Interrogazione sulle sentenze per il crollo in Viale Verdi a Castellaneta del 7 febbraio 1985
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interrogazione consiglieri com. Leonardo Rubino e Michele D’Ambrosio -‐ sentenze crollo 7 febbraio 1985 -‐ 22 maggio 2015
Castellaneta, 22 maggio 2015
Geom. Carlo Narudlli -‐ Presid. Consiglio comunale Castellaneta
Avv. Giovanni Gugliotti -‐ Sindaco Comune Castellaneta Sigg. Assessori Giunta comunale
(Alfredo Cellamare, Gianrocco De Marinis, Maria Rita D’Ettorre, Giovanni Prenna, Alessandro Rubino)
p.c. dott. Luigi Cavalieri -‐ Segr. Gen. Comune Castellaneta dott. Giovanni Sicuro -‐ Vicesegr. Gen. e dirigente I Area – Affari generali
dott.ssa Francesca Capriulo -‐ dirigente II area econ. e finanz. Componenti Organo di revisione . Collegio revisori dei conti
(dott. Flavio Coretti, Marilisa Miraglia, Pasquale Passarelli)
INTERROGAZIONE con richiesta di risposta in Consiglio comunale (a firma dei consiglieri comunali Leonardo Rubino e Michele D’Ambrosio)
Oggetto: “sentenze per il crollo del 7 febbraio 1985” PREMESSO che: -‐ nei procedimenti penali per il crollo del 7 febbraio 1985 e la morte di 34 nostri concittadini, successivamente alla pronuncia del Tribunale di Taranto (sentenza n. 592 del 4 maggio 1989) e della Corte d’Appello (sentenza n. 431 dell’1 marzo 1991), la Suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 2233 del 31 ottobre 1991), ha emesso sentenza (definitiva e non suscettibile di essere posta nuovamente in discussione) di condanna del collaudatore dell’opera, del Sindaco e del Vicesindaco in carica il 7 febbraio 1985, del titolare della ditta esecutrice di lavori di rifacimento dei marciapiedi, nonché del Comune di Castellaneta, in quanto ‘responsabile civile’ del crollo;
-‐ in merito alla prospettata (dal Comune e dal collaudatore dell’opera, dichiarato massimo responsabile del crollo, condannato per la sua “macroscopica colpa”) corresponsabilità di alcuni o di tutti i danneggiati nella ‘causazione’ del crollo, tale ipotesi, pur vagliata da tecnici e periti, è stata infine rigettata dai diversi tribunali e non è stato sentenziato un ‘concorso di colpa’ in conseguenza delle prospettate ‘manomissioni strutturali’;
PREMESSO inoltre che -‐ il Comune risulta condannato in via definitiva quale ‘responsabile civile del crollo’ in
conseguenza della condotta omissiva dei propri amministratori sia nel momento della costruzione del palazzo (1956-‐1957), a collaudo avvenuto (1960) che nella fase antecedente il crollo (1984-‐1985);
-‐ in particolare, nella fase immediatamente precedente il crollo, gli stessi amministratori (e, quindi, per essi, il Comune), se è vero che non avrebbero potuto evitarlo, avrebbero potuto scongiurare la morte di 34 persone;
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RILEVATO che nel giudizio civile dinanzi al Tribunale di Lecce per il crollo del 7 febbraio 1985 e la morte di 34 nostri concittadini la comparsa conclusionale presentata il 29 ottobre 2014 dal legale del Comune di Castellaneta (ora sostituito in appello) era stata fondata sui seguenti elementi: a) chiamata in giudizio di corresponsabilità e a garanzia (quindi non ad escludendum) del
Ministero dell’Interno per mancato esercizio dei poteri attribuiti in qualità di ufficiali di Governo e omissione dei provvedimenti di urgenza e sgombero ex art.153 del Testo Unico Legge Comunale e Provinciale (R.D. 148/1915) da parte del Sindaco e del Vicesindaco (rispettivamente on. Semeraro e prof. Cassandro);
b) asserita corresponsabilità nel crollo da parte dei condomini defunti; c) asserita tardiva iniziativa di alcune parti per riassunzione processo; RILEVATO in particolare che nella suddetta comparsa conclusionale (del legale ora sostituito), così come nel recente atto di impugnazione (formulato dai nuovi legali), in merito alla riproposta e asserita (ma non supportata con fatti, circostanze e nomi dei responsabili) corresponsabilità nel crollo da parte dei condomini defunti, risultano riportati tra l’altro i seguenti passi: -‐ “nella determinazione delle colpe e delle responsabilità dell’evento va anche ed indubbiamente considerata e valutata quella concorrente dei danneggiati -‐ proprietari degli immobili “ (pag. 21 della comparsa conclusionale);
-‐ a “ dire degli stessi giudici penali gli occupanti dell’immobile con le loro pericolose opere e modifiche incaute all’immobile hanno recato il loro incidente e significativo apporto al verificarsi dell’evento ed alla causazione del danno …(pagina 28 comparsa conclusionale e pagina 28 dell’impugnazione del 15 aprile 2015) Tale colpa concorrente è stata valutata dal giudice penale al pari -‐ quale antecedente del crollo -‐ della responsabilità del Rezza che” rispondeva “dei danni per gli acclarati vizi costruttivi dell’immobile … e tale circostanza comprova l’elevato apporto causale dei proprietari delle unità immobiliari all’evento” (h -‐ pagg. 27-‐28 comparsa conclusionale);
-‐ “concausa del crollo furono anche le manomissioni strutturali apportate allo stabile dagli stessi proprietari” (pag. 31 della comparsa conclusionale e riproposizione a pag. 35 dell’impugnazione del 15 aprile 2015);
-‐ “concorso di colpa dei danneggiati proprietari delle unità immobiliari nella causazione dei danni” (p -‐ pag. 34 comparsa);
-‐ “si è eccepito” (ma l’iniziativa non è approdata a nulla) “sin dall’inizio del procedimento dinanzi al Tribunale di Taranto che l’evento dannoso è stato causato anche per colpa -‐ concorrente dei proprietari delle unità immobiliari del palazzo crollato” (p -‐ pag. 34 comparsa conclusionale e riproposizione a pag. 38 dell’impugnazione);
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-‐ “elevato ed incisivo il grado di colpa degli stessi proprietari nella causazione dell’evento … non può revocarsi in dubbio che i proprietari degli immobili abbiano avuto delle evidenti corresponsabilità nel crollo” (pag. 36 comparsa conclusionale).
-‐ “voglia l’on.le Giudice attribuire, pertanto, colpa concorrente per l’evento in capo a tutti i proprietari” (!!!) “delle unità immobiliari poi distrutte” (pag. 37 comparsa conclusionale e riproposizione a pag. 42 dell’impugnazione del 15 aprile 2015).
-‐ “concorso di colpa nella causazione dell’evento da parte di tutti i proprietari” (!!!) “delle unità immobiliari” (pag. 38 comparsa conclusionale);
-‐ “tutte le domande”dei parenti delle 34 vittime “sono nel complesso infondate in fatto e in diritto” (pag. 44 comparsa), nonché “nulle e/o inammissibili, improponibili e inprocedibili” (pag. 51 impugnazione del 15 aprile 2015)
-‐ “anche le successive domande di seguito esaminate sono a tutto voler concedere da decurtare per colpa concorrente nell’evento”(da parte di defunti e danneggiati) -‐ pag. 44 comparsa conclusionale processo civile di primo grado dinanzi al Tribunale di Lecce;
RILEVATO altresì che: -‐ in un passaggio della suddetta comparsa conclusionale si sottolineava persino che “va sgombrato il campo dall’erronea convinzione che in ragione della sussistenza della sentenza penale di condanna sia ‘certa’ la liquidazione del danno” (f -‐ pag. 25), in palese contraddizione con la sentenza della Suprema Corte di Cassazione che, nel riconoscere il Comune di Castellaneta quale ‘responsabile civile del crollo’, ha confermato la condanna in via definitiva “al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili” (pag. 43 sentenza Tribunale penale di Taranto e pag. 63 sentenza Corte di Appello penale di Lecce);
-‐ l’argomentazione dell’ex legale del Comune nel processo civile di primo grado (concluso con sentenza del 5 marzo 2015) stride in modo evidente con la constatazione che, in conseguenza della condanna del Comune da parte della Suprema Corte di Cassazione, quale ‘responsabile civile del crollo’ (condanna, come si è detto, avente carattere definitivo e non suscettibile di essere posta in discussione) incombe sul Comune, quale soggetto condannato in solido con altri imputati, l’obbligo di corrispondere il risarcimento dei danni ai parenti delle 34 vittime, decedute per accertata colpa di soggetti operanti (rectius, che hanno omesso di operare) per conto del Comune di Castellaneta;
-‐ in detta comparsa conclusionale, nel riportare un passaggio (pag. 41) della sentenza penale (di primo grado emessa dal Tribunale di Taranto) n. 502 del 1989 si ometteva di riportare quanto successivamente specificato, ossia che in ogni caso “sussiste la responsabilità (del Comune) per le altre omissioni addebitate agli imputati Semeraro e Cassandro”;
SOTTOLINEATO che: le ripetute forzature contenute nella comparsa conclusionale presentata nel processo di primo grado, largamente riproposte nell’atto di impugnazione del 15 aprile 2015 in merito alla
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ricostruzione della tragedia, la caparbia riproposizione di tesi ripetutamente bocciate dai giudici penali (i cui giudicati risultano definitivi e intangibili) e civili, appaiono strumentali e oltraggiose nei confronti delle 34 vittime e offensive nei confronti di figli e parenti che dopo 30 anni portano ancora indelebile il dolore per la morte dei congiunti e la tragica privazione dei loro affetti, allorquando: -‐ è contestata la mancanza di prova circa la legittimazione attiva nel processo in qualità di
eredi da parte dei parenti delle 34 vittime (pag. 43 comparsa conclusionale); -‐ modificando quanto in precedenza asserito nell’iniziale comparsa di costituzione in giudizio
(pag. 14), circa una generica ma non dimostrata “colpa concorrente di alcuni proprietari” (peraltro mai indicati nominativamente), è sostenuta ripetutamente, senza però produrre alcuna prova, un’asserita e mai documentata “colpa concorrente per l’evento in capo a tutti i proprietari delle unità immobiliari poi distrutte” (pag. 37 comparsa e pag. 42 impugnazione del 15 aprile 2015), così come un offensivo accanimento circa un non dimostrato “concorso di colpa nella causazione dell’evento da parte di tutti i proprietari delle unità immobiliari” (pag. 38 comparsa conclusionale) escluso dalle sentenze penali di merito e dalla Cassazione in via definitiva. In tale ipotesi l’ampliamento delle asserite corresponsabilità da “alcuni” (come riportato nella comparsa di costituzione in giudizio) a “tutti i proprietari” (vedi comparsa conclusionale), risultando generico, indeterminato (oltre che persistentemente non provato) toglie valore e credibilità alla stessa pretesa del Comune;
-‐ è omessa la considerazione di quanto definitivamente statuito dalla Suprema Corte di Cassazione, secondo la quale “il fabbricato era irrimediabilmente destinato al crollo” in virtù delle gravissime carenze costruttive, nonché a causa delle successive infiltrazioni d’acqua, dovute alla sospensione dei lavori eseguiti per conto del Comune.
Infatti le suddette infiltrazioni avevano “avuto come conseguenza l’accelerazione di quella crisi insanabile che l’immobile aveva dalla nascita” (pag. 8 sentenza Cassazione), “accelerazione della crisi alla quale l’immobile dalla nascita era destinato” (pag. 41 sentenza Suprema Corte);
-‐ è omessa la considerazione che altre cause prospettate nel giudizio penale di primo grado (interventi effettuati da alcuni condomini, peraltro mai nominativamente indicati) hanno eventualmente costituito cause concorrenti sopravvenute: a proposito di esse, dapprima i giudici di merito (vedi pag. 36 della sentenza Corte di Appello) e poi la Suprema Corte in via definitiva hanno statuito che esse “elidono il nesso di causalità tra la precedente condotta … e l’evento (crollo) unicamente quando siano da sole sufficienti a determinarlo”. Pertanto la Cassazione, nel ripercorrere e valutare con attenzione tutto quanto -‐ comprese perizie e verifiche tecniche -‐ emerso e prospettato nel corso dei processi di merito, esclude le “cause concorrenti sopravvenute” (interventi e manomissioni a opera di alcuni proprietari), dato che esse da sole non hanno determinato il crollo (pag. 11).
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La Suprema Corte ha sancito invece in via definitiva e non suscettibile di essere rimesso in discussione che “il fabbricato era irrimediabilmente destinato al crollo” in virtù delle gravissime carenze costruttive. Il crollo è stato poi accelerato dalle infiltrazioni di acqua conseguenti alla sospensione dei lavori dei marciapiedi disposta dal Comune;
PRESO ATTO che con sentenza n. 1251 del 5 marzo 2015 il Tribunale di Lecce ha rigettato in toto le richieste del Comune di Castellaneta, ritenendole del tutto prive di fondamento:
a) chiamata in corresponsabilità e a garanzia del Ministero dell’Interno “il Tribunale penale ha ravvisato una colpa generica del Semeraro e del Cassandro consistita nell’aver omesso adeguati accertamenti”, quale il sopralluogo da parte di un ingegnere (pag. 12 sentenza), peraltro suggeriti mesi addietro dal geom. Sini, rimasto inascoltato dagli amministratori comunali (relazione sparita dagli archivi comunali e consegnata al Magistrato direttamente dallo stesso geometra comunale Sini). Inoltre la Corte di Appello penale aveva affermato che “la condotta colpevole degli imputati non è assimilabile all’omissione di un provvedimento ex art. 153 T.U. citato. Ciò vuol dire che gli stessi hanno sì concorso a cagionare il crollo dell’edificio e la morte delle persone rimaste coinvolte, ma i profili di colpa rinvenibili nei loro comportamenti non sono ricollegabili al fatto che … hanno negligentemente omesso di adottare un’ordinanza contingibile e urgente, bensì alla mancata esecuzione di adeguati accertamenti in presenza di gravissimi danni e lesioni all’immobile derivanti dall’esecuzione di lavori svolti nell’interesse del Comune …” (pag. 13 sentenza). Ancora, sempre in merito all’asserita (da parte del legale del Comune nel primo grado di giudizio a Lecce ora concluso con sentenza del 5 marzo 2015) responsabilità specifica del Sindaco e del Vicesindaco nell’aver omesso i provvedimenti rientranti tra le loro funzioni di ufficiali di Governo, il Tribunale ha specificato che il Comune non ha dedotto, né provato “gli elementi di fatto da cui desumere la sussistenza della responsabilità colpevole del Ministero” (pag. 13 sentenza), né lo stesso è stato mai chiamato in giudizio nel corso dei tre gradi del processo penale (pag. 12). Sempre in merito alla condanna di Sindaco e Vicesindaco all’epoca del crollo, già la Corte di Appello di Lecce (a pag. 45 della sua sentenza) aveva precisato in modo inequivocabile che la loro colpa non era consistita “nell’aver omesso un provvedimento di urgenza, ma nell’aver omesso degli adeguati accertamenti. L’omissione è perciò riconducibile alle attività proprie del Sindaco e del soggetto (il vicesindaco, ndr) ed è imputabile al Comune di Castellaneta”. A sua volta nella propria sentenza (pagg. 62, 63, 73, 77) la Corte di Cassazione ha ripetutamente ribadito e definitivamente statuito che “il Cassandro e il Semeraro avrebbero dovuto disporre adeguati accertamenti; cioè mettere in pratica il suggerimento del Sini, perché, nella situazione data, diligenza esigeva che l’immobile fosse sottoposto a verifica delle condizioni statiche” (pag. 82 sentenza Suprema Corte).
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b) asserita corresponsabilità nel crollo da parte dei condomini defunti “Va esclusa la sussistenza di un concorso di colpa a carico dei danneggiati, in quanto il Comune non ha fornito la prova … delle precise condotte colpose tenute da qualcuno” dei danneggiati “che avrebbero contribuito a causare il crollo dell’edificio” (pag. 14 sentenza n. 1251 del 5 marzo 2015);
c) tardiva riassunzione del processo da parte di alcuni attori Dato che “la questione risulta già decisa”, in senso sfavorevole al Comune, “dal Tribunale di Taranto nella sentenza n. 127/2008 … qualsiasi doglianza andava, se del caso, riproposta … in sede di impugnazione della citata sentenza” (pag. 8). Non essendo ciò avvenuto, l’eccezione è stata rigettata (e non riproposta nell’impugnazione del 15 aprile 2015).
PRESO ATTO altresì che, riproponendo ancora una volta il valzer di legali, nominati e sostituiti nei vari giudizi (e per lo più, almeno finora, non pagati o pagati solo a seguito di atti ingiuntivi e pignoramenti), con decreto del Sindaco n. 32 del 14 aprile 2015 sono stati nominati due nuovi legali (prof. Avv. Raffaele Guido Rodio e avv. Onofrio Sisto) che hanno proceduto all’impugnazione della sentenza del Tribunale civile di Lecce del 5 marzo 2015, riproponendo peraltro diversi passaggi della comparsa conclusionale del legale precedente, ora esautorato e quindi sostituito (non è dato sapere per quali motivi). La suddetta, ennesima impugnazione, nel qualificare preliminarmente (a pagina 7) i parenti delle 34 vittime del crollo “presunti danneggiati”, consta in estrema sintesi dei seguenti contenuti di massima: -‐ riproposizione della chiamata in causa del Ministero dell’Interno, in quanto il Sindaco e il vicesindaco al momento del crollo non avrebbero esercitato i poteri loro conferiti in qualità di ‘ufficiali di governo’, omettendo l’emissione dell’ordinanza di sgombero dell’edificio poi crollato (quindi il responsabile sarebbe lo Stato e non il Comune);
-‐ contestazione della quantificazione del danno riconosciuto ai parenti delle vittime (‘presunti danneggiati’ secondo la terminologia introdotta dai nuovi legali nominati dal Sindaco il 14 aprile scorso);
-‐ riproposizione di un asserito (ancorché persistentemente non provato) concorso di colpa dei defunti (ossia di “tutti i proprietari delle unità immobiliari poi distrutte” -‐ pag. 42 impugnazione) nella ‘causazione del crollo’, con vari ‘copia e incolla’ di precedenti passaggi (già bocciati dal Tribunale di Lecce) contenuti nella suesposta comparsa conclusionale del legale ora sostituito.
I suddetti legali nominati per l’ennesima impugnazione hanno altresì chiesto alla Corte di Appello di bloccare l’esecuzione della sentenza di primo grado (bloccare cioè ogni iniziativa da parte dei parenti delle vittime di procedere per l’esecuzione della sentenza di primo grado.
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A supporto di tale tesi gli anzidetti professionisti sostengono che il pagamento derivante dalla condanna del Tribunale di Lecce determinerebbe il dissesto dell’Ente: secondo questa tesi, ogni volta che il Comune di Castellaneta viene chiamato a pagare somme consistenti, deve esserne esonerato per legge o per sentenza, in virtù del paventato dissesto (provocato in verità per lo più dalla condotta dannosa dei passati e attuali amministratori). Si tratta di un argomento già utilizzato anche in altre occasioni da legali del Comune ogni qualvolta si trovano di fronte a richieste consistenti di pagamento in danno del Comune. Va ricordato a esempio il procedimento nel quale la Regione (a conclusione di un lungo iter procedimentale che aveva visto il Comune del tutto assente e acquiescente), aveva intimato al Comune di restituire il contributo (2 milioni e 175 mila euro) erogato al suddetto Ente per un impianto volto all’utilizzo delle acque reflue; impianto progettato, realizzato, collaudato, mai entrato in funzione, abbandonato e, in seguito a ciò, completamente vandalizzato e distrutto. In tale occasione il legale del Comune, stante l’impossibilità di contestare la fondatezza della richiesta, né di difendere le persistenti negligenze e le reiterate omissioni del Comune, si è solo limitato a (invocare la -‐ molto immeritata -‐ clemenza della corte, come si diceva una volta ???) motivare il diniego di adempiere a quanto dovuto e quindi la pretesa di sottrarsi all’obbligo di restituzione del contributo ricevuto e poi sperperato e dilapidato, adombrando l’alibi del paventato dissesto. Tornando al recente atto di impugnazione della sentenza del Tribunale civile di Lecce del 5 marzo 2015 e alla connessa richiesta di sospensione della sua esecutività, la ciliegina sulla torta è rappresentata da una fantomatica buona volontà degli attuali amministratori che, tramite i nuovi legali, offrono alle controparti l’iperbolica cifra di 127.000 euro “oggetto di prudente e diligente accantonamento da parte dell’odierna amministrazione comunale”, nonché ulteriori stanziamenti annuali di pari importo (tale somma rappresenta l’8% degli interessi annuali decorrenti a norma di legge a causa dell’avvio del nuovo processo). VALUTATO che il Comune, oltre che essere debitore istituzionale nei confronti delle 34 vittime del crollo, risulta anche debitore dal punto di vista etico e pure finanziario nei confronti dei parenti delle vittime, e addirittura debitore seriale, moroso e insolvente per i continui costi aggiuntivi addossati al proprio bilancio a seguito delle iniziative legali adottate direttamente o per suo conto nei procedimenti inerenti o connessi al crollo, che al momento sono così sintetizzabili: a) procedimenti penali e civili per il crollo
-‐ pagamento di 8.174,91 euro all’ing. Massimo Orgiato (CTU) per l’effettuazione della perizia sul valore degli immobili crollati (determinazione 1^ area n. 160 del 6 maggio 2013 e determina 1^ area n. 194 del 22 giugno 2013);
-‐ decreto ingiuntivo n. 111/2010 per euro 81.129,66 notificato il 19 luglio 2010 dall’avv. Matteo Malandrino per la difesa dell’Ente nel primo grado di giudizio civile dinanzi al Tribunale di Taranto, con pagamento come debito fuori bilancio riconosciuto dal Consiglio
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comunale con delibera n. 37 dell’11 ottobre 2011 e liquidato con determinazione 1^ area n. 298 del 10 novembre 2011. In proposito va ricordato che il debito iniziale era pari a euro 67.091,13, come da messa in mora acquisita al protocollo del Comune il 15 gennaio 2007 e determina n. 273 del 15 settembre 2008 di liquidazione del solo acconto di euro 1.031,91, risultante da impegno di spesa assunto con la delibera di Giunta comunale di affidamento incarico n. 1345 del 27 settembre 1993;
-‐ morosità insoluta nei confronti dell’avv. Antonio Raffo, incaricato (con delibere di Giunta n. 1739 del 23 novembre 1992, n. 1045 del 27 settembre 1993 e n. 407 del 7 marzo 1994) della difesa del Comune in tre distinte cause civili nel primo grado civile dinanzi al Tribunale di Taranto (poi riunite in un unico procedimento, concluso con sentenza di soccombenza del Comune n. 428/2003), con richieste inoltrate dallo stesso professionista (la prima in data 2 marzo 2006 e l’ultima in data 27 agosto 2013, a tutt’oggi prive di riscontro) di corresponsione di euro 268.125,07;
-‐ pagamento di euro 18.000 a titolo di acconti sulle parcelle professionali presentate dall’avv. Pietro D’Auria, per un totale parziale richiesto al 27 febbraio 2013 di euro 56.486,84. A favore dello stesso professionista andranno plausibilmente aggiunte ulteriori competenze per il completamento dell’incarico nel primo grado di giudizio civile concluso con sentenza di soccombenza del Comune del 5 marzo 2015;;
-‐ pignoramento presso il tesoriere della somma di € 22.805,22 (somma iniziale dovuta euro 18.143,84, invano richiesta in data 4 marzo 2014), eseguito dal consulente incaricato (CTU) dell’esecuzione immobiliare, ing. Paolo Carella, per spese in procedimento di espropriazione eredi di un condannato in sede penale (determinazione 1^ area n. 307 del 30 dicembre 2014);
-‐ pignoramento presso il tesoriere della somma di euro 311,13 eseguito da Equitalia per conto dell’Agenzia delle Entrate per mancato pagamento della cartella esattoriale relativa all’imposta di registro della sentenza del Tribunale civile di Taranto n. 127/2008, con dichiarazione di soccombenza del Comune di Castellaneta (determinazione 1^ area n. 307 del 19 novembre 2013).
Alle somme suindicate vanno inoltre aggiunte le spese legali addossate al Comune derivanti dalla nuova soccombenza nel giudizio civile dinanzi al Tribunale di Lecce, concluso con sentenza n. 1251 del 5 marzo scorso, così liquidate dal giudice: • euro 10.000 a favore del Ministero dell’Interno; • 80.000 euro circa in favore dei diversi legali dei parenti delle vittime (in solido con gli
altri condannati). A tali spese vanno inoltre aggiunti gli oneri per la registrazione della sentenza di soccombenza emanata dal Tribunale di Lecce il 5 marzo scorso, per un importo che dovrebbe aggirarsi intorno ai 500-‐600 mila euro;
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b) procedimenti civili connessi -‐ decreto ingiuntivo dell’avv. Mimì Cassano, notificato il 19 dicembre 2013, per il pagamento di euro 109.699,49, come liquidati dal giudice in sentenza (oltre interessi maturati e maturandi ex Decr. Lgs. n. 231 del 9 ottobre 2002 -‐ ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali -‐ dalla maturazione ex lege sino all’effettivo soddisfo), nonché la somma di euro 2.126,32 per competenze del procedimento di ingiunzione, per i procedimenti nei confronti di uno dei condannati in sede penale e, quindi, dei suoi eredi, svoltisi dinanzi al Tribunale di Ginosa e alla Corte di Appello di Taranto, conclusisi con sentenze favorevoli per il Comune di Castellaneta. A tali somme bisognerà aggiungere gli importi che saranno ritenute dovute dall’Agenzia delle entrate per la registrazione dell’emananda sentenza;
-‐ decreto ingiuntivo, divenuto ormai definitivo, dell’avv. Mimì Cassano per il pagamento di euro 10.520,28 (oltre interessi maturati e maturandi ex Decr. Lgs. n. 231/2002 dalla maturazione ex lege sino all’effettivo soddisfo sulla somma di € 8.343,00) alla quale deve essere aggiunta quella di euro 1.176,42 per competenze del procedimento, in relazione all’attività prestata per il recupero di somme, con apposita azione esecutiva immobiliare, che erano dovute dagli Eredi di uno dei condannati al Comune di Castellaneta e per le quali erano state intentate e vinte le causa di cui sopra. A proposito della rinuncia agli incarichi da parte dell’avv. Mimì Cassano, va ricordato che lo stesso si è dimesso perché si è trovato ripetutamente di fronte a iniziative eufemisticamente definibili improprie da parte del Sindaco, che in ben tre occasioni (26 ottobre 2012, 11 aprile 2013 e 3 ottobre 2013) era intervenuto (senza averne titolo processuale) nel procedimento esecutivo con richieste di rinvio dell’udienza; richieste ripetute e mai concordate con il legale dell’Ente, ma impropriamente (e in violazione delle norme sulla deontologia professionale, sanzionabile dal Consiglio dell’Ordine) consegnate alla parte avversa al Comune che le esibiva nel processo contro il Comune;
-‐ impegni finanziari (per euro 11.419,20) per avv. Nicola Rotolo, nominato con decreti sindacali n. 17 del 14 febbraio 2014 e n. 43 del 2 maggio 2014 (in sostituzione dell’avv. Mimì Cassano, dimessosi dagli incarichi legali a suo tempo affidatigli per i motivi suesposti) nel procedimento di esecuzione immobiliare nei confronti di uno dei condannati nel procedimento penale e per recupero spese legali. Come anzidetto, per tali incarichi è stata impegnata (con determinazione 1^ area n. 145 del 26 giugno 2014) la somma di euro 11.419,20, dei quali euro 6.770,04 oggetto di anticipazione con determinazione 1^ area n. 98 del 4 maggio 2015. In proposito ai suddetti incarichi, va poi precisato che, nel mentre si nega all’avv. Mimì Cassano il diritto a ricevere le somme “determinate dal giudice in sentenza a titolo di spese legali”, obbligandolo ad avviare azione legale (con ulteriore aggravio di spese per il Comune), si conferisce incarico ad altro legale per il recupero delle stesse spese, come
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“determinate dal giudice in sentenza a titolo di spese legali” (decreto del Sindaco n. 43 del 2 maggio 2014). Siffatta procedura, oltre a determinare ulteriori oneri a carico del pubblico bilancio, appare alquanto bizzarra, in quanto configurerebbe un indebito arricchimento da parte del Comune che, nel mentre affida incarico professionale per il recupero delle spese legali, nega il diritto al professionista precedentemente incaricato di ottenere quelle somme a lui dovute, proprio perché “determinate dal giudice in sentenza”;
-‐ impegno finanziario per euro 13.430 (assunto con determinazione n. 139 del 17 giugno 2014) per l’avv. Maurizio Chimienti, nominato con decreto sindacale n. 2 del 9 gennaio 2014, per la difesa dell’Ente nel procedimento relativo al già citato decreto ingiuntivo notificato dall’avv. Mimì Cassano il 19 dicembre 2013 per il pagamento di euro 109.699,49 per parcelle professionali nei procedimenti dinanzi al Tribunale di Ginosa e la Corte di Appello di Taranto, conclusisi con sentenze favorevoli per il Comune di Castellaneta;
-‐ impegno finanziario per euro 7.006,60 (determinazione 1^ area n. 157 del 4 luglio 2014) per l’avv. Maurizio Chimienti (nominato con decreto sindacale n. 54 del 16 giugno 2014 in sostituzione dell’avv. Mimì Cassano, dimessosi dall’incarico a suo tempo affidatogli per protesta per reiterati comportamenti scorretti nei suoi confronti), nel procedimento dinanzi alla Corte di Cassazione (proposto dagli eredi di uno dei condannati in sede penale per il crollo avverso la sentenza della Corte di Appello n. 429/2012 che aveva dichiarato l’inefficacia di un atto di donazione);
RAMMENTATO che -‐ a seguito del crollo e dell’emozione collettiva suscitata a livello locale, regionale e finanche nazionale per la tragica morte di 34 nostri concittadini, grazie anche all’encomiabile e generoso impegno dei parlamentari ed esponenti istituzionali jonici dell’epoca (sen. Cannata, Consoli e Cazzato), il Comune di Castellaneta fu beneficiato di un contributo straordinario del Ministero dei Lavori Pubblici pari a circa 1 milione e 550 mila euro (tre miliardi delle vecchie lire) per l’acquisto di n. 41 alloggi da destinare “ai superstiti del crollo, ai parenti delle vittime e ai nuclei familiari dei palazzi d’intorno a quello crollato fatti sgombrare per la tutela della pubblica incolumità”;
-‐ ai suddetti appartamenti vanno aggiunti un locale e un garage, ceduti alla fine degli anni ’90 per una permuta, peraltro non andata a buon fine, successivamente oggetto di un procedimento civile avviato dal Comune con esito positivo per l’Ente, ma ciò nonostante rimasti nella disponibilità del soggetto soccombente nel suddetto procedimento;
-‐ il patrimonio immobiliare di 41 appartamenti, acquisito dal Comune a seguito del crollo e della tragica morte di 34 concittadini, consta attualmente di 20 appartamenti, che, salvo in due casi, non risultano destinati né a “superstiti del crollo”, né a “parenti delle vittime”;
-‐ a seguito della vendita (in taluni casi della svendita) di 21 dei 41 appartamenti acquisiti a seguito del tragico crollo del 7 febbraio 1985, il Comune ha incassato una somma
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complessiva pari a 816.457 euro (l’incasso inferiore per la vendita di un appartamento -‐ somma al di sotto dei 20.000 euro -‐ risulta registrato nel 2012);
RAMMENTATO inoltre che: -‐ dal 2003 (data della prima sentenza civile con analitica e dettagliata quantificazione dei
risarcimenti) a oggi, per effetto di alienazioni di aree e immobili, il Comune ha incassato complessivamente 2 milioni e 800 mila euro e di questi appena 125.000 euro (ossia meno del 4,5 %) risultano accantonati per concorrere al pagamento dei risarcimenti ai parenti delle vittime del crollo del 7 febbraio 1985;
-‐ a tale cifra vanno anche aggiunti circa 310 mila euro pagati dal Comune nell’anno 1993 a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva ai parenti delle vittime (somme corrisposte per bloccare azioni esecutive e pignoramenti presso il tesoriere e ora oggetto di apposito giudizio per recupero dai beni pignorati a uno dei condannati);
RICORDATO che: -‐ l’impegnativa situazione attuale del Comune dal punto di vista economico-‐finanziario è la conseguenza diretta della decisione di diversi amministratori che nel corso del tempo hanno sempre evitato di affrontare il problema, adottando iniziative volte unicamente a rinviare nel tempo la sua soluzione, con il risultato di aver impedito al Comune di chiudere la vicenda con una transazione onorevole e non eccessivamente onerosa per le casse comunali;
-‐ nel 2004, a seguito della prima sentenza del Tribunale civile di Taranto del 2003, i parenti ed eredi avevano invano proposto alla Giunta comunale una transazione per un importo che si aggirava intorno ai 6 milioni di euro, dai quali andavano detratti un milione e mezzo di euro disponibili presso l’eredità giacente di uno dei condannati, nonché ulteriori somme rinvenibili dal ricavato derivante da procedimenti esecutivi nei confronti di beni di altro condannato; per la (allora minima) parte restante era stata ipotizzata l’attivazione di un mutuo;
-‐ tale proposta transattiva, pur reiterata dagli stessi parenti delle vittime nel 2009, rimaneva ancora una volta accantonata, allorquando il Consiglio comunale, con delibera n. 52 del 29 dicembre 2009, decideva a maggioranza di proseguire l’iter giudiziario con un nuovo ricorso;
CONSIDERATO che -‐ con decreto del Sindaco n. 32 del 14 aprile 2015 è stato conferito incarico a due legali per l’impugnazione della sentenza Tribunale civile di Lecce n. 1251 del 5 marzo 2015, con assunzione di impegno di spesa al momento non ancora precisato (determinazione 1^ area n. …... del ……………………… pari a euro ………………………);
-‐ tale ennesima impugnazione, oltre ad avere un ovvio valore giuridico, riveste nel caso specifico anche un innegabile valore politico, etico e morale in relazione alle incancellabili responsabilità del Comune nel verificarsi della tragedia di cui nei mesi scorsi si è celebrato il trentesimo anniversario,
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-‐ in conseguenza delle non cancellabili e non eludibili responsabilità del Comune nella morte di 34 nostri concittadini, l’ennesima azione legale avviata per conto del Comune non può prescindere dalle vibranti considerazioni riportate da L’Osservatore Romano l’8 febbraio 1985, all’indomani della tragedia del crollo, allorquando titolava che “le coscienze non sono di tufo”, ossia friabili, “come le case”;
-‐ le non eludibili responsabilità del Comune nel crollo e nella morte di 34 nostri concittadini dovrebbero indurre a un’attenta riflessione circa la riproposizione tra i motivi di impugnazione di non provate corresponsabilità dei defunti nel crollo;
CONSIDERATO inoltre che -‐ anche dopo la pubblicazione il 9 marzo 2015 della (attesa da lungo tempo) sentenza civile del Tribunale di Lecce (con la più che prevista conferma -‐ almeno per chi avesse letto con un minimo di attenzione le risultanze processuali -‐ della condanna del Comune al pagamento dei risarcimenti ai parenti delle 34 vittime), difformemente da quanto precedentemente annunciato, nonostante ripetuti inviti formulati da consiglieri comunali di opposizione e nel contestuale silenzio assordante e uniforme dei consiglieri comunali di maggioranza, il Sindaco non ha convocato preventivamente i suddetti parenti, né i loro avvocati per discutere le scelte da adottare, ma ha invece proceduto all’incarico a due nuovi legali per la relativa impugnazione della sentenza in oggetto, limitandosi a dare ai legali dei parenti delle vittime una mera comunicazione successiva in data 14 aprile 2015 di quanto già unilateralmente deciso;
-‐ in occasione della suddetta comunicazione successiva del 14 aprile 2015 a decisione già assunta per l’impugnazione, il Sindaco ha annunciato la presentazione a breve di una proposta concreta di transazione, al momento ancora non nota;
i sottoscritti consiglieri INTERROGANO il Sindaco e la Giunta comunale per conoscere:
1) se si sia valutato che l’avvio del nuovo grado di giudizio comporta un ulteriore, gravoso
danno per il Comune, anche in virtù del nuovo meccanismo di calcolo degli interessi legali (parificati agli interessi per transazioni commerciali, attualmente fissati tra il 7% e l’8%) introdotto dalle modifiche al codice civile -‐ art. 1284 (si tratta di una cifra aggiuntiva pari all’incirca a un milione e mezzo di euro l’anno, ossia circa 4.110 euro al giorno);
2) se si sia valutato che il nuovo tentativo di chiamata in giudizio del Ministero dell’Interno, anche nell’assai ipotetico caso di accettazione da parte della Corte di Appello, sarebbe di fatto annullato dal contestuale, rilevante incremento dell’entità dei risarcimenti dovuti, in virtù della suddetta rivalutazione legale, ormai equiparata ai ritardati pagamenti nelle transazioni commerciali (stimabile, come già precisato, nell’ordine all’incirca di un milione e mezzo l’anno);
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3) se le argomentazioni poste a base dapprima della comparsa conclusionale del legale del Comune nel primo grado del processo civile (dinanzi al Tribunale di Lecce), riprodotte in buona parte nell’atto di impugnazione della sentenza civile di primo grado (n. 1251 del 5 marzo 2015) circa l’asserita ma mai dimostrata (ancorché riproposta con ostinata insistenza, nonostante le ripetute bocciature da 25 anni da parte di diversi tribunali) corresponsabilità dei danneggiati e defunti (nella “causazione del crollo”), siano stati concordati con il Sindaco e la Giunta, e in ogni caso ne esprimano il loro punto di vista o siano comunque da essi condivise;
4) quali conseguenti iniziative intendano il Sindaco e la Giunta comunale adottare nel caso in cui non condividano le suddette argomentazioni contenute nell’impugnazione in appello presentata il 15 aprile scorso;
5) se l’attribuzione ai parenti delle 34 vittime del crollo della qualifica di “presunti danneggiati” (contenuta a pag. 7 dell’atto di impugnazione del 15 aprile 2015 degli avv. Raffaele Guido Rodio e Onofrio Sisto avverso la sentenza civile di primo grado n. 1251 del 5 marzo 2015) sia condivisa dal Sindaco e dalla Giunta e quali iniziative intendano assumere nel caso di mancata condivisione di tale asserzione contenute nel suddetto atto di impugnazione;
6) se l’ennesimo tentativo di sottrarsi all’adempimento delle sentenze penali di condanna definitiva del Comune, riconosciuto ‘responsabile civile’ del crollo, adombrando il paventato dissesto dell’attuale amministrazione, determini nei fatti un addossamento sulle future amministrazioni un onere ancor più consistente (come già avvenuto in passato, allorquando la Giunta comunale nel 2004 e la maggioranza del Consiglio nel 2009 si sono rifiutati di procedere a una transazione per un importo all’incirca di 6 milioni di euro; tale rifiuti hanno determinato come conseguenza la lievitazione degli importi dovuti a circa 20 milioni di euro di oggi;
7) se, a fronte di una crescita annua per interessi pari a un milione e mezzo di euro, possa ritenersi credibile e congrua l’offerta (formulata nell’atto di impugnazione del 15 aprile 2015 degli avv. Rodio e Sisto), a sostegno della richiesta di sospensione dell’esecutività della sentenza, di risibili 125.000 euro (“oggetto di prudente e diligente accantonamento da parte dell’odierna amministrazione comunale”) e di altrettanti importi annuali (consistenti all’incirca nell’8% degli interessi legali annuali nel frattempo decorrenti);
8) se non ritengano che il dissesto finanziario paventato dai nuovi legali nell’atto di impugnazione del 15 aprile 2015 in caso di esecuzione della sentenza del Tribunale civile del 5 marzo 2015 costituisca un dato già presente e indefettibile, peraltro già auto-‐certificato dalla Giunta comunale con delibera n. 51 del 4 maggio 2015, nella quale risulta attestato un disavanzo pari a oltre 6 milioni e 200 mila euro, destinato plausibilmente a
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ulteriore incremento con l’approvazione del nuovo bilancio di previsione e la connessa emersione della più reale situazione debitoria complessiva del Comune;
9) se, per rispetto alle 34 vittime che attendono piena giustizia da 30 anni, per onorarne nei fatti e con atti concreti la memoria e a tutela dei cittadini di Castellaneta, si ritenga di chiudere la vicenda giudiziaria, pervenendo a 30 anni dalla tragedia a un serio e credibile accordo-‐transazione con i parenti delle vittime, prospettando ipotesi attendibili e veritiere;
10) quali risorse finanziarie tangibili, certe e concrete s’intendano a tal proposito utilizzare e offrire per il pagamento dei risarcimenti dovuti;
11) se a distanza di oltre un mese dall’incontro del 14 aprile 2015 con i legali dei parenti delle vittime sia stata approntata la proposta di transazione annunciata dal Sindaco in tale occasione e quali ne siano in dettaglio i contenuti;
12) se, a tutela del Comune, dell’integrità del bilancio dell’Ente, porlo al riparo da consistenti spese aggiuntive e per evitare l’addossamento alla comunità di ulteriori, rilevanti oneri in virtù della crescita esponenziale degli interessi legali (all’incirca un milione e mezzo di euro l’anno, ossia circa 4.110 euro al giorno) non s’intenda chiedere la sollecita fissazione dell’udienza di merito e la trattazione celere della causa, per una rapida conclusione del processo civile di appello.
Leonardo RUBINO Michele D’AMBROSIO