Inversione di marcia dall’io a Dio OPO LA PA N D E …...la pandemia di covid-19. A mezzogiorno il...

8
Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 95 (48.419) Città del Vaticano lunedì-martedì 27-28 aprile 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!z![!$!:! Al Regina Caeli il Pontefice parla dell’episodio evangelico dei discepoli di Emmaus Inversione di marcia dall’io a Dio Nelle celebrazioni a Santa Marta la preghiera per chi è triste e per gli artisti L’urgenza di un «cambio di passo», di un’«inversione di marcia» per passare «dall’io a Dio... dai “se” al “sì”»: è questa l’attualità del messag- gio dell’esperienza di Emmaus per «noi, discepoli di Gesù oggi». Papa Francesco l’ha indicata al Regina Caeli del 26 aprile, prima di imparti- re la benedizione su una piazza San Pietro ancora vuota a causa delle mi- sure antiassembramento imposte dal- la pandemia di covid-19. A mezzogiorno il Pontefice ha guidato la recita dell’antifona maria- na dalla Biblioteca privata del Palaz- zo apostolico vaticano; e commen- tando, come di consueto, il Vangelo domenicale — nella circostanza quel- lo della terza del tempo di Pasqua che racconta l’episodio dei due di- scepoli di Emmaus (cfr. Lc 24, 13-35) — ha spiegato «che nella vita abbia- mo davanti due direzioni opposte»: quella «di chi, come quei due all’an- data, si lascia paralizzare dalle delu- sioni... e va avanti triste»; e quella «di chi non mette al primo posto sé stesso e i suoi problemi, ma Gesù» e «i fratelli che attendono che noi ci prendiamo cura di loro». Ecco allora «la svolta» auspicata da Francesco: «smettere di orbitare attorno al pro- prio io», al «passato, agli ideali non realizzati, a tante cose brutte»; e «andare avanti guardando alla realtà più grande e vera della vita: Gesù è vivo» e «mi ama». Un passaggio dall’«aria grigia della tristezza» ver- so la «gioia del servizio» agli altri. Come possa avvenire tutto questo nel vissuto quotidiano sono ancora una volta i due di Emmaus, con la loro testimonianza, a chiarirlo: si tratta di «tre passaggi — ha suggeri- to il Papa — che possiamo compiere anche noi nelle nostre case», apren- do il cuore a Gesù, ascoltandolo e pregandolo con le loro stesse parole: «Signore, resta con noi» perché «senza di Te c’è la notte». Anche in precedenza, durante la messa del mattino a Santa Marta, Francesco aveva parlato all’omelia di questi discepoli di cui l’evangelista non riporta il nome, soffermandosi in particolare sulla loro “inquietudi- ne”. E pure l’intenzione di preghiera ha rimandato alla loro esperienza, visto che il Papa ha offerto la cele- brazione per «le persone che soffro- no la tristezza, perché sono sole o perché non sanno quale futuro» le attende, essendo rimaste senza soldi e senza lavoro. Stamane, lunedì 27, invece, l’intenzione è stata «per gli artisti», che con la loro creatività «per mezzo della... bellezza ci indi- cano la strada da seguire», in questo tempo di sofferenza. PAGINE 7 E 8 LABORATORIO DOPO LA PANDEMIA Conversazione con il poeta Franco Arminio Convivere con l’imponderabile di GIUSEPPE SURIANO «L a grazia della creativi- tà». Parole importanti, quelle pronunciate sta- mane da Papa Francesco durante la Messa a Casa Santa Marta: «Pre- ghiamo oggi per gli artisti, che hanno questa capacità di creatività molto grande e per mezzo della strada della bellezza ci indicano la strada da seguire. Che il Signore dia a tutti noi la grazia della crea- tività in questo momento». Impor- tanti le parole finali, «in questo momento», che sembrano un’indi- cazione rispetto alla sfida di questo nostro tempo: se è sensato affidarsi al rigore della scienza, non è insen- sata la fiducia negli slanci e nelle visioni di chi ha la grazia di “crea- re”. E perciò chiediamo del dopo al poeta. A chi non ha numeri, sta- tistiche e strategie. Lo chiediamo a un particolare “sentire”, un senti- mento del tempo. È un verbo, “sentire”, a cui Franco Arminio, nel dialogo con «L’Osservatore ro- mano», aggiunge continuamente un complemento: “con il corpo”. Sentire con il corpo. «Non riuscirei a parlare di una vicenda come que- sta senza sentire, o almeno senza desiderare, una partecipazione fisi- ca. Paradossalmente è aiutato chi ha perso un genitore o un caro: gli altri rischiano di essere spettatori di un gigantesco spettacolo di in- trattenimento, che ci raggiunge in tv e sul web con numeri e grafici, curve che salgono e scendono. E invece quelli sono Filippo, Nicola, Marcello, Lucia, uomini e donne che hanno chiuso gli occhi, hanno esalato l’ultimo respiro da soli. An- che prima si moriva, ma non da so- li. Siamo in una sorta di Inferno. È una cosa enorme». Franco Arminio, cosa succede dopo la pandemia? Come ne usciremo? Non lo so. E aggiungo: questo non saperlo mi sta benissimo. Si è aperta una crepa troppo profonda per pensare di poterla spiegare in 444due righe. E così questa do- manda per me ne genera un’altra: si può convivere bene con l’impon- derabile? Dobbiamo per forza sa- pere a tutti i costi che fine fa il mondo domani? Lei quindi non spera in nulla? Non immagina nulla? Certo, spero e immagino. Per esempio penso che ci ritroveremo con più chiarezza sull’essenzialità, in base a ciò che abbiamo scoperto di noi in queste settimane. E cosa abbiamo scoperto? Che in un paese non c’è bisogno di quattro bar ma ne basta uno, che tanti bisogni non erano neces- sari ma indotti. Abbiamo capito che si può stare senza gli occhiali da sole o senza il negozio di abbi- gliamento: nessuno sta morendo senza acquistare un pantalone nuo- vo. Ma esagero, abbiamo scoperto anche la secondarietà di alcuni pro- dotti culturali: per esempio secon- do me si sta sentendo poco la mancanza del cinema, che negli ul- timi anni era diventato un rito un po’ stanco. E poi parlo personal- mente: ero pieno di appuntamenti e invece in questi giorni non sto guadagnando niente. È vero, io non sono povero, però credo che quando tutto sarà finito mi sembre- rà di essere meno sensibile al gua- dagno di quanto lo fossi prima. Occupazione e gestione dei figli Le famiglie sono il motore della ripartenza ALESSANDRO ROSINA A PAGINA 3 Intervista con Antonio Nicaso Evitare che la pandemia sia un’opportunità per le mafie FAUSTA SPERANZA A PAGINA 2 Gianna Beretta Molla raffigurata dall’artista Serena Moroni Il gesto di chi dà senza voler ricevere ANTONELLA CATTORINI CATTANEO A PAGINA 5 Per una rilettura al femminile Chiesa a due voci GIORGIA SALATIELLO A PAGINA 6 San Pietro Chanel P ro t o m a r t i re dell’Oceania PAGINA 7 ALLINTERNO Il governo italiano annuncia la fase 2 Graduale riapertura dal 4 maggio Sulla celebrazione delle messe senza popolo disaccordo dei vescovi ROMA, 27. Il governo italiano lancia la fase 2 della risposta all’emergenza sanitaria, un primo passo verso la normalità dopo lo scoppio della pandemia. Il presidente del Consi- glio dei ministri, Giuseppe Conte, ha firmato ieri il decreto ministeriale che regola la riapertura delle attività e gli spostamenti. Tuttavia, nel de- creto si afferma che, a causa delle “criticità ineliminabili” dovute alla “partecipazione dei fedeli”, le messe non potranno riprendere. In una nota diffusa in serata, la Conferenza episcopale italiana (Cei) ha espresso il proprio disappunto per la decisione del governo. Nella nota si sottolinea che «la Chiesa ha accettato, con sofferenza e senso di responsabilità, le limitazioni gover- native assunte per far fronte al- l’emergenza sanitaria». Nel corso di una «interlocuzione continua e di- sponibile» tra la segretaria generale della Cei, il ministero della Salute e la presidenza del Consiglio, si era già arrivati alla stesura di protocolli in cui sono state ipotizzate le proce- dure per rendere possibili le celebra- zioni nel rispetto di tutti i criteri le- gati alla sicurezza e alla difesa della salute, quindi, prosegue la nota, «più volte si è sottolineato in manie- ra esplicita che — nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni as- sunte per far fronte alla pandemia — la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale». I vescovi ita- liani «non possono accettare di ve- dere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servi- zio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacra- mentale». Una posizione, questa, ra- dicata nelle parole stesse di Papa Francesco che nell’omelia pronuncia- ta a Santa Marta il 17 aprile aveva ri- cordato come «una familiarità quoti- diana con il Signore, è quella del cristiano». Ma la familiarità non può non essere comunitaria perché «una familiarità senza comunità, una fa- miliarità senza il Pane, una familiari- tà senza la Chiesa, senza il popolo, senza i sacramenti è pericolosa». Subito dopo la pubblicazione del- la nota della Cei, la presidenza del Consiglio ha emesso un comunicato nel quale si «prende atto» della po- sizione dei vescovi e si annuncia che «già nei prossimi giorni si studierà un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli al- le celebrazioni liturgiche in condi- zioni di massima sicurezza». Come accennato, il decreto defini- sce i criteri fondamentali della cosid- detta fase 2. A partire dal 4 maggio ripartiranno la manifattura e la risto- razione con asporto. Le aziende po- tranno riaprire solo se rispetteranno il protocollo di sicurezza. Resta il divieto di spostamento tra regioni, se non per motivi di urgenza. Meno restrizioni sugli spostamenti all’inter- no delle regioni, anche se resta l’au- tocertificazione. Possono ripartire le cerimonie funebri, anche se non po- tranno avere più di 15 partecipanti e nel rispetto delle distanze di sicurez- za. Dal 18 maggio riprenderanno il commercio al dettaglio, le mostre e i musei. Il primo giugno sarà invece la volta di bar e ristoranti. Le scuole riapriranno a settembre. Conte ha anche annunciato l’assunzione di 24 mila precari della scuola. «Se non ri- spettiamo le precauzioni la curva ri- salirà, aumenteranno i morti e avremmo danni irreversibili per la nostra economia. Se ami l’Italia mantieni le distanze» ha detto Con- te in conferenza stampa. «Sarà fon- damentale il comportamento respon- sabile di ciascuno di noi». I dati del rapporto Sipri sul mercato mondiale Spesa militare mai così alta dalla fine della guerra fredda L’inquietudine del cuore e l’incontro con Cristo ANDREA MONDA A PAGINA 8 La vicinanza del Papa I giornali di strada una risorsa per i poveri PAGINA 7 NEW YORK, 27. La spesa militare mondiale ha raggiunto nel 2019 il li- vello più alto dalla fine della guerra fredda, con gli Stati Uniti in testa: è quanto emerge da un rapporto dell’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (Sipri), pubblicato ieri. L’anno scorso le spese militari mondiali sono state pari a 1.917 mi- liardi di dollari (1.782 miliardi di eu- ro) in tutto il mondo, con un au- mento del 3,6 per cento rispetto all’anno precedente, facendo regi- strare la variazione su 12 mesi più si- gnificativa dal 2010 e il livello più alto in assoluto dal 1989. Il budget militare più alto resta quello degli Stati Uniti, aumentato del 5,3 per cento nel 2019 a 732 miliardi di dol- lari, pari al 38 per cento della spesa globale. Dopo sette anni di declino — osserva un ricercatore del Sipri, Nan Tian — la spesa Usa per la Di- fesa ha ripreso a salire nel 2018. Seconda in classifica è la Cina, con 261 miliardi di dollari di spese militari nel 2019 (+5,1 per cento ri- spetto all’anno precedente) e terza l’India con 71,1 miliardi di dollari (+ 6,8 per cento su base annua). Anche se la spesa della Cina negli ultimi 25 anni ha riflettuto sostanzialmente la curva di crescita economica del Pae- se, i suoi investimenti militari — spiega il ricercatore — rivelano an- che l’ambizione di avere «un eserci- to di livello mondiale». Stessa cosa per l’India: «Le tensioni e la rivalità dell’India con il Pakistan e la Cina — sostiene il rapporto — sono tra i fattori determinanti nell’aumento della spesa militare del Paese». A seguire i primi tre in classifica, ci sono Russia e Arabia Saudita. Tutti insieme, i primi cinque paesi rappresentano oltre il 60 per cento della spesa militare totale. La Ger- mania, settima dietro la Francia, re- gistra il più forte aumento tra i pri- mi quindici: +10 per cento nel 2019 a 49,3 miliardi di dollari. «La cresci- ta della spesa militare è accelerata negli ultimi anni» concludono i ri- cercatori del Sipri, evidenziando pe- che la tendenza sarà probabil- mente invertita a causa della nuova pandemia di coronavirus che sta scuotendo l’economia globale. In effetti, «è molto probabile che la necessità di sostenere settori come la sanità e l’istruzione avrà un effet- to reale sulla spesa militare» ha det- to Tian. Almeno finché l’emergenza non potrà dirsi superata. CONTINUA A PAGINA 3 #CantiereGiovani PER COSTRUIRE E ALIMENTARE UNALLEANZA TRA LE GENERAZIONI A colloquio con il fondatore della Star Florence Design School di Firenze Tutto è nato per rispondere ad Ana Elisa SILVIA GUIDI A PAGINA 4 He qi, «Il cammino di Emmaus»

Transcript of Inversione di marcia dall’io a Dio OPO LA PA N D E …...la pandemia di covid-19. A mezzogiorno il...

Page 1: Inversione di marcia dall’io a Dio OPO LA PA N D E …...la pandemia di covid-19. A mezzogiorno il Pontefice ha guidato la recita dell’antifona maria-na dalla Biblioteca privata

Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 95 (48.419) Città del Vaticano lunedì-martedì 27-28 aprile 2020

.

y(7HA

3J1*QS

SKKM(

+"!z![!$

!:!

Al Regina Caeli il Pontefice parla dell’episodio evangelico dei discepoli di Emmaus

Inversione di marcia dall’io a DioNelle celebrazioni a Santa Marta la preghiera per chi è triste e per gli artisti

L’urgenza di un «cambio di passo»,di un’«inversione di marcia» perpassare «dall’io a Dio... dai “se” al“sì”»: è questa l’attualità del messag-gio dell’esperienza di Emmaus per«noi, discepoli di Gesù oggi». PapaFrancesco l’ha indicata al ReginaCaeli del 26 aprile, prima di imparti-re la benedizione su una piazza SanPietro ancora vuota a causa delle mi-sure antiassembramento imposte dal-la pandemia di covid-19.

A mezzogiorno il Pontefice haguidato la recita dell’antifona maria-na dalla Biblioteca privata del Palaz-zo apostolico vaticano; e commen-tando, come di consueto, il Vangelodomenicale — nella circostanza quel-lo della terza del tempo di Pasquache racconta l’episodio dei due di-scepoli di Emmaus (cfr. Lc 24, 13-35)— ha spiegato «che nella vita abbia-mo davanti due direzioni opposte»:quella «di chi, come quei due all’an-data, si lascia paralizzare dalle delu-sioni... e va avanti triste»; e quella«di chi non mette al primo posto séstesso e i suoi problemi, ma Gesù» e«i fratelli che attendono che noi ciprendiamo cura di loro». Ecco allora

«la svolta» auspicata da Francesco:«smettere di orbitare attorno al pro-prio io», al «passato, agli ideali nonrealizzati, a tante cose brutte»; e«andare avanti guardando alla realtàpiù grande e vera della vita: Gesù è

vivo» e «mi ama». Un passaggiodall’«aria grigia della tristezza» ver-so la «gioia del servizio» agli altri.

Come possa avvenire tutto questonel vissuto quotidiano sono ancorauna volta i due di Emmaus, con la

loro testimonianza, a chiarirlo: sitratta di «tre passaggi — ha suggeri-to il Papa — che possiamo compiereanche noi nelle nostre case», apren-do il cuore a Gesù, ascoltandolo epregandolo con le loro stesse parole:«Signore, resta con noi» perché«senza di Te c’è la notte».

Anche in precedenza, durante lamessa del mattino a Santa Marta,Francesco aveva parlato all’omelia diquesti discepoli di cui l’evangelistanon riporta il nome, soffermandosiin particolare sulla loro “inquietudi-ne”. E pure l’intenzione di preghieraha rimandato alla loro esperienza,visto che il Papa ha offerto la cele-brazione per «le persone che soffro-no la tristezza, perché sono sole operché non sanno quale futuro» leattende, essendo rimaste senza soldie senza lavoro. Stamane, lunedì 27,invece, l’intenzione è stata «per gliartisti», che con la loro creatività«per mezzo della... bellezza ci indi-cano la strada da seguire», in questotempo di sofferenza.

PAGINE 7 E 8

LABORATORIODOPO LA PA N D E M I A

Conversazione con il poeta Franco Arminio

C o n v i v e recon l’imp onderabile

di GIUSEPPE SURIANO

«L a grazia della creativi-tà». Parole importanti,quelle pronunciate sta-

mane da Papa Francesco durante laMessa a Casa Santa Marta: «Pre-ghiamo oggi per gli artisti, chehanno questa capacità di creativitàmolto grande e per mezzo dellastrada della bellezza ci indicano lastrada da seguire. Che il Signore dia a tutti noi la grazia della crea-tività in questo momento». Impor-tanti le parole finali, «in questomomento», che sembrano un’indi-cazione rispetto alla sfida di questonostro tempo: se è sensato affidarsial rigore della scienza, non è insen-sata la fiducia negli slanci e nellevisioni di chi ha la grazia di “c re a -re ”. E perciò chiediamo del dopoal poeta. A chi non ha numeri, sta-tistiche e strategie. Lo chiediamo aun particolare “s e n t i re ”, un senti-mento del tempo. È un verbo,“s e n t i re ”, a cui Franco Arminio,nel dialogo con «L’Osservatore ro-mano», aggiunge continuamenteun complemento: “con il corpo”.Sentire con il corpo. «Non riuscireia parlare di una vicenda come que-sta senza sentire, o almeno senzadesiderare, una partecipazione fisi-ca. Paradossalmente è aiutato chiha perso un genitore o un caro: glialtri rischiano di essere spettatoridi un gigantesco spettacolo di in-trattenimento, che ci raggiunge intv e sul web con numeri e grafici,curve che salgono e scendono. Einvece quelli sono Filippo, Nicola,Marcello, Lucia, uomini e donneche hanno chiuso gli occhi, hannoesalato l’ultimo respiro da soli. An-che prima si moriva, ma non da so-li. Siamo in una sorta di Inferno. Èuna cosa enorme».

Franco Arminio, cosa succede dopo lapandemia? Come ne usciremo?

Non lo so. E aggiungo: questonon saperlo mi sta benissimo. Si èaperta una crepa troppo profondaper pensare di poterla spiegare in444due righe. E così questa do-manda per me ne genera un’altra:si può convivere bene con l’imp on-derabile? Dobbiamo per forza sa-pere a tutti i costi che fine fa ilmondo domani?

Lei quindi non spera in nulla? Nonimmagina nulla?

Certo, spero e immagino. Peresempio penso che ci ritroveremo

con più chiarezza sull’essenzialità,in base a ciò che abbiamo scopertodi noi in queste settimane.

E cosa abbiamo scoperto?

Che in un paese non c’è bisognodi quattro bar ma ne basta uno,che tanti bisogni non erano neces-sari ma indotti. Abbiamo capitoche si può stare senza gli occhialida sole o senza il negozio di abbi-gliamento: nessuno sta morendosenza acquistare un pantalone nuo-vo. Ma esagero, abbiamo scopertoanche la secondarietà di alcuni pro-dotti culturali: per esempio secon-do me si sta sentendo poco lamancanza del cinema, che negli ul-timi anni era diventato un rito unp o’ stanco. E poi parlo personal-mente: ero pieno di appuntamentie invece in questi giorni non stoguadagnando niente. È vero, ionon sono povero, però credo chequando tutto sarà finito mi sembre-rà di essere meno sensibile al gua-dagno di quanto lo fossi prima.

Occupazione e gestione dei figli

Le famigliesono il motoredella ripartenza

ALESSANDRO ROSINA A PA G I N A 3

Intervista con Antonio Nicaso

E v i t a reche la pandemiasia un’opp ortunitàper le mafie

FAU S TA SPERANZA A PA G I N A 2

Gianna Beretta Molla raffiguratadall’artista Serena Moroni

Il gesto di chi dàsenza voler ricevere

ANTONELLA CAT T O R I N I CAT TA N E OA PA G I N A 5

Per una rilettura al femminile

Chiesaa due voci

GIORGIA SA L AT I E L L O A PA G I N A 6

San Pietro Chanel

P ro t o m a r t i redell’O ceania

PAGINA 7

ALL’INTERNOIl governo italiano annuncia la fase 2

Graduale riapertura dal 4 maggioSulla celebrazione delle messe senza popolo disaccordo dei vescovi

ROMA, 27. Il governo italiano lanciala fase 2 della risposta all’e m e rg e n z asanitaria, un primo passo verso lanormalità dopo lo scoppio dellapandemia. Il presidente del Consi-glio dei ministri, Giuseppe Conte,ha firmato ieri il decreto ministerialeche regola la riapertura delle attivitàe gli spostamenti. Tuttavia, nel de-creto si afferma che, a causa delle“criticità ineliminabili” dovute alla“partecipazione dei fedeli”, le messenon potranno riprendere.

In una nota diffusa in serata, laConferenza episcopale italiana (Cei)ha espresso il proprio disappuntoper la decisione del governo. Nellanota si sottolinea che «la Chiesa haaccettato, con sofferenza e senso diresponsabilità, le limitazioni gover-native assunte per far fronte al-l’emergenza sanitaria». Nel corso diuna «interlocuzione continua e di-sponibile» tra la segretaria generaledella Cei, il ministero della Salute ela presidenza del Consiglio, si eragià arrivati alla stesura di protocolliin cui sono state ipotizzate le proce-dure per rendere possibili le celebra-zioni nel rispetto di tutti i criteri le-gati alla sicurezza e alla difesa dellasalute, quindi, prosegue la nota,«più volte si è sottolineato in manie-ra esplicita che — nel momento incui vengano ridotte le limitazioni as-sunte per far fronte alla pandemia —la Chiesa esige di poter riprendere lasua azione pastorale». I vescovi ita-liani «non possono accettare di ve-dere compromesso l’esercizio dellalibertà di culto. Dovrebbe esserechiaro a tutti che l’impegno al servi-zio verso i poveri, così significativoin questa emergenza, nasce da unafede che deve potersi nutrire alle suesorgenti, in particolare la vita sacra-mentale». Una posizione, questa, ra-dicata nelle parole stesse di PapaFrancesco che nell’omelia pronuncia-ta a Santa Marta il 17 aprile aveva ri-cordato come «una familiarità quoti-diana con il Signore, è quella delcristiano». Ma la familiarità non può

non essere comunitaria perché «unafamiliarità senza comunità, una fa-miliarità senza il Pane, una familiari-tà senza la Chiesa, senza il popolo,senza i sacramenti è pericolosa».

Subito dopo la pubblicazione del-la nota della Cei, la presidenza delConsiglio ha emesso un comunicatonel quale si «prende atto» della po-sizione dei vescovi e si annuncia che«già nei prossimi giorni si studieràun protocollo che consenta quantoprima la partecipazione dei fedeli al-le celebrazioni liturgiche in condi-zioni di massima sicurezza».

Come accennato, il decreto defini-sce i criteri fondamentali della cosid-detta fase 2. A partire dal 4 maggioripartiranno la manifattura e la risto-razione con asporto. Le aziende po-tranno riaprire solo se rispetterannoil protocollo di sicurezza. Resta ildivieto di spostamento tra regioni,se non per motivi di urgenza. Menorestrizioni sugli spostamenti all’inter-no delle regioni, anche se resta l’au-tocertificazione. Possono ripartire lecerimonie funebri, anche se non po-tranno avere più di 15 partecipanti enel rispetto delle distanze di sicurez-

za. Dal 18 maggio riprenderanno ilcommercio al dettaglio, le mostre e imusei. Il primo giugno sarà invecela volta di bar e ristoranti. Le scuoleriapriranno a settembre. Conte haanche annunciato l’assunzione di 24mila precari della scuola. «Se non ri-spettiamo le precauzioni la curva ri-salirà, aumenteranno i morti eavremmo danni irreversibili per lanostra economia. Se ami l’Italiamantieni le distanze» ha detto Con-te in conferenza stampa. «Sarà fon-damentale il comportamento respon-sabile di ciascuno di noi».

I dati del rapporto Sipri sul mercato mondiale

Spesa militare mai così alta dalla fine della guerra fredda

L’inquietudinedel cuoree l’incontro con Cristo

ANDREA MONDA A PA G I N A 8

La vicinanza del Papa

I giornali di stradauna risorsa per i poveri

PA G I N A 7

NEW YORK, 27. La spesa militaremondiale ha raggiunto nel 2019 il li-vello più alto dalla fine della guerrafredda, con gli Stati Uniti in testa: èquanto emerge da un rapportodell’Istituto internazionale di ricercasulla pace di Stoccolma (Sipri),pubblicato ieri.

L’anno scorso le spese militarimondiali sono state pari a 1.917 mi-liardi di dollari (1.782 miliardi di eu-ro) in tutto il mondo, con un au-mento del 3,6 per cento rispettoall’anno precedente, facendo regi-strare la variazione su 12 mesi più si-gnificativa dal 2010 e il livello piùalto in assoluto dal 1989. Il budgetmilitare più alto resta quello degliStati Uniti, aumentato del 5,3 percento nel 2019 a 732 miliardi di dol-lari, pari al 38 per cento della spesaglobale. Dopo sette anni di declino— osserva un ricercatore del Sipri,Nan Tian — la spesa Usa per la Di-fesa ha ripreso a salire nel 2018.

Seconda in classifica è la Cina,con 261 miliardi di dollari di spese

militari nel 2019 (+5,1 per cento ri-spetto all’anno precedente) e terzal’India con 71,1 miliardi di dollari (+6,8 per cento su base annua). Anchese la spesa della Cina negli ultimi 25anni ha riflettuto sostanzialmente la

curva di crescita economica del Pae-se, i suoi investimenti militari —spiega il ricercatore — rivelano an-che l’ambizione di avere «un eserci-to di livello mondiale». Stessa cosaper l’India: «Le tensioni e la rivalità

dell’India con il Pakistan e la Cina— sostiene il rapporto — sono tra ifattori determinanti nell’aumentodella spesa militare del Paese».

A seguire i primi tre in classifica,ci sono Russia e Arabia Saudita.Tutti insieme, i primi cinque paesirappresentano oltre il 60 per centodella spesa militare totale. La Ger-mania, settima dietro la Francia, re-gistra il più forte aumento tra i pri-mi quindici: +10 per cento nel 2019a 49,3 miliardi di dollari. «La cresci-ta della spesa militare è acceleratanegli ultimi anni» concludono i ri-cercatori del Sipri, evidenziando pe-rò che la tendenza sarà probabil-mente invertita a causa della nuovapandemia di coronavirus che stascuotendo l’economia globale.

In effetti, «è molto probabile chela necessità di sostenere settori comela sanità e l’istruzione avrà un effet-to reale sulla spesa militare» ha det-to Tian. Almeno finché l’e m e rg e n z anon potrà dirsi superata.

CO N T I N UA A PA G I N A 3

#CantiereGiovaniPER COSTRUIRE E A L I M E N TA R EUN’ALLEANZA TRA LE GENERAZIONI

A colloquio con il fondatoredella Star Florence Design Schooldi Firenze

Tutto è natoper risponderead Ana Elisa

SI LV I A GUIDI A PA G I N A 4

He qi, «Il cammino di Emmaus»

Page 2: Inversione di marcia dall’io a Dio OPO LA PA N D E …...la pandemia di covid-19. A mezzogiorno il Pontefice ha guidato la recita dell’antifona maria-na dalla Biblioteca privata

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 lunedì-martedì 27-28 aprile 2020

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSONon praevalebunt

Città del Vaticano

o r n e t @ o s s ro m .v aw w w. o s s e r v a t o re ro m a n o .v a

ANDREA MONDAdirettore responsabile

Giuseppe Fiorentinov i c e d i re t t o re

Piero Di Domenicantoniocap oredattore

Gaetano Vallinisegretario di redazione

Servizio vaticano: [email protected] internazionale: [email protected] culturale: [email protected] religioso: [email protected]

Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 [email protected] w w w. p h o t o .v a

Segreteria di redazionetelefono 06 698 83461, 06 698 84442

fax 06 698 83675segreteria.or@sp c.va

Tipografia VaticanaEditrice L’Osservatore Romano

Tariffe di abbonamentoVaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198Europa: € 410; $ 605Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665America Nord, Oceania: € 500; $ 740Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):telefono 06 698 99480, 06 698 99483fax 06 69885164, 06 698 82818,[email protected] diffusione.or@sp c.vaNecrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675

Concessionaria di pubblicità

Il Sole 24 Ore S.p.A.System Comunicazione Pubblicitaria

Sede legaleVia Monte Rosa 91, 20149 Milanotelefono 02 30221/3003fax 02 30223214

s e g re t e r i a d i re z i o n e s y s t e m @ i l s o l e 2 4 o re . c o m

Aziende promotricidella diffusione

Intesa San Paolo

Ospedale Pediatrico Bambino Gesù

Società Cattolica di Assicurazione

Nel fine settimana oltre 3.800 decessi negli Usa

Lo stato di New Yorkprova a rialzare la testa

Intervista con Antonio Nicaso

Evitare che la pandemiasia un’opportunità per le mafie

Times Square, New York (Afp)

Dopo la guarigione dal coronavirus

Johnson rientrato a Downing Street

L’Australia lancial’app contro il virus

La Malaysia nega l’accoglienzaa centinaia di rifugiati rohingya

NEW YORK, 27. Lo stato di NewYork potrebbe iniziare una parzialeriapertura a partire dal 15 maggio.Lo ha annunciato ieri il governatoredemocratico Andrew Cuomo speci-ficando che il settore delle costru-zioni e quello manufatturiero sonotra le attività lavorative che potreb-bero ripartire, però solo nelle areemeno colpite dalla pandemia di co-ronavirus. Nel giorno in cui nellostato si è registrato il numero piùbasso di decessi legati al covid-19del mese di aprile, 367, Cuomo haindicato dunque che le misure di al-lentamento avverranno prima nelnord dello stato e non nella regionemetropolitana di New York City,l’area più colpita dalla pandemia nelpaese. Verrà rinviata di due settima-ne la fase di riapertura della mag-gior parte degli uffici per valutarel’evoluzione dei dati relativi ai rico-veri e ai contagi e garantire che laprima fase non scateni una nuovarisalita dei casi e dei decessi. Al mo-mento non è stata presa una deci-sione sulla riapertura delle scuole.Nella Grande Mela il sindaco Billde Blasio ha dichiarato che non sifarà ritorno in aula prima del nuovoanno scolastico. Il governatore haaggiunto poi che l’eventuale riaper-tura di New York City, potrebbe es-sere coordinata con le autorità deglistati adiacenti del New Jersey e delConnecticut. A oggi, secondo i cal-coli della Johns Hopkins University,lo stato di New York con 17.281 vit-

time, detiene quasi un terzo dellemorti totali per il covid-19, oltre54.000, avvenute negli Stati Uniti.Nelle ultime 48 ore il paese ha tota-lizzato oltre 3.800 decessi, rispetti-vamente 2.494 tra la sera di venerdìe quella di sabato, e 1.330 nelle 24ore successive fino a ieri sera. Il nu-mero dei contagi ha raggiunto quo-ta 96.5000.

In questi due giorni il presidenteDonald Trump, come annunciato,ha preso le distanze dai lunghi econsueti briefing serali, dopo le po-

lemiche e lo scalpore per alcune suedichiarazioni riguardo le iniezioni didisinfettante. Ieri, così come sabato,il presidente non è intervenuto dallaCasa Bianca. Però su twitter ha mo-tivato la sua assenza, scagliandosicontro i mass media che in confe-renza «non fanno altro che doman-de ostili, e poi si rifiutano di riferirela verità o i fatti in modo accurato.Ottengono ascolti record ma gliamericani non ricevono altro che fa-ke news. Non vale la pena, il tempoe la fatica!».

di FAU S TA SPERANZA

La gravità e l’urgenza delleconseguenze del covid-19 perla salute pubblica e per l’eco-

nomia richiedono misure immediateperché in ballo c’è la sussistenza dimilioni di persone, ma anche perchési rischia che diventino un’opp ortu-nità per le mafie. In questi giorni, ilPapa ha lanciato il suo monito per-ché non accada che qualcuno specu-li sulle difficoltà dei più deboli e, intema di legalità, è tornato a ribadireil suo appello contro ogni forma dicorruzione. Non c’è, infatti, soloquella dei grandi sistemi, ma anchequella a livello di gente comune cherende possibile le altre modalità piùgravi, come conferma Antonio Nica-so, uno dei massimi esperti a livellomondiale di mafie, docente tra l’al-tro di Storia sociale della criminalitàorganizzata alla Queen’s University.

«Le mafie sono rapaci» affermaNicaso. «Hanno sempre trasformatole crisi in opportunità. La ‘ndran-gheta, che oggi è l’o rg a n i z z a z i o n eillecita più ricca e potente al mon-do, ha cominciato ad assumere unatteggiamento imprenditoriale dopoil terremoto del 1908 a Reggio Cala-bria e a Messina, quando ha comin-ciato a concedere prestiti a tassod’usura. Le inchieste degli ultimitempi ci hanno chiaramente “foto-grafato” l’opportunismo e la rapaci-tà delle mafie anche in occasionedei vari terremoti avvenuti più di re-cente nel Centro Italia. Ci sono leregistrazioni della telefonata in cui,pochi minuti dopo una scossa vio-lenta, due faccendieri legati alla‘ndrangheta si felicitavano dell’acca-duto sorridendo per gli “affari” e iguadagni che avrebbero fatto».

Si è parlato in altri Paesi d’E u ro p adel rischio che eventuali aiuti straordi-nari all’Italia arrivino in mano allamafia. Cosa risponde?

Queste preoccupazioni, secondome, sono discutibili, perché le mafienon operano solo in Italia. Da tem-po sono attive in Olanda e in Ger-mania perché quei Paesi consentonodi fatto più di altri di investire, di ri-ciclare denaro. Oggi, se dovessi indi-care un posto dove la ‘ndrangheta èpiù radicata fuori dalla Calabria, dal-la penisola non avrei nessuna diffi-coltà a citare la Germania. Il rischionon è solo legato ai soldi che posso-no arrivare dall’Europa, ma ai mec-canismi di circolazione del denaro,come quelli che portano ai cosiddettiparadisi fiscali. E, dunque, il proble-ma è in tutta l’Europa, se vogliamofermarci al contesto europeo. È chia-ro che in questa situazione bisognatenere gli occhi aperti, fare una map-patura dei settori a rischio: quelli chepossono finire più facilmente nellegrinfie delle organizzazioni criminali.

Per esempio?

Penso alla piccola e media impre-sa, che farà fatica ad andare avantinon potendo contare su utili. È im-portante intervenire con tempestivitàcon aiuti piuttosto che perdere trop-po tempo a discutere. Bisogna ridur-re i margini di azione delle mafie.Possono sostituirsi alle banche qualo-ra le imprese restino bloccate dallaburocrazia bancaria e da quella della

pubblica amministrazione. È fonda-mentale intervenire per evitare cheun’azienda possa andare in defaulteconomico e accettare il ricorso a sol-di sporchi. Lo abbiamo già visto du-rante la crisi dei Subprime nel 2008,quando le mafie hanno cercato di ac-quisire quote di minoranza, quandohanno investito i soldi attraverso lebanche. Questi sono i rischi peggiorida scongiurare e non soltanto in Ita-lia ma un po’ dapp ertutto.

Ci aiuti a ragionare sull’accostamentodi questi due termini: globalizzazione eorganizzazioni internazionali.

Le mafie hanno certamente trattovantaggio dalla globalizzazione deimercati. Ma la prima cosa da dire èche non metteranno in discussione laloro globalizzazione in nessun caso.Ricordiamoci che sono riuscite adinternazionalizzarsi quando ancoranessuno parlava di globalizzazione.Il fenomeno esisteva — penso al po-modoro nato in America e divenutoalimento centrale nella nostra cucinao alla grande questione delle migra-zioni di massa — ma non con questemodalità o con questa definizione.

Nella nostra storia recente ci sono deimomenti chiave?

Direi che c’è stata una sorta dispartiacque nella storia delle mafie: lacaduta del muro di Berlino. Primaerano più circoscritte nell’O vestd’Europa, poi sono riuscite a operarein Paesi dell’Est dove non c’era nean-che emigrazione italiana. In mancan-za di regole certe, alcuni faccendierihanno approfittato della fase di tran-sizione da un’economia pianificata aun’economia di mercato. Nella faseattuale, se pensiamo al mercato deglistupefacenti (cocaina, eroina, droghesintetiche) le mafie sono concentratesulla Cina, dove si parlerà, di qui apoco, di un mercato di 20 milioni ditossicodipendenti, o sull’Australia,dove un chilo di cocaina costa trevolte di più che in Italia.

Da una parte, c’è la legalità e,dall’altra, queste organizzazioni. Inmezzo c’è una zona grigia, abitata dacolletti bianchi, dalla disonestà diffusaa tanti livelli. È così?

Certo. Diciamo che se non ci fossequesta zona grigia non ci sarebberole mafie. Le mafie da sempre hannoavuto bisogno di condotte agevola-trici per potersi affermare. Per i mieistudenti utilizzo la formula chimicadell’acqua e spiego che i due atomidi idrogeno rappresentano la violen-za, ma quello che fa la differenza èl’atomo di ossigeno, che è proprio ilrapporto con questa zona grigia, conprofessionisti senza scrupoli. Se nonci fossero, le mafie farebbero moltapiù fatica a riciclare denaro.

Può citare un caso concreto?

Ricordo l’operazione Iscreen conla quale agli inizi degli anni Novantaun’organizzazione criminale interna-zionale è stata smantellata proprioperché faceva fatica a investire, a ri-ciclare denaro. Aveva cominciato adepositarlo in una casa, ma alla finenon c’era più spazio per contenere ilcontante accumulato attraverso atti-vità illecite. Ecco, il riciclaggio e l’in -vestimento sono importanti nelle di-namiche di un’organizzazione crimi-nale: si può rimanere “soffo cati” daisoldi. Quindi, il rapporto con ilmondo dell’imprenditoria, della poli-tica, della finanza è fondamentale.Ci può essere corruzione senza ma-fia, ma non ci può essere mafia sen-za corruzione. Non riesco a pensareal crimine organizzato senza zonagrigia.

Quanto è importante il reiterato appel-lo di Papa Francesco a combattere lacorruzione?

È fondamentale! La corruzionesaccheggia risorse pubbliche che po-trebbero sanare tanti squilibri sociali.E, soprattutto, tendiamo a sottovalu-tare il ruolo della corruzione per lemafie, che invece è centrale. Oggi leorganizzazioni criminali sembranoinvisibili perché non hanno quasi piùbisogno di sparare. Sanno di poterutilizzare la violenza, ma, se possonoevitare il clamore preferiscono. San-

no di avere in mano qualcosa di piùefficace rispetto alle armi: la corru-zione che permette alla mafia di ra-dicarsi, di infiltrarsi senza fare rumo-re. E tanta gente presta consapevol-mente il fianco o chiude gli occhi.

Per la crisi che sta scoppiando ora, c’èqualcosa da imparare da quella del2007-2008?

Certo. Nel 2008 i soldi delle mafiesono stati un pilastro fondamentaleper evitare di far crollare tantissimebanche nel mondo. Lo denunciò An-tonio Costa, l’ex direttore dell’Uffi -cio delle Nazioni Unite per il con-trollo della droga e la prevenzionedel crimine (Unodc). Quindi, fa be-nissimo Papa Francesco a richiamarele coscienze di tutti.

Dopo i traffici di droghe, di armi,quello odioso di esseri umani, il rici-claggio di denaro sporco o gli investi-menti illeciti nell’edilizia o nelle slot-machine, oggi si parla di dark web odi criptovalute. Il suo ultimo volume,scritto con il magistrato Nicola Gratte-ri ed edito da Mondadori, si intitola«La rete degli invisibili»: sono questigli ambiti dove le mafie restano lonta-ne dai riflettori?

La seconda capacità delle mafie,dopo quella relazionale, è quella diadattamento. Quello che un temposi faceva nella gestione delle case dagioco, nelle bische clandestine, oggisi fa con il gaming on line. Vari Pae-si, come per esempio Malta, accon-sentono alla costituzione facile di so-cietà per il gioco su web, che nasco-no con i soldi che provengono damafie. Per quanto riguarda le cripto-valute, già si comincia a sentire in al-cune intercettazioni il riferimentoall’uso di bitmonero, o bitcoin per lavendita di partite di cocaina. E poic’è il darkweb, un sistema cinquecen-to volte più grande della rete cono-sciuta come www. È un sistema dicomunicazione dove non c’è timoredi essere intercettati, si può venderequalsiasi cosa. Alcune indagini han-no già messo in luce questa sorta di“Amazon del male”, in cui è possibi-le acquistare droga, armi, materialep edop ornografico.

In definitiva, quali vie indicare per ilmondo post covid-19 che tutti sognia-mo migliore?

Mi auguro che questa esperienzapossa farci capire l’importanza dicombattere le diseguaglianze sociali,di concepire forme di capitalismoche tengano conto del bene della co-munità e non seguano solo la logicadel “fare soldi per fare soldi”. Biso-gna ricordarsi che problemi globalirichiedono risposte globali.

Dunque, non è d’accordo con chi inquesta fase mette in discussione in di-verso modo tutto ciò che è avvertito co-me sovranazionale, agenzie delle Na-zioni Unite o Unione europea?

È impossibile pensare di combat-tere le organizzazioni criminali oquelle terroristiche senza azioni con-certate, senza maggiore coesione in-ternazionale. È necessario globalizza-re l’azione di contrasto alle mafie,che sono globalizzate. Oggi le mafievanno a cercare i Paesi che si presen-tano come paradisi fiscali o normati-vi, perché lì le legislazioni sono me-no affliggenti. E alcuni Paesi di re-cente guardano alle mafie come aun’opportunità più che a una minac-cia, perché portano liquidità. Tuttoquesto perché mancano normativegiuridiche adeguate. Abbiamo biso-gno di organismi sovranazionali per-ché c’è molto da fare a livello legisla-tivo per sanare alcune disparità.

Qual è la sua speranza?

Per me la speranza è costruire.Ognuno di noi deve pensare chenon è vero che non può fare niente.Tutti possiamo fare qualcosa percambiare le ingiustizie che abbiamodi fronte oggi. La mia speranza èche venga ascoltato l’altro richiamodi Papa Francesco di questi giorni,quello ai politici perché «non pensi-no al bene del loro partito ma al be-ne comune». C’è urgente bisogno diriscoprire il bene comune.

LONDRA, 27. Dopo essere definitiva-mente guarito dal coronavirus, chelo ha allontanato per tre settimaneda Downing Street e costretto a trenotti in terapia intensiva, il primoministro britannico, Boris Johnson,è tornato oggi al lavoro.

Nel suo primo discorso in parla-mento, ha detto che il covid-19 «èun aggressore inatteso e invisibilenel suo assalto fisico, come possodirvi per esperienza personale», as-

sicurando che il Regno Unito ha«iniziato a metterlo al tappeto»,grazie al rispetto del lockdown, mache serve prudenza, dicendo di ca-pire il peso «delle misure di distan-ziamento sociale», non senza avver-tire, però, che occorre evitare un se-condo picco, che sarebbe pure «undisastro economico».

Molti paesi dell’Unione europeahanno intanto, a piccoli passi, ripre-so. In Germania, è da stamane in

vigore l’obbligo di indossare unamascherina sui trasporti pubblici aBerlino e in altre città. Ieri, decinedi persone, oltre un centinaio per lapolizia, sono state arrestate nella ca-pitale perché protestavano contro illockdown imposto per contenere ladiffusione del coronavirus.

In Francia, domani il governo il-lustrerà la fase 2 per l’uscita delPaese dal lockdown. Il piano è com-posto da misure pratiche in sei areespecifiche: salute pubblica, riapertu-ra delle scuole, ritorno al lavoro, im-prese, trasporti ed attività culturali ereligiose. Le nuove misure sarannoaccompagnate da un’app di traccia-mento dei contatti.

Da stamane, a Parigi sono ripresii lavori di restauro della cattedraledi Notre-Dame, distrutta dall’incen-dio dell’aprile dello scorso anno.

In Spagna, da ieri i bambini pos-sono uscire, con un adulto e perun’ora massimo a un chilometro dacasa. Si è trattato della prova per ilgoverno spagnolo, che allentando lerestrizioni per i più piccoli guardaalla fase due dopo la proroga dellockdown fino al prossimo 9 mag-gio. Un percorso ancora tutto dadeterminare sulla base dell’anda-mento della curva, ma con dettagliche la Moncloa comincia già a cen-tellinare, come il via libera alle pas-seggiate a partire dal 2 maggio, an-che per gli over 65.

KUA L A LUMPUR, 27. Una nave cona bordo centinaia di rifugiatirohingya è stata respinta dopoaver cercato di attraccare sulle co-ste della Malaysa. Lo rende notola Bbc. Il governo ha avanzato ti-mori legati alla diffusione del co-vid-19. L’Onu è intervenuta in me-rito, lanciando un appello urgentealla comunità internazionale. Moltirifugiati hanno perso la vita nelviaggio della speranza o si trovanobloccati al largo.

Tokyo ha intanto esteso il divie-to di ingresso ad altri 14 Paesi, tra

cui la Russia, mentre la Banca delGiappone ha varato un pianod’acquisto di obbligazioni gover-native senza limiti e adottato ulte-riori provvedimenti per stimolarela ripresa dell’economia.

La Cina invece registra un altrotraguardo. A Wuhan, focolaio del-la pandemia, non ci sono più pa-zienti ricoverati per covid-19.

In Pakistan sale a 13 mila il nu-mero dei positivi, mentre le vittimead oggi sono 272. Sono aumentatianche i contagi in India, dove sirilevano circa 2 mila casi in 24 ore.

CANBERRA, 27. Oltre un milione diaustraliani hanno scaricato l’app ditracciamento del coronavirus nelleprime 24 ore da quando è stata lan-ciata domenica sera dal primo mini-stro Scott Morrison.

L’app CovidSafe è sostenuta daorganizzazioni di medici, infermieri,imprenditori e bancari e registra leconnessioni Bluetooth che il telefo-no di una persona fa con telefoni dipersone con cui sia stata in contattoravvicinato. Basata sul software Tra-ce together usato da Singapore, ècollegata a un server governativo e

gestita da Amazon. Secondo unsondaggio Newspoll citato dal quo-tidiano «The Australian», gli austra-liani sono pronti ad allinearsi alprovvedimento e sarà facilmente su-perato il 40 per cento di partecipa-zione pari a circa 10 milioni di per-sone, ritenuto necessario per l’effica-cia dell’app e quindi per l’allenta-mento delle restrizioni. Secondo ilsondaggio il 54 per cento degli au-straliani è disposto a installare l’appnel proprio cellulare e quindi a for-nire un tracciamento dei propri spo-stamenti per sconfiggere il virus.

Page 3: Inversione di marcia dall’io a Dio OPO LA PA N D E …...la pandemia di covid-19. A mezzogiorno il Pontefice ha guidato la recita dell’antifona maria-na dalla Biblioteca privata

L’OSSERVATORE ROMANOlunedì-martedì 27-28 aprile 2020 pagina 3

LABORATORIOD OPO LA PA N D E M I A

Come conciliare occupazione e gestione dei figli

Le famigliesono il motore della ripartenza

Conversazione con il poeta Franco Arminio

Convivere con l’imp onderabileCO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 1

I separatisti del sud rompono gli accordi con il governo centrale

Yemen semprepiù diviso

SANA’A, 27. Ieri, il Consiglio di tran-sizione meridionale, sostenuto dagliEmirati Arabi Uniti, tra i partnerpiù in vista della coalizione a guidasaudita, hanno dichiarato l’autogo-verno nello Yemen meridionale, ac-cusando l’esecutivo di non avereadempiuto ai suoi doveri e di «co-spirare» contro la causa meridiona-le, rompendo un accordo di pace si-

glato a novembre a Riad con il go-verno internazionalmente ricono-sciuto. Inoltre, hanno rivendicandoil controllo esclusivo della città diAden, con la minaccia di riprenderei combattimenti.

La coalizione militare guidatadall’Arabia Saudita ha respinto oggila dichiarazione di autonomia deiseparatisti del sud dello Yemen,

chiedendo la «fine di tutte le azioniche portano a una escalation» delconflitto nel devastato Paese. Laproclamazione di indipendenza daparte dei separatisti del sud vieneinfatti considerata un aggravantedella già fragile situazione in Ye-men, dove la maggiore parte delnord è controllato dai miliziani sciitihuthi.

«In seguito all’annuncio sorpren-dente da parte del Consiglio transi-torio del sud, noi insistiamo sullanecessità di mettere in atto rapida-mente l’accordo di Riad», si leggein una dichiarazione della coalizioneguidata dall’Arabia Saudita ripresadalle agenzie di stampa internazio-nali. «Sottolineiamo la necessità diripristinare le condizioni al loro sta-to precedente nella capitale provvi-soria Aden», prosegue il documen-to.

«La coalizione — conclude il testo— continuerà a intraprendere ogniiniziativa per attuare l’accordo diRiad, riunire le parti yemenite, ripri-stinare le istituzioni statali e com-battere il flagello del terrorismo», ri-badendo la richiesta di «finire qual-siasi azione di escalation e il ritornoall’accordo». Un accordo che, se-condo molti osservatori, sembra or-mai tramontato, con il rischio sem-pre più concreto di dividere il paesein tre, e di farlo precipitare nel caos.La rottura mina ora la stabilitàdell’esecutivo in guerra con i ribellihuthi.

A 34 anni dal più grave incidente nucleare della storia

L’Onu non dimenticale vittime di Chernobyl

KI E V, 27. Sono trascorsi 34 anni daldisastro nucleare di Chernobyl, inUcraina, il più grave di sempre.

E a distanza di così tanto tempo,le conseguenze di quella catastrofe— che sprigionò una potenza equi-valente a 500 bombe atomiche comequella sganciata su Hiroshima —«restano», ha detto ieri l’Onu, ag-giungendo che «uomini, donne ebambini colpiti dalla contaminazio-ne non saranno dimenticati».

La nube tossica causò la morte di31 persone e l’evacuazione di circa400.000 persone che vivevano all’in-terno di un raggio di 30 chilometridalla centrale, la cosiddetta zona diinterdizione. Doveva trattarsi di unallontanamento di soli tre giorni:non sarebbero mai più tornate.

Ma tutto il mondo fu terrorizzatodall’incidente del 1986. Nubi ra-dioattive raggiunsero infatti anchel’Europa orientale, la Finlandia e laScandinavia, toccando anche l’Ita-lia, la Francia, la Germania, la Sviz-zera, l’Austria e i Balcani, fino allacosta Est degli Stati Uniti. E neglianni la calamità ha provocato mi-gliaia di tumori, coinvolgendo circaotto milioni e mezzo di persone traUcraina, Bielorussia e Russia.

Le cause dell’incidente, che al-l’epoca l’Unione Sovietica tentò diinsabbiare in tutti i modi, sono daimputare ad errori tecnici, cattivagestione, problemi relativi alla strut-tura e all’impianto. Sta di fatto chedurante un “test di sicurezza” si ve-

rificò un brusco aumento della po-tenza e la conseguente esplosionedel reattore numero 4 della centrale.

Oggi Chernobyl è diventata unameta turistica molto frequentata. Al-cuni giornalisti sul posto hanno rac-contato che anche in questi giorni,nonostante il mondo sia in lo ck-down a causa del coronavirus, visiano visitatori.

Di recente, si è tornato a parlaredi Chernobyl a causa degli incendiche stanno devastando le foreste vi-cino alla centrale. In questi giorni ilvento ha reso difficile domare lefiamme e un fumo nero ha raggiun-

to anche la capitale ucraina, Kiev,tanto che le autorità hanno chiestoagli abitanti di restare in casa. Il li-vello di radiazioni, hanno assicuratogli esperti, resta nella norma. Sonooltre un migliaio di vigili del fuocoancora al lavoro per spegnere i ro-ghi attivi nell’area che circonda l’excentrale di Chernobyl.

Le autorità hanno attribuito gliincendi, che nelle ultime settimanehanno colpito una zona prevalente-mente disabitata, ai forti venti eall’insolita siccità, dopo un invernocaratterizzato dall’assenza di preci-pitazioni nevose significative.

Allarme sull’usodi armi chimiche in Libia

TRIPOLI, 27. Resta altissima la ten-sione in Libia con l’inviato specialedell’Onu ad interim, StéphanieWilliams, che mette in guardia sulpossibile uso di nuove armi letali el’Ue che scende in campo, in unadichiarazione congiunta dell’Altorappresentate ed i ministri degliesteri di Italia, Francia e Germania,per chiedere una tregua umanitaria.

Solo pochi giorni fa il ministrodell’Interno di Tripoli, Fathi Basha-ga, aveva accusato in una conferen-za stampa un gruppo russo vicinoal generale Haftar di aver effettuatoun attacco con armi chimiche sulfronte sud di Tripoli. «Accuse mol-to, molto preoccupanti» secondo la

Williams. La questione è stata sot-toposta al gruppo di esperti delleNazioni Unite, che stanno valutan-do. «La Libia sta diventando uncampo di sperimentazione per nuo-vi sistemi d’arma» ha spiegato Wil-liams.

Come accennato, Italia Francia eGermania hanno lanciato un appel-lo per la tregua. «Chiediamo a tuttigli attori libici di lasciarsi ispiraredallo spirito del mese sacro del Ra-madan, di riprendere i colloqui perun vero cessate il fuoco sulla basedel progetto di accordo del Comita-to militare del 23 febbraio e in vistadi una soluzione politica al conflit-to» si legge in una nota.

Riad cancellala pena di morte

per minori

RIAD, 27. L’Arabia Saudita hacancellato la pena di morte per ireati commessi da minori. «Il con-dannato riceverà invece una penadetentiva per non oltre 10 anni inuna struttura carceraria per mino-ri» si specifica in una nota delpresidente della Commissione peri diritti umani, Awwad Alawwad,resa nota ieri. Sulla base del nuo-vo decreto verranno quindi rispar-miati alla pena capitale almeno seicondannati della minoranza sciitanel paese. La decisione, afferma lastampa, rientra nella spinta rifor-mista del principe Mohammedbin Salman.

di ALESSANDRO ROSINA

La pandemia ha bloccato nonsolo il motore dell’economia,ma sconvolto anche le attività

quotidiane delle famiglie e proietta-to in una condizione di incertezza iprogetti di vita. Ora che la morsadel virus sembra rallentare, pro-grammare il riavvio in condizione dinuova normalità non significa soloassicurare un accesso al posto di la-voro. È interessante, a questo pro-posito, notare che i paesi in Europapiù attenti alle politiche familiari so-no quelli più consapevoli della ne-cessità di consentire alle coppie configli di organizzare adeguatamentetempi di lavoro, di spostamento, divita e organizzazione familiare. Tragli altri, Francia e Danimarca, han-no già programmato la riapertura dinidi e scuole materne.

Va riconosciuto che le famiglieitaliane hanno agito con responsabi-lità, caricandosi di costi economici,disagi e complicazioni in questatempesta. Tale condizione è peròsostenibile e accettata solo se tem-poranea. Può, invece, creare moltainsoddisfazione e frustrazione se,anche dopo l’uscita dalla fase diemergenza del Paese, le famiglie sitroveranno a dover gestire una con-tinua emergenza privata. Le conse-guenze di una ripartenza delle atti-vità lavorative in carenza di stru-menti di conciliazione e attività so-cio-educative per infanzia e adole-scenza investono tre ambiti: l’o rg a -nizzazione dei tempi familiari; il be-nessere dei bambini; le disegua-glianze sociali. Le ricadute negativesul secondo e terzo punto non pro-ducono forse un impatto immediatosull’economia del paese, ma portanocon sé costi che andranno a crescerenel tempo. Il policy brief “The Im-pact of Covid-19 on children” delleNazioni Unite mette chiaramente inluce che le nuove generazioni, puressendo risparmiate dal virus, ri-schiano di essere le maggiori vittimedi come i governi gestiscono la crisisanitaria, con conseguenze di me-dio—lungo periodo e accentuandofragilità pre—esistenti.

Il primo punto ha, invece, impli-cazioni dirette sulle condizioni at-tuali di ripresa della crescita delpaese, per l’impatto su due indicato-ri che da troppo tempo ci vedononelle posizioni peggiori in Europa:l’occupazione femminile e la natali-

tà. La debolezza italiana delle misu-re di conciliazione — che sta alla ba-se dei bassi valori su tali due dimen-sioni — rischia di inasprirsi ulterior-mente rendendo meno solida la cre-scita, accentuando gli squilibri de-mografici, risolvendosi in ulterioreimpoverimento delle famiglie con fi-gli.

Va, inoltre, considerato che nondando risposta all’attuale domandadi utilizzo dei servizi per l’infanzia,anche l’offerta (già ben al di sottodella media europea) andrà ancorpiù a contrarsi. Molti nidi si trova-no già in forte difficoltà a resistereall’impatto dell’emergenza, ma senon potranno riattivarsi sin d’ora ilrischio è di trovarsi definitivamentechiusi dopo l’estate. Si andrebbe co-sì ad innescare un circuito negativotra domanda e offerta che va a vin-colare verso il basso la combinazio-ne tra occupazione femminile e na-talità. Senza tener conto che anche iservizi educativi e di cura sono atti-vità di lavoro da tutelare.

Ci sono poi le ricadute sul climasociale. Le difficoltà che persistonoanche dopo l’emergenza portano asviluppare — come già in parte suc-cesso con la recessione precedente —un senso di abbandono che non so-lo genera rinunce nelle scelte indivi-duali ma va anche a corrodere coe-sione sociale e fiducia. Mentre la ri-presa ha bisogno, oltre che proto-colli di sicurezza nell’ambiente dilavoro, anche (e soprattutto) di un

atteggiamento positivo che consentaa tutti di contribuire al meglio esentirsi partecipi di una nuova sta-gione di vitalità e crescita comune.

È quindi cruciale che già dalla fa-se 2 venga adottata una visione si-stemica che metta assieme le variedimensioni della vita attiva dellepersone e del loro stare e fare in re-lazione. Serve soprattutto una atten-zione particolare verso gli strumentiche consentano a tali dimensioni diessere efficacemente integrate. Variesoluzioni sono possibili. Riguardoai servizi per l’infanzia va, inoltre,considerato che molto basso è il ri-schio di contagio tra i bambini inetà 0-3 e che esiste già l’esp erienzadi vari paesi che stanno sperimen-tando modalità per riattivarli (pro-prio al fine di favorire un migliorimpegno lavorativo dei cittadini enon forzare adattamenti al ribasso).Prevedere un graduale piano di ria-pertura dei servizi socio-educativi,iniziando a sperimentare modalitàpossibili in estate assieme a soluzio-ni da adottare a regime, è indispen-sabile. È inoltre importante fornireda subito indicazioni chiare alle fa-miglie e dare un segnale che le loroesigenze sono prese in considerazio-ne. Con la consapevolezza che nonfarlo rischia di indebolire non solola condizione delle famiglie stessema rendere anche più incerte e fra-gili le condizioni di una solida ri-presa economica.

Sarà automatica questa nuova coscienza?

No, ci sarà un grande conflitto di visioni, tra chi vor-rà tornare alla normalità, come se nulla fosse successo, echi vorrà approfittarne per far valere nuovi valori. Ionon so chi vincerà, ma penso che bisognerà battersiperché certi valori (quelli cristiani, di gentilezza, di cle-menza, di concordia) possano avanzare. Temo che moltipenseranno di poter proseguire nella stessa ottica, an-che perché la crisi economica è generalizzata e in questesituazioni i ricchi hanno sempre più protezioni.

Quali riflessioni ha maturato in questi giorni? Cosa è dive-nuto più chiaro?

Il fatto che la crisi della religione genera idolatria, lamancanza di un dio ha trasformato in un dio proprio ilvirus, questo idolo minaccioso che sta al centro di tutto,con i suoi dogmi e la predicazione della paura. È pre-valsa la religione del panico. E anche sul cosiddettosussulto morale dei popoli, dobbiamo dirci la verità: lagente non sta a casa per rispetto degli altri, sta a casaperché non si vuole ammalare. Non c’è un livello eticocosì alto per cui il popolo è diventato tutto a un trattorispettoso. Dico di più: trovo assurda l’esasperata colpe-volizzazione dei pochi che magari hanno trasgredito inun’ottica di buonsenso, e trovo inaccettabili certi eccessidi severità che spesso hanno un chiaro sapore da cam-pagna elettorale: tanti sindaci stanno facendo a gara persembrare più rigorosi perché hanno capito di avere ilconsenso della maggioranza dei cittadini.

A un poeta propongo un’immagine: le bare di Bergamo tra-sferite dall’esercito. Le ha viste in tv? Cosa le “hanno det-to”?

Ho immaginato una fila di defunti davanti al Paradi-so e qualcuno che dice: “Siete in troppi, non si può en-t r a re ”. Ho sentito in modo così forte la loro pena daimmaginarla non solo al cimitero dell’aldiqua, ma aquello dell’aldilà.

Scopriamo un “e s s e re ” piccolissimo che può metterci sottoscacco. Lo chiedo a Lei che ha scritto una raccolta dal titolo«Cedi la strada agli alberi». Questa vicenda potrà cambia-re il nostro rapporto con il creato?

Non c’era bisogno del coronavirus per capire che gliuomini avrebbero dovuto creare una nuova alleanza congli animali e con le piante. Però sono ottimista: pensoche in parte della popolazione qualche nuova sensibilitàpossa emergere. Ma ripeto quello che dicevo prima: sa-rà sempre una battaglia culturale tra tensione ideale einteressi. Non è che ci sveglieremo e qualcuno ci regale-rà questo mondo più ecologico…

La poesia è accesa dai grandi drammi. Ha avuto più vo-glia di scrivere, più ispirazione?

Rispondo sempre personalmente. Questo tipo di si-tuazione mi ha attirato perché è stato come se il mondomi avesse raggiunto. Io normalmente vivo di panico edi ipocondria, che sono tra le mie muse, e ora in effettitutti vivono nel panico e nell’ipocondria. Inoltre io vivonei paesi e provo a raccontarne la bellezza. Ora tutte lecittà, fermandosi, sono diventate come i paesi: primaBisaccia era ferma e Milano correva, ora Bisaccia è fer-ma e Milano pure. E poi l’imprevedibile e l’e m e rg e n z asono sempre luogo di fermento poetico. Mi ha colpitoin negativo, al contrario, la reazione tiepida che ho per-cepito in molti scrittori. Molti sono rimasti in silenzio,come a volersi staccare da questo effluvio di opinioni.In qualche caso è un silenzio meditativo, in altri è sem-plicemente la prova della difficoltà a uscire dalle pro-prie vicende personali.

Al poeta chiedo la parola. Una parola centrale per questigiorni e per il futuro.

Ne stiamo dicendo troppe, c’è quasi un diluvio di pa-role. Eppure una mi sembra centrale: la parola “atten-zione”. In particolare l’attenzione al dolore, alla solitu-dine e alla povertà, anche la nuova povertà che ha por-tato questo virus, quella di chi non sa neppure a chi de-ve telefonare per farsi fare un tampone o per dire cheha un po’ di tosse. Ecco, attenzione alla povertà.

Page 4: Inversione di marcia dall’io a Dio OPO LA PA N D E …...la pandemia di covid-19. A mezzogiorno il Pontefice ha guidato la recita dell’antifona maria-na dalla Biblioteca privata

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 lunedì-martedì 27-28 aprile 2020

di SI LV I A GUIDI

Il metodo dell’insegnamento “a bot-tega”, come nel medioevo e nel ri-nascimento, mostra ancora tutta lasua potenzialità. Studiare diretta-mente sul luogo di lavoro si può,

spiega l’architetto Giovanni Voto, che hafondato una scuola di architettura e pro-gettazione d’interni con base a Firenze eallievi che vengono da tutto il mondo, laStar Florence Design School.

«Beauty to challenge the world» si legge nelsito del suo studio studiumarchitecturae.com.Come è nata l’idea della scuola e qual è ilsuo orizzonte?

Beh, nell’estate del 2014 c’è stato un fat-to che ha cambiato la mia vita. In studioricevevamo fino all’anno precedente stu-denti provenienti da tutto il mondo perstage gratuiti (avevo insegnato in universi-tà e il sito dello studio era in inglese, a se-guito di lavori fatti all’estero). Quell’annoperò a causa della crisi economica cheaveva segnato drammaticamente anche ilnostro lavoro capii che non potevo piùpermettermi di insegnare gratis. A unastudentessa brasiliana che insisteva moltoper imparare l’architettura in un luogo dilavoro dissi che mio malgrado questo erapossibile solo tramite un compenso. Delresto già allora non si trattava solo di fareuno stage ma di partecipare a una espe-rienza operativa su progetti veri con uncoinvolgimento totale nell’arena del dibat-tito internazionale. Con mia grande sor-presa lei accettò. Ma la cosa che mi aprì,inaspettatamente, un grande interrogativosu questo tentativo d’insegnamento acerbofu quello che accadde dopo.

Che cosa è successo?

La costante che tesse e sviluppa la miaricerca e il mio metodo di lavoro è la per-cezione della Bellezza come fenomenopre-esistente, alla radice del reale. In sin-tesi la possibilità di contemplazione di un

Davvero una persona sola è bastata a farnascere una scuola?

Ogni studente è in qualche modo tuttol’universo, tutto un universo. L’unicità el’irripetibilità dello studente è certamenteuna delle cose che più mi “sovverte” ededuca. Oltre ai miei maestri che seguo, e acui sono legato da rapporti di amicizia co-me Alberto Campo Baeza, padre Bernar-do, abate di San Miniato e altri con cuiabbiamo dialogato molto, o anche a di-stanza come Paolo Zermani, John Pawson,

scuola avrebbe potuto aiutarli a trovareuna strada.

Come entra questo nella vita della scuola? Ecome influisce in concreto, nel metodo di inse-gnamento?

Dionigi l’Areopagita dice che il terrenoprimordiale delle cose è anche la loro de-stinazione. Ora i ragazzi nella loro creati-vità subiscono già in giovane età una vi-sione che li rende schiavi: il problema diessere originali. In realtà più che essereoriginali si tratta di essere “originari”.Cioè scoprire l’origine di sé e del reale.Questa scoperta è un atto avventuroso, di-rei pionieristico. I ragazzi vengono invitaticome esploratori a scoprire l’origine di sestessi e della realtà diventando degli argo-nauti a bordo della scuola dove, attraversole lezioni e i laboratori su lavori reali, de-vono solcare il mare dei problemi concretiinnanzitutto funzionali (occorre moltoconcretamente ricordare loro che l’a rc h i -tettura, anche quella di interni, è un’artesquisitamente funzionale) fino a cogliernela funzione ultima dell’uomo che è la di-mensione poetica e ascetica. Cristo è sco-perto come la vita vivente all’interno delloro percorso che prevede liberamente an-che momenti di silenzio e contemplazionein luoghi dalla bellezza eccezionale oltreche a cene, visite, ascolti musicali e visionicinematografiche consigliate. Il tutto inuna lettura anche critica di ciò accade nelpresente. Abbiamo interessanti paralleli suquesto anche nella Scuola d’Arte sacra diFirenze portata avanti da Giorgio Fozzaticon cui abbiamo sviluppato una forte ami-cizia e condividiamo problemi e idee. Lo-ro si occupano soprattutto di pittura, scul-tura e artigianato religioso.

Come cambia (se cambia) il metodo di inse-gnamento quando i ragazzi arrivano da cul-ture molto diverse fra loro?

Certo, la scuola è in lingua inglese e iragazzi vengono da tutto il mondo — co-

me si vede dalle recensioni online — einoltre la metà dei docenti non è italiana.Ma più che internazionale mi piacerebbedire universale. Cioè vorrei che emergesseil complesso di tutte le cose attraverso unmetodo che ri-parte dall’esperienza ele-mentare del fare nei laboratori. Questo fa-re è continuamente suffragato da osserva-zione e ascolto, e seguito da grande attivi-tà critica, incontri e testimonianze che

esempi incredibili nella nostra storia) e to-talmente avanguardista.

Si parla tanto di fare innovazione, ma è unaparola che va così tanto di moda nel mondoimprenditoriale da suonare spesso vuota, im-personale come uno slogan. Che cosa significainnovazione per voi?

L’innovazione è qualcosa che accade in-nanzitutto dentro l’Io. È l’auto coscienzache si innova. Quando si parla di innova-zione si pensa sempre alla tecnologia op-pure al digitale, con un vago sentimentodi futuro e di speranza; è un’illusione ov-viamente. Noi crediamo fortemente nel di-gitale perché siamo inevitabilmente nellasua era, ma è solo un interessantissimostrumento che richiede un’implementatavigilanza e consapevolezza del suo uso.Può essere straordinariamente utile comestiamo vedendo nella pandemia, ma ancheestremamente pericoloso nella sua mecca-nicità, come è visibile dalla quantità disollecitazioni on line che ci appiattiscononella conoscenza del fatto. Lo stesso valeper i robot che sempre più prendono pie-de nella produzione. Il punto è che oggil’umano ha una maggiore necessità di svi-luppare l’esigenza di distinguere il bene eil male, anche nei processi. L’accelerazionedelle informazioni ad esempio non per-mette di capire davvero che cosa è reale eche cosa è pura percezione sensoriale.L’innovazione reale, invece, è la riscopertanell’autocoscienza di una delle tre dimen-sioni fondamentali dell’io, cioè la speran-za, che insieme alla fede e all’amore cam-biano di fatto l’unica e sola cosa che puòessere davvero nuova: l’uomo. Il resto èconseguenza.

Quali sono i temi di progetto su cui lavoratedi più?

Soprattutto ristrutturazione e arredo diinterni, spazi sacri, scuole, case, luoghi dilavoro. L’insistenza sulle ristrutturazioni e i

A colloquio con il fondatore della Star Florence Design School di Firenze

Tutto è natoper rispondere ad Ana Elisa

nucleo dell’essere. Ovviamente oggi la pa-rola “b ellezza” è usata in modo molto am-biguo e dunque va sempre sfrondata daogni “esteticismo” latente. L’arte (e l’a rc h i -tettura e il disegno d’interni sono una for-ma d’arte) è forse, insieme alla filosofia,un tentativo di ricerca innato dell’o l t re ,del mistero dell’essere. Anche Bill Viola,ad esempio, conviene su questo punto.Ora, io sono cristiano, anche se non vapiù molto di moda, per il semplice fattoche ho fatto esperienza concreta, reale che«la realtà, invece, è Cristo» come dicePaolo ai Colossesi e questo indica chenell’osservare in profondità qualsiasi disci-plina finiamo su un’origine delle cose in-torno a noi che inevitabilmente parla diquesto soggetto vivente. Un Tu misteriosoil cui fascino è indescrivibile.

Vengono in mente le parole di un inno attri-buito a Bernardo di Chiaravalle, «nec linguavalet dicere nec littera exprimere, expertus po-test credere quid sit Jesum diligere»; solo chine ha fatto esperienza può comunicare ancheagli altri quanto concreto sia questo «Tu»misterioso.

Tutto questo si trasmise, direi quasi in-volontariamente, in modo vitale ad AnaElisa (la studentessa brasiliana di cui hoparlato prima) mentre progettavamo l’edi-cola per l’arcangelo Michele TaxiArchis(una cappellina progettata su un promon-torio che guarda su Vieste. Il committen-te, in un certo senso, è stato lo stesso ar-cangelo Michele. Ma questa è un’altra sto-ria). Ana Elisa percepì tutta la bellezza ela realtà del cristianesimo in modo repen-tino, durante un pranzo. Una conversionenon tanto al rito religioso, che lei peraltrogià conosceva, ma come via di accesso auna nuova vita “inaudita”, tutta da scopri-re, che viveva in contemporanea mentrestudiava, discuteva e mangiava nel nostrostudio. Ancora oggi ci sentiamo, e, pur traalti e bassi, è una ragazza entusiasta.

mente) alla ricerca di qualcosa di eccezio-nale, di potentemente vivo in un panora-ma dominante segnato dal nulla. Il nichi-lismo atmosferico che respiriamo normal-mente. L’educazione è una conversionedel desiderio all’assoluto. Non si tratta diimpedire qualcosa ma di spingere l’accele-ratore al massimo. Orientare la dinamicadel desiderio verso il suo vero obbiettivo.Cristo infatti è la Bellezza Totale, assoluta.Ciò che introduce all’alterità cosmica chepure pervade il quotidiano. Non esistenulla di così affascinate come Cristo stessonel suo corpo vivente. Quindi forse una

la bellezza è profondamente legata al be-ne. Per questo abbiamo iniziato un dialo-go con la realtà davvero affascinante diCometa — un’opera iniziata da Erasmo Fi-gini — che educa ragazzi disagiati a stu-diare e trovare una strada stabile anche at-traverso il lavoro. Lo studio e il lavoro co-me percorso per riscoprire sé stessi davantia Dio. Abbiamo una visione del metodoche è al contempo storica (esistono molti

vecchi e spesso straordinari spazi di ambitireligiosi ormai privi di uso. È un temamolto importante il corretto riuso del no-stro patrimonio artistico, e lo resterà alme-no per i prossimi quarant’anni. Occorredare risposte concrete che siano sostenibilieconomicamente e soprattutto umanamentenel rispetto della loro natura storica. Co-munque non disdegniamo affatto le nuovecostruzioni, abbiamo progettato anchepiazze e complessi parrocchiali ex novo.

permetta di metabolizzare il contenutodell’azione, di farlo proprio. La classe nonha più di otto persone (e ora con il covid-19 probabilmente non più di sei) per man-tenere il rapporto tra docente e studenterigorosamente alto. I luoghi di apprendi-mento sono diversi studi d’architettura, di

riadattamenti c’è perché nella condizionestorica attuale non c’è più molto da rico-struire rispetto alla crescita demografica,ma soprattutto da ri-adattare e ripensare.Uno dei temi di ricerca e progettazione at-tualmente più rilevanti, ad esempio, è co-me riusare in modo consono e dignitoso

I luoghi di apprendimento sono diversi studi d’a rc h i t e t t u rae di interni e design internazionali sparsi su Firenzeper cui i ragazzi sono inseriti in luoghidove circolano e operano ricercatori e professionistiche lavorano in tutto il mondoL’idea è tornare alle botteghe di Giotto, BrunelleschiDonatello e Michelangelo dove la dimensione intellettualenon era meramente artigianalema osava di più

Una lezione «en plein air»a piazzale Michelangelo

Studenti al lavoro nello studio di via degli artisti a Firenze

L’architetto Giovanni Voto con alcune allieve

#CantiereGiovaniPER COSTRUIRE E A L I M E N TA R E UN’ALLEANZA TRA LE GENERAZIONI

light design e di interni edesign internazionali spar-si su Firenze per cui i ra-gazzi sono inseriti in luo-ghi dove circolano e lavo-rano ricercatori e profes-sionisti che operano intutto il mondo. L’idea difondo è tornare alle botte-ghe di Giotto, Brunelle-schi, Donatello, Michelan-gelo, dove la dimensioneintellettuale non era mera-mente artigianale ma osa-va di più. Qualcosa di si-mile nel Novecento acca-de con il Bauhaus a Des-sau. Però il nostro approc-cio parte più dall’idea che

Quei ragazzi morti per droga si muovevanosemplicemente e disperatamentealla ricerca di qualcosa di eccezionalee di potentemente vivo in un panorama dominantesegnato dal nullaL’educazione si oppone a questoè una conversione del desiderio all’assolutoNon si tratta di impedire qualcosama di spingere l’acceleratore al massimoorientando i desideri verso il loro vero obbiettivo

Mario Botta. E co-munque, sì, è bastatauna studentessa. Ma inrealtà ci sono stati an-che altri fattori. In se-guito proprioquell’estate alcuni ra-gazzi morirono di dro-ga in discoteca a Ric-cione, uccisi dalle nuo-ve pastiglie sintetiche.Questo fatto fece mol-to scalpore sui giorna-li; io avvertivo che nes-suna morale o morali-smo sui loro erroriavrebbe cambiato il lo-ro destino e le loroscelte. Quei ragazzi simuovevano semplice-mente (e disperata-

Page 5: Inversione di marcia dall’io a Dio OPO LA PA N D E …...la pandemia di covid-19. A mezzogiorno il Pontefice ha guidato la recita dell’antifona maria-na dalla Biblioteca privata

L’OSSERVATORE ROMANOlunedì-martedì 27-28 aprile 2020 pagina 5

di ANTONELLA CAT T O R I N ICAT TA N E O

L’occasione per ricorda-re Gianna BerettaMolla è la visita allachiesa dell’Annuncia-zione dell’ospedale di

Busto Arsizio, in provincia di Vare-se. Un piccolo e accogliente spaziosituato al piano terra dell’attuale pa-diglione Ostetricia e Ginecologia.Tra le ventisei vetrate — in gran nu-mero con soggetti femminili — ve n’èuna dedicata a questa donna lom-barda (4 ottobre 1922 - 28 aprile1962) beatificata nel 1994 e procla-mata santa nel maggio del 2004.L’inaugurazione delle vetrate risale aquindici anni fa: 29 aprile 2005,all’indomani del giorno di memoriadella santa. Qui ella è ritratta mentreabbraccia quattro bambini; sullosfondo le montagne della Valled’Aosta. I quattro bambini sono isuoi figli anche se ella non poté ac-compagnare la crescita dell’ultimanata poiché proprio questa gestazio-ne e poi il parto furono per lei fata-li. Morì infatti pochi giorni dopoaver partorito Gianna Emanuela.

Una storia dai tratti normali e in-sieme straordinaria la sua, al cui pro-filo più volte abbiamo ripensato an-che grazie alla conoscenza del com-pianto monsignor Antonio Rimoldi,il docente di Storia della chiesa cheha curato e seguito il processo dibeatificazione, raccogliendo ampiomateriale documentario, in gran par-te pubblicato (significativo il testo acura sua e di Mario Picozzi e MariaTeresa Antognazza, Gianna Beretta

della maternità sia di due aborti percause naturali.

Di lei, accanto a evidenti segnalidi vivacità intellettuale e di profondasensibilità sociale, artistica e soprat-tutto religiosa, chi ha curato la bio-grafia ha evidenziato la convinta at-tenzione agli ultimi e ai più deboli.

se laica del secolo scorso ha insistito(G. Bataille, J.L.Nancy): quel gestoproprio di chi dà senza ricevere, checrea per mezzo della perdita e che ècosì strettamente congiunto al sacro.

La gestazione dell’ultima figlia diBeretta Molla si rivelò difficile findal secondo mese quando venneasportato un fibroma uterino, inter-vento eseguito per espresso desideriodella madre e che consentì la prose-cuzione della gravidanza. Questa fuportata a termine pur tra obbligatimomenti di riposo e di degenzaospedaliera. Importanti i suoi scrittidi questi mesi insieme alla testimo-nianza del marito che la ricorda co-munque attiva e partecipe nei con-fronti dei suoi famigliari e dei suoimalati. Riferisce Pietro Molla: eraperò assorta, spesso silenziosa e vol-ta a «riordinare cassetti e armadi,oggetti personali, come per un lun-ghissimo viaggio». Evidente lapreoccupazione soprattutto vissutatra sé e sé. E nel dialogo interiorecon Dio, di cui la preghiera costanteera significativo segnale. Sempre inquesti mesi non mancò ad alcuni ap-puntamenti mondani e in una letterascrisse della sua «intenzione, dopola nascita del quarto figlio, di rinno-vare il guardaroba».

Da medico, conosceva molto beneil pericolo che stava affrontando ma

ella non ebbe dubbi: «Se dovestedecidere fra me e il bimbo, nessunaesitazione: scegliete — e lo esigo — ilbimbo. Salvate lui». Così ricorda ilmarito. Cartelle cliniche e relazionidel medico (che eseguì un obbligatoparto cesareo) segnalano la sfavore-vole condizione ginecologica cheportò a una setticemia peritoneale equindi alla morte della donna.

Nella cappella di Busto Arsiziorintracciamo un altro filo: nella suavetrata Gianna Beretta Molla è lega-ta, con un nastro dorato, alle imma-gini delle donne che appartengonoalla genealogia di Cristo, sia dell’An-tico (Tamar, Ruth, Betsabea...) chedel Nuovo testamento (Anna, Maria,Elisabetta) e ai santi la cui testimo-nianza ha dato origine all’opera ditanti religiosi, benefattori e operatoridi questo Ospedale, figure impor-tanti dell’assistenza ai piccoli e agliultimi come Giovanna Antida, Vin-

proprie braccia come un luminosoangelo. Il paesaggio raffigura unluogo dove spesso la famiglia anda-va a trascorrere le vacanze; il verdedei pini e il grigio delle montagnedanno luminosità all’abito giallo erosa, sintesi visiva di quello spessovisto nelle sue fotografie. I suoibambini sembrano non essere perfet-tamente consapevoli della presenzadella mamma. Solo la bimba a sini-stra, Mariolina, la guarda. Due annidopo la morte di Gianna questa suafiglia la raggiungerà in cielo all’etàdi sette anni: l’ho voluta rappresen-tare in misteriosa comunicazione conlei».

La chiesa dell’Ospedale divennechiesa ospedaliera nel 1991, quandola chiesa di San Giuseppe, primachiesa dell’Ospedale fu elevata aparrocchia. In origine era la cappelladel reparto di ostetricia, uno spaziostrettamente collegato nella previsio-

ne di consentire la celebrazione delbattesimo ai neonati, sacramento al-lora celebrato prima delle dimissionidi mamma e bambino. L’artista Se-rena Moroni ricevette l’incarico di ri-fare le vetrate nel settembre 2003 evi si dedicò nel biennio successivo.Tema da svolgere: l’amore alla vita ela carità cristiana verso gli ammalatie i sofferenti testimoniati dalla storiadella salvezza. Un lavoro che la stes-sa Moroni ci riferisce impegnativo eaccompagnato da sue dolorose vi-cende personali. Anche queste ulti-me hanno sollecitato il suo pensieronel disegnare personaggi — c o m p re -sa Gianna — che andava ritraendoper questa quadreria fatta di vetri lu-minosi e smalti colorati. Volti e figu-re di donne e uomini che ci piaceaccomunare con questo nome: ami-che e amici di Dio.

Nella vita di santa Gianna Beretta Molla raffigurata dall’artista Serena Moroni

Il gesto di chi dàsenza voler ricevere

Il 29 aprile 2005 l’inaugurazione di una vetrata nell’ospedale di Busto Arsizio

ricompare e scompare sul pianeta, in un gio-co di prestigio fatto di immagini speculari ederive oniriche. Il distacco che dopo essereavvenuto sulla terra si rinnova anche nellospazio risulta ancor più doloroso e lacerante,e finisce per caricare di una vibrante tensio-ne il rapporto di Kris con Solaris, che rico-nosce nel pianeta — almeno per questoaspetto — un’entità ostile e inclemente.

Questo scenario viene ripreso e rimodella-to da Roic che si cimenta in un’opera assaiambiziosa, non fosse altro perché si pone co-me prosecutore di un capolavoro acclamato.Lo scrittore svizzero s’immerge nel magmati-co immaginario tracciato da Lem. Solaris —si evince dalla struttura del romanzo — nonè solo un pianeta. È anche, e soprattutto,l’emblema dell’inconoscibile, di ciò che sipotrebbe incontrare, di ciò che si potrebbeanalizzare, ma che in ogni caso non si arri-verà mai a conoscere. Non si verifica nessu-no scambio di informazioni, non si stabiliscenessun dialogo fra il colosso che sembra ingrado di leggere e produrre i pensieri umanie gli astronauti venuti a stretto contatto conquesto pianeta avvolto nel mistero. Questavolta il protagonista non è uno psicologo,

Quel dolce naufragare nell’o ceano«Solaris parte seconda» di Sergej Roic

Nella chiesa dell’An n u n c i a z i o n enel padiglione Ostetricia e Ginecologiaè raffigurata come un angelo luminosoE un nastro dorato la legaad altre donne della Scrittura

La sete di sapere del protagonistarimarrà inappagatama al contempo s’imponeuna vibrante ispirazione al divinoche riscatta ogni insuccesso

un universo chiuso. La sua conoscenza è pre-clusa ai mortali perché essi sono legati, o me-glio, avvinghiati, alle percezioni sensoriali eall’antropocentrismo. Ma se il rapporto traumano e divino è votato all’insuccesso, mani-festandosi nella forma della incomunicabilità,è pur vero che s’impone con forza nel roman-zo l’anelito del protagonista a ghermireun’entità che sia al di sopra della dimensioneterrestre. E già questo tentativo, operato conil massimo sforzo e con un indomito spiritodi sacrificio, vale a stabilire il valore di unatensione al divino che emancipa e nobilita.

La continuità, pur con le obiettive diffe-renze, che lega la storia di Solaris (parte pri-ma e parte seconda) è impreziosita dal debi-to di riconoscenza che Roic tributa a Lem.Così, significativamente, recita la premessaal libro, «Poter “l a v o r a re ” all’interno dell’im-maginario solariano di Stanislaw Lem è statoun onore, un onere e una sfida del pensiero.In effetti, il principe degli scrittori, l’a rg e n t i -no Jorge Luis Borges, raccontava che gli eraaccaduto di avventurarsi a scrivere e che rite-neva che comunque quello che aveva lettofosse molto più importante di quello cheaveva scritto».«Solaris», illustrazione di Dominique Signoret (1961)

di GABRIELE NICOLÒ

Q uando l’assenza scalza la pre-senza, e più di essa si afferma esi impone. Quando l’inesaustasete di conoscenza passa sottole forche caudine del contrap-

passo per rimanere inevasa, rea di aver volu-to valicare, con una sorta di arroganza pro-meteica, i limiti dell’umano sapere. È un ro-manzo di sottrazione Solaris parte seconda(Milano-Udine, Mimesis Edizioni, 2020, pa-gine 246, euro 20) dello svizzero SergejRoic, che si configura come la prosecuzionedi Solaris (1961) dello scrittore polacco Stani-slaw Lem, opera che inaugurò il filone dellafantascienza “colta”, nonché uno dei roman-zi di genere visionario-futuristico più letti eapprezzati. Al successo del libro (tradotto inpiù di trenta lingue) contribuì, nel 1972,l’omonimo film del regista russo AndreyTarkovskij, sebbene — come narrano le cro-nache del tempo — Lem non salutò con fa-vore la trasposizione cinematografica.

Solaris è un pianeta di un altro sistemasolare, oggetto di studio da parte degliscienziati fin dalla sua scoperta, cent’anniprima della nascita del protagonista, lo psi-cologo Kris Kelvin. La sua superficie è rico-perta da ciò che appare come un oceanodella consistenza gelatinosa. L’attività di So-laris si manifesta con la costante generazionedi complicate strutture dalla natura incom-prensibile, di materiale colloidale che si con-solida e si liquefà, in un continuum incalzan-te e imperturbabile. Tali strutture si presen-tano come modelli multidimensionali, spessocon l’aspetto di sagome umane. Si ritieneche Solaris sia in grado di pensare, nono-stante l’impossibilità di individuare qualsivo-glia schema di comunicazione nelle sue ma-nifestazioni materiali. Dopo un viaggio in-terstellare Kris giungerà alla stazione spazia-le sospesa a qualche chilometro di altezzasopra l’oceano di Solaris: a lui spetta la mis-sione di stabilire un contatto con questo in-

trigante pianeta, per scoprirne dinamiche emisteri. In questa picaresca avventura svolgeun ruolo non certo marginale l’elementosentimentale, dettato dalla presenza, o me-glio dall’assenza, di Harey, la moglie dellopsicologo, suicidatasi anni prima, e che ora

ma uno scrittore che vivrà un’avventura chesi articola su più dimensioni, umana, filoso-fica, onirica, psichica, conferendo all’op erauno spessore di eccelsa qualità. Un’op erache per giunta si avvale dell’artista RenzoFerrari, uno dei grandi visionari della pittura

gonista, a suo modo novello Ulisse, il quale— pur guidato dall’amico filosofo Gabriele —sarà irretito dai fantasmi e dai terrori dell’in-conscio, che ne pregiudicheranno la lucidaconsapevolezza di una realtà in continuo di-venire e dalle mille guise. Sarà invece un pi-lota solariano, Petar Bogur — accompagnatodal gatto Schrodinger e dalla fantasmaticaMaria — a carpire qualche segreto custoditonel pianeta, e dal pianeta. Si legge in unpasso del romanzo: «Sognando, il demiurgo— ma la sua mente ha attributi divini? Hagià la facoltà di creare mondi? — nutre il suooceano di idee, parole, fatti e cose, della me-moria di infinite combinazioni che, spinte dauna forza impensabile, saranno pronte acreare e a ricreare. Accogliendo in sé ciò cheè ancora niente ma che potrebbe diventaretutto l’oceano dormiente, sognante, arriveràa trasformare la materia in coscienza? sichiede il pilota Petar Bogut, il mortale cheha scorto l’orizzonte delle forme perfette,l’Uno, cadendo dentro la memoria dei fatti edelle cose su un razzo in fiamme».

Centrale e nevralgico, nel romanzo, è il si-gnificato rivestito dall’oceano. Esso, perl’umano pensiero, è inconoscibile. In questatemperie si intrecciano richiami, incalzanti eilluminanti, a Platone, a Kant, a Hegel. Taleoceano, in cui si specchia il divino, rimane

Il romanzo si pone come prosecuzionedella celebre opera di Stanislaw LemNello stabilire un contatto con Solarispianeta infido e misteriosol’uomo sperimenta una crisi di identità

Molla. La vita di famiglia come voca-zione, Edizioni San Paolo 2007). La-sciamo ai lettori la narrazione dellavicenda biografica di Gianna, che lavede nascere in una famiglia moltonumerosa e di profonda fede cristia-na; affrontare non facili passaggi distudio; laurearsi in medicina e spe-cializzarsi in pediatria per poi eserci-tare la professione medica in un am-bulatorio lombardo, a Mesero, inprovincia di Milano. Quindi avvieneil matrimonio con l’ingegner PietroMolla cui seguirono le esperienze sia

testi risalenti a esperienze socio-cul-turali molto lontane dall’oggi. Inevi-tabilmente si colgono espressioni econtenuti che risentono di una visio-ne di chiesa, famiglia e del mondofemminile non allineati al presente.Tuttavia proprio la cura per il diarioha consentito di rintracciare un filoprezioso capace di collegare fram-menti di vita e soprattutto dar sensoa un gesto finale sorprendente e as-sieme profondamente sentito. Ungesto che si può rileggere alla lucedi importanti riflessioni sul sacrificiosu cui la letteratura filosofica france-

Attenzione coltivata,amata e descritta dalei stessa, fin da ragaz-zina, in pagine di dia-rio e lettere rivolte aparenti e amici. L’abi-tudine alla scrittura —un tratto semplice,non sempre precisanella datazione, nécorretta — si mantienevitale nel tempo. Sono

cenzo de Paoli, Giusep-pe Moscati, Giovannidi Dio e Madre Teresadi Calcutta. Essi sonopreceduti, nelle vetratedel corridoio d’i n g re s -so, dalle varie fasi co-struttive nella storiadell’Ospedale e daisuoi benefattori. SerenaMoroni ha raffiguratola santa anche in altresue opere: in un pan-nello eseguito per lacappella dell’O ratoriodi Borsano e tra i santidel ventesimo secoloper la vetrata dell’absi-de della chiesa parroc-chiale di San Michele aMagnago.

Scrive la Moroni inun suo testo del luglio2017: «Nella cappelladell’ospedale di Bustol’ho voluta insieme atutti i suoi figli, inun’immagine che solonella visione di fede èperfettamente realistica;da dietro li tiene tra le

tà sia a sua volta sfilacciata e incolore. Alcontrario, essa è animata dalla determinazio-ne a conoscere, a squarciare il velo dell’igno-ranza e quindi a penetrare nei sancta sancto-rum di Solaris. Ma a questo punto si erge labarriera, hic sunt leones. Almeno per il prota-

contemporanea, che ha arricchito il te-sto con le sue forme-figure, le qualisembrano in qualche modo scaturiredall’ineffabile oceano solariano in cui— richiamando echi leopardiani — sem-bra dolce naufragare.

Ma per poter gestire la missione loscrittore deve prima alienarsi da sestesso, smettere i panni consueti. Nederiva un io sfrangiato, senza una pre-cisa identità. Tale fluida sembianzanon significa tuttavia che la sua volon-

Page 6: Inversione di marcia dall’io a Dio OPO LA PA N D E …...la pandemia di covid-19. A mezzogiorno il Pontefice ha guidato la recita dell’antifona maria-na dalla Biblioteca privata

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 lunedì-martedì 27-28 aprile 2020

Per una rilettura al femminile

Chiesaa due voci

di GIORGIA SA L AT I E L L O

Un recente scritto di Pieran-gelo Sequeri (Francesco, unmagistero in parabole, in

AA.VV, Profezia di Francesco. Traiet-torie di un pontificato, Edb, Bologna2020, pagine 27-43) interpella a ri-prenderne alcune considerazionifondamentali, sviluppandole a par-tire da una peculiare ottica femmi-nile che intende proporsi come uncontributo per la vita e la missionedella Chiesa. Il testo di Sequeri èmolto denso e numerosi concettimeriterebbero di essere approfonditie discussi, ma qui ci si vuole soffer-mare solo su due di essi che,centrali nell’a rg o m e n t a z i o n edell’autore, richiamano in modoparticolare l’attenzione delle donne,stimolandole a fornire il personalecontributo.

Riguardo al primo concetto, il fi-lo conduttore che si vuole seguireprende avvio da una centrale con-statazione: Francesco parla in para-bole. L’adozione di questo stile col-loca immediatamente fuoridall’usuale impostazione sistematicadella teologia, in cui tutto è defini-to fin nei minimi particolari, ma,ancora prima, presenta una crucialeimplicazione. Essa consiste nel fattoche, con la parabola, non è dettotutto e il discorso attende di essere

completato dal destinatario che, intal modo, diviene un interlocutore,non più passivo, ma attivamentecoinvolto: «Ci troviamo, dunque,davanti al compito di costruire in-sieme la parola della Chiesa» (pagi-na 30).

In altri termini, la parabola ri-chiede di essere portata a compi-mento e interpretata e, mentre ciò,da una parte, può condurre facil-mente a un conflitto delle interpre-tazioni, dall’altra arricchisce il testoconsentendogli di recepire apportiche, altrimenti, non avrebbero tro-vato spazio.

Come si è detto inizialmente, inquesta situazione ci si trova a essereimmediatamente interpellate inquanto donne nella Chiesa, poichéla nostra lettura della parabola e lasua interpretazione, muovendo dauna sensibilità differente rispetto aquella maschile, sono certamentediverse e non sovrapponibili. Lavoce delle donne credenti diviene,così, un apporto indispensabile perla costruzione del messaggio dellaChiesa ed esse si trovano davanti aun compito ineludibile al quale so-no chiamate in virtù del loro batte-simo.

Affinché possa darsi questo ap-porto delle donne, si rendono ne-cessarie due condizioni che chiama-no in causa rispettivamente gli uo-mini e le donne stesse, poiché, daun lato, la loro parola deve esserericonosciuta nella sua autorevolezzae pari dignità e, dall’altro, esse de-vono acquisire consapevolezza dellapropria soggettualità che non leconfigura come passive destinatarienel discepolato di uguali.

Il secondo concetto, poi, inne-standosi su precedenti argomenta-zioni, trova esplicitamente spazionelle ultime due pagine del testo diSequeri ed è quello che «chiede lariabilitazione della qualità persona-le del carisma della fede di ciascu-no» (pagina 42). Il tema è sicura-mente di importanza fondamentalesia per gli uomini sia per le donne,poiché con questa affermazione si

chiede che ognuno sappia riscoprirela ricchezza del dono ricevuto permetterlo a disposizione della mis-sione della Chiesa, con i personalilimiti, ma anche con il proprio in-sostituibile contributo.

La concretezza dell’esistenza è, intal modo, posta in primo piano e«il ministero ecclesiastico emergecon l’incoraggiamento a ridiventareistituzionalmente carismatico» (pa-gina 43), superando fratture, anti-che, ma rinnovate, tra istituzione ecarisma. Anche a questo proposito,le donne sono direttamente inter-pellate, su di un duplice livello per-ché, in primo luogo, il carisma fem-minile è sicuramente differente daquello maschile e a esse spetta ilcompito di riconoscerlo, valorizzar-lo e porlo al servizio della missionedella Chiesa.

In seconda istanza, poi, quandosi parla di carisma personale, ledonne non possono essere assuntesotto un astratto ideale di femmini-lità, ma ognuna è portatrice di undono peculiare che deve scoprire esaper fare fruttificare, anche tenen-do conto delle diversità dei contestiecclesiali e socio-culturali, comeFrancesco ricorda in Querida Ama-zonia. In questa esortazione aposto-lica postsinodale, infatti, emergonodelle immagini di donne che, nonsolo sono ovviamente differenti da-

gli uomini, ma che sono anche pro-fondamente diverse da quelle dellaparte del pianeta in cui noi viviamoe pensiamo. Se queste donne po-tranno trovare ascolto nella Chiesa,il loro completamento della parabo-la e la loro interpretazione costitui-ranno sicuramente un “inedito” dicui altrimenti la comunità ecclesialesarebbe privata.

Non si può, poi, non pensare aldiverso carisma di cui sono porta-trici le donne laiche, nubili o sposa-te, e quelle consacrate, consideran-do per queste ultime anche l’appar-tenenza a un ordine di vita contem-plativa o apostolica. Quello delladiversità tra donne è un tema alquale anche la riflessione femmini-sta presta molta attenzione, ma nel-la Chiesa esso è particolarmente ri-levante per la presenza sia di laichesia di consacrate, nel momento incui né le prime né le seconde esau-riscono da sole tutta la forza chepromana dal femminile. È, così, po-sta in primo piano l’accettazionedella parzialità, ovvero del limite dacui ciascuno è segnato, ma proprioda questo potrà nascere una nuovaricchezza fondata sulla condivisionee le donne sono chiamate, in que-st’ottica, a divenire sempre di piùsoggetti attivi e responsabili in unaChiesa che non può parlare conuna sola voce, ma che ha bisognodelle due voci, degli uomini e delledonne.

Anche in questo riconoscimentodella parzialità le donne potrannoessere di aiuto per uomini che stori-camente non sono abituati a consi-derare se stessi come una partedell’umanità, ma come l’“umanità”nella sua completezza e perfezione.In tal modo, la Chiesa potrà pro-clamare un annuncio più articolatoe più corrispondente a un mondoin cui la molteplicità e la diversitàprevalgono sull’uniformità, aprendodelle strade nelle quali ciascunopossa trovare lo spazio per un pro-prio personale percorso e per un ir-ripetibile cammino di fede.

Responsabilmente digitaliSpunti per una moderna pastorale giovanile

Nel numero di aprile-maggio, «Note dipastorale giovanile», rivista per educa-tori ed evangelizzatori ispirata al cari-sma di don Bosco, affronta il temadelle sfide antropologiche ed educativedell’ambiente digitale. In particolare,nell’editoriale, il direttore lancia un in-vito a coltivare uno sguardo profondosu questa realtà dove la vita dei ra-gazzi tende a coincidere con l’i n t e ra z i o -ne senza interruzione con la rete. Nepubblichiamo ampi stralci.

di ROSSANO SALA

La strategia per uscire dallapossibile deriva idolatrica de-gli strumenti di comunicazio-

ne di ultima generazione è ricono-scere innanzitutto la loro funzionali-tà strumentale, a cui devono essereriportati e riposizionati senza indu-gio. Insomma, si tratta della vecchiae sempre nuova questione su chi siail “signore del sabato” di evangelicamemoria (cfr. Ma t t e o , 12, 1-14) ma ri-prodotta in una versione aggiornata:«La raccomandazione ripetuta delmagistero pastorale cristiano, che in-siste sulla natura strumentale del di-spositivo mediatico della comunica-zione, da porre al servizio della veri-tà delle cose e del rispetto delle per-sone, ha potuto sembrare ingenua.Non lo era. E oggi, più che mai,questa si rivela essere la prima mos-sa decisiva della lotta all’idolo. Im-porgli di riposizionarsi, socialmentee concettualmente, nel suo rango diservizievole automatismo, restituen-do contemporaneamente ai soggettireali della sua gestione, che sonosempre umani in carne e ossa, l’inte-ra responsabilità etica del suo eserci-zio» (Pierangelo Sequeri, Contro gliidoli postmoderni, pagina 63).

La riscoperta del linguaggio uma-no nella sua ricchezza ed espressivi-tà, che si sta sempre più perdendo, èla prima strategia vincente: una rela-zionalità ricca, affettuosa, comunita-ria, capace di ridare ragionedell’umano nella sua genesi e nelsuo cammino di ominizzazione. Illinguaggio non è una cosa tra le al-tre, ma segna l’emergere dell’homosapiens nella sua caratteristica piùpeculiare di dare voce e forma allapropria interiorità, ovvero agli affettie ai legami che gli danno vita e lotengono in vita. Ora tutto ciò stasubendo una trasformazione deva-stante, perché «la regola d’o rodell’ossessione comunicativa (“pur-

ché se ne parli”) ha preso il sensodella propaganda che favorisce l’esi-bizionismo e il commercio» (ibidem,pagina 67). Ritrovare invece il gustodel silenzio, del raccoglimento, dellacontemplazione capace di discernereche cosa è “bene dire” e ciò che in-vece è “male dire” significa ritrovarequel senso dell’umano che non pos-siamo permetterci di perdere, perché«nella realtà umana, esiste anche ladignità della discrezione, del rispet-to dell’altro, della tutela del frain-tendimento, delle condizioni neces-sarie per la condivisione di ciò che èimportante, intimo, profondo, com-plesso» (ibidem, pagina 56).

Il senso critico dell’educatore divivere in guardia e nel mettere inguardia circa la non neutralità diquesti strumenti deve quindi esserepiù esperto che mai, perché «il di-spositivo non funziona comeun’evoluzione elettronica del piccio-ne viaggiatore, che si limita a porta-re più rapidamente a destinazionequello che hai scritto nel messag-gio» (ibidem, pagina 63). Se gliadulti sono maturi nella gestione de-gli strumenti di comunicazione so-ciale, possono sussistere le condizio-ni per una buona alleanza in vista diun utilizzo ecclesiale delle potenzia-lità della rete, corresponsabilizzandoi giovani stessi, che possono cosìmettere la loro competenza multime-diale e unirla alla sapienza degliadulti, che in genere non padroneg-giano questi strumenti di ultima ge-nerazione. Si tratta quindi di unnuovo fronte di corresponsabilitàapostolica tra giovani e adulti da farmaturare sempre più. Ciò che aigiovani fa assolutamente bene è unabuona testimonianza degli adulti sulbuon uso degli strumenti mediatici:cioè vedere un gruppo di adulti ca-paci di utilizzare con intelligenzacritica e responsabilità etica gli stru-menti di comunicazione. Purtropponon è raro trovare in taluni “adulti”una vita dipendente e schiavizzatada questi strumenti. Il mondo degliadulti risulta per alcuni aspetti piùimpreparato e anche più soggiogatoda questi strumenti, quando ne en-tra in possesso.

Va anche detto che questi stru-menti sono di utilizzo individuale,quindi è difficile testimoniare sulcampo come si utilizzano, tantoquanto è difficile essere presenti eassistenti come educatori in questosettore. Dal punto di vista pastorale

è quindi importante non solo uncammino di messa in guardia deigiovani, ma soprattutto una vera epropria catechesi agli adulti che laChiesa oggi non può eludere: comeGesù ha proclamato lungo le stradedella Galilea che “non di solo panevive l’uomo”, così oggi l’annunciochiaro e distinto che “non di soleconnessioni virtuali vive l’uomo” èda considerarsi una buona novellache libera i cuori e li reindirizza nel-la giusta direzione. Tante personehanno davvero bisogno di sentirselo

dire, per ridestarsi da questo terribi-le incantesimo che ci allontana dallavita reale, relegandoci in un cyber-spazio che riabilita molto quelle ere-sie gnostiche che i padri della Chie-sa hanno aspramente combattuto fa-cendo leva sull’idea e sulla realtàdell’incarnazione di Dio, che solamette il sigillo sulla consistenza esulla verità della carne, della materiae della creazione. Insomma, il cele-bre assioma per cui c a ro cardo salutis(Tertulliano, De resurrectione mortuo-rum, VIII, 6-7) non può essere pernulla eluso e ridotto, nemmeno inquesto cambiamento d’ep o ca.

Solo il cristianesimo, religionedell’incarnazione, ha la forza dicombattere il nuovo idolo dello spi-

ritualismo disincarnato che rischia diasservire gli uomini del nostro tem-po, allontanandoli dalla concretezzadel loro prossimo e dal Dio fattouomo. In tal modo evidentementegli uomini si allontanano da se stes-si, perché la loro identità proprianon è pensabile al di là di questi le-gami fondanti e fondamentali con ilDio creatore e con il prossimo.

Incontrando, il 7 dicembre 2013, imembri del Pontificio consiglio peri laici radunati in seduta plenariaper confrontarsi sul tema «Annun-

ciare Cristo nell’era digitale», PapaFrancesco ha affermato che il mon-do digitale è «un campo privilegiatoper l’azione dei giovani, per i qualila “re t e ” è, per così dire, connatura-le. Internet è una realtà diffusa,complessa e in continua evoluzione,e il suo sviluppo ripropone la que-stione sempre attuale del rapportotra la fede e la cultura. [...] Tra leopportunità e i pericoli della rete,occorre “vagliare ogni cosa”, consa-pevoli che certamente troveremomonete false, illusioni pericolose etrappole da evitare. Ma, guidati dal-lo Spirito santo, scopriremo anchepreziose opportunità per condurregli uomini al volto luminoso del Si-g n o re » .

Fra le possibilità offerte dalla co-municazione digitale, la più impor-tante riguarda l’annuncio del Vange-lo. Certo non è sufficiente acquisirecompetenze tecnologiche, pur im-portanti. Si tratta anzitutto di incon-trare donne e uomini reali, spessoferiti o smarriti, per offrire loro vereragioni di speranza. L’annuncio ri-chiede relazioni umane autentiche edirette per sfociare in un incontropersonale con il Signore. Pertantointernet non basta, la tecnologia nonè sufficiente. Questo però non vuoldire che la presenza della Chiesanella rete sia inutile; al contrario, èindispensabile essere presenti, sem-pre con stile evangelico, in quelloche per tanti, specie giovani, è di-ventato una sorta di ambiente di vi-ta, per risvegliare le domande insop-primibili del cuore sul senso dell’esi-stenza, e indicare la via che porta aColui che è la risposta, la misericor-dia divina fatta carne, il SignoreGesù.

Sappiamo come l’educazione av-viene a monte rispetto all’intenzio-nalità diretta verso di essa: anche chiopera per fini diversi da quelli edu-cativi in realtà educa, anche se nonsempre in modo consapevole e re-sponsabile. I mass-media, i social-media e i personal-media, pur nonmanifestando una coscienza educati-vo-pastorale e non avendo questocome fine, in realtà costituisconouna piattaforma educativa di grandeincisività e di sicuro interesse per lapastorale giovanile. Sono certamenteun nuovo areopago per l’annunciodel Vangelo ai giovani, per il sem-plice fatto che è un ambiente realein cui vivono quotidianamente. Lacomunicazione sociale è da conside-rarsi allora, oggi più che mai, una“nuova frontiera” per la pastoraledei giovani, con le sue difficoltà e lesue promesse. Certamente difficileed entusiasmante, necessaria e peri-colosa, possibile e faticosa. Ma pri-ma di trovare soluzioni pastorali im-mediate siamo chiamati a coltivareuno sguardo profondo sul cambia-mento d’epoca che stiamo vivendo eche ha nel mondo digitalizzato —con tutti i suoi annessi e connessi —la sua massima punta di avanza-mento.

Il 3 maggio si celebra in Spagna la Giornata del seminario

Pastori e missionari

Rabindranath Tagore, «Man and Woman» (prima del 1941)

MADRID, 27. Affinché il sacerdotesia un vero pastore di anime nondeve solo limitarsi a curarle ma ènecessario che vada incontro a esse,passando «dalla cura pastorale delcampanile a quella del campanel-lo». È questo il concetto ispiratoredi «Pastori missionari», il temascelto per l’edizione annuale dellaGiornata del seminario, indetta dal-la Commissione per il clero e i se-minari della Conferenza episcopalespagnola (Cee), che si celebrerà il 3maggio, quarta domenica di Pasquao del Buon Pastore, in concomitan-za con la Giornata mondiale dipreghiera per le vocazioni.

Il motto scelto per l’evento —che si svolge dal 1935 e il cui obiet-tivo è far conoscere la vocazionesacerdotale a tutta la società e inparticolare alle comunità cristiane— «cerca di raccogliere, senza esau-rire, l’identità del sacerdozio mini-steriale. I sacerdoti, nella misura incui partecipano al sacerdozio diCristo — rileva la Cee — sono vera-mente “pastori della Chiesa”; e nel-la misura in cui sono inviati daCristo, sono essenzialmente missio-nari all’interno di una Chiesa inte-ramente missionaria». Su questofertile terreno germina quella che èdefinita dai vescovi la «bellezzadella verità del sacerdozio cattoli-co», capace di suscitare quelle vo-cazioni che seguono il modello disan Giovanni d’Ávila, «apostolodell’Andalusia e dottore della Chie-sa». Ma che è anche in sintoniacon l’invito di Papa Francesco a vi-vere un tempo di «conversione pa-storale e missionaria» contenutonell’esortazione apostolica Evangeliigaudium.

Un binomio, precisano i vescovi,che deve essere interpretato secon-do alcune chiavi teologiche alla lu-ce di un impegno gioiosonell’evangelizzazione. Essenzial-

mente «i pastori sono prima di tut-to e soprattutto discepoli di Gesù,che Lo cercano, Lo seguono e re-stano con Lui». Pertanto per colla-borare adeguatamente con il Cristoaffinché emergano nuove vocazionisacerdotali è prioritario e impre-scindibile ravvivare «comunità cri-stiane capaci di suscitare quell’in-contro con Cristo che entusiasma,innamora e provoca una dedizioneincondizionata agli altri». Non sipuò restare inerti di fronte allachiamata del Signore verso coloroche Egli ha scelto come suoi pasto-ri, esortano i presuli.

E il modo migliore per aiutareun giovane a discernere la propriavocazione «è quello di accompa-gnarlo nel condurre una vita dipreghiera sufficientemente profon-da e costante perché il suo cuoresia aperto alla chiamata amorevoledel Signore». Ciò implica spazi disolitudine e di silenzio al fine di

maturare una «decisione molto per-sonale che gli altri non possonoprendere per lui». Nello sviluppo enella maturazione della vita cristia-na di bambini, giovani e adulti, os-servano i presuli, «ci sono tappe ealti e bassi che tutti conosciamoper esperienza, ma l’importante èsapere come guidare un percorsoche, confidando pienamente nellagrazia del Signore, guarda semprea una consegna più grande e tota-le».

Si è pastori, ribadiscono i vesco-vi, perché si è “inviati”. È questo ilcompito che la Chiesa in uscita affi-da ai sacerdoti: essere in «stato dimissione» significa non restarechiusi in chiesa ma andare incontroai fedeli, conoscere le loro realtà fa-miliari e personali, fugare i lorodubbi e far sì che essi ritrovino lagioia dell’abbraccio con l’O nnipo-tente. Specchio, quest’ultima, della«gioia dei testimoni di Cristo, cioèdi coloro che non possono fare ameno di predicare Cristo», perché«la missione impegna totalmente lavita». Il sacerdote, dunque, inquanto «collaboratore del vescovo,successore degli apostoli», è unmissionario in senso stretto perchétutta la Chiesa è missionaria. Eccoperché «la vocazione di pastore equella di missionario — si aggiunge— sono strettamente legate e l’unanon può essere compresa senza l’al -tra». Soprattutto in questi tempi diangoscia e dolore causati dal diffon-dersi della pandemia, «Dio vuolefar sì che la sua voce sia luce e vitaper tutti e quindi oggi i sacerdotisono più necessari che mai». Comelo sono stati in passato, concludonoi presuli, a dimostrazione che «que-ste riflessioni non sono pura teoria»ma discendono dall’esempio diquanti di loro «hanno vissuto pie-namente il sacerdozio di Cristo».

Page 7: Inversione di marcia dall’io a Dio OPO LA PA N D E …...la pandemia di covid-19. A mezzogiorno il Pontefice ha guidato la recita dell’antifona maria-na dalla Biblioteca privata

L’OSSERVATORE ROMANOlunedì-martedì 27-28 aprile 2020 pagina 7

La vicinanza del Papa ai venditori che non possono lavorare

I giornali di stradauna risorsa

per poveri e senzatettoPubblichiamo il testo della lettera —resa nota oggi, lunedì 27 aprile — cheil Papa ha scritto martedì scorso «almondo dei giornali di strada».

D.S.M., 21 aprile 2020La vita di milioni di persone, nelnostro mondo già alle prese contante sfide difficili da affrontare eoppresse dalla pandemia, è cambia-ta ed è messa a dura prova. Le per-sone più fragili, gli invisibili, le per-sone senza dimora rischiano di pa-gare il conto più pesante.

Voglio allora salutare il mondodei giornali di strada e soprattutto iloro venditori che sono per la mag-gior parte homeless, persone grave-mente emarginate, disoccupate: mi-gliaia di persone che in tutto ilmondo vivono e hanno un lavorograzie alla vendita di questi giornalis t r a o rd i n a r i .

In Italia penso alla bella espe-rienza di Scarp de’ tenis, il progetto

della Caritas che permette a più di130 persone in difficoltà di avere unreddito e con esso l’accesso ai dirittidi cittadinanza fondamentali. Nonsolo. Penso all’esperienza degli ol-tre 100 giornali di strada di tutto ilmondo, che sono pubblicati in 35diversi Paesi e in 25 lingue differen-ti e che garantiscono lavoro e reddi-to a più di 20.500 senzatetto nelmondo. Da molte settimane i gior-nali di strada non sono venduti e iloro venditori non possono lavora-re. Voglio esprimere allora la miavicinanza ai giornalisti, ai volontari,alle persone che vivono grazie aquesti progetti e che in questi tempisi stanno prodigando con tante ideeinnovative. La pandemia ha resodifficile il vostro lavoro ma sono si-curo che la grande rete dei giornalidi strada del mondo tornerà piùforte di prima. Guardare ai più po-veri, in questi giorni, può aiutaretutti noi a prendere coscienza diquanto ci sta realmente capitando edella nostra vera condizione. A tuttivoi il mio messaggio di incoraggia-mento e di fraterna amicizia. Grazieper il lavoro che fate, per l’informa-zione che date e per le storie disperanza che raccontate.

Nella messa a Santa Marta il Pontefice chiede di pregare per gli artisti

Con la grazia della creativitàsulla strada della bellezza

È per ritrovare «la strada della bel-lezza», pur in un tempo di dolore epaura, che Papa Francesco ha invo-cato «la grazia della creatività» pertutti, con un pensiero particolare«per gli artisti». Con questa pre-ghiera il vescovo di Roma ha apertolunedì mattina, 27 aprile, la celebra-zione della messa — trasmessa in di-retta streaming — nella cappella diCasa Santa Marta.

«Preghiamo oggi per gli artisti —ha detto a braccio — che hanno que-sta capacità di creatività molto gran-de e per mezzo della strada dellabellezza ci indicano la strada da se-guire». Un’intenzione seguitadall’auspicio «che il Signore dia atutti noi la grazia della creatività inquesto momento».

Facendo riferimento al passo delVangelo di Giovanni (6, 22-29), ilPapa ha subito fatto presente come«la gente che aveva ascoltato Gesùdurante tutta la giornata, e poi ave-va avuto questa grazia della molti-plicazione dei pani e aveva visto ilpotere di Gesù, voleva farlo re».

Infatti, ha spiegato, «andaronoprima da Gesù per ascoltare la paro-la e anche per chiedere la guarigio-ne degli ammalati. Rimasero tutta lagiornata ascoltando Gesù senza an-noiarsi, senza stancarsi: erano lì, feli-ci». Ma «quando poi hanno vistoche Gesù dava loro da mangiare, co-sa che loro non aspettavano, hannopensato: “Ma questo sarebbe unbuon governante per noi e sicura-mente sarà capace di liberarci dalpotere dei romani e portare il Paeseavanti”».

Con queste considerazioni, haproseguito il Pontefice, «si sono en-tusiasmati per farlo re» e «la lorointenzione è cambiata perché hannovisto e hanno pensato: “Bene, per-ché una persona che fa questo mira-colo, che dà da mangiare al popolo,può essere un buon governante”»(cfr. Giovanni 6, 1-15). Ma «avevanodimenticato in quel momento l’entu-siasmo che la parola di Gesù facevanascere nei loro cuori».

«Gesù si allontanò e andò a pre-gare» scrive l’evangelista (cfr. verset-to 15). «Quella gente è rimasta lì —ha affermato il Papa — e il giornodopo cercava Gesù, “perché deve es-sere qui” diceva, perché aveva visto

che non era salito sulla barca con glialtri. E c’era una barca lì, è rimastalì» (cfr. 6, 22-24). Ma «non sapeva-no che Gesù aveva raggiunto gli al-tri camminando sulle acque» (cfr.versetti 16-21) e «così si sono decisiad andare dall’altra parte del maredi Tiberiade a cercare Gesù e, quan-do lo hanno visto, la prima parolache dicono a lui è: “Rabbì, quandosei venuto qua?” (cfr. versetto 25)».Come a dire: «Non capiamo, questasembra una cosa strana».

E Gesù, ha chiarito Francesco,«fa tornare loro al primo sentimen-to, a quello che avevano prima dellamoltiplicazione dei pani, quandoascoltavano la parola di Dio: “In ve-rità, in verità io vi dico: voi mi cer-cate non perché avete visto dei segni— come all’inizio, i segni della paro-la, che li entusiasmavano, i segnidella guarigione — ma perché avetemangiato di quei pani e vi siete sa-ziati”» (cfr. versetto 26).

Insomma, «Gesù svela la loro in-tenzione e dice: “Ma è così, avetecambiato atteggiamento”». E «loro,invece di giustificarsi», rispondono:«“No, Signore, no...”, sono statiumili». Allora, prosegue il raccontoevangelico, «Gesù continua: “D atevida fare non per il cibo che non du-ra, ma per il cibo che rimane per lavita eterna e che il Figlio dell’uomovi darà. Perché su di lui il Padre,Dio, ha messo il suo sigillo”» (cfr. 6,27). È un dialogo che continua e so-no «loro, buoni», a rilanciarlo:«Che cosa dobbiamo compiere perfare le opere di Dio?» (cfr. versetto

28). Chiara la risposta di Gesù:«“Che crediate” nel Figlio di Dio»(cfr. versetto 29).

«Questo è un caso — ha spiegatoil Papa — nel quale Gesù correggel’atteggiamento delle persone, dellafolla, perché a metà cammino si eraun po’ allontanata dal primo mo-mento, dalla prima consolazione spi-rituale e aveva preso una strada chenon era giusta, una strada più mon-dana che evangelica».

Ma, ha messo in guardia France-sco, «questo ci fa pensare che tantevolte noi nella vita incominciamouna strada alla sequela di Gesù, die-tro Gesù, con i valori del Vangelo, ea metà strada ci viene un’altra idea,vediamo qualche segnale e ci allon-taniamo e ci conformiamo con unacosa più temporale, più materiale,più mondana, può darsi, e perdiamola memoria di quel primo entusia-smo che abbiamo avuto quando sen-tivamo parlare Gesù».

E così, ha proseguito il Pontefice,«il Signore fa tornare sempre al pri-mo incontro, al primo momento nelquale Lui ci ha guardato, ci ha par-lato e ha fatto nascere dentro di noila voglia di seguirlo». E «questa èuna grazia da chiedere al Signore,perché noi nella vita sempre avremoquesta tentazione di allontanarciperché vediamo un’altra cosa: “Maquello andrà bene, ma quell’idea èbuona...”». Così «ci allontaniamo».

Per questa ragione, ha insistito ilPapa, dobbiamo chiedere al Signore«la grazia di tornare sempre alla pri-ma chiamata, al primo momento:non dimenticare, non dimenticare lamia storia, quando Gesù mi haguardato con amore e mi ha detto:“Questa è la tua strada”; quandoGesù tramite tanta gente mi ha fattocapire qual era la strada del Vangeloe non altre strade un po’ mondane,con altri valori». Insomma, «tornareal primo incontro».

«A me sempre ha colpito — haconfidato Francesco — che tra le co-se che Gesù dice nella mattina dellaRisurrezione» c’è un vero e proprioappuntamento per gli apostoli: «An-date dai miei discepoli e ditegli chevadano in Galilea, lì mi troveranno»(cfr Matteo 28, 10). La «Galilea erail posto del primo incontro. Lì ave-vano incontrato Gesù».

«Ognuno di noi — ha ricordato ilPontefice — ha la propria “Galilea”dentro, il proprio momento nel qua-

le Gesù si è avvicinato e ci ha detto:“Seguimi”». E, in realtà, ha aggiun-to, «nella vita succede questo che èsuccesso a questa gente buona, per-ché poi gli dice: “Ma cosa dobbia-mo fare?”» e «subito loro hanno ob-bedito». Così «succede che ci allon-taniamo e cerchiamo altri valori, al-tre ermeneutiche, altre cose, e per-diamo la freschezza della primachiamata». E «l’autore della letteraagli Ebrei ci rimanda anche a que-sto: “Ricordatevi i primi giorni”»(cfr. 10, 32).

Concludendo l’omelia Francescoha invitato a fare «memoria: la me-moria del primo incontro, la memo-ria della “mia Galilea”, quando il Si-gnore mi guardò con amore e mi hadetto: “Seguimi”».

Quindi, con la preghiera disant’Alfonso Maria de’ Liguori, ilPapa ha invitato «le persone chenon possono comunicarsi» a fare«adesso» la comunione spirituale.Concludendo poi la celebrazionecon l’adorazione e la benedizioneeucaristica. E affidando — accompa-gnato dal canto dell’antifona ReginaCaeli — la sua preghiera alla Madredi Dio davanti all’immagine marianadella cappella di Casa Santa Marta.

Successivamente, a mezzogiorno,nella basilica Vaticana, il cardinalearciprete Angelo Comastri ha presie-duto il quotidiano momento di pre-ghiera recitando il Regina Caeli e ilro s a r i o .

Il missionario marista san Pietro Chanel

Protomartire dell’O ceania

†La Segreteria di Stato comunica che è de-ceduto il

SignorMIECZYSŁAW ADAMCZYK

padre di S.E. Mons. Mirosław Adamczyk,Arcivescovo titolare di Otricoli, NunzioApostolico in Argentina.

Nell’esprimere a S.E. Mons. Adamczyksincere condoglianze e commossa parteci-pazione al suo dolore per la scomparsa delgenitore, i Superiori e gli Officiali dellaSegreteria di Stato assicurano la loro pre-ghiera di suffragio per il caro defunto einvocano per i familiari il conforto del Si-gnore risorto.

†La Segreteria di Stato comunica che è de-ceduta la

SignoraMARIA SA N TA SA B AT I N I

madre del Cav. Ottavio Catini, Officialedella Segreteria di Stato in servizio pressola Sezione Affari Generali.

I Superiori e i Colleghi partecipano aldolore del Cav. Catini e a quello dei Fa-miliari, assicurando loro vicinanza spiri-tuale e ricordo nella preghiera.

Dare voceagli invisibiliÈ riunito nella Reteinternazionale Insp(www.insp.ngo), il «mondodei giornali di strada»cui Papa Francesco ha volutorivolgere un messaggiodi incoraggiamento in questotempo di pandemia di covid-19,a causa della quale da moltesettimane gli “s t r a o rd i n a r i ”streetpapers, come li definisceil Pontefice, non sono stampatiin formato cartaceoe i loro venditori non possonol a v o r a re .È un mondo popolato da donnee uomini fragili, invisibili,che sta particolarmente a cuorea Papa Bergoglio:lo testimoniano le due intervisterilasciate nel 2015 all’olandese«Straatnieuwse» e nel 2017all’italiano «Scarp de’ tenis»,mensile promossodalle Caritas Ambrosianae nazionale.Con oltre vent’anni di presenza“on the road”, il più diffusodiario della strada in Italiaesce ininterrottamente,ogni trenta giorni dal febbraiodel 1996 ed è vendutosoprattutto in prossimitàdelle parrocchie di dodici città:da Milano, dov’è nato, a Napoli,Torino, Vicenza, Venezia,Firenze, Rimini, Verona,Napoli, Genova, Comoe Cagliari.Per una diffusione totaledi ventimila copie ogni mese,che danno lavoro a piùdi 150 individui con difficoltàgravi, emarginati, disoccupati,o bisognosi di integrareredditi minimi. Dalla venditainfatti possono tratteneremetà del prezzo di copertina.Intanto, in attesa di potertornare a stamparee a vendere in mezzo alla strada,«Scarp de’ tenis» escesoltanto in formato digitalesull’edicola virtualewww.social-shop.it. E il prossimonumero, in uscita il 9 maggio,conterrà uno specialededicato a Papa Francescoe al suo messaggio.

Lutto nell’episcopato

Il vescovo Emilio Simeón Allué,già ausiliare dell’arcidiocesi diBoston, è morto domenica 26aprile negli Stati Uniti d’Ameri-ca, a causa del covid-19.

Il compianto presule era natoil 18 febbraio 1935 a Huesca, inSpagna, ed era stato ordinato sa-cerdote della Società salesiana diSan Giovanni Bosco il 22 dicem-bre 1966. Eletto alla Chiesa titola-re di Croe e al contempo nomi-nato ausiliare di Boston il 24 lu-glio 1996, aveva ricevuto l’o rd i n a -zione episcopale il 17 settembresuccessivo. Il 30 giugno 2010 ave-va rinunciato all’ufficio pastorale.

Agli inizi del XIX secolo, una delleprincipali preoccupazioni di PapaGregorio XVI era l’evangelizzazionedell’Oceania, il continente che glieuropei avevano riscoperto nel seco-lo precedente. Un territorio immen-so, frammentato in una miriade diisole sparse per l’oceano Pacifico.Con un gesto di coraggio, egli neaffidò l’evangelizzazione alla na-scente Società di Maria (maristi), inquanto il loro fondatore, il venerabi-le Jean Claude Colin, aveva offertola sua disponibilità e quella dei con-fratelli. Il 24 dicembre 1836 partiro-no per l’Oceania otto religiosi, tra iquali Pietro Chanel, che diverrà ilprotomartire del continente.

Pietro nacque in una modesta fa-miglia di contadini, il 12 luglio 1803,a Cuet, nel comune di Montrevel-en-Bresse, in Francia. Lavorò dai 7ai 12 anni come pastore, poi fre-quentò le scuole a Saint Didier-d’Aussiat. Grazie ai buoni uffici diun sacerdote, nell’autunno del 1814venne accolto nella scuola di Cras-sur-Reyssouze. Il 23 marzo 1817 fecela Prima Comunione. In questaepoca nasce in lui l’interesse e l’at-trazione per le missioni lontane.Venne a conoscenza delle lettere chei missionari francesi inviavano dalcontinente americano. Entrò cosìnel seminario minore di Meximieux,dove rimase dal 1819 al 1823. Passò

quindi nel seminario maggiore diBrou. Il 15 luglio 1827 venne ordina-to sacerdote e iniziò il suo ministeropastorale come vice parroco ad Am-b érieu-en-Bugey.

Nel 1831, sempre più convinto didiventare missionario, entrò nellaSocietà di Maria. Voleva portare ilVangelo in America, affascinato dairacconti dei missionari della Loui-siana. All’inizio gli venne affidatol’insegnamento nel seminario di Bel-ley, dove divenne direttore spiritualee anche vice superiore. Tuttavia,conservava ancora il sogno di fare ilmissionario.

Il 29 aprile 1836 Gregorio XVI ap-provò la congregazione marista. Daquando il Papa affidò l’Oceania aquesti religiosi, Pietro vide all’oriz-zonte la possibilità di realizzare ilsuo desiderio. Si offrì volontario e il24 dicembre di quell’anno partì dalporto di Le Havre sul piroscafo “LaD elphine” alla volta del continente.Dopo due mesi di viaggio, giunse aFutuna. Con due confratelli si siste-mò sull’isola e, l’8 dicembre 1837, vicelebrò la prima messa. Venne benaccolto dal re Niuliki e apprese lalingua e le tradizioni locali. Cercòdi farsi operatore di pace tra le varietribù che si facevano la guerra. Perquesto, venne chiamato Petelo, “l’uo-mo dal grande cuore”. Nonostantegli ostacoli, iniziò a evangelizzare.

Ma il successo che otteneva con nu-merose conversioni cambiò l’atteg-giamento del re, che cominciò a im-pedire ai missionari di svolgere apo-stolato e smise di passare loro i vi-veri. Per andare avanti Pietro e isuoi confratelli dovettero lavorarenei campi di manioca. Purtroppo,alcuni abitanti distrussero le coltiva-zioni per ridurre i missionari alla fa-me e costringerli ad andarsene.

Tuttavia, il religioso non ebbe ti-more. A chi gli diceva di abbando-nare la missione, ripeteva: «La reli-gione è impiantata nell’isola, noncesserà con la mia morte, poichénon è opera degli uomini, ma vieneda Dio». E il suo esempio di testi-monianza evangelica attirò numero-se conversioni, al punto che anche ilfiglio del re si fece battezzare. Fu lagoccia che fece traboccare il vaso: ilsovrano e gli anziani andarono sututte le furie; e Niuliki decise dimettere fine a questa situazione cheminava il suo potere. Il 28 aprile1841, un gruppo di uomini armati dilance e di asce, guidati da Musu-Musu, genero del re, entrarono nel-la capanna dei missionari e trovaro-no Pietro. Lo uccisero a colpi di ba-stone e di ascia.

Il re credeva così di aver risolto ilproblema e di essersi definitivamen-te sbarazzato del cristianesimo. In-vece la morte del missionario fecefiorire l’evangelizzazione. Si avvera-rono le parole di Pietro e nel giro dipochi anni la maggioranza della po-polazione si convertì. Anche gli as-sassini di Pietro e lo stesso Musu-Musu si pentirono e si fecero bat-tezzare. Il genero del re volle perfi-no essere sepolto vicino al martire.

In questo modo il missionariofrancese aveva realizzato il suo so-gno di portare il Vangelo ai popolilontani e aveva vissuto secondo ilmotto scelto: «Amare Maria e farlaamare». Fu canonizzato il 12 giugno1954 da Pio XII. (nicola gori)

Page 8: Inversione di marcia dall’io a Dio OPO LA PA N D E …...la pandemia di covid-19. A mezzogiorno il Pontefice ha guidato la recita dell’antifona maria-na dalla Biblioteca privata

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 lunedì-martedì 27-28 aprile 2020

La messa domenicale del Papa a Santa Marta

Accanto a chi è triste

Al Regina Caeli il Pontefice commenta l’episodio evangelico di Emmaus

Inversione di marciadall’io a Dio

L’appello per le vittime della malaria e l’invito alla preghiera mariana nel mese di maggio

L’inquietudine del cuore e l’incontro con Cristoacqua pura per la sete dell’uomo

«Preghiamo oggi, in questa messa, per tuttele persone che soffrono la tristezza, perchésono sole o perché non sanno quale futurole aspetta o perché non possono portareavanti la famiglia perché non hanno soldi,perché non hanno lavoro. Tanta gente chesoffre la tristezza». È con questo invito cheil vescovo di Roma ha iniziato domenicamattina, 26 aprile, la celebrazione dell’Eu-caristia — trasmessa in diretta streaming —nella cappella di Casa Santa Marta.

Per la sua meditazione Francesco ha pre-so spunto dal brano del Vangelo di Luca(24, 13-35) che racconta l’incontro di Gesùrisorto con i discepoli di Emmaus. «Tantevolte abbiamo sentito — ha affermato il Pa-pa — che il cristianesimo non è solo unadottrina, non è un modo di comportarsi,non è una cultura. Sì, è tutto questo, mapiù importante e per primo, è un incontro.Una persona è cristiana perché ha incontra-to Gesù Cristo, si è lasciata “incontrare daLui”».

«Questo passo del Vangelo di Luca — haspiegato — ci racconta un incontro, in mo-do da far capire bene come agisce il Signo-re e come è il modo nostro di agire». Inrealtà, ha proseguito, «noi siamo nati conun “seme di inquietudine”. Dio ha volutocosì: inquietudine di trovare pienezza, in-quietudine di trovare Dio, tante volte anchesenza sapere che noi abbiamo questa in-quietudine».

Dunque «il nostro cuore è inquieto, ilnostro cuore ha sete: sete dell’incontro conDio. Lo cerca, tante volte per strade sba-gliate: si perde, poi torna, lo cerca...». Ma,ha fatto presente il Papa, «dall’altra parte,Dio ha sete dell’incontro, a tal punto cheha inviato Gesù per incontrarci, per venireincontro a questa inquietudine».

«Come agisce Gesù? In questo passo delVangelo — ha affermato Francesco — vedia-mo bene che Lui rispetta, rispetta la nostrapropria situazione, non va avanti». Lo fa«soltanto, qualche volta, con i testardi: pen-siamo a Paolo, quando lo butta giù dal ca-vallo». Invece «di solito va lentamente, ri-spettoso dei nostri tempi: è il Signore dellapazienza». E «quanta pazienza ha il Signo-re con noi, con ognuno di noi!».

Ma sempre «il Signore cammina accantoa noi, come abbiamo visto qui, con questidue discepoli» ha spiegato il Pontefice rife-rendosi all’episodio di Emmaus. Il Signore«ascolta le nostre inquietudini, le conosce, ea un certo punto dice qualcosa. Al Signorepiace sentire come noi parliamo, per capircibene e per dare la risposta giusta a quellainquietudine». Per questo «il Signore nonaccelera il passo, va sempre al nostro passo,tante volte lento, ma la sua pazienza ècosì».

«C’è un’antica regola dei pellegrini — haricordato il Papa — che dice che il vero pel-legrino deve andare al passo della personapiù lenta. E Gesù è capace di questo, lo fa,non accelera, aspetta che noi facciamo ilprimo passo. E quando è il momento, ci fala domanda».

Nel «caso» dei discepoli di Emmaus «èchiaro: “Di cosa parlate voi?”» (cfr. versetto17). Qui, ha fatto notare Francesco, Gesù«si fa ignorante per farci parlare. A Lui pia-ce che noi parliamo. Gli piace sentire que-sto, gli piace che noi parliamo così». È ilsuo stile di attenzione, «per ascoltarci e ri-spondere ci fa parlare. Come se facessel’ignorante, ma con tanto rispetto».

Ma poi il Signore «risponde, spiega, finoal punto necessario». Nel brano liturgico diLuca «ci dice: “Non bisognava che il Cristopatisse queste sofferenze per entrare nellasua gloria?”» (cfr. versetto 26). Scrive Luca:«E cominciando da Mosè e da tutti i profe-ti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che siriferiva a lui”». Gesù «spiega, fa chiarire».

«Io confesso — ha detto il Pontefice —che ho la curiosità di sapere come Gesù haspiegato per fare lo stesso. È stata una ca-techesi bellissima. E poi lo stesso Gesù checi ha accompagnato, che ci ha avvicinato,fa finta di andare oltre, per vedere la misu-ra della nostra inquietudine». Ma subito idiscepoli di Emmaus gli dicono: «No, vie-ni, vieni, rimani un po’ con noi”» (cfr. ver-setto 29).

Ed è proprio così che «si dà l’i n c o n t ro » ,ha insistito il Papa. Perché «l’incontro nonè soltanto il momento dello spezzare il pa-ne qui, ma è tutto il cammino». E infatti«noi incontriamo Gesù nel buio dei nostridubbi, anche nel dubbio brutto dei nostripeccati, Lui è lì per aiutarci, nelle nostre in-quietudini». Egli «è sempre con noi».

«Il Signore ci accompagna perché ha vo-glia di incontrarci» ha rilanciato il vescovodi Roma. «Per questo — ha aggiunto — di-ciamo che il nocciolo del cristianesimo è unincontro: è l’incontro con Gesù. “Perché tusei cristiano? Perché tu sei cristiana?”. Etanta gente non sa dirlo». Magari «alcuniper tradizione. Altri non sanno dirlo, per-ché hanno incontrato Gesù» e forse neppu-re «si sono accorti che era un incontro conGesù».

«Gesù sempre ci cerca, sempre», ha rilan-ciato Francesco. E «noi abbiamo la nostrainquietudine: nel momento in cui la nostrainquietudine incontra Gesù, lì incomincia lavita della grazia, la vita della pienezza, lavita del cammino cristiano».

Concludendo la sua meditazione, il Pon-tefice ha invitato a pregare perché «il Si-gnore a tutti noi dia questa grazia di incon-trare Gesù tutti i giorni; di sapere, di cono-scere proprio che Lui cammina con noi intutti i nostri momenti. È il nostro compa-gno di pellegrinaggio».

Con la preghiera di sant’Alfonso Mariade’ Liguori, il Papa ha invitato quindi «lepersone che non possono comunicarsi» afare «adesso» la comunione spirituale. Con-cludendo la celebrazione con l’adorazione ela benedizione eucaristica. Per poi affidare— accompagnato dal canto dell’antifona Re-gina Caeli — la sua preghiera alla Madre diDio davanti all’immagine mariana dellacappella di Casa Santa Marta.

La necessità di un’«inversione dimarcia», di un «cambio di passodall’io a Dio, dai se al sì», cometestimonia l’esperienza dei discepolidi Emmaus, è stata rilanciata dalPapa al Regina Caeli recitato amezzogiorno del 26 aprile nellaBiblioteca privata del Palazzoapostolico vaticano. Commentandocome di consueto il Vangelo delladomenica, il Pontefice ha presospunto dal noto episodio descrittoda Luca (24, 13-35) perattualizzarne il messaggio,sintetizzato in «tre passaggi chepossiamo compiere anche noi nellenostre case» in questo tempo dipandemia: aprire il cuore a Gesù,ascoltarlo e pregare.

Cari fratelli e sorelle,buongiorno!Il Vangelo di oggi, ambientatonel giorno di Pasqua, raccontal’episodio dei due discepoli diEmmaus (cfr. Lc 24, 13-35). Èuna storia che inizia e finisce incammino. C’è infatti il viaggio diandata dei discepoli che, tristiper l’epilogo della vicenda diGesù, lasciano Gerusalemme etornano a casa, a Emmaus, cam-minando per circa undici chilo-metri. È un viaggio che avvienedi giorno, con buona parte deltragitto in discesa. E c’è il viag-gio di ritorno: altri undici chilo-metri, ma fatti al calare dellanotte, con parte del cammino insalita dopo la fatica del percorsodi andata e tutta la giornata.Due viaggi: uno agevole di gior-no e l’altro faticoso di notte.Eppure il primo avviene nellatristezza, il secondo nella gioia.Nel primo c’è il Signore checammina al loro fianco, ma nonlo riconoscono; nel secondo nonlo vedono più, ma lo sentono vi-cino. Nel primo sono sconfortatie senza speranza; nel secondocorrono a portare agli altri labella notizia dell’incontro conGesù Risorto.

I due cammini diversi di queiprimi discepoli dicono a noi, di-scepoli di Gesù oggi, che nellavita abbiamo davanti due dire-zioni opposte: c’è la via di chi,come quei due all’andata, si la-scia paralizzare dalle delusionidella vita e va avanti triste; e c’èla via di chi non mette al primoposto sé stesso e i suoi proble-mi, ma Gesù che ci visita, e i

fratelli che attendono la sua visi-ta, cioè i fratelli che attendonoche noi ci prendiamo cura di lo-ro. Ecco la svolta: smettere diorbitare attorno al proprio io,alle delusioni del passato, agliideali non realizzati, a tante cosebrutte che sono accadute nellapropria vita. Tante volte noi sia-mo portati a orbitare, orbitare...Lasciare quello e andare avantiguardando alla realtà più grandee vera della vita: Gesù è vivo,Gesù mi ama. Questa è la realtàpiù grande. E io posso farequalcosa per gli altri. È una bel-la realtà, positiva, solare, bella!L’inversione di marcia è questa:passare dai pensieri sul mio io al-la realtà del mio Dio; passare —con un altro gioco di parole —dai “se” al “sì”. Dai “se” al “sì”.Cosa significa? “Se fosse statoLui a liberarci, se Dio mi avesseascoltato, se la vita fosse andatacome volevo, se avessi questo equell’a l t ro . . . ”, in tono di lamen-tela. Questo “se” non aiuta, nonè fecondo, non aiuta noi né glialtri. Ecco i nostri se, simili aquelli dei due discepoli. I qualipassano però al sì: “sì, il Signo-re è vivo, cammina con noi. Sì,ora, non domani, ci rimettiamoin cammino per annunciarlo”.“Sì, io posso fare questo perchéla gente sia più felice, perché lagente migliori, per aiutare tantagente. Sì, sì, posso”. Dal se al sì,dalla lamentela alla gioia e allapace, perché quando noi ci la-mentiamo, non siamo nellagioia; siamo in un grigio, in un

grigio, quell’aria grigia della tri-stezza. E questo non aiuta, nep-pure ci fa crescere bene. Dal seal sì, dalla lamentela alla gioiadel servizio.

Questo cambio di passo,dall’io a Dio, dai se al sì, com’èaccaduto nei discepoli? Incon-trando Gesù: i due di Emmausprima gli aprono il loro cuore;poi lo ascoltano spiegare leScritture; quindi lo invitano acasa. Sono tre passaggi che pos-siamo compiere anche noi nellenostre case: primo, aprire il cuo-re a Gesù, affidargli i pesi, le fa-tiche, le delusioni della vita, af-fidargli i “se”; e poi, secondo pas-so, ascoltare Gesù, prendere inmano il Vangelo, leggere oggistesso questo brano, al capitoloventiquattro del Vangelo di Lu-ca; terzo, pregare Gesù, con lestesse parole di quei discepoli:“Signore, ‘resta con noi’ (v. 29).Signore, resta con me. Signore,resta con tutti noi, perché abbia-mo bisogno di Te per trovare lavia. E senza di Te c’è la notte”.

Cari fratelli e sorelle, nella vi-ta siamo sempre in cammino. Ediventiamo ciò verso cui andia-mo. Scegliamo la via di Dio,non quella dell’io; la via del sì,non quella del se. Scopriremoche non c’è imprevisto, non c’èsalita, non c’è notte che non sipossano affrontare con Gesù. LaMadonna, Madre del cammino,che accogliendo la Parola ha fat-to di tutta la sua vita un “sì” aDio, ci indichi la via.

Al termine della recitadell’antifona mariana il Papa haricordato la Giornata mondialecontro la malaria, ha salutato ifedeli polacchi impegnati nella“Lettura nazionale della Sacras c r i t t u ra ” e ha rinnovato l’invito apregare il rosario nel mese dimaggio dedicato alla VergineMaria. Infine si è affacciato dallafinestra per impartire labenedizione su piazza San Pietroancora vuota a causa delle misureantiassembramento imposte dallapandemia di covid-19.

Cari fratelli e sorelle,ieri ricorreva la Giornata Mon-diale delle Nazioni Unite controla malaria. Mentre stiamo com-battendo la pandemia di corona-virus, dobbiamo portare avantianche l’impegno per prevenire ecurare la malaria, che minacciamiliardi di persone in molti Pae-si. Sono vicino a tutti i malati, aquanti li curano, e a coloro chelavorano perché ogni personaabbia accesso a buoni servizi sa-nitari di base.

Rivolgo anche un saluto atutti coloro che oggi, in Polonia,partecipano alla “Lettura Nazio-nale della Sacra Scrittura”. Viho detto molte volte e vorreidirlo ancora di nuovo, quanto èimportante prendere l’abitudinedi leggere il Vangelo, alcuni mi-nuti, tutti i giorni. Portiamolo intasca, nella borsa. Che sia sem-pre vicino a noi, anche fisica-mente, e leggerne un po’ ognigiorno.

Tra pochi giorni inizierà ilmese di maggio, dedicato inmodo particolare alla VergineMaria. Con una breve Lettera —pubblicata ieri — ho invitato tut-ti i fedeli a pregare in questomese il santo Rosario, insieme,in famiglia o da soli, e pregareuna delle due preghiere che homesso a disposizione di tutti. Lanostra Madre ci aiuterà ad af-frontare con più fede e speranzail tempo di prova che stiamo at-traversando.

Auguro a tutti un buon mesedi maggio e una buona domeni-ca. Per favore, non dimenticatevidi pregare per me. Buon pranzoe arrivederci.

di ANDREA MONDA

Ad un mondo che vive un tempo intri-so di precarietà e di inquietudinesempre pronta trasformarsi in ango-

scia, quando il morso del virus si fa più vi-cino e colpisce negli affetti più cari e demo-lisce i sogni e le prospettive più “s i c u re ”, ilPapa ricorda che l’inquietudine fa parte del-la vita, è una delle materie di cui siamo fat-ti, una delle stoffe in cui siamo stati intessu-ti. Domenica mattina durante l’omelia dellamessa celebrata a Casa Santa Marta il Pon-tefice, commentando il passo del Vangelorelativo ai discepoli di Emmaus, ha afferma-to con semplicità che: «Noi siamo nati conun seme di inquietudine», e ha aggiunto:«Dio ha voluto così: inquietudine di trovarepienezza, inquietudine di trovare Dio, tantevolte anche senza sapere che noi abbiamoquesta inquietudine». Il Papa ha dato quin-di un nome a questo nostro stato d’animo:cos’è che ci inquieta? È il desiderio, la no-stalgia di Dio. Senza fare il nome ha poi ci-tato l’incipit delle Confessioni di Sant’Agosti-no: «Il nostro cuore è inquieto, il nostrocuore ha sete: sete dell’incontro con Dio. Locerca, tante volte per strade sbagliate: siperde, poi torna, lo cerca». L’uomo dunqueè un essere che cerca, ma non nel vuoto oper il gusto di cercare ma perché ha unameta che già conosce: «Tu non mi cerchere-sti se non mi avessi già trovato» secondo ilpensiero n. 553 di Pascal. Il 27 dicembre del1978 San Giovanni Paolo II, da due mesi di-ventato successore di Pietro, citava il famo-so pensiero di Pascal aggiungendo che«Questa è la verità sull’uomo. Non la sipuò falsificare. Non la si può nemmeno di-struggere. La si deve lasciare all’uomo per-ché essa lo definisce». L’uomo, un essere inr i c e rc a .

Ma questa è solo una parte della realtà enemmeno la più grande, perché il punto de-cisivo del mistero dell’esistenza umana è chenon è tanto che l’uomo cerca Dio ma ilcontrario: è Dio che cerca l’uomo. Senzaperdersi in spiegazioni troppo didascalicheil Papa nella sua omelia ha chiarito perchénoi viviamo con questo seme inquieto den-tro il cuore, perché Dio ha voluto così: Dioci ha creati inquieti perché Lui stesso è in-quieto. «Dall’altra parte — ha aggiuntoFrancesco — Dio ha sete dell’incontro, a talpunto che ha inviato Gesù per incontrarci,per venire incontro a questa inquietudine».Due esseri assetati uno dell’altro destinati aincontrarsi: Dio e l’uomo.

Essere precario (cioè “colui che prega”) èuna condizione inscritta nella naturadell’uomo, quella natura che Cristo ha as-sunto fino alle estreme conseguenze, pre-gando il Padre giovedì santo e sulla croce,apparentemente senza risposta. Questa di-mensione della precarietà, della sete è cara aPapa Francesco che durante il viaggio inColombia nel settembre del 2017 ebbe a direparlando a dei giovani: «Se vuoi riuscirenella vita come vuole Gesù, prega, perché ilprotagonista della storia è il mendicante, ilprotagonista della storia della salvezza è ilmendicante che ciascuno di noi ha dentro»;il protagonista della storia, un’espressione asua volta ripresa dalle parole rivolte da donLuigi Giussani a Giovanni Paolo II il 30maggio 1998 in occasione dell’incontro inpiazza San Pietro tra il Papa e i movimentiecclesiali: «Il Mistero come misericordia re-sta l’ultima parola anche su tutte le bruttepossibilità della storia. Per cui l’esistenza siesprime, come ultimo ideale, nella mendi-canza. Il vero protagonista della storia è ilmendicante: Cristo mendicante del cuoredell’uomo e il cuore dell’uomo mendicante

di Cristo». Due mendicanze si incontrano,devono incontrarsi in Cristo nel disegno diDio che l’uomo può ma non deve ostacola-re. E infatti Papa Francesco, citando impli-citamente l’incipit dell’enciclica Deus caritasest di Benedetto XVI, ha iniziato l’omeliacon queste parole: «Tante volte abbiamosentito che il cristianesimo non è solo unadottrina, non è un modo di comportarsi,non è una cultura. Sì, è tutto questo, mapiù importante e per primo, è un incontro.Una persona è cristiana perché ha incontra-to Gesù Cristo, si è lasciata incontrare daLui». L’uomo può in effetti resistere allapossibilità d’incontro che Gesù, in modo di-screto, gli offre. «Come agisce Gesù? Inquesto passo del Vangelo (cfr. Lc 24, 13-35)vediamo bene che Lui rispetta, rispetta lanostra propria situazione, non va avanti.Soltanto, qualche volta, con i testardi,pensiamo a Paolo, quando lo butta giù dalcavallo. Ma di solito va lentamente, rispet-toso dei nostri tempi. È il Signore della pa-zienza. Quanta pazienza ha il Signore connoi, con ognuno di noi!». Sullo stile di Ge-sù si è soffermato a lungo durante l’omelia,perché lo stile di Cristo deve essere lo stiledel cristiano, uno stile discreto che non usaviolenza ma conosce l’arte dell’incontro, fat-ta di ascolto paziente e di condivisione sin-cera.

Nelle parole pronunciate al Regina Caeliil Papa si è soffermato invece sugli effetti diquell’incontro, partendo sempre dall’episo-dio di Emmaus, e osservando come i dueviaggi dei discepoli, prima in fuga da e poidi ritorno a Gerusalemme, siano non sologeograficamente opposti: «Il primo avvienenella tristezza, il secondo nella gioia. Nelprimo c’è il Signore che cammina al lorofianco, ma non lo riconoscono; nel secondonon lo vedono più, ma lo sentono vicino.

Nel primo sono sconfortati e senza speran-za; nel secondo corrono a portare agli altrila bella notizia dell’incontro con Gesù Ri-sorto». È il bivio in cui si trova ogni cristia-no nella sua vita, anche oggi: «Abbiamo da-vanti due direzioni opposte: c’è la via dichi, come quei due all’andata, si lascia para-lizzare dalle delusioni della vita e va avantitriste; e c’è la via di chi non mette al primoposto sé stesso e i suoi problemi, ma Gesùche ci visita, e i fratelli che attendono la suavisita, cioè i fratelli che attendono che noi ciprendiamo cura di loro. Ecco la svolta:smettere di orbitare attorno al proprio io, al-le delusioni del passato, agli ideali non rea-lizzati, a tante cose brutte che sono accadu-te nella propria vita». C’è bisogno di unoscatto, di quello che il Papa definisce un«cambio di passo, dall’io a Dio, dai se alsì», un cambio che i discepoli riescono acompiere «incontrando Gesù».

Con un’avvertenza: nel primo viaggio,quello dello sconforto, dell’inquietudine,Gesù è già presente e cammina a fiancoall’uomo. Si tratta allora per davvero di la-sciarsi incontrare, di non fare nulla, nessunaricerca, ma attendere, vivere l’attesa (cioè es-sere tesi-a) nei confronti di una presenzache è già vicina a noi, anche se in modo mi-sterioso. Forse si tratta di sognare un po’ dipiù. Proprio come fa Giacobbe nel capitolo28 della Genesi, quando sogna gli angeliche salgono e scendono dal cielo e Dio chegli promette di non abbandonarlo mai: «Al-lora Giacobbe si svegliò dal sonno e disse:“Certo, il Signore è in questo luogo e ionon lo sapevo”». Questo che è il fulcro delracconto veterotestamentario è anche la roc-cia della speranza cristiana: Gesù ci sta afianco, bussa alla nostra porta, e attende so-lo che noi, come a Emmaus, gli diciamo dientrare e restare con noi.

Georges Rouault, «I discepoli di Emmaus» (particolare)