Ist. Di Diritto Romano PUGLIESE

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24. Gli elenchi delle fonti di produzione del diritto nel periodo preclassico e classico Papiniano distingue le fonti del ius civile da quelle del ius praetorium, precisando che il primo quello che deriva da leggi, plebisciti e autorit dei giuristi, mentre il secondo quello che i pretori introdussero per rafforzare, supplire o correggere il ius civile. I due elenchi sono praticamente uguali, poich entrambi mettono al primo posto le leggi comiziali distinguendole formalmente dai plebisciti, e non menzionano n i mores, n la consuetudine. Sono quindi elenchi rigorosi ma non esaurienti. 25. La consuetudine Tra il termine antico, mos o mores, e il pi recente consuetudo, pu vedersi essenzialmente questa differenza: che in mores-mos esiste una componente religiosa, la quale sembra invece mancare in consuetudo. La consuetudine fu in pratica il supporto dellefficacia generalizzata dellinterpretatio, specie quando essa non fu pi opera dei pontefici. 26. Leggi e plebisciti. Rinvio La menzione di leggi e plebisciti viene fatta qui solo per memoria, poich il tema stato gi trattato (23). 27. I senatoconsulti Durante la repubblica e quindi nel sottoperiodo preclassico il senato guidava lopera di governo dei magistrati e i suoi provvedimenti, senatoconsulti, erano

formalmente pareri rivolti ai magistrati. Alle norme relative ai senatoconsulti non veniva per riconosciuta efficacia pari a quella delle leggi. Col principato i senatoconsulti ebbero ancora forma di pareri, ma rivolti al pretore, che vi si conform nelle proprie pronunzie processuali. In seguito i senatoconsulti assunsero un contenuto nettamente normativo, tanto da divenire i principali atti normativi. I senatoconsulti erano deliberati dallassemblea del senato su proposta di un magistrato o di un principe. Durante il II secolo la proposta del principe, che avveniva tramite un discorso in senato (oratio), fin col divenire esclusiva e venne menzionata dai giuristi come il vero atto normativo, al posto del senatoconsulto, poich lapprovazione del senato era ritenuta ormai una mera formalit. Ci consacr la completa sottomissione del senato al principe e laccentramento dellintero potere di creare diritto nelle sue mani. 28. Le costituzioni imperiali Augusto si era proclamato restauratore della repubblica, ma ci non gli imped di emanare edicta con contenuto normativo, prevalentemente indirizzati a popolazioni provinciali, anzich a Roma e allItalia. Gli edicta non furono gli unici atti con cui i principi crearono diritto. Il loro insieme definito constitutiones ed composto, oltre che dagli edicta, da sentenze, risoluzioni di questioni giuridiche sottoposte da magistrati (epistulae) o privati (rescripta), e ordini e direttive impartiti dal principe ai governatori

provinciali (mandata). 29. La giurisprudenza La giurisprudenza prese origine da quei giuristi laici che nel III sec. a.C. si affiancarono ai pontefici e man mano li sostituirono nellinterpretatio delle XII tavole. Finch la giurisprudenza era monopolio del collegio dei pontefici, il valore giuridico della sua interpretatio non era dubbio. Quando invece cominciarono ad esservi giuristi laici la loro interpretatio ebbe carattere etico-politico. In pratica se le loro interpretazioni erano concordi venivano facilmente accettate, mentre se erano discordi venivano accettate dai giudici e tradotte in diritto vigente le interpretazioni sostenute dai giuristi di maggior prestigio. 30. Gli editti dei pretori e degli altri magistrati Gli editti sono atti di natura giurisdizionale e quindi fonti che, sotto il profilo storico-giuridico, sono forse da ritenersi le pi importanti. Nel 242 a.C. fu istituito il pretore peregrino per amministrare giustizia in controversie di cui almeno un peregrino fosse parte. In queste controversie non si poteva ricorrere alla procedura per legis actiones e non si potevano applicare norme e criteri delle XII tavole. Cos il pretore peregrino istitu una nuova procedura in base ai quali lorgano giudicante pot pronunziarsi in situazioni diverse da quelle previste dalle XII tavole. Anche il pretore urbano fu indotto a cercare di soddisfare nuove esigenze dei cittadini romani con lintroduzione di una nuova procedura fondata su una

formula adattabile ai singoli casi. I provvedimenti dei pretori riguardavano un singolo caso e una singola controversia e non avrebbero impedito ai medesimi pretori di provvedere in modo diverso in successive controversie della medesima specie. I pretori ritennero cos necessario lemanazione di editti, tramite comunicazioni al popolo, in cui promettevano a chi chiedeva la loro tutela (attore) di autorizzare un processo nei confronti dellavversario (convenuto) sulla base di una certa formula. Gli editti rimanevano in regola in vigore per lintero anno di carica dei pretori e in questo senso venivano chiamati perpetui, in contrapposto agli editti, emanati per qualche emergenza improvvisa e temporanea, chiamati repentina. 31. Lelenco delle fonti nel periodo postclassico e giustinianeo Nel periodo postclassico e giustinianeo si verific in misura macroscopica il normale fenomeno del sopravvivere del diritto dellepoca precedente. Questo diritto constava, oltre che della consuetudine, delle costituzioni imperiali in vigore e degli scritti dei giuristi classici, riguardanti leggi o plebisciti, costituzioni, senatoconsulti e editti. 32. La consuetudine La consuetudine fu definita da Giustiniano come costumi a lungo seguiti e convalidati dal consenso di chi li pratica. Lo stesso Giustiniano si occupa in un apposito titolo del suo codice, oltre che del riconoscimento della consuetudine come fonte, della

determinazione dei suoi limiti. Secondo una costituzione di Costantino, la consuetudine non vale se contrasta con la legge. Potevano esservi consuetudini tanto generali (operanti in tutto limpero o in una delle sue parti) che locali (operanti in una provincia o regione o citt), ma la loro autorit meglio si esplicava in ambito locale e nel colmare lacune del diritto scritto. 33. Le costituzioni imperiali postclassiche, i Codices e le Novellae Le costituzioni imperiali erano ormai gli unici atti autoritativi compresi tra le fonti del diritto. Tra esse si vennero distinguendo le costituzioni generales, abilitate a creare diritto, e le costituzioni speciales, in massima abilitate soltanto ad applicare il diritto vigente. Nel secondo gruppo vennero classificati i rescripta e le epistulae, ossia le soluzioni imperiali di questioni prospettate da un magistrato o un funzionario imperiale. La divisione dellimpero in parte orientale e occidentale non intacc il principio della validit delle costituzioni generali in tutto limpero, ma rese necessarie per la loro reale efficacia la trasmissione della singola costituzione dallimperatore della parte in cui veniva emanata a quello dellaltra parte. Il meccanismo funzion bene fino alla morte di Valentiniano III nel 455, quando lo scambio si arrest del tutto. Il nostro periodo ebbe la vocazione delle compilazioni, e dei relativi aggiustamenti, le quali erano richieste

dagli operatori pratici e dagli insegnanti delle scuole. Particolarmente importante e diffusa fu la forma del codex, che propriamente significava libro, che, come raccolta di costituzioni, rappresento per gli operatori giuridici il libro per antonomasia. Il codex Gregorianus (292) comprendeva costituzioni delle quali la pi antica a noi nota risaliva a Adriano, le pi recenti erano di Diocleziano; il codex Hermongenianus (304) comprendeva solo costituzioni di Diocleziano; il codex Theodosianus (438), che raccoglieva le costituzioni di imperatori cristiani da Costantino a Teodosio. Circa un secolo dopo Giustiniano riun insieme i tre codici precedenti emanando il Novus Iustinianus Codex, successivamente da egli stesso aggiornato a Codex repetitae praelectionis e pubblicato nel 534, ma non comprendente le nuove costituzioni (Novellae). Di queste si ebbero cos solo raccolte private. 34. Gli scritti dei giuristi classici in veste postclassica. Il Digesto e le Istituzioni di Giustiniano E probabile che nel periodo postclassico gli scritti dei giuristi classici fossero consultati e citati in compilazioni o rifacimenti contemporanei. Dopo lemanazione del primo Codice, Giustiniano fu indotto da Triboniano ad affidare ad una commissione da lui presieduta la compilazione di unampia scelta di brani di giuristi classici, la quale coprisse tutto il campo del diritto privato e pubblico. Per la compilazione di questa opera, che poi fu il Digesto, la costituzione prescrisse alla commissione di modificare

i testi originali nella misura occorrente per aggiornarli, renderli giuridicamente esatti e esteticamente belli e farli inoltre apparire genuini. Mentre la commissione stava finendo di compilare il Digesto, Giustiniano incaric un ristretto gruppo di essa di redigere per le scuole un manuale di Istituzioni aggiornato al nuovo diritto. Questo manuale era destinato in teoria sia alla scuola, sia alla pratica forense, ma ovvio che ebbe essenzialmente una funzione didattica. Sez. II Partizioni del diritto 35. Ius e fas La parola latina per indicare il diritto ius. Le ricerche di alcuni grandi linguisti per scoprire quale idea vi sia sottesa non hanno condotto a conclusioni sicure, tanto meno risolutive. Quella fin qui pi accreditata connette ius con termini sanscriti e avestici indicanti salute, purezzagrazie allosservanza di un rito. Con la graduale e progressiva laicizzazione del diritto, le cui tappe fondamentali furono le XII tavole e la lex, ossia latto normativo non religioso ma avente origine magistratuale, si deline la separazione tra ius e fas: ius indic soltanto la regola giuridica, fas quella religiosa di controllo sociale. 36. Ius quiritium e ius civile Questa contrapposizione pu dirsi rispecchi le due concezioni di ius: Ius Quiritium era il diritto pi antico, strettamente connesso con la religione, formatosi

attraverso i mores e rivelato dai pontefici; Ius civile era invece il diritto laicizzato derivato dalle XII tavole e dalla loro interpretatio, nonch quello sviluppatosi poi per opera soprattutto dei giuristi. 37. Ius civile, ius gentium, ius naturale Una ulteriore distinzione quella che si fonda sulla cittadinanza dei soggetti a cui il ius applicabile: lius civile si identificava con lintero diritto vigente nella civitas, applicabile ai soli cittadini romani; lius gentium era invece un diritto esclusivamente romano applicato in tribunali romani da magistrati romani, nei riguardi sia di cittadini romani, sia di stranieri a parit di condizioni. Gaio individuava due sole partizioni del diritto: il ius civile, in vario modo creazione artificiale della civitas, e il ius gentium o naturale, creazione naturale e razionale, che lo stesso Gaio considerava un diritto razionale e forse eticamente migliore. Altri giuristi classici, fra cui emerge Ulpiano, non concependo il ius gentium come un prodotto della ragione e della natura, bens solo come il diritto delluomo, lasciavano spazio a una terza categoria, quella del ius naturale come diritto di tutti gli esseri viventi loro insegnato dalla natura. Una tripartizione del diritto corrispondente a tre sfere sempre pi ampie di soggetti: la sfera dei cittadini, quella degli uomini, quella di tutti gli esseri viventi. 38. Ius civile e ius honorarium Una ulteriore distinzione dallius civile quella che dipende dalla fonte e permette di individuare lius

honorarium (o praetorium), che era infatti quello creato dal pretore nellesercizio della sua iurisdictio, in quanto potere di stabilire il ius nel caso concreto. In sostanza, ius honorarium era quello creato da in via giurisdizionale da organi aventi il potere di statuire il ius in concreto, non di produrlo in generale, mentre ius civile era il diritto creato regolarmente nei modi previsti per produrre diritto in generale. Il ius honorarium era un diritto parallelo che non interferiva minimamente col ius civile e aveva suoi propri istituti. Per altro, ogni qual volta la soluzione sostanziale secondo il ius civile era diversa da quella secondo il ius honorarium, questultima veniva fatta prevalere dal pretore. 39. Ius publicum e ius privatus Per lunghi secoli i Romani, a proposito di pubblico e privato, fermarono la loro attenzione sulla fonte della disciplina stessa, per cui ius privatum fu il diritto creato da fonti provate, ius publicum quello creato da fonti pubbliche. Questo profilo della distinzione probabilmente da mettere in rapporto con lantica scarsezza dei poteri dello Stato e la relativa ampiezza dei poteri delle comunit inferiori (familiare, gentes e loro membri). Nel sottoperiodo classico i giuristi ebbero modo di riflettere sulle differenze tra pubblico e privato dipendenti dalla materia regolata. Ragionando in tal modo si pu dire che il diritto pubblico riguarda le istituzioni di culto, i sacerdozi, i magistrati o in generale le istituzioni della comunit romana, mentre il

diritto privato riguarda linteresse dei singoli, ed diviso in tre parti; si compone infatti dei precetti naturali, di quelli delle genti, dei civili. 40. Altre partizioni del diritto Una partizione presentata come fondamentale nelle Istituzioni di Giustiniano quella tra ius ex scripto e ius ex non scripto (tra diritto derivante da fonte scritta e diritto derivante da fonte non scritta), con il proposito di indicare come ius ex non scripto, non soltanto la consuetudine, bens pure i principi del diritto naturale cristiano. Unaltra categoria giuridica quella del ius singolare, ossia di un istituto, norma o gruppo di norme che derogano a un principio o a una norma di portata generale. CAPITOLO III NEGOZIO GIURIDICO NOZIONI GENERALI Le regole di condotta producevano per lo pi i loro effetti (nascita, modificazione, estinzione di situazioni giuridiche soggettive( patria potestas)) in conseguenza di accadimenti naturali o di comportamenti umani qualificati da altre regole di condotta, a loro volta operanti in relazione ad altri accadimenti o altri comportamenti. Per noi, ora, sufficiente muoversi da questa distinzione tra accadimenti naturali, che chiameremo fatti giuridici, ossia accadimenti rilevanti per il diritto e quindi produttori di effetti giuridici, e comportamenti

umani, che chiameremo atti giuridici, rilevanti anchessi per il diritto; questultimi sono dunque accadimenti riconducibili allazione o anche allomissione di un soggetto (atti umani, consapevoli e volontari). Entrambi producono effetti giuridici ma differenza sostanziale tra i due che il primo un fatto indipendente dalla volont dellindividuo, mentre il secondo si basa sulla volont di questultimo. Latto giuridico si distingue in: atto giuridico propriamente detto o evento determinato dalla volont dell'uomo per sua azione od omissione dal quale derivano conseguenze giuridiche non particolarmente volute oppure indipendentemente dal fatto che siano volute. negozio giuridico evento determinato dalla volont dell'uomo le cui conseguenze giuridiche risultano volute dall'uomo che l'ha posto in essere.Pertanto negozio giuridico quel fatto voluto dall'individuo le cui conseguenze anch'esse specificatamente volute siano giuridicamente rilevanti in quanto dirette a costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici patrimoniali.. Tali negozi erano formali, nel senso che la volont di concludere un determinato tipo dovesse venire manifestata o dichiarata con parole, e talvolta gesti, predisposti con assoluta rigidit dal diritto. I tipi dei negozi giuridici riconosciuti dal diritto erano inizialmente molto pochi: Quelli con cui la donna veniva convenuta in manum (confarreatio e coemptio);

Adrogatio; Il testamentum calatis comitiis e la sua variante militare, testamentum in procinctu; Gli atti costitutivi di vades e di praedes; Il nexum; La mancipatio; La sponsio. In seguito lelenco dei tipi negoziale venne accresciuto con la sponsio-stipulatio, che prima sembrava operante solo nella sfera etico religiosa. In epoca preclassica e classica nel ambito ad esame molta influenza ebbero lo ius gentium e lo ius honorarium. I negozi dello ius civile rimasero prevalentemente formali, salvo leccezione della traditio e delle fonti di obbligazione da essa derivate o ad essa connesse (ex mutuo); i negozi dello ius gentium e dello ius honorarium furono invece, essenzialmente, non formali poche erano le eccezioni, la stipulatio (impiegava verbi diversi da spondere) e il testamento pretorio. Tali caratteristiche permisero innanzitutto alle parti di poter esternare la loro volont nei modi che ritenevano pi opportuni, in secondo luogo di poter regolare i loro interessi conformemente alla loro effettiva volont. PRESUPPOSTI, ELEMENTI E SPECIE DEI NEGOZZI GIURIDICI. Presupposti necessari per porre in essere un negozio giuridico erano: capacit dagire delle parti;

legittimazione delle parti (necessit che lautore fosse il titolare dellinteresse da regolare o avesse altrimenti il potere di disporne); Se mancano il negozio nullo. Elementi essenziali generali del negozio giuridico erano, a partire dal periodo preclassico tre: 1) Manifestazione/dichiarazione col relativo regolamento di interessi; per manifestazione deve intendersi genericamente qualsiasi modo in cui la volont viene esternata per dichiarazione invece le parole pronunciate o scritte. Occore subito notare che, in relazione ad alcuni negozi (c.d. formali), tali erano predisposte dal diritto, le parti non potevano discostarsi da esse. La forma prevalente presso i Romani era orale e, talvolta, gestuale, mentre i Greci prediligevano la forma scritta, anche se alcuni negozi romani avevano la forma scritta. Deve rilevarsi che se il negozio aveva una certa importanza se ne redigeva un documento scritto, anche se la forma prevista fosse quella orale. Nei negozi non formali la manifestazione/dichiarazione poteva essere compiuta in qualunque modo, e quindi anche fra assenti, comunicando luna parte allaltra la propria volont con lettera o mediante un messaggio (per nuntium); essa poteva essere compiuta anche con un comportamento presupponente in modo necessario una data volont (manifestazione tacit). In epoca postclassica e giustinianea variazioni notevoli si ebbero riguardo alla forma della dichiarazione; scomparvero quasi tutte le vecchie forme negoziali e le loro vecchie funzioni e nacquerono nuove forme e nuove funzioni

della forma. Significativa appare la costituzione di (472) con la quale limperatore Leone esoner le parti dallimpiego delle parole solenni fino ad allora prescritte per la stipulatio. Con riguardo alla manifestazione/dichiarazione i negozi potevano essere: Unilaterali, la volont manifestata da una sola parte, questi a loro volta possono essere recittizi e non recittizi, a seconda che lunica manifestazione/dichiarazione del soggetto dovesse, per essere efficace, venire portata a conoscenza di un determinato soggetto oppure no; Bilaterali, volont manifestata da due parti; Plurilaterali (eccezionalmente), la volont manifestata da pi di due parti. La bilateralit era la regola, per parte deve intendersi il centro di interessi che pu essere unipersonale ma anche pluripersonale (ex nella compravendita ci possono essere pluralit di venditori/compratori). 2) La causa; la sua essenza non facile da definire, funzione tipica svolta dal negozio giuridico e per la quale esso veniva tutelato dallordinamento. Per capire meglio prendiamo come esempio la traditio, qui lo scopo pratico dei due soggetti poteva essere quello di scambiare il bene con una somma di denaro o con un altro bene oppure di trasferirlo senza corrispettivo per arricchire chi lo riceveva, oppure, ancora, di permettere a costui di usarlo per un tempo pi o meno lungo, con o senza un corrispettivo. Accanto ai negozi causali, tipo la traditio, vi erano anche negozi astratti, negozi la cui validit era indipendente dalla causa (ex la mancipatio,

lin iure cessio, la sponsio-stipulatio); anche questi avevano una causa (ex mancipatio poteva avere le stesse cause della traditio), ma giuridicamente tali cause non avevano rilevanza. In epoca postclassica e giurstinianea, come abbiamo visto, scomparvero i vecchi negozi causali, i nuovi nascenti furono tutti causali. Oltre quella tra negozi astratti e causali, sotto il profilo della causa possono distinguersi : Negozi inter vivos e negozi mortis causa; i primi erano quelli il cui scopo pratico, con connesso regolamento dinteressi, era destinato ad attuarsi durante la vita delle parti, i secondi invece avevano la funzione di regolare gli interessi di una parte per il tempo successivo alla sua morte; Negozi onerosi e negozi gratuiti; i primi avevano lo scopo pratico e la funzione di scambiare il soddisfacimento di un dato interesse di una partecon il soddisfacimento di un diverso interesse dellaltra parte, i secondi invece avevano una causa orientata verso il vantaggio di una parte; 3) La volont; intesa quale volont di darsi il regolamento di interessi esternato con la dichiarazione/manifestazione. La rilevanza della volont si prospetta sotto due profili principali : quello dellinterpretazione della dichiarazione/manifestazione (che ci interessa in questo punto), e quello della divergenza tra il regolamento di interessi enunciato nella dichiarazione/manifestazione e la volont effettiva (vedere invalidit). Gi i giuristi classici giunsero ad ammettere che nei negozi bilaterali si dovesse ricercare che cosa le parti avessero

effettivamente stabilito. Accanto agli elementi essenziali, ci necessari affinch il negozio giuridico non sia nullo, ritroviamo anche elementi accidentali, cio elementi la cui mancanza non intacca la validit del negozio. Essi sono: La condizione; era una clausola con cui si facevano dipendere gli effetti del negozio da un evento futuro e incerto. Da ricordare che esistevano negozi la cui manifestazione era predisposta dal diritto in modo talmente rigido che era impossibile inserirvi una condizione, se ci accadeva il negozio era nullo. Vi erano condizioni improprie, (condicio iuris), qui la subordinazione dellefficacia del negozio ad un dato evento era gi stabilita dal diritto (ex il matrimonio per lefficacia dei negozi costitutivi di dote). Levento posto a condizione era spesso casuale, ma poteva anche dipendere dalla volont delle parti farlo o non farlo avverare; questa condizione chiamata potestativa, era ammessa, purch non consistesse in una mera manifestazione di volont della parte obbligata, in tal caso (condizione meramente potestativa) il negozio era nullo. Vi potevano poi essere eventi in parte causali e in parte potestativi (condizione mista). Esistono due tipi di condizione: Risolutiva; il negozio efficace subito ma, se si verificava levento, i suoi effetti si risolvevano; Sospensiva; il negozio efficace soltanto se e quando si verificava levento. I romani ammettevano solo la condizione sospensiva. La condizione illecita se apposta in un negozio:

1) inter vivos: il negozio nullo. 2) mortis causa: si ha per non apposta a meno che non rappresentasse il motivo da solo determinante della volont del testatore. D ) possibile o impossibile a seconda che si tratti di un elemento realizzabile meno dal punto di vista sia fisico sia giuridico. Se la condizione impossibile apposta in un negozio: 1) mortis causa: si ha per non apposta 2) inter vivos: se sospensiva rende nullo il negozio, se risolutiva si ha per non apposta Il termine; era una clausola con cui si stabiliva una data o un eventu futuro e certo, a partire dal quale o fino al quale il negozio doveva produrre effetti. Nel primo caso il termine oggi detto iniziale e nel secondo finale. Il termine iniziale era incompatibile con gli stessi negozi con cui era incompatibile la condizione, se veniva stabilito il negozio era nullo.; era incompatibile anche con listituzione derede e se veniva stabilito si aveva per non apposto. Il negozio produttivo di effetti obbligatori, sottoposto a termine iniziale, faceva nascre subito il relativo diritto, ma questo non poteva essere fatto valere in giudizio prima che il termine fosse scaduto. Infatti se il debitore pagava prima della scadenza, pagava validamente e on poteva farsi restituire quanto dato, invece se il debitore agiva in giudizio prima della scadenza compiva una pluris petitio e quindi determinava lassoluzione del debitore. Il termine finale era incompatibile con i negozi incompatibili con quello iniziale;

Il modus; poteva inserirsi solo nei negozi ispirati a liberalit (in particolare trasferimenti a scopo di donazione e legati). Tale clausola prescriveva al beneficiario del negozio una data condotta, spesso attinente allimpiego di tutto o parte dei beni ricevuti. Si distingueva dalla condizione potestativa in quanto non subordinava alla condotta del beneficiario la validit del negozio, ci non significa che egli non avesse lonere di tenere la condotta prescritta e che queta non gli venisse imposta; in caso di negozi mortis causa se la condotta aveva rilevanza religiosa (ex costituzione di un monumento funebre) la sua imposizione rientrava nella competenza dei pontefici, in caso contrario spettava al principe. In epoca postclassica e giustinianea tale compito venne affidato ai vescovi. In caso di negozio inter vivos spesso linteressato faceva promettere al beneficiario, tramite stipulatio, di tenere la prescritta condotta, in mancanza della quale il donante poteva solo riottenere il bene mediante una condictio. I NEGOZI CONCLUSI PER CONTO ALTRUI. LA RAPPRESENTANZA. Accade talvolta che qualcuno abbia il potere di disporre di interessi altrui, ad esempio di beni appartenenti ad altri, nel quale caso il negozio da lui compiuto produce gli stessi effetti che avrebbero prodotto se lavesse compiuto il titolare. La giurisprudenza romana non ammise, in via generale, che un soggetto potesse con un proprio atto legittimare un altro a concludere un singolo negozio o una serie di

negozi; ci fu ammesso soltanto in casi eccezionali, il cui numero tese ad aumentare con il passare del tempo. Linvestitura poteva consistere o in un negozio unilaterale con cui linteressato preponeva un soggetto (procurator omium bonorum) di tutti i suoi beni, o in un contratto (mandatum) con cui il mandante affidava lincarico al mandatario, il quale accettava, di compiere uno o pi negozi specifici per conto del mandante, oppure in una potestas o in un munus. Anche gli schiavi, le persone sottoposte a potestas, manus, mancipium potevano svolgere attivit negoziali i cui effetti si producevano in capo ad altri. Un principio risalente al periodo antico stabiliva che schiavi e persone alieni iuris potevano migliorare la condizione del loro dominus o pater, di conseguenza se uno di questi compiva un negozio acquisitivo di propriet, crediti questi sorgevano direttamente in capo al dominus o pater. Invero le persone sui iuris di regola non potevano acquistare direttamente per altri. La legittimazione ad acquistare si ampli nel periodo postclassico e giustinianeo, nelle istituzioni di Giustiniano si afferma infatti che tramite una persona libera, come per esempio un procurator si acquista il possesso ed attraverso questo possesso la propriet. Negozi di alienaione furono consentiti agli schiavi e ai filii familias, con diretta incidenza nella sfera del dominus/pater, relativamente ai beni e ai diritti rientranti nel peculium. Per quanto riguarda i negozi con cui si assumevano obbligazioni per conto altrui lo ius civile era

nettamente orientato in senso negativo, non era possibile con un proprio contratto obbligare altri, nemmeno se questi fosse stato il loro dominus/pater. Le deroghe a tale principio furono di ius honorarium; volendo facilitare limpiego di schiavi e filii familias, i pretori, concessero via via ai terzi, che avessero concluso contratti con tali soggetti, azioni contro i domini/pater qualora ricorressero dei presupposti: Preposizione del filius o dello schiavo alla gestione commerciale di una nave come agente del pater/dominus armatore e poi dello stesso filius o schiavo che si fosse fatto armatore per volont dello stesso pater/dominus; Preposizione come institor a unazienda terrestre. In mancanza di simili investiture poteva bastare che il pater7dominus avesse concesso al filius/schiavo un peculium, in tal caso rispondeva solamente nei limiti del valore complessivo di tale peculium. LINVALIDITA E LINEFFICACIA DEL NEGOZIO. La dottrina moderna distingue diversi tipi e gradi di invalidit e di inefficacia del negozio giuridico: a) Nullit; il negozio privo di effetti, quindi nullo, se manca uno degli elementi esenziali; b) Annullabilit; il negozio produce momentaneamente effetti ma pu, su richiesta della parte interessata, essere annullato dal giudice, per vizio di un suo elemento esenziale o per altra insufficienza; c) Inefficacia; impiegato in senso stretto per riferirsi al negozio che, pur dotato degli elementi essenziale

pienamente integri e quindi valido, non produce di per se i suoi (o taluni dei suoi) effetti, per mancanza di un presupposto o di unaltra causa estrinseca. Fino allepoca preclassica il diritto romano riconosceva solamente la nullit e linvalidit, ma gi a partire dallepoca preclassica i negozi validi secondo lo ius civile ma disapprovati dal pretore, potevano essere dallinteressato impugnati dinnanzi al magistrato con la richiesta di restituiti in integrum o di unexceptio, in questo caso per non si pu parlare di vera e propria annullabilit in quanto i rimedi pretori operano su di un piano diverso da quello dello ius civile. CAUSE DI INVALIDITA DEI NEGOZI GIURIDICI : Invalidit riguardanti i presupposti del negozio. a) Mancata capacit dagire -es. negozi compiuti da un infante, pazzo, incosciente. (capacit generica). -es. negozio compiuto da un peregrino in ambito di ius civile oppure una stipulatio compiuta da un sordo. (capacit specifica). b) Mancata idoneit delloggetto del negozio -es. vendita o stipulazione di res extra commercium (inidoneit generale). -es. mutuo di cose infungibili o deposito di cosa immobile (inidoneit specifica). c) Manca o deficiente la legittimazione delle parti -es. il marito non legittimato ad alienare il fondo dotale senza il consenso della moglie, oppure

obbligazioni tra padre e figlio. Invalidit riguardanti gli elementi essenziali del negozio giuridico. Anormalit riguardanti la causa 1) illiceit della causa si persegue uno scopo pratico riprovato dal diritto in quanto contrario a norme proibitive: ad esempio donazioni tra coniugi. 2) immoralit della causa quando lo scopo perseguito dalle parti contrario al buon costume: ad esempio dare cento a tizio per commettere un furto. 3) mancanza di causa inesistenza o venir meno di una causa remota: esempio il pagamento in un contratto nullo. Anormalit riguardanti il rapporto tra volont effettiva e manifestazione di volont. 1) manifestazione incosciente manifestazione che non fu affatto voluta , ad esempio quella compiuta sotto ipnosi o sonnambulismo. Ma anche tramite manifestazione di volont voluta ad altro scopo, ad es. l alzata di mano per salutare un amico e non per accettare lofferta del banditore di unasta. 2) manifestazione cosciente pu essere giuridicamente irrilevante nel caso in cui si tratti di negozi conclusi per scherzo palese o a scopo didattico (ioci causa, demostrandi causa). Giuridicamente rilevanti sono i casi seguenti:

a) scherzo occulto: dichiarazione fatta per burla ad un soggetto che ignora lintenzione maliziosa. Il negozio non pu produrre i suoi effetti, se colui che riceve la dichiarazione non si accorge dello scherzo pur usando la normale diligenza. b) riserva mentale: manifestazione di volont consapevolmente difforme dalla volont effettiva e con la volont che resti ignota alla controparte. Gli effetti del negozio non vengono modificati. c) simulazione: accordo tra due persone per dar vita ad un negozio che voluto per raggiungere scopi diversi dal suo scopo tipico. Pu essere simulazione totale se le parti manifestano di volere un negozio, ma non ne vogliono nessuno. Simulazione parziale, se le parti vogliono un negozio diverso da quello dichiarato; si parla quindi di negozio dissimulato che quello il cui scopo realmente perseguito dalle parti, e negozio simulato che quello compiuto solo apparentemente. Per il diritto giustinianeo il negozio simulato nullo, quello dissimulato valido. Le fonti ci rivelano che se ad essere simulato fosse stato un negozio nel quale la volont non poteva mancare (contratti consensuali), la nullit era linevitabile conseguenza. Mentre se era un negozio solenne dello ius civile, il negozio sarebbe stato valido per lo iure civili ma poi invalidato dallo iure pretori. 3) Manifestazione voluta dallagente, ma essa inconsapevolmente divergente dalla volont effettiva. Errore ostativo o errore sulla dichiarazione, ricordo che esso esclude la volont.

Per essere rilevante lerrore deve essere essenziale, nei negozi inter vivos lerrore irrilevante, a meno che esso sia esternamente riconoscibile; nei mortis causa sempre rilevante e provoca nullit. Gli errori essenziali sono tre: 1) error in persona: cade sullidentit o sulla qualit di una delle parti del negozio, nei negozi mortis causa sempre rilevante, in altri dipende dai casi. 2) error in corpore: cade sullidentit della cosa oggetto del negozio, sia sulla designazione materiale che intellettuale. Sempre rilevante. Non rilevante lerror in nomine. 3) error in negotio: errore sul negozio nel suo complesso, cade sullidentit del negozio da compiere. Sempre rilevante. Anormalit riguardanti il rapporto tra manifestazioni di volont reciproche.(dei contratti !) a ) Dissenso sulla causa del negozio quando faccia venire meno laccordo delle parti circa la causa tipica del negozio. Per essere rilevante si deve trattare di negozio causale. b ) Dissenso sullidentit delloggetto accordo mancato a causa in ordine allidentificazione delloggetto del negozio. Se il dissenso verte solo sulla denominazione delloggetto, non rilevante. c) Dissenso sulla misura delle prestazioni reciproche il negozio non sempre invalido, valido per la quantit minore se su questa si pu ritenere formato laccordo, diversamente invalido.

d ) Dissenso su modalit essenziali del regolamento di interessi prescritto con il negozio invalido per esempio se una parte subordina il suo impegno ad una condizione per cui la controparte, qualora lavesse conosciuta, non avrebbe manifestato la sua accettazione. Anormalit riguardanti il processo di formazione della volont . I vizi della volont, sono anormalit relative al processo di formazione della determinazione della volont. Errore vizio: non esclude la volont, ma la vizia. a) Errore spontaneo un erroneo apprezzamento della situazione di fatto dovuto a ignoranza o falsa conoscenza, ed rilevante in casi di: abnorme portata dell'errore > error in substantia ed errore sui motivi nelle disposizioni di ultima volont. b ) Errore provocato da dolo altrui : il raggiro tendente a trarre altri in inganno. Vi il dolus bonus che invece considerato tollerabile e comprende le malizie usuali di commercio. Il pretore consider il dolo come atto illecito e concesse: 1) actio doli (azione penale e infamante, non poteva essere esperita oltre lanno e ha carattere sussidiario. Se ci si trova fuori dai iudicia bonae fidei il negozio non viene invalidato, ma si ottiene una condanna dellautore tramite una riparazione pecuniaria); 2) exceptio doli (concessa alla vittima convenuta in giudizio dallautore

del dolo per ottenere lesecuzione del negozio, unazione che paralizza rendendo improduttivo di effetti il negozio. Il negozio annullabile nellambito dello ius civile praetorio. E concessa sia per dolo preterito che per dolo presente). c ) Violenza morale, il metus, o timore E la minaccia ingiusta di un male notevole fatta a taluno cos da indurlo a compiere un negozio giuridico incutendo timore ossia metus. Nel diritto classico la protezione della vittima avviene tramite: 1) actio quod metus causa (esperibile quando la vittima aveva gi dato esecuzione al negozio. E unazione penale esprimibile in quadruplum, e dopo lanno in simplum. Non infamante e non sussidiaria. Contiene la clausola arbitraria che permette al convenuto di evitare la pena al quadruplum se restituisce quanto ha estorto con la violenza); 2) exceptio metus (si ha quando la vittima della violenza, che non aveva dato esecuzione al negozio, era citata in giudizio per ladempimento. E opponibile anche se lautore della violenza fosse stato un terzo. Non necessaria nei iudicia bonae fidei); 3) restitutio in integrum propter metum (serve per il recupero della cosa oggetto del negozio estorto- rei vendicatio utilis-. Azione contro lautore e contro chiunque avesse ricavato qualche cosa dal negozio). Con Giustiniano 1) e 3) vengono fusi in un mezzo mediante il quale il coactus pu agire in duplice direzione: in simplum contro colui che ha ottenuto qualche cosa dal negozio, e in triplum contro lautore

della violenza. La violenza ritenuta rilevante quando: - la minaccia contraria al diritto - il male minacciato non deve essere di scarsa identit e deve impressionare una persona non paurosa - la minaccia deve concretarsi in fatti. CAPITOLO IV LA TUTELA PROCESSUALE Roma conosce tre procedimenti storici ben distinti che si sovrapposero luno allaltro: 1. Processo arcaico 2. Processo preclassico e classico 3. Processo postclassico Dal I sec a.C. vige il processo delle legis actiones (le azioni della legge) ed la pi antica forma di procedura civile che conosciamo. Le legis actiones sono forme di processo solenni orali ed iperformalistiche, se nel corso della procedura un soggetto sbagliava una sola parola nel rituale egli perdeva la causa anche se aveva ragione nel merito. Al formalismo connessa unaltra caratteristica ossia la sua tipicit; le leggi actione erano modi di agire aventi ciascuno una data struttura formale che corrispondeva ad un dato tipo. Ciascuna legis actione tipica, di solito, serviva a tutelare pi di una situazione giuridica soggettiva; solo le situazioni giuridiche riconosciuto prima dai mores, poi dalle leggi delle XII e poi dalla loro interpretatio erano tutelabili. Si aveva dunque una duplice tipicit, che

potremmo chiamare interna ed esterna, entrambe conferivano allinsieme una forte rigidit. Quelle pi antiche, sacramento in rem e manus iniecto, miravano direttamente ad attuare le situazioni giuridiche a cui si riferivano, ossia a soddisfare linteresse per loro meo riconosciuto dal diritto (oggi questo viene chiamata natura esecutiva). Legis actione pu voler dire due cose: I. Azione della legge, cio cose previste per legge II. Lex pu anche indicare un qualunque rito orale esasperato dal punto di vista formale, cio un rito che preveda in qualunque situazione delle prescrizioni da seguire. Sia luno che laltro significato ci riportano comunque alla realt, nel mondo arcaico non vince sempre chi ha ragione. Il processo civile si svolge quando due soggetti litigano sullattribuzione di un diritto. Prima cera la legge del pi forte: uno ammazza laltro, una fase prelegislativa in cui vince la violenza, questa quindi la fase della violenza privata. Questa fase termina quando Roma inizia ad essere unorganizzazione di familiae e gentes cio quando si crea unorganizzazione civica e si inizia a ricorrere ad una decisione terza. Allinizio si ricorre allautorit religiosa essendo il potere statale poco consolidato, sar linterpretazione del volere degli dei a stabilire chi nel giusto e chi nel torto , si fa spesso uso dellordalia: viene fatta fare una cosa ad una persona e se ci riesce questi nel giusto in quanto il dio gli ha dato la forza di compiere quella determinata

azione. Il terzo stadio quando lo stato decide chi ha ragione e chi torto.Stadi evolutivi: I. Violenza privata II. Divinit III. Risoluzione statale Le legis actiones fanno parte del terzo stadio ovviamente ma conservano tracce anche dei due stadi precedenti; esse sono cinque e si dividono in due tipi, le prime tre sono di cognizione (servono ad accertare la verit processuale) e le ultime due sono di esecuzione (servono ad eseguire una sentenza di una legis actio di cognizione). In quelle di cognizione la procedura si divide in due fasi: I. In iure: di fronte al pretore (allorigine di fronte al re) si istruisce la causa II. In iudicio apud iudicem: lo iudex era un privato cittadino solo pi avanti si dice che il giudice deve avere almeno qualche conoscenza di diritto. Entrambi, tranne la pignor capio, presuppongono che un soggetto, di regola quello che si affermava titolare della situazione soggettiva fatta valere, abbia chiamato laltro in giudizio tramite la in ius vocatio che era la citazione in giudizio; essa veniva fatta di persona ed oralmente con dei testimoni, lattore intimava alla convenuto di presentarsi in giudizio, se il richiamato in giudizio (vocatus) non si presentava, tale disobbedienza doveva essere comprovata da testimoni, lattore poteva ricorrere allimpiego della forza per

trascinare il convenuto davanti al magistrato. Entrambi i soggetti dovevano necessariamente essere liberi, cittadini romani, sui iuris (la donna, linfans, limpubere, il furius e pi tardi il prodigo interdetto, venivano sostituiti, nella parte di attore o di convenuto, dal loro tutor o curator). Compiuta lin ius vacatio nelle legis actiones di cognizione: legis actio sacramento in rem (se si discute su diritti reali) in personam (se si discute su obbligazioni), un dibattimento formale in iure(davanti al rex o al magistrato) e poi una seconda fase dinnanzi allorgano giudicante (giudice, arbitro, collegio dei decemviri o dei cetumveri). Nel primo periodo antico, tuttavia, la l.a. sacramento in rem aveva probabilmente uno svolgimento che si discostava alquanto da questo schema. Alla fine del dibattimento in iure, dopo che il magistrato aveva nominato o indicato lorgano giudicante, lattore e il conveuto chiedevano formalmente agli astanti (in parte persone costituiti da persone fatte intervenire dagli stessi contendenti, forse)di essere testimoni di quanto avevano visto ed ascoltato; questo si disse contestari litem. La seconda fase del processo (fatta salva qualche peculiarit della l.a sacramento in rem) era regolata in qualche punto essenziale dalla legge delle XII tavole; cominciava con unintimazione (denuntiatio)delluna o dellaltra parte a comparire dinnanzi allorgano giudicante nel comperendinus dies ossia il dopodomani del giorno dellintimazione. Si faceva poi

unesposizione sintetica dlla lite (causae coniectio, a cui seguiva la peroratio. A questa si addiveniva solo se erano presenti le due parti; se ne era presente una sola si aspettava fino a mezzogiorno che interveniva laltra; se questa non interveniva il giudice dava ragione chi era presente, senza bisogno ch questi facesse la peroratio. Se invece entrambe le parti erano presenti, esse esponevano verbalmente le ragioni e gli argomenti a sostegno del loro assunto (peroratio) e insieme presentavano le rpove, costituite per lo pi da testimoni, in teoria questa second fase si concludeva in una giornata. Dopo tale seconda fase si aveva la pronuncia delle sentenza, pronuncia che poteva dare adito alla manus iniectio. Forse la pronuncia ella sentenza impediva una nuova legis actio. Come abbiamo gi anticipato le l.a sono di due tipi di cognizione, l.a. sacramento in rem e in personam, l.a. per iudicis arbitrive postulationem e la l.a. per condictionem; esecutive, l.a. per manus inectionem e la pignoris captio. da notare che la distinzione non era cosi netta come si assume: ci emerge, particolarment, dalla struttura della l.a. sacramento in rem e dalla pignoris captio. LE LEGGI ACTIO SACRAMENTO IN REM Con tali l.a. potevano esser fatti valere i poteri del pater familias, dellerede e del proprietario verso i terzi; essa serviva anche per le causae liberales fra chi si asseriva la libert di un dato individuo(adsertor libertatis) e chi si affermava invece proprietario di tale individuo, in

quanto schiavo. Lattore doveva prima di tutto portare, o condurre in iure la cosa o la persona (o una parte della cosa come simbolo) che affermava appartenergli, togliendola, qualora fosse necessario anche con la forza, a chi la possedeva, oppure doveva fare venire il rex o il magistrato sullimmobile di cui si contendeva. Da prima non era necessario che egli compisse anche lin ius vacatio di quel possessore o di qualunque altro, pi tardi, il principio della necessaria presenza in iure di entrambi i contendenti venne estesa anche a questa legis actio,e quindi tale fu necessaria. Dinanzi al rex/magistrato lattore con una bacchetta (festuca) afferrava lo schiavo e diceva affermo che questo schiavo mio in base al diritto dei quiriti e in conformit della sua condizione giuridica. Come ho detto, ecco che vi pongo sopra la vindiscta; e nel contempo poneva la festuca sullo schiavo. In ogni caso il convenuto non poteva limitarsi a negare che lo schiavo appartenesse allattore, ma aveva lonere, se voleva impedire che il rex/magistrato autorizzasse lattore a condurlo via come propriodi affermare che esso apparteneva invece a lui, di fare cio una contravindicatioparlando e gestendo come aveva fatto lautore. Entrambi dunque affermavano proprio lo schiavo o il bene mobile oggetto della lite, afferrandolo come per strapparselo lun laltro di mano ; se invece loggetto era un immobile il rex, in un primo tempo si recava sul posto con il carro e assisteva alla cerimonia del manum conserere, che verosimile consistesse inizialmente nelli intreccio della mano di

una parte con quella dellaltra (accompagnato dalla pronuncia della rispettiva vindicatio); successivamente divenuto impraticabile laccorrere del magistrato sul posto per leccessiva estensione raggiunta dal territorio romano, esso consistette nellatto di afferrare insieme una zolla del fondo o parte dellaltro bene per portarla dinnanzi al magistrato e ivi farne la vindicatio. Pronunziate le parole e compiuti i gesti prescritti il magistrato ingiungeva ad entrambi di lasciare il bene, che rimaneva sotto il suo controllo; dopo un altro scambio di battute lattore sfidava lavversario al sacramentum, ossia a giurarein nome di Giove che la propria vindicatioera conforme allius; gaio suppose che se il convenuto fosse pronto al sacramentum ritorceva la sfida, invitando lattore a prestare anche lui il sacramentum. Se entrambi giuravano si aveva una situazione di stallo, che veniva superata con un giudizio sulla conformit al ius delluno o dellaltro sacramentum. In attesa del giudizio la cosa veniva assegnata, in possesso provvisorio a una delle parti, solitamente quella che appariva il pi probabile vincitore o che forniva migliori garanzie di restituzione allaltra parte . LA LEGIS ACTIO SACRAMENTO IN PERSONAM Questa l.a. appare pi recente e sorse probabilmente in relazione allintervento del vindex a difesa di chi stava subendo una manus inectio. Il processo si iniziava con lin ius vacatio; oer da ritenere che nella sua pi antica applicazione, quella

della difesa della manus inectio, non ci fosse bisogno dellin ius vacatio, essendo il vindex gi presente in iure. Ad ogni modo vi furono poi persone vincolate, che non erano immediatamente aggredibili con una manus inectio, ma solo dopo che la sussistenza del vincolo era stata accertata in giudizio. Nei loro confronti, una volta fatti comparire in ius lattore diceva Affermo che hai la necessit di pattuire come ladro la riparazione del danno; fare affermazioni di questo genere si diceva intendere. Intentiones analogo furono pronunciate successivamente nei confronti di soggetti che si erano vincolati con atti volontari leciti. Matur poi la regola secondo cui si doveva sacramento agere(verosimilmente in personam) per tutti i vincoli, per i quali non fosse prescritto da una legge di agire altrimenti. Lintentio non era astratta ma doveva affermare la causa da cui derivava loportere; a tale il convenuto poteva rispondere: Con una formula confessio, riconosceva cio di essere vincolato a quelloportere (Ex affermo di avere la necessit di darti 25 assi per il taglio dalberi). In questo caso era equiparato ad un iudicatus; Con una contestazione, diceva nego, lattore lo sfidava al sacramentum (per esempio, con le seguenti parole: dal momento che neghi, ti sfido ad un sacramento di 500 assi) La summa sacramenti veniva determinata come nella forma in rem. La sfida era fatta dallattore al convenuto, il quale era cosi esposto al rischio delle

conseguenze relgiose e patrimoniali del sacramentum iniustum. LA LEGIS ACTIO PER IUDICI ARBITRIVE POSTULATIONEM Notizie su questa l.a. ci sono pervenute attraverso un papiro egiziano scoperto nel 1933; da tale si appreso che essa venne istituita dalle XII tavole e che la sua applicazione non era limitata ai processi di divisione di eredit e di cose comuni, ma si estendeva anche (anzi prima di tutto), ai vincoli derivanti da sponsio. Tale si distinse dalla l.a. sacramento in personam per il suo carattere interamente laico (la sua struttura non comprendeva nessun giuramento e non coinvolgeva nessuna divinit) e per il fatto di non esporre il convenuto che contestava laffermazione dellattore a nessun rischio di pena. Secondo Gaio, il procedimento si svolgeva in questo modo: lattore diceva affermo che hai la necessit (oportere) in base a una sponsio di darmi diecimila. Ti chiedo se lo riconosci o contesti; se il convenuto diceva che non aveva tale necessit (che non sussisteva loportere), lattore riprendeva dicendo dal momento che contesti, io chiedo a te, pretore di dare un giudice. Il pretore quindi nominava un giudice (appartenente alla classe dominante ma laico) il quale faceva svolgere il giudizio davanti a lui. Una variante della iudici postulatio era prevista dalle stesse XII tavole qualora pi eredi volessero giungere alla divisione delleredit; davanti al magistrato si indicava la causa per cui si agiva e, senzaltro, si

chiedeva al magistrato di nominare un arbiter, arbiter e non iudex in quanto non si trattava solo di statuire, ma anche di misurare e valutare, il compito dellarbiter era elastico e richiedeva conoscenze extragiuridiche. LA LEGIS ACTIO PER CONDICTIONEM Fu istituita dalla lex Silia, in data incerta ma da collocarsi nel III secolo a.C. Lo sviluppo delle attivit economiche non agricole determin, fra le altre conseguenze, lincremento delle attivit creditizie e finanziarie che sfociarono nella nascita di crediti pecuniari. Siccome, per la riscossione di questi crediti, se spettanti a cittadini romani, la procedura per l.a. appariva ancora adatta la lex Silia istitu quella che Gaio chiama l.a. per conditionem per i crediti di certa pecunia. Successivamente una lex Calpurnia estese la sua applicabilit ai crediti omnis di certa res. Lattore otteneva con lin ius vacatio la comparizione del convenuto davanti al magistrato, egli poi affermava affermo che tu mi devi dare 10000 sesterzi: ti chiedo se lo riconosci o lo contesti. Lavversario poteva riconoscere tale richiesta facendo la confessio in iure, la quale, se si trattava di somma di denaro equivaleva ad una sentenza di condanna ; se si trattava invece di certa res, occorreva un ulteriore processo di valutazione. Se il convenuto invece contestava lattore proseguiva dicendo dal momento che tu contesti ti intimo di tornare in ius per il trentesimo giorno al fine di ricevere un giudice. LA LEGIS ACTIO PER MANUS INIECTIONEM Si tratta di una l.a. molto antica essa era la tipica azione

esecutiva. Secondo Gaio essa si poteva esprimere solo nei casi indicati da una disposizione legislativa e cosi nei confronti delliudicatuse del confessus in conformit di una disposizione delle XII tavole. Tali accordavano un tempo di 30 giorni per adempiere agli obblighi derivanti dalla sentenza; trascorsi inutilmente tali girni lattore poteva intimargli di venire in ius e trascinarvelo, e se vi era caso, con la forza. Dinnanzi al rex o al magistrato diceva poich sei stato giudicato verso di me per 10000 sesterzi dato che non hai pagato, per tale ragione ti metto la mano addosso a titolo di giudicato per 10000 sesterzi e contemporaneamente affermava una parte del suo corpo. Il convenuto, tranne nei casi di manus inectio pura, poteva respingere da se la manus ed esercitare la legis actio a sua difesa. Se interveniva un terzo in veste di vindex egli era liberato e soggetto passivo diveniva questultimo, il quale, se non riusciva a dimostrare linfondatezza della pretesa dellattore doveva pagare il doppio, subendo altrimenti a sua volta la manus inectio.. questi veniva quindi tenuto nella casa dellattore per sessanta giorni, se in tal periodo nessuno lo comperava o lo riscattava lattore poteva a venderlo o ucciderlo. LA PIGNORIS CAPIO Veniva compiuta extra ius senza cio la presenza del rex o del magistrato e per lo pi anche in assenza dellavversario; ci aveva portato molti a non considerarla una vera e propria l.a. mentre i pi la consideravano tale, perch, nel prendere materialmente la cosa in pegno, lattore pronunciava determinate parole.

I casi in cui questa pesa di pegno veniva ammessa erano prestabiliti, Gaio non fa, in tal frangente, riferimento solo alle XII tavole o a una legge ma anche ai mores. Questultimi ad esempio consentivano che ricorresse a tale il soldato per la riscossione dello stipendium. Le XII tavole prevedevano il ricorso alla pignoris capio contro colui che avesse comprato un animale da sacrificare e non ne avesse pagato il prezzo; la lec censoria, infine, permetteva di compiere tale pignoris ai publicani stessi nei confronti dei debitori di tali imposte. In tutti i casi il soggetto passivo non aveva un vincolo di diritto privato verso lattore, che questultimo poteva fare valere con manus inectio o l.a. sacramento in personam; i mores e le norme legislative conferirono allattore il potere di impossessarsi di cose del soggetto passivo per costringerlo ad eseguire una prestazione che secondo il diritto privato non era oggetto di una sua necessit giuridica. Lattore si teneva la cosa finch non veniva soddisfatto, se linsoddisfazione si protraeva per oltre un anno dalla presa del possesso forse da ritenere che lattore diventava proprietario della cosa mediante usucapio. IL PROCESSO FORMULARE Linizio del periodo preclassico e classico coincise pressappoco con lintroduzione di un nuovo tipo di processo quello per formulas o, come dice Gaio per concepta verba. Tale nascita coincise pressappoco con la nascita del praetor peregninus (242 a.C.)(pp) da ricordare che si ritiene che prima del praetor peregrinus gi il praetor urbanus avesse cominciato a

esercitare la iurisdictio anche nei confronti dei peregrini e quindi che egli avesse introdotto prime forme, anche se rudimentali, di processo formulare. Il pp fu istituito con legge comiziale, tale legge si limit a istituire il nuovo magistrato e a prescrivergli (autorizzarlo) a statuire il diritto tra peregrini e tra romani e peregrini, e non legalizz il processo attraverso cui avrebbe esercitato tali poteri. Nel corso del II secolo si manifest la decadenza delle legis actiones, cosi, intorno al 130 a.C. fu emanata un lex (la lex Aubutia) che cominci a smantellare la vecchia procedura; dopo tale lex le l.a., tranne quella per condictionem, continuarono in qualche misura a praticarsi, ma vennero in odio. Il processo formulare sostitu completamente le l.a. con la lex Iulia iudiciorum privaturum , essa si occupava di vari temi attinenti al processo civile ma qui ci interessa notare che essa, da un lato, soppresse le l.a., salvo due eccezioni, e dallaltro legalizz il processo formulare. Tale legalizzazione fu disposta per i casi in cui ricorrevano tre presupposti esteriori propri delle l.a.: La cittadinanza romana delle parti; Svolgimento del processo a roma, entro un miglio dal suo pomerium; Unico giudice giudicante. Si aveva in tal caso iudicium legittimum, nel quale il giudice doveva pronunciare la sentenza nel termine fissato dalla legge (18 mesi)e in qui gli effetti della litis

contetsatio e dlla sentenza erano gli stess che se si fosse esperita un l.a. Se invece entrambe le parti erano peregrine, o il processo si svolgeva fuori romano si deferiva il compito di giudicare ad un giudice peregrino oppure ad un collegio di recuperatore il processo continuava sullimperium del pretore; si aveva in tal caso un iudicium imperio continensin quanto lorgano giudicante poteva pronunciare la sentenza solo finch il magistrato, che lo aveva nominato, conservava limperium. CARATTERISTICHE DEL PROCESSO FORMULARE Carattere preminente di tale processo fu quello di deferire il giudizio su di una data controversia ad un organo giudicante, scelto specificamente per questo e accettato dalle parti, e di determinare il suo compito e il suo potere con proposizioni le cui parole, pur seguendo di solito schemi (appunto formula) erano liberamente precisabili e combinabili dai magistrati su richiesta delle parti. Le formule erano estranee a qualsiasi modello legislativo, esse rimasero sempre flessibili e malleabili al punto da potere essere congegnate specificamente per una singola controversia. Allinizio ogni singola forma fu congeniata per un singolo caso e poi rielaborata/riveduta man mano che un nuovo caso dello stesso tipo si presentava, gradualmente si formarono vari modelli e i pretori cominciarono ad indicarli in conclusione delle loro

clausole edittali. Una svolta importante nellelaborazione delle formule dovette aversi quando i cittadini romani cominciarono a servirsi del nuovo processo anche per tutelare le loro situazioni soggettive fondate sul ius quiritium ius civile; allora le formule dovettero eccepire i punti essenziali dei formulari delle l.a. MATERIE E TERRITORI IN CUI TROVAVA APPLICAZIONE IL PROCESSO FORMULARE Si visto che inizialmente tale processo era applicabile solo a controversie per le quali non era esperibile una l.a., ma dopo la lex Iulia iudiciorum privatorum le cose subirono profonde modifiche. Quanto alle materie egli si applicava, salvo eccezioni, a tutte quelle attinenti al diritto romano privato sia che riguardassero cittadini romani, sia che riguardassero peregrini. Tra le eccezioni ricordiamo ad esempio il damnum infectum e le cause in cui doveva giudicare il tribunale dei centumvirila stessa lex Iulia mantenne in vigore lutilizzo delle l.a. Quanto al territorio il processo formulare fu praticato del tutto naturalmente anche fuori Roma, sia in Italia, sia nei territori provinciali. I MAGISTRATI E LE PARTI Magistrati principali erano quelli che erano stati i creatori di tale processo: il pretore urbano e il pretore peregrino, competenti rispettivamente per le controversie tra cittadini romani e per quelle in cui fosse parte un peregrino. Se una fase in iure era svolta

dinnanzi al pretore urbano, mentre competente sarebbe stato il pretore peregrino il procedimento era nullo. La competenza di ciascun pretore era delimitata anche territorialmente, in linea di principio la competenza dei pretori si estendeva in tutta Italia, ma, se il convenuto risiedeva in un municipium, in una colonia o in altre circoscrizioni minori in cui esistevano magistrati muniti di iurisdictio, la sua competenza rimaneva solo riguardo a quelle controversie che, per ragione di valore e di materia, non potevano essere trattate da questultimi. A Roma, oltre ai pretori, avevano iurisdictio gli edili curuli, limitatamente alle controversie nascenti da vendite di schiavi o animali nei mercati e da lesioni a persone o danni a cose causati in luogo pubblico da cani, maiali o animali selvatici altrui. Il processo era normalmente promosso dal soggetto interessato, erano in massima incapaci coloro che erano privi della capacit giuridica, nonch quelli che erano in tutela o in curationes. Per primi, in caso vi fosse controversie sul loro stato(se lo status controverso era quello di schiavo o libero), doveva stare in giudizio ladsertor in liertatem, i secondi invece dovevano farsi sostituire dal tutor e dal curator; il tutor sostituiva linfans, limpubere assente o impedito mentre il curator sostituiva il furiosus, il malato di mete il prodigo interdetto. Anche le persone fisiche capaci potevano farsi sostituire o da un cognitor (nominato con atto formale unilaterale) o dal proprio procurator omnium bonorum

o in mancanza da un procurator specifico (ad litem) AZIONI E FORMULE Gli atti con cui lattore iniziava e portava avanti i processo anche se non erano pi formali seguivano un determinato modello. Lattivit concreta dellattore e il modello che seguiva venivano chiamati actio. Lactio formulare era specifica per ciascuna situazione da far valere e veniva contrassegnata dalla formula. Le actiones erano elencate dagli editti dei pretori, degli edili curuli e dei governatori provinciali; erano dunque tipiche e corrispondevano ciascuna ad una situazione radicate o nel campo dello ius civile o nel campo dello ius honorarium. Tale tipicit non era tuttavia insuperabile poich i magistrati conservarono sino alla fine del periodo classico il potere di concedere con decreto unactio capace di tutelare una situazione giuridica nuova. Le forme elencate negli editti erano adattabili. La formula serviva, come abbiamo visto, a determinare il compito del giudice indicandogli che cosa doveva risultargli vero o non vero per poter e dover condannare il convenuto e, se del caso, come e a quanto doveva stabilire lammontare delle condanna. In teoria le parti e il magistrato avrebbero potuto redigere la formula nel modo che in concreto apparisse pi conveniente per la precisa determinazione del compito del giudice. Man mano si venderono individuando distinte clausole aventi ciascuna una particolare funzione nella complessiva architettura della formula; esse erano precedute dallindicazione del nome del

idex o del recuperatores, Gaio le chiama partes formularum e ne indica quattro: v La ; indicava il fatto o i fatti da cui era nata la controversia. Essa veniva inclus nelle formule, in cui n lintentio (in quanto generica) n altre clausole offrivano al giudice elementi sufficienti per stabilire se il convenuto doveva essere condannato o assolto; v L ; secondo Gaio la parte della formula con cui lattore enuncia la sua pretesa. Tale definizione non del tutto esatta poich bene vero che lintentio la pretesa dellattore ma spesso in forma ipotetica e sempre come oggetto dellaccertamento del giudice. Nellintetio cio non parla lattore, enunciando la sua pretesa, ma questa pretesa enunciata come condizione della condanna del convenuto; v L; era la tipica clausola delle formule divisorie; conferiva al giudice il potere di attribuire a ciascuna parte beni o diritti proporzionalmente alla misura in cui essa partecipava alleredit o alla propriet comune; v La ; era la conclusione logica a cui portavano le altre clausole della formula. Queste sottoponevano allaccertamento del giudice luna o laltra situazione giuridica e luna o laltra circostanza di fatto: se lccertamento era favorevole allattore, il giudice aveva il potere dovere di condannare il convenuto; in caso contrario aveva il potere di assolverlo. Oggetto dell condemnatio era sempre una somma di denaro.; qualora lactio aveva un oggetto non

patrimoniale o non valutabile con precisi parametri essa demandava talvolta al giudice la valutazione discrezionale della somma della condanna sulla base del bonorum et aequum). Nella condemnatio incerta pecuniae il pretore poteva ritenere opportuno limitare il potere del giudice, indicando la somma massime a cui la condanna poteva ammontare (taxatio). Le clausole appena viste non si trovavano insieme in tutte le formule, spesso bastavano lintentio e la condemnatio (ex formula dellactio certae crediate pecuniae, sia giudice Tizio, se risulta (al giudice)che Numerio deve dare a Aulo 10000 sesterzi, il giudice condanni Numerio a 10000 sesterzi nei confronti di Aulo. Se non gli risulta lo assolva). Se lintentio era incerta occorreva anceh la demonstratio (Ex actio incerti ex stipulatio, sia giudice Tizio, posto che A si fatto promettere da N lo scavo di un fosso nel fondo C, tutto ci che per tale fatto N deve dare fare ad A, a ci il giudice condanni N ad A; se non gli risulta lo assolva). Solo nelle azione delle formule divisorie potevano tutte e quattro le clausole. Vi erano poi formule costituite dalla sola intentio, si trattava delle praeiudiciales formulae con le quali si demandava al giudice laccertamento di uno status o di unaltra situazione che costituiva un presupposto per la decisione di una controversia (ex laccertamento se una persona era o no libertus di unaltra, per decidere se quella potesse pretendere da questa lobsequium e le opera a cui i liberti erano tenuti.

Esistevano anche formule senza intentio, nelle quali la demonstrati, elencando gli esenziali elementi di fatto, poneva le basi per la conndemnatio (ex lactio iniuriarum, siano recuperatori Tizio e Sempronio, Mevio, posto che da N stata colpita ad A la guancia con un pugno, quanto denaro parr buono e giusto ai recuperatori che Nsia condannato ad A; se non risulta a loro lo assolvano. Come non tutte le clausole non erano necessarie per comporre i singoli schemi di formule, cosi non di rado esse non erano sufficienti per comporre le varie formule concrete, ma ne occorrevano altre. Innanzitutto vi erano le clausole che servivano alla difesa del convenuto; queste potevano limitarsi a negare quanto affermato dallattore nelintentio in ius,potevano dedurre fatti o circostanze che, se veri, avrebbero reso infondata lintentio secondo il ius civile, oppure potevano dedurre fatti e circostanze che avrebbero giustificato , da un punto di vista etico sociale, la sua assoluzione. Al limite se la verit dei fatti non era contestata o appariva palese, il pretore poteva denegare actionem, ossia non concedere lactio e impedire la prosecuzione del processo; se invece la verit degli tti non gli appariva certa o non riteneva opportuno denegare lazione, egli poteva demandare al giudice laccertamento dei fatti e il conseguente provvedimento. A questo fine il pretore cominci col inserire o far inserire allinizio della formula una clausola chiamata praescriptio; essa dava luogo ad una specie di

accertamento preliminare sui fatti addotti dal convenuto: se questi fatti gli risultavano falsi il giudice giudicava sul resto della causa, se invece gli risultavano veri il processo non proseguiva, allo stesso modo che se il pretore avesse pronunciato la denegatio actionis. Simili praescriptio caddero subito in disuso e vennero rimpiazzate dal exceptio, questa presentava vantaggi rispetto alla prima soprattutto dal punto di vista del contenuto, essa veniva inserita nella formula dopo lintentio e prima della condemnatio e il suo tenore riproduceva in negativo lallegazione fatta dal convenuto a propria difesa. Le exceptio solevano essere distinte in peremptoriae e dilatoriae, le prime erano sempre proponibili e rendevano perpetuamente infondata lazione, le seconde erano proponibili solo per un certo tempo e in certe circostanze e quindi miravano da parte del convenuto a fare rinviare lesercizio dellazione. Accadeva talvolta che un exeptio, la quale a primo aspetto appariva giusta, nocesse iniquamente allattore, in tal caso si consentiva a questultimo di aggiungere alla formula ancora una clausola contenente lindicazione di un altro fatto, allegato questa volta dallattore. Qualora il convenuto venisse a sua volta ingiustamente leso dalla rilevanza accordata a questultimo fatto il pretore lo poteva ascoltare e consentirgli di aggiungere un ulteriore anello (duplicattio) alla catena delle allegazioni. CLASSIFICAZIONE DELLE ACTIONES

La distinzione fondamentale secondo Gaio quella tra actiones in personam e actiones in rem, essa rispecchiava quella fra diritti dobbligazione e diritti reali. Deve aggiungersi che nel periodo preclassicoe classico tale distinzione era molto netta e occupava un aposizione centrale nel sistema giuridico pi che non nel periodo postclassico e giustinianeo. Quasi importante come la precedente era la distinzione tra actiones civilis e actiones honorariae, da ricordare che le seconde potevano essere tanto in factum che in ius conceptae (questultime si distinguevano da quelle civili, perch la loro formula comprendeva una fictio, una trasposizione di soggetti o un latro adattamento). La maggior parte delle azioni tendeva a reintegrare linteresse patrimoniale dellattore leso dalla violazione della sua situazione giuridica (rem persequimur). Altre azioni erano invece penali, lesistenza di tali azioni dipendeva dalla concezione romana secondo cui certi delitti ledevano solo un soggetto privato il quale era allora legittimato non tanto ad ottenere la reintegrazione dellinteresse leso, quanto invece ad infliggere una pena, che consisteva in una somma di denaro. Una categoria a se era quella delle catione populares; riguardavano interessi collettivi o pubblici, in particolare la riscossione di multe previste da norme per varie violazioni, ma potevano essere esperite da qualunque cittadino e, se esperite da uno non potevano pi esserlo da un altro. In caso di azione vittoriosa, la condanna, per lo pi, andava a vantaggio dellattore;

talvolta era per stabilito che egli dovesse in parte o in blocco trasmettere limporto al popolo romano. LO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO IN IURE Il processo cominciava e si svolgeva per effetto di atti di iniziativa e dimpulso di parte, tali atti costituivano nel loro insieme lactio; i contrapposti atti del convenuto costituivano la sua defensioo specificamente la sua infitatio Chi voleva agire doveva rendere nota, al futuro convenuto, lazione che intendeva esperire (editio actionis). Ulpiano indica i vari modi in cui questa poteva compiersi, fra cui per espio ricordiamo il scrivere il nome dellazione e della relativa formula in un foglio, bigliettino (libellus) e consegnarlo allavversario. La presenza del convenuto davanti al magistrato (in iure) era indispensabile poich il processo potesse cominciare e proseguire, per ottenere tale presenza il modo normale era in ius vacatio, essa poteva essere compiuta dovunque lattore incontrasse lavversario, ma di regola non dentro la sua casa (era vietato farlo uscire con la forza da casa). Il vocatus doveva seguire immediatamente il vocans, egli poteva rinviare la propria comparizione dando un vindex; questi garantiva la comparizione del vacatus nel giorno stabilito dal pretore, in mancanza egli era soggetto ad un actio pretoria che portava alla sua condanna. Il vacatus che non obbediva alla chiamata, e non dava un vindex, poteva anche in questo periodo essere condotto in ius con la forza. Se lattore non poteva/voleva

ricorrere alla forza il pretore gli concedeva unazione in factum penale. Lin ius vacatio era sempre possibile ma tra persone di un certo livello si preferiva il ricordo al vadimonium; questo consisteva in unintimazione a comparire un certo giorno in un certo luogo e nella correlativa stipulatio conclusa fra le due parti e avente di regola una somma di denaro che il citato si impegnava a pagare se non fosse comparso. Comparse le parte dinnanzi al magistrato lattore rinnovava e precisava la sua editio actionis che valeva sia come enunciazione della propria pretesa sia come intimazione ad accettare la formula edita per base del giudizio sia, infine, come oggetto della litis contestatio. Contemporaneamente lattore rivolgeva al magistrato la postulatio actionis, ossia gli chiedeva di concedergli lazione e di approvare la formula indicata elleditio actionis. Questultima poteva essere co piuta anche da persona diversa dallattore o dal convenuto, ci accadeva necessariamente a volte, in quanto leditto proibiva ad alcuni soggetti di postulare (ex minori di 17 anni, sordi). A questo punto il convenuto poteva o riconoscere fondata lazione o contestarne il fondamento. Nel primo caso faceva la confessio in iure; consisteva in una esplicita (ma sembra non formale) dichiarazione conforme al conteuto dellintentio: per esempio che il fondo Corneliano di cui si trattava era del attore. La confessio relativa aun credito di denaro aveva la stessa efficacia di una sentenza di condanna, quella relativa a

un credito di cosa determinata dava luogo al procedimento dellazione ma con la formula modificata in modo che il giudice dovesse presupporre la sussistenza del credito e limitarsi a condannare il convenuto, previa aestimatiodella cosa. Analogamente l confessio relativa a unazione in rem oppure in persona con clausola restitutoria imponeva al giudice di invitare il convenuto alla restitutio e di pronunciare, in mancanza di questa, la sua condanna pecuniaria. Infine la confessio consistente nel riconoscimento di unobbligazione di incertum non sembra influisse sul corso del procedimento in ius ne determinasse una modificazione della formula. Se il convenuto resisteva allazione, aveva prima di tutto linteresse di far redigere la formula nel modo che gli apparisse pi favorevole a tale contestazione. Il convenuto poteva non rispondere, evitava quindi sia di contestare sia di confessare, ci lo lasciava libero di prendere poi qualsiasi posizione, ma siccome il processo in esame aveva bisogno per il suo svolgimento la collaborazione del convenuto, ci gli concedeva anche di paralizzare tale svolgimento. Proprio per questo il non rispondere venne messo accanto ad altri comportamenti negativi che davano vita ad effetti sfavorevoli (ex se lactio era in personam davano vita alle misure coercitivo-esecutive della ductio del convenuto e della missino nel suo patrimonio, se latto era in rem, allautorizzazione del pretore allautore di prendere e portare via la cosa mobile in ius (duci vel ferri)).

Il processo oltre dalla confessio e dal non rispondere il processo poteva essere abbreviato dal giuramento, in qualche caso il pretore autorizzava allautore di deferire al convenuto di prestare giuramento, se il convenuto non giurava di non dovere il pretore autorizzava contro di lui le varie misure esecutive, se invece giurava non poteva pi essere perseguito. Il convenuto poteva anche deferire il giuramento allattore, sfidandolo a giurare che esisteva il dare opportere, se egli giurava il convenuto era costretto a pagare, se non giurava non poteva pi agire. Altro giuramento era quello deferito, ogni momento, dallattore al convenuto o viceversa e liberamente accettato, il suo rifiuto non aveva nessuna conseguenza, salvo linfluire come indizio sfavorevole nel processo. Se il processo aveva il suo corso normale si aveva a questo punto un dibattimento fra attore e convenuto sotto la direzione e la guida del magistrato riguardo al testo della formula, in tal contesto il magistrato compiva la causae cognitio, ossia valutava sommariamente gli elementi della causa, stabilendo se lazione fosse da denegare in quanto manifestamente infondata o in quanto avente effetti iniqui. Oggetto di tale cognitio era anche lopportunit di concedere, con decreto, unazione non corrispondente a nessuno degli schemi esistenti nelleditto. Era necessario a questo punto compiere la scelta del giudice e dei recuperationes; prima di tutto bisognava stabilire se si nominava un idex o un collegio di

recuperationes, ci era probabilmente prestabilito nello schema della formula prevista dalleditto. Poi il iudex o il colleggio veniva scelto tra quelli nelle liste ufficiali. Prima che si giungesse ai due atti finali del processo in iure occorreva che ciascuna parte fornisse le garanzie (satistationes) eventualmente richieste circa il proprio comportamento nel processo apud iudicem e /o dopo la pronuncia della sentenza. Il processo i iure culminava con il decreto del magistrato chiamato iudicium dare o iudicii datio e con la la litis contestatio conclusa dalle parti. Il decreto del magistrato poteva rappresentare o: Lapprovazione e quindi la concessione della formula proposta dallattore mediante la sua definitiva postulatio actionis; Il rilascio della formula che il magistrato, visto landamento del processo, reputava la pi adatta a far valere la situazione dellattore nei confronti del convenuto e nelle concrete circostanze in cui ci si trovava. Se il magistrato non intendeva iudicium dare emanava il provvedimento negativo consistente nel denegare (non dare) iudicium(actionem) ( c.d. denegatio actionis). Se il provvedimento era positivo si procedeva alla litis conetstatio; tale era un negozio giuridico con cui lattore proponeva al convenuto la formula approvata o rilasciata dal magistrato, e il convenuto laccettava. A questo punto il giudice si vedeva riconosciuto il

potere/dovere di giudicare. Se il convenuto non accettava la litis contetsatio non si perfezionava e lui incorreva in sanzioni, quali, in caso di actio in personam, la ductio della sua persona, la missio in possessionem e la bonorum venditio; in caso di actio in rem, il trasferimento della cosa allattore o il trasferimento a lui dellesercizio del ius: tali sanzioni erano simili a quelle che, se il processo fosse continuato, avrebbe subito se soccombente. IL PROCESSO DINNANZI AL GIUDICE Questa del processo era propriamente il iudicium; esso poteva essere legittimum o imperio continens e durare fino a 18 mesi o fino alluscita di carica del magistrato che lo aveva concesso. Di esso si conosce molto poco; si sa che, almeno per un certo tempo esso soleva cominciare con una comperendinatio che era unintimazione a comparire dinnanzi l giudice nel comperendinum diem (il dopodomani) e si hanno alcune notizie sulle prove. Punto da sottolineare che si certi che il giudice doveva obbedire aliussum iudicandi e alla formula ad esso inerente; inoltre egli, anche dopo aver ricevuto tale iussum e avere cominciato a svolgere i propri compiti, in sua conformit, rimaneva soggetto agli ordini del magistrato e anche di chi avesse un potere maggiore (maius imperium). Ultimo punto da sottolineare che il iudicium poteva svolgersi anche in assenza di una delle parti, ma in tal caso il giudice doveva pronunciare la sentenza in favore della parte presente.

Nucleo essenziale del processo era costituito dallassunzione e discussione delle prove; tale materia era quasi esclusivo monopolio dei maestri di retorica. Una sola questione attir lattenzione dei giuristi: quella del c.d. onere della prova. Si trattava di stabilire a chi toccava dare la prova di dati fatti e a chi, di conseguenza noceva la mancanza o linsufficienza di tale prova. Il giudice doveva dare torto alla parte che, avendo lonere, aveva fornito una prova inadeguata o nessuna prova. In massima i giuristi ritennero che la prova dei fatti costitutivi della situazione giuridica fatta valere toccasse allattore, e quella dei fatti che avrebbero impedito o estinto tale situazione toccasse al convenuto. Non esistevano regole giuridiche circa lammissibilit e lefficacia delle prove; dominava, in tal contesto, il principio, anche se non formalizzato, del libero convincimento da parte del giudice, si intendeva che poteva prestare ascolto a qualsiasi di prova le parti utilizzassero e riconoscere loro il grado di credibilit che nel singolo caso gli sembrasse giusto. Unanalisi di tutte le possibili prove sembra qui fuori luogo, analizziamo solo quelle pi importanti: i documenti scritti e i testimoni. I rpimi consistevano quasi sempre in tavolette cerate e, tranne qualche eccezione, avevano unicamente effetto probatorio, infatti il negozio giuridico era stato concluso allinfuori del documento. Copia dei documenti attestanti il negozio, come sappiamo, doveva essere fatta conoscere al convenuto prima

dellin ius vacatio o del vadimonium. Il documento originale veniva poi esibito davanti al giudice; in alcuni casi linteressato poteva ottenere lesibizione del documento dallavversario o da un terzo, con lactio ad exhibendum. Il punto debole di tali documenti era la possibilit di falsificazione. La prima garanzia contro di essa fu il sigillo apposto sulla parte posteriore della tavoletta da un certo numero di testimoni, essa poi fu integrata da una seconda garanzia consistente nellimpiego di una funicella fatta passare attraverso i fori delle tavolette e annodata e tenuta fissa sulla parete posteriore dellultima tavoletta con i sigilli dei testimoni. La legge di Silla incominci la repressione penale del falso, essa fu continuata con senatoconsulti e editti imperiali nel corso del I secolo d.C. Se una sentenza era stata emanata sulla base di documenti poi riconosciuto falsi nel processo penale contro il falsario, si poteva ottenere la rescissione della sentenza con restituzione in integro. Prova principale nel periodo pre classico e classico erano i testimoni; il ricorso ad essi era frequente perch lefficacia della prova da essi fornita non era subordinata a quella di nessunaltra prova. Due erano i tipi di testimonianza, quella data per iscritto e quella concessa oralmente. La prima rivestiva meno importanza della seconda in quanto erano pi facilmente attaccabili nel processo dallavvocato della parte contro interessata. Egli poteva infatti affermare che il testimone non si era sentito di fornire la stessa testimonianza in un aula del tribunale, dove egli sarebbe stato sottoposto alle sue insidiose domande e

non avrebbe saputo ribadire le sue affermazioni. Le testimonianze orali erano assunte in udienza. LA SENTENZA E I SUOI EFFETTI Vi erano processi che, per il modo in cui era redatta la formula, comportavano due distinte pronuncie del giudice. Si trattava di quelli la cui formula comprendeva la clausola restitutoria. Il giudice doveva allora, nel caso accertasse che aveva ragione, fare una pronuntiatio in cui dichiarava la fondatezza dellintentio (ex che la cosa di cui si trattava era dellattore) e conseguentemente invitare il convenuto alla restitutio indicandone il preciso contenuto; verificando poi che la restitutio era o non era stata fatta, addivenire alla pronuncia definitiva, ossia assolvere il convenuto oppure condannarlo, previo in questo secondo caso il deferimento allattore dellius iurandum in litem con eventuale fissazione della somma massima fino alla quale esso sarebbe stato per lui vincolante. La deliberazione della sentenza, in caso di iudex unus, non dava luogo a problemi; tale giudice per, se per qualsiasi ragione non sapeva decidersi, poteva giurare sibi on liquere (che la causa non gli era chiara) e farsi sostituire. Se invece lorgano giudicante era un collegio di recuperatores occorreva, per emanare la sentenza, che tutti fossero presenti; da notare che uno poteva astenersi presentando il giuramento su visto, in tal caso valeva la decisione degli altri o della maggioranza. Se non cera la maggioranza, Antonino Pio dispose che,

nelle liberales causa, prevalesse la decisione favorevole alla libert, mentre nelle altre la regola tradizionale era la prevalenza della decisione favorevole al convenuto. Vista dal lato degli effetti la sentenza era prima di tutto una res iudicata (cosa giudicata). Il primo effetto della sentenza era dunque la decisione della lite o controversia, ma la decisione poco sarebbe valsa se non fosse rimasta ferma, non pi modificabile. In sistemi processuali diversi da quello formulare e anche delle legis actiones, la decisione poteva essere, in seguito allappello della parte soccombente, modificata o riformata da unaltra sentenza pronunciata da un giudice gerarchicamente superiore al limite dallimperatore. Allora solo la scadenza del termine per proporre lappello o lesaurirsi delle possibilit di appello rendevano definitiva la decisione. Nel sistema formulare che, come nelle l.a., non conosceva appello, la decisione era definitiva non appena pronunziata. Si aveva quella che alcuni testi chiamano auctoritas rei iudicatae. Laltro fondamentale effetto era la nascita dellobligatio, ossia del iudicatum facere oportere; tale si produceva, in quanto effetto di ius civile, si produceva solo se la sentenza era stata pronunziata in un iudicium legitimus. Nel caso invece essa fosse stata pronunziata in un iudicium imperium continens, il vincolo da esso nato non era propriamente un oligatio, ma aveva natura onoraria pur con una portata sostanzialmente analoga. Lobligato iudicati, si faceva valere con lactio iudicati; il vincolo onorario con

unactio in factum, analoga allactio iudicati: entrambe erano esperibili solo 30 giorni dopo la pronuncia della sentenza. La nullit della sentenza poteva derivare da varie cause: dallincompetenza del magistrato, dallincapacit del giudice o dalla mancanza dei requisiti per la sua nomina, dalla discrepanza tra sentenza e formula Tale nullit oltre che ome difesa contro lactio iudicati, poteva essere fatta valere con unautonama revocatio in duplum, in seguito alla quale il condannato, se era soccombente, veniva condannato al doppio, come nellactio iudicati. LESECUZIONE FORZATA SULLA PERSONA (DUCTIO) E SUI BENI (MISSIO IN POSSESSIONEM E BONORUM VENDITIO) Nel periodo pre classico e classico lesecuzione sulla persona era ancora possibile. Fino alla lex Iulia iudiciorum privatoru rimase possibile la manus inectio, la quale ormai, grazie alla lex Vallia permetteva al convenuto di respingere da se la mano e di difendersi da solo, tranne i due casi delliudicatus e dello sponsor nei quali occorreva ancora, al convenuto che voleva contestare, il vindex. Lesecuzione sui beni era pi soddisfacente per lattore dellesecuzione sulla persona e divenne, in pratica, sempre pi frequente. Essa cominciava con la richiesta dellattore al magistrato di autorizzarlo a immettersi nel possesso del patrimonio (missino in possesionem o in bona). leditto pretorio elencava una serie di persone nei cui confronti il magistrato poteva accogliere la

richiesta dellattore, accanto al iudicatus e al confessus certae pecuniae, vi era colui che: Non si sar difeso come doveroso, Si nasconder fraudolentemente; Assente al processo, non sar difeso; Risulter senza eredi. La missino serviva innanzitutto a conservare il patrimonio nello stato in cui era, evitando alienazione di beni e loro deterioramenti (tale funzione era chiamata missio rei servandae causa). Lattuazione della missino, ottenuto il decreto autorizzativi del magistrato, era opera dellattore. Il magistrato si limitava a stabilire una pena pecuniaria perseguibile con actio in factum a carico del convenuto che impedisse o si riprendesse i beni. Entrato possesso, lattore doveva entra 30 giorni (15, se i beni erano di un defunto) fare la proscriptio bonorum, la quale sia rendeva nota la presa di possesso agli altri creditori sia preparava alla vendita. Gli altri creditori potevano anchessi immettersi nel possesso, pur non avendo i titoli che li avrebbero legittimati a chiedere la missio. Se il possesso dei creditori si protraeva oltre il tempo ordinario il magistrato nominava un curator bonorum con il compito principale di amministrare i beni. Nei casi normali il magistrer predisponeva le condizioni di vendita (lexvenditionis) e il magistrato le approvava, autorizzando nel contempo la bonorum venditio. Il magister procedeva quindi a tale vendita mediante unasta, nella quale le offerte degli aspiranti

non avevano come oggetto il prezzo globale del patrimonio, bens la misura in cui i creditori sarebbero stati pagati. Al riguardo bisogna distinguere i creditori che avevano un privilegium erigendi (privilegio di riscossione) dagli altri (gi chiamati chirografari). La lex venditionis doveva elencare i creditori, distinguendo i privilegiati dagli altri e indicando lammontare dei loro crediti; tale elenco serviva ai concorrenti allasta per calcolare se erano in grado di offrire il pagamento integrale dei creditori privilegiati e quello (integrale o in percentuale) degli altri. Se essi giudicavano, insufficiente il patrimonio, offrivano il pagamento dei creditori privilegiati solo in parte, operava fra essi un ordine di preferenza stabilito dal pretore o dalle costituzioni imperiali, e primo fra tutti doveva essere sempre pagato il fisco. Promesso il soddisfacimento di tutti i creditori privilegiati agli altri veniva offerta la medesima percentuale, vigeva fra essi infatti la par conditio creditorum (uguale condizione dei creditori). Naturalmente lasta era vinta da chi offriva il pagamento in pi alta misura al limite al cento per cento ai creditori chirografari. Con lui il magiste concludeva la bonorum vendictio. Conclusa la vendita il debitore risultava espropriato e incorreva nellinfamia. Il bonorum emptor diventava suo successore pretorio, poiche missio e bonorum vendictio erano istituzioni pretorie. Egli doveva soddisfare i creditori nella misura pattuita, in mancanza di tale soddisfacimento i creditori potevano esperire contro di

lui la stessa azione,adattata, che potevano esperire contro il debitore espropriato. Il debitore insolvente poteva evitare lesecuzione sulla persona e linfamia derivante dalla bonorum venditio facendo la cessio bonorum (abbandono dei beni ai creditori) prevista da una lex Iulia; il debitore doveva dichiarare questa sua disponibilit al magistrato, i creditori venivano per soddisfatti con la normale procedura della bonorum venditio. CAP V PERSONE E FAMIGLIA Per i Romani soggetto del diritto sono le persone fisiche e le persone giuridiche. Per Diritto Romano, non tutte le persone sono titolari di diritti soggettivi. Occorre la nascita, il completo distacco del feto nato vivo dalla madre. Certamente gi in epoca preclassica e classica furono considerate esistenti a certi effetti giuridici, specie in campo successorio, anche persone non nate purch concepite. La giurisprudenza si pose il problema, risolto in modo casistica, se potesse essere considerato nato lessere qualificabile come monstrum o privo di possibilit di sopravvivere. Sempre la giurisprudenza, nel caso di morte di pi persone ne