Italia, Campione del Mondo - Spagna 1982 Paolo Rossi · 2008. 9. 12. · Paolo Rossi È un tipo...

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Paolo Rossi È un tipo senza dubbio singolare questo Horst Dassler. In certi casi si muove in prima persona, fa, disfa e rielabora anche patti che sembrano consacrati e nella particolare vicenda dei cartelloni della discordia aggiunge una pennellata significativa: torna da Brustenghi e, con la faccia più soave del mondo, chiede: “Sono stato corretto?”. C’è di più, perché Horst, che segue da vicino il cammino dell’Italia, prende atto delle clamorose vittorie degli Azzurri contro l’Argentina e il Brasile, percepisce il desiderio di Servadio di ottenere ulteriori zoommate televisive e domanda all’avvocato: “Quanti soldi potete spendere per ottenere altri primi piani?”. Risposta: “Dispongo di 300.000 dollari”. Replica: “Mi ci faccia pensare…”. Ricompare il giorno prima della finalissima Italia-Germania e, da grande istrione, arricchisce i termini della trattativa: “Il suo padrone ha una bella villa a Perugia? Bene, mi faccia invitare per il prossimo week-end e io, con quei 300.000 dollari, vi garantisco il massimo della visibilità televisiva per la sfida di Madrid”. Un ulteriore gesto di schietta cordialità? Anche, ma dietro alle quinte di questa strabiliante dinamica c’è, in verità, pure il frettoloso ritiro delle aziende brasiliane che, sicure della presenza dei loro straordinari campioni alla partita finale, avevano pagato fior di cruzeiros pur di assicurarsi spazi adeguati in quegli attesissimi novanta minuti. Fallita, proprio per mano dell’Italia, la missione di Zico e compagnia bella, le industrie brasileire avevano preferito scomparire dalla scena per non inviare ulteriori immagini amare e negative, ai tifosi, all’appassionatissima “Torcida” avvilita da un insuccesso del tutto imprevisto. Insomma nel mosaico pubblicitario del “Santiago Bernabeu” si erano improvvisamente creati tasselli vuoti e Dassler li aveva riempiti con dollari marcati Ellesse e con la garanzia di un dilettevole viaggetto nella villa di Servadio. Quale il bilancio che si registra a Perugia dopo la chiusura del mondiale concluso con il trionfo dell’Italia nella finale di Madrid vissuta con personale emozione perfino dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini? Emerge, senza dubbio, la Spagna che, attraverso colpi di scena e con metodi talora fantasiosi, porta in vetrina l’Ellesse, ma anche la Spagna che paga contraccolpi finanziari e manifesta superficialità organizzative scandite da mosse frettolose, negozi aperti alla meglio negli stadi, precarietà produttiva, azzardate previsioni sulle adesioni degli umori che corrono dietro al pallone. La stessa maxi-operazione pubblicitaria, allestita con la tradizionale larghezza di mezzi, ha rischiato esiti complessivamente insoddisfacenti ed ha rimediato perché è intervenuta la solidale e astuta benevolenza di Horst Dassler, padrone della tedesca “Adidas”. Tra le voci positive si incastona lo storico gol di Tardelli con il marchio Ellesse inquadrato nel bel mezzo di un’immagine esplosa nel mondo e destinata all’eternità. Certe riprese televisive ‘impressionano’ milioni di occhi in ogni angolo della terra, ma l’analisi di un contorno locale tutt’altro che efficiente, condanna Alessandro Giraudi che fatalmente paga con il licenziamento gli sconquassi della sua gestione spagnola. Gli contestano pressappochismi, superficialità, carenza di spirito manageriale e organizzativo. Italia, Campione del Mondo - Spagna 1982 135

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Paolo Rossi

È un tipo senza dubbio singolare questo Horst Dassler. In certi casi si muove in prima persona, fa, disfa e rielabora anche patti che sembrano consacrati e nella particolare vicenda dei cartelloni della discordia aggiunge una pennellata significativa: torna da Brustenghi e, con la faccia più soave del mondo, chiede: “Sono stato corretto?”.

C’è di più, perché Horst, che segue da vicino il cammino dell’Italia, prende atto delle clamorose vittorie degli Azzurri contro l’Argentina e il Brasile, percepisce il desiderio di Servadio di ottenere ulteriori zoommate televisive e domanda all’avvocato: “Quanti soldi potete spendere per ottenere altri primi piani?”. Risposta: “Dispongo di 300.000 dollari”. Replica: “Mi ci faccia pensare…”.

Ricompare il giorno prima della finalissima Italia-Germania e, da grande istrione, arricchisce i termini della trattativa: “Il suo padrone ha una bella villa a Perugia? Bene, mi faccia invitare per il prossimo week-end e io, con quei 300.000 dollari, vi garantisco il massimo della visibilità televisiva per la sfida di Madrid”.

Un ulteriore gesto di schietta cordialità? Anche, ma dietro alle quinte di questa strabiliante dinamica c’è, in verità, pure il frettoloso ritiro delle aziende brasiliane che, sicure della presenza dei loro straordinari campioni alla partita finale, avevano pagato fior di cruzeiros pur di assicurarsi spazi adeguati in quegli attesissimi novanta minuti. Fallita, proprio per mano dell’Italia, la missione di Zico e compagnia bella, le industrie brasileire avevano preferito scomparire dalla scena per non inviare ulteriori immagini amare e negative, ai tifosi, all’appassionatissima “Torcida” avvilita da un insuccesso del tutto imprevisto.

Insomma nel mosaico pubblicitario del “Santiago Bernabeu” si erano improvvisamente creati tasselli vuoti e Dassler li aveva riempiti con dollari marcati Ellesse e con la garanzia di un dilettevole viaggetto nella villa di Servadio.

Quale il bilancio che si registra a Perugia dopo la chiusura del mondiale concluso con il trionfo dell’Italia nella finale di Madrid vissuta con personale emozione perfino dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini? Emerge, senza dubbio, la Spagna che, attraverso colpi di scena e con metodi talora fantasiosi, porta in vetrina l’Ellesse, ma anche la Spagna che paga contraccolpi finanziari e manifesta superficialità organizzative scandite da mosse frettolose, negozi aperti alla meglio negli stadi, precarietà produttiva, azzardate previsioni sulle adesioni degli umori che corrono dietro al pallone. La stessa maxi-operazione pubblicitaria, allestita con la tradizionale larghezza di mezzi, ha rischiato esiti complessivamente insoddisfacenti ed ha rimediato perché è intervenuta la solidale e astuta benevolenza di Horst Dassler, padrone della tedesca “Adidas”.

Tra le voci positive si incastona lo storico gol di Tardelli con il marchio Ellesse inquadrato nel bel mezzo di un’immagine esplosa nel mondo e destinata all’eternità.

Certe riprese televisive ‘impressionano’ milioni di occhi in ogni angolo della terra, ma l’analisi di un contorno locale tutt’altro che efficiente, condanna Alessandro Giraudi che fatalmente paga con il licenziamento gli sconquassi della sua gestione spagnola. Gli contestano pressappochismi, superficialità, carenza di spirito manageriale e organizzativo.

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