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io sono qui per te

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io sono qui per te

PREFAZIONE

PARTE PRIMA

1. La storia

PARTE SECONDA

2. David e Mattia

3. Il sogno

4. I super poteri

5. Il ritorno a scuola

6. La mia password

7. Non si tirano giù le catene

8. Se lo tenga a casa

9. Incomprensioni

10. Il pericolo

11. Cara mamma, caro papà

12. Io e il cavallo

13. Am-abilmente diverso

14. Ma a cosa serve parlare?

15. Sono buono

16. Le orecchie bioniche

17. Il calabrone e la farfalla

18. Il tema

19. Io sono qui per te

20. Il nonno

21. Il risveglio

PARTE TERZA

22. Ohana

“Una diagnosi di autismo non è la fi ne del mondo.

È l’inizio del nuovo mondo”

Anonimo.

PREFAZIONE

Quando sono nata, mia madre racconta che non respiravo e quindi non ho pianto per quattro lunghi minuti, durante i quali mi hanno messa sotto ossigeno. Poi ho fatto sentire la mia voce. Quando ero piccola invece, dice che non parlavo mai con nessuno al di fuori dei miei familiari.

Per tre anni, all’asilo, non ho mai detto una sola parola, però osservavo e proprio alla fine ho cominciato ad interagire: avrei voluto giocare ma non lo facevo e siccome non parlavo, nessuno giocava e parlava con me. Io così me ne stavo nel mio mondo, pieno di amici invisibili agli occhi degli altri. Li si che si stava bene: nessuno mi pressava, nessuno pretendeva niente da me e tutti ci capivamo! Mi sfogavo poi a casa, dove tiravo fuori sia la parlantina che un caratterino mica da ridere!

Ma fuori il mondo mi faceva paura.Alle elementari stessa scena per i primi sette mesi di scuola. A metà marzo del primo anno, però, mi sono sbloccata: ho risposto all’appello! Dire ‘’presente’’ sarebbe stato troppo, ma con il mio “si” – sottinteso “ci sono”- ho visto spalancare il sorriso e la soddisfazione della mia fiduciosa e pazientatissima maestra Grazia e di mia mamma!La mia maestra in effetti non mi ha mai chiamata ‘’’strana’’ e mi ha dato il tempo di crescere, mentre ho sentito maestre d’asilo consigliare a mia madre di cercare una scuola più adatta, incapaci di confrontarsi con una bambina il cui unico problema, in definitiva, era il rimanere in silenzio! Non cambiai asilo perchè mia madre fece zittire loro...

Comunque da quel “si” è cominciata la mia crescita personale e anche se in terza elementare ripetevo ancora le interrogazioni scritte due volte perchè avevo bisogno di più tempo per “metabolizzare” le informazioni studiate, sono poi passata alle medie senza problemi e da lì alle soddisfazioni dei risultati ottenuti al liceo psicopedagogico, o meglio Liceo delle Scienze Umane. Ora mi sono trasferita a Parigi, ed eccomi qua a studiare tutto completamente in inglese, nella ScuolaInternazionale di Parigi, ISP.

Ora il mio obiettivo è iscrivermi all’Università di psicologia di Philadelphia, tra le più importanti d’America, perchè proprio la psicologia infantile è la mia passione e la strada che sento di dover e voler seguire nel mio futuro.

Non sono affetta da autismo, non lo sono mai stata.Penso che Dio mi abbia fatto un regalo che mi sarebbe servito molti anni dopo: credo che abbia voluto che provassi sulla mia pelle cosa volesse dire vivere senza riuscire ad esprimere le proprie emozioni, sentendosi tagliati fuori da chi non prova neanche ad immaginare l’esistenza di un altro linguaggio con il quale comunicare con chi è più sensibile e delicato!

E senz’altro voleva che mi ricordassi che il più miracoloso e potente linguaggio da usare con me era quello della fiducia e della dolcezza, perchè io sentivo cosa provava chi avevo davanti, e se per ogni volta che leggevo negli occhi degli insegnati sfiducia e indifferenza mi bloccavo completamente, così i miei miglioramenti diventavano evidenti, veloci e più che soddisfacenti ogni volta che invece mi trasmettevano coraggio e credevano in me.

Forse Dio ha voluto che io avessi un mondo tutto mio dove nascondermi e farmi sentire al sicuro, come quando andavo a giocare sotto il tavolo perchè mi sentivo più protetta. Esiste davvero un mondo dentro di noi e, esattamente come nell’universo, così anche dentro di noi ogni mondo è unico, non ce n’è uno uguale all’altro, ma non per questo alcuni sono da definirsi brutti o sbagliati: sono semplicemente diversi!Io me lo ricordo cosa provavo, me lo ricordo bene. Cosi come mi ricordo che mia mamma mi ha sempre insegnato ad aver fiducia in me stessa, mi ha sempre detto che ognuno ha i propri tempi, che sarei cresciuta e avremmo capito insieme il perchè di tutte le cose e quali fossero i doni che nascondevo in me. Perchè tutti abbiamo dei doni, e tutti siamo doni!

Ho imparato ad andare a cavallo e non so spiegare quale forza, quale sicurezza e quale dignità mi ha trasmesso questo animale. Mi ha aiutato così tanto a credere in me stessa! Un dialogo silenzioso fatto solo di energia: lui sente la mia, io la sua, sino a diventare un’energia sola dove io assorbo la sua forza e lui trasforma la mie paure in fiducia incondizionata. Ne farò tesoro per il mio lavoro futuro. Uno degli animali più magici e terapeutici che esistano. E ricordo ancora la voce di Chiara, la mia istruttrice: i pericoli esistono e le regole ci sono e vanno rispettate, ma la sua voce è sempre rimasta ferma, calma ed equilibrata. Un’altra dose di fiducia e sicurezza che riesce a fare la differenza.

E per finire questa breve introduzione sulla mia vita, voglio ancora raccontare una cosa: la mamma diceva che le ricordavo tanto, tantissimo Lilo, del film d’animazione “Lilo e Stitch”, del 2002, il cartone animato su di un piccolo extraterrestre, Esperimento 626, che finisce sul nostro pianeta. Era il mio preferito ma oggi forse non si trova più in giro.

Una bambina simpatica, forte, testarda e sensibile, messa un po’ da parte, ha a che fare con un piccolo essere che arriva da un altro mondo e che lei chiama semplicemente Stitch.Questo “prodotto mal riuscito” ha un carattere imprevedibile ed è difficile da gestire. Le luci del flash scatenano in lui reazioni incontrollabili e si innervosisce facilmente... Quello che vuole è una “famiglia” perchè “famiglia significa che nessuno viene abbandonato o dimenticato” e grazie all’amicizia della bambina imparerà a controllare il proprio carattere

e saprà regalare a Lilo le emozioni più belle, che permetteranno anche a lei di capire lui ,contro tutto e tutti.

Lilo e Stitch sono più vivi che mai dentro di me. Che fosse un segno anche quello?

Oggi scrivo una storia, o almeno ci provo, senza nessuna presunzione perchè il mondo dell’autismo è molto vasto e complicato e ogni caso ha le sue particolarità: ci sono bambini autistici che hanno sviluppato i loro doni e da grandi sono diventati genii, scienziati, musicisti, ingegneri, proprio grazie a quelle “anomalie” che li rendevano tanto diversi agli occhi degli altri. Altri semplicemente vivono la loro normale vita piena di difficoltà e di sofferenza anche fisica.

Dall’autismo non si guarisce totalmente, anche perchè non è una malattia, ma uno stato d’essere; però si può migliorare tantissimo.

Quello su cui volevo attirare l’attenzione non è solo l’autismo in se, ma il modo in cui noi ci rapportiamo con chi è ‘non uguale’ a noi: penso che sia questo il punto dolente e, nello stesso tempo, la chiave per far si che tutti possiamo vivere un po’ meglio.

Per farlo bisogna cominciare a conoscere questi mondi ‘paralleli’ sin da piccoli, sino dai primi anni di scuola. Perché, come racconterà uno dei due protagonisti, se ci si comporta ugualmente con tutti, ognuno di noi crescerà uguale pur nella propria diversità e si imparerà a convivere, tutti insieme, come la cosa più naturale del mondo, cosi come dovrebbe sempre essere.

La morale è sempre la stessa: tutti siamo messi alla prova, c’è chi accetta la sfida e c’è chi ancora ha tanto da esercitarsi sulla pazienza, sull’amore, sulla fiducia, sull’amicizia... sulle diversità... sul non giudizio...

***

I bambini con autismo ci sono. Sono nel presente, sono nel nostro presente.

Non vivono nel passato, non vivono nel futuro. Vivono adesso, giorno per giorno, minuto per minuto, anche se magari a volte si assentano un po’ per fare un giro nel loro mondo, per riprendersi e difendersi dagli attacchi del nostro, di mondo.

Si rifugiano dentro loro stessi.

Poi sbucano fuori: danno uno sguardo alla “nostra” pazzia, alla nostra metodologia, al nostro essere un po’ tutti uguali e un po’ monotoni, alla nostra indifferenza.

La cosa buffa è che Dio ci insegna a trovare il silenzio, a guardare dentro noi stessi, a isolarci un po’ anche noi nel nostro mondo interiore, perchè Lui è dentro di noi.

Beh, loro lo sanno! E lo sanno talmente bene che non si pongono il problema di saperlo o no. Lo fanno e basta.

S. Francesco diceva che noi siamo gli occhi di Dio. Ma allora, se Dio si diverte a guardare l’universo anche attraverso gli occhi di un bambino affetto da autismo, ci sarà ben un motivo! Perchè mai dovrei essere io a giudicarlo?

Meglio imparare a guardare con gli occhi di quel bambino, si potrebbero avere grandi sorprese.

Dopotutto, chi ha deciso da che parte è giusto guardare il mondo?Per me Stitch rappresenta il bambino con l’autismo. L’amicizia può fare il miracolo anche per lui. E io si, io sono Lilo, e sono pronta a dargli amicizia.

E voi?

“Vivo in silenzio. Sospeso tra luce e ombra,

guardando il mondo e i suoi mille colori che non riesco ad afferrare. Ma se afferro la tua mano, se insieme

scopriamo il mondo,

i miei occhi e i tuoi occhi vedranno nuovi colori, una nuova prospettiva e una nuova luce.”

Anonimo con autismo

PARTE PRIMA

1. LA STORIA

“Me la racconti una storia?” “Perchè? Tu non ne conosci?”

“Si, ma le tue mi piacciono di più. Ti prego fammi entrare nel tuo mondo ancora un po’, è tutto più colorato da te!”

“Ok lo faccio. Ma tu che mi dai in cambio?”

“Te lo dico alla fine”

“Ragazzo autistico sono io con

povere risorse ma consapevole di essere forte adolescente paure come tutti i miei compagni ho di diventare

vero adulto con intelligente cuore

voglio vita piena di lunghi pensieri per altri indifesi amici

unico scopo servire con tanti pensieri per aiutare gente che bisogno doloroso ha

Tantissimo ho da dare. Dico sono tanto diverso con fi gura fuori uguale agli altri dentro giostra di colori ho. Niente

di stonato universo con pianeti da

Scoprire ho nel mio diverso cervello di ragazzo che lotta per crescere”

(Andrea, tratto da “Sono graditi visi sorridenti”)

PARTE SECONDA

2. DAVID E MATTIA

Mi chiamo David e sono un ragazzino come tanti altri. Vivo coi miei genitori in una bella casa e sono figlio unico. Ho tutto quel che voglio, i miei stanno bene e mi regalano bei vestiti e tutti i giochi che desidero: wii, play station, macchinine, piste, omini di ogni serie. Il mio gioco preferito resta il go-kart rosso che è nel giardino di casa: per me è come una Ferrari. Ci passo ore sopra e le poche volte che mio padre non lavora faccio le gare con lui, che mi segue in bici.

In effetti i miei sono molto impegnati e non mi dispiacerebbe avere un po’ più di attenzioni, però dicono che sono il principe di casa. Sarà, ma a volte non so neanche se mi conoscono bene... a scuola, per esempio, a me piace fare un po’ il bulletto, soprattutto con chi so che posso sfidare, insomma con quelli più deboli. Non sai che soddisfazione far paura agli altri! Così mi rispettano! Tanto le insegnanti non mi beccano mai e nessuno parla. Sono proprio forte!

L’altro giorno in classe è arrivato uno nuovo, Mattia. Lo dovevate vedere! È uno sfigato! All’inizio sembrava a posto, ma dopo pochissimo tempo ha cominciato a fare cose strane, come girare su se stesso continuando a ripetere delle parole incomprensibili... Non capisce niente di quello che gli si dice, sembra di un altro pianeta! Meglio stargli alla larga, non si sa mai...

La prof dice di trattarlo bene, dice che è un bambino autistico e che passerà una o due ore in classe con noi, per il resto è seguito da un’altra insegnante: che vuol dire autistico?! E come fai a trattare bene uno cosi? Non mi guarda neanche in faccia... ho già in mente qualche scherzo da fargli..! Comunque chiedo cosa vuol dire sta parola, magari è una malattia che si attacca...L’autismo, dice la prof, è un problema dello sviluppo psico-mentale a causa del quale i bambini come Mattia fanno fatica a capire quello che succede intorno a loro, non sono in grado di comprendere bene, di socializzare, di comunicare , di controllare i movimenti del loro corpo, tutto a seconda che la forma di autismo sia lieve o molto grave.

Ma perchè uno dovrebbe diventare autistico? Perchè, tra le altre cose, la prof dice che non ci si nasce, lo si diventa dopo. Comunque non me lo sa spiegare neanche lei. Dice che gli psicologi e i dottori non hanno trovato ancora la causa, e alcuni pensano possa essere una conseguenza dei vaccini, ma che è ancora tutto da provare: insomma un effetto collaterale imprevedibile... sì, beh, ma quando ce l’hai ce l’hai, non potrebbero pensarci prima?

***

Ho raccontato a mia madre del bambino nuovo, che non capisce niente. È talmente pazzo che a volte si morde da solo... Lei dice che devo stare attento, di non dargli confidenza, ma a quanto ho capito mia mamma ne ha più paura di me e non ne sa molto a proposito. Farò come dice lei, tanto non ho visto nessuno provare a farci amicizia... perchè dovrei essere proprio io, uno con la mia reputazione per di più! Non pensiamoci, io ho cosi tanti motivi per stare bene! Ma non è che è anche sordo? Ho provato a chiamarlo mentre ero in classe, ma niente, lui neanche sa che lo chiamo... boh...Ma poi a me cosa interessa di questa specie di extraterrestre? Mica mi ruba gli amici? Magari un po’ di attenzione me la ruba, se ci penso... stanno tutti a parlare di lui adesso: non ridere troppo forte, non fare troppo rumore, non toccarlo,niente barzellette, attento a come parli perchè prende tutto alla lettera... cosa mai vorrà dire... comunque è strana sta cosa, ho l’impressione che sia un peso per tutti, come se nessuno volesse averci a che fare... forse non ne sono capaci o forse fanno come me quando gli insegnanti dicono che ‘non mi applico’: in poche parole non ne ho voglia! Oppure non sanno come fare... credevo che i grandi sapessero tutto, mi hanno fregato! “Se non ci metti il cuore non serve a niente, neanche studiare” direbbe mio nonno...Beh, se non ce lo mettono loro perchè dovrei mettercelo proprio io?

***

Eccolo di nuovo in classe. Mi viene vicino, e io mi allontano. Mi riviene vicino, e io mi riallontano. Alla fine perdo la pazienza e lo spingo! Accidenti, il finimondo! Mi dispiace! No che non mi dispiace! No, si, mi dispiace... no, non mi dispiace se lo è meritato! Ma meritato cosa?? Uffa, comunque ha ripreso a muoversi tutto, si contorce le mani e saltella da un piede all’altro.. sembra che abbia spento il cervello.. non ascolta più...c’è solo più lui e il suo strano mondo... Mi fanno la romanzina ma non mi importa, ci sono abituato. C’è un pensiero che continua a girarmi in testa e più lo mando via più lui torna: com’è il suo mondo? Come ci vede lui , come noi vediamo lui?Oh insomma, non mi interessa..vado a fare due tiri a palla coi miei amici!

***

Bella giornata oggi, mi sono proprio divertito... Certo che sono fortunato io...chissà Mattia come passa le giornate visto che è sempre solo... Ma non è che sto diventando troppo buono?Sono stanco, vado a dormire, buona notte mondo.

3. IL SOGNO DI DAVID

“AAAHHHHH!! E tu chi sei? Cosa ci fai seduto sulla mia scrivania??”

“Sshhhhhhh, smettila di urlare, tanto non ti sente nessuno, sei nel tuo mondo!”

“Cosa vuol dire che sono nel mio mondo? Certo che sono nel mio mondo! Sei tu che non sei nel mondo giusto! Chi diavolo sei?”

“Non importa chi sono, puoi chiamarmi come vuoi, tanto stai solo sognando ma non lo sai”

“Ah, meno male , è un sogno, credevo quasi fossi vero! Che spavento! Beh, allora vattene dal mio sogno, punto. Non ti voglio!”

“Come, non mi vuoi, ma se mi hai chiamato tu!”

“Ma figurati, manco ti conosco!”

“Attento... ricordati che siamo nel tuo mondo, e nel tuo mondo io rispondo alle tue domande più segrete appena mi accorgo che le risposte potrebbero aiutarti”

“Ma che domande, ma che risposte! Lasciami dormire in pace, va via!”

“Lo farò, ma non prima di averti fatto un regalo”

“Regalo , hai detto? Wow, ora si ragiona, puoi restare ancora un minuto! Allora, telefono nuovo? Macchina radio-telecomandata? Ah no, ci sono: motorino! Si, lo so, manca ancora un anno ma lo tengo in garage, cosi magari comincio a fare pratica! Allora??”

“Mi dispiace, niente di tutto questo. Quel che posso regalarti io é un sogno vissuto come se fosse realtà. Stanotte vivrai la vita di un altro e capirai cosa prova, cosa sente, cosa pensa, cosa vede e cosa desidera. Vivrai le sue emozioni, le sue gioie e i suoi dolori. Quando ti sveglierai ricorderai tutto. Il resto sta a te. Buon viaggio!”

“Hei, no, che fai?? Vai via? Non mi hai neanche detto chi sto per diventare! Goku? Superman? O Tyson? Schumacher? Hei ma dove sei sparito??”

Che strana sensazione...

È come se mi stessi di nuovo addormentando...

4. I SUPER POTERI

Sono ancora a letto, non ho voglia di alzarmi, non so perchè.

Fisso il soffitto. Ci sono due macchie che non avevo mai notato, sembrano facce strane... all’improvviso ho paura che si stacchino e mi attacchino...Strano, di solito non ho paura di nulla.

Mia madre entra in camera mia. Mi dice di alzarmi, dice che mi devo lavare e vestire. Sta mattina mi sento strano, non capisco, è come se non volessi fare niente... niente di ciò che non mi interessa. Forse è per questo che mi aiuta a fare tutto, come se io da solo non lo sapessi fare!

Mi alzo. Tutto intorno a me è ordinato... sicuri che sia la mia stanza? Però quest’ordine mi fa stare bene, sì, sento che mi da una insolita sicurezza: le mie cose al loro posto, sempre allo stesso posto, adesso la sola idea che qualcuno possa spostarle da dove io le ho messe mi crea confusione in testa e quasi mi fa venire un attaco di panico...

Appena mi agito succede qualcosa di strano e mi ritrovo a girare su me stessoe a ripetere una specie di nenia... aiuto... questa scena l’ho già vista!...

No, non me lo dire... ecco cosa intendeva quello del sogno... svegliami, svegliami subito!..ci sei?? ...oh accidenti! E ora che faccio?

Qui dentro, dentro questo mondo, è un gran macello! Mi sembra di vivere su un’astronave. I colori sono diversi, le luci sono diverse, i suoni... oddio i suoni come sono diversi, la percezione del mio corpo è diversa!! Non riesco a controllare i miei movimenti, non tutti e non sempre. Vorrei, ma non riesco!

E non riesco a esprimermi, cavolo sembra un incubo: io capisco tutto, sento tutto e non riesco a comunicarlo, almeno non nel modo classico in cui lo facevo prima!

Aspetta, ho trovato dentro me qualcosa che ora mi può servire a calmarmi: il mio interruttore. Bene, ora lo stacco: non sento più niente, sono solo nella mia astronave. Mi ritiro nella mia mente al sicuro da tutti i suoni e i rumori. Ora mi calmo e cerco di non pensare...

****

È un universo strano questo, imprevedibile.

Comincio a notare cose a cui prima non avevo mai fatto caso.

Mi sento un po’ come in un video-game: ho un’ ipervista, un iperudito, un superolfatto, un super-gusto e una super-sensibilità! Se voglio non sento più niente e nessuno. Questo è buono.Per i super poteri invece... ho come l’impressione che non siano esattamente quelli di Superman! Non sono capace a controllarli! Che fastidio danno!

Ah, dimenticavo, la parte peggiore: non riesco proprio a farmi capire. Le parole non hanno più il senso di prima, sono più che altro suoni... e sembra che il mio cervello sembra non ne voglia sapere di formulare una frase... però aspetta, io capisco! Solo che non riesco a esprimere emozioni!!

E poi, prima, abbracciavo mia madre, adesso guai! Si si, solo il pensiero chequalcuno mi tocchi mi manda in ansia! Non voglio essere toccato! Se vengoabbracciato è come se SBANG! mille sensazioni mi colpissero tutte assiemee io non le reggo. Mi sovraccarico di energia! L’ho detto io, i super poteri...sarà meglio abituarmi in fretta a questo mio nuovo stato...

***

VAI A LAVARTI! Mia madre mi riporta coi piedi per terra. Ci sono, ci sono! Ho capito: DEVO LAVARMI!

Brontolo un po’ e mi avvicino alla porta del bagno. Entro. Controllo se la porta è chiusa bene. Controllo se il bagnoschiuma è al suo posto, sul lato della vasca dove sta sempre; se la carta igienica è vicina al water; se gli asciugamani sono tutti bianchi e messi vicino al lavandino, piegati e puliti.

Poi faccio cosa devo fare.

Puah, che schifo! Questo dentifricio è disgustoso... non me lo ricordavo così. Sembra che lo spazzolino sia carta vetrata! Che male! Anche la spazzola mi dà fastidio: mi fanno persino male i capelli!

Devo avvertire di eliminare l’ipersensibilità dai superpoteri... non mi fa stare molto bene.

Anche i vestiti oggi mi irritano... mi fanno grattare... uff...

Sento che ho bisogno di ordine perchè mi dà sicurezza. Tutto deve stare sempre nello stesso posto, e il posto chiaramente lo decido io.

Prendo uno dei miei omini di gomma. Lo tocco e lo ritocco. Lo rigiro tra le mani.È sempre uguale. Questo mi fa stare bene. Lo rimetto al suo posto.

La mamma si sta arrabbiando... non mi piacciono le sedie intorno al tavolo: devono stare attaccate al muro. Credo però che ce l’abbia col fatto che ho deciso improvvisamente di colorare e c’è un muro bianco che sembra messo li apposta per me... però, che artista che sono!

5. IL RITORNO A SCUOLA

Anche oggi si ritorna a scuola. Sono felice, così rivedo i miei amici.

Oh c’è Giulio! Gli corro incontro..ehi, che fai? Giulio! Perchè ti scosti? Non mi riconosci? Sono David! Dammi il cinque!... no dai! Non voglio farti del male, è solo un cinque! Come sempre! Ma che gli succede oggi? Boh, avrà litigato di nuovo con suo fratello...

Evvai!! Il campetto del pallacanestro è aperto e c’è già Fabrizio che gioca con qualcuno. Vado! Sono forte io a pallacanestro!

Passa, passa la palla! La palla, dai, passa! Ma che hanno, sono invisibile? Eppure mi vedono: quello mi ha pure detto di spostarmi! Oh oh..ci risiamo.. mi viene il nervoso... Voglio giocare con voi! Passatemi la palla! Glielo urlerei ma non posso, non posso! Escono solo suoni... ecco che mi riagito e se sono agitato mi vengono da fare cose brutte come spingere, dare pugni, prendere degli occhiali e buttarli per terra... aiah! Mi è arrivata una pallonata!

All’improvviso le braccia di una maestra mi trattengono e mi portano dentro la scuola, in un’aula vuota.

Solo. Solo con la mia rabbia.

Ed ecco arrivare le facce da “caso senza speranza”...

6. LA MIA PASSWORD SEGRETA

Mi sono calmato. L’insegnante dice di respirare e sentire il rumore del respiro. Quando entro in crisi ho bisogno di tempo e di spazio.Brutta sensazione quella di sentirsi rifiutati dagli altri. Fa paura. Mi sa che mi ci dovrò abituare...

Credevo fosse più semplice vivere in questo corpo. Ma questo corpo non

mi ascolta...Vorrei controllare i miei movimenti ma c’è una forza che esce all’improvviso e... beh, eccomi qua: il mio banco, alcuni giochi, e lei, Sara.

Non me la ricordavo così la prof. L’hanno cambiata! È gentile. È giovane. Mi sorride. Una cosa buona, almeno. Mi parla con calma. Vuole insegnarmi a leggere e scrivere. Dice che ci vorrà del tempo, anche anni, ma che lei ha fiducia e crede in me.

Mi lascia toccare le sue penne e i suoi occhiali. Lo sa che non riesco a stare fermo con le mani. Posso anche girare per la stanza.

Le luci sono deboli. La luce forte mi da fastidio agli occhi: se la fisso, gli oggetti cambiano forma e distanza e mi spavento e vedo girar tutto come se venissi risucchiato da un’astronave aliena. Non capisco più niente, mi sembra di cadere per terra.

Che noia, non mi interessano i calcoli.

Ogni tanto mi sgrida, con severità, ma io lo so che lo fa per il mio bene. Mi dice: “sai, tu rompi tutto quello che tocchi. Perchè , invece, non costruisci qualcosa?”

Dai su, maestra carina, prova a farmi scoprire cosa mi piace veramente. C’è qualcosa che hai capito mi riesce fare meglio di altre? Prova a sviluppare le mie doti.

Qual è il mio talento, secondo te?

Se lo scopri hai trovato l’accesso giusto, il modo grazie al quale io imparerò quello che vuoi insegnarmi, la password grazie alla quale potrò comunicare con te. Giuro.

Usa la fantasia. Sii un po’ più elastica, ce la puoi fare con me! E ricordati cheio non riesco a concentrarmi sulla stessa cosa per un lungo periodo...

A me piace usare il computer...

7. NON SI TIRANO GIU’ LE CATENE Per me severo non vuol dire cattivo. Io so chi vuole il mio bene anche se è severo.

Se vuoi vivere con gli altri devi rispettare delle regole. Anche io lo devo fare.

Educazione e rispetto. Niente casino. Se compro pago. Purtroppo la confusione non mi è amica. L’istinto di fare qualcosa a volte è più forte di me, soprattutto se non so che è sbagliato farlo.

La maestra dice che devo scrivere su un foglio questa frase: NON DEVO TIRAR GIÙ LE CATENE DALLE BICICLETTE ALTRIMENTI IL MIO COMPAGNO NON PUÒ PIU’ ANDARE A CASA, PERCHÉ SENZA CATENA LA BICI NON VA. E IL COMPAGNO È TRISTE.

Però posso guardarle, le catene delle bici, ma non posso tirarle giù. Peccato, mi piaceva così tanto. Vedo le bici parcheggiate in fila. Vedo le catene e mi prende un istinto fortissimo di tirarle giù!

Ma non bisogna... peccato però...

8. SE LO TENGA A CASA

“Guardami negli occhi quando ti parlo!” La voce di questa insegnante è insopportabile alle mie orecchie e il suo profumo mi fa venir voglia di correre a vomitare! E non mi puntare mai il dito contro che mi fai paura! Vuoi togliermi un occhio?

“Meno male che arrivano a prenderti, non ne posso più!” Mi è difficile collegare l’espressione del viso, la voce, il movimento del corpo e il significato di cosa mi dicono. Ma una cosa ora mi è chiara: non mi vuole. E non le piacciono i miei disegni sui muri.

Comincio ad essere stanco di essere trattato come una stupido. Io non sono stupido! La mia mente è potente! Posso memorizzare un intero elenco telefonico solo sfogliandolo. Click - faccio una foto mentale e poi la vado a rivedere.

Non tutti possono. Ho conosciuto un bambino come me: lui si lascia abbracciare, anzi, se tocca le persone è felice e capisce subito come sono. A lui piace la musica: sapessi come suona! E non conosce le note! Magia...

L’insegnante agitata mi riporta al momento presente: parla con un’altra, dice che non capisco niente e che sono solo un peso per tutti. Dice che dovrei andare in un’altra scuola. E perchè? Vuole che mi insegnino a essere migliore. Io vorrei che imparasse lei ad essere migliore. Sono triste.

Ecco mia mamma: “Signora, se lo tenga a casa per favore”

9. INCOMPRENSIONI

“Perché hai fatto arrabbiare la maestra, David?’’

Io non ho fatto niente. È lei che non ha pazienza. Mi ha detto “Piantala di muoverti sempre”.

Io volevo ascoltarla. Ma non sono capace: non riesco a piantare! In classe riesco solo a muovermi.

Lei vuole che io pianti e mi muova. Ma se mi muovo lei mi sgrida. Se non capisco cosa devo piantare e dove, anche. Volevo uscire in cortile a piantare. Mi confonde, così mi agito.

Vuole che la guardi negli occhi ma io non posso guardare negli occhi. Il mio sguardo è rapido e sfuggente. Non guardo in faccia ma io sto attento a tutto quello che succede intorno, ogni dettaglio. Lei non vuole vedere il mio sguardo vuoto. Non lo capisce, come io non capisco lei. Siamo uguali, vedi?

Poi mi ha detto: “Puoi ritornare dentro?” E io ho risposto di sì. Allora si è arrabbiata perchè non sono rientrato.Lei mi ha chiesto se posso, non mi ha detto di rientrare!Io posso tornare, si. Lo posso fare. Ma non sapevo che dovevo farlo! Anche la mamma si arrabbia quando mi dice se posso portare fuori la

spazzatura... come siete strani!

10. IL PERICOLO

La faccia di mia madre è dello stesso colore del go-kart: rosso Ferrari. Potrebbe esplodere da un momento all’altro. Ora mi abbraccia o mi uccide? Nessuna delle due cose mi attira...

Non ho la concezione del pericolo e quindi non so neanche cosa significa avere coraggio, perchè essere coraggiosi significa sfidare qualcosa che si sa essere pericoloso e io non sento il pericolo. Vince il mio istinto.

Sono un supereroe! Quelli però non muoiono mai. Io per un pelo non vado a finire sotto una macchina.

Sono uscito dal vialetto di casa con il go-kart ed ho seguito linea bianca al centro della discesa. Wow! Che sballo!

E di colpo virata a sinistra! Schivata!

La mamma dice che il mio angelo è stressato. Cosa significa?

Niente go-kart per una settimana e poi solo se c’è qualcuno con me. Scusa.

Cercherò di controllarmi.

11. CARA MAMMA, CARO PAPÀ

Poveri mamma e papà. Io sono da controllare giorno e notte. Spesso sento dentro di me che sono stanchi e tristi. E soffro di più.

Mamma,senti, io sono normale! Cioè, normalissimo nella mia diversità. Non ci pensare a cosa dice quella donna. Ha il cuore chiuso.

Ti capisco: è come trovare in un sacchetto di biglie una biglia che invece di essere rotonda e rossa, o gialla, o blu, è anomala. Chiunque si sarebbe arrabbiato per essere stato sfortunato ad averla trovata, proprio nel suo sacchetto! Gli altri riderebbero se vedessero quella biglia! Non la metterebbero in pista.

Io per voi sono quella biglia. Adesso sorridimi e guardala bene. Voi avete una biglia diversa! È colorata non con un colore, ma con dieci! È leggermente ovale e questo non le permette di rotolare bene, ma guarda come rimbalza sulle altre! Ti insegna a guardare il mondo con gli occhi diversi: tutto perde la posizione di stabilità, infrange le regole, ti obbliga a trovare altre soluzioni.

Può far cose che le altre biglie non fanno! Ti devi solo concentrare un po’più del normale...

Mi faresti divertire un po’, mamma? Non lasciare che mi mettano al buio in un cassetto. Mettimi sulla pista!

Sorridimi, ti prego. Mi fa stare bene!

Ascoltiamo la musica!

Non soffrire per gli altri e per me. Io sono comunque la tua biglia e se tu stai bene io sto meglio.

E papà, fammi correre ancora sul go-kart. Se cado rialzami e fammi riprovare ancora e ancora. Non smettere di aver fiducia in me, io lo sento quando molli la presa e pensi che non ce la farò mai.

Io ce la posso fare, perchè io ce la voglio fare.Che ne dite se domani al posto di questa tuta mi metto i jeans e una felpa?

Non mi farà sentire meno ‘diverso’, ma almeno mi aiuterà a sentirmi un po’ più più ‘uguale’!

12. IO E IL CAVALLO

Oggi mi portano a cavallo!! La mamma dice che i cavalli mi aiutano, ma che mi devo comportare bene perchè sono animali e sono imprevedibili.

L’odore già mi piace. Erba, cavallo, fieno. Mi dicono che devo fare una serie di azioni sempre uguali e questo già mi rassicura. Andiamo al box, facciamo uscire il cavallo. Lo leghiamo. Lo spazzoliamo. Puliamo gli zoccoli. Mettiamo la coperta e la sella, poi la testiera e le briglie. Ogni volta così. Un elenco di azioni da ripetere.

Con il cavallo sto bene: non ci sono sfide, non devo dimostrare niente e non vengo giudicato.

Siamo sullo stesso piano.

Io lo curo e lui mi cura. Io lo osservo e lui mi osserva. Io lo rispetto e lui mi rispetta. Sento che mi vuole bene e io voglio bene a lui. Dice di fidarmi di lui. Dice che non vuole farmi del male e se salgo starà calmo perchè la mia anima è buona e fragile.

Monto sul cavallo e lui non si muove. Sa già tutto. Mi fanno anche sdraiare sulla sua schiena senza sella. Che sensazione rilassante. Non voglio più scendere! Mi piace. Tutto si trasforma e io mi tranquillizzo. Sento che per lui io esisto e sono innocuo, sento che mi posso fidare... sento la sua energia e il calore del suo corpo.

Grazie cavallo! Hai uno spirito forte e una grande anima. Il mio dialogo segreto con lui continua. Lui è un po’ come me: si spaventa per nulla e quando fa le bizze è difficile da calmare. Ma io non ho paura! Se lo ami, se lo rispetti, se parli con lui da essere a essere, allora vedi che lui ti ascolta e ti segue.

13. AM-ABILMENTE DIVERSO Mi stanno chiamando, ma io faccio finta di niente. Sono in camera mia e ormai sono dieci minuti che accendo e spengo la luce. Click, clak. Starei ore ad accendere e spegnere quell’interuttore. In sala è più bello ancora perchè gli interruttori sono due.

Uno accende. Uno spegne.

Accendo, spengo.

Accendo, spengo.

Accendo, spengo: so con certezza che se schiaccio si accende la luce, se rischiaccio si spegne.

So con sicurezza cosa succede dopo aver fatto una cosa: schiaccio e accendo.

Schiaccio e spengo. Che bella sensazione!

Devo scendere e lasciare il mio passatempo. Qualcuno è arrivato a farci visita e io lo devo salutare. Non mi va. Così mio padre sale a prendermi.

Ma cosa vengo a fare? Mi nascondo sotto un lenzuolo per tranquillizzarmi.

Lo sai che non mi piace essere abbracciato. E odio quelli sguardi di commiserazione che hanno tutti appiccicati alla faccia. Chi la vuole la loro pietà! Già li sento “era un così bel bambino...” così mi agito subito, e più mi agito più mi muovo, e più mi muovo più entrano nel panico e più possono dire con aria tragica “mi dispiace”. “Ma che dicono i dottori? C’è speranza che migliori?” Sì io... sperate di migliorare voi, lo ripeterò all’infinito!

Io non sono un disabile!

Io sono abilmente diverso!

Anzi io sono am-a-bilmente diverso!

***

È un signore alto. Saluta mio padre... sembra gentile... dev’essere un suo amico.

Ha un pacchetto in mano. Mi chiamano e me lo porge: è per me! Accidenti non so a che emozione dar retta: la contentezza per il regalo o l’angoscia perché non so cosa ci sia dentro quel pacchetto incartato di rosso! Comincio a dondolare... via, spengo l’interruttore della mia mente... mi ritiro per un po’...

Mi ritorna in mente il mio regalo di Natale: quello si che mi piace!

La mamma me lo fa sempre uguale, così so cosa c’è dentro, so che mi piace e so che il prossimo anno ne avrò uno uguale! Marmellata di lamponi, avrò la mia marmellata di lamponi.

Questo mi rassicura!

Comunque papà ha aperto il regalo e me lo fa vedere: sono costruzioni. Ora sto meglio.

Vado in camera mia a trovare un posto dove metterlo.

14. MA A COSA SERVE PARLARE?

In questo momento mi trovo in una stanza con una signora. Mi sento un po’ agitato. Non mi piace ascoltarla. Non mi piace venire qui. Sulla porta c’è un cartello bianco che dice ‘logopedista’. La mamma dice che vuol dire ‘dottoressa delle parole’.

Mi chiedo: perchè portarmi da una dottoressa delle ‘parole’, che mi fa ripetere ‘parole’ e vuole che produca suoni con la voce che per me non hanno valore, se nessuno prima mi spiega perchè si deve parlare? A cosa serve parlare?

Sapere perchè si parla per me è essenziale e precede l’imparare a parlare!

Come faccio a spiegarlo? Le parole per me, sono la mia seconda lingua!

Come se mi parlassero in tedesco. Io non conosco il tedesco! So a mala pena quattro cose!

La mia prima lingua sono le immagini e non le ‘parole’ come voi!

Per capire cosa dite o cosa leggo, lo devo tradurre in immagini.

Se mi devo ricordare qualche cosa devo rivedere nella mia testa la scena in cui quella cosa mi è stata detta, come un film che puoi mandare avanti e indietro.

Non è che questo funzioni veloce come parlare pensando! Datemi tempo!

La cosa bella è che io riesco ad immaginarmi perfettamente come può essere fatta una determinata cosa, con tanti di quei particolari che voi non potreste mai nemmeno immaginare. E questo è forte, proprio forte! Percepisco contemporaneamente tutti i dettagli, li vedo materializzarsi nella mia mente.

È una cosa stranissima pensare ad immagini: metti che io senta per esempio la parola ‘scarpa’: vedo tutte le scarpe che ho visto fino ad ora! La collezioni di scarpe coi tacchi di mia mamma, quelle nere di mio padre, quelle bianche dei dottori, quelle colorate delle maestre, quelle verdi di plastica della fioraia..

***

Mi accorgo di essere diventato “mono”: funziono su un canale solo. La differenza tra me e gli altri è che io non riesco a sentire, vedere, provare e capire tutto assieme. E tutte le informazioni mi arrivano in un colpo solo.

Come posso spiegarmi... immaginate di essere un fiume che scorre lento e tanti ruscelli entrano nel vostro fiume e diventate un’acqua sola.

Ora immaginate che io sia un fiume al quale l’acqua dei ruscelli non arriva tranquilla ma le acque si riuniscono tutte nello stesso punto, formano una cascata rumorosa e potente e BUM! finiscono nel mio fiume! Difficile capire adesso da che ruscello arriva l’acqua! Non so se sei mai stato vicino ad una cascata, ma ti assicuro che non capisci più niente!

Per parlare uso spesso la memoria pensando che sia una cosa giusta farlo!

Cioè, ripeto le stesse parole che sento dire con lo stesso tono. Se me lo dicono in quel modo, vuol dire che quello è il modo giusto, penso! Come con la dottoressa.

Nessuno mi ha prima spiegato che la frase prende significati diversi a seconda di come viene usata la voce per pronunciarla.

Io pensavo che ripetere fosse giusto! E invece qualcuno si è arrabbiato! Con me! Roba da non credere!

Ripetere non può essere giusto, mi hanno spiegato, perchè non dai un senso personale a quello che vuoi dire e cosi sembra che prendi in giro qualcuno.

Praticamente imiti.

Imitare però, è diverso dal ripetere. I bambini quando sono piccoli imitano i genitori, cosi cominciano ad imparare a dire le prime parole, a usare il corpo e le espressioni facciali per chiedere o esprimere qualcosa. Anche questo è un linguaggio.

Ma lo sai tu che quando quelli ‘normali’ muovono gli occhi in modo strano e si guardano tra loro alzando e abbassando le sopracciglia, senza però fare suoni con la bocca, vuol dire che si stanno parlando? Si stanno dicendo qualcosa! Magari parlano proprio di te! Peccato, io non sono capace a parlare con la faccia ne a capire chi lo sta facendo, questo mi manca... complicati i normali!

Io, che non so esprimere i miei sentimenti, non uso la posizione del mio corpo o le smorfie del mio viso per “parlare”; io che non so che le spalle cadute indicano tristezza o stanchezza fisica e che gli occhi svegli indicano felicità o birichinata; io che non capisco queste cose perchè penso che quello che penso io sia la stessa cosa che pensano gli altri e quello che sento io sia la stessa cosa che sentono gli altri; io che non ho mai secondi fini in quello che faccio; io non so imitare questo linguaggio, perchè non sono capace di vedere i messaggi più sottili nascosti dietro i gesti o le mimiche o le parole.

Io non ho malizia.

***

Comunque datevi uno sguardo voi normali!

Quanto siete complicati, e poi dite a me!

Vi muovete troppo e proprio quando meno me lo aspetto! E fate troppo rumore!

E quante domande! Domande, domande, domande. Appena capisco una piccola cosa ecco che di colpo cambia di nuovo tutto e mi sommerge di nuove informazioni da elaborare.

Fermi!

Calma! O vado in tilt! Aspettate che dopo la cascata l’acqua ritorni tranquilla!

Se mentre imparo a parlare volete proprio aiutarmi, cominciate a smettere di pensare che sono un ritardato mentale!

Forse serve un elenco anche a voi!

Io vi mando dei segnali e voi sforzatevi di capire quale modo di comunicare mi viene più facile usare: con le immagini? Con i suoni? Con il tocco? Con il sapore?

Ve l’ho detto: il mio, per esempio, è un linguaggio visivo. Voi mi fate vedere, io capisco!

E poi usate quello per insegnarmi a capire le parole!

Più condivido il significato delle parole, più ne imparo e meglio parlo!

Usate il linguaggio concreto, conciso e essenziale! Non mi servono tutte le informazioni superflue: mi confondono solo, mi distraggono.

Perciò parlatemi in modo lento e chiaro! CHIARO: io devo capire le intenzioni e i desideri di chi mi parla!

Dite il mio nome, che cosa volete che faccia e cosa succederà. Grazie!

Odio gli imprevisti... voglio certezze e continuità.

Mettete in pausa la vostra voce ogni tanto, cosi nel frattempo io riesco ad elaborare le informazioni che ricevo, e se per caso avete capito che un metodo con me funziona, fosse anche disegnare le parole, cercate di usare sempre quello!

Dammi una matita colorata e ti disegnerò la matematica!

***

Meno male, prove vocali finite.Si torna a casa.

15. SONO BUONO

Le persone spesso mi annoiano. Non mi danno sicurezza. Io, che ripeto i miei gesti all’infinito, sono spaventato dai cambiamenti, vorrei che tutto fosse sempre uguale, immutabile.

La mia stanza, il mio bagno, devono rimanere immutati.

Ma le persone... no so mai cosa aspettarmi da loro! No, non mi danno sicurezza le persone! Neanche quelle gentili: anche loro a volte cambiano e diventano diverse.

Io non so mai né perché, né quando.

Nel mio mondo tutto è semplificato, schematizzato, amplificato ma una cosa è certa: non c’è cattiveria.

Nel mio mondo non c’è cattiveria!

Io non so decidere di ferire consapevolmente un amico o chiunque altro.

Non so cosa sia l’invidia o la gelosia.

Non so giudicare e non so criticare.

Sono leale, sono sincero e non baro al gioco.

Insomma, non provo tutti quei ‘nobili’ sentimenti delle persone ‘normali’,quelle evolute...

Gioia o dolore. Ecco cosa concepisco io. Non li so esprimere sempre, ma ci provo.

Nessuna falsità, nessun doppio fine. Nessuna bassezza umana.

Come posso essere così sbagliato per voi, allora?

Io quei sentimenti non li riconosco, non li capisco, a pensarci bene è meglio così, fanno solo del male.

Ciò non toglie che mi riesca difficile capire gli altri...

***

Ah, si, dimenticavo...oggi ero in piscina e ho imparato che non posso affogare gli altri. Cattiveria? No, neanche per idea. Solo tanto rumore, troppo. Troppi movimenti di braccia per aria e urla e acqua che schizzava... ho messo sotto uno...

Lo ammetto: mi è davvero difficile controllare le mie reazioni e i miei movimenti quando entro nel caos mentale... sovraccarico di stimoli da incanalare... devo imparare a controllarmi. Scusate.

16. LE ORECCHIE BIONICHE

Quanto rumore a scuola. Basta! Ho un gran disturbo dentro la testa... uno stridore... ho voglia di urlare. Sbatocchio la mano mentre scrivo. L’insegnante Sara dice che mi devo prendere le mie responsabilità e darmi da fare per poter scrivere autonomamente, dice che è l’unico modo per far stare zitti quelli che non credono in me.

Io vorrei essere padrone del mio corpo e a volte ho paura che non riuscirò a dimostrare le mie capacità. Ma fare i dispetti non serve né a far scomparire la mia paura, né a risolvere il problema.

Sara mi lascia usare le cuffiette quando ho troppi rumori in testa perchè li attutiscono. Io continuo a sentirli però con la musica la mia mente si calma e sento un po’ di pace in questo corpo che fa di testa sua.

Le mie orecchie, il nonno le chiama “bioniche”: sono come microfoni che captano e amplificano i suoni.

Il nonno dice che mi rendono speciale. Per lui tutto mi rende speciale!

A pensarci bene, un po’ speciali le mie orecchie lo sono. Per esempio posso lasciare che si colleghino al resto del mondo e lasciare che i suoni mi sommergano totalmente. Oppure le posso spegnere, le mie orecchie. Stacco la spina, niente più contatto uditivo col resto del mondo. Stop. Via tutto.

E poi posso cominciare a fare quegli strani movimenti ritmati come dondolare o girare su me stesso, che per gli altri sono senza senso, mentre a me servono per interrompere dei suoni fastidiosi o anche solo la voce di qualcuno che mi spaventa parlando.

Stamattina in macchina, mi sono accorto che avevo “staccato la spina” solo quando ho sentito alla radio la mia canzone preferita “All the small things” dei Blink 182. Ecco, mi sono accorto che me ne sono perso metà perchè “non c’ero”... ma questo forse non capita solo a me...

Anche parlare al telefono è un po’ complicato per me se non sono a casa o in un posto tranquillo. Se mi trovo alla stazione, per esempio, e devo rispondere al cellulare, per sentire chi mi parla devo annullare tutti i rumori esterni... ma, se elimino i rumori staccando il famoso contatto, allora non sento neanche più chi parla al telefono!

Poi bisogna tenere conto del fatto che per rispondere al telefono si devo fare contemporaneamente parecchie azioni, e per me è un po’ complicato collegarle contemporaneamente: sentire la suoneria, toccare i tasti per connettersi, guardare quello che fai, ascoltare e parlare, magari mentre stai camminando... ah... meglio, ogni tanto, staccare come faccio io!

17. IL CALABRONE E LA FARFALLA

Il nonno mi racconta che il calabrone non è nato per volare: è troppo goffo e pesante. Eppure lo fa! E nessun altro insetto si è mai sognato di dirgli che non può o che non ce la farà.

E poi dice che le farfalle, prima di diventare farfalle, sono tutti bruchi. Non nascono farfalle. Lo diventano per poter volare. A volte qualche farfalla ha le ali più piccole ma ha i colori più belli. Altre sono tutte bianche anche se hanno le ali grandi e credono di poter volare di più. Le farfalle col colore uguale alla corteccia degli alberi stanno spesso ferme e si nascondono ai pericoli grazie ai loro colori anonimi.

Le farfalle notturne sono attratte dalla luce.

Ma tutte le farfalle sono nate per volare.

Nessuno ha il diritto di tagliare loro le ali.

Il nonno dice che le farfalle vivono un giorno soltanto, tutte.

Anche io ero un bruco come tutti gli altri e ora sono una farfalla , bella colorata, e in questo mio “giorno” voglio volare come tutte le altre!

18. IL TEMA

È cominciata l’ora che passo in classe coi compagni “normali”. Mi piace tanto stare assieme agli altri, anche se non riesco ad interagire con loro, perchè mi fa sentire meno diverso o meglio, mi fa credere che anche per me ci sia un posto nel mondo. Non so se la gente normale guarda gli animali come li guardo io, non so se sente la natura come la sento io, però so che se insegni ad un gatto sin da cucciolo a vivere con un cane, il gatto e il cane non sapranno mai di essere nemici. Ma se allontani un anatroccolo perchè è brutto e fa versi strani e lo metti in una gabbia dove tutto e tutti gli ripetono che è diverso e ha problemi e che non ha diritto di stare con quelli “migliori” di lui, allora questo anatroccolo soffrirà tanto, si chiuderà in se stesso e impiegherà molto più tempo a diventare il bellissimo e unico cigno che ha il diritto di essere.

Ma la realtà è cattiva, gli uomini non guardano i documentari sugli animali e non tutti gli insegnanti e i presidi accettano che gli anatroccoli scuri stiano coi pulcini di batteria belli e gialli. Quindi le ore di “normalità” sono abbastanza rare.

Per fortuna la professoressa di italiano è buona e gentile con me e mi fa rimanere ad “osservare”.

Oggi i miei compagni di classe devono scrivere un tema.

Titolo: Cosa vuol dire essere autistico.

La prof sa che, anche se non so comunicare a voce, so scrivere. Mi dà un foglio e una penna.

Questo è il mio tema:Io non sono autistico e non sono l’autismo.Io sono David, ragazzo con autismo che ama dipingere, scrivere al computer e andare sul go-kart: ho un cuore, un cervello, un’anima, mi piacciono il cioccolato, l’erba sotto i piedi, l’acqua che scorre, il ventilatore che gira, il mio cappello rosso.Ho dei sogni e ho il diritto di costruire la mia vita come la vedo io. Sono tremendamente complicato o forse semplice.Per me la neve è fatata e gelida.Sono ordinato e ripetitivo: sapere che tutto è sempre allo stesso posto mi da sicurezza.Non amo le sorprese.Faccio fatica a esprimere le mie emozioni ma io provo emozioni! Io sento tutto!Gli altri credono che io sia stupido e allora a volte faccio fi nta di esserlo,cosi smetto di lottare per un po’. Chi non ha stima di me non può essere mio amico.Ho pochissimi amici. Mio nonno è mio amico. Se mi dai fi ducia, ti do fi ducia.Per comunicare uso un modo tutto mio: puoi capirmi o no, puoi cercare di provarci osservandomi o no, ma non puoi dire che io NON comunico.La mia mente è una giostra che gira veloce, un computer potente con programmi più avanzati di altri, solo che non si è ancora trovata la password per accedervi.Anche io vivo di sensazioni e contatti, ma a modo mio. Posso aver bisogno di toccarti o posso non voler in nessun modo essere toccato. Io rispetterò il tuo modo, tu rispetta il mio.Essere l’unico ragazzo con autismo nella scuola non può voler dire che sono il solo, cioè SOLO.Ho bisogno di amici sinceri anche io, per giocare anche se non sempre capisco le regole, per sentirmi amato e non uno scherzo della natura come qualcuno pensa.Nessuno mi deve negare il diritto ad essere felice.Io ho un dono: ti insegno ad aver pazienza, ad avere fede, a pregare, ad avere fantasia. Sono molto più diffi cili da imparare della matematica e delle parole!Io conosco la differenza tra me e te: tu sei normale, io no: dicono che sono “autistico”. Io non sono autistico: io sono David, ragazzo con autismo. Ma io, anormale, sono anche unico, capolavoro di arte astratta, a volte un genio, una macchia di colore sul muro grigio, la pecora nera che si distingue e rompe gli schemi bianchi, ma che ha diritto a vivere nel gregge.Io desidero aiuto. Scusa se mi agito.Io ti aiuto a non mollare e a essere migliore. Cerca anche i lati positivi in me, non solo i difetti. Riscrivi con me la mia unicità e sorridimi.

A U T I S M OA i UTI Si o Mo ?AU guri tanTISsiMO!A U To sI S T ema MOdifi catoAssieme Unici e quindi TI StiMOAtipico Universo del muTISMOCambia le lettere, spostale, aggiungile, toglile: eccomi qua.

19.IO SONO QUI PER TE

Oggi sono triste. Sono arrabbiato.

Cosa ne posso io se sono nel mondo ma ho paura del mondo!

Voglio amicizia.

Ho bisogno di amicizia.

Chiedo amicizia!

No, non la chiedo, hai ragione.

Desidero amicizia, mi piace aver amici come tutti, ma non la chiedo.Io non so chiederla. Io non so come si fa a venire vicino a te e dirti “vuoi essere mio amico?”

Io forse non so neanche definire quel sentimento che mi farebbe stare cosi bene come “amicizia”. Ma so che ne ho bisogno.

Resto lì, fermo, ma non chiedo perchè non so come si fa a diventare amici.

Ora lo sai. Quindi ora chiedo il tuo aiuto.

Non pensavo fosse così difficile per chi è “normale” capire che come gli altri ho bisogno della sicurezza delle persone, del loro gradimento!

Percepisco tanta solitudine.

Ascoltate: io sono un ragazzo con autismo.

Tu sei grasso.

Tu non vedi bene.

Tu sei bravo nello sport ma non capisci la matematica.

Tu sei un genio nella matematica ma non sei bravo nello sport.

Tu sei bello.

Tu sei basso.

A voi chiedo: avete sogni? Avete talenti? O siete solo grassi, miopi, sportivi, brutti o belli?

Perchè allora identificate me solo come AUTISTICO?

Mi metterete ancora da parte, con la scusa che non mi capite. Vi toglierete il problema.

Ma perchè devo essere solo io a dover capire voi, pagando con la solitudine?

Il mio universo è sincero e genuino!

E se fossi tu che devi imparare ad amarmi?

Se fossi io a tirar fuori il meglio di te?A insegnarti a non arrenderti mai, a credere in te e in me anche se non siamo uguali?

E se fossi io un angelo travestito che è venuto sulla terra a trasformare proprio te, essere umano sano e forte, in un essere migliore?

Perché non mi sorridi ogni tanto, solo per il gusto di sorridere, senza giudizi o pietà!

Tutti i tuoi problemi diventeranno piccoli se sorridi a me!

E se fossi io a dirti che tu, bambino che non vuoi e non sai amarmi ora e che non riesci a regalarmi la tua compagnia neanche per un’ora alla settimana, sarai l’adulto di domani e io non potrò contare su di te se non imparerai ad amarmi adesso?

Io sono qui per aiutarti a farlo.

20. MIO NONNO

“Il mondo è bello perchè è vario, i piedi in testa ed i capelli in aria...”

Il nonno sta cantando, storpiandolo come più gli piace, il suo ritornello preferito.

Mi piace! È allegro! Mi piace stare con lui.

Mi tratta come tratta tutti gli altri, sto bene con lui. Rispetta i miei spazi, ma non mi lascia mai solo.

Stiamo andando al parco. Ho preparato il mio zaino: cappello rosso; bottiglia d’acqua; gioco preferito; panino al prosciutto senza bianco.

Il parco è veramente grande: ci sono 42 alberi, 16 panchine, 3 altalene, 2 scivoli, 2 castelli da scalare, 10 lampioni... ho tutto qui, nella mia testa, e se anche mi perdo riesco sempre a ritrovare la strada per tornare indietro.

E c’è l’erba! Mi piace il profumo, mi piace il colore, mi piace sentirla sotto i piedi.

Mi tolgo subito le scarpe... ok, le rimetto. Però mi rotolo, quello si! Il nonno mi lascia rotolarmi per terra. Provo così tanto piacere a farlo! Non riesco a fermarmi... corro... e mi rotolo nell’erba!

La gente mi guarda e si allontana. Il nonno ride! Lui non si vergogna mai di me. La gente ottusa lo fa ridere! Sono felice!

Il nonno dice che le persone che incontriamo nella vita non sono mai li per caso: se entri nella loro vita è perchè ci si deve scambiare qualcosa o si deve migliorare un difetto che abbiamo in noi. Insomma, come se guardando qualcuno avessi uno specchio davanti: se qualcosa di te non ti piace, allora lo vedi nei difetti che trovi in lui.

Cose difficili da capire. Io capisco che tu devi imparare qualcosa da loro e loro devono imparare qualcosa da te. E così si cresce. Sempre che uno voglia crescere!

Quindi dice di non preoccuparmi di cosa pensano gli altri: anche io sono qui per aiutare loro, fosse anche solo ad essere meno intolleranti... nessuno è migliore di me, e io non sono migliore di nessuno. Siamo tutti potenziali “migliori”!

Lui dice che non me la devo prendere per le facce strane o le frasi cattive.

Dice che tante persone vedono riflesse in me le loro paure per questo li spavento.

C’è chi ha troppa fretta, chi è troppo rigido, chi non ha pazienza, chi ha paura di mettersi in gioco, chi ha deciso che l’amicizia è riservata solo a quelli “normali”, così non si prende impegni difficili...

L’insegnante che non mi vuole ha paura di me perchè esco dallo schema a cui lei è abituata, alla sua vita comoda dove, proprio come me, non vuole aspettarsi niente di nuovo.

Ha paura di non essere in grado di insegnarmi, e allora chiama me “stupido” perchè è più facile.

Ha paura di non farcela e allora dice che io non ce la farò.

Mi manda a casa cosi non mi vede e ha risolto il suo problema: in un colpo solo ha nascosto me e il suo limite.

Mi piace il nonno!

***

È tardi. Il nonno mi lascia sempre di buon umore. Spero di fare un bel sognostanotte... che sonno. Mi sembra di non aver mai dormito prima d’ora...

21. IL RISVEGLIO

Noooo... è già ora... con un colpo azzittisco la sveglia... cinque minuti e mialzo... mi sembra di non aver chiuso occhio tutta la notte...

Accendo la luce, mia madre già mi chiama per avvertirmi che sono puntualmente in ritardo.

Niente di nuovo allora, tutto regolare!

Wow, che disastro la mia camera: il disordine regna sovrano.

C’è un non so che di surreale che mi infastidisce, ma non riesco a capire cosa... non so... ho come la sensazione di non essere quello giusto al momento giusto.

Eppure sono io, David! Lo specchio non mente!

Va be mi lavo. Sistemo i bagnoschiuma nel bordo della vasca e mi ritrovo a ridere!

Ma che faccio??

Oggi prendo la bici per andare a scuola, i miei sono già usciti. Colazione pronta sul tavolo, fatta. Zaino, fatto. Via!

I miei amici mi vengono incontro, abbiamo tempo per due tiri a canestro? La sensazione di stranezza mi perseguita ancora..

“Ecco che arriva lo stordito...” sento ridacchiare. Mi giro e lo vedo. Non so cosa mi prende, ma esco dal campo e vado verso di lui, sotto gli occhi stupiti dei miei amici.

Mi avvicino. Gli sorrido.

“Ciao Mattia, come stai?” non mi aspetto risposte.

Cammino vicino a lui e lo accompagno all’entrata.

Le sue mani si muovono nervosamente, le incrocia, le divide, le stringe, si tira indietro i capelli... ma io so che ha capito, anche se il suo sguardo vaga chissà dove. “Ci vediamo dopo!” gli dico.

***

La sensazione di stranezza è scomparsa. Ha lasciato il posto ad un misto di sana gioia quando è apparso quel buffo sorriso sul suo volto ed è entrato. Una voce dentro di me mi sta dicendo: “bravo non è poi così difficile... è un buon inizio...”

Non sarà neanche cosi facile, lo so.Non è facile andare contro corrente.

Non è facile dimenticarsi, anche se solo per poco, del nostro egoismo, del nostro cellulare, del nostro computer, della nostra play station... del nostro nostro nostro...

Non è facile capire Mattia e quelli come lui, perchè i loro problemi sono realmente difficili da affrontare e mettono in difficoltà anche chi sta con loro.

Lo capisco.

Mattia però non mi chiede di capirlo e non mi chiede di diventare come lui.

Non mi chiede di diventare come me.

Con i suoi modi stravaganti, senza tante parole, a modo suo mi sta chiedendo amicizia. Tutto qui! Vuole solo la mia amicizia.

Che importa se per cinque minuti fissiamo un ventilatore o se guardiamo scorrere l’acqua di un fiumiciattolo. Se facciamo coriandoli con ogni pezzo di carta che troviamo o se ci facciamo lasciare un muro bianco da pasticciare.

Non importa se non mi guarda.Non importa se ogni tanto si ritira nel suo mondo, tanto la strada la conosce e prima o poi torna.

Mi chiede di essere lì, a sorridergli come ho sorriso agli altri miei amici, ad accetarlo esattamente come lui è, esattamente come io sono.

Magari starò attento a non muovere troppo le mani e a non urlare, e lui imparerà a gestire meglio i suoi movimenti.

Facile a dirsi, facilissimo ancor di più a farsi, direbbe mio nonno: basta cominciare , basta metterci il cuore e ogni porta si apre.

E noi un cuore, se click-clack spegniamo l’interruttore per un po’, ce lo abbiamotutti. Basta ritrovarlo e spolverarlo un po’...

Devo dirlo agli altri.

“Resistiamo se esistiamo, parlate di noi, grazie

Fammi vedere anche nelle mie diffi coltà papà io sono contento così Andrea autistico e è Andrea bello”

(Andrea, da “Sono graditi visi sorridenti”)

PARTE TERZA

22. “OHANA”

“Bella storia, Mattia.”

“Allora, che mi dai in cambio ora, David?”

“La possibilità che molti altri ragazzi vivano per un attimo quel sogno e comincino ad avvicinarsi a te e al tuo mondo, con amicizia.”

“Amicizia! Sai, c’è un detto famoso che dice: chi trova un amico trova un tesoro.”

Normalmente le persone pensano che voglia dire che un amico è importante come un tesoro. Hanno ragione. Ma io ho capito che il vero significato è, che trovare un amico è difficile quanto trovare un tesoro nascosto. Per questo è ancora più prezioso. Perchè la vera amicizia non è mai così scontata e facile da ottenere, anche se il suo valore è immenso, anzi forse proprio per quello. L’amiciza è a portata di tutti, eppure la seppelliamo in qualche caverna al buio e disegnamo una mappa per ritrovarla!

Spero anche io di trovare un tesoro, di aprirlo e scoprirci dentro quella sensazione che si prova quando non esistono più barriere, ma tutto è assolutamente naturale e semplice, pieno di biglie pronte per essere messe in pista, tonde, ovali, colorate, piccole e grandi... nella più assoluta naturalezza...perchè senza diversità non ci sarebbe confronto né crescita, e perché se io ci sono è perché sono anche io un tesoro...

Cambiare la mentalità delle persone è più difficile che far imparare ad un bimbo affetto da autismo a leggere e a scrivere. Accettare che le diversità sono solo varianti della normalità è quasi impossibile da noi.

Diversità... brutta parola, ci hai mai pensato? In fondo vuol dire solo non essere uguale a qualcosa, e sotto questo punto di vista il significato cambia completamente... niente più esclusioni, perché non esiste niente di uguale a qualcos’altro nell’universo, e tutto è ugualmente accettato. Abbiamo un piede più lungo dell’altro, per esempio, e per quanto possiamo somigliare a qualcuno non saremo mai identici!

La mia speranza sono i ragazzi, i bambini. Spero che un giorno nessuno insegni più loro la parola “diversità”: allora cresceranno senza più mettermi da parte.

Ma nel momento stesso in cui l’avranno assimilata, in quello stesso istante, e solo allora, io comincerò a essere un diverso e non più semplicemente “Mattia”.

“Cosa direbbe tuo nonno ora, Mattia?”“Caro David, direbbe come Lilo dice a Stitch: OHANA!”

“Ohana significa famiglia e famiglia significa che nessuno viene abbandonato o dimenticato.”

“Grazie Mattia, torniamo a casa, si è fatto tardi...”

Ringraziamenti

Ringrazio tutti gli angeli che mi hanno ispirata ed aiutata e che porteranno questo libro dove Dio vuole che arrivi.

BIBLIOGRAFIE

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Impaginato e stampato nel marzo del 2014presso la TipoLitoGrafia Sant’Erasmo in Ospedaletti (IM)

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