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1 Introduzione Questa tesi è il mio tentativo di indagare la relazione tra il giornalismo di carta stampata e il fenomeno dell’immigrazione in Italia. La scelta di tali tematiche è dovuta, in primo luogo, all’interesse verso il fenomeno dell’immigrazione, che percepivo importante per il presente e il futuro della società, ma nello stesso tempo difficile da comprendere nella sua interezza; in secondo luogo, alla passione per il giornalismo che mi accompagna da sempre. Questa ricerca è stata vissuta, infatti, come un’inchiesta che tenta di mettere ordine nella complessità sociale per spiegarne alcuni aspetti, cogliere i dettagli importanti, collegarli con quanto già noto, dando anche la parola ai protagonisti. Per trattare a fondo l’argomento ho integrato l’approccio di teoria e tecniche del linguaggio giornalistico con nozioni di marketing, sociologia e diritto della comunicazione. Nel primo capitolo si descrive il fenomeno dell’immigrazione da un punto di vista sociologico e storico. È il punto di partenza per l’indagine: l’immigrazione in Italia è un fenomeno recente, al contrario che in altri paesi europei, ma già radicato nel tessuto sociale. L’Italia è stata per secoli punto di partenza di emigranti verso altri paesi e solo verso la fine degli anni Ottanta del Ventesimo secolo si è scoperta, a fatica, terra d’immigrazione. Nel secondo capitolo, dopo una premessa sull’importanza dei mass media nella costruzione dell’opinione pubblica e degli atteggiamenti degli individui nei confronti di un fenomeno nuovo, si offre una rassegna degli studi che riguardano la rappresentazione dei migranti nei mezzi di informazione, in particolare nella stampa quotidiana. Ciò che emerge da tutte le ricerche condotte dal 1990 in poi, è una sostanziale inadeguatezza, da parte della stampa italiana, nel trattare il tema dell’immigrazione. Inadeguatezza verso i lettori italiani, cui viene offerta un’informazione parziale e perfino distorta della realtà dell’immigrazione, presentata in primo luogo come “problema” e “minaccia”. Inadeguatezza, soprattutto, nei confronti dei cittadini

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Introduzione

Questa tesi è il mio tentativo di indagare la relazione tra il giornalismo di

carta stampata e il fenomeno dell’immigrazione in Italia. La scelta di tali

tematiche è dovuta, in primo luogo, all’interesse verso il fenomeno

dell’immigrazione, che percepivo importante per il presente e il futuro

della società, ma nello stesso tempo difficile da comprendere nella sua

interezza; in secondo luogo, alla passione per il giornalismo che mi

accompagna da sempre. Questa ricerca è stata vissuta, infatti, come

un’inchiesta che tenta di mettere ordine nella complessità sociale per

spiegarne alcuni aspetti, cogliere i dettagli importanti, collegarli con

quanto già noto, dando anche la parola ai protagonisti. Per trattare a

fondo l’argomento ho integrato l’approccio di teoria e tecniche del

linguaggio giornalistico con nozioni di marketing, sociologia e diritto

della comunicazione.

Nel primo capitolo si descrive il fenomeno dell’immigrazione da un

punto di vista sociologico e storico. È il punto di partenza per l’indagine:

l’immigrazione in Italia è un fenomeno recente, al contrario che in altri

paesi europei, ma già radicato nel tessuto sociale. L’Italia è stata per

secoli punto di partenza di emigranti verso altri paesi e solo verso la fine

degli anni Ottanta del Ventesimo secolo si è scoperta, a fatica, terra

d’immigrazione.

Nel secondo capitolo, dopo una premessa sull’importanza dei mass

media nella costruzione dell’opinione pubblica e degli atteggiamenti

degli individui nei confronti di un fenomeno nuovo, si offre una rassegna

degli studi che riguardano la rappresentazione dei migranti nei mezzi di

informazione, in particolare nella stampa quotidiana. Ciò che emerge da

tutte le ricerche condotte dal 1990 in poi, è una sostanziale

inadeguatezza, da parte della stampa italiana, nel trattare il tema

dell’immigrazione. Inadeguatezza verso i lettori italiani, cui viene offerta

un’informazione parziale e perfino distorta della realtà

dell’immigrazione, presentata in primo luogo come “problema” e

“minaccia”. Inadeguatezza, soprattutto, nei confronti dei cittadini

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immigrati, i quali sono sistematicamente stigmatizzati; non viene data

loro voce in qualità di fonti neanche nelle notizie che li riguardano

direttamente; non vengono presi in considerazione, infine, nemmeno

come possibili “utenti” dell’informazione con bisogni specifici.

Il terzo è un capitolo di passaggio. L’inadeguatezza dei media e la loro

forte carica discriminatoria nei confronti dei cittadini immigrati in Italia

va contro i principi di non discriminazione e parità di trattamento sanciti

dalla Costituzione e ribaditi da una molteplicità di leggi. L’esclusione

degli immigrati dal dibattito pubblico, inoltre, è in contraddizione con i

valori di inclusione e partecipazione incoraggiati dall’Unione Europea.

Esclusione evidente anche nella normativa relativa all’accesso alla

professione giornalistica; il regolamento dell’Ordine dei giornalisti,

infatti, non si attiene al principio di parità di trattamento sui luoghi di

lavoro: prevede un elenco a parte per i giornalisti non italiani e non

permette che uno straniero possa assumere la carica di direttore

responsabile o editore di una testata giornalistica in Italia. Tutto ciò

rivela una forte miopia nei confronti del gruppo di immigrati in Italia,

costituito da oltre tre milioni di persone, provenienti da più di

centonovanta paesi diversi. Eppure l’informazione potrebbe senz’altro

costituire una prima forma di cittadinanza: per arrivare all’integrazione e

alla partecipazione alla vita della società d’accoglienza, infatti, ogni

persona straniera ha bisogno di “conoscenza”. Conoscenza di quanto

accade nel paese d’accoglienza, di come orientarsi, delle procedure per

mettersi in regola, della normativa attinente. Ecco dunque l’emergere di

un nuovo segmento di possibili “consumatori” dell’informazione:

segmento che può anche essere visto come nuovo mercato per i beni

informativi (e non solo), con attese e bisogni specifici.

Per questo nuovo pubblico sono nate, negli ultimi anni, particolari

pubblicazioni, qui denominate “giornali etnici”, che cercano di venire

incontro ai bisogni informativi degli immigrati fornendo informazione

“targettizzata” secondo le (presunte) esigenze dei lettori. Notizie

dall’Italia e dai paesi d’origine, informazione di servizio e di pubblica

utilità su leggi e servizi: molto spesso nella lingua della comunità di

riferimento. Le linee guida di queste pubblicazioni sono varie: dare ai

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lettori la possibilità di mantenere un contatto con il paese d’origine –

spiegare la realtà italiana – informare sulla normativa in materia

d’immigrazione. Il valore aggiunto di queste riviste è che nella

maggioranza dei casi esse sono non solo dirette agli immigrati, ma anche

gestite da immigrati: essi cominciano quindi a prendere la parola in un

settore in cui prima non veniva loro data mai. Nel capitolo 4 si descrive

in dettaglio la “stampa d’immigrazione”, se ne forniscono le

caratteristiche principali e si offre un “censimento” delle iniziative più

importanti, sia nell’ambito della stampa etnica sia di quella

multiculturale. La stampa etnica (altrimenti detta “in lingua”) comprende

tutti quei giornali diretti a lettori appartenenti a particolari comunità

etniche o linguistiche o nazionali. Le iniziative esistenti, di cui si offre

una “mappa” indicativa senza pretese di esaustività, ma frutto di

un’accurata ricerca personale, sono numerose. Si tratta, in molti casi, di

pubblicazioni a distribuzione nazionale: la maggior parte dei più noti e

diffusi giornali per immigrati sono editi dal medesimo gruppo editoriale

(Stranieri in Italia). Di questa casa editrice si analizzano le variabili del

“marketing mix” al fine di comprendere come il marchio è costruito,

attraverso le scelte di marketing strategico, per venire incontro ai bisogni

dei lettori ma anche delle aziende che su questi stessi giornali si

pubblicizzano.

Accanto ai giornali etnici si sviluppa un tipo di stampa contigua, qui

denominata “stampa multiculturale”. Si tratta di giornali gestiti da

cittadini sia immigrati sia italiani e rivolti a un pubblico misto, con

l’intento di favorire il dialogo e la conoscenza reciproca. Spesso prodotti

da associazioni di volontariato, trattano di tematiche connesse al mondo

dell’immigrazione e all’intercultura e non hanno ancora acquisito una

personalità distintiva né importanza nazionale. Si prevede, in ogni caso,

un cambiamento a breve nel panorama della stampa multiculturale con

l’entrata in scena di due pubblicazioni prodotte da due grandi gruppi

editoriali: il già citato Stranieri in Italia e il gruppo Repubblica/Kataweb,

che già con il portale on line Il Passaporto prova a realizzare un giornale

interculturale e di servizio.

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In appendice si offre una scelta delle interviste realizzate sul campo agli

operatori della stampa multiculturale durante questo studio, un campione

delle prime pagine di alcuni dei giornali trattati e una copia del

questionario inviato a tutte le redazioni dei giornali etnici e

multiculturali. Tale questionario è stato formulato al fine di confermare i

dati tecnici relativi alle riviste nominate, ma anche come una forma di

primo “approccio” comunicativo con le persone che le gestiscono.

Prima di procedere, vorrei rivolgere un ringraziamento al mio relatore,

prof. Mauro Sarti, che ha accettato subito la mia proposta di tesi e ai

miei correlatori, dott. Nicola Rabbi, che con infinita pazienza mi ha

seguito lungo tutto il lavoro (eventuali errori o inesattezze sono

comunque di mia esclusiva responsabilità) e prof.ssa Pina Lalli.

Desidero ringraziare di cuore tutti i direttori, segretari di redazione e

collaboratori dei giornali censiti che hanno risposto alle mie domande

per telefono, e-mail o di persona, mi hanno ospitato nelle loro redazioni

e fornito un’enorme quantità di informazioni utili, con gentilezza ed

entusiasmo. Ringrazio inoltre il prof. Roberto Grandi e la prof.ssa Carla

Salvaterra per avermi permesso di svolgere due periodi di studio

all’estero, nell’ambito del progetto Socrates/Erasmus, da cui è nato il

mio interesse per la multiculturalità. Grazie a Felix Rosado e Alvaro

Zuleta Cortés, della ONG spagnola Aculco, che mi hanno dato la

possibilità di realizzare una prima inchiesta sull’immigrazione per il

giornale Tiempo Ibero Americano. Infine, un grazie particolare ai

compagni migliori di questo lungo viaggio: Marco, Cinzia, Giusi,

Marilisa, Laura, Fabrizio, Gigi, Joseba, Delphine.

Questa tesi è dedicata a Teresa e Antonio.

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Cap. 1 Elementi di scenario

1.1.L’immigrazione come viaggio: definizione e storia

Il viaggio simbolicamente vede sempre l’uscita dal mondo del

“medesimo” verso il mondo dell’altrove, che ancora non si conosce. È

un’esperienza che porta necessariamente alla conoscenza e come tale ha

sempre costituito per l’uomo una fonte d’attrazione1. La narrazione del

viaggio e di ciò che vi accade durante è una tradizione comune a molti

romanzi del Settecento, dai Viaggi di Gulliver di Jonathan Swift al

Robinson Crusoe di William Defoe, passando per testi poco conosciuti

oggi come I viaggi di Enrico Wanton del veneziano Zaccaria Seriman.

La ragione per cui tali romanzi sono ancora estremamente attuali, al di là

del loro valore letterario, è che dedicano ampio spazio alla descrizione

dell’incontro-scontro tra i protagonisti del viaggio e le società

d’accoglienza delle terre cui approdano – spesso completamente diverse,

almeno all’apparenza2, da quelle di provenienza.

Incontro-scontro, quello tra individui provenienti da società differenti,

che attraversa i secoli e arriva al presente. Secondo le Nazioni Unite,

infatti, al momento sono circa 175 milioni i migranti nel mondo. Di

questi circa 17 milioni sono rifugiati e 900.000 richiedenti asilo. 18

milioni sono invece i migranti verso l’Europa, distribuiti in maniera

differente nei diversi paesi: la presenza in Italia è di 2.600.000 persone

1 Si dice anzi che l’essere umano sia stato nomade molto a lungo e anche dopo essere

divenuto sedentario abbia continuato a spostarsi con grande frequenza. Basti pensare

alla narrazione dell’Esodo presente nella Bibbia, alla storia delle “invasioni barbariche”

o delle colonizzazioni, ai movimenti degli antichi mercanti medievali, agli spostamenti

dei rifugiati in cerca di asilo, ai resti della cultura araba che arricchiscono la Spagna e

la Sicilia ecc. 2 All’apparenza, perché spesso tali resoconti di viaggio – a volte con velati intenti

satirici sulla società europea settecentesca – si concludono con l’idea che gli uomini,

nelle loro caratteristiche fondamentali, sono gli stessi in tutti i luoghi: “ho veduto il

mondo: per tutto i costumi sono simili nell’essenziale, né si varia se non nel modo”

[Seriman, 1988, p. 369]. Avviene cioè un capovolgimento socio-antropologico del tutto

inedito per un’epoca così etnocentrica.

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secondo l’ultima rilevazione [Caritas, 2004], cui vanno aggiunti circa

700mila cittadini di origine straniera che non hanno ancora ottenuto il

permesso di soggiorno.

Migrante è, secondo la definizione della Nazioni Unite, una persona che

si sposta in un paese differente da quello di residenza abituale e che vive

in quel paese per più di un anno. Questa definizione non tiene conto

delle migrazioni interne, gli spostamenti cioè di chi si è trasferito in una

città diversa all’interno dello stesso paese, né di coloro che, come i

lavoratori stagionali, si trasferiscono in posti diversi per periodi inferiori

ai dodici mesi, ma è utile per definire uno degli attori che entrano in

azione nella dinamiche dei processi migratori. Tali attori sono infatti

almeno tre: i migranti attuali e potenziali; la società d’origine e

provenienza; la società d’accoglienza. Ogni esperienza migratoria quindi

si differenzia dalle altre nella misura in cui si differenziano questi tre

elementi, protagonisti di un’interazione complessa.

Il migrante può inoltre essere definito, a seconda del punto da cui lo si

osserva, emigrante (in riferimento all’uscita dal paese di nascita) o

immigrato (in riferimento all’ingresso nel paese d’accoglienza), anche se

le tre definizioni tendono a essere usate, nel linguaggio comune, in modo

indifferenziato [Ambrosini, 2005, p.17].

I principali motivi per cui le persone si spostano sono molti: studio e

ricerca, semplice turismo, lavoro stagionale o a contratto, ricerca di

lavoro, ricongiungimento familiare, ritorno nel paese d’origine, richiesta

d’asilo politico ecc. La migrazione non è quindi appannaggio di un unico

segmento di popolazione né di un’unica parte del mondo. L’emigrante

moderno può infatti appartenere alle classi basse della scala

socioeconomica così come a quelli alte, aver emigrato una o più volte,

essersi trasferito per motivi di sopravvivenza personale o di qualità della

vita, spostarsi da un continente all’altro e viceversa [Ruiz de

Olabuénaga, 2000, p. 8].

Gli studi sociologici identificano diverse fasi o cicli ricorrenti dei

processi migratori di grandi dimensioni: arrivo dei primi pionieri

(uomini giovani) in cerca di lavoro, loro stabilizzazione e formazione dei

nuclei familiari. Questo ciclo, sebbene molto esemplificativo non è

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tuttavia valido universalmente, perché non tiene conto delle altre

motivazioni che spingono a trasferirsi né di alcuni processi che, per

esempio, vedono protagoniste in prevalenza donne che si spostano per

brevi periodi. Nuove tendenze stanno infatti emergendo; tra queste, la

globalizzazione delle migrazioni3 (sempre più paesi sono soggetti ai

processi migratori); l’accelerazione delle migrazioni (il fenomeno cresce

infatti di dimensione anno dopo anno)4; la differenziazione delle

migrazioni (anche migranti provenienti dagli stessi paesi hanno spesso

motivazioni, abitudini e aspirazioni completamente diverse) e la

femminilizzazione delle migrazioni che vede le donne aumentare di

numero ed essere spesso pioniere nel mercato del lavoro [Ambrosini, op.

cit., p. 27].

Le cause che portano alla migrazione, come si è visto, possono essere

varie e molteplici e dipendere molto dal singolo individuo, ma si è soliti

ricondurle a due tipi di fattori: push, cioè quei fattori d’espulsione interni

ai paesi d’origine che spingono una persona a scegliere di andare via

(incapacità della società d’appartenenza di offrire benessere, guerre in

corso, crisi economica, catastrofi naturali, disoccupazione diffusa ecc.) e

fattori pull, cioè le condizioni d’attrazione, le caratteristiche proprie del

paese d’arrivo che attraggono favorevolmente il migrante (somiglianza

linguistica, condizione demografica, domanda di forza-lavoro, vicinanza

ad altri paesi, politiche meno restrittive all’ingresso, presenza di una

comunità d’immigrati stabilizzata ecc.).

3 Cfr. cap. 1.5. 4 In Italia all’ultimo censimento [ISTAT, 2001] il numero di immigrati presenti (oltre

un milione) risultava oltre il triplo di quelli presenti nel censimento precedente, nel

1991 (356.000). Inoltre, nel giro di quattro anni (2000-2004) tale numero è

ulteriormente raddoppiato passando a 2 milioni e 600mila presenze regolari [Dossier

Caritas/Migrantes 2004].

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1.2 L’immigrazione in Europa a cavallo tra due secoli

Negli ultimi due secoli l’Europa è stata il punto di partenza da cui

milioni di persone emigrarono verso il continente americano. Simile

movimento si registrò anche verso alcuni paesi asiatici e l’Australia. La

fine della Seconda Guerra Mondiale mise fine all’Impero Coloniale e

diede inizio allo sviluppo industriale europeo, così come a nuovi

movimenti migratori dall’Asia e dall’Africa verso l’Europa e, al suo

interno, dai paesi dal Sud (Italia, Spagna, Portogallo, Turchia e Grecia)

verso i paesi settentrionali (Germania, Francia, Paesi Bassi ecc.). Negli

ultimi due secoli e mezzo più di 350 milioni di persone, di cui quasi la

metà Europei, hanno abbandonato il proprio paese d’origine per

trasferirsi altrove. Se tra il 1750 e il 1940 in tutto il mondo emigrarono

127 milioni di persone, solo negli anni tra il 1940 e il 1990

abbandonarono i loro paesi circa 220 milioni di persone, di cui più del

30% Europei. Tra il 1870 ed il 1970, circa 27 milioni d’italiani

lasciarono l’Italia per andare a vivere all’estero; le mete più ambite erano

l’America Latina e gli Stati Uniti. Agli inizi del Novecento, più della

metà della popolazione di Buenos Aires era infatti composta da italiani;

questi ultimi sono stati una parte importante anche della forza lavoro di

Francia, Svizzera e Germania.

Per un breve excursus sulla storia dell’immigrazione in Europa

dall’Ottocento a oggi ci si atterrà qui alla periodizzazione proposta da

Corti [2003] e ripresa da Ambrosini [2005] che suddivide la storia

contemporanea in sei macroperiodi.

Il periodo dal 1830 per i paesi nordeuropei e dal 1830 per l’Italia fino

alla fine della Prima Guerra Mondiale è quello della grande emigrazione

di massa verso le Americhe, dove erano in costruzione grandi opere

pubbliche come le ferrovie e molto alta era la richiesta di manodopera.

In questo periodo dall’Italia partirono circa 13 milioni e mezzo di

persone.

Le partenze diminuirono nel periodo tra le due guerre, quando,

nonostante il fabbisogno di manodopera fosse alto a causa di persone in

esilio e deportazioni, cominciò ad affermarsi l’idea della necessità di una

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regolamentazione dei flussi migratori che limitasse e selezionasse gli

arrivi. Canada, Stati Uniti, Argentina, Brasile, Nuova Zelanda, Sud

Africa, Germania stavano infatti cercando di chiudere le frontiere anche

in seguito a violente campagne xenofobe [Stella, 2002, p. 48]. Il Johnson

Act del 1924, ad esempio, ridusse drasticamente la possibilità di ingresso

negli Stati Uniti e stabilì quote distinte per i diversi gruppi nazionali

[Pugliese, 2002, p. 17].

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, nel periodo della ricostruzione, si

vide un intenso movimento migratorio in quasi tutte le zone del mondo.

Francia, Svizzera e Belgio richiesero grandi quantità di manodopera

fornita in gran misura anche da italiani. Due milioni e mezzo di europei

scelsero come mete l’America e l’Oceania, mentre quasi mezzo milione

di profughi dall’Istria e dalla Dalmazia raggiunsero l’Italia e un milione

di italiani partì verso l’estero. Contemporaneamente cominciarono le

migrazioni interne dal Meridione verso il Nord Italia e dalle zone rurali

alle città.

Nel periodo del decollo economico (1951-71) sono comunque più di due

milioni gli italiani che cercarono fortuna all’estero. L’Italia sottoscrisse

vari accordi per la fornitura della forza lavoro e per la regolarizzazione

di coloro che immigravano senza regolare permesso; continuavano nel

frattempo anche i movimenti di migrazione interna. Altri paesi (Grecia,

Portogallo, Spagna, Turchia) divennero generatori di emigrazione

[Pugliese, op. cit.] mentre Francia e Inghilterra vedevano aumentata

l’immigrazione proveniente dalle loro ex-colonie.

Aumentava in molti paesi anche la preoccupazione derivante dal

problema della disoccupazione interna. Ma solo dal 1973, in seguito alla

crisi petrolifera, Francia, Germania e Inghilterra provarono a chiudere

ufficialmente le loro frontiere; l’arrivo di migranti continuò attraverso

altri canali (non solo ingressi clandestini ma ricongiungimenti familiari e

richieste d’asilo) ma diminuì sensibilmente.

Il 1973, anno del primo shock petrolifero, viene infatti inquadrato come

il momento in cui cambia anche il tipo di economia: tale data è infatti “lo

spartiacque tra il periodo di sviluppo industriale post-fordista, basato

sulla grande impresa e la produzione di massa, e la fase post-fordista

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delle società industriali [in cui] alla crescita dell’occupazione

industriale si sostituisce uno sviluppo basato sempre di più

sull’occupazione terziaria, compresa l’area dei servizi alle persone”

[Pugliese, op. cit., p. 74].

Scomparso il forte bisogno di manodopera generica, il modello di

sviluppo basato sulla grande impresa entra in crisi e con ciò si riduce

anche l’area delle garanzie del lavoratore. Con l’Anwerbenstop la

Germania mette fine alle pratiche di reclutamento all’estero e inizia le

politiche di restrizione e regolazione dell’immigrazione;

contemporaneamente i paesi dell’Europa meridionale, tra cui l’Italia,

cominciano a diventare meta e polo d’attrazione d’immigrazione.

1.3 Norme e accordi europei in materia d’immigrazione

Dalla seconda metà degli anni Ottanta la tendenza diventa quella di

cercare una convergenza tra le politiche europee relative

all’immigrazione, prima a livello di Comunità Europea, poi di Unione.

L’enfasi va sempre sull’esigenza di controllo quantitativo e repressione

dell’immigrazione “illegale”.

Nel 1985 vengono firmati gli Accordi di Schengen, in seguito ai quali è

nata l’espressione “Fortezza Europa” a causa delle politiche di chiusura

adottate verso l’esterno. Con questi accordi, infatti, si stabilisce uno

spazio comunitario senza frontiere, all’interno del quale è garantita la

libera circolazione dei cittadini comunitari e dei titolari del visto unico

Schengen. Si introducono criteri omogenei tra i diversi paesi in relazione

alle condizioni d’ingresso; ma viene anche introdotto il SIS (Sistema

Informativo Schengen) che rende accessibili a tutti gli stati le

informazioni sulle persone extra-comunitarie indesiderabili [Pugliese,

op. cit., p. 83].

I successivi accordi e trattati europei, come quello di Maastricht nel

1992 e quello di Amsterdam nel 1997, consolidano e riprendono i

contenuti degli Accordi di Schengen. A Maastricht viene istituita la

cittadinanza europea, cittadinanza di secondo grado che si acquista

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automaticamente possedendo la cittadinanza di uno degli stati membri

dell’Unione Europea. Ad Amsterdam, invece, si opera per rendere

ancora più omogenee le politiche dei singoli paesi sull’immigrazione; “il

trattato stabilisce le condizioni di ingresso dei cittadini in paesi terzi e le

norme di procedura per il rilascio da parte degli stati membri di visti e

permessi di soggiorno a lungo termine” [Pugliese, op. cit., p. 84]; si

discute sull’importanza delle politiche sociali contro l’esclusione e si

stabiliscono norme minime in materia di accoglienza e di attribuzione

dello status di rifugiato.

Nel 1995 si è invece tenuta a Barcellona una conferenza tra i

rappresentanti dei quindici paesi membri dell’Unione Europea e di

dodici stati mediterranei5, con la stesura finale della Carta di Barcellona.

Questa, sul modello dell’accordo americano Nafta, prevede la creazione

di un’area comune di pace e stabilità, la collaborazione di tutti gli stati

per frenare la pressione migratoria, la creazione di possibilità lavorative

nei paesi terzi a elevata pressione migratoria e la trasformazione

dell’area del Mediterraneo in un’area di libero scambio da rendere

funzionale entro il 2010. Duramente criticata in occasione della Seconda

conferenza interministeriale euro-mediterranea di Malta (1997), l’idea

della costituzione di un’area di libero scambio tra l’Unione Europea e gli

stati mediterranei è stata invece ripresa e confermata dalla Terza

conferenza euro-mediterranea di Stoccarda del 1999 [Bartocci, Cotesta

(a cura di) 1999, p. 228].

Successivamente, con il Summit di Tampere del 1999, vengono meglio

definite le posizioni emerse a Maastricht e Amsterdam, superando

l’ideale dell’”immigrazione zero” con una presa di coscienza

dell’immigrazione come dato di fatto e la proposta di politiche comuni

di repressione e controllo dell’illegalità ma anche di garanzia per gli

immigrati legali, “a partire dalla valutazione dei bisogni economici e

demografici dell’Unione Europea e della situazione dei paesi d’origine

[…] con una ripresa dell’immigrazione della manodopera legale, pur

5 Cioè Algeria, Cipro, Egitto, Giordania, Israele, Libano, Malta, Marocco, Palestina

Siria, Tunisia, Turchia.

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riconoscendo sempre la preferenza europea” [Wihtold de Wenden,

2001, p. 10].

L’attribuzione alla Commissione Europea di poteri più forti in materia

d’immigrazione causa ai singoli governi ripensamenti, che si

manifestano durante i vertici di Laecken (2001) e Siviglia (2002). La

priorità ridiventa quella della repressione dell’immigrazione irregolare:

si lavora per una politica comune in materia di visti e procedure

d’espulsione, per la repressione del traffico dei clandestini e il

coordinamento dei controlli alle frontiere [Ambrosini, op. cit., p. 195].

Nel 2003 il Consiglio Europeo di Thessaloniki di giugno ha completato

l’accordo dei singoli stati su una politica comune riguardante la

cooperazione con i paesi di provenienza, il controllo dei confini e il

rimpatrio dei migranti privi di documenti. A novembre dello stesso anno

la Commissione ha istituito un’Agenzia per il controllo delle frontiere, il

rimpatrio degli indesiderati e la cooperazione con i paesi caratterizzati da

maggiore pressione migratoria.

L’11 gennaio 2005, infine, la Commissione Europea ha proposto la

realizzazione del Libro Verde sull’immigrazione: si ribadisce la

necessità di una politica comune in materia, l’imprescindibilità della

regolamentazione dei flussi migratori e la priorità della manodopera

comunitaria nell’occupazione dei posti di lavoro disponibili.

1.4 L’Italia da paese di tradizione emigratoria a terra

d’immigrazione

Il 1973 è anche l’anno in cui l’Italia ufficialmente si trasforma da paese

di emigranti a paese d’immigrazione. Quando, in seguito alla crisi

petrolifera, Francia, Germania e Regno Unito chiudono le frontiere, i

flussi migratori si spostano verso i paesi dell’Europa meridionale, i cui

confini sono meno controllati, tra cui appunto l’Italia [Barrucci, Liberti,

2004, p. 26]; scelta di ripiego almeno fino alla seconda metà degli anni

Ottanta. Le cause dell’arrivo di persone straniere sono, almeno

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inizialmente, da ricondurre in prevalenza ai cosiddetti fattori push6 (o

d’espulsione) dei paesi d’origine, ma anche alla particolare posizione

geografica italiana e alla relativa facilità iniziale d’accesso alle frontiere.

Mentre infatti si riduce l’emigrazione italiana all’estero, continua quella

interna e cominciano i rientri di coloro che erano emigrati all’estero7,

arrivano anche in Italia i primi gruppi di stranieri. Il primo formato dai

lavoratori tunisini impiegati nella pesca e nell’agricoltura in Sicilia (il

porto di Mazara del Vallo, alcune aree coltivate nei dintorni di Trapani,

Ragusa ecc.). Arrivano inoltre altri gruppi eterogenei fra loro, con

prevalenza di donne impiegate nei lavori domestici [Pugliese, op. cit., p.

67] nelle grandi aree metropolitane sia a Nord che a Sud. Nel Meridione

risaltano alcune aree con una significativa presenza di immigrati come

Villa Literno in provincia di Caserta, diventata uno dei principali poli di

immigrati che lavorano nel settore agricolo. Il reclutamento avviene

generalmente attraverso organizzazioni ecclesiali e gran parte di loro

proviene da paesi cattolici o appartiene a minoranze cattoliche in paesi

con altre religioni dominanti. Cresce anche il flusso migratorio

proveniente dal Marocco, che finisce col diventare la componente a

lungo più numerosa in Italia (e prevalente nelle regioni meridionali),

occupata soprattutto nel commercio ambulante. Sempre negli anni

Ottanta cominciano ad aumentare le nazionalità presenti in Italia: ai

maghrebini si affiancano lavoratori provenienti dall'Africa Subsahariana

e dall'Africa Centro Occidentale, dei quali la maggioranza è d’origine

senegalese.

Con la pubblicazione del XII Censimento Generale della Popolazione

del 1981 (ISTAT) l’Italia si scopre finalmente “paese d’immigrazione”.

Dal censimento emerge che in Italia è entrata più gente di quanta ne sia

6 “Basti ricordare il deterioramento della situazione economica e sociale dei paesi del

Maghreb, dell’Africa a sud del Sahara, della Cina e di molti altri paesi […]; le guerre

nelle ex colonie italiane del Corno d’Africa, con cui il nostro paese mantiene

importanti relazioni; l’implosione di regimi di collettivismo burocratico dei paesi

dell’Europa dell’Est; il tracollo della ex Jugoslavia e dell’Albania ai nostri confini…”

[Bartocci, Cotesta, a cura di, 1999, pp. 224-225]. 7 La cosiddetta immigrazione “di ritorno”.

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14

uscita; il “saldo sociale netto”8 ammontava, infatti, a 270.000 unità.

Parallelamente a questa “scoperta” l’interesse di demografi e sociologi,

delle organizzazioni sindacali e del volontariato, si rivolge verso

l’immigrazione; nascono le prime associazioni di immigrati e si arriva

all'emanazione della prima legge significativa in materia, la 943/1986:

“Norme in materia di collocamento e di trattamento dei lavoratori

extracomunitari immigrati e contro le immigrazioni clandestine”. Essa

sancisce l'uguaglianza e la parità di trattamento dei lavoratori

extracomunitari con i lavoratori italiani, formalizza le norme per i

ricongiungimenti familiari e stabilisce le modalità per l'accesso e la

programmazione dell'occupazione dei lavoratori subordinati

extracomunitari. Questa legge prevede anche la regolarizzazione dei

lavoratori stranieri in posizione irregolare, ma ne limita la possibilità ai

soli lavoratori dipendenti.

L’immigrazione italiana fino agli anni Ottanta era dunque costituita da

alcuni macrogruppi (eritrei, capoverdiani, somali, marocchini, tunisini e

filippini). Dalla fine degli anni Ottanta e inizio dei Novanta in poi,

invece, le comunità di immigrati si fanno più varie. Si passa così dalle

27 nazionalità differenti presenti nel nostro paese alla fine degli anni

Ottanta alle oltre 192 cittadinanze del 2004. Infatti, con la caduta del

Muro di Berlino e la fine del Comunismo ma anche con la crescita dei

fattori pull (o d’attrazione) della società italiana verso l’esterno (in primo

luogo la forte domanda di manodopera non specializzata nelle regioni

settentrionali e di lavoratori stagionali per l’agricoltura al Meridione, ma

anche l’esistenza di una diffusa economia “informale” che assicura

quanto meno un lavoro per tutti)9, la componente straniera aumenta. E si

frammenta tanto da far parlare gli studiosi di policentrismo dei flussi

migratori, legato, secondo alcuni, alla mancanza, in Italia – a differenza

di altri paesi europei – “di una tradizione d’accoglienza rispetto a una

particolare comunità nazionale” [Barrucci, Liberti, op. cit., p. 26], ma

8 La differenza cioè tra chi è partito e chi è tornato [Pugliese, 2002, p. 68]. 9 Nonché dell’inasprimento dello squilibrio dei paesi più poveri come effetto collaterale

della globalizzazione dell’economia. Si ricordi che il 60% della ricchezza mondiale è

detenuto dall’America e dall’Europa [Dossier Caritas/Migrantes, 2004].

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15

anche alla particolare posizione geografica che la rende destinazione

appetibile per una molteplicità di paesi, tra cui quelli dell’Europa

dell’Est appena usciti dalla Guerra Fredda. Aumenta la pressione

migratoria dai paesi dell'Est, mentre altre nazionalità, come i cinesi,

cominciano ad acquistare rilevanza. Nel 1991 arriva l'immigrazione

albanese con le note “ondate” di profughi sbarcati sulle coste pugliesi,

ondate che si replicheranno nel 1997 in seguito al fallimento di alcune

società finanziarie cui gli albanesi avevano affidato i propri risparmi

[Bellu, 2004, p. 112]. Si ricordi la loro accoglienza in chiave

emergenziale10: chiave che dominerà il dibattito sull’immigrazione dagli

anni Novanta in poi.

Nel 1990 si tiene a Roma la Prima Conferenza Nazionale

sull'Immigrazione in occasione della quale si fornisce un quadro

generale e approfondito del fenomeno migratorio. Il principale interesse

degli osservatori sembra essere sia quello della conoscenza del

fenomeno, sia quello dell'accoglienza dei migranti con l'obiettivo di

superare la condizione di irregolarità. È anche grazie a quest’interesse

che si impone l’esigenza di sanatorie per l’emersione degli immigrati

irregolari già insediati. In Italia le sanatorie hanno avuto quattro

caratteristiche: “il carattere collettivo e di massa, la ricorrenza

periodica, le grandi dimensioni raggiunte, gli elevati livelli di

discrezionalità nel trattamento delle istanze” [Ambrosini, op. cit., p.

206]. Sono state infatti sei, dal 1981 al 2002, tra regolarizzazioni e

sanatorie, quelle attuate nel nostro paese.

Nel 1981 e nel 1986, si è trattato di una regolarizzazione praticamente

generalizzata. Nel 1990 la regolarizzazione viene invece attuata in

concomitanza con la ratificazione della legge n. 39, nota come “legge

Martelli”, che stanzia un fondo destinato agli enti locali per la

realizzazione di strutture d’accoglienza e, soprattutto, regola la

concessione del permesso di soggiorno. Esso viene concesso solo a

quanti siano in grado di dimostrare di disporre beni personali o

10 Cfr. cap. 2.2.

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un’occupazione retribuita o l’impegno di un ente o di un privato che

garantisca per lui.

Considerata troppo lassista, la legge Martelli viene sostituita nel 1995

dal Decreto Dini, che contiene una serie di misure relative alle politiche

per l’immigrazione e una nuova proposta di sanatoria più restrittiva delle

precedenti [Pugliese, op. cit., p. 108]. Decreto che decade l’anno dopo,

soppiantato dal Regolamento d’attuazione della legge sull’immigrazione

del 6 marzo 1998, noto come legge Turco-Napolitano e accompagnato a

sua volta da un’altra regolarizzazione. Essa prevede, per quanto riguarda

l’ingresso in Italia, la figura dello sponsor: un italiano o un cittadino

straniero può prestare garanzia per far giungere un massimo di due

persone all’anno. Per contrastare il traffico dei “clandestini” è previsto

l’arresto in flagranza di reato degli scafisti e il sequestro dei mezzi

utilizzati per il traffico, che devono poi essere distrutti o messi a

disposizione delle Forze dell’Ordine. Prevede inoltre la necessità di

stabilire quote predeterminate di immigrati da accettare ogni anno, una

carta di soggiorno illimitato per chi risiede in Italia da almeno cinque

anni, la possibilità per i migranti di concorrere all’assegnazione degli

alloggi pubblici, l’obbligo scolastico per i minori e il diritto

all’assistenza sanitaria. La legge Turco-Napolitano riflette chiaramente

gli orientamenti europei in seguito agli Accordi di Schengen (e segg.) e

irrigidisce i controlli di ingresso e frontiera. Istituisce inoltre i centri di

permanenza temporanea e assistenza (CPT) per identificare gli stranieri

maggiorenni in vista di un rimpatrio nel loro paese11.

Controlli irrigiditi dunque, ma evidentemente non abbastanza, visto che,

dopo essere stata duramente criticata, la legge viene sostituita da un

nuovo provvedimento accompagnato da regolarizzazione: la legge

198/2002, cioè la Bossi-Fini. Questa nuova legge lascia sostanzialmente

intatte le politiche sociali ma rende più selettiva la possibilità d’accesso

regolare eliminando per esempio le precedenti norme riguardanti la

possibilità di ingresso per motivi di ricerca di lavoro [Pugliese, op. cit.,

11 Sulla questione dei CPT come effettivi luoghi di detenzione affidati a privati, cfr.

Irregolari e respinti, in Barrucci, Liberti [2002, pp. 47-68] e Rivera [2003, pp. 53-68].

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p. 110] e più rigide le forme di repressione alla frontiera. Gli immigrati

sono considerati in quanto “lavoratori”, temporaneamente “ospiti” in

Italia per pure esigenze economiche. I vincoli introdotti rendono inoltre

più difficile per gli imprenditori reclutare nuovi lavoratori immigrati

[Ambrosini, op. cit., p. 213] ed eliminano la figura dello sponsor.

Interessanti anche le modalità di accesso alla sanatoria: vengono esclusi

familiari e lavoratori autonomi, in quanto la responsabilità della

presentazione della domanda è demandata ai datori di lavoro e non ai

lavoratori12; la pratica è affidata agli uffici postali e non più alla questura

e prevede il pagamento all’Inps di tre mesi di arretrati.

Il 10 febbraio 2005 è entrato in vigore il decreto di attuazione della legge

Bossi-Fini. È stata confermata l’istituzione del “contratto di soggiorno

per lavoro”: qualora un immigrato venga assunto (o licenziato), il datore

di lavoro deve darne comunicazione allo Sportello Unico per

l’Immigrazione. Nella stipula di tale contratto si prevede inoltre che il

datore di lavoro dichiari che il lavoratore, assunto o confermato, è in

possesso di un’abitazione adeguata ai criteri fissati dai regolamenti di

edilizia regionale.

1.5 In Italia, oggi

Impossibile da cogliere nella sua interezza in poche pagine, il caso

dell’immigrazione in Italia muta significativamente da una anno

all’altro, almeno in termini numerici. I cittadini immigrati hanno

raggiunto quota 2.600.000 [Dossier Caritas, 2004]. I primi tre gruppi

nazionali provengono da Romania, Marocco, Albania, ciascuno con

230/240 mila soggiornanti registrati. Al quarto posto, con 113.000

migranti, si trova l’Ucraina, seguita da Cina (100.000, presenti in tutta

12 Elemento che ha causato numerosi abusi come forme di ricatto e richieste di tangenti

agli immigrati da parte dei datori di lavoro, loro rifiuto a mettersi in regola o nascita di

“finti” datori di lavoro prestanome che hanno regolarizzato anche centinaia di

immigrati in cambio di denaro, come descritto nell’inchiesta di Barrucci, Liberti [2004,

pp. 23-45].

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Italia ma concentrati soprattutto nel triangolo Firenze-Prato-Empoli),

Filippine, Polonia e Tunisia. Sulle 40.000 presenze un cospicuo gruppi

di paesi tra cui Stati Uniti, Senegal, India, Perù, Ecuador, Serbia, Egitto,

Sri Lanka. Quasi la metà di loro, quindi, proviene da altri paesi europei

(il 47%, di cui solo il 7% da paesi comunitari, percentuale destinata ad

aumentare in vista dell’allargamento dei confini dell’Unione Europea) e

quasi un quarto provengono dall’Africa (23,5%). La differenza di genere

è minima; si assiste ad un sostanziale equilibrio complessivo tra uomini

e donne, con prevalenza dei coniugati su nubili e celibi, un’elevata

presenza di minori (un quinto dei residenti); si prevede che nel 2005

saranno circa 40mila i bambini nati da genitori entrambi non italiani. Di

tutti gli immigrati regolarizzati, inoltre, solo il 15,6% sono minori. La

percentuale di stranieri nati in Italia ammonta invece al 12%.

Gli immigrati “regolari”13 provvisti cioè di permesso di soggiorno,

ammontano al 4,5% circa della popolazione italiana; a questi andrebbero

aggiunti quelli “irregolari” di cui tuttavia non si posseggono stime

precise: dai 200mila stimati dall’ISMU agli 800mila stimati

dall’Eurispes.

La ripartizione geografica degli immigrati è nettamente pronunciata a

favore del Nord (60%, con netta prevalenza della Lombardia), seguito

dal centro (30%, in maggioranza nel Lazio) e nel Sud (10%,

prevalentemente in Campania). Grande potere d’attrazione continua a

esercitare il capoluogo regionale, seguito dalla provincia. In tutte le

province sono stati anzi istituiti i Consigli territoriali per

l’immigrazione, anche se non tutti ancora perfettamente funzionanti.

Alcuni comuni dispongono anche di un ufficio per l’immigrazione ma

nella maggioranza dei casi non vi sono, nei comuni con più di 15mila

abitanti, consulte comunali sull’immigrazione né consiglieri aggiunti.

Stando ai dati del Dossier Caritas/ Migrantes 2004, oltre il 66% dei

cittadini stranieri è venuto in Italia per motivi di lavoro; più del 24%,

13 Si ricorda che la definizione “regolare” è del tutto arbitraria e transitoria in quanto

indica il mero possesso del permesso di soggiorno: un cittadino straniero può essere

stato a lungo “irregolare” e può facilmente ridiventarlo in seguito alla revoca del

permesso di soggiorno.

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invece, è partito per motivi di famiglia. In tutto, quindi, il 90% delle

presenze mostra una volontà all’insediamento stabile. Il 7% dei permessi

di soggiorno è stato invece rilasciato per inserimenti medio-stabili

(studio, motivi religiosi, richiesta d’asilo politico, protezione sociale

ecc.).

I modelli lavorativi predominanti sono tre. Nelle regioni settentrionali

gran parte dei lavoratori di origine immigrata è impiegata nelle aziende

edili e nel settore manifatturiero; nelle regioni centrali è in prevalenza

impegnata nel terziario e nel lavoro domestico e di cura agli anziani; al

sud continuano a essere predominanti settori come l’agricoltura, la pesca

e la pastorizia [Barrucci, Liberti, op. cit., p. 41]. Suddivisioni

esemplificative e molto indicative, vista la realtà di grande

diversificazione dell’offerta di lavoro con cui quotidianamente si entra in

contatto.

1.6 I processi migratori fuori dell’Europa: breve

excursus geografico

Il fenomeno dell’immigrazione non riguarda solo l’Europa o gli stati

occidentali; interessa invece molti di più dei paesi ritenuti normalmente

mete d’immigrazione. Questo paragrafo vuole semplicemente dare

un’idea della portata di tale fenomeno, e vi si accennerà in seguito

quando si tratterà della rappresentazione allarmistica della “minaccia”

d’invasione straniera da parte dei mass media14: nel mondo sono in atto

processi migratori da sempre e i paesi a cui normalmente si pensa come

zone di immigrazione costituiscono in realtà solo una parte del

fenomeno, e nemmeno la più importante quantitativamente. Si tratta di

una dinamica che interessa le cosiddette “periferie” del mondo, poco

conosciuta proprio perché non passa dal “centro”.

1) Migrazione araba verso i Paesi del Golfo Persico. Durante la

seconda metà degli anni Sessanta e la prima metà dei Settanta, la

14 Dati estrapolati da Ruiz de Olabuénaga [2000].

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maggioranza dei migranti internazionali verso gli stati del Golfo

erano arabi, soprattutto egiziani, yemeniti, palestinesi, giordani e

libanesi. In seguito le monarchie del Golfo, preoccupate per le

possibili ripercussioni politiche di una massiccia immigrazione

economica islamica, cominciarono a reclutare lavoratori dal Sud e

Sud-Est asiatico, meno impegnati in politica e quindi più facili da

controllare. Al contrario, l’Iraq e la Libia tentarono di ridurre il

numero di immigranti provenienti dall’Asia in favore di quelli arabi.

Alla fine degli anni Settanta, con la crisi e la caduta del prezzo del

petrolio, alcuni osservatori hanno concluso che l’emigrazione di

massa verso questi paesi si doveva dare per conclusa. Questo non

vale nel caso del Kuwait, in cui la forza-lavoro composta da

immigrati costituisce una parte insostituibile della forza lavoro

totale, e dell’Egitto, in cui però i movimenti migratori sono

soprattutto interni e inter-regionali.

2) Migrazione araba verso i paesi non produttori di petrolio.

Quantitativamente meno importante della precedente, è costituita

tanto da lavoratori quanto da rifugiati politici. La Turchia,

nonostante sia anche punto di partenza di milioni di lavoratori

impiegati nell’Unione Europea, soprattutto Germania e Scandinavia,

si è trasformata in paese d’immigrazione dopo la caduta del

Comunismo e la Guerra del Golfo. Sono più di cinquemila gli afgani

residenti in Turchia e altrettanti gli iracheni; diverse centinaia di

migliaia anche i bulgari e numerose persone provenienti dall’ex

Unione Sovietica. Un altro interessante dato d’immigrazione per

motivi lavorativi si riferisce agli arabi palestinesi dei territori

occupati. Nel 1984, circa ottantasettemila lavoratori provenienti da

questi territori erano impiegati in Israele come parte della strategia

per integrare i territori occupati nell’economia israeliana. A partire

dal 1991, però, le opportunità d’impiego per gli arabi in Israele si

sono drasticamente ridotte, anche a causa dell’arrivo di persone

provenienti dall’ex URSS.

3) Migrazioni nell’area dell’Africa Meridionale. Qui si concentra la

metà dei rifugiati politici del mondo. Ma in quest’area le condizioni

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di vita sono pessime e l’instabilità politica rende da sempre l’area un

affollato punto di partenza di migranti verso l’Europa Occidentale

ma anche verso Stati Uniti, Canada, Medio Oriente.

Tradizionalmente questi flussi si dirigevano soprattutto verso le

antiche potenze coloniali, come i nigeriani verso il Regno Unito o i

senegalesi verso la Francia. Una caratteristica peculiare dei

movimenti migratori di quest’area è l’esistenza di accordi attraverso

cui vengono di volta in volta stabilite zone di libera mobilità per gli

stati firmatari; questo non impedisce una gran quantità di

immigrazione “illegale” in molti paesi, spesso tollerata in periodi di

economia florida e repressa, al contrario, in periodi di decadenza o in

presenza di pressioni internazionali. Chiaro esempio ne è la Nigeria,

che ha espulso tra il 1983 e il 1985 circa due milioni di persone. Sui

generis anche il caso del Sud Africa che è stato al tempo stesso,

soprattutto nel ventennio passato, terra d’accoglienza di lavoratori

stranieri e di partenza di emigranti in fuga dall’apartheid.

4) Migrazioni nelle regioni asiatiche del Pacifico. Le migrazioni da

questi paesi verso Medio Oriente, Nord America e Australia sono

state consistenti a partire dagli anni Sessanta fino agli anni Novanta

del Novecento, quando i movimenti di persone sono diventati

soprattutto interregionali, dagli stati cioè meno industrializzati come

Cina, Filippine, India, Bangladesh, Pakistan, Sri-Lanka e Indonesia

verso i “dragoni” asiatici industriali quali Giappone, Singapore,

Taiwan ecc. Sempre a proposito di migrazioni interne, significativi

sono gli spostamenti di grandi masse di persone dalle campagne

verso le città, fenomeno che assume particolare rilevanza in Cina.

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Cap. 2. La rappresentazione del migrante

nella stampa italiana

2.1 Gli effetti sociali dei mass media

La presenza di persone di origine straniera è ormai una componente

importante della società contemporanea. Per questo motivo, è

interessante osservare come questo elemento ancora nuovo per l’Italia

sia percepito e giudicato dagli autoctoni, e analizzare come il fenomeno

dell’immigrazione viene rappresentato nei mezzi di comunicazione, in

particolar modo dalla stampa. I mass media svolgono infatti un ruolo

fondamentale nell’influenzare - da veri e propri attori protagonisti - le

modalità di costruzione e negoziazione della realtà sociale.

In questo capitolo si parlerà della rappresentazione dei fatti relativi

all’immigrazione da parte della stampa italiana, e verrà presentata una

cospicua rassegna delle ricerche quantitative e qualitative su tale

rappresentazione. Questa rassegna servirà a dimostrare come i giornali

tradizionali italiani si siano rivelati inadeguati alla trattazione esaustiva e

imparziale del fenomeno, e a mettere in luce la necessità di un approccio

mediatico e giornalistico differente ai fatti relativi all’immigrazione.

Nella nostra società i mezzi di comunicazione di massa rappresentano la

realtà sociale svolgendo tre funzioni:

• Funzione referenziale: danno visibilità agli eventi;

• Funzione cognitiva: forniscono un’immagine di tali eventi;

• Funzione simbolica: costruiscono, per i loro fruitori, un contesto

interpretativo (frame) dotato di senso, razionale o emotivo.

Il ruolo dei media è tanto più importante nella misura in cui sono

chiamati a rappresentare realtà nuove o poco conosciute; quando entra in

gioco un elemento nuovo, diverso e quindi “disturbante”, l’opinione

pubblica dipende maggiormente dai media nel tentativo di ancorare ciò

che è sconosciuto a qualcosa di noto e ridurre la complessità che rende

difficile interpretare la realtà [Grossi, 1995, pp. 29-45].

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Per essere comunicati i fatti hanno bisogno, in primo luogo, di passare

attraverso l’ulteriore filtro del linguaggio: esso è “epistemicamente

indispensabile” [Searle, 1995, p. 90] per rappresentare una realtà

estremamente complessa. Si può anzi affermare che la realtà stessa, o

quella parte di realtà che viene rappresentata dai media, è costituita dal

linguaggio [ibidem, p. 70]. Ma il linguaggio in sé non è uno strumento

neutro. Come descritto nella linguistica di Saussure [Saussure, 1967]

ogni termine o segno linguistico è costituito da un significante, cioè il

suo aspetto grafico o fonetico, e da un significato, un concetto che oltre a

indicare un oggetto preciso della realtà fisica o simbolica dischiude

intere aree semantiche e richiama alla mente sentimenti e idee date per

scontate secondo riferimenti culturali e personali. Secondo l’ipotesi

Sapir-Whorf [Cheli, 1992, pp. 148-152], d’altro canto, il linguaggio va

visto come un codice che è espressione della società in cui si è formato e

che costituisce inoltre un “filtro” percettivo e interpretativo molto

importante15: “analizziamo la natura, […] la organizziamo in concetti e

le diamo determinati significati secondo linee tracciate dalla nostra

lingua” [Whorf, 1940, p. 169]. La scelta lessicale, quindi, non è mai una

scelta neutra, ma funge da richiamo per determinate “rappresentazioni

sociali” dell’oggetto in questione. Una rappresentazione sociale è,

secondo il sociologo Serge Moscovici, un sistema cognitivo, un insieme

cioè di valori, nozioni e pratiche sedimentati nella società e che serve a

categorizzare la realtà e a rendere familiare ciò che è ignoto o

inconsueto. Il linguaggio, infine, serve a “dividere e categorizzare il

rumore dell’enorme quantità di informazioni che ci investe ogni istante

del giorno” [Pratkanis, Aronson, 1996, p. 60]. Esso etichetta ogni

oggetto in base a una caratteristica particolare, a spese di tutte le altre

possibili: “noi reagiamo a queste caratteristiche, organizzando le nostre

realtà attorno all’etichetta dell’oggetto” [ibidem]. I nomi che separano -

come noi-loro, bianco-nero, maschio-femmina, ecc., dividono il mondo

e suggeriscono le azioni e le reazioni appropriate. Queste teorie

15 Cfr. cap. 3.3: per questo la lotta contro la discriminazione nei media comincia dalla

richiesta di un linguaggio più sorvegliato.

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dimostrano l’importanza che riveste la scelta dei termini soprattutto nel

caso di temi delicati come quello dell’immigrazione.

Ogni individuo ricava le informazioni per costruire tali rappresentazioni

sia dall’esperienza personale sia da fonti esterne come per esempio, e in

misura molto ampia, i mass media [Cheli, op. cit., p.183]. Secondo la

teoria sociologica dell’agenda setting16 i mass media contribuiscono,

insieme all’esperienza personale diretta, a strutturare le conoscenze

possedute dalle persone in modelli di realtà che ordinano e danno

organizzazione all’insieme delle percezioni. L’arrivo dei mezzi di

comunicazione di massa ha così ampliato gli orizzonti della conoscenza

e ha portato all’attenzione nuovi problemi, nuovi argomenti: il

cosiddetto “potere di agenda” che i media hanno di mettere in risalto

particolari pezzi di realtà, e che varia in rapporto alle differenti

tematiche. I mezzi di comunicazione non si limitano a veicolare e

trasmettere in modo neutrale dati “puri” di realtà, ma assegnano agli

eventi una diversa rilevanza e una diversa valutazione di merito legata ai

fatti particolari: scegliendo quali parti ritagliare dalla realtà, con che

frequenza proporli, quale risonanza attribuire e quanta enfasi porre nella

loro presentazione, i giornali forniscono così, come illustrato dagli studi

sul newsmaking17, una particolare rappresentazione della realtà

presentata come autentica e che può incidere, almeno a lungo termine,

sull’attenzione che il pubblico dedica a un determinato tema [ibidem, pp.

106-123]. Un altro tipo di potere attribuito ai media è quello, descritto

nella teoria sociologica detta della “spirale del silenzio” [Noelle, 1947,

in Wolf, 1992, pp. 65-78], di “fornire rappresentazioni indirette della

risposta del pubblico”. In altri termini, i mezzi di comunicazioni di

massa svolgerebbero un tipo di influenza sociale più sottile,

rappresentando particolari correnti di opinione come quelle dominanti al

momento – di cui l’individuo può servirsi per orientare le sue.

16 Formulata inizialmente nel 1972 da McCombs e Shaw e riferita specificatamente allo

studio della comunicazione giornalistica [Wolf, 1992]. 17 Gli studi cioè sui processi di costruzione delle notizie nelle redazioni giornalistiche.

Ogni giornale infatti è anche un prodotto, che deve essere venduto ed è quindi frutto di

particolari routines aziendali orientate alla produzione.

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Costruendo un universo simbolico di riferimento molto forte, quindi, e

occupandosi di temi spesso poco conosciuti dagli individui per

esperienza diretta, i media possono, secondo alcuni studiosi [Gillespie-

Robins, 1989; Tichenor et al., 1970, in Wolf, op. cit.] riprodurre e

accentuare le disuguaglianze sociali ed essere strumenti di

prevaricazione sulle minoranze. Rischi, questi, molto concreti nel caso

della trattazione dell’immigrazione nella stampa, come si vedrà nei

prossimi paragrafi.

2.2 Rassegna degli studi precedenti

I mass media svolgono un ruolo importante nella costruzione della

nostra identità e i loro linguaggi e contenuti danno un contributo

fondamentale alla definizione di altro-da-sé, definendo le categorie io-tu,

noi-altri. Lo straniero è l’altro con il quale “si hanno in comune soltanto

certe qualità più generali” [Simmel, 1989, p. 592] e come tale tende a

essere rappresentato nei media. Gli altri oggetto di questo studio sono

ben connotati socioeconomicamente e geograficamente: “appartengono

a quei mondi (Terzo e Quarto) che i paesi ricchi - il Nord del mondo -

hanno prima colonizzato e poi tenuto ai margini dello “sviluppo”

imponendo, anche con l’uso della violenza, modelli di dipendenza neo-

liberista che hanno reso quasi impossibile ai paesi del Sud del mondo di

scegliere una qualche forma di autosviluppo” [Schiavina, 1995, p. 50].

Per questo motivo non basta che sia nato “altrove” perché qualcuno sia

percepito come straniero-altro; bisogna che a questo si aggiungano

connotazioni in varia misura negative stratificate nella memoria

collettiva e riproposte di volta in volta nel linguaggio. Così lo stesso

termine “immigrato” non indica semplicemente una persona non nativa

del luogo, ma porta con sé un significato carico di sfumature, stereotipi e

sentimenti. In un’inchiesta svolta per il periodico spagnolo Tiempo Ibero

Americano18, una giovane insegnante di lingue dichiarava che

18 Romano, “Inmigrantes y la ciudad” in Tiempo IberoAmericano settembre 2004.

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“immigrante è una persona che vive in condizioni cattive nel suo paese e

va a lavorare in un altrove. Se un europeo viene qui a studiare non è

immigrante, e i calciatori stranieri nemmeno”. Mai gli statunitensi

vengono definiti nel linguaggio comune “extracomunitari”, parola che

invece rinvia subito a un insieme di rappresentazioni sociali [Moscovici,

1989, p. 51] che servono a classificare quegli elementi della realtà che

arrecano disturbo in quanto differenti. Con ciò non si intende dire che i

mass media, e in particolare i giornali, rappresentano sempre e

intenzionalmente gli stranieri sotto una luce discriminante, ma che l’uso

di certe parole per definirli, chiamarli in causa e parlare di loro è già di

per sé una scelta significativa.

E spesso offensiva, come afferma lo scrittore di origine togolese Kossi

Komla-Ebri: “La prima parola ricorrente verso gli immigrati è quella di

“extracomunitario” che a rigore di definizione dovrebbe applicarsi sia

agli svizzeri, australiani che ai nord americani, ma sappiamo tutti che

nella realtà non è così. Provate ad uscire per strada ed a chiedere a

chiunque chi è un “extracomunitario”. Scommetto che non vi

nomineranno né l’americano e tanto meno lo svizzero. La cosa più

irritante in questa “parolaccia” è che ci definisce in forma negativa.

Piuttosto che definirci per quello che siamo cioè “Cittadini”, esso ci

definisce per quello che “non siamo”19.

Da quando la presenza di migranti ha cominciato ad assumere

dimensioni significative in Italia, la stampa ha cominciato a occuparsene

sempre più spesso. Negli studi preparatori di questo lavoro di tesi e

lungo tutto l’arco di tempo della sua stesura si è prestata particolare

attenzione alla lettura di giornali e quotidiani al fine di avere un’idea

precisa, per quanto parziale, dell’oggetto di ricerca. Si intende però

invece presentare qui, in forma divulgativa e integrata da ulteriori

riflessioni teoriche, le principali ricerche sulla rappresentazione dello

straniero nei mass media realizzate da enti e università, dall’inizio degli

anni Novanta fino a quelle tuttora in corso. Vari infatti sono gli studi,

che analizzano, attraverso ricerche sistematiche e monitoraggi dei media

19 http://blog.ilpassaporto.kataweb.it/ppblog/page/Kossi/20050404#20050494044747.

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su determinati periodi dell’anno, il modo in cui il “fenomeno

migratorio” viene trattato dalla stampa italiana. Si ritiene infatti che i

mezzi di comunicazione contribuiscano a determinare una parte

dell’opinione pubblica, offrendo ad essa particolari rappresentazioni

della realtà sociale, e abbiano quindi una forte valenza formativa -

decisiva nel caso di situazioni nuove e sconosciute.

La metodologia usata prevalentemente nelle ricerche menzionate è

l’analisi del contenuto delle singole unità informative, viste come “anelli

di una catena”[Grandi, 1992, p. 28] che porta alla costruzione di un

discorso sull’immigrazione.

2.2.1 Macchie d’inchiostro

Uno dei primi tentativi di analisi sistematica della costruzione

dell’immagine dello straniero nella stampa è stata una ricerca del 1992

commissionata dall’Arci di Modena e i cui risultati sono stati raccolti da

Nico Caponetto nel volume Macchie d’inchiostro. L’informazione locale

e l’immigrazione extracomunitaria. Il punto di partenza e motivo di

quest’indagine, lungimirante visti gli anni di svolgimento, è, come

spiegano gli autori, il fatto che “la società multietnica non è un

appuntamento del domani: è l’oggi. Un presente che apre mille

problemi e prospettive”, soprattutto per i giornalisti che dovrebbero

impegnarsi affinché, più che alle notizie particolari, venga dato risalto

alle relazioni che vanno instaurandosi sullo sfondo tra mondi diversi che

si incontrano [Caponetto, 1992, p. 51]. In tutta Europa si dibatte su come

frenare, regolare o contenere i “flussi” degli immigrati ed è molto

rischioso, sostengono gli autori, se i media si limitano ad amplificare

l’eventuale disagio di fasce di popolazione e non facilitano invece il

riconoscimento dei diritti comuni. Per questa ragione è fondamentale

fare attenzione e misurare costantemente l’immagine degli immigrati

nella stampa locale, dal momento che è la dimensione locale quella che

più colpisce l’immaginario e sono le pagine di cronaca locale quelle che

spesso vengono lette con più attenzione, in quanto soddisfano i valori

notizia di prossimità e rilevanza sociale. Perciò oggetto della ricerca è

l’influenza che la stampa locale opera sulla rappresentazione

dell’extracomunitario sui cittadini modenesi. Il campo di indagine è

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costituito dalle pagine locali dei quotidiani Resto del Carlino, Nuova

Gazzetta di Modena, Unità. La prima azione è stata quella di raccogliere

articoli di tali testate nel periodo agosto 1990-gennaio ‘92.

715 è il numero degli articoli monitorati che sono stati inseriti in un

database e analizzati secondo una griglia formata da: tipo di argomenti

trattati (cronaca nera, lavoro e sindacato, sanità, casa, integrazione,

razzismo); frequenza di articoli sugli immigrati; termini usati nei titoli

per indicare la nazionalità o l’etnia dei soggetti coinvolti; taglio

giornalistico scelto (se cronaca, commento, inchiesta o interviste). La

seconda azione è consistita nella rilevazione delle opinioni di un

campione rappresentativo di centottanta modenesi sull’immigrazione in

generale e su alcuni aspetti della vita cittadina in seguito

all’insediamento del gruppo di stranieri. Questo per verificare, per

quanto possibile, il grado di influenza che potrebbe avere avuto la

rappresentazione giornalistica sull’atteggiamento dei cittadini.

Il giornale che ha trattato più frequentemente di temi correlati

all’immigrazione risulta essere la Gazzetta di Modena, seguita da Resto

del Carlino e Unità. Il Resto del Carlino in particolare sembrava

occuparsi molto di mantenere viva l’attenzione sui problemi che

sembravano nascere con il passare del tempo. Nella maggioranza dei

casi, cioè nell’85% la notizia riguardava un fatto di cronaca o un evento

spettacolare. Riguardo ai titoli, nel 75% delle volte è presente il termine

“extracomunitario”. Tra l’altro solo nell’8,7% dei casi la fonte della

notizia è il soggetto coinvolto nel fatto. Gli argomenti trattati con più

frequenza sono stati: il problema della casa, vissuto come un’emergenza;

fatti di cronaca nera (spaccio, incendi, omicidi, rapine, prostituzione,

violenza sessuale, molestie, scippi, furti); il difficile processo di

integrazione (aspetti religiosi e culturali propri delle diverse etnie,

l’istruzione nelle classi miste, lo sport, il tema della solidarietà verso i

migranti); episodi di intolleranza (scritte sui muri, commenti e lettere,

raccolte di firme, atti di teppismo, attività esplicitamente antirazziste); la

questione del lavoro (inchieste sull’occupazione, discriminazione sul

luogo di lavoro, denuncia del lavoro nero, igiene e sicurezza) e infine

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quella della sanità, nel senso di emergenza sanitaria e i rischi per i nativi,

per allertare l’opinione pubblica “sulla drammaticità e sui pericoli di

una situazione igienico sanitaria esplosiva” [Caponetto, op. cit. p.27].

Sembra un raggio abbastanza ampio di argomenti ma ciò che risalta

subito è la mancanza quasi totale di informazioni utili ai cittadini

stranieri e di servizio come quelle relative ai diritti, ai meccanismi

burocratici e sanitari, al cambiamento dei regolamenti ecc. Non c’è

ancora cioè un tipo di informazione che sia in grado di rappresentare una

realtà sociale nella sua completezza. Inoltre anche quando la stampa in

questione si è occupata di aspetti normativi e legislativi, lo ha fatto

prevalentemente informando sulle diverse posizioni all’interno delle

forze politiche e istituzionali, mai nell’ottica di un’informazione di

servizio.

Le conclusioni di questo primo lavoro d’indagine chiamano in causa

l’influenza che questo modo di rappresentare la nuova realtà sociale può

avere avuto sull’opinione dei cittadini modenesi. Una delle prime riporta

all’ipotesi di partenza secondo cui nella percezione della parola

“extracomunitario” conta il grado di sviluppo del paese d’origine e le

condizioni di vita dell’immigrato in Italia (canadese no, tunisino sì). Di

aspetti come la religione dei migranti, i loro rapporti coi sindacati, le

iniziative culturali e la difficoltà nel trovare lavoro si sa poco e la

descrizione fatta dai giornali sembrerebbe non influenzare l’opinione

pubblica, neanche in quei temi come il problema casa che, sebbene

trattato ampiamente dalla stampa, è conosciuto dai cittadini soprattutto

attraverso il passaparola e l’osservazione diretta. In sintesi, se la

rappresentazione dello straniero è sbilanciata quantitativamente a favore

degli episodi di cronaca, i soggetti coinvolti “non parlano mai” e non

vengono interpellati; estremamente esigue sono le informazioni culturali

sui loro paesi d’origine, e assente del tutto è l’idea della possibile

esistenza di un “giornalismo di servizio”. Anzi, le logiche che regolano

la trattazione dell’immigrazione sembrano anche in questo primo

periodo le stesse che reggono il mondo dell’informazione di massa.

Caponetto cita il concetto di notizia secondo Gianni Faustini, i cui testi

sono consigliati ai giornalisti praticanti per la preparazione all’esame di

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stato per entrare nell’Ordine nazionale per divenire professionisti, che

citando a sua volta Alessandro Mazzanti sostiene che “per chiunque

voglia conquistarsi uno spazio nei media è praticamente obbligatorio

compiere un atto “eccezionale”, la cui singolarità può esplicarsi spesso

nelle forme negative della violenza e della tragedia piuttosto che in

quelle della sorpresa gradita e pacifica” [ibidem, p. 49]. L’immigrato

quindi, come del resto qualunque attore sociale, fa notizia nel momento

in cui è implicato in un “fatto di rottura”, fuori dalla norma. Pratica

questa che, per quanto criticabile, è conosciuta e accettata di buon grado

anche se tende a produrre “una produzione giornalistica parziale e

quindi non obiettiva” [ibidem, p. 50].

2.2.2 Noi, stranieri d’Italia

Uno studio più volte citato sulla rappresentazione del migrante nei mezzi

di comunicazione è anche quello svolto da Mahmoud Mansoubi,

ricercatore straniero proprio come Ribka Sibhatu, di cui si parlerà in

seguito. Noi, stranieri d’Italia [1991] è probabilmente il primo tentativo

di analisi della stampa quotidiana nazionale, in quanto prende in esame

le pagine del quotidiano La Nazione nel decennio 1978-1987. Emerge

subito, anche in questo caso, il dato quantitativo che è quasi il leit motiv

di ogni indagine: il maggior numero di articoli che parlano di cittadini

stranieri si trova nelle pagine di cronaca. Cronaca nera, in quasi il

settanta per cento dei casi. In questi articoli non si parla mai di straniero

in quanto lavoratore né si tenta in alcun modo di fornire

un’interpretazione critica di quello che sembra essere un fenomeno

nuovo per la realtà italiana [Mansoubi, 1991, p.115-116]

È stato individuato nel 1987 il cosiddetto anno soglia in cui la

trattazione giornalistica di tale fenomeno si intensifica. Come si vedrà, il

tema, uscito dalla fase di potenza, comincia a essere appetibile per la

stampa: assumono rilevanza gli episodi di razzismo che ben si prestano a

essere drammatizzati, a toccare le corde emotive del pubblico e scatenare

dibattiti tra i politici e la gente comune. Nel frattempo l’attenzione si

sposta gradualmente dalle condizioni di vita indigenti degli immigrati

alle difficoltà di convivenza con i nativi e infine ai difficili processi di

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integrazione. “Detonatori emotivi” di ansie e angosce collettive sono da

un lato fatti di cronaca più sensazionali come l’omicidio di Jerry Masslo

del 1991, dall’altro dalle accese discussioni in merito alle leggi

sull’immigrazione che si succedono e che intendono regolare il numero e

le modalità di accesso degli immigrati [Viglongo, in Grossi, 1995, p.

21].

2.2.3 L’antenna di Babele

Sempre nel 1991 un’altra ricerca, commissionata dall’Associazione

Proteo Emilia Romagna e da Coop Consumatori di Bologna, si

concludeva con un bilancio abbastanza positivo dell’esperienza del

giornalismo regionale. Le testate analizzate, nel periodo aprile-giugno

1991, sono dieci quotidiani locali: Libertà di Piacenza, Gazzetta di

Parma, di Reggio Emilia, di Modena, di Forlì e di Rimini; Nuova

Ferrara; Resto del Carlino e Repubblica. Gli immigrati risultano, anche

in quest’indagine, visibili soprattutto nelle pagine di cronaca o in quelle

riguardanti i dibattiti politici sulle leggi di regolamentazione; di nuovo la

stampa sembra riluttante a qualsiasi forma di approfondimento su questi

temi preferendo occuparsi degli “eventi contingenti” quali appunto quelli

di cronaca nera. Curiosamente però poco spazio viene concesso anche

agli eventi repressivi delle forze dell’ordine. Si coglie d’altro canto “lo

sforzo denotativo di identificare l’origine dei protagonisti dei fatti-

notizia: da extracomunitario a marocchino, albanese, tunisino

pakistano” ecc. Gli autori dello studio ritengono queste definizioni non

nocive all’immagine dell’immigrato, perché quanto meno cercano di

attribuirgli un’identità più circoscritta rispetto a quelle di “nero” o “vu’

cumprà”. Il “modello emiliano” sembra quindi fornire un’immagine

leggermente più realistica della media nazionale perché accanto ai fatti

devianti della cronaca nera si trovano riferimenti a “una società […] che

riesce a coesistere positivamente con questa nuova realtà interetnica”

[ibidem p. 59].

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2.2.4 La cittadella assediata

“Veniamo a conoscenza di problemi nuovi per noi (rapporti

interculturali, appartenenza etnica) ed esitiamo a ricorrere a un

vocabolario estraneo alla nostra cultura” [Wieviurka, 1996, p. 16]. È

probabilmente questa estraneità o la relativa novità degli incontri

quotidiani, sempre più frequenti, che ha fatto parlare alcuni studiosi di

sindrome da cittadella assediata. Vittorio Cotesta, in un saggio dei primi

anni Novanta, descrive la percezione negativa dell’immigrato come

prodotto di una “semplificazione informativa”. Nei giornali italiani,

infatti, non verrebbe mai messo in evidenza il loro contributo ai sistemi

produttivi locali, ma si enfatizzerebbero solo i problemi generati dalla

loro presenza. Quest’omissione fa sì che il migrante acquisisca

nell’immaginario collettivo lo statuto simbolico di povero, a cui offrire

umana comprensione e solidarietà, oppure di estraneo minaccioso, che

ruba il lavoro e invade il nostro Paese. A tutto ciò il cittadino comune

potrebbe verosimilmente rispondere con la volontà di scacciare gli

immigrati, che sembrano sempre troppi e generatori di problemi; mentre

l’autorità, dando ugualmente per scontata e accettabile tale visione,

proporre di programmare gli accessi, intensificare i controlli, espellere

gli “irregolari”.

I mass media, e quindi la stampa, amano la cronaca: alla quale accedono

gli immigrati non per la loro “normalità”, ma in quanto attori di eventi

“straordinari [Cotesta, 1992, p. 121]. Nelle routines produttive di

qualunque giornale, la selezione dei fatti dal caos del reale è

fondamentale, ed è per facilitare tale selezione che esistono i news

values, ovvero i valori-notizia: quei criteri valutativi convenzionali che

determinano la capacità di un evento di valere come notizia

(newsworthiness) e quindi la sua rilevanza. In questo modo la realtà

viene organizzata e gerarchizzata e si può procedere alla sua trattazione e

comunicazione. I valori notizia sono certamente mutevoli, cambiano a

seconda del periodo, del tipo di giornale, di linea editoriale ecc.

[Papuzzi, 1998, p. 22-27] ma in genere riguardano l’interesse del

pubblico (a cui si riferiscono i valori notizia della vicinanza, della

novità, della drammaticità, della conflittualità, dell’interesse pubblico

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ecc.) oppure il lavoro della redazione (facilità nella comunicazione,

reperibilità, tempestività, durata). Secondo il sociologo Herbert Gans,

inoltre, esistono alcuni valori durevoli validi per tutte le testate. Tra

questi, l’etnocentrismo e la volontà di restaurare l’ordine, qualora fosse

turbato. Alla luce di tutto ciò, è quasi ovvio quello che emerge da questi

studi, e cioè che i giornali enfatizzano gli episodi di devianza e mettono

in evidenza solo o quasi gli aspetti negativi del fenomeno

dell’immigrazione: bad news is good news. In particolare, queste

caratteristiche sono facilmente riscontrabili nella stampa italiana,

storicamente caratterizzata dalla ricerca del sensazionalismo e della

spettacolarizzazione [Sorrentino, 1995, p. 216-220]. Il problema in

questo caso si riflette nella difficoltà che la stampa ha nel cercare di

trattare il tema dell’immigrazione con obiettività. A cominciare dalla

scelta dei vocaboli nella descrizione delle condizioni di vita e delle

possibilità di conflitto (“ghetti esplosivi”, “bisogna porre un freno

all’invasione”) per continuare con i titoli (spesso veri e propri slogan) in

cui l’extracomunitario è stigmatizzato come nemico solo in base alla

provenienza (“l’albanese”, “il nero”), la rappresentazione complessiva

che i giornali fanno della situazione sembra, secondo Cotesta, volta a

dimostrare che gli italiani sono razzisti e gli stranieri criminali. Immensa

semplificazione, certamente, ma comunque la direzione che sembra

seguire la stampa, almeno all’epoca di tale ricerca, cioè i primi anni

Novanta: in cui era inoltre “difficile valutare la qualità dell’integrazione

[…], di una inclusione non ancora inserita in una qualche struttura di

cittadinanza” [Cotesta, op. cit., p. 123]. Soprattutto nel momento in cui

sembra imminente una “guerra tra poveri” per la riconquista di scarse

risorse materiali (lavoro, casa) e per l’affermazione dell’identità. Spesso

strumentalizzate dai politici, le proteste degli abitanti dei primi quartieri

“invasi” dagli extracomunitari (come quelli di Roma) sono narrate dai

giornali con stile drammatico, non lesinando di riportare fedelmente

slogan e insulti e senza mai chiedere un parere agli altri attori coinvolti

nel conflitto, ossia gli stranieri. La conoscenza dell’altro con cui si entra

in conflitto non è profonda [ibidem, p. 128] e probabilmente non viene

neanche cercata.

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Straniero, quindi, uguale diverso, invasore, pericolo, allarme sociale. La

maggioranza della gente interpellata dai giornali racconta di droga,

sporcizia, violenza e furti. Scarsi sono i tentativi di contestualizzare

questa minaccia trascendentale, tematizzarne gli aspetti, chiedere il

parere di esperti di posizioni opposte. Cotesta ne parla come di una

possibilità sprecata: “già nel progetto migratorio [ci sarebbe] una

“propensione all’integrazione”, [ibidem, p. 125] ma per il momento “gli

immigrati non sono considerati neanche dai media cittadini a pieno

titolo” [ibidem, p. 127].

Chiaramente necessaria, allora, un’educazione all’ipercomplessità del

reale [Schiavina, 1995, p. 29] realizzabile però solo in accordo con

media e scuola.

Qualche anno più tardi, uno studio intitolato Mass media e società

multietnica [Grossi, 1995], pur analizzando le pecche e i difetti di

un’informazione che comprende i cambiamenti sociali con difficoltà e

lentezza, lascia aperti spiragli di speranza quando arriva ad occuparsi

della stampa locale.

Il ciclo biologico della notiziabilità è farraginoso ma inesorabile. “Chi

cerca dal basso di penetrare i media trova forti resistenze a spingerli a

occuparsi di problemi nuovi e a gettare i fasci di luce dei loro riflettori

su zone inesplorate delle problematiche sociali. Ma una volta forato il

tetto della loro attenzione, […] diluvieranno notizie tutte uguali,

costruite secondo un medesimo schema”. [Grossi, 1995, p. 8]. Notizie

che finiscono poi per esagerare la portata dei fatti, per esempio

drammatizzandoli o deformandoli secondo gli standard acquisiti e resi

routine. È noto infatti che i media si accorgono dei problemi o dei

cambiamenti sociali quando sono ormai già sviluppati: così, quando

all’inizio degli anni Ottanta la presenza di immigrati africani in Italia era

già abbastanza considerevole, tanto da far pensare a una possibile

trasformazione radicale dell’Italia – da paese d’emigranti a terra

d’immigrazione – i giornali ne parlavano in forma occasionale e

privilegiando i fatti “di colore”. Era questa una fase definita “di latenza”

in cui l’attenzione dei media era rivolta altrove. In seguito, quando il

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fenomeno è divenuto più visibile, è subentrata la fase “dell’emergenza”;

scoperto il tema, i mass media si sono inizialmente concentrati sui

fenomeni di razzismo, svolgendo così la loro tradizionale funzione

pedagogica che è un altro dei “fattori di lunga durata” del giornalismo

italiano [Sorrentino, op. cit., p.38-40], funzione che punta a educare il

lettore prima ancora che a informarlo. In quel periodo hanno infatti

svolto campagne antirazziste e concentrato i riflettori solo su alcuni casi

di cronaca. Un tipo di giornalismo “paladino” [Marletti, in Grossi, op.

cit., p. 10] che ha spesso puntato il dito genericamente e mobilitato in

superficie le coscienze. Confermando la sua natura paternalistica, ha

privilegiato notizie pietistiche senza interpretarne i retroscena. D’altro

canto, ed è un’accusa ricorrente, stampa e giornalismo televisivo hanno

quasi sempre evitato di interpellare fonti di prima mano, testimonianze

di migranti sul territorio, preferendo voci istituzionali e rapporti di

polizia. Ascolto rifiutato alle fonti primarie; approssimazione e fretta nel

riferire i Paesi di provenienza dei soggetti coinvolti nei fatti; rilievo

smisurato dato alle solite, trite connessioni tematiche (legame droga-

immigrazione, sporcizia, eccetera) sono elementi che stridono con

l’intento formale, proclamato a gran voce, di lotta al razzismo. Marletti

trova forti contraddizioni nella trattazione della stampa nei primi anni

Novanta. Ma la contraddizione è inevitabile; nel momento in cui

l’attenzione per un fenomeno tende a diminuire fisiologicamente, il ciclo

di attenzione raggiunge alti e bassi “finché il tema diventa indipendente

dagli eventi” [Viglongo in Grossi, op.cit., p. 18]. Un chiaro esempio è

dato scorrendo i giornali e analizzando il modo in cui è stato comunicato

l’esodo degli albanesi, quando in gran numero attraversarono l’Adriatico

per arrivare in Italia. In una prima fase, nel febbraio 1991, i gruppi di

albanesi che si muovevano sporadicamente verso l’Italia venivano

definiti dalla stampa “fratelli” alla ricerca del “sogno italiano”, appena

usciti - carichi di speranza - dal “crollo del comunismo”; di loro si

parlava benevolmente come di “un’etnia storicamente vicina al popolo

italiano, diversa e distinta dai popoli extracomunitari di colore lontani

dalla nostra cultura” [Grossi, op. cit., p. 63]. Quando però presero a

sbarcare a migliaia, il frame in cui venivano interpretati i fatti cambiò

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repentinamente: gli albanesi divennero una minaccia, il fenomeno

migratorio un’invasione subita da oggetti disturbanti, spaventosi, di cui

sbarazzarsi o da rinchiudere, nemici. Trasformazione simbolica

culminata e concretizzata poi nella segregazione nello stadio di Bari: in

quel momento da fratelli erano già diventati bestie, o meglio “non-

persone” [Dal Lago 1999], esseri privi anche dei diritti fondamentali

dell’uomo.

Simile contraddizione si riscontra nell’alternanza della trattazione

dell’Islam o di temi di uguale importanza: contraddizione interna che si

risolve in un’euristica contrapposizione. Non stiamo parlando della

relazione di alterità noi-loro che si accennava al principio, ma della

dicotomia buoni-cattivi. “Buoni possono essere, per adesso, i musulmani

della Bosnia o i palestinesi. Cattivi sono gli arabi fondamentalisti.

Mancano completamente tentativi di tematizzare, di cogliere l’immagine

della differenza in una prospettiva che viva il presente come storia…

l’Islam continua così a restare in prevalenza per la stampa […] un

oggetto misterioso, una diversità ignota e quindi minacciosa” [ibidem,

pp. 15 e 75]. Sono infatti assenti nei giornali tentativi di analisi o

inchieste che spieghino le diverse correnti dell’Islam, le posizioni

progressiste rispetto ai fanatismi, il diverso peso politico che esso ha nei

diversi paesi. Il Sud del mondo sembra fare notizia solo quando sono

minacciati gli interessi dei paesi occidentali.

2.2.5 L’immagine del kosovaro in tempo di guerra

In un articolo di Vanessa De Giosa apparso su Problemi

dell’informazione [3/2003, pp. 363-410], sintesi di una ricerca

dell’università di Lecce sull’immagine del profugo kosovaro nelle

cronache di due giornali pugliesi (Gazzetta del Mezzogiorno e

Quotidiano di Puglia) viene analizzata la costruzione di un clima

allarmistico in previsione dell’arrivo in Puglia di una quantità

imprecisata di profughi. L’analisi è stata svolta sugli articoli pubblicati

in trentuno settimane dal primo marzo al trenta settembre 1999. In una

prima fase gli articoli rappresentano l’Italia e in particolare la Puglia

come una terra solidale pronta a dare accoglienza a “una nuova umanità

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creata dalla guerra”. Addirittura parte una campagna della Gazzetta del

Mezzogiorno per assegnare il premio Nobel per la pace alla popolazione

salentina. Ancora nelle prime fasi della guerra, si parla dei cittadini

kosovari in arrivo sulle coste italiane come semplici “immigrati” e non

come profughi [De Giosa, op. cit., pp. 363 e segg.], e l’uso di termini

biblici come “esodo” ed epici come “odissea” per descrivere il faticoso

viaggio dei migranti impediscono una rappresentazione del movimento

migratorio come progetto razionale ma attivano un’area semantica che fa

appello all’emotività dei lettori. Accanto all’esaltazione del proprio

senso umanitario appaiono posizioni più critiche che attivano il

collegamento tra immigrazione e crimine organizzato, il timore che

questa metta a rischio il turismo dell’ormai prossima stagione estiva, lo

scandalo dei mercenari della disperazione [ibidem, p. 366]. Comincia a

salire la preoccupazione: i due giornali trattano la questione scindendola

nella classica contrapposizione noi-loro: noi, capaci di solidarietà e

sacrificio altruistico, e loro che sono troppi e pericolosi. Il cambiamento

di frame interpretativo rispetto agli inizi è totale e definitivo nella prima

settimana di maggio, e consiste in una “«tipificazione» negativa, tutta

giocata sull’allarme sociale. Il profugo è avvertito come pericolo, in

grado di mettere a rischio le proprie certezze” [ibidem, p. 366].

Vengono pubblicati lettere e commenti di politici che parlano di possibili

conseguenze distruttive per la regione e chiedono aiuto al governo per

fronteggiare l’emergenza. La rappresentazione del kosovaro è ormai

quella del barbaro da allontanare, insidia per le proprie risorse e la

propria identità. Il tono con cui si descrivono i fatti è “sempre di tipo

assertivo e quindi prospettato come autentico” [ibidem, p. 375]. La

necessità primaria diventa quella di rimpatriare i profughi; tra loro e la

comunità sembra essersi ormai frapposta la barriera dell’irreparabile

diversità. Si rappresenta il campo di permanenza temporanea come una

struttura idonea all’accoglienza, che testimonia la buona volontà dei

pugliesi e il loro senso umanitario nonostante l’apparente abbandono da

parte dei politici. Il passaggio dell’immagine dello straniero da “fratello”

da accogliere e “vittima” da aiutare a barbaro ed estraneo è testimoniato

anche dal cambiamento del tipo di foto che accompagnano i testi degli

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articoli. Dalle immagini bibliche del drammatico “esodo”, dall’odissea

su mare nella fuga dalla guerra si passa a immagini di kosovari colti in

atteggiamenti criminosi [ibidem, p. 372]. Una trasformazione

interpretativa così drastica e rapida che passa attraverso la società senza

essere avvertita.

Le notizie giornalistiche sono veri e propri prodotti, creati a partire da

regole organizzative, in un processo che prevede un’attività di

negoziazione fra diversi attori sociali [Sorrentino, 1995, p. 13]. Queste

regole prevedono la presenza di differenti frames che attribuiscono un

determinato peso a ogni elemento della realtà, in modo da strutturarla in

una gerarchia flessibile di rilevanza che si riflette poi nella percezione

che l’uomo della strada si fa della realtà [De Giosa, op. cit., p. 373]. Ma

tali frames non sono certo criteri oggettivi. Se i valori-notizia aiutano a

scegliere quali parti della realtà “ritagliare” e si sedimentano nel tempo, i

frames sono cornici interpretative che giungono fino al lettore e sono,

come si è visto, particolarmente flessibili: consentono di inquadrare la

realtà in modo differente seguendo il cambiamento di ideologie e

interessi dominanti.

Nel caso dei quotidiani pugliesi la flessibilità dei frames ha consentito

che venissero ribaltati guidando la linea degli articoli (e dell’opinione

pubblica) verso posizioni opposte a quelle di partenza.

2.2.6 Non-persone

Manca invece un approccio ai migranti in quanto portatori di diritti. Essi

sono un “pericolo da contrastare con ogni mezzo”, sostiene Alessandro

dal Lago in Non – persone. L’esclusione dei migranti in una società

globale [1999] saggio sulle pratiche sociali che portano all’esclusione

dei migranti in una società che pure si dichiara favorevole alla libera

circolazione dei beni. Al rifiuto di nuovi migranti si aggiunge

l’esclusione sociale di quelli già presenti sul territorio italiano,

esclusione che si articola in un complesso di pratiche discriminatorie

quotidiane, decreti e provvedimenti di legge volti a “filtrare” gli stranieri

o impedirne l’accesso, rappresentazioni allarmistiche e superficiali dei

mass media. I mezzi di comunicazione di massa sono infatti “il luogo in

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39

cui il “senso comune” viene raccolto […] riprodotto e trasformato in

versione oggettiva della realtà” [Dal Lago, op. cit., p.15]. Per questo

motivo essi necessitano di essere costantemente monitorati: le loro

retoriche sono socialmente costruite in particolari contesti di produzione

e significazione e le modalità d’espressione non sono mai dissociate

dall’ambiente e dagli stereotipi locali.

La stampa e i mezzi di comunicazione certamente non costituiscono che

una parte degli attori sociali che hanno le chiavi per definire le cornici

del senso comune. E questo senso comune rigetta la presenza dell’altro

finché non può farne a meno, salvo poi esternare tutta la propria

intolleranza in diverse forme. L’esclusione dei migranti è il risultato di

meccanismi sociali “perversi” sfruttati a proprio vantaggio dai diversi

attori (imprenditori, opinion leaders, politici ecc.).

Dal Lago attinge a un repertorio immenso di articoli di giornali

quotidiani per dimostrare come il razzismo si annidi dappertutto e porti a

conseguenze pericolose per l’intera società. In una scala progressiva,

infatti, si ha un escalation di affermazione degli atteggiamenti razzisti:

dall’autocensura involontaria di giornalisti e politici ad atti concreti di

discriminazione e addirittura all’invenzione di notizie false.

Viene messo in evidenza, in primo luogo, il diverso peso che hanno gli

stessi fatti se a compierli sono cittadini italiani o stranieri. Ad esempio,

un immigrato che muore sul lavoro ha un peso diverso di quello di un

italiano che muoia in condizioni analoghe: “una sorta di autocensura

preventiva e automatica, in base a cui gli omicidi vengono derubricati

come “fatalità” o fatti di cronaca più o meno neutri e privi di

significato” [ibidem, p. 29]. Anche quando gli stranieri sono aggrediti o

subiscono atti di razzismo, in qualche modo l’atteggiamento della

stampa è quello di ancorare il fatto particolare alla generale

esasperazione della gente nei confronti del fenomeno dell’immigrazione

– e quindi a giustificarlo. La sottovalutazione del razzismo e della

xenofobia con un finto “richiamo al contesto […], la citazione di fatti

che non hanno alcun rapporto con l’aggressione, la minimizzazione dei

fatti” [ibidem, p. 37] da parte dell’autorità sminuiscono la gravità degli

episodi di razzismo ma acutizzano il clima da “emergenza-

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immigrazione” in un climax di allarmismi. Infatti, quando i colpevoli di

un atto di violenza sono cittadini stranieri, proprio questa è la primissima

informazione che viene data.

Ritorna la dicotomia noi-loro: tolleranza e rispetto versus minaccia e

violenza, e, all’interno della categoria “loro” quella della divisione

regolari-clandestini. “Clandestini”, cioè privi di un regolare permesso di

soggiorno, e quindi sconosciuti e privi di diritti. Privi di diritti, alias non-

persone. Soggetti pericolosi, schegge impazzite in giro per l’Italia,

l’esercito di clandestini che gironzola nel nostro paese (Repubblica, 1

novembre 1996) è equiparato a un nemico in quanto fuori dalla legge, e

quindi “fuorilegge, e quindi delinque, è pericoloso oltre che

“inesistente” [ibidem, p. 49].

Ma perché il migrante sia reinventato quotidianamente come nemico o

minaccia, egli è assunto preliminarmente come tale, cioè un nemico

costitutivo [ibidem, p. 46]. È il “gruppo perfetto” di cui si parlava in

precedenza, il capro espiatorio delle angosce collettive, il protagonista

delle cronache locali e nazionali.

I fatti di cronaca nera sono presto generalizzati, i gruppi etnici

stigmatizzati in base all’operato di pochi individui. È l’immigrazione

stessa a essere considerata una vera e propria forma di devianza; per

questo motivo i cittadini stranieri restano a lungo solo degli ospiti

(indesiderati o meno), e “continuano ad essere visti come alieni,

malgrado […] essi condividano la vita quotidiana degli [altri] abitanti”

[Moscovici, 1989, p. 48]. Ciò che è alieno spaventa, in un’inquietudine

di sottofondo perpetuata dalla “tautologia della paura”: paura che si

autoalimenta di retorica e di ipersemplificazione. Così, vengono taciute

nelle cronache le differenze tra microcriminalità e crimine organizzato,

in modo da dare per scontata la presenza del fenomeno come dato

strutturale. La “devianza” di cui è portatore lo straniero viene fatta

vedere pericolosamente vicina all’illegalità – problema crescente. In

questo modo lo straniero viene consacrato “nemico pubblico”,

acquisisce finalmente un “ruolo” nella società [ibidem, p. 118] che lo

rende conoscibile e paradossalmente un po’ meno perturbante.

Perturbante dell’ordine pubblico e dell’universo simbolico e culturale

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consolidato nell’etnocentrismo. La stampa ad esempio si occupa del

problema della prostituzione di giovani donne straniere con ricchezza di

particolari, ma quasi solo in occasione di proteste per il fastidio che

provoca nella cittadinanza.

Il saggio di Dal Lago rivela quindi come la costruzione delle notizie da

parte dei giornali sia non solo criticabile in quanto ricca di pregiudizi e

quasi del tutto priva di senso critico, ma motiva queste caratteristiche

nella cattiva fede di una società che si serve dei media per i propri fini

particolari, e che cerca di costruire una cornice simbolica e interpretativa

(frame) che porti a non vedere nell’immigrato una persona e quindi a

escluderlo dalla discussione sui diritti civili, e in secondo luogo a

giustificare il bisogno della chiusura delle frontiere, o almeno di una loro

riappropriazione in termine di filtro, come mezzo di protezione. Il tutto

rappreso nell’esteriorità di una retorica verbalmente antirazzista e di

auto-incensazione.

2.2.7 Noi e gli altri. L’immagine dell’immigrazione e degli immigrati

nei mass-media italiani

Imprescindibile in questa rassegna delle ricerche sulla rappresentazione

del migrante nella stampa lo studio compiuto da Maurizio Corte

[2002]20. La ricerca è stata condotta nell’ambito del Centro Studi

Interculturali dell’Università di Verona fra il 1998 e il 1999. Obiettivo

dell’indagine è stata la verifica dell’atteggiamento della stampa nei

confronti dell’immigrazione e dei nuovi arrivi di stranieri, nonché

l’immagine dell’altro che risulterebbe da questo atteggiamento.

La differenza rispetto alle ricerche precedenti è che questa volta il campo

d’indagine non sono stati i giornali quotidiani ma la fonte indiretta

privilegiata di quasi tutti i media informativi italiani, cioè l’agenzia di

stampa Ansa. Essa infatti seleziona, “produce” in vario formato (dal

semplice dispaccio d’agenzia fino a veri e propri articoli) e distribuisce

le notizie che poi sono diffuse dai giornali, fissando di fatto l’agenda

setting degli avvenimenti che devono essere trattati.

20 Consultabile all’indirizzo http://www.cestim.org/08media_corte-articolo-univr.doc.

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Sono 1498 i dispacci (o “lanci”) d’agenzia etichettati con il titolo

“immigrazione” e analizzati nella prima fase dell’inchiesta, il periodo

luglio-settembre 1998; essa è stata poi ripetuta a pochi mesi di distanza,

per due settimane (dicembre 1998 e gennaio 1999).

La concomitanza della prima fase della ricerca con l’arrivo della calda

estate dei clandestini sulle coste del Salento (cfr. De Giosa, 2004) in

occasione della guerra in Kosovo ha rivelato più facilmente le routines

giornalistiche nei casi di emergenza. L’approfondimento apparente e

pacato che consiste nel giustapporre pareri diversi su un argomento

all’interno della stessa pagina ha lasciato spazio in quei giorni a un

accavallarsi di notizie allarmistiche, in un clima socialmente costruito di

esasperazione informativa e innalzamento della curva di attenzione del

pubblico.

L’analisi quantitativa mostra che l’Ansa si occupa soprattutto

dell’immigrazione clandestina. Il 98% dei dispacci riguarda infatti gli

irregolari.

Per l’analisi qualitativa del contenuto è stata utilizzata una griglia di

lettura che misurava il numero di dispacci giornalieri, li divideva in due

sezioni (relativi a immigrati regolari/clandestini), classificava la

tipologia di documenti trattati (breve di cronaca/reportage/comunicato

ufficiale/inchiesta) e di argomenti trattati. I risultati di queste rilevazioni

possono essere raccolti in quattro punto fondamentali.

1. L’informazione si concentra in stragrande maggioranza sui

migranti “irregolari”, definiti sistematicamente clandestini, e sui

loro comportamenti devianti. Quasi la metà dei dispacci

d’agenzia è composto da brevi di cronaca. Sono altresì presenti

documenti che parlano di eventi di costume, di problemi legati al

lavoro o religiosi; “la figura dell’immigrato però emerge sotto

una luce positiva solo quando si tratta di soggetti che sono

funzionali all’economia italiana”.

2. L’informazione non dà mai la parola ai cittadini immigrati

neanche quando sono coinvolti direttamente nei fatti.

L’immagine che ne viene fornita assume così tratti squalificanti

senza che il diretto interessato possa contestarla: “prevalgono le

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sub-immagini di povero, diseredato, affamato ecc. per un verso,

di dedito ad attività illecite per l’altro”.

3. L’informazione ignora l’identità culturale del cittadino

immigrato e trascura anche la sua valenza economica. Non

chiarisce mai il suo vero peso nell’economia italiana.

4. L’informazione inserisce nella sua agenda setting il mondo

dell’immigrazione solo quando si fa “emergenza” e costituisce

un paventato problema. Ciò risponde alle logiche di

spettacolarizzazione, drammatizzazione e sensazionalismo. Da

questi dati sembra che il pubblico voglia essere intrattenuto

prima che informato. Ecco allora che l’immigrato viene

personalizzato e umanizzato: deve spaventare ma anche

commuovere, magari una volta morto, magari annegato, con i

suoi bambini. Di fronte all’incalzante concorrenza della

televisione, i giornali si adeguano settimanalizzando la notizia,

arricchendola di particolari curiosi, semplificando la complessità

[Sorrentino, 1995, pp. 204-230], in modo da renderla avvincente

e catturare la risorsa scarsa dell’attenzione del lettore.

2.2.8 Il cittadino che non c’è

Eppure una famosa definizione del giornalismo lo descriveva come una

forma di “storiografia del presente”. E al presente ci si comincia ad

avvicinare, nell’ambito di questa rassegna dei principali studi analitici

sull’immagine dei migranti nella stampa italiana, con l’indagine della

ricercatrice di origine eritrea Ribka Sibhatu, ora consulente per

l’immigrazione del Comune di Roma e mediatrice culturale, pubblicata

nel volume Il cittadino che non c’è. L’immigrazione nei media italiani

[2004]. La documentazione è partita nel giugno 1999 con l’obiettivo

iniziale di analizzare la rappresentazione dell’immigrazione italiana

proveniente dal Corno D’Africa. Ma dopo i primi sei mesi di

osservazione è stato evidente che, contrariamente alla Francia che

mantiene ancora forti legami anche culturali con le sue ex-colonie,

l’Italia sembrava poco interessata a tali paesi – virtualmente assenti dalla

mappa geografica della stampa - nonostante proprio nei mesi di

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rilevazione fosse laggiù in atto una sanguinosa guerra.

L’oggetto dell’analisi è diventato perciò più ampio e si è passati ad

osservare invece il modo in cui cinque mezzi di informazione trattavano

il fenomeno migratorio nella sua complessità. A questo proposito sono

stati tenuti sotto osservazione due giornali (Corriere della Sera e

Repubblica), il Tg1 delle ore 20:00, il Tg5 delle 24:30 e il giornale di

Radio Vaticana delle ore 21:00, al fine di avere una visione più completa

e distribuita nelle fasce orarie e di utenti. L’osservazione si è svolta dal

marzo 1999 al giugno 2001 e nei mesi di giugno, settembre, dicembre

2000 e marzo 2001 [Sibhatu, 2004, pp. 33 e segg.]. Sono stati selezionati

tutti gli articoli e i servizi riguardanti l’immigrazione, i quali sono poi

stati raggruppati secondo le tematiche trattate, i toni usati, la lunghezza

del pezzo, le scelte lessicali adottate. Il primo dato che viene messo in

evidenza dalle conclusioni di tale monitoraggio è la scarsità di

informazioni sulla situazione dei paesi d’origine degli immigrati. Non ci

si interroga cioè su cosa i migranti hanno alle loro spalle, le motivazioni

profonde che li hanno spinti a partire, quali sono le loro storie di vita e

aspirazioni per il futuro. Allo stesso modo i media si occupano poco dei

processi di inserimento e integrazione nel quotidiano.

Le tematiche affrontate dai media esaminati non riguardano quasi mai la

quotidianità silenziosa degli stranieri: scuole di lingua, eventi culturali o

folcloristici, storie di vita, le manifestazioni contro le guerre dimenticate.

Riguardano invece gli aspetti peggiori ed eccezionali.

Va ricordato che in Italia sono presenti, e lo erano al momento dello

studio, 192 cittadinanze diverse. Centonovantadue cittadinanze diverse

“messe tutte nello stesso sacco e tutti i loro componenti genericamente

definiti “immigrati” [Sibhatu, op. cit., p. 27]. E genericamente e

categorizzati e tipizzati a priori come “problema”: “spesso i media

introducono temi che riguardano il mondo dei migranti dicendo:

“adesso affrontiamo il problema dell’immigrazione”. Ma in fondo

l’immigrato nei media è il vero “grande assente”: commenti, servizi,

lanci d’agenzia, interviste ad operatori del sociale, al limite inchieste ma

quasi mai domande ai diretti interessati.

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La maggioranza dei mass media quindi non tenta di compiere uno

sforzo per comprendere il fenomeno neanche nel suo insieme ma lo

riduce a nuovo problema piovuto dal cielo. Manca la rappresentazione

della normalità, della quotidianità degli immigrati e delle differenti

tradizioni che si innestano nel tessuto sociale italiano, così che i cittadini

italiani che non hanno contatti diretti e personali con immigrati

sarebbero portati a concepirli solo secondo un’ottica negativa

stabilizzata nello stereotipo di generatori di guai per la nazione. Guai

epici, da cittadella assediata, in pericolo: la fortezza Italia invasa

clandestinamente da milioni di potenziali criminali. Gli articoli raccolti

nei mesi di osservazione ed esaminati nella ricercano parlano di

argomenti differenti ma correlati, a formare un unico discorso. Continui

nuovi arrivi di profughi, spaccio, prostituzione, sequestri di persona a

opera di albanesi (o presunti tali), vicende di bambini contesi da genitori

di paesi differenti, morte tragica di clandestini nel viaggio della

speranza, proposte di sanatorie, gli anatemi del cardinale Biffi, proteste

degli abitanti dei quartieri di recente insediamento di stranieri, incidenti

automobilistici provocati da cittadini non italiani. Una giustapposizione

di eventi angoscianti e catalizzatori di paure collettive (quello degli

stranieri è infatti il “gruppo perfetto” [Cotesta, 1992] da odiare e

considerare causa di tutti i mali) che riflettono l’immagine di un paese in

cui la criminalità aumenta a ritmi vertiginosi. Percezione che porta a

esprimere come priorità per i cittadini e programma politico per i partiti

un generico “bisogno di sicurezza” e quindi, in una sorta di circolo

vizioso, alla presenza massiccia del tema dell’insicurezza nell’agenda

setting dei giornali. Intere comunità poi, pur numerose come quella dei

filippini, permangono invisibili in quanto non incorrono in episodi di

violenza [Sibhatu, op. cit., pp. 328-332].

I giornali usano, soprattutto nei titoli, termini ambigui, carichi di

connotazioni drammatiche ed emozionali e descrivono

indiscriminatamente l’insieme dei migranti come unico gruppo che

viaggia a “ondate” sgradite e troppo spesso incontrollabili, attraversando

confini resi sempre più porosi e che sarebbe bene controllare

militarmente; ondate i cui membri componenti non posseggono nome e

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cognome ma vengono identificati dalla semplice indicazione della

nazionalità. Gorizia, frontiera bucata; Restituita la patente all’albanese

assassino; Scarcerato l’albanese investitore21; Pulizia nella

clandestinopoli d’Italia; Banda di extracomunitari rapina una villa.

I media parlano di “flusso” che come l’acqua del rubinetto può essere

regolato a piacimento; i movimenti migratori sono paragonati alle

cavallette che invadono i campi d’estate, suggerendo l’idea di una

moltitudine incontrollabile e dedita al saccheggio delle risorse.

Trascurato il contributo che i migranti darebbero all’economia italiana;

si parla di domanda di lavoro, quasi mai di offerta, spesso della

possibilità che gli stranieri bilancino la crescita-zero dell’Italia, mai

delle tasse pagate dagli stranieri regolari e la possibilità che aiutino a

pagare le pensioni degli italiani sempre più vecchi.

Più che a un’informazione non interessata alla nuova realtà sembra che

ci si trovi davanti a un’informazione incompleta; anche se non

necessariamente in modo intenzionale. “La maggior parte dei mezzi di

informazione si è soffermata a lungo sugli arrivi dei profughi […] e non

hanno accennato al fatto che l’Italia è soprattutto terra di passaggio,

non hanno parlato abbastanza della storia dell’immigrazione del popolo

italiano” [ibidem, p. 26] verso altri paesi. Un’occasione mancata di

riappropriazione di una parte importante della storia italiana, di cui non

si parla mai: eppure “non c’è stereotipo rinfacciato agli immigrati di

oggi che non sia stato già rinfacciato, un secolo o solo pochi anni fa, a

noi italiani” [Stella, 2002, p. 11]. La verità è fatta di più facce: eppure

sembra che tutto sia stato rimosso, dimenticato, e l’odio e le fobie che

vengono riversate ogni giorno sugli immigrati – quelle stesse le hanno

subite le prime generazioni di italiani emigrate lontano e considerate “la

feccia del pianeta” [ibidem, p. 7]. Un’occasione sprecata, si diceva,

21 Il riferimento qui è alla vicenda di Bita Panajot, il cittadino albanese che investì un

bambino, scappò senza soccorrerlo e fu per questo condannato. Il caso scoppiò

nuovamente infiammando per dieci giorni di seguito il dibattito nei giornali in quanto,

scontata la pena alla quale era stato condannato, Bita Panajot fu visto nove mesi dopo da

una troupe di giornalisti del Tg4 alla guida di un’autovettura, libero e in possesso di una

regolare patente di guida.

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perché la conoscenza di questo passato – esperienza, quella

dell’emigrazione italiana, che ha riguardato 27 milioni di italiani nel

corso di un secolo – poteva invece essere utile alla comprensione delle

nuove dinamiche in atto nella società italiana - in trasformazione

continua, mancante di empatia. Il razzismo infatti “colpì tutti e fece degli

italiani, come scrisse nel 1924 il rapporto di Herman Feldman sui

fattori razziali nell’industria, «probabilmente i più maltrattati degli

stranieri». Gli ultimi degli ultimi” [ibidem, p. 44]. Costretti a viaggiare

anch’essi in carrette stracolme sui mari, ad attraversare montagne

innevate a piedi di notte, svolgere i lavori più pesanti e meno remunerati

senza garanzie, gli emigranti italiani all’estero hanno sopportato ogni

sorta di soprusi e rappresaglie; sono stati oggetto di atteggiamenti che

andavano dal dileggio all’aperto razzismo e sfociavano spesso in veri

linciaggi collettivi, sono stati vittime di progrom anti-italiani - il tutto

avvallato dalle autorità locali e da diffusi stereotipi che collegavano i

tratti somatici e i colori tipicamente italiani a quelli tipici dei criminali

[ibidem, pp. 38 e segg.]. Considerati delinquenti e terroristi,

contrabbandieri e anarchici – e una parte di loro lo era davvero – allo

stesso modo e con la stessa frettolosità con cui oggi i mezzi di

informazione si accaniscono sugli immigrati rimanendo sulla superficie

della questione. Si è parlato spesso, nel corso del ciclo di conferenze

Come si dice (novembre 2003) presso il centro interculturale Zonarelli di

Bologna, dei due grandi “rimossi” della memoria storica italiana: quello

relativo alle vicissitudini dei milioni di italiani che partirono nell’arco di

un secolo sprovvisti anche di una lingua unitaria e di un’istruzione

elementare, e quello riguardante la storia del colonialismo italiano, cui

nessuno fa più riferimento neanche quando si parla della storia dei paesi

del Corno D’Africa, come aveva di fatto notato Ribka Sibhatu al

principio della sua inchiesta: ad esempio, nessuno dice mai, quando si

parla del fascismo e della questione della razza, che le leggi razziali

italiane sono state applicate per prime in Eritrea.

Ma c’è un altro grande “rimosso” della storia italiana, che è anche il più

recente e riguarda da vicino i migranti: quello delle grandi tragedie su

mare. Si ricordi quella del naufragio di una nave carica di migranti al

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largo di Portopalo di Capo Passero (Sicilia) nella notte di Natale del

1996, che fu in un primo momento frettolosamente definita “naufragio

fantasma” o “presunto naufragio” e poi dimenticata dai mezzi di

informazione (e dalle istituzioni) nonostante fossero morti 283 migranti

“clandestini” di origine pakistana, indiana e cingalese; tragedia

sottovalutata al momento e trattata con indifferenza. Le istituzioni

italiane, nonostante le pressioni delle ambasciate dei paesi originari dei

migranti, non ritennero abbastanza credibili infatti le testimonianze, pure

tutte concordanti, dei 107 sopravvissuti, così come nessuno dei giornali,

tranne il Manifesto, si occupò attentamente dell’evento o ritenne

interessante sentire la testimonianza dei sopravvissuti. Solo cinque anni

dopo la notizia venne ripresa dalla stampa, quando apparve su

Repubblica un’inchiesta di Giovanni Maria Bellu che narrava la vicenda

dei pescatori siciliani che continuavano con un sospiro di rassegnazione

a pescare, nelle proprie reti, pezzi dei cadaveri delle vittime della

tragedia (per poi ributtarli in mare). Lo stesso giornalista riuscì poi a

trovare la posizione esatta del naufragio e a filmare il relitto, in un

clamoroso scoop raccontato successivamente nel libro I fantasmi di

Portopalo [2004]22, che narra le difficoltà di un’inchiesta scomoda e

sgradita a molti.

A conclusione della ricerca si sostiene che “i media informano ma

disinformano”: non falsificano la realtà ma ne danno una

rappresentazione parziale. Parziale, nel caso dell’immigrazione, per due

motivi: non riportano tutta la realtà ma solo la parte che meglio si adatta

alle logiche standardizzate di selezione e presentazione delle notizie

(logiche che privilegiano i fatti-rottura) e parziale perché, anche quando

in un articolo non vengono forniti al lettore espliciti giudizi di valore, la

rappresentazione è deformata dall’insieme dei valori culturali dati per

scontati e dai pregiudizi nascosti e sedimentati nel linguaggio in quanto

usato senza particolare sorveglianza.

22 Sull’ipotesi di una responsabilità politica dietro alla sciattezza con cui fu trattata la

notizia dai media cfr. Papanikas, Tonello, “Uno strano naufragio” in Problemi

dell’informazione [2004].

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Ma negli ultimi anni qualcosa è cambiato. Rimangono i tratti generali

messi in evidenza in questa serie di ricerche, ma l’agenda setting dei

quotidiani si va evolvendo. Tra la maggioranza di articoli di cronaca

riguardanti migranti cominciano ad aprirsi un varco, specialmente in

concomitanza con la discussione in Parlamento delle nuove leggi

sull’immigrazione (ma non solo) notizie e servizi più divulgativi e di

costume, inchieste sul lavoro nero e sulle condizioni di vita nelle carceri,

articoli di commento su religioni diverse e i pericoli dei conflitti

culturali.

2.2.9 Media e immigrazione. Rapporto sulla settimana Europea di

Monitoraggio dei Media in Italia

La ricerca più recente e probabilmente più ampia riguardante la

rappresentazione dell’immigrato nei mezzi di informazione è

sicuramente il monitoraggio annuale effettuato contemporaneamente in

tutta Europa durante la Giornata Europea di Monitoraggio dei Media, ad

opera dei referenti locali della Rete di informazione sul razzismo e la

xenofobia (Raxen)23. Giovedì 13 novembre del 2003 si è svolta la prima

giornata di studio24 di tipo quantitativo sulla produzione mediatica

europea. Parallellamente a questo si è svolta anche la Settimana Europea

di Monitoraggio dei Media, dal 24 al 30 novembre 2003, che ha fornito

23 La rete Raxen è a sua volta uno strumento dell’Osservatorio Europeo su razzismo,

antisemitismo e xenofobia (EUMC), agenzia dell’Unione Europea che ha il compito di

fornire all’Unione Europea dati attendibili e comparabili statisticamente su razzismi,

xenofobia ed antisemitismo (http://www.eumc.eu.int). Ogni anno organizza inoltre,

nell’ambito del progetto On line/More Colour in the media

(http://www.multicultural.net/), la conferenza Tuning in to Diversity destinata a 150

studiosi e operatori dei media, con lo scopo di presentare i dati degli studi, valutare le

diverse situazioni nazionali e avanzare proposte per riportare l’attenzione sulla

centralità della corretta rappresentazione dei migranti da parte dai mezzi di

informazione, i cui atti possono essere consultati al sito

http://www.tuning2004.nl/mcplein/tuning.asp?pagnaam=tuning. 24 “Giornata europea di monitoraggio dei media – media e immigrazione –

dall’esclusione alla partecipazione”

(http://www.cospe.it/news/reminder%20EDMM%20ITA.pdf); cfr. anche “The

european day of media monitoring” (http://www.multicultural.net/edmm/index.htm).

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dati quantitativi più ampi e ha privilegiato dati qualitativi in modo da

indagare anche le percezioni dei lettori rispetto all’immagine

dell’immigrazione rappresentata nei media.

In Italia il monitoraggio, effettuato da singoli volontari e associazioni, è

stato coordinato dal Cospe25, referente italiano dell’Osservatorio

Europeo, con la collaborazione dell’Università di Firenze e ha coinvolto

sette regioni: Veneto, Trentino Alto Adige, Lombardia, Emilia

Romagna, Toscana, Lazio e Sicilia. Sono state monitorate le pagine

locali di sette quotidiani nazionali, diciannove quotidiani locali o

regionali, tre quotidiani free-press, dodici settimanali, un mensile (più

due emittenti televisive nazionali e sette locali)26. Si tratta quindi di

un’indagine più ampia delle precedenti in quanto ha coinvolto non solo

un numero elevato di ricercatori (quarantaquattro, tra i quali alcuni

cittadini immigrati) e di testate, ma ha considerato anche le riviste

settimanali, sulle quali mancavano al momento studi specifici nonostante

abbiano da sempre una diffusione molto rilevante, soprattutto in Italia.

Sono state scelte le testate nazionali più diffuse e quelle locali più

importanti. La griglia di rilevazione utilizzata è composta da tredici

domande: quesiti quantitativi (distribuzione di frequenza, data, tipologia)

e qualitativi (toni utilizzati, coerenza tra testo e immagine, opinioni dei

rilevatori).

I risultati del monitoraggio della carta stampata confermano quelli delle

ricerche precedenti presentati in questo lavoro. Un totale di 212 unità

testuali riguardanti l’immigrazione per una settimana di osservazione,

uno solo dei quali risulta essere stato scritto da un cittadino non italiano.

La tipologia più diffusa di pezzo giornalistico è ancora una volta

l’articolo, in quasi la metà dei casi, seguito dalla breve e da rari editoriali

25 Associazione nata nel 1983 per contribuire al dialogo tra culture, a uno sviluppo

equo e sostenibile, alla conquista dei diritti umani, ha sede in Italia a Firenze, Bologna

e Genova. Partecipa a progetti di cooperazione e sviluppo economico nei Paesi in via di

sviluppo e di promozione delle pari opportunità per le minoranze in Europa

(http://www.cospe.it). 26 Per l’elenco completo delle testate e delle associazioni coinvolte

http://www.cospe.it/news/media.pdf.

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e interviste. L’argomento nel 50% dei casi è un fatto di cronaca (atti di

violenza, criminalità, clandestinità), mentre il 21% riguarda temi politici

(le elezioni del Consiglio Provinciale e Comunale degli stranieri a

Firenze che si svolgevano in quel periodo, le politiche di controllo ecc.)

e trascurabile è il numero di pezzi su cultura e sport.

Nella griglia di rilevazione viene chiesto di specificare il tono percepito

dell’articolo. Nella maggior parte dei casi è detto “neutrale”, ma a questo

segue poi l’espressione di malcontento da parte dei rilevatori: il tono

pare essere neutrale non per una capacità dei giornalisti di mantenere

l’obiettività. Sembra piuttosto una scelta per prendere le distanze da una

realtà che non si sa raccontare.

L’analisi della titolazione, infine, è minuziosa e la parte forse più

interessante dello studio: se il tempo è una risorsa scarsa, spesso un

lettore frettoloso legge solo i titoli oppure sceglie un articolo piuttosto

che un altro proprio in base all’“attrattività” di un titolo. La sua funzione

è quindi anche quella di ridurre i tempi di lettura [Papuzzi, op. cit., p.

76]. Esso può essere meramente informativo (o enunciativo, o

referenziale, ma non necessariamente neutrale) o di commento

(paradigmatico, “caldo”, di impatto). I giornali analizzati si dividono tra

le due tipologie; da notare un ricorso molto ampio al virgolettato da

parte delle autorità nei titolo referenziali e (poche volte) di gruppi e

associazioni di immigrati, nei titoli “caldi”, strillati, di forza evocativa. Il

virgolettato contribuisce inoltre ad aumentare la forza d’impatto di una

frase e a rendere maggiore il senso di allarme di un titolo come “Vi

faccio mettere una bomba da Bin Laden”27.

Infine, la terminologia. L’ambito delle scelte lessicali è forse lo spazio

dell’informazione che, veicolando un maggior numero di informazioni

sottintese, dovrebbe essere trattato con maggiore attenzione e

sorveglianza. I termini più ricorrenti per designare i singoli o i gruppi di

immigrati sono principalmente legati alla loro provenienza geografica,

27 Corriere di Firenze. In questo caso le parole sembrano provenire da un cittadino

straniero con intenti terroristici – circostanza che attenua pesantemente la valenza

positiva della voce di un immigrato sulla stampa. Questo tipo di citazioni è spesso

decontestualizzato e quindi attira l’attenzione, ma non informa.

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ma soprattutto al loro non avere la cittadinanza italiana:

extracomunitario, straniero, immigrato, clandestino, albanese,

marocchino rumeni… sono gli attributi più utilizzati per caratterizzare

degli individui, caricandoli di tutte le connotazioni che tali parole hanno

assunto nel passare degli anni.

Assente quindi, ancora una volta, la voce del diretto interessato, a

conferma che il pluralismo di voci dell’informazione non è stato

raggiunto. Stereotipata la sua presenza nell’informazione, solo in

occasione di fatti riprovevoli, come fonte di disagio e problema sociale,

“rafforzando la tendenza a una lettura prevalentemente securitaria delle

tematiche in esame” [Cospe, 2004, p. 7].

Queste conclusioni sono confermate anche dai dati parziali sul secondo

monitoraggio.

2.2.10 Altre indagini

Anche se non riguarda direttamente l’oggetto di questa tesi, che si

concentra sulla stampa e non su altri mezzi di comunicazione, merita di

essere ricordata anche una ricerca del Censis realizzata nel 2002,

sostenuta dall’iniziativa comunitaria Equal28 e dal Ministero del Lavoro

e delle Politiche Sociali. La ricerca, svolta nell’ambito del progetto

L’immagine degli immigrati in Italia tra media, società civile e mondo

del lavoro riguarda infatti l’intera programmazione televisiva delle reti

RAI, Mediaset e della vecchia Telemontecarlo (poi divenuta La7). La

durata del periodo di monitoraggio è stata di sei settimane nell’arco degli

anni 2001 e 2002. Obiettivo dello studio era quello di mettere in

evidenza le caratteristiche principali della rappresentazione dei cittadini

immigrati in televisione. I dati quantitativi raccolti e pubblicati nel

rapporto finale L’immagine degli immigrati nei media: confinati dentro

il ghetto della cronaca29 sono simili in modo sorprendente a quelli delle

28 Uno dei progetti dell’iniziativa comunitaria Equal (promossa dall’Organizzazione

Internazionale per le Migrazioni (OIM)-Missione in Italia, Caritas Diocesana di Roma,

Archivio dell’Immigrazione), che ha infatti l’intento di valorizzare la presenza dei

cittadini immigrati, fornire orientamento interculturale, e svolgere interventi di

sensibilizzazione. 29 http://www.immagineimmigratitalia.it/rapportocensis.html.

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ricerche analizzate in precedenza, che si focalizzavano invece sui

giornali di carta stampata.

Il programma televisivo in cui più spesso si parla di immigrati è il

telegiornale (95,4% dei casi nel 2001 e 88,3 nel 2002). Siamo quindi

all’interno di un contesto informativo dotato di credibilità e

autorevolezza. Al suo interno il discorso sui migranti è praticamente

confinato (e ghettizzato) nella parte del giornale relativa alla cronaca

(90% nel 2001, 80,9% nel 2002) con qualche occasionale servizio a

proposito di esteri, politica interna o cultura e società. Il ruolo che viene

loro attribuito all’interno del giornale è nella maggioranza dei casi di

tipo negativo; sono infatti rappresentati soprattutto come attori o vittime

di avvenimenti spiacevoli.

I fatti di cui sono protagonisti gli stranieri riguardano in più della metà

dei casi atti di illegalità e criminalità nel 2001 e problemi di clandestinità

nel 2002. Il modo per designare e chiamare in causa gli immigrati è

l’identificazione di tipo etnico, in base al paese o alla zona geografica o

alla comunità di provenienza molto più che le caratteristiche individuali

dei singoli. In questa maniera si attribuiscono caratteristiche devianti a

un’intera comunità di persone, sulla base dell’azione di un singolo.

Il canone descrittivo adottato nella presentazione delle notizie è in

maggioranza descrittivo conoscitivo, il ricorso a stereotipi frequente e

l’opportunità per gli immigrati di potersi esprimere sui fatti che li

coinvolgono in prima persona, molto trascurabile.

Interessante un dato quasi del tutto ignorato dalle ricerche precedenti,

quello sulla distribuzione per genere dei cittadini immigrati di cui si

parla: nell’80% sono uomini. L’immigrazione è tuttora descritta,

immaginata e presentata nel discorso pubblico dal lato essenzialmente

maschile.

La differenza di trattamento secondo il genere viene notata anche da una

breve ricerca svolta dalle volontarie di Trama di Terre, un centro

interculturale di Imola che offre accoglienza e mediazione culturale alle

donne migranti per favorire il processo di integrazione. Nel periodo

ottobre 2004 – febbraio 2005 sono stati monitorati, seguendo le

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indicazioni della griglia di analisi fornita dal Cospe per la settimana

europea di monitoraggio di novembre 200330, i quotidiani locali Il

Carlino di Imola e Il corriere di Imola.

Da ottobre a febbraio sono stati pubblicati 50 articoli, dei quali la metà

corredata da immagini di tipo fotografico. Anche in questo caso,

l’esposizione della maggioranza delle notizie adotta uno stile almeno

apparentemente neutrale, che non prevede cioè una specifica presa di

posizione. Gli argomenti trattati sono sempre criminalità e devianza,

irregolarità e lavoro nero, violenza di genere, ecc.. Le notizie che

provocano maggiore scalpore vengono riportate a più riprese, corredate

di titoli a effetto, slogan grotteschi formulati per attirare l’attenzione

(come quello che definiva “ammalata di religione” una studentessa cui

era stato proibito di frequentare le lezioni di educazione fisica), con

cadenza quasi seriale.

L’immigrato che emerge da questo monitoraggio è una persona di sesso

maschile, spesso violento e rissoso, definito dal suo essere membro di un

particolare gruppo etnico, irregolare e perciò particolarmente esposto

alla possibilità di delinquere, oppure regolare e quindi accettabile in

quanto forza-lavoro. Manca qualsiasi tipo di prospettiva di genere;

quando compaiono le donne se ne parla come di vittime di violenze

subite, spesso vengono tipizzate come nuovi angeli perché si prendono

cura degli anziani (“Ottocento gli angeli venuti dall’Est”, Il Carlino di

Imola, 14/11/2004) ma altre volte sono stigmatizzate in quanto demoni

tentatori venute in Italia a esercitare la prostituzione.

La logica di riduzione della complessità fa sì che la realtà venga divisa

nelle dicotomie semplificative noi-loro, santi-demoni, vecchi-nuovi.

La logica di riduzione della complessità opera a tutti i livelli del

trattamento della notizia. Nell’ambito del progetto europeo “Etnequal

Social Communication” i ricercatori del dipartimento di Sociologia e

comunicazione della Sapienza di Roma hanno studiato per quindici mesi

un gruppo molto ampio di testate italiane, quotidiani, televisioni e

30 http://www.meltingpot.org/monitor.

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agenzie stampa a diffusione nazionale e locale, raccogliendo le

conclusioni nel volume Fuori luogo. L’immigrazione e i media italiani

[2005]. Ridurre la complessità del reale significa anche, per gran parte

dell’informazione, ridurre il numero di fonti consultabili a quelle più

facilmente reperibili e autorevoli come le forze dell’ordine: negli articoli

che hanno per argomento gli immigrati, le due parole più usate sono,

infatti, polizia e carabinieri. Ma questo implica un naturale

sbilanciamento a favore delle notizie di cronaca nera, trascurando i fatti

relativi alla vita dei cittadini stranieri integrati, ai problemi della società

civile e alle attività delle istituzioni, così come denunciato anche dallo

studio di Ribka Sibhatu [2004]. Più ascolto a queste esigenze si trova

invece in molte testate locali che spesso hanno tempo e volontà di

approfondire tali tematiche o anche dare ascolto a più fonti diverse.

L’unico correttivo alla distorsione informativa, secondo i ricercatori,

sarebbe la conoscenza personale dei lettori, la loro capacità critica di

controllo e di confronto tra quello che leggono e quello che vedono nelle

città e nei quartieri. Lo studio prende in considerazione, infatti, anche le

conseguenze che la rappresentazione mediatica dell’immigrazione ha sul

pubblico: quest’ultimo riceve sistematicamente dai media una visione

deformata e in negativo della realtà e tende a sopravvalutare il numero

reale degli immigrati residenti in Italia e, tra questi, il numero di

musulmani presenti.

A proposito della rappresentazione in negativo dell’immigrazione di

religione musulmana in Italia, interessanti sono le riflessioni di

Annamaria Rivera, docente di Etnologia presso l’Università di Bari,

raccolte nel libro Estranei e nemici. Discriminazione e violenza razzista

in Italia [2004]. Uno dei fattori che contribuiscono alla

“nemicizzazione” dello straniero è infatti l’accostamento alle retoriche

dell’islamofobia, termine usato per definire un insieme variegato di

pratiche discorsive e pregiudizi radicati nella storia e nell’immaginario

dell’Occidente, parallelamente all’antisemitismo. Quello che è avvenuto

nel linguaggio dei media è uno slittamento semantico che porta a

vendere nei migranti dei musulmani, e nei musulmani dei

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fondamentalisti, pericolosamente vicini al terrorismo. L’immigrato

diventa così, dai discorsi della Lega Nord fino alle inchieste sui giornali,

un nemico interno. Gli attentati dell’11 settembre 2001 hanno legittimato

e inasprito tale equazione; a cominciare dal pamphlet di Oriana Fallaci

pubblicato sul Corriere della Sera e pubblicamente elogiato dai capi del

Governo. Una campagna anti-musulmana veicolata in larga misura da

istituzioni e media che non tiene conto delle differenti correnti

all’interno dell’Islam, e che porta a vedere in ogni arabo un possibile

terrorista, non considerando neanche che solo un decimo del miliardo e

200 milioni di musulmani presenti nel mondo abita in paesi di lingua e

cultura araba. La qualifica di musulmano sottintende e richiama

immediatamente tutte le altre e “permette di rafforzare la retorica

razzista che afferma l’inammissibilità dei migranti nelle società

occidentali” [Rivera, 2004, p. 72]. I “figli di Allah” come li definisce il

pezzo della Fallaci, con un’espressione analoga a quella utilizzata per

stigmatizzare gli ebrei (“figli di Mosè”), non sarebbero che un’orda

indistinta di individui eterogovernati dalla propria appartenenza

religiosa, portatori insani di una “alterità inassimilabile” capace di

contaminare l’Europa e attentare all’identità nazionale italiana, così

come paventava il cardinale di Bologna Giacomo Biffi in un discorso

ripreso e amplificato da tutti i giornali e pubblicamente apprezzato da

molti politici e opinion leaders anche autorevoli, come Giovanni

Sartori31.

Significativo di questo atteggiamento comune alla maggioranza dei

media il brano riportato nel saggio di Rivera e tratto dal quotidiano free

press Metro: “Ormai, immigrati che vivono e lavorano da noi […] ci

scaraventano addosso pubblicamente islamico disprezzo per la nostra

appartenenza al mondo degli infedeli e ci ricordano […] che dovremo

31 Autore, tra l’altro, di Pluralismo, multiculturalismo ed estranei. Saggio sulla società

multietnica [2000], saggio in cui enunciava la tesi dell’esistenza di un nucleo di alterità

radicale inintegrabile tra europei e immigrati, intendendo per “immigrati” solo gli

arabi provenienti dall’Africa e di religione musulmana.

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convivere con un incubo”32. L’identificazione tra migrante e pericolo è

completata, la “sindrome da cittadella assediata” sempre più forte.

2.3 L’inadeguatezza della stampa italiana nei confronti

dell’immigrazione

“L’inadeguata lettura della società è peraltro da collegare a una più

generale incapacità della cultura italiana di raccontare l’Italia”

[Sorrentino, 1995, p. 61]

La lunga rassegna degli studi sull’immagine dell’immigrato nella stampa

italiana presentata finora non è fine a se stessa. In primo luogo perché

dimostra come si è evoluto questo tipo di rappresentazione nel corso

degli ultimi quindici anni, da quando cioè il fenomeno dell’immigrazione

è diventato più visibile nella società e ha cominciato a occupare sempre

più spazio nell’agenda setting di politici e opinione pubblica.

Il giornale è ormai un prodotto di consumo, che segue logiche di mercato

e deve generare (anche) profitto; deve insomma essere vendibile, attirare

i gusti e le aspettative dell’audience33. Anche la stessa informazione,

però, è un prodotto, frutto di logiche produttive orientate alla produzione

e al consumo; allora l’informazione sull’immigrazione può essere

considerata un tipo di prodotto che segue un ciclo di vita sui generis. La

teoria di marketing del ciclo di vita di un prodotto [Lambin, 2000, p. 288]

prevede varie fasi: una d’introduzione del nuovo prodotto sul mercato,

un’altra di rapida crescita e popolarità del prodotto, quindi un periodo di

transizione e “turbolenza”, una fase di maturità in cui la domanda globale

si assesta e il prodotto entra in fase di maturità, e infine una di declino, in

cui compaiono nuovi prodotti e i gusti e gli interessi cambiano.

Analogamente si è visto come la copertura mediatica dell’immigrazione

32 Dino Sacchettoni, 13 novembre 2001. 33 È questa la ragione per cui si ritagliano dalla realtà non i fatti oggettivamente più

rilevanti (ammesso che sia possibile) ma quelli che meglio si prestano ad assecondare i

desideri di intrattenimento del pubblico, a essere trattati in modo sensazionalistico o

spettacolare, o rappresentati in forma romanzata e drammatica.

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abbia attraversato fasi di latenza, in cui il tema virtualmente non esisteva,

quindi una di introduzione – un argomento nuovo per la società italiana

cominciava a entrare nell’agenda setting di giornali e televisione, spesso

sotto le sezioni di costume e società – e poi una fase di crescita

vertiginosa dell’interesse dei media verso l’argomento trattato in termini

di “minaccia” ed “emergenza”; quello che stiamo attraversando al

momento sembrerebbe un periodo di turbolenza, in cui l’attenzione

cambia, si abbassa e si rialza a seconda degli arrivi, delle proposte di

legge, dei fatti criminosi, della propaganda politica ed è inoltre

contraddittoria, dal momento che è spesso basata su rigide dicotomie

(noi-loro, buoni-cattivi, vittime-carnefici, santi-demoni ecc.). Ad ogni

fase di questa macro-ripartizione nell’arco di decenni corrisponde un

susseguirsi ciclico di (micro)momenti di latenza, emergenza e visibilità

che si alternano periodicamente [Naldi, 2000, p. 146].

Il numero di attori che definisce la situazione è cresciuto nel corso degli

anni, anche se, come si vede dall’ultimo monitoraggio effettuato, sono

(quasi) sempre gli stessi (i pochi) ad avere voce nell’informazione

tradizionale. La tendenza auspicata dagli studiosi è quella di avviarsi

verso una fase di maturità in cui l’immigrazione è stabilizzata e trattata

come dato di fatto, opzione necessaria per dirigere e concentrare

l’attenzione verso i temi del multiculturalismo e dell’intercultura. Il

problema però è che, indipendentemente dalle diverse posizioni

ideologiche degli attori che partecipano alla costruzione dei frames

interpretativi, in fondo condividono quasi tutti (mass media, politici,

intellettuali, esponenti della società civile ecc.) l’ottica emergenziale

nell’inquadrare la questione-immigrati come appunto una questione

[Naldi, op. cit., p. 150] o un problema da trattare in termini di possibili

soluzioni. Per questo motivo spesso l’argomento viene tematizzato nello

stesso modo in cui lo era negli anni Novanta: nel denso flusso di

informazioni quotidiano, continuano a essere valorizzate e rese più

visibili quelle notizie e quei dettagli che confermano timori e previsioni.

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La rassegna degli studi sulla rappresentazione del migrante nella stampa

italiana ha reso l’idea dell’inadeguatezza della stessa stampa davanti a

tali temi.

• Inadeguatezza verso i cittadini italiani, che ricevono

un’informazione distorta e una visione parziale e deformata della

realtà e di alcune dinamiche sociali sempre più importanti.

• Inadeguatezza verso i cittadini stranieri che a) non sono

rappresentati verosimilmente dalla stampa, fattore che rende più

difficile il processo di integrazione e il contatto con la società di

accoglienza; b) non hanno voce, nei media mainstream, neanche

come fonte quando si parla di loro e c) non vedono soddisfatti i

propri bisogni informativi.

Nonostante il dato che l’immigrazione sia ormai un fenomeno

consolidato nella società italiana da quasi due decenni, lo straniero

continua a essere visto, in fondo, come un freudiano perturbante

[Sibhatu, 2004, p. 26]. In questo caso il sistema dei media è paragonabile

alla figura sociologica di vecchio padre che non favorisce nei figli la

ricerca spontanea di valori nuovi, chiuso simbolicamente nel vecchio di

una cultura chiusa a nuovi orientamenti. Che tarda a comprendere la

situazione perché “non ha a disposizione una cornice simbolica

adeguata” [Mantovani, 1995, p. 85]. Il paradosso è che l’eventuale

“uomo della strada” (nel senso della categoria esemplificativa proposta

da Schutz riguardo ai meccanismi d attribuzione di significato) guarda ai

mezzi di informazione di massa come se fossero formati da un gruppo di

“esperti” o di “ben informati”. Da questi attori l’uomo della strada si

aspetta che gli forniscano una guida per interpretare la realtà. Ma che

cosa succede quando tale rappresentazione è falsata? Il problema non è

solo teorico, ma ha dirette ripercussioni sul vissuto quotidiano di tutti.

Parafrasando Austin34 si potrebbe affermare che “informare è agire”. E

informare male è pure agire. E deformare il presente è rovinare il futuro

[Sibhatu, op. cit., p. 27].

34 Cfr. il saggio Come agire con le parole [Austin, 1962].

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2.3.1 “La signorina notizia è bianca, ha le gambe corte, una

diffusa sordità, una grave miopia”35

.

Ricapitolare sinteticamente le caratteristiche più frequentemente

riscontrate nelle analisi dei giornali italiani, locali e nazionali36 servirà

come base per capire in che modo è possibile andare avanti e in quali

direzioni lavorare per migliorare l’informazione.

1. Livello di approfondimento e contestualizzazione delle notizie

riguardanti i cittadini immigrati: basso.

2. Definizione dell’immigrato come altro, elemento disturbante,

deviante e come problema. Riproposizione quotidiana e ripetitiva

dell’immagine dello straniero associata a episodi di criminalità,

frequente accostamento di tali notizie ad articoli di commento o

tabelle riguardanti l’immigrazione in generale (stigmatizzazione

dell’intera categoria di immigrati).

3. Designazione dell’immigrato in quanto non-nativo, privo di

cittadinanza italiana, non comunitario; costante associazione a

una comunità etnica di appartenenza: “albanesizzazione” o

“marocchinizzazione” dello straniero.

4. Tono: neutrale, allarmistico o pietistico. Titolazione: spesso

tendenziosa e slegata dal contesto.

5. Scelte lessicali: poco sorvegliate, frettolose, generiche,

stigmatizzanti.

6. Formato di notizie più frequenti: articoli e brevi di cronaca.

Immagini: spesso prive di coerenza con il testo.

7. Fonti giornalistiche: istituzioni, politici, polizia, associazioni,

quasi mai migranti.

8. Considerazione del migrante come possibile lettore: assente.

35 Dal titolo del convegno su media e immigrazione tenutosi a Imola il 12 marzo 2005. 36 Si intenda con nazionali anche la tipologia storicamente più diffusa di quotidiano in

Italia, cioè quella dei quotidiani regionali (categoria in cui rientrano, ad esempio,

“Corriere della Sera” e “La Stampa”), che hanno in genere sedi distaccate di redazioni

locali [Sorrentino, op. cit., p.65] e una distribuzione nazionale.

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9. Livello dell’attenzione verso il problema: discontinuo. Livello di

connivenza e condivisione di obiettivi con altri attori sociali

dotati di potere, specialmente politici: alto.

10. Capacità di memoria e contestualizzazione storica: inesistenti.

Assente ogni riferimento alle grandi tragedie in mare, alle vicende

dell’emigrazione italiana, alla storia del colonialismo.

Tutte queste caratteristiche si ritrovano ancora facilmente nei giornali

nazionali anche progressisti, specialmente nei periodi in cui più forte è

sentita “l’emergenza”, in occasione di sbarchi o di violenze commesse

da immigrati. La Repubblica del 12 maggio 2005, ad esempio, riportava

in prima pagina la notizia di nuovi arrivi titolando a una colonna:

“Invasione di immigrati. La UE condanna l’Italia”37 con la foto di un

barcone strapieno di persone. All’interno, a pagina 20, alla notizia era

dedicata un’intera pagina. Il titolo a quattro colonne: “Clandestini,

nuova emergenza. Mille sbarchi a Lampedusa”; l’occhiello: “Con il bel

tempo riprende l’assalto dei disperati alla piccola isola siciliana”; il

sommario: “Altri barconi in arrivo, centro di accoglienza in crisi”;

rendono l’idea di una situazione di urgenza ma anche di minaccia. Ma

non sono solo i titoli a oscillare tra allarmismo e pietismo. Nell’articolo

si legge: “Il centro di accoglienza di Lampedusa è una bolgia umana.

L’isola, nel giro di dodici ore, è stata presa d’assalto da un migliaio di

extracomunitari”. La situazione descritta dall’articolo è realmente

difficile: mancano posti letto e pasti caldi, nonostante si legga che il

sindaco di Lampedusa tenda a ridimensionare il problema per non avere

conseguenze sul turismo. Alla cronaca di questi avvenimenti si affianca,

come naturale continuazione, la notizia che quel giorno si riuniscono i

ministri dell’Interno di Italia, Germania, Francia, Regno Unito e Spagna

per discutere dei nuovi strumenti contro l’immigrazione illegale e il

terrorismo (“Biometria e documenti UE. Così un’Europa più sicura”).

Viene così confermato il legame logico immigrazione-emergenza-

insicurezza.

37 Corsivo mio.

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Cap. 3 Stampa e diversità culturale:

dall’esclusione alla partecipazione

3.1 Il diritto alla non discriminazione

Le conclusioni degli studi presentati nel cap. 2 portano alla

consapevolezza di un sostanziale squilibrio presente nella stampa

italiana a sfavore dei cittadini stranieri e all’esistenza, all’interno delle

routines redazionali, di pratiche discriminatorie consolidate (sebbene

non sempre intenzionali). Eppure tutto ciò contrasta con l’obbligo di

tutela dei soggetti deboli e delle minoranze previsto dalle leggi ma, in

primo luogo, dalla Costituzione Italiana. Essa infatti riconosce pari

dignità e uguaglianza di fronte alla legge di tutti i cittadini,

indistintamente38; garantisce a tutti il rispetto dei diritti inviolabili

dell’uomo e la piena solidarietà politica, economica e sociale39 e la tutela

delle minoranze linguistiche40. A meno che il termine “cittadino” non sia

inteso nel senso restrittivo di possessore della nazionalità italiana che

viene concessa ancora in base al principio dello jus sanguinis41, per cui

chi non lo è torna di fatto a essere una non-persona42 priva di ogni diritto

e quindi di fatto inesistente43, la Costituzione Italiana prevede lo

sviluppo di una democrazia che tuteli i propri cittadini fuori da ogni tipo

38 Art. 3: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge,

senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di

condizioni personali e sociali. 39 Art. 2: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come

singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede

l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. 40 Art. 6: La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche. 41 I figli di cittadini stranieri nati in Italia devono aspettare il compimento della

maggiore età, mentre l’acquisto della cittadinanza per naturalizzazione avviene dopo

una residenza dimostrata e continuativa di dieci anni. 42 Cfr. cap. 2.2.7. 43 Cui vanno attribuiti comunque i diritto fondamentali della persona umana (art. 2 del

testo unico della legge 286/1998).

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di discriminazione. Orientamento che viene ripreso più volte dal

legislatore. Se infatti la legge n. 645 del 1952 (legge Scelba) si limitava

a vietare la riorganizzazione del partito fascista44 e quindi ogni

manifestazione che ne richiamasse i principi, tra cui la propaganda

razzista, e a disporre l’eventuale sequestro dei giornali, delle

pubblicazioni o degli stampati nella ipotesi del delitto, con la n. 962 del

1967 si punisce con la reclusione da ventiquattro a trenta anni chiunque

commetta atti diretti a […] distruggere in tutto o in parte un gruppo

nazionale, etnico, razziale o religioso come tale, comprese la pubblica

istigazione e l’apologia di reato. Nel 1975, in seguito alle indicazioni

della Convenzione internazionale su ogni forma di discriminazione

razziale di New York (7 marzo 1966), con la legge n. 654 (legge Reale)

si stabilisce la reclusione sino a tre anni per chi diffonde in qualsiasi

modo idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero

incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi

razziali, etnici, nazionali o religiosi; ma bisogna aspettare gli anni

Novanta per dei provvedimenti più sistematici, che tengano conto

dell’avvenuto mutamento della realtà sociale italiana dovuto alla

presenza considerevole di cittadini immigrati.

Si arriva così alla legge Mancino (n. 205 del 1993), “Misure urgenti in

materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa” che ha lo scopo di

apprestare più efficaci strumenti di prevenzione e repressione dei

fenomeni di intolleranza e di violenza di matrice xenofoba o antisemita;

prevede per i colpevoli di tali reati, oltre a una pena detentiva, lo

svolgimento di attività di volontariato e assistenza sociale e punisce

anche la pubblica ostentazione di simboli razzisti. Circostanza ripresa

dalla legge n. 45 del 1995, “Misure urgenti per prevenire fenomeni di

violenza in occasione di competizioni agonistiche”.

Ma è con la n. 40 del 1998, “Discriminazione per motivi razziali etnici,

nazionali o religiosi”, confermata sostanzialmente dalla Bossi-Fini del

2002, che il problema del razzismo viene affrontato in maniera più

44 Attuando la XII disposizione transitoria e finale (comma 1) della Costituzione: “È

vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”.

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ampia e approfondita. Nell’art. 41 si legge che costituisce

discriminazione ogni comportamento che, direttamente o indirettamente,

comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata

sulla razza, il colore, l'ascendenza o l'origine nazionale o etnica, le

convinzioni e le pratiche religiose, e che abbia lo scopo o l'effetto di

distruggere o di compromettere il riconoscimento, […] in condizioni di

parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico,

economico sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica.

Chiunque, incaricato di un pubblico servizio o che esercita un servizio di

pubblica necessità, compia od ometta atti nei riguardi di un cittadino

straniero, soltanto a causa della sua condizione di straniero o di

appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità, si

rende colpevole di discriminazione e come tale può essere denunciato –

e il giudice può ordinargli la cessazione del comportamento

pregiudizievole (art. 42 sulla possibilità di una “azione civile contro la

discriminazione”).

Con il decreto legislativo n. 286 del 1998, “Testo unico delle

disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla

condizione dello straniero”, vengono riunite in un unico documento tutte

le norme precedenti riguardanti l’immigrazione (accesso, asilo politico,

ricongiungimenti familiari, controllo delle frontiere). Infine, la direttiva

del Consiglio dell’Unione Europea 2000/43/CE, cui lo stato italiano ha

obbligo di conformarsi, attua il principio di parità di trattamento tra le

persone, indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica. Vi si

ribadisce che il diritto all’uguaglianza e alla protezione contro le

discriminazioni costituisce un diritto universale riconosciuto dalla

Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo […], dalla Convenzione

internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione

razziale, dai Patti delle Nazioni Unite relativi rispettivamente ai diritti

civili e politici e ai diritti economici, sociali e culturali e dalla

Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle

libertà fondamentali,di cui tutti gli Stati membri sono firmatari.

L’importanza di tale direttiva risiede, tra l’altro, nell’esplicito

riconoscimento del diritto alla non discriminazione anche nei riguardi di

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cittadini di paesi terzi; raccomanda inoltre un’adeguata protezione

giuridica per le vittime e la ricerca costante di un dialogo tra le parti.

Viene chiarito anche il concetto di “molestia”: una discriminazione in

caso di comportamento indesiderato adottato per motivi di razza45 o di

origine etnica e avente lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una

persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante

od offensivo. Quest’ultima parte acquisisce grande importanza alla luce

di quanto detto precedentemente, in quanto sembra essere stata violata

sistematicamente dai mezzi di informazione, specialmente nei periodi di

maggiore attenzione nei confronti del “problema” immigrazione:

problema costruito attraverso la creazione (o il contributo dei media alla

creazione di) un clima ostile verso i migranti e una rappresentazione

degradante degli stessi. Lo stato italiano ha comunque attuato tale

direttiva con i Decreti legislativi n. 215 e 216 del 2003, che hanno anche

stabilito l’istituzione di un ufficio contro le discriminazioni all’interno

del Ministero delle Pari Opportunità.

3.2 Deontologia antirazzista nella professione

giornalistica

Il Codice Penale vieta la pubblicazione di notizie false, esagerate o

tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico (art. 656). Punisce anche,

nel caso di reato compiuto a mezzo stampa, il direttore o il vicedirettore

responsabile che non ha esercitato il necessario controllo sulla

pubblicazione (art. 57) e con la reclusione da sei mesi a tre anni o con

una multa chi offende l’altrui reputazione o arreca offesa a mezzo

stampa o con altri mezzi di pubblicità (art. 595).

Anche se non (sempre) intenzionalmente, la stampa italiana si è però

resa più volte responsabile di azioni, come si è visto, che sfiorano il

45 Stupisce in tutte queste norme la presenza della parola “razza” piuttosto che “etnia”

che ha connotazione meno discriminatoria ed è quella preferita dagli studiosi di

migrazioni, almeno negli ultimi anni.

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reato: la rappresentazione distorta che ha ripetutamente fornito dei

cittadini stranieri, le descrizioni degradanti e la stigmatizzazione

accanita di intere comunità. Una continua violazione delle leggi contro

la discriminazione ma anche delle regole e dei codici di condotta della

professione giornalistica.

La legge n. 69 del 1963 istituisce l’Ordine dei giornalisti e regola

l’esercizio della professione. L’art. 2 dispone l’obbligo inderogabile del

rispetto della veridicità dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla

lealtà e dalla buona fede. In seguito, nel luglio del 1993, l’Ordine e la

Federazione Nazionale Stampa Italiana (d’ora in poi FNSI) stilano la

Carta dei doveri dei giornalisti italiani che ribadisce il principio di

rispetto della verità sostanziale dei fatti, e cerca di promuovere, come

base del lavoro di ogni giornalista, un “rapporto di fiducia tra gli organi

di informazione e i cittadini”. Il giornalista deve quindi difendere il

diritto all’informazione dei cittadini, diffondere ogni notizia che sia di

pubblico interesse e con la maggiore accuratezza possibile. I titoli, i

sommari, le immagini e le didascalie non devono travisare né forzare il

contenuto degli articoli; il giornalista si impegna inoltre a usare il

massimo rispetto nei confronti dei soggetti di cronaca che per ragioni

sociali, economiche o culturali hanno minori strumenti di tutela,

garantisce loro il diritto di rettifica e ha l’obbligo di verificare le

informazioni ottenute attraverso le fonti. Soprattutto, principio ribadito

due volte nello stesso documento, il giornalista non può discriminare

nessuno per la sua razza, religione, sesso, condizioni fisiche o mentali,

opinioni politiche. Il riferimento a queste caratteristiche della sfera

privata è ammesso solo se di rilevante interesse pubblico e deve essere

fatto in modo non discriminatorio. Dovere fissato anche dalla legge

675/96 sulla tutela della privacy nell’esercizio della professione

giornalistica: nel raccogliere e riferire notizie contenenti dati personali

relativi a origine razziale ed etnica, convinzioni religiose […], il

giornalista garantisce il diritto all’informazione rispetto a fatti di

interesse pubblico evitando riferimenti […] ad altri soggetti non

interessati ai fatti, nel rispetto dell’essenzialità dell’informazione (art.

2). Interessante notare come, nella nozione di “soggetti non interessati ai

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fatti”, possano essere compresi tutti quei cittadini stranieri che non

hanno commesso alcun reato ma vengono associati all’illegalità

dall’opinione pubblica, in quanto appartenenti alla stessa comunità dei

soggetti devianti. La tutela del diritto di non discriminazione, valido per

tutti i cittadini viene ripreso anche in un altro articolo della stessa legge:

nell’esercitare il diritto di cronaca, il giornalista è tenuto a rispettare il

diritto della persona alla non discriminazione per razza, religione,

opinioni politiche etc. (art. 6).

Nel corso degli anni Novanta alle indicazioni legislative descritte sopra –

nei fatti già allora poco rispettate - si sono aggiunte anche quelle

contenute in varie carte dei principi e codici di condotta, i più importanti

dei quali sono tre: la Dichiarazione d’impegno per un’informazione a

colori (1994); la Carta di Ercolano (1995) e le Raccomandazioni per

un’informazione non razzista (1996). È necessario ricordare, infine, due

delle più recenti iniziative per la lotta alla discriminazione nei mezzi di

informazione, la firma della Dichiarazione di Madrid (1998) e la

campagna Le parole lasciano impronte (2005).

3.2.1 Dichiarazione d’impegno per un’informazione a colori

La prima46 nacque in seguito al convegno “Immigrato alza la voce!” del

1994, di cui le redazioni delle trasmissioni televisive Non solo nero e

Abbonato alza la voce! si fecero promotori; vi aderì un gruppo di

giornalisti, tra cui Lilli Gruber, Massimo Ghirelli e Maria de Lourdes

Jesus47, che sottoscrissero la Dichiarazione d’impegno e la presentarono

poi alla RAI e alla FNSI. L’impegno, proposto in otto punti, era quello

di stimolare una conoscenza meno superficiale dell’immigrazione,

denunciare gli atti di razzismo, combattere gli stereotipi sui migranti

nell’informazione e non relegarli solo nei ghetti della cronaca nera,

coniugando la tutela della privacy alla valorizzazione del contributo

46 Le tre carte dei principi sono consultabili in versione integrale nella relazione

“Libertà di stampa e discriminazione razziale” a cura del Cospe [2003]. 47 La stessa giornalista di origine capoverdiana che conduceva all’epoca la trasmissione

televisiva Nonsolonero. Sull’esperienza di questo programma cfr. Grossi [1995].

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economico e lavorativo degli immigrati e del potenziale di arricchimento

insito nella loro presenza.

3.2.2 Carta di Ercolano

Ma l’iniziativa non ebbe molta eco, così nel novembre del 1995 il

Coordinamento di Iniziative Popolari di Solidarietà Internazionale

(CIPSI) organizzò a Ercolano l’incontro di studio “Quale informazione

per il villaggio globale?”, cui parteciparono associazioni, operatori

culturali e giornalisti di testate nazionali e della RAI. Il seminario portò

alla stesura finale di un appello da rivolgere all’Ordine dei Giornalisti e

alla FNSI, con lo scopo di diventare un codice comportamentale, in cui

si chiedeva anche la costituzione di un Giurì nazionale e di un

osservatorio sui mass media che vigilassero sull’applicazione dei

principi della Carta. Questa stabilisce che, nei testi giornalistici, le fonti

si debbano astenere da giudizi “che non siano attestati da prove”; il

linguaggio e i titoli devono evitare i giudizi sommari e non istigare alla

violenza razziale; la raccolta delle informazioni e delle immagini non

può diventare “una forma di violenza” ma deve educare alla mondialità e

promuovere il dialogo con le diversità a partire dagli interlocutori locali.

3.2.3 Raccomandazioni per un’informazione non razzista

Nel marzo del 1996 invece fu il Dipartimento per gli Affari Sociali a

costituire un gruppo di lavoro di giornalisti, in seguito alle indicazioni

della Campagna europea dei giovani contro il razzismo promossa dal

Consiglio d’Europa, le cui riunioni portarono alla stesura delle

“Raccomandazioni per un’informazione non razzista”. Vi si

raccomanda, a tutela della dignità umana e dell’onore dell’individuo, di

non menzionare (a meno che non siano di pubblico interesse) dati

sensibili quali la nazionalità o la religione dei soggetti coinvolti nei fatti;

di tenere conto della connotazione delle parole, di evitare

generalizzazioni delle differenze e dei comportamenti devianti e di

valorizzare le differenze culturali.

Così come era successo con le precedenti carte dei principi, però,

neanche questa volta all’entusiasmo iniziale fece seguito una piena

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adesione dell’Ordine e degli stessi giornalisti ai principi esposti. Questo

tipo di documenti ha infatti “valenza etica, ma giuridicamente non [è]

cogente” e non vincola gli operatori [Cospe (a cura di), op. cit., p. 27],

probabilmente perché non esiste, in Italia, una tradizione giornalistica di

solido rispetto dei codici di autoregolamentazione o forse perché le

routines lasciano relativamente poca libertà decisionale al singolo

giornalista a favore di altri elementi prioritari: produttività, velocità, tipo

di linea editoriale e controllo aziendale. Inoltre manca ancora una piena

conoscenza del fenomeno dell’immigrazione, della sua importanza e

della sua problematicità, così che viene interpretato non nella sua

complessità ma a seconda degli umori politici e dei bisogni produttivi

del momento.

3.2.4 La dichiarazione di Madrid

Nel marzo 1998 si sono riuniti a Madrid i rappresentanti delle

organizzazioni professionali e sindacali dei giornalisti di Francia,

Germania, Irlanda, Italia48, Portogallo, Regno Unito e Spagna, in

occasione del seminario europeo “I mezzi della comunicazione, contro

l’intolleranza, il razzismo e la xenofobia” che ha portato alla firma della

Dichiarazione di Madrid: i giornalisti contro il razzismo e la xenofobia.

In questo documento i giornalisti ammettono l’esistenza di fenomeni di

pregiudizio e costruzione di stereotipi a danno di persone o gruppi

etnici, ammettono anche che è impossibile per un giornalista rimanere

neutrale davanti al razzismo, e che quindi è necessaria

un’autoregolazione che riguardi anche l’eventuale diffusione di discorsi

delle personalità pubbliche che incitano o fomentano movimenti razzisti

o xenofobi, diffusione che bisognerebbe evitare. Si rendono consapevoli

del grande peso che hanno i mezzi di comunicazione nei confronti della

società e della necessità pertanto di rispettare gli Accordi internazionali

in materia di razzismo. Dichiarato questo, concordano su una serie di

principi: la volontà di stimolare valori favorevoli al rispetto dei diritti

48 Per l’Italia partecipano Lorenzo del Boca, Antonio Veluto e Gianni Molinari della

FNSI.

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umani, della pace e della democrazia, di impedire la diffusione acritica

di messaggi razzisti e xenofobi, di promuovere una corretta conoscenza

delle minoranze e mostrare rispetto nei confronti delle vittime di atti di

razzismo e della loro identità culturale; l’impegno, nell’ambito

dell’informazione, a un trattamento in accordo con le norme etiche

quando si tratti della diffusione di messaggi o immagini suscettibili di

pregiudicare la valutazione sociale delle minoranze, evitando le

allusioni ingiustificate verso le etnie in notizia su fatti delittuosi e

sessuali e l’uso scorretto e tendenzioso del linguaggio.

3.2.5 Le parole lasciano impronte

Contro l’uso scorretto del linguaggio e le scelte lessicali tendenziose nei

testi giornalistici si scaglia anche la “campagna di sensibilizzazione al

giusto uso delle parole nell’informazione” Le parole lasciano impronte,

lanciata dalla FNSI in collaborazione con il portale di informazione

multietnica del gruppo Kataweb Il Passaporto49. Questa campagna

prevede la raccolta on line di adesioni da presentare poi alla FNSI50 e un

percorso di “formazione, informazione e denuncia”. “Il nostro lavoro

non si limiterà ad un momento di denuncia: intendiamo entrare nella

costruzione dei circuiti dell’informazione, per problematizzare realtà

che troppo spesso vengono semplificate, sarà un lavoro che durerà nel

49 http://www.ilpassaporto.it 50 Hanno aderito alla campagna, tra gli altri: Agenzia Informazione Immigrati Associati

Migra, Archivio Immigrazione, agenzia Amisnet, Peacelink, Carta-Cantieri sociali, il

Manifesto, Liberazione, Fnsi, Lettera 22, Cospe, Cooperativa Sesamo, Informazione al

futuro, rivista “Altri”, Arci Nuova Associazione, CGIL uff. immigrazione, Novaradio

di Firenze, “Candelaria” Associazione di donne immigrate, Redattore sociale,

Associazione nazionale Beati i costruttori di pace, rivista “Marea”, Transform Italia,

Udi - Unione donne in Italia, DWPress - Il quotidiano delle donne, Coordinamento

lesbiche romane, Associazione Antilope, Cestim - Centro Studi Immigrazione onlus,

Sezione Italiana di Amnesty International, Associazione Stampa Romana (sindacato

dei giornalisti di Roma e Lazio) - Comitato Istituzioni, società civile ed

associazionismo, Associazione “Educazione al benessere” onlus, Associazione di

donne slave “Lipa”, rivista “Altrove” della Cooperativa di giornalisti Corso Bacchilega

di Imola, progetto Etnica.

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tempo e che richiederà l’apporto di tutte le intelligenze critiche e

democratiche disposte ad impegnarsi. Un sapere plurale e in continua

ricerca a cui chiediamo di aderire per costruire un modo più corretto di

informare”. Se il percorso informativo è destinato in primo luogo a quei

cittadini stranieri che “anche a causa di limitazioni stabilite dalla

legislazione italiana o a interpretazioni restrittive della legge, hanno

molte difficoltà ad accedere alla professione giornalistica (elenchi

speciali annessi agli Ordini) e ad esercitarla in pieno (impossibilità di

fare il direttore responsabile”51, il punto centrale della campagna è però

quello di denuncia della sciattezza nelle scelte lessicali operate dai mezzi

di informazione e l’esplicito invito a un uso più sorvegliato del

linguaggio. Viene fornita anche, come provocazione, una lunga lista di

termini da evitare in quanto saturi di connotazioni razziste, scorretti

eticamente o solo inesatti: un “vocabolario” che chiunque può arricchire.

Non esistono lemmi neutri e in tutti si nasconde un potenziale

d’ambiguità. L’elenco comincia dalla parola “clandestino”, che nel

linguaggio giuridico indica colui che “ha attraversato i confini nazionali

secondo modalità diverse da quelle previste dalle leggi in vigore”

[Menghi (a cura di), 2002, p. 119] ma viene spesso utilizzata per

indicare gli immigrati irregolari, cioè privi in un dato momento del

permesso di soggiorno, criminalizzando entrambe le categorie. Si passa

poi all’espressione “emergenza immigrazione” e si afferma che “le

immigrazioni non sono un’emergenza, ma un fenomeno di livello

planetario. Diventa emergenza quando vogliamo credere che gli altri

sono un pericolo per noi” così il binomio verbale “problema

immigrazione” andrebbe evitato in quanto “si migra per risolvere i

problemi, non per crearli”. Senza contare che quello alla migrazione è

un diritto fondamentale dell’uomo garantito per tutti a cominciare

dall’articolo 13 della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo del 1948 e

dagli articoli 12 e 13 del Patto delle Nazioni Unite sui Diritti civili e

politici del 1976 [Sibhatu, 2004, p. 40]. E ancora: “centri d’accoglienza”

è una dicitura non corretta che non descrive bene ciò che tali strutture

51 Sulle modalità di accesso dei cittadini stranieri all’Ordine dei giornalisti cfr. cap. 3.3

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nel concreto sono, e cioè veri e propri centri di detenzione; “badante” è

un termine che viene riservato solo alle lavoratrici straniere: “perché una

italiana è collaboratrice domestica e una filippina è badante?”;

“sicurezza” richiama paure e fattori emotivi forti e irrazionali: “tutti

vogliono vivere sicuri. Sembrerebbe che chi migra viene in Italia per

delinquere”. Fino ad arrivare al termine forse più abusato e pericoloso,

“extracomunitario”: “una serie di leggi definiscono extracomunitario chi

non è cittadino della Comunità Europea. Ma spesso questa parola viene

usata in modo dequalificante”. Tale attributo infatti fornisce una

caratterizzazione delle persone in quanto esterne alla comunità: diverse,

straniere, aliene e non è mai riferito ai cittadini extra-comunitari

provenienti dai ricchi paesi occidentali come gli Stati Uniti. Dal

successo della campagna e dal positivo riscontro che ha ricevuto ha fatto

seguito la nascita di un sito Internet che si propone come spazio di

dibattito su questo tema e raccoglie notizie, articoli di esperti e dossier

sull’immigrazione52.

3.3 L’accesso alla professione giornalistica per il

cittadino straniero

Con la già menzionata legge n. 69 del 3 febbraio 1963 si fonda l’Ordine

dei giornalisti cui appartengono tutti coloro che svolgono attività

giornalistica non occasionale e retribuita; l’iscrizione all’Ordine

costituisce pertanto la condizione di legittimità dell’esercizio della

professione. Per i giornalisti di nazionalità straniera e non comunitari

(almeno ventunenni) è prevista, dall’art.28, l’iscrizione agli elenchi

speciali annessi all’albo dei giornalisti; a condizione però che, in base al

principio di reciprocità, essi siano cittadini di uno stato con cui il

governo italiano abbia stipulato un accordo speciale che preveda la pari

possibilità per un cittadino italiano di svolgere la professione

52 http://www.leparolelascianoimpronte.org.

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giornalistica in quel determinato paese, e per il cittadino straniero di

esercitare la professione in Italia.

Il D.P.R. 115/65 “Regolamento per l’esecuzione della l.n. 69/1963”

prevede inoltre che al fine di comprovare il possesso della qualificazione

professionale necessaria, il cittadino straniero debba presentare, al

Consiglio regionale o interregionale di residenza, la documentazione

completa da cui risulti che ha esercitato in precedenza la professione

giornalistica in conformità alle leggi del suo stato. Egli ha anche la

facoltà di sostenere nella sua lingua di origine l’esame di Stato per

diventare giornalista professionista in Italia.

Resta comunque preclusa la possibilità di assumere l’incarico di

direttore responsabile di una qualsivoglia testata53, carica riservata

esclusivamente ai giornalisti di nazionalità italiana. Secondo la legge

sulla stampa n. 47/1948, art. 3, infatti, ogni periodico italiano deve avere

un direttore responsabile; costui deve essere cittadino italiano e

possedere gli altri requisiti per l'iscrizione nelle liste elettorali politiche.

Può essere direttore responsabile anche l'italiano non appartenente alla

Repubblica, se possiede gli altri requisiti per la iscrizione nelle liste

elettorali politiche. Rimane inoltre preclusa - fermo restando il diritto

alla libertà d’espressione garantito a tutti dall’art. 21 della Costituzione

Italiana - la possibilità di accedere all’albo per i giornalisti non

comunitari i cui paesi di provenienza non abbiano siglato accordi con lo

stato italiano in merito alla reciprocità di trattamento.

La disposizione sugli elenchi speciali non si applica ai cittadini

comunitari. L’art. 9 della l. 428/1990 afferma infatti, al comma 2, che

“ai cittadini degli Stati membri delle Comunità europee non si applica la

condizione di reciprocità richiesta dall’art. 36 l. 69/1963”. Tale articolo

equipara quindi i cittadini degli stati membri della Comunità europea ai

cittadini italiani in ordine all’iscrizione nel registro dei praticanti e

all’elenco dei pubblicisti, aggiungendosi così alla normativa che aveva

53 Per quanto riguarda la stampa etnica, i cui redattori sono quasi tutti immigrati, risulta

dalla lettura dei colophon che se il direttore editoriale è spesso un cittadino straniero,

ad assumere la carica di direttore responsabile è sempre un italiano (a volte lo stesso,

per più riviste).

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accomunato in precedenza i cittadini comunitari e quelli nazionali

quanto all’iscrizione all’albo dei professionisti. Tale equiparazione,

ribadita successivamente con l’art. 9 l. 52/1996, si applica anche con

riferimento alle figure di direttore responsabile e al proprietario di ogni

genere di periodici.

Restano invece esclusi da questa possibilità i giornalisti di origine extra-

comunitaria. Preclusione, questa, in chiara contraddizione con la più

recente Legge 40/98 che, in merito al soggiorno dei cittadini stranieri

non comunitari, stabilisce l’accesso alle libere professioni anche qualora

non sia rispettato dai paesi d’origine il principio di reciprocità, nonché

con la legge n. 286 dello stesso anno che riconosce ai cittadini immigrati

e forniti di permesso di soggiorno gli stessi diritti civili del cittadino

italiano, tra cui l’uguaglianza di diritti sul lavoro. Secondo una sentenza

della Corte di Cassazione (n. 11 del 1968), infatti, non è irragionevole il

principio di reciprocità di trattamento mediante accordi tra gli stati a

meno che l’aspirante giornalista non sia cittadino di un paese che non

garantisce l’effettivo esercizio delle libertà e dei diritti civili (circostanza

per la quale l’art. 10 della Costituzione garantisce il diritto d’asilo).

Esclusione ingiustificata nella realtà di un paese sempre più multietnico

e in contraddizione, infine, anche con il decreto legge n. 216 del 2003

che, attuando la direttiva 2000/78/CE, stabilisce la parità di trattamento

in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.

Si tratta di un problema molto sentito soprattutto nelle redazioni dei

giornali “etnici”54, che non possono avere come direttore responsabile un

giornalista straniero: “Siamo costretti a pagare una persona italiana che

faccia da prestanome, senza fare altro; non legge neanche gli articoli

ma prende comunque la sua tariffa”55 afferma Roland Sejko, direttore

editoriale di Bota Shqiptare, il giornale in lingua rivolto alla comunità

albanese. Lo stesso vale per la questione dell’iscrizione all’ordine: “È

anche una questione di principio. A parte che c’è una direttiva europea

che invita ad abolire gli albi professionali. Sarebbe più facile per noi

54 Cfr. cap. 4.1. 55 Comunicazione personale, Firenze 27 maggio 2005.

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farci accreditare in Italia come giornalisti di testate estere; ma non tutti

avrebbero la possibilità di dimostrare un’attività lavorativa continuativa

per una testata straniera, specialmente coloro che hanno cominciato a

svolgere l’attività giornalistica proprio in Italia”.

È notizia di questi giorni56, comunque, l’emanazione di una circolare del

Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli Affari di Giustizia,

Direzione Generale della Giustizia Civile diretta al Consiglio Nazionale

dell’Ordine Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti che apre uno spiraglio

sulla possibilità per i cittadini extra-comunitari di iscriversi all’Ordine.

Si legge infatti che, alla luce della normativa esistente, non appare

possibile opporre un rifiuto basato sulla cittadinanza all’iscrizione

all’albo professionale, […] a prescindere da eventuali trattati di

reciprocità. E ancora: appare possibile procedere all’iscrizione

nell’elenco dei pubblicisti e dei professionisti di cittadini extra-

comunitari che ne facciano richiesta, se in possesso dei requisiti

richiesti dall’ordinamento italiano. Questa possibilità sarebbe però

riservata a tutti i cittadini extra-comunitari laureati o diplomati e

abilitati in Italia; non è quindi ancora chiarita la situazione dei

giornalisti formatisi all’estero. In ogni caso, si tratta di un passo in avanti

che ammette le contraddizioni legislative di cui si è parlato prima e che

dovrà ora essere recepito dai vari organi regionali.

3.4 L’informazione come prima forma di cittadinanza

Se l’Italia è ormai un paese in cui l’immigrazione ha assunto una

particolare rilevanza, diventa necessaria l’applicazione di serie politiche

di integrazione. L’integrazione passa anche attraverso i mass media, anzi

il rapporto tra questi e le minoranze etniche è importante ai fini

dell’inserimento anche lavorativo dei cittadini stranieri. “Per le scienze

sociali integrarsi significa occupare un posto funzionale all’interno

56 Circolare del 13 maggio 2005.

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delle comunità d’accoglienza” [Sibhatu, 2004, p. 47]. Perché

l’integrazione sia reale, tale “posto funzionale” deve essere visibile e

rappresentato in modo chiaro all’intera società, non nascosto tra le

pieghe di un’informazione che privilegia la devianza e nasconde la realtà

sociale nella sua interezza.

Ma non basta che i cittadini immigrati siano messi al riparo da ogni

forma di pubblica discriminazione, perché si possa parlare di società

interculturale.

“Interculturale” è (anche) una società che vede nell’immigrato non solo

il “prodotto” di una cultura diversa, ma pure il “produttore” di culture al

pari dei cittadini nativi [Rivera, 2003, p 19] e che non riconduce ogni

difficoltà di integrazione alla mera questione della differenza culturale.

“Intercultura è riconoscere le culture, le appartenenze […], ma sempre

avendo chiaro che esse non sono realtà omogenee bensì spazi di

scambio” [Mantovani, 2004, p. 23].

La concezione di una democrazia multiculturale prevede la “costituzione

di un gruppo di cittadini attivi, con gli stessi diritti e gli stessi doveri,

che condividano lo stesso spazio pubblico” [Martiniello, 2000, pp. 106-

107]. Il decreto legislativo 268/199857 prevede per i cittadini immigrati

regolarmente presenti nel territorio pari diritti civili e la partecipazione

alla vita pubblica locale. Partecipazione che si completa, però, solo se

essi hanno anche la possibilità di conoscere la società che li ospita e farsi

conoscere, senza subire passivamente ciò che i nativi dicono di loro. Una

prima forma di inclusione sociale è quindi quella che è assicurata

dall’informazione, risorsa basilare per affrontare una nuova esperienza

di vita in una nuova società. “Senza informazioni qualsiasi cittadino non

è tale, non ha possibilità e libertà d’azione, che è il requisito minimo di

ogni cittadinanza” [Sorrentino in Cospe (a cura di), 2003, p. 3]. In una

società che presenta al proprio interno membri con background

differenti, è fondamentale che a tutti loro siano assicurati in primo luogo

i diritti basilari, tra i quali rientra quello all’informazione. Solo così essi

possono orientarsi, uscire da una condizione di isolamento, farsi

57 Cfr. cap. 1.4.

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77

riconoscere, attivare quelle reti relazionali che sono “l’intelaiatura

necessaria per la creazione di rapporti sociali e per la costruzione di

possibili relazioni con il nuovo territorio e con il contesto politico e

sociale” [ibidem]. L’informazione deve essere quindi garantita a tutti,

così come prevede la Costituzione nella sua interpretazione

“funzionalista”58 che ha ispirato anche i principi dell’istituzione

dell’Ordine dei giornalisti. Un serio e partecipato dibattito

sull’uguaglianza di diritti e doveri, sulla volontà di riconoscimento

reciproco, sui principi del pluralismo informativo e infine sulla parità di

accesso ai media è l’unico che può favorire l’affermazione di “una

cittadinanza culturale che integri le altre dimensioni – civile, politica e

sociale – della cittadinanza” [Martiniello, op. cit. pp. 95-107] e che

contribuisca a risolvere i problemi di inadeguatezza59 della stampa e dei

mezzi di informazione italiana riguardanti l’immigrazione.

Una primissima proposta per superare quest’inadeguatezza, prima

ancora che la stesura di un nuovo codice di autoregolamentazione da

condividere e di cui vigilare attentamente l’applicazione, sarebbe quindi

quella di considerare gli immigrati, ai fini dell’informazione

giornalistica, semplicemente come dei cittadini. Individui dotati di pari

diritti e doveri; persone di cui rispettare la privacy e la dignità personale,

e a cui dare voce come fonte delle notizie che li riguardano. La

Commissione Europea ha introdotto il concetto di cittadinanza attiva

che riconosce ai cittadini immigrati alcuni diritti e obblighi

fondamentali, in modo da garantire loro un uguale trattamento rispetto ai

nativi. Alla base della concezione di cittadinanza attiva ci sono la piena e

uguale partecipazione, così come la comunicazione interculturale, la

comprensione reciproca e il dialogo. La partecipazione riconoscibile dei

migranti e dei gruppi di origine etnica minoritaria al dibattito pubblico è

perciò prioritaria.

58 Interpretazione che propone “una concezione della libertà di informazione come

diritto dei cittadini a essere informati, facendola rientrare nel novero dei diritti sociali,

che hanno il fine di realizzare il diritto all’uguaglianza” [Papuzzi, 1998, p. 198]. 59 Cfr. cap. 2.3.

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78

3.5 Un nuovo mercato

Non è quindi sufficiente che i cittadini immigrati siano rappresentati

correttamente nei mass media e che tutte le forme di discriminazione

giornalistica siano evitate, perché si possa parlare di avvenuta

integrazione. L’impegno per un’informazione “il più possibile libera da

stereotipi” e per un libero accesso dei migranti ai media (come fonti

accreditate e come operatori del settore), sebbene rilevante per la

democrazia, non soddisfa però completamente le richieste informative

dei cittadini immigrati.

Tra l’altro, il sistema dei media italiano nel suo complesso presenta

caratteristiche storiche peculiari, quali ad esempio la scarsa rilevanza

dell’informazione di servizio e il debole radicamento nella dimensione

locale a favore di quella nazionale che rendono ancora più lontano il

mondo dei mass media dalla realtà vissuta e dai bisogni quotidiani di un

migrante [Sorrentino, in Cospe (a cura di), p. 4].

Gli stranieri sono infatti portatori di bisogni informativi complessi ma

anche nuovi per la società e il sistema dei media italiani. Garantire agli

immigrati l’accesso all’informazione è un servizio pubblico

“irrinunciabile per motivi etici ma anche per evidenti motivi

d’opportunità politica ed istituzionale” [Sorrentino, op. cit., p. 4].

L’informazione è un bene primario, ma pure una risorsa troppo spesso

scarsa e inaccessibile, nonostante i cittadini stranieri ne abbiano urgente

necessità.

Necessità che porta alla nascita di un nuovo mercato.

Gli immigrati in Italia costituiscono al momento un ampio segmento di

popolazione, composto di più di tre milioni di persone, ossia circa il

4,5% della popolazione italiana [ISMU 2005]; secondo l’ISTAT, oltre

2.500.000 di questi lavorano, pagano le imposte e hanno un certo potere

d’acquisto. Addirittura circa 125mila di loro sono imprenditori. Come

dimostra una ricerca effettuata nel 2004 dalla Carat Geoconsulting,

divisione di geomarketing del gruppo Carat, i cittadini stranieri residenti

stabilmente in Italia costituiscono un nuovo mercato e potrebbero

diventare destinatari importanti della comunicazione pubblicitaria di

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alcune aziende. Ad esempio, un milione 450mila immigrati possiede la

patente di guida, e le aziende automobilistiche hanno da poco

cominciato a interessarsi di questo settore60. Altri settori in rapida ascesa

sono i servizi di telefonia e le rimesse di denaro all’estero. Secondo la

stessa ricerca anche il consumo dei media tra i migranti sta crescendo

notevolmente e il settore è in piena espansione.

Uno studio del novembre 2003 a cura di Mario Abis, presentato in un

convegno milanese dell’ASSIRM sull’integrazione degli immigrati in

Italia intitolato Immigrati e mercato. Oltre il cono d’ombra, interroga un

campione di 819 cittadini stranieri residenti in Italia sulle loro abitudini

di consumo. Riguardo ai media, risulta che se il 30% non legge mai

quotidiani italiani, un 25% li legge occasionalmente e un altro 25% ne è

un lettore “debole”; si dicono lettori forti il 19,2% e medi 7,7% degli

interpellati. Dei lettori di quotidiani, il 57,4% legge quotidiani venduti in

edicola e il 38,9% giornali gratuiti o free press. Non ci sono invece dati

sulla lettura di quotidiani stranieri. Nonostante questi dati, oltre il 51%

dà un giudizio negativo della stampa italiana e di come essa parla degli

immigrati. Si può facilmente intuire che, anche in ragione

dell’inadeguatezza nella rappresentazione e nella mancanza di

informazione di servizio di cui si è parlato in precedenza, i quotidiani

italiani e stranieri non sono capaci di soddisfare pienamente le esigenze

informative dei cittadini immigrati.

Se si concepisce l’informazione anche come un prodotto, frutto di una

serie di routines aziendali con l’obiettivo finale di essere venduto, si può

concordare anche sul fatto che i cittadini stranieri costituiscano un nuovo

gruppo di consumatori dotato di potere d’acquisto e di propri particolari

bisogni informativi. Un segmento di mercato, cioè, individuato da

precise variabili comportamentali, socio-demografiche, socio-culturali, e

dai vantaggi richiesti [Lambin, 2000, pp. 223-249]. I cittadini immigrati

avrebbero perciò la necessità di trovare prodotti informativi alternativi,

pensati per le loro esigenze e che soddisfino bisogni diversi da quelli

presi in considerazione dai media tradizionali. Non si vuole qui

60 http://www.stranieriinitalia.it/news/auto12gen2005.htm.

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sostenere che i migranti vadano ghettizzati in spazi informativi riservati

esclusivamente a loro, e che con ciò sia risolto il problema della

scorretta e iniqua rappresentazione degli stessi nei mass media, ma che il

bisogno di un’informazione di tipo differente da quella tradizionale

esiste.

Un’informazione, in primo luogo, che fornisca ai cittadini immigrati

degli strumenti:

• Per orientarsi: cercare di comprendere una società nuova e

potersi muovere autonomamente in essa. Conoscere quindi le

regole base di comportamento della società d’arrivo, gli

avvenimenti di cui si parla, la cultura dominante61.

• Per “autotutelarsi”: mettersi al corrente delle norme che regolano

l’entrata e il soggiorno dei cittadini stranieri, degli ordinamenti

vigenti e delle nuove leggi, dei servizi disponibili nel paese

d’arrivo e delle modalità di fruizione.

• Per preservare o riaffermare la propria identità: assumere notizie

provenienti dai paesi d’origine, mantenere un contatto con la

propria comunità di nascita, valorizzare la cultura d’origine.

• Per incontrarsi: non nel senso di chiudersi nella comunità di

appartenenza ma di conoscere la situazione degli altri immigrati,

confrontarsi, discutere dei problemi comuni e dei propri progetti

migratori, venire a conoscenza di iniziative ed eventi culturali

multiculturali. Per sentirsi meno isolati e spaesati.

Per soddisfare bisogni di questo tipo si è resa necessaria la creazione di

un nuovo genere di prodotti informativi: un “paniere di beni” che

soddisfi le esigenze particolari di un target specifico, in questo caso, i

diversi gruppi di cittadini stranieri presenti in Italia. Una prima prova di

prodotto informativo creato pensando alla nuova realtà

dell’immigrazione è la stampa etnica e la stampa multiculturale, forme

contigue di giornalismo, riunite spesso sotto la categoria di “stampa

interculturale”.

61 Ovviamente questa funzione può essere svolta anche dai giornali tradizionali.

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3.6 I mezzi di informazione interculturali

Le informazioni di cui un cittadino ha bisogno devono essere

organizzate e rese accessibili e comprensibili. È per questo che sono

nati, negli ultimi dieci anni, e si sono velocemente sviluppati nuovi

prodotti informativi pensati e realizzati appositamente per gli immigrati.

Si tratta di programmi radiofonici, siti web, trasmissioni televisive e

testate giornalistiche che si occupano dell’immigrazione non in quanto

problema o opportunità per la società italiana, ma come un fattore

consustanziale di tale società; e soprattutto, che si occupano

dell’immigrazione dalla parte dei migranti, cercando di venire incontro

alle loro particolari esigenze di informazione. La prima barriera che si

frappone tra un cittadino straniero immigrato e la società d’arrivo è la

lingua; per questo motivo, uno degli elementi caratterizzanti di molti dei

prodotti mediali creati appositamente per i cittadini immigrati è proprio

il fatto di utilizzare la lingua nativa della propria audience, che si tratti di

programmi radiofonici, televisivi o di testate giornalistiche.

In questa sede ci si occuperà solo dell’informazione su carta stampata,

non solo perché costituisce l’oggetto principale della ricerca, ma anche

perché i prodotti informativi presenti sul territorio italiano e

specificatamente rivolti agli stranieri sono una realtà molto eterogenea e

variegata, ad alto tasso di natalità e mortalità, e sarebbe quindi

impossibile fornire un quadro completo di tutto il sistema mediale che si

sta formando. Secondo uno studio condotto nel biennio 2001-2002

nell’ambito del progetto europeo Tuning in to diversity62, sono sedici le

62 Finanziato dalla Commissione europea, per promuovere l’interculturalità nei media e

dare visibilità alle minoranze, ha avuto come partner per l’Italia Censis e Cospe e si è

avvalso della collaborazione della facoltà di Scienze Politiche dell’Università di

Firenze. Cfr. la relazione “L’offerta multiculturale nella stampa, tv e radio in Italia”

[Cospe, 2002].

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emittenti televisive e quarantaquattro le emittenti radiofoniche italiane63

“in cui la programmazione culturale ha un particolare peso”, ma

nessuna di queste costituisce un canale di informazione esclusivamente

riservato ai cittadini immigrati come invece avviene per i giornali

cartacei censiti (trentuno, al momento della ricerca). Si parla in questo

caso di un tipo di programmazione multiculturale: che cioè ai prodotti

mediali della cultura dominante affianca altri dedicati alle minoranze

presenti nel paese, per rappresentare una società non più monolitica ma

piena di sfaccettature diverse. Dai servizi di informazione e consulenza

giuridica in lingue differenti ai programmi che trasmettono musica di

altri paesi, radio e televisioni locali offrono una visione

dell’interculturalità come, in sintesi, una giustapposizione di culture e

bisogni differenti.

Le iniziative di comunicazione interculturale in Italia sono state

classificate, dalla prima ricerca del Cospe, in base agli enti promotori. Si

parla allora di iniziative militanti quando i programmi sono prodotti da

associazioni di sinistra (per la promozione dei diritti e della cultura dei

migranti e per la fornitura di informazioni di pubblica utilità) o del

mondo cattolico (in cui prevale maggiormente la promozione della

solidarietà); di trasmissioni di servizio, spesso promosse da enti pubblici,

in cui prevale la promozione del diritto all’informazione; di produzioni

di comunità quando si tratta di trasmissioni autogestite legate a singoli

gruppi di immigrati, atte a rafforzare il legame di appartenenza

identitaria con la comunità d’origine e a farne conoscere alcuni aspetti al

paese ospitante; di iniziative della multiculturalità, quando i programmi

sono condotti da cittadini italiani e immigrati insieme, con l’esplicito

obiettivo di promuovere i valori della convivenza tra culture; e infine, le

iniziative di vero e proprio mercato, che considerano cioè gli immigrati

il proprio target economico cui indirizzare informazione mista a

63 Mappatura effettuata nel corso della medesima indagine e già obsoleta: secondo

Barrucci, Liberti [2004], per esempio, i programmi radio destinati agli stranieri

sarebbero già settanta.

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campagne pubblicitarie, con lo scopo quindi di perseguire un utile

economico [Gabellieri, in Sorrentino (a cura di), 2003, pp. 261-272].

Riguardo invece alla stampa, secondo l’ultima rilevazione fornita da uno

studio del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro64 sarebbero

10965 le testate editoriali esistenti e dedicate al mondo

dell’immigrazione, suddivise ai fini del censimento in tre diversi gruppi:

a) giornali gestiti da immigrati e che si rivolgono esclusivamente alle

comunità etniche; b) testate gestite da italiani, a volte con il

coinvolgimento di cittadini stranieri, e che si rivolgono a italiani e a

immigrati; c) testate gestite da operatori della comunicazione italiani e

che sono destinate esclusivamente agli italiani. Delle prime due ci si

occuperà più approfonditamente nel Cap. 4 di questa ricerca.

Nel gruppo (a), andrebbero collocati i giornali redatti da immigrati e

indirizzati in prevalenza ad immigrati, che costituiscono quindi la

tipologia di testata giornalistica più innovativa per la realtà italiana,

l’unica che tenta di rispondere più o meno adeguatamente ai bisogni

informativi degli immigrati, di prenderli in considerazione come

consumatori di informazione. È la tipologia di riviste che andrà sotto il

nome di “stampa etnica” dal momento che offre “etnoinformazione”:

notizie dal paese d’origine della comunità di riferimento, notizie sulla

vita di tale comunità in Italia e informazione di servizio. Accanto a

esperienze locali di breve durata, bassa visibilità e difficile rilevazione

esistono testate ormai note ai cittadini stranieri e molto lette; l’elenco

presente nella relazione del Cnel [2004] è già obsoleto perché la lista di

testate etniche si allunga di mese in mese.

Il gruppo (b), invece, comprende 47 testate gestite da giornalisti italiani,

a volte con il coinvolgimento di immigrati; esse si rivolgono a un

pubblico misto, con l’obiettivo di fornire informazione di servizio,

raccontare storie di vita, segnalare eventi culturali ma soprattutto

sensibilizzare gli autoctoni alla storia e alla cultura dei migranti. È il tipo

64 CNEL, 2004 (http://www.cnel.it). 65 Nella classificazione del CNEL non si fa però differenza tra stampa e siti Internet e

tra giornali e agenzie d’informazione.

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di testate che verrà definito “stampa multiculturale”. Questi periodici

sono prodotti da associazioni culturali, religiose, da istituzioni pubbliche

o sindacali, da organizzazioni non governative o di volontariato. E

nonostante (l’esigua) presenza di immigrati nelle loro redazioni, o in

qualità di collaboratori occasionali esterni, il target primario di tali

riviste rimane esplicitamente il cittadino italiano interessato a un certo

genere di tematiche e sostenitore dei valori della solidarietà e

dell’accoglienza.

Del gruppo (c) fanno parte, nella classificazione del CNEL, 33 riviste

gestite da cittadini italiani: da Nigrizia a Redattore Sociale, dal sito del

Cestim a Carta; nella ricerca non si fa differenza tra stampa e siti web e

vengono accomunate esperienze editoriali molto diverse tra loro, spesso

indirizzate a un pubblico colto, accomunate solo dal fatto di occuparsi

(anche) di tematiche sociali o connesse all’immigrazione. Nulla di

nuovo, dunque: si tratta di riviste di approfondimento tematico che non

si propongono di arrivare tra le mani dei cittadini immigrati, di cui

peraltro parlano.

3.6.1 I giornali di strada

La stampa “etnica” non deve essere confusa con la stampa “di strada”,

categoria che comprende tutti quei giornali di informazione “sociale”

venduti a offerta libera, per strada, da persone in maggioranza straniere:

Terre di Mezzo66 (nato nel 1994 e distribuito da più di cinquanta

immigrati) e Scarp de' tenis (mensile nato nel 1993) a Milano, Fuori

Binario a Firenze, Piazza Grande a Bologna. Tali testate si fanno

portavoce di istanze sociali (richiesta di mense, alloggi per i “senza fissa

dimora”, ecc.), contengono spesso interviste e piccole inchieste

sull’immigrazione, danno risonanza a iniziative di pubbliche utilità come

quella dell’”avvocato di strada”, ma non hanno un target preciso: si

pongono nei confronti degli extracomunitari essenzialmente come

possibilità di lavoro (la vendita per strada). Anche le informazioni

relative ai servizi, l’elenco dei numeri e degli indirizzi utili (dove

66 http://www.terre.it.

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mangiare, lavarsi, dormire, curarsi, vestirsi…) che si trova nell’ultima

pagina del bolognese Piazza Grande67 (mensile di sedici pagine nato nel

1995) sono pensati per un lettore in condizioni di disagio, che non si

identifica necessariamente con l’immigrato.

3.6.2 Un primo manifesto programmatico per i media multiculturali

Alcuni studiosi hanno lamentato il rischio di ghettizzazione insito nello

stesso concetto di informazione per immigrati: essi, confinati negli spazi

loro riservati, non riuscirebbero a trovare ascolto nei media ufficiali.

Altri sostengono che le dinamiche sociali sono molto lente, che

occorrerà del tempo prima che la società accetti e valorizzi la

multiculturalità e che questi appena citati sono dei piccoli ma necessari

passi verso la conquista del pluralismo informativo. Una polifonia

democratica raggiungibile dopo aver migliorato il linguaggio con cui si

parla dei migranti, aumentato il numero dei soggetti notiziabili e trovato

dei mezzi alternativi d’informazione.

Negli stati membri dell’unione Europea sono attive molteplici iniziative

mediatiche multiculturali che coinvolgono un gran numero di persone,

associazioni, istituzioni e aziende che si occupano di comunicazione. In

Francia e nel Regno Unito essi sono una realtà consolidata da molti anni,

mentre in altri paesi come Italia e Spagna, dato il carattere di relativa

novità del fenomeno migratorio, conservano ancora un aspetto

sperimentale. I rappresentanti dei principali media interculturali europei,

riuniti nella conferenza del progetto On Line/More Colour in the media

hanno preso la decisione di lavorare insieme e unire gli sforzi per

richiamare su di sé attenzione e supporto. Questo progetto ha portato alla

stesura del Manifesto Europeo dei media multiculturali68 [2003]. Il

manifesto ricorda, in primo luogo, che l’Unione Europea, avendo

introdotto il principio di cittadinanza attiva, si è proposta come uno

67 http://www.piazzagrande.it. 68http://www.multicultural.net/manifesto/manifesto_it.pdf. L’iniziativa è stata

coordinata per l’Italia dal Cospe nell’ambito della campagna “Millevoci” per il

pluralismo culturale nell’informazione.

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spazio di libertà; che essa tuttavia ospita un gran numero di cittadini

immigrati, e che per garantire loro pari opportunità di accesso e

partecipazione al dibattito pubblico è necessario a) sensibilizzare la

popolazione autoctona sulle tematiche dell’immigrazione b) trasmettere

un’immagine realistica del fenomeno attraverso i media c) sostenere i

mezzi di informazione multiculturali che soli possono raggiungere,

anche attraverso il linguaggio usato, i nuovi arrivati e fungere da

“mediatori culturali” tra le comunità di origine etnica minoritaria e

quelle maggioritarie. Per questi motivi, i firmatari del manifesto (media

multiculturali, associazioni di migranti, organizzazioni non governative

e privati cittadini) chiedono alla Commissione Europea, al Parlamento

Europeo e ai Governi degli stati membri di assicurare la tutela della

libertà di espressione (anche nel senso passivo di diritto a essere

informati), il riconoscimento dei media multiculturali come servizio di

interesse pubblico fondamentale per la comunità e necessario per

l’inclusione sociale dei migranti, un’attenzione per questi media anche

nei programmi educativi europei, la cooperazione tra media europei e

l’incoraggiamento, attraverso fondi speciali, di programmi di formazione

per i professionisti di origine etnica minoritaria. Il manifesto è stato

presentato il 29 aprile 200469 al Parlamento Europeo. Più di 750 firme

provenienti da 49 paesi diversi sono state presentate a Pat Cox che ha

invitato i partiti a inserire al più presto la questione del sostegno ai

media multiculturali nella loro agenda, e ha assicurato che, trattandosi di

un documento che merita una risposta positiva, sicuramente il

Parlamento vi darà, nei fatti, una risposta positiva.

3.6.3 Una prima associazione di giornalisti multiculturali

Esiste anche un’associazione di giornalisti e fotografi che lavorano nei

mezzi di informazione multiculturali e nella stampa etnica: si chiama

Etno Media70, ha sede a Milano e ha lo scopo di facilitare la

69 Il resoconto dell’evento è consultabile all’indirizzo

http://www.multicultural.net/blog.htm. 70 E-mail: [email protected].

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pubblicazione di giornali e siti web, promuovere i rapporti tra i propri

associati e le istituzioni, contribuire all’integrazione delle diverse

comunità di origine etnica minoritaria presenti in Italia attraverso la

diffusione dell’informazione, favorire la formazione professionale dei

propri operatori attraverso seminari e corsi di giornalismo, promuovere

campagne di informazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica ai

temi della convivenza e del dialogo costruttivo tra culture.

Obiettivi di vasta portata per un’associazione nata per l’evidente

mancanza di adeguata visibilità e rappresentanza nei media della voce

dei migranti e a cui appartengono professionisti provenienti dall’Africa,

dall’America Centrale ma anche italiani. Il suo ufficio stampa offre

servizi informativi come un’agenzia stampa specializzata

sull’immigrazione e consulenza pubblicitaria alle aziende sul nuovo

mercato “etnico” di beni rivolti ai cittadini immigrati. Segretaria

generale di Etno Media è Mercedes Salessi, giornalista professionista di

origine argentina.

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Cap. 4 La stampa per l’immigrazione in Italia

In questo capitolo si tratterà della stampa interculturale, le cui caratteristiche

principali sono state descritte nel Cap. 3.6. Con questa espressione si sono

raggruppati qui due tipi di pubblicazioni: il giornale “etnico” destinato a

un’unica specifica comunità nazionale, e quello “multiculturale”, spesso

prodotto da un’associazione, rivolto a un pubblico più vasto composto da

lettori immigrati di diversa provenienza e italiani, allo scopo di promuovere

l’integrazione e la conoscenza reciproca. Allo stato attuale questo tipo di

riviste svolgono ancora una funzione di “controinformazione”:

un’informazione cioè diffusa da determinati gruppi di opinione, attraverso

mezzi minori, che si contrappone all’informazione “ufficiale” veicolata

mass media e che raggiunge una nicchia di pubblico particolarmente

interessata.

4.1 I giornali etnici

La novità principale nel panorama informativo italiano è costituita dalla

nascita e diffusione di quel prodotto informativo nuovo che prende il nome

di “stampa etnica”71 o “etnoinformazione”, a menzionare subito la

caratteristica centrale e più importante, il potenziale di innovazione insito

nell’idea stessa di pubblicazione prodotta in Italia ma gestita da cittadini

immigrati e destinata esclusivamente a un’audience straniera. Importa

relativamente poco, ai fini di questo studio, quanto realmente tali prodotti

mediatici riescano, per adesso, a soddisfare i bisogni informativi dei

migranti. La misurazione della soddisfazione non si basa solo sul numero di

esemplari venduti ma è una variabile dipendente da una molteplicità di

fattori [Lambin, 2000], il cui isolamento si complica in questo caso perché il

gruppo di stranieri visto come target non è in realtà un unico segmento

uniforme al suo interno, ma è invece estremamente variegato e

frammentato, formato cioè da tre milioni di persone di più di centonovanta

71 Anche se l’aggettivo “etnico” è ambiguo e molti ne lamentano l’abuso, si è preferito ad

altre espressioni (come “specifico di una determinata comunità” o “in lingua”) perché

utilizzato anche negli studi internazionali e di innegabile chiarezza.

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nazionalità, che svolgono attività molto differenti tra loro e che vivono tutti

in Italia ma in località diverse. Eterogeneità dovuta alla caratteristica tutta

italiana di avere un tipo di immigrazione policentrica, priva cioè di gruppi

etnici maggioritari e di occupazioni professionali prevalenti72.

Differenziazione che si riflette ovviamente nelle stesse riviste di

etnoinformazione, dal momento che nella maggioranza dei casi ognuna di

queste è dedicata e destinata a una comunità (linguistica, o geografica)

diversa nonostante i gruppi di testate edite dai medesimi editori presentino

lo stesso format grafico e la stessa sequenza di sezioni tematiche.

Secondo il terzo rapporto della Isi Etnocommunication aggiornato al

settembre 200473, in Italia si stampano 21 testate a distribuzione nazionale,

in 15 idiomi diversi: albanese, russo, arabo, filippino, portoghese, spagnolo,

cingalese, polacco, cinese, ecc. La tiratura complessiva è di 250mila copie,

quindici pubblicazioni hanno periodicità mensile, quattro sono quindicinali

e due bisettimanali. Uno degli ultimi nati, significativamente, è The

american, rivolto alla comunità anglosassone residente in Italia.

I contenuti informativi spaziano dalla cronaca di eventi politici e culturali

del paese di provenienza alla cronaca e ai commenti su quanto accade in

Italia, con particolare attenzione alle notizie riguardanti i propri

connazionali, soprattutto quelle che non raggiungono i media ufficiali74; ci

sono sezioni dedicate alla politica internazionale, alle festività religiose, allo

sport e all’intrattenimento, con giochi enigmistici, vignette e ricette, ma ci

sono anche ampi spazi dedicati all’informazione “di servizio”: indirizzi,

guide per destreggiarsi tra la burocrazia e la legislazione italiane. Come si

vede i “vantaggi perseguiti” [Lambin, op cit.] dal “lettore modello”

immaginato e previsto dai prodotti etnoinformativi sono vari: informazione,

intrattenimento, consulenza e soprattutto mantenimento di un legame forte

72 Cfr. cap. 1.3. 73 http://www.stranieriinitalia.it/news/carat10feb03.htm. 74 “Un muratore romeno mette in fuga due rapinatori in un supermercato, a Settimo

Torinese: viene ferito ma riesce a sventare il colpo, le autorità gli promettono una

ricompensa ma dopo sei mesi non ha visto un euro ” [esempio di fatto irrilevante secondi i

valori notizia dei giornali tradizionali ma potenzialmente interessante per alcuni cittadini

immigrati, riportato nell’articolo del Venerdì di Repubblica del 15 aprile 2003].

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con la propria identità, grazie non solo alla presenza di notizie provenienti

da “casa”, cioè da paesi spesso inesistenti nei media italiani, ma anche dalla

lettura di materiale nella propria lingua materna. Identità che può anzi

rafforzarsi e non rischiare di essere messa in crisi dal solo fatto di trovarsi a

dover vivere in un paese nuovo, diverso, ostile, a volte incomprensibile:

“Per i cinesi che arrivano in Italia, la lingua è l’ostacolo più grande. Molti

soffrono di solitudine, riceviamo decine di lettere e la rubrica della posta è

seguitissima” racconta in un’intervista Hu Lanbo, direttore del mensile Cina

in Italia. “Uomini e donne cercano gruppi di cui possano far parte, in modo

certo ed imperituro”75; avendo a disposizione un giornale che informa sulla

realtà circostante, chiarisce le procedure burocratiche e le leggi italiane,

mette in contatto con le esperienze simili di altri connazionali, i lettori si

fanno comunità in quanto stranieri e in quanto, in questo caso specifico,

cinesi. A volte si creano comunità trans-nazionali di lettori dovute alla

comunanza linguistica: Expreso Latino, per esempio, è scritto in spagnolo

ed è destinato contemporaneamente a tutti i cittadini provenienti dal Latino

America, mentre Africa News, in inglese, si rivolge ai cittadini anglofoni

provenienti dall’Africa Sub-Sahariana e Al Maghrebiya alla comunità

magrebina e araba. Per parlare della cronaca locale nazionale dei diversi

paesi viene assegnata una certa quantità di spazio per ognuno (ad esempio,

una pagina viene dedicata alle notizie dall’Ecuador, una alla Colombia, una

al Perù ecc.), proprio come farebbe un quotidiano locale che ripartisse lo

spazio in proporzione alle diverse città (ad esempio, sei pagine per Bologna,

tre per Budrio, una per Casalecchio di Reno ecc…).

Questo tipo di offerta informativa svolge quindi un’importante funzione di

prima accoglienza e, se non risolve del tutto il problema della presenza dei

migranti nei mass media, può però costituire “un primo passo, timido ma

importante, verso la costruzione di una società polifonica, in cui le diverse

nazionalità abbiano pari diritto di cittadinanza” [Gabellieri in Cospe, 2003,

p. 25].

Il personale impiegato nelle testate editoriali è in maggioranza di origine

straniera; spesso non retribuito (in questo caso accanto a quella di redattore

75 Tratto da Eric Hobsbawm – The cult of Identity Politics.

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questi operatori svolgono altre attività lavorative e considerano questa forma

di volontariato come un’utile momento di formazione). Altre volte si tratta

di cittadini che lavoravano nell’ambito della comunicazione anche nel paese

d’origine, o che sono comunque in possesso di un titolo di studio molto alto.

Il prezzo di copertina può essere simbolico oppure oscillare tra uno e due

euro; i giornali sono anche distribuiti gratuitamente nelle sedi di

associazioni culturali, sindacali o di volontariato, o presso gli uffici della

Western Union nel caso delle testate affiliate alla concessionaria di

pubblicità ISI Etnocommunication; se ne trovano in vendita anche presso

alcune grandi librerie (Feltrinelli International, a Bologna), presso i negozi

di alimentari gestiti da immigrati, nelle edicole76 delle zone a maggior

concentrazione di immigrati e nei centri di telefonia etnica.

4.2 Il caso Stranieri in Italia

Riprendendo la nozione degli studi di marketing sul “ciclo di vita di un

prodotto” [Lambin, 2000] si può affermare che il bene “prodotto

informativo specifico per cittadini immigrati” si trova ora in fase di crescita:

nuovi concorrenti si affacciano sul mercato, i primi utenti ripetono i loro

“acquisti”, il prodotto acquisisce più visibilità. E soprattutto, i “marchi” più

forti e votati al profitto cercano di creare una forte immagine di sé e

fidelizzare i lettori: non, quindi, le pubblicazioni edite da associazioni di

volontariato o solidaristiche, ma da aziende, come Stranieri in Italia, che

considerano quello degli immigrati anche un segmento di mercato su cui

posizionarsi.

La grande maggioranza dei giornali più noti e destinati a un pubblico

migrante è infatti di proprietà di questa società77, fondata dal manager

76 Questo è quanto assicurano gli editori, ma nei fatti a Bologna non si è riusciti a

rintracciare alcuna edicola che vendesse giornali etnici; alla richiesta di “giornali per

stranieri”, infatti, gli edicolanti propongono solo la stampa estera. 77 La stessa che gestisce il portale di informazione multietnica

http://www.stranieriinitalia.it.

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Gianluca Luciano e finanziata dal gruppo ISI Angelo Costa (principale

rappresentante per l’Italia dell’agenzia Western Union, colosso mondiale

delle rimesse insieme alla concorrente MoneyGram). La tiratura delle riviste

è in genere non inferiore alle 10mila copie, ma le comunità più grandi,

latino-americane, arabe e africane, arrivano a circa il doppio. I periodici

Gazeta Romaneasca (l’unico a essere diventato settimanale) e Al

Maghrebiya stampano 20 mila copie.

Stranieri in Italia ha cominciato la propria attività con la pubblicazione di

un “vademecum” per gli immigrati, una sorta di guida esplicativa della

legislazione italiana in materia di immigrazione; nel 2000 si è poi arricchita

del sito web, un curatissimo portale molto apprezzato, al momento uno dei

più frequentati dagli immigrati78, che propone informazioni di servizio e una

congerie di notizie e di link utili connessi all’universo immigrazione; vi si

offre inoltre un servizio di consulenza legale via e-mail o (a pagamento)

telefono. Ha creato infine, inventando ex novo riviste o rilevandone altre che

attraversavano situazioni economiche difficili, un solido “network di

testate” [Barrucci, 2004, p. 100] pensate specificatamente per i diversi

pubblici di stranieri presenti sul territorio italiano. Nel complesso i periodici

editi da Stranieri in Italia raggiungono una tiratura non inferiore alle

160.000 copie mensili. Tutte le redazioni del gruppo sono situate sullo

stesso piano nello stesso palazzo nel quartiere Eur di Roma, in Via Virgilio

Maroso 50; ogni giornale ha un caporedattore e un minimo di tre

collaboratori esterni, stranieri e italiani. Le notizie vengono reperite dalle

agenzie di stampa internazionale, dagli esperti legali del portale, ma anche

dagli spunti che emergono da telefonate, lettere e e-mail inviate, interviste,

comunicati. Alcune di queste riviste, per esempio Expreso Latino e Forum,

hanno redazioni anche in altre città (Milano e Genova per la prima, Napoli e

Milano la seconda).

Certamente Stranieri in Italia è un caso di particolare interesse perché è la

prima impresa editoriale che si è posta nei confronti dei cittadini migranti in

78 Circa 120.000 accessi singoli mensili dichiarati a marzo 2005. Dato il grande successo

dell’iniziativa il format di questo portale è stato esportato anche all’estero, ad esempio in

Francia (http://www.etrangersenfrance.fr) e Spagna (http://www.extranjerosenespana.es).

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un’ottica non (o non solo) solidaristica ma anche di mercato,

standardizzando alcuni aspetti dei prodotti informativi e, soprattutto,

omogeneizzando la comunicazione sul prodotto e le strategie di marketing.

Tutti i giornali del gruppo, nonostante la loro specificità e differenziazione,

presentano caratteristiche simili per formato, impaginazione, sequenza dei

temi e grafica; questo li rende immediatamente riconoscibili.

L’unica forma di finanziamento dichiarata è quella proveniente dalla

pubblicità. Sostiene Federica Gaida, direttore editoriale di Stranieri in Italia:

“Siamo orgogliosi di non aver mai usufruito dei finanziamenti UE. Le

aziende che ci sponsorizzano lo fanno perché credono nella forza dei nostri

media. Il nostro network ha un valore di mercato sempre più forte. E poi

non bisogna poi pensare agli immigrati in termini di fascia povera della

società. La crescita degli immigrati non è soltanto numerica, ma anche

economica. Aumenta infatti in senso esponenziale la capacità degli stranieri

di creare reddito: in cinque anni il contributo alla ricchezza nazionale è

quasi raddoppiato, rappresentando ormai circa il 4% del PIL italiano”79.

La raccolta pubblicitaria è affidata alla ISI Etnocommunication,

concessionaria di pubblicità che si autoproclama “specializzata in media

etnici”, di proprietà della ISI Angelo Costa, cioè dello stesso proprietario di

Stranieri in Italia, che lavora anche con riviste indipendenti o di altri editori.

Come afferma sul sito della concessionaria80 il manager Gianluca Luciano,

“sono sempre più numerose le aziende che scelgono i media etnici per farsi

pubblicità, realizzando spesso campagne ad hoc per i consumatori

immigrati. Sono società di money transfer, di telecomunicazioni, grande

distribuzione, finanziarie, banche e imprese di trasporti. Non mancano però

investitori istituzionali come enti locali e ministeri. Le imprese che vogliono

raggiungere gli stranieri trovano nella stampa etnica la via più breve:

prima di tutto per la lingua, ma non solo; questi giornali sono in buona

parte fatti di consigli e guide pratiche, perciò instaurano un rapporto di

fiducia con i lettori, che rende efficace la pubblicità. Diventano un pezzo

79 http://www.dols.net/default.asp?sessionid=. 80 http://www.etnocommunication.com.

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della comunità”. In un intervista rilasciata alla rivista Ethnoland News81,

infine, Francesco Costa, amministratore delegato della finanziaria Angelo

Costa spa (proprietaria di Stranieri in Italia ed Etnocommunication)

definisce chiaramente la popolazione immigrata come “target emergenti. Il

ciclo di vita come consumatore di un italiano cambia molto lentamente, in

funzione dell’età. Per un immigrato, invece, in tre anni si evolve totalmente:

dalle prime esigenze di cercare casa e lavoro, regolarizzare la propria

posizione, spedire denaro alla propria famiglia si passa rapidamente

all’uso delle telecomunicazioni –telefono, internet, videoconferenze […].

Infine si passa alla terza fase: richiesta di assicurazioni vita e infortuni,

carte di credito prepagate, prestiti personali, mutui e depositi bancari per

l’acquisto di una casa82” [Ethnoland News, 1/2003, pp. 6-7]. Gli ultimi

servizi nominati da Francesco Costa sono offerti dalle stesse aziende che

pubblicano annunci pubblicitari sulle pagine dei giornali etnici del gruppo

Stranieri in Italia.

4.2.1 Stranieri in Italia monopolista?

Stranieri in Italia è l’editore, al momento, della maggioranza dei giornali

etnici, mentre molti altri giornali esistenti sono finanziati dalla pubblicità

proveniente dalla concessionaria ISI Etnocommunication. Sia Stranieri in

Italia che Etnocommunication appartengono alla stessa società finanziaria.

Per questo motivo qualcuno ha osservato che ci si trova in una condizione di

monopolio; interessante, a questo proposito, il flame dell’aprile 2004 tra la

giornalista free-lance Graziarosa Villani e la responsabile di Stranieri in

Italia Federica Gaida. La giornalista ha pubblicato sul suo sito di

informazione indipendente un articolo (che fa parte di un’inchiesta in

preparazione per il quotidiano Liberazione) che, interrogandosi sul grado di

libertà d’espressione di questa nuova forma di giornalismo, finiva per

81 Bimestrale di riflessione e divulgazione sulle tematiche dell’immigrazione (musica

etnica, media multiculturali, interviste a politici e sportivi ecc.) pubblicata in tre lingue

(italiano, francese, spagnolo) dalla casa editrice Ethnotel srl, realizzata a Milano da una

redazione “mista” e distribuita nei negozi di etnotelefonia Ethnoland Point. 82 Per esempio nel 2004 avrebbero acquistato un immobile circa 110mila immigrati.

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accusare Stranieri in Italia di volere approfittare della situazione

incontrollata, da “far west” in cui si trova ora la stampa per gli immigrati,

tentando la speculazione:

“… È ancora presto per parlare dell’avvento di una stampa veramente

libera fatta dagli immigrati per gli immigrati. Anzi. Piuttosto emerge il

tentativo di gruppi ben organizzati di realizzare una sorta di monopolio

della stampa etnica in Italia nel tentativo di controllare il mercato

pubblicitario rivolto agli immigrati destinato a crescere in maniera

esponenziale […]. E dove c’è mercato c’è pubblicità. L’hanno capito bene e

da tempo alcuni lungimiranti imprese. Si tratta in particolare della Western

Union/Angelo Costa che non contenta di gestire (assieme alla concorrente

MoneyGram) il florido settore dei trasferimenti di denaro alimentato dalle

rimesse degli immigrati (si parla di 7 miliardi di euro l’anno complessivi)

non è estranea a iniziative parallele che mirano a pilotare le ricchezze in

crescita degli immigrati. Attraverso il proprio direttore di comunicazione e

marketing, il 35enne catanzarese Gianluca Luciano, in qualche modo

controlla il portale stranieriinitalia.it e la Etnocommunication. Luciano è

infatti amministratore unico della Stranieri in Italia srl che edita il portale

sia della Etnocommunication srl concessionaria di pubblicità al quale fanno

capo 17 periodici, per 300mila copie mensili, la maggior parte dei quali

editi dalla stessa Stranieri in Italia. Il direttore responsabile di molte testate

etniche […] è Federica Gaida. Tutte le testate poi vengono vendute presso

edicole localizzate nei punti di maggiore densità di immigrati, come free

press nei punti Western-Union/Angelo Costa, per abbonamento e in

omaggio presso rappresentanze diplomatiche e consolari. Sul portale

inoltre, dove tra l’altro si invitano anche gli immigrati a parlare con gli

esperti telefonando ad una linea 166 al costo di 1,31 euro + iva al minuto,

si pubblicizza anche il nuovo servizio vodafone My country per chiamare il

proprio paese d’origine col cellulare a tariffe particolarmente

convenienti”83.

L’articolo prosegue poi accusando Stranieri in Italia di fagocitare piccole

testate indipendenti e di licenziare che vi lavorava in precedenza:

83 http://www.graziarosavillanipress.it/cgi-bin/print.pl?article=145.

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“È il caso del Tempo di Roma, mensile in lingua bengalese di informazione

politiche economiche e culturali […]. Il direttore Lutfor Rahman è stato

avvicinato dalla Etnocommunication che gli ha offerto di curarsi per lui dei

contratti pubblicitari. Ma Rahman non ha ceduto preferendo conservare

l’indipendenza della sua testata. Così non hanno fatto direttori di altre

piccole testate etniche che dopo aver ceduto alle offerte sono stati fagocitate

dalla Etnocommunication e dopo qualche mese di lavoro come redattori i

loro ex promotori sono stati licenziati senza retribuzione. Tentativi che

fanno pensare al tentativo di monopolizzare il settore. Del resto la torta è

grossa […]. Da aggredire poi anche il settore televisivo e delle trasmissioni

sportive. Ma The Western Union Football Show è già in grado di compiere

una panoramica sul calcio extraeuropeo coprendo la Coppa America,

Coppa Africa, Coppa Australia”.

Immediata la rettifica in otto punti di Federica Gaida, pubblicata sullo stesso

sito:

“1) Stranieri in Italia non ha mai licenziato nessuno. 2) Stranieri in Italia

non ha mai acquistato, né tantomeno fagocitato, alcuna testata. 3) Stranieri

in Italia non è monopolista. Secondo i nostri dati, le testate etniche in Italia

sono circa 31. Stranieri in Italia ne possiede 13. 4) Stranieri in Italia eroga

servizi di informazione a pagamento, ma ha anche un servizio gratuito via

email di cui si avvalgono circa 10 mila persone all’anno. Il servizio a

pagamento segue un’espressa richiesta da parte degli utenti della sezione

gratuita, disposti a pagare pur di ottenere risposte in tempo reale. NB Tutto

ciò che il servizio dice è già presente sul sito. 5) Etnocommunication non

lavora solo per Stranieri in Italia, ma con almeno altri 50 editori: 19

testate, 40 radio e 10 canali televisivi. 6) Gli unici contatti con la testata

bengalese Il Tempo di Roma da parte di Etnocommunication sono stati la

proposta di intermediazione pubblicitaria. Non si è mai parlato

dell’acquisto della testata né come Etnocommunication, a cui la proprietà

editoriale non compete, né come Stranieri in Italia, che non ha finora mai

acquistato nessuna testata. 7) Gli articoli redatti dai giornalisti di

www.stranieriinitalia.it [...] sono ripresi con regolarità dall’Ansa, a

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garanzia della loro professionalità e del loro interesse. 8) La stampa etnica

di Stranieri in Italia è fatta da immigrati per immigrati” 84.

In occasione di una visita alla redazione centrale di Stranieri in Italia si è

avuto modo di interrogare Stephen Ogongo, caporedattore di Africa News e

segretario di redazione delle testate di Stranieri in Italia, il quale su tale

questione risponde: “In alcuni casi sì, quando veniamo a sapere che c’è un

giornale importante per la comunità che non riesce ad andare avanti,

interveniamo: abbiamo giornali con cui c’è un rapporto di collaborazione

offrendo loro le pubblicità, così che possano sostenersi, come Echo News;

altri li abbiamo comprati. Ma voglio chiarire che non abbiamo mai

licenziato nessuno, siamo molto orgogliosi di questo: è una nostra politica

interna. Poi noi non cerchiamo di monopolizzare il settore. Questo è un

campo aperto, ognuno può provare […]. In Italia ci sono tantissimi

quotidiani; ci sono quelli che nascono e poi non riescono a sopravvivere e

muoiono, ma questo non vuol dire che quelli che sopravvivono cerchino di

monopolizzare il settore. Devi avere un contenuto: se non hai quello, non

riuscirai mai. Ed è il contenuto la nostra forza”85.

Ma Graziarosa Villani ribadisce: “Quello degli immigrati è un grande

business in crescita. Sui giornali si possono veicolare pubblicità specifiche

per gli immigrati. Ingente è anche il volume di affari delle rimesse,

una percentuale delle quali attraverso il servizio di trasferimento denaro va

alla Western Union. Del resto i giornali in questione sono spesso in vendita

presso i punti Western Union. Stranieri in Italia inoltre ha fatto studi sui

luoghi tipici di aggregazione e sui giorni. Il giovedì ad esempio in piazza

dei Cinquecento a Roma, fuori la stazione Termini, è pieno di stranieri ed è

in quei giorni che l'organizzazione si muove per distribuire volantini. […]

Non penso si possa parlare di vera stampa libera. Quanto alla replica, per

diritto di replica appunto, l'ho pubblicata. Ma mi ha lasciato sorpresa la

solerzia con la quale lo stesso Gianluca Luciano mi ha chiamato appena

84 http://www.graziarosavillanipress.it/ cgi-bin/print.pl?article=181. 85 Cfr. l’intervista completa a Stephen Ogongo, in appendice.

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due giorni dopo la pubblicazione del pezzo sul mio sito. Mi ha dato in

qualche modo conferma di aver colto nel segno”86.

Stranieri in Italia monopolista? Il termine “monopolio” negli studi di

economia designa un caso limite: è raro che nella realtà esistano casi di

monopolio “puro”87. Perché ciò avvenga, il mercato deve essere “dominato

da un solo produttore, che si trova di fronte a un gran numero di acquirenti:

il prodotto, per un periodo di tempo limitato, non ha concorrenti diretti

nella sua categoria” [Lambin, 2000, p. 335]. Questa situazione è detta

“monopolio dell’innovatore” e si osserva spesso nella fase introduttiva del

ciclo di vita di un prodotto, che è ben presto minacciato dai concorrenti. In

questo caso il potenziale di profitto è elevato: esistono alte barriere

all’ingresso del mercato, gli acquirenti non hanno a disposizione prodotti

alternativi e l’impresa non ha concorrenti o ha concorrenti deboli e poco

numerosi [ibidem, p. 336]. Scorrendo la lista di riviste etniche censite in

questo studio88 si osserva che, effettivamente, la maggioranza di queste è di

proprietà di Stranieri in Italia (senza contare la partecipazione nell’edizione

di altri giornali come The American). Ma bisogna anche osservare che al

momento sono ancora poche le aziende che si sono poste nei confronti degli

immigrati in un’ottica anche di mercato; molte pubblicazioni sono infatti

legate al volontariato o alla dipendenza economica da istituzioni come le

ambasciate, il cui scopo naturalmente non è il profitto. Non è quindi detto

che l’ipotetico arrivo di altre imprese editoriali (con i medesimi obiettivi di

Stranieri in Italia e le stesse risorse da impiegare) sia impedito o bloccato da

alte barriere all’entrata. È vero inoltre che il pubblico non sembra

dimostrare una preferenza esclusiva per i giornali di questo editore, pur

apprezzandoli, e che altre piccole riviste rivolte a specifiche comunità sono

molto lette nonostante abbiano una minore diffusione. In sintesi, è ancora

presto per capire se il settore si trova in condizioni di monopolio a causa

delle politiche aggressive di un solo editore o per pura mancanza di aziende

interessate.

86 Comunicazione personale via e-mail, 23 maggio 2005. 87 Tranne nel caso dei “monopoli di Stato”. 88 Cap. 4.3.

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Resta l’altra questione sollevata da Graziarosa Villani, sul grado di libertà

d’espressione consentita nei giornali di proprietà dell’ISI Angelo Costa spa.

Alla redazione di Stranieri in Italia tutti affermano di avere piena

indipendenza nella scelta degli argomenti e di come parlarne: “Non ci

autocensuriamo”89, afferma Erika Piacentini Zidko, direttore editoriale di

Agora Noticias. Lo stesso varrebbe per le testate indipendenti finanziate

dalla pubblicità procurata da Etnocommunication: “È solo pubblicità, non

c’entra nulla con noi, ci fa comodo ma non sentiamo nessuna forma di

influenza né pressione. Abbiamo perfino creato l’altro nostro giornale,

“Shqiptari i italise”, proprio come contenitore di ulteriore pubblicità”

afferma Roland Sejko90, direttore di Bota Shqiptare, il più noto giornale per

la comunità albanese che ha vinto nel 2005 il premio Mostafà Souhir91 come

migliore testata multiculturale in lingua.

Certamente Stranieri in Italia fa parte di una “famiglia” di interessi

economici più vasta, ma d’altro canto anche la stampa italiana

“tradizionale” è prodotta storicamente da editori “impuri” che hanno altri

interessi economici importanti e molto differenti dalla produzione di un

giornale. Questo è anzi uno dei “fattori di lunga durata” del giornalismo

italiano [Sorrentino, 1995, p.70].

89 Comunicazione personale, Roma 17 maggio 2005. 90 Comunicazione personale, Firenze 27 maggio 2005. 91 Premio per la multiculturalità nei media, dedicato alla memoria del giornalista

marocchino prematuramente scomparso, promosso da Cospe, Fondazione Fabbrica Europa,

Controradio e Comune di Firenze nell’ambito del progetto europeo “Mediam’Rad. I media

multiculturali nuove voci per il dialogo Nord-Sud”. A Bota Shqiptare, riconosciuta come

migliore testata multiculturale, è andata una borsa di 5.000 euro. Menzioni speciali sono

state attribuite ai periodici “Asylum Post”, “Extra” e “Ristretti Orizzonti”, per il coraggio

dei temi trattati (cfr. cap. 4.4.2). Il premio alla carriera è stato conferito a Farid Adly,

giornalista di Popolare Network da venti anni, fondatore dell’agenzia stampa Anbamed e

collaboratore di diversi quotidiani, tra cui il Corriere della Sera e Il Manifesto. La prima

edizione, nel 2004, era invece dedicata al mezzo radiofonico.

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4.2.2 Il marketing-mix di Stranieri in Italia

Sul sito della concessionaria di pubblicità ISI Etnocommunication srl. si

legge:

Sappiamo che sono in larga maggioranza diplomati o laureati, che uno su

tre usa il computer e uno su dieci fa acquisti in rete. Spendono molto per il

telefono e sono ottimi clienti delle agenzie viaggi, ma non solo. Nelle città

principali arrivano a rappresentare il 40% dei nuovi allacci, quasi uno

straniero su due ha una polizza assicurativa in famiglia oltre ad un conto

corrente in banca. 950.000 sono i contratti di lavoro e 124.000 le imprese

registrate a nome di stranieri, di cui molte donne.

La popolazione straniera rappresenta dunque, in termini di business, una

nuova frontiera su cui puntare. A questo punto sorge una domanda: come

raggiungerli?92

Ogni bene prodotto da un’impresa che voglia competere sul mercato è

definito da tre fattori: l’insieme dei bisogni che soddisfa, i gruppi di

acquirenti da raggiungere e le tecnologie usate [Lambin, 2000, p. 226-230].

Considerando la stampa etnica un prodotto al pari di tutti gli altri, i fattori

che la definiscono possono essere così semplificati:

Insieme di bisogni da soddisfare: informativi

Gruppi di acquirenti da raggiungere: gruppo di cittadini immigrati in Italia

Tecnologie usate: carta stampata.

Rappresentando la risposta a una serie di bisogni in origine ancora vaga e

inespressa, i giornali etnici considerati sono un tipo di innovazione del tipo

market-pull (tirata dal mercato), nata cioè dall’osservazione diretta dei

bisogni insoddisfatti o mal soddisfatti [Lambin, op. cit., p. 39] dagli altri

media93. Nel caso dei giornali per immigrati il bisogno è sentito, la domanda

è latente e il ruolo dell’azienda consisterà nel realizzare un prodotto

adeguato al mercato potenziale e sviluppare il programma operativo di

marketing adatto.

92 http://www.etnocommunication.com. 93 Cfr. cap. 2.2.

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Il gruppo di acquirenti potenziali è l’insieme degli immigrati, un nuovo

segmento di consumatori con attese e bisogni specifici94 rimasti a lungo

insoddisfatti. Una volta scelto il target per i propri prodotti, un’azienda deve

decidere anche come posizionarsi nel mercato. Il posizionamento “definisce

il modo in cui la marca o l’impresa vogliono essere percepite dagli

acquirenti potenziali” [ibidem, p. 257]. Esistono sei tipologie di

posizionamento per una marca: a) posizionamento basato su una

caratteristica distintiva del prodotto; b) posizionamento basato sui vantaggi

o sulla soluzione apportata; c) posizionamento basato su una specifica

occasione di utilizzo; d) posizionamento orientato a una categoria di

utilizzatori; e) posizionamento rispetto a una marca concorrente; f)

posizionamento “di rottura” rispetto al tipo di prodotto. Ad ogni tipologia di

posizionamento corrispondono diversi “concetti di marca” che definiscono

cioè i rapporti di una marca o impresa con i consumatori. Nel caso di

Stranieri in Italia, è evidente che è un’impresa editoriale che sceglie un

posizionamento basato sia sulla soluzione apportata (ad esempio perché dà

risalto all’informazione di servizio, utile e necessaria a chi vuole restare in

Italia) sia in base all’orientamento rispetto a una categoria specifica di

utenti, in questo caso i cittadini immigrati, ai quali fornisce, tra l’altro,

informazione dai paesi d’origine, e in lingua. Si tratta quindi di una marca

definita negli studi di marketing “semplificatrice” in quanto cerca di “offrire

di più sui due o tre attributi cui il consumatore tiene maggiormente”

[ibidem, p. 258] (notizie dalla terra d’origine, contatti con i connazionali e

aiuto nelle questioni legali), semplificando la complessità della realtà,

spiegando cosa avviene e perché e tenendo conto che gli immigrati spesso

non posseggono il background culturale necessario per comprendere ciò che

accade in Italia, specialmente se appena arrivati: “È molto difficile seguire le

notizie italiane dai giornali italiani, soprattutto se non sei italiano perché ti

manca quell’informazione che aiuta a capire. [...] Noi cerchiamo ogni volta

di fare un riassunto di tutte le cose importanti che sono successe nel mese,

scrivendole in modo così semplice che anche chi non è mai stato in Italia

prima e prende il giornale riesce a capire di che cosa si sta parlando”. La

94 Cfr. cap. 3.5.

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vera fonte di differenziazione di tutti i giornali di questo editore, comunque,

rimane la precisione e la chiarezza dell’informazione di servizio: “La parte

più importante delle nostre testate è la guida [legale], che non troverai da

nessuna altra parte, perché è questo il nostro valore aggiunto”95. Le marche

semplificatrici, inoltre, offrono meno sugli attributi meno importanti “fino a

permettere all’acquirente di partecipare all’elaborazione del prodotto”

[Lambin, op. cit., p.259] e infatti la redazione di Stranieri in Italia è sempre

aperta ai contributi dei lettori, che siano e-mail o telefonate, perché proprio

dagli spunti che provengono da queste spesso si deducono quali argomenti è

necessario approfondire, quali temi i lettori hanno bisogno che siano

chiariti. Stranieri in Italia inoltre presenta anche alcune caratteristiche del

concetto di marchio “trasparente” in quanto tende a stabilire un rapporto di

fiducia con i lettori, spiega e informa piuttosto che vendere direttamente, in

modo da fidelizzare il consumatore. Nonostante questo, a Stranieri in Italia,

pur ammettendo di svolgere ricerche esplorative sulle comunità di

immigrati, non le chiamano ricerche di mercato e preferiscono dare

l’immagine di sé come di un’azienda di puro servizio: “I nostri giornali non

hanno l’obiettivo di essere venduti per fare un guadagno, non ci interessa

molto l’aspetto della vendita dei giornali, ci interessa di più il servizio che

riusciamo ad offrire alla comunità”.

Gli studi di economia prevedono che, una volta sviluppato il proprio

“prodotto-mercato” [ibidem, p. 228] e scelto il posizionamento desiderato,

l’azienda selezioni anche le altre variabili del marketing-mix: prezzo,

comunicazione, distribuzione. Nel caso di Stranieri in Italia queste si

rivelano coerenti con il tipo di posizionamento cercato. Il prezzo dei

giornali, infatti, è generalmente tenuto basso che si tratti di mensili o

settimanali, e tiene probabilmente conto delle possibilità di spesa del

segmento target. Africa News e Azad, ad esempio, costano 1,00 euro,

Agora Noticias, Gazeta Romaneasca e Nasz Swiat 1,20 euro mentre il

prezzo di copertina di Al Maghrebiya e Bulgaria Express è 1,40 euro e di

Punjab Express 1,50 euro. Le differenze sono minime, ma è importante

tenere presente che il grosso della diffusione avviene come free press nei

95 Stephen Ogongo, intervista in appendice.

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negozi della Western Union presenti in tutta Italia, e che è possibile

consultarli in molte associazioni e biblioteche (è recente, a Bologna,

l’acquisizione di tali riviste dall’emeroteca della Biblioteca Sala Borsa)96.

Questo è anche il modo in cui la loro esistenza viene comunicata al

pubblico: i giornali di Stranieri in Italia non si fanno espressamente

pubblicità (se non sul sito omonimo e su quello di Etnocommunication) ma

sono conosciuti attraverso il passaparola o perché facilmente trovabili nelle

sedi diplomatiche, nei punti di vendita Angelo Costa/Western Union e nei

centri di aggregazione e di incontro. Etnocommunication afferma infatti di

aver effettuato una mappatura precisa di cinquemila luoghi di aggregazione

di cittadini stranieri, e di averli scelti come punti di distribuzione per i propri

periodici. La distribuzione, quindi, contribuisce in maniera determinante alla

diffusione capillare e alla notorietà del marchio ed è affidata al gruppo

Messaggerie Internazionali.

96 Sala Borsa ora parla anche urdu. Libri e giornali in tutte le lingue, Repubblica, 26

maggio 2005, p. III cronaca Bologna: “Nel settore giornali, dal 2005 sono stati attivati

anche abbonamenti ai periodici per gli immigrati, come il settimanale albanese «Bota

Shqiptare», «Azad» letto dalla comunità pakistana, il polacco «Nasz Swiat» e il rumeno

«Gazeta Romaneasca»”.

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4.3 Censimento dei giornali etnici

In questo paragrafo si fornirà un “censimento” delle iniziative di

informazione gestite da cittadini immigrati e rivolte a immigrati, qui

denominate giornali etnici, volto ad aggiornare e approfondire quello già

effettuato dalle ricerche precedenti a cura del Cospe [2001] e del Consiglio

Nazionale del Lavoro [2003] e utile per avere un’idea complessiva del

fenomeno. Tale lista non ha comunque pretese di completezza, in quanto

basata su un’indagine personale che “fotografa” la realtà di un determinato

momento.

Verranno prese in considerazione tutte le pubblicazioni su carta stampata di

cui si è potuto prendere visione diretta; la maggior parte delle quali hanno

diffusione nazionale. Diffusione nazionale ma mai capillare, in ogni caso, in

quanto concentrata nelle città e nei quartieri di maggiore presenza delle

comunità etniche di riferimento di ciascun giornale. Di ogni pubblicazione

si fornisce una descrizione generale e di seguito una griglia con i seguenti

dati, reperiti attraverso visione personale della rivista in questione e

questionari inviati a tutte le redazioni: editore; nome del direttore

responsabile, del direttore editoriale, del caporedattore; anno di nascita della

pubblicazione; periodicità; formato; numero di pagine; prezzo di copertina;

lingua utilizzata; tiratura; temi trattati; sito web; indirizzo della redazione.

In appendice a questa tesi si fornisce il testo del questionario inviato alle

redazioni e una selezione di prime pagine dei giornali analizzati.

Avvertenze. Si è preferito in questa sede tralasciare tutte le iniziative

editoriali di cui si è avuto notizia ma che non si è riusciti in nessun modo a

contattare o di cui non è stato possibile sapere se proseguono tuttora nelle

pubblicazioni, come Ecco Brasil, Tempo di Roma o Sentro Pilipino.

Vengono tralasciate altresì le testate la cui pubblicazione è stata sospesa di

recente, come il fiorentino Zhong Yi Bao edito fino al 2004 dal Cospe. Per i

giornali di proprietà di Stranieri in Italia, che presentano caratteristiche

comuni e di cui si è già trattato al Cap. 4.2, tale editore è specificato accanto

al titolo della rivista. L’ordine della lista è alfabetico.

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Africa News97, Africa Nouvelles (Stranieri in Italia)

Sono due pubblicazioni fino al 2004 riunite nella stessa rivista, destinate alle

comunità africane residenti in Italia anglofone e francofone. Riprendono

articoli dai principali quotidiani e periodici africani e internazionali e da

agenzie. Notizie da tutto il continente africano (politica, economia, sport,

festività, ricorrenze, cronaca); informazioni di servizio sulle normative in

materia di richiesta del permesso di soggiorno, diritto d’asilo ecc.; una

rubrica è riservata al SOS razzismo - dove si raccontano gli episodi di

razzismo subiti dagli italiani e dagli altri immigrati; suggerimenti per vivere

in Italia (celebrazioni, spettacoli, locali, recensioni, interviste a

connazionali). Una pagina specifica, “African Queens”, viene destinata alle

donne dell'Africa e alle africane in Italia. Una sezione intera è destinata allo

sport e ai risultati dei campionati africani, con interviste ad alcuni dei

giocatori più famosi. L’obiettivo è dare un’informazione di parvenza

globale sul continente e valorizzare le culture africane, rendendo noto ciò

che accade in Italia al riguardo, stabilendo un nesso tra i differenti eventi e

puntando all’integrazione. I numeri del mensile sono distribuiti nelle

edicole, nelle stazioni, nelle metropolitane, nei centri di aggregazione e di

incontro, nelle sedi diplomatiche e nei punti di vendita Angelo

Costa/Western Union su tutto il territorio nazionale98.

• Direttore editoriale: Federica F. Gaida. Direttore responsabile:

Sergio Talamo. Caporedattore Africa News: Stephen Ogongo.

Caporedattore Africa Nouvelles: Milton Kwami. Lingue utilizzate:

inglese per Africa News, francese per Africa Nouvelles. Anno di

nascita della pubblicazione: 2002. Periodicità: mensile. Numero di

pagine: 24. Formato: tabloid 43 x 29 cm. Prezzo di copertina: 1,00

97 Cfr. l’intervista a Stephen Ogongo, caporedattore di Africa News e segretario di

redazione di Stranieri in Italia, in appendice. 98 A Bologna gli unici posti dove si è riusciti a trovare copie di questo e degli altri periodici

editi da Stranieri in Italia sono la libreria Feltrinelli International (in vendita) e le agenzie

della Western Union (dove vengono distribuiti come free press). Sconosciuti risultano

invece a molte edicole di centro e periferia.

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euro. Tiratura: 20.000 copie. Distribuzione nazionale: Messaggerie

Internazionali. Indirizzo della redazione: Via Virgilio Maroso 50

00142 Roma. Numero di telefono: 06.87410527. E-mail:

[email protected]; [email protected].

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African Trumpet International

È una rivista in tre lingue, nata nel 1998 dalla rilevazione della mancanza di

iniziative editoriali dedicate agli immigrati africani in Italia, e che informa

su temi di attualità, educazione sociale e di economia, sulla politica africana

e su temi particolari decisi di mese in mese. Non mancano approfondimenti

su turismo, festività religiose o sui costumi di un dato paese. Il giornale è

diviso in tre sezioni: una dedicata all’Africa centrale, una all’Africa

occidentale e una all’Africa meridionale; presenti anche notizie riguardanti

le storie degli immigrati in Italia e in Europa. La redazione è composta da

dieci collaboratori, le fonti delle notizie sono la corrispondenza con i lettori,

agenzie e comunicati stampa.

• Direttore editoriale: Felix Chinedum-Anyaegbunam (di nazionalità

nigeriana), presidente dell’African Trumpet International

Organisation. Anno di nascita della pubblicazione: 1998. Periodicità:

mensile. Sede: Roma. Numero di pagine: ridotto da 40 a 16.

Formato: A4. Prezzo di copertina: gratuito. Lingue utilizzate:

italiano, francese, inglese. Tiratura dichiarata: 20.000 copie,

distribuite presso rappresentanze diplomatiche africane, nelle

principali città italiane, presso le maggiori comunità africane in

Europa e Stati Uniti, e in alcune grandi città africane. Distribuzione:

nazionale, nelle città di Milano, Roma, Firenze, Venezia, Bologna,

Napoli, Perugia, Rimini, Parma, Padova e Trieste. Indirizzo della

redazione: Via Ostiense 152/b, 00154 Roma. Numero di telefono:

06.51530612. Sito Internet:

http://www.africantrumpetinternational.com. E-mail:

[email protected], [email protected].

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Africa Web99

Africa Web è una pubblicazione bilingue diretta alle comunità africane in

Italia, in particolare a quella nigeriana. In copertina si presenta come

“Rivista africana di new economy, technology, tourism, investment” e

afferma di essere “La voce dell’Africa in Italia e nel mondo”. Fonti

privilegiate della rivista sono le agenzie di stampa come www.allafrica.com

e l’ambasciata nigeriana a Roma. Gli argomenti spaziano dai problemi degli

immigrati alle notizie di attualità, politica, economia e sport provenienti

dall’Africa ma anche temi connessi alle nuove tecnologie e alla new

economy. Ventotto pagine patinate in inglese, ricche di foto a colori,

interviste e inchieste di politica internazionale, articoli di commento ai temi

più diversi (religione, vita della comunità africana in Italia, medicina,

finanza ecc.), recensioni di film e molta, molta pubblicità. A volte articoli

in italiano sui paesi africani “Magica terra d’Africa” come Mozambico o

Ghana per attirare il turismo. Un intero numero, in italiano, è stato dedicato

alle tecnologie informatiche e Internet. Nel complesso il giornale appare

privo di coesione interna e coerenza tra i vari numeri. Nel colophon si legge:

“rivista africana in attesa di registrazione presso il tribunale di Roma”

nonostante esista da quattro anni. Il direttore, Esan Sylvester Ehrumusele,

lamenta un’eccessiva dipendenza dall’ambasciata nigeriana e racconta del

progetto di staccarsi da questa per essere più indipendenti. Lo stesso

direttore è titolare di un’agenzia che organizza eventi come sfilate di moda

africana e promuove prodotti quali linee di cosmetici e make up: eventi e

prodotti pubblicizzati anche nel giornale. Presenti inoltre pubblicità di

Western Union, agenzie di assicurazione, concessionarie di automobili,

hotel in Mozambico ecc. ma anche, nell’ultimo numero (marzo-aprile

2005), due pagine dedicate al deputato di Forza Italia Nicola Palombi, in

lista per le elezioni regionali in Lazio: “È un’eccezione che abbiamo fatto

per amicizia” dichiara Esan Sylvester. Curiosi gli spazi di auto-promozione

con le immagini di modelle africane in posa con la rivista e l’headline: “I’m

… from …. I read Africa Web to get the right information and I will love to

see you reading Africa Web magazine”.

99 Cfr. intervista al direttore Esan Sylvester Ehrumusele, in appendice.

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Il giornale viene distribuito in tutti i principali centri di incontro degli

africani in Italia, presso le associazioni africane, negli ambienti diplomatici,

nei negozi etnici.

• Direttore editoriale: Esan Sylvester Ehrumusele. Direttore

Responsabile: Giampiero Baldi. Anno di nascita della pubblicazione:

2001. Periodicità: mensile. Lingue utilizzate: italiano e inglese.

Tiratura dichiarata: 5.000 copie. Numero di pagine: 28. formato: A4.

Prezzo di copertina: 2,00 euro. Indirizzo della redazione: Via Monte

Santo, 25 int. 20 – 00195 Roma. Numero di telefono: 06.97601308.

Sito Internet: http://www.africawebmag.com. E-mail:

[email protected].

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Afrofootball

È una rivista in tre lingue tutta dedicata al mondo del calcio africano. Offre

quindi un’ampia panoramica sul calcio italiano e africano, le partite e gli

eventi più importanti, interviste e ritratti di calciatori di successo ecc. Viene

distribuito, a quanto affermano i curatori, nelle edicole delle stazioni in

Italia (soprattutto nel Nord-Est), nei centri di aggregazione della comunità

africana ma anche in Germania, Olanda e nella stessa Africa: nelle grandi

città del Ghana, del Senegal, della Nigeria e del Sud Africa.

• Direttore responsabile: Flavio Feltrami. Direttore editoriale:

Agwazia Chris Ifeanyi. Editore: Afro Communications. Periodicità:

mensile. Lingue utilizzate: italiano, inglese, francese. Sede: Novara.

Tiratura dichiarata: 8000 copie. Prezzo di copertina: 2,60 euro.

Indirizzo: Via Chinotto 1/A, 28100 Novara. Affiliata alla

concessionaria di pubblicità Etnocommunication. E-mail:

[email protected].

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Agora Noticias (Stranieri in Italia)

Giornale in lingua portoghese destinato alle comunità brasiliane o

provenienti da Capo Verde, Mozambico, Guinea Bissau, Angola e residenti

in Italia. Fin dalla copertina è evidente l’attenzione che viene riservata al

mondo dello sport con richiami all’interno: articoli, interviste e commenti

sul calcio e i suoi protagonisti, che si ritiene sia un elemento fondamentale

nella vita di un cittadino brasiliano. Nelle prime pagine dominano i temi

dell’immigrazione nel suo nesso con la politica europea e italiana (quindi

articoli che trattano argomenti molto vari: dalle normative

sull’immigrazione alle prossime sanatorie, dalle elezioni europee ai

problemi di salute di Umberto Bossi). Seguono pagine dedicate alla politica

brasiliana e soprattutto al presidente Lula, articoli sul rispetto dei diritti

umani in Brasile, cronaca locale dalle grandi città del Brasile e degli altri

stati lusofoni. Al centro si trovano in genere quattro pagine intitolate

Estrangeiros na Italia ed è la sezione più propriamente di servizio, in cui si

spiega come ottenere il visto, accedere ai servizi (salute, corsi di

formazione), modalità di rinnovo del permesso di soggiorno e altro.

Seguono rubriche sulla vita dei brasiliani in Italia, pagine di cultura, sport,

eventi comunitari, lettere dei lettori, cruciverba e ricette di cucina.

• Direttore responsabile: Sergio Talamo. Direttore editoriale: Federica

F. Gaida. Caporedattore: Erika Piacentini Zidko. Lingua: portoghese.

Anno di nascita della pubblicazione: 2003. Periodicità: mensile.

Numero di pagine: 24. Formato: tabloid 43 x 29 cm. Prezzo di

copertina: 1,20 euro. Tiratura: 20.000 copie. Distribuzione

nazionale: Messaggerie Internazionali. Indirizzo della redazione: Via

Virgilio Maroso 50 00142 Roma. Sito web:

http://www.brasileirosnaitalia.com. E-mail: [email protected].

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Ako ay Pilipino (Stranieri in Italia)

È forse l’unica rivista in Italia creata specificamente per i cittadini filippini.

Anzi, cittadine, visto che è una comunità composta in maggioranza da

donne. Il giornale, che vanta numerosi collaboratori da molte città italiane,

riporta ogni mese notizie dal paese d’origine, cronaca dall’Italia, ma

soprattutto informazioni precise e aggiornate sulla normativa

dell'immigrazione; guide sulle principali problematiche della vita quotidiana

degli immigrati in Italia (salute, permessi di soggiorno, scuola e formazione,

patente); notizie sulla comunità e le associazioni religiose e di migranti;

indicazioni sull’accesso ai servizi, ecc. Non mancano, come in tutte le

testate di Stranieri in Italia, pagine di intrattenimento contenenti l’oroscopo,

vignette e cruciverba. Diffusione: nazionale, in vendita presso edicole

specializzate, presso i principali punti di ritrovo della comunità come gli

asian markets, per abbonamento e in omaggio presso le rappresentanze

diplomatiche e consolari.

• Direttore responsabile: Sergio Talamo. Direttore editoriale: Federica

F. Gaida. Caporedattore: Analiza Bueno. Editore: Stranieri in Italia

srl. Lingua utilizzata: inglese e tagalog. Periodicità: mensile.

Formato: tabloid 43 x 29 cm. Numero di pagine: 24. Anno di nascita

della rivista: 2003. Prezzo di copertina: 1,00 euro. Tiratura

dichiarata: 5.000 copie. Distribuzione nazionale: Messaggerie

Internazionali. Indirizzo: Via Virgilio Maroso, 50 - 00142 Roma.

Numero di telefono: 06.87410508. E-mail: [email protected].

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Alps Probashi

È l’unico periodico specificatamente pensato per gli immigrati dell’Alto

Adige. “Alps Probashi” significa infatti “immigrati delle Alpi” e ha il

sottotitolo “Corriere degli immigrati - Einwanderer Journal”. Offre uno

spazio di confronto fra cittadini immigrati ma anche dettagliate informazioni

sulla normativa italiana riguardante l’immigrazione, la ricerca di alloggio e

di lavoro, la richiesta d’asilo ecc. con lo scopo di favorire l’integrazione e

limitare i tempi necessari all’adattamento. Dopo due numeri la

pubblicazione è stata sospesa nel 2004 ma l’editore afferma100 che

ricomincerà le pubblicazioni non appena arriveranno nuovi fondi dalla

Provincia.

• Editore e direttore editoriale: Mirza Latiful Haque (dell'Associazione

Bangladesh di Bolzano). Direttore responsabile: Leone Siccotti.

Anno di nascita della pubblicazione: 2003. Periodicità: trimestrale.

Numero di pagine: circa 100. Tiratura dichiarata: 500 copie. Lingue

utilizzate: bengalese, tedesco, italiano, inglese. Sede: Bolzano.

Indirizzo: Via Trento 46, 39100 Bolzano Numero di telefono:

0471.883061. E-mail: [email protected].

100 Comunicazione personale, 20 maggio 2005.

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The American

Nato nel marzo 2004, è la risposta concreta a quanti lamentano l’uso del

termine “etnico” solo per designare ciò che non è occidentale. The American

è infatti un giornale per immigrati e fatto da immigrati rivolto alla comunità

di cittadini americani e comunque occidentali anglofoni residenti in Italia.

Molto dei collaboratori sono americani, compreso il direttore. Il resto sono

cittadini canadesi, britannici, italiani e australiani. Il titolo della testata

riprende quello di The Rome Daily American (1945-1984) noto giornale

oggi scomparso. Si legge sul sito che lo scopo dichiarato della rivista è “to

provide an eloquent, alert monthly magazine that helps to inform the

national community about Italian cultural and political life. We hope to be

useful to English-speakers and Italians alike. Our goal is to provide good

information and provocative insight”101: offrire cioè un giornale che informi

la comunità sulla vita politica e culturale italiana (ed europea), fornendo

informazioni utili in una prospettiva spesso provocatoria. Come

provocatorie sono alcune delle rubriche presenti nel giornale, a cominciare

da “Bella figura” in cui i giornalisti raccontano le loro (dis)avventure alle

prese con costumi, abitudini e mentalità tipicamente italiani; non mancano

articoli riguardanti la gastronomia, i viaggi, la politica. Nel primo numero

sono state pubblicate alcune lettere inedite che Curzio Malaparte che lo

scrittore nel 1949 inviò al giornalista Percy Winner, padre di Christopher

Winner, per chiedergli di dargli una mano a promuovere il suo libro “La

Pelle”. Il giornale non è collegato ad alcuna istituzione, ambasciata o

agenzia governativa e si sostiene solo con la pubblicità. Distribuito per

adesso solo nelle città di Roma, Firenze, Napoli, Venezia, Milano, è

disponibile nelle edicole e per abbonamento.

• Direttore responsabile: Enrico Giacomini. Direttore editoriale:

Christopher P. Winner. Editore: GSW Editore s.r.l/Stranieri in Italia.

Distribuzione: Messaggerie Internazionali. Lingua utilizzata: inglese.

101 “Fornire un mensile eloquente e sveglio, che informi la comunità nazionale sulla vita

culturale e politica italiana. Speriamo di essere utili sia agli anglofoni che agli italiani. il

nostro obiettivo è di fornire buona informazione da un punto di vista provocante”.

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Prezzo di copertina: 2,50 euro. Anno di nascita della pubblicazione:

2004. Indirizzo: Via Bertoloni 1/E – 00197 Roma. Numero di

telefono: 06.808.5391. Sito Internet: http://www.theamerican.com.

E-mail: [email protected].

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Assadakah

Testata mensile edita da Assadakah (Centro italo-arabo e del Mediterraneo),

associazione senza fine di lucro che opera nella promozione degli scambi

culturali, politici ed economici. Considerata la prima iniziativa di questo

tipo in Italia, si occupa di politica, economia, cultura e archeologia. È

distribuita solo su abbonamento: ci si può abbonare anche attraverso il sito

web. Realizzata da cinque collaboratori fissi (tutti giornalisti), più 60

corrispondenti esteri e 40 italiani, si mantiene grazie al volontariato e grazie

ai contributi degli stessi lettori. E’ distribuita agli abbonati ed è presente in

alcune librerie romane, nelle ambasciate e compagnie aeree arabe in Italia,

viene inviata a parlamentari, senatori, istituti di cultura arabi in Italia,

ambasciate italiane, sindaci dei comuni italiani, istituti di cultura arabi in

Italia, e a chiunque ne faccia richiesta. Lo scopo dichiarato dai fondatori è

quello di promuovere gli scambi culturali tra civiltà differenti che si trovano

a convivere, favorire il dialogo e la conoscenza reciproca: per questo non si

ritengono una testata strettamente “etnica”.

• Direttore responsabile: Dimitri Deliolanes. Capo redattore: Talal

Khrais (libanese). Coordinamento redazione (caporedattore Italia):

Fausto Biefeni Olevano. Editore: Assadakah - Centro Italo-Arabo e

del Mediterraneo. Anno di nascita della rivista: 1998. Periodicità:

mensile. Formato: A4. Numero di pagine: 64/96. Prezzo di

copertina: 1,55 euro (indicativo in quanto non viene venduta) – solo

abbonamenti. Lingue utilizzate: italiano, a volte c’è una sezione in

arabo. Tiratura dichiarata: 25.000 copie. Indirizzo della redazione:

Via Carlo A. Jemolo 101, 00156 Roma. Numero di telefono:

06.41228195 Sito Internet: http://www.assadakah.it. E-mail:

[email protected].

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Azad. Il mensile per i pakistani in Italia. (Stranieri in Italia)

Il nome della testata significa “Libero”. È un mensile in lingua araba, che si

legge quindi dalla parte opposta rispetto ai giornali occidentali, indirizzato,

come riporta il sottotitolo, alla comunità dei pakistani residenti in Italia.

Notizie sugli avvenimenti in Pakistan, cronaca italiana, normativa e servizi

sull’immigrazione e annunci di lavoro (tutto in lingua), spettacoli e sport i

temi affrontati. Ricco di foto (ritratti delle persone di cui si parla negli

articoli) molte delle quali a colori. Pubblicità di Western Union, Cepu,

banche, etnotelefonia. Sette i collaboratori fissi, retribuiti, residenti in

diverse città italiane.

• Direttore responsabile: Sergio Talamo. Direttore editoriale: Federica

F. Gaida. Caporedattore: Ejaz Ahmad. Anno di nascita della

pubblicazione: 2003. Periodicità: mensile. Numero di pagine: 24.

Formato: tabloid. Prezzo di copertina: 1,00 euro. Tiratura: 20.000

copie. Distribuzione nazionale: Messaggerie Internazionali. Indirizzo

della redazione: Via Virgilio Maroso 50 00142 Roma. E-mail:

[email protected].

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Bota Shqiptare

Sottotitolo: Gazeta e shqiptareve ne Itali, “il giornale degli albanesi in

Italia” è un periodico che dedica pagine alle tematiche legate

all'immigrazione, alle notizie dall'Albania ma anche da Kosovo e

Macedonia. Pagine fisse trattano approfondimenti sulla storia dell'Albania e

l'Italia. L’editoriale del primo numero della rivista, scritto dallo scrittore

albanese Ismail Kadare, nel giugno del 1999, recitava: “Spero che

l’albanese che sfoglierà questo giornale in lingua madre, sorseggiando un

caffè la mattina, percepisca il calore del suo paese natio, si senta meno solo

e distaccato dalle origini, e colga meno la lontananza delle coste dalla sua

patria”. È la rivista dedicata ai cittadini albanesi probabilmente più

conosciuta in Italia, dotata di tale autorevolezza da essere talvolta citata

come fonte dai media principali. È pensata per un lettore di origine albanese

abbastanza integrato nella società italiana, che lavora o studia ed è

interessato sia a quello che accade nel suo paese sia alla discussione sui temi

di attualità italiana. Bota Shqiptare (“il mondo albanese”) vanta la

collaborazione di noti giornalisti ed esperti albanesi, ma anche il

coinvolgimento appassionato dei lettori. L’elegante formato tabloid, le

numerose immagini a colori fanno da sfondo a notizie di politica interna

italiana, brevi di cronaca (“kronika shqiptarësh në itali”), pagine intere sulla

vita e gli avvenimenti riguardanti gli albanesi in Italia (“Shqiptari i italisë),

notizie dall’Albania, Macedonia e Kosovo (“dy javë lajme”)102, due pagine

di commenti, il paginone centrale dedicato a un tema particolare (esempio il

confronto tra due sfidanti alle elezioni), cui segue una pagina in italiano

dedicata a un articolo di costume come può essere il racconto di aspetti della

vita e della mentalità albanesi viste dalla prospettiva di un giornalista

italiano: per esempio, a pag. 15 del numero 128, Francesca Niccolai

racconta come nella società albanese gli uomini conducano spesso una vita

indolente e sfaccendata in un articolo intitolato “Maschi al bar” (nel numero

successivo, la prospettiva si ribalta e il racconto si intitola “Femmine al

bar”). Seguono interviste a personaggi della vita pubblica albanese, politici,

economisti o sportivi; infine due pagine dedicate all’intrattenimento con

102 “notizie di due settimane”.

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l’oroscopo e un cruciverba. Pur essendo il cruciverba in lingua come il resto

del giornale, alcune definizioni richiedono nozioni di cultura italiana: così si

può trovare un “Ciano, e bija e Mussolini” al 40 orizzontale o “Reitano, i

këngës italiane” al 46 verticale.

L’obiettivo è di facilitare l’integrazione del cittadino immigrato

informandolo su quello che accade in Albania (notizie che non troverebbe

nei media tradizionali italiani) e fornendogli una chiave di lettura per quanto

accade in Italia. Facendolo sentire parte della vasta comunità di cittadini

albanesi all’estero.

Bota Shqiptare si avvale della consulenza di Stranieri in Italia per la

legislazione d’immigrazione ed è affiliato alla concessionaria di pubblicità

Etnocommunication: ospita inserzioni pubblicitari di banche albanesi (es.

Banka Credins), film in cartellone nei cinema italiani (Saimir, nei numeri

preso in esame, che narra la storia di un ragazzo di origine albanese), linee

aeree albanesi (Albanian Airlines), televisioni satellitari (Albaniasat),

agenzie funebri e l’immancabile Western Union.

È distribuito nelle edicole di stampa estera e nelle librerie specializzate,

presso consolati, associazioni e biblioteche pubbliche, presso le sede delle

istituzioni in Albania e sui voli dell’Albanian Airlines.

• Direttore editoriale: Roland Sejko. Il primo direttore di Bota

Shqiptare è stato il critico cinematografico del Messaggero

Guglielmo Biraghi. Editore: Edizioni Bota Shqiptare srl. Anno di

nascita della pubblicazione: 1999. Periodicità: quindicinale.

Formato: tabloid. Numero di pagine: 20. Prezzo di copertina: 1,50

euro. Lingua utilizzata: albanese. Tiratura dichiarata: nazionale di

10.000 copie. Affiliato alla concessionaria di pubblicità

Etnocommunication. Indirizzo: Via Tito Livio 8, 00136 Roma.

Numero di telefono: 06.35453074. Sito internet:

http://ww.botashqiptare.net. E-mail: [email protected].

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Bulgaria Express (Stranieri in Italia)

È il giornale dedicato alla comunità bulgara residente in Italia. All’interno

notizie di politica nazionale ed estera, cronaca, economia, cultura, vita della

comunità, cultura sport e intrattenimento. Non manca la guida alla

normativa italiana in materia di immigrazione e le consuete informazioni di

servizio che caratterizzano le testate edite da Stranieri in Italia.

• Direttore editoriale: Federica F. Gaida. Direttore responsabile:

Sergio Talamo. Caporedattore: Veneta Nenkova. Lingua utilizzata:

bulgaro. Anno di nascita della pubblicazione: 2005. Periodicità:

mensile. Numero di pagine: 24. Formato: tabloid 43 x 29 cm. Prezzo

di copertina: 1,40 euro. Tiratura: 10.000 copie. Distribuzione

nazionale: Messaggerie Internazionali. Indirizzo della redazione: Via

Virgilio Maroso 50 - 00142 Roma. Numero di telefono:

06.87410528. E-mail: [email protected].

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El carrete de la sera103

È una pubblicazione gratuita realizzata da un gruppo di volontari di origine

cilena. Il significato del titolo è un gioco di parole: “El carrete de la sera” fa

infatti il verso al quotidiano più famoso della città; inoltre la parola

“carrete” significa “gomitolo” in spagnolo, e “festa” nello spagnolo parlato

in Cile. L’obiettivo del giornale, infatti, è di aiutare la comunità cilena a

ritrovarsi, comunicare al suo interno e stabilire legami di interessi comuni

attraverso l’informazione. Nato originariamente a Milano nel 2002, si

avvale al momento di più di venti collaboratori residenti in altre città o

addirittura in altri paesi, tanto forte è la risposta che ha avuto dalla

comunità, o il bisogno, di questa, di ritrovarsi.

Grazie al sostegno del Consolato del Cile a Milano, del Circolo Cileno-

Italiano di Roma, della Associazione Culturale Cilena e dell’agenzia di

traduzioni “Logos”, la rivista dichiara di riuscire ad arrivare gratuitamente

nelle case di tutti i cittadini cileni residenti in Italia. La lingua utilizzata è lo

spagnolo ma “ogni tanto si pubblica qualche testo

in italiano, di giovani figli di genitori cileni però cresciuti qua che

hanno adottato l'italiano come madrelingua” racconta Claudia Sanchez,

psicologa, che ha fondato e dirige la rivista insieme al marito Raimon Tapia.

Quest’ultimo aveva già vissuto un’esperienza giornalistica a Napoli dove

pubblicava un settimanale latinoamericano.

I temi trattati sono vari, decisi mensilmente; nelle riunioni di redazione i

collaboratori sono invitati a esporre le proprie opinioni sull’attualità e

proporre gli argomenti da approfondire: “In generale i temi versano quasi

sempre sulle condizioni nelle quali si vive in Italia come immigrato, la

nostra nostalgia del Cile, la diffusione della nostra cultura nell'Europa, le

cose che stanno succedendo in Cile (tante persone di una certa età non

hanno accesso a internet per cui siamo noi a informarli di quanto accade

nel paese)” afferma il direttore. Ma se il numero 29 di febbraio/marzo 2005

è dedicato ai racconti di ordinaria discriminazione vissuti in prima persona

dai collaboratori della rivista, con giudizi anche duri verso gli italiani (che

103 Cfr. l’intervista a Claudia Sanchez, direttore editoriale, in appendice.

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“llegan al maximo de la incomprension cultural”104, p. 5) il numero

successivo è caratterizzato da temi molto vicini agli interessi del gruppo

femminile dei lettori. Notizie di salute, storie di vita di donne migranti,

ricordi delle generazioni passate virati alla nostalgia. Nell’editoriale il

direttore parla sovente del passato del paese e richiama ricordi attraverso

storie e immagini ancora vivide nell’immaginario. Gli articoli fanno capo a

rubriche fisse: interviste a immigrati “normali” (cioè non particolarmente

famosi o di successo) che vivono in Italia (el encuentro; entrevista);

rievocazioni del passato (pagina abierta); articoli su personaggi di

popolarità spesso emergente in Cile (voces desde Chile); pezzi di attualità

(actualidad), commento (impresiones), cultura; racconti, vari (experiencias,

viviencias), notizie d’attualità spesso fonte di dibattito, istruzioni per l’uso

della Rete (webian2 en la red), racconti di imprese sportive vignette,

pubblicità di piccole aziende (parrucchieri, calzolai ecc.). Gli articoli sono

spesso rievocativi del passato; il giornale ha un evidente scopo di

mantenimento delle proprie radici, anche grazie all’utilizzo esclusivo della

lingua spagnola, e di valorizzazione del proprio patrimonio storico-sociale e

della tradizione, mediante l’inserimento di immagini in bianco e nero o

comunque riferite al passato.

• Direttore editoriale: Claudia Sánchez e Ramón Tapia. Anno di

nascita della pubblicazione: 2002. Periodicità: mensile (nei mesi

d’estate e all’inizio dell’anno esce un’edizione bimestrale). Formato:

A4. Numero di pagine: 20. Prezzo di copertina: gratuito (distribuito

su abbonamento, si richiede un contributo facoltativo di 15 euro

annui). Lingua utilizzata: spagnolo e italiano. Sede: Milano. Sito

Internet: http://www.carrete.org. E-mail: [email protected].

104 “Raggiungono il massimo dell’incomprensione culturale”.

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Cina in Italia

È una rivista di informazione e cultura, a distribuzione nazionale, destinata

ai cittadini cinesi residenti in Italia, fondata su iniziativa di un gruppo di

giornalisti cinesi, con la collaborazione di due associazioni italiane: SOS

Razzismo e Chances (Agenzia di orientamento al lavoro). Lo scopo è

informare ma soprattutto approfondire le tematiche relative al

multiculturalismo, all’immigrazione e all’integrazione in Italia. Il giornale

offre infatti una consulenza giuridica e legislativa, cerca di favorire il

dialogo tra cinesi e italiani e l’inserimento dei primi nella comunità

d’accoglienza pur in un’ottica di attenta conservazione delle proprie radici.

A parte la copertina e i risvolti di copertina, tutte le pagine sono opache e in

bianco e nero, ricche di foto a corredo degli articoli e di disegni. Cina in

Italia è redatto da un gruppo di lavoro fisso formato da tre cittadini cinesi e

due italiani, che organizza anche importanti eventi multiculturali come il

Capodanno cinese e iniziative per promuovere la cultura cinese in Italia e

quella italiana in Cina. Ospita inserzioni pubblicitarie della Western Union,

delle Pagine Gialle italo-cinesi, di tariffe della Telecom per chiamare in

Cina (“Welcome Home”), di agenzie di viaggi e piccole aziende italiane e

cinesi. Diffuso nei grandi alimentari cinesi, tramite abbonamento ed è

offerto in omaggio ai passeggeri di Air China.

• Editore: Hu Lambo. Direttore responsabile: Angela Scalzo.

Caporedattore: Shi Wei Ran. Anno di nascita della pubblicazione:

2001. Periodicità: mensile. Lingue utilizzate: cinese. Formato: A4.

Tiratura dichiarata: 3000 copie. Prezzo di copertina: 2,00 euro.

Affiliato a Etnocommunication. Indirizzo della redazione: Via

Alfadena 10 – 00155 Roma. E-mail: [email protected].

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Echo News

Si tratta di un mensile di dedicato alla comunità africana anglofona in Italia,

delle dimensioni di un quaderno, che tratta di temi di servizio: normativa

sull’immigrazione, salute, educazione scolastica; riporta anche notizie

d’attualità, cronaca, politica e sport provenienti dall’Africa Subsahariana (in

prevalenza dalla Nigeria), ricette di cucina e notizie di spettacolo, indirizzi

di negozi, ristoranti e locali “africani” in Italia, resoconti di eventi che

coinvolgono la comunità in Italia, come i matrimoni, completi di foto.

Frequenti gli articoli religiosi affidati a un ministro della Chiesa Cristiana

Pentecostale. Nell’editoriale del numero di marzo 2005 il direttore Dan

Ekhator dichiara: “Our primary goal is to put the information at your

disposal”105. Viene distribuito nei centri di ritrovo degli immigrati africani

in Italia: call center, centri di cosmesi africana, ambasciate e negozi

specializzati, ma anche in alcune città della Nigeria. Affiliata alla

concessionaria di pubblicità Etnocommunication, ospita inserzioni

pubblicitarie di attività commerciali locali e inoltre della Western Union.

• Direttore editoriale: Daniel Ekhator. Caporedattore: Ikechi Ogbonna.

Editore: Echo Cultural Association. Anno di nascita della

pubblicazione: 1995. Tiratura dichiarata: 10.000 copie (di cui 8000

in Italia e 2000 all’estero). Lingua utilizzata: inglese. Periodicità:

mensile. Prezzo di vendita: 2,00 euro. Numero di pagine: 32.

Affiliato alla concessionaria di pubblicità ISI Etnocommunication.

Indirizzo della redazione: Via Nettunense km 24, 100 – 04011

Aprilia (Latina). Numero di telefono: 06.9202044. E-mail:

[email protected].

105 “Il nostro obiettivo primario è di mettere l’informazione a vostra disposizione”.

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Eldorado

Il sottotitolo di questo nuovo mensile free-press è “L’america Latina

raccontata agli italiani e ai latinoamericani che vivono in Italia”. Si tratta

di un agile giornale scritto in italiano e spagnolo: “è infatti chiaro”, recita

l’editoriale del secondo numero, “che il superamento della barriera

linguistica è alla base di ogni incontro e confronto tra culture”. Il target

principale sono comunque i cittadini immigrati, la distribuzione avviene nei

call center e nei negozi di immigrati, e l’obiettivo primario è quello di

riportare notizie e immagini “da casa” ai cittadini immigrati. Anche la

pubblicità presente nel giornale è rivolta principalmente a loro: per ora si

pubblicizzano solo phone center internazionali. Nelle quattro pagine con la

testatina “incontri”, si parla di iniziative umanitarie e progetti di volontariato

e scambio. “In viaggio” propone tre pagine di guida turistica ai luoghi più

belli del Latino America, con immagini a colori di paesaggi e monumenti;

“imprese” si occupa di progetti economici e associazioni a favore degli

imprenditori latini. “Mondolatino”, infine, racconta storie di vita positive di

immigrati integrati e di successo, come può essere l’elezione di una miss

latina in un concorso di bellezza. Da giugno 2005 conterrà anche

informazioni riguardanti il Centro America, l’Africa e l’Asia. La linea

editoriale è improntata alla “semplicità ed immediatezza nel trattare temi

che possono aiutare il processo dell’integrazione ed un maggior scambio

interculturale tra italiani e stranieri e viceversa”, secondo quanto afferma il

direttore106. I collaboratori fissi sono tre o quattro, pubblicisti o studenti che

ricevono un “gettone-rimborso” per gli articoli prodotti.

• Direttore responsabile: Roberto Alborghetti (giornalista

professionista). Editore: Euroservizi – Bergamo. Lingue utilizzate:

spagnolo e italiano (da giugno 2005 anche inglese e francese).

Numero di pagine: 16-24. Formato: tabloid. Anno di nascita della

testata: 2005. Tiratura dichiarata: 100.000 copie. Periodicità: quattro

numeri all’anno. Prezzo di copertina: gratuito. Indirizzo della

106 Comunicazione personale via mail, 17 maggio 2005.

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redazione: Eldorado c/o Euroservizi, Via Bellafino 16, 24126

Bergamo. Numero di Numero di telefono: 035.330019. Sito Internet:

http://www.eldoradomag.it. E-mail:

[email protected].

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Forum (Stranieri in Italia)

La peculiarità di Forum, quindicinale indirizzato a due comunità contigue

(russi e ucraini residenti in Italia) è di uscire una volta in lingua russa, una

volta in ucraino. Cronaca e attualità dai paesi di provenienza, cronaca e

politica dall’Italia gli aspetti più approfonditi, oltre naturalmente

all’informazione di servizio riguardante l’affermazione o la violazione dei

diritti sociali, la normativa sull’immigrazione e le pratiche burocratiche.

Attenzione viene prestata anche agli eventi culturali di Russia e Ucraina con

interviste agli artisti e reportage. Alcune pagine e rubriche in italiano

riportano brevi di cronaca, notizie dai sindacati, informazioni di servizio sui

centri per l’impiego, articoli di turismo e simili. Affiliato alla concessionaria

di pubblicità Etnocomumunication srl., ospita numerosi annunci

pubblicitari: Western Union, Sindacato Indipendente Lavoratori Stranieri in

Europa, carte telefoniche internazionali, concessionarie di motorini, linee

aeree, una casa editrice che stampa libri a pagamento, il partito italiano di

Alleanza Nazionale ecc. Il giornale è distribuito su gran parte del territorio

nazionale, nei principali luoghi di aggregazione compresi i luoghi di culto e

negozi Western Union, ma anche nelle maggiori città russe e ucraine.

• Direttore responsabile: Gabriele Ratini. Caporedattore: Tetyana

Kuzyk. Editore: East Communication srl. Anno di nascita della

pubblicazione: 1998. Numero di pagine: 24. Tiratura: 20.000 copie.

Periodicità: mensile. Lingue utilizzate: russo, ucraino, italiano.

Prezzo di copertina: 1,50 euro, gratuito in Ucraina. Affiliato alla

concessionaria di pubblicità ISI Etnocommunication. Indirizzo

redazione: Via Vespasiano, 48 - 00182 Roma. Numero di telefono:

06.7800014. Sito Internet: http://www.forumpress.it. E-mail:

[email protected]; [email protected].

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Gazeta Romaneasca (Stranieri in Italia)

Mensile dedicato ai romeni residenti in Italia, informa sulla politica

internazionale, sulla normativa italiana sull’immigrazione e sui relativi

dibattiti politico-parlamentari. La rubrica “filo diretto con i lettori” offre una

consulenza sui problemi della vita quotidiana. Presenti altre rubriche come

“notizie da casa”, le offerte e richieste di lavoro, articoli di divulgazione e

notizie sul mondo artistico italiano e romeno. Ricca anche la parte dedicata

all’intrattenimento con parole crociate, ricette di cucina, sport, oroscopo

mensile, giochi, notizie di gossip sui cosiddetti vip della cultura rumena ma

anche occidentale (es. Britney Spears). Una parte del mensile scritta in

lingua italiana è dedicata alle notizie economiche e finanziarie riferite alle

attività di import-export da e per la Romania: con l’obiettivo di incentivare i

rapporti con le aziende esportatrici, specialmente del Nord-Est, favorire gli

scambi e creare un canale di domanda e offerta di manodopera. In

successione, quindi, quattro pagine iniziali d’attualità italiana, quattro sui

romeni in Italia, una sulle novità nella legislazione, quattro sulle notizie

d’attualità dalla Romania, una pagina di notizie di “monden” cioè

spettacolo, una di notizie dall’estero. Infine una pagina di sport, una di

opinioni sugli eventi più vari (dai convegni umanistici alla morte del papa),

e l’oroscopo. Immancabile l’editoriale in prima pagina di Sorin Cehan, in

genere riguardante questioni connesse al fenomeno dell’immigrazione in

Italia e come questo viene trattato da politici e media, le leggi, i problemi

concreti rimasti inaffrontati. Presenti numerose pagine di pubblicità della

Western Union.

La Gazeta Romaneasca viene diffusa nei principali centri di incontro e

aggregazione della comunità romena in Italia, nelle librerie internazionali,

nei 1700 punti vendita della Angelo Costa/Western Union, per

abbonamento, in omaggio presso le rappresentanze diplomatiche e

consolari, e nelle maggiori città della Romania.

• Direttore responsabile: Sergio Talamo. Direttore editoriale: Sorin

Cehan. Periodicità: settimanale. Anno di nascita: 2001. Lingua:

rumeno. Prezzo di copertina: 1,20 euro. Formato: tabloid 43 x 29

cm. Numero di pagine: 24. Distribuzione nazionale: Messaggerie

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Internazionali. Indirizzo redazione: Via Virgilio Maroso 50 – 00142

Roma Numero di telefono: 06.87410507/08. E-mail:

[email protected].

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La Hora (Stranieri in Italia)

Nato come supplemento di Expreso Latino, è un mensile dedicato

interamente agli immigrati ecuadoregni, come recita il sottotitolo: “El

periodico del Ecuador en Europa”. In prima pagina, notizie dall’Ecuador

riguardanti fatti di politica interna e di cronaca, più lanci di ulteriori notizie

di attualità. Per il resto è strutturato come un normale quotidiano: le prime

tre o quattro pagine sono dedicate all’actualidad politica, seguite da spazi

dedicati alle diverse zone dell’Ecuador: Mi pais – Pichincha, Austro,

Provincias. Si tratta di argomenti relativi alla politica locale, cronaca,

cultura, opere pubbliche. Segue l’economia, una pagina di opinion completa

di vignetta, una di salud con notizie scientifiche e mediche, una di turismo

con notizie anche negative sullo stato del settore in Ecuador. Infine una

pagina intitolata Migrantes si occupa del fenomeno migratorio riguardante

l’Ecuador con dati statistici e di cronaca (come un naufragio al largo delle

coste statunitensi nel numero 1 dell’aprile 2005); due pagine dedicata allo

sport (deportes) con articoli sul campionato di calcio nazionale; “cultura”

ed “espectaculos” trattano ovviamente di arte, danza, cinema e notizie di

spettacolo, musica, interviste ai personaggi famosi riprese dai giornali

nazionali; si chiude con l’entretenimiento: notizie curiose, barzellette,

proverbi riadattati.

• Direttore responsabile: Claudio Jaccatino. Caporedattore: Rolando

Ortega. Anno di nascita della pubblicazione: 2005. Lingua utilizzata:

spagnolo. Formato: tabloid 43 x 29 cm. Numero di pagine: 24.

Prezzo di copertina: 1,40 euro. Distribuzione nazionale: Messaggerie

Internazionali. Indirizzo redazione: Via Virgilio Maroso 50 – 00142

Roma. Numero di telefono: 06.87410527. E-mail:

[email protected].

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Lakhiru

È la prima rivista in Italia dedicata ai cittadini provenienti dallo Sri Lanka.

La direzione editoriale ha sede direttamente in Sri Lanka, ad opera di Anura

Solaman, uno dei maggiori editori cingalesi, mentre la redazione ha sede sia

in Sri Lanka che in Italia, dove il quotidiano viene stampato. Già da questi

dati logistico-geografici si evince una forte caratterizzazione del giornale

legato al bisogno principale della comunità di non recidere il legame con il

paese di provenienza; presente comunque anche l’informazione di servizio,

necessaria per orientarsi in Italia. Ricchissimo di foto, immagini e vignette,

con una prima pagina coloratissima che reca accanto al titolo un riquadro

con l’immagine di Sant’Antonio da Padova. Distribuito a Roma, Milano,

Padova, Brescia, Verona, Bologna, Firenze, Napoli, Messina e Catania.

• Direttore editoriale: Ajith Hettiarachchige. Direttore responsabile:

Loretta Caponi. Editore: Media Lanka Network/Stranieri in Italia.

Anno di nascita della pubblicazione: 2003. Periodicità: mensile.

Formato: tabloid (b290 x h430 mm). Numero di pagine: 32 di cui 12

a colori. Prezzo di copertina: 1,00 euro. Lingua: cingalese. Tiratura

dichiarata: 10.000 copie. Affiliato alla concessionaria di pubblicità

Etnocommunication. Distribuzione nazionale: Messaggerie

Internazionali. Indirizzo della redazione: Via Proba Petronia, 82 –

00136 Roma. Numero di telefono: 328.1984055. E-mail:

[email protected].

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Al Maghrebiya (Stranieri in Italia)

Mensile in lingua araba destinato a una delle comunità straniere più

numerose in Italia, quella magrebina (Marocco, Algeria, Tunisia). Le prime

tre pagine sono dedicate alle notizie provenienti dai paesi arabi e dal

Marocco; seguono le informazioni sui diritti, sulle procedure per avere o

rinnovare il permesso di soggiorno, sui moduli per sporgere querele e poi

cultura, spettacoli, sport, giochi, oroscopo, lettere aperte, ricette di cucina.

Spazio anche alle problematiche femminili. Non a caso il titolo della testata

significa provocatoriamente “la magrebina”, termine spregiativo in arabo in

quanto usato per indicare le prostitute. E uno degli intenti della rivista,

anche se certamente non l’unico, è quello di essere strumento di conoscenza

e di emancipazione delle e per le donne. In progetto un’edizione italiana del

giornale, per potere comunicare anche con gli italiani interessati al dialogo

tra culture. Afferma il direttore editoriale Souad Sbai, giornalista

marocchina e ricercatrice di diritto islamico all’Università di Caserta, che la

rete diplomatica non vede di buon occhio l’eccezionale diffusione di questa

rivista. “Consolati e ambasciate sono preoccupati delle informazioni che il

giornale può dare al lettore, le quali sono in contraddizione con quelle

fornite da loro e dalla loro politica. Se al consolato dicono che occorrono

300 euro per ottenere il passaporto e noi invece dichiariamo che ne bastano

50, è chiaro che si creino contrasti”107. Evidente quindi la priorità

dell’informazione di servizio come prima forma di cittadinanza, nel senso

difesa dei propri diritti. Distribuzione nazionale, in vendita presso le edicole

localizzate nei punti a maggiore densità di popolazione marocchina,

algerina e tunisina, come free-press nei punti vendita Western-

Union/Angelo Costa, per abbonamento e omaggio presso le rappresentanze

diplomatiche e consolari.

• Direttore responsabile: Sergio Talamo. Direttore editoriale: Souad

Sbai. Editore: Stranieri in Italia srl. Anno di nascita della rivista:

2002. Prezzo di copertina: 1,40 euro. Formato: tabloid (b290 x

107http://www2.unicatt.it/pls/unicatt/mag_gestion_cattnews.vedinotizia?id_cattnewsT=2642

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h430mm). Lingua utilizzata: arabo. Numero di pagine: 24. Tiratura

dichiarata: 20.000 copie. Distribuzione nazionale: Messaggerie

Internazionali. Indirizzo della redazione: Via Virgilio Maroso 50,

00142 Roma. Numero di telefono: 06.87410527. Sito Internet:

http://www.acmid-donna.it. E-mail: [email protected].

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Mundo Brasil

È un mensile rivolto alla comunità brasiliana in Italia, nato dall’iniziativa

della giornalista Marta Helena da Mata Almeyda sulla base alle sue

precedenti esperienze giornalistiche in Brasile e in Italia. La seconda pagina

è dedicata a un suo editoriale, la terza alla cronaca di un evento importante

riguardante il Brasile o l’intero Latino America. Le pagine seguenti si

occupano, nell’ordine, di politica, economia, cultura, turismo e scambi

culturali; notizie internazionali (dalla vicenda Parmalat alla figura del

presidente statunitense George Bush fino a notizie “alternative” quali, per

esempio, la cronaca e i temi del Forum Sociale Mondiale sui diritti umani).

Presente anche una pagina di notizie dal Portogallo (economia, sport,

musica) e una sulla letteratura brasiliana (libri in uscita, brani di un

determinato autore ecc.); seguono varie pagine di inchiesta o di descrizione

turistica (ad esempio sulla città brasiliana di San Paolo), due di cultura e

musica (es. intervista alla cantante dei Madredeus, intervista al fotografo

Sebastiao Salgado) per finire con una pagina di ricette di cucina tipica e

l’agenda delle iniziative culturali rivolte alla comunità brasiliana108.

Interessante notare che alcune pagine (quelle sulle notizie internazionali, la

guida turistica e la ricetta gastronomica) affiancano il testo in italiano a

quello in portoghese. La rivista è redatta da tre collaboratori (non retribuiti)

in Italia, di cui una a Bologna, da un corrispondente dal Portogallo e da un

corrispondente dal Brasile, più altri collaboratori che inviano articoli

sporadicamente.. Viene stampata su un elegante formato A4 di carta

patinata, la copertina illustra spesso paesaggi o città brasiliane, le pagine

sono ricche di foto e tutte a colori. Presente pubblicità di Western Union,

agenzie di viaggi, agenzie d’affari per il Brasile. La rivista si offre come

strumento di dialogo, conoscenza reciproca e arricchimento fra culture ed è

evidentemente destinata a cittadini immigrati ma anche agli italiani. E’

diffusa nei principali punti di incontro e di aggregazione della comunità

brasiliana in Italia, e in alcune capitali europee.

108 Gli esempi di argomenti citati si riferiscono al numero 1 della rivista, anno 5, gennaio

2004.

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• Direttore responsabile: Francesco Liardi. Direttore editoriale: Marta

Helena da Mata Almeida (brasiliana). Editore: Associazione

Culturale Mundo Brasil. Anno di nascita della pubblicazione: 2000.

Periodicità: mensile. Formato: A4. Numero di pagine: 24. Prezzo di

copertina: gratuito. Lingue utilizzate: portoghese e italiano. Tiratura

dichiarata: 10.000 copie. Sito Internet: http://www.mundobrasil.it.

Indirizzo della redazione: Via Conte Rangone 7, 04100 Latina. E-

mail: [email protected].

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Nasz Swiat (Stranieri in Italia)

“Il nostro mondo”, questo il significato del nome della testata, è indirizzato

ai cittadini polacchi residenti in Italia. La rivista è nata di recente dalla

constatazione che, a parte dei trimestrali poco conosciuti e che non danno

spazio all’attualità, non esisteva in Italia un mezzo di informazione specifico

per la comunità polacca. Ma sembrava necessario, specialmente in un

momento come quello attuale in cui la Polonia occupa una posizione

internazionale più forte e si prepara ad entrare in Europa. L’offerta

informativa di Nasz Swiat, sempre nella formula attualità più servizio, ha

l’obiettivo, secondo il suo direttore, di “seguire in tempo reale ciò che

accade nel nostro Paese e in Italia, con le spiegazioni in polacco; questo

può fare la differenza per la vita di un immigrato, specialmente quando lo

riguarda direttamente”. Ampio spazio dedicato alle informazioni pratiche

come le procedure per entrare in Italia, i documenti da presentare, gli

obblighi del datore di lavoro, guida all’assistenza sanitaria; ma anche alle

notizie dalla Polonia di politica, economia e cronaca, con in più un’intera

pagina (Polska w Europejskjiej) dedicata al tema dell’entrata in Europa,

prestando particolare attenzione al mondo dei diritti. Spazio anche a temi

leggeri come inchieste di costume e società (es. cosa accade nella

televisione italiana, come le coppie polacche festeggiano San Valentino, la

vita dei bambini negli asili, come i giornali italiani parlano della Polonia

ecc.). Infine pagine di sport, musica e spettacolo, nonché l’immancabile

oroscopo.

• Direttore responsabile: Sergio Talamo. Direttore editoriale: Federica

F. Gaida. Caporedattore: Agnieszka Bladowska. Anno di nascita

della pubblicazione: 2003. Periodicità: mensile. Formato: tabloid.

Numero di pagine: 24. Prezzo di copertina: 1,20 euro. Lingue

utilizzate: polacco. Tiratura dichiarata: 10.000 copie. Distribuzione

nazionale: Messaggerie Internazionali. Indirizzo: Via Virgilio

Maroso, 50 00142 Roma. Numero di telefono: 06.87410527. E-

mail: [email protected]; [email protected].

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Nuevo Expreso Latino (Stranieri in Italia)

È una rivista indirizzata alle comunità latino americane immigrate in Italia,

nata come “Expreso Latino” nel marzo 2001 su iniziativa di alcuni

giornalisti latino americani e con il supporto dell’Agenzia di Orientamento

al lavoro “Chances”. Successivamente è stata acquisita dal gruppo Stranieri

in Italia. Expreso Latino si avvale della collaborazione di giornalisti

professionisti latino americani, preferibilmente laureati, accreditati dal

Ministero degli Affari esteri e di provata esperienza nel settore della

comunicazione, tutti retribuiti. All’interno, notizie e reportage dall’America

Latina e informazioni utili rivolte alle comunità latino-americane immigrate

in Italia. Come in tutte le testate di Stranieri in Italia, i temi sono molti e

spaziano su politica, società, cronaca, spettacolo, turismo; normativa

sull’immigrazione, attualità italiana, cronaca dai vari paesi del Latino

America; vita degli immigrati in Italia (feste, eventi, sport); guida alle leggi

d’interesse, spiegate nei dettagli; spettacolo, cultura, sport, ricette di cucina,

oroscopo, cruciverba e barzellette. Ad ogni paese viene assegnato un certo

numero di pagine monografiche.

Le fonti da cui vengono riprese le notizie sono agenzie, lettere dei lettori,

comunicati stampa. Il fondatore della rivista è l’ecuadoregno Rolando

Ortega, laureato in giornalismo nel suo paese e giornalista di uno dei canali

più importanti della televisione del suo paese, arrivato in Italia con nella

mente già il progetto; nel 2000 ha cominciato a scrivere, stampare e

distribuire da sé la rivista, fino all’incontro con Gianluca Luciano,

amministratore delegato di Stranieri in Italia, con cui ha constituito una

società. “Avrei voluto fare tutto da solo, ho accettato un compromesso. E’

come se avessi venduto la mia idea per poterla vedere realizzata.

Comunque quello che conta è il risultato: essere diventati la voce del mio

popolo, un popolo, tra l’altro, poco abituato a leggere” afferma in

un’intervista109 e continua: “abbiamo un target di lettori medio. Essi

trovano solo da noi le loro notizie e problematiche, inoltre in lingua”.

109http://www2.unicatt.it/pls/unicatt/mag_gestion_cattnews.vedinotizia?id_cattnewsT=2642

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• Direttore responsabile: Sergio Talamo. Direttore editoriale: Rolando

Ortega. Caporedattore: Sergio Mora (argentino, giornalista

professionista). Lingua: spagnolo. Periodicità: mensile. Anno di

nascita della pubblicazione: 2000, da maggio 2004 mensile.

Periodicità: mensile. Numero di pagine: 24-36. Formato: tabloid.

Prezzo di copertina: 1,40 euro. Tiratura: 20.000 copie più 10.000 di

Nuevo Expreso Latino Europa. Distribuzione nazionale:

Messaggerie Internazionali. Indirizzo della redazione: Via Virgilio

Maroso 50 00142 Roma (ma c’è una redazione anche a Milano, Via

Santa Tecla 5 – 20122 MI). E-mail: [email protected].

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El Nuevo Panorama Latino

È un giornale rivolto ai cittadini di origine latino americana residenti a

Milano, Torino, Genova. Si occupa di attualità, economia e politica ma

ospitano anche informazioni di carattere divulgativo-scientifico e culturale;

particolare attenzione viene prestata allo sport e allo spettacolo dei paesi

latino americani, così come all’informazione di servizio riguardante la

normativa italiana in materia d’immigrazione e di accesso ai servizi.

L’obiettivo è quello di informare sugli avvenimenti europei e latino

americani ma anche di dare visibilità alle iniziative della comunità.

Finanziato esclusivamente dalla raccolta pubblicitaria, viene distribuito

nelle sedi delle associazioni delle comunità di riferimento, nei luoghi di

aggregazione come piazze e centri sociali, in occasione di feste ed eventi

folcloristici, presso la rete diplomatica e nei negozi che si fanno pubblicità

attraverso inserzioni pubblicitarie nelle stesse riviste.

• Direttore responsabile: Claudio Jaccarino. Direttore editoriale: Javier

Lazo Garcia. Editore: Riccardo Marinai. Anno di nascita della

pubblicazione: 1998. Lingua utilizzata : spagnolo. Tiratura

dichiarata: 5000 copie. Indirizzo della redazione: Via Casoretto 40,

20131 Milano. Numero di tel/fax: 02.36567717.

Sito Internet: http:// www.elnuevopanoramalatino.com. E-mail:

[email protected].

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Nur

“Giornale socioculturale in lingua araba pubblicato a Roma e distribuito in

tutta Italia” recita il sottotitolo. È una rivista, il cui nome significa “Luce”,

destinata agli stranieri di lingua araba, che essi siano cittadini immigrati,

studenti, turisti, imprenditori, uomini in viaggio d’affari, con l’esplicito

intento di far conoscere loro la realtà italiana ma anche sostenere e

valorizzare il loro processo di integrazione. È composta da pagine di

cronaca e attualità italiana, ampi spazi sulle informazioni di servizio

(legislazione, procedure burocratiche, tutela dei diritti, istruzione, assistenza

sanitaria ecc.), seguite da pagine di turismo sulla città di Roma e il

circondario, interviste e storie di vita di cittadini di lingua araba in Italia,

pagine dedicate a commenti, opinioni e una alla letteratura. Delle

informazioni di servizio sulla legislazione si occupa un avvocato di origine

siriana; della cronaca politica un giornalista di origine marocchina.

L’obiettivo editoriale è quello di sostenere il processo d'integrazione dei

cittadini immigrati nella società mediante la divulgazione delle informazioni

più adatte e rese comprensibili con un linguaggio chiaro e soprattutto

comprensibile anche a chi non conosce la lingua italiana. Diffuso tramite gli

abbonamenti, nei centri di aggregazione islamici, presso gli enti culturali e

turistici, nei ristoranti e nei negozi arabi, nei centri Angelo Costa/Western

Union.

• Direttore editoriale: Ihab Hashem. Editore: Nur Edizioni. Anno di

nascita della pubblicazione: 2000. Periodicità: mensile. Lingua

utilizzata: arabo. Tiratura dichiarata: 20.000 copie. Formato: tabloid.

Numero di pagine: 16. Affiliato alla concessionaria di pubblicità

Etnocommunication. Indirizzo della redazione: Via del Circo

Massimo, 9 - 00153 Roma. Numero di telefono: 06.5742823.

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Les Nouvelles du Pays

Una copertina coloratissima e piena di foto per un giornale dedicato

esclusivamente alle notizie provenienti dal Senegal : cronaca, economia,

politica, società e religione. L’iniziativa viene dal giornalista immigrato

Diop Abdoulatif, capo della redazione del giornale "Le Populaire" e

"L'Info7" in Senegal, che insieme a un gruppo di giornalisti professionisti

senegalesi ha avuto l’idea di realizzare un giornale indirizzato alla comunità

senegalese. La distribuzione avviene presso associazioni africane, edicole e

negozi afro su tutta l'Italia, soprattutto a Brescia, Bergamo, Milano, Verona,

Cremona, Roma, Perugia, Rimini, Forlì, Bologna, Venezia, Mantova,

Torino, Firenze, Pisa, Pescara, Bari, Varese, Como, Messina, Napoli e

Caserta, in alcune città in Francia (Parigi, Marsiglia, Nantes, Bordeaux,

Lille e Strasburgo), e Spagna (Madrid e Valencia).

• Direttore: Abdoulatif Diop. Editore: ALFA Editions. Sede: Brescia.

Anno di nascita: 2003. Formato: tabloid (43 x 29 cm). Numero di

pagine: 12. Prezzo di copertina: 1,00 euro. Lingua utilizzata:

francese. Tiratura dichiarata: 8.000 copie. Affiliato alla

concessionaria di pubblicità ISI Etnocommunication.

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Punjab Express (Stranieri in Italia)

Mensile diretto alla comunità indiana, che conta circa 70000 immigrati in

Italia. Spazio alle notizie dall'India e a quelle dall'Italia; numerose le pagine

riservate alle rubriche di informazione legale, con le guide alla burocrazia

italiana e all’accesso ai servizi; presenti anche molti articoli sulla vita degli

immigrati indiani in Italia, resoconti di ritrovi e feste comunitarie: “abbiamo

molte feste e ogni domenica i legami della comunità si rinsaldano nei nostri

templi”, racconta il direttore. Non mancano le consuete rubriche del tempo

libero, pagine di sport e spettacoli (grande attenzione viene riservata al

cinema indiano). Distribuzione nazionale nelle edicole, nei punti di incontro

della comunità indiana (templi, associazioni, ristoranti), e ovviamente nelle

agenzie di money transfer della Angelo Costa /Western Union.

• Direttore editoriale: Federica F. Gaida. Direttore responsabile:

Sergio Talamo. Caporedattore: Balraj Singh. Lingua utilizzata:

punjabi. Formato: tabloid. Anno di nascita della pubblicazione:

2005. Distribuzione nazionale: Anca Gliz – Stranieri in Italia srl.

Indirizzo: Via Virgilio Maroso, 50 - 00142 Roma. Numero di

telefono: 06.87410533/90. E-mail: [email protected].

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Shqiptari i italisë. L’albanese d’Italia

Rivista nata di recente da una costola di Bota Shqiptare, si dedica, a

differenza del fratello maggiore, esclusivamente alla vita della comunità

albanese in Italia, tralasciando quindi quello che accade nel paese d’origine.

La copertina è occupata per intero da una foto, spesso di un personaggio

albanese di successo come può essere (nel numero 4/2005) Silvana Brace,

popolare presentatrice televisiva in vacanza a Rimini. Le prime quattro

pagine sono dedicate alle storie di immigrati albanesi che hanno avuto esito

positivo, ad esempio quella del ballerino Kledi protagonista di alcuni

programmi Mediaset (ritratto con i suoi genitori, nello studio di Striscia la

notizia e mentre danza con Maria de Filippi), o dei partecipanti alla

trasmissione Amici di cui si forniscono immagini sorridenti. Presenti inoltre

brevi notizie su eventi culturali che riguardano in qualche modo la cultura

albanese in Italia (spettacoli teatrali, mostre d’arte, concerti, celebrazioni

religiose). Due pagine con la testatina ditar mërgimi110 si occupano di

politica e immigrazione, riprendendo notizie riportate da giornali

mainstream come il Corriere della Sera ma anche dallo stesso Bota

Shqiptare. Seguono due pagine di intervista e foto del personaggio di

copertina, due di cronaca (brevi dalle città su fatti aventi per protagonisti

degli albanesi: arresti, rapine, spaccio, episodi di violenza…). Quattro

pagine sono poi dedicate al “vademecum”, guida alle procedure

burocratiche italiane, curate dagli avvocati di Stranieri in Italia. Infine uno

spazio sulle institucionet con interviste ai responsabili politici locali, notizie

sulla consulte comunali ecc. e due pagine di intrattenimento con cruciverba,

oroscopo, annunci di lavoro.

L’immagine del cittadino albanese che emerge dalla rivista è quella di un

immigrato ben integrato, soddisfatto della posizione sociale acquisita,

curioso dei fatti che coinvolgono la sua comunità, attento al rispetto dei

diritti civili ma consapevole anche delle difficoltà che possono incontrare i

propri connazionali. La grafica è molto curata, l’impaginazione ordinata ed

elegante, la carta lucida e bianca. Concessionaria di pubblicità è ancora una

volta la Etnocommunication, e infatti gli inserzionisti sono gli stessi delle

110 “diario immigrazione”

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testate di Stranieri in Italia: Western Union, compagnie aeree e telefoniche,

agenzie di viaggio, agenzie di lavoro interinale. In virtù dell’accordo con Le

Messaggerie Internazionali Shqiptari i Italisë viene distribuito in maniera

capillare su tutto il territorio italiano, nelle edicole dei quartieri a maggiore

concentrazione di migranti e nelle librerie internazionali.

• Direttore responsabile: Sergio Talamo. Direttore editoriale: Roland

Sejko. Caporedattore: Arta Bardhi. Editore: Bota Shqiptare. Lingua

utilizzata: albanese. Anno di nascita della pubblicazione: 2004.

Numero di pagine: 20. Formato: tabloid. Affiliato alla

concessionaria di pubblicità ISI Etnocommunication. Distribuzione

nelle edicole di stampa estera: Intercontinental srl., Milano. Indirizzo

della redazione: viale Marco Polo 119, 00154 Roma. Numero di

telefono: 06.35453074. Sito Internet: http://www.botashqipare.net.

E-mail: [email protected].

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Shqiptaret në Itali (Stranieri in Italia)

È una rivista mensile di recente pubblicazione creata per informare le

comunità albanesi in Italia sulle novità in tema di normativa

dell'immigrazione, al fine di poter meglio tutelare i propri diritti, attraverso

notizie e approfondimenti. Informazione che si allarga poi alle realtà della

vita quotidiana degli albanesi in Italia, comprendendo l’agenda delle attività

delle associazioni di migranti e degli eventi collettivi che li riguardano:

iniziative varie, festività, ritrovi e ricorrenze; tutto ciò con lo scopo di creare

anche dei canali di comunicazione e contrastare la mancanza di dialogo tra i

connazionali. Irrinunciabili infine le notizie provenienti dall’area dei

Balcani e un’intera pagina dedicata alle notizie dal Kosovo.

Diffuso, come tutte le testate di Stranieri in Italia, attraverso le Messaggerie

Internazionali presso le edicole dei quartieri a maggior presenza di

immigrati, nelle librerie specializzate, in omaggio presso le rappresentanze

diplomatiche e consolari e nei punti vendita Western Union-Angelo Costa

spa.

• Direttore editoriale: Ledia Miraka. Lingua utilizzata: albanese. Anno

di nascita della pubblicazione: 2003. Tiratura dichiarata: 10.000

copie. Prezzo di copertina: 1,00 euro. Numero di pagine: 16.

Formato: tabloid 43 x 29 cm. Distribuzione nazionale: Messaggerie

Internazionali.

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Il Tempo Europa Cina (Ou Hua Shi Bao)

Primo giornale creato appositamente per i cittadini cinesi in Italia, pensato

per un lettore ansioso di avere le notizie dalla “madrepatria” che non trova

nella stampa italiana tradizionale, ma anche di avere conoscenza dei fatti del

mondo letti però in un’ottica culturale cinese: pagine di politica e di

economia, notizie di cronaca e spettacolo; non mancano inoltre informazioni

di servizio sulla normativa amministrativa e sulle procedure burocratiche.

Gli articoli sono redatti e da giornalisti immigrati in Italia e da giornalisti

residenti in Cina che lavorano per la CCTV (una televisione cinese) e per

l’importante quotidiano dello Zhejiang “Wenzhou Doushi Bao”. Molto

conosciuto in Italia, Il Tempo Europa Cina è diffuso anche presso le

comunità cinesi di altri paesi europei e nella stessa Cina. Caratteristica

interessante è la sua periodicità: si tratta infatti di un bisettimanale, che esce

ogni lunedì e giovedì. Affiliata alla concessionaria di pubblicità

Etnocommunication, ospita inserzioni pubblicitarie anche di aziende

italiane, tradotte in cinese dallo stesso giornale. La distribuzione avviene

nelle edicole, nelle stazioni ferroviarie e nei negozi di alimentari cinesi.

• Direttore responsabile: Loretta Caponi. Responsabile operativa: Yan

Jiang. Anno di nascita della pubblicazione: 1996. Periodicità:

bisettimanale. Formato: 40 x 50 cm. Numero di pagine: 24. Lingua

utilizzata: cinese, caratteri semplificati. Prezzo di copertina: 1,50

euro. Tiratura dichiarata: 5.000 copie111. Indirizzo della redazione:

Via S. Croce in Gerusalemme 107, Roma, tel 06.77200525

111 Sul numero di copie c’è discrepanza tra quello riportato sul sito della concessionaria di

pubblicità per i media etnici Etnocommunication (9000 copie) e quello dichiarato dalla

responsabile del giornale nel corso di un’intervista telefonica (5.000 copie, al 10-5-2005).

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4.4 La stampa multiculturale

Con l’espressione “giornali multiculturali” si intendono qui tutte quelle

testate che si occupano di tematiche collegate all’immigrazione sotto un

duplice punto di vista: quello informativo sul fenomeno e quello

“pedagogico” volto a promuovere l’integrazione dei migranti e il dialogo

con la società. Una società vista non come un’entità divisa rigidamente in

noi e loro, ma come un organismo complesso, al cui interno convive una

molteplicità di esperienze diverse ma non necessariamente in conflitto

[Bolaffi (a cura di), 2004, p. 206]; esperienze che interagiscono tra loro e

che sono fonti di cambiamento per tutta la società.

Queste pubblicazioni sono quindi un “ibrido” tra la stampa tradizionale e i

giornali etnici: un primo tentativo di realizzare una sintesi tra le due forme

di giornalismo, in modo da superare il rischio di “ghettizzazione”

dell’informazione paventato da qualcuno. Si rivolgono infatti a un pubblico

misto, di lettori sia italiani sia stranieri, e sono realizzate con l’obiettivo di

fornire informazione di servizio, raccontare storie di vita, segnalare eventi

culturali e sensibilizzare gli autoctoni alla storia e alla cultura dei migranti.

La mappatura completa è resa più difficile dal fatto che la maggioranza delle

testate esistenti ha una diffusione limitata e legata alle iniziative locali;

inoltre non esiste (ancora) un grande editore che pubblichi riviste di grandi

tirature. Così come è stato fatto per la stampa etnica, si è scelto di tralasciare

nella trattazione tutte le iniziative di cui non si è potuta avere visione diretta.

4.4.1 I supplementi dei giornali tradizionali

Un primo esempio di stampa multiculturale sono i supplementi di alcuni

quotidiani italiani. Si tratta di pagine di informazione pensata per un

pubblico di migranti, realizzate da una redazione di immigrati ma, a

differenza dei giornali etnici, non commercializzati individualmente perché

inseriti in un contesto informativo tradizionale: sono presentati all’interno o

in abbinamento a testate quotidiane locali. Un “effetto collaterale” positivo

ai fini della lotta per la visibilità dei migranti nei media è che queste pagine

potrebbero essere lette, o la loro presenza almeno notata, dai lettori italiani; i

quali si troveranno tra le mani una nuova forma giornalistica, un genere di

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informazione che parla degli immigrati in termini diversi da quelli

allarmistici o pietistici cui si è abituati.

Il primo giornale a proporre tale formula, del resto non ancora diffusa nei

quotidiani a distribuzione nazionale, è stato Il Giornale di Vicenza che dal

2003 ogni venerdì esce con un’intera pagina dedicata ai cittadini immigrati,

intitolata Incroci. In questo spazio si parla delle comunità straniere presenti

in Veneto e a Vicenza, si offrono informazioni di servizio (ma anche

d’attualità) e si risponde alle domande degli immigrati nelle loro lingue. Gli

obiettivi dichiarati dal direttore Giulio Antonacci sono infatti almeno due:

far conoscere ai lettori del quotidiano l’esistenza di realtà ormai radicate nel

territorio e costruire un dialogo fertile e positivo con queste realtà. Tutto

questo in un giornale di proprietà della Confindustria.

Anche in Emilia Romagna ci sono iniziative di questo tipo. A Bologna per

esempio è uscito nel 2004, per alcuni mesi, un inserto del quotidiano Il

Domani di Bologna intitolato Città in Comune. Quattro pagine interne che

descrivevano, in italiano, il fenomeno dell’immigrazione da punti di vista

diversi: dall’esigenza di rappresentanza politica alle difficoltà incontrate dai

figli di cittadini stranieri nati in Italia, dalle leggi regionali alle reti di

volontariato, dalle riflessioni su come si parla degli immigrati alle inchieste

sulle schede telefoniche prepagate. Alcune informazioni, come quelle sui

servizi o sulle leggi, erano rivolte ai cittadini stranieri, altre invece erano

evidentemente pensate per una migliore comprensione del fenomeno da

parte dei lettori bolognesi.

A Ravenna, allegato al periodico free press “Ravenna e dintorni” viene

distribuito ogni due mesi il giornale Città Meticcia112. Una grafica chiara,

ordinata ed elegante per dodici pagine dedicate ai temi dell’intercultura:

“L’apertura è solitamente su un tema – questo bimestre per esempio è sul

tempo libero - sviluppato in due o tre articoli. Da pagina 3 offriamo

informazione di servizio, aggiornamenti sulla normativa […]. Questa serie

di notizie in italiano viene tradotta prima in inglese, poi francese, albanese,

rumeno (che si alterna al russo). Nel resto del giornale invece cerchiamo di

portare avanti un discorso di un altro tipo, in linea con il lavoro

112 http://www.racine.ra.it/meticcia; e-mail: [email protected].

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dell’associazione: il dialogo con tutta la cittadinanza, quindi è rivolto molto

anche agli italiani. C’è un articolo di commento, che ha un taglio da

piccolo saggio di approfondimento, per esempio i problemi che toccano i

minori immigrati. Infine la pagina culturale che affronta tematiche legate

alla musica, al teatro, letteratura” come spiega Francesco Bernabini,

coordinatore della redazione113. Quello di Città Meticcia è un progetto

editoriale nato nel 2003 nell’Associazione di Volontariato Città Meticcia, e

ha obiettivi di ampio respiro: “Vogliamo affrontare le tematiche legate

all’immigrazione in maniera articolata, approfondita, cercando di fare

emergere diversi punti di vista […] anche per decostruire gli stereotipi,

andare contro ai luoghi comuni e promuovere un’immagine diversa

dell’immigrazione. E in particolare mettere in primo piano la soggettività

del migrante: quindi gli immigrati non più come categoria stigmatizzata

(“gli albanesi”, “gli extracomunitari”) ma dando loro dignità come

persone, come individui portatori di diritti e problematiche ma anche di

ricchezza culturale ed economico. È la soggettività che ci interessa: poi da

questa naturalmente si affrontano temi di carattere generale, il problema

del lavoro, ad esempio, riguarda anche tanti italiani”. I collaboratori sono

membri dell’associazione ma anche cittadini immigrati interessati: “Fin

dall’inizio abbiamo cercato di coinvolgere persone interessate al progetto,

in particolare immigrati interessati a scrivere, e qui tocchiamo anche il

tema dell’autorappresentazione dei migranti, puntando anche a valorizzare

delle competenze di solito rimaste inespresse in Italia”.

A Forlì il quotidiano Corriere di Forlì pubblica di novembre 2004, ogni

terzo lunedì del mese, un inserto mensile di otto pagine, a cura della

Cooperativa Sesamo, intitolato Segni e Sogni. Periodico migrante114. Gli

articoli, redatti in italiano, francese e arabo o cinese, si occupano di

rappresentanza politica degli immigrati (ad esempio le elezioni per la

consulta dei cittadini stranieri non comunitari di Forlì), di dialogo tra le

religioni, delle mancanze della legge Bossi-Fini ma anche di notizie

d’attualità dall’Africa e di temi più problematici e fonti di dibattito come la

113 Cfr. l’intervista completa a Francesco Bernabini, in appendice. 114 E-mail: [email protected].

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legittimità della mutilazione genitale femminile. Non mancano informazioni

di servizio a cominciare dagli indirizzi dei servizi sanitari, i concorsi

letterari per migranti, un’agenda sulle iniziative interculturali. La grafica è

curata, bianco il cartoncino e ordinata e chiara la presenza di immagini.

A Reggio Emilia La gazzetta di Reggio pubblica dal 2002 l’inserto mensile

(esce ogni quarta domenica del mese) Speciale Mondinsieme. Per

partecipaRE la città115, a cura dal centro interculturale Mondinsieme di

Reggio Emilia. Coordinata dal giornalista migrante Adil El Marouakhi,

direttore di redazione ed editorialista, la rivista contiene confronti tra

migranti e nativi, storie di vita e inchieste, interviste a immigrati di successo

ma anche ricette di cucina e suggerimenti di shopping “etnico”: il tutto

redatto da una redazione mista che ha realizzato anche il programma

televisivo locale Bianco e nero a colori, nella prospettiva di valorizzare le

varie culture e creare nuovi strumenti e nuovi spazi di informazione e di

espressione.

A Piacenza invece il quotidiano La libertà ha una collaborazione con la

redazione multietnica di Koiné116, una pagina periodica di informazione

multiculturale che si occupa del tema dell’immigrazione e del confronto

interculturale tra migranti e società. La parola “koiné” in greco significa

linguaggio comune. Ideato da un gruppo di cittadini di origine immigrata

con il contributo del comune di Piacenza, in un progetto che coinvolge

anche i comuni di Fiorenzuola, Bobbio e Castel San Giovanni, il giornale si

propone come “uno spazio alternativo, a disposizione di chiunque voglia

opporsi sia all’omologazione culturale sia alle derive etnocentriche,

promuovendo un confronto fra le diverse culture che valorizzi le differenze e

incoraggi un dialogo aperto, capace di superare paure ed incomprensioni”.

Per raccontarsi senza mediazioni e facilitare l’integrazione anche attraverso

notizie di pubblica utilità. Oltre a essere abbinato a La libertà, Koiné è

diventato un programma televisivo trasmesso sulle reti locali “Tele Libertà”

e “Teleducato” e un programma radiofonico in onda ogni domenica alle

13:00, della durata di mezz’ora. Afferma Kastriot Cara, il giornalista di

115 http://www.migrare.it; e-mail: [email protected]. 116 E-mail: [email protected]; [email protected].

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origine albanese che partecipa al progetto: “È meraviglioso essere riusciti

ad acquisire tanta visibilità, facendo informazione nel quotidiano più

venduto della città. Dimostriamo che non siamo solo fonte di problemi per

la cittadinanza e riceviamo dalle autorità più attenzione al nostro punto di

vista e considerazione dei problemi che dobbiamo affrontare”117.

Volgendo lo sguardo fuori dall’Emilia Romagna, bisogna menzionare

l’iniziativa della Gazzetta del Mezzogiorno intitolata Gazzetta Mondo118,

una pagina settimanale che dal 1999, ogni mercoledì, si occupa dei temi

connessi all’immigrazione considerandola una risorsa da valorizzare e con

l’obiettivo di indagare i rapporti tra immigrati e società italiana e favorire il

dialogo. Sette collaboratori stranieri per undici rubriche diverse, coordinate

da Gianluca De Vito. La pagina ospita spesso anche interventi dei membri

delle associazioni o di esperti (docenti e ricercatori universitari) di

riflessione e approfondimento sui temi relativi all’immigrazione in Italia. Il

box “diario” racchiude l’agenda di eventi e manifestazioni interculturali,

feste e convegni; “accade altrove” invece riporta in breve notizie di cronaca

ed economia dei paesi più trascurati dall’informazione italiana.

4.4.2 Le testate multiculturali

Oltre ai supplementi dei quotidiani esistono giornali meno facilmente

riconducibili a una tipologia precisa, ma ugualmente rappresentativi del

fermento interculturale di alcune parti della società. Sono quelli che si è

scelto di raggruppare nella definizione “giornali multiculturali” nonostante

presentino caratteristiche spesso eterogenee.

A Bologna e provincia viene distribuita la rivista Il Sofà119, periodico

diretto da Simona Artanidi di proprietà del CIDES (Centro internazionale

dell’economia sociale), nato come organo dell’organizzazione non

governativa Progetto Marocco. Si tratta di una pubblicazione rivolta a un

pubblico misto in cui si approfondiscono tematiche riguardanti

l’immigrazione: casa, lavoro, educazione, questione femminile, accoglienza,

117 Comunicazione personale, Firenze 28 maggio 2005. 118 http://www.gazzettamezzogiorno.it. E-mail: [email protected]. 119 http://www.cidesbo.it; e-mail: [email protected].

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promozione culturale e cooperazione. I redattori sono volontari

dell’associazione, cittadini immigrati e operatori delle istituzioni. Un

elegante grafica incornicia otto pagine in cui voci di esperti e studiosi

dell’immigrazione si alternano alle parole e ai racconti dei migranti. Tabelle

e immagini in bianco e nero e a colori corredano gli articoli – ogni numero

si chiude con il consueto elenco dei numeri e degli indirizzi utili nella

penultima pagina, e con la lista delle associazioni e punti di incontro per

immigrati della provincia di Bologna. Gli articoli sono scritti in lingua

italiana e corredati da riassunti in inglese, francese e arabo; l’intento infatti è

di evitare la ghettizzazione e favorire la “responsabilizzazione” e il

coinvolgimento: “Vogliamo responsabilizzare gli immigrati ma anche gli

italiani, perché si rendano conto che lo straniero non è solo quello che

vende la droga in Piazza Verdi ma è il cittadino che lavora, risparmia ma

non riesce a trovare casa perché nessuno gliela vuole affittare”120 racconta

Pier Luigi Grazia, uno dei collaboratori fissi e anima dell’associazione

Progetto Marocco, che spiega anche la scelta, per la testata, di un nome così

particolare: “Ho visto in questo [termine] un momento di calore,

aggregazione, di incontro alla pari: su sofà e divani ci si ritrova la sera per

parlare, confrontarsi. Inoltre è un nome che deriva dall’arabo, quindi ha

qualcosa di antico che oggi portiamo a diventare moderno e attuale”. Lo

stretto contatto del Sofà con la ONG di cui fa parte si riflette nell’approccio

del giornale alle tematiche dell’immigrazione, approccio più vicino

all’ottica di ”inclusione assistita” dei migranti nella società che a quella di

costruzione di un rapporto paritario tra le parti. La testata comunque è

ancora in fase di progettazione e presenta grandi potenzialità (al momento

risulta l’unica iniziativa bolognese nel campo) e margini di miglioramento:

nell’ultimo numero (1/2005) ad esempio, la testatina “informazioni”,

riunisce in una stessa pagina un articolo di servizio in quattro lingue sul

ricongiungimento familiare (curato dagli avvocati di Melting Pot121) e la

storia di un caso di infortunio sul lavoro capitato a un giovane di origine

120 Cfr. intervista a Pier Luigi Grazia, in appendice. 121Associazione e sito web di informazione legale per migranti, http://www.meltingpot.org).

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cingalese che è in realtà una pubblicità redazionale dello Studio

Fontana&Fontana, agenzia di infortunistica.

A Modena dal 2004 ogni tre mesi esce Parole Comuni122, giornale in sette

lingue prodotto da una redazione mista, in collaborazione con i Centri degli

stranieri della Provincia. Finanziata dagli enti locali, la pubblicazione

presenta al pubblico cittadino le iniziative per l’integrazione che gli stessi

offrono ma si propone anche come uno spazio di dialogo reciproco e

conoscenza di storie e culture.

Spostandosi verso Padova si incontra la particolare redazione di Ristretti

Orizzonti123, che lotta, oltre che per l’integrazione tra immigrati e italiani,

anche per l’integrazione e il rispetto tra società civile e detenuti del carcere

di Padova e dell’Istituto penale femminile della Giudecca. Sono infatti

questi ultimi, coordinati da volontari, gli autori di un giornale, sobrio e

curato, in bilico tra un “luogo nuovo” a un “non luogo”.

“Una pubblicazione strettamente di servizio” può essere forse la definizione

giusta per Il permesso di soggiorno magazine124, nato nel 2002, prezzo di

copertina 2,5 euro, che in sedici pagine mensili informa approfonditamente

su temi quali modalità di acquisto della cittadinanza, aspetti del diritto

d’asilo, novità contenute nelle nuove leggi, modalità di espulsione dei

cittadini immigrati irregolari, accesso alle professioni e all’educazione ecc.

per poi, nelle ultime pagine, contenere elementi di svago e distrazione come

ricette, notizie di moda, comunicati stampa su eventi interculturali. Edito a

Roma dalla Sinnos coop. sociale a.r.l. Onlus, diretto da Massimo Maggini, il

giornale è rivolto principalmente ai cittadini immigrati (in quanto informa

dettagliatamente sugli aspetto legali dell’immigrazione e offre

un’informazione soprattutto di servizio), ma l’uso della lingua italiana e la

presenza di pagine dedicate alla multiculturalità lo rendono accessibile

anche a un pubblico italiano particolarmente interessato a queste tematiche.

I collaboratori inoltre sono quasi tutti italiani.

122 http://www.porta-aperta.org; e-mail: [email protected]. 123 http://www.ristretti.it; e-mail: [email protected]. 124Prodotto in collaborazione con AGI, Cidis-Onlus, Redattore Sociale, Ucoi, SIMM e il

sito http://www.immigrazione.it.

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Ha un aspetto giovane e fresco, invece, il bimestrale Altri - Others125, un

giornale che realizza il significato di “intercultura”. Cinquanta pagine in

formato A4 patinate, colorate e ricche di foto raccontano storie di vita di

persone immigrate, percorsi di difficoltà e integrazione, denuncia di

inadempienze e diritti negati, iniziative culturali e artistiche – tutto con

sorprendente leggerezza, che è il contrario di superficialità. Nell’area

“comunità” ogni numero riporta un’inchiesta su uno o più temi,

dall’educazione al tempo libero (ad esempio, nel numero 1/2005 si parla del

mercato dei baby-calciatori africani: Diritti in (fuori) gioco). “Municipio” è

lo spazio dedicato alle storie che riguardano (anche) la burocrazia e la

normativa italiana, “arcobaleno” è lo spazio dedicato alla musica e alle

iniziative multi-culturali in giro per l’Italia; seguono interviste ai

“protagonisti”, pagine dedicate alle “radici” con servizi da terre lontane,

“ponti” tra questi paesi e la realtà italiana, “sapori” con ricette e articoli di

gastronomia ecc. Direttore della rivista, prodotta dalla Cooperativa

Editoriale Altri che ha sede a Roma, è Patrizia Caiffa; il prezzo di copertina

è di 3,5 euro e i collaboratori sono tutti retribuiti. In meno di un anno di vita

hanno collaborato al progetto, più o meno saltuariamente, dalle venti alle

trenta persone. Tutti giovani, in maggioranza sotto i trenta anni. Gli stranieri

coinvolti sono stati almeno la metà: figli di immigrati, rifugiati, e giovani

che son venuti in Italia da soli senza famiglia per lavorare o studiare. “Nel

prossimo numero, inoltre, scriverà su Altri un giovane albanese detenuto

nel carcere di Padova che, in base a un progetto di risocializzazione dei

detenuti, fa parte della redazione di Ristretti Orizzonti (periodico del

carcere Due Palazzi di Padova)”, spiega Francesco Loiacono, coordinatore

di redazione126. Ad Altri non si ritengono assolutamente una testata “etnica”:

“Il giornale non è prodotto di una comunità di riferimento. La metà dei

collaboratori è italiana, i paesi da cui provengono gli stranieri sono:

Camerun, Eritrea, Brasile, Iran, Cile, Perù, Albania, Romania, Congo,

Algeria. Quindi, possiamo forse dire multiculturale. Persone con storie

diverse, origini diverse, si cimentano ad uno stesso progetto e cercano di

125 http://www.altri.it; e-mail: [email protected]. 126 Comunicazione personale via e-mail, 13 maggio 2005.

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raccontare le evoluzioni della stessa società, quella italiana, nei confronti

degli stranieri”. L’intento non è pedagogico né esclusivamente diretto a

“sensibilizzare” i lettori; l’immigrazione non è letta come problema, ma in

quanto risorsa culturale. La società multietnica è vista come una realtà da

conoscere e con cui dialogare, ma soprattutto in cui vivere ogni giorno.

Il Dialogo Mediterraneo127 è invece una pubblicazione destinata alla

comunità tunisina e nord africana e ai lettori italiani. Diretto da Bruno

Latella, fondato da Habib Mastouri nel 1993, si occupa di informazione

d’attualità, economia, cultura e politica italiana e africana, nell’ottica di

conoscenza reciproca tra le due culture allo scopo di arrivare a un dialogo

aperto e a un arricchimento reciproco costante.

Infine bisogna menzionare Asylum post128, giornale milanese diretto da

Elena Redaelli, nato nel 2004 con il proposito di diventare il punto di

riferimento e collegamento (per l’Italia e l’Europa) per una specifica

categoria di migranti, cioè i rifugiati politici e i richiedenti asilo. Sedici

pagine in bianco, nero, e un colore che cambia a ogni uscita “così chi legge

si ricorda meglio di ciascun numero del giornale, perché non è mai uguale”

(spiega uno dei collaboratori)129 con articoli (scritti ognuno nella lingua del

suo autore) di documentazione sui crimini di tortura, stragi dimenticate dai

media tradizionali, manifestazioni, storie di vita e notizie sulle iniziative

culturali. Gli scopi dichiarati sono tre: riconquistare la propria voce costretta

al silenzio nei paesi d’origine, farsi conoscere dalla società d’accoglienza

italiana ed europea, richiamare l’attenzione sull’inadeguatezza delle attuali

leggi sul diritto d’asilo.

4.4.3 L’arrivo di due grandi gruppi editoriali

Sia Stranieri in Italia sia il gruppo Repubblica/Kataweb si dichiarano sul

punto di lanciare sul mercato un nuovo giornale, in lingua italiana, così da

superare la “ghettizzazione” dei lettori implicita nell’idea stessa di testata

127 http://www.ildialogo.net; e-mail: [email protected]. 128 http://www.inventati.org; e-mail: [email protected]. 129 Comunicazione personale, Firenze 28 maggio 2005.

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“etnica” e rivolgersi a un pubblico più ampio, che comprende i lettori

italiani e le diverse comunità di immigrati.

Il progetto di Stranieri in Italia è ancora in fase di ideazione: “Lo stiamo

ancora studiando, ma sicuramente lo faremo e sarà uno spazio di scambio e

dialogo tra immigrati e italiani, di confronto fra le due realtà e conoscenza

reciproca. Cominceremo con i redattori stranieri che lavorano già presso di

noi, che scriveranno in italiano, più altri giornalisti italiani. Sarà una

nuova attività che permetterà a noi di capire la realtà italiana ma anche a

voi di capire cosa vediamo e viviamo noi” assicura Stephen Ogongo,

segretario di redazione130 di Stranieri in Italia.

Il progetto del gruppo la Repubblica/Kataweb, che gestisce il portale

multiculturale “Il passaporto”131, appare invece già chiaro e l’uscita è

programmata per settembre 2005. L’obiettivo editoriale è di contribuire a

creare, in Italia, un dibattito serio sulla politica relativa all’immigrazione.

L’esigenza non solo di una corretta rappresentazione e auto-rappresentazione,

ma anche di un mezzo che contribuisca a un dibattito pubblico costruttivo è il

punto di partenza del progetto, come afferma Sandro Acciari132, uno dei

curatori del sito “il Passaporto”: “A differenza di quanto è avvenuto in

Francia, Germania, Inghilterra, per non parlare degli Stati Uniti non esiste

ancora in Italia una politica programmata e coerente nei confronti degli

immigrati. Non mi sembra che la politica della Chiesa e quella della destra

(per non parlare della sinistra) affrontino nel modo più funzionale il

problema nazionale di un profondo mutamento etnico e culturale della

popolazione italiana, di come saranno gli italiani nel futuro anche prossimo”.

Il giornale racconterà l’Italia del presente, con uno sguardo rivolto a quanto

accade nel mondo; dovrà costituire non solo un servizio per gli immigrati,

“ma anche il primo tentativo serio di una “politica italiana

sull’immigrazione”. Le linee guida della rivista, frutto di riunioni di

redazione e ricerche sul campo, sono molto chiare: il giornale dovrà essere

130 Cfr. l’intervista completa a Stephen Ogongo, in appendice. 131 http://www.ilpassaporto.it. 132 Comunicazione personale via e-mail, 1 giugno 2005.

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“utile e puntuale”, “aperto e disponibile”, “una voce amica”, “popolare” e

“avere un grande editore”.

La rivista sarà articolata in tre macro-aree: generale, locale, di servizio; a cui

corrisponderanno le testatine “dall'Italia”, “attualità”, “pagina aperta”,

“cronaca”, “dal mondo”, “società”, “vivere in Italia” e “trovalavoro”. La

differenza nell’impostazione tra le varie aree sarà data dallo stile: le

“storie” di vita vissuta degli immigrati dovrebbero avere 1'andamento del

racconto d’autore, non solo della cronaca; le “pagine dal mondo” non

possono essere pagine di politica estera come quelle che troviamo

normalmente nei quotidiani e nemmeno esaurirsi in “notizie da casa”.

“La pagina dovrebbe essere impostata su un testo che, partendo da un

fatto, dia il senso preciso di quanto di importante, in quella settimana, è

avvenuto nel mondo. Il testo deve essere coinvolgente, emozionante; per le

pagine di servizio occorre una prosa sintetica, asettica, distaccata; puntano

all'utilità pratica (un giornale che non solo “informa”, ma “serve”) e

dunque devono essere esatte e professionali, le altre devono essere molto

argomentate”. Evidente lo sforzo di coniugare bisogni informativi

differenti: la necessità e l’urgenza di un’informazione utile, di servizio da

parte soprattutto dei lettori di origine straniera; la volontà di tutti i lettori di

informarsi su ciò che avviene nel mondo da una fonte autorevole e

documentata; le storie di vita che sono un’importante fonte di dialogo,

confronto e conoscenza reciproca.

Grande attenzione sarà posta alla scelta della lingua (italiana perché unifica

le varie minoranze ed è necessario impararla per vivere in Italia) come

principale fattore di integrazione, e al linguaggio. Se le parole lasciano

impronte, infatti, è necessario fare attenzione all’uso dei termini: evitare

parole come “extracomunitario”, cautela anche con “immigrato”. Le parole

usate nei testi e nei titoli, inoltre, dovrebbero essere solo quelle di

immediata e facile comprensione: è stato proposto l’uso di un “vocabolario

dei termini permessi” con il correttore automatico che segnali le parole che

non rientrano nella regola (senza che questo costituisca una fonte di

coercizione; l’importante è spiegare i termini più complessi).

Il Passaporto, ovvero “Il settimanale dell’Italia multiculturale” conterrà

inoltre una pagina dedicata alla scuola e ai bambini; sarà prodotto da una

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redazione formata prevalentemente da collaboratori immigrati; uscirà ogni

domenica e sarà distribuito nelle edicole e nei centri di aggregazione.

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159

Conclusioni

Il titolo di questo lavoro ha una connotazione positiva: partendo dalla

constatazione di un dato, quello sulla scorretta rappresentazione dei migranti

nei giornali italiani, che li ha esclusi in passato dalla produzione e dal

consumo di informazione, si arriva alla possibilità di una “partecipazione”.

Partecipazione che spetterebbe ai cittadini stranieri di diritto: per la

molteplicità di leggi anti-discriminatorie e per il principio europeo di

“cittadinanza attiva”, tutti dovrebbero avere la possibilità di essere rispettati

in quanto cittadini, di partecipare alla vita sociale e di poter accedere alla

conoscenza. D’altro canto la conoscenza costituisce uno dei bisogni più

sentiti dagli individui, e quindi anche dagli stranieri in Italia; i quali formano

così un nuovo segmento di potenziali consumatori di informazione.

Consumatori, sì, ma non solo di conoscenza: attualmente sono ancora poco

numerose le aziende che si sono rivolte in modo specifico a tale target e si

concentrano nei settori dell’informazione, della telefonia e delle rimesse di

denaro all’estero. Sarà interessante osservare che cosa accadrà quando le

forze economiche più attente si interesseranno a questo nuovo gruppo di

consumatori e possibili clienti in costante aumento.

Sarà interessante anche vedere come, in futuro, sarà risolta l’evidente

contraddizione presente tra normativa antirazzista e pratiche discriminatorie

consolidate e date per scontate. Si dice che in Italia viga una sorta di

“razzismo di secondo livello” che non si esplicita cioè in azioni violente ed

esplicite aggressioni, nella maggioranza dei casi, ma in un clima di paura o

pregiudizio per tutto ciò che appare “diverso”, come ha ironicamente

descritto il già citato Kossi Komla-Ebri nel suo Imbarazzismi [2002]. Nel

caso dei mass media, si è visto come questo tipo di razzismo passi dall’uso

di una terminologia sciatta e offensiva alla tematizzazione

dell’immigrazione come pericolo e fonte di problemi, soprattutto riguardanti

la sicurezza (nazionale e personale).

Si è visto però anche che, nonostante gli immigrati, come gruppo,

continuino a essere rappresentati in modo scorretto dai giornali, la

situazione sta cambiando rispetto al passato. Nelle redazioni dei giornali

“tradizionali” lavorano anche cittadini di origine straniera, come la

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giornalista Nacera Benali per il Messaggero o Fouad Khaled Allam per la

Repubblica. Si tratta di casi isolati, per adesso, ma compensati dalla grande

quantità di pubblicazioni etniche e multiculturali, di cui si è parlato nel

quarto capitolo, che impiegano nelle proprie redazioni molti professionisti

immigrati. La stampa “etnica” è una novità nel panorama mediatico italiano

e, sebbene si trovi ancora in una fase iniziale di sperimentazione e

orientamento, esistono già grandi gruppi editoriali che ne hanno colto il

potenziale e che stanno sviluppando dei prodotti sempre più consoni al

target di riferimento. La stampa “multiculturale” appare invece sospesa tra

informazione e intento pedagogico e non ha ancora trovato una sua forte

identità, nonostante le iniziative siano ormai numerose. Due grandi gruppi

editoriali, cioè Stranieri in Italia e Repubblica/Kataweb, stanno entrambi

progettando l’uscita di un giornale multiculturale a diffusione nazionale, in

lingua italiana; sarebbe la prima volta per l’Italia, e sarà interessante vedere

il risultato e la reazione dei lettori. L’eventuale successo, anche

commerciale e a livello nazionale, di pubblicazioni rivolte a un pubblico

misto significherebbe il passaggio dalla pura multiculturalità (termine con

cui si dovrebbe indicare un mero dato di fatto, cioè la presenza in un Paese

di più culture) a una vera interculturalità. Il successo, cioè, di un progetto di

integrazione e scambio di risorse reciproco e paritario tra le parti.

.

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161

Appendice documentativa

Questionario inviato a tutte le redazioni delle testate censite

Spettabile redazione di “….”,

sono una laureanda in Scienze della comunicazione presso l’Università di

Bologna e sto preparando una tesi sulla stampa multiculturale. A questo

proposito ho già accennato nel mio studio alla vostra esperienza ma mi

sarebbe utile poter aggiornare alcuni dati. Qui di seguito elenco le

informazioni di cui ho bisogno per completare la scheda sul vostro giornale.

Se vorrete compilare il mio questionario ciò mi sarà

utilissimo ai fini della completezza della mia ricerca, e per dare

visibilità a questo nuovo modo di fare informazione.

• Nome del direttore editoriale:

• Nome del direttore responsabile:

• Nome del caporedattore e sua nazionalità:

• Editore:

• Da quanti collaboratori è composta la redazione? Che formazione

hanno? (facoltativa) sono retribuiti?

• Anno di fondazione:

• Periodicità:

• Formato:

• Numero di pagine:

• Prezzo di copertina:

• Lingua utilizzata:

• Tiratura:

• Diffusione:

• Temi trattati:

• Fonti (ex. agenzie stampa, lettere dei lettori, comunicati stampa....):

• Criteri di rilevanza nella scelta delle notizie:

• Eventuale sito web:

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• Finanziamenti/pubblicità (è affiliato alla concessionaria

Etnocommunication?):

Vi ringrazio per l’attenzione. Cordiali saluti

Irene Romano

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Intervista a Stephen Ogongo, caporedattore di Africa News e

segretario di redazione di Stranieri in Italia. Roma, martedì 17

maggio 2005.

La sede del gruppo Stranieri in Italia si trova nel quartiere EUR di Roma,

in mezzo a caseggiati e campi incolti, al primo piano di un palazzo elegante

e quasi blindato, sede anche di altre aziende. Sulle pareti all’entrata

campeggia il logo del marchio ISI Etnocommunication. Ad accogliermi

trovo Stephen Ogongo, giornalista di origine keniota che vi lavora da tre

anni, da quando le riviste realizzate erano solo due. Mi offre una visita

guidata del posto, un ambiente luminoso in cui convivono le redazioni dei

vari giornali editi da Stranieri in Italia, e mi presenta i caporedattori e le

grafiche. Il clima appare rilassato ma mi avvertono che la settimana

prossima non sarà così tranquillo perché avranno la chiusura di tutti i

mensili. In bacheca una copia della pagina del Venerdì di Repubblica

dell’aprile 2003, quella in cui c’è l’articolo sulla stampa etnica con la foto

della loro redazione. Stephen mi offre un caffè e racconta dei suoi studi di

giornalismo in Kenya e della differenza che esiste tra l’ambiente

universitario e quello della redazione di un quotidiano (vi ha lavorato

prima di partire per l’Italia): “È completamente diverso, hai troppe cose da

imparare, e in fretta”. Poi mi regala gli ultimi numeri di tutte le testate di

Stranieri in Italia.

Stephen, quali sono le mancanze dei giornali tradizionali italiani?

Dai giornali italiani mainstream non si riesce a sapere molto di quello che

succede negli altri paesi del mondo; quasi il 90% delle notizie è relativa

all’Italia, il resto agli Stati Uniti o, in questi anni, a quanto accade in Iraq.

Manca l’informazione internazionale. Manca anche l’informazione sugli

immigrati: anzi c’è, ma non è quello che dovrebbe. So che nel giornalismo il

negativo fa la notizia, certo, ma nella realtà esiste anche il positivo. I

giornali dovrebbero aiutare i loro lettori a comprendere che gli immigrati

fanno parte di questa società, la aiutano nella sua crescita economica e

anche culturale. Potrebbero giocare un ruolo importante nel promuovere la

tolleranza, l’integrazione: quando gli italiani riusciranno a capire che gli

immigrati contribuiscono a sostenere, ad esempio, il sistema pensionistico,

allora ci penseranno due volte prima di dire che “gli immigrati vengono qua

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a rubare il lavoro”. È una sfida necessaria a costruire un’Italia

multiculturale; i media hanno il compito di favorire questo processo.

È mai successo che i giornali italiani vi utilizzassero come fonti?

Sì, il nostro sito e i nostri redattori sono diventati fonti molto importanti per

alcuni giornalisti italiani che coprono il fenomeno dell’immigrazione, a

volte ci chiamano per avere un consiglio su come affrontare certe tematiche;

piano piano, stiamo diventando un punto di riferimento, una realtà

affermata, degli “opinion leaders” di questo settore.

Come scegliete i temi da trattare nelle vostre pubblicazioni?

La parte più importante è quella relativa alla guida sulle leggi italiane

sull’immigrazione; di solito gli immigrati che arrivano qui hanno bisogno di

sapere come fare una domanda per il permesso di soggiorno, quali sono i

documenti richiesti per questo tipo di domanda, ma anche come ottenere la

patente di guida o accedere al mutuo; allora i nostri legali ogni mese

preparano una guida completa su un argomento diverso.

Questa guida viene pubblicata uguale su tutti i giornali?

Sì, la parte della guida viene pubblicata in tutte le nostre testate nelle diverse

lingue. All’inizio di ogni mese facciamo una riunione di redazione con tutti i

nostri caporedattori e in quella riunione stabiliamo quali articoli preparare

per tutte le testate, secondo le lettere che riceviamo dai lettori (io ad

esempio ricevo in media cento e-mail al giorno) e dalle chiamate che fanno

soprattutto al nostro call center, ai nostri legali. L’argomento di ogni

chiamata viene annotato, così vediamo che cosa chiedono di più in quel

determinato mese: cerchiamo di fare una guida proprio su quell’argomento.

La guida la preparano i nostri avvocati, di solito sono due-tre pagine tradotte

poi nelle varie lingue dai nostri collaboratori. Oltre a questo spazio di

consulenza legale abbiamo due pagine di notizie italiane; infatti è molto

difficile seguire le notizie italiane dai giornali italiani, soprattutto se non sei

italiano perché ti manca quello che in inglese si chiama background,

quell’informazione che aiuta a capire di cosa si sta parlando. Di solito i

giornalisti italiani pensano che tutti sappiano già chi è per esempio

Berlusconi; noi cerchiamo ogni volta di fare un riassunto di tutte le cose

importanti che sono successe nel mese, scrivendole in modo così semplice

che anche chi non è mai stato in Italia prima e prende il giornale riesce a

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capire di che cosa si sta parlando. A volte si parla del “Mezzogiorno” ma

che cosa è il Mezzogiorno? Allora nei nostri giornali cerchiamo di spiegare

anche questi termini così chi li sente ha un’idea di cosa si sta trattando.

Questo lo facciamo anche per aiutare a promuovere l’integrazione, perché

essa avvenga è importante per i migranti sapere che cosa succede in Italia.

Che cos’è per voi l’integrazione? Cosa intendete con questa parola?

Di solito quando si parla di integrazione si pensa a quel processo per cui chi

viene da fuori deve inserirsi nella comunità d’accoglienza e adeguarsi ai

modi di vivere, ma secondo noi è un processo di “incontro” in cui le due

culture diverse in qualche modo si trovano insieme e da lì nasce una nuova

cultura che non è quella che c’era prima ma un tipo di cultura “ibrida”,

meticcia.

Quindi non un’integrazione intesa secondo il modello francese, come

“assimilazione”…

Esattamente, è piuttosto un dialogo che porta alla nascita di culture nuove.

Il fatto che i giornali siano in lingua potrebbe rivelarsi una forma di

ghettizzazione?

Sì, ma bisogna pensare che il nostro è solo un primo passo: prima di tutto

bisogna “conoscere se stessi” prima di conoscere “l’altro”; gli immigrati in

questo momento in Italia hanno ancora bisogno di conoscere molte cose per

potersi integrare nella società italiana. Detto chiaramente, se non hai un

documento, non sei nessuno. Per adesso cerchiamo di aiutare i migranti a

superare queste prime difficoltà, ma abbiamo in progetto di lanciare un

giornale in italiano. Lo stiamo ancora studiando, ma sicuramente lo faremo

e sarà uno spazio di scambio e dialogo tra immigrati e italiani, di confronto

fra le due realtà e conoscenza reciproca.

I redattori saranno italiani o immigrati?

Inizieremo con i redattori stranieri che lavorano già presso di noi, che

scriveranno in italiano, più altri giornalisti italiani. Sarà una nuova attività

che permetterà a noi di capire la realtà italiana ma anche a voi di capire cosa

vediamo e viviamo noi.

Quindi dai giornali etnici a un giornale multiculturale. Ma prima di

realizzare una nuova rivista fate uno studio sulla comunità cui è

destinata?

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Sicuramente: infatti di solito i nostri giornali nascono dalle esigenze di

quella comunità; arriviamo quando scopriamo che c’è una comunità che non

ha un proprio mezzo di comunicazione, ed è una comunità grande. Ad

esempio il nostro ultimo prodotto, nato quest’anno, è Bulgaria Express,

perché quella dei bulgari è una comunità grande ma fino a qualche mese fa

non aveva un mezzo di informazione specifico. Di solito rispondiamo a

quest’esigenza, quando i lettori o i membri di una comunità ci fanno capire

che ne hanno bisogno, telefonandoci o scrivendo e-mail o attraverso il sito

che è in italiano. Il sito è in italiano perché così riusciamo a condividere con

tutti la nostra esperienza, quello che viviamo nel nostro lavoro.

Non fate ricerche di mercato?

No, perché i nostri giornali non hanno l’obiettivo di essere venduti per fare

un guadagno, non ci interessa molto l’aspetto della vendita dei giornali, ci

interessa di più il servizio che riusciamo ad offrire alla comunità.

Ovviamente facciamo uno studio per sapere in quale città c’è un’alta

popolazione di una certa comunità, quali sono gli argomenti che interessano

maggiormente, perché ogni gruppo ha bisogni informativi differenti. È per

quello che i nostri giornali hanno contenuti abbastanza diversi, ma più o

meno ci sono sempre le pagine comuni come le notizie italiane e le guide.

Ogni giornale ha inoltre un paio di pagine sulle notizie più importanti dai

paesi d’origine. Un’altro aspetto molto importante di tutte le nostre testate è

la presenza di notizie sulla “vita della comunità”, ogni giornale ha infatti tre

o quattro pagine che raccontano la vita della comunità in Italia.

Raccontiamo le cose che di solito non trovi nei giornali importanti: il

matrimonio di qualcuno, il battesimo, una morte, uno scandalo, i problemi

che nascono e i tentativi di risolverli. È uno spazio che dà alla comunità la

possibilità anche di fare autocritica, se serve.

Allora non cercate di dare solo un’immagine positiva della comunità.

No, parliamo anche dei fatti negativi se è il caso, per fare capire che quello

non è il modo giusto di agire; non nascondiamo le cose negative, ma ne

parliamo ma in modo diverso: non diciamo semplicemente “tizio ha fatto

ciò” e basta, ma cerchiamo di capire anche perché l’ha fatto e in che modo si

può evitare di ripeterlo. È uno spazio per riflettere.

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E poi ci sono le pagine finali di intrattenimento: giochi, cruciverba, a

volte battute. E l’oroscopo, è lo stesso per tutte le riviste?

Assolutamente no. Tutto è diverso a seconda dei giornali. Abbiamo

l’intrattenimento, dall’informazione sulle novità discografiche dei nostri

musicisti ai gossip, allo sport… tutte cose che non si trovano facilmente

nella stampa italiana. E le lettere dei lettori, anche se ce ne sono tanti che

preferiscono chiamarci per telefono.

C’è un’attenzione particolare verso le donne?

Questo dipende dalla comunità di riferimento. Ci sono comunità che hanno

più donne che uomini, come quella filippina, in quei casi cerchiamo di avere

una pagina intera (o più) a loro dedicata.

In base a quali criteri sono stati scelti i collaboratori di Stranieri in

Italia?

L’elemento più importante in questo campo è l’interesse che uno ha per fare

questo tipo di giornali. È importante la preparazione, ma il giornalismo è

uno di quei mestieri in cui non serve neanche studiare, mi sto rendendo

conto che è inutile avere studiato giornalismo! È una professione aperta a

tutti, in teoria.

I vostri redattori sono iscritti all’Ordine dei giornalisti?

Qualcuno sì. Ci sono gli elenchi speciali per gli stranieri. Ci sono anche

giornalisti italiani che lavorano per noi, loro scrivono sul sito ma alcuni

articoli a volte sono ripresi dalle riviste. Il direttore responsabile è sempre

un italiano, ovviamente. Direttrice editoriale delle testate, invece, è quasi

sempre Federica Gaida.

Come rispondete a chi vi accusa di voler costruire un monopolio della

stampa etnica, di aver comprato delle testate indipendenti e di averne

licenziato i collaboratori?

In alcuni casi, quando veniamo a sapere che c’è un giornale importante per

la comunità che non riesce ad andare avanti, interveniamo: abbiamo giornali

con cui c’è un rapporto di collaborazione offrendo loro le pubblicità, così

che possano sostenersi, come Echo News; altri li abbiamo comprati. Ma

voglio chiarire che non abbiamo mai licenziato nessuno, siamo molto

orgogliosi di questo: è una nostra politica interna di non farlo mai. Abbiamo

avuto casi di persone che hanno fatto cose anche gravi ma noi crediamo

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nelle persone e crediamo che tutti possono sbagliare, che tutti meritano di

avere l’opportunità di crescere. Poi noi non cerchiamo di monopolizzare il

settore. Questo è un campo aperto, ognuno può provare: se riesci, va bene,

se non riesci, mi dispiace per te. In Italia ci sono tantissimi quotidiani; ci

sono quelli che nascono e poi non riescono a sopravvivere e muoiono, ma

questo non vuol dire che quelli che sopravvivono cerchino di monopolizzare

il settore. Devi avere un contenuto: se non hai quello, non riuscirai mai. Ed è

il contenuto la nostra forza. Inoltre ci sono persone che creano giornali solo

per avere il proprio nome stampato da qualche parte, succede anche in

questo settore. Nel giornalismo succedono cose molto strane! Se sei bravo e

sai come muoverti, riesci, altrimenti soccombi. A noi fa anche piacere che ci

siano altre iniziative in questo campo, perché ci spinge a non dormire, è

rischioso non avere nessuno con cui confrontarsi, con cui competere: ti

spinge a migliorare, ad aggiornarti.

In che rapporti finanziari stanno Stranieri in Italia ed

Etnocommunication?

Nessuno possiede l’altro, sono completamente diverse. Etnocommunication

è una concessionaria pubblicitaria, che cerca di trovare pubblicità che

aiutano a sostenere le nostre testate, ma si occupa anche di pubblicità per

altre testate. Direi che sono sorelle. Appartengono alla stessa famiglia.

Avete aperto un altro portale, sulla stessa linea editoriale di

stranieriinitalia.it, in Francia e in Spagna. Avete delle redazioni anche

all’estero?

Ora abbiamo una redazione in Francia, ma all’inizio lo preparavamo a

Roma. Il sito spagnolo lo facciamo ancora qui. Inoltre, a proposito di estero,

dal mese prossimo [giugno 2005, nda] lanceremo altre sei testate che

verranno distribuite in quasi tutti i paesi europei d’immigrazione: Spagna,

Grecia, Svezia, Danimarca, Portogallo, Francia, Germania, Inghilterra...

Giornali che esistono già in Italia come Africa News, ma di cui verrà fatta

una versione specifica per altri paesi europei. La guida alle leggi e le notizie

italiane non ci saranno, sostituite dalle notizie dei vari paesi europei.

Saranno prodotte qui a Roma ma naturalmente avremo dei corrispondenti

negli altri paesi.

Quali sono le maggiori difficoltà che avete incontrato in questi anni?

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Forse l’incapacità (o l’impossibilità) di coprire tutte le notizie che

vorremmo. Abbiamo la fortuna di collaborare con i capi di molte

associazioni che ci informano spesso su eventi e manifestazioni, ma non

possiamo essere presenti a tutto.

Non avete mai temuto che gli immigrati preferissero informarsi dalla

stampa estera piuttosto che con i vostri giornali?

No, anche perché la parte più importante delle nostre testate è la guida,

come ti dicevo prima, che non troverai da nessuna altra parte, perché è

questo il nostro valore aggiunto. Non puoi immaginare la sofferenza che un

migrante prova quando va in un ufficio italiano, come la questura, a

chiedere: per favore, mi dici cosa mi serve per questo documento? Solo per

arrivare a fare questa domanda deve fare una fila incredibile, che può durare

parecchie ore. E poi il giorno dopo torna con i documenti e un altro

funzionario gli dice che manca ancora qualcosa. Non è malafede, è

mancanza di informazioni anche all’interno della burocrazia italiana. Noi

cerchiamo di risparmiare questo tipo di fatiche alle persone, indicando

chiaramente tutte le procedure necessarie.

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Intervista a Esan Sylvester Ehrumusele, direttore editoriale di

Africa Web, Roma, 17 maggio 2005.

La sede della rivista Africa Web è la stessa dell’agenzia di comunicazione e

organizzazione di eventi di proprietà di Esan Sylvester Ehrumusele. Il

pomeriggio dell’intervista vi si svolge anche un casting per una

manifestazione che si terrà il sabato successivo a Teramo, per promuovere

un nuovo marchio di cosmetici. Esan Sylvester contemporaneamente

risponde alle mie domande e sceglie le modelle per la sfilata.

Come concilia la sua attività di promozione di eventi con quella

giornalistica legata alla rivista?

Sono utili l’una all’altra. Nella rivista promuoviamo i prodotti e gli eventi

con la pubblicità; nel corso delle serate, nelle feste che organizziamo noi

facciamo conoscere il giornale, attiriamo l’attenzione e magari riusciamo a

ottenere degli abbonamenti, o degli sponsor: dipende da loro, infatti, il

numero di pagine che riusciamo a stampare di volta in volta.

Che cosa pensa del modo in cui i cittadini immigrati sono rappresentati

dalla stampa italiana?

Sabato scorso qui a Roma c’è stato un convegno su immigrazione e

comunicazione organizzato dal Comune di Roma, con la partecipazione di

giornalisti italiani e stranieri. Sul rapporto tra media e immigrazione, io

credo che i media esagerino spesso. I giornali scrivono certe cose per

vendere; se parli ad esempio di un albanese “buono” stai sicuro che non lo

leggerà nessuno. L’informazione cattiva è sempre informazione, certo, ma

rovina la realtà.

E voi cercate di instaurare un rapporto di collaborazione (o altro) con

la stampa italiana?

Sì, stiamo cercando di avere rapporti con il resto della stampa ma siamo

forse un po’ troppo piccoli. Stiamo inoltre sviluppando un sito web anche su

questa questione; è stato già lanciato in flash. Anche perché la carta

stampata è a rischio; se ci sarà Internet potremo continuare a lavorare come

portale.

Chi fa parte del pubblico di “Africa Web”?

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La rivista ha lettori naturalmente di origine africana, che magari non sono

ancora abituati o non hanno la possibilità di informarsi da Internet. Per

questo spesso le nostre fonti sono agenzie on line come il sito

www.allafrica.com.

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Intervista a Francesco Bernabini – coordinatore della redazione

di Città Meticcia. Ravenna, Centro Immigrati del Comune, 16

maggio 2005.

Mentre aspetto che arrivi l’ora dell’appuntamento per l’intervista, siedo

sulla scalinata di una chiesa di cui ignoro il nome, prendendo il sole. Di

fronte a me, il Giro d’Italia che proprio oggi fa tappa a Ravenna, biciclette,

radio locali, ambulanti che vendono ogni tipo di gadget, bambini con i

genitori. E un gran numero di persone, tra cui molti stranieri. In maglia

rosa.

Signor Bernabini, come è nata l’idea di Città Meticcia?

Siamo all’undicesimo numero, quindi abbiamo cominciato nel giugno 2003.

È un progetto nato all’interno dell’Associazione di Volontariato Città

Meticcia di cui faccio parte, creata nel 1998 per occuparsi di immigrazione:

favorire l’inserimento dei migranti nel territorio, creare momenti di dialogo,

di scambio e anche lavorare con le fasce più disagiate, dalle ragazze madri

alle prostitute. Poi abbiamo sviluppato anche discorsi di natura culturale.

L’associazione è nata da un gruppo di operatori nel settore e anche di

volontari sia italiani sia stranieri: operatori del Centro Immigrati e dello

Sportello Immigrati del comune, mediatori culturali, operatori dei servizi

sociali più vari volontari; anche perché attraverso l’associazione volevamo

fornire dei volontari per potenziare i servizi pubblici: alcuni hanno

partecipato, soprattutto all’inizio, all’unità di strada di riduzione del danno

rivolto a prostitute. Poi abbiamo lavorato moltissimo con le donne per

creare percorsi di autonomia, di emancipazione, di formazione e

alfabetizzazione. Nel 2001 ci è stata finanziata dalla Regione Emilia

Romagna la possibilità di aprire un’emeroteca, all’interno della Casa delle

Culture (centro di documentazione sull’immigrazione del Comune) con

giornali da tutto il mondo, che è diventato un luogo “meticcio” utilizzato

dalle persone per informarsi ma anche incontrarsi e inserirsi nel tessuto

sociale. Dai membri dell’associazione che lavoravano allo sportello è nata

l’esigenza di produrre anche del cartaceo. Già lavoravamo sul trattamento

dell’informazione come strumento per promuovere i diritti degli immigrati,

partendo dal presupposto che una corretta informazione è anche un modo

perché gli immigrati possano accedere ai diritti. Non ci siamo mai limitati a

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rispondere alle domande di chi veniva allo sportello ma promuovevamo

l’informazione.

Che cosa intende con l’espressione “promuovere l’informazione”?

Nel senso che se esce una legge nuova, un bando, una procedura nuovi li

pubblicizziamo, magari mandiamo le lettere a casa dei residenti immigrati,

tradotte in più lingue. Abbiamo pensato, a un certo punto, di dare a questa

esperienza una struttura in un giornalino, nel 2001 abbiamo iniziato ad

autoprodurre un piccolo giornale, stampato e fotocopiato in 1000 copie e

quello è stato il primo momento in cui davamo delle notizie in multilingue.

Poi la Regione Emilia Romagna ha fatto uscire dei bandi sulla

comunicazione interculturale…

È stato allora che abbiamo presentato un progetto per vedere di fare un

giornale “vero”: nel 2002 ci è stato approvato e grazie a questo

finanziamento abbiamo iniziato a fare questo giornale in cui continuiamo a

fare il nostro lavoro di promozione dell’informazione in più lingue proprio

per fare avvicinare gli immigrati anche alla pubblica amministrazione.

Quanti immigrati ci sono a Ravenna?

I residenti (che naturalmente sono meno dei presenti effettivi) fino al 2004

erano 8423 con una crescita di 1200 in un anno. È una crescita corposa

considerando che è un comune di 150mila abitanti. La prima nazionalità è di

gran lunga l’albanese, seguita da senegalesi, rumeni e macedoni. Nei

comuni dell’entroterra sono più presenti i marocchini, che lavorano molto

nelle campagne.

Come tratta la stampa locale il tema dell’immigrazione?

Il problema della stampa è molto dibattuto ultimamente. È un problema,

perché negli anni Novanta in particolare è stato il principale strumento che

ha fomentato l’allarmismo rispetto alla sindrome da invasione o rispetto alla

microcriminalità degli immigrati. E quindi è rarissimo che la stampa affronti

la questione dell’immigrazione se non sotto l’aspetto della sicurezza che è

una questione assolutamente, invece, marginale rispetto al panorama che è

fatto di cultura, è fatto di diritti, è fatto di lavoro e di cose quotidiane. La

criminalità riguarda poche persone solo che sono visibili perché son diverse,

etichettabili facilmente. La sindrome da invasione con i barconi che

arrivano: perché non vedere anche le cause? Bisogna dire che le frontiere

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della “fortezza Europa” sono chiuse e l’unico modo di arrivarvi spesso è con

i barconi e che in mare muoiono centinaia di persone proprio perché è

difficile entrare in Europa. La stampa nazionale ha quindi toccato in

maniera superficiale e distorta la tematica dell’immigrazione, salvo poche

eccezioni. La stampa locale ha fatto danni di altra natura perché è quella che

ha fomentato di più l’allarmismo rispetto alla microcriminalità: i furti negli

appartamenti, la violenza, le risse tra immigrati, lo spaccio ecc. C’è negli

ultimi anni una controtendenza (nella stampa locale, perché quella nazionale

è molto indietro così come la politica nazionale rispetto alla politica locale)

per cui si comincia a parlare dell’immigrazione anche in chiave positiva,

anche perché si sono moltiplicate iniziative multiculturali come questa del

giornale e poi festival, feste, rappresentanza degli immigrati. Ma si continua

a sbattere in prima pagina il marocchino che spaccia, l’extracomunitario che

violenta. Sono parole che pesano come macigni sull’identità delle persone.

Parliamo di Città Meticcia: il giornale è diviso a metà, c’è una sezione

in italiano e un’altra in più lingue.

L’apertura è solitamente su un tema – questo bimestre per esempio è sul

tempo libero - sviluppato in due o tre articoli. Da pagina 3 offriamo

informazione di servizio, aggiornamenti sulla normativa, ad esempio in

questo numero parliamo dei ricongiungimenti familiari, del bando per i

contributi per l’affitto, un bando per l’autocostruzione, varie tematiche.

Questa serie di notizie in italiano viene tradotta prima in inglese, poi

francese, albanese, rumeno (che si alterna al russo). Nel resto del giornale

invece cerchiamo di portare avanti un discorso di un altro tipo, in linea con

il lavoro dell’associazione: il dialogo con tutta la cittadinanza, quindi è

rivolto molto anche agli italiani. C’è un articolo di commento, che ha un

taglio da piccolo saggio di approfondimento su alcune tematiche, per

esempio in questo caso erano i problemi che toccano i minori immigrati.

Infine la pagina culturale che affronta tematiche legate alla musica, al teatro,

letteratura.

Qual è la vostra linea editoriale, quindi?

Un’informazione che cerchi di andare contro l’informazione classica che ti

passano i mass media, e che purtroppo ha creato dei danni rispetto alla

possibilità di creare una convivenza civile nella società tra nuovi arrivati e

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italiani. Vogliamo affrontare le tematiche legate all’immigrazione in

maniera più articolata possibile, approfondita, cercando di fare emergere

diversi punti di vista. Ci preme fare dell’approfondimento anche per

decostruire gli stereotipi, andare contro ai luoghi comuni e promuovere

un’immagine diversa dell’immigrazione. E in particolare mettere in primo

piano la soggettività del migrante: quindi immigrato non più come categoria

stigmatizzata (“gli albanesi”, “gli extracomunitari”) ma dando loro dignità

come persone, come individui portatori di diritti e problematiche ma anche

di ricchezza culturale ed economico. È la soggettività che ci interessa: poi

da questa naturalmente si affrontano temi di carattere generale, il problema

del lavoro, ad esempio, riguarda anche tanti italiani.

I collaboratori sono tutti volontari dell’associazione?

Chi scrive è anche membro dell’associazione ma abbiamo fatto un lavoro

fin dall’inizio cercando di coinvolgere persone interessate al progetto, in

particolare immigrati interessati a scrivere, e qui tocchiamo anche il tema

dell’autorappresentazione dei migranti, puntando anche a valorizzare delle

competenze di solito rimaste inespresse in Italia. Ad esempio Angelica

Morales, che in questo numero ha scritto l’articolo di prima pagina, è una

donna che fa l’infermiera in Italia mentre in Perù era giornalista, e lei non è

un membro dell’associazione, è venuta dopo: la struttura è aperta a tutti

coloro che vogliano contribuire. I collaboratori sono retribuiti.

Che tipo di finanziamenti avete?

La pubblicità dà un introito in minima parte, che non è neanche il nostro ma

di Ravenna e dintorni, ed è veramente irrisorio: 500/700 euro a numero,

considerando che il progetto ci viene a costare sui 30000 euro l’anno. La

metà lo spendiamo nella fotocomposizione, stampa e distribuzione. I

finanziamenti partono sempre dalla Regione perché i fondi della 286 a

livello nazionale passano dalla Regione; da quest’anno ci viene erogato

principalmente dai piani di zona provinciali per una parte; l’altra parte

direttamente il comune di Ravenna. Il canale diretto della Regione non

esiste più perché non ha più fatto uscire bandi su questo tema a livello locale

ma l’anno scorso è uscito un bando per progetti di questo tipo

interprovinciali. È un giornale gratuito che non chiede contributi ai privati,

ma ne riceviamo come associazione.

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Che distribuzione ha Città Meticcia?

È distribuito porta a porta e stiamo potenziando la distribuzione in

dispenser, in raccoglitore presso supermercati, agenzie immobiliari,

farmacie e uffici pubblici: anagrafe, informagiovani ecc. Abbiamo scelto di

fare una partnership tecnico-commerciale con un editore per due motivi:

risolvere il problema della distribuzione che è un costo, quindi noi usciamo

ogni due mesi in allegato al settimanale “Ravenna e dintorni”. Siamo

stampati in 5000 copie, di cui 4500 escono nei dispenser appunto con

Ravenna e dintorni e 700 le teniamo per una distribuzione mirata noi;

addetti ai lavori, associazionismo, luoghi tipici come il Centro Immigrati del

Comune, sindacati, questura, negozi di immigrati (call center, alimentari).

Ricevete un feedback di qualche tipo dai lettori? (commenti, lettere,

telefonate…)

L’anno scorso c’era la rubrica della lettere ma erano missive che venivano

da soggetti istituzionali: il presidente della tale associazione, il membro

della rappresentanza degli immigrati… che esprimevano il loro parere su

alcune questioni. I lettori ci scrivono poco, ma mi hanno detto che è

normale: mi sono confrontato anche con i giornalisti locali e mi dicono che

la gente non è abituata a scrivere ai giornali, spesso anche le lettere ai

quotidiani sono fasulle! Altre volte no, ci scrivono ogni tanto, e la cosa

buffa è che ci contattano italiani per chiederci della consulenza legale, su

questioni tecniche: “ho un amico rumeno che…”, “sono sposato con una

cittadina polacca” oppure “il mio ragazzo è marocchino” “voglio far venire

un lavoratore dall’Albania”… via e-mail ci arriva questo tipo di quesiti. Le

risposte in genere le conosciamo perché siamo ormai esperti di questo

settore, ma abbiamo anche uno studio legale a cui ci appoggiamo. Poi alcuni

quesiti ci giungono da immigrati e altri ci hanno scritto per farci i

complimenti o mandarci dei loro pensieri, tracce autobiografiche. Mi

sembra quindi che il giornale sia apprezzato.

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Intervista a Pier Luigi Grazia, redattore de “Il Sofà”. Bologna, 31

maggio 2005.

Il colloquio si svolge dentro la Sala Icaro di via Santo Stefano 43, presso la

sede dell’agenzia di comunicazione Moneypenny srl che stampa (anche) Il

Sofà. Ho un appuntamento con Simona Artanidi, direttore responsabile

della rivista, che dopo essersi informata sull’andamento della tesi mi

suggerisce di parlare con Piero Grazia, uno dei fondatori del Sofà ed

esperto di immigrazione.

Signor Grazia, mi diceva Simona Artanidi che il giornale nasce come

organo di un’associazione di cui lei è membro.

Sì, faccio parte di varie associazioni di volontariato che fanno capo al

CEFA, il centro europeo di formazione agricola, tra queste c’è la ONG

“Progetto Marocco”. È una ONG che ha dato il via anche al progetto del

giornale. Siamo all’interno dei problemi dell’immigrazione e di quanto ne è

cornice.

Come siete arrivati alla decisione di fondare un giornale?

È stato quando ci siamo resi conto che mancava per Bologna e provincia un

giornale che trattasse tali tematiche; so che c’è Piazza Grande ma è un

giornale di strada che si rivolge però solo ai casi di criticità. La nostra

intenzione era creare un punto di riferimento per gli emigrati presenti in

città, che sono in continuo aumento. La nostra associazione “Progetto

Marocco” non è rivolta solo ai marocchini, ma è per tutte le realtà di

extracomunitari presenti a Bologna, compresi gli americani e i giapponesi!

Abbiamo dato maggiore attenzione al Marocco perché è una delle

nazionalità più presenti in città, ma anche perché stiamo lavorando in

Marocco: stiamo creando delle strutture che possano permettere ai

marocchini di venire a imparare in Italia e poi tornare al loro paese. Questo

modo di aiutarli non è la beneficenza, ma coinvolgimento e

responsabilizzazione. Questi programmi che noi sviluppiamo, e il giornale è

solo una punta di tutto questo, li realizziamo in alcune delle zone più

povere, molto lontane dalle zone ricche del turismo; abbiamo creato delle

strutture per fare dei piccoli laboratori di sarti, per l’impiego delle donne;

abbiamo creato delle piccole fattorie per l’allevamento degli animali da

cortile per poi rivenderli; stiamo lavorando per far lavori di potabilizzazione

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delle acque, interventi legati sia alle strutture sia alla formazione. In tutto

questo contesto, abbiamo ritenuto di dare vita al giornale.

Il Sofà, come mai la scelta di un nome simile?

Il titolo è partito dal sottoscritto: le altre proposte erano “il ponte”, “la mano

amica” che però facevano pensare troppo all’assistenzialismo. Un altro ha

proposto “l’Ottomana”, cioè un vecchio divano! Allora meglio “il Sofà”

perché ho visto in questo nome un momento di calore, aggregazione, di

incontro alla pari: su sofà e divani ci si ritrova la sera per parlare,

confrontarsi. Inoltre è un nome che deriva dall’arabo, quindi ha qualcosa di

antico che oggi portiamo a diventare moderno e attuale.

Quali sono gli argomenti ricorrenti in ogni numero? Con che criteri

scegliete i temi da trattare?

Nel giornale trovi informazione di servizio e articoli di costume; storie di

vita, spazio per le donne, indicazioni di quello che si sta facendo nel loro

territorio. È una miscellanea di tante cose; non ha un’impronta politica.

Quando è uscito il primo numero?

Nel 2003, usciva con cadenza quadrimestrale.

Chi finanzia la pubblicazione?

Il giornale è una delle tessere del mosaico del Progetto Marocco. Ci sono

finanziamenti della Fondazione della Cassa di Risparmio, del Cefa stesso, e

dagli ultimi numeri abbiamo anche delle inserzioni pubblicitarie. Un

giornale che può portare un messaggio a una serie sempre più ampia di

immigrati e di aziende gestite da immigrati. Al momento ospitiamo la

pubblicità di un’azienda di infortunistica. Con questa azienda abbiamo

avuto un incontro aperto a tutti e sono venuti i marocchini, extracomunitari

in genere, c’erano anche dei pakistani. È un’azienda che tratta un problema

delicato: il rapporto con le assicurazioni quando devono pagare. Certo

l’azienda non lo fa gratis ma almeno dà informazione su come comportarsi.

Si cerca di dare anche tramite il giornale un’informazione diretta, in modo

tale che questa gente possa sapere come agire.

Il giornale è diretto anche a un pubblico italiano?

Certamente, abbiamo voluto che sia aperto a tutti: infatti nel giornale

scrivono immigrati di varie etnie ma anche italiani. La lingua principale è

l’italiano con degli abstract in inglese e arabo. Vogliamo portare

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nell’abitudine degli stranieri quella di imparare l’italiano. Cominciamo già a

parlare di seconda generazione; nelle scuole aumenta la percentuale di

bambini non italiani, fra dieci anni saranno moltissimi i marocchini, ad

esempio, nati in Italia, che magari sanno qualche parola di dialetto

bolognese. Come associazione e come giornale stiamo cercando di tenere

presente ed evitare quegli errori che noi italiani come emigranti abbiamo

subito quando siamo andati in Francia, in Belgio, in America. Quando si

arrivava a Long Island, ci mettevano tutti in una stanza e ci lavavano con un

idrante. L’abbiamo vissuto fino a poco tempo fa. Gli immigrati presenti al

momento in Italia sembrano snaturati, stanno sempre tra di loro, non sono

stati responsabilizzati ancora dal diritto di voto. Noi cerchiamo di

coinvolgere questa gente contro la ghettizzazione, e nello stesso momento

farne conoscere l’esistenza alla cittadinanza bolognese. Io ho lavorato

cinque anni in Comune all’Assessorato alla Sicurezza per la gestione

Guazzaloca. Quando andavo nei campi degli immigrati cercavo di instaurare

un dialogo ma ho sempre trovato diffidenza, mai coinvolgimento: che è

quello che cerchiamo di realizzare con il giornale e gli incontri informativi.

Prima il giornale era edito dall’associazione mentre ora? Fa parte di

Moneypenny?

No, Moneypenny raccoglie il materiale e fa l’assemblaggio e

l’impaginazione; il direttore può intervenire ma tutto nasce

dall’associazione.

I collaboratori sono sempre gli stessi di prima?

Alcuni sì, altri no, in parte se ne sono aggiunti, abbiamo una base di

tre/quattro persone che si allarga ed è aperta ai contributi che arrivano.

Nessuno è retribuito, essendo il giornale di una ONG non possiamo

permetterci questo! Però vediamo che c’è interesse e attenzione nei nostri

confronti quindi proseguiamo su questa strada.

Dove avviene la distribuzione?

È distribuito in tutti i centri sociali, nei centri di ogni Comune della

Provincia e all’Assessorato Politiche Sociali, e in varie associazioni che

rappresentano gli immigrati a Bologna e (meno) a Modena.

Può parlarmi delle vostre prospettive per il futuro?

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Avremmo l’intenzione di ampliarci, diventare qualcosa di più importante e

conosciuto; aumentare le pagine, aggiungere rubriche. Stiamo aprendo alla

pubblicità ma non sono molti coloro che hanno scoperto questo nuovo ed

enorme, interessante filone del mercato specifico per gli immigrati.

Conviene prepararsi per tempo perché chi per primo si presenta e dimostra

che vuole dare informazione senza strumentalizzare (ché non siamo più ai

tempi di bingo bongo, dell’Africa Nera sperduta di cinquant’anni fa) avrà

seguito. Bisognerà inoltre tenere conto dell’evoluzione delle attività

economiche. Nella nostra associazione ci sono ingegneri, professionisti

qualificati, mediatori di comunità, imprenditori, personaggi che sicuramente

lasciano delle impronte ma anche operai che stanno imparando a fare un

mestiere che nessuno fa più: l’operaio specializzato, richiestissimo dalle

aziende locali. La nostra piccola associazione lavora nella formazione in

Marocco e qui perché gli immigrati ritornino “uomini”. Vogliamo

responsabilizzare gli immigrati ma anche gli italiani, perché si rendano

conto che lo straniero non è solo quello che vende la droga in Piazza Verdi

ma è il cittadino che lavora, risparmia ma non riesce a trovare casa perché

nessuno gliela vuole affittare.

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Intervista a Claudia Sanchez, direttore editoriale de “El carrete

de la sera”. Milano, 4 giugno 2005.

Ci incontriamo per la prima volta a Firenze, il 27 maggio 2005, in

occasione del Primo Meeting Italiano dei Media Multiculturali: Claudia

Sanchez è insieme a Ramon Tapia, suo marito e co-direttore della rivista.

Scherzano sul mio spagnolo, mi raccontano dell’accoglienza avuta

dall’Italia e di problemi di ordinaria discriminazione.

Quanti sono i cittadini immigrati di origine cilena in Italia? In quali

città si concentrano? Ritiene che essi si sentano parte della più vasta

comunità di persone emigrate dai paesi del Latino America?

So che nella Lombardia, i cileni saranno circa 5.000, come numero ufficiale,

cioè quelli registrati nel Consolato e con le carte a posto. Si sa anche che c'è

un bel numero di altri connazionali non registrati. Sono concentrati nelle

principali città d'Italia, tipo Roma, Napoli, Rapallo, Genova, Trento. Se si

sentano o meno parte di una comunità latino americana faccio fatica a

confermarlo. Sfortunatamente, come in tutte le situazione della vita, a volte

si viene stereotipati o colpevolizzati per quello che fanno gli altri, e direi

che tante volte siamo messi tutti i latino americani nello stesso sacco: così a

volte gli ecuadoregni non vogliono essere considerati peruviani, o i

peruviani cileni, o viceversa... mi spiego? Direi che ho sentito parecchie

volte che “dobbiamo” creare una organizzazione latino americana, per

essere una comunità più forte, però non ci siamo ancora riusciti.

Che idea avete del modo in cui i giornali italiani trattano l'informazione

relativa ai fatti dell'immigrazione in Italia? Ne siete soddisfatti? Può

essere migliorato?

Senz'altro può essere migliorato, anzi deve esserlo. Direi che il “problema” è

che le notizie vengono raccontate dai giornalisti italiani, soggette sempre a

una particolare interpretazione. Tante volte ci è capitato di esser stati

contattati per raccontare la storia della nostra testata, dell'equipe che la

compone e anche se non lo avevamo mai detto, la storia viene collegata ai

fatti dell’11 settembre del 1973, al fatto politico, anche se noi tentiamo di

evitare questa prospettiva perché crea tanta divisione. Credo che ormai noi

immigrati siamo “di moda”, per due ragioni ben precise: o perché ci

raduniamo in eventi come quelli organizzati dal COSPE, che dà conto di

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quello che fanno gli stranieri, per loro e per le proprie comunità; o per gli

sbarchi in Sicilia, nelle condizioni più estreme di povertà e disperazione.

Come è nata l'idea del Carrete de la sera? Il titolo è chiaramente un

gioco di parole col nome del quotidiano più importante della città, è

stato scelto in maniera provocatoria?

E infatti è un gioco di parole: “Carrete” in cileno (preciso cileno e non

spagnolo) vuol dire “festa, divertimento”, “irse de carrete” vuol dire “fare

un giro”. Quindi il titolo sarebbe traducibile come “la festa della sera”. Non

cerca di provocare nessuno ma di attirare l'attenzione dei cileni che sono

qua.

Il giornale è nato all'interno dell'attività di un'associazione o è

autonomo? Come si finanzia?

È nato parallelamente alla creazione della Associazione Culturale del Cile,

pero è indipendente nella sua gestione. Lavoriamo assieme alla

Associazione, noi diamo loro uno spazio nella rivista, loro ci danno uno

spazio quando ci sono delle presentazioni o eventi. Il mensile si finanzia con

pubblicità di cileni, uno sponsor sempre cileno, il Consolato di Cile a

Milano e il contributo volontario dei lettori.

Quali sono i principali obiettivi che avete in mente nella costruzione del

mensile? (mantenere i legami tra i membri di una comunità, farla

conoscere agli autoctoni, promuovere l'informazione

sui diritti…).

L'obiettivo iniziale era “ricontattarci” col Cile, ricollegarci col nostro

passato. Dopo abbiamo incominciato a incorporare anche gli italiani

affinché conoscessero un po' di più il Cile, scrivendo anche in italiano;

successivamente abbiamo capito che era un dovere informare sui diritti, le

leggi, ecc. avendo sempre l'informazione di prima mano o del Consolato o

dall’Ambasciata cilena a Milano e Roma rispettivamente. In questo

momento, l'idea per il futuro è di ingrandire la rivista e trasformarla nel

mezzo di comunicazione tra le varie associazioni cilene in Italia.

Come scegliete gli argomenti da trattare? Ho notato che è ricorrente il

tema della nostalgia del paese natio e di un passato lontano fatto di

semplicità e affetti.

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Ci mettiamo d'accordo per trattare un tema diverso ogni mese. I

collaboratori possono esprimersi secondo il proprio parere e su ogni punto

di vista del tema. In generale i temi versano quasi sempre sulle condizioni

nelle quali si vive in Italia come immigrato, la nostra nostalgia del Cile, la

diffusione della nostra cultura nell'Europa, le cose che stanno succedendo in

Cile. Gli argomenti si discutono nelle riunioni dell'equipe, hanno a che

vedere con le notizie del momento, e riguardano i ricordi e le esperienze

vissute al Cile, semplicemente perché quando ti trovi fuori dal tuo paese,

quando hai vissuto da straniero, di immigrato, le cose che prima non

avevano importanza ora ce l'hanno. D'altra parte sappiamo che tanti lettori

un po' avanti con gli anni non hanno accesso a internet e siamo noi il loro

collegamento col Cile.

Chi sono i vostri collaboratori? Che tipo di formazione hanno?

Abbiamo una giornalista professionista (l'unica nell'èquipe)

che corregge i vari articoli dal punto di vista “tecnico”, cioè giornalistico. I

collaboratori fissi sono dieci, quelli variabili cinque-sei sia in Italia, sia

all'estero. La formazione è molto diversa: io sono psicologa, e con me

c'erano altri due psicologi che ormai sono tornati al Cile e collaborano

saltuariamente. Mio marito è chimico, c'è un ragazzo che fa il musicista, gli

altri hanno la formazione del liceo. Contiamo anche con il grafico, la

giornalista cui accennavo prima e un fotografo della LOGOS - azienda di un

cileno a Modena - che ci dà un aiuto vitale come sponsor nella lavorazione

della rivista. Insomma, nessuno ha la formazione di giornalista, soltanto la

voglia per scrivere; nessuno viene pagato, siamo tutti volontari.

Ricevete un feedback di qualche tipo da parte dei lettori? (lettere, e-

mail, telefonate…). Il fatto di dipendere da un'ambasciata influenza il

vostro modo di scrivere?

Certamente lo riceviamo. Tante persone scrivono alle nostre mail, ci

chiamano; in generale sono molto soddisfatti di quello che facciamo anche

se è giusto dire che talvolta qualcuno non è d'accordo su qualche articolo o

su come è stato scritto... tutte le lettere comunque si ricevono, si rispondono

e si pubblicano nel nostro sito. Il fatto della “dipendenza” dal Consolato non

è totale e certamente non costringe il nostro modo di lavorare. Devo dire

con molto orgoglio che sono passati in questi tre anni di vita del Carrete tre

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consoli diversi e ognuno ha confermato la sua collaborazione con noi. C'è

mutua collaborazione, senza dubbio.

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creato dall'associazione interculturale “DI Mondi”

http://www.immigratiabologna.it/index.asp