Intervento Di Bruce Sulla Musica a Austin 2012 Keynote

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Buongiorno. Buongiorno, buongiorno, buongiorno, perché cazzo siamo svegli così presto? Voglio dire: quanto sarà mai importante questo discorso se lo teniamo a mezzogiorno? Non sarà tanto importante. Ogni musicista decente in città a quest’ora dorme, o dormirà per quando avrò finito ‘sta roba, ve lo garantisco. [Traffica con i fogli] Ho un po’ di casino qui. Quando sono stato invitato a tenere il discorso principale alla conferenza di quest’anno ho avuto qualche esitazione perché la parola “principale” mi metteva a disagio [1] . Sembrava suggerire che si dovesse individuare un unico principio capace di riassumere tutto quanto sta accadendo là fuori, nelle strade [di Austin]: cinque giorni pieni di band in centinaia di locali da mattina a sera. E inoltre nessuno ormai concorda anche solo minimamente su qualcosa quando si tratta di musica pop. Non c’è nessun principio chiave, non credo. Non c’è più alcuna teoria univoca su niente. Chiedete a Einstein [2] se non ci credete. Prendete una band qualunque, diciamo i Kiss, e potete dire: “tra i capostipiti del rock teatrale, esprimevano la vera esuberanza ormonale dell’adolescenza” oppure “fanno schifo!” O i Phish: “gli eredi al trono dei Grateful Dead, geniale fulcro della più autentica comunità alternativa” o “fanno schifo!” Si può dire: “Bruce Springsteen, genio dal talento poetico innato uscito dalle strade della Monmouth County, il nativo del New Jersey che lavora più duro in tutto lo show business, voce dell’uomo comune, futuro del rock’n’roll” o “fa schifo! Fuori dalle palle!” Potete scegliere una qualunque band e crearvi la vostra personale equazione. È divertente. C’è anche un libro recente che ha dato ampio spazio ai Beatles che ha sentenziato… sì, avete indovinato, che facevano schifo. Perciò, veramente, invece di un discorso principale dovrebbero esserci diversi discorsi principali o forse molti relatori principali. Tendo a esagerare per far colpo sul pubblico, ma neanche troppo e quindi, ciò premesso a mia Bruce Springsteen SXSW 2012 Music Conference Austin, Tx, 15.03.12 A cura di Andrea Boido Traduzione di: Ferdinando Ametrano Marcello Bariani Andrea Boido Michele Comai Francesco D’Acri Angela Del Rosso Marco Gioanola Silvia Leprai Alex Locatelli Vittorio Pasquali Riccardo Rurali Roberto Sasso Per informazioni e chiarimenti: [email protected]

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Buongiorno. Buongiorno, buongiorno, buongiorno, perché cazzo siamo svegli così presto? Voglio dire: quanto sarà mai importante questo discorso se lo teniamo a mezzogiorno? Non sarà tanto importante. Ogni musicista decente in città a quest’ora dorme, o dormirà per quando avrò finito ‘sta roba, ve lo garantisco. [Traffica con i fogli] Ho un po’ di casino qui. Quando sono stato invitato a tenere il discorso principale alla conferenza di quest’anno ho avuto qualche esitazione perché la parola “principale” mi metteva a disagio[1]. Sembrava suggerire che si dovesse individuare un unico principio capace di riassumere tutto quanto sta accadendo là fuori, nelle strade [di Austin]: cinque giorni pieni di band in centinaia di locali da mattina a sera. E inoltre nessuno ormai concorda anche solo minimamente su qualcosa quando si tratta di musica pop. Non c’è nessun principio chiave, non credo. Non c’è più alcuna teoria univoca su niente. Chiedete a Einstein[2] se non ci credete. Prendete una band qualunque, diciamo i Kiss, e potete dire: “tra i capostipiti del rock teatrale, esprimevano la vera esuberanza ormonale dell’adolescenza” oppure “fanno schifo!” O i Phish: “gli eredi al trono dei Grateful Dead, geniale fulcro della più autentica comunità alternativa” o “fanno schifo!” Si può dire: “Bruce Springsteen, genio dal talento poetico innato uscito dalle strade della Monmouth County, il nativo del New Jersey che lavora più duro in tutto lo show business, voce dell’uomo comune, futuro del rock’n’roll” o “fa schifo! Fuori dalle palle!” Potete scegliere una qualunque band e crearvi la vostra personale equazione. È divertente. C’è anche un libro recente che ha dato ampio spazio ai Beatles che ha sentenziato… sì, avete indovinato, che facevano schifo. Perciò, veramente, invece di un discorso principale dovrebbero esserci diversi discorsi principali o forse molti relatori principali. Tendo a esagerare per far colpo sul pubblico, ma neanche troppo e quindi, ciò premesso a mia

Bruce Springsteen SXSW 2012 Music Conference

Austin, Tx, 15.03.12

A cura di Andrea Boido

Traduzione di: Ferdinando Ametrano

Marcello Bariani Andrea Boido

Michele Comai Francesco D’Acri Angela Del Rosso Marco Gioanola

Silvia Leprai Alex Locatelli

Vittorio Pasquali Riccardo Rurali Roberto Sasso

Per informazioni e chiarimenti:

[email protected]

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discolpa, procedo, con estrema cautela. Comunque, è bello essere in una città con diecimila band o quel che è… qualcuno ha il numero preciso? [fa il gesto di tendere l’orecchio per ascoltare la risposta del pubblico, ma nessuno dice nulla] E su… [ride] Vabbe’ un sacco, e alla fine del 1964, quando ho preso in mano la mia prima chitarra, questo sarebbe sembrato un folle, utopistico sogno adolescenziale. Prima di tutto perché sarebbe stato impossibile dal punto di vista numerico, dato che non c’erano così tante chitarre in giro a quel tempo. Semplicemente non ne avevano ancora fabbricate abbastanza. Avremmo dovuto tutti accettare di metterle in condivisione. Anche i chitarristi erano pochissimi, e avevano per lo più una formazione scolastica. Le band erano pochissime e, prima dell’avvento dei Beatles, suonavano soprattutto musica strumentale. E non c’era neanche tanta musica da suonare. Quando ho preso in mano la chitarra c’erano solo dieci anni di storia del rock’n’roll da cui attingere. Provate a immaginare: è come se tutta la musica pop oggi nota fosse solo quella prodotta tra il 2002 e adesso. Da teenager, il maggior numero di gruppi che ho visto concentrati in unico posto sono state venti band al Keyport-Matawan Roller Drome in una battaglia all’ultimo sangue[3]. C’erano così tanti stili che si sovrapponevano in quel momento storico che finivi con il ritrovarti in scena un gruppo vocale di doo wop con grandi pettinature stile pompadour e completi abbinati, sistemati accanto alla nostra band impegnata in una versione garage di Mystic Eyes dei Them, che a sua volta aveva accanto una band soul da tredici elementi. E questo è comunque nulla di vagamente paragonabile a quanto sta accadendo proprio ora nelle strade di Austin.

NOTE

[1] Il gioco di parole, difficilmente traducibile, è in realtà

tra keynote, che qualifica il discorso principale di una

conferenza, e key note che in musica è la nota dominante. [2] Pochi mesi prima, nel settembre 2011, il CERN di

Ginevra aveva pubblicato i risultati di un esperimento che

metteva in dubbio la teoria della relatività di Einstein,

attribuendo ai neutrini una velocità maggiore di quella

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Perciò è incredibile essere di nuovo qui. Mi sono divertito così tanto qui ad Austin sin dagli anni Settanta, ai tempi di Jim Franklin[4] e dell’Armadillo World Headquarters[5]. È affascinante vedere cosa è diventata la musica che ho amato per tutta la mia vita. Il pop è diventato, credo, un nuovo linguaggio, una forza culturale, un movimento sociale. Anzi, a dire il vero, una serie di nuovi linguaggi, forze culturali e movimenti sociali che hanno ispirato e animato la seconda parte del ventesimo secolo e l’alba di quello che viviamo. Voglio dire, chi avrebbe mai pensato che avremmo avuto un presidente sassofonista[6] o un presidente che canta il soul[7]? Quando abbiamo iniziato, i trent’anni per un musicista rock erano qualcosa di inimmaginabile. Bill Haley teneva relativamente segreta la sua età. Così quando Danny & The Juniors cantavano Rock’n’roll is here to stay (il rock‘n’roll è qui per restare) non avevano alcuna idea di quanto cazzo ci avessero spaventosamente preso. Quando do un’occhiata giù dal mio palco in questi giorni, guardo negli occhi tre generazioni di persone; e ancora il pop continua a svolgere la sua funzione principale di musica per i giovani, di gioiosa miccia per animate discussioni e di oggetto di dibattito in lunghe notti piene d’alcol con Steve Van Zandt, in cui si cerca di decidere a chi va la corona di migliore di tutti i tempi. Ci sono così tanti sottogeneri e stili: two-tone, acid rock, alternative dance, alternative metal, alternative rock, art punk, art rock, avant-garde metal, black metal, black and death metal, Christian metal, heavy metal, funk metal, glam metal, medieval metal, indie metal, melodic death metal, melodic black metal, metalcore, hard core, electronic hard core, folk punk, folk rock, pop punk, brit-pop, grunge, sad core, surf music, psychedelic rock, punk rock, hip-hop, rap rock, rap metal, nintendocore… eh? Anch’io vorrei tanto sapere cos’è il nintendocore. Ma ci sono anche il rock noir, shock

della luce. Cinque mesi dopo, nel febbraio del 2012 (e

quindi poco prima del discorso di Bruce) lo stesso CERN

ammise che i risultati erano in realtà errati. Il coordinatore

dell’esperimento, Antonio Ereditato, si dimise poco dopo. [3] Bruce fa riferimento alla Battle of the bands tenutasi al Matawan-

Keyport Roller Drome di Matawan, NJ, il 2 aprile 1966. Secondo il sito

Brucebase le band che si esibirono furono in realtà 25 e tutti della zona.

Tutti i gruppi erano sul palco nello stesso momento, disposti a formare un

grande cerchio e ognuno di loro eseguì 3 canzoni. Il gruppo di Bruce, i

Castiles, si piazzò fuori dalle prime cinque posizioni, perdendo così la

possibilità di esibirsi la settimana seguente nello stesso posto in un

cartellone che avrebbe incluso Dovells, Ad-Libs e Crystals. Questa Battle

of the bands fu scena del primo incontro di Bruce con Vini Lopez (la cui

band arrivò seconda) e con Vinnie Roslin, futuro bassista degli Steel Mill,

che era presente in qualità di giudice. Lopez ricorda i Castiles come la

miglior band della serata e pensa che avrebbero dovuto vincere loro. [4] Artista texano specializzato nella creazione di locandine per concerti,

tra i fondatori del Vulcan Gas Company, famoso locale psichedelico di

Austin. L’Armadillo World Headquarters deve parte del suo nome proprio

all’uso simbolico che Franklin faceva dell’Armadillo nelle sue opere. [5] Storico locale di Austin. Aperto nel 1970, per l’intero

decennio rappresentò uno straordinario punto di

riferimento per tutta la scena musicale locale e non solo.

All’Armadillo si esibirono anche nomi del calibro di Ray

Charles, Willie Nelson, ZZ Top, Frank Zappa e AC/DC.

Springsteen vi tenne cinque concerti nel 1974. Il locale

chiuse ufficialmente i battenti il 31 dicembre 1980. [6] Bill Clinton [7] Barack Obama [8] Leggendario critico musicale statunitense, collaborò a

molte testate tra cui Rolling Stone e Creem. Morì nel 1982,

a soli 33 anni, per un’overdose. [9] L’articolo cui si riferisce Bruce è “Where Were You When

Elvis Died?” apparso su VIllage Voice il 29 agosto 1977. [10] Bruce fa riferimento a un passaggio di Fight the power,

canzone manifesto dei Public Enemy, che recita:

Elvis was a hero to most But he never meant shit to me you see Straight up racist that sucker was Simple and plain Mother fuck him and John Wayne

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rock, skate punk, noise core, noise pop, noise rock, pagan rock, paisley underground, indie pop, indie rock, heartland rock, roots rock, samba rock, screamo, emo, shoe-gazing stoner rock, swamp pop, synth pop, rock against communism, garage rock, blues rock, death and roll, lo-fi, jangle pop… e il folk.

Aggiungete neo- e post- a tutto quello che ho detto e ripetete da capo. Ah, già, e il rock’n’roll.

E, porca miseria, tutto questo sta accadendo proprio ora qui in città. Per un tizio che ha realizzato che gli U2 probabilmente saranno l’ultima band di cui sarà in grado di elencare i nomi di tutti e quattro i componenti, tutto ciò è davvero sconvolgente. Forse la riflessione più profetica sul rock che abbia sentito nello scorso quarto di secolo è quella fatta da Lester Bangs[8] riguardo alla morte di Elvis. Nel 1977, Lester Bangs disse[9] che Elvis probabilmente sarebbe stata l’ultima cosa su cui ci saremmo trovati tutti d’accordo. Tutti tranne i Public Enemy, chiaramente[10]. Da quel momento in poi, voi avreste avuto i vostri eroi e io i miei. Il centro del vostro mondo potevano essere Iggy Pop o Joni Mitchell o forse Dylan, quello del mio i Kiss o i Pearl Jam, ma non l’avremmo mai più vista allo stesso modo e nessuna musica sarebbe più stata in grado di metterci tutti d’accordo. E la sua ultima frase nell’articolo era: “perciò, invece di dire addio a Elvis, io dirò addio a tutti voi”. E benché la bontà di questa riflessione sia stata dimostrata migliaia di volte, resta il fatto che oggi siamo qui in una città con migliaia di band, ognuna con un suo stile, una sua filosofia e una sua canzone da suonare. E credo che le migliori tra loro siano convinte di avere il potere di ribaltare completamente la profezia di Lester Bangs e di vincere la scommessa che ha lanciato. E così, mentre i vinili su cui in origine è stata pubblicata la mia musica hanno ceduto il posto a una nuvola di zero e uno, e mi porto nel taschino tutti i dischi che ho collezionato da quando avevo

(Elvis era un eroe per tanti Ma vedi, per me non ha mai significato un cazzo Quello stronzo era un fascista fatto e finito Chiaro e semplice Si strafottano lui e John Wayne)

[11] Questo potrebbe essere un gioco di parole tra F come lettera e F nel senso di accordo in Fa, uno di quelli che appunto Bruce non riusciva a fare a causa della minutezza delle sue mani.

[12] Bruce fa riferimento a Tears on your pillow(lacrime sul tuo cuscino), canzone doo-wop e grande successo del 1958 di Little Anthony and The Imperials

[13] Uno dei nascondigli più usati dalle coppiette di liceali americani per appartarsi e fare sesso. Chiaramente sotto le gradinate, non sopra…

[14] Acronimo di Young Men’s Christian Association, organizzazione cristiana a livello mondiale che pone in atto diverse attività mirate allo sviluppo dei giovani.

[15] Benché la versione di gran lunga più famosa, ovvero quello dei Righteous Brothers, sia del 1965, Unchained Melody è stata scritta nel 1955 da Alex North e Hy Zaret e solo in quell’anno entrò nella Top 10 americana per tre ben volte, con tre artisti diversi: Les Baxter (versione strumentale), Al Hibbler e Roy Hamilton. Tra i molti che incisero il pezzo negli anni immediatamente successivi spicca anche il nome di Gene Vincent. È perciò probabile che la canzone che Bruce accenna alla chitarra sia effettivamenteUnchained Melody.

[16] Tecnica di registrazione sviluppata da Phil Spector all’inizio degli anni ’60 che mescolava un grandissimo numero di strumenti in un suono straordinariamente denso e pieno di riverbero, simile per certi versi al rombo di un motore. Il Wall of Sound veniva realizzato sfruttando in molti casi le caratteristiche uniche dei Gold Star Studios di Los Angeles e impiegando diversi espedienti, come ad esempio far suonare all’unisono la stessa parte a più chitarre, pianoforti e batterie.

[17] He Hit Me (and It Felt Like a Kiss) è una produzione di Spector del 1962 che venne portata al successo dalle Crystals. La canzone è stata scritta da Gerry Goffin e Carole King.

[18] Espressione che indica la straordinaria popolarità ottenuta negli USA da molte band britanniche nel periodo centrale degli anni Sessanta. La strada venne aperta alla fine del ’63 dai Beatles e presto seguita da molti gruppi come ad esempio Rolling Stones, Animals, Kinks, Troggs,

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tredici anni a oggi, io vorrei parlarvi dell’unica cosa che è rimasta davvero costante nel corso degli anni: l’origine e il potere della creatività, il potere dell’autore di canzoni, o diciamo pure del compositore o, più semplicemente, del creatore. Perciò, che tu faccia dance, americana, rap, elettronica, tutto si riduce sempre al modo in cui metti assieme le cose che fai. Gli ingredienti che usi non contano. La purezza dell’espressione e dell’esperienza umana non restano intrappolate nelle chitarre, nelle valvole degli amplificatori, nei giradischi o nei microchip. Non esiste un modo giusto, un modo puro di farlo. Conta solo farlo.

Viviamo in un mondo post-autentico. E oggi l'autenticità è solo un gioco di specchi. E' solo tutto ciò che porti con te quando si spengono le luci. Sono i tuoi maestri, le tue influenze, la tua storia personale; e a conti fatti, sono la forza e lo scopo della tua musica le uniche cose che hanno davvero importanza.

Così oggi vi parlerò un po' di come ho fatto a mettere assieme il mio lavoro, nella speranza che qualcuno fra quelli impegnati a picchiare duro in uno dei club stanotte possa trovare utile almeno una piccola parte di questo discorso.

Dato che ricorre il centenario della nascita di Woody Guthrie, che è anche il tema principale della South-by-Southwest Conference di quest’anno, parlerò un po' anche del mio sviluppo musicale, e del punto in cui ha incrociato quello di Woody, e del perché l’ha fatto.

All'inizio ogni musicista ha il suo momento di genesi. Per voi possono

Them e Who.

[19] Uno dei primi dischi dei Beatles pubblicati negli Stati Uniti. Riprende diversi brani di With the Beatlesuscito nel Regno Unito due mesi prima. Ha anche la stessa foto di copertina, il celebre scatto in bianco e nero di Robert Freeman cui fa riferimento Bruce.

[20] Vecchia, e ormai scomparsa, catena di negozi “five and dime”, ovvero quelli in cui tutto costa 5 o 10 centesimi.

[21] Il riferimento è al periodo tra l’agosto del 1960 e il

dicembre del 1962 durante il quale i Beatles, ancora senza

contratto discografico, si esibirono con regolarità nei locali

di Amburgo. [22] Bruce in realtà usa l’espressione “Liverpool wharf rats”

che si potrebbe tradurre come “frequentatori assidui del

molo di Liverpool”. [23] Modello di giacca senza colletto e risvolti, con una

superficie liscia frontale, che riprende uno stile di giacca

indossata da Jawaharlal Nehru, Primo Ministro dell'India

dal 1947 al 1964. Le Nehru furono molto popolari in

Occidente negli anni Sessanta e Settanta assieme ad altri

abiti di ispirazione orientale. [24] Cantante e leader degli Animals. [25] Leggendario bluesman statunitense. [26] Scritto da Bennie Benjamin, Gloria Caldwell e Sol

Marcus, il brano venne inciso per la prima volta da Nina

Simone nel 1964. Un anno dopo gli Animals ne fecero una

cover che divenne un hit. La loro versione era molto più

veloce dell’originale e aggiungeva il celebre riff cui si

riferisce Bruce, che gli Animals inventarono prendendo

spunto dalle note suonate dagli archi sul finale della

versione di Nina Simone. [27] Grande successo del 1967 di Sam & Dave. Scritto da

Isaac Hayes e David Porter. [28] L’espressione usata da Bruce è “soul man” che è

difficilmente traducibile, indicando sia il fatto di cantare il

soul, sia l’essere persone dotate, appunto, di grande cuore

e passione. [29] Fondamentale casa discografica soul e rhythm and

blues fondata da Berry Gordy Jr. Il nome Motown è una

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essere stati i Sex Pistols o Madonna o i Public Enemy. E' qualunque cosa che per prima ti spinga all'azione.

Il mio è stato Elvis all'Ed Sullivan Show nel 1956. E' stata la sera in cui mi sono reso conto che un bianco poteva creare magia, che non dovevi essere limitato dal modo in cui eri stato educato, dal tuo aspetto, o dal contesto sociale che ti opprimeva. Potevi fare appello ai poteri che ti forniva la tua immaginazione e dar vita ad un “sé” capace di trasformarsi.

Un particolare tipo di sé capace di trasformarsi che forse, in un qualunque altro momento della storia americana, deve essere sembrato difficile, se non impossibile creare.

E dico sempre ai miei figli che sono fortunati a essere nati nell'epoca della tecnologia riproducibile, altrimenti a quest’ora loro starebbero viaggiando nel retro di un carro ed io indosserei un berretto a sonagli. È questione di tempismo, sempre e solo una questione di tempismo.

Negli anni Cinquanta l’avvento della televisione, con la sua capacità di diffondere informazioni visive, cambiò il mondo proprio come ha fatto internet nel corso degli ultimi vent’anni.

Fate attenzione, non era solo il modo in cui Elvis appariva, era il modo in cui si muoveva che fece impazzire la gente, che la fece incazzare, che la fece urlare d’estasi o gridare allo scandalo. Fu la televisione a fare tutto questo.

Quando tentarono di censurarlo dalla cintola in giù, fu a causa di ciò che

contrazione di motor town, nome che indica Detroit, città

che ospitava l’etichetta. [30] Grande rivale della Motown, la Stax aveva sede a

Memphis. Il nome è una contrazione dei cognomi dei

fondatori, Jim Stewart e sua sorella Estelle Axton. [31] Grande produttore discografico e talent scout, noto

soprattutto per aver scoperto, tra gli altri, Billie Holiday,

Pete Seeger, Bob Dylan, Leonard Cohen e… Bruce

Springsteen. [32] I T.A.M.I. Show si svolsero il 28 e 29 ottobre 1964 al Civic

Auditorium di Santa Monica e ne venne realizzato anche un film concerto

dallo stesso titolo. Il cartellone, oltre a Brown e agli Stones, comprendeva

tra gli altri i Beach Boys, Gerry & The Pacemakers, Chuck Berry, Marvin

Gaye, le Supremes e Smokey Robinson. L’acronimo T.A.M.I. sta per

Teenage Awards Music International. Lo stesso Keith Richards ha

dichiarato che la scelta di suonare dopo James Brown è stato il più grande

errore della carriera dei Rolling Stones. [33] Leggendario campione di basket. Negli anni Ottante

guidò i Los Angeles Lakers alla conquista di cinque titoli

NBA. [34] Attore texano, noto soprattutto per aver recitato nella

serie tv Cin Cin e in film come Proposta indecente,Assassini

nati e Larry Flint – Oltre lo scandalo. [35] Citazione da Like a rolling stone. [36] Citazione da Like a rolling stone. [37] Tutte e tre le canzoni citate sono successi di Hank

Williams, anche se Lost Highway è stata scritta da Leon

Payne. [38] Il riferimento è a un’usanza frequente nelle giostre

americane di una volta. All’esterno della giostra calava un

braccio meccanico con appeso un anello d’ottone; chi

riusciva ad afferrare l’anello aveva diritto a un giro gratis

o, a volte, a un premio. In un’altra versione dello stesso

gioco c’erano diversi anelli, facili da afferrare, ma solo uno

era quello d’ottone che dava diritto al premio, gli altri, di

ferro, non avevano alcun valore. È probabilmente a questa

versione del gioco che si riferisce la canzone: la donna del

protagonista non ha pescato l’anello d’ottone, ma quello di

ferro, cioè lui, eppure a lei non importa e lo ama e lo sposa

lo stesso. Da notare anche che il termine “brass ring” è ora

sinonimo di premio che si è riusciti a conquistare.

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potevi veder succedere nei suoi pantaloni. Elvis è stato il primo uomo moderno del ventesimo secolo, il precursore della rivoluzione sessuale e della rivoluzione dei diritti civili. Era il frutto dalla stessa Memphis di Martin Luther King e creò una forma d’arte fondamentale e fuori dai canoni che sarebbe stata abbracciata dalla cultura popolare di massa.

La televisione ed Elvis ci diedero pieno accesso a un nuovo linguaggio, a una nuova forma di comunicazione, a un nuovo modo di essere, a un nuovo modo di apparire, a un nuovo modo di pensare riguardo al sesso, alla razza, all'identità, alla vita; un nuovo modo di essere un Americano, un essere umano; e un nuovo modo di ascoltare la musica.

Una volta che Elvis arrivò portato dalle onde radio, una volta che venne ascoltato e visto in azione, non fu più possibile rimettere il genio dentro la lampada. Da quel momento c’era uno ieri e c’era un oggi, e c’era un’infuocata fornace rockabilly in cui, davanti ai tuoi occhi, si plasmava un nuovo domani.

Così, una settimana più tardi, ispirato dalla passione nei pantaloni di Elvis, le mie piccole dita da bimbo di sei anni cinsero, per la prima volta, il manico di una chitarra noleggiata al negozio Mike Deal’s Music, a Freehold nel New Jersey. Erano troppo piccole! Fallimento con la F maiuscola[11]. Così mi limitai a picchiarci sopra [Bruce fa il gesto di una schitarrata con la mano destra] e a picchiare e a picchiare. Davanti allo specchio, ovviamente. Lo faccio ancora. Voi no? E su, bisogna pur provare le proprie pose, no?

[39] Bruce fa riferimento a Sunday Morning Coming Down,

grande successo di Kris Kristofferson eseguito tra gli altri

anche da Johnny Cash. [40] Would You Take Another Chance on Me? di Jerry Lee

Lewis. [41] Falling to the Bottom di Jerry Lee Lewis. [42] Questo potrebbe anche essere un riferimento aWorkin’

Man Blues, una delle canzoni più famose del grande artista

country Merle Haggard. Il pezzo venne pubblicato come

singolo nel 1969. [43] Il riferimento è My Bucket’s Got a Hole in It, successo

di Hank Williams del 1949. [44] Termine di origine francese che oggi viene utilizzato per

indicare lo stile di vita non convenzionale tipico di alcuni

artisti. [45] Termine nato negli anni Quaranta negli USA e usato

originariamente per definire una particolare sottocultura

giovanile appassionata di bebop e affascinata dallo stile di

vita dei jazzisti afroamericani. Negli anni Sessanta prese

un significato più vicino a “esistenzialista”, mentre oggi ne

ha uno simile al nostro “alternativo”. [46] L’esatta frase di Bruce è “ghost in the machine”. Si

tratta di un’espressione coniata nel 1949 dal filosofo

Gilbert Ryle per criticare alcuni concetti filosofici del

diciassettesimo e diciottesimo secolo e in particolare l’idea

dell’uomo come macchina complessa al cui interno è

presente una sorta di fantasma che gli conferisce

intelligenza, spontaneità, emotività ecc. L’espressione è

filtrata nella cultura popolare che l’ha però modificata,

riferendola all’idea che un macchinario (un motore, un

computer, ecc) possa essere posseduto da una sorta di

spirito che gli conferisce tratti umani e gli dona una

coscienza. [47] La prima Cadillac posseduta da Elvis e comprata con i

primi soldi guadagnati grazie al suo successo era appunto

rosa. Da allora la Cadillac rosa è uno dei simboli del rock

‘n’ roll, ma anche della grandeur delle rockstar, concetto

ben incarnato da Elvis. E' il sinonimo dei soldi, del lusso e

delle comodità che arrivano con il successo. È a questo

significato che Bruce fa riferimento.

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Ma anche prima dell'arrivo di Elvis, il mio mondo aveva iniziato a prendere forma grazie alla piccola radio con un altoparlante mono da sei pollici piazzata sopra al nostro frigorifero. Mia madre amava la musica, e ci allevò a suon di pop. Così, tra le 8 e le 8.30 di ogni mattina, mentre spargevo lo zucchero sui miei cereali "Sugar Pops", i suoni del primo pop e del doo wop sussurravano nelle mie giovani e impressionabili orecchie.

Il doo wop, la musica più sensuale mai creata, il suono del sesso grezzo, il fruscio delle calze di seta sulla tappezzeria del sedile posteriore, lo schiocco dei reggiseni slacciati in tutti gli Stati Uniti, le meravigliose bugie sussurrate in orecchie profumate di Tabu. Il suono del rossetto sbavato, le camicette sfilate dalle gonne, il mascara che cola, le lacrime versate sul tuo cuscino[12], i segreti sussurrati nel cuore della notte, le gradinate del campo da football del liceo[13] e il buio della mensa del YMCA[14]. La colonna sonora della vostra meravigliosa passeggiata zoppicante, con le palle gonfie, di ritorno a casa dopo il ballo.

Oh! Che piacevole dolore.

Tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio dei Sessanta, il doo wop grondava da tutte le radio nelle stazioni di servizio, nelle fabbriche, nelle strade, nelle sale da biliardo - i templi della vita e del mistero della mia piccola città natale. E rimanevo sempre rapito dalla sua semplice progressione di accordi. Non ci dovrebbe essere una chitarra qui, da qualche parte? Qualcuno ne ha una? Non ne ho veramente bisogno, ma…

[48] Bruce fa riferimento alla cerimonia per l’insediamento

di Barack Obama, tenutasi a Washington il 18 gennaio

2009. [49] Con il suo insistere sul cantare ogni strofa Seeger

sottintendeva soprattutto quelle che molto spesso non

vengono eseguite nelle esecuzioni pubbliche di This Land is

Your Land perché ritenute espressione troppo diretta di

concetti socialisti (anche Springsteen le ometteva

completamente nella sua versione). Lo stesso Guthrie non

le aveva incluse in una prima registrazione del pezzo, che

è poi considerata quella ufficiale. Le strofe in questione

sono:

Nobody living can ever stop me, as I go walking that freedom highway; Nobody living can ever make me turn back This land was made for you and me.

In the squares of the city, In the shadow of a steeple by the relief office, I'd seen my people. As they stood there hungry, I stood there asking, Is this land made for you and me?

There was a big high wall there that tried to stop me sign was painted, it said private property but on the back side it didn't say nothing This land was made for you and me.

(Nessun essere vivente potrà mai fermarmi mentre percorro la strada per la libertà: Nessun essere vivente mi farà tornare sui miei passi Questa terra è stata fatta per te e per me

Nelle piazze delle città, all’ombra di un campanile ho visto la mia gente fare la fila per il sussidio E mentre loro stavano lì affamati io mi sono chiesto se davvero questa terra è stata fatta per te e per me

C’era un muro alto là, che cercava di fermarmi e c’era un cartello con scritto “proprietà privata” ma dietro non c’era scritto nulla Questa terra è stata fatta per te e per me)

Queste sono le strofe che effettivamente Springsteen, Seeger e suo nipote Tao Rodriguez Seeger cantarono quel giorno a Washington. Springsteen però in questo discorso cita solo una strofa che è in realtà una versione leggermente edulcorata (scritta comunque dallo stesso

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[passano una chitarra a Bruce che inizia a suonare un brano doo-wop simile a Unchained Melody[15] accompagnandolo con il falsetto. S’interrompe:]

Non vi fa venir voglia di baciare qualcuno?

E questa diventò:

[Inizia a suonare Backstreets]

“One soft infested summer me and

Terry became friends”

(In una dolce estate maledetta, Io e

Terry siamo diventati amici…)

Viene tutto dallo stesso posto. Poi alle mie orecchie di tredicenne giunse il pop degli anni '60. Roy Orbison era l'altro Uomo in Nero oltre a Johnny Cash. Era il vero maestro di quell'apocalisse romantica che tanto temevi, e che sapevi essere in arrivo dopo la prima notte in cui avevi sussurrato “ti amo” alla tua nuova ragazza. Eri spacciato. Roy era lo sfigato più figo che abbiate mai visto. Con i suoi occhiali neri color bottiglia di Coca Cola e la sua estensione vocale da tre ottave, sembrava provare gioia nel conficcare il suo coltello in profondità nel caldo ventre delle tue insicurezze adolescenziali. Pensate anche solo ai titoli: Crying (Piangendo), It’s over (E’ finita), Running scared (Correndo spaventati). Proprio così. La paranoia, oh, la paranoia. Ha cantato della tragica inconoscibilità delle donne. È stato torturato da pelle vellutata, maglioni d'angora, bellezza e morte - proprio come voi. Ma ha anche cantato di essere stato elevato a

Guthrie) degli ultimi versi, sostituendo il termine “proprietà privata” con un “divieto d’accesso”. Quel giorno venne invece cantata la versione con “proprietà privata”. [50] La traduzione del celebre verso di This Hard Land Stay

hard, stay hungry, stay alive è quella di Alessandro

Baricco, Barnum 2. Altre cronache dal Grande Show,

Universale Economica Feltrinelli. Bruce ha dichiarato di

considerare questo uno dei versi più belli che abbia mai

scritto.

Bruce Springsteen's SXSW 2012 Keynote Speech

(NPR Music)

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vertici di beatitudine quasi inesprimibile proprio da quelle stesse cose che lo torturavano. Oh, crudele ironia. E ti diceva che pur di vivere quei pochi momenti valeva assolutamente la pena di sopportare tutto il resto: la disperazione, la devastazione e il cuore in pezzi. Io lo capii, miei giovani songwriter. La voce della saggezza mi sussurrò all'orecchio: "La vita è tragedia, interrotta da momenti di felicità ultraterrena che rendono sopportabile quella tragedia”. Avevo ragione a metà. Quella non era la vita, quella era la musica pop. Ma a ventiquattro anni, chi poteva notare la differenza? E così ero partito per il mio viaggio. Poi scoprii Spector e il Muro del Suono[16]. L’intera opera di Phil potrebbe essere descritta con il titolo di una delle sue produzioni meno note: “Mi ha colpito (ed è sembrato un bacio)"[17]. I dischi di Phil sembravano rasentare il caos, erano violenza ricoperta di zucchero e canditi e cantata da quelle stesse ragazze che costringevano Roy O a lanciarsi immediatamente su un flacone di antidepressivi. Se Roy era l’opera lirica, Phil era le sinfonie, piccoli orgasmi di tre minuti seguiti dall’oblio. E la più grande lezione di Phil è stata suono-suono-suono, come linguaggio a sé stante. Voglio dire, la prima cosa che viene in mente se parli di Phil Spector è: [mette le mani a coppa di fronte alla bocca e riproduce il ritmo e il suono tonante di batteria dell’intro di Be my baby delle Ronettes]. Non avevi bisogno di nient’altro. E poi, la British Invasion[18]. Avevo la mia prima vera chitarra, stavo davvero iniziando a imparare a suonare, e questa era roba diversa, roba che ha cambiato completamente il paesaggio.

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Quattro ragazzi che suonavano e cantavano, che scrivevano da soli il proprio materiale. Non ci sarebbe più stato un produttore musicale separato dal cantante, un cantante che non scrivesse le sue canzoni, un autore che non cantasse. Ha cambiato il modo in cui si facevano le cose. I Beatles erano cool. Erano classici, formali, ed hanno dato vita all'idea di un’unità autosufficiente che poteva essere completamente assemblata nel tuo garage. Prendete la copertina dell’album Meet the Beatles[19], pensate agli scatti di quei quattro volti. Ricordo di aver visto il disco da J.J. Newberry’s[20]. Lo notai immediatamente… perché quando entravi in un negozio “tutto a 5 e 10 cent”… vedete, all’epoca non c’erano negozi di dischi perché non c’erano ancora abbastanza dischi, credo. C’era solo un piccolo scaffale vicino ai giocattoli con pochi album da comprare. E mi ricordo di essere entrato di fretta e di aver visto la copertina di quell’album con quei quattro ritratti. Sembravano gli Dei silenti dell’Olimpo. Era come se il tuo futuro fosse lì a fissarti negli occhi. Ricordo di aver pensato: “Questi sono troppo fighi per te, amico mio. Non ce la farai mai ad arrivare a quel livello, mai!”. E poi, un giorno, mi capitò di vedere su una fanzine una foto dei Beatles durante il loro periodo di Amburgo[21]. Indossavano la giacca di pelle, avevano quelle acconciature stile pompadour lisciate all’indietro e le facce brufolose. Mi dissi: “Hey, hey, aspetta un attimo, questi sono gli stessi tipi con cui sono cresciuto! Solo che sono di Liverpool[22]. Perciò, senza le loro giacche Nehru[23] e le loro acconciature, questi tipi sono solo dei ragazzi. Molto più fighi di me, d’accordo, ma comunque niente più che ragazzi. E allora”, mi sono detto,“ci deve essere un modo di arrivare da quello che sono io a quello che sono loro”. E poi per me ci furono gli Animals. Per alcuni, gli

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Animals sono stati soltanto uno fra i tanti, ottimi gruppi beat usciti dagli anni Sessanta, ma per me rappresentarono una vera e propria rivelazione. I primi dischi realmente pieni di coscienza di classe che io abbia mai ascoltato. Prendete We Gotta Get Out Of This Place: aveva quel grandioso giro di basso [lo suona con la chitarra] ed era proprio come un orologio, un orologio che segna lo scorrere del tempo. [inizia a suonare e a cantare We’ve got to get out of this place] “In this dirty old part of the city, where the sun refused to shine. people tell me there ain't no sense in trying. My little girl, you're so young and pretty. one thing I know is true, you'll be dead before your time is due, this I know”. (In questa vecchia e sporca parte della città, dove il sole si è sempre rifiutato di splendere la gente mi dice che è inutile anche solo provarci Piccola, tu sei così giovane e bella e io so una cosa con certezza: ti ritroverai morta ben prima che venga davvero la tua ora, ne sono sicuro) “See my Daddy in bed and dying. see his hair turning grey. He's been working and slaving his life away, yes, I know. It's been work – every day just work – every day It's been work, work, work, work”. (Vedo mio padre nel suo letto di morte vedo i suoi capelli diventare grigi ha buttato via la vita lavorando come uno schiavo, sì, lo so. La sua vita è stata lavoro – ogni giorno solo lavoro – tutti i giorni è stato lavoro, lavoro, lavoro, lavoro)

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“We gotta get out of this place if it's the last thing we ever do We gotta get out of this place girl, there's a better life for me and you. Yes, I know it's true”. (Dobbiamo andarcene da questo posto fosse anche l’ultima cosa che facciamo Dobbiamo andarcene da questo posto ragazza, c’è una vita migliore per noi due. Sì, so che è così) Questa è ogni canzone che io abbia mai scritto. Sì. Questa è tutte le mie canzoni. Non sto scherzando. E’ Born to Run, Born in the USA, tutto ciò che ho fatto negli ultimi quarant’anni, incluse tutte le nuove canzoni. Mi colpì in modo così profondo. Per la prima volta ebbi la sensazione che dalla radio fosse uscito qualcosa che rispecchiava la mia vita a casa, la mia infanzia. E l’altra grande cosa degli Animals era che nessuno di loro era bello. Nemmeno uno. Erano considerati uno dei gruppi più brutti di tutto il rock’n’roll. Ed era una bella cosa. Era bella per me perché mi consideravo orribile a quei tempi. E non erano nemmeno dei tipi piacevoli, sapete? Non cercavano di ingraziarsi il pubblico blandendolo. Erano l’aggressione personificata. “It's my life, I'll do what I want” (E’ la mia vita, farò quello che mi pare). Erano crudeli. Erano crudeli e questo era così liberatorio. Così liberatorio… Quando vedevi Eric Burdon[24], lui era come una versione rimpicciolita di tuo padre con una parrucca. Non ha mai, mai avuto una faccia da ragazzo. Ha sempre avuto una faccia da piccolo uomo. E non sapeva ballare, faceva solo così [si irrigidisce e inizia a muoversi goffamente avanti e indietro]. Gli mettevano un vestito elegante, ma era come mettere un vestito elegante a un gorilla. Lo capivi che lui pensava “fanculo ‘sta merda”. Non lo voleva.

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E poi aveva quella voce che era come, non so, quella di Howlin’ Wolf[25], o qualcosa del genere, che veniva fuori da un ragazzo di 17 o 18 anni. Non so come fosse possibile. Trovavo la loro crudeltà così liberatoria. Qual era quel grande verso di It’s My Life? “It’s a hard world to get a break in, all the good things have been taken” (E’ un mondo dove è difficile trovare un’opportunità, tutte le cose buone se le sono già portate via). E poi, “Though dressed in these rags I'll wear sable someday, hear what I say. I'm gonna ride the serpent. No more time spent sweating rent”. (Anche se adesso indosso questi stracci, un giorno mi vestirò di zibellino, ascolta quello che ti dico. Cavalcherò il serpente. Non passerò più un minuto a sudarmi i soldi per l’affitto) E poi quel verso stupendo: “It's my life. Show me I'm wrong, hurt me sometime” …hurt me sometime… “But someday I'll treat you real fine”. (E’ la mia vita. Mostrami che sbaglio, fammi male qualche volta… fammi male qualche volta… Ma un giorno io ti tratterò davvero bene). Adoro questo verso. Sì, sì, sì, sì!. E poi avevano quel nome. Il loro nome era molto diverso dai Beatles (Scarafaggi), o da Herman’s Hermits (Gli Eremiti di Herman), o da Freddie and the Dreamers (Freddie e i Sognatori). Il loro nome era impietoso, e definitivo, e irrevocabile. Voglio

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dire, ti sfidava faccia a faccia. È stato il nome più sfrontato coniato per un gruppo fino all’arrivo dei Sex Pistols. Badlands, Prove It All Night… tutto Darkness On The Edge of Town straboccava di Animals. Giovani, fate attenzione adesso. Sto per svelarvi come si fa, proprio adesso. Ho preso Don’t Let Me Be Misunderstood[26]. [canticchia l’intro di Don’t let me be misunderstood accompagnandosi con la chitarra e con una lievissima variazione la trasforma in Badlands] E’ lo stesso cazzo di riff! Ascoltate bene, giovani: è così che si realizza un furto di successo. Darkness affondava le radici anche nell’esplosione del punk di quel periodo. Andai a procurarmi tutti quei dischi, tutti i primi dischi punk. Comprai Anarchy in the UK e God Save the Queen, e i Sex Pistols facevano così paura… Fecero letteralmente tremare la Terra. Che è diverso da scioccare. Un sacco di gruppi erano capaci di scioccare. Ma fare davvero paura era un'altra cosa. C'erano pochissimi gruppi capaci di farti davvero paura. Era una grande qualità ed era parte della loro grandiosa bellezza. Erano coraggiosi e ti mettevano alla prova, e rendevano coraggioso anche te. E molta di quell'energia filtrò nel sottotesto di Darkness. Darkness fu scritto nel 1977 e là fuori c'era tutta quella musica, e se eri provvisto di orecchie non potevi ignorarla. Ma altri colleghi musicisti lo fecero ugualmente. Ed ebbero torto. Non potevi ignorare quella sfida. Ovviamente poi, per me, c'era anche il cinema, i film. Ma quella è un’altra storia. E ci fu, poi, la soul music. Il soul… incredibilmente importante. La grinta proletaria della soul music. [canta Soul Man[27]]:

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“I was brought up on a backstreet. I learned how to love before I could eat”.

(Fui allevato in un vicolo

Imparai a far l'amore prima che a mangiare)

Ora, sebbene personalmente io abbia imparato a mangiare molto tempo prima che a far l'amore, sapevo di cosa stesse parlando. Era la musica della cruda risolutezza - del blues, della chiesa, della Terra, e di paradisi intrisi di sesso. Era musica di madida traspirazione, e trasudava richieste di piacere e rispetto. Era musica adulta. La cantavano uomini e donne di cuore[28], non idoli per ragazzine.

E poi c'erano i suoni ambiziosi tutti seta e lustrini della Motown[29]. Era qualcosa di più vellutato, ma non per questo meno potente rispetto al suono della Stax[30]. C'è il soul meravigliosamente impegnato di Curtis Mayfield and the Impressions: We're a winner (Siamo destinati a vincere), Keep on pushin’ (Continua a insistere). Fantastici, fantastici dischi che riempirono le frequenze in un periodo in cui non avresti potuto averne più bisogno. Proprio non avresti potuto averne più bisogno. Woman's got soul (Questa donna ha vera passione), che meraviglioso disco dedicato alle donne! It's all right (Va tutto bene) fu la colonna sonora del movimento per i diritti civili. E fu qui, tra questi grandi artisti afroamericani, che imparai il mestiere. Imparavi come si scrive una canzone. Imparavi ad arrangiare. Imparavi a capire cos'era importante e cosa no. Imparavi a riconoscere come suona un grande

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lavoro di produzione. Imparavi come guidare una band. Imparavi a essere a capo di una band. Tutti questi uomini e donne erano e rimangono i miei maestri. A vent’anni avevo già passato migliaia di notti a mettere in pratica le loro lezioni in bar e club, affinando così le mie capacità. Avevo firmato un contratto come cantante e songwriter acustico, ma ero come un lupo travestito da agnello. Ero stato messo sotto contratto da John Hammond[31] alla Columbia Records assieme a gente come Elliott Murphy, John Prine, Loudon Wainwright III. Eravamo tutti nuovi Dylan. E il vecchio Dylan aveva solo trent'anni. Quindi non capisco nemmeno perché avessero bisogno di un cazzo di Dylan nuovo, ok? Ma a quei tempi era così... a trent’anni eri... capite… [vecchio]. Ma io alle spalle avevo notti e notti di concerti nei locali che mi permettevano di far funzionare le mie canzoni. Giovani musicisti, imparate a funzionare dal vivo e fatelo notte, dopo notte, dopo notte, dopo notte. Il pubblico si ricorderà di voi. Il biglietto del vostro concerto è la vostra stretta di mano. Queste capacità furono per me un grande asso nella manica. E quando alla fine andammo in tour e giocammo quell'asso, facemmo terra bruciata, perché era quello che mi era stato insegnato da Sam Moore e James Brown. Non esiste performance migliore di quella di James Brown ai T.A.M.I. Show[32], quando sfondò il culo ai Rolling Stones. Mi spiace amici, mi spiace. Cazzo ho adorato gli Stones, ma James Brown… la stessa differenza che c’è tra gli uomini e i ragazzi, eravate fottuti in partenza. [Imitando la voce di un

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ragazzino]: “Si, penso proprio che andrò in scena dopo James Brown. Si, ecco, potete mettermi in scaletta da qualche parte dopo James Brown?” Cazzo no!! Sparisci. Vai a casa. Lascia perdere. Risparmiatela. Ho avuto una grande esperienza con James Brown: andai a vederlo una sera e lui più o meno mi conosceva. Ero seduto fra il pubblico e all'improvviso sentii: “Signori e signore, Magic Johnson[33]!” E Magic Johnson salì sul palco. E ancora: “Signori e signore, Woody Harrelson[34]!” Ed eccolo lì sul palco. Allora, ero lì seduto al mio posto a guardare e sentii: “Signori e signore, Mister… Mister… Mister "Born In The USA!". E realizzai che non sapeva come mi chiamassi, però conosceva [una mia canzone]. Così portai il mio culo sul palco più in fretta che potei.

E non so come spiegarvelo, beh, stare

sul palco di fianco a James Brown... fu

una cosa tipo: "Che cazzo ci faccio

qui?" [Imitando James Brown]: “Eeh!

Aah!” e tirammo avanti quella jam

all’infinito. È un tale...la sua influenza...

James Brown, sottovalutato. Ancora

oggi sottovalutato. Lui è Elvis. Lui è

Dylan.

Dylan, da cui ascoltai per la prima volta

una descrizione del posto in cui vivevo

che sembrasse reale e non edulcorata. Se eri giovane negli anni Cinquanta e Sessanta, sentivi che era tutto falso, ovunque ti voltassi. Ma tu non sapevi come dirlo. Al tempo, mancava il linguaggio per farlo. Sentivi solo che era tutta una merda, capite? Ma non avevi le parole [adatte ad esprimerlo]. Bob arrivò e ci diede quelle parole. Ci diede quelle canzoni. E la prima cosa che

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chiese fu: “Come ci si sente? Come ci si sente ad essere soli?”[35]E se tu eri un ragazzo nel 1965, tu eri solo, perché i tuoi genitori, che Dio li benedica, non potevano capire gli incredibili cambiamenti che stavano avvenendo. Tu eri solo, senza una casa[36]. Lui ci diede le parole per comprendere il nostro cuore. Non ti trattava come un bambino. Ti trattava come un adulto. Fece un passo indietro [per vedere meglio la situazione], raccolse la posta che era in gioco per noi e ce la mise davanti agli occhi. E questo non l’ho mai dimenticato. Bob è il padre della mia patria musicale, ora e per sempre. E gli dico grazie. Il grande, grande trucco che ho imparato da Bob – sempre che si possa replicarlo - è che lui fa ancora una cosa che nessuno, nessuno è capace di fare. Canta strofa, dopo strofa, dopo strofa senza diventare noioso. E’ quasi impossibile. Ma Dylan non scriveva a proposito di qualcosa, no, lui in ogni canzone scriveva in un colpo solo di tutto ciò che aveva importanza. Sembrava così, davvero.

Ci riusciva. Mi dissi: “Sì, questo mi

piace, voglio provarci anch’io”.

Così, ora mi ritrovo vicino ai trent’anni

e, naturalmente, sono preoccupato

perché sto diventando vecchio. Voglio

scrivere musica che posso immaginare

di cantare sul palco all’avanzatissima

età di… chessò… quarant’anni? Volevo

crescere. Volevo trasformare la forma

d’arte che amavo in qualcosa che

avrebbe potuto affrontare bene i temi

della mia età adulta. E così trovai la via

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che mi portò alla musica country. Mi ricordo che stavo seduto nel mio piccolo appartamento ascoltando continuamente il Greatest Hits di Hank Williams. Cercavo di decifrare il suo codice, perché all’inizio non mi suonava bene. Mi suonava antiquato e scontroso. Ma era per quell’aspra voce country e quella strumentazione austera. Ma lentamente, lentamente, le mie orecchie si abituarono alla sua meravigliosa semplicità, alla sua oscurità e alla sua profondità. E così Hank Williams smise di essere materiale d’archivio e prese vita davanti ai miei occhi. E mi sono nutrito esclusivamente di quello per un po’, sul finire degli anni Settanta. Nella musica country trovai il blues adulto, le storie dei lavoratori e delle lavoratrici che stavo cercando, la tetra presa di coscienza di quello che la vita ti mette davanti. My Bucket's Got A Hole In It (C’è un buco nel mio secchio), I'll Never Get Out Of This World Alive (Non uscirò mai vivo da questo mondo), Lost Highway (Strada perduta)[37]. E quella grande canzone di Charlie Rich: Life Has its Little Ups and Downs (La vita ha i suoi piccoli alti e bassi):

[inizia a cantare Life Has Its Little Ups and Downs]

“Like ponies on a merry-go-round,

no one grabs a brass ring every time.

But she don't mind.”

(Come i Pony di una giostra, nessuno riesce ad afferrare sempre l’anello del primo premio[38].

Ma a lei non interessa.)

[s’interrompe] Oh cazzo, era come se… [riprende la canzone]

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“She wears a gold ring on her finger And it's mine.” (Lei porta al dito un anello d’oro. Ed è il mio.)

Dio mio, era… è roba capace di ridurmi

in lacrime anche in questo istante.

Era così tanto. Era blues per i proletari,

era stoica presa di coscienza della realtà

di tutti i giorni e delle piccole e grandi

cose che ti permettono di mettere un

piede davanti all’altro e di andare

avanti. Mi resi conto che ero attratto dal

fatalismo presente nella musica country.

[Il country] era riflessivo. Era

divertente. Era pieno di sentimento. Ma

era molto fatalistico. Il domani appariva

sempre molto buio. Ma una cosa il country era di rado: politicamente arrabbiato, e raramente era politicamente critico. E allora compresi che quel fatalismo portava in sé un elemento tossico. Se il rock’n’roll era come un week-end lungo sette giorni, il country era un sabato sera in cui scatenavi l’inferno, seguito dal crollo depressivo della domenica mattina[39]. Senso di colpa, senso di colpa, senso di colpa. “Cazzo, ho combinato un gran casino, oh Mio Dio”. Ma come dice la canzone: “Mi daresti un’altra possibilità?”[40]. Questo era il country.

Sembrava che per il country non fosse

importante domandare il “perché”.

Sembrava come se fosse più questione

di fare qualcosa e poi morire.

Combinare un casino e poi piangere.

Ubriacarsi e poi tentare. Allora, come

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disse Jerry Lee Lewis, personificazione

vivente sia del rock che del country: “Sono precipitato sul fondo e sto lavorando per andare ancora più giù”[41]. Quindi quello era il più puro blues della classe operaia[42]. Lo adoravo. Ma io volevo una risposta alla domanda di Hank Williams: “Perché, perché c’è un buco nel mio secchio? Perché?”[43] Così, oltre alla volontà di divertirsi e al suono grezzo da bar band, la E Street Band portò con sé la ricerca di un’identità e questa ricerca diventò una parte centrale della mia musica. Insomma, il country, per sua natura, mi attraeva. Il country era provinciale, e lo ero anch’io. Non ero tipo da cultura cittadina. Non ero particolarmente bohemien[44] o hipster[45]. Ai tempi in cui esplose [il movimento hippy] divenni una specie di “hippy per caso”. Ma io mi consideravo un tipo qualunque con un talento appena sopra la media. E se mi fossi fatto il culo per svilupparlo…

E il country parlava della verità che veniva fuori dal tuo sudore, dal bar sotto casa, dal negozio all’angolo. Fissava il suo sguardo sulla tristezza di ieri, sui piaceri di stanotte e al limite, la domenica, sul futuro.

Io avevo già fatto parecchia strada, ma c’era qualcosa che ancora mancava. Così, un po’ prima dei trent’anni, un bel giorno mi capitò fra le mani il libro di Joe Klein "Woody Guthrie, A Life".

E leggendo quel libro mi si spalancò davanti un mondo di opportunità che risalivano a prima di Dylan, che lo avevano ispirato e che avevano aperto la strada ad alcuni dei suoi capolavori.

Lo sguardo di Woody era focalizzato sui

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problemi del presente. Ma oltre a questo, da qualche parte oltre l’orizzonte, c’era qualcosa. Quello di Woody era un mondo in cui il fatalismo era temperato da un idealismo pratico. Era un mondo in cui dire la verità in faccia al potere non era inutile, quali che fossero le conseguenze.

Perché continuiamo a parlare di Woody dopo così tanti anni? Non ha mai scritto un successo, non ha mai vinto un disco di platino, mai riempito un’arena, mai avuto la sua foto sulla copertina di Rolling Stone. Ma è una presenza incombente, una grande presenza incombente[46].

E io credo che sia perché le canzoni di Woody, il corpus dei suoi lavori, hanno provato a dare una risposta alla domanda di Hank Williams: “Perché c’è un buco nel tuo secchio?” Ed è una domanda che ha assillato anche me, per tanto tempo. Così, all’inizio dei miei trent’anni, la sua voce mi parlava molto, molto nel profondo. E cominciammo a proporre la cover di This Land Is Your Land in concerto. Io sapevo che non sarei mai stato Woody Guthrie. A me piaceva Elvis, e mi piaceva troppo la Cadillac rosa[47]. Mi piaceva la semplicità, e quel sapore incurante ed effimero dei successi pop. Mi piaceva il poderoso, fottuto rumore. E, a mio modo, mi piacevano i lussi e le comodità della vita da star. All’epoca ero già andato un bel pezzo avanti lungo una strada parecchio diversa [da quella di Woody Guthrie].

Così quattro anni fa mi trovai in una situazione alquanto insolita: era un freddo giorno d’inverno e stavo a fianco di Pete Seeger. C’erano 5 gradi sotto

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zero. Pete era venuto a Washington[48].

Pete si porta appresso il banjo ovunque vada – in metropolitana, sull’autobus – e gira in maniche di camicia. Gli dissi: “Hey Pete, mettiti addosso un giubbetto, si gela qua fuori”.

Lui ha novant’anni… è l’incarnazione vivente dell’eredità lasciata da Woody. E c’erano svariate centinaia di migliaia di nostri concittadini davanti a noi, avevamo il monumento a Lincoln dietro di noi e un presidente fresco di elezione alla nostra destra.

E stavamo per cantare This Land is Your Land davanti a tutti quegli americani. E Pete insistette: “Dobbiamo cantare tutte le strofe. Dobbiamo cantare tutti le stofe, amico. Non se ne può lasciare fuori nessuna”. Gli dissi: “Non saprei, Pete, è solo che…” insomma, avevamo un gruppo di bambini di sei anni dietro di noi. “No, canteremo tutti le strofe, tutte le strofe”[49]. E così attaccammo.

[Bruce inizia a suonare This Land is Your Land]

“As I was walking I saw a sign there

and on that sign said “No trespassing” and on the other side it didn't said nothing That side was made for you and me. This land is your land, this land is my land” (Mentre camminavo vidi un cartello e quel cartello diceva “Vietato l’accesso” e dall’altro lato non diceva niente quel lato è stato fatto per me e per te Questa terra è la tua terra, questa terra è la mia terra) [si rivolge al pubblico] Questa canzone è stata scritta per essere cantata da tutti

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[la gente inizia a cantare in coro con Springsteen] “From California to the New York island From the Redwood Forest to the Gulf Stream waters This land was made for you and me” (Dalla California, fino a New York Dalla Redwood Forest alle acque del Golfo questa terra è stata fatta per me per te) Così, quel giorno, eravamo lì io e Pete e generazioni di americani, giovani e vecchi, di ogni colore e convinzione religiosa. E mi resi contoche a volte certe cose che vengono da fuori si fanno strada verso l’interno per diventare una parte del cuore pulsante di una nazione.E quel giorno, quando cantammo quella canzone, gli americani – giovani e vecchi, bianchi e neri, di ogni credo religioso e politico –furono uniti, per un breve momento, dalla poesia di Woody. E allora forse Lester Bangs non aveva del tutto ragione, perché stasera siamo qui tutti insieme, in questa città: musicisti, giovani e vecchi, a festeggiare, ciascuno forse a suo modo, un senso di libertà che era l'eredità di Woody. E allora, dateci dentro, giovani musicisti, dateci dentro. Aprite le vostre orecchie e aprite i vostri cuori. Non prendetevi troppo sul serio e prendetevi mortalmente sul serio. Non vi preoccupate. Preoccupatevi da matti. Abbiate certezze granitiche. Ma dubitate. Vi manterrà svegli e all’erta. Convincetevi di essere i tipi più duri in tutta la città e… che fate schifo! Vi terrà con i piedi per terra, con i piedi ben piantati a terra. Siate capaci di mantenere sempre vive due idee completamente contraddittorie nel vostro cuore e nella vostra testa. Se non vi farà impazzire, vi fortificherà. E restate forti, e affamati, e vivi[50]. E quando uscirete sul

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palcoscenico stasera per fare casino, fatelo come se non ci fosse altro nella vita. E poi ricordatevi che è solo rock’n’roll. Credo proprio che andrò a sentirmi un po’ di black death metal adesso. Grazie.

(cc) 2012 by badlands.it Last Revised: 18.04.12