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1 ISTITUTO COMPRENSIVO STATALE MONTE SAN VITO ANNO SCOLASTICO 2010/2011 PULCINO di ITALO CALVINO Un bambino gobbetto, che tutti chiamano Pulcino, riesce a salvare se stesso e i suoi sei fratelli dal terribile Nanni-Orco, grazie al suo coraggio e alla sua intelligenza. Docente: Giantomassi Annalisa SCUOLA PRIMARIA “DE AMICIS” CLASSE 2° B MONTE SAN VITO

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ISTITUTO COMPRENSIVO STATALE MONTE SAN VITO

ANNO SCOLASTICO 2010/2011

PULCINO di ITALO CALVINO

Un bambino gobbetto, che tutti chiamano Pulcino, riesce a salvare se stesso e i suoi sei fratelli dal terribile Nanni-Orco, grazie al suo coraggio e alla sua intelligenza.

Docente: Giantomassi Annalisa

SCUOLA PRIMARIA “DE AMICIS” CLASSE 2° B MONTE SAN VITO

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UNITÀ DI LAVORO

Macroconcetto

COSCIENZA DI SPECIE

= RICONOSCIMENTO

di LEGAME

di RESPONSABILITÀ

verso VIVENTI

UMANI E NON UMANI

Mappa Concettuale (micro-concetto)

CORRESPONSABILITÀ

= RELAZIONE

di RECIPROCO AIUTO

per il BENE di TUTTI

Obiettivo Formativo Promuovere un sentimento critico per comprendere l’importanza di aiutarsi vicendevolmente per realizzare il bene di tutti

Fase 0 Obiettivo: rilevare l’ostacolo epistemologico mediante la conversazione clinica..

Cosa fa l’insegnante Cosa fa l’alunno Per introdurre l’argomento chiede agli allievi di mettersi in circle time, spiega la modalità e la funzione di svolgimento della Conversazione Clinica. Pone una serie di domande stimolo: Cosa ti fa venire in mente la parola “responsabilità”? E la parola corresponsabilità? Quando ti senti corresponsabile? Cosa provi? Verso chi ti senti maggiormente corresponsabile? Cosa richiede la corresponsabilità’? Quando cessa la corresponsabilità?

Si dispone in circle time e ascolta. Risponde uno per volta alle domande stimolo. (ALL. A)

Raggruppamento alunni: lavoro con gruppo classe, individuale Metodo: conversazione clinica. Mezzi e strumenti: circle time; risorse umane; registrazione audio; computer per trascrizione

ALL.A 1) Cosa ti fa venire in mente la parola responsabilità? Nicole: Uno responsabile aiuta l'ammalato Nicola: Se un ragazzo fa un incidente sono responsabili i genitori se è minorenne, altrimenti è lui responsabile. Tommaso: Una persona responsabile più importante di quel lavoro Giada: Prendersi cura di una cosa che deve fare Michele: Una persona che fa tutte le cose Manuel: Un bambino va in casa di un altro bambino e la mamma di quest'ultimo è responsabile. Federica: Un bambino tiene con cura una cosa

Alla prima domanda “Cosa ti fa venire in mente la parola responsabilità?” alcuni allievi oscillano tra una versione della responsabilità intesa o come aiuto verso l’ammalato o come il prendersi cura di una cosa. Altri hanno una visione garantista della responsabilità: gli adulti sono responsabili dei minorenni, del lavoro.

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Gaia: Un bambino fa una cosa che non deve fare e da la colpa ad un altro ma è lui il responsabile Giovanni: Uno che sa fare il suo lavoro 2) E la parola corresponsabilità? Nicole: Giocare e andare d'accordo Nicola: Uno che sa fare tutto Tommaso: Uno che corre correttamente Giada: Preparare una festa correttamente Matteo: Essere corretto in un gioco Michele: Uno che deve rispettare le regole della scuola Giovanni: Essere corresponsabile significa rispettare le regole del gioco Riccardo: Rispettare le mamme

Alla seconda domanda “E la parola corresponsabilità?” gli allievi sostengono che il termine corresponsabilità richiama essenzialmente il rispetto delle regole nel gioco, nel preparare una festa, a scuola e verso la mamma.

3) Quando ti senti corresponsabile? Nicole: Quando mi difendo Tatiana: Quando mi importa di una cosa Nicola: Quando un bambino dice una cosa al padre e il padre lo deve fare Tommaso: Quando faccio un cosa corretta Giada: Quando ho una cosa e non la lascio più, la tengo sempre Matteo: Quando uno fa un gioco corretto Michele: Quando sono gentile Gaia: Quando faccio i favori a qualcun altro Giovanni: Quando facciamo i fatti nostri Chiara: Quando faccio una cosa giusta Riccardo: Riccardo

Alla terza domanda “Quando ti senti corresponsabile?” gli allievi elencano una serie di esperienze di vita: si sentono corresponsabili quando si difendono, fanno giochi corretti, quando gli adulti soddisfano un loro desiderio, quando “tengono” a una cosa o fanno i favori a qualcuno.

4) Cosa provi? Nicola: Sono stato bravo e sono contento Tommaso: Felicità Giada: Che sono stata corretta e nessuno mi può rimproverare Michele: Che sono gentile Gaia: Amicizia Giovanni: Nessuno mi rimprovera Chiara: Che sono felice Lorenzo: Quando non so scrivere una parola vado dalla maestra e me lo corregge Simona: Gioco con gli altri

Alla quarta domanda “ Cosa provi?” le risposte degli allievi si alternano tra un sentimento positivo di contentezza, felicità , soddisfazione e ricerca di aiuto da parte della maestra o degli altri nel gioco.

5) Verso chi ti senti maggiormente corresponsabile? Nicole: Verso i nonni Tatiana: Verso la maestra Tommaso: Verso quelli più piccoli Giada: Verso mamma e papà Matteo: Verso Tommaso Michele: Verso i cugini Manuel: Verso le persone Gaia: Verso tutti tranne gli sconosciuti Giovanni: Verso i genitori Riccardo: Verso un amico Noemi: Verso un'amica Simona: Verso i fratelli

Alla quinta domanda “Verso chi ti senti maggiormente corresponsabile?” quasi tutti gli allievi rispondono che si sentono responsabili verso le persone che vivono loro accanto (nonni, maestra, genitori, amici, cugini, fratelli, bambini più piccoli). Qualcuno si sente responsabile verso tutti, ma non verso chi non si conosce.

6) Cosa richiede la corresponsabilità? Alla sesta domanda “Cosa richiede la

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Nicole: Rispettare la legge Tommaso: Un uomo corretto Giada: Essere amici e imparare a rispettare le persone a cui vuoi bene. Matteo: Essere intelligenti Giovanni: Rispettare le persone più grandi Riccardo: Rispettare la natura

corresponsabilità?” gli allievi rispondono che il rispetto della legge, delle persone più grandi cui si vuol bene, della natura, oltre la correttezza e l’intelligenza sono elementi essenziali della corresponsabilità.

7) Quando cessa la corresponsabilità? Nicole: Quando uno butta la cartaccia per terra Tatiana: Quando uno è testardo Nicola: Quando qualcuno ti fa un favore e tu non lo ringrazi Tommaso: Quando uno fa le cose male Giada: Quando uno litiga Matteo: Quando uno è rimbecillito Michele: Quando uno non è più tuo amico Giovanni: Quando uno esce da un gruppo di amici e non ci rientra più Riccardo: Quando uno litiga Lorenzo: Quando uno ti chiede un favore e tu non lo fai

Alla settima domanda “Quando cessa la corresponsabilità?” gli allievi affermano che il buttar cartacce per terra, litigare, non ringraziare, non essere più amici, non fare “favori” sono elementi lontani dalla corresponsabilità.

Analisi della Conversazione Clinica Alla prima domanda “Cosa ti fa venire in mente la parola responsabilità?” alcuni allievi oscillano tra una versione della responsabilità intesa o come aiuto verso l’ammalato o come il prendersi cura di una cosa. Altri hanno una visione garantista della responsabilità: gli adulti sono responsabili dei minorenni, del lavoro. Alla seconda domanda “E la parola corresponsabilità?” gli allievi sostengono che il termine corresponsabilità richiama essenzialmente il rispetto delle regole nel gioco, nel preparare una festa, a scuola e verso la mamma. Alla terza domanda “Quando ti senti corresponsabile?” gli allievi elencano una serie di esperienze di vita: si sentono corresponsabili quando si difendono, fanno giochi corretti, quando gli adulti soddisfano un loro desiderio, quando “tengono” a una cosa o fanno i favori a qualcuno. Alla quarta domanda “ Cosa provi?” le risposte degli allievi si alternano tra un sentimento positivo di contentezza, felicità, soddisfazione e ricerca di aiuto da parte della maestra o degli altri nel gioco. Alla quinta domanda “Verso chi ti senti maggiormente corresponsabile?” quasi tutti gli allievi rispondono che si sentono responsabili verso le persone che vivono loro accanto (nonni, maestra, genitori, amici, cugini, fratelli, bambini più piccoli). Qualcuno si sente responsabile verso tutti, ma non verso chi non si conosce. Alla sesta domanda “Cosa richiede la corresponsabilità?” gli allievi rispondono che il rispetto della legge, delle persone più grandi cui si vuol bene, della natura, oltre la correttezza e l’intelligenza sono elementi essenziali della corresponsabilità. Alla settima domanda “Quando cessa la corresponsabilità?” gli allievi affermano che il buttar cartacce per terra, litigare, non ringraziare, non essere più amici, non fare “favori” sono elementi lontani dalla corresponsabilità.

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Mappa mentale La responsabilità è: aiuto verso l’ammalato prendersi cura di una cosa gli adulti sono responsabili dei minorenni, del lavoro. La corresponsabilità è: rispetto delle regole nel gioco preparare una festa correttamente rispetto delle regole della scuola rispetto verso la mamma Si è corresponsabili quando: ci difendiamo facciamo giochi corretti gli adulti soddisfano un nostro desiderio “teniamo” a una cosa facciamo favori a qualcuno Si prova: contentezza felicità soddisfazione Si è maggiormente corresponsabili verso : i nonni la maestra i genitori gli amici i cugini i fratelli i bambini più piccoli tutti, ma non verso chi non si conosce. La corresponsabilità richiede: il rispetto della legge il rispetto delle persone più grandi cui si vuol bene il rispetto della natura la correttezza l’intelligenza La corresponsabilità cessa quando: si buttano cartacce per terra si litiga non si ringrazia non si è più amici non si fanno “favori”

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Commento alla Conversazione Clinica Le conoscenze spontanee degli allievi confermano nella maggioranza dei casi un concetto di responsabilità abbastanza diffuso e che trova il suo fondamento in un riconoscimento di aiuto verso l’ammalato, o verso chi si reputa superiore per il ruolo che una persona ricopre (genitori). Su questo filo di ragionamento predomina non una dimensione costruttiva del sentimento, ma un senso di dovere per cui si arriva a vedere nell’osservanza delle regole e delle leggi forme di corresponsabilità. E’ sicuramente un elemento importante in un’ottica educativa, ma che non coglie a segno il contenuto del concetto espresso nella mappa concettuale. Emergono atteggiamenti che negano la relazione con l’altro (sono corresponsabile quando mi difendo) Occorre allargare il significato del termine e motivare gli allievi a forme positive di relazione che si basa sull’amicizia, sulla cura dell’altro come atto di amore e di reciproca attenzione e aiuto. Le fiabe di “Pulcino” e di “Hansel e Gretel”meritano di essere interpretate in tal senso. L’’itinerario didattico ha la finalità di aprire negli allievi la coscienza di una corresponsabilità da intendersi come recupero di valori quali la mutualità, la condivisione, la sensibilità a sentirsi legato a tutti i viventi, per cui il bene dell’altro coincide con il mio stesso bene. La valenza affermativa della corresponsabilità non è riservata solo al legame familiare, ai cugini o agli amici di svago, ma anche ai compagni di altre culture e nazioni così da sollecitare in loro la consapevolezza di appartenere tutti ad una unica specie in quanto tutti creature di una unica “terra – patria” secondo gli orientamenti di una educazione sentimentale volta a favorire una cittadinanza cosmopolita. Matrice cognitiva (ciò che sanno).

- La responsabilità è aiuto verso l’ammalato, prendersi cura di una cosa - La corresponsabilità è rispettare le regole nel gioco, a scuola, avere rispetto per la

mamma - La corresponsabilità fa provare contentezza, felicità, soddisfazione - Si è responsabili verso i familiari, gli amici, ma non verso chi non si conosce - La corresponsabilità cessa quando si litiga.

Compito di apprendimento (ciò che non sanno):

- La corresponsabilità è basata sulla relazione, condivisione, comprensione e sul reciproco aiuto

- La corresponsabilità va rivolta a tutti incondizionatamente

RETE CONCETTUALE

CORRESPONSABILITA’ =

RELAZIONE RECIPROCA alimentata da condivisione e mutualità

per STAR BENE TUTTI

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Fase 1 Obiettivo: sperimentare una forma di aiuto reciproco in classe.

Cosa fa l’insegnante Cosa fa l’alunno Invita gli allievi a mettersi in cerchio e presenta il gioco “La tela di ragno” (All. A) Chiede alle coppie di riflettere sulle sensazioni che si provano nell’offrire un aiuto o nell’esprimere un bisogno. Qual era il compito assegnato? Come ti sei sentito durante il gioco? Qual era il problema da affrontare? Come l’avete affrontato? Trascorso il periodo di sperimentazione stabilito, sollecita a riferire quanto avvenuto e pone alcune domande stimolo: Come si è affrontata la responsabilità assegnata? Cosa è stato necessario per arrivare alla conclusione? Da cosa è dipeso il successo o l ‘insuccesso del compito assegnato? Cosa vuol dire essere “responsabili di qualcosa”? Che cosa richiede la risoluzione di un problema che riguarda tutta la classe?

Si mette in cerchio e ascolta la spiegazione. Gioca con il gruppo classe ed esprime le sue sensazioni ed espressioni. (All. B) Scrive il proprio nome accanto a quello del compagno e la responsabilità che si è assunto. Riflette su quanto avvenuto, sul grado di responsabilità assunta nell’affrontare il compito e la ripercussione che questa sperimentazione ha sull’intera classe. (ALL. C)

Raggruppamento alunni: lavoro con gruppo classe, individuale, a coppie Metodo: ludico – partecipativo Mezzi e strumenti: gioco “La tela del ragno”

All. A “La tela di ragno” Materiali: gomitoli di lana colorata stanza vuota I bambini si mettono in cerchio e metà di loro prendono un gomitolo. Il bambino con il gomitolo tira un filo ad uno senza gomitolo e così fanno uno alla volta tutti gli altri con ordine per rendere possibile la costruzione di una tela di ragno colorata. Successivamente ciascun membro della coppia collegata dal vincolo del filo di lana esprime, in base alle proprie caratteristiche, sia un bisogno sia un’offerta di aiuto in base alle sue risorse (ad esempio un bambino con difficoltà in matematica esprime il bisogno di essere aiutato a risolvere le divisioni, mentre può aiutare un altro bambino a disegnare dove lui eccelle). Le coppie che riescono ad incrociare offerte di aiuto e bisogno escono dalla tela, le altre restano. All’ordine dell’insegnante si ricostruisce la tela di ragno e si ripete con i bambini restanti il gioco e così via fino a quando ciascun bambino non avrà trovato il suo compagno ideale. Alla fine del gioco si stabiliscono in classe per un mese o quindici giorni, le corresponsabilità di coppia da realizzare.

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All. B GIOCO “LA TELA DEL RAGNO”

All. C

Per risolvere un problema occorre lavorare insieme con impegno. Bisogna avere rispetto delle idee degli altri. Occorre anche ragionare e condividere il

lavoro.

La responsabilità deve essere reciproca.

Io sono stato responsabile del lavoro insieme con

Andrea

Ero più consapevole di ciò che facevo, dovevo rispondere del mio lavoro verso il compagno.

Sono stato molto impegnato! L’aiuto è stato reciproco!

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Fase 2 Obiettivo: comprendere l’importanza della responsabilità. Cosa fa l’insegnante Cosa fa l’alunno

Presenta la favola di Italo Calvino “Pulcino” (origine Terra d’Otranto) e la legge Ad ogni sequenza significativa si interrompe ed apre una discussione (All. A) Consegna la fotocopia della fiaba chiede di individuare i luoghi, i personaggi, gli oggetti e i sentimenti dei personaggi nelle diverse situazioni e completare lo schema. (All. B)

Ascolta, partecipa alla discussione, esprime il proprio parere ed ascolta quello degli altri. Analizza la fiaba secondo quanto richiesto e completa lo schema.

Raggruppamento alunni: lavoro con gruppo classe, individuale. Metodo: lettura, discussione orientata, analisi della favola. Mezzi e strumenti: testo; schema; quaderno

All. A “PULCINO” di Italo Calvino

I SEQUENZA C'erano un marito e una moglie con sette bambini. Il padre era contadino e siccome c'era una gran carestia, morivano di fame. La notte, mentre i bambini dormivano, babbo e mamma non potevano prender sonno. Disse il babbo: - Moglie mia, questa non è una vita che si possa sop-portare: mi sento torcere il cuore al vedere i nostri poveri piccini che muoiono di fame. - -Proprio così, -disse la moglie, - cosa possiamo fare? -Domani, -disse l'uomo, -andando nel bosco li porto con me e ce li lascio. È meglio averli persi tutti a un tratto, piuttosto che vederceli scolare come candele. - Ssst! -disse la moglie. - Che non ci sentano. - Non aver paura: dormono tutti. Invece il più piccolo dei sette bambini, che era gobbetto, e lo chiamavano il Pulcino, non dormiva, e aveva sentito tutti i discorsi. Chi sono i protagonisti della fiaba? Che mestiere faceva il babbo? Cosa mancava a quella famiglia? Cosa pensarono di fare? Chi sente i loro discorsi? II SEQUENZA Quando al mattino s'alzarono, la mamma li chiamò, li rassettò ben bene, li baciò piangendo e disse: - Su da bravi, andate col vostro babbo. Andarono, e il Pulcino, strada facendo, quante pietruzze bianche trovava, se le metteva in tasca. Lasciata la strada, entrarono nel bosco e il Pulcino, che sapeva cosa il padre aveva in testa, a ogni passo seminava una pietruzza bianca per segnare la via. Nel cuore del bosco il babbo s'allontanò e li lasciò soli. Venne la notte e i sette bambini gridavano e piangevano. Disse il Pulcino: - Di che avete paura, sciocchi? Ora vi trovo io la strada e andremo a casa. - Sì, sì, fratellino, - dissero gli altri, - come facciamo? - Venite con me, - e prese a seguire le pietruzze bianche per il bosco. Cominciava a far giorno quando arrivarono a casa più morti che vivi. -Figli miei! - disse la mamma che a rivederli si sentì allargare il cuore, - come avete fatto a ritrovar la strada? - Il Pulcino ci ha insegnato la strada, - dissero i fratelli più grandi. Cosa successe il mattino seguente? Cosa fece Pulcino? Cosa fecero i bambini nel bosco? Come reagì Pulcino? Di chi sentiva la responsabilità? Come li accolse la mamma?

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III SEQUENZA I bambini restarono a casa, ma dopo un po' visto che la carestia continuava, il babbo decise di portarli di nuovo nel bosco. La mamma vendette tutto quel che restava in casa per comprare sette filoni di pane, e la mattina diede un filone di pane e un bacio a ciascuno e li mandò nel bosco col padre. Il padre stavolta si mise dietro al Pulcino, per sorvegliare che non buttasse pietruzze bianche. Ma il Pulcino, invece di mangiare il suo filone di pane lo sbriciolò tutto in tasca e nel bosco seminava un po' di briciole a ogni passo. Quando rimasero soli di nuovo e venne notte, i fratelli piangevano, ma il Pulcino disse: - Non abbiate paura, ritorniamo a casa anche stavolta - E si mise a cercare le briciole di pane. Ma un po' le formiche, un po' gli uccelli s'erano portate via tutte le briciole e il Pulcino non trovò più la strada. I fratelli si misero a piangere di nuovo. -Aspettate, - disse il Pulcino e s'arrampicò come un topo sull'albero più alto. Vide un lumino lontano.

- Ecco, dobbiamo andare là. Cosa successe dopo un po’ di tempo che i bambini erano a casa? Cosa diede la mamma ad ognuno? Cosa fece il babbo durante il cammino? Cosa fece Pulcino? Perché non riuscì a ricondurre a casa i suoi fratelli? Che cosa suggerì ai fratelli? IV SEQUENZA Cammina cammina, arrivarono a una casa. Bussarono e uscì Nanna-Orca coi capelli come spaghi, coi denti come cavatappi, con un paio d'occhi come lanterne, che pareva ancora più orca di quel che era. Disse: - Uh, bambini miei, dove andate di bello a quest' ora? - Signora, - disse il Pulcino, -abbiamo perso la strada, abbiamo visto luce e siamo venuti qui. Disse Nanna-Orca: - Uh, bambini miei, ora mi tocca nascondervi, perché quando viene Nanni-Orco, vi mangia in un boccone. È vero che gli ho arrostito una pecora, e da togliersi l'appetito ne ha. Se ve ne state quieti quieti io vi metto a letto coi miei figli, che ne ho giusto sette come voi. Rincasò Nanni-Orco, e cominciò a fare: - Uhm! Uhm! Qui sento odore di carne umana. - Ehi, sempre la stessa storia! - disse sua moglie, mettiti qui a mangiare che t'ho arrostito una bella pecora. Occupati degli affari tuoi e non toccare le povere creature: sono venuti sette fratellini che avevano perso la strada e io li ho accolti in casa perché anche noi abbiamo sette bambini e non vorremmo che gli facessero del male. - Be', dammi questa pecora, - disse Nanni-Orco, - che sono stanco e voglio andarmene a letto presto. I sette figli di Nanni-Orco quando erano a letto tenevano una corona di fiori in testa. Dormivano in un grande letto e Nanna-Orca dalla parte dei piedi fece coricare Pulcino e i suoi fratelli. Appena se ne fu andata, Pulcino si domandò: «Perché hanno quella corona in testa? Qui c'è sotto qualcosa». E tolse le corone ai figli di Nanni-Orco addormentati e le mise in testa ai fratelli e in testa sua. Aveva appena terminato questa faccenda, quando Nanni-Orco entrò in punta di piedi, s'accostò al letto, e siccome era buio, cominciò a tastare. Tastò Pulcino e i suoi fratelli sulla testa e quando sentì che avevano le corone di fiori li lasciò stare; cominciò a tastare i suoi figli a uno a uno, e assicuratosi che non avevano corone in testa, se li mangiò. Pulcino lì nel buio tremava tutto. Nanni-Orco inghiottì l'ultimo figlio, si leccò i baffi e disse: - Be', adesso venga pure mia moglie con la sua carità pelosa: io ormai me li son mangiati, e se ne andò. Pulcino subito svegliò i fratelli: - Presto, scappiamo via di qui-. Aprirono pian piano la finestra e si calarono giù. Corsero e corsero nel bosco finché non trovarono una grotta e si nascosero. Cosa disse Nanna – Orca quando vide Pulcino e i fratelli? Dove li nascose? Cosa disse Nanni – Orco quando arrivò a casa? Cosa successe nella notte? Come Pulcino riuscì a salvare se stesso e i suoi fratelli?

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V SEQUENZA Quando al mattino Nanna-Orca s'alzò, non trovò più i sette figli né i sette bambini smarriti e dalle tracce sul letto capì cos' era accaduto, cominciò a strapparsi i capelli e a gridare: - Mostro! Assassino! Vieni a vedere cos'hai fatto! - Accorse Nanni-Orco tutto sbalordito: - Come? I nostri non avevano le corone di fiori in testa? Come può essere successo? Dammi i miei stivaloni che fanno cento miglia all'ora, che voglio trovare quei birbanti e mangiarli senza pane né sale -. Si mise gli stivali e girò tutto il mondo sopra e sotto. Ma non c'era verso di trovarli perché erano nascosti nella grotta. Stanco morto di girare con gli stivali, Nanni-Orco cascò lungo disteso addormentato ed era proprio a un passo dalla grotta dov' erano nascosti i sette fratelli. E russava che faceva tremare la grotta. Pulcino, che usciva sempre a cercare roba da mangiare se lo trovò là lungo e disteso. Chiamò i fratelli: - Presto! Chi più può più dia: uccidiamolo! -Presero ognuno il coltello che aveva per tagliare il pane, e sette coltellate qua, sette coltellate là, lo ridussero come un colabrodo. Quando furono sicuri d'averlo ucciso, gli sfilarono gli stivali dai piedi e ci si misero dentro tutti e sette, e via a casa della Nanna-Orca. -Nanna, - le dissero, - ci manda Nanni, a dirvi che l'hanno preso i ladri e che se non gli date tutti i quattrini che ha, lo uccidono. Ecco, per contrassegno, ci ha dati i suoi stivali. Nanna-Orca prese tutte le monete, gli ori e i brillanti e li diede ai sette fratelli. - Sì, ragazzi miei, andate, liberatelo. Cosa fece Nanna – Orca al mattino? E Nanni – Orco? Dove si erano nascosti Pulcino e i fratelli? Cosa fece Nanni – Orco? Come si comportarono Pulcino e i fratelli? Cosa facero? VI SEQUENZA I sette fratelli con un passo degli stivaloni arrivarono a casa del loro babbo e della loro mamma e li fecero ricchi. Pulcino se ne andò a Napoli e con quegli stivaloni che facevano cento miglia all'ora si mise a fare il corriere perché a quei tempi non c'era il vapore. Così il gobbetto arricchì casa sua e lui fu felice e contento.

All. B Schema di analisi realizzato da ogni alunno:

Luoghi Personaggi Oggetti Sentimenti

Bosco Babbo di Pulcino e

fratelli

Pietruzze Disperazione

Strada Mamma di Pulcino e fratelli

Filoni di pane Paura di Pulcino nel sentire i discorsi dei genitori

Casa di Pulcino Fratelli di Pulcino Briciole Sicurezza nel ritrovare la strada di casa

Albero Pulcino Lumino Gioia della mamma nel rivederli

Casa dell’Orco Formiche Letto Paura dei fratelli soli nel bosco

Grotta Uccelli Corona Speranza di Pulcino di ritrovare le briciole

Napoli Nanna-Orca Stivaloni Terrore di Pulcino quando l’Orco mangia i suoi figli

Nanni-Orco Coltello Disperazione di Nanna-Orca

Figli dell’Orca Quattrini Rabbia di Nanni-Orco

Monete, ori, brillanti

Felicità e contentezza di Pulcino per aver arricchito la sua famiglia

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Fase 3 Obiettivo: approfondire l’importanza della corresponsabilità. Cosa fa l’insegnante Cosa fa l’alunno

Legge la favola dei fratelli Grimm “Hansel e Gretel” (All.A) Alla fine della lettura apre una discussione orientata e chiede agli allievi di esporre le risposte: Quando Gretel ha provato sentimenti di responsabilità? Verso chi? Chi cercava di aiutare Hansel? Come si è trasformata la loro vita? Come mai? Consegna agli alunni dei disegni da colorare, rimetterli in successione cronologica e scrivere un breve testo (All. B)

Ascolta Espone le proprie idee, ascolta quelle dei compagni, corregge, rettifica, ed arricchisce le proprie. Colora i disegni, li riordina e vicino ad ognuno scrive un breve testo. (ALL C)

Raggruppamento alunni: lavoro con gruppo classe, individuale. Metodo: lettura; discussione orientata; suddivisione fiaba in sequenze. Mezzi e strumenti: testo; quaderno

All. A Hansel e Gretel (fratelli Grimm)

Nella periferia di un piccolo villaggio, al limite del bosco, viveva una famiglia di taglialegna composta dai genitori e da due figli: Hansel e Gretel. I bambini vivevano felici a contatto con la natura che li circondava. Il loro lavoro preferito era quello di raccogliere i frutti del bosco. Una sera, mentre stavano per rincasare, dopo aver giocato nel centro del bosco, udirono un lontano suono simile al pianto di un bambino.

- È il pianto di un neonato… - Esclamò Gretel. - Cerchiamolo- Disse Hansel. Penetrarono tra gli alberi, nella direzione dalla quale proveniva il lamento. Nel frattempo si stava facendo buio e tutto diventava grigio. - Torniamo, ho una paura tremenda! - Disse Gretel. - Sei una codarda e una fifona! - Replicò spavaldamente Hansel. - Tua sorella ha ragione, Hansel. È da stupidi girare per il bosco a quest'ora, quindi è meglio che torniate indietro! I bambini ebbero un sobbalzo. Chi aveva parlato? - Sono io, sono qui… Siete forse ciechi? Hansel fu il primo a vederlo: - Un corvo che parla? - Disse. - In realtà -Rispose il corvo - io sono un nano dalla barba bianca che ha subìto un incantesimo. È stata una strega e il suo maleficio continuerà fino alla sua morte. - Hai sentito il pianto di un bambino? -Chiese Gretel. - State tranquilli, avete udito me. - Sei tu?!- Rise Hansel - Non dire fesserie! Tu hai la voce come quella del vecchio Snipe, l'ubriacone del villaggio: cavernosa.

Il corvo stava per rispondere loro quando intervenne Gretel: - Non essere maleducato, Hansel! Capisco quello che ti è successo, nanetto, e se potessi ti aiuterei. - Sei molto buona, piccola. Non sei certo come quel discolo di tuo fratello. Vi confiderò un segreto… Se andate più avanti, troverete una casetta di cioccolata! - Una casa di cioccolata - Intervenne Hansel, che era molto goloso. -Dove, dove? - Pochi passi ancora e ci sarete. - Non sarà un trucco per farci del male? - Presto la potrete vedere. È tutta colorata, piena di caramelle sulle pareti e sul tetto. È fatta di cioccolato, di torrone e marzapane…! È una delizia! Dentro troverete tutti i tipi di dolci. - E potremo mangiarli? - Chiese ancora Hansel.

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- Certo - Rispose il corvo. - Basta volerlo,seguitemi! I bambini non se lo fecero ripetere due volte e, come l'uccello gli aveva detto, in una radura del bosco incontrarono… - Che meraviglia! - Esclamò Gretel. - C'è veramente! Pancia mia fatti capanna! - Disse entusiasta, Hansel. La realtà superava la fantasia. Al fianco della porta c'erano dei bastoni di zucchero. Le pietre del sentiero erano caramelle di tutti i gusti: mente, limone, banana, pino… Quando si avvicinarono alla casa si aprì la porta e una donna, vecchia e sdentata, li incoraggiò. - Avanti, entrate figlioli, siete giunti in tempo. Ho appena finito di fare questa torta che dice: "Mangiami!" Volete assaggiarla? - Certamente! - Disse Hansel, più deciso, come sempre, di sua sorella. I due bambini cominciarono a mangiare tutto quello che la donna gli portava. Poi, una volta sazi, decisero di andarsene. - Grazie, buona signora. Non ne possiamo più di mangiare, torneremo a trovarla un'altra volta. È stata molto buona con noi. - Disse Hansel. - Il bosco è già buio, fermatevi a dormire qui. Domani sarà un altro giorno. -Disse la vecchia. - Lo faremmo volentieri. - Replicò Hansel. - Ma i nostri genitori ci stanno aspettando… Se il nanett… Il signorcorvo, ci farà da guida, non tarderemo a tornare a casa. - Niente affatto. - Disse il corvo. - Ho troppo sonno. - Allora ce ne andiamo da soli. - Disse Hansel. - Andiamo, sorella mia. La padrona di casa cessò improvvisamente di sorridere e, infuriata,gridò: - Fermo dove sei, ragazzino! Voi non tornerete dai vostri genitori, né ora né mai più! Come mi piacciono i fanciulli teneri e grassottelli! Il corvo, appollaiato sulla spalla della vecchia strega, gridava: - Arrostiti, con le patatine, saranno una delizia! Ti consiglio una ricetta di mia nonna: si mettono le cipolle, alloro e rosmarino, in una pentola e poi… Hansel e Gretel, terrorizzati, ascoltavano increduli la ricetta dello stufato del corvo, di cui loro erano ingredienti principali.

Tremanti di paura dissero: - Come siamo stati stupidi a cadere in questa trappola! Hansel per consolare la sorella disse: - Non temere ci salveremo! La brutta strega, che aveva sentito tutto, ridendo disse: - Hai sentito, corvo? Dicono che se ne andranno da qui! - Certo, - rispose il corvo - con le ossa linde e pulite! Ho voglia di mangiarmeli subito, li mangiamo adesso? - no, golosone,aspetteremo che ingrassino un po' ancora. Il bimbo è magro e alla bambina un paio di chili in più non guasteranno… Una buona razione di dolci al giorno li farà diventare come li desideriamo! Prese Hansel per le bretelle e disse: - In cella finché non ingrassi. E non opporre resistenza! Gli sforzi del piccolo risultarono inutili. Fu buttato in una stanza senza finestre che comunicava con un'altra cella da dove Hansel poteva vedere la sorella. Allora disse: - Non dobbiamo disperarci, Gretel, fatti coraggio! -Oh, Hansel, ci vogliono mangiare! - Per il momento siamo ancora vivi… Ora, però, ascoltami bene: la vecchia è corta di vista. L'ho capito perché guarda come quel contadino del paese che non riconosce un asino da dieci passi! Spiegò tutto il suo piano e concluse: - Non ti opporre, fa quello che ti chiedono. Dobbiamo guadagnare tempo. Il bambino era orgoglioso del suo piano e guardava soddisfatto il topolino che aveva assistito al dialogo dei due fratelli. Ma la situazione era disperata. Hansel lo sapeva. Si guardava intorno alla ricerca di una possibile via di fuga; ma invano, la cella era solida, a prova di fuga. Il trucco che aveva ideato avrebbe funzionato per un po' di tempo, ma poi? Certamente la strega si sarebbe accorta dell'inganno e… Tremò di paura e fu colto dallo sconforto. Però non si

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dette per vinto. Chiamò sua sorella attraverso le sbarre per tracciare un secondo piano d'azione, l'unico possibile. Ella ascoltò le parole del fratello. Voleva credere in una possibilità di salvezza, per quanto improbabile fosse. Il giorno seguente, la strega si avvicinò alla cella della bambina e le disse: - Tira fuori un dito, Gretel, che voglio vedere se sei ingrassata. Come prevedeva il piano di Hansel, la piccina fece passare attraverso le sbarre, un ossicino di pollo, avanzato la sera prima.

La strega palpando, senza accorgersi dell'inganno,pensò: << Gli dovrò dare più cibo, è ancora molto magra.>> La stessa cosa successe con il bambino. Il giorno seguente si ripeté la stessa scena e allora Gretel disse alla strega: - Visto che dovrò rimanere qui per tanto tempo perché non mi fai uscire? Potrei aiutarti nelle faccende domestiche, finché non ti deciderai a mangiarmi. La vecchia strega rimase pensierosa per alcuni momenti, poi si decise e disse: - Mi sembra una buona idea, ma bada, se cerchi di fuggire mi mangio subito tuo fratello! Però nel vedere la bimba girare per casa, la strega,che era molto golosa, decise che se la sarebbe mangiata per cena. Gretel intuì la cosa e in fretta cercò la chiave della cella, la aprì e liberò Hansel. - Cosa facciamo adesso? - Aspetta, bisogna riflettere. - Disse Hansel guardandosi attorno. Poi vide il corvo appollaiato sul manico del mestolo, sopra al pentolone che bolliva, ed ebbe un'idea. In quel momento, infatti, la strega si trovava china sul pentolone, tutta intenta nei preparativi dell'ambita cena. Fu proprio allora che Hansel, ricordando quello che il corvo gli aveva confidato nel bosco in relazione al maleficio di cui era vittima, gridò: - Corvo, uccidi la strega! L'uccello, che non aspettava che questa occasione, balzò sulla strega e le diede una tremenda beccata sulla testa, facendola finire nel pentolone. Poi si rivolse ai due fratelli e disse: - Fuggite! Hansel e Gretel, non se lo fecero ripetere, fuggirono a gambe levate e non tornarono mai più in quella parte del bosco.

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All. B

All. C

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Fase 4 Obiettivo: consolidare le conoscenze acquisite.

Cosa fa l’insegnante Cosa fa l’alunno Invita a leggere il racconto “La storia di Lumina” (all. A) e a rispondere a delle domande. (All. B) Consegna ad ogni alunno uno schema in cui sono rappresentate alcune frasi della storia ed invita gli allievi a riordinarle in successione (All. C) Invita a riflettere sulla propria esperienza e aiutato da queste domande ad elaborare un breve testo. Ti è mai capitato di incontrare qualche bambino in difficoltà? Tu cosa hai fatto? Come ti sei comportato? Racconta

Legge la storia, risponde alle domande. Socializza le risposte con i compagni di classe, le corregge e/o le approfondisce. Rielabora le sequenze della storia e numera le frasi in ordine di successione. Ripensa alle sue esperienze personali ed elabora il testo che socializza con i compagni e l’insegnante.

Raggruppamento alunni: lavoro con il gruppo classe, individuale. Metodo: lettura di un racconto, rielaborazione del racconto attraverso quesiti, elaborazione di un testo, meta cognizione. Mezzi e strumenti: testo, quaderno, cartellone.

ALL.A

LA STORIA DI LUMINA. Lumina veniva da molto, molto lontano. Da molto tempo, ormai, era sola al mondo. Tutto quello che possedeva era una piccola lanterna che le aveva regalato la mamma. Lumina amava la sua lanterna più di ogni altra cosa e la teneva con gran cura; aveva, in cambio, luce nel buio della notte e un po’ di tepore nel gelo dell’inverno. Lumina girovagava di paese in paese, ma la gente non le permetteva di fermarsi in nessun luogo. Così, vagando senza sosta per trovare un cantuccio dove passare la notte, Lumina finì in un bosco. Un vento gelido scuoteva i rami e faceva vacillare il lume della sua lanterna. “Oh, speriamo che il vento non la spenga!” pensò Lumina, cercando di ripararla col suo cappotto. Ma il vento, crudele, spense la lanterna. Improvvisamente Lumina udì dei rumori. Delle ombre scure fra gli alberi si stavano avvicinando. Lupi! Lumina restò immobile. Era troppo tardi per scappare. Il lupo più grosso, il capo del branco, si avvicinò guardingo fino a lei. Annusò Lumina. Poi si voltò e corse via nel folto del bosco. Gli altri lupi lo seguirono. Lumina scoppiò a piangere. Quando si asciugò le lacrime e alzò gli occhi, vide un vecchio gufo appollaiato su un ramo. L’uccello volò giù, posandosi ai piedi di Lumina. I suoi occhi profondi e saggi brillavano: l’invitavano a seguirlo. Il vecchio gufo guidò Lumina attraverso il bosco. Ad un tratto Lumina vide una luce . era un ragazzo con una lanterna. Corse verso il ragazzo. - Posso avere un po’ di luce? – domandò. Il ragazzo rispose: - Mi dispiace, ma non posso darti la mia lanterna. Ho solo questa. Lumina lo rassicurò: - Non voglio la tua lanterna, ho già la mia. Tui voglio solo chiedere di accendermela. Il ragazzo accostò la fiamma allo stoppino della lanterna di Lumina. Adesso tutte e due ardevano, forti e sicure. Il ragazzo guardò la propria lanterna: ora pareva brillare più luminosa e bella di prima. - Non dovresti star fuori da sola con questo freddo – disse il ragazzo. – Vieni a casa da noi. In quella casa Lumina trovò tutto il calore di una famiglia e, grazie a lei, loro scoprirono la luce che portavano in fondo al cuore.

B. Weninger “Lumina” Nord – Sud

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All. B

• Da dove veniva Lumina? • Quale era la situazione di Lumina? • Cosa era l'unica cosa che possedeva Lumina? • Perchè Lumina la teneva con gran cura? • Come viveva Lumina? • Perchè, secondo te, la gente del paese non le permetteva di fermarsi? • Dove finì Lumina? • Chi erano le ombre scure che si stavano avvicinando? • Quale animale aiutò Lumina? • Chi incontrò Lumina? • Cosa trovò Lumina alla fine della storia? • Cosa scoprirono le persone che accolsero Lumina?

ALL. C

NUMERA LE SEQUENZE DELLA STORIA Un gufo invitò Lumina a seguirlo

Lumina finì in un bosco

Lumina era sola e veniva da molto lontano, aveva solo una lanterna

Il ragazzo accostò la sua lanterna a quella di Lumina per accenderla

Il ragazzo invita Lumina a casa della sua famiglia

Lumina girovagava di paese in paese

Lumina incontrò un ragazzo

Alcuni lupi si avvicinarono

Fase 5 Obiettivo Ripercorrere l’itinerario didattico e costruire una mappa sulla corresponsabilità

Cosa fa l’insegnante Cosa fa l’alunno

Invita a ripercorrere l’itinerario dell’Unità di lavoro. Chiede di elaborare con il gruppo classe un cartellone sul concetto di corresponsabilità servendosi delle parole chiave ritrovate nei testi.

Riesamina, con l’aiuto della classe, le conoscenze. Elabora con il gruppo classe il cartellone finale. (All. A)

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All. A

SI BASA SU

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