Isabella Poggi Tiziana Panero -...

28
Isabella Poggi Tiziana Panero Dipartimento Di Scienze dell’Educazione Università Roma Tre LA M MULTIMODALITÀ DELLA C COMUNICAZIONE IN L LINGUE E C CULTURE DIVERSE

Transcript of Isabella Poggi Tiziana Panero -...

Isabella Poggi Tiziana Panero

DipartimentoDi Scienze dell’Educazione

Università Roma Tre

LLAA MMUULLTTIIMMOODDAALLIITTÀÀ DDEELLLLAACCOOMMUUNNIICCAAZZIIOONNEE

IINN LLIINNGGUUEE EE CCUULLTTUURREE DDIIVVEERRSSEE

1. La comunicazione

E’ in atto un processo di comunicazione ogni volta che un MITTENTE ha lo SCOPO di FAR

SAPERE qualcosa, cioè far capire un certo significato (informare di una nostra emozione,un desiderio, un certo fatto….) a un DESTINATARIO, e per questo produce un SEGNALE, cioèqualcosa di percepibile dai sensi del destinatario, a cui è collegato quel SIGNIFICATO, cioèproprio quello che il mittente vuole far sapere.

Qualsiasi oggetto o fatto che sia percepibile con i sensi può essere usato come segnale(un gesto, un disegno, una parola, uno sciopero, un vestito, un profumo...), e ogni segnaleè prodotto in una certa MODALITÀ MOTORIA e percepito in una MODALITÀ SENSORIALE.Ad esempio noi produciamo segnali con la voce, le mani, lo sguardo, l’espressionefacciale, i movimenti del corpo ecc.; ed essi possono essere percepiti in diverse modalitàsensoriali: l’udito, la vista, il tatto, l’olfatto, persino con il gusto.

Una serie di regole per mettere in corrispondenza una serie di segnali con i relativisignificati costituisce un SISTEMA DI COMUNICAZIONE.Una lingua è un sistema di comunicazione, cioè un insieme di regole che mettono incorrispondenza certi segnali (ad esempio una parola) o aspetti di un segnale (ad esempiol’ordine in cui sono poste delle parole) con certi significati. Ma anche le espressioni delviso o i gesti costituiscono sistemi di comunicazione, in cui ogni espressione o gestocomunica un certo significato.

Guarda questo disegno: questa persona è il mittente, tu sei il destinatario, il significato,ossia ciò che lei ti vuol far sapere è “Ti chiedo di venire qui”. Il segnale è il gesto che lei facon la mano, prodotto nella modalità gestuale, e percepito nella modalità visiva. Il sistemadi comunicazione usato è il sistema dei gesti usati in Italia.

2. La multimodalità della comunicazione

2.1. Che cos’è la multimodalità?Cosa vuol dire multimodalità ? Questa parola si riferisce al fatto che la comunicazione,nell’interazione faccia a faccia, non utilizza solo la modalità sensoriale uditiva ma anchequella visiva, quella tattile, quella olfattiva.Noi comunichiamo infatti non solo con le parole ma anche con i gesti, gli occhi, il corpo, ilviso; a volte tocchiamo il nostro interlocutore, o ci mettiamo un profumo; o addiritturapossiamo cucinare un buon piatto per comunicare il nostro affetto o esibire la nostra abilitàculinaria. L’altro quindi può percepire con tutti i sensi (con tutte le modalità sensoriali,appunto) i messaggi che noi mandiamo.In questo itinerario di ricerca e didattica della comunicazione ci occuperemo peròprincipalmente delle modalità uditive e visive, cioè quelle che sono chiamate in causanell’interazione faccia a faccia, ma anche nell’interazione attraverso mezzi dicomunicazione di massa audiovisivi, come il cinema o la televisione.In questi casi, quando uno parla, chi riceve la comunicazione percepisce segnali siaattraverso l’udito che attraverso la vista; e se le modalità sensoriali sono due (visiva euditiva), dal punto di vista della produzione possiamo distinguere almeno cinque modalitàdi produzione, a seconda degli organi del corpo con cui è prodotto il segnale:

1. Modalità verbale : le frasi e parole che pronunciamo,2. Modalità prosodico-intonativa : gli aspetti temporali del parlato, pause, lunghezza delle

vocali, l’intensità e l’andamento melodico (intonazione) della nostra voce;3. Modalità gestuale : i movimenti delle mani, delle braccia e delle spalle;4. Modalità facciale : sguardi, riso e sorriso, espressioni del volto, movimenti del capo;5. Modalità corporea :posture, movimenti del corpo, collocazione e spostamenti nello

spazio.

2.2. Perché è importante la multimodalità?

Tutte le modalità produttive vengono usate contemporaneamente e in modo sincronizzatoquando parliamo, e tutte portano precisi significati, cioè danno un contributo semanticospecifico, che può avere funzioni diverse: di ribadire ciò che diciamo verbalmente, maanche di aggiungere informazione, di sostituire ciò che non diciamo a parole, o infineanche di contraddire con il corpo ciò che dicono le frasi; e in questi casi la comunicazionenelle modalità non verbali può essere particolarmente importante, o addirittura l’unicaveritiera.Inoltre questi aspetti della comunicazione sono probabilmente quelli più immediatamentepercepiti dagli studenti, perché molti sistemi di comunicazione non verbale sonofilogeneticamente ed ontogeneticamente precedenti, più antichi e più basici dellacomunicazione verbale.Tutto ciò dimostra la necessità per gli insegnanti (di qualsiasi materia) di tener presentiquesti aspetti della comunicazione, sia per capire meglio la comunicazione degli studentifra loro e con l’insegnante, sia per essere più consapevole della propria comunicazionecon gli studenti, e per rendersi conto di quanto loro siano sensibili agli aspetti non verbalidella comunicazione dell’insegnante.

Inoltre, quando i ragazzi provengono da diverse culture e parlano lingue diverse, unamaggiore conoscenza della natura, dei meccanismi e delle origini della comunicazionenon verbale è ancor più necessaria all’insegnante: tenerne conto può essereparticolarmente utile dove vi siano problemi di incomprensione del linguaggio verbale.

2.3. Cosa è culturale e cosa universalenelle diverse modalità comunicative?

Di molti aspetti della comunicazione non verbale si può ragionevolmente pensare (anchesulla base delle ricerche sull’argomento) che siano universali: essi potrebbero costituirequell’ “omnium hominum communis sermo” (la lingua comune di tutti gli uomini) cui siriferiva già Quintiliano a proposito della gestualità. Tuttavia, in questi sistemi dicomunicazione una parte è sicuramente innata (e quindi presumibilmente universale) mauna parte è costruita culturalmente: è dunque particolarmente importante conoscere qualiaspetti della multimodalità siano universali e quali no, perché gli uni potranno aiutare lacomunicazione fra ragazzi di lingue diverse, gli altri no, almeno finché non sarannoadeguatamente spiegati.

Di quali modalità comunicative possiamo fidarci di più, per comunicare con chi parlaun'altra lingua?

Parole e frasi molto raramente sono universali: lo sono semmai solo le onomatopee, enemmeno tutte, perché anch'esse prendono le caratteristiche fonologiche della lingua cuiappartengono. Nella sintassi, cioè l’insieme di regole per la combinazione di parole in frasi,sono probabilmente universali certi meccanismi molto generali, ma le parole (con i lorosignificati) e le frasi risultanti dalla loro combinazione non sono universali, anche laddovemagari alcune regole generali possono esserlo.

Già nella prosodia e nell'intonazione, invece, vi sono probabilmente alcuni meccanismiuniversali: ad esempio, sembra esserci in tutte le lingue una differenza sistematica fraintonazioni informative e interrogative.

E' semmai nell'ambito dell'espressione facciale e dello sguardo che molti segnali dicomunicazione sono universali. Studiando l'espressione facciale delle emozioni, vari autorihanno sostenuto che, fra le tante emozioni che l'uomo può provare, se ne possonodistinguere un piccolo numero, dette emozioni fondamentali (gioia, tristezza, rabbia, paura,sorpresa, disgusto) la cui espressione facciale è biologicamente determinata, e quindiuguale in tutti gli esseri umani. Tuttavia, anche se il programma neurale che produce leespressioni delle diverse emozioni è lo stesso in tutte le culture, l'espressione di questeemozioni può apparire diversa da cultura a cultura, per almeno due ragioni:

1. Da un lato possono essere diversi da una cultura all'altra gli eventi che provocano unacerta emozione; ad es., la morte nella cultura cattolica puo' essere causa di gioia se èsentita come l'arrivare a contatto con Dio; per una famiglia musulmana può esserefonte di gioia e di orgoglio che il proprio figlio sia morto come martire.

2. Dall'altro in ogni cultura esistono specifiche "regole di esibizione", cioè norme chestabiliscono quando una certa emozione può essere mostrata, e se la suamanifestazione debba essere attenuata o intensificata; ad esempio in Giappone non sidevono esprimere sentimenti di rabbia o aggressività; nei funerali mediterranei si puòintensificare anche molto l'espressione di dolore o disperazione.

Fra i gesti, alcuni sono probabilmente universali, ma molti altri sono condivisi soloall'interno di una certa cultura. Ad esempio, i cenni del capo per il sì e per il no differisconoda cultura e cultura: se un milanese china il capo in avanti per dire sì e lo scuote da destra

a sinistra per dire no, un siciliano dice no tirando il capo indietro; un bulgaro o un cingaleseinvece dicono sì dondolando il capo da destra a sinistra. Usare questi movimenti senzatener conto dei diversi significati che hanno nelle diverse culture può portare afraintendimenti e malitesi.Per tutte queste ragioni è dunque importante cercare di individuare gli elementi universalie culturali nei diversi sistemi di comunicazione non verbale.

2.4. Multimodalità e riflessione sul linguaggio

Ogni modalità produttiva (parole, gesti, sguardo...) ha un proprio sistema di regole, cioècostituisce uno specifico “sistema di comunicazione”, che può essere studiato dal linguistae dallo psicologo della comunicazione in maniera sistematica. Anche per i sistemi dicomunicazione dei gesti e dello sguardo, ad esempio, è possibile individuare un lessico eun alfabeto. Costruire un lessico significa stabilire quanti e quali sono ad esempio i gesti oi tipi di sguardo usati in una certa cultura, e per ognuno individuare il significato: adesempio, un gesto significa “Vieni qui”, un altro “fumare”, uno sguardo significa “Ti odio”,un altro “sto cercando di ricordare”. Trovare l’alfabeto dei gesti o degli sguardi vuol direindividuare gli elementi che compongono ogni gesto ed ogni sguardo. Come hannomostrato gli studiosi delle Lingue di Segni usate dai sordi, anche per i gesti degli Udenti enei segni dei sordi è possibile studiare la “fonologia” (o meglio, la “cherologia”, dal grecocheir, mano). I gesti e i segni possono infatti essere analizzati in termini di un piccolonumero di criteri di classificazione chiamati “parametri formazionali”:

- la configurazione della mano,- il luogo (vicino al corpo o su una parte di esso) in cui vengono eseguiti,- il movimento della mano e- il suo orientamento.

Lo stesso è possibile fare per lo sguardo: individuare gli elementi costitutivi che, combinatiin vario modo, distinguono uno sguardo dall’altro: ad esempio, la direzione degli occhi, imovimenti delle sopracciglia (innalzate o aggrottate) eccetera.

Vi è dunque, sia per la conoscenza scientifica dell’insegnante che per le riflessionimetalinquistiche e metacomunicative da fare con i ragazzi, un interesse genuinamenteteorico dei sistemi di comunicazione non verbale. Se, come si può sostenere, i segnaliusati nelle diverse modalità costituiscono ciascuno uno specifico sistema dicomunicazione, dotato di sue precise regole lessicali, “fonologiche” e di uso, l’analisi diquesti sistemi di comunicazione può essere un modo particolarmente motivante einteressante per insegnare ai ragazzi a fare analisi lessicale e ad affinare la loro sensibilitàsemantica; e più in generale, per educare le loro capacità di riflessione metalinguistica,che sono particolarmente utili allo sviluppo sia delle capacità concettuali in genere chedelle abilità di comprensione e produzione del linguaggio.

2. La comunicazione multimodale

Quando parliamo, in realtà è tutto il nostro corpo che comunica: comunichiamo, certo, conle frasi e le parole di cui sono formate (cioè nella modalità VERBALE), ma anche conl'intonazione della voce, cioè il suo salire e scendere di tono, e la prosodia, cioè le pause,il ritmo e l'allungamento delle vocali (modalità PROSODICO INTONATIVA); e poi con i gesti(modalità GESTUALE), lo sguardo e l'espressione del viso (modalità FACCIALE) e infine con imovimenti del busto, che s'inchina, si protende, si ritrae, e i movimenti delle gambe, concui ci spostiamo nello spazio nell'avvicinarci a una persona, o nel cambiare postura persegnalare un cambiamento di argomento (modalità CORPOREA).Con le modalità di comunicazione "non verbali", a volte semplicemente ripetiamo ciò chedicono le nostre parole, ma spesso comunichiamo qualcosa in più, e a volte anchequalcosa di diverso, o addirittura contrastante. Talvolta infine parliamo solo col corpo, enon con le parole.Tutta questa ricchezza comunicativa ci può essere particolarmente utile quando il nostrointerlocutore non parla la nostra lingua, perché, se non possiamo capirci con le parole,possiamo almeno in parte capirci con i gesti (almeno alcuni), con le espressioni facciali,coi movimenti corporei.

OBIETTIVO:Osservare che anche le modalità comunicative non verbali portano informazioni.

Attività 1

Si registra su videocassetta un brano di interazione reale o televisiva (ad es. un talkshow), e lo si vede senza audio.Poi si cerca di rispondere alle seguenti domande, e per ognuna si cerca di determinare dacosa si è intuita la risposta (da un gesto, uno sguardo, un’espressione facciale, unmovimento del corpo ecc.):

1. Di che cosa stanno parlando ?2. Vanno d’accordo gli interlocutori ?3. Chi è la persona più importante? C’è qualcuno che cerca di imporsi?4. Che emozioni ti sembra che stiano provando le persone che parlano?5. Quelli che ascoltano capiscono quello che si dice? Sono d’accordo?

OBIETTIVO:Osservare che le varie modalità comunicative in genere sono sincronizzate, cioè dannoinformazioni congruenti, non discordanti

Il Gioco del doppiatore

Si scelgono due ragazzi, l’Attore e il Doppiatore, e a ciascuno si assegna un compitocomunicativo: deve cioè parlare di un argomento prefissato. L’Attore si pone di fronte aglialtri ragazzi, e deve fare il suo discorso ma “senza audio”, cioè non a voce alta. Ildoppiatore si mette dietro di lui, dandogli le spalle, e fa il suo discorso parlando a vocealta. Ecco due coppie di argomenti da assegnare:

Attore: Indicare a un compagno la strada per venire da lui (lei)Doppiatore: Raccontare un’esperienza molto triste, ad esempio quando è morto un animale domestico cui era molto affezionato (o affezionata).Attore: Fare una dichiarazione d’amoreDoppiatore: Protestare contro la professoressa che ha dato troppi compiti

Si osserva se la gestualità ed espressività facciale dell’Attore era coerente con le paroledel Doppiatore, o se era in contrasto con esse.

3. I gesti

Una parte molto importante della nostra comunicazione avviene attraverso i gesti.Definiamo gesto un movimento delle mani, delle braccia o delle spalle, e gestocomunicativo un gesto fatto allo scopo di comunicare.

3.1. Tipi di gesti

I gesti che facciamo per comunicare sono di tipi diversi; li possiamo distinguere da trepunti di vista:

autonomi / coverbali

Alcuni gesti sono autonomi, cioè si usano anche senza parlare, perché anche da solisignificano qualcosa, e possono anche sostituire il parlato. Ad esempio, il gesto di aprire echiudere la mano, che vuol dire "ciao", o l'indice e il medio a V verso l'alto, che vuol dire"fumare".Altri gesti sono coverbali, perché possono essere usati solo mentre si parla: ad esempiopossiamo muovere le mani su e giù, per scandire le frasi che diciamo.

codificati / creativi

Quando giochiamo ai "mestieri muti" inventiamo dei gesti completamente nuovi, cheimitano azioni o dipingono nell'aria oggetti, e il nostro interlocutore deve "indovinarne" ilsignificato, proprio perché non lo conosce già, sono gesti che non ha mai visti. Questi gesticreati estemporaneamente sono gesti "creativi": non sono già "scritti" nella nostramemoria, ma li creiamo ex novo ogni volta seguendo certe regole basate sulla somiglianzafra il gesto e il suo significato: ad esempio, rappresentiamo la FORMA tipica di quell'oggetto(come quando disegnamo nell'aria un rettangolo per intendere il significato di "cartello"), ole sue AZIONI caratteristiche (ad esempio, se muoviamo le mani come ali per indicare unuccellino), o le azioni che facciamo noi con quell'oggetto (se facciamo finta di suonare unachitarra, per significare "chitarra").Di altri gesti invece è già scritto nella nostra mente il significato: un italiano sa chemuovere su e giù la mano con i polpastrelli delle dita uniti volti verso l'alto vuol dire "Mache vuoi?", mentre se voltiamo la mano a dita in giù e ce la battiamo sulla fronte ciòsignifica "Sei matto!" Questi gesti sono "codificati", cioè scritti nella nostra memoria:possiamo capirli proprio perché sappiamo che significano, anche se magari dalla formadel gesto non potremmo indovinarne il significato. Questi gesti quindi sono comprensibilisolo in Italia, mentre quelli dei mestieri muti possono capirli anche in altre culture.

iconici / arbitrari

Certi gesti sono iconici, cioè rappresentano l’immagine di ciò a cui si riferiscono (èicon ingreco significa appunto “immagine”). Ad esempio, nel gesto per “telefono” la mano imita laforma di una cornetta; i gesti che significano “gli manca una rotella”, “è un po’ tocco”guarda caso sono fatti tutti vicino alla testa.Altri gesti invece sono arbitrari, nel senso che non c’è alcuna ragione perché quel gestoabbia quel significato: ad esempio, i gesti “ciao” e “ma che vuoi?”

I gesti "batonici", in cui le mani si muovono su e giù per scandire la frase, sono gesticoverbali; i gesti "emblematici" o "simbolici" sono autonomi e codificati.I gesti che facciamo nel giocare ai “mimi” sono gesti "creativi iconici"): sono gesti “creativi”perché creati estemporaneamente, quando per farci capire cerchiamo di mimare unoggetto o un'attività, o addirittura un concetto astratto. Questi gesti vengono costruiti inbase a una serie di regole basate sulla somiglianza fra il gesto e il suo significato. Sonoprobabilmente universali, e perciò questi gesti possono spesso essere capiti anche dapersone di culture diverse.

3.2. I gesti simbolici

I “gesti simbolici” sono gesti culturalmente codificati, che tutti i parlanti di una data culturausano e riconoscono, e a cui corrisponde una "traduzione" canonica nella lingua verbale:ad es., i gesti che significano "Ma che vuoi?", "mangiare", "vittoria!" ecc. Questi gesticostituiscono un vero e proprio lessico, cioè una serie di corrispondenze “segnale-significato” memorizzate. Per questo su di essi, proprio come sulle parole o le frasi, èpossibile e interessante fare analisi linguistica.

OBIETTIVO:Prendere coscienza dei gesti simbolici che si usano.

Attività1

Ogni ragazzo produce un gesto simbolico usato nella propria cultura e ne esprime a paroleil significato.

Attività 2:L’interprete

Un ragazzo produce un gesto simbolico e gli altri lo traducono in parole.

Attività 3:

Per ognuno di questi gesti italiani, traducilo in parole e poi inventa un contesto in cui puòessere usato.

3.3. Il segnale nei gesti e nelle parole

Sia un gesto che una parola sono costituiti da un segnale e un significato. Nella parola, ilsegnale è costituito dai suoni che il parlante produce, nel gesto, dai movimenti delle manidi chi gesticola.Il segnale può dunque essere analizzato sia nelle parole che nei gesti. Vediamo lesomiglianze e differenze nei modi di analizzarlo.I suoni delle parole che pronunciamo possono essere classificati da tre punti di vista:

modo di articolazione:come passa l’aria nella bocca,

se con un’apertura improvvisa, ad esempio nel pronunciare una “p” o producendo una frizione e un passaggio continuo dell’aria, come in una “s”

punto di articolazione:in che punto e con quale organo della bocca viene articolato il suono:

con le labbra, come b e p,coi denti, come d e t,

col velo palatino, come c e gcol naso, come m e n, ecc.

sonorità/sordità:se l’aria passando fa vibrare le corde vocali,

come in b, oppure no,come in p

I gesti possono essere classificati da 4 punti di vista, chiamati “parametri formazionali” delgesto

Configurazione della mano:la forma che assume la mano nel fare il gesto:

ad esempiopugno chiuso,

indice teso,dita curve

...I gesti codificati usati in Italia utilizzano una quarantina di forme della mano;

Luogo:il luogo nello spazio in cui la mano si muove nel fare il gesto:

nello spazio neutro (cioè davanti al busto)o su una parte del corpo:

tempia,fronte,naso,petto

Orientamento:dove sono rivolti il palmo e le dita della mano nel gesto

Movimento:il modo di muoversi della mano o delle mani,

lento,a scatti,

in linea retta,circolare

....

C’è però una differenza importante fra i gesti e i suoni che compongono le parole: nelleparole ciascun suono è privo di significato, ed è solo la combinazione di più suoni che èsignificativa; fra i gesti invece ogni singolo gesto è di per sè già dotato di significato.

3.4. Il significato dei Gesti

Tutti i gesti comunicativi hanno un significato, perché tutti ci servono per comunicarequalcosa. Per i gesti coverbali, però, in genere è abbastanza difficile esprimere a parolecosa significano. Questo è più facile, invece, per i gesti simbolici. Anzi, di questi èpossibile costruire un “gestionario”, cioè un dizionario che elenca e illustra i loro significati.

OBIETTIVO:Esplorare il proprio lessico gestuale.

Attività 1:Il gestionario

Costruire un piccolo lessico di “gesti simbolici italiani” partendo dalle seguenticonfigurazioni della mano:- la mano “a borsa” (tutte le dita chiuse a mazzetto)- la mano a pugno chiuso- la mano a pugno chiuso con indice teso- la mano a pugno chiuso con pollice e indice tesi- la mano aperta

L’Attività va svolta in piccoli gruppi e ciascuno di essi deve:a) individuare il maggior numero di gesti che si possono eseguire con la mano in quelle

configurazionib) per ogni gesto fornire la corrispondente formulazione verbale e il contesto d’usoc) stilare un elenco dei gesti identificati, con i rispettivi significatid) se per alcuni gesti analizzati risultano significati diversi per i ragazzi di altre nazioni o

altre regioni, registrare queste differenze

Il gioco della sceneggiata

Partendo dall'elenco di gesti del gestionario costruito, i ragazzi, a coppie o a gruppetti,costruiscono brevi conversazioni che utilizzano gesti a "botta e risposta".

Attività 2

Gesto e cultura: il mio gestionario, il tuo gestionarioRagazzi di culture diverse si mostrano rispettivamente alcuni gesti del proprio repertoriogestuale, cercando di spiegarne significato e contesti d'uso.

3.5. Iconicità e arbitrarietà nei gesti e nelle parole

Un segnale comunicativo, ad esempio un gesto o una parola, si dice iconico quando imitaalcune caratteristiche fisiche del suo referente (cioè della cosa, persona, oggetto, azione oconcetto a cui si riferisce).E' iconico ad esempio il gesto simbolico italiano per "fumare", e la parola onomatopeica"cucù". Il primo imita la forma che assumono le mani nel tenere una sigaretta, il secondo ilrichiamo del cuculo.Iconico si oppone ad arbitrario. E' arbitrario un segnale comunicativo in cui nullanell'aspetto fisico del segnale assomiglia al suo significato.Le onomatopee sono parole iconiche, perché indicano un oggetto o un essere animatoimitando il suono da essi prodotto. Le parole iconiche imitano tutte un suono, ma alcune diesse indicano proprio il suono (ad esempio, fruscio), mentre altre indicano la fonte di quelsuono (ad esempio, zufolo).I gesti del mimo, o “gesti creativi iconici”, sono dei gesti creati estemporaneamente,quando cioè per farci capire cerchiamo di mimare un oggetto o un’attività o addirittura unconcetto astratto. Questi gesti vengono costruiti in base ad una serie di regoleprobabilmente universali basate sulla somiglianzagrazie a cui possono essere capiti ancheda persone di culture diverse.

Si potrebbe pensare che un segnale iconico, ad esempio un gesto iconico, debba essereuniversale, cioè comprensibile in tutte le culture; ma ciò non è sempre vero, per dueragioni:

1. i gesti specifici di una data cultura, anche se sono iconici, cioè somigliano al lorosignificato, sono codificati, (cioè il gesto e il suo significato è memorizzato, propriocome avviene per le parole), quindi la loro iconicità può diventare anche moltoschematica, e l'immagine rappresentata quasi irriconoscibile.

2. c'è comunque un'arbitrarietà nello scegliere quali aspetti imitare di un immagine, percostruire un gesto iconico: ad esempio, il segno per "albero" in CSL, ASL e LIS(rispettivamente, Lingua dei Segni Cinese, Americana e Italiana) evoca in un caso lagrossezza di un tronco, in un altro la forma globale dell'albero con le fronde, nel terzola sua forma slanciata; il segno per "gatto" rappresenta in LIS l'atto di accarezzarlo, inASL i suoi baffi. Quindi, entrambi i segni sono iconici, eppure quello usato in unacultura è diverso dall'altro.

OBIETTIVO:Studiare l'iconicità nei gesti

Il Gioco dei mimi

E' il vecchio gioco dei “mimi” o dei "mestieri muti".Un ragazzo cerca di mimare il significato di un nome comune, e gli altri cercano diindovinarlo.Ecco alcuni nomi da far mimare:- contrabbasso- nuvola- democrazia- sale- lampi- pomeriggio- nascita- lealtà- rumore- vento- autobus.Si può infine far riflettere i ragazzi sul fatto che i meccanismi per mimare sono in numerolimitato e ricorrente: si cerca di imitare la forma o le azioni dell'oggetto, o le azioni che noicompiamo con esso, o il luogo in cui in genere si trova. Quando poi siamo di fronte a unnome astratto (come democrazia o lealtà) si devono trovare, per farlo capire, delleimmagini di cose o persone concrete, collegate con quel nome per via metaforica o comeesemplari tipici.

Attività 1

Si fa il gioco della pantomima. Poi, per ogni pantomima prodotta si cerca di individuare ilrapporto fra i gesti usati e il loro referente: se il gesto mima la forma, il movimento, il luogodel referente, l’azione del referente stesso o di chi lo usa.

Attività 2.Nell'elenco di gesti costruito per il gestionario, e fra quelli usati dai ragazzi non italiani,distinguere quelli iconici; poi per ognuno di essi stabilire cosa viene imitato del suoreferente.

Es.: Il gesto per "ciao" e quello per "me ne frego" non sono iconici. I gesti "fumare" e "seimatto?" invece sono iconici; tuttavia, il primo lo è perché imita la forma della mano chetiene la sigaretta e il movimento di portarla alla bocca; il secondo invece rappresenta illuogo della follia (la testa).

OBIETTIVO:Studiare l'iconicità nelle parole onomatopeiche

Attività 1

Scrivi 5 nomi di uccelli (ad es. upupa, gallina), 5 di strumenti musicali (es. zufolo, violino) e5 di altri oggetti rumorosi (es. sciacquone, autobus).Per stabilire se sono nomi onomatopeici, prova a chiederti:Il suono del nome è simile al suono prodotto da quell'oggetto o animale?Se sì, scrivi che il nome è onomatopeico, se no, no.

Attività 2

Ogni ragazzo della classe scrive 5 parole, della sua lingua o del suo dialetto, che glisembrano onomatopeiche. Poi le legge a tutti gli altri e si discute se la parola richiamadavvero ciò a cui si riferisce, o no; e perché.

4. Le parole, la voce e il viso

Le parole che usiamo, la nostra voce e la nostra espressione facciale sono strumenti dicomunicazione molto importanti, perché portano informazioni preziose, essenziali allacomprensione, non solo delle nostre frasi, ma del nostro modo di essere e di sentirci, e delnostro atteggiamento verso l’interlocutore.Sia la voce che il viso possono informare sulle nostre emozioni, sull’intenzione con cuipronunciamo la nostra frase e su che cosa in essa c’è di nuovo e di importante.

4.1. La comunicazione verbale, vocale e faccialenell’espressione delle emozioni

Attraverso la voce, il corpo e il viso trasmettiamo informazioni sulle emozioni che proviamomentre stiamo parlando.Le emozioni che proviamo le possiamo esprimere attraverso

il LESSICO: i molteplici nomi, aggettivi, avverbi che menzionano emozioni, con le più sottilisfumature di qualità e intensità (rabbia, arrabbiato, rabbiosamente; tristezza, felicità,nostalgia, timore, paura, terrore, panico, soggezione, timore reverenziale, gioia maligna...).

l'INTONAZIONE e la PROSODIA: L’intonazione è l’andare su e giù della nostra voce quandoparliamo. Per prosodia si intende l'insieme di caratteristiche qualitative e temporali dellavoce: ritmo, pause, allungamenti di vocali, intensità ecc.. Una persona triste parlalentamente, con molte pause e poche variazioni di altezza nella voce; una persona allegrao eccitata parla molto svelto, senza pause, e la sua intonazione è molto modulata.

l'ESPRESSIONE FACCIALE: il viso è lo strumento più specializzato ed evolutivamente piùantico per l'espressione delle emozioni. Fin dagli studi di Darwin (1872, L'espressionedelle emozioni nell'uomo e negli animali), si è studiato analiticamente come il viso possaesprimere un gran numero di emozioni.

L'espressione delle emozioni è per una certa parte universale: è stato dimostrato che leemozioni cosiddette "fondamentali", come rabbia, paura, tristezza, gioia, dolore, sorpresa,disgusto sono espresse dagli stessi movimenti muscolari della faccia, e comprese ancheda culture molto distanti (un Polinesiano capisce se un Americano è arrabbiato osorpreso). Ma in buona parte è la nostra cultura che ci dice come e quando esprimere lenostre emozioni, a quali situazioni sociali si risponde in genere con questa e quellaemozione, e addirittura qual è la specifica emozione che proviamo: così abbiamo imparatoche a un funerale non ci si può mostrare troppo spensierati, o che non ci convienearrabbiarci troppo con la professoressa.

OBIETTIVI:

- prendere coscienza delle emozioni trasmesse dal proprio viso e da quellodell’interlocutore

- saper riprodurre le espressioni facciali degli altri- saper dare una traduzione verbale delle emozioni espresse attraverso le espressioni

facciali

Il gioco dello specchio

Si fa in coppia. Un ragazzo parla all’altro di un argomento che lo interessa. L’altro deveimmediatamente ripetere ed imitare le parole e le espressioni facciali di B. Poi siscambiano i ruoli.Gli altri ragazzi rispondono a queste domande:

- Con quali espressioni il tuo compagno esprime le proprie emozioni?- Anche tu fai lo stesso?- Le sue modalità espressive in cosa sono diverse dalle tue?- Cosa provi nel vedere riprodotto dal tuo compagno il tuo comportamento non verbale?

OBIETTIVI:

- consapevolezza di quanto le espressioni del viso sono legate alla comunicazione diemozioni;

- capacità di discriminare tra le diverse emozioni espresse dal volto- prendere coscienza delle proprie modalità di comunicazione emotiva e di quelle

dell'altro- sperimentare nuove espressioni facciali

Il gioco delle facce

Si raccolgono a casa quotidiani e settimanali. In classe si formano gruppi di 5 ragazzi.Ogni gruppo seleziona sui giornali trovati 5 fotografie con facce espressive.Un componente del gruppo sceglie una foto e:

a. riproduce quell'espressione faccialeb. esprime verbalmente l'emozione corrispondente

c. racconta un evento in cui ha provato (o avrebbe potuto provare) quell'emozione

Poi tutti i componenti del gruppo esprimono la propria opinione sull’emozione riprodotta, eil gruppo nella sua totalità discute fino a proporre una definizione verbale comune.Il gruppo relaziona agli altri i risultati della discussione, e infine tutti i ragazzi della classerispondono a queste domande:

- Hai trovato differenze tra l’espressione delle varie emozioni nella tua cultura e in quelladei tuoi compagni?

- Se sì, quali?

La voce e il viso

Si riprendono le foto di facce espressive usate per l’Attività precedente.Ogni giocatore prende, a turno, una foto e:

a) riproduce l’espressione facciale esprimendo la stessa emozione, sia verbalmente con ilnome dell’emozione o l’aggettivo emotivo, sia con la voce (es: fa un’espressione dipaura e dice “ho paura!” con una voce spaventata);

b) riproduce l’espressione facciale esprimendo verbalmente e con la voce un’emozionemolto diversa o contraria (es: fa un’espressione di paura dicendo “sono moltoarrabbiato” con voce arrabbiata)

Poi il giocatore e i compagni rispondono a queste domande:

- Cos'hai provato ad esprimere un’emozione accompagnandovi dei segnali verbali e nonverbali coerenti?

- E cos'hai provato quandoi segnali verbali e quelli non verbali erano contrastanti?- E i tuoi compagni cosa hanno provato?

Poiché il compito b. è molto difficile, si può riflettere sul fatto che in genere siamo“sincronizzati” per comunicare la stessa cosa, o quantomeno cose non contraddittorie, conle parole, la voce e la faccia. Chi riesce a fare la seconda parte dell’esercizio (b.) è di certoun bravo attore (e forse anche un bravo bugiardo....).

4.2. La comunicazione verbale, vocale e faccialenell'espressione del performativo

Il PERFORMATIVO è l'intenzione del parlante, ossia ciò che il parlante vuole dall'ascoltatorenel dire una frase, o nell'eseguire un qualsiasi atto comunicativo, anche non verbale.

Esistono molti diversi performativi, cioè molti diversi tipi di azione sociale che un parlantepuò compiere nel comunicare: con il linguaggio si può ordinare, promettere, ringraziare,maledire, consigliare, obiettare, rimproverare, criticare, lodare ecc....I performativi di tutti i possibili atti di comunicazione possono essere raggruppati in unpiccolo numero di classi generali:

- performativi di richiesta, in cui il parlante chiede all'ascoltatore di compiere qualcheazione;

- performativi di informazione, in cui il parlante vuole che l'ascoltatore venga ad avere(e credere) una certa informazione;

- performativi di domanda, in cui il parlante chiede all'ascoltatore di compiere unaparticolare azione che è quella di dargli un'informazione.

Il performativo di un atto comunicativo può essere esplicitato in vari modi: attraverso

la SINTASSI (ordine delle parole: es., in inglese le frasi interrogative hanno il verbo all'inizio);

la MORFOLOGIA (in italiano il modo imperativo è tipico delle frasi richiestive)

il LESSICO (l'uso di verbi performativi o di formule performative).Il verbo performativo è un “verbo di dire” che descrive un'azione compiuta attraverso lacomunicazione; ma in particolare l'enunciazione stessa di questo verbo, alla 1a personadel Pres. Indicativo, realizza (esegue = performs) l'azione che il verbo esprime (es. dico,chiedo, prometto, giuro, lodo...).Una formula performativa è una parola o espressione di più parole che da sola esprimeuno specifico performativo. Ad es., scusa per compiere l'atto comunicativo di scusarsi,grazie per ringraziare; goal per dichiarare che una squadra si aggiudica un goal, ecc.

la PUNTEGGIATURA nello scritto (es., il punto interrogativo per le domande)

l'INTONAZIONE di una frase nel parlato.l'intonazione è la variazione di altezza della voce nel pronunciare le frasi (ad es., nelle frasiinterrogative in genere l'intonazione è ascendente - la voce "sale" - e poi resta comesospesa; nelle informative invece alla fine della frase l'intonazione è discendente);

l'ESPRESSIONE FACCIALE, cioè l'insieme di movimenti dei muscoli della faccia, lo sguardo, laposizione della testa (ad es., in un ordine perentorio la testa è dritta mentre in unsuggerimento è generalmente inclinata in avanti; nell'ordine le sopracciglia sono un po'aggrottate, nel suggerimento un po' alzate...)

OBIETTIVO:

Distinguere con l'intonazione e con l'espressione facciale le tre classi generali diperformativi: informazione, domanda, richiesta d'azione.

Gioco 1:Il tono e l'espressione

I ragazzi devono provare a pronunciare ogni frase data con tre diverse intonazioni:informativa, interrogativa e richiestiva. (Quelli che parlano una lingua diversa dall’italiano,pronunciano le frasi nella loro lingua)Poi rispondono a queste domande:La frase può essere accettabile in tutti e tre i modi? E se no, con quali intonazioni sarebbeaccettabile, e con quali no? Infine, quando un’intonazione non suona bene, prova ainventare un contesto in cui potrebbe andare.

1) Andiamo al cinema2) Sono usciti i quadri dei risultati degli esami.3) Possiamo andare al cinema.4) Questo è il risultato delle elezioni.5) Beviamo il tè.6) Studiamo insieme.7) Inviamo un telegramma.8) Luigi si è separato da Giuiana.9) Daniele si è preso il morbillo.10) Andiamo insieme a giocare a pallone.

Alla fine dell'Attività si cerca di individuare il profilo intonazionale tipico di ogni classe diperformativi (ascendente, discendente, sospeso...). Poi si confrontano le intonazionidell'italiano standard, dei dialetti parlati dai ragazzi italiani e delle altre lingue.

OBIETTIVO:

Imparare a distinguere, con l'intonazione e con l'espressione facciale, i diversi performativiall'interno di una stessa classe.

Gioco 2:Tanti modi di far fare

Le frasi che seguono sono tutte richiestive. Pronuncia ognuna di esse attribuendole, conl'intonazione e/o l'espressione facciale, i tre seguenti performativi:a. consigliob. preghierac. ordine perentorio

1) Spegni la luce2) Smettila di dire sciocchezze3) Non fare rumore4) Lasciami in pace5) Telefonagli al più presto6) Fammi scendere7) Compràtela8) Stai ferma9) Dottore mi aiuti10) Comprati una giacca nuova

Per ogni frase, inventa tre contesti diversi in cui essa abbia, rispettivamente, i tre diversiperformativi.Infine confronta le diverse intonazioni e le diverse espressioni, cercando di osservare sel’espressione e l’intonazione di ogni specifico performativo (ad es., quello di consiglio) hasempre le stesse caratteristiche, anche se la frase è diversa.

4.3.L’enfasi:evidenziare con le parole, la voce e il viso

le parti importanti della frase

In ogni frase possiamo distinguere una parte data, cioè l'informazione che diamo per giàconosciuta dal nostro interlocutore, e una parte nuova (in un certo senso la piùimportante), il nuovo contributo di informazione che forniamo con la nostra frase; e nelparlare segnaliamo chiaramente qual è la parte nuova e quale la parte data. Questo tipo diinformazione sulla frase può essere veicolata attraverso:

la SINTASSI: in molte lingue esistono precisi meccanismi di topicalizzazione efocalizzazione (cioè per indicare qual è l'informazione data e qual è l'informazione chevogliamo focalizzare, ciò che vogliamo far capire, la parte più nuova e importante dellafrase).

Un meccanismo tipico è quello della dislocazione a sinistra:

es. "Il panino l'ho mangiato io"Il panino è l'oggetto, ma in questa frase è la parte data della frase, e per questo vienemesso in prima posizione;io è il soggetto, ma viene messo in posizione finale perché in questa frase è la partenuova;Il pronome lo in l'ho mangiato e' una "ripresa pronominale" della parte data.

l'INTONAZIONE: in genere la parte nuova di una frase, specie se è in contrasto con la partepresupposta dall'interlocutore, è enfatizzata, cioè pronunciata con una maggiore altezza ointensità della voce.

l'ESPRESSIONE FACCIALE: in corrispondenza con l'enfasi vocale si ha molto spesso uninnalzamento delle sopracciglia, e in certi casi anche un abbassamento della testa.

i GESTI: muovendo le mani su e giù, cioè facendo dei gesti "batonici", il parlante scandiscela divisione della frase in parte data e parte nuova, e accompagna l'enfasi dell’intonazione.

OBIETTIVO:

Capire la differenza fra parte data e parte nuova della frase;capire i meccanismi dell’enfasi vocale e facciale

Attività 1:Il Dato e il Nuovo

Per ogni frase data:a. evidenzia con l'intonazione diverse parti della frase, enfatizzandone ora l'una ora l'altra;poi per ogni parte enfatizzata,b. costruisci una frase che puo' averla preceduta.c. osserva se l'enfasi e' maggiore quando si accompagna l'intonazione con l'innalzamentodi sopracciglia e/o con gesti batonici.

es. "Mamma Roma" e' un film di Pasolini.

Enfatizzare Pasolinia. "Mamma Roma" e' un film di Pasolini

b. Mi sembra che "Mamma Roma" sia un film di Fellini, no?

Enfatizzare un filma. "Mamma Roma" e' un film di Pasolini

b. "Mamma Roma" è un libro di Pasolini, no?

1) Lucia si e' fidanzata con Carlo.2) Marco Polo esploro' la Cina.3) Daniele ha preso trenta all'esame di statistica.4) Il dollaro e' arrivato a un euro e mezzo.5) Sono contenta di andare al cinema con la zia