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IRES

Seconda Università di NapoliCorso di Diritto Tributario - Prof. Manlio Ingrosso

Dott. Antonio Mastroberti

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Reddito d'impresa

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IRES

Letteralmente IRES vuol dire Imposta sul reddito delle società. Le regole di determinazione del reddito d’impresa sono previste nella sezione I, Capo II, Titolo II (IRES), del Tuir, e si applicano, salvo eccezioni, anche per le persone fisiche. Con la Riforma della fine del 2003 l’IRES ha sostituito l’IRPEG.

L’IRES è un imposta che assoggetta ad imposizione con aliquota proporzionale (27,5%) il reddito delle società di capitali ed enti assimilati.

Il presupposto dell’imposta è anche in questo caso il possesso di redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell’art. 6 (art. 72 del Tuir).

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Periodo d’imposta per i soggetti IRES

L’art. 76 prevede che l’imposta è dovuta per periodi d’imposta, a ciascuno dei quali corrisponde una obbligazione tributaria autonoma, salvo quanto stabilito negli artt. 80 ed 84.

Il periodo d’imposta per i soggetti Ires è costituito dall’esercizio o periodo di gestione della società o dell’ente, come risulta per legge o dall’atto costitutivo.

In questo caso il periodo d’imposta non corrisponde necessariamente all’anno solare.

Esempio: soggetti “a cavallo”

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Periodo d’imposta per i soggetti IRES

Se la durata dell’esercizio o periodo di gestione non è determinata dalla legge o dall’atto costitutivo, o è determinata in due o più anni, il periodo di imposta è costituito dall’anno solare.

Se il periodo d’imposta è superiore o inferiore a dodici mesi è necessario effettuare un ragguaglio alla durata del periodo d’imposta relativamente a quei componenti negativi di reddito la cui deducibilità è stabilita forfetariamente sulla base di percentuali che sono state calcolate in ragione della normale durata del periodo d’imposta pari a dodici mesi (ad esempio: le quote di ammortamento dei beni materiali).

Il ragguaglio alla durata del periodo d’imposta non si applica a quei componenti negativi la cui deducibilità è stabilita in misura fissa indipendentemente dalla durata dello stesso.

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Soggetti IRES (Art. 73 del Tuir)

a)società di capitali, residenti (esempio: s.p.a., s.r.l., s.a.p.a., società cooperative e di mutua assicurazione); b)enti pubblici e privati, residenti, che hanno per oggetto esclusivo o principale lo svolgimento di attività commercialic)enti pubblici e privati non commerciali, residentid)le società e gli enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.

Il caso particolare del trust

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Organi ed amministrazioni dello Stato

Non sono soggetti ad IRES gli organi e le amministrazioni dello Stato (Es: Camera dei deputati o Senato della Repubblica, i ministeri, compresi quelli ad ordinamento autonomo (soggetti che pur essendo strettamente collegati ad un Ministero, godono di autonomia decisionale, anche in termini di spesa, nonché di bilancio), anche se dotati di personalità giuridica, i comuni, i consorzi tra enti locali, le associazioni e gli enti gestori di demanio collettivo, le comunità montane, le province e le regioni (art.74 del Tuir).

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Residenza e trattamento fiscale IRES

E’ importante distinguere tra enti residenti e non residenti. Un ente è considerato residente se per la maggior parte del periodo d’imposta ha la sede legale o la sede dell’Amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.

Ai fini del trattamento fiscale occorre distinguere i soggetti passivi IRES in tre gruppi:

1.società ed enti commerciali residenti

2.enti non commerciali residenti

3.Società ed enti non residenti, commerciali e non commerciali. Questi soggetti sono tassati in Italia solo per i redditi prodotti nel territorio dello Stato, ma le modalità cambiano a seconda che siamo in presenza di enti commerciali o enti non commerciali.

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Trattamento fiscale e residenza

Per i soggetti residenti vale il principio del “world-wide income”, vale a dire della tassazione su base mondiale.

Il soggetto, una volta qualificato come residente, è assoggettato a tassazione su tutti i suoi redditi ovunque prodotti, per il solo fatto che questi sono riferibili al contribuente beneficiario.

Mentre per le imprese residenti il reddito comprende, oltre ai redditi prodotti in Italia, anche quelli prodotti all’estero, per le imprese non residenti è tassato in Italia solo l’eventuale reddito prodotto nel nostro Paese.

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Principio attrazione: art. 81

Il reddito complessivo delle società e degli enti commerciali di cui all’art. 73, comma 1, lett. a) e b) è sempre considerato reddito d’impresa, da qualsiasi fonte provenga, ed è determinato secondo le disposizioni di questa sezione. Non abbiamo quindi più tipologie di reddito, ma un reddito che dal punto di vista fiscale è sempre qualificato come reddito d’impresa.

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Principio di attrazioneSiamo sempre in presenza di reddito d’impresa, anche in relazione a fattispecie regolamentate in base ad articoli previsti per altre forme di reddito.

Esempio: l’art. 90 del Tuir dispone che per gli immobili patrimonio (che non costituiscono beni strumentali per l’esercizio dell’impresa) valgono le regole di determinazione basate su dati catastali, e dunque le regole previste in materia di redditi fondiari per chi non è imprenditore, ma si tratta sempre di reddito d’impresa, che va incluso nel reddito dichiarato dalla società

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Principio di attrazione: art. 6

Art. 6, comma 3, Tuir: per le s.n.c. e le s.a.s. i redditi da

qualsiasi fonte provengano e quale che sia l'oggetto

sociale sono considerati redditi di impresa

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Enti non commerciali

Soggetti IRES che non svolgono attività commerciale. Vi rientrano una pluralità di soggetti, quali ad esempio gli enti pubblici, le fondazioni, i comitati, le associazioni sportive, sindacali, politiche. Gli enti non commerciali non hanno, quale oggetto esclusivo o principale lo svolgimento di un’attività di natura commerciale, intendendo per tale l’attività che determina reddito d’impresa ai sensi dell’art. 55 del Tuir.

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Enti non commerciali

Gli enti non commerciali possono svolgere anche attività commerciale, ma solo in via secondaria, ed in tal caso l’ente è tenuto ad istituire una contabilità separata, attraverso cui tenere distinti i beni ed i componenti di reddito relativi alle diverse attività svolte. Ciò vuol dire che nessuna delle attività commerciali svolte deve assumere un carattere esclusivo o prevalente.

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Enti non commerciali: attività svolta

L’oggetto dell’attività è determinato in base alla legge, all’atto costitutivo od allo statuto, se esistente in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata.Se manca l’atto costitutivo o lo statuto nelle forme richieste, l’oggetto principale dell’ente residente è determinato in base all’attività effettivamente esercitata.Per oggetto principale si intende l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto.

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ENC: attività svolta concretamente

La natura commerciale di un attività si determina facendo riferimento alla nozione di reddito di impresa di cui all’art. 55 del Tuir.

Fra gli enti che esercitano più attività, tra di loro differenti, sono da considerarsi non commerciali solo quegli enti la cui attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari non è commerciale.

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ENC: parametri di riferimento

Ai fini della verifica dello svolgimento di attività non commerciali conta la prevalenza delle immobilizzazioni o dei ricavi, dei costi e degli stessi redditi, provenienti da attività commerciali rispetto alle attività teoricamente non commerciali.

Si perde la qualifica di ENC se viene ad essere esercitata prevalentemente attività commerciale per un intero periodo d’imposta.

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ENC: tassazione

Producono, come le persone fisiche, diverse categorie di reddito (tranne redditi da lavoro dipendente) e non necessariamente reddito d’impresa. Possono quindi produrre: reddito fondiario, redditi diversi, redditi d’impresa e redditi di capitale. Il reddito complessivo è dato dalla somma dei redditi prodotti.

Possono essere scomputate le perdite prodotte in regime di impresa. L’ente può svolgere sia attività in regime di contabilità ordinaria che attività in regime di contabilità semplificata. Diverso trattamento delle perdite.

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Enti commerciali non residenti

Il trattamento fiscale degli enti non residenti varia a seconda che siamo in presenza di enti commerciali o non commerciali.

Vale sempre il principio della tassazione dei redditi prodotti in Italia. Se tuttavia abbiamo una stabile organizzazione di un ente commerciale vale il principio di attrazione per il quale tutti i redditi prodotti in Italia rientrano tra i redditi d’impresa prodotti dalla stabile organizzazione (art. 152, comma 2, Tuir)

Per l’ente commerciale non residente che non ha una stabile organizzazione la tassazione avviene in base alle regole relative alla singola categoria di appartenenza.

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Enti non commerciali non residenti

Vale sempre il principio della tassazione dei redditi prodotti in Italia, ma i redditi sono tassati in base alle regole previste per le singole categorie reddituali (art. 154 Tuir), e ciò anche in presenza di una stabile organizzazione in Italia attraverso cui è esercitata attività commerciale (minoritaria). Non vale quindi il principio di attrazione per il quale tutti i redditi prodotti in Italia rientrano tra i redditi d’impresa (prodotti dalla stabile).

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Tassazione societaria e doppia imposizione

La tassazione delle società ha sempre dovuto fare i conti con l’esigenza di evitare od attenuare una doppia imposizione:

• una prima volta in capo alla società;

• una seconda, in capo ai soci, all’atto della distribuzione degli utili (dividendi) o, comunque, al momento della tassazione delle plusvalenze realizzate in sede di cessione della partecipazione.

Nelle società di persone “trasparenti” il problema è risolto a monte poiché il reddito è imputato direttamente ai soci.

Prima della Riforma IRES (D.Lgs. N. 344/2003) il rimedio era rappresentato dall’attribuzione di un credito d’imposta al socio.

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Il sistema previsto per evitare la doppia imposizione

Attualmente il sistema si basa su un assunto di base, che in realtà è applicato solo in parte: la tassazione deve essere applicata una sola volta, sui redditi prodotti dalla società partecipata. Per una s.r.l., ad esempio, la tassazione delle imposte sui redditi dovrebbe limitarsi all’applicazione dell’aliquota pari al 27,5% sul reddito imponibile, e ciò vuol dire che i redditi prodotti, già tassati, non dovrebbero essere nuovamente tassati una volta che gli utili vengano ad essere distribuiti ai soci.

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Il sistema previsto per evitare la doppia imposizione: socio società di capitali o di persone

Il sistema attuale prevede, in particolare, che se una società di capitali partecipa in altra società di capitali i dividendi percepiti dalla prima società debbono essere esclusi da imposizione per una quota pari al 95% (art. 89 del Tuir)

Esempio: Alfa S.r.l partecipa in Gamma S.r.l., che per l’anno 2009 ha prodotto un reddito pari a 100. Abbiamo che Gamma ha pagato un IRES pari a 27,5, ma se Gamma distribuisce dividendi ad Alfa nel corso del 2010, per un importo pari a 72,5, su questi dividenti Alfa assoggetterà nuovamente ad imposizione solo un importo pari a 3,625 (= 5% del dividendo)

Questa regola vale anche se la partecipata risiede all’estero, a patto che quest’ultima non sia localizzata in un Paradiso fiscale

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Il sistema previsto per evitare la doppia imposizione: socio persona fisica imprenditore

Se una persona fisica partecipa in una società di capitali rimane ferma l’idea di fondo per la quale non bisogna ritornare a tassare nuovamente gli stessi redditi in capo ad un soggetto differente (il socio), ma le percentuali di imposizione crescono sensibilmente.Occorre innanzi tutto distinguere se il socio possiede la partecipazione in regime di impresa o meno.

Nel primo caso il dividendo, che confluisce nel reddito d’impresa dichiarato dall’imprenditore (per attrazione), deve essere tassato per una percentuale pari al 49,72%, ferma restando l’inasprimento previsto per i casi in cui la società partecipata sia localizzata in un Paradiso fiscale.

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Il sistema previsto per evitare la doppia imposizione: socio persona fisica non imprenditore

Se il socio PF non detiene la partecipazione nell’ambito dell’impresa occorre distinguere a seconda che la partecipazione sia qualificata o non qualificata:

• part. qualificata: il dividendo concorre alla formazione del reddito complessivo nella misura pari al 49,72% (redditi di capitale)• part. non qualificata (piccolo risparmiatore): ritenuta a titolo di imposta per un importo pari al 12,5%

Si ha part. qualificata se la partecipazione rappresenta una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2% od al 20% ovvero una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 5% o al 25%, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati od in altre partecipazioni.

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I proventi connessi alla cessione della partecipazione

In linea generale il sistema assicura la simmetria impositiva tra tassazione del dividendo e dei proventi connessi alla cessione della partecipazione (partecipation exemption).

Domanda: perché esiste questa simmetria concettuale ai fini dell’imposizione ?

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I proventi connessi alla cessione della partecipazione

Risposta: in realtà si sta sostanzialmente tassando lo stesso fenomeno, e cioè l’arricchimento connesso alla partecipazione in una determinata società.Questo reddito potrebbe tuttavia essere conseguito in due diversi momenti.

Esempio: la solita Alfa s.r.l., con due soci, ha prodotto un reddito per un importo pari a 200, che al netto dell’IRES (27,5% = 55) da un utile (distribuibile) pari a 145Se si decide di non distribuire questo utile ai soci il valore delle azioni di ciascuno di essi aumenterà, per cui il socio potrà conseguire, in caso di cessione, un maggior prezzo di realizzo. Ad esempio, se la partecipazione di uno dei due soci viene ad essere alienata per un importo pari a 140 (valore iniziale 100), tassando tutto il corrispettivo connesso all’alienazione si otterrebbe comunque una doppia imposizione, poiché in realtà il maggior valore conseguito, pari a 40, rappresenta null’altro che la contropartita del maggiore utile presente nel patrimonio societario.

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Il meccanismo previsto per evitare la doppia imposizioneEnti non commerciali

Per i dividendi vale l’esclusione per un importo pari al 95%, mentre in relazione alla partecipation exemption valgono le regole previste per le persone fisiche, con l’esclusione di una parte pari al 50,28% se la partecipazione è detenuta in regime di impresa.

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Il meccanismo previsto per evitare la doppia imposizione

Enti non commerciali

Per i dividendi vale l’esclusione per un importo pari al 95%, mentre in relazione alla partecipation exemption valgono le regole previste per le persone fisiche, con l’esclusione di una parte pari al 50,28% se la partecipazione è detenuta in regime di impresa.

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IRES e risultati del conto economico

il punto di partenza per la determinazione del reddito d’impresa da assoggettare ad IRES è rappresentato dal conto economico, che, insieme allo stato patrimoniale ed alla nota integrativa, costituisce il bilancio di esercizio di un’impresa

la redazione del bilancio è obbligatoria soltanto per le società di capitali

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Derivazione

è il sistema adottato dal D.P.R. n. 917 del 1986, ed è il sistema prevalente a livello europeo.

in questo caso il sistema prevede la dipendenza del reddito imponibile dal risultato di bilancio, dal quale si parte per procedere con l’applicazione delle regole fiscali (ad esempio, limiti e condizioni di deducibilità di specifiche voci)

si parla di dipendenza parziale dal risultato del conto economico

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Finalità

con la derivazione il Legislatore fiscale decide di fare riferimento al bilancio, quale punto di partenza nella determinazione della base imponibile

il bilancio attesta in qualche modo per le imprese l’attendibilità del reddito dichiarato

imposizione commisurata all’effettiva ricchezza prodotta, e dunque una tassazione commisurata all’effettiva capacità contributiva del contribuente (art. 53 costituzione)

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Cosa prevede il Tuir: soggetti IRES

Art. 83: il reddito complessivo è determinato apportando all’utile od alla perdita risultante dal conto economico, relativo all’esercizio chiuso nel periodo d’imposta, le variazioni in aumento od in diminuzione conseguenti all’applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni della presente sezione.

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Cosa prevede il Tuir: società di capitali

Funzione delle variazioni dal reddito imponibile: rapporto tra reddito d’impresa ed utile di bilancio

var. aumento che incrementano un componente positivo del CE

var. aumento che riducono un componente negativo a CE

var. diminuzione che riducono un componente positivo; eventuale differimento dell’imposizione (es. caso del realizzo delle plusvalenze)

var. diminuzione che danno rilievo a componenti negativi non presenti o presenti in misura minore, nel CE

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Competenza

art. 109, comma primo, Tuir: i ricavi, le spese e gli altri

componenti positivi e negativi, per i quali le precedenti

norme della presente sezione non dispongono

diversamente, concorrono a formare il reddito

nell’esercizio di competenza

ne discende che in linea generale per tali componenti

reddituali è irrilevante la movimentazione finanziaria

(incasso – pagamento; accredito od addebito su c/c), ma

rileva il momento di maturazione dei fatti gestionali

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11/04/23 18:11Reddito d'impresa 35

Competenza

Il principio di competenza attribuisce rilievo al

momento in cui matura il fatto economico-gestionale

i ricavi vanno attribuiti all’esercizio in cui maturano in

senso economico, ossia quando avviene lo scambio con

i terzi; i costi assumono rilievo quando sono realizzati i

ricavi che contribuiscono a produrre (secondo il

principio di correlazione con i ricavi)

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Principio di correlazione

non è previsto esplicitamente dall’art. 109.

l’OIC 11 prevede che i costi debbono essere

correlati ai ricavi. Questa correlazione costituisce

un corollario del principio di competenza e intende

esprimere la necessità di contrapporre ai ricavi

dell’esercizio i relativi costi.

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Competenza

si tratta di ripartire gli elementi reddituali fra più

esercizi, avendo presente che molte disposizioni

fiscali prevedono l’imputazione temporale di

specifici componenti di reddito (si pensi agli

ammortamenti, alle spese relativi a più esercizi).

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Quando non vale la Competenza

Disposizioni a parte (cassa) sono previste, ad esempio:

per i contributi in conto capitale (art. 88, comma 3, Tuir);

per gli utili derivanti dalla partecipazione in società ed enti

soggetti ad IRES (es: art. 89 del Tuir);

per i compensi spettanti agli amministratori, ai promotori ed

ai soci fondatori e art. 95, comma 5, del Tuir);

per gli interessi di mora (art. 109, comma 7, del Tuir).

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Competenza

Rilevano i fatti che si verificano entro la data di chiusura

dell’esercizio.

Questi eventi potrebbero anche venire a conoscenza del

contribuente successivamente alla chiusura dell’esercizio, ma

ciò che importa è che siano maturati entro il 31 dicembre.

Esempio: l’azienda apprende a gennaio del 2011 che un proprio

rappresentante con deposito ha venduto merci ad un cliente a

dicembre del 2010.

Esempio: bolletta dell’energia elettrica di dicembre 2010

ricevuta solo a febbraio 2011 dal contribuente.

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Rapporto tra utile di bilancio ed imponibile

i dati di bilancio non vanno recepiti automaticamente;

motivi di cautela fiscale hanno indotto a prevedere disposizioni connotate da maggiore rigidità;

la notevole elasticità delle regole di determinazione del bilancio ha indotto il legislatore fiscale a prevedere regole e principi tali da conferire una maggiore oggettività e certezza alle modalità di determinazione del reddito d’impresa.

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Certezza e determinabilità

il rispetto del principio della competenza risponde ad una precisa

esigenza fiscale: evitare che i componenti di reddito vengano spostati

da un esercizio all’altro in modo discrezionale.

Per questo, è richiesto il concorso di due requisiti:

certezza; si ha quando si verifica il presupposto di fatto o di diritto

previsto dalle singole disposizioni tributarie;

determinabilità. L’elemento reddituale deve risultare da atti o

documenti probatori (contratti, fatture) che contengano gli elementi

idonei alla sua quantificazione, non basata su stime discrezionali.

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Certezza e determinabilità

Un costo iscritto nel conto economico, ma non ancora del tutto certo

nell’an e determinabile nel quantum non è deducibile fiscalmente

nell’esercizio di competenza, ma nel successivo periodo in cui detti

costi divengono certi e quantificabili con criteri oggettivi.

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Rapporto tra dati di bilancio ed imponibile fiscale

i costi sono di competenza di un esercizio solo se sono certi ed oggettivamente determinabili, e non anche se sono solo stimati, come avviene nel sistema civilistico. L’art. 83 del Tuir prevede appunto la possibilità di apportare variazioni fiscali all’utile di bilancio;

Gli accantonamenti rilevanti ai fini fiscali sono solo quelli espressamente previsti, ed al riguardo vanno applicati i limiti previsti dal Tuir (es: art. 106 per la svalutazione dei crediti)

Le quote di ammortamento vanno comunque ricondotte alle tabelle ministeriali

Spese di rappresentanza – costi per autoveicoli – spese telefoniche: sono previsti dei criteri di ordine forfetario anche per stabilire l’inerenza.

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Competenza

con il comma 2, art. 109, sono specificati i criteri per individuare la competenza delle più importanti operazioni commerciali, e cioè le cessioni dei beni e le prestazioni di servizi.

per gli altri elementi reddituali dovrà farsi riferimento alla maturazione giuridica degli obblighi e dei diritti sottostanti.

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Cessione di beni

Beni mobili: data di consegna o spedizione del bene; non rileva a questi fini il perfezionamento del contratto di cessione prima della consegna del bene; se diversa e successiva, rileva la data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale

Beni immobili e le aziende: momento della stipulazione dell’atto di trasferimento, a meno che il trasferimento della proprietà si abbia in un momento successivo (rileva quest’ultimo momento)

in linea generale non rileva la clausola di riserva di proprietà. In questo caso anche se il contratto è sottoposto a condizione sospensiva ai fini civilistici, esplica pieni effetti ai fini fiscali. Per i beni mobili i ricavi sono quindi di competenza dell’esercizio nel quale è consegnato il bene

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Cessione di beni

Per i Beni mobili una certa importanza potrebbe essere assunta dalle clausole previste in relazione al trasporto del bene. Se quest’ultimo è a cura dell’acquirente non c’è problema, ma diversamente occorre verificare quando l’acquirente entra nell’effettiva disponibilità del bene.

Se dunque il trasporto è affidato a terzi entrano in gioco, oltre alla data del documento di trasporto, anche le condizioni generali del contratto, in quanto potrebbe non esserci coincidenza tra la data di spedizione e quella in cui si realizza l’effettivo trasferimento della disponibilità giuridica del bene. Se la proprietà si trasferisce in un momento successivo alla data di spedizione (o consegna), anche il relativo corrispettivo o la spesa andrebbe considerato conseguito in tale momento.

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Cessione di beni

La Cassazione (11604/2001) ha ritenuto che il prezzo dei beni mobili venduti nel corso del periodo d’imposta, ma consegnati all’acquirente l’anno successivo, rileva nell’anno di consegna del bene, e che i beni stessi devono essere conteggiati, prima della consegna, tra le rimanenze finali del venditore

L’esercizio di competenza per l’acquirente è rappresentato dall’anno in cui i beni sono pervenuti al contribuente, e non invece l’anno in cui i beni sono stati acquistati e spediti (Cass. 16698/2005)

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Esempio

La società Alfa consegna la merce a Beta in data 20 dicembre 2010, ma la merce viene fatturata a gennaio 2011, ed il pagamento viene effettuato a marzo del 2011.

In questo caso la competenza del costo, per Beta (e quella del ricavo di Alfa) è comunque relativa all’anno 2010.

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Prestazioni di servizi

I corrispettivi delle prestazioni di servizi e le relative spese si considerano rispettivamente conseguiti e sostenute quando le prestazioni sono ultimate;

L’appalto si considera ultimato nel momento dell’accettazione dell’opera da parte del committente;

Nel caso di contratti di durata i corrispettivi vanno imputati agli esercizi di maturazione;

Per gli agenti la provvigione è di competenza dell’esercizio in cui il preponente esegue o avrebbe dovuto eseguire la prestazione e, dunque, quello in cui avviene o sarebbe dovuta avvenire la spedizione o la consegna dei beni mobili, l’ultimazione dei servizi o la stipulazione dell’atto per i beni immobili. Può essere stabilito un momento successivo, ma non oltre quello in cui il terzo esegue od avrebbe dovuto eseguire la prestazione, consistente nel pagamento del prezzo.

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Imputazione a conto economico

Il legislatore fiscale ha imposto la necessaria condizione della preventiva imputazione al conto economico esclusivamente in ordine alla rilevanza fiscale dei componenti negativi di reddito

Questa circostanza ha portato per molti versi all’inquinamento fiscale del bilancio di esercizio, in quanto si è diffusa la prassi di imputare a conto economico elementi la cui origine era solo fiscale

Nel tempo si è giunti alla possibilità, espressamente accordata dal Legislatore, di procedere a rettifiche di valore e ad accantonamenti la cui natura era esclusivamente fiscale

Con la riforma del diritto societario tale chance è stata soppressa ed è stato introdotto il quadro EC, per l’applicazione delle deduzioni in via extracontabile in dichiarazione

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Principio di imputazione

una delle conseguenze principali del principio di derivazione consiste dunque, sul lato dei costi, nell’impossibilità di dedurre fiscalmente un componente negativo di reddito che non sia stato preventivamente imputato in bilancio

l’art. 109, comma 4, Tuir, prevede che le spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui non risultano imputati al conto economico dell’esercizio di competenza

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Principio di imputazione

risponde ad un interesse formale alla corretta tenuta delle scritture contabili

chi intende far valere nei confronti dell’Amministrazione finanziaria un elemento a se favorevole (costo) lo deve portare a conoscenza nei modi previsti dalla legge

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Effetti

in linea generale se il costo è imputato in bilancio in misura inferiore ai limiti previsti dal Fisco, la deduzione è limitata al valore risultante dal bilancio

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Deroghe: componenti rinviati

I componenti negativi iscritti a conto economico di un esercizio precedente per i quali la deduzione è stata rinviata in conformità alle precedenti norme del presente capo che dispongono o consentono il rinvio.

Se non è conserntito dedurre fiscalmente alcuni costi nell’esercizio di competenza civilistica, è chiaro che deve essere concessa la possibilità di dedurre tali costi nell’esercizio successivo, quando ad esempio i costi diventano certi e determinabili

In questo caso la deduzione spetta a prescindere dall’imputazione a C.E.

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Deroghe: deduzione ex lege

Componenti negativi che pur non essendo imputati a conto economico sono deducibili per disposizioni di legge.

Potrebbe trattarsi, ad esempio, dei compensi spettanti ai soci fondatori, che sono deducibili anche se non sono imputati a conto economico.

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Spese afferenti ricavi non contabilizzati

L’art. 109, comma 4, prevede che le spese e gli oneri specificamente afferenti i ricavi e gli altri proventi, che pur non risultando imputati al C.E. concorrono a formare il reddito, sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui risultano da elementi certi e precisi.

Questa deroga è volta a consentire la deducibilità dei costi cd. “neri”, ossia le spese non contabilizzate, che sono correlate a ricavi o altri proventi parimenti non iscritti e dichiarati.

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Ricavi non contabilizzati

i ricavi, proventi di ogni genere, e le rimanenze, concorrono a formare il reddito anche se non sono imputati a conto economico (art. 109, comma 3, del Tuir). L’omessa contabilizzazione può quindi dar luogo a rettifica della dichiarazione.

per i costi, invece, in caso di mancata imputazione a conto economico emerge l’indeducibilità, salvo le eccezioni previste dal Tuir

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Inerenza

Si tratta di un principio che vale anche ai fini del reddito di lavoro autonomo o per l’IVA.

presenta il nesso funzionale che lega il costo alla vita dell’impresa;

i componenti negativi debbono trovarsi in rapporto di stretta correlazione con l’attività produttiva di ricavo imponibile e cioè in rapporto di causa ad effetto.

questo rapporto va riferito non ai ricavi, ma all’attività dell’impresa.

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Inerenza

L’art. 109, comma 5, del Tuir, prevede che le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi ed altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi.

In dottrina è tradizionalmente rilevato che il principio di inerenza non reca in realtà una disposizione precisa, in quanto anche tale norma disciplina la deducibilità dei componenti negativi in presenza di ricavi esclusi e non l’inerenza in generale.

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Esempi

Non sono deducibili le spese che l’imprenditore individuale sostiene per se o per i propri familiari, o comunque, per la quota non inerente, le spese relative all’acquisto di beni e servizi destinati ad uso promiscuo (e cioè anche ad uso personale o familiare dell’imprenditore);

Esempio: imprenditore che svolge la propria attività in un unico immobile in cui, in parte abita, e che deduce tutte le spese di energia elettrica, telefoniche e varie). Ved. art. 64

Non sono deducibili le spese sostenute da una società a favore degli amministratori o dei soci di riferimento.

In linea generale all’Ufficio non compete alcuna valutazione discrezionale rispetto all’utilità della spesa, una volta appurata che la stessa sia finalizzata all’attività aziendale.

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Inerenza e norme fiscali

Il principio dell’inerenza supporta la stessa ratio di alcune specifiche disposizioni contemplate dal Tuir. Ad esempio:

Norme in materia di spese di rappresentanza; qui non vi è un rapporto diretto con la produzione dei ricavi, ed il Legislatore ne ha espressamente regolato le modalità di deduzione, intervenendo da ultimo con nuove regole (abbandono del criterio 1/5 di 1/3).

Nuovo art. 108, comma 2, del Tuir. Requisiti di inerenza e congruità previsti ex lege.

Norme che limitano la deduzione dei costi relativi a beni ad uso spiccatamente promiscuo (cellulari, autovetture)

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Riporto delle perdite d’impresa per i soggetti IRES

Utilizzo cd. “orizzontale” e “verticale” delle perdite di impresa

l’art. 84 del Tuir consente al contribuente la possibilità di riportare in senso verticale le perdite d’impresa entro cinque anni da quello di formazione, in funzione dell’utilizzo nei periodi d’imposta successivi

per le perdite realizzate nei primi tre periodi d’imposta dalla data di costituzione, il riporto è invece senza limiti di tempo

l’art. 84 presenta un obbligo di utilizzo delle perdite per l’intero ammontare che trova capienza nel reddito d’impresa

in presenza di redditi d’impresa capienti, l’utilizzazione delle perdite fiscali disponibili è obbligatoria

Domanda: perché c’è questo limite ?

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11/04/23 18:11Reddito d'impresa 63

Esempio: riporto delle perdite d’impresa

Al contribuente è accordata la possibilità di scegliere le perdite fiscali da utilizzare in compensazione.

ad esempio: se il contribuente ha maturato, nel corso del tempo, sia perdite fiscali illimitatamente riportabili (pari a 100) che perdite utilizzabili nell’arco di un quinquennio (pari a 80), nell’anno X, ipotizzando la produzione di un reddito pari a 130, può utilizzare per prima quelle che sono in scadenza (80), e poi quelle riportabili senza limiti temporali (40).

In questo modo le perdite residue (50), saranno tutte riportabili senza limiti temporali.

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Valore fiscale dei beni

l’art. 110 del Tuir disciplina i criteri di determinazione del costo dei beni dell’impresa: il costo (fiscalmente riconosciuto) dei beni strumentali viene assunto al lordo delle quote di ammortamento già dedotte

si comprendono nel costo anche gli oneri accessori di diretta imputazione, ossia tutti quei costi collegati con il bene da un nesso di consequenzialità (causa/effetto)

ai fini della determinazione del costo non assumono rilievo gli interessi passivi e le spese generali; tuttavia per i beni materiali e immateriali strumentali per l’esercizio dell’impresa si comprendono nel costo gli interessi passivi iscritti in bilancio ad aumento del costo stesso per effetto di disposizioni di legge

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11/04/23 18:11Reddito d'impresa 65

Ricavi Componenti positivi di reddito (art. 85 Tuir): corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di

servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa (lett. a);

corrispettivi delle cessioni di materie prime e sussidiarie, di semilavorati e di altri beni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione (lett. b)

corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di partecipazioni (pur non rappresentate da titoli) al capitale di società ed enti indicati nell’art. 73, iscritte nell’attivo circolante (e diverse da quelle che possono fruire dell’esenzione di cui all’art. 87), anche se non rientrano tra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa (lett. c).

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11/04/23 18:11Reddito d'impresa 66

Ricavi corrispettivi delle cessioni di strumenti finanziari similari

alle azioni ai sensi dell’art. 44, emessi da società ed enti indicati nell’art. 73, iscritti nell’attivo circolante (e diversi da quelle che possono fruire dell’esenzione di cui all’art. 87), anche se non rientrano tra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa (lett. d);

corrispettivi delle cessioni di obbligazioni e di altri titoli in serie o di massa, iscritti nell’attivo circolante, anche se non rientrano tra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa (lett. e);

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11/04/23 18:11Reddito d'impresa 67

Ricavi indennità conseguite a titolo di risarcimento, anche in

forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento di beni indicati ai punti precedenti (lett. f);

contributi in denaro, o il valore normale di quelli, in natura, spettanti sotto qualsiasi denominazione in base a contratto (lettera g);

contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge (lettera h).

valore normale dei beni destinati al consumo personale o familiare dell’imprenditore, assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.

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11/04/23 18:11Reddito d'impresa 68

Ricavi e plusvalenze la rilevanza delle cessioni di beni o delle prestazioni di

servizi tra i ricavi anziché tra le plusvalenze si basa sul rapporto di tali operazioni con la specifica attività produttiva esercitata dall’impresa e non nelle caratteristiche oggettive dell’operazione posta in essere

Es: un’impresa che produce automezzi consegue ricavi dalla vendita di tali beni, mentre la medesima cessione è produttiva di plusvalenze, ai sensi dell’art. 86 del d.P.R. n. 917 del 1986, se effettuata da un’impresa che costruisce abitazioni.

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11/04/23 18:11Reddito d'impresa 69

Ricavi e plusvalenze

i ricavi concorrono alla determinazione del reddito d’impresa secondo il principio generale di competenza previsto dal comma 1 dell’art. 109.

ne deriva che se l’esistenza dei ricavi non è ancora certa ed il loro ammontare non è ancora determinabile in modo oggettivo, i ricavi devono essere imputati al periodo d’imposta in cui entrambe le condizioni si verificano.

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Plusvalenze

art. 86 detta i criteri generali di imputazione delle plusvalenze, regolando le fattispecie imponibili e i relativi criteri di imposizione

art. 87: participation exemption

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Plusvalenze l’art. 86 Tuir prevede i casi di cessione a titolo oneroso, di

risarcimento, o destinazione di beni a finalità extraimprenditoriali, casi che riguardano i beni relativi all’impresa diversi da quelli indicati nel comma 1 dell’art. 85

l’art. 85 comma 1 disciplina i beni “merce”, i quali generano ricavi. perciò sono soggetti alla normativa sulle plusvalenze i beni che hanno una natura diversa dai beni “merce”

tra questi, rientrano i beni strumentali all’esercizio dell’impresa, ammortizzabili ai sensi dell’art. 102. Vista la formulazione dell’art. 86 comma 1, che attrae nel suo ambito applicativo tutti i beni diversi dai beni merce, si deve concludere per l’applicabilità della normativa sulle plusvalenze anche ai beni non ammortizzabili, purché non “merce”.

Ad esempio: terreni ed immobili patrimoniali detenuti dalle imprese immobiliari di gestione.

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Plusvalenze per quanto riguarda i titoli una certa importanza viene ad

essere assunta dalla distinzione fra titoli del circolante e titoli qualificati come immobilizzazioni finanziare. Solo questi ultimi, infatti, rientrano fra le fattispecie che possono generare plusvalenze.

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Calcolo della plusvalenza (art. 86 comma 2)

Le plusvalenze realizzate attraverso la cessione a titolo oneroso dei beni d’impresa sono date dalla differenza tra il corrispettivo percepito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, e il costo non ammortizzato dei beni medesimi.

Concorrono alla formazione della plusvalenza anche gli oneri accessori di diretta imputazione, i quali, a norma dell’art. 110 comma 1 lett. b), costituiscono parte integrante del costo del bene, e riducono – conseguentemente - la plusvalenza realizzata all’atto della cessione del bene

il costo non ammortizzato è il costo sostenuto per l’acquisizione del bene, ridotto in ragione degli ammortamenti dedotti nei vari periodi d’imposta in cui il processo di ammortamento ha avuto corso

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Rateizzazione della plusvalenza (art. 86 comma 4)

In caso di cessione a titolo oneroso (e fattispecie assimilate), è possibile frazionare le plusvalenza realizzata in un massimo di cinque periodi d’imposta, nei soli i casi in cui i beni siano posseduti da almeno tre anni (o da almeno un anno, per le società sportive professionistiche).

L’opzione, che è irrevocabile, per il frazionamento delle plusvalenze deve essere esercitata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui la plusvalenza viene realizzata.

le quote devono obbligatoriamente essere costanti.

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Minusvalenze e perdite dei beni

a fronte della cessione del bene non sempre si consegue una plusvalenza, ben potendo verificarsi anche il caso in cui emerge una minusvalenza

l’ambito applicativo della normativa riguardante le minusvalenze (art. 101) e le perdite di beni è il medesimo di quello già esaminato con riferimento alle plusvalenze patrimoniali, ma la deducibilità delle minusvalenze è (attualmente) riconosciuta nei soli casi di cessione a titolo oneroso e di risarcimento

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Ammortamento dei beni materiali

Il codice civile (art. 2426 n. 2, c.c.) ed i principi contabili OIC prevedono che il piano di ammortamento deve tenere nel debito conto la residua possibilità di utilizzo del bene. Il costo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la residua possibilità di utilizzazione

siamo in presenza per molti versi di una valutazione discrezionale, che non va bene se si considera il piano fiscale

l’art. 102 dispone che le quote di ammortamento dei beni strumentali siano deducibili in misura non superiore alla misura massima definita dal legislatore.

dal punto di vista fiscale valgono le regole previste dal D.M. 31 dicembre 1998; sono previsti specifici coefficienti in relazione alla tipologia del bene ed al settore di appartenenza del possessore

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Esempio: il caso degli ammortamenti

Ad esempio, la voce macchine d’ufficio ed elettromeccaniche, che comprende anche i PC, presenta una quota di ammortamento fiscale pari al 20%

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Un caso pratico

Ipotizziamo un caso in cui il costo imputato a conto economico da parte di una S.r.l. a titolo di ammortamento sia superiore ai limiti fiscali

quota di ammortamento di bilancio = 25%

coefficiente ministeriale = 20%

valore del bene = 2.000

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Un caso pratico

in questo caso il principio di imputazione al conto economico risulta rispettato, in quanto la quota appostata in bilancio è pari a 500, ma fiscalmente è ammessa la deduzione per un importo che non può superare un valore pari a 400

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Un caso pratico: effetti in dichiarazione

Nel caso in esame la società dichiarante risulta tenuta ad applicare una variazione in aumento nel quadro RF per un importo pari a 100

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Caso n. 2: quota di bilancio inferiore a quella fiscale

Si ipotizzi adesso che la quota imputata in bilancio sia inferiore a quella deducibile fiscalmente.

Ad esempio:

costo del bene = 2.000

quota di ammortamento da bilancio = 10% (200)

quota di amm. fiscalmente ammessa = 20% (400)

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Effetti

in questo caso va comunque salvaguardato il principio di imputazione del costo a bilancio. Ciò vuol dire che la società dichiarante non potrà dedurre un importo pari a 400 (per far ciò avrebbe dovuto applicare una variazione in diminuzione in dichiarazione per un importo pari a 200)

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Effetti

pertanto nel caso in esame la società potrà dedurre in dichiarazione solo un importo pari a 200 (= 10% del costo del bene = quota di ammortamento rilevata in bilancio a fine esercizio)

nessun effetto pratico nella dichiarazione dei redditi dell’esercizio in esame

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Deduzione delle quote di bilancio

Qual è l’effetto finale per il contribuente ?

Nel lungo periodo il costo viene comunque ad essere dedotto integralmente

Nel caso specifico il bene sarà quindi ammortizzato in dieci anni

Il contribuente deduce in ciascun anno una quota pari a 100

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Ammort. fiscale inferiore alla quota di bilancio

Riprendiamo il caso appena illustrato:

quota di ammortamento da bilancio è pari a 200 (aliquota 10%);

Costo del bene = 2.000, aliquota fiscale = 20%.

Domanda: la società Alfa può portare in deduzione in dichiarazione una quota di ammortamento fiscale per un importo pari ad esempio a 100 ?

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Tale scelta implica l’applicazione di una deduzione che è inferiore a quella risultante dal bilancio (200) ed al limite previsto dall’art. 102 del Tuir (in teoria, 400)

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I chiarimenti dell’Agenzia

Non è ammessa la possibilità di calcolare discrezionalmente gli ammortamenti fiscali, in misura diversa dagli ammortamenti civilistici e, quindi, in modo avulso dalle indicazioni di bilancio, stante il principio di derivazione del reddito imponibile dal risultato del conto economico enunciato all'art. 83 del Tuir (A.E. ris. n. 78 del 2005)

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Più precisamente

Gli effetti concreti del principio di derivazione si riverberano non tanto sul trattamento delle variazioni in aumento effettuate in un determinato esercizio a fronte di ammortamenti fiscali inferiori a quelli civilistici, quanto sulle conseguenze che ne derivano negli esercizi successivi.

Va in ogni caso esclusa la possibilità di dedurre dal reddito dei futuri esercizi il minore ammontare (rispetto a quello civilistico) degli ammortamenti non dedotti in precedenza, attraverso variazioni in diminuzione che non troverebbero legittimità nel sistema delle norme sul reddito di impresa.

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Ammortamento beni immateriali L’art. 103 prevede una quota massima di ammortamento

fiscale pari al 50% del loro costo per i seguenti beni: diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno; diritti di brevetto industriale; diritti di utilizzazione dei processi, formule e informazioni

relativi ad esperienze ottenute in campo industriale, commerciale o scientifico.

Per marchi ed avviamento non è ammessa la deduzione per un importo superiore ad 1/18

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Sopravvenienze attive

Le sopravvenienze attive rappresentano dei componenti positivi di reddito che si generano a seguito della rilevazione contabile di ricavi o proventi correlabili a costi od oneri di competenza di precedenti esercizi o della sopravvenuta insussistenza di passività relative a precedenti esercizi.

Dal punto di vista civilistico le sopravvenienze attive devono essere

contabilizzate tra gli “altri ricavi e proventi” della voce A5 del conto economico, quando si tratta di sopravvenienze derivanti da un diverso valore rilevabile all’atto della registrazione rispetto a quello che si era stimato in precedenza.

Diversamente, qualora si tratti di sopravvenienze derivanti da meri errori (di calcolo, di valutazione, di misurazione) di fatti che già esistevano ed erano conoscibili nell’esercizio in cui sono stati contabilizzati, occorre contabilizzare la sopravvenienza tra i proventi straordinari della voce E20 del conto economico

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Sopravvenienze attive Con l’art. 88, ha ripreso la nozione civilistica di sopravvenienza

caratterizzata dalla straordinarietà dell’evento e/o dalla perdita della competenza di un determinato componente di reddito.

Le sopravvenienze attive rappresentano delle componenti straordinarie correlate a costi, oneri e spese, contabilizzati in un determinato esercizio che risultano successivamente, in tutto o in parte, non sostenuti.

Ad esempio, si contabilizzano nell’esercizio 2007 acquisti di merce da fornitori per 1.000 e nell’esercizio successivo si accerta che il costo effettivo è pari a 800, l’importo di 200 costituisce nell’esercizio 2008 una sopravvenienza attiva.

Un’altra tipologia di sopravvenienze attive è quella che deriva da ricavi o proventi contabilizzati per un determinato importo nell’esercizio di competenza e che, successivamente, vengono effettivamente accertati per un importo superiore.

Ad esempio, alla contabilizzazione nell’esercizio 2007 di un ricavo per prestazione di servizi pari a 1.000. Se nell’esercizio 2008, a seguito di una attenta analisi delle pattuizioni contrattuali, è accertato un ricavo superiore per 1.200, il maggior importo accertato (200) costituisce una sopravvenienza attiva nell’esercizio 2008.

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Sopravvenienze attive

Rientrano nella nozione di sopravvenienza attiva anche la sopravvenuta insussistenza di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi. Tali sopravvenienze concorrono alla formazione del reddito se e nella misura in cui siano originate dall’insussistenza di fondi dedotti nei precedenti esercizi. Diversamente, qualora il fondo sia tassato (vale a dire, costituito a fronte di costi fiscalmente non dedotti), una sua eventuale esuberanza produce una sopravvenienza attiva fiscalmente irrilevante.

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Sopravvenienze passive

il comma 4 dell’art. 101 considera sopravvenienze passive il mancato conseguimento di ricavi o altri proventi che hanno concorso a formare il reddito in precedenti esercizi. le sopravvenienze passive concorrono a formare il reddito secondo il principio generale di competenza previsto nel comma 1 dell’art. 109.

Esempio: si contabilizzano nell’esercizio 2009 vendite di merce alla clientela per 1.000, mentre nell’esercizio 2010 si accerta che il ricavo effettivo, per un errato conteggio del prezzo di vendita, è pari a 800, l’importo di 200 costituisce nell’esercizio 2010 una sopravvenienza passiva.

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Sopravvenienze passive

Sono considerate sopravvenienze passive, inoltre, il sostenimento di spese, perdite od oneri a fronte di ricavi o altri proventi che hanno concorso a formare il reddito in precedenti esercizi. Tali sopravvenienze, quindi, possono essere correlate a costi o oneri contabilizzati per un determinato importo nell’esercizio di competenza e successivamente accertati per un importo superiore.

Esempio: contabilizzazione nell’esercizio 2009 di un costo pari a 1.000 a fronte di un servizio ricevuto. Se nell’esercizio 2010, a seguito di revisione contrattuale, è accertato un costo maggiore (1.200), il maggior costo accertato (200) costituisce sopravvenienza passiva rilevante nell’esercizio 2010.

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Sopravvenienze passive

Costituiscono sopravvenienze passive, infine, la sopravvenuta insussistenza di attività iscritte in bilancio in precedenti esercizi.

Esempio: nell’esercizio 2009 è contabilizzato un ricavo per la vendita di merci e, contestualmente, è iscritto in bilancio il corrispondente credito verso il cliente. Se dopo “n” anni il credito non è incassato poiché prescritto, l’impresa provvede a stornare il relativo importo e a rilevare una sopravvenienza passiva.

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Perdite su crediti

L’art. 101, comma 5, del Tuir, prevede che le perdite su crediti sono deducibili fiscalmente solo se risultano da elementi certi e precisi e, in ogni caso, se il debitore è assoggettato ad una procedura concorsuale (esempio: dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento).

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Perdite su crediti

L’art. 101, comma 5, del Tuir, prevede che le perdite su crediti sono deducibili fiscalmente solo se risultano da elementi certi e precisi e, in ogni caso, se il debitore è assoggettato ad una procedura concorsuale (esempio: dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento).

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Perdite su crediti

L’art. 106 del Tuir prevede che le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l’importo non coperto da garanzia assicurativa, che derivano dalle cessioni di beni e dalle prestazioni di servizi, sono deducibili in ciascun esercizio nella misura dello 0,50% del valore nominale dei crediti stessi. Nel computo si tiene conto anche degli accantonamenti per rischi su crediti. La deduzione non è più ammessa quando l’ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti ha raggiunto il 5% del valore nominale dei crediti di bilancio alla fine dell’esercizio.

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Perdite su crediti

Sotto il profilo civilistico già il fondo svalutazione crediti non corrisponde con il fondo fiscale. L’OIC n. 15 prevede che il valore nominale dei crediti deve essere rettificato per le perdite per inesigibilità che possono essere ragionevolmente previste.

Le perdite per inesigibilità non devono gravare sul conto economico degli esercizi futuri in cui esse si manifesteranno con certezza ma, in ossequio ai principi della competenza e della prudenza ed al principio di determinazione del valore di realizzo dei crediti, devono gravare sugli esercizi in cui le perdite si possono ragionevolmente prevedere.

Anche l’OIC 15 mette in guardia il redattore del bilancio: non è accettabile che tramite il fondo si miri a distribuire le perdite sui crediti nei vari esercizi al fine di stabilizzare i risultati di esercizio. Vanno dunque adottati criteri di svalutazione prudenziali, da cui devono scaturire valori adeguati ma non eccessivi.

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Perdite su crediti

Cosa deve fare il verificatore se in relazione ad una determinata annualità rileva che il contribuente ha appostato in bilancio somme rilevanti a titolo di perdite su crediti ?

Ad esempio: la società Alfa presenta a conto economico perdite su crediti per 500.000 euro.

La prima cosa da fare è verificare se in bilancio è presente un fondo svalutazione crediti e verificare la corrispondenza con il fondo fiscale. Le perdite su crediti sono infatti deducibili solo per la parte che eccede l’ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti dedotti nei precedenti esercizi (artt. 106, comma 2, del Tuir).

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Perdite su crediti

Ipotizziamo poi che la società non abbia dedotto alcunché negli anni precedenti. Bisogna verificare, comunque, se a fronte del componente negativo di reddito (perdita pari a 500.000 euro) in dichiarazione è stata effettuata una variazione in aumento.

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Perdite su crediti

Se non è stata effettuata alcuna variazione in aumento in relazione a tali perdite occorre verificare l’esistenza di elementi certi e precisi che consentono al contribuente di dedurre il costo dal punto di vista fiscale.

Poniamo ad esempio che il debitore sia stato assoggettato a fallimento nell’anno oggetto di verifica. In questo caso nulla quaestio. Il costo è deducibile. Se invece la sentenza risale ad esempio a due anni addietro, occorre comunque valutare le motivazioni che hanno spinto il contribuente a dedurre la perdita proprio nell’anno in esame. Al contribuente non è dato spostare discrezionalmente il momento della deduzione del costo.

In linea generale entrano in gioco vari elementi in base ai quali può essere stabilito che l’inesigibilità del credito è definitiva.

Potrebbe ad esempio trattarsi di una lettera con la quale l’avvocato che si occupa della riscossione del credito informa la società che ha esperito tutti i tentativi legali del caso, ma che nonostante ciò il credito risulta a tutti gli effetti inesigibile.

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Accantonamenti

L’art. 105 del d.P.R. n. 917 del 1986 definisce le condizioni e i limiti in base ai quali risultano deducibili dal reddito d’impresa gli accantonamenti operati dal datore di lavoro:

- al fondo TFR; - ad altre forme di previdenza collettiva del personale dipendente.

Risultano inoltre deducibili gli accantonamenti previdenziali relativi a: - contratti di collaborazione coordinata e continuativa (e lavoro a progetto); - rapporti di agenzia; - contratti di attività sportiva professionistica.

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Altri accantonamenti

L’art. 107 del d.P.R. n. 917 del 1986 definisce le condizioni e i limiti in base ai quali risultano deducibili dal reddito d’impresa gli accantonamenti operati a fronte di:

- lavori ciclici di manutenzione di navi e aeromobili (5% del costo di ogni nave o aereo risultante a inizio esercizio dal registro dei beni ammortizzabili);

spese di ripristino o sostituzione dei beni gratuitamente devolvibili (5% del costo);

operazioni e concorsi a premio (30% impegni esercizio).

Accantonamenti diversi da quelli espressamente elencati non sono deducibili (art. 107 comma 4 del d.P.R. n. 917 del 1986 e Risoluzione ministeriale 18.12.79 n. 9/865).

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11/04/23 18:11Reddito d'impresa 105

Compensi agli amministratori

I compensi spettanti agli amministratori delle società e degli enti di cui all’art. 73 comma 1 (società di capitali, cooperative e mutue assicuratrici, enti commerciali e non commerciali, stabili organizzazioni di soggetti non residenti) sono deducibili dal reddito d’impresa nell’esercizio in cui sono corrisposti. In deroga al principio di competenza, opera dunque il criterio di cassa.

I compensi erogati sotto forma di partecipazione agli utili sono deducibili anche se non imputati a Conto economico (art. 95 comma 5).