1963 allorché, dopo anni di straordinariato, veniva finalmente nominato Ordinario alla Facoltà di Magistero dell’università di Cagliari. Tra i meriti scientifici che gli valsero la nomina, la commissione (composta da Paolo Brezzi, Luigi Heilmann ed Angelo Brelich) rilevò e apprezzò proprio quel suo “studio intitolato Mito, scienza religiosa e civiltà moderna (in “Nuovi Argomenti” 1959), in cui sono riprese questioni del metodo storicistico nel campo degli studi religiosi, già affrontato in suoi lavori precedenti e portate qui ad ulteriore approfondimento”6.

L’attività di de Martino all’interno della rivista, tuttavia, era iniziata qualche anno prima. Egli collaborò dal secondo numero, nel ’53, fino a qualche mese prima dalla sua morte nel maggio ’65. I suoi contributi furono in tutto dodici7: più di Moravia, che alla prima serie prese parte undici volte; più di Sergio Solmi (dieci volte), Elèmire Zolla, Franco Fortini e Pier Paolo Pasolini (nove volte), per ricordare solo gli scrittori particolarmente assidui. Dopo «Studi e materiali di storia delle religioni» fu la rivista alla quale collaborò con maggiore impegno, scrivendone 241 pagine concentrate, però, nell’arco di poco meno di dodici anni, mentre le 282 pagine dedicate alla rivista di Pettazzoni si diluiscono in un lasso di tempo di quasi trent’anni. Intervenne dodici volte anche in «Società», ma per un totale di sole 108 pagine. Non è solo una questione di quantità.

«Nuovi argomenti» costituì una sorta di trampolino di lancio. Qui, de Martino pubblicò Apocalissi culturali e apocalissi psicopatologiche (1965), uno degli assaggi della sua ultima fatica rimasta incompiuta: un raro e prezioso indizio sul significato e sulla struttura di questo progetto ancora oggi fonte di discussioni, malgrado la pubblicazione postuma dei vari appunti, curata da Clara Gallini ne La fine del mondo8. Sempre in «Nuovi argomenti» egli propose un anticipo di Morte e pianto rituale nel mondo antico, ovvero Crisi della presenza e crisi del cordoglio, con il quale compose il primo capitolo dell’opera che, nell’estate del ‘58, gli valse il premio Viareggio.

2. I legami con «Nuovi argomenti» vanno intesi anche nel contesto affettivo che

strinse de Martino ad Alberto Moravia, in un’amicizia discreta e forse per questo a lungo sottovalutata. Solo negli anni Novanta alcuni studiosi (Giovanni Agosti, Maurizio Sciuto, Riccardo Di Donato) hanno notato la presenza dello scrittore al suo funerale, in occasione del quale prese la parola accanto a Carlo Levi e Ranuccio Bianchi-Bandinelli9. Questo lascia trasparire un particolare sentimento di stima, molto più di una distaccata relazione di lavoro.

6 ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Ministero della Pubblica Istruzione, Prof. Ord. (3° vers.),

b. 165 “De Martino Ernesto”, “Relazione della Commissione giudicatrice per la promozione dei professori Ernesto De Martino e Ugo Bianchi a ordinari di Storia delle religioni”, datato: “Roma, 11 marzo 1963”.

7 La partecipazione di de Martino a «Nuovi argomenti»: Note di viaggio, n. 2 (maggio-giugno) 1953; Relazione in Cagnetta F., Inchiesta su Orgosolo, n° 10 (settembre-ottobre) 1954, pp.71-74; Considerazioni storiche sul lamento funebre lucano nonché Postilla. Intorno a una polemica, n. 12 (gennaio-febbraio) 1955; Coscienza religiosa e coscienza storica: in margine a un congresso, n. 14 (maggio-giugno) 1955; Presentazione a D. Dolci, Pagine di una inchiesta a Palermo, n. 17-18 (novembre-febbraio) 1955/1956; Otto domande sullo Stato guida, n. 25 (marzo-aprile) 1957; Stato socialista e libertà di cultura, n. 27 (luglio-agosto) 1957; Perdita della presenza e crisi del cordoglio, n. 30 (gennaio-febbraio) 1958; Mito, scienze religiose e civiltà moderna, n. 37 (marzo-aprile) 1959; Postilla a Scarcia, n. 59-60 (novembre 1962-febbraio 1963); Apocalissi culturali e apocalissi psicopatologiche, n. 69-71 (luglio-dicembre) 1964, ma pubblicato nel marzo 1965.

8 DE MARTINO E., La fine del mondo. Contributo all’analisi delle apocalissi culturali, Torino 1977; ristampato nel 2002 dalla Einaudi, sempre a cura di Clara Gallini, in collaborazione con Marcello Massenzio.

9 AGOSTI G./ SCIUTO M., L’atlante del pianto di Ernesto de Martino, in: AAVV, La contraddizione felice? Ernesto de Martino e gli altri, a cura di R. Di Donato, Pisa 1990, p. 192.

DI DONATO R., Introduzione. Un contributo su de Martino politico, in: DE MARTINO E./ SECCHIA P., Compagni e amici. Lettere di Ernesto de Martino e Pietro Secchia, Firenze 1993, p. LI e ripubblicato in I Greci selvaggi. Antropologia storica di Ernesto de Martino, Roma 1999, p. 183.

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Dacia Maraini aggiunge qualche altro significativo particolare di cui fu testimone diretta. Si apprende, così, dell’interesse di Moravia per Morte e pianto rituale dal quale -ella mi disse in una conversazione del 21 luglio 2000 - rimase fortemente colpito e di cui amava parlare. Dei loro frequenti incontri è rimasto intatto il ricordo di alcune cene durante le quali de Martino parlava del suo ultimo (e incompiuto) progetto. Moravia risulta instaurare un rapporto privilegiato proprio con quelle due opere i cui anticipi, prima della pubblicazione monografica, confluirono nella rivista. L’amicizia e l’intesa intellettuale tra i due fanno da sfondo a questi accordi editoriali.

Nel «piccolo gruppo» che si riuniva in occasione di quelle cene, Maraini ricorda pure la presenza di un altro scrittore di «Nuovi argomenti», Franco Cagnetta. Di questo circolo di amici rimane traccia in quei ricordi di Moravia richiamati alla memoria da Alain Elkann, nella famosa intervista svoltasi più di quindici anni fa. E’ un particolare rimasto inedito, ma riemerso in una delle minute conservate al «Fondo Moravia», dove leggiamo: a «Nuovi argomenti» «[...] collaboravano antropologi come Ernesto De Martino». A differenza della versione pubblicata, in questa bozza il commento prosegue specificando: «e come Franco»; seguito da uno spazio lasciato in bianco forse per dar modo di inserirvi successivamente il cognome rimasto imprecisato. Si tratta sicuramente di Cagnetta, tra i pochi antropologi che all’epoca frequentavano la rivista e la cui familiarità spiegherebbe l’uso del semplice nome di battesimo per indicarlo. Ricordando la partecipazione antropologica a «Nuovi argomenti», Moravia lo aveva associato a de Martino10.

Qualcosa del rapporto con Moravia e Cagnetta riemerge in una lettera di de Martino a Pietro Secchia al quale confidava, nel dicembre del ’56, alcuni dubbi sulla loro comparsa all’VIII Congresso nazionale del Pci messa in risalto, in quei giorni, da un giornalista de «L’Unità». Evidentemente de Martino conosceva bene le rispettive posizioni politiche. Quasi si intravedono le discussioni private che possono aver suscitato un certo disappunto e a cui, tra l’altro, accenna in quella stessa lettera quando scrive: «Moravia [...] batte ormai le vie del più palese anticomunismo, e spero che nessuno si lascerà ingannare dal fatto che egli sedesse, in compagnia di Carlo Levi e di Franco Cagnetta (!) “nel banco a destra della presidenza” come premurosamente avverte la didascalia che accompagna la foto di stamattina sull’Unità»11.

I momenti, qui allineati, documentano alcuni tratti di un’amicizia interna a «Nuovi argomenti» che ridisegna il contesto nel quale si svolse la partecipazione di de Martino alla rivista. Inoltre viene evidenziato un aspetto politico sul quale credo non si possa sorvolare.

3. De Martino incontrò Moravia prima che fondasse la sua rivista, su una delle scene

culturali del Pci quando, nel 1951, al Teatro delle Arti di Roma, entrambi presero parte ai Tre dibattiti su “Letteratura e vita nazionale” organizzati dalla Fondazione Gramsci. Nell’opuscolo d’invito (uno dei rari documenti originali rimasti) si legge della relazione di Moravia, 30 maggio, sul Carattere non nazionale-popolare della letteratura italiana; nonché di de Martino, primo giugno, dedicata a Gramsci e il folklore.

In realtà l’incontro si svolse in un’occasione politicamente informale; così informale da suscitare la reazione del partito con un aspro intervento di Ambrogio Donini alla riunione della Commissione culturale nazionale del 30 ottobre. A proposito della conferenza quest’ultimo rilevò «la impreparazione della maggior parte di quelli che partecipavano a questa discussione e quindi il senso di insoddisfazione e spesso anche di confusione che ne

10 MORAVIA A./ELKANN A., Vita di Moravia , Milano 1990, p. 160; ASSOCIAZIONE FONDO

MORAVIA, Archivio, DATT. B. 041. 11 Lettera pubblicata in DI DONATO R. (a cura di), Compagni e amici. Lettere di Ernesto de Martino e

Pietro Secchia, cit., p. 14.

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nasceva in mezzo al nostro pubblico»; e aggiunse: «Noi abbiamo pensato che il convegno degli studi gramsciani deve essere non un gettar la carne in pasto alle belve ma deve essere prima di tutto una impostazione, da parte del Partito, di quella che è la interpretazione del pensiero, dell’opera, della azione di Antonio Gramsci»12.

Nel ’53 de Martino e Moravia si rincontreranno in «Nuovi argomenti» con quegli stessi propositi critici rimproverati da Donini in occasione del primo incontro intellettuale. La rivista era stata fondata, appunto, per «rompere la crosta dogmatica del marxismo» - come Moravia disse -13; perché si tentasse una «mediazione» con «la cultura tout court [...] e -sul piano più direttamente politico- il Pci»14.

In questo senso si può parlare del contesto criticamente marxista di «Nuovi argomenti», dove de Martino si inseriva diventandone un collaboratore stabile; e, tanto più, se ne può parlare nella misura in cui la sua partecipazione era andata intensificandosi nel momento in cui si interruppe quella a «Società»: così da passare definitivamente, dal 1954 all’anno successivo, da una rivista ufficiosamente legata al partito a quella di un eccentrico intellettuale di sinistra quale era Moravia. Non per questo, però, credo sia lecito pensare a un radicale distacco dal Pci. Secondo Alberto Carocci egli avrebbe addirittura accentuato «la sua professione comunista» negli anni della collaborazione15. Inoltre, sulla base di alcune ricerche d’archivio, Riccardo Di Donato ha mostrato come de Martino avesse sottoposto una bozza del suo intervento all’inchiesta sullo Stato guida (poi pubblicata nel n. 25 del 1957) alle amichevoli critiche di Pietro Secchia, esponente del Partito comunista16. Tra l’altro egli aveva fatto il suo ingresso nella rivista proprio con Note di viaggio nelle quali volle far risaltare la «passione civile di Gramsci»17. Di più: a soli sei mesi di distanza da quel primo articolo egli fece «richiesta di iscrizione» al Pci. Risulta da un verbale della Segreteria del partito del 26 novembre 1953, dove troviamo annotato: «Accogliere. Passare alla Federazione romana»18. Questo documento d’archivio non permette solo e finalmente di puntualizzare un aspetto biografico dibattuto; ma, soprattutto, di avvertire la dimensione comunista che fa da cornice alla critica storico-religiosa, nel momento in cui iniziò a svolgerla in questa rivista.

Mi sembra opportuno che, nell’ambito di una ricerca interessata alla partecipazione di de Martino a «Nuovi argomenti», si rifletta sulle sue relazioni con il Pci. Perché proprio di questo egli volle parlare quando appunto, nei numeri 25 e 27, si pronunciò apertamente sui rapporti da tenere con il partito. Il problema politico venne aperto in questi articoli dai quali

12 FONDAZIONE GRAMSCI, Archivio dell’Istituto Gramsci, Sca. 32/A (Attività I. G. Programmi

corsi seminari convegni 1950-1985. Si cita anche dalla busta 63 (Convegno studi gramsciani 1952) il dattiloscritto: Impostazione del convegno degli studi gramsciani recante l’annotazione manoscritta: “Informazione alla riunione nazionale dell’Ufficio culturale: 30.X.1951”.

Sul convegno del ‘51 rinvio anche a CIRESE A. M., Intellettuali, folklore, istinto di classe. Note su Verga, Deledda, Scotellaro, Gramsci, Torino 1976, p. 142; VITTORIA A., Togliatti e gli intellettuali. Storia dell’Istituto Gramsci negli anni Cinquanta e Sessanta, Roma 1992, pp. 23-24; ANGELINI P., Gramsci, De Martino e la crisi della scienza del folklore, in: AAVV, Antonio Gramsci e il “Progresso intellettuale di Massa”, a cura di G. BARATTA/ A. CATONE), Milano 1995, p. 66 e sgg; SEVERINO V., Ernesto de Martino nel Pci degli anni Cinquanta, in «Studi storici», A. 44 (2003), fasc. 2 (aprile - giugno), pp. 529-532; ristampato in questa sede, capitolo III.

13 MORAVIA A./ELKANN A., Vita di Moravia, p. 159. 14 MORAVIA A./AJELLO N., Intervista sullo scrittore scomodo, Bari 1978, p. 41. 15 Ricordo di RAGGHIANTI C. L., Marxismo perplesso. Arte cultura società politica, Milano 1980, pp.

134-135 (lo scritto in questione è datato 1977). 16 DI DONATO R. (a cura di), Compagni e amici. Lettere di Ernesto de Martino e Pietro Secchia, cit.,

pp. 48-54 17 Lettera a Cocchiara del primo settembre 1953, pubblicata in: NICOLOSI M. A., Il concetto di cultura

nell’opera di Giuseppe Cocchiara. Alcuni aspetti della demologia italiana del dopoguerra, in “Uomo e cultura”, n°15-18 (gennaio/dicembre), A. VIII/IX (1975/1976), p. 90.

18 FONDAZIONE GRAMSCI, Segreteria PCI, Archivio Mosca, MF 165.

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gli studiosi demartiniani (Giuseppe Galasso, Clara Gallini, Riccardo Di Donato, Patrizia Ferretti, Cesare Bermani, ecc.)19 hanno tratto le loro conclusioni. Ma soprattutto va capito che la politica era parte integrante della sua riflessione antropologico-religiosa. Lo si potrà comprendere meglio dopo aver considerato il concetto di alienazione come trait d’union con Moravia, nell’ambito del marxismo praticato nella sua rivista.

4. In Perdita delle presenza e crisi del cordoglio, pubblicato nel n.30 di «Nuovi

argomenti», de Martino aveva scritto che nell'«alienazione» avviene una crisi del dominio degli oggetti, ovvero avviene un'«alienazione del dominio oggettivo» (punto 1) la quale «comporta l'esperienza di una disposizione maligna delle cose e degli eventi». Ciò farebbe sembrare «gli oggetti» delle «potenze [...] estranee» (punto 2). Più precisamente il «rischio di alienazione del dominio oggettivo» comporterebbe «l'esperienza [...] di un "esser-agito-da” che si sostituisce "all'agire su" della oggettivazione» (punto 3); che darebbe «luogo alla interpretazione che» dei propri «pensieri o affetti [...] altri [...] ne siano padroni». Così scrisse anche in un successivo articolo di «Nuovi argomenti» (n.37) quando inquadrò l'«alienazione» all’interno del problema della «riappropriazione» (punto 4). «Il rischio dell'alienarsi» coinvolgerebbe la stessa «potenza oggettivante»; la «stessa energia oggettivante della presenza» (punto 5)20.

Questi cinque punti corrispondono alla lettura marxista che de Martino intraprese in alcuni appunti pubblicati postumi ne La fine del mondo. A proposito dei «significati» che la «alienazione ha per Marx», si legge: «in regime di lavoro alienato, viene sottratto all'uomo l'oggetto della produzione» (punto1), così che il «prodotto del lavoro» - e quindi «ogni oggetto della produzione» - «diventa estraneo rispetto al lavoratore e ad esso ostile» (punto 2). Secondo Marx, «allo sdoppiamento attivo» - con il quale l'«uomo vede se stesso in un mondo fatto da lui» - «subentra lo sdoppiamento servile della alienazione spossessante» (punto 3). Questo «spossessamento», o «espropriazione» (punto 4) comporterebbe non solo una «perdita del prodotto del lavoro», ma anche della stessa «attività del produrre» (punto 5)21.

L’analisi marxista del lavoro si rivela una delle chiavi di lettura con la quale interpretare il meccanismo psicologico ritenuto essenziale al lamento funebre. In questo senso, nell’articolo citato di «Nuovi argomenti», de Martino aveva messo esplicitamente in rapporto i «momenti critici che sono connaturati alla civiltà capitalistica come tale ( [...] le forme spietate di sfruttamento)» con la psicopatologia inerente alla crisi alienante della morte e del pianto religiosamente reintegrata22. In altre pagine di questa stessa rivista (nel n.12) egli individuava proprio nelle condizioni del lavoro contadino (il «duro lavoro dei campi») e nel rapporto con il «padrone» alcuni dei fattori che suscitano i «rischi [...] di alienazione» poi ritualmente fronteggiata23.

«Nuovi argomenti» era la sede ideale per praticare questo esperimento di critica marxista. Moravia stesso, sin dalle primissime pagine, con un articolo su Il comunismo al potere e i problemi dell’arte, aveva proposto un allargamento del significato

19 GALASSO G., Croce Gramsci e altri storici, Milano 1969, p. 234 e p. 227; GALLINI C.,

Introduzione a La fine del Mondo, cit., p. LXXVI; DI DONATO R., cit., pp. XLI-XLII; FERRETTI P., Nota biobibliografica, in: DE MARTINO E., Scritti minori su religione marxismo e psicoanalisi, a cura di ALTAMURA R./ FERRETTI P.), Roma 1993, p. 162; BERMANI C., Le date di una vita, in “Il de Martino”, n.5-6 (1996), p. 27.

20 DE MARTINO E., Perdita della presenza e crisi del cordoglio, in “Nuovi argomenti”, cit., pp. 54-55. A proposito della riappropriazione: ID., Mito, scienze religiose e civiltà moderna, cit., p. 36.

21 ID., La fine del Mondo, cit., p. 433. 22 ID., Perdita della presenza e crisi del cordoglio, cit, p. 62. 23 ID., Considerazioni sul lamento funebre lucano, cit., pp. 12-13.

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dell'«alienazione» estendendolo, in quel caso, dall'«operaio» all'«artista»24. Esponente di spicco di questa riflessione, egli fu chiamato in causa su «L’Espresso» quando, tra maggio e giugno del ’62, vari intellettuali (da Arrigo Benedetti, a Pier Paolo Pasolini, Paolo Volponi, Enzo Siciliano) aprirono una polemica sull’opportunità di un simile straripamento concettuale dell’alienazione oltre i limiti del lavoro in fabbrica25. Tra le pagine di «Nuovi argomenti» e sotto la sua direzione, questo termine dilagava spiegando non solo l’Alienazione e relazione umana nel lavoro industriale (come fece Alessandro Pizzorno nel n. 8)26, ma anche la religione (con de Martino) e l’arte (con Moravia). Tra l’altro gli interessi artistici e religiosi del periodico si combinavano a una viva attenzione per la condizione operaia, con numerosi articoli e un’inchiesta sulla Fiat.

Certamente il concetto di “alienazione” demartiniano non è un prodotto genuinamente

marxista, se non altro perché coinvolge la “miseria psicologica” di Pierre Janet, il “tutt’altro” di Rudolf Otto, l’anonimia e l’angoscia di Heidegger, ecc... Tuttavia è anche vero che, nel ’46, de Martino ne aveva parlato proprio in rapporto al «marxismo» e al «comunismo»27; così nel ’47, in relazione al «Partito» in cui «milito» (il Partito socialista) il quale -egli disse- avrebbe potuto realizzare una società non alienante28. Nel ’48, ne Il mondo magico, questo termine è adoperato con il significato implicito alla «alienazione dei prodotti del lavoro»29.

Insistere sul marxismo potrebbe comunque sembrare una forzatura; ma non se si vuole cogliere l’originalità assunta nel quadro di «Nuovi argomenti», dove le ricerche sull’alienazione magico-religiosa evidenziano una particolare derivazione dall’analisi del lavoro elaborata, per esempio, ne Il Capitale o nei Manoscritti economico-filosofici del 1844. L’esperimento sulle disfunzioni dell’oggettivazione operaia che ci sembra praticato nell’articolo del ’58, esprimerebbe la prospettiva di una rivista che orientava il marxismo oltre la sfera politico-economica entro la quale era stato inserito dal comunismo italiano del secondo dopoguerra. La rivista di Moravia e Carocci era nata per questo.

«Nuovi argomenti» era sorta – nei propositi della Presentazione al primo fascicolo - per denunciare i limiti «schiettamente politici» entro i quali il comunismo aveva continuamente e pubblicamente chiuso i suoi dibattiti; appunto si proponeva di «spingere all’estremo, con un’opera di scavo tutto quello che è rimasto a metà strada» aprendo il comunismo «ai problemi che esso solleva per la vita delle lettere e delle arti»30. De Martino, già nel fascicolo successivo, contribuì a un’apertura verso i problemi che esso sollevava nel campo delle scienze religiose. Ecco il nuovo argomento, in un’epoca in cui su «Rinascita», sin dal ’45, si dichiarava che «il marxismo [...] non interviene nelle dispute, nelle controversie e nelle lotte di carattere religioso»31; o si ricordava, nel clima della campagna elettorale del ’51, che: «I marxisti continuavano ad essere...marxisti [...] ma, appunto per questo, evitavano con cura qualsiasi parola e qualsiasi atto che potesse dividere le masse lavoratrici, il popolo, sul

24 MORAVIA A., Il comunismo al potere e i problemi dell’arte, in “Nuovi argomenti”, n.1 (marzo-

aprile) 1953, p. 13 e sgg. 25 Su «L’Espresso»: A.B. [Arrigo Benedetti], La problematica volubile, 13 maggio (n.19), p. 6;

Moravia A., I miei problemi, 20 maggio, p. 3 (n.20); AAVV, Dossier di una polemica letteraria, 3 giugno (n.22) con gli interventi di Pasolini P. P., Volponi P., Siciliano E. a pp.18-19. Ma anche, nella rubrica “La settimana”: Scioperi e alienazione, 8 luglio (n° 27), p. 4.

26 PIZZORNO A., Alienazione e relazione umana nel lavoro industriale, in “Nuovi argomenti”, n. 8 (maggio-giugno) 1954.

27 DE MARTINO E., Marxismo e religione, in “Socialismo”, n. 3 (marzo), A. II (1946), p. 55. 28 Lettera parzialmente pubblicata in MILANESCHI C., Ernesto de Martino e il Cristianesimo, in

“Studi e materiali di storia delle religioni”, Vol. 51° (1985), p. 254 nota 62. 29 DE MARTINO E., Il mondo magico. Prolegomeni a una storia del magismo, Torino 1948, p. 258. 30 NON FIRMATO, Presentazione, in «Nuovi argomenti», n. 1 (marzo-aprile) 1953, pp. 1-2. 31 LA ROCCA V., Marxismo e religione, in «Rinascita», A. II (1945), n.9-10 (sett.-ott.), p. 203.

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terreno religioso»; aggiungendo: «Oggi come ieri noi dobbiamo affermare il nostro rispetto per la religione cattolica»32. Nel ’58, nell’ennesima riflessione sulle «masse cattoliche in balìa delle forze clericali» era stato ribadito il «costante rifiuto dell’alto contendente [“del movimento che si ispira alla ideologia marxista”] di scendere sul terreno della lotta di religione»33. In quello stesso anno, mentre «Rinascita» insisteva ad allontanare Marx dalla religione, di contro su «Nuovi argomenti» si con-fondeva l’analisi marxista del lavoro in età capitalista con la psicologia della morte e del pianto ritualizzati dal cattolicesimo popolare meridionale. E’ il divario tra il de Martino moraviano e il Pci di Togliatti.

Tra il ’57 e il ’58 «Rinascita» attenuava le distanze pubblicando, a cura di Ambrogio Donini, due articoli sui testi di Qumran e l’origine del cristianesimo. Lì si citò Engels e si parlò di «alienazione» intesa come «processo [...] tipico di ogni ideologia religiosa»34. Ma è ben poca cosa di fronte a una linea di separazione tra comunismo e religione che la politica di Togliatti, da quattordici anni, si era impegnata a segnare in Italia.

32 MONTAGNANA M., La Chiesa e le elezioni, in «Rinascita», A. VIII (1951), n.6 (giugno), p. 287. 33 COPPOLA A., Il destino delle masse cattoliche in balìa delle forze clericali, in «Rinascita» A. XV

(1958), n°2 (febbraio), p.87. Sulla separazione tra comunismo-marxismo e religione si veda anche, sempre su “Rinascita”: REALE

E., Comunisti e cattolici, A. I (1944), n.1 (giugno), pp. 17.18; RODANO F., Quistione Vaticana, A. III (1946), n°11-12 (nov.-dic.), pp. 295-303; ID., L’articolo 7, A. IV (1947), n°4 (aprile), pp. 76-78; GERRATANA V., Lettera a un cattolico, A. V (1948), n.4-5 (aprile-maggio), pp. 159-160; trafiletto della redazione introduttivo a: ALESSANDRINI A., Un cattolico espone le ragioni del movimento dei cristiani progressisti, A. VI (1949), n.4 (aprile), p. 162; TONACA BIANCA, Scomparsa del sacerdote?, A. IX (1952), n.9 (settembre), pp. 522-523; CAPALOZZA E., Noterelle sul ministero elettorale dei vescovi, A. X (1953), n. 7 (luglio), pp. 439-440; AAVV, Inchiesta sull’anticomunismo, A. XI (1954), n.8-9 (agosto-sett.), pp. 554-561; AMENDOLA G., Dieci anni dopo, A.XII (1955), n.5 (maggio), p. 333; PIRANI M., I cattolici nella marcia verso il socialismo, A. XIII (1956), n.7 (luglio), pp. 345-346; TOGLIATTI P., Una proposta massimalista: abolire il Concordato, A. XIV (1957), n.5 (maggio), pp. 206-209.

34 I due articoli in “Rinascita” di DONINI A., I Manoscritti ebraici del Mar Morto e le origini del Cristianesimo, A. XIV (1957), n°12 (dicembre), pp. 609-616; I manoscritti del Mar Morto [nella rubrica: “La battaglia delle idee”], A. XV (1958), n° 4 (aprile), p. 286.

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APPENDICE

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Da Raffaele Pettazzoni a Carlo Alberto Blanc. Una premeditata successione all’incarico di Etnologia

[“Studi e materiali di storia delle religioni”, vol. 70, 2004, n.s. XXVIII,2]

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Istituita dal 1932 e tra le discipline della Scuola romana di studi storico-religiosi, l’Etnologia rimase inattiva finché Raffaele Pettazzoni tenne il primo corso ufficiale nel ’361. Se un decreto reale la aggiungeva alla laurea in Geografia tra le materie fondamentali; e complementari per Scienze naturali, biologiche e geologiche2, fu ancora lui a chiedere con successo “che l’esame” venisse “incluso fra quelli della Facoltà” di Lettere riunita in Consiglio il 4 giugno 19373. Successivamente, egli provò ad inserirla nella Scuola di scienze coloniali e, con quei fondi, a finanziarla4. Sono alcune notizie dei molti sforzi intrapresi in direzioni diverse quando, in quegli anni e nelle tabelle relative agli incarichi, Pettazzoni figurava come “migliore cultore della materia”, nella colonna “Osservazioni”5.

Molto altro potremmo aggiungere in proposito, ma qui basterà fermarci, nel punto in cui già ben risalta “l’imbarazzo della scelta di un successore”; e tanto più imbarazzava quanto appariva “difficilissima, e quasi disperata”. Il 20 giugno 1939, il preside della Facoltà si associava a queste parole pronunciate dal collega Michelangelo Guidi in risposta al desiderio espresso da Pettazzoni “di essere dispensato dall’incarico […] divenuto per lui troppo gravoso in seguito ad altri importanti e imprescindibili impegni”. Egli accettò “provvisoriamente” che questo gli fosse “conferito”, ma dicendosi “intanto fin d’ora disposto a studiare il modo migliore di provvedere alla successione” 6.

Il 7 novembre Alberto Carlo Blanc ringraziava Pettazzoni “per la fiducia” di cui l’onorava7; da lui era stato “invitato […] a sostituirlo”8. Non ci stupisce se, a quel punto, il

1 S. Zincone, L’inserimento della Letteratura cristiana antica, in: M.P. Ciccarese (a cura di), La

Letteratura cristiana antica nell’università italiana. Il dibattito e l’insegnamento, Fiesole 1998, p. 223. M. Gandini, Raffaele Pettazzoni nelle spire del fascismo (1931-1933). Materiali per una biografia, in “Strada maestra”, n. 50 (1° semestre 2001), p. 88. Nel ’32 la disciplina figurava con il nome di “Etnologia religiosa”.

2 M. Gandini, Raffaele Pettazzoni intorno al 1935. Materiali per una biografia, in “Strada maestra”, n. 52 (1° semestre 2002), pp. 255-256. R. d. del 7 maggio 1936, n. 882.

3 Archivio Centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione (d’ora in poi: ACS, MPI), Direzione Generale Istruzione Superiore, miscellanea di divisioni diverse I-II-III (1929-1945), b. 95, fasc. “Roma incarichi 1937-38”.

4 Ivi, b. 98, fasc. “incarichi d’insegnamento 1938-1939 Roma - Università”, verbale del Consiglio di Facoltà di Lettere e Filosofia, 7 giugno 1938.

5 Ibidem. 6 ACS, MPI, Direzione Generale Istruzione Superiore, Div. I, commissioni libere docenze, incarichi,

corsi di cultura militare (1935-1949), b. 21, fasc. “1 – Roma incarichi d’insegnamento 1939-40”, verbale del Consiglio di Facoltà, 20 giugno 1939.

7 Biblioteca comunale “G. C. Croce” di San Giovanni in Persiceto, “Fondo Pettazzoni”, lettera dattiloscritta di Blanc a Pettazzoni, 7 novembre 1939. L’esame della corrispondenza si è arricchito di un dialogo

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Senato accademico si opponeva, in quanto giuridicamente insolito risultava il ruolo creatosi del “supplente di un incaricato”. Risalta, invece, l’insistenza con la quale Pettazzoni ritenne nell’interesse degli studi condurre così il corso a termine, tanto da sollecitare il rettore in questo senso, con una lettera datata 12 febbraio 19409. Se poi, a giugno, il preside insisteva perché mantenesse l’incarico “per un anno almeno ancora”, a luglio egli non desisterà “dal suo proposito di rinuncia”10. Solo relativamente al ciclo accademico 1940/41 la Facoltà poté deliberare che l’incarico fosse affidato a Blanc, intanto e tuttavia presente tra gli aspiranti alla cattedra di Paletnologia resasi vacante11 e impegnato in un istituto di Geologia dal 193512.

Per volontà di chi per primo l’aveva introdotta in ambito umanistico presso l’università a Roma, l’etnologia si orientava sulla base di una deviazione non improvvisata. Dopo alcuni anni, del nuovo docente e presso il Consiglio di Facoltà, Pettazzoni volle ancora lodare la “preparazione nel campo paletnologico” in quanto, a suo parere ed in quel caso, anzi costituiva “un vantaggio”13. Già in vista della sostituzione avvenuta il 13 dicembre 1939, egli lo aveva invitato ad “indirizzare il corso all’esame dei parallelismi tra le culture dei popoli “primitivi” attuali e di quelli della Preistoria”; e su questo tema svolse alcune lezioni preliminari14. Contemporaneamente, Pettazzoni introdusse un lavoro presentato da Blanc alla Società Italiana per il Progresso delle Scienze, indicando l’appartenenza della paletnologia alla “scienza etnologica”, sottratta alla “scienza archeologica”15.

Tra i possibili successori, accanto a Blanc, si diedero alternative che richiamerebbero

tortuose considerazioni, se non altro per il ruolo svolto da Pettazzoni nell’esortare i giovani a

con Mario Gandini che, casualmente, ma contemporaneamente si occupava del medesimo materiale nell’ambito della biografia pettazzoniana da lui diretta.

8 ACS, MPI, Direzione Generale Istruzione Superiore, Div. I, commissioni libere docenze, incarichi, corsi di cultura militare (1935-1949), b. 32, fasc. “Roma incarichi d’insegnamento 1944-45”, sottofasc. “Div. I Boccassino Renato”, lettera dattiloscritta di Blanc al Ministro della Pubblica Istruzione, 2 gennaio 1945, c.1 (di tre cartelle). Oppure si veda A. C. Blanc, Etnolisi. Sui fenomeni di segregazione in biologia ed in etnologia, in “Rivista di antropologia”, vol. XXXIII (1940-1942), p. 6: “or sono quasi due anni, il Prof. Raffaele Pettazzoni mi ha fatto l’onore di chiedermi di sostituirlo nell’insegnamento dell’Etnologia”. L’articolo formulava una comunicazione scientifica presentata da Blanc nell’adunanza del 26 aprile 1941 della Società Romana di Antropologia.

9 M. Gandini, Raffaele Pettazzoni negli anni 1939-1940. Materiali per una biografia, in “Strada maestra”, n. 55 (2°sem. 2003), in corso di stampa, paragrafo L’insegnamento di Etnologia nell’a.acc. 1939-40. La seduta del Senato accademico a cui l’autore fa riferimento si svolse il 25 gennaio 1940.

10 ACS, MPI, Direzione Generale Istruzione Superiore, Div. I, commissioni libere docenze, incarichi, corsi di cultura militare (1935-1949), b. 24, fasc. “Roma 1940-41”, verbali del Consiglio di Facoltà di Lettere e Filosofia, 13 giugno e 3 luglio 1940.

11 Ivi, adunanza del Consiglio di Facoltà di Lettere e Filosofia del 3 luglio 1940. Per la cattedra di Paletnologia resasi vacante in seguito all’allontanamento del prof. Rellini furono presentate sei domande di aspiranti all’incarico (tra cui quella di Blanc) poi assegnato a Pietro Barocelli. Pettazzoni nell’occasione osservava che la paletnologia aveva “assunto tale sviluppo che” era “difficile che una stessa persona” potesse “dominarne l’intero campo dal quaternario all’età del ferro” e quindi suggeriva di “tener distinto l’insegnamento della paleontologia umana da quello della paletnologia dal neolitico in giù”.

12 “Assistente volontario presso l’Istituto di Geologia della R. Università di Pisa dal 1° marzo 1935 al 1° giugno 1936. Aiuto incaricato presso il medesimo Istituto dal 1° giugno 1936 al 15 giugno 1938. Professore incaricato di Geologia presso il medesimo Istituto dal 29 ottobre 1938 al 28 ottobre 1939” (Notizie sull’operosità scientifica e didattica di Alberto Carlo Blanc, Roma 1959, p.3).

13 ACS, MPI, Direzione Generale Istruzione Superiore, Div. I, commissioni libere docenze, incarichi, corsi di cultura militare (1935-1949), b. 32, cit., verbale, 20 novembre 1944.

14 A. C. Blanc, Etnolisi, cit., p. 6.; M. Gandini, Raffaele Pettazzoni negli anni 1939-1940, cit., dagli appunti rimasti del corso introduttivo svolto nelle prime due settimane del mese di dicembre. Pettazzoni scelse come tema “Etnologia e paletnologia: parallelismo di cicli culturali”.

15 R. Pettazzoni, Introduzione ai lavori della Sezione di antropologia, etnologia e paleontologia umana della Società Italiana per il Progresso delle Scienze, in Un secolo di progresso scientifico italiano 1839-1939, vol. V, a cura di L. Silla, Roma 1939, p. 96.

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studiare in modo specializzato l’etnologia16. In questa disciplina e presiedendo una commissione giudicatrice nel marzo del 1942, egli conferiva nuove abilitazioni; ma a chi tra i candidati, come Renato Boccassino, aveva ottenuto il titolo all’unanimità, addirittura sconsigliò di presentare domanda per ottenere l’incarico. Gli sembrava che l’averlo “tenuto degnamente per due anni” potesse “compensare per il Blanc la mancanza della libera docenza della materia, tanto più” - egli aggiunse - che la possedeva “in materia affine”; e così ribadiva la precedente scelta paletnologica. Dopo questa premessa, la domanda avanzata da Boccassino e messa a votazione in Consiglio di Facoltà era ovviamente respinta17.

In occasione del conseguimento della libera docenza, Pettazzoni aveva rilevato come a Boccassino mancasse “una vera e propria originalità di pensiero” ostacolata “dal presupposto che tutto ciò che non entra nell’orbita della scuola a cui egli aderisce integralmente, sia deprecabile” 18. Così leggiamo dai verbali dell’esame dove non risulta il nome della sottintesa scuola, né l’oggetto del contrasto. Ma questi sono anche troppo noti e tanto più si chiarisce l’allusione allorché Pettazzoni rivolse al candidato una domanda “sulla sua tendenza a sopravalutare la mentalità di alcune popolazioni primitive, a proiettare nella mentalità dei Pigmei idee nostre”, e “sul suo concetto di monoteismo”19. Al concorso per la cattedra romana di Storia delle religioni, quasi diciassette anni dopo, Boccassino sarebbe stato rigiudicato da una commissione presieduta da Pettazzoni la quale si lamenterà ancora di lui: “deciso seguace” di padre Wilhelm Schmidt, non piacque perché esponeva quei “metodi” e quei “principii […] in uno spirito di adesione totale che” dava “luogo ad una critica aspra e non sempre obiettiva di tutte le altre scuole ed opinioni divergenti”. Nelle sue opere anche più recenti, la “teoria del monoteismo primordiale” appariva fastidiosamente “rappresentata come una scoperta definitiva ed inoppugnabile”20.

Affiora il dibattito sull’Urmonotheismus, con le stesse asprezze riscontrate nel manuale diretto da Pietro Tacchi Venturi. Nell’edizione del 1939 l’opera su Dio: formazione e sviluppo del monoteismo nella storia delle religioni veniva da Boccassino rilegata ai margini e seccamente non pareva “provata” dall’autore, Pettazzoni21 il quale, a sua volta, riteneva che nel lavoro dell’altro dedicato a La religione dei primitivi riecheggiavano “pedissequamente le note teorie del P. Schmidt”22.

Continua e dura proseguì la condanna da parte degli stretti discepoli di Pettazzoni. Per Vittorio Lanternari, Boccassino permase ciecamente “attardato […] sui modelli della più

16 Id., Il corso di Etnologia inaugurato nella R. Università di Roma dall’Accademico d’Italia Prof. R.

Pettazzoni, in “Rivista di antropologia”, vol. XXXI (1935-1937), p. 457. Nella rubrica “Notizie”. 17 ACS, MPI, Direzione Generale Istruzione Superiore, Div. I, commissioni libere docenze, incarichi,

corsi di cultura militare (1935-1949), b. 30, fasc. “Roma – incarichi d’insegnamento 1942-1943”, verbale, 16 giugno 1942. Il preside ricorda che a Pettazzoni si doveva “se l’insegnamento dell’etnologia fu inserito tra le materie complementari della Facoltà”.

18 Id., Direzione Generale Istruzione Superiore, Div. I, commissioni libere docenze (1938-1953), b. 16, fasc. “Etnologia 1940-41”, Commissione giudicatrice delle domande di abilitazione alla libera docenza in Etnologia (sessioni 1940 e 1941), verbale, dattiloscritto di 9 cartelle, c. 3.

19 Ibidem. 20 Ministero della Pubblica Istruzione, Bollettino ufficiale, parte II, n. 13, 26 marzo 1959, p. 1759. I

lavori della commissione terminarono il primo dicembre 1958. 21 R. Boccassino, La religione dei primitivi, in Storia delle religioni, vol. I, a cura di P. Tacchi Venturi,

Torino 1944 (ristampa parzialmente modificata della seconda edizione del ’39), p. 104, nota 2. Nel paragrafo Etnologia e preistoria.

22 Non firmata , ma è di Pettazzoni la recensione alla Storia delle religioni diretta da P. Tacchi Venturi, in “Studi e materiali di storia delle religioni”, A. XIII (1937), fasc. 1 e 2, p. 123. Per una contestualizzazione di detta recensione si veda V. S. Severino, La storia delle religioni italiana nei primi anni della Conciliazione. Documenti e riflessioni su Pietro Tacchi Venturi S. J., in “Studi e materiali di storia delle religioni”, vol. 68°, n.s. XXVI (2002), fasc. 2, pp. 379-394.

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vecchia scuola di Vienna”23 e ne fu “il seguace più pedissequo e tenace […] fino ai suoi ultimi giorni”24; tant’è che i suoi libri e articoli sembravano delle “trascrizioni italiane” di quelle tesi25. Egli si mantenne “ossessivamente fedele al problema del monoteismo primitivo […], come se la prospettiva dell’etnologia religiosa si identificasse, praticamente senza residuo, con quella adottata da Padre Wilhelm Schmidt”26: questo già lo pensava Ernesto de Martino di opinione simile a quella di Angelo Brelich, secondo il quale Boccassino aderiva “senza riserva” a quell’indirizzo d’indagine e ne dipendeva “completamente”27.

Era forse questa la ‘disperata scelta del successore’; l’alternativa a Blanc paradossale quanto più ingannevole poté sembrare agli occhi di Pettazzoni (ed ancora a quelli degli eredi) affidare l’Etnologia ad un importatore delle tesi sul monoteismo primordiale, rispetto ad un assetto paletnologico che, per altri versi e per anni, ne avrebbe orientato la metodologia all’Università di Roma?

Il paradosso si conservò anche quando, finita la guerra e dietro sua richiesta, Boccassino fu incaricato di svolgere un “corso accelerato estivo di etnologia”, approfittando dell’epurazione universitaria in considerazione della quale Blanc aveva subito una sospensione28. Revocata qualche mese dopo, nella seduta del 20 novembre 1944, il Consiglio di Facoltà riconfermava Blanc dopo un nuovo intervento di Pettazzoni. Seguirà un inutile ricorso. In un appunto per il Ministro della Pubblica Istruzione del 9 gennaio 1945, il Direttore Generale aveva pur ammesso che la situazione comportava “una specie di svalutazione della libera docenza specifica” rendendo “per così dire vani gli sforzi costantemente e pazientemente compiuti dal Boccassino […] nel puro campo dell’Etnologia”29. Tuttavia un decreto del 1935 poneva i “liberi docenti della materia e quelli di materia affine sullo stesso piano ai fini del conferimento degli incarichi”30.

Non ostacolata dal Ministero, la decisione da parte del Consiglio di Facoltà rimarrà immutata, ma più complessa nell’argomentazione, è leggibile nei verbali:

“Pettazzoni crede di aver motivo di dolersi che ora il Boccassino voglia presentarlo come un suo persecutore, laddove egli ha sempre cercato di aiutarlo raccomandandolo per l’assegnazione di borse di studio e di premi e invitandolo a collaborare all’attività dell’Istituto di civiltà primitive (collaborazione rifiutata proprio dallo stesso Boccassino). Si duole anche che il Boccassino si sforzi di presentare un atteggiamento determinato da pure ragioni di giustizia quasi fosse invece da spiegarsi con motivi di carattere extrascientifico; mentre è noto che all’Istituto di civiltà primitive

23 V. Lanternari, Le scienze umane oggi in Italia, nel contesto europeo-americano, in B. Bernardi (a

cura di), Etnologia e antropologia culturale, Milano 1973, p. 53. 24 Id., Ernesto De Martino etnologo meridionalista: chiuso provincialismo ovvero originalità critica?,

in AAVV, Storia e cultura del Mezzogiorno. Studi in memoria di Umberto Caldora, Cosenza 1978, p. 612; nonché in Id., La mia alleanza con Ernesto de Martino, Napoli 1997, p. 86.

25 Id., Le scienze religiose in Italia e la prospettiva storico-antropologica, in AAVV, Studi antropologici italiani e rapporti di classe. Dal positivismo al dibattito attuale, Milano 1980, p. 139; ripresentato in Id., Antropologia religiosa. Etnologia, storia, folklore, Bari 1997, p. 92.

26 E. de Martino, A proposito di una storia delle religioni senza opzioni filosofiche, in “Rivista storica italiana”, LXXV (1963), n. 4, pp. 824-825.

27 A. Brelich, recensione a R. Boccassino, Etnologia religiosa, in “Rivista di antropologia”, Vol. XLV (1958), p. 277. Si veda a questo proposito anche il saggio di A. R. Leone, La Chiesa, i cattolici e le scienze dell’uomo: 1860-1960, in AAVV, L’antropologia italiana. Un secolo di storia, Roma-Bari 1985, p. 91.

28 ACS, MPI, Direzione Generale Istruzione Superiore, Div. I, commissioni libere docenze, incarichi, corsi di cultura militare (1935-1949), b. 32, cit., lettera dattiloscritta, 29 novembre 1944, Boccassino al Ministro della Pubblica Istruzione, 4 cartelle, c.1; copia dattiloscritta della domanda rivolta al Preside della Facoltà, 17 novembre 1944.

29 Ivi, appunto dattiloscritto per il Ministro, R. Università di Roma – Incarichi di insegnamento, due cartelle, c. 2, firmato “Il Direttore Generale”.

30 Ivi, lettera dattiloscritta, data illeggibile ma dell’inizio del 1945, prot. N. 3296 del Ministro dell’Educazione Nazionale al Pro-Rettore della R. Università di Roma, oggetto: “Incarico di Etnologia”.

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collaborano studiosi delle più diverse tendenze, non esclusa quella seguita dal Boccassino stesso. Egli rinnoverà […] il suo invito e si augura che questo non debba incontrare una nuova ripulsa”31.

Che il carattere paletnologico dato tenacemente all’etnologia (e a sfavore della formazione specializzata di Boccassino) non sia l’effetto di una disperazione è in vario modo dimostrato, anche da ciò che, più di altro, ci lascia supporre il contrario. Proprio l’abbandono dell’incarico svela una premeditata cura nell’evitare confusioni con discipline affini, non esclusa la storia delle religioni che, contemporaneamente, Pettazzoni professava a Roma. Tanto più il groviglio accademico parve urgente da districare, quanto immediata fu la decisione di inaugurare il suo secondo insegnamento, nel ’37, con una prolusione che, nelle conclusioni, evidenziava il carattere ‘provvisorio’ della situazione creatasi. “L’etnologia” - Pettazzoni disse - “merita che qualcuno si dedichi a lei interamente”32.

Una considerazione, quest’ultima, lentamente maturata, anche in relazione alle difficoltà per cui, nella metà degli anni Venti e presso il direttore dell’Enciclopedia Italiana, Raffaele Corso dovette rivendicare “principalmente, se non esclusivamente” all’etnologia “un bon [sic] numero di voci”; fatte proprie da Pettazzoni, a lui rimproverò di non lasciar lavorare la “Scienza delle Religioni […] su terreno proprio”33. Non ci soffermeremo qui ad approfondire con dettagli, per quanto istituzionalmente la suddivisione della materia enciclopedica contribuì a relazionare campi d’indagine ancora indistinti34. Giova invece mantenere il confronto tra alcuni insigni studiosi, rilevando l’ulteriore individuazione disciplinare stabilita da Renato Biasutti e dai 3 volumi collettivi su Le razze e i popoli della terra. Favorevolmente accolti, a Pettazzoni sembrò che, alla pari del posto che le spettava “nei quadri dell’insegnamento universitario”, con quell’opera l’etnologia si confermasse “magnificamente” in Italia a testimonianza “delle nostre capacità organizzative”35. La conferma segnalava uno sviluppo della disciplina che la storia delle religioni non doveva più contenere, neanche nell’ambito della “Scuola di studi storico-religiosi” che prima dell’“Istituto per le civiltà primitive” Pettazzoni volle pure fondare, ma separatamente. La storia delle religioni indicata tra i rilevanti quadri in cui far figurare “specialmente”

31 ACS, MPI, Direzione Generale Istruzione Superiore, Div. I, commissioni libere docenze, incarichi,

corsi di cultura militare (1935-1949), b. 47, fasc. “Roma. Univ. Incarichi d’insegnamento 1949-50”, verbale seduta di Facoltà, 28 giugno 1949, cinque cartelle dattiloscritte, c. 2.

Il dibattito perde tenore scientifico particolarmente nel ’58 quando Boccassino rileva una mancanza nella “preparazione […] necessaria” di Pettazzoni il quale tornerebbe “davvero molto indietro nel cammino percorso dall’etnologia”, appartenendo “a una corrente superata” (Etnologia religiosa. Introduzione generale. Le scuole evoluzioniste e le scuole storiche, Torino 1958, p. 285 e p. 289).

32 R. Pettazzoni, Il corso di Etnologia inaugurato nella R. Università di Roma dall’Accademico d’Italia Prof. R. Pettazzoni, cit., p. 457.

33 G. Dore, La sezione Etnologia della Enciclopedia Italiana nel carteggio dell’archivio storico Treccani, in Dal museo al terreno. L’etnologia francese e italiana degli anni Trenta, a cura di A-M. Sauzeau Boetti, Milano 1987, p. 232. Sulla relazione di Corso a Gentile si veda anche: D. Cioni, Osservazioni sul rapporto tra folklore, storia delle religioni ed etnologia nell’Enciclopedia Italiana, in “Il veltro”, XXXIX (1995), 1-2 (gennaio - aprile), p. 158.

34 D. Cioni, Etnologia nell’Enciclopedia Italiana, in “Il veltro”, A. XXXV (1991), 5-6 (settembre - dicembre), in particolare p. 569 e p. 572; G. Nisticò, Materiali per una storia dell’organizzazione disciplinare dell’Enciclopedia Italiana, in “Il veltro”, A. XXXV (1991), 1-2 (gennaio - aprile), pp. 117-119.

35 R. Pettazzoni, Pubblicazioni italiane di Etnologia, in “Studi e materiali di storia delle religioni”, A. XVII (1941), fasc. 1-4, pp. 72-73, nella rubrica “Rassegne ed appunti”, recensione a R. Biasutti (a cura di), Le razze e i popoli della terra, Torino 1941.

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l’etnologia36, nell’Università romana poi risulterà inerente solo alla Storia del cristianesimo e alle Religioni e filosofie dell’India e dell’Estremo Oriente37. Ma vi è di più.

Alla fine degli anni Trenta e in qualità di storico delle religioni, Pettazzoni si dichiarava “profano […] quasi alla etnologia in genere” e smentiva chiunque lo considerasse una recluta o un neofito in quel settore38 nel quale, in precedenza, ammise di non sapere intraprendere un lavoro puro “qu’à condition de renoncer à ma propre tâche”39. Trattando il monoteismo come formazione da valutare rispetto agli esiti raggiunti da padre Schmidt e dalla scuola storico-culturale, egli evitava una chiusura nell’orizzonte primitivo che usasse l’etnologia allo stato di “fragment tronqué et incomplet”40 e che stabilisse per ogni singola figura di “essere celeste” i vari strati culturali localmente circoscritti; e, all’opposto, preferiva “cogliere il nesso che congiunge i “Supreme Beings” o “Allfathers” o “High Gods” dei popoli ‘senza storia’ con le massime divinità delle religioni storiche”41. Avendo già documentato il premeditato abbandono dell’incarico romano di Pettazzoni, ora e in questi propositi si può complementariamente intendere la sua esitazione, ma sul piano metodologico.

Vittorio Lanternari ha ragione quando considera ancora non matura, in quegli anni, “la saldatura tra il momento etnologico ed il momento “storico””. A dimostrarlo è il fatto che il volume su L’Essere celeste nelle credenze dei popoli primitivi rimase dal 1922 privo delle due successive e previste indagini su Dio nelle religioni superiori42. La “vastità dell’opera”, di cui egli si rese conto, gli fece “dubitare” nel ’46 “di poterla condurre a termine” nel modo che si era proposto43. Se da quel larghissimo piano di studio L’Onniscienza di Dio traeva origine nel ’55, le parti concepite non erano e ne sarebbero poi mai state “condotte a termine nella forma allora divisata” più di trent’anni prima44. Lo stesso potremmo asserire nei riguardi de La confessione dei peccati iniziata con un esame dei primitivi. In un appunto inedito per la prefazione alla seconda parte, Pettazzoni scrisse che avrebbe tenuto fuori e “riservato al seguito” le religioni monoteistiche45. Ma nel procedere del lavoro la materia “crescendo più del previsto” fece si che neppure quella nuova parte “con i suoi due Volumi” portò il progetto a compimento46. La disarticolazione storiografica si aggravava con la pretesa di formulare un’universalità senza limitazioni e senza rinunce, secondo un progetto variamente

36 Id., Per l’insegnamento universitario della storia delle religioni, in “Annali della Pubblica

Istruzione”, II, Istituti Medi e Superiori, A. I (1924), fasc. 2-3 (10 ottobre – 10 dicembre), p. 31. 37 Id., La Scuola di studi storico-religiosi della R. Università di Roma, in “Gli Annali della Università

d’Italia”, A. III (1941-1942), n. 2 (29 dicembre), p. 125. 38 Id., Orientamenti attuali dell’Africanistica. Estratto dagli atti dell’VIII Convegno. Reale Accademia

d’Italia. Fondazione Alessandro Volta. Tema: L’Africa. Roma, 4-11 ottobre 1938, Roma 1940, p. 9. 39 Id., La formation du monothéisme, in “Revue de l’histoire des religions”, Vol. LXXXVIII, n. 3

(novembre - dicembre 1923), p. 220. 40 Ivi, p. 228. In parallelo si legga anche Dio: formazione e sviluppo del monoteismo nella storia delle

religioni. Vol. I: L’essere celeste nelle credenze dei popoli primitivi, Roma 1922, p. 364, dove alcuni “fatti […] che interessano più particolarmente la ricerca etnologica” parvero “di ordine parziale e localmente circoscritto”.

41 R. Pettazzoni, Studi recenti in rapporto con la teoria degli esseri celesti e del monoteismo, in “Studi e materiali di storia delle religioni”, A. III (1927), fasc. 1 e 2, p. 106, nella rubrica “Rassegne ed appunti”; Id., La formation du monothéisme, cit., p. 228: discutendo degli esseri supremi, già si legittimava l’uso “de faits relativement historiques pour une meilleure compréhension de faits de même ordre, plus proprement ethnologiques”.

42 V. Lanternari, R. Pettazzoni e le civiltà primitive, in “Idoc internazionale”, A. XIV (1983), n. 6-7 (giugno-luglio), p. 44; ripubblicato in Id., Antropologia religiosa, cit., p. 124.

43 R. Pettazzoni, Prefazione a Saggi di storia delle religioni e di mitologia, Roma 1946, p. XII. 44 Id., Prefazione a L’onniscienza di Dio, Torino 1955, p. XI. 45 M. Gandini, Raffaele Pettazzoni dal gennaio 1934 all’estate 1935. Materiali per una biografia, in

“Strada maestra”, n. 51 (2° semestre 2001), p. 136. L’appunto è datato 11 febbraio 1933. 46 R. Pettazzoni, Prefazione a La confessione dei peccati, parte seconda, volume secondo, Bologna

1935, p. VII.

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enunciato47. Ricorderemo le pagine sul carattere “immodesto” della storia delle religioni48; e sul tema dell’“universalità” dell’indagine compiuta, all’estremo opposto di un intenso percorso di ricerca 49.

Problemi e soluzioni alle quali Blanc contribuiva e non da solo. Già in occasione del

saggio sull’Etnolisi, Pettazzoni lo recensiva e valutava la proposta interpretazione genetico-storica, ovvero la segregazione nell’evoluzione degli aggruppamenti etnologici50, in rapporto al “processo di selezione e di crisi secondo l’etnologia idealistica del De Martino [Ernesto]”. Cosicché la “costruzione del Blanc” gli sembrava “fondata sul concetto fecondo dell’unificazione della etnologia con la paletnologia, concetto che è comune alla storiografia idealistica” contenuta nell’opera dell’altro, Naturalismo e storicismo, subito prima commentata in una rassegna delle più recenti pubblicazioni del settore comparse in Italia51.

Blanc introduceva ulteriori riferimenti che facilitavano quell’accostamento, quasi nei due autori Pettazzoni potesse meglio ravvisare un comune indirizzo d’indagine52. Sullo sfondo emerge de Martino per aver indicato nella “paletnologia […] il momento di riattacco della etnologia “stricto sensu” con la storia della civiltà occidentale”53. Non “potrebbe immaginarsi” - Blanc spiegava - “che altrimenti il paletnologo e l’etnologo riescano […] a

47 Id., Svolgimento e carattere della storia delle religioni, Bari 1924, p. 14. 48 Id., La religione primitiva in Sardegna, Piacenza 1912, p. VI. 49 Id., Prefazione a L’onniscienza di Dio, cit., p. X dove l’autore parla di una risoluzione concreta della

“universalità stessa della indagine storico-religiosa”. 50 Teoria innovativa introdotta da Blanc, ma assieme a lui scomparsa, l’“etnolisi” o “segregazione

culturale” richiede e merita alcune precisazione ed una definizione utilmente ricavabile da un testo di Blanc dove essa figura tra le “Scuole e dottrine etnologiche attuali”:

“ […] gli attuali aggruppamenti biologici ed etnologici (le fitocenosi o associazioni vegetali, le zoocenosi o associazioni animali, le razze umane e le culture “primitive” viventi) appaiono derivate da aggruppamenti antichi più ricchi e più varî, nei quali coesistevano, commisti, elementi che oggi si trovano separati a caratterizzare i suddetti aggruppamenti attuali, meno varî e più specializzati.

Onde sorge la necessità di applicare all’interpretazione genetica delle entità e degli aggruppamenti attuali un concetto dinamico, che consideri il processo mediante il quale si è prodotta tale evoluzione.

Tale processo è quello della segregazione (intesa in senso dinamico), che viene eretta a principio generale (lisi), applicabile all’evoluzione del mondo inorganico, biologico ed etnologico (cosmolisi)” (Origine e sviluppo dei popoli cacciatori e raccoglitori, che qui citiamo dall’edizione del 1956, p. 48). Torneremo più avanti a parlarne.

51 R. Pettazzoni, Pubblicazioni italiane di Etnologia, cit., p. 77: recensione a A. C. Blanc, Etnolisi: sui fenomeni di segregazione in biologia ed in etnologia. Successivamente, egli accosterà i due autori per essersi entrambi opposti alle teorie sia storico-culturali, sia evoluzioniste “sulla forma prima della religione” (recensione a A. C. Blanc, Il Sacro presso i Primitivi, in “Studi e materiali di storia delle religioni”, Vol. XIX-XX (1943-1946), p. 214).

52 Rimane sorpreso Alberto Mario Cirese nel ricordarsi che a Blanc si doveva “il primo contatto degli studenti della […] Facoltà con uno scritto di Ernesto de Martino: il suo programma d'esame comprendeva tra l'altro Naturalismo e storicismo nell'etnologia” (Le scuole demo-etno-antropologiche, in Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Facoltà di Lettere e Filosofia (a cura di), Le grandi scuole della Facoltà, Roma 1994, p. 24). Consapevole della formazione paletnologica di Blanc che teneva il corso ufficiale di Etnologia, anche V. Lanternari a suo tempo vide de Martino indire, “accanto” all’altro, un corso come libero docente presso l’Università di Roma (La mia alleanza con Ernesto de Martino, cit., p. 20). Lapidario è l’accostamento dei due studiosi operato da Vinigi Grottanelli: “two of the leading figures in Italian postwar ethnology” (Ethnology and/or Cultural Anthropology in Italy: Traditions and Developments, in “Current Anthropology, V. 18, dicembre 1977, p.599). Ripetuti furono gli sforzi intrapresi anche da de Martino presso la casa editrice Einaudi allo scopo di coinvolgere Blanc nella produzione della “Collezione di studi religiosi, etnologici e psicologici”, relativamente ad un suo intervento paletnologico, nonché sulle opere di Volhard e Frobenius (C. Pavese/ E. de Martino, La collana viola: lettere 1945-1950, a cura di P. Angelini, Torino 1991, p. 69, p. 117, p. 145).

53 A. C. Blanc, Origine e sviluppo dei popoli cacciatori e raccoglitori. Corso di Etnologia tenuto nella Facoltà di Lettere e Filosofia della Regia Università di Roma nell’anno accademico 1945-46, Roma s.d., p. 41. Corsivo nostro. Cita E. de Martino, Naturalismo e storicismo nell’etnologia, Bari 1941, p. 204; oppure nella ristampa del 1997 a cura di S. De Matteis a p. 226.

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compiutamente realizzare […] l’anamnesi di quel momento […] di scelta e di elezione, nella storia dello sviluppo delle culture, da cui procede, sia la direzione a cui essi appartengono, sia le direzioni che attualmente sono così remote dalla loro civiltà”54. Parafrasi, ma anche citazione là dove, tra i più eloquenti, egli trascrive il passo nel quale, guardando alla paletnologia, de Martino discuteva in Naturalismo e storicismo dell’inizio della “divergenza fra le due direzioni di cultura che mettono capo, rispettivamente, a me [europeo culto] e a lui [membro di una qualche tribù totemistica]”55.

Dovremmo riprendere una problematica di tal sorta chiarendo l’efficacia metodologica della paletnologia come strumento di “saldatura”, per esprimerci con il termine in precedenza ed assieme a Lanternari adoperato a proposito di Pettazzoni e dell’esitante intrecciarsi tra storia ed etnologia. L’interrogativo che implica è quale sia la convergenza o, visto al contrario, quale la “divergenza effettiva di fenomeni da una comune origine cui corrisponde un momento determinato nella realtà storica”56. E’ pertinente rifletterci perché la formula appena citata proviene da un’opera sulla religione primitiva dove, installando “anelli consecutivi di una catena” Pettazzoni congiungeva “i tempi preistorici […] con i tempi odierni, in cui si svolge la vita dei selvaggi africani”, mediante intermezzi cronologici fissati sul mondo classico e così inseriti nella storia. Indico il riferimento ai Nasamoni di Erodoto e agli Augili di Plinio contenuto nel passo in questione57. Ma, altrove, l’inserimento è da vedersi nelle indagini sull’usanza dell’inumazione in posizione seduta del cadavere presso le Isole Filippine in parallelo alle sedie delle tombe etrusche58; e nella comparazione fra la Roma antica e l’Africa etnologica a proposito delle ordalie59. In entrambi i casi valeva il riscontro con la Sardegna preistorica, quand’anche la problematica paletnologica non ebbe più grande seguito. Ad approfondirla saranno invece Blanc e de Martino entrambi operanti nell’Università di Roma dove Pettazzoni preparava la propria successione.

Blanc determinava altresì il fatto etnologico nei suoi sviluppi cosicché, cadendo sotto la nostra osservazione, questo sarebbe il coronamento di un lungo e complicato processo storico-evolutivo. Risultava opportuno l’esame compiuto sulla documentazione preistorica per risalire dal passato al presente fino a dimostrare il modo inautenticamente statico ed inalterato in cui, all’opposto e secondo la metodologia ‘storico-culturale’, la cultura attuale dei primitivi avrebbe trascorso il tempo riproponendo oggi un monoteismo primordiale60. Ciò si adatta alla tesi di Pettazzoni sulla religione che non evolve uniformemente ed in modo costante nella storia; nonché ai discorsi suoi sulla formazione del monoteismo nelle civiltà superiori la quale, in parallelo, ci sembra configurarsi alla stessa maniera dell’etnologia con la tipica “maggiore semplicità morfologica” avvertita da Blanc, ovvero procedendo “non già per evoluzione, bensì” e rispettivamente per rivoluzione e “segregazione”: dal politeismo nel primo caso e, nell’altro, da uno stato di “complessivo polimorfismo”. All’inganno del monoteismo primordiale corrisponde “l’illusione […] di una maggiore primitività” dell’etnologia nelle sue forme culturalmente impoverite. Poniamo non in generale i due

54 A. C. Blanc, Etnolisi, cit., p. 66 nota 98. Cita con alcune variazioni E. de Martino, Naturalismo e

storicismo nell’etnologia, cit., p. 204; edizione del ’97, cit., p. 226. 55 A. C. Blanc, Origine e sviluppo dei popoli cacciatori e raccoglitori, cit., p. 41. Citato da E. de

Martino, Naturalismo e storicismo nell’etnologia, cit., p. 204; edizione del ’97, cit., p. 226. 56 R. Pettazzoni, La religione primitiva in Sardegna, cit., p. 183. 57 Ivi, p. 184. 58 Ivi, p. 141, nota 3. 59 Ivi, pp. 176-178. 60 A. C. Blanc, Etnologia e Paletnologia, estratto dagli atti della XLI Riunione della Società Italiana per

il Progresso delle Scienze, discussione della Sezione di antropologia, etnologia e paletnologia svoltasi a Roma il 29 settembre 1942, Roma 1943, pp. 13-14; Id., Studi sul cannibalismo, in “Studi e materiali di storia delle religioni”, Vol. XIX-XX (1943-1946), pp. 210-211; Id., Origine e sviluppo dei popoli cacciatori e raccoglitori, cit., p. 34.

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processi a confronto - così come le due illusioni -, ma allorché Pettazzoni lesse con il proprio linguaggio i risultati raggiunti dall’amico paletnologo, in occasione della recensione a Il Sacro presso i Primitivi61. Quanto abbiamo detto in merito all’individuazione etnologica di un’umanità non primigenia, in opposizione alle tesi schmidtiane, può essere ripetuto con le stesse proposte pettazzoniane applicate alla religione intesa nella sua caratteristica che è lo svolgimento privo di linearità, perché segnato da divergenze rivoluzionarie e segreganti; ed afferma la paletnologia in ordine al carattere dinamico della storia.

Nel dicembre 1942, Pettazzoni apponeva un “sì” ai margini di un manoscritto che Blanc gli aveva dato da leggere. Che l’intesa si sia stabilita con parziali ripensamenti è altrettanto evidente se poi, in quegli stessi fogli, all’apprezzamento espresso nei confronti dell’“impostazione del metodo genetico-storico”, egli faceva seguire altre annotazioni riguardanti il discutibile uso della paletnologia per “fare l’etnologia”. Nondimeno Blanc replicava meno sorprendentemente, quasi giustificasse la decisione di affidargli l’incarico etnologico in modo più drastico di Pettazzoni che l’aveva presa. Era inconcepibile una distinzione tra le due discipline, qualora si volesse “risalire nel tempo” e cioè praticare l’“etnologia storica, o genetico-storica”, senza limitarsi “all’esame dei fatti attuali”62.

Con le stesse parole e nella rivista fondata e diretta da Pettazzoni, Blanc ribadirà “quanto illegittima sia la pretesa di voler ricostruire, sulla base esclusiva dei dati etnologici, raccolti mediante la sola osservazione di popoli di natura viventi, la storia più antica e addirittura la genesi delle culture e degli elementi culturali”; e proseguirà ammonendo che non “appena l’etnologo voglia assumersi il compito di fare della ‘storia’, occorre che egli tenga conto, non soltanto dei dati attuali […] ma sopratutto dei dati paletnologici che della ‘storia’ suddetta costituiscono la indispensabile documentazione”63.

Blanc ribadiva l’errore della scuola “storico-culturale” consistente nel pensare “il moderno, indebitamente fatto antico”; e vedeva nella costruzione di una teoria preistorica basata sui soli dati attuali (dell’etnologia) uno scambio del senso “logico” con il senso “cronologico” del primitivo64. Citato da Naturalismo e storicismo65 con queste espressioni de Martino era sistematicamente chiamato in causa perché, per altre vie, confermava l’interpretazione genetico-storica. Aggiungiamo questo dettaglio bibliografico per approfondire non solo quella teoria ma, soprattutto, il senso di quello che Pettazzoni aveva argomentato circa la complementarietà tra i due studiosi quasi che, per certi aspetti, insieme costituissero un indirizzo d’indagine.

Per altri versi e tra le due guerre, l’etnologia italiana sviluppava un interesse per la scienza delle civiltà primitive ad acquisire coscienza di sé come storia di quella parte di umanità (o meglio, come preistoria). Ciò, però, equivalse a pensare l’uomo etnologicamente nel senso che veniva tolto alla natura. Più volte ed in varie sedi proposto da Pettazzoni66,

61 R. Pettazzoni, recensione a A. C. Blanc, Il Sacro presso i Primitivi, Roma 1945, pp. 214-215. Si

metta a confronto con Dio: formazione e sviluppo del monoteismo nella storia delle religioni, cit.; e tra i testi coevi invece: Prefazione a Saggi di storia delle religioni e di mitologia, cit., p. IX.

62 “Fondo Pettazzoni”, cit., lettera manoscritta di Blanc che commenta le osservazioni trovate nel manoscritto restituitogli da Pettazzoni con le annotate correzioni, 14 dicembre 1942, 4 pagine, pp. 1-2 non numerate.

63 A. C. Blanc, Studi sul cannibalismo, cit., pp. 211-212. 64 Id., Etnologia e Paletnologia, cit., p. 13; Id., Etnolisi, cit., p. 107; Id., Il sacro presso i primitivi, cit.,

p.123; Id., Origine e sviluppo dei popoli cacciatori e raccoglitori, cit., p. 34. 65 E. de Martino, Naturalismo e storicismo nell’etnologia, cit., pp. 82 e 205.

66 R. Pettazzoni, Religione, La storia delle religioni, in Enciclopedia Italiana, Roma 1936, p. 31; Id., Il corso di Etnologia inaugurato nella R. Università di Roma dall’Accademico d’Italia Prof. R. Pettazzoni, cit., pp. 455-456; Id., Introduzione ai lavori della Sezione di antropologia, etnologia e paleontologia umana della Società Italiana per il Progresso delle Scienze, in Un secolo di progresso scientifico italiano 1839-1939, cit., p. 95.

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questo orientamento trovava la sua sanzione nel voto della Società Italiana per il Progresso delle Scienze formulato nel 1932. Preceduto da un’inchiesta internazionale rivolta dalla Società Romana di Antropologia ai vari cultori delle “scienze dell’uomo”, il Ministro dell’Educazione Nazionale poi accolse quel voto affinché nell’insegnamento superiore le due discipline, l’Antropologia e l’Etnologia, fossero impartite separatamente, stabilendo l’auspicata distinzione istituzionale tra un ordine fisico/naturale ed uno culturale/storico67.

Ora, se il già commentato ‘metodo genetico-storico’ era conforme a queste direttive, tuttavia se ne discostava riprendendo un argomento attinente al numero e all’importanza dei periodi glaciali e interglaciali. Leggibile sulla rivista “L’Anthropologie” del 1938, anni dopo, Blanc riconsidererà ciò che a suo avviso aveva lì e già enunciato: “Le principe du développement par lyse des faunes et des flores spécialisées actuelles, à partir des complexes fauniques et forestiers hautement hétérogènes du Pliocène préglaciaire […]. J’en étais à ce point” - scriveva ancora Blanc - “quand je fus appelé, en 1939, à l’enseignement de l’ethnologie dans l’Université de Rome”68.

Del suddetto articolo e a suo tempo Blanc addirittura aveva inviato un estratto a Pettazzoni, per mostrargli “come già fosse preciso nella” sua “mente il concetto di segregazione [lisi], prima” ancora che si occupasse “di Etnologia”. L’applicazione a questo settore ne riceveva “maggiore forza ed evidenza”69. Seguì l’idea di un’evoluzione degli aggruppamenti etnologici (etnolisi), operante una separazione degli elementi materiali ed ideologici da un complesso stato originario ad un grado maggiormente specializzato dell’aggruppamento di nuova composizione; ed anche, il reinserimento nel generale sviluppo delle forme biologiche ed inorganiche (“cosmolisi”). Ma il trascorrere dal piano naturale al piano culturale (e viceversa) faceva coincidere ciò che la travagliata organizzazione dell’incarico etnologico teneva distinto.

Pettazzoni non si trattenne dall’esprimere un netto “dissenso” perché l’aver riproposto nel 1945 un accostamento etno-biologico rappresentava, da parte di Blanc, “un ritorno ad una situazione già superata” dai tempi dell’evoluzionismo classico70. Allo stesso modo, nel ’41, egli trova “troppo spinto il parallelismo con i fatti biologici”71; e che ancora rimaneva “da provare che le leggi valide in biologia siano valide anche nel campo culturale”72. Alla fine dell’anno seguente, Blanc rifletteva. Forse avrebbe “fatto meglio a tacere quanto” sapeva

67 S. Sergi, Le scienze antropologiche in Italia, durante l’anno XIII E. F., in “Atti della Società Italiana

per il Progresso delle Scienze”, Riunione XXIV, vol. 2, fasc. 3 (maggio – giugno 1936), p. 523, e relativa nota 1; Id., Terminologia e divisione delle scienze dell’uomo. I risultati di un’inchiesta internazionale, in “Rivista di antropologia”, vol. XXXV (1944 - 1947), pp. 6-7; e a p. 47 la risposta di Pettazzoni all’inchiesta. Si veda altresì l’anonimo trafiletto introduttivo alla pubblicazione della prolusione tenuta nell’Università di Roma in occasione del corso di Etnologia, nella rubrica “Notizie” della “Rivista di antropologia”, vol. XXXI (1935 - 1937), p. 455; e gli atti della ventunesima riunione della SIPS dell’ottobre 1932, vol. I, p. XXX; e vol. III, p. 323.

68 A. C. Blanc, L’évolution humaine dans le cadre de la cosmolyse, estratto dai “Cahiers de la Faculté de Théologie” de l’Université de Lausanne, Lausanne 1946, p. 9, dove l’autore commenta l’articolo del ’38 Le Glaciaire considéré aux points de vue paléobiologique et géomorphologique, in “L’Anthropologie”, vol. 48, n. 3-4 in riferimento al quale cita la p. 264. Dello stesso autore si veda anche: Cosmolyse et évolution humaine, in “Archiv der Julius Klaus-Stiftung für Vererbungsforschung, Sozialanthropologie und Rassenhygiene”, XXI (1946), 3-4, pp. 428-429.

69 “Fondo Pettazzoni”, cit., lettera manoscritta di Blanc, 12 maggio 1941, 4 pagine, pp. 2-3 (di cui la terza è numerata con la cifra “2”) dove parla del suo “opuscoletto del ’38” nel quale l’“applicazione del concetto di segregazione alla zoologia, interamente originale” (e proposta nel ’41) era stata già da lui “appena accennata, senza del resto adoperare quel termine”.

70 R. Pettazzoni, recensione a A. C. Blanc, Il sacro presso i Primitivi, cit., p. 216. 71 “Fondo Pettazzoni”, cit., lettera dattiloscritta di Blanc, 10 giugno 1941, 2 pagine non numerate, p. 1. 72 Id., lettera di Blanc manoscritta, 16 novembre 1941, 6 pagine, p. 2 (non numerata) cita un passo della

poco precedente missiva di Pettazzoni alla quale rispondeva.

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della “segregazione in biologia, e trattare separatamente ed indipendentemente i fatti etnologici, perché” il suo lavoro poteva “sembrar peccare di biologismo”73.

Riportando l’etnologia “nel campo delle scienze naturali”, Boccassino trovava un’efficace contro-argomentazione74 e ciò maggiormente metteva in difficoltà Pettazzoni che espresse una preferenza tra i due aspiranti all’incarico universitario romano. Questo indebolisce la funzione storiografica proposta dalla paletnologia nel modo in cui Blanc, praticandola, sviluppava l’insegnamento etnologico affidatogli. Sul filo di queste considerazioni si deve intendere la parte costruttiva della critica con la quale Pettazzoni aveva invitato Blanc a riconsiderare il lavoro sulla segregazione, facendogli notare un’analogia tra gli argomenti trattati ed il concetto del “passaggio dall’indistinto al distinto” di Herbert Spencer. In quella “straordinaria” ma equivoca “coincidenza” il giovane paletnologo scorgeva invece una “prova del nove” dell’efficacia anche in campo culturale dei concetti anticipati settant’anni prima; e “la migliore convalida della chiaroveggenza di Spencer” 75. Ancor più Blanc se ne mostrerà convinto allorché, nel giugno 1942, sul tema proponeva un intero paragrafo nel saggio Cosmolisi76.

Le proposte deviavano in senso naturalistico o evoluzionista ma, per altri versi, si

ricomponevano schierate contro padre Schmidt, sul fronte laico77. Allo scopo di impedire un ritorno etnologico alle posizioni dei Padri della Chiesa ed in direzione opposta alla trasfusione di interessi teologici nello studio delle religioni primitive, Pettazzoni insistentemente aveva negato la tesi cattolica di un’antichissima civiltà teocentrica riconducibile alla Rivelazione. Talvolta accade che nella varia letteratura specialistica si dedichino paragrafi su La tradizione laica italiana di storia delle religioni o su Le risposte del mondo laico occupandosene come di un tema essenziale alla configurazione di un indirizzo pettazzoniano. Consideriamo allora ed anche la passione civile che animò parte di quegli studi e nell’attinente ed illustrativo confronto operato da Enrico Montanari tra Pettazzoni e de Martino78 aggiungiamo senz’altro Blanc il quale, tra questi due autori, volle collocarsi in un capitolo sulle critiche volte al “razionalismo teologico e scolastico” di Schmidt79. Significativamente i tre nomi figurano

73 Id., lettera manoscritta di Blanc a Pettazzoni, 14 dicembre 1942, 4 pagine, p. 2 (non numerata). 74 Intervento di Boccassino all’adunanza della Società Romana di Antropologia del 26 aprile 1941, in

risposta alla relazione di Blanc sul fenomeno di segregazione in etnologia, in “Rivista di antropologia”, vol. XXXIII (1940-1942), p. 371. Un simile dibattito riproporrà la XLI riunione della Società Italiana per il Progresso delle Scienze (27 settembre-1 ottobre 1942), sul tema Etnologia e Paletnologia. Boccassino intervenne tra le “Comunicazioni libere” su L’etnolisi di A. C. Blanc e i risultati moderni dell’etnologia (poi pubblicato nel “Bullettino di Paletnologia Italiana”, n. s., a. VIII, parte II, 1946). Si veda in merito anche il programma definitivo della riunione della SIPS in “Scienza e tecnica”, vol. 6 (1942) fasc. 9 (settembre), pp. 457-458.

75 “Fondo Pettazzoni”, cit., lettera di Blanc manoscritta, 16 novembre 1941, 6 pagine, pp. 1-3 di cui la terza pagina è numerata con la cifra “2” ad indicare il secondo foglio. Dal documento risulta che la lettura approfondita dei testi di Spencer è motivata dal riferimento al simile concetto spenceriano che Pettazzoni porta all’attenzione di Blanc.

76 A. C. Blanc, Cosmolisi. Interpretazione genetico-storica delle entità e degli aggruppamenti biologici ed etnologici, in “Rivista di antropologia”, Vol. XXXIV (1942-1943), paragrafo 2, pp. 182-186, La segregazione nel pensiero di H. Spencer. Memoria presentata alla Società Italiana di Antropologia ed Etnologia nella seduta del 30 giugno 1942.

77 V. Lanternari, Le scienze religiose in Italia e la prospettiva storico-antropologica, cit., p. 137 e sgg. e nella versione apparsa in Antropologia religiosa, cit., p. 90 e sgg.; A. R. Leone, La Chiesa, i cattolici e le scienze dell’uomo: 1860-1960, cit., p. 75 e sgg.

78 E. Montanari, Religione dello Stato e religione dell’Uomo nel pensiero di Raffaele Pettazzoni, in Categorie e forme nella storia delle religioni, Milano 2001, pp. 15-32.

79 A. C. Blanc, Il Sacro presso i primitivi, cit., p. 117; a p. 123 in riferimento a de Martino, Naturalismo e storicismo nell’etnologia, cit., pp. 102-104 (edizione del ’97, cit., pp. 135-137). Contro la tendenza della scuola storico-culturale “a ridurre l’etnologia a pura teologia” si veda ancora Blanc, Origine e sviluppo dei popoli cacciatori e raccoglitori, cit., p. 49.

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elencati uno di seguito all’altro per mano di Tullio Tentori e Lanternari in quanto, aggruppati, sembrarono costituire le “voci di dissenso” e di contestazione da quel pensiero80.

Si torna così a valutare la polemica con Boccassino, seguace della scuola storico-culturale e professore al pontificio ateneo De Propaganda Fide. Un aspetto forse ed ormai monotono, tanto lo troviamo ripetuto e sul quale non indugiamo. Piuttosto giova rilevare l’inedito e cauto invito di Pettazzoni perché Blanc non inasprisse la polemica sull’“opera nefasta per la paletnologia nazionale svolta da quei signori del Collegio Romano”. Pur ritenendola necessaria Blanc accettò di attenuarla, se non addirittura di eliminarla da un suo scritto considerato da Pettazzoni per la pubblicazione, rispondendogli nel settembre 1940: “sono d’accordo che è preferibile [...] rimanere nel campo della serena esposizione dei fatti – i quali, del resto, sono sufficienti a far giustizia!”81.

80 T. Tentori, Antropologia culturale: il rischio ideologico di una scienza, Roma 1976, p.162; V.

Lanternari, Antropologia religiosa, cit., p. 107; anche in AAVV, Dal museo al terreno, cit., p.199. 81 “Fondo Pettazzoni”, cit., lettera manoscritta di Blanc, 11 settembre 1940, 2 pagine non numerate, pp.

1-2.

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BIBLIOGRAFIA

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Scritti di Ernesto de Martino

1942, - recensione a R. Cantoni, “I primitivi”, in «Studi e materiali di storia delle religioni», vol. XVIII, fasc. 1-4, ma stampato nel ’43; - recensione a R. Cantoni, “I primitivi”, in «Studi filosofici», A. III, n° 4 (ott. dic.); - Lineamenti di etnometapsichica, in «Problemi di metapsichica»;

- Percezione extrasensoriale e magismo etnologico, in «Studi e materiali di storia delle religioni», vol. XVIII, stampato nel ’43;

1942-1943, Di alcune condizioni delle sedute metapsichiche alla luce del magismo sciamanistico, in «Rivista di antropologia», vol. XXXIV;

1946, Marxismo e religione, in “Socialismo”, n. 3 (marzo), A. II;

1947, Inchiesta di «Quarto Stato» sul mezzogiorno. Terra di Bari, in collaborazione con M. Potenza, in «Quarto Stato», n. 25-26 (30 gennaio-15 febbraio);

1948, - Il mondo magico. Prolegomeni a una storia del magismo, Torino; - Guerra ideologica, in «Avanti!», 8 agosto; - La civiltà dello spirito, in «Avanti!», 18 agosto;

- Cultura e classe operaia, in «Quarto Stato», A. III, n.s. n. 1 (30 dicembre);

1949, - La cultura cattolica, in «Avanti!», cit., 10 febbraio, p. 3; - Libertas, 25 febbraio, p. 3; - Allora Croce era con noi, 17 giugno, p. 3;

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- La scelta concreta, in «Avanti!», 6 luglio, p. 3; - L’ignoranza non s’addice ai marxisti, in «Avanti!», 13 agosto; - Interessa l’Osservatore romano. L’ignoranza non s’addice ai

marxisti, in «Avanti!», 24 agosto, p. 3; - [trascrizione del discorso di de Martino] L’indipendenza dello Stato

dalla Chiesa condizione di una politica socialista in Italia. Il discorso inaugurale di Nenni: l’intolleranza e l’invadenza clericali pongono il problema della revisione del Concordato – Le relazioni di E. De Martino, G. Pepe, T. Vecchietti; M. S. Giannini e L. Bigiaretti, in «Avanti!», 27 novembre, p. 1;

- Intorno a una storia del mondo popolare subalterno, in «Società», V, n. 3;

1950, - La jettatura di padre Lombardi in «Avanti!», 9 marzo, p. 3 ; 1951, - Note lucane. Il folklore progressivo, in «L’Unità», 26 giungo ;

-Gramsci e il folklore nella cultura italiana, in «Mondo operaio», III, n. 133 (16 giugno);

1952, - Non ci abbandonare! L'esortazione di un vecchio contadino di Altamura, in «Avanti!», 17 febbraio;

- Gramsci e il folklore, in «Il calendario del popolo», VIII,n. 8; - Città moderna o città metafisica? La “missione” di Roma, in

«L’Unità», 24 maggio; - Una spedizione etnologica in Lucania, in «La fiaccola», novembre; - Una spedizione etnologica in Lucania (30 settembre-31 ottobre 1952),

in «Società», VIII,n. 4;

1953, - Note di viaggio, in «Nuovi argomenti», I, fasc. 2 (maggio-giugno);

- Spedizione in Lucania, in «Radiocorriere», XXX, n. 32 (9-15 agosto); - Etnologia e cultura nazionale negli ultimi dieci anni, in «Società», IX,n.3; - La cultura e il popolo, in «Il Rinnovamento d’Italia», 19 gennaio;

1955, - Etnografia e Mezzogiorno, in «Il contemporaneo», 15 gennaio; - In margine a un Congresso internazionale. La Storia delle religioni, in «l’Unità», 27 aprile; - Considerazioni storiche sul lamento funebre lucano nonché Postilla. Intorno a una polemica, in «Nuovi argomenti», n. 12 (gennaio-febbraio);

1958, Perdita della presenza e crisi del cordoglio, in «Nuovi argomenti», n. 30 (gennaio- febbraio);

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1959, Mito, scienze religiose e civiltà moderna, in «Nuovi argomenti», n. 37 (marzo-aprile);

1961, Rivoluzioni anticoloniali e culti millenaristici, in «Studi storici», 2, n.2

(aprile-giugno);

1963, A proposito di una storia delle religioni senza opzioni filosofiche, in «Rivista storica italiana», LXXV, n. 4

Pubblicazioni postume

1977, La fine del mondo. Contributo all’analisi delle apocalissi culturali,

Torino; ristampato nel 2002 dalla Einaudi, sempre a cura di Clara Gallini, in collaborazione con Marcello Massenzio;

1992, Due inediti su Gramsci «Postille a Gramsci» e «Gramsci e il Folklore»,

a cura di S. Cannarsa, in «La ricerca folklorica», 25, aprile; 1993, Scritti minori su religione marxismo e psicoanalisi, a cura di R.

Altamura e P. Ferretti, Roma; 1996, L’opera a cui lavoro. Apparato critico e documentario alla “Spedizione

etnologica” in Lucania, a cura di C. Gallini, Lecce.

Epistolario

1989, Dall’epistolario di Ernesto de Martino, a cura di P. Angelini, in

«Quaderni dell’Istituto universitario orientale. Dipartimento di scienze sociali», A. III, NS, n.3/4;

1991, Pavese C.- De Martino E., La collana viola. Lettere 1945-1950, a cura di

P. Angelini, Torino; 1993, De Martino E.-Secchia P., Compagni e amici. Lettere di Ernesto de

Martino e Pietro Secchia, a cura di R. Di Donato, Firenze; 1996, De Martino E.-Boccassino R., Una vicinanza discreta. Lettere, a cura di

F. Pompeo, a cura di, Roma.

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FONTI Fonti archivistiche

Archivio Centrale dello Stato: Ministero dell’Interno

Ministero della Pubblica Istruzione Segreteria particolare del Duce;

Istituto Fondazione Gramsci: Archivio Istituto Gramsci Fondo commissione culturale Fondo Segreteria del Pci

Carte Togliatti Fondo Lucio Luzzatto;

Biblioteca comunale G. C. Croce: Fondo Raffaele Pettazzoni;

Associazione Internazionale E. de Martino: Archivio de Martino;

Liceo Virgilio: Archivio professori.

Associazione Fondo Moravia: Fondo Alberto Moravia;

Archivio storico capitolino: Fondo Carlo Muscetta.

Fondazione L. e L. Basso: Fondo Lelio Basso;

Fondazione Pietro Nenni: Fondo Nenni.

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Pubblicazioni

AAVV, Filosofi Università Regime. La Scuola di Filosofia di Roma negli anni Trenta. Mostra storico-documentaria, a cura di Gregory T., Fattori M., Siciliani De Cumis N., Roma 1985;

AAVV, Laterza un secolo di libri 1885/1985, Roma Bari 1989; Ajello N., Intellettuali e PCI 1944-1958, Roma - Bari 1979;

Alicata M. - Il meridionalismo non si può fermare ad Eboli, in «Cronache meridionali», 1954, settembre; ripubblicato in Id., La battaglia delle idee, a cura di L. Gruppi, Roma, 1968; -Il nostro meridionalismo è una conquista del Mezzogiorno alla democrazia, in «Rinascita», XI, 1954, n. 11-12 (nov.-dic.); Intellettuali e azione politica, a cura di R. Martinelli - R. Maini, Roma, 1976; - relazione in R. V., Un dibattito sulla questione meridionale, in «Cronache meridionali», II 1955, n. 1 (gennaio);

Amendola G., Mario Alicata, partito nuovo e Mezzogiorno, in Mario Alicata. Intellettuale e dirigente politico, Roma, 1978;

Bartolucci G., Il congresso della cultura popolare a Bologna, in «Mondo

operaio», n.s. VI, 1953, n. 2 (24 gennaio); Basso L., - Il nostro laicismo, in «Avanti!», 24 novembre 1949; Benedetti A., La problematica volubile, in «L’Espresso», 13 maggio 1962;

Blanc A. C., - Etnolisi. Sui fenomeni di segregazione in biologia ed in etnologia, in «Rivista di antropologia», vol. XXXIII (1940-1942); - Origine e sviluppo dei popoli cacciatori e raccoglitori. Corso di Etnologia tenuto nella Facoltà di Lettere e Filosofia della Regia Università di Roma nell’anno accademico 1945-46, Roma s.d.;

- Cosmolisi. Interpretazione genetico-storica delle entità e degli aggruppamenti biologici ed etnologici, in «Rivista di antropologia», Vol. XXXIV (1942-1943);

- Cosmolyse et évolution humaine, in «Archiv der Julius Klaus-Stiftung

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für Vererbungsforschung, Sozialanthropologie und Rassenhygiene», XXI (1946), 3-4;

- Etnologia e Paletnologia, estratto dagli atti della XLI Riunione della Società Italiana per il Progresso delle Scienze, discussione della Sezione di antropologia, etnologia e paletnologia svoltasi a Roma il 29 settembre 1942, Roma 1943;

- L’évolution humaine dans le cadre de la cosmolyse, estratto dai «Cahiers de la Faculté de Théologie» de l’Université de Lausanne, Lausanne 1946;

- Le Glaciaire considéré aux points de vue paléobiologique et géomorphologique, in «L’Anthropologie», vol. 48, n. 3-4 ;

- Studi sul cannibalismo, in «Studi e materiali di storia delle religioni», Vol. XIX-XX (1943-1946);

Boccassino R.- Comunicazioni scientifiche, Prof. Boccassino, in «Rivista di

antropologia», vol. XXXIII (1940-1942); - L’etnolisi di A. C. Blanc e i risultati moderni dell’etnologia (poi

pubblicato nel «Bullettino di Paletnologia Italiana», n. s., a. VIII, parte II, 1946;

- La religione dei primitivi, in Storia delle religioni, vol. I, a cura di P. Tacchi Venturi, Torino 1944;

- Etnologia religiosa. Introduzione generale. Le scuole evoluzioniste e le scuole storiche, Torino 1958;

Bonomo G., Introduzione a La magia segno e conflitto, a cura di M. Giacomarra – J. Vibaek, Palermo, 1979;

Brelich A., - recensione a R. Boccassino, Etnologia religiosa, in «Rivista di

antropologia», Vol. XLV (1958); - Storia delle religioni, perchè?, a cura di Vittorio Lanternari,

Napoli, 1979; Camera dei deputati, atti parlamentari, anno 1950, discussioni dal 31 gennaio al

1° marzo, vol. X, Roma 1950; Canfora F., Domenico Pàstina democratico del Sud, in: Pàstina D., Pagine sparse

, a cura di N. Pàstina, Bari 1971; Cantoni R., Risposta al prof. Ernesto de Martino, in «Studi filosofici», A. III

(1942), n° 4 (ott. dic.);

Carpitella D., Le tre valenze di de Martino. “Il mio Sud è il Sud culturale” (Conversazione del 3 dicembre 1973 a cura di C. Bermani), in “Il de Martino”, n. 5-6 (1996);

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Centro per la difesa e lo sviluppo della cultura nel Mezzogiorno( a cura di), Gli intellettuali e il Mezzogiorno. Atti del Convegno di Napoli 16-17 febbraio 1952, s.l s.d.;

Cifarelli M., Dalla vigilia dell’ultimo conflitto al congresso di Bari, in «La Rassegna pugliese», Anno II (1967), n° 4-7 (aprile-luglio);

Coppola A., Il destino delle masse cattoliche in balìa delle forze clericali, in «Rinascita» A. XV (1958), n°2 (febbraio);

Croce B., Taccuini di lavoro, IV (1937-1943), 1987 Napoli; Dal Sasso R., Premio Viareggio 1958, in «Il contemporaneo», 1958, agosto-settembre;

De Maria I. P.,- Il balcanesimo di Ernesto De Martino fra teoria e pratica nel Mezzogiorno d’Italia, in «Quaderni meridionali», A. VI (1991), n. 16/17;

- Il gruppo di tendenza barese. Conversazione con Cesare Bermani, in «Il de Martino», n. 5/6 (1996);

De Palma V., - De Martino, Ernesto, in Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza, Vol. II, Milano, 1971; - Intervista in Profondo Sud. Viaggio nei luoghi di Ernesto De Martino a vent’anni da “Sud e magia”, a cura di C. Barbati, G. Mingozzi e A. Rossi, Milano, 1978;

Dietrich O., Le basi spirituali della nuova Europa. Otto Dietrich. Discorso

pronunciato alla solenne riunione dell’Accademia tedesca in Praga, il 20 gennaio, Berlino 1941;

Dondoli L., Incontri con Ernesto de Martino, in «Storia, antropologia e scienze

del linguaggio», X, 1995, fasc. 3; Donini A., - I Manoscritti ebraici del Mar Morto e le origini del Cristianesimo, in

«Rinascita», A. XIV (1957), n°12 (dicembre); - I manoscritti del Mar Morto [nella rubrica: “La battaglia delle idee”],

in «Rinascita», A. XV (1958), n° 4 (aprile); - Sessant’anni di militanza comunista, Milano, 1988;

Eliade M., Le messi del solstizio. Memorie 2, a cura di R. Scagno, Milano, 1995;

Fiore T., Formiconi di Puglia. Vita e cultura in Puglia (1900-1945), Manduria

1963;

Fiore V., Il problema meridionale, in AAVV, Il Partito d’Azione dalle origini all’inizio della Resistenza armata. Atti del Convegno di Bologna, 23-25 marzo 1984, Roma 1985;

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La Rocca V., Marxismo e religione, in Rinascita, A. II (1945), n.9-10 (sett.-ott.); Laterza V., Quale editore. Note di lavoro, Roma Bari 2002; Loizzi D., Bari antifascista (1941-1943), in AAVV, Studi storici in onore di

Gabriele Pepe, Bari 1969; Luporini C., Da «Società» alla polemica sullo storicismo, in «Critica marxista»,

1993, n. 6 (nov.-dic.); Melino M., - conversazione con Cesare Bermani, Milano, 13 febbraio 1996, ore

15,30, in «Il de Martino», n°5-6 (1996); - «Carissimo Mario». 14 lettere di Tommaso Fiore, Milano 1966;

Montagnana M., La Chiesa e le elezioni, in «Rinascita», A. VIII (1951), n.6 (giugno);

Moravia A., - I miei problemi, in «L’Espresso», 20 maggio 1962;

- Il comunismo al potere e i problemi dell’arte, in “Nuovi argomenti”, n.1 (marzo-aprile) 1953;

- Intervista sullo scrittore scomodo, a cura di N. Ajello, Bari 1978; - Vita di Moravia , a cura di A. Elkann, Milano 1990;

Muscetta C., L’erranza. Memorie in forma di lettere, Catania 1992; Nenni P.,- Il discorso di Nenni, in «Avanti!», 2 agosto 1949, p. 4;

- L’indipendenza dello Stato dalla Chiesa condizione di una politica socialista in Italia, in «Avanti!», 27 novembre 1949, p.1;

- Nenni illustra a Torino la situazione interna e internazionale, in «Avanti!», 9 dicembre 1949;

- Una esigenza internazionale, in «Mondo operaio», A. II, n. 53 (3 dicembre 1949);

- La Direzione ha rispettato il mandato politico presenta oggi un partito più cosciente e più saldo, in «Avanti!», 11 dicembre 1949;

Omodeo A., Introduzione a Gesù. Origini del cristianesimo, Messina 1913. Panzieri R., - L’alternativa socialista. Scritti scelti 1944-1956, a cura di S. Merli,

Torino 1982; - Lettere 1940-1964, a cura di S. Merli e L. Dotti, Venezia 1987;

Pepe G., Ritorna la dottrina del Papa quasi Dio, in «Avanti!», 28 agosto 1949, p.

3;

Petronio G., Responsabilità della lotta per la laicità. E’ la Chiesa che attacca la libertà e il socialismo, in «Avanti!», 24 dicembre 1949, ; ristampato con il titolo Il nostro laicismo, in Id., Cristo non c’entra, Manduria 1951;

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Pettazzoni R., - La religione primitiva in Sardegna, Piacenza 1912;

- Dio: formazione e sviluppo del monoteismo nella storia delle religioni. Vol. I: L’essere celeste nelle credenze dei popoli primitivi, Roma 1922; - La formation du monothéisme, in «Revue de l’histoire des religions», Vol. LXXXVIII, n. 3 (novembre - dicembre 1923); - Svolgimento e carattere della storia delle religioni, Bari 1924; - Per l’insegnamento universitario della storia delle religioni, in «Annali della Pubblica Istruzione», II, Istituti Medi e Superiori, A. I (1924), fasc. 2-3 (10 ottobre – 10 dicembre); - Studi recenti in rapporto con la teoria degli esseri celesti e del monoteismo, in «Studi e materiali di storia delle religioni», A. III (1927), fasc. 1 e 2; - Prefazione a La confessione dei peccati, parte seconda, volume secondo, Bologna 1935; - Religione, La storia delle religioni, in «Enciclopedia Italiana», Roma 1936; -Il corso di Etnologia inaugurato nella R. Università di Roma dall’Accademico d’Italia Prof. R. Pettazzoni, in «Rivista di antropologia», vol. XXXI (1935-1937); - Introduzione ai lavori della Sezione di antropologia, etnologia e paleontologia umana della Società Italiana per il Progresso delle Scienze, in Un secolo di progresso scientifico italiano 1839-1939, vol. V, a cura di L. Silla, Roma 1939; - Orientamenti attuali dell’Africanistica. Estratto dagli atti dell’VIII Convegno. Reale Accademia d’Italia. Fondazione Alessandro Volta. Tema: L’Africa. Roma, 4-11 ottobre 1938, Roma 1940; - Pubblicazioni italiane di Etnologia, in «Studi e materiali di storia delle religioni», A. XVII (1941), fasc. 1-4; - La Scuola di studi storico-religiosi della R. Università di Roma, in «Gli Annali della Università d’Italia», A. III (1941-1942), n. 2 (29 dicembre); - recensione a A. C. Blanc, Il Sacro presso i Primitivi, in «Studi e materiali di storia delle religioni», Vol. XIX-XX (1943-1946); - Prefazione a Saggi di storia delle religioni e di mitologia, Roma 1946; - Idea di una storia religiosa d’Italia, in «La rassegna d’Italia», A. II (1947), n. 6-8 (giugno-agosto); - Per la storia religiosa d’Italia, in «Ricerche religiose», vol. XIX (1948), n.1 (marzo); - Italia religiosa, Bari 1952; - Prefazione a L’onniscienza di Dio, Torino 1955;

- Religione e società, a cura di M. Gandini, Bologna 1966;

Pizzorno A., Alienazione e relazione umana nel lavoro industriale, in “Nuovi argomenti”, n. 8 (maggio-giugno) 1954;

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Quarto Stato - redazione, Lettera alla redazione, in «Quarto Stato», A. IV, n.s. n.

6/7 (30 marzo-15 aprile 1949);

Ragghianti C. L., - Marxismo perplesso. Arte cultura società politica, Milano,

1980; - Disegno della liberazione italiana, Pisa 1962;

Rossi A., In viaggio con Ernesto De Martino, in AAVV, Profondo Sud. Viaggio

nei luoghi di Ernesto De Martino a vent’anni da “Sud e magia”. Una grande inchiesta alla TV, Milano 1978;

S. S. Congregatio S. Officii, Decretum. Responsa ad dubia de communismo – 1

Iulii 1949, in «Acta Apostolicae Sedis», A. XXXXI (1949), n. 8 (2 luglio), p. 334; e la traduzione italiana in «La civiltà cattolica», 1949, vol. III, Quaderno 2379 (6 agosto), pp. 316-317;

Salinari C., Ricordo di Alicata in Tra politica e cultura, a cura di V. Spinazzola,

Milano, 1980; Saltini V., A tu per tu con il Mito, in «L’Espresso», 2 aprile 1978;

Senato della Repubblica, atti parlamentari – resoconti delle discussioni, 1948-

1949, Vol. IX (15 novembre – 22 dicembre 1949), Roma 1949;

Togliatti P., - La relazione di Togliatti al Comitato Centrale del PCI, in «l’Unità», 15 dicembre 1949; - Intervento alla commissione culturale nazionale, in La politica culturale, a cura di Luciano Gruppi, Roma, 1974;

Ufficio stampa del Partito socialista italiano, Per i lavoratori intellettuali. Una libertà socialista (1 - Quaderni di orientamenti), s.d. Roma;

Non firmato:

- “Gramsci e il folklore” al Teatro delle Arti, «l’Unità» del 2 giugno 1951, p. 3; - «Libertas e libertà», in «L’Osservatore romano», 27 febbraio 1949, p. 2; - Alta e bassa coltura, in «L’Osservatore romano», 16-17 agosto 1949, p. 1; - Cattolicesimo elastico, in «Quarto Stato», A. IV, n.s. n. 2 (30 gennaio 1949); - Dibattiti su Gramsci, in «Rinascita», VIII, 1951, n. 5 (maggio); - Il congresso degli assenti al Teatro Comunale, in «Giornale dell’Emilia», 10 gennaio 1953; - La risposta del Presidente del Consiglio agli attacchi dell’opposizione in Senato, in «L’Osservatore romano», 1 dicembre

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1949; - Laicità dello Stato e della Scuola, in «La civiltà cattolica», 1949, Vol. IV, Quaderno 2388 (17 dicembre); - Nell’“alta coltura”, in «L’Osservatore romano», 25 agosto 1949, p. 2; - Per il riscatto del Mezzogiorno riuniti gli intellettuali a convegno, in «Il Paese», 17 febbraio 1952; - Presentazione, in “Nuovi argomenti”, n. 1 (marzo-aprile) 1953;

- Visioni e barbarie, in «L’Osservatore romano», 12 febbraio 1949, p. 2.

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STUDI

AAVV, La contraddizione felice? Ernesto de Martino e gli altri (Di Donato R., a cura di), Pisa 1990;

Agosti G./ Sciuto M., L’Atlante del pianto di Ernesto de Martino, in: AAVV, La contraddizione felice? Ernesto de Martino e gli altri (a cura di R. Di Donato), cit.;

Alosco A., - L’arresto dei liberalsocialisti di Bari nel 1943, in «Annali dell’Istituto Ugo La Malfa», vol. III (1987);

Angelini P., - Nota introduttiva al Dibattito sulla cultura delle classi subalterne (1949-50), Roma, 1977; - Introduzione a C. Pavese/ E. de Martino, La collana viola: lettere 1945-1950, Torino 1991; - Gramsci, de Martino e la crisi della scienza del folklore, in G. Baratta - A. Catone, Antonio Gramsci e il “progresso intellettuale di massa”, Milano, 1995; - L’uomo sul tetto. Mircea Eliade e la «storia delle religioni», Torino, 2001;

Bermani C., Le date di una vita, in «Il de Martino», 5-6, 1996;

Bertelli S., La crisi del ’56 e il PSI, in Trent’anni di politica socialista (1946-1976), Roma, 1977;

Cases C., Introduzione a De Martino E., Il mondo magico, Torino 1997 (1° ed.

1948). Cherchi P., - Il metodo e la ‘metis’: il crocianesimo di Ernesto De Martino, in

«Prospettive settanta», 1984, n. 2-3; in Ernesto De Martino. Dalla crisi della presenza alla comunità umana, Napoli, 1987; - La «riscoperta» di Ernesto De Martino come «terra del rimorso» dell’ideologia, in «Studi bresciani», 1980, n. 3 (sett.-dic.);

Cioni D., - Etnologia nell’Enciclopedia Italiana, in «Il veltro», A. XXXV (1991),

5-6 (settembre - dicembre); - Osservazioni sul rapporto tra folklore, storia delle religioni ed etnologia nell’Enciclopedia Italiana, in «Il veltro», XXXIX (1995), 1-2 (gennaio - aprile);

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Cirese A. M.,- Intellettuali, folklore, istinto di classe. Note su Verga, Deledda,

Scotellaro, Gramsci, Torino, 1976; - Le scuole demo-etno-antropologiche, in Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Facoltà di Lettere e Filosofia (a cura di), Le grandi scuole della Facoltà, Roma 1994;

D’Amelio G., La lotta politica del 1956 fra gli universitari e gli intellettuali comunisti di Roma, in «Passato e presente», n.13, gennaio-febbraio 1960; De Antonellis G., Il Sud durante il fascismo, Manduria 1977;

De Giorgi M., Antifascismo e lotte politiche, in: De Giorgi M.-Nassisi C., Antifascismo e lotte di classe nel Salento (1943-47), Lecce 1979;

De Luna G., Storia del Partito d’Azione. La rivoluzione democratica (1942/1947),

Milano 1982;

De Matteis S., La tradizione dell’Occidente e il paradosso del primitivo [introduzione a] in: de Martino E., Naturalismo e storicismo nell’etnologia, Lecce 1997;

Di Donato R., - I Greci selvaggi. Antropologia storica di Ernesto de Martino, Roma 1999; - Un contributo su de Martino politico, in Compagni e amici/ lettere di Ernesto de Martino e Pietro Secchia, Firenze, 1993;

Dilio M., Di Vagno, Bari 1971; Dilio M., Puglia antifascista, Bari 1977;

Dore G., - La sezione Etnologia della Enciclopedia Italiana nel carteggio

dell’archivio storico Treccani, in Dal museo al terreno. L’etnologia francese e italiana degli anni Trenta, a cura di A-M. Sauzeau Boetti, Milano 1987;

Fantauzzi A., Ernesto de Martino: dal campo al libro. Genesi e storia dell’opera antropologica relativa alla Magia lucana, Università di Pisa, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 2002-2003;

Ferretti P., Nota biobibliografica, in E. de Martino, Scritti minori su religione

marxismo e psicoanalisi, a cura di R. Altamura - P. Ferretti, Roma, 1993;

Franceschini F., Cultura popolare e intellettuali. Appunti su Carducci, Gramsci,

De Martino, Pisa, 1989, ristampato in La contraddizione felice? Ernesto de Martino e gli altri, cit;

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Galasso G., Croce, Gramsci e altri storici, Milano 1978;

Gallini C. - Mezzogiorno e impegno civile nell’opera di Ernesto De Martino, in

«Politica e Mezzogiorno», Anno II (1965), N 2-3 (aprile-settembre); - Introduzione a E. de Martino, La fine del mondo. Contributo

all’analisi delle apocalissi culturali, Torino, 1977; Ristampata nel 2002 sempre dalla Einaudi e a cura dell’autrice in collaborazione con Marcello Massenzio, ma con una introduzione del tutto differente;

- Le scienze umane nella rivista «Società», in «Uomo e cultura», XV-XVI, n. 29-32, 1982-1983;

- La ricerca, la scrittura, in E. de Martino, Note di campo. Spedizione in Lucania, 30 sett.-31 ott. 1952, Lecce, 1995; - Introduzione a E. de Martino, L’opera a cui lavoro, Lecce 1996;

- Dove tra l’altro si narra di un milite ignoto che divenne ’anima pezzentella. Note sull’Archivio de Martino, in «Belfagor», 2002, fasc. V (30 settembre);

Gandini A., - Ernesto De Martino. Nota bio-bibliografica, in «Uomo e cultura», V, n. 10, luglio - dic. 1972;

- Nota bibliografica degli scritti di Ernesto De Martino, in «Studi e materiali di storia delle religioni», n.s. IX, vol. 51, 1985, fasc. 2;

- Ernesto de Martino e Raffaele Pettazzoni: dall’incontro dei primi anni Trenta all’autunno del 1959. Documenti, in «Rivista di storia della storiografia moderna», A. XVII (1996), n°1-3 (gennaio-dicembre);

- Raffaele Pettazzoni nelle spire del fascismo (1931-1933). Materiali per una biografia, in «Strada maestra», n. 50, 1° sem. 2001; - Raffaele Pettazzoni dal gennaio 1934 all’estate 1935. Materiali per una biografia, in «Strada maestra», n. 51 (2° semestre 2001); - Raffaele Pettazzoni intorno al 1935. Materiali per una biografia, in «Strada maestra», n. 52 (1° semestre 2002);

- Raffaele Pettazzoni negli anni 1939-1940. Materiali per una biografia, in «Strada maestra», n. 55 (2°sem. 2003);

Gasbarro N., E. De Martino: microstoria di un «nostro», in «Studi e materiali di

storia delle religioni», vol. 51 (1985, n.s. IX, 2), p. 212. Giardina A., Emilio Sereni e le aporie della storia d’Italia, in «Studi storici», 37,

1996, fasc. 3 (luglio - settembre); Ginzburg C.,- «La fine del mondo» di Ernesto De Martino, in «Quaderni storici»,

A. XIV, 1979, fasc. 1 (gennaio-aprile); - Momigliano e de Martino, in «Rivista storica italiana», Anno

C (1988), fasc. II; Grassi F., Dal combattimento al liberalsocialismo, in: AAVV, Il movimento

socialista e popolare in Puglia dalle origini alla Costituzione 1874-1946 (storia fotografico-documentaria) Vol. II, Bari 1985;

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Grottanelli C., Comunista nel mondo magico, in «Il Manifesto», 16 febbraio 1994;

Grottanelli V., Ethnology and/or Cultural Anthropology in Italy: Traditions and Developments, in «Current Anthropology, V. 18, dicembre 1977;

Imbriani E., Annabella Rossi nel solco di de Martino, in Annabella Rossi e la

fotografia. Vent’anni di ricerca visiva nel Salento e in Campania, Napoli 2003;

Lanternari V.,- Le scienze umane oggi in Italia, nel contesto europeo-americano,

in B. Bernardi (a cura di), Etnologia e antropologia culturale, Milano 1973;

- Ernesto De Martino etnologo meridionalista: chiuso provincialismo ovvero originalità critica?, in AAVV, Storia e cultura del Mezzogiorno. Studi in memoria di Umberto Caldora, Cosenza 1978; - Le scienze religiose in Italia e la prospettiva storico-antropologica, in AAVV, Studi antropologici italiani e rapporti di classe. Dal positivismo al dibattito attuale, Milano 1980; - R. Pettazzoni e le civiltà primitive, in «Idoc internazionale», A. XIV (1983), n. 6-7 (giugno-luglio);

- La mia alleanza con Ernesto De Martino e altri saggi post-demartiniani, Napoli, 1997;

Leone A.R., La Chiesa, i cattolici e le scienze dell’uomo: 1860-1960, in AAVV, L’antropologia italiana. Un secolo di storia, Roma-Bari 1985;

Lombardi Satriani L. M., Introduzione a E. de Martino, Furore Simbolo Valore, Milano, 1980;

Luciani S., Bibliografia degli scritti di Lelio Basso, Firenze 2003; Magnante M., Ernesto de Martino. La crisi della presenza tra psicopatologia ed

antropologia, Santarcangelo di Romagna, 1995; Mangoni L., Pensare i libri. La casa editrice Einaudi dagli anni trenta agli anni

sessanta, Torino 1999; Massara K., Il popolo al confino. La persecuzione fascista in Puglia, Roma 1991;

Meoni M.L., Sul “Mondo popolare subalterno”, in P. Clemente, M. L. Meoni, M.

Squillacciotti, Il dibattito sul folklore in Italia, Milano, 1976; Merico M., Ernesto de Martino la Puglia, il Salento. Temi d’analisi,

testimonianze, documenti, Napoli 2000; Milaneschi C., Ernesto de Martino e il Cristianesimo, in “Studi e materiali di

storia delle religioni”, Vol. 51° (1985);

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Montanari E.,- Religione dello Stato e religione dell’Uomo nel pensiero di Raffaele Pettazzoni, ripubblicato in Categorie e forme nella storia delle religioni, Milano 2001; - Tarantismo e «cultura egemone», in «Studi e materiali di storia delle religioni» in omaggio a de Martino (n.s. IX, vol. 51, 1985, fasc. 2; ripubblicato in Identità culturale e conflitti religiosi nella Roma repubblicana, Roma, 1988 ;

- Introduzione a Categorie e forme nella storia delle religioni, Milano 2001;

Nassisi C., Il «Nuovo Risorgimento» (1944-1946). Gli anni della grande speranza. Il polo liberal-socialista pugliese, Lecce 1990;

Nicolosi M.A., Il concetto di cultura nell’opera di Giuseppe Cocchiara. Alcuni aspetti della demologia italiana del secondo dopoguerra, in «Uomo e cultura», VIII/IX, n. 15-18, 1975-1976;

Nisticò G., Materiali per una storia dell’organizzazione disciplinare dell’Enciclopedia Italiana, in «Il veltro», A. XXXV (1991), 1-2 (gennaio - aprile);

Pasquinelli C.,- Antropologia culturale e questione meridionale. Ernesto De Martino e il dibattito sul mondo popolare subalterno negli anni 1948-1955, Firenze, 1977;

- Solitudine e inattualità di Ernesto De Martino, in C. Gallini, M. Massenzio (a cura di), Ernesto De Martino nella cultura europea, Napoli, 1997;

Pischedda B., Due modernità. Le pagine culturali dell’«Unità»: 1945-1956, Milano 1995;

Rago M., - Ampio dibattito al Congresso di Firenze per la difesa e l’avvenire della nostra cultura, in «l’Unità», 3 aprile 1948;

- Il Congresso della Cultura, in «l’Unità», 4 aprile 1948;

Sabbatucci D., Dal «chi sono» al «chi siamo» e ritorno, in Ernesto de Martino nella cultura europea, a cura di C. Gallini e M. Massenzio, Napoli 1997; - De Martino è nostro, Editoriale, in «Culture», 4 (febbraio 1979); - La prospettiva storico-religiosa, Roma 2000.

Sasso G., - Per invigilare me stesso. I Taccuini di lavoro di Benedetto Croce, Bologna 1989;

- Ernesto De Martino fra religione e filosofia, Napoli, 2001;

Sergi S.,- Le scienze antropologiche in Italia, durante l’anno XIII E. F., in «Atti della Società Italiana per il Progresso delle Scienze», Riunione XXIV, vol. 2, fasc. 3 (maggio – giugno 1936);

- Terminologia e divisione delle scienze dell’uomo. I risultati di

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un’inchiesta internazionale, in «Rivista di antropologia», vol. XXXV (1944 - 1947);

Spriano P., Storia del Partito comunista italiano.IV La fine del fascismo. Dalla

riscossa operaia alla lotta armata, Torino 1973; Strinati V., Politica e cultura nel partito socialista italiano 1945-1978, Napoli

1980;

Tartaglia G., Le origini del Partito d’Azione in Puglia, in AAVV, Il Partito d’Azione dalle origini all’inizio della Resistenza armata. Atti del Convegno di Bologna, 23-25 marzo 1984, Roma 1985;

Tentori T., Antropologia culturale: il rischio ideologico di una scienza, Roma

1976;

Toschi P., Dibattito su Gramsci e il Folklore, in «Lares», XVII, 1951, fasc. I-IV (gennaio-dic.);

Turi G., Casa Einaudi. Libri uomini idee oltre il fascismo, Bologna 1990;

Valiani L., - Il liberalsocialismo, in «Rivista storica italiana», Anno LXXXI

(1969), fasc. I; - Il partito d’azione, in AAVV, Azionisti, cattolici e comunisti nella

Resistenza, Milano 1971;

Venturi M., Si è aperto a Bologna il Congresso della cultura popolare, in «L’Unità», 10 gennaio 1953;

Vittoria A., - La commissione culturale del Pci dal 1948 al 1956, in «Studi

storici», 31, 1990, fasc. 1 (gennaio - marzo); - Togliatti e gli intellettuali. Storia dell’Istituto Gramsci negli anni

Cinquanta e Sessanta, Roma, 1992; - Il Pci, le riviste e l’amicizia. La corrispondenza fra Gastone

Manacorda e Delio Cantimori, in «Studi storici», n. 3-4, 2003.

Zincone S., L’inserimento della Letteratura cristiana antica, in: M.P. Ciccarese (a cura di), La Letteratura cristiana antica nell’università italiana. Il dibattito e l’insegnamento, Fiesole 1998.