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Istituto MEME associato a Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles ARMA APPROPRIATA Scuola di Specializzazione: Scienze Criminologiche Relatore: Roberta Frison Tesista Specializzando: Luca Polverelli Anno di corso: Primo Modena: 4 settembre 2010 Anno Accademico: 2009 - 2010

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Istituto MEME associato a

Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles

ARMA APPROPRIATA

Scuola di Specializzazione: Scienze Criminologiche Relatore: Roberta Frison

Tesista Specializzando: Luca Polverelli

Anno di corso: Primo

Modena: 4 settembre 2010 Anno Accademico: 2009 - 2010

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ISTITUTO MEME S.R.L .- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Luca Polverelli - SST in Scienze Criminologiche (Primo anno) A.A. 2009/2010

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Indice dei Contenuti

1. Introduzione .................................................................................................... 4

2. Armi da fuoco ................................................................................................ 17

2.1. Definizione e caratteristiche ……………...………………………………. 17

2.2. Classificazione (merceologica) …………………………………...………. 24

2.3. Prestazioni e differenze …………....................................................…….... 29

3. Munizioni ……………………...……………………..………………….…..42

3.1. Cenni di storia ………………………………………………………..….... 42

3.2. Elementi che compongono una cartuccia ……………………………...…..46

3.3. Classificazione, prestazioni, caratteristiche e differenze ……………..…....49

3.4. Leggi in materia di munizionamento ………………………………..….….77

4. Efficienza di tiro ……………………………………….……………………81

4.1. Balistica …………………………………………………..………………. 81

4.2. Tattica ………………………….…………………………………………. 89

4.3. La gestione dello stress ……………… ……………………...…….....101

5. La ricerca ………………………………...………………………………...104

5.1. Introduzione …………………………………..…………………………..104

5.2. I test psicologici …………………………………………………………..105

5.3. Il test di sparo….…………………………………..……………...…….....108

5.4. Gli items sul background esperienziale ………...….……….…………….109

5.5. L’analisi dei dati …………….………..………………...…………………111

5.6. Conclusioni …………………………………..……………...……………138

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6. La balistica forense ………………………..………………………………139

6.1. Differenza tra impronte di classe e di singolarità d’arma ……………......139

6.2. Tipi di perizie balistiche: mezzi e strumenti ……………….……………..140

6.3. Gli strumenti indispensabili per la comparazione balistica ……………....141

6.4. Le impronte utili nel bossolo esploso per la comparazione balistica ….…141

6.5. Alterazioni e modifica di armi …………………………………….…….. 142

6.6. Residui di sparo ……………………………………………………….… 142

7. Legislazione in materia di armi e munizioni ………………………….... 150

7.1. Leggi varie ……………………….……………………………………….150

8. Bibliografia …………………………..…………………………………….161

9. Sitografia …………………………………..………………………………162

10. Ringraziamenti ………………………………...…………………………163

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1. INTRODUZIONE

Prima di iniziare questa lettura informo innanzitutto il lettore della “pericolosità”

di questo elaborato per le tematiche trattate, consigliandone la lettura a solo un

pubblico adulto e capace di intendere e di volere, sottolineando che molte notizie

ed informazioni ivi contenute danno per scontato una conoscenza a priori delle

materie trattate. Chiedo perciò venia per tutti le espressioni, i dati e i termini

tecnici che enuncerò senza dare spiegazioni in merito; inoltre prego di non

divulgare questo testo o parti della corrente opera a terze persone in quanto i

contenuti, se resi comuni e diffusi, potrebbero diventare “dannosi” e “rischiosi”.

Come ultimo avvertimento, suggerisco il proseguimento nella lettura solo ai

lettori consenzienti al trattamento delle tematiche prese in atto nell’indice dei

contenuti.

L’idea di affrontare le tematiche che ritroverete in questo elaborato deriva

innanzitutto dal mio personale interesse di conoscere in maniera approfondita il

mondo delle armi da fuoco, le motivazioni che portano alla scelta della tipologia

di arma e calibro della stessa nelle diverse situazioni d’impiego e all’analisi delle

differenze che sono presenti tra “tiratori improvvisati”, amateur del tiro sportivo,

sportivi agonisti e professionisti del mestiere.

Verranno suddivise e analizzate nel dettaglio, al fine di poter offrire al lettore un

accurato studio, le maggiori tematiche in materia di armi da fuoco, dalle semplici

definizioni, alla classificazione delle armi, alla differenziazione d’impiego, ecc.

In questo elaborato, incentrato sullo studio, comprensione e diversificazione dei

vari utenti che possano utilizzare un arma, farò un rapido accenno alle armi che

richiedono intrinseche capacità per l’utilizzo senza (spero) far perdere al lettore il

vero obiettivo di questa tesi: capire chi ha potuto effettuare un determinato tipo di

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tiro.

Mettiamo in chiaro il cardine di questa tesi: restringere in caso di crimine/i con

arma/i da fuoco il campo d’indagine e i sospettati del suddetto crimine.

Prendendo nota che, nonostante l’esistenza di varie tipologie di armi (che

tratteremo nei vari capitoli di questo elaborato), l’arma più diffusa e di comune

utilizzo nei crimini è la “pistola”1, in quanto facilmente offuscabile (date le

dimensioni) e di “facile utilizzo”2, non possiamo fare a meno di parlare di tutte le

armi che tuttavia possono essere utilizzate.

Per far si di non disperdere troppo l’attenzione del lettore, ma d’altro canto non

potendo non affrontare alcune tematiche, approfittiamo dell’introduzione

iniziando a parlare delle armi che non sono oggetto del nostro studio: in primis

iniziamo col parlare del Cal. .22. Utilizzato prevalentemente in ambito sportivo,

può essere adoperato in armi sia a canna corta che lunga (rigata) dando

prestazioni ottime in termini di precisione, garantendo un bassissimo rilevamento

dopo lo sparo. Escludiamo questo calibro dai nostri studi in quanto veramente

piccolo e di bassa lesività (a confronto di quelli successivamente trattati 9x21,

.40, .45 ACP, ecc.), e inoltre dalla tale facilità di utilizzo in armi corte da rendere

alle corte distanze difficile lo studio delle differenze tra i vari utilizzatori.

Puntualizziamo inoltre che nel caso di impiego del suddetto calibro in armi

lunghe sono necessarie buone conoscenze di base per il conseguimento di

risultati degni di nota. A seguito riportiamo, per dimostrare quanto detto sulla

precisione del Cal. .22, due immagini (dimensione reale) illustranti le rosate

(fatte con un’arma a canna lunga -carabina-) con munizioni di diverse marche.

Dati e test forniti da Strocchi Fulvio (TSN Ravenna).

1 Si fa riferimento all’utilizzo delle armi corte in generale (pistole, revolver, ecc.). 2 “Di facile utilizzo” se utilizzate a breve distanza (le armi corte vengono impiegate da persone anche

assolutamente incompetenti a “bruciapelo” (ossia addirittura a contatto del bersaglio), e in confronto alla difficoltà di utilizzo e conoscenze base per adoperare altre tipologie di armi, ad es. fucili sniper).

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Altra categoria di armi che non saranno oggetto diretto dei nostri studi sono i

fucili d’assalto (ad esempio i più conosciuti sono: AK-47, Beretta AR 70/90,

Galil, M14, M16, M4), che sono infatti armi progettate per accrescere l'efficacia

del fuciliere in battaglia.

I fucili d'assalto offrono molti vantaggi, tra cui la possibilità di poter sparare

efficacemente mentre si è in movimento, il non dover più provvedere al riarmo

dell'arma dopo ogni colpo, ed alcune tattiche, tra cui il fuoco di saturazione.

Ci sono alcune caratteristiche comuni nei fucili d'assalto:

capacità di fuoco selettivo (l'arma può sparare sia a colpo singolo sia in

modalità automatica);

l'essere dotato di un caricatore amovibile ad alta capacità;

l'utilizzo della cosiddetta munizione intermedia.

Per quanto riguarda la storia dei fucili d’assalto, il termine venne coniato dalle

forze tedesche durante la Seconda guerra mondiale, appositamente per una nuova

“maschinenpistole” (pistola automatica) MP-44 dalle caratteristiche inusuali.

Infatti essa era più simile ad un fucile che non ad una pistola, usava una

munizione "intermedia" (meno potente dei calibri ordinari da fucile, ma più

potente dei calibri da pistola dell'epoca). I generali tedeschi si accorsero delle

vere potenzialità dell'arma ma incontrarono la forte opposizione di Adolf Hitler,

ostile al concetto di munizione intermedia ed a dotare i suoi soldati di un'arma

che percepiva meno potente. Testata sul campo di battaglia incontrò un ampio

favore tra le truppe. Rinominata "SturmGewehr-44", o StG-44 (dal tedesco

"Sturm", assalto e "Gewehr", fucile) Hitler la vide come un ottimo strumento di

propaganda ed approvò, finalmente, la produzione di massa.

L'StG non fu il primo fucile d'assalto della storia, infatti taluni vogliono come

capostipite della dinastia il russo Fedorov Avtomat, od altri ancora (forse di

diritto, anche se completamente inaffidabili e soggetti a continui inceppamenti)

l'italiano Cei-Rigotti; entrambe queste armi vennero utilizzate in minuscoli

quantitativi nella prima guerra mondiale e negli anni immediatamente successivi,

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soprattutto l'Avtomat che si rivelò essere un'arma affidabile e potente, anche se

molto costosa e difficile da produrre. Un'altra arma, forse più simile ad un fucile

automatico che ad un vero fucile d'assalto, era il messicano Mondragon mod.

1900, utilizzato in piccola serie anche dai tedeschi nella prima guerra mondiale,

oltre che nella rivoluzione messicana. Sta di fatto che l'StG è stato il primo fucile

d'assalto ad essere impiegato da un esercito regolare effettivamente come tale e in

quantitativi notevoli; inoltre era un fucile d'assalto che incorporava tutte le

caratteristiche dell'arma in maniera completa e non sperimentale. In particolare

era un'arma utilizzabile sia per il fuco automatico che per quello semi

automatico, con una munizione leggera (Cei Rigotti e Automat utilizzavano

proiettili full power poco potenti, mentre lo StG aveva una munizione

"intermedia" vera)un peso contenuto, una gittata inferiore a quella di un fucile

"tradizionale", dimensioni ridotte,ecc. Da allora i tentativi di replicare la

formidabile arma crebbero in numero e varietà, tra cui il primo e più famoso

Kalashnikov AK-47.

Altri notabili fucili d'assalto sono il tutt'ora validissimo M16 statunitense e la sua

evoluzione l'M4, l'SA80 (conosciuto anche come L85), l'FN FAL belga nel

calibro tedesco 7,92 x 33 Kurz (era stato originariamente progettato per lo Stg-

45) l'israeliano Tavor e l'italiano Beretta AR 70/90.

Le diverse tipologie di munizione nei fucili d'assalto sono assai numerose. La

genesi di queste munizioni intermedie possono essere grossolanamente

ricondotte a due grandi famiglie: quelle derivate accorciando delle munizioni

"full-power" dei fucili d'ordinanza (il 7,92 Kurz o il 7,62 Soviet dell'AK47

rientrano in questa categoria…) o creandone di totalmente nuove (il 5,56 NATO

od i nuovi calibri iperveloci come il 5,7 della Five Seven belga appartengono a

questo tipo).

Entrambi i calibri intermedi, rispetto alle munizioni da fucile classiche, hanno il

vantaggio di rendere l'arma controllabile nella modalità di fuoco a raffica e

permettono di portare molte più munizioni in combattimento.

Ci sono vari tipi di munizioni, come ad esempio le semplici Full Metal Jacket

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(FMJ), quelle a punta cava (vietate dalla convenzione di Ginevra), quelle

traccianti, quelle perforanti ed altre ancora. Le munizioni FMJ hanno un nucleo

di piombo incamiciato in un metallo più duro (ottone o leghe di rame con altri

metalli più duri) che garantisce la resistenza della palla. Sono obbligatorie come

standard minimo in ambito militare, per garantire ferite "pulite" ed evitare la

deformazione del proiettile nell'impatto contro bersagli umani. Le munizioni a

punta cava, sfruttando il principio dello shock idrodinamico si espandono o

frammentano più facilmente all'impatto causando danni maggiori ad un corpo

umano ma con minore effetto su eventuali protezioni come giubbotti

antiproiettile. Le palle traccianti hanno la base concava e riempita di una miscela

luminosa a base di fosforo, che si incendia ed è visibile già dopo circa 40-50

metri. Queste ultime sono utili negli scontri notturni od in ambiente urbano per

permettere al tiratore di individuare la precisa traiettoria dei proiettili sparati con

tiro istintivo. Un altro uso prevede l'inserire uno di questi colpi al terzultimo

posto del caricatore, in questo modo alla partenza del proiettile tracciante la

persona che utilizza l'arma sa che il caricatore è quasi terminato, e che è presto

necessaria la sostituzione di questo.

Ci sono diverse tipologie di fucili d’assalto che oltre a differenze nel calibro

offrono fondamentali differenze nel design, a seconda delle richieste specifiche

del committente. Un esempio sono i fucili d'assalto cosiddetti "compatti", ottimi

nel combattimento urbano, a causa del ridotto ingombro e della facilità di

trasporto. Un'altra variante sono i moderni fucili dalla configurazione "bullpup",

con il caricatore spostato indietro rispetto al grilletto, ottenendo un fucile più

corto a parità di lunghezza di canna ma, d'altra parte, l'impossibilità di cambiare

spalla ed impugnatura per il tiratore, cosa essenziale se si vuole sparare da un

riparo che può trovarsi dalla parte opposta di come si impugna abitualmente

l'arma. Per esempio, un soldato mancino che utilizzi uno Steyr AUG (che

presenta la finestra di espulsione sulla sinistra) potrà sparare riparato se il riparo

si trova alla sua destra, mentre esporrà completamente il corpo se il riparo

disponibile si trova a sinistra. Questo difetto che compromette anche la

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possibilità di utilizzo da parte di soldati con diversa mano dominante se non con

difficoltose modifiche, è stato risolto da alcuni fucili di ultima generazione come

l'FN F2000 che fa uscire la cartuccia dalla sommità della canna.

Concludo questo paragrafo parlando del più e del meno sulle armi sniper, ovvero

da cecchino, che formano una categoria che suscita molto interesse. Inutile dire

che ogni arma che tratteremo a seguire richiede specifiche conoscenze e abilità

specifiche senza le quali risulterebbe assolutamente impossibile effettuare un tiro

preciso.

Che cosa si chiede ad un fucile sniper? Beh, in primis che abbia una buona

precisione intrinseca, poi che abbia una buona gittata utile, e poi altre cose

relativamente secondarie, come la possibilità di doppiare velocemente il colpo o

la presenza di uno spegni-fiamma per celare la propria presenza ai potenziali

nemici.

Che calibri ha in genere un fucile sniper? Ne esistono tanti, i più comuni sono il

.223 Remington (5,56 NATO), il .308 Winchester Magnum (7,65 NATO), il .338

Lapua Magnum, il .408 Cheyenne Tactical e il .50 BMG. A questi si affiancano

calibri meno usati come il .300 Remington Ultra Magnum o il .416 Barrett. La

polizia (in generale) usa fucili sniper in 7,65 NATO e .338 Lapua, mentre i

militari oggi si limitano al .338 Lapua e al .50 BMG per le lunghe distanze, gli

altri calibri li usano su armi "miste", ovvero fucili da assalto che all'occorrenza

permettano anche tiri di precisione. Il .50 BMG è anche usato dai corpi speciali,

come quello italiano di San Marco.

Ecco qualche immagine di queste munizioni. Da sinistra a destra: .50 BMG, 7,65

NATO, .300 Winchester, 7,62 Russian, 5,56 NATO e infine il .22 lr, una

munizone oggi usata solo per il tiro a volo.

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Parlando di distanze utili, possiamo dire grosso modo che un 5,56 NATO ha una

distanza operativa di 200 metri, un 7,65 NATO di 500 metri, un .338 Lapua di

1000 metri, un .408 Chey Tac di 1300 metri e un .50 BMG di 2000 metri così

come il .416 Barrett. Questo però non vuol dire che dopo tali distanze questi

calibri siano inutili, ma solo che successivamente la stabilità del proiettile

diminuisce troppo, così come la velocità, con la possibilità che il tiro risulti

impreciso. Teniamo presente però che l'uccisione (registrata) a maggior distanza

è dovuta ad un soldato americano che usando un Tac 50 (in calibro .50 BMG)

riuscì ad abbattere un soldato nemico dalla distanza di 5200 metri, ben oltre la

portata utile dell'arma.

In effetti il .50 BMG è il calibro da sniper per eccellenza (anche se la Barrett con

il suo nuovo .416 Barrett sta cercando di portargli via il primato), un vero e

proprio " mostro", pensate che da un chilometro di distanza, può tranquillamente

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passare da parte a parte un comune veicolo blindato.

Veniamo ora alle armi che camerano queste munizioni:

cominciamo con un fucile da cecchino "classico" in calibro 7,65 NATO, un fucile

della Armalite originariamente progettato per usi militari e oggi in uso a molte

forze di polizia. E' un arma a ripetizione manuale, per cui bisogna azionare

manualmente l'otturatore per permettere l'espulsione del bossolo vuoto e la

cameratura del nuovo colpo.

Possiamo aggiungere l'Heckler & Koch PSG-1, un fucile semiautomatico in

calibro 7,62 NATO. Questo fucile dall'estetica molto accattivante e dall'ottima

precisione non ha mai avuto grande diffusione a causa del suo elevato costo, ma

rimane sempre un pezzo di storia (una curiosità: in Italia la sua catalogazione è

stata respinta perchè considerata arma da guerra, quando c'erano già catalogate

una miriade di armi in questo calibro semiautomatiche).

Questo invece è un Accuracy International calibro .338 Lapua Magnum usato sia

dai militari che dai Corpi di Polizia. Si tratta di un'arma incredibilmente precisa,

sempre a ripetizione manuale che è catalogata in Italia come arma da caccia:

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Ecco qui un grande fucile in .408 Chey Tac della E.D.M. Arms (sempre a

ripetizione manuale) usato per molto tempo da corpi speciali e militari:

Questo invece è il fenomeno, il capolavoro della Barrett Rifles, l'M82A1, un

fucile semiautomatico in calibro .50 BMG, un capolavoro dell'ingegneria, il

fucile che in poco tempo si è conquistato un posto d'onore nei reparti militari di

tutto il mondo e non solo...

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Questo invece è un Tac .50 della Mc Millan in calibro .50 BMG, un fucile a

ripetizione manuale molto preciso, ora quasi del tutto soppiantato dall'M82:

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Esiste poi una categoria di armi sniper anticarro che camerano potentissimi

calibri come il 14x118, il 950 JDJ o addirittura il 20x120 Vulcan (si, proprio la

munizione che si usa ancora oggi nei cannoni da 20 mm degli aerei). Queste armi

sono esclusivamente ad uso antimateriale, ed una delle convenzioni di Ginevra

(sottofirmata da quasi tutti i paesi) vieta l'uso di calibri superiori al .50 (12,7 mm)

contro le persone. Ad ogni modo si tratta di armi veramente enormi, che pesano

anche più di 50 Kg e che definire fucili è un po’ forzato...

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2. ARMI DA FUOCO

2.1. Definizione e caratteristiche

In generale un arma può essere definita come uno strumento di offesa o difesa; le

armi sono classificate e suddivise in diversi categorie: coltelli (da lancio e non),

armi sportive, armi di libera vendita, armi da guerra, arceria, armi improprie

(l’uso di tecniche di combattimento), armi comuni da sparo, ecc.

2.1.1. I vari tipi di armi

Con il termine armi la legge si riferisce a:

Armi bianche: spade, pugnali, baionette, tirapugni, bastoni animati, mazze

ferrate, manganelli, storditori elettrici, bombolette lacrimogene non approvate dal

Ministero dell’Interno. Le bombolette contenenti olio di peperoncino sono

liberalizzate se di piccole dimensioni, ma il Ministero ufficialmente ne ha

approvate solo tre marche, senza indicare i criteri tecnici seguiti. La corrente

interpretazione è discutibile perché uno strumento non lesivo, utilizzabile anche

per respingere aggressioni di animali, dovrebbe essere considerato strumento atto

ad offendere.

Per la Cassazione sono armi i coltelli a scatto; per le questure essi sono di libera

vendita e si trovano in ogni coltelleria; nel dubbio è meglio non acquistarli

oppure acquistarli con porto d’armi e denunziarli, senza mai portarli. Si tenga

presente che molte armi bianche sono in libera vendita in negozi sportivi o su

internet senza che nessuna autorità intervenga e che è cosa ingiusta denunziare il

detentore senza procedere anche contro il venditore o importatore.

Se anteriori al 1890 sono considerate armi antiche.

Armi da sparo: fucili, pistole, lanciarazzi, che espellono un proiettile attraverso

una canna mediante l’uso di un combustibile; ad esse sono talvolta equiparate le

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armi che usano aria o gas compressi (armi a gas). Si distinguono giuridicamente

in:

• A. da guerra o armi comuni: Sono comuni tutte quelle non da guerra; queste

sono ormai estremamente ridotte fra le pistole e le carabine: armi a raffica, fucili

d’assalto semiautomatici con elevata capacità di fuoco, pistole in calibro 9

parabellum (ma è un dimostrato errore del Ministero); non esistono revolver da

guerra e ve ne sono anche in calibro 9 Para. Le armi da guerra non possono

essere detenute, salvo quelle in collezioni esistenti fino dal 1975.

Le armi comuni si distinguono poi in:

• A. comuni sportive: quelle classificate come tali dalla Commissione in appositi

elenchi; sono lunghe o corte a canna rigata; i fucili da tiro a volo ricadono tra le

armi da caccia, da cui non si distinguono.

• A. comuni da caccia: tutte le armi lunghe usabili per cacciare in Italia e cioè

quelle lunghe a polvere, sia a canna liscia (purché il calibro non sia più grande

del 12; quindi non sono da caccia i calibri 8 e 10 che hanno un diametro

superiore a 18,1 mm.), che rigata; queste, se di calibro pari o inferiore a 5,6 mm,

devono impiegare una cartuccia con bossolo di lunghezza superiore a 40 mm. In

pratica rimangono esclusi i calibri .22 a percussione anulare e il .22 Hornet. Sono

armi da caccia quelle in calibri 6 e 9 mm Flobert. Sono armi da caccia anche

quelle in tutti i calibri per pistola superiori al .22 (9x21, .44 Mag., ecc.;

attenzione: la cartuccia rimane tecnicamente una cartuccia per arma corta). Le

armi devono avere al massimo tre canne o un caricatore che non possa contenere,

sul terreno di caccia, più di due cartucce. Fuori del terreno di caccia il caricatore

può contenere il numero di colpi indicato in catalogazione. Se una delle canne è

in calibro non consentito, essa deve essere resa inutilizzabile sul terreno di

caccia. I fucili a ripetizione manuale possono contenere nel caricatore più di due

colpi. I fucili semiautomatici a canna rigata possono avere, sul terreno di caccia,

un caricatore contenente più di due colpi. Anche moschetti militari o fucili

d’assalto demilitarizzati sono armi da caccia. La natura di arma da caccia non è

indicata nel provvedimento di catalogazione e non è compito del Ministero

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decidere su tale qualificazione. Il catalogo deve dire solo se un’arma è comune o

da guerra e se è o meno sportiva.

• Armi lunghe: sono quelle la cui canna ha una lunghezza di almeno 30 cm e in

cui la lunghezza totale è almeno 60 cm; corte sono quelle più piccole .

• A. comuni in genere: tutte le altre, quali pistole da difesa, armi ad aria

compressa non sportive e non liberalizzate, pistole lanciarazzi, fucili non

consentiti per la caccia in Italia.

• A. antiche: quelle di modello anteriore al 1890, anche se costruite dopo (ad es.

revolver mod. 1889, anche se costruito nel 1920). Si tenga presente che:

Le armi ad avancarica costruite fino al 1975 si considerano antiche (di solito è

persino impossibile stabilire la data di produzione);

Le armi ad avancarica (e quelle a retrocarica che riproducono modelli di armi

anteriori al 1890) costruite dopo il 1975 si considerano armi comuni moderne

(sono le cosiddette repliche). Per alcuni tutte le armi a retrocarica che

riproducono armi antiche, ma costruite dopo il 1890, sono repliche e in effetti

non ha senso pratico fare distinzioni. La replica deve avere i punzoni del banco di

prova.

Le armi antiche da sparo: sono le uniche assoggettate ad un regime un po’

diverso rispetto alle armi in genere: chi ne detiene più di otto deve richiedere

licenza di collezione; chi ha questa licenza può vendere ed acquistare armi

antiche, del genere per cui ha licenza, senza farne denunzia. Non ci vuole la

licenza per le armi bianche antiche.

Le armi antiche non devono avere segni distintivi (marchi, matricola) salvo

quelle ad avancarica costruire dopo il 1920 (ipotesi molto rara).

Le armi bianche antiche sono quasi sempre falsi moderni e conviene considerarle

moderne.

• Repliche: Le repliche sono le riproduzioni di armi da sparo antiche, più o meno

fedeli, prodotte dopo il 1890. Esse devono recare tutti i prescritti segni distintivi e

passano al Banco di Prova. Le repliche di armi ad avancarica non sono soggette a

catalogazione. Le repliche a retrocarica posteriori al 1979 vanno catalogate.

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• A. liberalizzate: Tutte le repliche di armi ad avancarica monocolpo (quindi non

i revolver e le armi con più canne o a ripezione) e le armi ad aria compressa od a

gas, di potenza non superiore a 7,5 Joule, sono liberamente acquistabili presso gli

armieri e non vanno denunziate; possono essere liberamente trasportate. Con esse

si può sparare in qualsiasi luogo non aperto al pubblico (luogo ben recintato a cui

non possono accedere estranei se non autorizzati) e in poligoni pubblici e privati.

Quelle ad avancarica già detenute prima del 2000 sono liberalizzate senza alcuna

formalità; esse recano già marchio del fabbricante, matricola e sono provate al

Banco di Prova; per quelle ad a.c. il ministero ha introdotto, forse in modo

illegittimo, il controllo del Banco di Prova per poterle togliere dalla denunzia. Se

però l’arma è di fatto inferiore a 7,5 Joule, non vi è alcun illecito nel detenerla. Ai

fini della legge penale non sono armi proprie, ma strumenti atti ad offendere con

un regime particolare. Possono essere usate in poligoni pubblici o privati. Non si

può sparare in campagna, perché è luogo aperto al pubblico. È vietato

ovviamente cacciare con esse. Ad esse non si applicano i reati in materia di armi

ma solo sanzioni amministrative, salvo che per il porto al di fuori dei luoghi

consentiti, punito come il porto di un coltello.

Strumenti atti ad offendere (armi improprie): Non sono armi, ma strumenti: i

coltelli di qualsiasi genere e dimensione (vedi sopra per quelli a scatto), gli archi,

le balestre, i fucili da pesca subacquea, accette, forbici, punteruoli, attrezzi

sportivi delle arti marziali ecc. Vale a dire ogni strumento che può ferire, ma che

è destinato in via principale ad altro scopo come strumento sportivo o di lavoro.

Gli archi e le balestre non sono armi improprie se portati senza le frecce o non

incordati (è chiaramente solo un trasporto).

Questi strumenti sono liberamente importabili, acquistabili, detenibili senza

denunzia e trasportabili; possono essere portati solo per giustificato motivo, cioè

per essere usati per la loro destinazione primaria. Il cacciatore e l’escursionista

possono portare ogni tipo di coltello. Chi è uscito di casa portando l’oggetto per

un giustificato motivo, è legittimato a portarlo fino a che non rientra a casa. Il

porto senza giustificato motivo è punito dall’art. 4 L. 110/1975.

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Non sono armi proprie, secondo la prassi della maggioranza delle questure e

con piena logica, le spade, le katane, le sciabole, le shuriken, non particolarmente

affilate o appuntite, da considerare o strumenti sportivi o da arredamento o da uso

scenico, o complemento di divisa. Esse quindi vengono liberamente importate e

vendute e non vanno denunziate.

Non sono né armi né strumenti, ma oggetti qualsiasi, le armi a salve, i

giocattoli a forma di arma, le riproduzioni inerti di armi, le armi disattivate

nelle parti essenziali, i giocattoli softair con potenza non superiore ad un Joule;

questi oggetti sono liberi del tutto; se confondibili con armi vere, devono essere

messi in commercio con un tappo o cerchio rosso sulla bocca della canna, ma

l’acquirente può eliminarlo senza conseguenze, purché non usi l’oggetto per

commettere reati (minacce, rapina). Le armi a salve devono avere la canna

parzialmente otturata, in modo da non poter proiettare corpi solidi (è obbligo solo

del produttore); non devono recare un tromboncino lanciarazzi. Le armi

paintball (sparano palline di vernice) non sono liberalizzate in Italia per

decisione del Min. Int., in contrasto con la legge. Con le armi a salve si può

sparare liberamente (senza disturbare) perché per definizione non si tratta di spari

pericolosi vietati.

Per un erronea interpretazione del Ministero vengono considerate armi da sparo i

lanciasiringhe veterinari che funzionano con cartuccia a salve od aria compressa,

sebbene si distinguano ben poco da una cerbottana e siano un tipico strumento da

lavoro.

Parti di armi: sono parti essenziali di armi, per norme internazionali ed italiane,

le canne, le carcasse, i fusti, i tamburi, le bascule, i caricatori; le norme europee

vi aggiungono l’otturatore e, per espressa assimilazione, i silenziatori. Non sono

parti di armi quelle che potrebbero appartenere anche ad un’arma giocattolo o

disattivata (calcio in legno, grilletto, minuterie). Non sono parti il tamburo o il

caricatore di un’arma a salve. Le parti essenziali di armi che non facciano parte

di un’arma intera devono essere denunziate (giurisprudenza costante della

Cassazione). Vanno denunziati i caricatori e le canne aggiuntive; queste devono

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anche recare un numero di matricola. Non sono parti di arma i riduttori di calibro

(canne riduttrici e bossoli riduttori), i visori notturni, i puntatori laser, i

cannocchiali e simili accessori da montare su di un’arma di per sé già completa.

Armi disattivate o inefficienti: un’arma si considera inefficiente in modo

irreversibile quando sono rese inefficienti tutte le parti essenziali; è sufficiente

che il ripristino sia impossibile con la normale attrezzatura di famiglia (chi ha

migliore attrezzatura, può ricostruirsi i pezzi). Non è necessario che il privato

segua le procedure previste per i fabbricanti da circolari ministeriali. Un’arma

bianca spuntata e non affilata non è più un’arma, ma solo un pezzo di ferro.

2.1.2. Elementi identificativi di un arma

L'arma da fuoco portatile moderna è essenzialmente composta da: canna,

carcassa (chiamata anche "cassa" o "fusto" e contenente i meccanismi di chiusura

come l'otturatore, i meccanismi di scatto come il grilletto, il cane, gli eventuali

meccanismi di alimentazione, ecc.), calcio (o impugnatura) e sistema di mira.

Quello che contraddistingue ogni arma sono sostanzialmente il numero di

matricola, il nome della casa costruttrice e il luogo di produzione, il numero di

iscrizione al Catalogo Nazionale delle Armi Comuni da Sparo e il calibro che si

ritrovano impressi in diverse parti dell’arma; altri elementi sono le rigature della

canna, anche se ciò che più differisce ogni arma è il suo stesso utilizzo e relativa

manutenzione (materiale dei proiettili sparati, quantità di colpi sparati, polveri

usate per la carica, mancata o eccessiva manutenzione, liquidi usati per la pulizia,

ecc.).

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2.1.3. Segni distintivi

Le armi devono recare dei marchi che consentono di identificarle. Un’arma priva

di matricola o numero di catalogo o marchio del produttore, nei casi in cui sono

prescritti, è arma clandestina.

La matricola deve comparire su tutte le armi comuni, anche quelle ad aria

compressa, solo se prodotte dopo il 1920. Se la matricola non è abrasa, la sua

mancanza è la prova migliore che l’arma è anteriore al 1920. Può essere apposta,

per una sola volta, su qualsiasi parte in metallo dell’arma; la canna, anche se

mobile, non deve necessariamente recare la matricola. Solo le canne

intercambiabili prodotte dopo il 1920 debbono recare un numero; sono tali le

canne ulteriori di un’arma, rispetto a quella di base. Non è vietato scrivere

numeri o altre indicazioni su di un’arma al fine di individuarla. Attenzione:

spesso la matricola è nascosta sotto le parti in legno.

Il marchio o sigla (nome o simbolo) che individua il produttore od importatore e

il numero di catalogo devono essere apposti solo sulle armi poste in commercio

dopo il 1° ottobre 1979.

Le armi poi, anche se non tutte, recano il marchio del Banco di Prova; tuttavia

questo non è un segno distintivo la cui mancanza rende clandestina l’arma;

infatti un tempo armi importate per uso privato ne erano legittimamente prive,

così come le armi ex militari (contro, una volta, la Cassazione, ma è stato

sicuramente un abbaglio).

Le armi prive di un segno distintivo, se prescritto, non possono essere

regolarizzate.

2.1.4. Parti essenziali di un arma

L'arma da fuoco portatile moderna è essenzialmente composta da: canna,

carcassa (chiamata anche "cassa" o "fusto" e contenente i meccanismi di chiusura

come l'otturatore, i meccanismi di scatto come il grilletto, il cane, gli eventuali

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meccanismi di alimentazione, ecc.), calcio (o impugnatura) e sistema di mira.

Tutti questi elementi sono necessari al fine di permettere un appropriato utilizzo

di un arma, tuttavia possono essere considerati accessori il caricatore (l’arma può

sparare avendo il solo colpo in canna), i vari organi di mira (dalle normali e

consuete tacche di mira ai vari apparati di puntamento come red dot, puntatori

laser, ecc.) che, se non presenti, vanno ad influenzare negativamente le

performance dell’arma stessa, pur non impedendole di sparare.

2.2. Classificazione

Le armi da fuoco portatili si possono suddividere in varie categorie generali

Secondo la lunghezza dell'arma ed il modo di tenerla durante l'azione di fuoco

Armi lunghe: sono quelle armi leggere dedicate ai tiri su lunghe distanze, hanno

la canna lunga e vengono imbracciate utilizzando entrambe le mani e quasi

sempre sfruttando l'appoggio alla spalla per reggerle durante il puntamento e lo

sparo. Ne sono tipici rappresentanti i fucili, le carabine, i moschetti ed alcuni

mitra, così come le mitragliatrici, anche se queste ultime utilizzano spesso un

appoggio di sostegno a bipiede o a treppiede per mantenere la stabilità dell'arma

durante gli spari a raffica. Le armi lunghe vengono impiegate nell'esercizio della

caccia, quale armamento individuale in guerra e per uso ludico-sportivo in

attività di tiro a segno.

Armi corte: a differenza delle armi lunghe, sono destinate soprattutto ad un uso

personale nei confronti di bersagli a corta distanza o in modo occulto, presentano

una canna piuttosto corta e generalmente vengono impugnate con una mano sola.

Rientrano in questa categoria le pistole, i revolver ed anche alcune pistole-

mitragliatrici, nonostante queste ultime, per essere controllate durante il tiro a

raffica, vengano impugnate con entrambe le mani. Generalmente vengono

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utilizzate in ambito civile come armamento individuale delle forze dell'ordine (ad

esempio la Polizia), come strumento di difesa da parte dei cittadini autorizzati e

come attrezzo sportivo in discipline di tiro a segno.

Per determinare se un arma è lunga o corta si adottano due sistemi incrociati, uno

di derivazione militare che considera una costante uguale a 20. Si moltiplica il

diametro nominale espresso in millimetri per la costante e se il numero ottenuto è

maggiore della lunghezza della canna si ha un'arma corta, viceversa lunga. Ad

esempio Pistola Mitragliatrice Beretta mod. 12, canna lunga 20 cm (ovvero

200mm), calibro 9 mm. Ad es. 9x20=180. L'ottenuto è inferiore alla lunghezza

della canna e quindi, secondo questo sistema, l'arma sarebbe lunga. Si associa a

questo criterio un altro sistema di valutazione definito dall'art. 78 dell'Accordo di

SCHENGEN del 14 giugno 1985. Si considerano armi corte le armi da fuoco la

cui canna abbia una lunghezza non superiore a 30 cm o la cui lunghezza totale

non superi i 60 cm. Viceversa si considerano armi lunghe tutte le altre armi da

fuoco. Questa doppia valutazione si è resa necessaria in quanto armi particolari in

calibro ridotto venivano considerate, con il solo sistema militare, armi corte

anche se da imbracciare.

Secondo la possibilità di ripetizione dell'azione di sparo

Armi a colpo singolo: che sparano un solo colpo per poi dover essere ricaricate

manualmente colpo per colpo inserendo nell'arma una nuova cartuccia dopo ogni

sparo (ne erano un esempio i fucili a retrocarica Sharp ed i Remington "rolling-

block", così come tutti i fucili ad avancarica). Rientrano in questa categoria

anche i fucili a due canne giustapposte (doppiette) o sovrapposte (sovrapposti)

per uso caccia o per tiro al piattello, in quanto la possibilità di sparare più colpi

(in questo caso due) è dovuta alla presenza di più canne da ricaricare

manualmente e non a sistemi di ripetizione (per alcuni oplologi, queste armi

rientrerebbero nella categoria di "armi a ripetizione multicanna" assieme alle

pistole "pepperbox" di metà '800, oltre che alle mitragliatrici tipo "Gatling" e tipo

"Gardner" e derivate).

Armi a ripetizione manuale: sparano anch'esse un colpo alla volta, però, essendo

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dotate di un magazzino con più colpi e di un dispositivo meccanico che

"incamera" una nuova cartuccia ad ogni azione manuale di riarmo, i colpi

vengono sparati in successione più velocemente in quanto già disponibili

nell'arma. Ne sono un esempio i revolver ed i fucili con otturatore girevole-

scorrevole (chiamati ad azione "bolt-action", come lo erano i fucili Mauser 98 o

gli italiani Modello 91) o con azione di ripetizione a leva (come i fucili

Winchester 1866 e successivi) od "a pompa". Da menzionare che i revolver,

secondo alcuni oplologi, rientrerebbero nella categoria "armi a ripetizione

multicamera".

Armi a ripetizione semiautomatica: possono sparare un colpo solo a ogni

pressione del grilletto come nel caso delle armi a ripetizione manuale, però a

differenza di queste, incamerano una nuova cartuccia prelevandola da sole dal

proprio magazzino senza l'intervento del tiratore, per essere pronte a spararne

un'altra alla successiva pressione sul grilletto. Ne sono un esempio le pistole

semi-auto come le Luger o le Walther P38 ed i fucili da caccia a canna liscia detti

(impropriamente) "automatici", oltre i fucili come il Garand M1 americano della

seconda guerra mondiale.

Armi a ripetizione automatica: mitragliatori che possono sparare più colpi in

rapida successione alla singola pressione del grilletto finché questa non viene

tolta o finché non si esauriscono i colpi nel caricatore. Questa modalità di fuoco

viene definita "a raffica". Tipici rappresentanti di questa categoria sono le pistole-

mitragliatrici come la MP 40 tedesca o il MAB italiano, le mitragliatrici stesse ed

in generale tutte le armi che sparano a raffica (compresi i fucili d'assalto moderni

che hanno anche dispositivi per selezionare modalità di fuoco con raffica

controllata a pochi colpi).

Secondo il tipo di canna utilizzata

A canna liscia: sono tipici i fucili da caccia che sparano cartucce a pallini, così

come erano a canna liscia la quasi totalità dei fucili ad avancarica fino a circa il

1870. Normalmente i proiettili sparati da una canna liscia sono di forma sferica e

privi di stabilizzazione (con conseguente portata ridotta), ma esistono eccezioni:

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proiettili quasi cilindrici con rigatura preincisa direttamente sul proiettile (ad

esempio la palla asciutta Brenneke da 36 gr. utilizzata per la caccia al cinghiale) e

proiettili a forma di freccetta chiamati "flechettes" (sperimentati dagli americani

durante la guerra del Vietnam per uso antiuomo utilizzando fucili da caccia a

canna liscia). Esempi di armi a canna liscia sono anche alcuni cannoni destinati

all'ingaggio di bersagli vicini (generalmente sul primo arco della parabola di tiro)

montati su vari modelli di carri armati.

A canna rigata: sono quelle armi che sparano un proiettile cilindrico-ogivale che

viene stabilizzato per ottenere maggiore precisione anche a lunghe distanze. Per

fare questo, la canna ha una rigatura elicoidale interna che imprime al proiettile

che avanza nell'aria un moto rotatorio che lo stabilizza (effetto giroscopico)

permettendogli di procedere sempre con la punta in avanti. Ricadono in questa

categoria anche i grossi cannoni.

Secondo il tipo di impiego

Armi da caccia: sono quelle utilizzate per l'uccisione di prede animali.

Generalmente, nel caso di caccia a volatili, si utilizzano armi lunghe a canna

liscia, mentre per la caccia ad animali terrestri di grossa taglia si utilizzano

carabine a canna rigata, ad esempio i cosiddetti Express. Esistono eccezioni,

come nel caso della caccia al cinghiale, per la quale si usano spesso armi a canna

liscia che vengono caricate con munizioni a "palla asciutta" o "slug" (ovvero una

palla unica stabilizzata mediante rigature impresse sul proiettile stesso, come nel

caso delle palle Brenneke o Gualandi)

Armi da tiro sportivo: sono quelle utilizzate in competizioni nelle quali si

colpisce un bersaglio al fine di ottenere il massimo punteggio che viene ottenuto

colpendo con la massima precisione il bersaglio stesso. Esistono varie discipline

(alcune sono anche olimpiche) che si differenziano per il tipo di armi consentite,

per le modalità di tiro e per la modalità di determinazione del punteggio: alcune

di queste discipline non riguardano armi da fuoco (come il caso di pistola o

carabina ad aria compressa oppure il caso del tiro con l'arco).

Armi comuni (o da difesa personale): sono quelle consentite al cittadino per

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difendersi: in Italia sono generalmente armi corte (come pistole semiauto e

revolver) in quanto il porto d'arma lunga per difesa viene eccezionalmente

concesso solamente a Guardie Particolari Giurate (GPG) dipendenti di istituti di

vigilanza che si occupano di trasporto valori.

Armi da guerra: sono quelle utilizzate durante i conflitti armati e che non hanno

ragione di essere utilizzate in campo civile. Lo sono sicuramente tutte quelle che

sparano a raffica, così come quelle esplodenti o che sparano proiettili esplosivi.

In Italia sono considerate "da guerra" anche quelle che, pur avendo caratteristiche

per essere utilizzate in ambito civile, sono in dotazione alle Forze Armate o ai

Corpi Armati dello Stato: un esempio è la pistola Beretta Mod. 92 Cal. 9 mm.

Parabellum, della quale è vietata la detenzione e la vendita in Italia (quest'ultima

è possibile solo con licenza speciale fornita dal costruttore) in quanto in

dotazione alle FF.AA. Solo per il mercato italiano (in quanto all'estero è arma

comune come tutte le altre pistole), quindi, è stata realizzata una versione "civile"

ribattezzandola mod. 98 e camerandola per una cartuccia sempre in calibro 9 mm

chiamata 9x21 che viene consentita per impieghi civili (anche se effettivamente

più potente, avendo un bossolo più moderno e capiente essendo più lungo di

2 mm rispetto al 9x19 Parabellum). È da considerare che la normativa italiana

sulle armi da guerra si pone in contrasto con direttive UE e NATO che

definiscono "da guerra" solo ed esclusivamente le armi da fuoco a raffica o quelle

esplodenti o con proiettili esplosivi (lanciarazzi e lancia-granate).

2.2.1. Definizione di “calibro di un arma”

Nella terminologia tecnica la parola calibro indica il diametro interno della canna

(anima) espresso in una unità di misura (millimetri, decimi di pollice, ecc.)

oppure in altra forma.

Quest'ultima ipotesi si ha solo per le canne dei fucili a canna liscia in cui si è

mantenuto l'antico sistema inglese di indicarne il calibro con il numero di palle di

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piombo aventi il diametro necessario per essere sparati da esse e che si possono

ricavare da una libbra inglese (gr. 453,6) di piombo. Nelle armi a canna rigata il

problema della misura del diametro della canna si complica perché bisogna

stabilire se esso si misura tra i pieni e cioè tra i risalti della rigatura, oppure tra i

vuoti; infatti quando si parla di calibro di un'arma, non si fa riferimento ai valori

tecnici esatti, ma a valori arrotondati e convenzionali. Perciò quando si dice che

la canna di un’arma ha un calibro di 9 mm non si intende che essa sia esattamente

nove millimetri, ma solo che essa è idonea a sparare palle del calibro nove mm

con tutte le tolleranze previste dalle tabelle del C.I.P. (o dagli usi costruttivi, in

quei paesi ove esse non vengono applicate). È importante inoltre notare che a

calibri equivalenti non corrispondono sempre potenze equivalenti. In generale, il

"potere di arresto" è determinato dal peso del proiettile, dalla balistica e dalla

carica di polvere che ne determina l'accelerazione.

2.3. Prestazioni e differenze

2.3.1. La funzione della rigatura della canna ai fini della traiettoria del proiettile

La rigatura delle armi serve per stabilizzare il proiettile durante il percorso lungo

la traiettoria; non serve per aumentarne la velocità o la penetrazione, ma solo la

precisione. La stabilità maggiore o minore dipenderà poi anche dalla lunghezza

del proiettile e dalla sua forma, con influenza variabile a seconda della velocità

del proiettile e della velocità di rotazione. La rigatura ha l'effetto di trasformare il

proiettile in un sistema giroscopico, ove un corpo in rapida rotazione (il

proiettile) è soggetto a due movimenti: 1) la rotazione lungo l'asse longitudinale

che in parte riduce l'effetto della forza di gravità e impedisce lo spostamento

dell'asse; 2) spostamento dell'asse in direzione del movimento di rotazione

(precessione; l'asse descrive una superficie conica); 3) spostamento dell'asse,

anche per effetto della forza di gravità, che produce cicloidi o oscillazioni che si

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sovrappongono al movimento di precessione (nutazioni).

2.3.2. La canna

La parte più importante in un'arma da fuoco (da lancio) è sicuramente la canna.

Sia nel caso di armi portatili che d'artiglieria, la canna ed il munizionamento

rappresentano la ragione d'essere di questa tipologia di armi.

La canna è sostanzialmente un tubo metallico ed è l'ambiente in cui si esplica

l'azione iniziale del munizionamento, quella che permette di far partire il

proiettile e di direzionarlo verso un bersaglio. Infatti è all'interno della canna che

viene posto il munizionamento, è all'interno di essa che avviene l'accensione

della carica di lancio, ed è percorrendo la parte interna cava (detta "anima") per

tutta la sua lunghezza e fuoriuscendone da una estremità sotto la spinta dei gas

caldi in espansione generati dall'accensione della carica, che il proiettile acquista

la velocità (e conseguentemente l'energia cinetica) e la direzione necessarie per

farlo giungere sul bersaglio. Questo è vero anche nel caso delle armi a camera

multipla e canna singola (come le pistole a rotazione dette revolver), nonostante

l'ambiente ad alta pressione iniziale sia costituito dalle camere del tamburo.

Le canne per le armi da fuoco portatili si dividono in due grandi categorie: canna

liscia (la prima ad essere inventata) e canna rigata. La differenza tra le due

consiste nell'avere o meno dei solchi elicoidali all'interno dell'anima (la rigatura,

appunto).

Le armi a canna liscia (es. fucili da tiro al piattello) non posseggono questo

accorgimento in quanto quelle leggere sono destinate per lo più a sparare pallini

o pallettoni, contenuti in munizioni di plastica o cartone con fondello metallico

anche se possono essere caricate con munizioni a palla singola, mentre le armi

pesanti (d'artiglieria) usano munizionamento stabilizzato mediante alette (come

nel caso dei mortai o dei moderni cannoni installati sui carri armati di ultima

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generazione che usano anche proietti a "freccetta" come gli anticarro APFDS -

Armor Piercing Flechette Discarding Sabot).

Le armi a canna rigata sono invece destinate a sparare palle singole con ogiva

(normalmente componenti di munizioni con bossolo metallico) e le rigature

servono a far avvitare il proiettile su sé stesso conferendogli più stabilità in volo

e di conseguenza maggior precisione sulle lunghe distanze.

Ci sono fondamentalmente due tipi di rigature: la classica, che consiste in solchi

scavati all'interno della canna, ha andamento elicoidale e può essere destrorsa o

sinistrorsa, a secondo della direzione dei solchi e avere un numero variabile di

solchi (3, 4, 5, ...); la seconda è la rigatura poligonale, che consiste in una canna

con un'anima a sezione non perfettamente circolare ma poligonale anch'essa, con

andamento elicoidale destrorso o sinistrorso. Vi sono, in alcuni casi, canne

semirigate in cui per un tratto la canna è liscia e per il rimanente tratto è rigata.

2.3.3. Il caricamento

Perché un'arma da fuoco possa sparare, deve essere prima caricata; cioè vi deve

essere inserita la carica esplosiva e il proiettile. Il modo più semplice per farlo, e

il primo ad essere usato nelle armi antiche fino al XIX secolo, è stato la

avancarica, cioè l'azione di inserire entrambe dalla bocca della canna; con il

progredire della tecnologia venne sviluppato il sistema a retrocarica in cui

nell'arma, dalla parte posteriore della canna veniva inserita una cartuccia

preconfezionata che conteneva sia la carica esplosiva che il proiettile.

Avancarica

In queste armi la canna e la camera di scoppio erano (e lo sono ancora per le

repliche moderne di armi antiche) costituite da un solo pezzo: un tubo di metallo

chiuso all'estremità, a parte un piccolo foro laterale per l'innesco della carica

esplosiva posto vicino all'estremità chiusa (parte posteriore della canna). I vari

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componenti del caricamento (polvere da sparo, borra di pezza e la palla vera e

propria) venivano inseriti infilandoli manualmente nella canna dalla parte

anteriore aperta (la bocca), che era anche la parte da cui sarebbe uscito il

proiettile quando si avesse aperto il fuoco (da qui il nome di "avancarica").

In genere la carica era costituita da polvere nera, che andava versata a mano nella

quantità giusta; poi veniva premuto nella canna un pezzo di stoffa per compattare

la polvere e separarla dal proiettile; infine veniva inserito il proiettile e premuto

ben bene. Fatto questo, si metteva un po' di polvere nell'incavo del bacinetto

dell'arma in modo da creare una miccia di polvere, per innescare la carica, e il

meccanismo di sparo consisteva in un semplice grilletto che faceva scattare un

cane munito di pietra focaia, che battendo sulla "martellina" metallica

(comunemente chiamata "chiusino") posta sul bacinetto accanto al foro d'innesco

provocava la scintilla che dava fuoco alla polvere.

La potenza dell'esplosione variava molto da colpo a colpo, a seconda di quanta

polvere era stata versata, di quanto era stata pressata e di quanto era pesante il

proiettile; inoltre era possibile che nonostante la scintilla l'innesco facesse

cilecca, cioè non esplodesse: in questo caso bisognava scaricare l'arma, con molta

cautela perché il colpo poteva partire "a scoppio ritardato", cioè dopo alcuni

minuti. Nonostante la semplicità erano quindi armi pericolose che richiedevano

una buona dose di esperienza per poter essere maneggiate con sicurezza.

Nella prima metà del XIX secolo venne introdotta la capsula a percussione

(contenente fulminato di mercurio) che, posta su un "luminello" situato al posto

del foro della polvere di innesco, detonava quando veniva colpita dal cane

incendiando la carica di lancio e facendo partire il colpo. Tuttavia dopo pochi

anni l'invenzione della retrocarica soppiantò completamente anche queste nuove

armi. Questa innovazione dimostrò la sua efficacia sui campi di battaglia di

Sadowa (3 luglio 1866) dove i prussiani utilizzarono i loro fucili Dreyse a

retrocarica contro gli austriaci e di Mentana (1867) dove i francesi utilizzarono i

loro Chassepot. Al giorno d'oggi si costruiscono solo poche armi ad avancarica,

per la maggior parte ricostruzioni di armi storiche, sia nella versione "a pietra

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focaia" che in quella a "luminello". Nel 2005 le armi ad avancarica monocolpo

sono state liberalizzate sia nella vendita che nella detenzione (solo le repliche

moderne).

Retrocarica

Nelle armi a retrocarica la canna è aperta in entrambe le direzioni ed il

munizionamento viene inserito dall'estremità posteriore con la palla rivolta

anteriormente. Al momento dello sparo, la palla percorrerà tutta la lunghezza

dell'anima della canna per uscire anteriormente. Da qui il nome di retrocarica.

Il munizionamento (cartuccia) comprende in un solo pezzo sia la carica esplosiva

che il proiettile, tenuti insieme da un bossolo di ottone, cartone o plastica (le

ultime due sono oggi usate quasi esclusivamente nelle armi a canna liscia o nel

munizionamento a bassa potenza da addestramento). La cartuccia viene inserita

nella camera di cartuccia (sorta di alloggiamento creato nella parte posteriore

dell'anima della canna che ricalca esattamente forma e dimensione della parte

anteriore del bossolo fino al fondello della particolare e specifica cartuccia

prevista per quella determinata arma), bloccata tra la forzatura (un restringimento

dell'anima costituito dall'inizio dei solchi di rigatura in corrispondenza della fine

della camera di cartuccia) e la culatta (o l'otturatore). Nelle armi automatiche e

semiautomatiche l'otturatore è tenuto premuto contro la canna tramite l'azione di

una molla fino all'azione di sparo, consentendo al bossolo di uscire solo dopo che

la palla sia uscita dalla canna. All'arretrare dell'otturatore il bossolo sparato viene

espulso mediante l'espulsore, piccola parte generalmente solidale con il fusto

dell'arma che, urtando contro il fondello del bossolo e usando l'estrattore come

fulcro, espelle il bossolo dall'arma. Riavanzando verso la chiusura, l'otturatore

può camerare una nuova cartuccia dal serbatoio.

Questa innovazione (uso della cartuccia metallica e caricamento posteriore della

stessa) rivoluzionò letteralmente il mondo delle armi da fuoco: permise una

molto maggiore affidabilità e precisione delle armi (essendo la polvere predosata

esattamente) e soprattutto permetteva una cadenza di tiro molto superiore: un

moschettiere esperto con un fucile ad avancarica riusciva a sparare al massimo un

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colpo ogni dieci-venti secondi, contro i due-cinque secondi a colpo di una recluta

con una nuova arma a retrocarica. Per ultimo, il fatto di avere delle parti mobili

nella parte retrostante la camera di scoppio, permise successivamente di usare

una parte dell'energia dell'esplosione per azionare meccanismi di ricarica e fuoco

automatici. Oggi quasi tutte le armi da fuoco in commercio (e tutte quelle usate

professionalmente) sono a retrocarica.

2.3.4. Sistemi di alimentazione

L'utilizzo della cartuccia metallica e dei sistemi di chiusura nelle armi a

retrocarica, ha posto le basi per una successiva evoluzione: l'uso dei sistemi di

alimentazione, che ha comportato la possibilità di avere più cartucce già pronte

per il cameramento in canna e direttamente già presenti all'interno dell'arma, con

conseguente abbassamento dei tempi di ricarica.

In effetti, l'uso di un sistema di alimentazione è la differenza base tra un'arma a

colpo singolo ed una a ripetizione (anche manuale).

Un sistema di alimentazione è costituito dall'unione tra un qualche tipo di

"serbatoio" contenente le cartucce con il giusto sistema di chiusura/apertura

(eventualmente modificato rispetto a quelli utilizzati per armi a colpo singolo, in

modo da prelevare una cartuccia dal serbatoio ed incamerarla ad ogni azione

manuale od automatica esercitata sull'otturatore).

Il serbatoio può assumere diverse forme e modi di funzionamento: in particolare

può essere fisso e fare parte integrante dell'arma oppure può essere "staccabile"

dando la possibilità di averne a disposizione diversi già riempiti di munizioni e

conseguentemente di sostituire un serbatoio "vuoto" con uno "pieno".

Serbatoio a tamburo: detto anche "a rotazione", in quanto le cartucce vengono

presentate per il caricamento (o direttamente per l'azione di sparo) tramite un

movimento circolare dell'intero serbatoio o di parte di esso (comprese le

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munizioni). Un esempio di serbatoio parte integrante dell'arma che presenta le

cartucce direttamente per l'azione di sparo, è il tamburo del revolver le cui

camere sono insieme il magazzino e la camera di scoppio della munizione. Altro

esempio di serbatoio integrato nell'arma è il serbatoio rotante del fucile

Mannlicher Schoenauer 1903: in questo caso le cartucce sono solamente

presentate per l'azione di caricamento. Esempi di serbatoi esterni e "staccabili"

(che presentano anch'esse le cartucce solo per l'azione di ricarica) sono invece

quello del mitra Thompson 1928 Cal. .45 americano da 50 o 100 colpi, quello del

mitra PPSH 41 Cal. 7,62 mm. Tokarev russo da 71 colpi, oltre che il serbatoio a

tamburo della mitragliatrice leggera Lewis del 1911-1914 con 47 o 97 colpi. Una

variante del serbatoio "a rotazione" è il serbatoio "a chiocciola" come quello

utilizzato da alcune Luger P08 "artiglieria" e dal mitra Bergmann MP18

disegnato da Hugo Schmeisser. Questo tipo di serbatoio ha anche molte affinità

con il "caricatore a magazzino", per cui si tende a chiamarlo in modo indistinto

anche magazzino-caricatore.

Serbatoio tubolare: quando è costituito da un tubo nel quale le cartucce sono

alloggiate una di seguito all'altra (dove quindi la parte frontale di una munizione

è a contatto con la parte posteriore della cartuccia successiva). In genere è una

molla a generare la spinta sulle cartucce affinché queste vengano ad essere

"presentate" per l'incameramento. Tipici serbatoi tubolari sono quelli presenti

sotto la canna dei fucili semiautomatici da caccia ad anima liscia o sotto la canna

delle carabine a canna rigata con azionamento a leva (tipo Winchester). Altra

tipica locazione di questo tipo di serbatoio è nel calcio di armi lunghe, come fu

nel caso del fucile e della carabina Spencer mod. 1860, i quali per la presenza di

un serbatoio tubolare a sette colpi nel calcio furono tra le prime armi a

ripetizione, assieme al fucile Henry 1862 a leva (progenitore del Winchester) ed

anch'esso con serbatoio tubolare (in questo caso presente sotto la canna):

attualmente il serbatoio tubolare inserito nel calcio si trova anche in diverse

carabine semiautomatiche Cal. .22 Long Rifle.

Serbatoio-magazzino: è parte integrante dell'arma e ricavato nella stessa.

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Raramente "staccabile" ed a volte non è nemmeno accessibile dall'esterno (se non

durante le operazioni di smontaggio dell'arma). È tipico di diverse carabine

(anche moderne) o di fucili dotati di otturatore girevole-scorrevole. Normalmente

si carica inserendo le cartucce una ad una o aiutandosi con un "caricatore a

piastrina".

Caricatore a piastrina: trattasi sostanzialmente di una guida metallica che trattiene

insieme le cartucce nel numero previsto per una determinata arma. Non viene

inserito nell'arma, ma funge da aiuto per poter spingere le cartucce nel serbatoio

riempiendolo. L'utilità sta nell'avere insieme il numero di cartucce esatto per la

ricarica e nella velocizzazione del caricamento del magazzino che viene eseguito

con un’unica operazione per l'insieme di cartucce inserite, anziché l'inserimento

di ogni singola munizione per volta. Attualmente, si usa anche per caricare

velocemente i caricatori-magazzino staccabili di cui sono dotate le armi più

moderne, oltre ad essere stato il sistema di caricamento di riferimento per i fucili

"bolt-action" ed il sistema principe per caricare la pistola Mauser C96. Un tipo

particolare di caricatore che può essere inserito in questa categoria è l'attrezzo (in

Italia chiamato gergalmente "carichino") che serve a caricare velocemente i

revolver a tamburo: in questo caso, il caricatore assume una forma circolare ed è

dotato di tante cartucce quante ne sono previste nel tamburo da caricare

(generalmente cinque o sei): quando si vuole ricaricare il tamburo, lo si fa

basculare, lo si scarica togliendo i bossoli delle munizioni sparate, si avvicina il

"carichino" affinché presenti le cartucce nuove allineate con le relative camere,

quindi si rilasciano tutte le cartucce che prenderanno sede nelle rispettive camere

con un unico movimento. Richiudendo il revolver, questo risulta ricaricato e

pronto allo sparo.

Caricatore a pacchetto: derivazione dei caricatori a piastrina, sono più complessi

nella foggia e più avvolgenti nei confronti delle cartucce che contengono, in

quanto è previsto che vengano inseriti direttamente all'interno dell'arma da

ricaricare per essere espulsi una volta esploso l'ultimo colpo presente. Tipico

rappresentante di questa tipologia di caricatore è il pacchetto da 8 colpi del fucile

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semiauto Garand M1, che viene inserito verticalmente dall'alto nel suo

alloggiamento avendo aperto preventivamente l'otturatore.

Magazzino-caricatore: è un magazzino scatolato che non fa parte integrante

dell'arma a cui può essere agganciato esternamente (es: fucili d'assalto moderni o

fucili mitragliatori come il Bren inglese od il BAR americano della seconda

guerra mondiale) o inserito internamente (come nel caso della maggioranza delle

pistole semiauto in cui viene inserito dalla parte inferiore del calcio).

Caricatore a nastro: è il sistema più utilizzato per alimentare le mitragliatrici. Le

cartucce sono inserite una di fianco all'altra in nastro di tela o tra maglie

metalliche: uno dei "capi" della striscia risultante, viene inserito nell'arma e viene

trascinato dai meccanismi di trascinamento e alimentazione presenti, mano a

mano che vengono sparati i colpi: questo permette azioni di fuoco prolungato,

visto che la lunghezza di tale nastro (e conseguentemente il numero di colpi

contenuti e disponibili) può essere aumentata a volontà aggiungendo un nuovo

nastro al termine del precedente.

2.3.5. Meccanismi di sparo

Il meccanismo di sparo è il complesso meccanico costituito dalle varie parti

componenti la catena cinematica di scatto, tramite la quale si comanda l'inizio

dell’azione di sparo: grilletto, leve, molle, percussore ed eventuale cane. Spesso

questo meccanismo interagisce con il sistema di chiusura/apertura anche per il

suo stesso funzionamento.

Il grilletto è il dispositivo primario con il quale si comanda l'azione di sparo.

Premendolo si attivano le funzioni dei dispositivi direttamente collegati (leve di

rinvio) che a loro volta agiscono sull'elemento terminale che scatena

effettivamente l'azione di sparo: il percussore.

Il percussore può essere di diversi tipi:

Percussore fisso: quando è parte integrante dell'otturatore ed è il movimento di

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quest'ultimo che determina l'azione di percussione. È tipicamente il percussore

presente sulle armi a chiusura labile che iniziano l'azione di sparo ad otturatore

aperto (dette anche armi a massa battente). Se la massa dell'otturatore è

consistente, può essere presente una piccola molla di ammortizzazione tra il

percussore (che in questo caso è un pezzo a sé) e l'otturatore per evitare lo

sfondamento della capsula d'innesco presente sul bossolo.

Percussore lanciato: quando è il suo movimento a determinare la percussione

dell'innesco: in questi casi, il percussore è trattenuto all'interno dell'otturatore in

quanto, pur sottoposto all'azione della sua molla, è intercettato dal sistema di

scatto a riposo. Appena si preme il grilletto, le leve di rinvio del sistema di scatto

liberano il percussore, il quale verrà spinto in avanti dalla molla e quindi

percuoterà l'innesco. Un esempio esemplificativo di percussore lanciato è quello

utilizzato nei fucili "bolt action" ad otturatore girevole-scorrevole.

Percussore comandato (o "guidato"): quando per effettuare la percussione deve

essere a sua volta percosso da un altro elemento, che normalmente è il cane.

Tipico è il caso della stragrande maggioranza delle pistole semiautomatiche. Il

cane, a sua volta, può essere:

Esterno: quando sporge dall'arma permettendone l'armamento manuale agendovi

direttamente. In questo caso sono visibili (anche lateralmente) i movimenti del

cane sia nelle sue fasi di armamento che di abbattimento. Esempio: pistola

semiauto Colt M1911, Beretta Mod. 70 o revolver come lo Smith&Wesson Mod.

19 o il Colt Python.

Interno: quando è completamente coperto dalla cassa dell'arma (come nel caso

del fucile semiauto Garand M1) o dal carrello (come nella pistola Browning

1903). Esistono armi a cane interno che mantengono sporgente una piccola

porzione della "cresta" per permetterne comunque l'armamento manuale (classico

esempio il revolver Smith&Wesson Bodyguard).

Occorre notare che vi sono armi (soprattutto a livello storico) che usavano

direttamente il cane per percuotere la capsula d'innesco: ne sono un esempio le

armi ad avancarica "a luminello" ed i revolver Colt Navy 1851 ed Army 1860.

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Anche queste armi, morfologicamente, utilizzano un percussore fisso. In questi

casi, però, veniva chiamata "percussore" la parte cuneiforme del cane destinata a

battere la capsula stessa, la cui esplosione incendiava la carica di lancio presente

nella "camera di scoppio" (parte posteriore della canna o delle singole camere del

tamburo).

La modalità con la quale si comanda l'azione di sparo (chiamata anche modalità

di scatto) può essere:

Ad azione singola (o Single Action SA): premendo il grilletto si libera solamente

e direttamente il percussore (o il cane). Prima dell'azione di sparo, quindi, il

percussore deve essere preventivamente "armato" tramite un'altra azione

(manuale o automatica). I revolver ad avancarica Colt Army 1860 ed i revolver a

retrocarica Colt 1873 sparavano solo in questa modalità: ad ogni colpo occorreva

prima "armare" il cane. Anche la quasi totalità delle pistole semiautomatiche

sparano in questo modo: in questo caso il cane può anche essere armato

manualmente per sparare il primo colpo (se precedentemente si era provveduto

ad abbatterlo dopo la fase di incameramento) e comunque lo è (così come lo è il

percussore lanciato nel caso di semiautomatiche prive di cane) dall'arretramento

del carrello-otturatore (sia per i colpi successivi al primo, sia durante l'operazione

di incameramento della prima cartuccia).

A doppia azione (o Double Action DA): premendo il grilletto, il cane (o il

percussore) si arma e poi si libera: la "corsa" del grilletto è più lunga e richiede

maggiore sforzo ma garantisce maggiormente contro spari accidentali dovuti a

contrazioni involontarie del dito sul grilletto per cause emotive e di stress. La

maggior parte dei revolver moderni adotta la doppia azione per le azioni di

ripetizione veloce dei colpi. Esistono modelli di moderne pistole semiauto che

sparano solamente in doppia azione.

Ad azione mista SA/DA: le armi moderne (soprattutto quelle corte come pistole

semiauto e revolver) adottano sia la modalità in azione singola che doppia: nelle

pistole semiautomatiche, questo permette di tenere l'arma carica con il colpo in

canna ed il cane disarmato e di sparare il primo colpo in doppia azione (i

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successivi saranno sparati in azione singola) con maggiori vantaggi nella

sicurezza di maneggio e sulla rapidità di inizio dell'azione di fuoco. La possibilità

di doppia azione permette anche di ripetere l'azione di scatto nel caso in cui una

cartuccia faccia "cilecca".

Secondo le modalità di funzionamento del meccanismo di sparo e secondo

l'iterazione con il gruppo di chiusura/apertura, si determinano le caratteristiche

per l'eventuale utilizzazione in armi automatiche e semiautomatiche.

2.3.6. Le quattro macrocategorie

Armi automatiche:

il termine può essere usato impropriamente in riferimento alle armi semi-

automatiche, le quali esplodono un proiettile per ogni pressione del grilletto.

Tecnicamente, è corretto utilizzarlo per le armi full-auto ("completamente

automatiche"), che continuano a caricare ed esplodere munizioni fino a che

persiste la pressione sul grilletto. In genere, è possibile discernere dal contesto

quale modalità si intende: spesso per "pistola automatica" o "fucile da caccia

automatico" (a canna liscia) si intende in realtà un meccanismo semi-automatico.

Armi semiautomatiche:

le armi semiautomatiche sono morfologicamente uguali alle armi automatiche:

ciò che le differenzia è il sistema di scatto, il quale permette di sparare solamente

un colpo ad ogni pressione del grilletto.

Questi tipi di armi sparano quindi sempre a colpo singolo ad ogni pressione del

grilletto, pur provvedendo alla ricarica di una nuova cartuccia in camera per

essere pronte alla ripetizione del colpo appena si torna a premere il grilletto, a

differenza delle armi a ripetizione manuale che necessitano ad ogni colpo anche

dell'azione manuale di ricameramento di una nuova cartuccia.

Le armi automatiche e semiautomatiche possono essere caratterizzate da una

preventiva azione di caricamento iniziale e manuale oltre, ovviamente, al

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normale inserimento del caricatore: per poter rendere l'arma offensiva (pronta al

fuoco) si dovrà scarrellare, cioè arretrare manualmente il carrello-otturatore per

permettere alla prima cartuccia di entrare nella canna e di armare il percussore

(nelle armi che iniziano l'azione di sparo ad otturatore chiuso) o per predisporre

la "massa battente" ad eseguire la sua funzione qualora venisse premuto il

grilletto (nelle armi che iniziano il ciclo di fuoco ad otturatore aperto) .

Armi con modalità di fuoco selezionabile:

alcune armi hanno un selettore per modificare l'impostazione da semiautomatico

(colpo singolo), a raffica controllata (numero determinato di colpi, in genere tre),

o a tiro automatico (raffica continua o "full auto"). Ad esempio, prendendo in

esame il fucile d'assalto utilizzato dall'Esercito Italiano, il Beretta AR 70/90 cal.

5, 56 mmm NATO, possiamo notare una piccola leva posta sul lato, accanto al

grilletto, che permette proprio l'utilizzo o meno di questa modalità di fuoco. Con

la leva posta sull'1 si otterrà il colpo singolo, sul 3 la raffica controllata e per

ultimo quella libera.

Armi d'artiglieria:

questi tipi di armi da fuoco sono concepite per colpire grandi obiettivi (truppe,

edifici, navi, punti determinati del terreno) e non hanno nessun impiego

concepibile per un uso personale: sono tutte armi da guerra, vietate ai privati

cittadini.

Si dividono in Artiglieria a tiro diretto, Artiglieria a tiro indiretto ed Artiglieria

missilistica. Le Bombe aviotrasportate vengono invece catalogate come armi

esplodenti, così come la generalità delle testate belliche di razzi e missili e le

bombe a mano.

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3. MUNIZIONI

3.1. Cenni di storia

“Prima di prendere in visione lo sviluppo e le evoluzioni tecniche delle cartucce

[…] bisogna sciogliere un nodo ancora insoluto nonostante gli studi e le ricerche

finora dedicategli; chi ha veramente inventato la polvere da sparo? Essa non può

derivare dal ‘‘fuoco greco’’, (come in alcuni testi si sostiene), perché da un

composto di materie bituminose, grasse e resinose non può derivare un composto

di materie aride, quali zolfo, carbone, salnitro. Il primo tipo di fuoco greco

doveva essere un miscuglio liquido i zolfo e calce viva. Come ci narra Leone di

Bisanzio nel suo Trattato sullo schieramento degli eserciti3 questo miscuglio

veniva lanciato per mezzo di sifoni di rame e si infiammava spontaneamente a

contatto dell’acqua provocando anche rumore, […] fu usato […]

prevalentemente nelle guerre navali. Alcuni studiosi come Dutens nel Origini

delle scoperte attribuite ai moderni4 del 1789, attribuiscono l’invenzione della

polvere da sparo a Salmoneo, re di Tessalia. Altri testi riportano come inventori

Caligola oppure il siciliano Salios nel 660 D.C. . Di sicuro però l’inventore non è

come vuole la storia il monaco Bertold Schwartz, per i seguenti motivi5: - non si

è mai trovato, per quante ricerche si siano fatte, alcun certificato […] che attesti

l’esistenza di detto uomo […]. – l’anno della sua nascita è incerto (1310-1330) e

gli si attribuisce la fusione in Venezia dei primi cannoni (della storia) usati per la

guerra di Chioggia […] 1378- 1381, mentre lo storico Giovanni Villani […]

morto nel 1348 e il Petrarca morto nel 1374 avevano già citato l’esistenza di armi

da fuoco nei loro scritti. – esisteva sino al 1849 (epoca in cui venne trafugato

dagli Austriaci6) un mortaio in bronzo […] che portava la marca P.P.P.F. e la data

1322 e quindi costruito ed usato quando Schwartz era infante o non era ancora

3 L. Musciarelli, Storia delle armi da fuoco, Brescia 1973 pp. 12-15. 4 Ivi, pp. 17-22. 5 L.G. Bocca, Nove secoli di armi da caccia, Firenze 1967 pp. 57. 6 L. Musciarelli, Storia delle armi da fuoco, Brescia 1973 pp. 38-40.

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nato. – si erano usate armi da fuoco nell’assedio di Cambrai nel 13397, data nella

quale lo Schwartz era molto giovane […]. Altri studiosi indicano i Cinesi quali

inventori della polvere da sparo ma non esiste alcun documento che provi

efficacemente che in Cina le armi da fuoco fossero conosciute prima del 1350

circa, epoca in cui, via terra, attraverso l’India, alcuni avventurieri e mercanti

europei vi introdussero tale conoscenza, e in primo piano, colà usata per i

tradizionali spettacoli pirotecnici. Questa falsa credenza fu originata dal fatto che

nell’antichità i Cinesi usarono i fuochi d’artificio che erano composti da un

miscuglio di olio di nafta, catrame, resina, olii vegetali grassi, succhi disseccati di

piante e metalli combustibili ridotti in polvere8. Inoltre lo stesso Marco Polo nel

Milione ci narra le sue avventurose peregrinazioni dal 1271 al 1295 in Asia,

descrivendo le macchine da guerra colà usate, e non fa menzione di bocche da

fuoco. Anzi racconta che il Khan dei Tartari rimase sorpreso dell’effetto di tre

mangani fabbricati per lui da un compagno di viaggio di Marco e che permisero

ai Tartari di conquistare la città cinese di Sian-Sang-Fu, assediata da cinque anni.

Altri studiosi fanno risalire l’invenzione della polvere da sparo chi agli Indiani,

chi ai Mori, chi ai Saraceni, chi ai Persiani, ma di certo si sa che la polvere era

conosciuta prima del suo uso nelle armi da fuoco, dato che non era sufficiente

conoscerne le proprietà balistiche, quando le arti meccaniche erano così primitive

da non poter produrre le armi con cui poterla adoperare.

Si sa che Ruggero Bacone verso il 1240 […] fece esperimenti col salnitro (nitrato

di potassio HNO3) carbone e zolfo nel rapporto 41:29,5:29,5 ottenendo una

miscela esplosiva. […] Probabilmente la polvere da sparo è stata inventata

contemporaneamente da molti artefici in diversi paesi9 tra quelli nei quali erano

più a portata di mano quelle materie prime come lo zolfo. Questa premessa mi

sembra molto opportuna e appropriata, poiché non esisterebbe alcun tipo di

munizione senza la scoperta della povere da sparo che è comunque anch’essa

proporzionalmente legata al successivo perfezionamento delle armi da fuoco. 7 L.G. Bocca, Nove secoli di armi da caccia, p. 60. 8 L. Musciarelli, Storia delle armi da fuoco, Brescia 1973 pp. 52-57. 9 Ivi p. 77.

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Dapprima le munizioni furono costruite prettamente per scopo militare, solo

molto più tardi si distinsero poi in munizioni da caccia e da guerra. Nessun

documento, oggi conosciuto, di nessun paese del mondo, cita l’uso di armi da

fuoco prima del 120010. Il più antico documento italiano che parla di armi da

fuoco è il Rerum Italicarum Scriptores […] datato Agosto 121611 […]; a

testimonianza del fatto che già nel 1326 le armi da fuoco erano molto conosciute

specialmente per i loro devastanti effetti […] la Chiesa Romana […] le pose […]

nel conciglio del Laterano al bando dal mondo cristiano12. Nonostante ciò, vi fu

ben presto un fiorire di bombarde sottili ad anima lunga, dette spingarde,

schioppi archibusoni che lanciavano dapprima aste di ferro, poi palle di pietra, e

funzionavano nel seguente modo13: il bombardiere introduceva dalla sommità

aperta della canna, con un cucchiaione, detto cazzuola, un certo quantitativo di

polvere da sparo, da circa un nono ad un terzo del peso del proiettile, la pressava,

la copriva con uno stoppaccio o con un tacco, nome di un disco di legno che

portava a volte l’incavo per la palla, e quindi introduceva la palla di pietra,

leggermente aderente all’interno del tubo, o, se voleva sparare a mitraglia, un

certo numero di piccole pietre. Per la scomodità di questo funzionamento, verso

il 1400 si pensò di usare le cariche “a cartoccio”, cioè un involucro contenente

polvere e palla, caricata dalla culatta. Ma poiché l’imperfetta connessione faceva

perdere […] molta compressione, le armi da fuoco fino al 1800 vennero costruite

prevalentemente ad avancarica. […] Nel 1476 […] nasce il primo fucile a canna

rigata elicoidalmente che sarà chiamato carabina (karab, in arabo significa arma

da fuoco); […] i risultati balistici ottenuti con la carabina furono notevolmente

migliori di quelli dei fucili ad anima liscia, perché le palle da caricamento

vennero prodotte col diametro uguale alla distanza tra gli interni di due

scanalature opposte, questo per far perdere meno compressione possibile. Con

l’adozione delle armi […] a canna rigata i proiettili subirono numerose modifiche

10 A. Angelucci, Documenti inediti, Torino 1869, pp. 65-85. 11 L. Musciarelli, Storia delle armi da fuoco, pp. 81-84. 12 L.G. Bocca, Nove secoli di armi da caccia, pp. 79-86. 13 Ivi pp. 88-92.

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atte a far si che la pallottola si adattasse il più possibile alla scanalatura della

canna, così ai primi del 1600 il proiettile venne per la prima volta ricoperto di

carta, pelle o tela unta che aderendo alle scanalature diminuivano la perdita di

compressione14. […] Il primo passo avanti nell’evoluzione delle munizioni fu

compiuto nel 1818 dall’Inglese Eggs che inventò la capsula, che era un

cilindretto di sottile lamiera di rame o ottone, chiuso ad una estremità e spalmato

sul fondo interno di una soluzione di polvere fulminante […]; questa capsula

trovò naturalmente il suo impiego con l’avvento dell’acciarino a percussione

costruito per primo dall’Inglese Forsyth nel 1812 e poi modificato da Le Page nel

1815. Dall’invenzione di Eggs nel 1818 della capsula, all’applicazione di questa

in una cartuccia ad autoaccensione non passò molto tempo; […] nel 1836 […] il

prussiano Dreyse progettò il fucile ad ago, all’interno del quale vennero usate per

la prima volta delle cartucce di carta alla cui base portavano una capsula

d’accensione, uno strato di polvere, un disco di feltro e la palla o i pallini. La

prima cartuccia […] antenata nella forma e nei componenti di quella attuale è la

cartuccia di cartoncino con fondello metallico in lamierino d’ottone o rame del

francese Lefaucheux nel 1836. […] Queste cartucce erano prive della capsuletta

d’innesco che era sostituita da una capsula posta sul luminello che con la sua

forte fiammata bucava il cartoncino della culatta della cartuccia, accendendo la

polvere in essa contenuta. Nel 1846 si ebbe l’invenzione del francese Houiller

della cartuccia spillo. Lo spillo sporgeva trasversalmente da una fessura della

canna e quando vi batteva il cane andava a colpire una capsula posta nel fondo

della cartuccia. I grandi svantaggi della cartuccia a spillo, che ebbe un grosso

successo, consistevano sia nel pericolo che presentavano nel trasporto, perché

potevano esplodere facilmente, sia dal foro dello spillo da dove entrava acqua nel

fucile, bagnando la cartuccia. Il 1850 vide la nascita ad opera del francese Pottet

della cartuccia con accensione a corona, o Flobert, che aveva il fulminato nel

cavo di un solco periferico della base (sistema ancora usato per le piccole

carabine, pistole o monocanna). Era il preludio all’invenzione della prima 14 L. Musciarelli, Storia delle armi da fuoco, pp. 98-103.

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cartuccia a percussione centrale15” 16.

3.2. Elementi che compongono una cartuccia

Comunemente con il termine cartuccia si intende un insieme organico costituito

da: il bossolo o involucro (originariamente di carta da cui deriva il termine

cartuccia), l’innesco, la carica di lancio o propellente e la pallottola o proietto.

Ciascun componente può assumere forme e caratteristiche diverse in funzione del

tipo di impiego per il quale è destinato.

Diamo ora una definizione più approfondita17:

Munizione:

munizione è il termine generico usato per indicare tutto ciò che, per mezzo di un

propellente, può essere impiegato per compiere lavoro in un’arma per lanciare un

proietto o in un dispositivo industriale per compiere un’azione meccanica.

In questa trattazione focalizzeremo la nostra attenzione al munizionamento

impiegabile nelle armi da sparo (ove il lavoro sviluppato è la proiezione di un

proietto) escludendo dalla trattazione le munizioni a salve, ad effetto sonoro e per

impiego industriale.

Cartuccia:

cartuccia è un termine specifico usato per descrivere un insieme organico

costituito da:

bossolo o involucro (originariamente di carta da cui deriva il nome 15 Ivi pp. 110-134. 16 Tesi di Laurea del Dott. Andrea Tassinari, “Le munizioni da caccia e tiro. Storia ed evoluzione”.

Università degli Studi di Bologna, Facoltà di lettere e filosofia, Corso di Laurea in Storia Contemporanea, anno accademico 1985-86.

17 Ivi pp. 110-134.

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cartuccia);

innesco;

carica di lancio o propellente;

pallottola o proietto.

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Ciascun componente può assumere forme e caratteristiche diverse in funzione del

tipo di impiego per il quale è destinato.

La variazione dei componenti determina differenti tipologie di cartucce.

Geometrie del fondello:

rimmed (flangiato);

semirimmed (semiflangiato);

rimless (scanalato);

belted (cinturato).

Geometrie del bossolo:

diritto;

conico;

a collo di bottiglia.

Tipologie di innesco:

a percussione centrale (Boxer o Berdan);

a percussione anulare;

a spillo.

Tipologie di polvere:

smokless;

black powder.

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Le specifiche qui sopra elencate sono indispensabili per l’identificazione e la

catalogazione di una cartuccia e poter proseguire nell’illustrazione.

Gli elementi su cui vogliamo concentrare invece la nostra attenzione per

determinare le tipologie di cartucce sono in funzione:

del caricamento;

della tipologia di pallottola;

delle prestazioni offerte.

Per poter ben comprendere i requisiti prestazionali di una cartuccia ed il tipo di

impiego per il quale è destinata occorre fare un passo indietro e valutare come

questa è stata sviluppata e progettata nonché quali parametri sono stati presi in

esame e quali vincoli sono stati considerati nella sua realizzazione.

3.3. Classificazione, prestazioni, caratteristiche e differenze

3.3.1. Munizioni civili e militari

Occorre distinguere tra cartucce per uso militare e cartucce per armi comuni da

sparo.

I criteri per distinguere queste due tipologie di cartucce sono assolutamente

interessanti e meritevoli di riflessione.

Secondo la legge del 18 Aprile 1975 n°110

“Agli effetti delle leggi penali, di quelle di pubblica sicurezza e delle altre

disposizioni legislative o regolamenti in materia sono armi da guerra le armi di

ogni specie che, per la loro spiccata potenzialità di offesa, sono o possono essere

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destinate al moderno armamento delle truppe nazionali o estere per l’impiego

bellico, …

Fatto salvo quanto stabilito nel secondo comma dell’articolo 2, sono armi tipo

guerra quelle che, pur non rientrando tra le armi da guerra, possono utilizzare lo

stesso munizionamento delle armi da guerra o sono predisposte al funzionamento

automatico per l’esecuzione del tiro a raffica o presentano caratteristiche

balistiche o di impiego comuni con le armi da guerra.

Sono munizioni da guerra le cartucce e i relativi bossoli, i proiettili o parti di essi

destinati al caricamento delle armi da guerra”.

Dal punto di vista progettuale la suddivisione è valutata secondo criteri differenti.

Il progettista definisce munizioni da guerra le cartucce progettate, realizzate e

collaudate in accordo ad una specifica / richiesta militare.

D’altro lato definisce munizioni per armi comuni da sparo tutte le munizioni

progettate e realizzate in modo tale da soddisfare la normativa C.I.P.

Ciò evidenzia che per il progettista i requisiti prestazionali richiesti alle due

tipologie di munizioni sono differenti.

Le munizioni per armi comuni da sparo soddisfano la norma C.I.P. il cui scopo è

garantire una produzione dimensionalmente e qualitativamente conforme

affinché l’utilizzo di tali armi sia sicuro e non pregiudichi la sicurezza

dell’utilizzatore.

A questo scopo sono specificate:

le dimensioni massime che una cartuccia può avere (si può ben intuire

cosa potrebbe capitare se una cartuccia avesse un proiettile il cui diametro

fosse eccessivo in relazione alla canna nella quale viene sparata);

i limiti pressori massimi che una cartuccia, appartenente ad un

determinato calibro, può fornire;

le caratteristiche della strumentazione da utilizzarsi per condurre le prove

atte a verificare i requisiti richiesti.

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D’altro lato, le specifiche militari, oltre a indicare il livello qualitativo del

munizionamento (tipi di difettosità e percentuale accettata) ed i limiti pressori a

cui è soggetta la cartuccia, elencano i requisiti minimi e le prestazioni che devono

essere soddisfatti.

Qui di seguito alcuni dei requisiti richiesti:

impermeabilità del munizionamento;

foro minimo di estrazione della pallottola;

valutazione delle tensioni residue nel bossolo;

sensibilità e sicurezza dell’apparecchio d’innesco;

capacità di perforazione del proietto.

Tali requisiti e le relative modalità di rilevamento possono apparire comuni alle

due normative, ma sono, in realtà, così diversi da rendere difficoltosa una

immediata comparazione.

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La tabella qui di seguito evidenzia le differenze in termini di alcuni dei principali

requisiti di una cartuccia Cal. 9 Luger ed una Cal. 9 Parabellum NATO:

Caratteristica 9 Luger 9 NATO

Lunghezza della canna

di prova

150mm 200mm

Pressione media

massima ammissibile

2350 Bar 230 Mpa

Punto di rilevamento

pressione

Camera

cartuccia

Bocca bossolo

Profilo di canna C.I.P. NATO

Capacità di perforazione Non

richiesta

Elmetto e giubbetto antiproiettile a 23 m

in accordo alla STANAG 4090

Precisione Non

richiesta

A 46 m raggio inferiore a 76mm

Velocità Non

richiesta

Tale da soddisfare il requisito energetico

di energia 542J < E0 < 814J

Ecc.

Se si volesse fare un raffronto diretto allo scopo di valutare le reali differenze tra

le due tipologie in termini prestazionali (velocità e pressione) si dovrebbero

sparare in contemporanea le due cartucce con le diverse strumentazioni.

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La tabella qui di seguito esemplifica i valori ottenuti comparando due lotti di

produzione Fiocchi come indicato al punto precedente:

Strumentazione Caratteristiche 9 Luger FMJ 115 9 NATO FMJ 115

C.I.P. Velocità V10/1

Pressione

377 m/s

2030 Bar

413 m/s

2906 Bar

NATO Velocità V16/15

Pressione

364 m/s

140 Mpa

397 m/s

196 Mpa

Arma 92 FS V2.5/1

PX4 V2.5/1

Glock 17 V2.5/1

342 m/s

327 m/s

345 m/s

378 m/s

367 m/s

380 m/s

La velocità, e di conseguenza le energie, sono notevolmente più alte nel

munizionamento NATO, anche se non si può escludere di trovare sul mercato

cartucce Cal. 9 Luger che, pur rimanendo nei limiti pressori imposti dalla

normative C.I.P., presentano velocità più elevate rispetto a quanto fornito dalle

cartucce militari (è il caso di cartucce caricate con palle leggere).

Cartucce per armi comuni da sparo:

queste cartucce sono prodotte in conformità alla normativa vigente C.I.P.

Pur restando entro i limiti imposti, il progettista studia e progetta le cartucce in

funzione dell’utilizzo di queste munizioni.

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Per tale motivo la gamma comprende:

cartucce da tiro a segno;

cartucce per difesa;

cartucce da caccia.

Queste tipologie si differenziano tra loro principalmente per la struttura della

pallottola che montano e per il tipo di caricamento (tipo e quantità di polvere).

Cartucce da Tiro a segno:

le cartucce per tiro a segno sono, come dice la parola stessa, destinate al tiro a

segno ed hanno quindi una precisione intrinseca. Possono essere usate per il tiro

informale o per le discipline sportive nelle diverse specialità.

Sono prevalentemente costituite da piombo grassato o trattato con un particolare

rivestimento antifrizione.

Sono animate da velocità relativamente basse se paragonate a quelle di altri

proiettili dello stesso calibro.

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Recentemente per il tiro informale in poligono vengono usati proiettili in piombo

con rivestimento galvanico rame o sue leghe.

Questi proiettili permettono di combinare i vantaggi del piombo: limitati

rimbalzi, ridotta capacità di perforazione fornendo tuttavia ridotto

impiombamento delle canne e ridotto sviluppo di vapori di piombo nei pressi del

tiratore durante la fase di sparo.

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Cartucce per difesa personale:

queste cartucce, realizzate per ottenere il massimo effetto invalidante, sono

costituite da due famiglie:

con pallottola a deformazione controllata o hollow point;

blindate.

Le prime sono conformate in modo tale da subire una forte deformazione

strutturale all’impatto con i tessuti molli. Tale deformazione determina una

modifica delle caratteristiche geometriche ovvero un aumento del diametro. Per

questo vengono definite espansive.

La velocità è particolarmente elevata in relazione al calibro così da garantire la

corretta espansione.

Durante la penetrazione nei tessuti molli l’espansione strutturale determina un

forte rallentamento della pallottola con elevata cessione energetica al bersaglio.

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Di seguito si riporta il disegno di una moderna pallottola ad espansione

controllata (Fiocchi EMB) e di una hollow point.

A lato a ciascun disegno è riportata la foto della pallottola recuperata in gelatina,

così da poter mostrare la deformazione subita.

Copertura

Nucleo

Cavità

Proiettile recuperato dopo sparo in gelatina

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D’altro lato, le cartucce con pallottola blindata sono costituite da un nucleo in

piombo ed una camicia esterna in lega di rame o ferro dolce bi-placcato.

Sono pressoché indeformabili negli impatti con tessuti molli per cui la

penetrazione avviene con tramite lineare.

Di seguito, a scopo illustrativo, è rappresentata una pallottola Fiocchi Cal. 9 della

linea Black Mamba. L’aspetto più interessante è la geometria dell’ogiva che

presenta una depressione nella parte apicale. Tale depressione, da non confondere

con una munizione hollow point, non modifica il comportamento in impatti con

tessuti molli tipica delle cartucce blindate.

Nucleo

Copertura

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L’esempio riportato serve a evidenziare che la classificazione di un proiettile non

può essere limitata alle sole caratteristiche geometriche ma dipende

esclusivamente dalla deformazione che subisce durante l’impatto.

Esistono in commercio pallottole totalmente camiciate che inglobano

completamente il nucleo di piombo con lo scopo di evitare lo svilupparsi di

vapori ‘tossici’ durante le sessioni di tiro.

Generalmente questa tipologia di palla è associata ad inneschi senza piombo o

senza metalli pesanti.

Nucleo in Piombo

Copertura

Scodellino

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Cartucce da caccia:

le cartucce da caccia sono di vari tipi e principalmente in calibri per arma lunga.

Concettualmente sono realizzate in modo tale da cedere la maggior energia

possibile all’animale per causarne la morte istantanea con la minima sofferenza.

Possono essere di tipo Hollow point o a deformazione strutturata.

Sono animate da velocità elevate per poter avere una traiettoria più tesa possibile.

Cartucce militari:

appositamente sviluppate per soddisfare uno specifico capitolato militare sono

destinate ad equipaggiare le armi automatiche e semiautomatiche in dotazione

agli eserciti.

Si distinguono in munizioni per arma corta e munizioni per arma lunga.

In questa trattazione considereremo solamente il munizionamento leggero

adottato in ambito NATO.

Munizioni militari per arma corta Cal. 9 Parabellum NATO:

Realizzate secondo la specifica NATO AC225 (Panel III/SP.1/D170).

Le cartucce di tipo ordinario sono costituite da una pallottola con camicia in

ottone e nucleo di piombo.

Innesco e giunto palla bossolo sono sigillati per mezzo di vernice

impermeabilizzante.

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Le cartucce oltre ad essere prodotte in conformità ai capitolati prescritti possono

essere anche omologate dalla NATO; in questo caso recano sul confezionamento

esterno il simbolo di intercambiabilità (quadrifoglio)

e sul fondello il simbolo NATO (cerchietto con la croce).

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“Il solo simbolo NATO sul fondello, senza quello di intercambiabilità sul

confezionamento esterno, non ha significato ufficiale. Tuttavia è generalmente

accettato che munizioni marcate con questo simbolo dovrebbero, ma non è

garantito, camerare correttamente nelle armi.

Con ciò non deve essere sottointeso il fatto che queste forniscano i requisiti di

performance e i livelli di sicurezza richiesti dalla specifica NATO” (vedi manuale

NATO) .

Oltre a cartucce con palla ordinaria si possono avere cartucce con palle traccianti

(poco comuni in Cal. 9) e pallottole di tipo perforante.

L’utilizzo di cartucce Cal. 9 perforanti è destinato ad impieghi militari speciali

pertanto la produzione ne risulta limitata.

Munizioni militari per arma lunga Cal. 5,56 NATO:

Realizzate secondo la specifica NATO AC225 (LG/3-SG/1/D/8).

Le cartucce di tipo ordinario sono costituite da una pallottola con camicia in

tombacco con nucleo anteriore in acciaio (penetratore) ed un nucleo posteriore in

piombo.

Innesco e giunto palla bossolo sono sigillate per mezzo di vernice

impermeabilizzante.

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Oltre a cartucce con palla ordinaria si possono avere cartucce con palle traccianti

e pallottole di tipo perforante.

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Da ricordare che le prime versioni di cartucce Cal. 5,56x45 Americane

utilizzavano una pallottola FMJ 55 grs (M 193) costituita da una camicia in lega

di rame ed un nucleo in piombo.

È possibile trovare ancora oggi cartucce Cal. 5,56x45 che utilizzano questo tipo

di pallottola.

Munizioni militari per arma lunga Cal. 7,62 NATO:

Realizzate secondo la specifica NATO AC225 (LG/3-SG/1/D/9).

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Le cartucce tipo ordinario sono costituite da una pallottola con camicia di acciaio

biplaccato e nucleo di piombo.

Innesco e giunto palla bossolo sono sigillate per mezzo di vernice

impermeabilizzante.

Anche per questo calibro sono disponibili cartucce traccianti e perforanti.

3.3.2. Dati e caratteristiche dei vari calibri

In questo paragrafo concentreremo la nostra attenzione solo sulle cartucce civili

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più diffuse, ossia i calibri: 9x21 I.M.I. , .40, .45 A.C.P. , .38 Special, .38 Super

Auto, .357 Magnum. Prima di scendere in approfondimenti e in tabelle di dati

(velocità, pesi, ecc.) delle varie munizioni, iniziamo a conoscere le varie

tipologie di cartucce18:

9x21 IMI Cartuccia nata appositamente per il mercato italiano in

sostituzione del 9 mm Parabellum non presente sul mercato civile. I primi

prototipi di questa munizione videro la luce per opera della ditta Jager di

Loano che approntava le cartucce impiegando bossoli Cal. 7,65 Para

mediante opportuno allargamento del colletto (quindi rispettando la genesi

del 9 mm Para senza però operare l’accorciamento del bossolo). Sul

bossolo così ricavato furono provate diverse graniture di palla ad iniziare

dalla 6,50 grammi tronco-conica della 9x18 Police, e successivamente

proiettili da 7,45 – 8,0 – 10,4 grammi. In seguito, per motivi di ordine

burocratico legati alla presunta spinta similitudine tra la munizione e il 9

Para, la ditta Jager iniziò la sperimentazione della cartuccia impiegando,

per accorciamento, bossoli Cal. 9 mm Styer, (9x23 mm), in quanto di

forma pressoché cilindrica e non conica come il 9 Para. La munizione così

concepita superò lo stadio ideativo e venne collaudata al Banco Nazionale

di Prova con la dizione di 9x21 Jager, e successivamente presentata alla

Commissione Consultiva con la pistola Colt Combat Commander per essa

camerata, arma che ottenne il relativo numero nel catalogo Nazionale

delle Armi Comuni da Sparo. La munizione così concepita non raggiunse

mai lo stadio produttivo fino a che la israeliana I.M.I. decise di

commercializzare il prodotto seguendo però i criteri del 9 mm Para, cioè

impiegando un bossolo conico come quello prima maniera ricavato dal .30

Luger. La cartuccia prese così il nome di 9x21 I.M.I. e impiegò un

proiettile standard del peso di 8,0 grammi (124 grani), cilindro-ogivale

completamente mantellato (RN.FMJ). Successivamente anche la Fiocchi e

la Geco iniziarono la produzione della munizione impiegando ambedue 18 Romanini P., Cartucce per armi corte, Editoriale Olimpia, Firenze, 1991.

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una palla cilindro-tronco-conica (TC.FMJ), di 7,97 grammi (123 grani),

sebbene leggermente diverse a livello di profilo. La cartuccia 9x21 IMI,

nata per occupare il posto della 9 mm Para sul mercato italiano, presenta

caratteristiche balistiche generali e peculiarità di impiego del tutto

sovrapponibili a quest’ultima.

.40 Ideata dalla Smith&Wesson nel 1980, riceve la classificazione

SAAMI, (Sporting Arms and Ammunition Manufactures Institute), il 9

Febbraio 1990; il 29 Maggio dello stesso anno inizia la produzione da

parte della Winchester […]. La ditta di New Haven impiega per questa

munizione una palla da 100 grani (11,6 grammi), di tipo mantellato a

punta cava (JHP), per la quale dichiara una V0 di 302 m/s ed energia di 32

Joule. Questa cartuccia deriva dalla versione F.B.I. (Firearms Training

Unit) della 10 mm Auto, caratterizzata da una impostazione tipicamente

combat, con caratteristiche balistiche assai inferiori allo standard

originario di quella munizione. In questo contesto la .40 S.&W. Nasce da

un processo di “aggiustamento” dell’impianto su quelle prestazioni

balistiche, e quindi costituisce un tipico prodotto nato sull’ottimizzazione

di un concetto balistico rivolto a funzioni essenzialmente operative

antiuomo. Incarna per antonomasia l’immagine della cartuccia intermedia

nel contesto della scuola statunitense, conseguente all’influenza che in tale

ambiente ha esercitato l’enorme diffusione delle semiautomatiche a

grande capacità camerate per la 9 mm Para. E’ uno dei pochissimi prodotti

post-bellici nati negli States con finalità non sportive o venatorie, ma

espressamente dedicati a compiti operativi con funzioni squisitamente

rivolte al bersaglio umano in ambito di D.P. e Polizia. Balisticamente

parlando il suo ambito di competenza non si discosta significamene da

quello proprio della .41 Action Express della I.M.I., e come questa vanta

ottimi indici di efficacia terminale.

.45 A.C.P. La cartuccia nasce nel 1905 per opera di J.M. Browning e nel

1911 viene adottata per camerare la pistola semiauto Colt 1911

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(Government), d’ordinanza dell’ U.S. Army. La .45 A.C.P. rappresenta il

punto di arrivo degli studi americani arrivati all’inizio del secolo e

provocati dal fallimento della nuova cartuccia d’ordinanza, la .38

LongColt, che nel 1892 aveva assunto sulle sue fragili spalle i compiti

fino allora propri dei gloriosi .45 Colt e .44 W.C.F. . […] L’Army medical

Service decise di affrontare il problema relativo al potere d’arresto del

munizionamento per armi corte, spinto in tale direzione dai numerosi esiti

di inefficacia manifestatasi con la .38 LongColt dai campi di battaglia, e

specialmente […] giungevano numerosi rapporti di inefficienza nei

confronti della .38 LongColt che non si dimostrava all’altezza dei compiti

prefissi. […] Così, dopo enormi studi, avvennero forti sviluppi del

munizionamento degli Stati Uniti, soprattutto per quanto riguarda la nuova

cartuccia d’ordinanza adottata nel 1911 […]. La cartuccia ebbe

successivamente enorme diffusione in tutto il globo e venne prodotta da

quasi tutti i costruttori di munizioni del mondo occidentale in un numero

elevatissimo di versioni adatte a tutti gli impieghi. […] La .45 A.C.P. è

una cartuccia dotata di bossolo Rimless Straight montato […] da una palla

cilindrico-ogivale completamente mantellata (RN.FMJ) del peso di 14,90

grammi (230 grani); in una canna di circa 11 calibri essa sviluppa un

regime velocitario di 220/250 m/s con conseguente ambito energetico di

360/460 Joule. Essa rappresenta per antonomasia la concezione

statunitense della balistica dell’arma corta, la quale affida la propria

efficacia alle caratteristiche ponderali e diametrali dell’agente balistico

ponendo in secondo piano il fattore dinamico, ritenuto meno appagante sul

piano dell’efficacia immediata sul soft target. Questa cartuccia è uno dei

pochi esempi ancora operativi di munizione per pistola squisitamente

dedicata e ottimizzata sul bersaglio biologico umano sulla base delle

indicazioni della scuola americana di inizio secolo, derivata da quella

inglese di formazione squisitamente coloniale. […] Sul piano dell’utilizzo

pratico civile la .45 rimane ancora una delle cartucce più usate, sia in

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ambito sportivo, che per scopi di difesa personale. A differenza infatti di

quanto comunemente asserito, […] questa cartuccia […] presenta un

ottimo indice di dominabilità anche nel tiro rapido istintivo, grazie al tipo

di sollecitazione “morbida” dovuta alle basse pressioni di combustione.

Questa caratteristica, al contrario di quanto spesso viene detto, consente a

utenti non particolarmente addestrati di ottenere discreti risultati,

ovviamente in confronto ad altre cartucce di equivalente livello energetico

eroganti pressioni superiori, anche se dotati di palle più leggere (9 Para,

.38 Super Auto, ecc.).

.38 Special Nasce nel 1899 da una rielaborazione radicale del .38

LongColt, (in quel periodo ordinanza dell’esercito USA), per opera di

Daniel B. Wesson, personaggio che unitamente ad Horace Smith diede

vita alla nota ditta produttrice di revolvers Smith & Wesson. L’impianto

della .38 Special prende forma negli anni immediatamente successivi

all’adozione del .38 LongColt e costituisce un tentativo di ottenere una

cartuccia cal. 38 centesimi di pollice dalle caratteristiche balistiche adatte

a sostenere un impiego militare, funzione per la quale il .38 LongColt non

si era dimostrato all’altezza. Wesson presto intuì che gli interventi di

modifica che si succedevano a ritmo vertiginoso nel tentativo di dotare

l’ordinanza di caratteristiche idonee al suo compito, si sarebbero

dimostrate inadatte a conferire nuova dignità alla cartuccia. Urgevano

interventi più mirati di quelli a carico del propellente del proiettile,

inevitabilmente volti ad una completa revisione dell’impianto base della

munizione, pur mantenendo la stessa nel medesimo ambito sezionale. Così

egli ridisegnò l’intera cartuccia dotandola di un bossolo più lungo

(+3mm), quindi più capace, e dotato di struttura più robusta,

standardizzando il peso palla in 10,24 grammi (158 grani), e adottando il

profilo FlatNose. Nel 1899 il frutto del lavoro di Wesson diveniva realtà

[…]. Sebbene la nuova cartuccia fosse assai migliore della attuale

ordinanza, non venne adottata dall’esercito americano, fatto che spinse

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Wesson ad eseguire alcune piccole ulteriori modifiche alla sua creazione e

ad immettere la medesima sul mercato servendosi però di una nuova

denominazione: […] .38 S.&W. Special […]. La .38 Special iniziò

comunque ben presto la sua enorme diffusione in ambito mondiale e

venne discretamente usata anche militarmente, sebbene la massima

penetrazione essa la mostrerà sul mercato civile, come munizione dedicata

alle forze di polizia, e come dotazione degli agenti in borghese grazie alla

buona compattezza delle armi per essa camerate, caratteristica che si

accompagna alle eccellenti prestazioni balistiche della munizione. […] La

.38 Special iniziò immediatamente la sua inarrestabile ascesa e in breve

tempo la sua diffusione raggiunse livelli di vertice nel panorama del

munizionamento per armi corte. L’eccellente precisione intrinseca, ed il

rapido miglioramento delle nuove polveri, che avevano trasformato il suo

“boiling room”, inizialmente eccessivo, in un impianto dotato di ottima

flessibilità di caricamento, conquistarono larghe fette d’utenza e imposero

la cartuccia come riferimento costante di prova e di studio. Così essa

segue i mutati indirizzi balistici dimostrandosi in grado addirittura di

sovvertire la sua impostazione di base impiegando palle leggere e

aumentando con esse le prestazioni dinamiche, nell’ottica delle moderne

impostazioni operative. L’enorme varietà della dotazione ponderale e

tipologica dei proiettili impiegati da questa cartuccia […] unitamente alla

variabile rappresentata dalla lunghezza di canna impiegata, fanno della .38

Special una cartuccia dal comportamento terminale assolutamente non

generalizzabile che spazia dal soft target da esiti tipicamente lineari di tipo

penetrativo scarsamente diffusi (palle da 158 grani FMJ.RN. in particolare

se in canne da 2-3 pollici), a comportamenti di tipo spiccatamente

“energetico” con sufficienti capacità di concentrazione, e conseguente non

trascurabile lesività indotta discretamente diffusa (palle da 90-110 grani

[…] in munizioni ad alta pressione, particolarmente se impiegate in canne

di almeno 4 pollici). Oggi questa cartuccia rappresenta ancora un punto di

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riferimento primario nell’ambito del munizionamento per armi destinate

alla difesa personale, grazie alla impiegabilità in revolver dal

vantaggiosissimo rapporto ingombro/efficacia, ed in virtù dell’estesa

gamma di caricamenti adatti a qualsiasi eventualità operativa. […]

Attualmente anche in ambito di polizia la cartuccia segue principalmente

la tendenza dell’impiego in piccole armi adatte ad agenti in borghese e

corpi con incarichi speciali, sebbene il suo utilizzo come “ordinanza” in

divisa sia ancora estremamente generalizzato e apprezzato specialmente

negli Stati Uniti. In quest’ultimo compito la .38 Special sta comunque

subendo l’attacco della 9 mm Para, oggi in piena e costante diffusione

mondiale grazie all’enorme indotto militare.

.38 Super Auto La cartuccia .38 Super Automatic costituisce la versione

potenziata della .38 Automatic, della quale possiede lo stesso impianto e le

stesse caratteristiche dimensionali. Questa cartuccia trae origine

dall’esigenza di disporre di un prodotto cal. .38 centesimi di pollice da

impiegarsi in armi semiautomatiche, dotato di prestazioni balistiche atte a

garantire buona efficacia terminale sia a carico del soft target sia nei

confronti dei bersagli bruti, comunemente interessati negli impieghi

operativi della munizione. […] Rispetto al munizionamento cal. 9mm […]

essa evidenzia […] un’impronta di base meno conciliante con le moderne

esigenze balistico-interne, ma più rivolta al fattore terminale nel quale

contesto unisce ottime prestazioni velocitarie ad un agente balistico dotato

di buone caratteristiche ponderali. Il suo proiettile da 130 grani dotato di

una V0 di circa 380 m/s in arma corta, consente una resa energetica di

circa 600 Joule: mediamente 50-100 in più del 9mm Para con palla da 123

grani. […] La .38 Super Auto, sebbene in assoluto più energica della .45

A.C.P. ha sempre ricoperto quindi l’involontario ruolo di cartuccia minore,

senza peraltro emergere nell’ambito dei 9mm, per motivi direttamente

legati al suo impianto originario, obbiettivamente meno attuale di quello

della 9mm Luger. […] La .38 Super Auto vanta oggi negli Stati Uniti un

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elevato indice di impiego nella disciplina del tiro pratico.

.357 Magnum La cartuccia .357 Magnum nasce nel 1935 per opera della

Smith&Wesson per essere camerata nel Revolver Mod. 27 prodotto dalla

stessa casa di Springfield. Lo sviluppo della munizione, che con la sua

nascita segna l’avvento delle moderne filosofie statunitensi in fatto di

munizionamento per revolver e rappresenta la prima Magnum dell’attuale

generazione, risulta sorprendentemente simile a quello della .38 Special,

sia per quanto riguarda le cause che lo determinarono, sia per il succedersi

degli eventi tecnici e sperimentali che inquadrarono e determinarono

l’impianto definitivo di questa cartuccia. Ancora una volta la molla che

avviò la richiesta di una munizione balisticamente più spinta, è

rappresentata dalle prestazioni garantite dalla […] voluminosa .45 A.C.P.

[…]; negli anni compresi tra il 1925 ed il 1930 una parte dell’utenza del

.38 Special, in particolare tutti coloro che di questa cartuccia facevano un

impiego operativo legato a compiti di rischio reale, sia attivamente

(servizi vari), che passivamente (difesa della persona), avvertirono

l’oggettiva necessità di usufruire di una cartuccia in grado di consentire un

più alto indice di efficacia, che si ponesse ai livelli tipici espressi dal .45

Auto pur mantenendosi in un contesto balistico-interno conforme

all’impiego di revolvers strutturalmente e dimensionalmente simili agli

attuali in .38 Special, quindi senza richiedere impianti meccanici come

quelli destinati ad ospitare i calibri .44 e .45 allora in uso, considerati

eccessivamente ingombranti. […] Si mostrava impellente la necessità di

uscire dalle imitazioni dimensionali proprie del bossolo della .38 Special,

ormai giunto al limite delle sue possibilità operative, e oggettivamente

inadatto a sopportare ulteriori sviluppi legati a nuovi incrementi

prestazionali. […] Quindi il bossolo venne rinforzato per consentire

maggiore autonomia pressoria, unitamente ad un aumento di capienza

ottenuto mediante allungamento di 1/8 di pollice […]. Il proiettile

standard della nuova cartuccia fu mantenuto del peso di 10,24 grammi

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(158 grani) […]. Le nuove armi camerate per il .357 Magnum ebbero un

immediato successo in quanto in esse poteva essere impiegato anche il .38

Special, […] ed inoltre rappresentavano una garanzia di potenza assai utile

a tutti gli impieghi operativi. […] Oggi la .357 rappresenta la cartuccia

Magnum più versatile e impiegata del mondo, ed in particolare in tutti

quei ruoli operativi ove non sia possibile prescindere dall’impiego di armi

veramente efficaci sul piano terminale, e dotate di un impianto meccanico

di ottima portabilità. […] Questa munizione possiede caratteristiche

intrinseche di base sulle quali oggi è possibile ottenere cartucce

estremamente efficaci non solo sul soft target (nei confronti del quale le

110 e 125 grani FN.HP. producono effetti invalidanti di estrema gravità),

ma anche a carico di tutti i bersagli “duri” occasionalmente o

intenzionalmente posti a difesa del bersaglio biologico. Questa cartuccia

infatti, dotata di agenti balistici dedicati, è efficace dietro vetri di

sicurezza, portiere di auto anche di elevato spessore, pareti divisorie anche

in laterizio, protezioni metalliche occasionali anche di notevole entità

sezionale, nonché vetri antibalistici leggeri, e nei confronti di parecchi tipi

di giubbotti antiproiettile, ecc. Sul piano terminale a carico del soft target

la .357 Magnum con palle standard da 10,24 grammi (158 grani), unisce le

buone caratteristiche diametrali e ponderali del proiettile, con un regime

velocitario di rilievo, fattori che concorrono a conferire buona efficacia

anche a proiettili spiccatamente “duri” quali i “Metal Piercing” non

ottimizzati per il soft target, ma spesso prediletti per la loro grande

efficacia residua dietro superfici di protezione anche di spiccata resistenza

meccanica. Decisamente rivolte alla “neutralizzazione per lesione” le

versioni con palle da 7,13 e 8,1 grammi (110 e 125 grani) di tipo

semimantellato a punta cava (FN.SN.HP.), che rappresentano la tipologia

specificatamente dedicata al bersaglio biologico, e nel quale compiono un

incisivo lavoro terminale caratterizzato dalla massiccia presenza di effetti

di origine pressoria e idrostatico-dinamica, dovuti all’ottimo modulo

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energetico espresso in assoluto dal proiettile e dall’elevata cessione

unitaria intra-bersaglio, favorita dal profilo e dalle caratteristiche

dell’agente balistico. In alcuni casi questi proiettili a ogiva cava vengono

usati in ambito criminale per veicolare sfere di acciaio duro

(comunemente impiegate nei cuscinetti a sfere); questo abbinamento

facilita l’espansione del proiettile in impatti su tessuti biologici molli,

mentre a carico di materiali duri (in particolare cristalli stratificati e

superfici metalliche), costituisce un agente penetrante di grande efficacia.

La cartuccia .357 Magnum è impiegata anche nella caccia col revolver, in

discipline sportive di ispirazione operativa o venatoria […].

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Concludiamo questo nostro excursus con una tabella che ci permette un

confronto diretto tra le varie cartucce trattate; i dati riportati a seguito sono tratti

dal catalogo Fiocchi 2010, e fanno riferimento in particolare alla linea Fiocchi

Fuochi Centrali19 :

Cartuccia Tipo Massa palla

grammi

Massa palla

grani

Velocità V10

m/s

Energia E10

Joule

9x21 IMI FMJ 7,97 123 380 575

.38 Super Auto FMJ 8,36 129 355 527

.40 S&W FMJ 11,02 170 345 656

.45 A.C.P. FMJ 14,90 230 260 504

.38 S&W

Special

FMJ 10,24 158 305 476

.357

MAGNUM

FMJ 9,20 142 440 891

19 Catalogo Fiocchi 2010, pp. 13-14. “I fuochi centrali Fiocchi sono progettati e realizzati per ottenere i

migliori risultati in ogni circostanza. Qualità e prestazioni eccellenti sono la conseguenza dell’alta tecnologia applicata a tutte le fasi del processo produttivo e sono garantiti da un eccezionale insieme di competenza, impegno e passione espresso da tutti gli operatori”.

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3.4. Leggi in materia di munizionamento

Munizioni sono le cartucce a palla o a salve destinate a caricare armi da sparo

(non quelle per le armi a salve di apposito calibro e quelle per strumenti da

lavoro, che sono libere). Sono:

- per arma lunga (la legge parla di armi da caccia, ma quando la norma è stata

scritta nel 1940 tutte le armi lunghe erano da caccia e infatti non esiste norma che

regoli le munizioni per armi lunghe non da caccia), sono quelle nate per essere

usate in fucili o carabine; le munizioni .22 long rifle, come dice il nome e la loro

storia, sono munizioni per carabina (contraria una circolare del Min. Int., ma è

certamente sbagliata)

- per arma corta, sono quelle nate per essere usate in pistole (a nulla rileva che

poi si sparino anche in una carabina)

- a palla, sono quelle che montano un proiettile unico

- a munizione spezzata o a pallini, quelle che contengono nel bossolo più palle

di piombo o altro materiale (la legge ignora la distinzione commerciale fra pallini

e pallettoni).

La legge vieta per ogni uso i proiettili a punta cava (detti ad espansione;

attenzione certi proiettili hanno un forellino di stabilizzazione in punta il quale

non rende ad espansione la palla), a nucleo perforante, traccianti, incendiari, a

carica esplosiva. I proiettili a punta cava non sono di derivazione o destinazione

militare, non sono da guerra, e manca una sanzione per il loro impiego. Proiettili

perforanti sono solo quelli con nucleo di acciaio ad alta durezza (500 Brinnel),

non quelli interamente in acciaio dolce.

Acquisto: come per le armi. Chi è iscritto al TSN può acquistare da esso,

liberamente, le munizioni per sparare, ma deve consumarle entro il poligono.

Denunzia: non va denunziato l’acquisto, ma la detenzione; chi compera le

munizioni (o polvere da sparo) e le usa entro due o tre giorni non deve

denunziarle; chi ha denunziato delle munizioni e le spara o le usa altrimenti, non

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deve denunziare che sono diminuite e non deve denunziare il reintegro del

quantitativo iniziale (Cassazione costante, accolta da circolare del Min. Int.).

Le cartucce a munizione spezzata per fucile (non quelle per pistola) sono esenti

da denunzia fino ad un massimo di mille purché si abbiano armi da fuoco

denunziate. Se si supera il numero di mille, alcuni ritengono che tutte le cartucce

a munizione spezzata vadano denunziate, ma è tesi priva di razionalità. Le

cartucce a palla devono essere denunziate in qualsiasi quantitativo. Non è tenuto

a denunzia di munizioni e polvere chi è titolare di licenza di collezione per armi

antiche e rare.

La Cassazione dice che è lecito non denunziare fino a gr. 1785 di polvere

occorrenti per caricare le mille cartucce "esenti". Ma si potrebbe sostenere

agevolmente che non si deve denunziare la polvere fino a 5 kg . Si possono

detenere munizioni anche per armi che non si possiedono. I collezionisti di armi

moderne non possono detenere munizioni pertinenti alle armi in collezione, salvo

che abbiano arma in eguale calibro fuori collezione.

Quantitativi: non occorre licenza di deposito per detenere un quantitativo

massimo di 200 cartucce per arma corta + 1500 cartucce per arma lunga a palla o

a munizione spezzata oppure 5 kg di polvere da sparo; chi detiene sia cartucce

che polvere deve conteggiare la polvere entro le cartucce; si consiglia in tal caso

di non detenere più di 200 colpi per arma corta + 1000 per arma lunga + 3 kg di

polvere. Chi vuol detenere quantitativi superiori deve richiedere al prefetto

licenza di deposito di esplosivi. Viene rilasciata ai tiratori agonisti e ad altre

categorie che ne abbiano necessità. La licenza viene rilasciata per l’intero

quantitativo detenibile di materie esplodenti (ad es. 1500 cartucce per fucile +

1500 per arma corta + 5 kg polvere) e il quantitativo massimo effettivamente

detenuto va denunziato. Per modesti quantitativi di cartucce e polvere (ad. 1500

per fucile e 1500 per pistola) non si richiedono particolari misure di sicurezza. È

opportuno far precisare che la licenza di deposito autorizza anche al trasporto di

quanto in deposito.

In alcune questure si impone un limite di acquisto annuo per le cartucce a palla: è

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una limitazione illegittima perché la legge 306/1992 che la prevedeva non è mai

entrata in vigore per mancanza del regolamento. Chi si ritrova il limite sulla

licenza deve però osservarlo fino a che non riesce a farselo togliere.

Più persone coabitanti possono detenere ciascuna il quantitativo consentito, ma è

consigliato di tenerli in locali separati.

Trasporto: le munizioni e la polvere, nelle misure sopra indicate, possono essere

liberamente trasportate dal loro detentore. Si ritiene che più persone su di un’auto

possano trasportare ciascuna il quantitativo consentito.

Ricarica: le munizioni possono essere caricate in casa; non devono essere

denunziati bossoli, inneschi, bossoli innescati, proiettili ed altri componenti

diversi dalla polvere. Chi ha denunziato la polvere non deve denunziare le

cartucce caricate; anzi la Cassazione ha affermato che non è necessario neppure

denunziare la polvere fino a 1785 gr. in quanto mille cartucce a pallini da caccia

sono liberamente detenibili (e quindi anche la polvere in esse).

Impiego: Per difesa personale può essere utilizzato qualsiasi tipo di proiettile,

salvo quelli a punta cava; possono essere usate anche munizioni spezzate o con

palla di gomma.

Munizioni da guerra: Sono ormai molto poche e ne è vietata la detenzione. Tra i

calibri per pistola sono ancora (erroneamente) considerate tipo guerra quelle in

Cal. 9 Para o Luger se con il proiettile camiciato; con proiettile non camiciato

sono in vendita come munizioni comuni. Tra le munizioni per carabina sono tipo

guerra quelle nei calibri in uso alla NATO e, in particolare, il 7,62 NATO purché

con palla di tipo proibito (con nucleo perforante, esplosiva, ecc,). Infatti identica

cartuccia è però in vendita come .308 Winchester con palla non totalmente

camiciata. Le scritte sul bossolo non sono rilevanti e perciò bossoli marchiati con

simboli NATO possono essere ricaricati con palle consentite. Non sono mai da

guerra le cartucce a salve o da esercitazione.

Sono ovviamente da guerra le munizioni per mitragliatrici o artiglierie. Il

Ministero ha correttamente stabilito che i bossoli di munizioni da guerra sparati

non sono praticamente ricaricabili e sono perciò liberamente detenibili . Lo stesso

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principio vale per involucri di vecchie mine o bombe, svuotati di ogni

meccanismo di scatto.

Munizioni a salve: Quelle nei calibri per arma comune da sparo (ad es. 9x21,

7,65, .45 A.C.P.) sono soggette allo stesso regime delle munizioni cariche; quelle

per armi di libera vendita o per attrezzi (Cal. 6, 8, 9 mm) sono liberalizzate.

Munizioni disattivate: Per disattivare le munizioni è sufficiente sia praticato un

forellino sul corpo del bossolo per eliminare la polvere. Tutti gi altri componenti

sono di libera detenzione.

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4. EFFICIENZA DI TIRO

4.1. Balistica

La balistica è il ramo della fisica meccanica che studia il moto di un proiettile,

inteso come un corpo inerte sottoposto alla forza di gravità e all’attrito viscoso.

Si può suddividere in balistica interna, ossia ci si focalizza sui calcoli di balistica

interna, sulla velocità dei gas alla bocca, la velocità del proiettile a seconda della

lunghezza della canna; balistica esterna, ossia la gittata massima, l’influenza del

vento, la densità dell’aria, la derivazione del proiettile; la balistica terminale

studia e analizza invece la penetrazione (ed eventuale dilatazione) del proietto

ove viene trovato (ferro, legno, terra, osso, cute, tessuti molli del corpo umano,

ecc.).

4.1.1. Balistica interna

Sicuramente la balistica interna come disciplina scientifica è nata dopo la

balistica esterna: se infatti quest'ultima fa riferimento esclusivamente ai principi

della meccanica, perché trattasi del comportamento di una massa, quella del

"proietto", nel campo gravitazionale (in presenza di fenomeni non semplici quali

la resistenza del mezzo e l'effetto giroscopico) la balistica interna si incentra sullo

studio della combustione della carica di lancio, sul conseguente andamento

pressorio all'interno della "canna" dell'arma da fuoco e sugli effetti indotti che

molto spesso, al di là del pregiudizio circa il risultato del tiro, mettono in

discussione l'incolumità del tiratore. L'esistenza dei diversi Banchi di Prova

nazionali delle Armi da Fuoco (particolarmente famoso quello italiano) dimostra

della necessità di doverle assoggettare a prove particolari, che ne riguardano il

comportamento "interno" e che presuppongono, ad avvenuto superamento,

apposita marchiatura. Più che a Galileo e alle sue leggi, la balistica interna fa

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riferimento alla chimica e alla termodinamica: per questo è senz'altro disciplina

recente. Si aggiunga che i fenomeni accennati si svolgono in regimi transitori di

durata infinitesima, che complicano notevolmente la possibilità di misure e di

rilievi. Comunque, volendo semplificare il quadro, diremo che scopo

fondamentale della balistica interna è il rilievo o comunque la previsione

dell'andamento pressorio all'interno della canna. Il suddetto rilievo risulta di

particolare importanza nelle armi dove la ripetizione del colpo avviene per effetto

dell' "automatismo" innescato dal colpo precedente. In effetti, se per effetto di

tale automatismo, l'otturatore arretrasse prima che la pressione residuale nella

canna, dovuta al colpo sparato, sia scesa a valori accettabili, ne andrebbe

dell'incolumità del tiratore, che sarebbe investito dal "dardo" pressorio, ad alta

temperatura, che si sprigionerebbe dalla culatta. Gli elementi che concorrono al

comportamento balistico interno di un sistema sono: il tipo di carica di lancio (

polvere da sparo ), il suo innesco e la sua quantità, le condizioni al contorno di

umidità e pressione atmosferica, l'inerzia del proiettile, il modo come esso

impegna la rigatura, l'attrito, ecc.

In linea di principio, si può affermare che quanto maggiore è "la difficoltà" del

proiettile ad uscire dalla canna, tanto maggiore e più pericolosa sarà la pressione

al suo interno. Si ricorre in questo caso alle polveri da sparo cosiddette

"progressive", caratterizzate da combustioni più lunghe e incrementi pressori più

graduali, in contrapposizione alle polveri cosiddette "vivaci". Volendo riferirsi a

un'analogia, questa è rappresentata da quanto succede nella camera di

combustione di un motore alternativo: il pistone è il proiettile, la miscela è la

carica di lancio, la candela è l'innesco. Il monitoraggio del fenomeno è costituito

dal relativo diagramma pressorio, altrimenti noto come diagramma "indicato", il

cui rilievo permette di giudicare circa la bontà tecnica di quanto vi avviene.

Anche nel caso di un motore ad accensione comandata la combustione della

miscela deve avvenire in modo graduale: donde l'estrema improprietà della

dizione di "motore a scoppio". Quando la miscela scoppia, il motore si comporta

male, perché batte in testa: la liberazione di energia è così repentina e violenta

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che il pistone non riesce a tenerle dietro per trasformarla in lavoro: per cui essa si

dissipa in forma di onde di pressione di picco elevato, che danneggiano il motore

perché rompono il velo protettivo del lubrificante e innescano la presenza di

punti caldi che portano all'anarchia assoluta delle combustioni successive. Da qui

il fatto che le polveri da sparo moderne sono diverse dagli esplosivi anche se ne

hanno in comune l'origine: esse debbono comunque prevedere al loro interno un

meccanismo di moderazione nella liberazione dell'energia, che se avviene in

modo dirompente porta allo scoppio della canna. Rappresentano un

compromesso tra l'azione esplosiva della nitroglicerina e quella ritardante della

cellulosa: donde appunto la diffusione delle polveri cosiddette a doppia base,

nitroglicerina e nitrocellulosa, che consentono di ottenere questo compromesso.

4.1.2. Balistica esterna

Per comprendere la tematica della balistica esterna e in un certo senso la sua

necessità scientifica conviene partire dal problema elementare: il comportamento

di una massa "lanciata" (in greco "ballo" significa lanciare, donde balistica) con

una certa velocità iniziale, indipendentemente dal modo come questo lancio è

ottenuto: con una catapulta, con una balestra o la deflagrazione di una carica

nella canna di un'arma da fuoco. Sappiamo che se non ci fossero la gravità e altre

forze, la massa continuerebbe a percorrere in modo rettilineo e a velocità costante

la traiettoria impressa dal lancio, secondo quanto asserito dal primo principio

della dinamica. Se trascuriamo tutte le altre forze e ammettiamo che esista

soltanto la gravità, il problema si approccia molto semplicemente considerando

che la velocità iniziale si scompone in due componenti, di cui una orizzontale

costante e l'altra verticale uniformemente decelerata per effetto della gravità. Nel

punto più alto della traiettoria la componente verticale è nulla e la corrispondente

parte di energia cinetica iniziale è tutta trasformata in energia potenziale

gravitazionale. La traiettoria è una parabola indipendente dalla massa. Se

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consideriamo la resistenza dell'aria, questa è una forza che, per effetto

dell'irregolarità della forma del proiettile, non passa esattamente per il suo

baricentro, dove è applicata la forza di gravità. Ne consegue la nascita di una

coppia che tende a far capovolgere il proiettile, con evidente imprecisione del

tiro. Si ricorre allora all'espediente di imprimere al proiettile, tramite la rigatura

della canna, un moto rotatorio intorno al proprio asse principale. Per il principio

dell'effetto giroscopico, si verifica che il proiettile anziché capovolgersi tende a

derivare, ossia a deviare dal piano della parabola teorica del tiro, con un errore

detto appunto di deriva, peraltro in grado di essere corretto dai congegni di

puntamento e di mira.

La balistica esterna studia il tragitto del proiettile dalla volata dell’arma fino

all’impatto con il bersaglio. Il proiettile si muove lungo una traiettoria curva che

è influenzata da due fattori: la forza di gravità e la resistenza dell’aria. La forza di

gravità inizia ad avere effetto sulla palla fin dal momento in cui questa esce dalla

volata dell’arma, esattamente come se la palla fosse lasciata cadere da ferma. La

resistenza dell’aria rallenta progressivamente il proiettile e fa in modo che la

caduta dovuta all’attrazione gravitazionale diventi sempre più marcata man mano

che aumenta la distanza dalla canna dell’arma.

Per il cacciatore è conveniente avere una traiettoria il più possibile tesa e questo

può essere ottenuto dando al proiettile un’alta velocità iniziale ed usando

proiettili efficienti dal punto di vista aerodinamico. Se consideriamo la distanza

di tiro (fino a 300 metri circa), l’efficienza aerodinamica della palla non è di

importanza fondamentale e la tensione della traiettoria si ottiene lanciando il

proiettile a velocità elevata. Naturalmente l’impiego di una palla altamente

aerodinamica non ha alcun inconveniente, ma i suoi vantaggi sono apprezzabili

soprattutto a distanze notevoli (500 metri ed oltre).

Una opportuna regolazione dell’ottica di mira consente di sfruttare nel miglior

modo possibile la traiettoria del proiettile. Sparando con la canna perfettamente

orizzontale la palla inizia immediatamente a cadere verso il basso e la caduta

immediata rende la distanza di tiro utile piuttosto breve, senza che la traiettoria

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attraversi mai la linea di mira.

Quando invece la linea di mira è regolata in modo da inclinare la canna verso

l’alto, il proiettile incrocia la linea di mira due volte: parte sotto la linea di mira e

la attraversa dal basso verso l’alto dopo aver percorso una breve distanza (di

solito intorno ai 30metri o poco di più), per un certo tratto si muove sopra la

linea, poi la attraversa di nuovo dall’alto verso il basso ed inizia a cadere in modo

sempre più marcato. I punti di incontro sono considerati valore zero, mentre i

punti che si trovano sopra la linea sono identificati con un valore positivo (per

esempio +5 cm) e quelli sotto la linea con un valore negativo (per esempio –5

cm). Quando si parla di azzeramento dell’arma ci si riferisce al secondo di questi

punti di incontro, che viene stabilito al momento di tarare l’ottica e che viene

deciso in base alla traiettoria del proiettile, la quale dipende dal calibro dell’arma,

dal tipo di munizionamento usato e dall’altezza della mira ottica rispetto all’asse

della canna. La regolazione della carabina deve essere effettuata da una posizione

il più possibile stabile, idealmente da un apposito bancone dotato di rest

regolabile o di sacchetti di sabbia di altezza adeguata, sostenendo l’arma sia in

corrispondenza dell’astina (mai della canna) che dietro l’impugnatura. Tutto ciò

ha lo scopo di ridurre al minimo l’errore umano, ma è necessario sottolineare che

anche il tiro dal bancone richiede tecnica e pratica ed i risultati ottenuti da un

esperto sono ben diversi da quelli di un principiante. Il bersaglio ideale per

questo scopo, se si utilizza un cannocchiale di mira con reticolo a croce come la

maggior parte dei cacciatori, è un quadrato disposto con una diagonale

perpendicolare ed una parallela al terreno, di dimensioni adatte alla distanza di

tiro ed al numero di ingrandimenti dell’ottica. E’ comunque possibile impiegare

con risultati soddisfacenti anche altri tipi di bersaglio.

Talvolta si è tentati di azzerare a distanza troppo lunga allo scopo di aumentare la

portata utile. Così facendo la traiettoria è eccessivamente alta prima di arrivare

alla distanza di azzeramento e questa è una situazione da evitare per più di un

motivo. I proiettili sparati dalle moderne carabine da caccia hanno una traiettoria

molto tesa e raggiungono il loro punto di massima altezza poco oltre la metà

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della distanza di azzeramento, quindi se lo zero è troppo lontano il cacciatore

nella maggior parte dei tiri agli ungulati si trova penalizzato dalla palla che

viaggia considerevolmente più alta della linea di mira. Inoltre tutti sanno che la

traiettoria si alza nei tiri inclinati verso l’alto o verso il basso proporzionalmente

all’angolo di inclinazione, ma non tutti sanno che l’innalzamento è contenuto

quando la palla sul terreno orizzontale si muove vicina alla linea di mira ma

aumenta considerevolmente man mano che aumenta l’altezza del proiettile sulla

linea di mira nel tiro in orizzontale. Per questo motivo se la traiettoria in pianura

raggiunge l’altezza già eccessiva di 10 e più centimetri, in montagna dove i tiri

inclinati sono quasi la regola l’altezza può diventare tale da mancare

completamente il bersaglio. Con armi camerate per calibri moderni la traiettoria è

sufficientemente tesa da consentire un tiro utile fino a 250 metri ed oltre senza

alzare eccessivamente la palla sulla linea di mira. In questo modo anche nei tiri

inclinati la traiettoria non viene alterata in modo tale da compromettere il

risultato.

Parlando di balistica esterna bisogna prendere in considerazione anche il vento

che è in grado di modificare la traiettoria, però in modo variabile dal momento

che, a differenza della forza di gravità, non ha sempre la stessa direzione ed

intensità. L’effetto del vento è dipendente dalla direzione in quanto è massimo

quando è perpendicolare alla linea di tiro (definito ad ore 3 o ore 9 , dove il

bersaglio è ad ore 12 ed il tiratore ad ore 6) e diminuisce se la direzione si

avvicina alla posizione ore 6 oppure alla posizione ore 12. Se il vento è parallelo

alla linea di tiro l’effetto è praticamente nullo.

Semplificando l’argomento si può affermare che la deviazione laterale è legata

alla massa della palla ed al tempo impiegato per raggiungere il bersaglio (questo

tempo viene in genere definito TOF, dalle iniziali delle parole inglesi “time of

flight”). I proiettili veloci resistono al vento meglio di quelli lenti ed i proiettili

pesanti meglio di quelli leggeri.

Le palle molto leggere sono deviate dal vento in modo considerevole ed anche

per questo motivo, oltre che per altri legati alla balistica terminale, non è

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consigliabile usare per la caccia agli ungulati proiettili di peso inferiore a 90

grani, peso che impone un diametro minimo di 6,2 millimetri. Nelle gare di tiro a

distanze estreme, per esempio 1000 yarde, la capacità di valutare l’intensità e la

direzione del vento è determinante per il risultato della prova. A distanze di tiro

di 200 o 250 metri il vento incide in misura minore, ma un vento trasversale

violento è comunque in grado di alterare il risultato del tiro al punto di provocare

il ferimento di un animale che in condizione di calma sarebbe abbattuto in modo

corretto. E’ perciò importante che il cacciatore tenga conto del vento al momento

del tiro, arrivando a rinunciare ad effettuare tiri a lunghe distanze in presenza di

un forte vento trasversale.

Una sufficiente conoscenza della balistica esterna consente al tiratore di capire

cosa succede al proiettile durante il viaggio verso il bersaglio e di conseguenza

gli permette di sfruttare al meglio le possibilità del sistema

arma/ottica/munizionamento.

4.1.3. Balistica terminale

La balistica terminale è la branca della balistica che studia le interazioni fra il

proiettile ed il bersaglio al momento dell'impatto e negli istanti successivi.

La balistica terminale studia le interazioni fra i proiettili e i bersagli.

Lo studio è spesso finalizzato a massimizzare il potere di arresto delle munizioni,

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con riguardo non solo al calibro, ma soprattutto alla struttura del proiettile, e ciò

a maggior ragione nell'utilizzo a fini di difesa personale. Per la difesa personale

non è infatti importante che il proiettile sia letale ma è invece importante che

arresti l'aggressore. Nella balistica terminale vengono quindi studiate le

deformazioni che il proiettile subisce al momento dell'impatto, eventuali

frammentazioni che devono essere evitate, e la forma che il proiettile assume a

seconda della tipologia della munizione (palle camiciate, blindate, semicamiciate,

nude, ecc.)

Un proiettile che penetra il corpo attraversandolo trasmette solo una parte

dell'energia cinetica che possiede al bersaglio, ed ha quindi un basso potere di

arresto. In questo caso il proiettile può essere letale ma spesso non trasmette al

bersaglio lo shock necessario a fermarlo istantaneamente ed evitare una

pericolosa risposta ostile. Il potere di arresto è infatti legato alla quantità di

energia cinetica presente all'impatto ed alla percentuale di questa che viene

trasmessa al bersaglio.

Lo studio della balistica terminale di un proiettile è quindi importante: un

proiettile che si deformi all'impatto, assumendo la classica forma a fungo, verrà

facilmente fermato dal corpo del bersaglio che assorbirà quindi la totalità

dell'energia cinetica; l'effetto shock e quindi il potere d'arresto saranno

massimizzati. È questo il caso delle pallottole a punta cava, che sono però

proibite dalla legge italiana ai fini di difesa personale, mentre sono permesse le

pallottole blindate, analoghe a quelle usate per usi militari, che hanno invece la

caratteristica di essere letali ma con basso potere di arresto, e di rimbalzare

ovunque in caso di errore nel tiro con ovvi pericoli, e infine spesso di attraversare

il bersaglio in modo anch'esso pericoloso.

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4.2. Tattica

Questo paragrafo ha lo scopo di mostrare come anche dalla posizione dei vari

soggetti si possa determinare la loro abilità tattico/logistica. Infatti quello che

maggiormente si può notare è che, in un conflitto, un professionista non sarà mai

in una posizione critica o di svantaggio, in quanto è proprio qui che si denota la

discrepanza tra principianti e non. Possiamo dire, per fare un breve esempio, che

il professionista, applicando il codice dei colori20 riesce a gestire e a prevedere

ogni tipo di situazione e a non venire mai (o quasi mai) colto di sorpresa o

impreparato. Un professionista si può individuare per questi motivi, oltre che per

la corretta scelta dell’arma e del calibro usati, senza dimenticare infine l’ottima

capacità di colpire nel luogo predeterminato (generalmente la destinazione dei

colpi sono le parti vitali) il bersaglio prefissato. Altro fattore di notevole

importanza è il fatto che consapevole dei rischi a cui va incontro (ferimento,

morte, ecc.), difficilmente il professionista inizia lo scontro a fuoco, e in caso di

sparatoria non è difficile vedere come si destreggia un esperto rispetto a un

principiante. La tecnica usata dai professionisti, ovviamente grandi conoscitori

delle armi e delle parti vitali ove gli effetti dei colpi risulta più devastante, è

chiamata Body-Body-Head: questa tecnica garantisce un elevato tasso di

successo nell’abbattimento/arresto del bersaglio (soft target) e consiste nello

sparare due colpi in rapida successione nella fascia toracica in modo da

determinare un forte impatto e garantire un arresto immediato della persona

colpita, anche nel caso in cui venga indossato un giubbotto antiproiettile, facendo

anche in modo di ramificare l’afflusso di adrenalina che se concentrata su un solo

punto (sparo singolo) potrebbe permettere al soggetto colpito qualche reazione.

In una situazione del genere sarebbe poi “facile” poter colpire il soggetto alla

testa, cosa che ne garantirebbe una definitiva eliminazione. Da qui appunto il 20 Codice dei colori:

Bianco – situazione di completo relax. Giallo – aumento del livello di attenzione. Rosso – minaccia reale, fortissimo livello di attenzione e risc assestment. Nero – situazione di conflitto a fuoco.

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nome Body-Body-Head.

Come si può intuire, difficile che ritroveremo un professionista che spari anche

un solo colpo in più di quelli necessari, in contrasto magari con coloro che

commettono delitti passionali o comunque inesperti che scaricano magari anche

un intero caricatore sul soggetto/bersaglio predestinato.

Principi di tattica individuale in ambiente urbano

Intendendo la “tattica” come l’arte21 militare che regola azioni e manovre dirette

al conseguimento della sopravvivenza. In uno scontro a fuoco possiamo ritrovare

in essa: le regole base di tattica, la tattica in condizione di luce scarsa, le regole

avanzate di tattica, il movimento tattico, la tattica con impiego di veicoli, la

tattica nel confronto ravvicinato, l’uso dei ripari, la tattica in caso di ferimento, la

gestione di un attacco simultaneo di più avversari, la tattica in condizioni di

scarsa visibilità, la tattica in presenza di ostaggi, la tattica per la ritenzione

dell’arma.

Passiamo ora ad accennare le regole fondamentali di bonifica:

1. individuazione dei segnali indicatori della presenza di estranei

2. evitare segnali indicatori della propria presenza

3. non voltare le spalle a qualcosa che non è ancora stato controllato

4. valutare i rischi di tutte le possibili situazioni e prevedere sempre lo

scenario peggiore

5. tenersi lontano dagli angoli

6. utilizzare al meglio le superfici riflettenti (regola dei tre occhi)

7. attenzione alle strettoie fatali (finestre, porte, corridoi, scale, botole, ecc.)

Come regalo al lettore interessato, riportiamo a seguito le corrette tattiche da

impiegare nelle varie situazioni: 21 Qui intesa come: “attività umana regolata da accorgimenti tecnici e fondata sull’esperienza”.

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PASSAGGIO DA UNA PORTA:

1. AVVICINAMENTO ALLA PORTA

2. APERTURA DELLA PORTA

3. BONIFICA DALL’ESTERNO

4. ENTRATA DINAMICA

5. MOVIMENTO ALL’INTERNO DELLA STANZA

FIG. 1

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FIG. 2

FIG.3

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FIG.4

FIG.5

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FIG.6

FIG.7

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Ecco come focalizzare l’ambiente da bonificare:

Situazione di avvicinamento ad un angolo:

FIG.1

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FIG.2

FIG.3

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Infine, mostriamo IN CASO DI NECESSITA’ DOVE DOBBIAMO

COLPIRE (si avvisano i lettori della presenza di argomenti e immagini che

possono rendere spiacevole il proseguimento nella lettura. Consiglio vivamente a

chi non vuole entrare in contatto con certi contenuti di passare al paragrafo

successivo):

FIG.1

FIG.2

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FIG.3

Concludiamo questo paragrafo dedicato alla TATTICA parlando della cosa

più importante: L’IMPIEGO TATTICO DEI RIPARI E DEI

NASCONDIGLI

Innanzitutto diamo le definizioni e facciamo capire le differenze tra i due tipi di

protezione:

RIPARO: qualcosa che rende meno visibile ed individuabile il soggetto

che si nasconde dietro di essa e che offre inoltre al suddetto soggetto una

protezione balistica

NASCONDIGLIO: qualcosa che ci rende non visibili al nemico, ma che

non ci protegge dal fuoco avversario

Se qualcuno non ha mai sentito parlare né ha mai affrontato l’argomento

potrebbe sorgere la domanda: “In caso di scontro prima ci si ripara dal fuoco

nemico e poi si risponde al fuoco, o viceversa?” Beh, la risposta è che se non si

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ha un bersaglio a cui razionalmente sparare PRIMA BISOGNA RIPARARSI.

Le regole generali in questi casi sono:

Individuare con anticipo il proprio riparo (tempo, distanza, pericolo).

Raggiungere il riparo possibilmente prima che inizi il conflitto a fuoco.

Quando si è dietro al riparo acquisire un buon bilanciamento.

Esporsi solo per sparare.

Quando si spara, esporsi il meno possibile.

Se il riparo è basso, esporsi di lato.

Non utilizzare il riparo come appoggio dell’arma.

L’arma è la prima ad uscire e l’ultima a rientrare.

Esporsi sempre uscendo da punti diversi del riparo.

Ed infine una delle regole più importanti:

stare lontano dal proprio riparo almeno 2 metri (a seguito immagini che mostrano

i pericoli della situazione descritta)

FIG.1

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FIG. 2

Concludiamo il discorso sui ripari (e nascondigli) sottolineando che si lascia un

riparo soltanto se:

il conflitto a fuoco è finito;

si può raggiungere un riparo più sicuro e se ciò può avvenire in sicurezza;

per attaccare il nemico;

se lo scenario tattico lo richiede.

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4.3. La gestione dello stress

Cosa si nasconde in questa parola, più volte sentita nella nostra quotidianità e

cosa può avere a che fare con l’ambito trattato in questo elaborato? Iniziamo

questo paragrafo spiegando innanzitutto qual è il significato che attribuiamo alla

parola stress: “condizione fisica, chimica, psichica che, esercitando uno stimolo

dannoso sull’organismo, ne provoca una certa reazione22”.

Naturale conseguenza della definizione appena data è sapere cosa può avvenire

nel corpo umano durante un fortissimo stress, come ad esempio in un conflitto a

fuoco:

Impossibilità di prendere decisioni importanti

possiamo ritrovare diversi comportamenti, quali immobilismo e sensazioni di

paralisi (si tende a rimanere in piedi immobili e non si cercano eventuali ripari),

grandi esitazioni (si entra e si esce dai ripari in maniera convulsa), la ripetizione

dello stesso movimento (ad esempio: si camera il colpo, si preme il grilletto,

l’arma non spara perché è in sicura e si camera un altro colpo), il verificarsi di

situazioni di default cerebrale (si prendono solo decisioni semplici legate a

ricordi primitivi).

Perdita del coordinamento motorio fine

riguarda nello specifico la difficoltà nei movimenti delle gambe (si cade se si fa

un passo incrociato), dei piedi (rimangono intrappolati con facilità), la perdita

della sensibilità nelle mani (l’arma ha funzionato?), l’assenza della coordinazione

mani-occhi.

Visione a tunnel

a causa di uno sbalzo di adrenalina si irrigidiscono i muscoli degli occhi e ciò

provoca l’abbassamento della vista periferica con conseguente effetto della

visione di solo pochi fasci di luci, appunto chiamata “visione a tunnel”. Le

pericolosità di questo effetto sono la non individuazione dei propri compagni,

l’impossibilità di effettuare un tiro preciso, ecc. 22 Definizione tratta da documenti dell’Accademia Benelli Beretta di Terni.

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Irrigidimento dei muscoli

il corpo non riesce a gestire lo sbalzo d’adrenalina a cui è sottoposto e ne avviene

un irrigidimento talmente smodato da provocare forti difficoltà nei movimenti.

Questo effetto è molto pericoloso, infatti si hanno problemi di respirazione, si

danno (involutamente) segnali indicatori della propria presenza, possono

verificarsi situazioni in cui avviene la partenza accidentale del colpo, si è soggetti

ad una bassa ossigenazione di tutti gli organi (a causa della forte tensione dei

tessuti) e si abbassa notevolmente la resistenza muscolare.

Distorsione del tempo e dello spazio

come si evince da studi fatti dalla polizia americana, durante i conflitti a fuoco,

siamo ad elencare come l’adrenalina sviluppi fortissime distorsione di tempo e

spazio in quanto l’alterazione della stessa ha conseguenze massicce anche sul

cervello e provoca squilibri nella percezione del tempo e dello spazio, per cui

azioni della durata di pochi secondi vengono ricordate e descritte in una

tempistica molto superiore a quella reale ed inoltre gli stessi luoghi possono

venire confusi.

Le principali pericolosità di questo effetto sono: il tempo sembra non passare

mai, gli oggetti e le persone vengono percepite più vicine e conseguono forti

difficoltà di puntamento e tiro.

Diminuzione dell’udito

a causa dell’aumento della vista, nonostante a tunnel, l’udito viene pesantemente

influito dall’adrenalina in quanto avviene una sorta di ovattamento, e lo stesso

diviene molto confuso, per cui si hanno difficoltà a sentire le indicazioni dei

compagni e dei superiori, non si danno conseguentemente i comandi alla squadra,

non si percepiscono armi silenziate, si possono non percepire rumori (indicatori

di bersaglio).

Incapacità di ricordare

l’adrenalina va a influire sulla memoria in quanto si ha una fortissima difficoltà a

ricordare e si hanno solo forti e confuse percezioni soggettive della realtà che si è

verificata. Studi sulla Polizia americana hanno dimostrato che in un vastissimo

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numero di casi fra la descrizione riportata dagli agenti dei presunti criminali

(descrizione forma e corporatura dei soggetti) e quella reale permessa dopo

l’arresto dei suddetti, si hanno forti incongruenze e le descrizioni dei poliziotti

coinvolti sono spesso caricature della realtà. Le pericolosità di questo effetto

sono principalmente il rischio di rimanere con l’arma scarica e l’effettuazione di

bonifiche di luoghi già bonificati e viceversa.

Diamo ora una corretta definizione dell’adrenalina e una valutazione specifica

dei relativi effetti: l'adrenalina o epinefrina è un ormone secreto dalle ghiandole

surrenali (situate sopra i reni) sotto lo stimolo di sforzi o emozioni ed è stata

ritenuta per anni il neurotrasmettitore principale del sistema nervoso simpatico

(l'adrenalina viene liberata anche a livello di sinapsi del tessuto nervoso, è cioè

utilizzata anche come neurotrasmettitore); è un ormone che appartiene a una

classe di sostanze che vanno fortemente ad incidere sul corpo umano

provocando:

Aumento del consumo di ossigeno.

Diminuzione della fatica nelle parti periferiche del corpo.

Aumento del rendimento metabolico.

Aumento del consumo di sostanze nutritive.

Dilatazione delle pupille.

Aumento della frequenza cardiaca.

Vasocostrizione a livello cutaneo.

Aumento della pressione arteriosa.

Incremento delle capacità muscolari.

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5. LA RICERCA

5.1. Introduzione

Arriviamo alla parte più pratica, forse quella che attirerà la maggiore attenzione

del lettore: la ricerca. Essa consiste nel sottoporre varie persone, che verranno da

me definite “tester”, a test sia pratici che psicologici volti alla determinazione di

sbalzi di tensione e stati d’ansia prima, durante e dopo l’utilizzo di armi da fuoco

oltre ovviamente la mera differenziazione di prestazioni ed efficacia che ne

possano determinare una classificazione, iniziando a spogliare da ogni soggettiva

interpretazione gli aspetti che sono nostro oggetto di studio al fine di stabilire in

caso di atti criminali che implichino l’utilizzo di armi da fuoco le competenze/

abilità/ conoscenze necessarie per il compimento di tali azioni.

Esaminiamo brevemente tale affermazione per essere sicuri di offrirne la

migliore e più oggettiva comprensione: per competenze / abilità / conoscenze

intendiamo le capacità di azione, le conoscenze tattico-logistiche, le attitudini, il

comportamento, la scaltrezza, le tempistiche di reazione, le capacità di analisi, il

backgroud esperenziale del soggetto nella sua totalità, la sua formazione, la

capacità di gestione dello stress e degli stati d’ansia, la conoscenza e

l’ottimizzazione della gestione degli strumenti usati. Tutte queste informazioni,

scisse in molteplici frammenti, se analizzate e sviscerate, ci permettono di

ottenere enormi chiarimenti e di fornirci particolari chiave che potranno darci la

possibilità di restringere i soggetti delle nostre indagini in tempistiche

relativamente brevi.

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5.2. I test psicologici

Riporto a seguito i test che ho utilizzato nella mia ricerca, che mi sono stati

consigliati e forniti gentilmente dal Professore Gianni Brighetti, docente

dell’Università di Bologna, Facoltà di Psicologia.

TEST STAI X1

PER NULLA UN POCO ABBASTANZA MOLTISSIMO

1 Mi sento calmo 1 2 3 4

2 Mi sento sicuro 1 2 3 4

3 Sono teso 1 2 3 4

4 Ho dei rimpianti 1 2 3 4

5 Mi sento tranquillo 1 2 3 4

6 Mi sento turbato 1 2 3 4

7 Sono attualmente preoccupato per possibili disgrazie 1 2 3 4

8 Mi sento riposato 1 2 3 4

9 Mi sento ansioso 1 2 3 4

10 Mi sento a mio agio 1 2 3 4

11 Mi sento sicuro di me 1 2 3 4

12 Mi sento nervoso 1 2 3 4

13 Sono agitato 1 2 3 4

14 Mi sento molto teso 1 2 3 4

15 Sono rilassato 1 2 3 4

16 Mi sento contento 1 2 3 4

17 Sono preoccupato 1 2 3 4

18 Mi sento sovraeccitato e scosso 1 2 3 4

19 Mi sento allegro 1 2 3 4

20 Mi sento bene 1 2 3 4

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TEST STAI X1 RE‐TEST

PER NULLA UN POCO ABBASTANZA MOLTISSIMO

1 Mi sento calmo 1 2 3 4

2 Mi sento sicuro 1 2 3 4

3 Sono teso 1 2 3 4

4 Ho dei rimpianti 1 2 3 4

5 Mi sento tranquillo 1 2 3 4

6 Mi sento turbato 1 2 3 4

7 Sono attualmente preoccupato per possibili disgrazie 1 2 3 4

8 Mi sento riposato 1 2 3 4

9 Mi sento ansioso 1 2 3 4

10 Mi sento a mio agio 1 2 3 4

11 Mi sento sicuro di me 1 2 3 4

12 Mi sento nervoso 1 2 3 4

13 Sono agitato 1 2 3 4

14 Mi sento molto teso 1 2 3 4

15 Sono rilassato 1 2 3 4

16 Mi sento contento 1 2 3 4

17 Sono preoccupato 1 2 3 4

18 Mi sento sovraeccitato e scosso 1 2 3 4

19 Mi sento allegro 1 2 3 4

20 Mi sento bene 1 2 3 4

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TEST ANSIA DI TRATTO

PER NULLA UN POCO ABBASTANZA MOLTISSIMO

3.01 Mi sento bene 1 2 3 4

3.02 Mi stanco facilmente 1 2 3 4

3.03 Mi sento come se dovessi piangere 1 2 3 4

3.04 Vorrei poter essere felice come sembrano essere gli altri 1 2 3 4

3.05 Spesso perdo delle occasioni perché non riesco a decidermi abbastanza in fretta 1 2 3 4

3.06 Mi sento riposato 1 2 3 4

3.07 Io sono calmo, tranquillo e padrone di me 1 2 3 4

3.08 Sento che le difficoltà si accumulano tanto da non poterle superare 1 2 3 4

3.09 Mi preoccupo troppo di cose che in realtà non hanno importanza 1 2 3 4

3.10 Sono felice 1 2 3 4

3.11 Tendo a considerare "difficili" le cose 1 2 3 4

3.12 Manco di fiducia in me stesso 1 2 3 4

3.13 Mi sento sicuro 1 2 3 4

3.14 Cerco di evitare di affrontare crisi e difficoltà 1 2 3 4

3.15 Mi sento stanco e depresso 1 2 3 4

3.16 Sono contento 1 2 3 4

3.17 Pensieri di scarsa importanza mi passano per la mente e mi infastidiscono 1 2 3 4

3.18 Vivo le delusioni con tanta partecipazione da non potermele togliere dalla testa 1 2 3 4

3.19 Sono una persona costante 1 2 3 4

3.20 Divento teso e turbato quando penso alle mie attuali occupazioni 1 2 3 4

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5.3. Il test di sparo

Riporto a seguito la spiegazione del test di sparo compiuto dai vari tester: il test

consiste nello sparare ad una sagoma (di tipo OFFICIAL I.D.P.A.) con arma da

fuoco caricata con 5 colpi (di cui uno in canna), impugnata, con partenza ad

un’angolazione compresa tra i 30 e i 45 gradi; il tester dovrà sparare a 5 colpi alla

sagoma distante 7 metri, poi 5 colpi alla sagoma distante 10 metri ed altri 5 colpi

alla sagoma distante 15 metri (la sagoma è una, che in ordine di distanza viene

allontanata progressivamente dopo il quinto colpo sparato alla distanza

prefissata). La prima sessione di spari, per un totale di 15 colpi, viene sparata dal

tester a sua discrezione di tempistica, tecnica, impugnatura, ecc., mentre al

termine della prima sessione si riposizionerà la sagoma alle medesime distanze,

però il tester dovrà sparare alla sagoma 5 colpi in un tempo massimo di 3

secondi. Questo si ripeterà per le tre distanze come nel test precedente, per un

totale di altri 15 colpi ed un ammontare complessivo di colpi sparati sia per il

primo che per il secondo test di 30 colpi.

Le fasce della sagoma sono suddivise in “0”, “1”, ”3” e in caso di miss shot

(colpo che non colpisce la sagoma) “5”. Le diciture nella tabella (formato excel)

NORMAL stanno ad indicare la prima sessione di spari, mentre STRESS indica

la seconda sessione di spari. Esse vengono suddivise in NORMAL o STRESS

7m, 10m, 15m, ossia le sagome poste a 7, 10 e 15 metri di distanza. Esempio:

NORMAL 7m indica che il tester spara senza limiti di tempo e con tecnica libera

alla distanza di metri 7, STRESS 10m indica che il tester deve sparare 5 colpi in

3 secondi alla sagoma distante 10 metri, NORMAL 15m indica che il tester spara

5 colpi alla sagoma distante 15 metri senza limiti di tempo e con tecnica libera,

ecc. . La sagoma viene suddivisa in quattro “punteggi”, per individuare e definire

i punti colpiti della sagoma; si hanno infatti “0”, ossia le parti della sagoma a cui

corrisponde il massimo punteggio (testa e parte più centrale del petto -sterno-),

“1” la fascia esterna delle costole e la parte addominale superiore, “3” la fascia

delle braccia, del bacino e dei contorni della sagoma e “5”, ossia i colpi fuori

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sagoma. Indi per cui se, in corrispondenza della colonna NORMAL 7m 0 avremo

il numero 3, vorrà dire che il tester, alla distanza di metri 7, in condizioni di

tecnica libera e senza limiti di tempo avrà colpito la sagoma 3 volte nella fascia

“0”, e così di seguito, in quanto per la categoria NORMAL 7m il tester deve

sparare 5 colpi (che saranno ripartiti tra NORMAL 7m 0, NORMAL 7m 1,

NORMAL 7m 3 e NORMAL 7m 5). Infine avremmo la somma totale dei punti

(che sono equipollenti alle fasce della sagoma) e potremmo vedere e confrontare

le diverse prestazioni dei tiratori (a minor punteggio corrisponderà la maggior

abilità).

5.4. Gli items sul background esperienziale

Riporto qui di seguito, in copia originale, gli items a cui sono sottoposti come

prima prova i tester.

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Numero tester   ………….

QUIZ   (Anonimo) 

 

 

1. TITOLO DI STUDIO   ………………………………………………………………………………………………………………………. 

2. PROFESSIONE   ………………………………………………………………………………………………………………………………  

3. FASCIA D’ETA           18‐30       31‐40       41‐50        51‐60         61‐70 

4. POSSIEDE IL PORTO D’ARMI ?                         SI   NO 

Se si, quale tipo ?   …………………………………………………………………………………………………………………………. 

5. POSSIEDE ARMA/I ?                                  SI   NO  

Se si quale/ i ?  (tipologia e numero armi) 

………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………………………………………………………………………………  

6. QUANTE VOLTE L’ANNO FREQUENTA IL POLIGONO?          DA 1 A 10   ‐     DA 11 A 50   ‐   DA 51 A 100    

‐      OLTRE 101 

7. HA SVOLTO IL SERVIZIO MILITARE ?                            SI   NO  

8. E’ MAI STATO COINVOLTO IN UNO SCONTRO A FUOCO ?             SI   NO 

9. E’ MAI ANDATO A CACCIA (con qualsiasi tipologia di arma) ?             SI   NO 

10. COME REPUTA LE SUE CONOSCENZE IN:     

 

  ‐a‐   AMBITO BALISTICO                  SCARSE  ‐   SUFFICIENTI  ‐  BUONE  ‐  OTTIME 

   

  ‐b‐   AMBITO LEGISLATIVO (leggi, normative, ecc.) RIGUARDANTI LE ARMI              SCARSE   ‐  

SUFFICIENTI   ‐   BUONE   ‐   OTTIME           

                

    ‐c‐    SICUREZZA (custodia/ utilizzo dell’arma)       SCARSE   ‐     SUFFICIENTI     ‐    BUONE   ‐      

OTTIME 

 

  ‐d‐   CAPACITA’ TATTICO‐LOGISTICHE IN CASO D’INTERVENTO CON UTILIZZO DI ARMI         SCARSE     

‐    SUFFICIENTI  ‐  BUONE   ‐    OTTIME 

 

11. RICARICA PERSONALMENTE LE CARTUCCE CHE UTILIZZA ?                   SI   NO 

12. QUALE MUNIZIONAMENTO USA ? CHE TIPO DI OGIVA (marca, forma, peso in grani) ? CHE POLVERE 

USA (marca, quantità espressa in grani) ?   

………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………………………………………………………………....      

13. PARTECIPA/HA PARTECIPATO AD ATTIVITA’ AGONOSTICHE CHE PREVEDONO L’USO DI ARMI ?  SI   NO

14. HA MAI FREQUENTATO CORSI PER L’UTILIZZO DELLE ARMI/ CORSI DI TIRO ?                         SI   NO   

Se si quali ?   

………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

 

 

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___________________________________________________________________ 111

5.5. L’analisi dei dati

Per un’analisi semplice e veloce di tutti i dati e delle informazioni raccolti nei

vari test effettuati riporto la tabella usata per poter vedere e confrontare i vari

risultati e la legenda necessaria per la corretta comprensione:

Legenda:

LEGENDA PER TESI BALISTICA COMPARAZIONE EXCEL ITEMS:

1. 1-LICENZA ELEMENTARE 2-LICENZA MEDIA 3-LICENZA SUPERIORE 4-LAUREA

2. 1-PROFESSIONI CHE PREVEDONO IL PORTO/ L’UTILZZO DI ARMI DA FUOCO 2-PROFESSIONI CHE NON PREVEDONO IL PORTO/ L’UTILIZZO DI ARMI DA FUOCO

3. FASCIA D’ETA’: 1- 18-30, 2- 31-40, 3- 41-50, 4- 51-60, 5- 61-70

4. SI= S NO= N

5. SI= S NO= N

6. FREQUENTAZIONE ANNUE DEL POLIGONO: 1- DA 1 A 10, 2- DA 11 A 50, 3- DA 51 A 100, 4- OLTRE 101

7. SI= S NO= N

8. SI= S NO= N

9. SI= S NO= N

10. LA SEGUENTE LEGENDA E’ VALIDA PER LE DOMANDE a-b-c-d: 1- SCARSE, 2- SUFFICIENTI, 3- BUONE, 4- OTTIME

11. SI= S NO= N

12. MUNIZIONAMENTO USATO: 1- 9X21, 2- .40, 3- .45ACP, 4- .38SPEC, 5- .357MAG, 6- .38 SUPER AUTO, 7- .44SPEC, 8- .22

13. SI= S NO= N

14. SI= S NO= N

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TEST DI SPARO (vedi sopra)

Tester QUIZ 1 QUIZ 2 QUIZ 3 QUIZ 4 QUIZ 5 QUIZ 6 QUIZ 7  QUIZ 8 QUIZ 9 QUIZ 10 a QUIZ 10 b QUIZ 10 c QUIZ 10 d QUIZ 11 QUIZ 12 QUIZ 13 QUIZ 14 NORMAL 7m 0 NORMAL 7m 1 NORMAL 7m 3 NORMAL 7m 5 NORMAL 10m 0 NORMAL 10m 1 NORMAL 10m 3 NORMAL 10m 5 NORMAL 15m 0 NORMAL 15m 1 NORMAL 15m 3 NORMAL 15m 5 STRESS 7m 0 STRESS 7m 1 STRESS 7m 3 STRESS 7m 5 STRESS 10m 0 STRESS 10m 1 STRESS 10m 3 STRESS 10m 5 STRESS 15m 0 STRESS 15m 1 STRESS 15m 3 STRESS 15m 5 ANSIA TRATTO STAI‐X1 STAI‐X1 RE‐TEST

1 2 1 4 S S 3 N N S 3 3 3 3 S 1 S S 5 5 5 2 3 4 1 2 3 35 40 42

2 4 2 3 S S 2 N N N 3 2 2 3 S 1 N N 2 3 5 3 1 1 2 1 2 2 1 1 1 1 4 40 41 40

3 2 2 2 S S 2 S N S 2 2 3 2 S 1 N N 1 4 3 1 1 4 1 3 1 1 2 3 2 3 42 47 49

4 3 2 1 S S 2 N N N 1 1 3 1 N 8 N N 4 1 4 1 2 3 2 3 1 3 1 1 3 1 40 49 45

5 3 2 1 S S 2 N N N 2 3 4 2 N 1 N N 5 5 4 1 1 3 1 2 2 1 2 2 1 40 43 43

6 2 2 5 S S 3 N N N 1 2 4 3 S 1 S N 5 4 1 2 3 1 1 3 3 1 1 5 38 41 41

7 1 2 5 S S 1 N N N 1 2 4 1 N 1 N N 2 3 4 1 1 3 1 3 2 3 2 2 3 44 50 50

8 2 2 2 S S 1 N N N 2 2 4 3 N 1 N N 4 1 2 2 1 2 3 3 1 1 2 2 1 1 1 3 37 41 40

9 2 2 2 S S 2 S N S 2 2 4 2 S 3 S S 5 5 5 4 1 1 1 1 2 2 2 1 42 44 39

10 3 2 1 S S 2 N N N 2 1 4 3 S 1 N S 2 3 4 1 1 4 1 1 3 3 2 5 39 43 43

11 2 2 2 N N 2 S N N 2 2 2 2 N 2 N S 4 1 4 1 2 1 2 3 1 1 1 1 3 5 48 43 43

12 2 2 2 S S 2 N N N 2 2 2 2 N 3 N S 2 3 3 2 2 1 2 3 2 1 1 1 2 5 37 43 38

13 4 2 3 S S 2 S N N 2 2 3 1 S 3 S S 4 1 5 3 2 3 2 4 1 1 1 2 1 41 44 44

14 3 2 5 S S 3 N N N 3 2 4 1 S 2 S N 5 5 5 1 2 2 1 1 3 4 1 51 46 45

15 3 2 4 S S 2 S S N 4 3 4 4 N 4 N S 2 3 1 1 2 1 1 1 3 2 3 5 5 RIFIUTO 50 50

16 4 1 3 S S 2 S N S 3 4 4 3 N 1 S S RIFIUTO 39 44 44

17 2 2 2 N N 2 S N S 1 1 1 1 N 5 N N 5 5 3 1 1 2 1 2 1 3 1 1 1 3 43 36 37

18 3 2 4 S S 2 S N N 4 4 4 4 S 4 S S 5 5 3 2 5 3 2 5 37 45 47

19 3 2 3 S S 4 S S S 2 2 3 2 S 3 S N 5 5 5 4 1 1 1 3 1 1 1 2 37 43 41

20 3 2 3 S S 2 S N S 2 2 3 2 S 2 S N 5 5 5 3 2 5 3 2 35 38 40

21 2 2 3 S S 2 N N N 2 3 4 3 S 4 S S 4 1 5 5 5 4 1 4 1 39 41 42

22 2 1 3 S S 3 N N N 4 4 4 4 S 4 S S 5 5 5 5 2 3 5 40 49 49

Per facilitare e garantire un’immediata comprensione dei dati seguiranno grafici

riguardanti i dati estrapolati nella mia ricerca, volti a fornire dati oggettivi senza

troppe personali interpretazioni:

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Percentuali per titolo di studio

4,8

47,638,1

9,5

lic.element.

lic.media

diploma

laurea

Percentuali per fascie di età

14,3

28,6

28,6

14,3

14,3

18-30

31-40

41-50

51-60

61-70

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___________________________________________________________________ 114

La risultante di questo dato è dovuta al fatto che chi frequenta i poligoni, ove si

svolgono attività con armi da fuoco, possiede in larghissima parte il porto d’armi.

Percentuali possesso porto d'armi

90,5

9,5

porto d'armi SI

porto d'armi NO

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___________________________________________________________________ 115

Ovviamente le due persone( 9,5%) che non hanno il porto d’armi, non hanno

nemmeno un’arma propria.

Percentuali possesso arma propria

90,5

9,5

porto d'armi SI

porto d'armi NO

Percentuali di frequentazione annua poligono

9,5

66,7

19,0

4,8

1-10 volte

11-50 volte

51-100 volte

oltre 101

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___________________________________________________________________ 116

Per poter effettuare alcuni test statistici inferenziali si è ridotta la dispersione in

classi accorpando l’unico soggetto che frequenta il poligono più di 100 volte con

quelli che lo frequentano da 50 a 100.

Percentuali assolvimento servizio militare

57,1

42,9assolto

esentato

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___________________________________________________________________ 117

Percentuali di coinvolgimento in scontro a fuoco

90,5

9,5

mai coinvolto

coinvolto

Percentuali di partecipazione a battute di caccia

28,6

71,4

partecipato

mai partecipato

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___________________________________________________________________ 118

Valutazione delle proprie conoscenze di balistica pratica

19,0

52,4

14,3

14,3

scarse

sufficienti

buone

ottime

Valutazione delle proprie conoscenze normative sull'uso delle armi

14,3

57,1

19,0

9,5

scarse

sufficienti

buone

ottime

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___________________________________________________________________ 119

Valutazione della propria conoscenza sulla custodia/utilizzo delle armi

4,8

14,3

28,6

52,4

scarse

sufficienti

buone

ottime

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___________________________________________________________________ 120

Valutazione delle prorpie capacità tattico-logistiche in caso di utilizzo di armi

23,8

33,3

28,6

14,3

scarse

sufficienti

buone

ottime

Ricarica personalmente le cartucce che utilizza ?

61,9

38,1

SI

NO

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___________________________________________________________________ 121

Munizionamento usato

38,1

14,3

19,0

4,8

4,8

14,3

4,8

9X21

40

45ACP

38SPEC

357MAG

38SUPER AUTO

44SPEC

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___________________________________________________________________ 122

Ha partecipato o partecipa ad attività agonistiche di tiro con armi ?

47,652,4

SI

NO

Ha mai frequentato corsi per l'utilizzo delle armi/ corsi di tiro ?

47,652,4

SI

NO

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___________________________________________________________________ 123

Passiamo ora all’analisi dei test di sparo:

Prima seduta di tiro : medie del centraggio dei tiri da distanze progressive per frequenza

di allenamento al poligono

1-10 volte al poligono 11-50 volte al poligono da 51 a oltre 1007 metri prima seduta

10 metri prima seduta15 metri prima seduta

-3

-2

-1

0

1

2

3

4

5

6

7

8

Il grafico dimostra che i soggetti che vanno molte volte al poligono (linea verde)

hanno un rendimento migliore (risultati medi 4,66) rispetto ai soggetti che lo

frequentano 11-50 volte (risultati medi 3,72) e ancora di più rispetto a quelli che

vanno solo 1-10 volte l’anno (media risultati (2,33). Ma soprattutto il rendimento

dei più allenati al tiro è molto costante rispetto alla distanza, mentre chi va poco

al poligono ha un rendimento discreto essenzialmente a 10 metri, ed è pessimo a

15.

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___________________________________________________________________ 124

Nel grafico successivo vengono mostrati i risultati nella seconda prova:

Seconda seduta di tiro : medie dei tiri più centrali da distanze progressiveper frequenza di allenamento al poligono

1-10 volte al poligono 11-50 volte al poligono da 50 a oltre 1007 metri seconda seduta

10 metri seconda seduta15 metri seconda seduta

-4

-3

-2

-1

0

1

2

3

4

5

6

I risultati del grafico mostrano rendimenti nella seconda prova di non facile

interpretazione. Il dato comune è che la media di rendimento si abbassa per tutti i

soggetti (1-10 volte linea blu, media = 1,33; 11-50 volte linea rossa, media =

1,88; da 50 a oltre 100 linea verde, media = 2,2), ma soprattutto i rendimenti

perdono la loro costanza anche nei soggetti con più allenamento sempre in

dipendenza dalla distanza del bersaglio.

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___________________________________________________________________ 125

Il grafico di sotto è la rappresentazione di un test statistico ANOVA Within

subjects che è risultato significativo.

Significativo vuol dire che anche se il campione dei soggetti è piccolo,

l’equazione che sta alla base del test dimostra che anche se si facessero 5000

soggetti o di più, il risultato verrebbe così.

E si deve interpretare in questo modo: tutti i soggetti hanno poca ansia di tratto,

cioè loro di base non sono ansiosi, lo diventano invece molto quando fanno le

prove e l’ansia che hanno (di stato, in quel momento lì) è indipendente dalla

prova, che sia la prima o la seconda.

Andamento delle medie dei tipi di centri nelle due prove per distanza

0,00

0,50

1,00

1,50

2,00

2,50

3,00

3,50

4,00

4,50

7m

0

7m

1

7m

3

7m

5

10m

0

10m

1

10m

3

10m

5

15m

0

15m

1

15m

3

15m

5

prima prova

seconda prova

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___________________________________________________________________ 126

Per dare più forza al test, è stato effettuato un test chiamato “Post Hoc di

Bonferroni” che è rappresentato in tabella sotto il grafico che segue, e che

dimostra che effettivamente le differenze (in rosso) sono molto significative fra le

due ansie di stato al test e al retest rispetto alla condizione generale di ansia dei

soggetti, ma che non c’è differenza fra test e retest d’ansia

Interazione Within subjects fra le medie ai test di ansia

Current effect: F(2, 40)=9,1580, p=,00053

ANSIA TRATTO ANSIA STATO RETEST ANSIA STATO37

38

39

40

41

42

43

44

45

46

47

Bonferroni test; variable DV_1 (Tesi balistica comparazione excel.sta) Probabilities for Post Hoc Tests Error: Within MS = 8,0024, df = 40,000

R1 {1} {2} {3}

1 ANSIA TRATTO 0,000992 0,004164

2 STAI-X1 0,000992 1,000000

3 STAI-X1 RE-TEST 0,004164 1,000000

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___________________________________________________________________ 127

I due grafici di sotto si riferiscono alla media di tiri più centrali nella prima e

nella seconda prova in relazione al fatto che i soggetti abbiano partecipato o no a

gare.

Le differenze NON sono statisticamente significative, ma si vede bene che chi

partecipa a gare va meglio degli altri almeno nella prima seduta.

Come si vede tuttavia dal grafico della seconda seduta stranamente chi partecipa

a gare, nella distanza da 10 metri va addirittura peggio di chi non partecipa. La

spiegazione può essere complicata, direi che potrebbe trattarsi di ansia da

prestazione, ma non è chiaro perchè la distanza dei 10 metri sia quella più

difficile. La mia personale supposizione è che i tiratori si allenano generalmente

alle distanze di 8 metri o passano direttamente a 15, indi per cui quando si sono

ritrovati la sagoma alla distanza di 7 metri sono stati avvantaggiati e facilitati,

mentre alla distanza non allenata dei 10 metri sono stati “colti sprovveduti di

allenamento” e magari questa distanza non praticata ha portato difficoltà (magari

anche solo più d’impatto psicologico che reali). Sta di fatto che l’accurata scelta

della sagoma e delle distanze per effettuare il test ha dato ottimi risultati (ossia

non dare punti di riferimento, evitare di premiare tiratori agonisti più che altri

mettendo tutti in situazione di disagio, di necessità di adattamento in situazioni

sconosciute in modo da generare – anche seppur minimamente - situazioni di

stress).

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___________________________________________________________________ 128

Prima seduta di tiro : medie dei tiri più centrali da distanze progressive per frequenza a gare

hanno partecipato a gare non hanno partecipato a gare

7 metri 10 metri 15 metri0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

5,0

5,5

6,0

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___________________________________________________________________ 129

Seconda seduta di tiro : medie dei tiri più centrali da distanze progressive per frequenza a gare

hanno partecipato a gare non hanno partecipato a gare

7 metri 10 metri 15 metri-0,5

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

5,0

I grafici di sotto rappresentano la stessa abilità di tiro ma dividendo i soggetti fra

quelli che hanno fatto corsi e quelli che non li hanno fatti. Come si vede nella

prima seduta sono uguali, e questo potrebbe essere un po’ imbarazzante da

spiegare agli eventuali organizzatori di corsi, ma ancora più complicato, capire

come mai nella seconda seduta questa differenza si amplia.

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___________________________________________________________________ 130

Prima seduta di tiro : medie dei tiri più centrali da distanze progressive per partecipazione a corsi

hanno partecipato a corsi non hanno partecipato a corsi

7 metri 10 metri 15 metri1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

5,0

5,5

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___________________________________________________________________ 131

Seconda seduta di tiro : medie dei tiri più centrali da distanze progressive per partecipazione a corsi

hanno partecipato a corsi non hanno partecipato a corsi

7 metri 10 metri 15 metri-0,5

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

I grafici che seguono sono basati sull’uso di un metodo statistico del tutto

corretto, ma dal punto di vista del disegno sperimentale e un poco artificioso.

Poiché i soggetti non sono nessuno particolarmente ansioso, in questi casi si può

calcolare la mediana dei valori riportati dal gruppo per le tre variabili: ansia tratto

stai- x1 e stai-x1 retest e sulla base della mediana dividere i soggetti in due

gruppi, l’uno un poco più ansioso dell’altro. Perché artificioso: perché di fatto i

soggetti sono piuttosto simili, ma a quel punto possiamo andare a vedere cosa

succede nei tiri fra prima e seconda prova in dipendenza da una piccola quota di

ansia che li distingue.

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___________________________________________________________________ 132

I risultati devono essere interpretati, ma nessuno di essi è significativo

statisticamente, si tratta di rappresentazioni che magari però possono suggerire

qualcosa:

Prima seduta di tiro : medie dei tiri più centrali da distanze progressive per differenze di tratto d'ansia

bassa ansia tratto elevata ansia tratto

7 metri 10 metri 15 metri0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

5,0

5,5

6,0

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___________________________________________________________________ 133

Seconda seduta di tiro : medie dei tiri più centrali da distanze progressive per differenze di tratto d'ansia

bassa ansia tratto elevata ansia tratto

7 metri 10 metri 15 metri-0,5

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

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Prima seduta di tiro : medie dei tiri più centrali da distanze progressive

per differenze di ANSIA 1

bassa ansia 1 elevata ansia 1

7 metri 10 metri 15 metri0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

5,0

5,5

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___________________________________________________________________ 135

Seconda seduta di tiro : medie dei tiri più centrali da distanze progressive

per differenze di ANSIA 1

bassa ansia 1 elevata ansia 1

7 metri 10 metri 15 metri-0,5

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

5,0

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___________________________________________________________________ 136

Prima seduta di tiro : medie dei tiri più centrali da distanze progressive

per differenze di ANSIA RETEST

bassa ansia retest elevata ansia retest

7 metri 10 metri 15 metri0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

5,0

5,5

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Seconda seduta di tiro : medie dei tiri più centrali da distanze progressive

per differenze di ANSIA RETEST

bassa ansia retest elevata ansia retest

7 metri 10 metri 15 metri-0,5

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

5,0

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___________________________________________________________________ 138

5.6. Conclusioni

A fronte di tutti i dati raccolti, di quanto fin’ora trattato, delle mie esperienze

personali e testimonianze dirette, traggo le seguenti conclusioni: ogni persona

potenzialmente può utilizzare un arma corta ed avere ottimi risultati sul bersaglio

alle brevi distanze, in quanto, a tali distanze, di facile utilizzo (ad es. è

impossibile mancare un bersaglio “a bruciapelo”). La diversità tra tiratori esperti

e non, si può notare solo a distanze apprezzabili (almeno qualche metro) e

soprattutto si nota che, quello che differisce i vari tiratori, è l’allenamento per il

tiro effettuato. Ovvio che tra una persona che non ha mai maneggiato un arma e

una che ne abbia anche solo un discreto maneggio, cambino molte variabili e

dinamiche (sia d’impiego che di utilizzo). Come risulta dai dati della ricerca

infatti, coloro che hanno il porto dell’arma, ma che ne fanno un raro utilizzo, non

differiscono in maniera incisiva da tiratori amateur. Quello che veramente denota

la differenza sono gli allenamenti; infatti quei tiratori che sparano più

frequentemente e tirano un maggior numero di colpi avranno migliori risultati

(ovviamente nell’ambito delle modalità di tiro e delle distanze allenate).

Altri fattore che possono farci capire l’abilità del tiratore sono: le linee di tiro, le

traiettorie (un tiratore esperto conosce molto bene la tattica oltre alla tecnica), il

numero di colpi utilizzati ed il loro effettivo raggiungimento del bersaglio

(improbabile che un tiratore esperto manchi il bersaglio designato), il calibro

utilizzato (che può anche essere messo in relazione alla distanza tra bersaglio e

tiratore). Tutte queste e altre variabili “sono tutte parti di un puzzle”, dove ogni

particolare è fondamentale e unico, e che possono essere colte e valutate soltanto

da esperti, in quanto molto complesse e di difficile individuazione.

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___________________________________________________________________ 139

6. LA BALISTICA FORENSE

6.1. Differenza tra impronte di classe e di singolarità d’arma

La prima cosa è sapere conoscere le procedure che consentano di discriminare tra

le tracce di classe – ovvero quelle micro e macro tracce presenti su ogni elemento

e su altri milioni di elementi simili a quello, in quanto “figli” di un unico progetto

– e le peculiarità che sono le sole tracce che consentono, nella balistica forense,

di poter affermare la identità o la non identità. Tali peculiarità si formano grazie a

tutta una serie di eventi che non sono legati, se non per eventi eccezionali, al

progetto originario, mentre anche nelle tracce di classe si formeranno le

peculiarità. E’ anche importante e fondamentale seguire le procedure per il

posizionamento dei reperti o dei test in un contesto spaziale ben definito, in

modo da ottenere un quadro topografico degli elementi sempre sovrapponibile tra

loro.

CLASSE

Sono le impronte lasciate dagli organi dell’arma, organi di progettazione, ed

hanno quasi sempre una disposizione spaziale ben definita oltre a quella

morfologica e generalmente metrica. Per cui è possibile affermare, in assenza di

anomalie, che tutte le armi di una certa marca ma di quel modello, siano esse 10

oppure un milione, lasceranno sul bossolo esploso identici segni, ubicati sempre

nella stessa posizione spaziale, per come già detto, chiamati segni di repere.

Normalmente le impronte di classe sono prodotte da:

== Estrattore.

== Espulsore.

== Percussore.

== Culatta.

== Pieni di rigatura.

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___________________________________________________________________ 140

== Vuoti di rigatura.

== Numero dei solchi conduttori.

== Verso dei solchi.

== Angolo con la generatrice.

SINGOLARITA’

Queste impronte possono essere localizzate su ogni parte del reperto e sono

presenti anche nelle impronte di classe. Sono causate da moltissimi fattori quali:

· Segni di lavorazione sull’arma (limature, tornio, etc. segni che si differenziano

anche per il consumo dell’utensile usato).

· Residui di lavorazione (trucioli).

· Ossidazioni.

· Sostituzione di pezzi o segni di arnesi.

· Pulizia con oggetti duri che causano micro peculiarità.

· Usura diversificata.

· Ecc., ecc.

6.2. Tipi di perizie balistiche: mezzi e strumenti

Tra i molteplici campi d’azione in cui opera l’indagine tecnica di polizia

scientifica rivestono particolare interesse ed esercitano indubbio fascino quelli

connessi con l’impiego delle armi da fuoco per la commissione di delitti e, come

tali, rientranti nella casistica giudiziaria.

Ciò considerato, proprio per l’importanza e per la complessità dell’argomento in

questione, risulta necessario affrontare una trattazione minimamente organica

delle problematiche legate all’indagine balistica riportando, almeno in rapidi e

sintetici accenni la vigente normativa, le informazioni generali e lo stato attuale

della tecnologia delle armi e delle munizioni.

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___________________________________________________________________ 141

Solo premettendo quanto sopra – e quindi sostanzialmente indicando l’oggetto

dello specifico accertamento - é dunque possibile far seguire una dissertazione

sui modi di indagine e sulle pratiche operative attualmente in uso presso le

sezioni di indagine balistica della Polizia Scientifica italiana.

6.3. Gli strumenti indispensabili per la comparazione balistica

Lo strumento principe per eseguire una corretta comparazione balistica è

sicuramente il microscopio comparatore anche se altri strumenti essenziali per

uno studio approfondito sono: il banco di smontaggio delle armi, il banco

reprovit fotografico, il microscopio stereoscopico, la bilancia elettronica, il

cronografo balistico, il calibro (meglio se digitale) e il micrometro, una cassa di

recupero dei proiettili e lo sbossolatore.

6.4. Le impronte utili nel bossolo esploso per la comparazione balistica

Le impronte utili per la comparazione balistica presenti sul bossolo esploso in

un’arma semiautomatica sono: quelle dell’unghia estrattrice e dell’espulsore

(rigano in maniera unica il bossolo al momento dell’espulsione), quella del cane

(che lascia segni e rigature sul fondello), e quella del percussore che provoca

un’impressione sulla capsula dell’innesco (che però può venire facilmente

alterata – se viene limata, graffiata o anche solo minimamente scalfita -).

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6.5. Alterazioni e modifica di armi

Limitiamoci a dire vietato alterare le armi da sparo mediante alterazione della

meccanica in modo da aumentarne la potenzialità o mediante modifica delle

dimensioni per facilitarne porto od occultamento. Quindi è vietato accorciare

notevolmente la canna, ma è consentito un taglio di qualche cm per riparazioni; è

vietato aumentare il calibro, trasformare l’arma da semiautomatica a raffica,

rendere il calcio pieghevole; non è vietato montare accessori quali cannocchiale,

variatore di strozzatura, freno di bocca, contrappesi, congegni di mira; non è

quindi vietato filettare la canna per montare tali accessori. Non sono vietate

alterazioni che non incidano sulla meccanica e alterazioni che non aumentino

potenza o occultabilità. È consentito alesare e ritubare una canna perché ciò ne

diminuisce la potenzialità; la modifica del calibro va denunziata. La lunghezza

delle canne delle armi a canna liscia non risulta da nessun atto ufficiale e molte

sono costruite su misura; quindi la lunghezza delle canne può essere variata in

misura più ampia purché non si giunga a creare una “lupara”. Il reato di

alterazione di arma è ascrivibile solo a chi ha modificato l’arma; non commette

alcun reato il detentore, salvo che abbia concorso nel reato di alterazione o abbia

commesso ricettazione.

6.6. Residui di sparo

RESIDUI DELLO SPARO - STUB

ANTEFATTO

Nel mondo forense, ma sopratutto nell' universo scientifico, anche pochi anni

possono portare grossi mutamenti. Due eventi importanti, in questo ambito, sono

riportati brevemente qui di seguito:

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Il 15 febbraio 2007 l’ASTM approvava una nuova release dello standard per i

GSR denominata E 1588 – 07.

Oltre a numerose altre modifiche rispetto alla precedente versione E 1588 – 95

(reapproved 2001), una delle novità più rilevanti è la declassificazione definitiva

da caratteristiche a compatibili.

Ad ottobre dello stesso anno si teneva a Lione il 15th International Forensic

Science Symposium indetto dall’Interpool. Semplicemente, in tale congresso

furono recepiti i criteri e le linee guida già fissati nel corso dell’FBI Symposium

del 2005 e di alcuni altri lavori nel frattempo pubblicati da ricercatori del settore.

Per gli addetti ai lavori ciò vuol dire che è avvenuto un importante cambiamento

nella sostanza, nella tecniche operative, nei protocolli ed infine nella valutazione

dei risultati ottenuti.

PREMESSA

Molti scritti sono reperibili sul mercato anche se espressamente incanalati,

naturalmente, nel mondo forense. Interessantissime notizie, esperienze e come

rappresentarsi di fronte alle problematiche connesse da tali indagini, mi sono

state trasmesse direttamente da esperti. Tale scienza la ritengo, tra le più difficili,

vasta e complessa proprio perché racchiude materie come la fisica, la chimica, la

matematica, l’ingegneria meccanica e la balistica.

L’argomento sarà trattato in modo sintetico e conciso per ovvi motivi.

GENERALITA’

Un importante elemento di validità probatoria ai fini dell'identificazione

dell'autore di un reato ove sia stata utilizzata un’arma da fuoco, è la ricerca dei

residui dello sparo.

L'interesse attribuito a questo mezzo di investigazioni riveste una notevole

rilevanza tecnica in quanto la stessa scienza è reduce di tipologie di accertamenti

in materia considerati insicuri, dubbiosi e litigiosi che non consentivano,

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appunto, di accertare in “scienza e coscienza” la presenza o meno di particelle

derivanti dalla deflagrazione di munizionamento.

Gli stub chiusi

CENNI STORICI

Gonzales negli anni 30 fu il primo ad interessarsi e ad istituire un metodo

protocollare per individuare i residui dello sparo sulle mani dell’indiziato.

Individuò un metodo che prevedeva la spalmatura di paraffina fusa, quindi molto

calda, sulle mani degli indiziati. Il fatto che fosse molto calda in teoria avrebbe

dovuto dilatare i pori dell’epidermide dell’indiziato e catturare le eventuali

particelle presenti sulla mano, sia particelle combuste e sia non combuste. Il

prodotto raffreddato finale, chiamato in gergo guanto di paraffina, veniva

sottoposto ad una indagine chimica chiamata Difenilammina. Il risultato finale di

tale ricerca, nel caso di positività, era quella che i residui si coloravano di blu.

Venne dimostrato che questa colorazione veniva raggiunta, anche, con presenza

di urina (nitriti e nitrati) e fertilizzanti, etc.

In occasione delle indagini sull’omicidio del Presidente Kennedy negli USA

vennero messe a punto metodiche intese ad accertare la presenza di residui

metallici derivanti dalla detonazione della miscela innescante (stifnato di piombo,

biossido di bario, solfuro di antimonio, ecc.). Si svilupparono così orientamenti

tecnici di ricerca.

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NOTIZIE TECNICHE

Durante lo “sparo” di un’arma da fuoco, la notevole pressione e temperatura dei

gas di combustione all’interno della canna da un lato produce la fuoriuscita del

proiettile dall’altro provoca reazioni chimico-fisiche su piccolissime particelle di

polvere da sparo. Queste ultime vengono proiettate fuori dalla stessa arma ed

investono le superfici circostanti sotto forma di aerosoli.

Nelle cartucce in genere, si ritrovano due tipi di polvere da sparo:

la polvere d’innesco che trasforma l’energia meccanica di percussione in energia

termo-chimica, che successivamente viene trasferita alla polvere di lancio;

la polvere di lancio che realizza la propulsione del proiettile.

Struttura interna dello stub

Come componenti dell’innesco si è soliti ritrovare:

- bario nitrato – Ba (N03)2;

- piombo nitrato – Pb (N03)2;

- calcio silicato – Ca Si2;

- antimonio solfato – Sb2S3;

- piombo diossido – Pb02;

- piombo solfocianato – Pb (SCN)2;

- piombo stifnato (C6HN3O8Pb);

- alluminio – Al.

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Il materiale più comunemente utilizzato per la fabbricazione dei bossoli è

l’ottone (ottone Cu-Zn 35, il numero indica la percentuale di zinco presente).

Nella fabbricazione dei bossoli vengono, altresì, utilizzati alluminio, zinco, rame

ed alcuni tipi di plastica.

Per quanto concerne i proiettili, essi possono essere costituiti soltanto da piombo,

oppure avere la parte centrale (nucleo) in piombo ed un rivestimento esterno

(mantello) in rame oppure antimonio o nichel.

I residui dello sparo, pertanto, possono essere costituiti oltre che da elementi

provenienti dagli inneschi anche da quelli che derivano dalla camiciatura del

proiettile e dall’orlo del bossolo.

Quando avviene la deflagrazione all’interno della camera di scoppio di un’arma

si succedono in pochissimi secondi tre fasi:

a) una prima fase (cosiddetta PIROSTATICA) caratterizzata dalla combustione

della polvere di lancio a volume costante essendo il proiettile fermo. In questa

fase la temperatura raggiunge i 2.000 °C e la pressione i 1.400 p.s.i. (pound

square inch=libbra x pollice quadrato);

b) una seconda fase (cosiddetta PIRODINAMICA) caratterizzata dalla

contemporaneità della combustione a volume costante e pressioni variabili. La

temperatura e la pressione raggiungono i massimi livelli: circa 3.600°C e circa

40.000 p.s.i.;

c) una terza fase (cosiddetta di ESPANSIONE) caratterizzata dall’espansione del

gas e dal moto del proiettile. Le tre fasi successive si verificano quasi

contestualmente alla detonazione dell’innesco.

Come si è già detto, gli elementi metallici come il piombo, l’antimonio ed il

bario, che fanno parte della composizione chimica delle polveri da innesco,

durante lo sparo, così come altri elementi metallici facenti parte della

composizione chimica della polvere di lancio, del proiettile e del bossolo per

effetto dell’elevata energia termica e meccanica e dell’alta pressione a cui sono

sottoposti, subiscono un processo di fusione e successiva vaporizzazione

ritrovandosi pertanto presenti insieme sotto forma di goccioline fuse (aerosoli)

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che si raffreddano immediatamente venendo ad assumere spesso, ma non sempre,

un caratteristico aspetto sferoidale, analogamente al fenomeno dei boli vulcanici,

tanto da essere state chiamate FIREBALLS (palle di fuoco).

La forma e la composizione di tali residui, denominati GSR (Gun Shot Residue)

o CDR (Catridge Discharge Residue) provenienti dalla polvere innescante

durante lo sparo è tale da non lasciare adito ad alcun dubbio ai fini delle indagini.

Infatti, non si conoscono allo stato attuale attività umane diverse dallo sparare

che possano produrre particelle contenenti insieme piombo (Pb), bario (Ba) ed

antimonio (Sb).

Il loro diametro varia solitamente da 0,5 a 50 micron.

IMPORTANTI ELEMENTI per l’individuazione, interpretazione e per le

conclusioni, sono:

• TEMPI DI PERSISTENZA: Per motivi di gravità, il numero di particelle

presenti su di una determinata superficie è destinato a decrescere con il passare

del tempo. Parliamo di ore.

• IL NUMERO DELLE PARTICELLE: E’ evidente che l’utilizzo delle svariate

tipologie di armi influisce necessariamente sulla quantità di particelle presenti

sulla persona indagata (arma corta, arma lunga, ecc.).

• MORFOLOGIA E DATI METRICI: Molto influenti per le conclusioni

risultano: la forma e il diametro. Per esempio ritrovare una grossa particella dopo

un lasso di tempo di molte ore è un evento negativo in quanto sono proprio le

grandi particelle che a causa della forza di gravità sono le prime a cadere.

• LA BALISTICA: Che dallo studio meccanico dell’arma individua la

compatibilità tra numero, qualità ed ubicazione delle particelle presenti.

CLASSIFICAZIONE: Nel 1984, J.S. Wallace e J. McQuillan (del Northern

Ireland Forensic Science Laboratory - Belfast) rivisitarono la classificazione di

Wolten et Coll. e pubblicarono il lavoro nel vol. 24, pp. 495 - 508 del Journal of

the Forensic Science Society “Discharge Residues from Cartridge-operated

Industrial Tools”. Ecco una sintesi di pag. 503 e ss.:

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"Firearms discharge residue classification"

The following classification system is a modification of that given by Wolten and

colleagues [1]. It is based on casework experience with bulk elemental analysis

and particle analysis, past laboratory tests on firearms and associated items

(including cartridge tools) and the available literature on the chemistry relating

to firarms.

...(Omissis)...

This classification system applies to brass-cased, lead-, antimony- and barium-

primed ammunition and brass-cased, lead and barium primed ammunition. It is

intended as a general guide only, and is shown in Table 4.

Traduzione:

Classificazione dei residui di sparo di arma da fuoco

Il seguente sistema di classificazione è una modifica di quello dato da Wolten e

colleghi [1]. E' basato su esperienza di lavoro con sistemi di analisi qualitativi e

analisi di particelle, su prove di armi e munizioni (incluse quelle per strumenti da

lavoro) eseguite in laboratorio e sulla letteratura disponibile concernente la

chimica riguardante le armi da fuoco.

...Omissis...

Questo sistema di classificazione si applica a cartucce con bossolo in ottone e

innesco a base di piombo, antimonio e bario e a cartucce con bossolo in ottone e

innesco a base di piombo e bario. E' inteso solo come guida generale ed è

riepilogato nella Tavola 4.

TAVOLA 4 - Classificazione delle particelle residuo di sparo1

Univoche

Pb, Sb and Ba

Sb and Ba

Indicative

Ba, Ca e Si2

Pb e Sb

Pb e Ba

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Sb (con S)

Sb (senza S)

Ba2

Pb

Pb, Sb e Ba assente 3,4

1.Le particelle di tipo indicativo sono elencate in un ordine approssimativamente

decrescente di significatività.

2.S assente o accettabile solo in traccia quando il Ba è presente a livello

maggiore.

3.Ciascuna delle sopraelencate combinazioni possono contenere parte o tutti dei

seguenti elementi: Al, Ca, S, Si a livello maggiore, minore o in traccia; Cl, Cu, K,

Fe, Zn (solo se Cu è anche presente e Zn/Cu minore di 1) a livello minore o in

traccia; Mg, Na e P solo a livello di traccia, vedi testo.

4.Le particelle che non contengono Pb, Sb o Ba possono essere considerate

indicative se sono composte esclusivamente degli elementi elencati al punto 3. e

se sono accompagnate da altri tipi di particelle indicative.

Come è possibile notare le quattro composizioni considerate univoche da Wolten

et Coll. si riducono a due soltanto nella revisione di Wallace e Mc Quillan.

Il metodo, protocollato per la prima volta da Wolten et Coll. alla fine degli anni

settanta e successivamente rivisto da Wallace e Mc Quillan, non subirà variazioni

di rilievo fino alla metà degli anni novanta almeno in relazione al procedimento

analitico, che è stato solo migliorato con il continuo aggiornamento della

strumentazione utilizzata, certamente oggi più maneggevole ed affidabile di

quanto allora non fosse.

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7. Legislazione in materia di armi e munizioni

7.1 Leggi varie

Acquisto di armi

Ogni cittadino sano di mente, che non si ubriachi o non si droghi e che non sia

pregiudicato o malfamato o obiettore di coscienza ha diritto di acquistare armi.

Chi è munito di una qualsiasi licenza di porto d’armi ha già dimostrato

all’autorità di essere sano di mente ed onesto e quindi può acquistare armi e

munizioni di ogni genere, nei limiti consentiti. Chi ha licenza di porto di fucile

può acquistare armi corte, e viceversa. Per le munizioni si veda apposita voce. I

limiti per la detenzione di armi sono:

Armi da caccia: senza limite

Armi sportive: 6 pezzi

Armi comuni in genere: 3 pezzi

Entro tali limiti si possono detenere più esemplari dello stesso modello di arma.

Chi non ha una licenza di porto d’armi deve invece richiedere apposito nulla

osta per ogni operazione di acquisto di una o più armi. Va richiesto alla questura

indicando i motivi (caccia, difesa, sport) e il tipo di armi che si intendono

acquistare; la questura può richiedere un certificato di sanità mentale rilasciato

dal medico di famiglia o, a discrezione del questore, dalla ASL. È prassi delle

questure richiedere l’idoneità al maneggio delle armi. In alcune questure si

richiede, a chi non ha fatto il militare, il certificato di capacità al maneggio delle

armi rilasciato dal TSN; è richiesta che non trova supporto nella legge, ma del

tutto usuale. In alcune questure, come suggerito dal Ministero, non richiedono il

certificato se il richiedente rinunzia a detenere le munizioni per l’arma; soluzione

esatta perché neppure il collezionista deve produrlo, visto che non può detenere

le munizioni. Ovvio poi che sarebbe insensato chiedere il certificato del TSN al

maneggio di armi da fuoco, a chi vuol acquistare un’arma bianca o un’arma

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antica. Sono illegittime imposizioni circa le modalità di custodia (arma smontata,

arma in cassaforte) apposte nel nulla osta perché modificano l’atto tipico previsto

dalla legge.

Il nulla osta è gratuito e vale trenta giorni per tutto il territorio italiano. Esso

autorizza a trasportare le armi acquistate fino al luogo di detenzione. Per recenti

disposizioni del Min. Finanze è stato reintrodotto il bollo sulla domanda di

rilascio e sul nulla osta.

Gli obiettori al servizio militare possono acquistare liberamente armi

liberalizzate e possono ottenere nulla osta solo per acquisto di armi ad aria

compressa con più di 7,5 Joule o di repliche di armi ad avancarica a più colpi.

Possono ottenere licenze di trasporto per esse. Possono ovviamente usare le armi

liberalizzate e quindi ottenere il nulla osta per acquisto di polvere nera. Essi

hanno diritto di ottenere dal TSN certificato di abilitazione al tiro per le armi loro

consentite. Se hanno rinunziato allo status di obiettore riacquistano i diritti di

ogni altro cittadino.

I cittadini comunitari non residenti in Italia devono esibire alla questura il nulla

osta del proprio paese. In teoria anche un cittadino extracomunitario può ottenere

licenze di PS, ma spesso si richiede reciprocità di trattamento e gli può essere

difficile dimostrare i requisiti personali.

La legge prevede che il prefetto può vietare la detenzione di armi a chi potrebbe

abusarne. È un provvedimento amministrativo che deve rispettare la procedura

prevista per i provvedimenti amministrativi. Accade sempre più spesso che agenti

di polizia giudiziaria che accertano un modesto illecito in materia di armi, oltre a

sequestrare l’arma o cartuccia corpo di reato, si portino via “in via cautelare”

tutte le armi. È comportamento non consentito dalla legge e che potrebbe

comportare risarcimento danni. Solamente in caso di urgenza e pericolo (segni di

squilibrio del detentore, atti gravi di violenza) il “Capo dell’Ufficio di P.S. del

luogo”, e non altri, può adottare un provvedimento provvisorio da trasmettere

con urgenza al prefetto. Quindi per la restituzione di queste armi è competente il

prefetto.

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Denunzia e custodia di armi.

Chi è in possesso di armi o loro parti essenziali deve denunziarle al più presto

(due o tre giorni). La detenzione di armi non richiede il possesso di licenze di

porto. La denunzia viene fatta in duplice copia e in carta libera, indicando i dati

indicativi delle armi e il luogo di loro custodia. La denunzia viene presentata alla

Questura o Commissariato del comune di custodia; se mancano, ai Carabinieri.

Essi timbrano l’originale per ricevuta e trattengono la copia. Il funzionario non

può rifiutarsi di timbrare la denunzia, anche se sbagliata o incompleta, perché il

cittadino ha il diritto di avere la prova di aver fatto denunzia tempestiva; le

correzioni verranno fatte, se necessario, successivamente. La denunzia può essere

fatta anche per raccomandata con ricevuta di ritorno o con mezzi telematici, in

particolare con il fax (si veda modulo di denunzia nel sito Polizia di Stato). Si

consiglia di inviare la denunzia senza busta, in modo che sia timbrata sul retro.

La denunzia deve contenere anche l’elenco delle armi già denunziate,

specialmente se ad altra autorità. Le munizioni possono essere denunziate

assieme alle armi o separatamente. Le munizioni possono anche essere non

pertinenti alle armi denunziate.

Anche la detenzione temporanea di armi ricevute in comodato va denunziata da

parte di chi le riceve se supera due o tre giorni; non va denunziato il prestito fatto

in viaggio, durante una partita di caccia o un turno di gare.

Le armi possono essere detenute e denunziate in luoghi diversi dalla residenza ed

anche in più luoghi diversi (casa di abitazione, ufficio, negozio, cassetta di

sicurezza in banca, seconda abitazione). Unica cosa da tener presente è che il

luogo in cui si trovano dia sufficienti garanzie di adeguata custodia. Anche in

questo caso il funzionario non può censurare in anticipo il luogo scelto per la

custodia e rifiutare la denunzia. Se successivamente accerterà che in concreto le

armi sono mal custodite, denunzierà tale reato.

Nel luogo di denunzia privato le armi possono essere detenute cariche e pronte

all’uso, perché sono destinate anche alla difesa abitativa; non devono essere

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conservate smontate o chiuse in cassaforte. Importa solo che esse siano al sicuro

da furti quando nessuno è in casa e che non le usino bambini o minorati. È

consentito lasciarle alla portata di familiari ed altre persone ospitate, se capaci;

non è richiesto che siano abilitate al maneggio di armi. Una casa con finestre non

accessibili e con robusta porta e serrature è un luogo idoneo per impedire furti. In

una casa di campagna che rimane vuota per parecchi giorni è consigliabile una

cassaforte. L’obbligo di custodia non riguarda (o è molto attenuato) le parti di

armi; perciò l’arma privata di una parte essenziale richiede minori cautele. Le

armi non vanno lasciate all’aperto in auto, incustodita.

I fabbricanti e commercianti di armi non devono denunziare né armi né

munizioni poiché le devono caricare sul registro giornaliero. Non deve

denunziare le armi l’Agente di P.S. che le detiene per servizio (la detenzione

risulta da atti pubblici).

Collezione di armi

Chi intende detenere più di 6 armi sportive o più di 3 armi comuni non da caccia

deve munirsi preventivamente di licenza di collezione; questa ha essenzialmente

lo scopo di accertare che siano adottate misure di custodia adeguate al numero e

tipo delle armi. La licenza si richiede al questore (unendo due bolli) ed è gratuita

e permanente. Non è richiesta la capacità tecnica né la idoneità fisica. Si può

richiedere la licenza anche se non si intende detenere armi fuori collezione ed

anche per una sola arma. Nulla vieta che nella richiesta iniziale si indichi il

numero presumibile delle armi che si intendono collezionare in futuro e indicare

misure di custodia già adeguate al numero finale, così rendendo automatico

l’inserimento dei successivi acquisti.

Ottenuta la licenza si può procedere ai successivi acquisti chiedendo ogni volta

l’inserimento dell’arma o delle armi nella licenza (due bolli). Alcune questure

richiedono la domanda preventiva, prima dell’acquisto; questa è necessaria solo

se già si è esaurito il numero di armi fuori collezione.

In collezione si può tenere un solo esemplare per ogni modello di arma

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catalogata; per le armi non catalogate in quanto precedenti al 1979 se ne possono

detenere due esemplari con la stessa denominazione e calibro; altri esemplari

possono essere detenuti fra quelli fuori collezione (quindi se uno ama solo le

Luger può averne cinque).

Non possono essere detenute munizioni pertinenti alle armi in collezione; il

divieto cade se si hanno armi dello stesso calibro fuori collezione.

Nessuna norma vieta l’uso delle armi in collezione e perciò esse possono essere

portate al poligono per tirare e possono essere date in comodato, se sportive; le

armi da caccia non vanno in collezione. Però molti questori hanno frainteso la

legge e impongono nella licenza il divieto di uso; è prescrizione erronea, ma chi

se la ritrova deve osservarla.

Chi trasferisce le armi in altro domicilio deve rinnovare preventivamente la

licenza.

Anche la licenza di collezione di armi antiche rare ed artistiche è gratuita e

permanente; le misure di sicurezza non sono richieste per le armi bianche e

possono essere largamente attenuate od omesse per quelle da sparo (le repliche

moderne di un’arma antica, funzionanti e robuste, sono di libera detenzione); è

vietato detenere le munizioni, ma si può detenere polvere da sparo. Il titolare può

ampliare la collezione senza denunziare le nuove armi se esse sono dello stesso

genere per cui stata rilasciata la licenza (ad es. una nuova pistola se già si

detenevano armi da fuoco; se si fossero detenute solo armi bianche, la pistola

andrà denunziata).

Chi ha una stanza blindata per la collezione di armi, può ovviamente conservare

in essa anche le armi fuori collezione.

Le armi bianche moderne possono essere detenute in qualsiasi numero senza

licenza di collezione, ma vanno denunziate.

Porto di armi

Le armi possono uscire dal luogo in cui sono custodite e sue adiacenze solo in

mano di persona munita di licenza di trasporto o di porto d’armi. Adiacenze di

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una abitazione sono i luoghi esterni direttamente collegati ad essa e di uso

esclusivo del proprietario (aia, cortile, orto, giardino, atrio, garage, stalle, ecc.)

poiché ad essi è logico estendere le esigenze di difesa abitativa.

Per ottenere una di queste licenze bisogna non aver commesso reati gravi ed aver

fatto il militare oppure avere il certificato di idoneità al maneggio delle armi, dato

dal TSN. Il certificato è generico e non ha importanza se sia stato conseguito con

armi lunghe o corte. Inoltre occorre produrre il certificato di idoneità psicofisica

rilasciato dalla ASL o dal Medico Militare o della Polizia. La riabilitazione

cancella interamente i vecchi reati.

Alcune persone, salvo che siano obiettori, possono portare armi senza licenza:

Prefetti, Ufficiali di P.S., Magistrati ordinari, Giudici di pace, Magistrati onorari

ed amministrativi, Dirigenti di carceri. Altri, appartenenti a corpi militari o

dipendenti da enti pubblici, portano le armi senza licenza durante il servizio e

secondo i propri regolamenti. Gli Ufficiali delle FF.AA. in servizio permanente

attivo hanno diritto alla licenza di porto d’armi gratuita (alcuni uffici contestano

la gratuità). Altre categorie possono ottenere licenza gratuita se il richiedente è

esposto a particolare rischio.

Le licenze di porto d’arma sono:

• Licenza di porto di arma corta per difesa personale: non esiste più da tempo

la distinzione tra pistola e rivoltella. Viene rilasciata dal prefetto a chi ha

dimostrato bisogno di difendersi (frequente trasporto di danaro, pericolo di

sequestro, possesso di preziosi, professione a rischio, politici, ecc.). Deve essere

rinnovata ogni anno (€ 115), ma il libretto con la foto viene rilasciato con la

validità di cinque anni; ogni anno va inserito il foglietto intercalare che avrà

valore per un anno dalla data del rilascio. Se non si è pagata la tassa il libretto

non vale nulla e non abilita all’acquisto di armi e al loro trasporto.

Autorizza al porto di armi corte, anche di modello sportivo (tesi contestata da

alcuni, ma in contrasto con l’espressa volontà del legislatore indicata negli atti

parlamentari), in ogni tempo e luogo salvo che in riunioni pubbliche (comizi,

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partite di calcio, discoteche affollate) e su aeromobili; su treni e mezzi di

trasporto pubblico terrestre statali o regionali e su traghetti delle ferrovie devono

essere scariche e smontate (per le pistole basta togliere il caricatore).

Autorizza a sparare con arma corta, per sport o per difesa, ovunque al di fuori di

luoghi abitati; nell’abitato si può sparare per diletto, ma solo in luoghi chiusi ove

sia esclusa la fuoriuscita di proiettili e inquinamento acustico.

La licenza rilasciata alla guardie giurate è una normale licenza di porto d’armi a

tariffa scontata, non soggetta a limitazioni temporali (non possono però andare in

riunioni pubbliche, ecc., se non in specifico servizio). Se licenziate può essere

sospesa dal prefetto.

La legge prevede una licenza per il bastone animato, ormai obsoleta.

Competente al rilascio è il prefetto della provincia in cui si ha la residenza o il

domicilio.

• Licenza di porto di fucile (anche) per uso di caccia: originariamente la

licenza di porto di fucile per difesa personale non richiedeva dimostrazione del

dimostrato bisogno; chi intendeva usarla anche per caccia doveva pagare una

ulteriore tassa; da ciò la dicitura.

Il Decreto 17 aprile 2003 del Min. Int. ha introdotto un unico libretto di porto di

fucile che verrà rilasciato o per caccia o per tiro a volo o per difesa personale.

Secondo la Cassazione, l’uso dell’arma per uno scopo diverso da quello specifico

(ad es. caccia con licenza per tiro a volo) non comporta sanzioni penali; può

comportare però il ritiro della licenza stessa. Si ricorda che la licenza di caccia

assorbe quella per il tiro a volo.

La licenza per difesa è annuale e deve essere rinnovata ogni anno, anche se il

libretto rimane valido per 5 anni; quindi è regolata come la licenza per arma

corta.

La licenza per caccia o tiro a volo è valida per sei anni, non occorre il foglietto

intercalare, ma basta pagare le tasse. Il fatto di non pagare la tassa annuale di

CC.GG. (€ 168) non comporta la sua inefficacia, ma solo sanzioni amministrative

e fiscali ; quindi anche se non si pagano le tasse, il libretto autorizza a comperare

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armi e al trasporto di armi e chi porta il fucile non commette alcun reato

(Cassazione costante). In questo caso infatti ha comunque valore di licenza di tiro

a volo, per l’appunto gratuita (e finché si ha la licenza di caccia non si può

ottenere anche la licenza di tiro a volo; ovvio quindi che essa valga comunque a

tal fine).

La licenza abilita al porto di ogni arma lunga comune (anche sportiva o non da

caccia), purché non per difesa personale, osservata la normativa venatoria (ad

esempio per tiri di prova). È però praticamente impossibile stabilire se un’arma

lunga è portata per difesa o per caccia, salvo che lo dichiari lo stesso autore del

fatto.

I limiti al porto sono gli stessi di cui alle armi corte; in più vanno osservati i

divieti venatori che vietano di portare fucili carichi in tempo e luoghi di caccia

non consentita e di osservare determinate distanze (violazioni punite con sanzioni

amministrative) e di usare determinati tipi di armi. Ciò comporta che in alcuni

luoghi e giorni non si può sparare liberamente con l’arma lunga, salvo che ciò

avvenga in luoghi attrezzati (poligoni, anche privati) oppure sotto il diretto

controllo dell’autorità amministrativa (ad es. gare estemporanee di tiro, prova di

fucili, esami di cacciatori, ecc.) la quale constati che non si fa del bracconaggio.

Il cacciatore può portare con sé più di un fucile.

Competente al rilascio della licenza è il questore della provincia in cui si ha la

residenza o il domicilio.

• Licenza di porto di fucile per il tiro a volo: qualcuno la chiama licenza per il

tiro sportivo, ma è dicitura priva di significato. Quando nel 1967 vennero

introdotte le tasse venatorie regionali si creò questa licenza per chi voleva portare

il fucile, ma non cacciare. Quindi è una normale licenza di porto che autorizza "il

porto di armi lunghe da fuoco" fino ad ogni campo di tiro a volo. È gratuita ed ha

la validità di sei anni. Non è richiesta la iscrizione alla FITAV, che è una

associazione privata. Non è necessario possedere un fucile, che può essere preso

in comodato. I requisiti richiesti sono gli stessi indicati per la licenza di caccia.

Chi ha la licenza di caccia non ha ragione di avere anche la licenza di TAV.

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Consente di acquistare e trasportare armi e munizioni di ogni genere (anche armi

corte).

Dall'insieme della legge si comprende che essa consente il porto solo di fucili a

canna liscia e il trasporto di ogni altro tipo di armi. Essa autorizza chiaramente il

porto di fucile, ma per prudenza consiglio di limitarsi a trasportare il fucile da

tiro a volo perché potrebbe essere considerato illegale il fatto di portarlo al di

fuori del campo di tiro. Non è consigliabile fare tiro a volo in aperta campagna.

Il titolare può sparare con il fucile in qualsiasi poligono, anche privato. Non è

consigliabile di sparare ai piattelli in zona non attrezzata a campo di tiro per

evitare contestazioni venatorie.

.

Trasporto di armi

Trasportare un’arma significa spostarla da un luogo ad un altro in condizioni tali

da rendere materialmente impossibile di usarla, carica o scarica, in modo rapido;

le armi non devono poter essere usate rapidamente, neppure se ci si trova in

situazione di pericolo e quindi di legittima difesa. Quindi: le armi dovranno

essere smontate in almeno due parti, se l’arma è di tipo scomponibile (nessun

problema per doppiette, sovrapposti, fucili con otturatore; lo smontaggio

potrebbe essere complicato, e quindi non dovuto, per pistole, rivoltelle e

semiautomatici); l’arma deve essere scarica, il caricatore senza cartucce e le

munizioni devono essere a parte o, se assieme alle armi, imballate a parte. Le

armi dovranno essere in un contenitore chiuso a chiave oppure in un involucro

ben legato con cinghie o corde. Questo in linea di massima perché, ad esempio,

se l’arma è imballata come se dovesse essere spedita, si può fare a meno di

smontarla; se l’arma è priva di un pezzo essenziale, si può fare a meno di

imballarla accuratamente, ma basta che sia in un involucro. Per armi da tiro può

bastare anche l’apposita valigetta, chiusa a chiave e senza munizioni nel

caricatore. La cosa importante è che chi controlla il trasporto possa constatare

che effettivamente per poter impugnare l’arma occorre una serie di operazioni

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non eseguibili in poche decine di secondi.

Le regole esposte valgono per le persone autorizzate al trasporto; chi trasporta

illegalmente dovrà fornire una prova molto più convincente! Infatti un

bracconiere non può andare nel bosco con un fucile ben imballato, appostarsi in

attesa di un cervo e, se scoperto, sostenere che egli l’arma la stava solo

trasportando! La sua condotta in questo caso dimostra che egli aveva l’arma allo

scopo di usarla (= portarla) illegalmente e pertanto verrà giustamente condannato

per porto illegale d’armi.

Per trasportare armi in genere occorre essere muniti:

Di apposita licenza di trasporto rilasciata dal questore; è gratuita (pagamento di

due bolli) e deve indicare giorno e mezzo del trasporto; si può trasportare a

mezzo corriere (ma pochi accettano armi) o con il mezzo proprio; in questo caso

chiedere espressa autorizzazione.

Di una qualsiasi licenza di porto d’armi (ivi compresa quella per tiro a volo):

queste autorizzano a trasportare fino a sei armi alla volta, proprie o ricevute in

comodato, oppure un numero illimitato di parti d’armi. Le armi possono essere

trasportate, usando la dovuta diligenza nel custodirle, dove pare e piace (altra

abitazione, poligono, armeria). Attenzione a non impugnare l’arma in luogo

pubblico o aperto al pubblico (salvo che entro una armeria) perché si avrebbe un

porto; si dubita se si possa usare l’arma trasportata nel luogo privato altrui al

chiuso (es. trasporto di arma per sparare nel poligono privato di un amico). La

prassi attuale, seguita in molti poligoni privati e non contestata dalle Autorità, è

nel senso che chi trasporta un’arma, lunga o corta, in un poligono privato, può

anche usarla in esso.

Vi sono poi licenze di trasporto limitate e sono:

La licenza di trasporto di armi sportive: essa viene rilasciata dal questore, è

gratuita ed ha validità di un anno. Occorre il certificato di idoneità psicofisica (si

può usare lo stesso utilizzato per iscriversi alla soc. sportiva), ma non è richiesto

il certificato di abilità al maneggio delle armi; occorre inoltre l’attestazione del

TSN o di altra federazione sportiva di tiro affiliata al CONI, da cui risulti la

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partecipazione ad attività sportiva. La licenza non deve elencare le armi da

trasportare perché le armi sportive possono essere prese in comodato.

La licenza autorizza al solo trasporto di un massimo di sei armi sportive su tutto

il territorio italiano, senza limitazioni (non solo per andare ad un poligono). Non

autorizza all’acquisto in armeria di armi o munizioni.

La cosiddetta carta verde: chi frequenta il TSN ha diritto di ottenere la licenza di

trasporto di armi ad un TSN; è una carta di riconoscimento annuale rilasciata dal

Presidente e vidimata dal Questore; autorizza esclusivamente a trasportare al

poligono a cui si è iscritti, o a quelli in cui si vada per gare sociali, armi del tipo

consentito nel poligono, anche se non sportive.

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8. Bibliografia:

- Angelucci A., Documenti inediti, Torino, 1869.

- Bocca L.G., Nove secoli di armi da caccia, Firenze, 1967.

- Cadiou R., Alphonse R., Armi da Fuoco, Milano, Mondadori, 1978.

- Davis W., Gli Uomini della Frontiera , Milano, Idealibri, 1993.

- Davis W., I Pistoleri , Milano, Idealibri, 1993.

- Durdik J., Mudra M., Sada M., Armi da Fuoco Antiche, La Spezia, Fratelli Melita, 1993.

- Giuseppe De Florentiis, Tecnologia delle armi da fuoco portatili, Milano, Hoepli Editore, 1972 (ristampa del 1991).

- Hogg I., Il Grande Libro delle Pistole di Tutto il Mondo, Milano, De Vecchi, 1978.

- Musciarelli L., Storia delle armi da fuoco, Brescia, 1973.

- Peterson H., Armi da Fuoco nei Secoli, Milano, Mondadori, 1964.

- Ricketts H., Armi da Fuoco, Milano, Mursia, 1962.

- Romanini P., Cartucce per armi corte, Editoriale Olimpia, Firenze, 1991.

- Venner D., Revolvers et Pistolets Américains, coll. « L'Univers des armes », Paris, Solar, 1996.

- Wilkinson F., Pistole e Revolver, Milano, Vallardi, 1994.

- Wilson R., Colt: Una Leggenda Americana, Roma, Gremese, 1987.

- Wilson R., La Conquista del West: Armi e Avventure del West Americano, Roma, Gremese, 1987.

- Williams D., T. Lemke, Foye's, Principi di Chimica Farmaceutica, Padova,

2005.

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9. Sitografia

- www.world.guns.ru

- www.bignami.it

- www.earmi.it

- www.poliziadistato.it

- www.carabinieri.it

- www.guardieinformate.net

- www.hunterworld.it

- www.studiobalisticolopez.net

- www.oppizzisagome.it

- www.tsnravenna.com

- www.beretta.it

- www.accademiaditiro.it

- www.fitds.it

- www.interno.it

- www.diamant-sas.it

- www.fikm.it

- www.itdsp.net

- www.fiocchigfl.it

- www.teamberetta.it

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10. Ringraziamenti

Ho voluto fare un capitolo specifico per i ringraziamenti perché senza le persone

che hanno collaborato con me non sarei mai e poi mai riuscito ad affrontare e

trattare le tematiche presenti in questa tesi. Inizio col ringraziare di cuore il TSN

di Ravenna, in particolar modo il Presidente Ivo Angelini, che mi ha dato la

possibilità e i mezzi per poter svolgere i test necessari per lo svolgimento di

questo elaborato, oltre ai disponibilissimi e gentili Nanetti Marco, Ravaglia

Battista, Filipponi Daniele, Gelli Walter, Bargossi Mario, Cortini Dario,

Mambelli Franco, Melone Galdino, Mengozzi Sergio, Zattoni Terzo, Bravetti

Germano, Balbi Franco, Sassi Stefania, Strocchi Fulvio, che con professionalità e

competenze fuori dal comune hanno contribuito in diverse parti della mia tesi.

Altro pilastro di questo progetto è stata la ditta Fiocchi, in particolar modo l’Ing.

Andrea Pomi, che mi ha fornito dati, materiali e documenti essenziali che mai

avrei potuto reperire. Per quanto concerne la parte psicologica, i test, l’analisi e i

confronti, non bastano le parole per esprimere tutta la mia più sincera gratitudine

al Prof. Brighetti Gianni dell’Università di Bologna Facoltà di Psicologia, che

oltre a dimostrarsi interessato alla mia tesi, è stato estremamente disponibile e

gentile durante tutte le fasi del percorso che ha permesso di individuare, cogliere

e studiare dati di altissimo interesse e di individuazione veramente difficile.

Ringrazio per la collaborazione il Dott. Andrea Tassinari, titolare della ditta

Diamant, per avermi fornito testi importantissimi in materia di armi e la Sua

personale Tesi di Laurea presentata nella Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di

Laurea in Storia Contemporanea, intitolata “Le munizioni da caccia e tiro: storia

ed evoluzione”. Altra collaborazione d’eccellenza per lo svolgimento dei test

affrontati in questa tesi è stata l’Associazione Tiro Dinamico Adriatic Shooting

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Club Ravenna, in particolar modo ringrazio il Presidente Enzo Zanardi, tiratore

d’eccellenza, che mi ha dato l’opportunità di sottoporre se stesso e altri membri

del Suo esclusivo Club ai test richiesti. Ringrazio Ricci Antonio, titolare

dell’Armeria Armisport Ravenna, per avermi dato l’enorme possibilità di entrare

in contatto con le maggiori ditte del settore armi e non solo, oltre che per la

pazienza che ha avuto con me nell’insegnamento di nozioni tecniche e pratiche

sulle armi e per il rapporto di sincera amicizia che si è venuto a creare nel corso

dello svolgimento di questo elaborato. Ringrazio inoltre la ditta Oppizzi sagome,

che mi ha fornito, oltre che consigliato opportunamente, le sagome utilizzate per

la ricerca della mia tesi. Ringrazio enormemente l’Istruttore Andrea Antonelli

dell’Accademia Benelli Beretta di Terni, in quanto è stato colui dal quale tutte le

idee di questa tesi hanno preso concretezza e che mi è stato di continuo supporto

per tutte le vicissitudini e problematiche riscontrate in questo arduo percorso.

Ringrazio inoltre per la formazione impartitami e per gli insegnamenti teorici e

pratici i vari istruttori della Federazione Italiana Krav-Maga e altri istruttori di

diverse tecniche di difesa, combattimento e arti marziali internazionali: in

particolar modo Didier Leclinche, Dacid Loiseau, Roberto Rovelli, Cristian

Burde, Marco Magliano, Paolo Colla, Josè Pincay, Alberto Merlo, Ferdinando

Torrano, Savino Pellegrino, Laura Cardone, Alessandro Marchetti, Antonello

D’Agostino, Antonio Risecchi.

Infine ringrazio tutti coloro che pur mantenendo l’anonimato si sono resi

disponibili per la realizzazione dei test (fulcro di questo elaborato) che hanno

costituito l’inequivocabile prova della differenza applicata alla realtà nell’uso

delle armi da fuoco (corte) nelle varie condizioni d’impiego.