Islam

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In questo pps vi sono quasi tutte le slide utilizzate in classe per spiegare l'Islam. Mancano gli excurs e i video.

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Islam (“sottomissione a Dio”) è la denominazione scelta da Muhammad (Maometto) per la religione da lui predicata.

Indica il sistema di credenze e di riti basati principalmente sul Corano, che è il libro sacro.

Gli aderenti a questa religione si chiamano mussulmani, da muslim, “il sottomesso”, cioè colui che abbraccia l’islam e lo segue fedelmente.

L’Islam è al tempo stesso religione e comunità temporale, una comunità che riunisce da un lato i rapporti del credente con Dio, dall’altro i rapporti dei credenti tra loro. L’Islam è internazionale e tende a eliminare le differenze etnico-sociali. Il termine per indicare questo concetto di popolo e nazione, di “coloro che vogliono vivere insieme” è umma (comunità) e questa è la fierezza mussulmana. Qualunque sia la gerarchia sociale del paese in cui vive, il mussulmano non dimentica che “tutti i credenti mussulmani sono fratelli” (Corano, sura 3,110)

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Muhammad (“colui che è lodato”) nacque verso il 570 d.C. alla Mecca, da un ramo collaterale e impoverito della nobile famiglia dei Quraishiti. Rimasto orfano ben presto, dovette lavorare come pastore, finché fu assunto dalla ricca vedova Khadigiah come cammelliere e poi come capo delle sue carovane commerciali; più tardi, venticinquenne, egli sposò la vedova, più vecchia di lui di quindici anni.

Grazie a una serie di visioni avute in una grotta alla Mecca, in cui, secondo la tradizione, gli si presentò l’arcangelo Gabriele, egli si convinse di essere stato eletto come “profeta” degli arabi, per annunciare l’unicità di Allah, che era una delle divinità allora venerate in un ambiente politeista in cui vigevano i culti più svariati (per es. la litolatria, culto delle pietre ritenute sacre).

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A poco a poco gli si raccolsero intorno anche alcune personalità influenti; però l’opposizione della maggior parte dei cittadini della Mecca contro di lui era così forte, che egli decise di lasciare la città natale e di trasferirsi a Medina (“città del profeta”).

Questo trasferimento (egira) ebbe luogo il 15-16 luglio del 622 e da questo punto, i mussulmani cominciano a contare il tempo.

Maometto divenne una delle persone più influenti di Medina e nel 630 conquistò la Mecca con il suo esercito e divenne il capo di uno stato teocratico a cui aderirono sempre più tribù arabe.

Morì l’8 giugno del 632. L’espansione dell’Islam proseguì grazie ai califfi, suoi successori.

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Dopo la morte di Muhammad l’islam si divise in alcune correnti che differiscono tra di loro per alcune sfumature nelle convinzioni teologiche e politiche:

i sunniti, che derivano il loro nome dalla sunnah, la tradizione del Profeta riconosciuta dalle principali scuole giuridiche

gli sciiti, gli appartenenti, cioè, alla shia, partito di Ali, il genero del Profeta, riconosciuto come suo unico legittimo successore;

vi è poi il gruppo minoritario dei karajiti, che rappresentano una corrente assai rigorista.

Come in gran parte delle religioni, anche nell’Islam è presente una vena di misticismo. Alla corrente mistica appartengono i sufi, la cui spiritualità si caratterizza per la ricerca dell’amore puro e disinteressato.

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Allah è considerato l’unico Dio, creatore del mondo e dell’uomo. Egli è venerato con 99 “nomi belli”, ognuno dei quali esprime un aspetto della sua personalità. L’islam insegna che esiste un centesimo nome che non è mai stato rivelato: Dio infatti supera ogni conoscenza umana.

L’uomo è Abd Allah, il servo, lo schiavo, il dipendente dalla divinità. Il mondo ultraterreno è popolato da angeli, dei quali il più importante è Gabriele, spiriti (ginn), demoni che però non intaccano l’unicità di Dio, cui si oppone Iblis (Satana), come forza del male.

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“Dio ha 99 nomi, ossia 100 meno 1; chi li conoscerà entrerà in Paradiso” dice un testo profetico islamico. I 99 nomi sono in realtà attributi di Dio: Egli è, ad esempio, il Grande, il Supremo, l’Onnipotente, il Saggio, l’Onnisciente, il Giusto …

L’islam riconosce al nome di Dio un valore particolare. Il Nome esprime l’essenza di Dio, ne esprime l’identità. Pronunciare i nomi di Dio è invocare la presenza di Dio,

Anche la tradizione ebraicatradizione ebraica ha una concezione simile rispetto al nome divino, ma si risolve in una pratica opposta: se pronunciarlo equivale a divulgarne l’essenza è meglio tenerlo nascosto, perché non se ne faccia un cattivo uso. Del tetragramma ebraico יהוח non si conosce tuttora la pronuncia.

Il cristianesimoIl cristianesimo, invece, mette in pratica un uso simile a quello islamico: il nome di Gesù diviene “nutrimento, luce, rimedio” secondo i mistici medievali; e un’antica pratica mistica dice di associare il nome di Gesù al proprio respiro.

Se dunque il nome di Dio è così importante per chi crede e pronuncialo equivale a “entrare in Paradiso” perché Uno è nascosto? Il centesimo nome di Dio o Grande Nome non è noto. Si dice che per trovarlo si debbano contare le parole del Corano in ordine inverso (accoppiando la prima e l’ultima): l’ultima parola che rimane, nel mezzo è il Grande Nome. La tradizione mussulmana vuole che Muhammad lo conoscesse e così pochi eletti.

Per un importante mistico dell’islam, Al-Buni, il Grande Nome è l’uomo stesso.

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Muhammad insegnò che gli articoli della fede islamica sono seisei:

1. Credere in Allah, uno, unico, il quale non ha compartecipi nella sua qualità divina, a nessun titolo («Egli è l’unico «Egli è l’unico Dio, il Dio eterno. Egli non genera e non Dio, il Dio eterno. Egli non genera e non è generato, e nessuno è pari a lui»è generato, e nessuno è pari a lui» sura CXIICXII);

2. Credere nell’esistenza degli angeli di Allah, ma senza alcun titolo per ricevere culto e senza il potere di fare grazie;

3. Credere nell’origine divina dei libri indicati nel Corano come provenienti da Allah (i figli di Abramo, la Torah, i Salmi, il Vangelo, il Corano) di cui tuttavia solamente il Corano contiene il testo integrale, incontaminato da manipolazione umana, della parola di Allah;

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4. Credere nella missione apostolico-profetica affidata a Muhammad, avente come destinatari tutti gli uomini, e nei messaggeri di Allah, inviati prima di lui, tra i quali hanno posizioni di rilievo Adamo, Noè, Ismaele, Isacco, Giacobbe, Mosè, Salomone, Davide, Gesù, Giovanni;

5. Credere nell’esistenza di una vita futura, nella quale, dopo il giorno del giudizio, ogni uomo, in relazione alla sua vita terrena, sarà introdotto nel luogo dell’eterna beatitudine o nel luogo dell’eterno tormento. Se la vita terrena sarà stata vissuta in obbedienza ad Allah, si apriranno le porte del paradiso, mentre se la vita terrena sarà stata caratterizzata dalla disobbedienza, si spalancheranno le porte dell’inferno;

6. Credere nella provenienza dal decreto divino sia del bene sia del male. Nulla accade per caso, per fortuna o per sfortuna, ma tutto ha origine dalla volontà di Allah.

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Maometto, profeta e messaggero di Dio, non si riteneva il fondatore di una nuova religione, ma l’alfiere dell’unica religione originaria monoteistica, vera in assoluto e annunciata sin dagli albori dei tempi.

Per rafforzare l’idea che egli facesse parte di una lunga linea di profeti che si erano succeduti dai tempi più remoti e in luoghi diversi, il Corano contiene le storie di alcuni profeti della tradizione giudaico-cristiana. È il caso di Abramo, ritenuto il primo monoteista e quindi il primo musulmano (Sura XXVI, 69-102 e XIX,41-49). Abramo, khalili Allah, ossia l’amico di Dio (Sura

IX,125), sarebbe in origine un idolatra, che decide, poi, di ribellarsi al culto del padre Adhar (sura VI,74), convertendosi al monoteismo.

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Per l’islam il problema delle fonti coraniche non si pone: Allah è l’autore di ogni scrittura rivelata. Ma in sede storico-comparativa, a partire dalle stesse ammissioni del testo sacro che si autodefinisce come “conferma” di testi precedenti, non si può non soffermarsi sui numerosi versetti che parlano di personaggi, popoli ed episodi della Bibbia, talvolta per accenni, spesso in storie compiute o in riassunti più o meno divergenti rispetto al dettato antico e neotestamentario. Il Corano menziona esplicitamente la Torah, i Salmi, il Vangelo (al singolare!),

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Above Image: Muhammad leads Abraham, Moses and Jesus in prayer. from medieval Persian manuscriptSource: The Middle Ages. An Illustrated History by Barbara Hanawalt (Oxford University Press, 1998)

Il primo personaggio biblico citato dal Corano (Sura VII) è Adamo, definito kalifà, ossia “vicario” di Dio sulla terra. Noè, invece, (Sura LXXI), è il protagonista delle vicende che narrano la “punizione” per eccellenza e la Sura segue, per sommi capi, il resoconto biblico del diluvio.

La figura biblica più citata è Mosè, del quale il Corano mostra di conoscere praticamente tutti gli episodi principali della narrazione biblica. Accanto a tanti altri personaggi biblici, un posto di rilievo lo occupa Giuseppe, al quale è dedicata un’intera sura (XII), che segue sostanzialmente il racconto della Genesi, ma la cui vicenda mira a sottolineare l’affinità profonda con Maometto.

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Gesù, ‘Isà, è «guida e luce per gli uomini» (Sura V,46); figlio di Maria vergine, è il «verbo venuto da Dio e deposto in Maria» (Sura IV, 171). Il Corano fa di Gesù una figura dai tratti marcatamente soprannaturali, ma poi ne ridimensiona il rango definendolo come semplice profeta. Gesù sarebbe l’ultimo tra i profeti che precedettero Maometto preannunciandone la venuta: «Gesù, figlio di Maria disse: “O figli d’Israele! Io sono il Messaggero di Dio a voi inviato, a conferma di quella Torah che fu data prima di me, e ad annunzio lieto di un Messaggero che verrà dopo di me e il cui nome è Ahmad!” »(Sura LXI, 6). Il discorso coranico su Gesù sembra rivolto non solo ai cristiani, ma anche agli Ebrei, ai quali si rimprovera esplicitamente di non aver voluto riconoscer la “missione” di Gesù e di aver trattato Maria da donna disonorata. Nel Corano, si dice poi, che in croce non sarebbe morto Gesù, bensì un suo sosia.

[Nella Sura XIX,16-34 si trova il racconto della concezione verginale della nascita di Gesù.]

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L’islam si fonda su cinque pilastri:cinque pilastri:

1.1. La testimonianza (La testimonianza (Shahada). ). La testimonianza, o professione di fede, per i mussulmani è l’impegno a non avere come padrone altri che Allah e di non prendere, come maestro di vita e come modello di comportamento, altri che il profeta Muhammad. (“Attesto che non c’è divinità tranne Allah e attesto che Muhammad è l’Apostolo di Allah”. Questa frase si pronuncia davanti a testimoni e introduce nella comunità islamica).

2.2. La preghiera La preghiera (Salah). La preghiera è considerata la colonna portante dell’islam. Le preghiere quotidiane del mussulmano sono cinque ed egli le deve eseguire in condizioni di purezza rituale, nel tempo prescritto per ciascuna di esse, vestito in maniera appropriata e rivolto in direzione della Mecca.

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I tempi di preghiera sono cinque, numero fissato, secondo la tradizione, dall’angelo Gabriele, il quale nella notte che trasportò Maometto presso Allah, a Gerusalemme, pregò con il Profeta per cinque volte. Il tempo della preghiera scandisce il giorno: Alba; Mezzogiorno; Pomeriggio; Tramonto; Notte. Ogni volta il fedele è chiamato alla preghiera mediante un appello, ripetuto più volte. L’intervallo temporale utile per la preghiera non è indefinito, ma rigidamente fissato: quando esso scade, la relativa preghiera non può più essere effettuata e va recuperata in seguito.

La preghiera si svolge secondo un rituale costituito da una serie di posizioni e movimenti del corpo accompagnati da recitazioni, va fatta rivolgendosi alla Mecca e si deve esplicitare l’intenzione. Il Corano indica le formule principali da recitare, altre sono aggiunge dalla Sunna e dalla tradizione fatta risalire a Mohammad.

La purezza rituale si ottiene mediante abluzioni di alcune parti del corpo*. (La proibizione di entrare in moschea con le scarpe indosso, e l’uso generalizzato dei tappeti, sono consuetudini originate appunto dalla necessità tassativa di mantenere il più possibile purificati i luoghi destinati alla preghiera).

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Oltre alle preghiere giornaliere i credenti si raccolgono settimanalmente nella moschea. Il giorno della preghiera è il venerdìvenerdì, ma in realtà non è un vero e proprio giorno festivo, come la domenica o lo shabbat, il lavoro, infatti, viene sospeso solo per il tempo necessario al rito. La preghiera del venerdì ha una funzione soprattutto sociale, è il momento di riunione di tutta la comunità islamica. Il venerdì si chiama “giorno della congregazione” e in esso si svolge, nel tempo della preghiera del mezzogiorno, la preghiera congregazionale della comunità dei credenti che vivono in una località. Colui che dirige la preghiera congregazionale si chiama imamimam e uno degli elementi essenziali di questa preghiera è il sermone, che in arabo si chiama: al-khutba.

La chiamata alla preghiera viene fatta a voce (al-azàn) da colui che chiama alla preghiera (el-muezzin) dall’altro del minareto (al-ma’zanah)

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3.3. L’imposta coranica (L’imposta coranica (Zakat). ). Il denaro, l’oro e l’argento, le merci, e i prodotti agricoli, i gioielli, producono a carico del loro proprietario un debito d’imposta pari al 2,50% del loro valore. Sono previsti tributi anche per il bestiame e i terreni, nonché per il tesoro nascosto e per le miniere. L’imposta si chiama coranica poiché i destinatari di essa sono indicati nel Corano. Sono: i poveri, i bisognosi, gli esattori dell’imposta, i convertiti all’islam che a causa della loro conversione all’islam abbiano subito pregiudizi patrimoniali, i prigionieri, i debitori, i viandanti, la causa di Allah.

L’ELEMOSINA RITUALEPerché la zakat non sia una mezzo per “incoraggiare all’ozio e alla pigrizia” e non divenga una forma di sfruttamento della classe produttiva a vantaggio di quella improduttiva. Chi è nella condizione di ricevere l’elemosina deve davvero essere costretto all’inattività o avere subito un danno indipendente dalla sua volontà. “La zakat è un rimedio amaro prescritto per mali precisi: se, se ne avvalgono che stanno bene, finiranno con il fare del male a se stessi, prendendo un farmaco controindicato per lo stato della loro salute, privando di un tale rimedio quelli che ne hanno bisogno”

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4.4. Il digiuno di Ramadan Il digiuno di Ramadan (Sawn). Il mese di Ramadan, è il nono mese dell’anno lunare e in tutti i giorni che lo formano (29 o 30) i mussulmani devono astenersi da cibo, bevande, rapporti coniugali e dall’introdurre nel corpo qualsiasi sostanza, nell’arco del tempo che va dalla preghiera dell’alba alla preghiera del tramonto. Il mese del digiuno è anche un mese di esercizi spirituali, che il mussulmano pratica per una sempre crescente elevazione dell’anima nell’adorazione di Allah ed è il mese in cui, secondo i mussulmani, è stato fatto scendere il Corano “guida per gli uomini, criterio per il discernimento del bene dal male”, nella “notte del destino”. Il digiuno e la veglia notturna di preghiera ogni giorno e ogni notte nel mese di Ramadan procurano, a chi li esegue con fede sincera e per amore di Allah, il perdono di tutti i peccati.

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5.5. Il pellegrinaggio (Il pellegrinaggio (Hajji). ). Il pellegrinaggio è un complesso di riti, che si svolge ogni anno nel territorio sacro della Mecca, al quale ogni mussulmano, quando ne abbia la possibilità, è tenuto a partecipare, almeno una volta nella vita. I riti del pellegrinaggio sono:

la circumambulazione della Kà’baj

la preghiera alla stazione di Abramo

la corsa tra la montagnola di Safa e quella di Marwa

la sosta nella piana di ‘Arafah

la lapidazione di Satana

il sacrificio della vittima consacrata

Il pellegrinaggio è una grande adunanza annuale dei mussulmani provenienti da tutte le parti del mondo e simboleggia l’unità della comunità islamica e del genere umano. Il pellegrinaggio si esegue negli ultimi tre mesi dell’anno lunare e i riti fondamentali si svolgono nei giorni 9 (la sosta in ‘Arafah) e 10 (il giorno del sacrificio) dell’ultimo mese dell’anno lunare.

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La moschea è l’edificio in cui si svolgono le pratiche religiose dell’islam e specialmente la preghiera congregazionale. Fu lo stesso Profeta a fondare la prima moschea a Medina.

Nei primi tempi dell’espansione islamica, la pianta schematica di una moschea è composta di un grande cortile di forma rettangolare in cui, al centro, sorge una fontana, destinata alle abluzioni dei fedeli (nel luogo sacro si deve infatti entrare purificati). Intorno al cortile corre un porticato semplice o multiplo, coperto con un tetto o con una caratteristica serie di cupolette. Sul lato del rettangolo perpendicolare alla direzione in cui si trova La Mecca c’è una nicchia, chiamata in arabo al-mihràb, che indica la direzione della preghiera. Ogni moschea ha uno o più minarti.

Dalla sua primitiva forma, con l’ampio cortile recinto e piccole costruzioni in legno addossate al muro (di cui quelle poste verso la Mecca destinate al culto e le altre ad abitazione) ben presto la moschea, oltre a essere sede di attività religiosa, diventò anche centro di vita sociale, politica e militare della comunità musulmana. In tempi successivi la moschea si caratterizza con la forma di una grande sala delle preghiere, ricoperta a tetto, a volta, a cupola. Qualche volta, il muro esterno di recinzione è fortificato per la difesa dei fedeli, in caso di attacco nemico.

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Il regime alimentare islamico si fonda sui precetti e sui divieti contenuti nel corano e nella sunna. I divieti più importanti derivano dalle antiche tradizioni semitiche e in particolare da quella ebraica.

È permesso il consumo di vegetali e di pesci, mentre è proibito il consumo di anfibi, carnivori, rapaci, suini domestici e selvatici (porco, cinghiale) e derivati dalla loro macellazione, sangue, carne di animali macellati con modalità diverse da quelle della macellazione islamica, o morti per malattia o per sbranamento. La macellazione islamica (al-zàbh) consiste nella recisione della gola (scannamento) della bestia, eseguita con una lama affilatissima. È lecito solo il consumo della carne di bestiame macellato secondo il rito islamico. Sono proibite tutte le sostanze, solide o liquide, che producono alterazione dello stato di coscienza, anche in piccole dosi. Sono, quindi, proibite le droghe e le bevande alcoliche, perché ritenute devastanti nelle loro conseguenze, sia sulla salute di chi le consuma sia sulle relazioni sociali.

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La proibizione degli alcolici trova fondamento in un episodio della vita di Muhammad. Si raccontava infatti che il Profeta fosse rimasto turbato dall’indegno spettacolo di alcuni fedeli ubriachi che recitavano erroneamente il Libro sacro. Sembra tuttavia che questa osservanza non fosse strettissima, e nei luoghi in cui non erano presenti vigneti si ricavavano bevande alcoliche da: cereali; canna da zucchero e vari frutti come i datteri, i fichi, le albicocche, le ciliegie …

Il pasto principale, in genere il serale, si consumava in compagnia, seduti a gambe incrociate su stuoie e cuscini o accovacciati sui talloni, attingendo da un piatto comune. Si mangiava con le mani, o meglio usando tre dita della mano destra, precedentemente purificata. L’unica posata era il cucchiaio, necessario per le zuppe.

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L’arte islamica è caratterizzata dall’assenza di rappresentazioni raffigurative di creature viventi. Questa caratteristica si chiama aniconismo (dal greco a = non + eikon = immagine).

Il rifiuto della rappresentazione figurativa di uomini e animali ha la sua radice nell’insegnamento di Muhammad, il quale disse: «Il giorno del Giudizio, Allah convocherà i pittori e scultori con le loro opere e ordinerà loro di farle vivere. Essi ci proveranno, ma falliranno e allora Allah dirà: “Andata all’inferno con le vostre opere e non uscitene se non dopo aver dato a esse la vita”».

Le rappresentazioni figurative antropomorfe e zoomorfe secondo Muhammad sono state, e sono, il punto di partenza di ogni culto idolatrico e l’ordigno più micidiale prodotto da Satana per indirizzare il sentimento religioso dell’uomo verso altri anziché verso Allah.

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È per questo che mai un mussulmano potrebbe realizzare opere di pittura e di scultura aventi per oggetto creature viventi.Il sentimento religioso islamico, da cui nasce il rifiuto del figurativo antropomorfo e zoomorfo, fa sì che il fedele mussulmano esprima in senso “decorativo e ornamentale” la sua sensibilità artistica. Nascono così le decorazioni dette arabeschi, nei quali il sentimenti estetico musulmano ha realizzato opere di straordinaria bellezza.Gli arabeschi sono intrecci di elementi vegetali stilizzati (fiori, foglie), oppure motivi geometrici, oppure combinazioni armoniche di elementi vegetali e geometrici, oppure, ancora, intrecci di motivi vegetali, geometrici e calligrafici. Frequenti sono anche i calligrammi, cioè “belle scritture”, principalmente di versetti del Corano o di insegnamenti di Muhammad, in uno dei numerosi stili grafici dell’alfabeto della lingua araba.

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Gli incaricati di portare al mondo il messaggio celeste si chiamano con due nomi: nabinabi e rasulrasul. Il nabi ha portato un messaggio, ma non un libro, viceversa il rasul ha portato il messaggio accompagnato da un libro celeste. Vengono riconosciuti come profeti unitamente ai profeti dell’Antico Testamento: Mosé, Davide; Gesù e Muhammad.

Il profeta, per l’islam, è uno che ricorda alla gente le verità eterne, e Muhammad è l’inviato per eccellenza, l’agente umano incaricato di portare il messaggio divino.

L’islam non possiede una gerarchia ecclesiastica. La celebrazione del servizio divino è affidata a un membro della comunità considerato idoneo per la sua saggezza oppure a un imam (modello o capo) designato dalla comunità. È usanza che celebri matrimoni e sepolture, diriga la comunità locale, dispensi i suoi consigli, ricordi la legge e i costumi islamici (sharia), I conoscitori del Corano e della legge islamica si chiamano ulema e, sebbene non formino un vero e proprio stato ecclesiastico, esercitano tuttavia una grande influenza soprattutto per i loro pareri.

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Il testo sacro dell’islam è il Corano, un’opera redatta in prosa ritmata araba, divisa in 114 capitoli (sure), ordinati in modo che dopo una breve sura iniziale i singoli pezzi si succedono in ordine decrescente secondo la loro lunghezza: la seconda sura conta 286 versi, mentre le ultime contengono soltanto pochi versi. Secondo la concezione dei mussulmani, il Corano ( = lettura) contiene le rivelazioni ricevute dal Profeta direttamente da Dio per mezzo dell’arcangelo Gabriele. Il Corano non è un testo “ispirato” da Dio (come la Bibbia), ma costituisce una vera e propria trascrizione letterale della Sua parola. Il contenuto del Corano è comunque assai vario. Si trovano: lodi a Dio; descrizioni della sua unicità, della sua grandezza, della sua misericordia; descrizione del giudizio universale; descrizione della bellezza del paradiso …

In molti passi il Corano si accosta a leggende ebraiche e cristiane, spesso rielaborate dal Profeta che non sapeva né leggere né scrivere e aveva conosciuto la Bibbia per tradizione orale.

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Grande spazio occupano nel Corano le disposizioni sul culto, sulla vita sociale e osservazioni su vicende che riguardano il profeta stesso.

Per venire incontro al mutare dei tempi e alle necessità di nuove leggi e precetti, accanto al Corano si consolidò una legge sorta dalla tradizione, la sunna (= norma).

Vi sono poi resoconti sulle parole e azioni del Profeta e dei suoi primi discepoli, che rappresentano il modello e la guida per il pensiero e l’opera di tutti i musulmani: sono chiamati hadith. Si presentano in una serie di raccolte.

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Il calendario religioso islamico comprende diversi giorni festivi e celebrazioni, secondo le precise indicazioni presenti nel Corano o in commemorazione di alcuni episodi della vita di Muhammad, dei suoi compagni e dei profeti più importanti. Il calendario islamico è lunare, ma ogni festa cambia posto rispetto alle stagioni ed è riferita alla comunità.

Due sono le feste ufficiale, considerate di precetto: quella di ‘Id al-adha e quella di ‘Id al-Fitr. Comune a entrambe le feste è la grande preghiera comunitaria, con la quale comincia la giornata festiva, che si tiene nel luogo di riunione più importante di ogni città islamica, all’aperto o nella moschea principale. In quell’occasione ognuno indossa abiti nuovi e puliti e partecipa con tutta la famiglia alla preghiera comune.

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‘Id al-adha (Festa del sacrificio) si celebra il 10 del mese di Dhu l-Hijja (ultimo mese dell’anno lunare), durante il “grande Pellegrinaggio”. “grande Pellegrinaggio”. In concomitanza con essa tutti i mussulmani che possono permetterselo, anche quelli che non partecipano al pellegrinaggio, in altre parti del mondo dell’islam, comprano un capro o un agnello e lo offrono in sacrificio, in ricordo di Abramo, cui fu concesso di offrire un animale in dono a dio, al posto di suo figlio Isacco.

Viene celebrata la suprema sottomissione di Abramo alla volontà di Dio, come anche la generosità di Dio verso il fedele.

‘Id al-Fitr (Festa dell’interruzione del digiuno) anche detta “Piccola Festa”, è celebrata il primo giorno del mese di Shawwàl (10° mese dell’anno lunare). Il digiuno (sawn) viene rotto all’alba del primo giorno successivo a quello del mese di Ramadan, di solito con un pasto frugale a base di datteri e acqua. Il significato religioso del Ramadan è la sottomissione a Dio, l’abitudine alla privazione, la forgiatura del carattere. Durante questo mese, la sera le moschee sono aperte e i fedeli possono recarvisi per pregare e recitare il Corano.

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Quando un musulmano muore, la prima notte dopo la sua inumazione gli angeli Munkar e Nakir esaminano la sua vita, ma il morto deve poi aspettare fino alla risurrezione e al giudizio universale prima che sia deciso il suo destino eterno. Solo i combattenti per la fede che morirono come martiri entrano subito dopo la morte in paradiso. Dopo il giudizio universale alla fine dei tempi vi sarà la risurrezione dei morti e secondo il giudizio divino i buoni andranno in paradiso passando su un ponte sottile come il filo di un rasoio, mentre i malvagi scivoleranno su di esso e cadranno nell’inferno. Il paradiso è descritto come un giardino ombroso, percorso da freschi corsi d’acqua, dove sono a disposizione ricchi cibi, bevande, vesti, incantevoli fanciulle …