Into the unknown

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Into the unknown da “The Economist” del 21 maggio 2016 - traduzione a cura di Emilio Tagliaferri Da qui a un mese, il 23 giugno, in Gran Bretagna si voterà sulla permanenza nell'Unione Europea. Per molti elettori il giorno delle votazioni costituirà un sollievo benedetto dopo una campagna elettorale che avrà dominato le cronache per quattro mesi; tuttavia, se voteranno per l'uscita, patiranno molti anni di ulteriore dibattito sulle trattative per la stessa. I mercati finanziari sono stati osservatori sconcertati della campagna elettorale. La maggior parte degli investitori, come i più tra gli economisti, ritengono che il Regno Unito se la passerebbe peggio al di fuori dell'UE. Un recente sondaggio tra gestori globali ad opera di Bank Of America Merrill Lynch (BofA) ha rilevato che la Brexit costituisce il maggior rischio di mercato, davanti ad una svalutazione da parte della Cina; il 71% di quei managers, comunque, ritiene altamente improbabile che i britannici voteranno per un'uscita. A dispetto della vicinanza delle diverse opinioni nella maggior parte dei sondaggi, i mercati delle scommesse hanno favorito in modo consistente un voto in favore della permanenza; le probabilità di un'uscita sono in ribasso al 25%. Se la Gran Bretagna dovesse votare per un'uscita allora la natura dei conseguenti rapporti commerciali con l'UE sarebbe di importanza capitale. Fitch, un'agenzia di rating, afferma che un rapido accordo che garantisse liberi scambi commerciali con l'UE sarebbe solo blandamente negativo, ma che comporterebbe l'accettazione del libero movimento della forza lavoro e una contribuzione al bilancio dell'UE – esattamente quello che i sostenitori della Brexit vogliono fermare; all'altra estremità della scala, uno scenario che comportasse prolungati negoziati e l'indipendenza della Scozia porrebbe il merito creditizio della Gran Bretagna sotto pressione. Gli investitori si trovano così di fronte a difficili decisioni: un evento che ritengono improbabile, ma che potrebbe avere serie conseguenze. La sterlina sarebbe probabilmente la vittima principale di un voto a favore dell'uscita: difatti è stata duramente colpita il giorno dell'annuncio del referendum; da allora ha recuperato nei confronti del dollaro, che si è indebolito verso la maggior parte delle valute da quando la FED si è mostrata più conciliante su ulteriori rialzi dei tassi, ma ha continuato ad indebolirsi contro l'euro durante la campagna elettorale. Il problema per gli operatori sui cambi è che sussistono rischi in entrambe le direzioni: un voto per la permanenza nell'UE porterebbe probabilmente a un rialzo della sterlina, rendendo la vita difficile a color che avevano scommesso sull'uscita. Quest'incertezza si rivela chiaramente nel mercato delle opzioni, dove ci si può assicurare contro le oscillazioni delle valute: il premio che si deve pagare per coprirsi dalle oscillazioni della sterlina è cresciuto rapidamente. L'interesse per le azioni Britanniche, da parte dei gestori di fondi intervistati da BofA, è già al minimo da sette anni a questa parte, ma l'impatto di una Brexit sulle singole azioni sarà vario. Più del 78% dei ricavi delle aziende inserite nell'indice FTSE 100 proviene dal di fuori del Regno Unito, secondo BlackRock, una società di gestione: queste aziende vedranno il valore dei loro ricavi esteri aumentare in caso di svalutazione della sterlina. Le imprese presenti nell'indice FTSE 250 (aziende di medie dimensioni), invece, generano circa il 60% dei ricavi in patria: per tale motivo, finora quest'anno, la performance dell' FTSE 250 è stata inferiore a quella dell'FTSE 100. A prima vista sembrerebbe che i titoli del tesoro britannici, i gilts, dovrebbero soffrire nell'avvicinamento alle urne. Gli investitori internazionali che li detengono dovrebbero registrare delle perdite se un voto per l'uscita dall'UE provocasse un deprezzamento della sterlina; ci si

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Into the unknownda “The Economist” del 21 maggio 2016 - traduzione a cura di Emilio Tagliaferri

Da qui a un mese, il 23 giugno, in Gran Bretagna si voterà sulla permanenza nell'Unione Europea. Per molti elettori il giorno delle votazioni costituirà un sollievo benedetto dopo una campagna elettorale che avrà dominato le cronache per quattro mesi; tuttavia, se voteranno per l'uscita, patiranno molti anni di ulteriore dibattito sulle trattative per la stessa.

I mercati finanziari sono stati osservatori sconcertati della campagna elettorale. La maggior parte degli investitori, come i più tra gli economisti, ritengono che il Regno Unito se la passerebbe peggio al di fuori dell'UE. Un recente sondaggio tra gestori globali ad opera di Bank Of America Merrill Lynch (BofA) ha rilevato che la Brexit costituisce il maggior rischio di mercato, davanti ad una svalutazione da parte della Cina; il 71% di quei managers, comunque, ritiene altamente improbabile che i britannici voteranno per un'uscita. A dispetto della vicinanza delle diverse opinioni nella maggior parte dei sondaggi, i mercati delle scommesse hanno favorito in modo consistente un voto in favore della permanenza; le probabilità di un'uscita sono in ribasso al 25%.

Se la Gran Bretagna dovesse votare per un'uscita allora la natura dei conseguenti rapporti commerciali con l'UE sarebbe di importanza capitale. Fitch, un'agenzia di rating, afferma che un rapido accordo che garantisse liberi scambi commerciali con l'UE sarebbe solo blandamente negativo, ma che comporterebbe l'accettazione del libero movimento della forza lavoro e una contribuzione al bilancio dell'UE – esattamente quello che i sostenitori della Brexit vogliono fermare; all'altra estremità della scala, uno scenario che comportasse prolungati negoziati e l'indipendenza della Scozia porrebbe il merito creditizio della Gran Bretagna sotto pressione. Gli investitori si trovano così di fronte a difficili decisioni: un evento che ritengono improbabile, ma che potrebbe avere serie conseguenze.

La sterlina sarebbe probabilmente la vittima principale di un voto a favore dell'uscita: difatti è stata duramente colpita il giorno dell'annuncio del referendum; da allora ha recuperato nei confronti del dollaro, che si è indebolito verso la maggior parte delle valute da quando la FED si è mostrata più conciliante su ulteriori rialzi dei tassi, ma ha continuato ad indebolirsi contro l'euro durante la campagna elettorale.

Il problema per gli operatori sui cambi è che sussistono rischi in entrambe le direzioni: un voto per la permanenza nell'UE porterebbe probabilmente a un rialzo della sterlina, rendendo la vita difficile a color che avevano scommesso sull'uscita. Quest'incertezza si rivela chiaramente nel mercato delle opzioni, dove ci si può assicurare contro le oscillazioni delle valute: il premio che si deve pagare per coprirsi dalle oscillazioni della sterlina è cresciuto rapidamente.

L'interesse per le azioni Britanniche, da parte dei gestori di fondi intervistati da BofA, è già al minimo da sette anni a questa parte, ma l'impatto di una Brexit sulle singole azioni sarà vario. Più del 78% dei ricavi delle aziende inserite nell'indice FTSE 100 proviene dal di fuori del Regno Unito, secondo BlackRock, una società di gestione: queste aziende vedranno il valore dei loro ricavi esteri aumentare in caso di svalutazione della sterlina. Le imprese presenti nell'indice FTSE 250 (aziende di medie dimensioni), invece, generano circa il 60% dei ricavi in patria: per tale motivo, finora quest'anno, la performance dell' FTSE 250 è stata inferiore a quella dell'FTSE 100.

A prima vista sembrerebbe che i titoli del tesoro britannici, i gilts, dovrebbero soffrire nell'avvicinamento alle urne. Gli investitori internazionali che li detengono dovrebbero registrare delle perdite se un voto per l'uscita dall'UE provocasse un deprezzamento della sterlina; ci si

aspetterebbe pertanto una richiesta di rendimento maggiore per detenere questi titoli in portafoglio: in realtà il rendimento sui decennali è prossimo al livello in cui era il giorno dell'annuncio del referendum. In parte ciò è dovuto al fatto che il mercato obbligazionario britannico è parte di un mercato globale in cui i rendimenti sono rimasti bassi; inoltre, un voto per la Brexit potrebbe avere un effetto avverso sulla fiducia e sull'attività economica, così da essere seguito da un taglio dei tassi d'interesse da parte della Banca d'Inghilterra, o anche da un espansione del suo programma di acquisto di titoli obbligazionari (quantitative easing): entrambi i fattori sarebbero positivi per i gilts, spingendo i rendimenti al ribasso e non al rialzo.

La fiducia degli investitori su un voto a favore della permanenza nell'UE significa che la reazione dei mercati ad un'eventuale voto per l'uscita sarebbe probabilmente drammatica.Erik Nielsen, capo economista in Unicredit, stima che la sterlina potrebbe crollare del 10-15% ponderato in base commerciale. La notizia potrebbe probabilmente anche indebolire l'euro nei confronti del dollaro, dal momento che sarebbe in dubbio la stabilità dell'UE nel lungo termine: infatti anche i governatori della FED hanno affermato che il risultato della consultazione inglese potrebbe influenzare le loro decisioni, a causa del potenziale impatto sulla fiducia. Molte dita resteranno incrociate nella notte del 23 giugno.

Articolo originale: Into the unknown