Intervista Rosa Matteucci

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Corriere di Bologna Mercoledì 6 Aprile 2016 BO 13 «Rendez-vous» con il cinema francese Al via oggi al Lumière la rassegna con le novità d’Oltralpe Ci sono stereotipi esterofili duri a morire. Uno di questi, però, è indiscutibile. Il cinema francese, da almeno quaran- t’anni, è migliore di quello ita- liano, ed è la punta del cinema europeo. La presenza di un fe- stival di cinema transalpino a Bologna (e Roma) non è dun- que un bizzarro frutto di qual- che accordo multilaterale, ma una precisa esigenza di vetrina del meglio. L’appuntamento si intitola Rendez-vous. Appunta- mento con il nuovo cinema francese, da oggi al Cinema Lu- mière della Cineteca. Stasera il proscenio è per un’attesa anteprima, ore 20, Mister Chocolat, nuovo film di Roschdy Zem, biografia del clown Chocolat (Omar Sy), pri- mo artista nero in Francia, in duo con Footit (James Thiérrée, il nipote di Charlie Chaplin) nella Parigi della Belle Époque. Storia di razzismo nel mondo dello spettacolo, il film uscirà poi a Bologna da domani. Omar Sy, corpulento corpo da banlieue prestato al cinema mainstream, si candida sempre più a rappresentare, talvolta in modo picaresco e umoristico, le tensioni razziali ancora aper- te nella società francese. Zem, invece, regista solido, è altrove volto segnato e magrebino di polizieschi e noir metropolita- ni, simbolo di versatilità artisti- ca. Altra anteprima, sabato, questa volta d’autore, visto che verrà proiettato il nuovo parto del funambolico Michel Gon- dry. Sempre sospeso tra opere geniali e compatte, e pellicole visionarie ma prive di qualsiasi collante, Gondry ha scelto giu- stamente un profilo più basso e meno grancassa chic per il suo Microbe e Gasoil (sabato ore 20). La storia — che narra di due adolescenti e di una mac- china di legno con il motore di un tosaerba — promette un mix tra le sue invenzioni arti- gianali e il cinema per famiglie. Tra gli ospiti in carne e ossa, Benoît Jacquot sarà anche pro- tagonista di una retrospettiva piuttosto nu- trita. Il film più recente, Diario di una cameriera (dal romanzo di Octave Mirbe- au, che verrà messo a con- fronto con i precedenti il- lustri di Jean Renoir e Luis Buñuel), è parte di Ren- dez-Vous e precede l’in- contro con il pubblico al termi- ne della proiezione delle ore 20, domani al Lumière. Al centro della scena, l’attri- ce più calda del momento, Léa Seydoux. Per il resto, si vedran- no altri titoli noti e meno noti di questo cineasta molto psica- nalitico e sorprendente nelle sue riletture storiche. © RIPRODUZIONE RISERVATA Galleria Nella foto a destra «Villa Amalia» di Benoît Jacquot; a sinistra «Les Adieux à la reine» di Jacquot Chi è Il suo romanzo d’esordio è Lourdes (Adelphi, 1998), vincitore nel 1999 del Premio Bagutta nella sezione Opera Prima, e del Premio Grinzane Cavour nella sezione Giovane Autore Esordiente Nel 2003 pubblica il romanzo Libera la Karenina che è in te, finalista al Premio Viareggio Nel 2007 esce Cuore di mamma, vincitore del Premio Grinzane Cavour nella sezione Narrativa. Nel 2008 pubblica India per signorine. Nel 2010 esce Tutta mio padre, finalista del Premio Strega, vince il Brancati Costellazioni familiari è il suo ultimo libro Ha recitato nei film Mi piace lavorare (Mobbing) (2004), diretto da Francesca Comencini, e La tigre e la neve (2005), diretto da Roberto Benigni U na scrittura meta- fisica. Costruita a partire da un lin- guaggio ricco (an- che) di parole auli- che, lontane per le nostre orecchie. Una scrittura inebriante. Ghiotta e affilata. Tagliente. Ma soprattutto viva. Vivissima. Pulsante. Senza sconti e compromessi. Capace di tenerti attaccato alla pagina. Di farti sentire per esempio davvero il lezzo di un treno re- gionale («Nelle carrozze ferro- viarie i capelli e le vesti s’impe- stano di indefinibile afrori ani- maleschi. A forza di toccare ma- niglie lerce sono infestata da mini verruche sulle dita. Sono impedita a espletare le basilari funzioni fisiologiche nelle riti- rate viaggianti, se non a prezzo di contorsioni sul bordo del wc. Non di rado, arrampicata e nel- l’atto di urinare, per una im- provvisa frenata del convoglio sbatto la fronte contro le bisun- te pareti istoriate di scritte a ca- rattere sessuale; indi precipito su laghi di piscio altrui...»). So- no immagini forti, reali, tangi- bili. Ho preso soltanto un pas- saggio da pagina 99 dell’ultimo romanzo di Rosa Matteucci, Co- stellazione familiare (Adelphi), giunto in un mese alla sua se- conda edizione. La scrittrice di Orvieto lo presenterà oggi a Pa- lazzo Rasponi di Ravenna (ore 18.30 in dialogo con Matteo Ca- vezzali e Stefano Bon) e domani invece alla Biblioteca delle don- ne di via del Piombo 5 a Bolo- gna (ore 18, in conversazione con Paola Guazzo). Il romanzo è la ricostruzione della storia del rapporto conflittuale tra la pro- tagonista e la madre. Tra rab- bia, odio, risentimento e amo- re. Con tanti cani in mezzo. Matteucci, il suo è un ro- manzo autobiografico. Cosa risponde a tutti coloro che sostengono invece che uno scrittore per essere un gran- de non dovrebbe mai mettere se stesso in un romanzo? «Dico che è una grandissima caz...a. Non ho mai condiviso questo punto di vista. Chi lo di- ce è ignorante, incapace, invi- dioso. Uno dei più importanti libri della storia della letteratu- ra, la Recherche di Proust, non è forse autobiografia? Vabbè, che bisogna aspettare pagina 450...». La storia, che è poi la sua storia vera, tocca più e più volte il tema dell’eutanasia. Che sua madre verso la fine le chiede, anzi pretende. Crede che gli scrittori debbano in- tervenire pubblicamente a di- re cosa pensano, oppure riti- rarsi fra le loro pagine e ba- sta? «Gli scrittori dovrebbero fa- re gli scrittori e basta. Non spu- tare sentenze». Quanto tempo ci ha messo a scrivere questo libro? «È stata una scrittura molto dolorosa, non volevo affrontare l’argomento del rapporto con mia madre. Per risponderle, ci ho messo tre anni». E per gli altri libri? «Per il mio esordio, Lourdes, pubblicato da Adelphi nel 1998, ci ho impiegato quaranta gior- ni. Ho raccolto la mescolanza dei nostri difetti umani e ho cercato degli archetipi di mo- stri , che poi ho raccontato». Come guarda il mondo e cosa guarda? «È il particolare ad attirarmi s-e-m-p-r-e. Dal particolare al- l’universale. E ritorno». In questo ultimo romanzo lei ha raccontato se stessa. D’accordo, anche con molte situazioni inventate, ma è la sua vita. Non si è mai sentita messa a nudo di fronte ai let- tori? «Sono abituata. In un mio romanzo c’è il riconoscimento della morte di mio padre. Quando ho consegnato il ma- noscritto in Adelphi, mi hanno detto “sai che ora chi leggerà potrà usare quelle tue parole personali su tuo padre come vorrà?”». E lei cosa rispose? «Che ne ero perfettamente consapevole e che andava bene così». Leggendo il suo ultimo ro- manzo, ho anche riso molto. Lei ha una straordinaria abi- lità nel mischiare, o meglio nell’alternare, al momento giusto fra l’altro, il tragico al grottesco, la disperazione al- la risata cinica. Ma lei quando scrive si diverte? «Scrivere è una fatica, all’in- terno della quale ci sono, certo, anche sprazzi di divertimento. Ma vengo assalita continua- mente da un senso di frustra- zione». Per cosa? «Per non riuscire a trasfor- mare il pensiero in parole». Ma come, una che come lei ha un linguaggio così ricco e variegato? «Quando l’emozione diventa parola, perde almeno il 70% della sua carica». Come scrittrice è discipli- nata? «Tendo a sottrarmi, poi quando mi sento greve della materia che sto affrontando, scrivo. È qualcosa di fisiologi- co». E quando ha finito? «Mi sento come si mi avesse- ro raschiato tutti gli organi. Da dentro». Lei apre il romanzo con una bellissima citazione di Rainer Maria Rilke sulla per- fezione dei cani e anche den- tro i libro le pagine pullulano di quadrupedi. E sembra che lo scodinzolante Leporì sia l’unico essere in grado di mettere d’accordo lei e sua madre. Che rapporto ha con i cani? «Io conosco la loro lingua. Li adoro. Ma dopo che è morto il mio, non ne ho più presi. Inte- ragisco continuamente con dei cani, ma di altri. Non sarei in grado di sopportare ancora una volta il dolore di una perdi- ta. Nel mio romanzo Tutta mio padre, dichiaro che la morte di un cane è molto più dolorosa di quella di un genitore. Io posso assistere creature umane che parlano fino alla morte, ma i cani che soffrono mi procura- no una sofferenza intollerabile. Con Leporì nell’ultimo roman- zo volevo descrivere lui e invece alla fine mi sono ritrovata a de- scrivere me stessa». Cosa legge? «Di italiani ora, Landolfi e Ceronetti». E stranieri? «Ho letto molto McCarthy, McEwan, Roth. A volte devo leggere anche dei best seller per capire il “perché”». Quanto conta il talento e quanto contano la disciplina e il rigore dello studio per di- ventare scrittori? «Un talento naturale ci vuo- le. Ma è fondamentale anche la disciplina. La preparazione alla scrittura è la lettura. Non si scappa». A casa ha molti libri? «Sì, e in camera da letto ab- biamo, vicino alla finestra, an- che un reparto “Schifezze”, piuttosto pieno». E che libri ci sono? «Mah... non glielo posso di- re, ma ha presente certi libri scritti dai politici?». Certo che li ho presenti «Ecco, più o meno ci si aggi- ra da quelle parti». [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA È stata una scrittura dolorosa, non volevo affrontare l’argomento del rapporto con mia madre Ci ho messo tre anni a finire questo romanzo Volevo descrivere lo scodinzolan -te Leporì e alla fine mi sono ritrovata a descrivere me stessa È più doloroso perdere un cane che un genitore L’intervista Rosa Matteucci presenta oggi a Ravenna (Palazzo Rasponi) e domani a Bologna (Biblioteca delle donne) il suo nuovo romanzo (Adelphi) «Costellazione familiare». Dopo solo un mese è giunto alla seconda edizione «Parlo la lingua dei cani Mi sento una di loro» L’anticipazione Premio «Dino Gavina» al Design Week Cultura Spettacoli di Helmut Failoni di Roy Menarini Scrittrice Rosa Matteucci con un quadro del cane Pegino (foto Fabio Lombrici) Bologna Design Week in vista della sua 2° edizione, che si aprirà il 28 settembre durante il Cersaie, annuncia (insieme al Comune e all’Università, partner della manifestazione) l’istituzione di un premio dedicato a Dino Gavina, per oltre mezzo secolo protagonista nella produzione e promozione del design. Un’altra novità di Bdw è la stretta collaborazione con la IAAD (Istituto d’Arte Applicata al Design) che a Bologna apre la sua 2° sede universitaria dopo quella di Torino (inizio corsi set. 2017) nei 1500 mq di un palazzo in centro. E infine la call aperta per chi intende proporre mostre, eventi, installazioni durante Bdw: contatti su bolognadesignweek.com o sulla pagina Facebook. (F. P.) © RIPRODUZIONE RISERVATA Codice cliente: 2495859

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Corriere di Bologna Mercoledì 6 Aprile 2016 BO13

«Rendez-vous» con il cinema franceseAl via oggi al Lumière la rassegna con le novità d’Oltralpe

Ci sono stereotipi esterofiliduri a morire. Uno di questi,però, è indiscutibile. Il cinemafrancese, da almeno quaran-t’anni, è migliore di quello ita-liano, ed è la punta del cinemaeuropeo. La presenza di un fe-stival di cinema transalpino aBologna (e Roma) non è dun-que un bizzarro frutto di qual-che accordo multilaterale, mauna precisa esigenza di vetrinadel meglio. L’appuntamento siintitola Rendez-vous. Appunta-mento con il nuovo cinemafrancese, da oggi al Cinema Lu-mière della Cineteca.

Stasera il proscenio è per

un’attesa anteprima, ore 20,Mister Chocolat, nuovo film diRoschdy Zem, biografia delclown Chocolat (Omar Sy), pri-mo artista nero in Francia, induo con Footit (James Thiérrée,il nipote di Charlie Chaplin)nella Parigi della Belle Époque.Storia di razzismo nel mondodello spettacolo, il film uscirà poi a Bologna da domani.Omar Sy, corpulento corpo da banlieue prestato al cinemamainstream, si candida semprepiù a rappresentare, talvolta inmodo picaresco e umoristico,le tensioni razziali ancora aper-te nella società francese. Zem,invece, regista solido, è altrovevolto segnato e magrebino di

polizieschi e noir metropolita-ni, simbolo di versatilità artisti-ca. Altra anteprima, sabato,questa volta d’autore, visto cheverrà proiettato il nuovo partodel funambolico Michel Gon-dry. Sempre sospeso tra operegeniali e compatte, e pellicolevisionarie ma prive di qualsiasicollante, Gondry ha scelto giu-stamente un profilo più basso e

meno grancassa chic per il suoMicrobe e Gasoil (sabato ore20). La storia — che narra didue adolescenti e di una mac-china di legno con il motore diun tosaerba — promette unmix tra le sue invenzioni arti-gianali e il cinema per famiglie.

Tra gli ospiti in carne e ossa,Benoît Jacquot sarà anche pro-tagonista di una retrospettiva

piuttosto nu-trita. Il filmpiù recente,Diario di unacameriera (dalromanzo d iOctave Mirbe-au, che verràmesso a con-fronto con iprecedenti il-lustri di JeanRenoir e LuisB u ñ u e l ) , èparte di Ren-d e z - Vo u s eprecede l’in-

contro con il pubblico al termi-ne della proiezione delle ore20, domani al Lumière.

Al centro della scena, l’attri-ce più calda del momento, LéaSeydoux. Per il resto, si vedran-no altri titoli noti e meno notidi questo cineasta molto psica-nalitico e sorprendente nellesue riletture storiche.

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GalleriaNella foto a destra «Villa Amalia» di Benoît Jacquot;a sinistra «Les Adieux à la reine» di Jacquot

Chi è Il suo romanzo d’esordio è Lourdes (Adelphi, 1998), vincitore nel 1999 del Premio Baguttanella sezione Opera Prima, e del Premio Grinzane Cavour nella sezione Giovane Autore EsordienteNel 2003 pubblica il romanzo Libera la Karenina che è in te, finalista al Premio ViareggioNel 2007 esce Cuore di mamma, vincitore del Premio Grinzane Cavour nella sezione Narrativa.Nel 2008 pubblica India per signorine.Nel 2010 esce Tutta mio padre, finalista del Premio Strega, vince il BrancatiCostellazioni familiari è il suo ultimo libroHa recitato nei film Mi piace lavorare (Mobbing) (2004), diretto da Francesca Comencini, e La tigre e la neve (2005), diretto da Roberto Benigni

Una scrittura meta-fisica. Costruita apartire da un lin-guaggio ricco (an-che) di parole auli-che, lontane per le

nostre orecchie. Una scrittura inebriante. Ghiotta e affilata.Tagliente. Ma soprattutto viva.Vivissima. Pulsante. Senzasconti e compromessi. Capacedi tenerti attaccato alla pagina.Di farti sentire per esempiodavvero il lezzo di un treno re-gionale («Nelle carrozze ferro-viarie i capelli e le vesti s’impe-stano di indefinibile afrori ani-maleschi. A forza di toccare ma-niglie lerce sono infestata damini verruche sulle dita. Sonoimpedita a espletare le basilarifunzioni fisiologiche nelle riti-rate viaggianti, se non a prezzodi contorsioni sul bordo del wc.Non di rado, arrampicata e nel-l’atto di urinare, per una im-provvisa frenata del convogliosbatto la fronte contro le bisun-te pareti istoriate di scritte a ca-rattere sessuale; indi precipitosu laghi di piscio altrui...»). So-no immagini forti, reali, tangi-bili. Ho preso soltanto un pas-saggio da pagina 99 dell’ultimoromanzo di Rosa Matteucci, Co-stellazione familiare (Adelphi),giunto in un mese alla sua se-conda edizione. La scrittrice diOrvieto lo presenterà oggi a Pa-lazzo Rasponi di Ravenna (ore18.30 in dialogo con Matteo Ca-vezzali e Stefano Bon) e domaniinvece alla Biblioteca delle don-ne di via del Piombo 5 a Bolo-gna (ore 18, in conversazionecon Paola Guazzo). Il romanzo èla ricostruzione della storia delrapporto conflittuale tra la pro-tagonista e la madre. Tra rab-bia, odio, risentimento e amo-

re. Con tanti cani in mezzo. Matteucci, il suo è un ro-

manzo autobiografico. Cosarisponde a tutti coloro chesostengono invece che unoscrittore per essere un gran-de non dovrebbe mai mettere

se stesso in un romanzo? «Dico che è una grandissima

caz...a. Non ho mai condivisoquesto punto di vista. Chi lo di-ce è ignorante, incapace, invi-dioso. Uno dei più importantilibri della storia della letteratu-

ra, la Recherche di Proust, nonè forse autobiografia? Vabbè,che bisogna aspettare pagina450...».

La storia, che è poi la suastoria vera, tocca più e piùvolte il tema dell’eutanasia.Che sua madre verso la fine lechiede, anzi pretende. Credeche gli scrittori debbano in-tervenire pubblicamente a di-re cosa pensano, oppure riti-rarsi fra le loro pagine e ba-sta?

«Gli scrittori dovrebbero fa-re gli scrittori e basta. Non spu-tare sentenze».

Quanto tempo ci ha messoa scrivere questo libro?

«È stata una scrittura moltodolorosa, non volevo affrontarel’argomento del rapporto conmia madre. Per risponderle, ciho messo tre anni».

E per gli altri libri?«Per il mio esordio, Lourdes,

pubblicato da Adelphi nel 1998,ci ho impiegato quaranta gior-ni. Ho raccolto la mescolanzadei nostri difetti umani e ho cercato degli archetipi di mo-stri , che poi ho raccontato».

Come guarda il mondo ecosa guarda?

«È il particolare ad attirarmis-e-m-p-r-e. Dal particolare al-l’universale. E ritorno».

In questo ultimo romanzolei ha raccontato se stessa.D’accordo, anche con moltesituazioni inventate, ma è lasua vita. Non si è mai sentitamessa a nudo di fronte ai let-tori?

«Sono abituata. In un mioromanzo c’è il riconoscimentodella morte di mio padre.Quando ho consegnato il ma-noscritto in Adelphi, mi hannodetto “sai che ora chi leggeràpotrà usare quelle tue parolepersonali su tuo padre come

vorrà?”».E lei cosa rispose?«Che ne ero perfettamente

consapevole e che andava benecosì».

Leggendo il suo ultimo ro-manzo, ho anche riso molto.Lei ha una straordinaria abi-lità nel mischiare, o meglionell’alternare, al momentogiusto fra l’altro, il tragico algrottesco, la disperazione al-la risata cinica. Ma lei quandoscrive si diverte?

«Scrivere è una fatica, all’in-terno della quale ci sono, certo,anche sprazzi di divertimento.Ma vengo assalita continua-mente da un senso di frustra-zione».

Per cosa?«Per non riuscire a trasfor-

mare il pensiero in parole».Ma come, una che come lei

ha un linguaggio così ricco evariegato?

«Quando l’emozione diventaparola, perde almeno il 70%della sua carica».

Come scrittrice è discipli-nata?

«Tendo a sottrarmi, poiquando mi sento greve dellamateria che sto affrontando,scrivo. È qualcosa di fisiologi-co».

E quando ha finito?«Mi sento come si mi avesse-

ro raschiato tutti gli organi. Dadentro».

Lei apre il romanzo conuna bellissima citazione diRainer Maria Rilke sulla per-fezione dei cani e anche den-tro i libro le pagine pullulanodi quadrupedi. E sembra chelo scodinzolante Leporì sial’unico essere in grado dimettere d’accordo lei e suamadre. Che rapporto ha con icani?

«Io conosco la loro lingua. Liadoro. Ma dopo che è morto ilmio, non ne ho più presi. Inte-ragisco continuamente con deicani, ma di altri. Non sarei ingrado di sopportare ancorauna volta il dolore di una perdi-ta. Nel mio romanzo Tutta miopadre, dichiaro che la morte diun cane è molto più dolorosa diquella di un genitore. Io possoassistere creature umane cheparlano fino alla morte, ma icani che soffrono mi procura-no una sofferenza intollerabile.Con Leporì nell’ultimo roman-zo volevo descrivere lui e invecealla fine mi sono ritrovata a de-scrivere me stessa».

Cosa legge?«Di italiani ora, Landolfi e

Ceronetti». E stranieri?«Ho letto molto McCarthy,

McEwan, Roth. A volte devoleggere anche dei best sellerper capire il “perché”».

Quanto conta il talento equanto contano la disciplinae il rigore dello studio per di-ventare scrittori?

«Un talento naturale ci vuo-le. Ma è fondamentale anche ladisciplina. La preparazione allascrittura è la lettura. Non siscappa».

A casa ha molti libri?«Sì, e in camera da letto ab-

biamo, vicino alla finestra, an-che un reparto “Schifezze”,piuttosto pieno».

E che libri ci sono?«Mah... non glielo posso di-

re, ma ha presente certi libriscritti dai politici?».

Certo che li ho presenti«Ecco, più o meno ci si aggi-

ra da quelle parti»[email protected]

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È stata una scrittura dolorosa, non volevo affrontarel’argomento del rapporto con mia madreCi ho messo tre anni a finire questo romanzo

Volevo descrivere lo scodinzolan-te Leporìe alla fine mi sono ritrovata a descrivere me stessaÈ più doloroso perdere un cane che un genitore

L’intervista Rosa Matteucci presenta oggi a Ravenna (Palazzo Rasponi) e domani a Bologna (Biblioteca delle donne) il suo nuovo romanzo (Adelphi) «Costellazione familiare». Dopo solo un mese è giunto alla seconda edizione

«Parlo la lingua dei caniMi sento una di loro»

L’anticipazionePremio «Dino Gavina»al Design Week

Cultura Spettacoli

di Helmut Failoni

di Roy Menarini

Scrittrice Rosa Matteucci con un quadro del cane Pegino (foto Fabio Lombrici)

Bologna Design Week in vista della sua 2° edizione, che si aprirà il 28 settembre durante il Cersaie, annuncia (insieme al

Comune e all’Università, partner della manifestazione) l’istituzione di un premio dedicato a Dino Gavina, per oltre mezzo secolo protagonista nella produzione e promozione del design. Un’altra novità di Bdw è la stretta collaborazione con la IAAD (Istituto d’Arte Applicata al Design) che a Bologna apre la

sua 2° sede universitaria dopo quella di Torino (inizio corsi set. 2017) nei 1500 mq di un palazzo in centro. E infine la call aperta per chi intende proporre mostre, eventi, installazioni durante Bdw: contatti su bolognadesignweek.com o sulla pagina Facebook. (F. P.)

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