interalia33 - Europa

16
33 Settembre 2005 trimestrale transardennese dei traduttori italiani Direzione generale della Traduzione – Commissione europea http://europa.eu.int/comm/translation/reading/periodicals/interalia/index_it.htm SOMMARIO PAG CULTURALIA: Europalia Russia (Giulia Gigante) 2 BELLA O FEDELE: Il re Artù non è morto (Cristina Cona) 6 INCONTRI: Rei (rete di eccellenza dell’italiano istituzionale) (Daniela Murillo Perdomo) 8 NOTE TERMINOLOGICHE: Attuare o recepire: questo è il problema! (Paola Staboli) 10 CULTURALIA: Cartoline dalla Bulgaria (Giulia Gigante) 12 Comitato di redazione: C. Breddy, C. Cona, R. Gallus, C. M. Gambari, G. Gigante, C. Gracci, D. Murillo Perdomo, E. Ranucci Fischer, D. Vitali Collaboratrice: P. Staboli Grafica: A. D’Amico (Anna.D’[email protected])

Transcript of interalia33 - Europa

33 Settembre

2005

trimestrale transardennese dei traduttori italiani Direzione generale della Traduzione – Commissione europea

http://europa.eu.int/comm/translation/reading/periodicals/interalia/index_it.htm

SOMMARIO PAG

CULTURALIA: Europalia Russia (Giulia Gigante) 2

BELLA O FEDELE: Il re Artù non è morto (Cristina Cona) 6

INCONTRI: Rei (rete di eccellenza dell’italiano istituzionale)

(Daniela Murillo Perdomo) 8

NOTE TERMINOLOGICHE: Attuare o recepire: questo è il problema! (Paola Staboli) 10

CULTURALIA: Cartoline dalla Bulgaria (Giulia Gigante) 12

Comitato di redazione: C. Breddy, C. Cona, R. Gallus, C. M. Gambari, G. Gigante, C. Gracci, D. Murillo Perdomo, E. Ranucci Fischer, D. Vitali

Collaboratrice: P. Staboli

Grafica: A. D’Amico (Anna.D’[email protected])

culturalia

EUROPALIA RUSSIA

Quest’autunno a Bruxelles si parla russo. La città sarà letteralmente travolta da un numero impressionante di eventi culturali ed artistici. E, sorprendentemente, si tratta quasi sempre di manifestazioni e incontri di grande qualità che si ripropongono di offrire un’immagine della Russia in tutte le sue variegate sfaccettature.

Grandi registi, i migliori teatri di prosa (come l’atelier Pjetr Fomenko e il Maly teatr di Lev Dodin) e di balletto (il sempiterno Bol’šoj), i musicisti e gli scrittori più significativi, opere d’arte di tutti i tempi, capolavori del cinema … Un vero e proprio fuoco d’artificio che forse illuminerà qualche meandro dell’anima russa e ne rivelerà qualche segreto.

Parafrasando la celebre frase a proposito della “finestra sull’Europa” aperta da Pietro il Grande con la fondazione di Pietroburgo si può dire che l’edizione di Europalia di quest’anno apre una “finestra sulla Russia”.

Nell’ampio ventaglio di mostre si segnalano, in particolare, due grandi esposizioni al Palais des Beaux-Arts: una dedicata alle avanguardie artistiche russe, che si inaugurerà il 5 ottobre, e l’altra sull’arte russa antica e moderna, con icone, quadri e altri oggetti d’arte provenienti da raccolte del Cremlino, della celebre Kunstkamera e da altri prestigiosi musei, che si aprirà l’11 ottobre. 2

culturalia

Una mostra per sognare sarà quella, molto originale - almeno nelle intenzioni - sulla Transiberiana, il mitico tragitto in treno da Mosca a Vladivostok attraverso gli Urali e il lago Bajkal, che si svolgerà, a partire dal 15 ottobre, al Musée du Cinquantanaire. Quest’ultimo ospiterà anche una mostra sugli Unni (che si inaugurerà il 20 ottobre) per via delle loro origini siberiane.

Il Musée d’Ixelles accoglierà, d a l 1 3 o t t o b r e , un’esposizione dedicata ai capolavori del simbolismo russo, mentre la Bibliotheca Wittockiana esporrà le opere degli illustratori di libri del XX secolo.

Un’occasione da non perdere per conoscere i volti, i paesaggi, i mestieri, il modo di vivere e la visione d e l m o n d o d e l l a R u s s i a prerivoluzionaria è la mostra sulla fotografia russa del XIX secolo che sarà allestita presso la Bibliothèque royale (dal 21 ottobre).

3

Le celebri uova di Fabergé, insieme ad altri oggetti preziosi e gioielli, potranno essere ammirate, in turni di non più di dodici persone, all’Espace culturel ING a partire dal 19 ottobre.

Del tutto diversa, ma ugualmente interessante si prospetta un’insolita esposizione dei manifest i di propaganda sovietica: il trionfo di una falsa ingenuità, l’immagine di un mondo edulcorato che occorre assolutamente (ri)vedere per non dimenticare un passato ancora non molto lontano (Al Centre de la Gravure et de l’image imprimée di La Louvière dal 24 settembre).

In occasione di Europalia è stato organizzato un itinerario “russo” attraverso Bruxelles per far conoscere i luoghi legati a scrittori o personaggi russi: il monumento a Pietro il Grande, la rue des Eperonniers, un tempo chiamata rue des écrivains russes, etc.

Nell’ambito delle manifestazioni teatrali, vengono proposti sia allestimenti di classici della letteratura e del teatro - come Guerra e pace e La felicità coniugale di Lev Tolstoj (atelier Pjetr Fomenko), Le tre sorelle e Zio Vanja di Čechov e Boris Godunov di Puškin – che opere di classici della letteratura mondiale – da Omero a Shakespeare – che, ancora, pièces di autori contemporanei come Comment j’ai mangé du chien di Evgenij Griškovec e performance di artisti come Alexandre Petlura che descrive la vita in Russia attraverso gli oggetti e i rifiuti dell’esistenza quotidiana.

culturalia

4

Fino a gennaio sarà possibile incontrare, nelle vie di Bruxelles o in luoghi come il Passa Porta, la Maison du Livre o la libreria FNAC, i più interessanti scrittori russi della nostra epoca. Vi saranno, tra gli altri, Ljudmila Ulickaja e Tat’jana Tolstaja, V i k t o r E r o f e e v e L j u d mi l a Petruševskaja, Mark Charitonov e Vladimir Vojnovič per la prosa e Olga Sedakova e Vera Pavlova per la poesia.

Anche il programma cinematografico, realizzato in collaborazione con il Musée du Cinema, si presenta estremamente ricco dal momento che comprende una retrospettiva dei film di Andrej Tarkovskij, una rassegna di capolavori del cinema russo, una serie di adattamenti cinematografici di opere letterarie di autori come Dostoevskij, Tolstoj e Puškin e un’antologia dei migliori film prerivoluzionari e di epoca sovietica.

Per tutta la grande varietà di concerti, opere liriche, spettacoli di canto e danze folkloristiche e, più in generale, per maggiori informazioni sulle innumerevoli manifestazioni, si può consultare il sito: europalia.be.

Giulia Gigante

culturalia

5

bella o fedele

Partito come rivolta contro l’ispirazione classicistica e i modelli linguistici e letterari che ne erano il retaggio, e che le nuove generazioni consideravano ormai spenti e inariditi, il romanticismo esercitò un’influenza incalcolabile in tutta Europa dando luogo in molti paesi ad una riscoperta delle tradizioni popolari, vere o mitizzate che fossero, e innescando in certi casi un rivolgimento non solo culturale, ma anche politico in senso lato. Questo fenomeno assunse dimensioni particolarmente significative nelle nazioni celtiche: abbiamo già parlato di Ossian per la Scozia, ma grande importanza ebbero an-che la traduzione dei racconti e romanzi del Mabinogion nel Galles, il lavoro svolto da folcloristi e traduttori in Irlanda, e il Barzaz Breiz in Bretagna.

A pubblicare quest’ultima opera, nel 1839, fu un giovane aristocratico bretone, il visconte Théodore Hersart de La Villemarqué, noto anche sotto il nome bardico Kervarker. Il Barzaz Breiz (titolo che significa “florilegio poetico di Bretagna” e che nella grafia bretone moderna è reso come “Barzhaz Breizh”) era una raccolta di oltre cinquanta canti popolari - ballate mitologiche e storiche, canti d’amore e di festa, leggende religiose - presentati nell’originale bretone e accompagnati dalla traduzione francese e da note esplicative, che l’autore aveva sentito dalla viva voce dei parlanti percorrendo vaste zone del paese. Non si trattava di un’impresa isolata: a precedere La Villemarqué era stato infatti un movimento piuttosto vasto, passato alla storia con la denominazione di “celtomanie”, che aveva già ispirato ricerche archeologiche, storiche e linguistiche.

I L R E A R T Ù N O N È M O R T O

Fra queste spicca l’opera di Jean-François Le Gonidec, traduttore della Bibbia in bretone, autore di due dizionari bretoni e della Grammaire Celto-bretonne, che fu il primo a sistematizzare la lingua creando una nuova ortografia e depurandola dei termini di troppo evidente origine francese, da lui sostituiti con vocaboli di derivazione gallese. Fra le lingue gallese e bretone esiste infatti un legame di stretta parentela, poiché i bretoni sono i discendenti dei celti del Galles e della Cornovaglia rifugiatisi fra il V e il VII secolo DC in quest’angolo dell’Europa continentale sotto l’incalzare delle invasioni anglosassoni.

Il Barzaz Breiz ebbe grande successo e venne tradotto in diverse lingue straniere, ma diede anche luogo a vivaci polemiche destinate a protrarsi per oltre un secolo. La Villemarqué cominciò ad essere bersaglio di critiche nel 1867, ossia a quasi trent’anni dalla prima edizione, quando l’avvento di metodi più scientifici e affidabili per la ricerca filologica portò non pochi studiosi a nutrire dubbi sui criteri che avevano ispirato l’interpretazione e la trascrizione dei canti: venne allora accusato di non essersi limitato a riprodurre ciò che aveva sentito, ma di aver pesantemente manomesso i testi, ai quali, secondo i detrattori, avrebbe spesso attribuito un significato arbitrario, ad esempio modificando i nomi propri così da conferire ai canti un’antichità fittizia, o addirittura di avere inventato i pezzi più importanti della raccolta (alcuni insinuarono addirittura che il Barzaz Breiz fosse stato da lui scritto originariamente in francese e poi fatto tradurre in bretone). Gli venne inoltre rimproverato di avere modificato la lingua degli originali, sostituendo le parole bretoni derivate dal francese con altre prese a prestito al gallese: di aver cioè “purificato” il materiale per renderlo pienamente conforme ai principi ortografici di Le Gonidec. Invitato poi a permettere ai colleghi di consultare liberamente le fonti sulle quali si era basato, oppose un muro di silenzio che ovviamente non potè non aggravare i sospetti che già pesavano sulla sua opera.

Altre critiche fra quelle mosse a La Villemarqué (come quella di non sapere il bretone, lingua con la quale egli aveva dimestichezza sin dall’infanzia) erano decisamente fantasiose e

6

bella o fedele non ebbero seguito. L’accusa di invenzione fu invece presa sul serio da molti, ebbe vita lunga e

alimentò dispute appassionate che si sarebbero sopite soltanto una ventina d’anni fa. Se la controversia può oggi definirsi chiusa, il merito va alle ricerche svolte da Donatien Laurent, uno studioso che, inventariando gli archivi della famiglia di Le Villemarqué, ha ritrovato i tre grossi quaderni su cui questi aveva annotato le parole e la musica raccolte nel corso delle sue ricerche, a dimostrazione definitiva del fatto che il Barzaz Breiz contiene documenti autentici e non frutto dell’immaginazione del suo autore; tanto meno si può quindi sostenere che siano stati tradotti dal francese. In quanto al rifiuto opposto all’esame del suo materiale, va ricordato che La Villemarqué aveva perso la moglie nel 1870 e che, annientato dal dolore, si era chiuso nella sua dimora di campagna rompendo ogni contatto con il mondo esterno. E’ perciò chiaro, oggi, che a motivare il suo comportamento fu la tremenda afflizione da lui provata, e non la riluttanza a svelare le sue fonti.

Più complesso si presenta il discorso sulla lingua del Barzaz Breiz. Anche i difensori più irriducibili di La Villemarqué ammettono che i canti della raccolta non sono una trascrizione letterale, ma osservano che sarebbe stato di fatto impossibile riprodurre testualmente la tradizione orale, data la molteplicità dei dialetti e delle versioni nonché l’arretratezza delle risorse tecniche di cui disponevano i ricercatori dell’epoca; va inoltre ricordato che i criteri metodologici in auge nell’Ottocento predisponevano gli studiosi a consultare diverse varianti per poi incorporare “la migliore” nel testo finale, piuttosto che aderire con fedeltà assoluta a quella che era da considerarsi la meno rimaneggiata.

Per quanto riguarda il – molto discusso - rimando ad un’ipotetica lezione primitiva gallese, è stato rilevato che non si trattò per nulla di un tentativo di contraffazione, bensì di coerenza con un’impostazione ben precisa: la consultazione di testi gallesi era per La Villemarqué l’unico modo di riportare alla luce la versione originale. La sua ipotesi era infatti che quest’ultima fosse ricostruibile se si fosse rifatto il cammino a ritroso partendo da quelle esistenti nel suo tempo, e ciò in un’ottica che sottolineava la continuità nei secoli della poesia

popolare bretone e il filo ininterrotto che la legava a quella gallese.

Quali che siano gli appunti che si possono rivolgere a Le Villemarqué, il Barzaz Breiz ebbe il pregio di sensibilizzare gli intellettuali bretoni alle tradizioni del loro paese, dando impulso non solo ad altre raccolte di poesia e leggende popolari, ma anche ad un corpus di opere letterarie di tutto rispetto proprio in lingua bretone. Lungi dal voler fare unicamente prova di erudizione, egli volle conservare e riproporre in tutta la sua ricchezza il patrimonio culturale e linguistico bretone e mettere in atto un vero e proprio risveglio nazionale:

«Au Moyen Age, le Bretons cambriens [i gallesi, ndr] et les Bretons de l’Armorique, dans toutes leurs solennités, chantaient cet antique refrain: Non! le roi Arthur n’est pas mort!

Le chef de guerre illustre, qui savait vaincre leurs ennemis, était encore pour eux, à cette époque, un symbole de nationalité politique.

Il y a un certain nombre d’années, au milieu d’un fête de famille que donnaient aux Bretons d’Armorique leurs frères du pays de Galles, en voyant flotter au-dessus de ma tête les vieux drapeaux de nos aïeux communs (…), je répétais, avec enthousiasme, le refrain traditionnel. Aujourd’hui, quand je détourne mes regards vers cette poétique terre de Bretagne qui reste la même alors que tout change autour d’elle, ne puis-je répéter avec les Bretons d’autrefois: Non! le roi Arthur n'est pas mort!»

Cristina Cona

Fonti: Per Denez, Modern Breton Literature, in: J. E. Caerwyn Williams (ed.), Literature in Celtic Countries, University of Wales Press, Cardiff 1971; Per Denez, Le Barzhaz Breizh et la renaissance bretonne, Introduzione a : T. H. de La Villemarqué, Barzhaz Breizh, Éd. Coop Breizh, Spézet 1997; François Gourvil, Langue et littérature bretonnes, Coll. « Que sais-je ? », PUF, Paris 1976

7

Il dipartimento italiano si è fatto promotore di un primo INCONTRO tra tutti coloro che, per lavoro, si occupano di terminologia e linguaggi specialistici e che sono impegnati, in diversi settori istituzionali e professionali, a rendere la comunicazione in italiano, chiara, comprensibile e accessibile a tutti, ma soprattutto omogenea, congrua e ineccepibile dal punto di vista qualitativo e contenutistico. L’incontro ha l’ambizione di gettare le basi per la creazione di "rei" (rete di eccellenza dell’italiano istituzionale), con i seguenti obiettivi:

1. istituzione di un dispositivo di contatto permanente tra tutti coloro che usano o creano linguaggi specialistici italiani per favorirne l’armonizzazione, in particolare in ambito istituzionale,

2. validazione incrociata di terminologia e di neologia,

3. messa in comune di banche dati terminologiche,

4. attivazione di un filo diretto con esperti e rappresentanti di tutte le istanze, la creazione di un Forum.

A questa prima Giornata abbiamo invitato: l’Ass.I.Term e l’Accademia della Crusca, la Rappresentanza Italiana e l’Istituto di cultura a Bruxelles, i rappresentanti delle università attive nel campo della terminologia e della traduzione, della Fondazione Bordoni (FUB), dell’UNI, del CNR, i traduttori dei Ministeri, della Camera e del Senato, nonché, naturalmente, i rappresentanti italiani dei Servizi di traduzione del Consiglio dell’Unione, del Parlamento europeo, del Comitato economico e sociale europeo, della Corte di Giustizia, della Corte dei Conti, del Servizio Comune Interpretazione e Conferenze (SCIC) della Commissione e della Direzione Interpretazione del Parlamento europeo, dei Servizi giuridici delle diverse istituzioni e i colleghi traduttori della Cancelleria svizzera.

L’incontro si svolgerà a Bruxelles il 23 novembre, al Borchette. L'interesse suscitato presso tutte le persone contattate lascia bene sperare nella riuscita della giornata e naturalmente del progetto. Nelle pagine successive troverete il programma.

Daniela Murillo Perdomo

8

incontri

Quando è uscito l'ultimo numero di Inter@lia, stavo traducendo un atto normativo nel cui primo considerando si legge: “Il convient dès lors d’introduire dans le règlement (CE, Euratom) n° 2342/2002 de la Commission du 23 décembre 2002 établissant les modalités d’exécution du règlement financier, qui transpose essentiellement les règles de la directive 92/50/CEE dans la réglementation financière interne des institutions, les modifications apportées par la directive 2004/18/CE, dans la mesure où elles sont pertinentes;”.

Mi è sembrato impossibile tradurre “transpose” con “attua”.

È vero, che, nel testo che stavo traducendo, non si trattava di dare attuazione a una direttiva nei rispettivi ordinamenti nazionali, perché era la Comunità stessa che introduceva in un regolamento le disposizioni di una direttiva comunitaria. Tuttavia, non mi sembrava che ne risultasse una modifica radicale del significato di “transposer une directive”.

Anche se l’articolo 249 del trattato CE è ben noto a tutti noi, ne riporto qui il comma riguardante le direttive: “La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi.”

note terminologiche

Attuare o recepire: questo è il problema!

10

Rif.: Inter@lia n. 32, pag. 7, Nota Terminologica (1)

(1) Si segnala ai traduttori che il termine espresso in francese ed inglese con "transposition" va tradotto in italiano con "attuazione", allorché si riferisca ad una direttiva. Il termine è da preferirsi a quello di "recepimento", che si utilizza propriamente per l'inserimento di un atto normativo straniero nell'ordinamento nazionale. Nel caso della direttiva si preferisce l'uso di un termine che ne rispetti la natura di atto del diritto comunitario, il quale ultimo mira ad una sempre maggiore integrazione e osmosi con gli ordinamenti interni degli Stati membri.

Castellan Giuliano, Dragone Stefania

L’articolo 137 del trattato CE (“Titolo XI Politica sociale, istruzione, formazione professionale e gioventù, Capo I Disposizioni sociali”), prevede al paragrafo 3: “Uno Stato membro può affidare alle parti sociali, a loro richiesta congiunta, il compito di mettere in atto le direttive prese a norma del paragrafo 2. In tal caso esso si assicura che, al più tardi alla data in cui una direttiva deve essere recepita a norma dell'articolo 249, le parti sociali abbiano stabilito mediante accordo le necessarie disposizioni, fermo restando che lo Stato membro interessato deve adottare le misure necessarie che gli permettano di garantire in qualsiasi momento i risultati imposti da detta direttiva.”

Sul sito web del Dipartimento per le politiche comunitarie del Governo italiano, è stata pubblicata di recente questa notizia: “01/08/2005. Il governo ha recepito tutte le direttive della Legge Comunitaria 2003. Soddisfazione dell'On. La Malfa per il recepimento, nella riunione del 29 luglio del Consiglio dei ministri, delle 27 direttive della Legge Comunitaria 2003 e di 2 direttive relative alla Legge Comunitaria 2004. (...)”.

Difatti, il comunicato del Consiglio dei Ministri n. 15, del 29 luglio 2005, annuncia che “il Consiglio ha approvato i seguenti provvedimenti: (...) tredici decreti legislativi (approvati definitivamente) per l'attuazione delle seguenti direttive comunitarie: (...)”.

La legge comunitaria 2004, adottata il 3 aprile 2005, prevede all’articolo 1 (“Delega al Governo per l’attuazione di direttive comunitarie”), comma 1: “Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle direttive comprese negli elenchi di cui agli allegati A e B.” e all’articolo 5 (“Delega al Governo per il riordino normativo nelle materie interessate dalle direttive comunitarie”), comma 1: “Il Governo è delegato ad adottare, con le modalità di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 1, entro il termine di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, testi unici delle disposizioni dettate in attuazione delle deleghe conferite per il recepimento di direttive comunitarie, al fine di coordinare le medesime con le norme legislative vigenti nelle stesse materie, (...)”.

Poiché l’attuazione delle direttive non è immediata, ma, per l’appunto, è subordinata all’adozione delle “misure necessarie”, io mi troverei sinceramente a disagio a dover tradurre “transposition” direttamente con “attuazione”, perché mi sembra che si ignorerebbe così la fase necessaria per giungere all’attuazione: una direttiva si attua soltanto dopo che è stata “transposée”.

Che fare ?

Paola Staboli

note terminologiche

11

Estate torrida nei Balcani. Nell’aria immobile, sotto un sole spietato, il vecchio e il nuovo s’intrecciano in un groviglio inestricabile dando vita a scene inusitate.

Vecchi pastori, segnati da rughe antiche, portano a pascolare capre e pecore lungo viottoli incredibilmente verdi a pochi passi dalla superstrada (i Bulgari la considerano un’autostrada) Sofia-Varna. Con la stessa impassibile flemma sfilano lungo le strade, al traino di un mulo, carretti di legno, carichi di fascine e dalla caratteristica forma a trapezio, che vengono, di tanto in tanto, sorpassati dai SUV supercorazzati dei “Nuovi Bulgari”.

Il tempo è un’opinione e tutto è molto relativo; l’importante è fare le cose con calma.

L’Oriente si mescola all’Occidente; il mondo slavo rivela le sue radici bizantine e l’elemento turco, innestato nei lunghi anni di domi-nazione ottomana, ha lasciato le sue tracce non solo nell’architettura e nella lingua, ma anche nel modo di vivere. I Bulgari sono i meno slavi tra gli slavi, chiacchieroni e incredibilmente rumorosi. Ovunque impazza la čalgà, un genere musicale misto di folk balcanico, con inserti bulgari, serbi e turchi, e di ritmi da musica leggera. Il volume è sempre alto, ma la cosa sembra non disturbare nessuno.

CARTOLINE DALLA BULGARIA

Le viti si arrampicano sulle pareti di pietra un po’ dovunque, la sera i vecchi siedono davanti alle loro case bellissime e sgarrupate alla ricerca di un po’ di fresco. Le case dei centri storici hanno i tetti rossi alla turca, ma sono tutte diverse l’una dall’altra, con balconate di legno o di pietra con ringhiere di ferro arabescate, mura bianche di pietre diseguali.

Sulla soglia del monastero della Trasfigurazione (Preobraženski), incassato sotto un roccione, immerso nel verde e ricco di affreschi di fattura bizantina, siede impassibile un pope di oltre novant’anni dalla lunghissima barba bianca. Il Preobraženski è uno degli innumerevoli monasteri disseminati in zone impervie, spesso nascosti dalla vegetazione, che rappresentano vere e proprie oasi di pace in cui il tempo sembra essersi fermato per sempre. Lenzuola stese al sole, mura bianche con improvvisi sprazzi di azzurro, silhouette di monaci che sembrano usciti dal Medioevo e, talvolta, come al Monastero della Trinità (Sveta Trojca), suore silenziose vestite di bianco e con strani veli sopraelevati sul capo.Le chiese costruite durante i lunghi secoli di dominazione turca sono seminterrate perché i Turchi non volevano che fossero più alte di un uomo a cavallo. Nelle città sono quindi seminascoste tra cortili di centri commerciali e palazzi moderni e bisogna andarsele a cercare. Ma, una volta entrati, si penetra in un’altra dimensione.

culturalia

Vecchio e nuovo

Tra sacro e profano

12

In questa terra di contrasti, alla calura insopportabile si alternano vere e proprie inondazioni in cui le forze della natura si scatenano con violenza inaudita accanendosi contro quello che l’uomo ha costruito. In una delle inondazioni di quest’estate è stata semidistrutta una chiesa storica di Veliko Tarnovo, la chiesa dei 40 martiri, risvegliando le speranze della popolazione. Infatti, secondo Vanga, una vecchia veggente cieca, molto popolare nel paese e recentemente defunta, quando quella chiesa sarebbe stata distrutta, il popolo bulgaro sarebbe nato a nuova vita.

Sulle rovine dell’antica città tracia di Carevec, l’artista Kiril, che sogna di poter un giorno vedere l’Italia e dipingere le sue impressioni con l’acquerello, rivela il segreto dell’eterna giovinezza: la costante ricerca della bellezza. E le sue parole riecheggiano l’idea di Dostoevskij, secondo cui solo la bellezza salverà il mondo.

Anche i 45 anni di dittatura comunista, nonostante le intenzioni, non si sono potuti cancellare dall’oggi al domani e hanno lasciato le loro tracce: tracce anche ingombranti come il palazzo bunker con quarantacinque stanze da letto che Živkov si era fatto costruire, come residenza estiva, nella splendida cittadina storica di Arbanasi, un edificio tozzo con una vista magnifica le cui pesanti mura, nonostante il colore bianco, sembrano gonfie di sangue. Nella valle sottostante al bunker c’è un bosco abbastanza fitto di pini, tutti piantati dalle “brigate” di studenti (le stesse che in Russia d’estate venivano mandate a raccogliere le patate) in epoca comunista.

Al di fuori dei nuclei storici, vi sono un po’ ovunque edifici moderni costruiti in quell’epoca che già cadono a pezzi, palazzi fatiscenti, brutti, sporchi e in condizioni igieniche pietose, circondati da strade polverose e piene di buche. Sarà dura ritornare agli splendori della Grande Bulgaria, ma la gente non si scoraggia e si aggrappa al paradosso di un paese che è “l’unica Repubblica del mondo ad essere governata da uno zar” in attesa della rinascita promessa da Vanga.

culturalia Sogni e superstizioni

Residui di un non lontano passato

13

Nel frattempo, rimane forte l’attaccamento a tradizioni antiche e molto diffuse, non solo nelle campagne, ma in tutto il paese. Il folklore, legato alle feste popolari, è molto amato e continua ad essere coltivato, con tutta una serie di rituali legati ai cicli della natura (l’avvento delle stagioni), alle ricorrenze religiose e ad antiche feste pagane (in connessione, per esempio, con la fertilità della terra oppure con le acque dei fiumi e dei laghi). Ma anche al di fuori di queste “feste comandate”, si trova sempre l'occasione per tirar fuori gli abiti tradizionali, per intrecciare una delle danze popolari più diffuse (come il famoso choro) ed intonare le note della Balgarska roza (la canzone “Rosa bulgara”).

Sulla prima pagina di una qualsiasi giornata d'estate, su uno di questi giornali, c'era un enorme articolo con foto dedicato ad una bambina eletta “principessa delle pesche” in un villaggio, un articolo di tono pseudograve sul rincaro dei pomodori e così via. Inutile cercare notizie di portata non solo internazionale, ma neanche nazionale.

Questa è però la stampa che si vende, insieme alle versioni bulgare di giornali femminili internazionali (come “Elle” o addirittura la nostrana “Grazia”) che costano dieci volte di più rispetto agli equivalenti, molto meno patinati, bulgari. A comprare le riviste glamour sono le donne dei mafiosi - spalle larghe, capelli a spazzola, pancia in fuori, tatuaggio di ordinanza e catenone al collo, che guidano i SUV e vanno in villeggiatura sul Mar Nero.

culturalia Riti e miti

La stampa “gialla”

14

I giornali di qualità (anche se sempre un po’ relativa) come “Dnevnik” o “Monitor” hanno una tiratura molto bassa che rende molto difficile trovarli. Ovunque, invece, imperversa la cosiddetta “želta presa” (letteralmente stampa gialla), una miriade di fogli formato tabloid di connotazione più o meno locale, pieni di episodi di scarso rilievo, di fatterelli ordinari, che ricordano la falsa ingenuità dei giornali sovietici di un tempo.

Il mar Nero, però, non è solo pascolo di mafiosi bulgari, russi e moldavi, ma è anche un mare che in alcuni punti ha conservato il suo fascino tutto orientale. A renderlo speciale vi sono non solo le acque dal colore delicato, una brezza perenne e un sole che riscalda senza scottare, ma anche il mistero delle coste esotiche che lo circondano fin quasi a chiuderlo. Coste russe, ucraine, georgiane, turche, invisibili eppure presenti, che condividono lo stesso mare, le stesse bizzarre conchiglie, le stesse sabbie m e s c o l a t e s i n e i g o r g h i sottomarini.

culturalia

Il Mar Nero

15

Ed è sul versante bulgaro che si erge fantastico sulle acque un palazzo meraviglioso, quasi un castello da fiaba, con un giardino da Mille e una notte e un minareto (falso), fatto costruire, in un’epoca in cui quel tratto di litorale dobrugio apparteneva alla Romania, dalla regina Maria. Una regina triste, per metà inglese e per metà russa, costretta per motivi diplomatici a sposare senza amore il re Ferdinando di Romania. Ma, secondo la leggenda, la regina dal suo palazzo guardava il mare aspettando l’uomo che amava.

Giulia Gigante

16

SITI SULLA BULGARIA:

http://www.bulgaria-italia.com/bg/ , il miglior sito in assoluto, è il portale sulla Bulgaria in lingua italiana: un sito, a cura dell’Associazione Bulgaria-Italia, che si distingue per la ricchezza delle informazioni e la varietà degli argomenti su cui spazia: notizie, storia, arte, cultura, letteratura, economia, politica, turismo, curiosità, folklore;

http://www.travel-bulgaria.com/index_.shtml è un sito turistico (in inglese) che offre informazioni sulle località di interesse storico, architettonico o naturale;

http://www.edt.it/lonelyplanet/microguide/text/013/letture.shtml è il sito della Lonely Planet sulla Bulgaria (in italiano;

http://news.netinfo.bg/ è un sito di notizie e informazioni sulla Bulgaria (in bulgaro);

http://www.geocities.com/bulgarian_martenitsa/A_Legend_of_the_Martenitsa.html: in questa pagina viene raccontata la storia della martenica (che cos’è, come si prepara, q u a n d o e p e r c h é ) , u n a t r a d i z i o n e a n c o r a v i v i s s i m a ; http://www.bulgaria.com/varna : un sito dedicato alla città di Varna.

culturalia