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1 Promosso e organizzato da CD/LEI (Comune di Bologna Settore Istruzione) e AIPI Associazione Interculturale Polo Interetnico Finanziato da Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia-Romagna e Progetto Camaleonte Trasparente INSEGNARE ITALIANO AI BAMBINI STRANIERI A SCUOLA Corso di aggiornamento per insegnanti in servizio Bologna, 15/03/2004 – 10/05/2004 Sede: s.m. Besta, Via Aldo Moro 31 - BO

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Promosso e organizzato da CD/LEI (Comune di Bologna Settore Istruzione)e AIPI Associazione Interculturale Polo Interetnico

Finanziato da Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia-Romagna eProgetto Camaleonte Trasparente

INSEGNARE ITALIANO AI BAMBINISTRANIERI A SCUOLA

Corso di aggiornamento per insegnanti in servizio

Bologna, 15/03/2004 – 10/05/2004

Sede: s.m. Besta, Via Aldo Moro 31 - BO

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Programma del corso:

1) Lunedì 15 marzo, Daniela ZorziLezione introduttiva: imparare la lingua per imparare

2) Lunedì 22 marzo, Gabriele PallottiImplicazioni didattiche delle ricerche sull’acquisizione della seconda lingua

3) Lunedì 29 marzo, Francesca Gattullo L’osservazione in classe

4) Martedì 6 aprile, Paola Leone “Puoi ripetere, per favore?”. Lo scambio interattivo come opportunità di apprendimento.

5) Lunedì 19 aprile, Fernanda Minuz L’italiano per studiare -1

6) Lunedì 26 aprile, Fernanda Minuz L’italiano per studiare -2

7) Lunedì 3 maggio, Francesca Gattullo La valutazione dell’apprendimento linguistico di italiano L2

8) Lunedì 10 maggio, Maria Cristina Castellani Il progetto Milia-Italiano insieme: presentazione di materiali di formazionee didattici.

Incontri nei gruppi ristrettiAnalisi di caso e discussione per gli insegnanti dell’I.C. 10 e dell’I.C.11 che partecipano al progetto“Camaleonte trasparente”. Tutor: F. Gattullo – S. Ardizzoni

In questo percorso saranno affrontate le questioni legate all’apprendimento dell’italiano L2 da parte dibambini stranieri inseriti nelle scuole dell’obbligo, e le implicazioni sul piano didattico nella quotidianità dellavoro dell’insegnante in classe. Obiettivo principale è quello di migliorare la qualità e la professionalitàdell'insegnamento e, di riflesso, dell’inserimento dei bambini e delle bambine venuti da lontano. In particolare, s'intendono sviluppare le seguenti competenze professionali:

♦ conoscere le molteplici risorse didattiche per l’italiano L2 in contesto scolastico;♦ saper scegliere ed utilizzare materiali didattici adatti ai destinatari del proprio insegnamento;♦ conoscere le prassi e le metodologie più recenti relative alla gestione delle classi in presenza di allievi

plurilingui♦ saper programmare e valutare il percorso di apprendimento dell’italiano L2

Nella seconda edizione del percorso di aggiornamento per insegnanti in servizio, abbiamo voluto fornire a tutti i partecipantiquesta dispensa di articoli della letteratura specifica, ritenuti significativi dai relatori invitati. Si tratta di articoli già pubblicatio in via di pubblicazione, il cui inserimento in questa dispensa ha lo scopo di fornire ai partecipanti al percorso degli stimolidi lettura e di approfondimento degli argomenti che verranno trattati in aula.

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INDICE

Pp. 4 - 11: D. Zorzi: Dalla competenza comunicativa alla competenza interculturale (Pubblicato in Babylonia2/1996, pp 46-52)

Pp. 12 –20: G. Pallotti, T. Zedda: Le implicazioni didattiche della Teoria della Processabilità(Apparirà in J. Douthwaite (a cura di), Atti della giornata di studisull’insegnamento delle lingue straniere, Centro Linguistico diateneo dell’Università di Cagliari, 12 Dicembre 2003)

Pp. 21 – 24: P.Leone: Capire, parlare e interagire: contesti e opportunità di apprendimentolinguistico(Pubblicato in P. Nobili (a cura di), Camminare per quadri, Bologna,CLUEB, 2003, pp 187-209)

Pp. 25 - 35: D. Zorzi: Modelli etnografici per la ricerca in classe (Pubblicato in LEND – Lingua e Nuova Didattica, 3/2001, pp. 67-78)

Pp. 36 - 43: F. Gattullo: Strumenti e metodologie di valutazione iniziale per gli alunni cheapprendono l’italiano come lingua seconda nella scuola di base.

(In corso di pubblicazione in Educazione Interculturale, Erickson, TN)

Pp. 44 - 51: S. Ardizzoni: Strumenti metodologici e pratici per la rilevazione delle abilità nella primafase di accoglienza.(In corso di pubblicazione Educazione Interculturale, Erickson, TN)

Pp. 52 - 62: F. Minuz: I manuali scolastici: problemi di lingua.(In corso di pubblicazione in LEND –Lingua e Nuova Didattica)

Pp. 63 - 69: F. Minuz: I manuali scolastici: proposte didattiche per l’insegnamento dell’italiano L2.(In corso di pubblicazione in LEND – Lingua e Nuova Didattica)

Pp. 70 - 77: M. Castellani: Il sistema classe e la comunicazione(Pubblicato in www.2000milia.it)

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Dalla competenza comunicativa alla competenza comunicativa interculturale

(pubblicato in Babylonia2/1996. 46 -52)

Daniela ZorziUniversità di Bologna

La crescente presenza nella scuola italiana di bambini e adolescenti stranieri, per lo più immigrati oprofughi, mette sempre più in crisi il modello monoculturale e monolinguistico che propone la scuolaitaliana. Modello già storicamente improponibile (anche se a volte proposto) nelle zone di bilinguismosociale e già fortemente messo in discussione negli ultimi trent'anni, quando, in conseguenza della mobilitàinterna, i contatti fra culture regionali e dialetti diversi si sono fatti sempre più frequenti ed è diventatopalese, anche alla scuola, che per molti bambini l'italiano era, citando De Mauro, la prima delle linguestraniere. Nel microcosmo della classe, la reazione dell'insegnante ora come allora è sempre la stessa: mihanno dato un bambino calabrese, napoletano, marocchino, cinese .... non sa l'italiano e io non so che cosafare. Al di là del fatto che sotto la frase "non sa l'italiano" si nasconde un'infinita varietà di situazioni, intermini di conoscenze e capacità linguistiche - che va dal non saper dire buongiorno al non saperriconoscere una subordinata di terzo grado in dipendenza da un tempo storico -, ciò di cui si lamental'insegnante è l'inadeguatezza della competenza del bambino "altro" in relazione a quanto richiede la scuola.In realtà il problema linguistico era ed è la punta di un iceberg: sicuramente è uno degli elementi che turbamaggiormente l'equilibrio della classe e incide nell'accettare o meno un ragazzo, ma molto spessol'insufficienza linguistica, facilmente documentabile in relazione alla competenza del ragazzo autoctonomonolingue, è un'etichetta di comodo per coprire il disagio che sia l'insegnante sia gli altri ragazzi provanodavanti a comportamenti, abitudini, modi di parlare o di tacere, modi e tempi di reazione che si discostanoa quelli del gruppo maggioritario. Di ciò, e le esperienze di moltissimi paesi con storie di immigrazionemolto più forti e più antiche della nostra lo confermano, non sempre si è consapevoli, quindi si cerca quasiesclusivamente di coprire il deficit linguistico, o tutt'al più quello relativo ai contenuti disciplinari del nostrosistema di istruzione. Anche questa operazione, però, nel nostro contesto privo di una forte tradizionedell'insegnamento dell'italiano come lingua seconda, risulta difficoltosa: non si sa chi possa farlo(l'insegnante di lettere? la maestra? l'insegnante di sostegno? un interprete bilingue? per citare solo alcunemodalità sperimentate in Italia), con quali competenze, in quali momenti e in relazione a quale programmadi base.

Se questa, appena tratteggiata, è la situazione più comune in cui si trova (spesso da un momentoall'altro) l'insegnante a cui capita in classe un bambino straniero, e se - come è prevedibile dato l'andamentodella migrazione straniera in Italia - il numero dei bambini stranieri tenderà a crescere, allora è ragionevole,oltre e al di là di ogni valutazione morale, cominciare a pensare a una pedagogia che preveda un'utenzamulticulturale.

In questa sede, vorrei vedere come il concetto di competenza comunicativa, su cui in maniera più omeno esplicita si è fondato negli ultimi 15 anni anche in Italia l'insegnamento delle lingue straniere e dellalingua materna nella cornice dell'educazione linguistica, possa essere interpretato e attuato nella praticadidattica in modo da diventare uno strumento efficace in contesti in cui due o più culture devonoconvivere. Il mio contributo rientra nell'ambito della pedagogia interculturale, intesa come unatteggiamento e un punto di vista: non intende proporre contenuti specifici, ma si traduce in un modo dirapportarsi alla diversità, vista come risorsa per lo sviluppo di un gruppo misto. Questo atteggiamento ècaratterizzato, innanzi tutto, da un aggiustamento reciproco fra le varie parti: non deve, cioè, essere solo lo'straniero' ad adeguarsi al modello della cultura ospite, ma anche gli 'autoctoni' devono rinegoziare i lorovalori e le loro certezze, cercando di identificare i comportamenti che portano all'esclusione (volontaria ocoatta) dell'estraneo.

1. Sulla competenza comunicativaNell'ambito dell'insegnamento linguistico, si è passati da un prevalente, se non esclusivo, interesse per laforma della lingua a un prevalente interesse per l'uso, interesse quest'ultimo che pervade, in varia misura econ diverse modalità, tutti gli approcci definiti comunicativi. L'elemento che accomuna questi approcci è

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l'aspirazione a far sì che l'apprendente sviluppi la competenza comunicativa.1 Questa include la conoscenzadel sistema linguistico (cioè sapere se o in che misura qualcosa è formalmente possibile all'interno di unadata lingua), ma non si limita ad essa, in quanto la competenza puramente linguistica

circoscrive la descrizione a un parlante-ascoltatore 'ideale'; che conosce 'perfettamente' la propria lingua; che non èsottoposto ai 'condizionamenti' di ordine psicologico e sociologico nell'applicazione delle proprie conoscenze ai finidell'esecuzione; che appartiene, infine, a una comunità linguistica 'omogenea'.

(Zuanelli Sonino, 1981: 40). Per formare una competenza comunicativa, concorrono, quindi, altre componenenti: la conoscenzapsicolinguistica (sapere se o in che misura qualcosa è fattibile in virtù dei mezzi di implementazione di cui sidispone, cioè in virtù della capacità dei parlanti di trasformare una realtà mentale (il significato) in una realtàsociale ai fini della comprensione (Zuanelli Sonino, 1981: 68)); la conoscenza socioculturale (se e in chemisura qualcosa è appropriato in relazione al contesto in cui è usato e valutato); la conoscenza de facto,(sapere se e in che misura qualcosa è di fatto realizzato dalla comunità parlante quella lingua, e non soltantopossibile). La competenza comunicativa non solo richiede che il parlante abbia queste conoscenze, maanche che sviluppi l'abilità d'usarle (Hymes, 1971).

Da questi principi teorici generali - che nascono all'interno di una teoria sociolinguistica dell'usolinguistico, senza un originario interesse per la pedagogia delle lingue - sono derivati, come si diceva, i variapprocci didattici di tipo comunicativo. Questi hanno messo l'accento su vari aspetti della comunicazione:alcuni hanno privilegiato il "che cosa è adatto dire in una certa situazione", e quindi quali sono lerealizzazioni linguistiche che si ritengono più comuni o più usate per esprimere "nozioni" (ad es. spazio,tempo, quantità ecc.) e "funzioni" (ad es. chiedere e dare informazioni, presentarsi, accettare, rifiutare ecc.).Altri hanno messo l'accento sul contesto d'apprendimento: in particolare sulla relazione fra il compitocognitivo da svolgere (ad es. trovare argomentazioni convincenti affinché X faccia Y), il gruppo deipartecipanti (come i partecipanti al gruppo devono negoziare rapporti e informazioni per accordarsi suquali sono argomentazioni davvero convincenti) e gli elementi linguistici necessari per portare a termine ilcompito assegnato. Altri, ancora, hanno messo l'accento sullo studente come individuo, riconoscendo aciascuno la propria specificità e quindi offrendo percorsi di apprendimento differenziati, fra i quali ilsingolo studente può scegliere quello più adatto alle proprie capacità, alle proprie inclinazioni e ai propriobiettivi.

Caratteristica comune a tutti questi approcci è l'attenzione per lo studente più che per la strutturadella lingua da insegnare. In momenti e in modi diversi ci si è occupati dei bisogni dello studente, cercandodi identificare quali sono i suoi obiettivi e di quali strumenti ha bisogno per interagire linguisticamente conla cultura con cui vuole/deve essere a contatto: quali nozioni e quali funzioni linguistiche gli sono più utiliper i suoi scopi, quali strategie di comunicazione deve conoscere e attivare per avere incontri soddisfacenti,quali atteggiamenti deve assumere per avvicinarsi al parlante nativo. Questi è considerato il modello pereccellenza,2 il punto d'arrivo, mitico e frustrante allo stesso tempo, perchè mai raggiungibile, di tutto ilpercorso pedagogico. L'attenzione per il soggetto apprendente ha avuto l'indiscutibile vantaggio disviluppare una serie di studi sia sull'apprendimento (motivazione, stili d'apprendimento, memoria,preferenze rispetto a tecniche e contenuti, personalità ecc.) sia sull'uso sociale del linguaggio, cioè comel'apprendente negozia verbalmente informazioni e relazioni con gli altri partecipanti del gruppo tramite lalingua che sta imparando. Questi approcci, però, hanno evidenziato soprattutto lo "sforzo" chel'apprendente fa in direzione della lingua e della cultura d'arrivo, tralasciando le modalità di negoziazioneche il parlante nativo può o potrebbe mettere in campo per facilitare l'incontro3.

2. Sulla competenza comunicativa interculturale 1 La bibliografia relativa alla competenza comunicativa è molto vasta. Una sintesi della prospettiva teorica e

applicativa si ha in Zuanelli Sonino (1981). A una discussione su come si è sviluppata tale concezione apartire dalla prima formulazione di Hymes (1971), è dedicato il numero monotematico della rivistaApplied Linguistics, 10/2 (1989).

2 Da ciò deriva, ad esempio, l'insistenza nel presentare materiale autentico e dialoghi registrati fra parlanti nativi,come se il modello d'interazione fra nativi fosse in qualche modo replicabile fra nativi e non nativi.

3 Ci sono stati numerosi studi sulla lingua parlata dai nativi con gli stranieri, osservando in particolare le poceduredi semplificazione sintattica e lessicale e le strategie discorsive di accomodamento a un parlanteincompetente, ma tutto ciò non ha avuto eco nei materiali didattici e nella costruzione di attività miranti asviluppare la competenza comuncativa del discente.

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Mentre, come si diceva, l'attenzione della pedagogia linguistica è essenzialmente rivolta a far sì chel'apprendente sviluppi la capacità di interagire secondo il modello dei parlanti nativi, gli studi sulleinterazioni verbali (e sociali) fra parlanti di lingue diverse hanno cercato di descrivere, tramite analisi del"dettagli" dell'interazione4 - quello che realmente avviene in questi incontri e hanno portato una serie diinformazioni sul come, sul quando e, a volte, anche sul perché alcuni incontri non hanno successo,rilevando, in particolare come

il fraintendimento interculturale è un prodotto mutualmente costruito da tutti i partecipanti all'interazione, non èresponsabilità di uno solo.

(Chick, 1990: 254)Analizzando incontri interculturali5 si è visto come l'interazione fra persone di culture diverse sia marcatada una serie di momenti di asincronia, che si manifestano in silenzi, sovraposizioni, reazioni impreviste,interruzioni, ecc. che mostrano la difficoltà di stabilire e mantenere una cooperazione conversazionale acausa delle differenze nel background culturale e nelle convenzioni di comunicazione. I partecipanti,normalmente inconsapevoli sia delle conoscenze socioculturali sia delle convenzioni comunicative checontribuiscono alla loro interpretazione (e, normalmente, inconsapevoli anche delle proprie convenzioniconversazionali), hanno solo la percezione di un incontro fallimentare, le cui cause sono raramenteidentificate. Spiegano quello che è accaduto più spesso in termini psicologici che in termini sociologici oculturali, percependo l'altra persona come non cooperativa, aggressiva, stupida, incompetente o conspiacevoli caratteristiche personali. Ripetuti incontri interculturali falliti con diverse persone portano neltempo, alla formazione di stereotipi culturali negativi (Chick, 1990: 253 e sgg.)

Il fallimento può essere di vari tipi: può non esserci comunicazione, cioè l'enunciato di un parlantenon comunica nessun messaggio all'interlocutore, oppure un fraintendimento, quando si comunicaqualcosa che non si voleva dire (Gumperz, 1982). I fraintendimenti - a loro volta - possono essere o di tipopragmalinguistico, quando si attribuisce erroneamente una certo significato a un enunciato (ad esempioquando un consiglio viene interpretato come un rimprovero), o di tipo sociopragmatico, quando ilcontributo dell'altro non è ritenuto adatto alla situazione, in seguito a diverse valutazioni dei parametrisociali che determinano le scelte linguistiche (ad esempio l'uso del registro sbagliato per troppa o troppopoca formalità) (Thomas, 1983).

Le competenze che assicurano una effettiva comunicazione interculturale sono così complesse eoscure e legate al contesto, che in nessun modo posono essere direttamente insegnate come un insieme diconoscenze. Comunque un'efficace comunicazione interculturale può essere imparata. Essere consapevolidelle fonti potenziali di asincronia e delle sue possibili conseguenze negative sono un prerequisitonecessario per l'apprendimento in quanto permette di ripercorrere retrospettivamente il discorso, di cercaree di identificare eventuali punti di asincronia per mettere in campo adatte strategie di riparo (Chick, 1990).

A titolo d'esempio, riporto un incontro molto problematico, fra un belga e un africano(Blommaert, 1991: 27 e sgg.), che mette in evidenza sia il punto di incomprensione sia le modalità dirisoluzione.A è il belga, B è l'africano. Si trovano a Bruxelles in un pomeriggio d'inverno.)

A: Vuoi un caffè?B: No, grazie, non ho fame.A: Vuoi un CAFFE'? B: No, grazie. (breve pausa) Non ho fame.(lunga pausa)

4 Le analisi sul parlato di tipo microsociologico, osservano non solo quanto viene detto (cioè il contenuto

proposizionale degli enunciati), ma anche, e con attenzione, dettagli ricorrenti, ad es. pause, interruzioni,risate, modi con cui si aprono e si chiudono incontri verbali ecc. allo scopo identificare regolaritàsignificative nel comportamento dei parlanti.

5 "L'oggetto di studio della comunicazione interculturale non sono le categorie culturalmente specifiche o lemodalità di interazione degli interlocutori, ma il modo con cui queste categorie e queste modalità diinterazione contribuiscono alla costruzione di un consenso (accordo) dipendente dalla situazione"(Blommaert, 1991: 23). Gli studi sulla comunicazione interculturale si differenziano per metodologia,prospettiva teorica e finalità. Il numero di variabili che vengono prese in considerazione varia daapproccio ad approccio: alcuni si limitano all'analisi del parlato, altri introducono aspetti paralinguistici,altri ancora interpretano l'incontro sulla base dei presupposti culturali (quando sono noti) dei singolipartecipanti all'incontro, ecc. In questa sede, parlo di comunicazione interculturale in senso generico,senza entrare nell'articolazione del problema.

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A: Vorresti andare a bere qualcosa?B: Certo, con piacere, fa proprio freddo. A: Magari un caffè? B: Bene, volentieri.

B reagisce alla domanda iniziale come se gli avessero offerto del cibo, in quanto nella sua cultura (Haya, nelnord della Tanzania) agli ospiti si offrono chicchi di caffè da masticare, come simbolo di amicizia, ospitalitàe ricchezza. Di conseguenza è del tutto coerente la categorizzazione che B fa di caffé come "cibo". Lacategorizzazione del belga, è, invece, "bevanda calda".6 Le prime due battute del dialogo mettono inevidenza la differenza delle due concezioni, che porta a un fraintendimento di tipo pragmalinguistico. B siaccorge che il suo intervento non è appropriato quando A ripete la domanda, sottolineando la parola caffé.A, dopo una pausa, riformula l'invito passando da "caffé" a un più generale "bere qualcosa". B questa voltaaccetta e ciò dà ad A una base per ritornare alla proposta iniziale, che finalmente ha successo. Ilfraintendimento è stato rimediato.

In questo scambio si possono identificare tre fasi: una prima di "osservazione" di ciò che staaccadendo, in cui i partecipanti si accorgono del fallimento della comunicazione: i loro contributi sonoperfettamente coerenti con i loro assunti culturali, ma non funzionano in quella situazione; segue unaseconda fase, la 'ricerca di un terreno comune' in cui A evita l'elemento problematico (caffè). Entrambi siaccordano quindi sul 'bere qualcosa'. A questo punto inizia la fase del 'dialogo': viene apprezzataesplicitamente l'idea di andare a prendere qualcosa di caldo e si è creata una base comune per accettarel'idea di caffé come bevanda.

Questo esempio mostra come la competenza interculturale consista nel raggiungere un reciprocoadattamento (e non solo l'adeguamento dell'apprendente ai modelli linguistici e culturali del paeseospitante).

Obiettivo primario della pedagogia interculturale - di conseguenza - è trovare strategie didatticheperché soggetti di origini culturali diverse possano imparare a comunicare fra loro indipendentemente dalledifferenze di lingua, comportamenti culturali e credenze. L'attenzione si sposta, quindi, dal lavoro che fa ilsingolo apprendente al modo con cui due persone di culture diverse riescono a negoziare significati erelazioni tramite un mezzo linguistico in cui hanno competenze molto sbilanciate. Questo non significaabdicare a una funzione didattica da parte di chi ha le maggiori competenze, ma, assumendo che ilsignificato sia socialmente negoziato (piuttosto che individuale) e situato nel processo di interazione facciaa faccia (piuttosto che nella testa del singolo parlante), significa vedere la relazione personale non solocome una risorsa per l'apprendimento linguistico da parte del più debole, ma anche per l'allargamento deiconfini culturali e linguistici di entrambi.

Nella gestione didattica ciò ha due implicazioni. Da un lato porta a non vedere la presentazione dicontenuti culturali (quali la vita quotidiana in Marocco, le caratteristiche dell'Islam, o la scuola in Cina)come centrale nell'approccio interculturale: Nanni (1993: 77), a giusta ragione, sostiene che limitarsi aquesto tipo di contenuti significa già aver fatto una scelta dogmatica e moralistica che prefigura unaproposta educativa sostanzialmente conservatrice per quanto possa essere aperta sul piano delle idee. Dall'altro implica la costruzione di un clima di classe che favorisca reciproci adattamenti a fronte dellediversità linguistiche e culturali: parlando di insegnamento dell'italiano, si mette l'accento sui meccanismiinterattivi e sulla dinamica della gestione della classe e si cerca di impostare una didattica che consideri ognistudente come un individuo, e al contempo, sviluppi l'abitudine alla partecipazione cooperativa ai lavori diclasse (Contento et al., 1994).

3. A proposito di "competenza partecipativa"Come si diceva in precedenza, la comunicazione interculturale è caratterizzata (fra l'altro) dal processo,attivato da tutti i partecipanti, finalizzato a trovare accordo nella situazione in atto. In ambito scolastico, laprima operazione da fare, quindi, è definire la situazione, facendo diventare l'implicito dei comportamentioggetto di discorso. Si tratta, cioè, di rendere esplicita la "norma" di comportamento verbale e non verbaleadeguata al contesto classe di una scuola italiana, norma a cui di solito ci si adegua come se fosse l'unico

6 A titolo di curiosità ricordo che la categorizzazione del caffé come bevanda calda da prendere per riscaldarsi è

tipica del Nordamerica e del nord Europa. In Italia il caffè, molto più ristretto, è categorizzato comeenergetico, eventualmente digestivo; una "bevanda calda" può essere il te o la camomilla.

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comportamento possibile.7 Due strategie sembrano produttive: da un lato riflettere insieme su "che cosa sifa tutti i giorni in classe", cercando di entrare nei dettagli delle azioni routinizzate (ad esempio: quandosuona la campana dell'intervallo, i ragazzi si alzano subito, o aspettano l'autorizzazione dell'insegnante?);dall'altro riflettere insieme sulla varietà di routines possibili, in alternativa a quelle attivate in quel contesto-classe: gli studenti possono raccontare esperienze fatte in altri ordini di scuola (ad es. alle elementaripotevo/non potevo stare nel corridoio durante l'intervallo) o esperienze di amici che frequentano scuolediverse, e l'insegnante può raccontare "quello che succedeva quando andava a scuola lui" (ad esempio diquando si stava seduti nel banco a braccia conserte se non incrociate dietro la schiena; o del mutato valoresociale di refettorio e doposcuola, che una volta, ben diversamente da oggi, connotavano disagio sociale odeconomico). Sono attività che portano alla consapevolezza sia di quello che avviene veramente in classe, siadi come "ciò che di fatto avviene nella propria classe" non sia universale e quindi nè ovvio nè scontato perstudenti con esperienze diverse.

A titolo d'esempio propongo una lista, del tutto approssimativa, di tratti del contesto "classe", chepossono variare a seconda dei luoghi e delle situazioni. Questi elementi potrebbero diventare oggetto didiscorso e di riflessione per tutti i ragazzi del gruppo, in quanto ciascuno di loro al momento di iniziarequella scuola ha dovuto rapportarsi a una serie di situazioni differenti rispetto alla sua esperienzaprecedente, sia scolastica, sia pre-scolastica:

- Diversa struttura dell'ambiente fisico e dell'organizzazione logistica: disposizione del banchi e dellacattedra; usi differenziati dei locali della scuola (aule, palestre, laboratori, cortili).

- Diverse convenzioni che regolano l'uso di materiali didattici: in certe scuole elementari a tempopieno, ad esempio, i bambini devono lasciare a scuola i libri e i quaderni, in altre li riportano a casatutti i giorni; nella provincia di Bolzano i libri di testo per la scuola dell'obbligo sono di proprietàdella scuola che li presta al singolo studente: questi, al termine dell'anno scolastico, dovrà restituirliin ottime condizioni, perché possano essere usati da un altro studente l'anno successivo: questofatto - ovviamente - modifica il rapporto dello studente con il libro.

- Diverse convenzioni, nella vita di classe, relative alla mobilità e alla gestualità: alzarsi o meno alcambio dell'ora; alzarsi o meno durante la spiegazione dell'insegnante; convenzioni che regolanol'andare in bagno, al refettorio ecc; se/quando alzare la mano o alzarsi in piedi per rispondere ochiedere la parola; se/quando alzarsi per andare a parlare con un altro compagno.

- Diverse convenzioni nell'interazione con l'insegnante: se/quando parlare spontaneamente;se/quando rispondere alle domande; modalità diverse di dareordini/consigli/esortazioni/rimproveri.

Conoscere queste convenzioni e imparare ad agire all'interno di questi confini fa parte di una componentedella competenza comunicativa, che potrebbe definirsi "competenza di partecipazione", intendendo conquesto termine la capacità di riconoscere i tratti costitutivi degli eventi comunicativi, e di sapersi rapportaread essi.

Se per il ragazzo italiano questa competenza si è sviluppata nel tempo, tramite le informazioni datedall'istituzione (ordini, istruzioni consigli e rimproveri dell'insegnante) e il rinforzo dato dall'ambientesociale intorno a lui (modello proposto o imposto da familiari e da amici; precedenti esperienze nelcontesto italiano), per il ragazzo straniero, giunto da poco da un contesto scolastico e sociale diverso,sviluppare questa competenza diventa di necessità un processo accelerato, pena la sanzione sociale. Inquesto processo può essere aiutato da informazioni sul contesto e sulle regole socioculturali che regolano lapartecipazione: lo studente deve essere consapevole di quale atteggiamento il gruppo si aspetta da lui,anche se ciò non significa che debba necessariamente adeguarsi. Da un lato deve sapere quali inferenze (disolito negative) si traggono da comportamenti che si discostano molto da quelli del gruppo maggioritario;dall'altro, nel caso non infrequente all'interno di un contesto istituzionale come la scuola, in cui 'debba'seguire certe regole, sapere che ci sono, come funzionano ed eventualmente anche perché ci sono e a checosa servono, può aiutarlo ad adeguarsi. Raggiungere un equilibrio fra il rispetto dei tratti culturali dei

7 Come si accennava in precedenza, non si è normalmente consapevoli delle nostre convenzioni culturali. Il

concetto non è nuovo: già nel suo Linguistics across cultures (1957), Lado scriveva: "Abbiamo davveropoche speranze di interpretare correttamente noi stessi e di descrivere quello che facciamo, perché siamocresciuti facendolo e continuiamo a farlo per abitudine; un'abitudine acquisita senza spiegazioni dallegenerazioni precedenti e dall'ambiente culturale" (Lado 1957: 111).

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singoli e le regole di un'istituzione è sicuramente problematico (le punte estreme, in Italia, si vedono nelladifficoltà di accettazione e di inserimento dei bambini zingari, stigmatizzati a priori, e spesso concomportamenti che confermano alcuni degli stereotipi).8 Una strategia attenuativa del conflitto è rendereoggetto di discorso e di negoziazione non solo le diverse convenzioni culturali e istituzionali, ma anche lamisura in cui è opportuno o neccessario adattarsi, senza ricorrere alla semplice imposizione.

Un esempio di come possono essere rese esplicite le regole socioculturali in un contesto didattico,lo offre Saville-Troike (1992). Racconta di una studentessa giapponese che si inchinava regolarmentedavanti agli insegnanti. Un professore, cercando di insegnare le regole sociolinguistiche inglesi, le disse dinon farlo con insegnanti anglosassoni, perché era considerato inappropriato. La ragazza, avvilita, reagìdicendo che sapeva benissimo che gli americani non si inchinavano, ma che quella era la sua cultura e che,se non si fosse comportata così, avrebbe mancato di rispetto e non sarebbe stata una persona corretta. Lediverse convenzioni sono così state rese esplicite e giustificate: si è costruita una base per eventuali accordio per un'accettazione consapevole dell'alterità. Saville-Troike conclude che si dovrebbe parlare delle regolesociolinguistiche, ma che si dovrebbe lasciare alla decisione degli studenti se produrle o meno.

D'altra parte, senza forzare una persona a cambiare comportamento, è molto importanteinformarla che la media dei parlanti interpreta il comportamento 'diverso' come un segnale particolare.L'esempio seguente, anche questo riferito da Saville-Troike (1992), mette in evidenza il disagio che derivadal fatto che i partecipanti all'interazione non chiariscono i presupposti del loro comportamento. All'iniziodi un corso di inglese per stranieri, fu chiesto agli studenti di presentarsi agli altri con il nome di battesimo.A giro di tavolo tutti dissero il loro nome, finché un anziano signore giapponese anunciò: "Voglio esserechiamato signor Tanaka". Questo gelò l'insegnante e gli altri studenti. Ovviamente era suo diritto esserechiamato in maniera formale, ma gli sarebbe stato utile sapere che, in quel contesto, il suo atteggiamentosuonava distante, scortese e veniva interpretato come segno di poca amichevolezza.

In quest'ultimo esempio sembra fallire la reciprocità di atteggiamento su cui si fonda la competenzacomunicativa interculturale:

è sbagliato aspettarsi che l'adeguamento debba essere unilaterale e completo: la migliore dimostrazione di competenzainterculturale sta nel chiarire che cos'è la tua identità culturale e nel segnalare all'interlocutore che ti aspetti che luivoglia venirti incontro, proprio come tu sei disposto ad andare incontro a lui.

(Dirven & Pütz, 1993: 152)

4. ConclusioniIntroducendo il concetto di competenza di partecipazione, come una delle componenti della competenzacomunicativa interculturale, siamo andati nella direzione degli obiettivi che si propone un approcciodidattico orientato sull'interculturalità: favorire, attraverso la vita di classe

una dinamica acquisizione del sapere, lo sviluppo delle abilità (comprese quelle di azione sociale) e l'internalizzazionedi valori e atteggiamenti che potranno consentire ad insegnanti e alunni di non provare alcun disagio di fronte alladiversità culturale.

(Lynch, 1993:1)Siamo partiti dall'assunto che una competenza comunicativa interculturale - al pari della

competenza comunicativa - non possa essere "insegnata", in quanto si manifesta attraverso comportamentilinguistici e non linguistici assolutamente dipendenti dalle infinite variabili del contesto di situazione. Siritiene allo stesso tempo che possa essere "imparata", o al di là della banale semplificazione, che si possanocreare, anche in classe, alcune condizioni che aiutano a stabilire positive relazioni con persone di culturediverse.

Si tratta innanzi tutto di cambiare la prospettiva didattica: non è il bambino straniero a doverimparare (per adeguarsi) il modello di comportamento degli autoctoni, ma sono tutti i partecipanti algruppo (cioè anche i bambini italiani e gli insegnanti) che - insieme - devono trovare un accordo sulcomportamento adeguato. Ciò non significa abdicare al proprio modello culturale, ma trovare modalità dinegoziazione per cui ciascuno attutisce o esalta aspetti della propria cultura per venire incontro all'altro.

L'adeguamento reciproco richiede una consapevolezza del proprio e dell'altrui comportamento, o,per lo meno la consapevolezza che certi comportamenti usuali in una certa cultura possono essere inusualio avere valori differenti in un'altra. Rapportando questa affermazione a una classe di scuola italiana, 8 Una buona sintesi sull'inserimento scolastico dei bambini zingari si ha in Karpati (1989).

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vediamo che un primo passo è rendere esplicite le norme di comportamento che regolano la vitaquotidiana in quel contesto, norme che i partecipanti della stessa cultura danno per scontate, e cheraramente diventano oggetto di discorso. Usualmente si sanziona chi si distacca da queste norme (stranieroo autoctono che sia), ma quasi mai si mettono in discussione o diventano oggetto di riflessione. Conoscerele regole tacite dell'evento a cui si sta partecipando e renderle esplicite a chi fa parte di un'altra comunitàaiuta a giustificare comportamenti diversi, in apparenza estranei o minacciosi. E' ovvio che taleconsapevolezza non è d'aiuto solo nel caso in cui siano presenti studenti di culture molto distanti dallanostra: la varietà delle culture italiane, e la varietà delle abitudini e delle tradizioni familiari che ogni studentesi porta dietro al momento di entrare in classe, è stato, è o può essere ragione di conflitto o diincomprensione. Un atteggiamento che non solo rispetti l'alterità, ma che la veda come una risorsa (nonnecessariamente un modello da imitare, ma uno stimolo per mettere in discussione il proprio modellosenza subirlo acriticamente) "riconosce a ciascuno (immigrato o autoctono che sia) il diritto a non doveressere il sosia di altri e a non essere costretto nei limiti dell'omologazione" (Contento et al., 1994: 9). E'proprio in questo senso che i bambini "altri", o con una bella espressione di Canevaro "i bambini chevengono da lontano", sono una risorsa e un arricchimento per tutto il gruppo:

l'uomo non ha soltanto bisogno dell'altro, ma dell'altro differente da sè. Attraverso i rapporti in cui sia dominantel'identità egli rischia di dialogare con altri se stesso; può ricevere molte rassicurazioni, ma gli mancherannostimolazioni per attivare strategie di cambiamento e ampliare la propria prospettiva esistenziale.

(Contini, 1983: 156)

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Le implicazioni didattiche della Teoria della processabilità

(Apparirà in J. Douthwaite (a cura di), Atti della giornata di studi sull’insegnamento delle lingue straniere, Centro Linguistico di

Ateneo dell’Università di Cagliari, 12 dicembre 2003. )

Gabriele Pallotti e Titti Zedda

Università di Sassari

La Teoria della processabilitàLa Teoria della Processabilità (TP; Pienemann, 1998) è una teoria dell'apprendimento della L2. Essapuò essere definita una teoria psicolinguistica perché prende in esame sia gli aspetti cognitivi sia gliaspetti formali dell'acquisizione di una lingua seconda. E' basata, infatti, da una parte, su modellipsicolinguistici come quello per la produzione del parlato in L1 di Levelt (1989: adattato allaproduzione bilingue da De Bot nel 1992), e quello della Grammatica Procedurale Incrementale diKempen e Hoenkamp (1987); dall'altra, è basata sul modello descrittivo della Grammatica LessicoFunzionale di Bresnan (1982). Risultato di studi ventennali, la Teoria spiega le sequenze evolutivedell'interlingua sulla base di una gerarchia universale di procedure, o abilità procedurali, che vengonogradualmente acquisite dall'apprendente di una L2. Dato il carattere universale delle procedure e ladichiarazione di avere uno scopo universale, essa è applicabile praticamente a tutte le lingue eapprendenti linguistici (guidati e spontanei), fanno eccezione forse poche lingue non-configurazionali(Pallotti, 2003).Secondo il modello di Levelt (1989), durante l'elaborazione di un enunciato, le diverse procedure siattivano seguendo una scala di difficoltà che va dal semplice al complesso, i cui gradini o stadirappresentano i vari livelli di accessibilità alla lingua:

1. accesso lessicale (lemma access),2. procedura categoriale (category procedure),3. procedura sintagmatica (phrasal procedure),4. procedura frasale (S-procedure),5. procedura della proposizione subordinata (sub clause procedure), se applicabile.

Tali procedure si presentano in ordine gerarchico implicazionale, cioè la procedura di un livello più bassoè un prerequisito necessario per il funzionamento della procedura del livello successivo; inoltre non èpossibile attivare una procedura, ad esempio di livello quattro, prima che siano diventate operative tuttequelle precedenti. Questo richiama l'ipotesi di base della TP, e cioè che l'acquisizione delle procedure dielaborazione linguistica rispecchi la stessa sequenza implicazionale attivata nella produzione del parlato(Pienemann, 1998). Ovviamente, in un apprendente con L2 in fase iniziale, tali procedure non sonotutte operative, ma si attiveranno nell'ordine man mano che avanza nel suo processo di acquisizione. Un concetto chiave della TP è quello di unificazione dei tratti lessicali che può avvenire solo inpresenza di scambio di informazione tra i diversi costituenti di una produzione linguistica. Così in unagerarchia procedurale come quella proposta da Pienemann (1998), il primo gradino della scala diacquisizione prevede solo l'identificazione di lemmi (lemma access) e non presenta alcuna proceduraspecifica della lingua: non vi è ancora nessun tipo di informazione, la produzione è costituita da singoleparole o formule; il secondo gradino fa emergere i parametri lessicali dei lemmi (category procedure): unacategoria grammaticale viene assegnata alle voci lessicali, vengono prodotte le marche morfologiche otratti diacritici, l'uso dell'informazione è locale, non c'è ancora comunicazione tra i vari elementi dellaproduzione; il successivo terzo gradino consiste nell'unificazione dei parametri all'interno di unsintagma (Phrase procedure): è attiva la procedura sintagmatica, c'è scambio di informazione tra la testa delsintagma e gli altri costituenti all'interno del sintagma; a questo livello si possono notare anche esempidi fenomeni sintattici da attribuire a strategie pragmatiche, non linguistiche, come il "principio disalienza" per il quale le parole poste in rilievo (inizio o fine frase) sono più facilmente percepite e quindiriprodotte (Kintsch,1974; cit. in Pienemann, 1998:78); il quarto gradino presenta l'unificazione deiparametri tra sintagmi (S- procedure): qui avviene lo scambio di informazioni tra i diversi costituenti della

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frase, vengono assegnate le funzioni ai sintagmi che vengono poi assemblati in frasi, l'ordine delleparole rispecchia le norme della L2; l'ultimo gradino, il quinto, prevede l'acquisizione di specificheprocedure per processare proposizioni subordinate (sub-clause procedure): a questo stadio è acquisita lacapacità di distinguere le frasi principali da quelle secondarie, è attivo lo scambio di informazione traproposizioni differenti sul piano sintattico.

La Teoria in ambito didatticoLa TP non pretende di essere una teoria di tutti gli aspetti dell’acquisizione della seconda lingua, e ineffetti il suo campo di interesse è circoscritto alla grammatica e in particolare alla sequenza di sviluppodella capacità di elaborarla da parte di un apprendente. Essa si limita a definire una gerarchia diprocedure che limitano in un dato percorso lo “Spazio delle Ipotesi” (Pienemann, 1998: 239 sgg.), cioèquella serie di opzioni strutturali a disposizione di un apprendente a un determinato livello della suainterlingua: così, ad esempio, prima di produrre correttamente Il bambino grande, (Phrase procedure) eglipotrebbe optare per La bambino grande, Il bambino grando, Lo bambino grando, ecc. Tali opzioni, o verifichedi ipotesi, offrono al docente un quadro del processi di sviluppo dell’interlingua di quell’apprendente, edunque indicazioni preziose per la valutazione del suo livello.Oltre alla valutazione, l’applicazione in campo didattico della TP fornisce anche indicazioni sullacostruzione del sillabo e sugli interventi didattici successivi attraverso l’“Ipotesi dell'Insegnabilità”(Pienemann, 1998: 252 sgg.; Pienemann, 1984, e 1986: cit. in Bettoni, 2001: 139): le sequenze sonoacquisite dagli apprendenti seguendo un ordine implicazionale rigido, che è quello naturale; ne consegueche esse non possono essere alterate da nessun insegnamento. L’azione didattica, quindi, deve tenerconto degli studi sull’ordine naturale d’acquisizione poiché essi hanno dimostrato che è inutile (edannoso) insegnare strutture di livello non adeguato a quello dell’apprendente dal momento che ancoranon possono essere apprese: all’ipotesi dell’insegnabilità si affianca di conseguenza l’“ipotesidell’apprendibilità”. Secondo la learnability, infatti, lo studente sembra apprendere le strutture seguendomodi e tempi individuali, seguendo cioè quello che Corder (1967: cit. in Scalzo, 1998: 142) chiama il“built-in syllabus”, ossia il suo “programma interno” che è indipendente dal tipo e dalla modalità diinsegnamento e che lo porta ad attraversare molti stadi durante i quali si formano sistemi interlinguisticiregolari organizzati secondo regole proprie non corrispondenti alla lingua target. Ne consegue che lestrutture non apprendibili non sono neanche insegnabili (Pallotti, 1998: 297).

Implicazioni per la valutazioneLa valutazione del livello degli apprendenti all’inizio del processo di insegnamento/apprendimento èuna fase molto delicata di ogni attività didattica, da essa dipendono sia il l’inserimento del discente in ungruppo di livello adeguato sia le decisioni che il docente deve prendere in sede di programmazionecurricolare. Un problema cruciale è quindi quello di valutare correttamente il livello dello studente.Il metodo tradizionale, ancora molto in uso, è quello che prevede la somministrazione dei classici testscritti, pur essendo accertato e accettato il principio che la conoscenza di una lingua dovrebbe venirtestata sulle produzioni orali e non scritte dato che queste ultime lasciano troppo spazio alla riflessionee fanno emergere soprattutto competenze dichiarative ed esplicite. Tali prove non sono tutte uguali e sidistinguono principalmente sulla base della misura di valutazione: si parla di prove discrete o fattoriali se iltest si concentra su un elemento o livello linguistico per volta; si parla di prove integrate se il test accertacontemporaneamente la presenza di più elementi o livelli linguistici (Oller, 1979; cit. in Ciliberti, 1994:178). Un tipo evoluto di test integrato è quello proposto da Doyé (1989; cit. in Ciliberti, 1994: 180-183),e da lui chiamato “pragmatico” perché adatto ad accertare la competenza d’uso nella L2, cioè lacapacità dell’apprendente di inter-agire in situazioni di comunicazione reale 9. La decisione di testare talecapacità, detta anche competenza d’azione ( Bach, Timm, 1989; cit. in Ciliberti, 1994: 90), rappresenta unaspetto importante degli studi di tipo comunicativo che sono arrivati a elaborare a una nuova

9 Doyé fornisce un elenco della principali caratteristiche, criteri di naturalezza, che devono essere possedute da un test atto per verificare lacompetenza d’azione in una lingua straniera: - essere integrati, cioè valutare le sottocompetenze ricondotte al loro contesto pragmatico; -richiedere agli studenti un agire linguistico, cioè compiere azioni attraverso mezzi linguistici; - richiedere l’uso di tutti mezzi linguistici, cioèavere la possibilità verificare competenze parziali; - essere in grado di richiedere agli studenti un utilizzo dei mezzi linguistici data unaspecifica situazione (scopo, destinatario, ecc); - richiedere di portare a termine compiti, anche fuori dalla classe, compiti naturali; e infine, -fare in modo che il discente possa identificarsi nel ruolo prefigurato dalla prova (Doyé, 1989; cit. in Ciliberti, 1994: 181);

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concezione dell’insegnamento: proiettato nella realtà e orientato verso l’azione, il saper fare. Strettamentelegato al concetto di test “pragmatico” è il concetto di attività o task 10 (Candlin, 1987; Nunan, 1989; cit.in Scalzo, 1998: 143), destinato ad affermarsi nella didattica moderna. Esso si pone in totale antitesi conil concetto di drill, esercizio meccanico di ripetizione di una determinata forma linguistica, e consiste inun tipo di attività di classe, ma anche al di fuori di essa (come nella metodologia del Project Work), cherichiede al discente di capire, manipolare, produrre e interagire nella lingua straniera quando la suamassima attenzione è concentrata più sul significato che sulla forma. Il task quindi fa diminuire ilrecupero di conoscenza esplicita e aumentare quello di competenza implicita (tipici sono il role plays e ilproblem solving task). In ambito comunicativo, tale attività non è valutata in termini di correttezza dellalingua usata ma sulla base dei risultati che lo studente ha ottenuto nello svolgimento del compito,tuttavia niente vieta al docente di lingua di analizzare anche la forma prodotta da quello stesso studentetenendo separati, se vuole, i due piani: quello dell’efficacia comunicativa e quello della qualità dellaproduzione linguistica. Quale migliore misura per testare le vere conoscenze di uno studente, quindi ilsuo livello?Certamente quella del task è un’ottima misura, ma in effetti poco pratica in situazioni di insegnamentoistituzionalizzato, nelle quali il docente si trova costretto a valutare un numero molto alto di studenti.Un’alternativa e un valido aiuto per raccogliere dati sullo studente e valutare il suo livello è quello diregistrare, o comunque annotare in apposite tabelle, le produzioni orali che emergono da una breveattività a obiettivo comunicativo (es. descrizione di immagini, commento di scene tratte da film, ricercadelle differenze tra due figure, ecc.) o da un’interazione in classe intorno a un tema, a un problema o dauna produzione libera di tipo reale (parlare di sé, delle proprie idee, abitudini, esprimere pareri, ecc.).Certamente il docente esperto è in grado di valutare le produzioni orali dei suoi apprendenti anchesenza l’ausilio di tecnologie audio o tabelle, tuttavia è utile ricordare che le registrazioni costituiscono unmateriale eccellente per favorire, in un secondo momento, la riflessione metalinguistica e svilupparenello studente la consapevolezza dell’errore facendo insieme l’analisi della sua interlingua (Scalzo, 1998: 153).Come metodo finalizzato alla valutazione questo studio propone proprio l’analisi dell’interlingua svoltasulla base dei suoi processi di sviluppo in una classe in cui viene adottato un approccio di tipocomunicativo. Ma che cos’è l’interlingua? Essa è un sistema linguistico in evoluzione costituito daregole ben precise che corrispondono solo parzialmente alla L2 e rappresenta i tentativi di unapprendente di produrre una norma della lingua d’arrivo sulla base delle proprie osservazioni e dellapropria L1. Per questo motivo è soggetta a continui processi di sistematizzazione e gli errorirappresentano i tentativi di un discente di ipotizzare una grammatica capace di spiegare la lingua target(Corder, 1967; Selinker, 1972; cit. in Scalzo, 1998: 147-148). L’errore è dunque parte integrante delprocesso di apprendimento di una lingua e come latore di importanti informazioni mostra le strategiemesse in atto dall’apprendente per superare le difficoltà di comunicazione: l’errore può essere appunto,nella logica dello “Spazio delle Ipotesi” di Pienemann (1998: 239 sgg.), la verifica di un’ipotesi, unopzione, in grado di fornire al docente il quadro dei processi di sviluppo di un’interlingua, un quadroutile per valutare i livelli sia iniziali che intermedi dei suoi studenti.Ma come procedere? Innanzitutto, è bene tenere a mente l’ordine di comparsa delle procedure e lestrutture appartenenti ad ognuna di esse:

Tabella 1 (contiene solo alcune strutture)

Procedure Strutture Esempi

1. Accesso lessicale - nessuna struttura → 2. Procedura categoriale - o/a, marche del singolare sui nomi → Libro/ Settimana;

- i/e, marche del plurale sui nomi → Libri / Settimane;

10 Come illustra Scalzo (1998: 144), gli elementi che caratterizzano un task, secondo Candlin (1987), sono: - input data, linguistico e non

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- to, marca del passato di verbi → Mangiato; -v-, affisso dell’imperfetto → Mangiavo;

3. Procedura sintagmatica - accordo nel SN: sing. M/F → Il gatto giallo/ La casa grande; plur. M/F → I bambini buoni/Le mani rosse;

4. Procedura frasale - accordo S-V → Giovanni mangia, ha mangiato, mangiava; - accordo S-copula-agg. predicativo → La bambina è bella;

5. Procedura Subordinata - congiuntivo → Penso che Mario non vada al lavoro;

Dunque, tenendo presente una distribuzione dei processi di sviluppo e delle strutture da testare sullascala di processabilità, si procede con la valutazione delle produzioni orali degli apprendenti rilevando iltipo di strutture emerse e facendo la loro analisi non in termini di correttezza/non correttezza rispettoalla lingua target (vedi tab. 2), ma in termini di qualità degli errori rispetto all’interlingua, sapendo quindicogliere le differenze tra i vari errori. Ad esempio, nell’accordo dentro il sintagma, l’errore due cane è bendifferente rispetto a tre filmi: nel primo caso l’apprendente non ha ancora appreso l’accordo oppure loconosce debolmente e ‘sfrutta’ l’idea intrinseca di pluralità del lemma due; nel secondo caso, alcontrario, è ben presente la volontà dell’apprendente di tentare l’accordo sintagmatico attraversol’applicazione della norma di base (con prevalenza di plurale in –i) presente nel suo sistemainterlinguistico che, per quanto scorretta nella lingua bersaglio, è sintomo di una regolarità ben precisadella sua interlingua. Come si può notare, i due tipi di errori conducono a due distinti gradini della scaladi processabilità, a due diversi processi in atto e quindi a due differenti livelli di conoscenza della lingua.Analizziamo ora la presenza della categoria del numero sulla base della sequenza di acquisizione delnome italiano (Chini, 2003: 37-69). Seguendo un approccio di valutazione tradizionale l’apprendentedella tabella 2 ha sbagliato, quantitativamente e secondo le norme della lingua bersaglio, 5 plurali su 8: undocente potrebbe scoraggiarsi concludendo che tale studente è ancora lontano dall’aver acquisitol’accordo plurale sui nomi. Un altro docente si chiederà invece: che cosa sta facendo l’apprendente? Èmolto lontano dalla lingua d’arrivo? È migliorato, peggiorato, cambiato rispetto a due mesi fa? Èsfortunato, curioso, pigro?

Tabella 2 (approccio tradizionale: “Volgi dal singolare al plurale” e analisi quantitativa dell’errore)

Ogni ‘errore’ contenuto nella tabella sovrastante può essere qualitativamente valutato in termini disviluppo interlinguistico: così, due probleme, non è un errore di numero (l’apprendente sta applicando laregola di base del plurale dei nomi uscenti in –a, i quali hanno generalmente il plurale in –e) ma è unerrore di genere o classe flessiva poiché il discente non ha ancora acquisito certe ‘irregolarità’ dei nomiitaliani 11; questo è anche il caso di due computri, da non considerarsi produzione sbagliata di numero(ancora il discente non sa che le parole di origine straniera non si volgono al plurale ma restano

linguistico; - roles, legami che uniscono gli attori del task; - setting, luogo e messa in scena; - actions, procedure e sottoattività per risolvere ilcompito; - monitoring, osservazione del docente in corso d’opera; outcomes, scopi e mete del task; - feedback, valutazione dei risultati;11 L’apprendente si è già reso conto che esistono due classi flessive (I, II) più produttive nell’italiano, nomi in –o/i e nomi in –a/e, checostituiscono oltre il 70% del vocabolario di base del lessico della nostra lingua e che sono più facilmente associabili a un determinatogenere, mentre non ha ancora notato che i nomi della V classe (1,2% del vocabolario di base), di derivazione greca, hanno il singolare in –a e il plurale in –i (Chini, 2003: 39);

Singolare Plurale Corretto/scorrettouna forchetta due forchetti xun libro due libri un ragazzo due ragazzi un sergente due sergenti una sedia due sedi xun amico due amico xun computer due computri xun problema due probleme x

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invariate) ma, al contrario, da ritenersi una conferma creativa della presenza in atto di questa categoria;due sedi è forma più marcata, dunque meno comune, poiché al singolare presenta il dittongo finale (-ia),in questo caso l’apprendente sceglie di far cadere la -a e lasciare spazio alla -i facendo prevalere, comeaccade in genere nelle fasi iniziali, principi della marcatezza o strategie di semplificazione paradigmatica(Chini, 2003: 51; 67); anche qui l’apprendente non commette un errore di numero, ma di genere, comenel caso di due forchetti; riguardo alla pluralità di due amico si può affermare che essa è presente, seppure inassenza di marca morfologica, attraverso il sostegno di strategie lessicali, secondo le quali il numero èsegnalato per mezzo di quantificatori o numerali che rendono la desinenza del plurale sul nomefunzionalmente ridondante: si tratta quindi di una strategia di semplificazione, la comunicazione passalo stesso. Secondo la sequenza di acquisizione del nome italiano suggerita da Chini (2003: 37-69), laflessione e l’accordo di numero vengono acquisiti dopo alcuni mesi (da 1 a 12 a seconda di fattoridiversi: es. la L1 e l’età) e con meno problemi rispetto a quelli di genere, essendo il numero menomarcato e più diffuso, ma l’applicazione non è sempre lineare o semplice perché “va comunquecoordinata con la scelta del morfema corretto secondo il genere e la classe flessiva del nome, il che nonaccade precocemente” (Chini, 2003: 66).È molto importante saper individuare i tipi di errori che man mano si incontrano nell’analisi, comesaper distinguere tra errors e mistakes (Corder, 1967; cit. in Pallotti, 1998: 313), i primi rispecchianti leregole sistematiche dell’interlingua, i secondi le deviazioni momentanee alla lingua target; o saperriconoscere una sottoapplicazione e una sovraestensione, nel primo caso la regolarizzazione o riduzionedi un sottosistema della L2, ad esempio tu vadi al posto di tu vai, nel secondo l’applicazione di regoleanche a elementi che comportano altre regole, ad esempio forchetti al posto di forchette; oppure saperindividuare il risultato di un’interferenza, quale transfer negativo proveniente dalla L1 o da altre L2(Ciliberti, 1994:160); saper distinguere gli errori presenti sulle forme marcate da quelli delle forme nonmarcate. Infine, è utile ricordare che la presenza di due o più varianti (corretta + scorretta/e, ad es. cane,cano; autore, autoro; preso, presato, prenduto) della stessa forma deve essere considerato come indice disviluppo e dinamicità nell’interlingua di un apprendente, il cui percorso di acquisizione di un lemmapuò avvenire seguendo tre tappe: apprendimento mnemonico di una forma; verifica delle ipotesi suquella forma; regolarizzazione della forma (nel grafico sottostante si può vedere un esempio di talepercorso).

La costruzione di un sillabo grammaticale: l’ipotesi dell’insegnabilitàL’elenco del materiale da insegnare 12 in un corso di lingua è il risultato di una serie di scelte operate daldocente in fase di programmazione, come quelle relative alle unità da utilizzare: così se egli decide diinserire solo unità linguistiche, costruisce un sillabo strutturale; se include invece unità di nozioni e unitàdi funzioni, crea un sillabo nozionale-funzionale; se sceglie, infine, unità di attività (task: ad es.interpretare documenti autentici, consultare un orario ferroviario, affrontare un colloquio di lavoro,ecc.), compila un sillabo basato su compiti. Il docente può più spesso decidere di includere diversi tipi 12 Diversi metodologi sono del parere che si debba evitare una programmazione preliminare e che l’idea stessa di sillabo pre-prograammato interferisca con il processo di sviluppo linguistico degli apprendenti. Secondo loro è ammissibile solo un sillaboretrospettivo quale constatazione di quanto è stato negoziato tra studenti e docente (Breen, 1984; Candlin, 1984; cit. in Pallotti, 1998: 293-294)

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di unità, ad esempio strutture grammaticali + funzioni linguistiche oppure compiti + nozioni efunzioni, ottenendo così un sillabo misto. Scelte le unità di programmazione, egli deve stabilire un loroordine di presentazione: ad esempio, prima il verbo essere e dopo la forma negativa; prima la funzione delringraziare e dopo quella dello scusarsi, ecc. (Pallotti, 1998: 294). Ma quali parametri usa per decidere taleordine? su quali basi lo fa? Per fare delle scelte che non siano soggettive ma fondate su principipsicolinguistici, una base indispensabile sono gli studi sulle sequenze di apprendimento. Essi mettono incrisi la programmazione per strutture ‘definitive’ nella L2 poiché riconoscono il ruolo del “sillaboincorporato” nell’apprendente (Corder, 1967; in Pallotti, 1998: 43; 295), il quale procedenell’acquisizione in maniera parzialmente prevedibile secondo sequenze precise e non condizionatedalla L1, sia in ambiente guidato che spontaneo, passando attraverso svariati livelli di ristrutturazionedella sua interlingua che solo gradualmente e lentamente si avvicina e raggiunge la lingua target 13: dunque,come poter parlare in classe di strutture ‘definitive’ nella L2? Le sequenze di apprendimento sonoacquisite seguendo un ordine naturale implicazionale rigido: a > b > c, cioè l’acquisizione di bpresuppone l’avvenuta acquisizione di a, così come l’acquisizione di c presuppone l’avvenutaacquisizione di a e di b; ma si può dire anche che se c’è a ci può essere b, così come se c’è b ci puòessere c. Quest’ultima considerazione porta a sostenere che una regola è apprendibile solo se si trova aun livello immediatamente successivo a quello corrente e che le regole che non sono apprendibili nonsono neanche insegnabili (Pallotti, 1998: 297). All’apprendibilità delle regole si affianca l’“ipotesidell’insegnabilità” elaborata da Pienemann (1998: 252 sgg.; 1984; 1986; 1989; cit. in Pallotti, 1998) nelcorso delle sue osservazioni sugli ordini naturali di apprendimento e istruzione esplicita. Le conclusionidi questi studi 14 si articolano in tre punti:

- l’insegnamento non può alterare l’ordine naturale della sequenza di acquisizione di una lingua,cioè l’istruzione esplicita non può far ‘saltare’ gli stadi preordinati della sequenza;

- l’insegnamento può velocizzare il passaggio da uno stadio a quello successivo della sequenza,cioè i tempi di acquisizione dell’intera sequenza sono più corti in ambiente guidato rispetto aquello naturale;

- l’insegnamento prematuro di strutture di livello non adeguato può avere conseguenze negative,cioè l’elusione, la regressione, la fossilizzazione dell’interlingua.

Quali sono dunque le implicazioni didattiche dell’“ipotesi dell’insegnabilità”? Riguardo al primo punto, se l’insegnamento non può alterare l’ordine naturale della sequenza diacquisizione, e quindi le strutture vengono apprese in un certo ordine e secondo certi tempi, allora ci sideve chiedere: quale input fornire agli apprendenti? Gli insegnanti informati delle ricerche sull’ordinenaturale potrebbero pensare, ad esempio, che se il congiuntivo viene appreso molto tardi nell’italiano L2essi debbano evitare di usarlo sino a quando i loro studenti non arrivino all’ultimo stadio dellasequenza, oppure che se le interrogative do dell’inglese L2 non vengono apprese sin dai primi stadi nondebbano essere prodotte neanche dagli insegnanti. Sempre alla luce di queste ricerche alcuni studiosi sisono chiesti se esse non implichino la necessità di fornire nei livelli iniziali un codice sgrammaticato,una sorta di foreigner talk o di pidgin: loro stessi, però, si rendono conto dei pericoli che si corronofacendo una scelta del genere, come ad esempio il rafforzamento di forme errate o la perdita diespressività del linguaggio (Widdowson, 1979; Rutherford, 1980; cit. in Pallotti, 1998: 298). Per superareil divario tra le forme corrette prodotte dal docente e quelle ‘scorrette’ prodotte dai discenti, Pienemannsuggerisce di fare una distinzione tra “input per la comprensione” e “input per la produzione”: nelprimo caso esso può contenere anche le forme non processabili dagli studenti poiché è finalizzato allacomprensione, nel secondo invece le forme devono essere calibrate a seconda del livello degliapprendenti poiché l’input è finalizzato all’insegnamento delle strutture linguistiche. Per quanto concerne il secondo punto dell’ipotesi, se l’insegnamento può velocizzare il passaggio da unostadio a quello successivo della sequenza, allora sarà naturale chiedersi: quali strutture insegnare? È

13 Tuttavia qualche forma di sillabo strutturale è pur ammessa da alcuni sostenitori dei dinamici sillabi basati sui task che accludono tra icriteri di graduazione dei compiti anche “la quantità e il tipo di lingua necessaria” e un certo grado di attenzione alla forma (Long, M.,Crookes, G., 1992: 45; cit. in Pallotti, 1998: 296).14 L’esperimento originario di Pienemann (1984; 1986; 1989) prevede l’insegnamento di una struttura di livello X3 a studenti italiani dilivello X, X1, X2 apprendenti di tedesco L2. Il risultato dimostra che la struttura di livello X3 è stata appresa solo dagli studenti di livelloX2: gli unici che si trovano pronti ad apprenderla. Un altro tipo di esperimento prevede invece il confronto delle sequenze di acquisizionein contesto naturale e in contesto guidato e prova che le due sequenze sono corrispondenti. Per le repliche a questi esperimenti e gliapprofondimenti v. Pienemann, 1998, 252 sgg.

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necessario trovare strutture, grammaticali e processabili, che possano essere prodotte ‘naturalmente’ eche si trovino a un livello immediatamente superiore a quello degli apprendenti 15. È importante quindiche il docente si concentri sull’insegnamento delle “strutture giuste al momento giusto” per rendernepiù facile e veloce l’apprendimento (Pallotti, 1998: 299). Si pone però il problema di come individuare lestrutture con queste caratteristiche. Una soluzione scientifica e rigorosa è quella di fare riferimento allericerche sulle sequenze di acquisizione - al momento sono avanzate quelle di inglese, tedesco e italiano16, meno quelle di francese e spagnolo – tuttavia un modo pratico e complementare (ma anchesostitutivo in assenza di studi) è quello di osservare le strutture che l’apprendente auto-corregge,riformula o su cui esita o mostra di avere dubbi e necessità di ristrutturazione e attirare su questel’attenzione del discente con spiegazioni o attraverso riflessione metalinguistica. Relativamente al terzo punto dell’implicazioni didattiche della Teoria, se l’insegnamento prematuro distrutture di livello non adeguato può avere conseguenze negative il docente si dovrà mettere ilproblema di che cosa non deve fare: prima di tutto, eviterà di focalizzare l’attenzione dei discenti sulleforme non apprendibili e starà ben attento a evitare di correggere gli errori relativi a tali forme. Infatti,se l’insegnante sottolinea la scorrettezza di una regola non ancora accessibile per l’apprendente, il cuistadio di interlingua porta ancora a violare sistematicamente le norme della L2, la conseguenza naturaleè che lo studente inizi a eludere quelle parti della lingua in cui si sente insicuro per ovvi problemi di“faccia” (Ciliberti, 1994: 161) all’interno della classe. In questo modo però l’evoluzione della suainterlingua si arresta e, insistendo con la strategia di elusione il suo codice può addirittura regredire astadi precedenti, più corretti ma meno dinamici, e correre il rischio alla lunga di fossilizzarsi su formeprimitive (Pallotti, 1998). D’altra parte, la linea scelta dalla didattica comunicativa è quella di adottareforme meno traumatiche di monitoraggio sugli studenti che non la correzione degli errori, verso i qualipreferisce essere tollerante per i motivi suddetti e perché preziosi portatori di informazioni sul percorsoe sulle strategie di apprendimento del discente. Questo non significa che il docente ‘tolleri’ sempre ecomunque le forme scorrette senza fare niente: al contrario egli dovrà saper distinguere i diversi tipi dierrori fatti dall’apprendente, cioè quelli relativi a forme non accessibili da quelli invece commessi suquelle accessibili, e trascurando gli errori del primo tipo per le ragioni esposte sopra, si dovràconcentrare solo su quelli del secondo avendo cura di scegliere l’ambito adatto per la loroevidenziazione. Infatti sarebbe alquanto sbagliato decidere di correggere gli errori durante certe attività,come la produzione libera orale e scritta o il role plays, le quali richiedono all’apprendente un’attenzionesul contenuto della comunicazione e non sulla forma. L’ambito giusto per correggere l’errore è quelloall’interno di attività di tipo analitico o controllato, cioè tutte quelle attività che si concentrano sullaforma (Scalzo, 1998: 150-151; 159).

ConclusioniLe conclusioni degli studi di Pienemann sulla processabilità e le sue implicazioni didattiche non siesprimono in effetti in termini positivi poiché dimostrano che l’insegnamento ha alcuni limiti d’azioneche non sono superabili dal momento che si deve accettare il fatto che l’apprendimento di una linguaseconda è un processo che segue tempi e regole sue proprie e presenta un ordine naturale che non puòessere sovvertito da nessun insegnamento in quanto tale sequenza è identica sia in contesto guidato chein contesto naturale.Alla luce di questi studi c’è chi propone soluzioni di totale anarchia che non prevedono nessun tipo disillabo e che rinunciano all’insegnamento delle strutture linguistiche in forza del principio chel’acquisizione avviene comunque poiché essa è un processo naturale; altri con buona ragionesostengono che il focus on form fornisca risultati positivi e che pertanto l’attenzione dei discenti dovràessere attirata sulle forme linguistiche, le quali dovranno però essere quelle “giuste al momento giusto”. Come si può notare il dibattito è ora nelle mani degli insegnanti e dei metodologi i quali potrannotrovare soluzioni o aggiustamenti didattici opportuni. Al momento la ricerca sull’ordine naturale è ingrado di fornire una maggiore consapevolezza di come avviene il processo di apprendimento; alcuneindicazioni sulle forme che sono più apprendibili dal discente a un dato livello; e infine la constatazione 15 Già Krashen (1985), senza però dare precise definizioni operative dei suoi concetti, aveva ipotizzato l’esistenza di sequenze evolutivenaturali e aveva riconosciuto l’utilità di un input comprensibile a un livello di difficoltà pari a i + 1, cioè superiore di 1 rispetto a quellodato per acquisito (i).16 Si veda a questo proposito Pallotti (1998) il capitolo sull’interlingua e in particolare il paragrafo 2.3 sulle sequenze di apprendimento chefornisce un quadro degli studi con la relativa bibliografia. Per la sequenza dell’italiano, si veda in particolare Giacalone Ramat (2003).

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che le forme non si acquisiscono in un solo turno di spiegazione o isolatamente da altre strutture,pertanto il processo di apprendimento è lento e cumulativo e può avvenire per graduale automazione diregole, per ristrutturazione di regole, per sperimentazione libera di varianti di regole (Pallotti, 1998: 301-302). Il lavoro dell’insegnante sarà perciò quello di riprendere ciclicamente le stesse strutture poichéognuna di esse può avere ruoli diversi a livelli diversi della scala di processabilià (Porcelli, 1994; Skehan,1996; in Pallotti, 1998: 302).

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Capire, parlare e interagire: contesti e opportunità di apprendimento linguistico

in P. Nobili (a cura di) Camminare per quadri, Bologna: CLUEB, 2003, pp. 187-209.

Paola Leone

Università di LecceTeorie sull’acquisizione di una seconda linguaNelle pagine che seguono presenteremo due modelli - denominati rispettivamente ipotesi dell’input eipotesi dell’output- attraverso i quali si rappresenta il processo di acquisizione di una seconda lingua etratteremo una terza teoria ovvero “l’ipotesi interazionista”. Discuteremo, infine, la ricaduta diquest’ultimo approccio sulla pratica didattica.Per l’ipotesi interazionista, quella che più interessa questo contributo, la comunicazione in classe èfondamentale per l’apprendimento di un nuovo codice linguistico poiché lo scambio interattivo trainsegnante e studenti e tra studenti consente di esercitare “processi cognitivi, componenti affettive ecapacità metacomunicative” utili a ristrutturare capacità relazionali, linguistiche e non, dell’apprendente(Contento). Questa prospettiva di studi ha origine nella teoria cognitiva di Piaget e nell’analisi storico-sociale dello sviluppo cognitivo promossa da Vygotsky. In ambito linguistico, tale orientamento nasceverso la metà degli anni ’80 e affianca altre teorie sull’acquisizione di una seconda lingua: l’ipotesidell’input di Krashen e l’ipotesi dell’output di Swain. Secondo il primo studioso, l’apprendimento linguistico è il risultato dell’esposizione a inputcomprensibile, in altre parole nasce dall’ascolto e/o dalla lettura di testi ritenuti non “troppo complessi”rispetto alle capacità dell’apprendente. Differentemente, nella teoria sull’acquisizione di Swain siafferma che capacità comunicative e abilità linguistiche sono il frutto di attività durante le qualil’apprendente produce messaggi significativi. L’elaborazione di testi spingerebbe, infatti, l’apprendente amigliorare l’espressione grammaticale (a livello sintattico e morfologico) e a renderla sempre più precisa,coerente e appropriata.È importante considerare il contesto di apprendimento in cui matura la discussione intorno all’utilitàdella sola esposizione all’input per il potenziamento delle competenze linguistiche poiché questopresenta somiglianze con molte situazioni scolastiche nel nostro paese. Nella sua ricerca, Swain esaminòil livello di abilità comunicative raggiunte da bambini di lingua nativa diversa dal francese, inseriti inclassi in cui tutte le discipline venivano insegnate in L2. Dopo aver confrontato i risultati di test, lastudiosa vide che le capacità grammaticali, sociolinguistiche e di discorso erano correlate con leopportunità di usare la L2: i giovani parlanti non nativi che avevano avuto poche occasioni diintervenire a lezione, non avevano raggiunto livelli comunicativi soddisfacenti. Si è così giunti adaffermare il ruolo fondante dell’output per la costruzione di competenze linguistiche.Il contesto di studio nel quale nasce il lavoro di Swain ricorda, per molti versi, le classi del nostro paese,in cui vengono inseriti, all’inizio d’anno o in corso d’anno, bambini, ragazzi e adulti non italofoni per iquali l’italiano è, nella maggior parte dei casi, veicolo ed obiettivo d’insegnamento (Anderson et al.).Attualmente, non sono pochi gli studenti che devono apprendere argomenti disciplinari in una linguanella quale riescono con difficoltà a socializzare; è, inoltre, crescente la popolazione studentesca diadulti non italofoni che deve acquisire la lingua per esprimere contenuti già noti o che deveapprofondire conoscenze già “acquisite in forma dichiarativa” (Contento). In tutte queste situazioni,cioè nelle nostre classi, gli apprendenti sono esposti prevalentemente a input in L2, hanno pocheoccasioni di utilizzare l’italiano, mentre la scuola, le istituzioni e l’ambito sociale in generale richiedonoun livello avanzato di capacità d’uso linguistico. La teoria dell’output ci porta perciò a valutare attentamente l’attuale realtà didattica, la cui prassidovrebbe essere ancor più indirizzata verso l’uso linguistico, non solo per la comprensione ma ancheper la produzione di discorsi da parte dello studente.

L’importanza della produzione e della partecipazione a scambi interattiviCome dicevamo, un altro concetto cardine degli studi sull’acquisizione linguistica è quello diinterazione. Long e altri studiosi vanno oltre la teoria di Swain e affermano che l’esposizione a testi o laproduzione di discorsi promuovono apprendimento se sono parte di uno scambio interattivo. La

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possibilità di conversare, infatti, permette all’ apprendente di intervenire sull’input che riceve, glipermette di modificarlo per poterlo capire e per poter strutturare nuove conoscenze linguistiche.L’utilità dell’interazione è visibile anche nei seguenti estratti di una lezione di italiano rivolta a studentiuniversitari. Questi frammenti di conversazione pedagogica mettono in evidenza l’opportunità diperfezionare, in particolare, le capacità lessicali.

Estratto n. 1

I Quando sottolinei la frase…riscrivi esattamente tutto quello che c’è sul libro

SNN1 No no per esempio…quando c’è una…cita..cita…una citato.. come si dice?

I Citazione

SNN1 sì sì citazione. Lo faccio sempre…è importante

Estratto n.2

I Tu come fai invece per riorganizzare un testo…per memorizzarlo per ricordarlo…comefai?

SNN2 Per me difficile per capire per imparare un’altra lingua straniera..strano

I Però io ti chiedo anche quanto tu leggi nella tua lingua come fai? Anche quando tu haiun testo nella tua lingua e devi studiare come fai?

SNN2 prendo /ponti/

I Il?

SNN2 /ponti/

I Cosa è ponti?

SNN3 appunti

I Ah gli appunti credevo ti riferissi all’evidenziatore appunti

(trascrizione larga del video di una lezione tenuta presso il CILTA, insegnante Luisa Bavieri, marzo1999. I indica l’insegnante. SNN indica lo studente non nativo. I numeri che seguono SNN servono adifferenziare i singoli interlocutori)

In entrambi questi esempi l’andamento della conversazione viene modificato per colmare deficitlessicali del parlante non nativo (Leone 2003a). Nel primo estratto, lo studente è in difficoltà perchénon ricorda correttamente una parola e chiede aiuto all’insegnante. Nel secondo, invece, l’insegnantedimostra di non aver capito e chiede allo studente di riformulare l’esposizione. Interviene, infine, unaltro compagno (SNN3) per risolvere le difficoltà transazionali e sciogliere il nodo comunicativo.Secondo la prospettiva interazionista, interventi di questo tipo attivano processi cognitivi, stimolanoaspetti attinenti alla sfera affettiva e capacità metacomunicative (come si dice? cosa è ponti? …credevo tiriferissi all’evidenziatore, nei due esempi riportati) che favoriscono l’apprendimento linguistico (Contento)e hanno lo scopo di rendere chiari i contenuti del discorso.Ritornando alla teoria sull’input e confrontandola con la prospettiva interazionista relativaall’acquisizione linguistica, diciamo che per Krashen un testo può essere definito comprensibile sullabase delle competenze linguistiche dell’apprendente mentre per Long la comprensibilità di un discorsonon è una caratteristica a priopri ma nasce dalla negoziazione di significati, durante la quale gliinterlocutori collaborano per esplicitare, in modo chiaro, i contenuti.Verifiche di comprensione (hai capito?) da parte dell’insegnante, richieste di chiarimenti da partedell’apprendente (Per favore, non ho capito… può ripetere? Come si dice?), ripetizioni, parafrasi eriformulazioni rendono più elaborata la conversazione che, nella sua espressione compiuta, rispecchia, ipunti di vista e i saperi dei partecipanti.

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Si veda, ad esempio, questa spiegazione di storia durante la quale i concetti vengono definiti in primaistanza dagli studenti e poi perfezionati da loro stessi in modo congiunto (società complessa, una società piùcomplessa) richieste di chiarimento (in questo caso implicite: dal lavoro, dalla…dalla divisione del lavoro) daparte dell’insegnante verificano la comprensione e servono a far esprimere gli studenti in modo piùaccurato per spiegarsi meglio (Pozzo).

A7 (può ripetere/,/ la domanda professoressa¦)=I: =tra il villaggio/,/ riprendetelo (-) riprendete quello schema che io ho fatto (-) a proposito

del villaggio e della città (-) riprendetelo sul quaderno (-) che cosa abbiamo notato¦ qual èl’elemento/,/=

A6: =professoressa questo¦=I: =di differenza¦ (-)A7: sì che nel villaggio troviamo una società più semplice (-) invece nelle città troviamo/,/=A: =società +complessa*A7: +una: società* più complessa=I: =sì ma/,/ voglio un termine più preciso +al di là del*A7 +xxx xxx xxx*I: la complessità da che cosa è data¦=A7 =dal lavoro=I: =dalla=AA: +divisione del lavoro*I: +divisione del lavoro* (-) questa è l’elemento/,/ più importante (-) e questa divisione del

+del lavoro è resa possibile *A7: +xxx xxx xxx xxx*I: è resa possibile/,/ (-) qua posso cancellare no¦=AA: =sì (-)

(estratto di una registrazione effettuata in una scuola media della provincia di Lecce, testo raccolto etrascritto da Paola Manganaro. Compare in “La spiegazione in classe”, tesi in preparazione. I indical’insegnante. A indica l’alunno. I numeri che seguono A servono a differenziare i singoli interlocutori.AA sono invece gli alunni in coro)

La trattazione dei contenuti di questa conversazione didattica viene interrotta con lo scopo di chiarireconcetti e compiti (professoressa questo?). Il flusso discorsivo viene perciò modificato per approfondireaspetti, alla ricerca di parole appropriate (la complessità da che cosa è data? Dal lavoro, dalla divisione del lavoro)che possano esprimerli sempre meglio. In una prospettiva interazionista, la risoluzione di questedifficoltà serve a ristrutturare le conoscenze pregresse e ad “accogliere” i nuovi saperi.

Ricadute in ambito didatticoIn un modello educativo trasmissivo, la conoscenza è vista come il risultato della somma diinformazioni trasferibili da un parlante ad un altro; in un modello educativo di tipo interattivo, invece, leabilità e i saperi sono il frutto di un dialogo continuo tra le conoscenze già acquisite e quelle negoziatenel corso di uno scambio dialogico (Anderson et al.).Perché la prassi didattica sia orientata in tal senso, sul piano metodologico è opportuno:

- dedicare alle attività nelle quali l’apprendente è coinvolto direttamente e in modo attivo unospazio più ampio rispetto ai momenti di lezione frontale;

- selezionare testi e materiali i cui contenuti non siano troppo distanti dagli interessi deglistudenti;

- disegnare compiti didattici che servano a riflettere ad alta voce o ad utilizzare la lingua diapprendimento per scambiare contenuti significativi.

Per coinvolgere lo studente nelle singole attività, attraverso domande l’insegnante deve stimolare la suacapacità di riflessione. Laddove possibile, è utile affrontare argomenti di ogni disciplina attraversospiegazioni co-costruite, esercitando abilità dialogiche che, come afferma anche Cummins (si veda Tosiin questo volume), rendono meno complesso l’apprendimento scolastico. Lo studio del manuale

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disciplinare o l’ascolto di una spiegazione sarà così più semplice grazie all’anticipazione di parte deicontenuti e delle forme linguistiche (lessico, tipologie testuali, ecc.) nel corso di un’interazione. È utile invitare lo studente a esplicitare le conoscenze pregresse in merito agli argomenti trattati duranteuna lezione per evitare che queste interferiscano nel processo di comprensione e per avvicinarlo semprepiù ai nuovi saperi da acquisire. La comprensione avviene infatti se l’apprendente può riconoscersi inparte di essi e se è attivo nel processo di individuazione dei significati espliciti ed impliciti di testi detti oscritti. Una metodologia didattica, che valorizza le conoscenze pregresse e la capacità di riflessionedell’apprendente, investe i diversi ambiti disciplinari, tra i quali, anche, lo studio delle regole e delleregolarità di una lingua per il potenziamento delle competenze grammaticali e metalinguistiche dellaclasse. Compiti didattici, basati sull’osservazione di esempi d’ uso linguistico (e perché no, anche di altrelingue), possono aiutare a trovare risposte ai problemi che la lingua italiana pone (quando si usa l’articolo initaliano? quando si usa l’imperfetto?; Lo Duca). Si tratta, quindi, di pensare ogni singola disciplina non solo in termini di contenuti ma anche in forma diinterrogativi che possono incuriosire il gruppo classe; itinerari di apprendimento fatti di quesiti checonducono lo studente verso la consapevolezza del personale vuoto di conoscenze da colmare perrisolvere dubbi e incertezze. Manuali, enciclopedie, giornali, Internet, ecc. sono così risorse daconsultare, strumenti a cui si attinge con lo scopo di portare a termine reali esperienze comunicative edi apprendimento (Leone 2003b).I compiti didattici sono, infatti, sia a carattere pedagogico, come l’esempio fornito per il potenziamentodelle competenze metalinguistiche, sia “di realtà”. In quest’ultimo caso, essi devono essere stabiliti perriproporre situazioni d’uso linguistico che caratterizzano la vita extrascolastica. Comporre un giornale diistituto; cercare di capire a cosa serve un modulo e poi provare a compilarlo; scrivere un messaggio diposta elettronica ad un amico; fare una telefonata per prenotare un biglietto aereo sono occasioni eopportunità per dialogare con insegnante e compagni e per usare la lingua di apprendimento in modoautentico e per rendere la classe un ambiente in cui si fa ricerca, si riflette e si progettanocollettivamente percorsi di studio e nuovi obiettivi di apprendimento.

Riferimenti bibliograficiAnderson L. Ciliberti A. & R. Pugliese, Le lingue in classe, Carocci, Roma.Contento S., (in stampa), L’interazione didattica tra apprendimento e insegnamento, in “Lend”, numero monografico suitaliano L2 a cura di Dodd, C. & F. Gattullo.Krashen S., 1985, The input hypothesis: Issues and implications, London, Longman.Leone P., 2003a “Vedere, ascoltare e apprendere: considerazioni teorico-applicative per lo sviluppo delle competenzelessicali”, in P. Nobili (a cura di) Camminare per quadri, Bologna: CLUEB. Leone P., 2003b Attività di ascolto per l’italiano L2, Recanati: ELI.Lo Duca M. G., 1997, “Esperimenti grammaticali” La Nuova Italia, Firenze.Long M.H., 1983, Native speaker non native speaker interaction and the negotiation of comprehensible input, “AppliedLinguistics”, 4, 126-141. Pozzo G., (in stampa), Il discorso dell’insegnante: la spiegazione, in “Lend”, numero monografico su italiano L2 a curadi Dodd, C. & F. Gattullo.Swain M., 1985, Communicative competence: some roles of comprehensible input and comprehensible output in itsdevelopment, in S. Gass, & C. Madden (a cura di), “Input in second language acquisition”, Newbury House, Rowley.Tosi A., (in stampa), Politiche e interventi educativi in Europa per la L2, in “Lend”, numero monografico su italiano L2a cura di Dodd, C. & F. Gattullo.

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Modelli etnografici per la ricerca in classeDaniela Zorzi - Università di Lecce

0. Livelli di informazione per un intervento didatticoUn recente documento della Commissione per le politiche di integrazione del Ministero della PubblicaIstruzione (Dutto 2000) L'Italia verso una società plurale: azioni, inerzie e prospettive nel campo dell'educazione,sottolinea la necessità di acquisire informazioni sempre più sistematiche sulla presenza a scuola di bambiniimmigrati (intendendo con questo termine sia i bambini giunti in Italia in età prescolare o scolare, sia ibambini nati in Italia da famiglie immigrate), non solo in termini numerici legati allo status legale, ma anchein termini funzionali al mondo della scuola: informazioni, cioè, sul loro bagaglio linguistico e culturale, sullivello di conoscenza della lingua italiana, sui percorsi scolastici, sulla regolarità nella frequenzanell'itinerario scolastico, sulle differenze relative ai risultati e agli esiti. Avere informazioni sulla storiascolastica dei bambini è condizione preliminare all'elaborazione di possibili modelli di intervento,finalizzati a un'integrazione ragionevole. Il documento - sulla base della frammentaria informazione attuale- prosegue dando indicazioni estremamente variate sugli 'ingredienti' che potrebbero contribuire a creareun contesto favorevole per un progetto educativo adeguato a una 'società plurale': per fare qualcheesempio, si va da soluzioni curriculari avanzate (ad es. una politica di diversificazione nell'insegnamentodelle lingue diverse dall'italiano o l'insegnamento di alcune discipline in lingua straniera) a progetti diformazione e sostegno permanente degli insegnanti, all'adozione di filosofie collaborative come base perscelte metodologico-didattiche. Fra gli 'ingredienti' compaiono - a giusta ragione - l'adozione di metodichespecifiche, ad esempio, tecniche per favorire l'apprendimento cooperativo, per analizzare il bagagliolinguistico degli allievi, per definire percorsi personalizzati. Se mettiamo a fuoco quest'ultimo punto, la costruzione di metodiche specifiche, emerge la necessità direperire informazioni anche su un altro piano, oltre a quello puramente numerico e quello connesso allacarriera scolastica, cioè sul piano del microcontesto della classe: solo partendo da una situazione reale,infatti, si possono ipotizzare, costruire, sperimentare e valutare metodiche specifiche. Descrivere lasituazione di classe (al minimo) in termini di modalità di partecipazione degli allievi, di modalità diinterazione fra allievi e fra allievi e insegnanti, di variazione di partecipazione e di successo a seconda deimateriali che vengono presentati e delle attività in cui gli studenti sono coinvolti, permette di avere leinformazioni preliminari indispensabili per impostare progetti mirati.

1. Osservare la classe: i modelli etnograficiSono tuttora attuali, e a maggior ragione nel contesto scolastico italiano palesemente in trasformazione, iprincipi che stanno alla base dell'osservazione della classe (van Lier 1988:XIII):

1.La nostra conoscenza di ciò che avviene realmente in classe è estremamente limitata.2.E' importante aumentare le nostre conoscenze.3.Ciò può essere fatto solo entrando nelle classi per raccogliere dati4.Tutti i dati devono essere interpretati nel contesto della classe, cioè nel contesto in cui quei dati

occorrono.5.Questo contesto non è soltanto linguistico o cognitivo, ma anche (e soprattutto) sociale.

Questi principi, in particolare l'importanza di 'dati reali' e un modello interpretativo "emico17", cioè cheosservi dall'interno della situazione i dati ritenuti significativi dai partecipanti, sono propri dei modellietnografici che descrivono la comunicazione umana. Gli approcci etnografici allo studio degli eventididattici condividono l'obiettivo di base dell'etnografia della comunicazione: la ricerca di sistematichecovariazioni fra aspetti del discorso e gli elementi costitutivi del contesto di cui il discorso è parte. Inparticolare gli approcci etnografici per la ricerca in classe mirano a identificare, descrivere e porre inrelazione le azioni verbali e non verbali degli insegnanti e degli studenti per capirne la rilevanza per

17 "The emic and etic standpoint are alternative ways of viewing the same reality. The etic standpointis a view from outside, either random in its selectivity, or with a set of presupposition that have only achance relationship to the scene being described. The emic standpoint is a view from within thatnotices just those features of scene that are marked as significant by intrnal criteria" (Brend 1974:3)

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l'apprendimento (VanLier 1988): richiedono, cioè, l'osservazione di singoli elementi considerati in relazionead altre variabili del contesto.

Per contesto si intende sia il contesto 'sociale' (studenti, insegnante, ambiente fisico, situazionesociopolitica in cui è attivato un certo insegnamento, tipi di attività didattiche, tempo ecc.), sia il contesto'discorsivo', cioè quali attività verbali hanno portato al frammento sotto analisi e quali attività lo stessoframmento rende rilevanti nel proseguo del discorso. Ad esempio, se si vuole capire come rispondono glistudenti, è necessario osservare, al minimo, come è fatta la domanda e come l'insegnante reagisce allarisposta. A volte, comunque, questo può non essere sufficiente: se si osserva la sequenza 'Domanda -Risposta -- Valutazione della risposta' nel discorso più ampio in cui compare, si possono ottenere ulterioriinformazioni: se l'insegnante fa una domanda a uno studente per vedere, poniamo, se in quel momento èattento, le modalità di risposta dello studente vanno interpretate alla luce di una situazione tipo 'controllodella partecipazione' piuttosto che 'accertamento delle conoscenze' o 'interrogazione'. Ovviamentel'insegnante, al momento della valutazione della risposta, segnalerà di avere ben presente il parametro'partecipazione'18.

2. Ambiti della ricerca nelle classi.I modelli etnografici, dunque, cercano di interpretare un evento mettendo in relazione dati del contestosociale (macro) e dati del contesto discorsivo (micro). A seconda delle finalità della ricerca, il peso maggiorepuò essere su un tipo o sull'altro: ciò che, comunque, li accomuna è l'osservazione sistematica di ciò cheavviene in classe19.

2.1 Si può osservare la classe con finalità prevalentemente scientifiche: rientrano in questo campo alcuni tipi distudi sull'acquisizione delle lingue seconde: la classe viene vista come insieme di 'informatori': i ricercatori,di solito esterni, ne osservano la produzione, scritta od orale, sotto diversi vincoli e in diverse attività20. Irisultati di queste ricerche non hanno usualmente una ricaduta diretta sulle classi osservate e neppure sugliinsegnanti; la loro rilevanza per la didattica è a lungo termine: questi studi, ad esempio, possono evidenziaresequenze d'apprendimento in varia misura generalizzabili per diversi tipi d'apprendenti e quindi suggerirepriorità nei percorsi didattici21.

Altre ricerche cercano di mettere a fuoco i rapporti tra acquisizione di una seconda lingua esocializzazione linguistica:

il legame tra metodi etnografici e questo tipo di ricerca è praticamente indissolubile: non è possibile studiare le relazionitra linguaggio, contesto e socializzazione, se non attraverso un'osservazione dettagliata, longitudinale, emic del contestostesso e delle interazioni che in esso hanno luogo. (Pallotti 1999:76).

Scopo primario di queste ricerche non è migliorare la socializzazione (o l'apprendimento) dei bambiniosservati, ma cercare di spiegare la correlazione fra apprendimento e sviluppo delle capacità di interazioneverbale. Anche in questo caso, la ricaduta didattica è a lungo termine: attraverso l'analisi (e il confronto) diuna molteplicità di casi si possono ipotizzare contesti educativi maggiormente favorevoli allo sviluppo delbambino.

18 Per una panoramica dei meccanismi dell'interazione in classe, in italiano, si veda Piazza (a cura di)1995 e la relativa bibliografia.19 Una sintesi dei diversi tipi di osservazione, corredata da una bibliografia aggiornata, si ha inCrandall (2000). 20 Per una panoramica delle ricerche che si possono condurre 'sulla' classe si veda Chaudron (1988).21 L'applicabilità didattica degli studi sull'acquisizione è un tema attualmente (e finalmente) dibattutoanche per l'Italiano L2: ad esempio M.G.Lo Duca propone un contributo Dalla linguisticaacquisizionale alla glottodidattica: 'narrare' in italiano L2. (che sarà discusso nell'Ottobre 2000 alconvegno dell'Associazione Italiana di Linguistica Applicata), in cui presenta un esempio diorganizzazione "di contenuti linguistici proposti dall'istruzione formale secondo il modello dellegrammatiche transitorie dell'apprendente naturale. (...) A partire dai numerosi studi già effettuati sullosviluppo dei mezzi linguistici per esprimere la temporalità nell'acquisizione spontanea dell'Italiano L2(...) proveremo a delineare una sequenza didattica che miri a fornire gli strumenti linguistici necessaria narrare storie personali e familiari, fatti di cronaca, storie nazionali o di fantasia".

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Ancora, alcune ricerche cercano di vedere il rapporto fra processo di scolarizzazione di una minoranza e ilsuo contesto culturale, linguistico e sociale: questo tipo di ricerca richiede

la partecipazione dell'etnografo non soltanto alla vita scolastica, ma anche a quella sociale, e in questi casi, implica unrigoroso confronto fra i vari ambiti di interazione e l'effetto che ciascuno, e l'insieme stesso, produce sugli altri eviceversa. (Gobbo & Gomes 1999b:4).

Obiettivo primario di queste ricerche è "ipotizzare nella discontinuità tra scuola e modi culturali delleminoranze le radici dell'insuccesso scolastico di queste ultime" (Gobbo & Gomes 1999b:4). Studi di questogenere possono dare indicazioni su come 'avvicinare' la scuola ai bambini di un gruppo minoritario.

2.2. Diversamente, si può osservare la classe con finalità immediatamente didattiche:

Ethnographic classroom research directly illustrates classroom methodology, and is therefore of immediate relevance toclassroom teachers. This relevance is twofold: firstly, reports of ethnographic research will give teachers insights intowhat happens in classrooms, so that they compare this with their own classrooms and secondly, it is research that canbe conducted by teachers themselves in classes which they are currently teaching. (Van Lier 1988:XVI)

Viene seguita, usualmente, questa procedura: si identificano problemi (che possono riguardare gliinsegnanti, gli studenti o l'organizzazione scolastica), si definisce un progetto di osservazione miratasull'aspetto in questione e si raccolgono i dati. Sulla base delle indicazioni emerse, l'insegnante o l'autoritàscolastica imposta un intervento, un'azione, che possa risolvere il problema o ridurne l'entità.

L'osservazione in classe può avvenire in modi diversi, usando strumenti diversi e mettendo inrelazione aspetti diversi costitutivi dell'evento. Pur avendo come assunto metodologico di basel'interrelazione fra gli elementi, l'osservazione parte da un problema (un'area da indagare) e quindi da unaprospettiva. Si può assumere la prospettiva istituzionale nei confronti dell'insegnante e allora l'osservazionesarà prevalentemente centrata su di lui/lei e sulle sue relazioni con gli studenti a seconda delle attività che sisvolgono in classe. Gli osservatori possono essere vari. Innanzi tutto possono esserci osservatori esterni:autorità scolastiche che attuano una osservazione con finalità valutativa, o esperti che osservano le modalitàdi insegnamento allo scopo di fornire una consulenza efficace, su base documentaria. In secondo luogo sipuò attivare un'osservazione fra colleghi partecipi della stessa situazione sociodidattica. Infine l'insegnantepuò osservare se stesso attraverso l'analisi di videoregistrazioni delle proprie lezioni, sia per sviluppare unapropria consapevolezza di ciò che sta facendo e di come lo sta facendo in relazione ai propri obiettivi, siaper chiarire problemi in previsione di ipotizzarne soluzioni22.

Diversamente, si può assumere la prospettiva dell'insegnante e allora gli studenti (tutti, alcuni, unoin particolare) e le loro relazioni col contesto didattico, diventano l'oggetto dell'osservazione. Già dieci annifa, Demetrio (1990:105), suggeriva la funzione dell'insegnante 'etnologo' per cercare di conoscere i bambinistranieri che stavano entrando nelle scuole italiane:

L'attenzione etnologica dovrebbe tradursi in un vero e proprio metodo di lavoro che possa renderesistematiche, e utili a una migliore integrazione nel gruppo, le osservazioni sul bambino (...) L'insegnntepotrebbe dedicarsi a un'osservazione diretta organizzata (utilizzando griglie di osservazione e audio-videoregistrazioni) per annotare nel corso del tempo eventi, episodi, forme di comunicazioni verbali e non,indicatori dello sviluppo del bambino e dei suoi processi di integrazione.

3. Esperienze sul campo.La funzionalità dell'approccio nell'ambito dell'insegnamento dell'Italiano L2 nelle scuole italiane, saràesemplificata attraverso il resoconto di esperienze di interventi in classe e di formazione in servizio di

22 Un'ottima sintesi di questa posizione si ha nel volume di Richards and Lockhart (1996): gli autoripartono dalla premessa che gli insegnanti, per valutare la loro crescita professionale, devono rifletterecriticamente e con sistematicità sulla loro esperienza; offrono quindi una serie di informazioni suglistrumenti d'osservazione della classe e suggeriscono diversi aspetti dell'esperienza quotidiana su cuil'insegnante dovrebbe riflettere. Recenti resoconti di esperienze di riflessione si hanno in Farrell (1999)e Hyatt and Beigy (1999).

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insegnanti di Italiano L2 delle scuole elementari e medie. Saranno presentate due iniziative: una 'locale',condotta da due insegnanti della provincia di Pordenone all'interno della loro classe, e una 'territoriale', cheda anni si tiene nella provincia di Bolzano, sia alle elementari che alle medie. La prima è un'osservazionesistematica di due insegnanti, che ha portato ad elaborare un progetto didattico da attuare in classe, comerisposta a un problema; la seconda è un progetto di osservazione - intervento, estremamente articolato,finalizzato alla formazione e al sostegno degli insegnanti in servizio.

Ciò che le accomuna è la prospettiva della ricerca-azione23, definita come:

una forma di indagine riflessiva condotta dagli insegnanti sul proprio contesto per acquisire una maggioreconsapevolezza di quanto succede in classe e per migliorare la qualità della pratica attraverso un controllo dei processicondotto con sistematicità. I dati raccolti nel processo vengono esaminati in un contesto di condivisione, in cui lapluralità di punti di vista permette un controllo incrociato dei dati, che ne costituisce la forma principale divalidazione. (Pozzo 1999:16)

Presentando la prima esperienza intendo mettere a fuoco le ricadute didattiche dell'osservazione sulla classe,in particolare:

a) l'aumento di consapevolezza di tutto il gruppo partecipante (insegnanti e studenti) nei confronti delquotidiano scolastico;

b) la costruzione di un percorso didattico da svolgere in classe, per rafforzare questa nuovaconsapevolezza. Presentando la seconda esperienza intendo mettere a fuoco la ricaduta dell'osservazione sulla crescitaprofessionale degli insegnanti in termini di:

a) aumento di consapevolezza sulla complessità del proprio ruolob) sviluppo di conoscenze e competenze per condurre in responsabile autonomia progetti di ricerca

azione nelle proprie classi.

3.1 L'insegnante osserva gli studenti: intervenire sulla classe.

Questa esperienza nasce da alcuni incontri d'aggiornamento sulla pedagogia interculturale tenuti nel 1996 aun gruppo di insegnanti delle scuole elementari e delle scuole medie, afferenti al provveditorato diPordenone, su Percorsi di riflessione sulla vita quotidiana della classe: il comportamento quotidiano come "argomento"culturale. Uno degli argomenti centrali discussi nel corso è stata la 'competenza di partecipazione', una dellecomponenti della competenza comunicativa interculturale (Zorzi 1996): con questo termine intendo lacapacità di riconoscere i tratti costitutivi degli eventi comunicativi e di sapersi rapportare ad essi. Tali trattinon si possono dare per scontati: ad esempio in un contesto scolastico pluriculturale ci possono essereinterpretazioni diverse su molti aspetti: la 'corretta gestione' dello spazio (si può, ad esempio, andare adisegnare alla lavagna senza un esplicito invito dell'insegnante?); la 'corretta gestione' del tempo (che cosavuol dire 'subito': immediatamente o fra mezz'ora?); la 'corretta gestione' del diritto di parola (se o quandoposso interrompere l'insegnante? quando posso parlare con i compagni?). Chi non si adegua a una 'correttagestione' manifesta atteggiamenti sbrigativamente ritenuti asociali: le regole socioculturali vanno quindiesplicitate in quanto lo studente straniero (o proveniente da un'altra realtà scolastica), deve essereconsapevole di quale atteggiamento il gruppo si aspetta da lui, senza per questo essere in ogni occasioneforzato a imitarle. Riflettere su questi argomenti porta a due obiettivi fondamentali: rendere consapevoli imembri della cultura ospitante dei comportamenti usuali, considerati universali e quindi dati per scontati e,allo stesso tempo, renderne partecipi gli alunni di cultura altra.

In relazione alla gestione della vita quotidiana in classe, gli insegnanti sono stati sollecitati araccontare le loro esperienze: aneddoti, casi interessanti, avvenimenti di classe, esempi che sostenevano onon sostenevano i punti in discussione, nella convinzione che

23 Sull'argomento, si veda, fra altri, Elliott 1991; Elliott 1993; Pozzo & Zappi 1993; Pozzo 1999.

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case studies and stories provide a means of bridging theory and practice and demostrating the complexity of teaching asa profession. They provide contextualized portraits of the many factors which influence teacher decision making andbehavior in the classroom. (Crandall 2000:40).

Dai loro racconti sono emerse alcune situazioni di classe in cui una scarsa competenza partecipativa dialcuni studenti creava gravi problemi di gestione. In particolare un'insegnante elementare ha deciso di'studiare' con maggior attenzione il problema della sua classe. Si sono così determinate le premesse perun'attività sistematica di ricerca-azione, successivamente condotta in collaborazione con una collega dellascuola24.

Il problema: In una seconda elementare di una scuola di campagna è presente una bambina statunitense,assolutamente indisciplinata, che sembra non capire o non volere adeguarsi alle norme che regolano la vitadella classe.

Procedimento: In una prima fase, le insegnanti si sono proposte di chiarire il problema, osservando consistematicità i comportamenti della bambina americana:

L. metteva in atto comportamenti aggressivi e tentava spesso di fuggire da scuola, non rispettava nessuna delle 'regole'

normali del 'bravo scolaro': non stava mai seduta al suo posto durante le attività, usciva dall'aula senza un buon

motivo, usava senza chiedere il materiale personale dell'insegnante, spesso frugava nella borsa della maestra;

aggiungeva personali annotazioni ai cartelloni murali (...) durante le ore di lavoro utilizzava la lavagna per riempirla

di grandi disegni (suscitando lo sdegno, ma anche l'invidia enorme dei compagni), si rifiutava di indossare il grembiule

che giaceva a terra in qualche angolo (...), utilizzava il quaderno in modo molto meno 'sacrale' rispetto ai compagni

(...).

In un secondo momento, hanno cercato di vedere quali regole della vita di classe erano particolarmenteinvise all'allieva americana. Ciò ha richiesto una fase di osservazione sistematica delle routine attivate nellaclasse. Sono state osservate (ed elencate) le 'cose' ricorrenti che si fanno in classe, prestando attenzioneall'ovvio, a ciò che si dà per scontato: routine di comportamento 'fisico' (abbigliamento, alzarsi, stare seduti,uscire dall'aula, prendere o toccare i materiali, scrivere alla lavagna, ecc) e routine di comportamentoverbale (saluti e formule di cortesia, chi e quando può prendere la parola, chi e quando può interrompere;chi e quando può introdurre un nuovo argomento; chi, quando e come si può esprimere disaccordo ecc.).

Questa esperienza è stata interessante per noi insegnanti, perché ci ha permesso di accorgerci di quanti e quali

comportamenti diamo per scontati, e ci ha portato a riflettere sulla insensatezza, a volte, di norme mai messe in

discussione.

Gli insegnanti hanno quindi organizzato due attività per coinvolgere tutta la classe: non si è trattato, cioè, diun'azione rimediale ad hoc per il comportamento di un singolo studente, ma di un'occasione per riflettereinsieme sul concetto di regola sociale e di routine. Il loro obiettivo primario era mettere a fuoco il concettodi

regola sociale, intesa come convenzione stabilita collettivamente, che risponde a criteri di funzionalità (risolve problemi)

e di accettabilità condivisa (fa star bene tutti)

24 Si tratta della Scuola Elementare di S. Leonardo Valcellina. L'insegnante che ha steso la relazionefinale del progetto è Emanuela Tomè: a lei si devono i commenti alle varie attività, riportati in corsivonel testo.

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1) La riunione intorno al totem: durante la settimana bambini mettevano in una scatola indicazioni scritte suiproblemi di convivenza che si verificavano in classe e che richiedevano di essere risolti o con l'assunzionedi regole nuove o con la modifica di quelle esistenti; un giorno alla settimana i bambini si sedevano perterra, in circolo intorno al totem, discutevano i problemi e prendevano collegialmente delle decisioni.

Questo rito settimanale permette ai bambini di uscire da una concezione autoritaria della vita sociale, stimola l'abilità

di trovare soluzioni nuove a dei problemi, sviluppa la capacità di verbalizzare (...), inoltre aiuta i bambini italiani a

relativizzare le abitudini quotidiane e permette alla bambina straniera di esprimere e negoziare le proprie esigenze.

2) La divisa. Si tratta di un progetto didattico sulla 'divisa', intesa come abito convenzionale con cuisocialmente si rende immediatamente percepibile un ruolo; in particolare hanno lavorato sulla divisascolastica nel tempo e nello spazio. Nel progetto sono state coinvolte le famiglie per racconti e fotografie:la bambina americana ha vissuto con partecipazione questa fase del lavoro, portando foto del suo paese edella sua famiglia, così che la classe (con sua grande soddisfazione) ha potuto vedere com'è una scuolaamericana.

La possibilità di esprimere le proprie esigenze (durante le riunioni intorno al totem) e la possibilitàdi valorizzare la propria identità (durante il lavoro sulla divisa scolastica), hanno 'migliorato' lapartecipazione di L. alla vita scolastica. In particolare

verso la fine del percorso è avvenuto un fatto sorprendente: la bambina americana che aveva sempre rifiutato il

grembiule e lo indossava poco e di malavoglia, un giorno è arrivata con un grembiule nuovo fiammante, di colore

bluette (non in uso nella nostra scuola) grembiule di cui sembrava piuttosto fiera e che teneva sempre addosso anche

durante la ricreazione, quando è permesso toglierlo. (...) Quando i bambini avevano raccontato le impressioni del

primo giorno in cui avevano indossato il grembiule, L. aveva scritto che non le era piaciuto il colore nero e che le

sembrava di andare a 'scuola di funerali'. Il nostro lavoro le ha permesso di escogitare una soluzione di mediazione:

'accetto il grembiule che hanno tutti, ma lo prendo di un colore che piace a me': una scelta di uniformità, ma anche di

conservazione della diversità.

In breve, un originario problema di disciplina è diventato un'occasione d'apprendimento per l'intera classe:

tramite questo lavoro collettivo e cooperativo, è migliorato anche il comportamento di L.

3.2 Un approccio etnografico alla formazione in servizio degli insegnanti.

Il progetto di formazione in servizio degli insegnanti di Italiano L2 delle Scuole Medie attuato nellaprovincia di Bolzano, è un progetto estremamente articolato, portato avanti dall'Istituto Pedagogico diBolzano, in collaborazione con l'Ispettorato per l'Italiano L2, Presidi e Direzioni didattiche. In questa sede,mi limito a presentare il modello formativo a grandi linee e a offrire qualche esempio di come vengonoutilizzati gli strumenti propri dell'approccio etnografico25.

25 Per una panoramica degli interventi nelle scuole, si vedano le relazioni di Caon (1996;2000); unadescrizione del modello formativo si ha in Caon (in preparazione).

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1) Il modello formativo attuato nella Provincia di Bolzano.

Si basa sulla interrelazione di 3 livelli di intervento:

a) corsi di aggiornamento, in genere interventi di esperti del mondo scolastico o accademico, di tipoprevalentemente informativo in area linguistica, pedagogica e glottodidattica. Tali interventipossono portare a successivi progetti di approfondimento, su richiesta degli insegnanti.

b) aggiornamenti interni alle direzioni didattiche o alle singole scuole. La formazione/riflessione inpiccoli gruppi permette di avvicinarsi ai bisogni formativi del territorio, e, allo stesso tempo difacilitare il confronto fra colleghi: si analizzano o si costruiscono materiali; si individuanoproblematiche riguardanti la realtà del territorio, la classe, i singoli alunni; si riflette su tecnicheproposte in classe dal consulente pedagogico; si raccolgono i dati dell'etero-osservazione ; sicondividono i feedback degli alunni.

c)formazione sul campo, attuata nelle classe, finalizzata alla soluzione di specifici problemi didattici.Mira a sviluppare negli insegnanti le competenze per condurre autonomamente progetti di ricerca-azione. La funzione del consulente è quella di sostenere, agli inizi, l'insegnante nella sua ricercapedagogico - didattica, presentando varie modalità di osservazione e commentando conl'insegnante i dati che ne derivano.

Le esperienze locali, condotte nelle singole classi, sono quindi discusse nei gruppi allargati e portano aproposte concrete per corsi o interventi tenuti da esperti nelle aree identificate dagli insegnanti: si integranocosì i vari livelli formativi.

2) Strumenti e tecniche per l'osservazione

Analizziamo ora alcuni aspetti del terzo livello, la formazione degli insegnanti in classe, mettendo a fuoco,come si diceva, le potenzialità di alcuni strumenti usati per l'osservazione26.

L'organizzazione dell'intervento formativo in classe prevede due modalità di base: a. la lezione dell'insegnante di Italiano L2 viene osservata da un consulente dell'Istituto Pedagogico,

usualmente invitato dall'insegnante stesso in caso di problemi (dalla gestione di materiali nuovi allapresenza di studenti difficili, alla supposta incapacità nel far sviluppare qualche abilità ai suoi studenti, ecc.).

b. il consulente pedagogico propone lezioni esemplificative e viene osservato dall'insegnante. Puòessere invitato dall'insegnante o può proporsi per presentare suggerimenti didattici o innovazioniistituzionali.

In entrambi i casi chi osserva tiene traccia del lavoro che si sta svolgendo, con diversi strumenti.Elenco qui di seguito alcune modalità attivate dal consulente, che possono in varia misura essere utilizzateanche dall'insegnante quando vuole reperire dati sulla sua classe.

a. Appunti.

Si tratta di una verbalizzazione in diretta, in cui il consulente, descrive nei dettagli ciò che succede,cercando anche di trascrivere alcune interazioni fra l'insegnante e gli studenti.

Ecco uno stralcio dell'inizio di una lezione in una seconda elementare:

I: Allora tutti in piedi pronti ... facciamo il segno della croce.Gli alunni eseguono

I: Oggi abbiamo una maestra che si chiama Jolanda e che scrive sul computer ... Compito ... non c'era oggi vero? Alloracominciamo subito

L'insegnante posiziona lo schermoAAA: Ahhhhhh!I: Cosa facciamo oggi... attenzione...

26 Non si intende qui descrivere in dettaglio tutti i tipi di dati usati nelle ricerche etnografiche inambito scolastico, ma solo quelli sistematicamente usati nel progetto formativo della Provincia diBolzano. Per una tipologia dettagliata si rimanda a Van Lier (1988) e a Elliott (1993).

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L'insegnante disegna delle icone alla lavagna [una lampadina]AAA: Denken, idee

Poi disegna ancora [un libro]AAA: Lesen

Poi aggiunge un'icona [alcune penne]AAA: Matite, colori penna

Queste tracce dettagliate possono essere usate per discutere con l'insegnante alcuni aspetti della lezione.

b. Fotografie della classe

Il consulente scatta numerose foto, non soltanto per focalizzare il punto specifico sotto osservazione, maanche per farsi un'idea generale della situazione:

In ogni situazione e qualsiasi sia l'obiettivo dell'osservazione, è necessario raccogliere dati anchesenza uno scopo prefissato: possono emergere aspetti su cui riflettere. (...) Le foto di alunni e diinsegnanti, scattate senza precisi obiettivi, permettono di mettere a fuoco in un secondo tempo ciòche in classe non abbiamo visto o non abbiamo voluto vedere" (Caon, in preparazione).

Queste immagini sono usate non solo per rivedere la lezione con l'insegnante, ma anche per sollecitarefeedback dagli studenti (v. oltre al punto 3.) c. Audio e video registrazioni.

La complessità della realizzazione tecnica (una buona videoregistrazione, ad esempio, richiede un operatoreche gira per la classe cercando di documentare le attività da varie prospettive) può essere un elemento didisturbo per la classe, in cui è già presente il consulente esterno. Molto spesso le audio e le videoregistrazioni sono realizzate direttamente dal consulente in alternativa alla presa di appunti.

Vanno riviste e commentate con l'insegnate. Possono essere montate in vario modo a scopo formativo: adesempio sono state videoregistrate le prime fasi di alcune lezioni di insegnanti diversi, e quindi montateinsieme, per poter impostare un lavoro - su base documentaria – su come esplicitare gli obiettivi dellalezione.

d. Trascrizioni di registrazioni audio e video

la trascrizione di una interazione rappresenta il tentativo di rendere in forma scritta e lineare queidettagli dell'interazione che permettono successive analisi di un qualche tipo. Ovviamente la sceltadi particolari convenzioni di trascrizione diventa un fatto importante, in quanto queste danno idettagli che sono resi visibili dalla trascrizione, specialmente per chi non ha avuto accesso allaregistrazione originale.

(Psathas & Anderson, 1990:77).

La trascrizione può essere 'larga', cioè riprodurre abbastanza fedelmente tutte le parole significative chevengono dette; oppure 'stretta', in cui, oltre a ciò che viene detto, vengono trascritte le pause , le falsepartenze, i segnali di incertezza, le ripetizioni ecc.: si tenta, cioè, di dare forma grafica ai tratti propridell'oralità. La trascrizione 'larga' permette di vedere che cosa viene detto, la trascrizione 'stretta' permettedi vedere anche come vengono dette le cose. Ciò non è irrilevante in quanto il modo con cui vengonodette le cose costituisce parte del loro significato. E' comunque, un lavoro molto lungo: raramente sitrascrivono intere lezioni: se ne possono guardare in maniera così dettagliata i momenti maggiormentesignificativi rispetto al punto che si vuole osservare.

3) La tecnica della triangolazione: un esempio.Durante le osservazioni, si usa, di solito, la tecnica base degli studi etnografici, quella della

triangolazione:

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è la raccolta di osservazioni, resoconti di una situazione (o qualche suo aspetto) da vari angolie prospettive, al fine di operare un confronto. Per esempio un insegnante può utilizzare per unadata attività di insegnamento il punto di vista suo personale, il punto di vista degli alunni equello di un osservatore esterno.

(Elliott 1993: 112)

Vediamo ora un esempio di come questa tecnica possa aiutare l’insegnante a capire che cosa succede nellasua classe.

Il Problema: Siamo in una terza elementare. Il consulente è chiamato da un insegnante giovane, alleprese con attività, proposte dal libro di testo, che dovrebbero essere gestite in quasi totale autonomia daglistudenti. L'insegnante crede di non saper controllare la classe e, quindi, che gli studenti perdano del tempo.Alla presenza del consulente tiene una lezione per farsi osservare e per farsi dire 'dove sbaglia'.

La percezione dell'insegnante: Durante la lezione, mentre gli studenti stanno lavorando a gruppi,prende, a caldo, alcune note su quello che sta succedendo.

C'è chi capisce che deve parlare col compagno e chi no.Non sanno ascoltare e non si prendono il tempo per leggere le consegneIn particolare fa alcune osservazioni su come gli studenti gestiscono lo spazio lavagna: l'attività

prevede, infatti, che i risultati dei vari lavori di gruppo vengano riportati sulla lavagna dagli studenti stessi: Alla lavagna

Succede il finimondo! Si spingono, cancellano e riscrivono, litigano, giocano con la lavagnaAl termine della lezione, nel colloquio con il consulente, ribadisce che, a suo parere, la lezione è andatamale: non riusciva a tenere la disciplina, le era sembrata un'ora dispersiva, sfuggita al suo controllo.

La percezione del consulente: Mentre assiste alla lezione, prende dettagliati appunti 'in diretta'descrivendo le varie azioni e cercando di trascrivere parte di ciò che dicono allievi e insegnante; scattafotografie agli alunni e all'insegnante in vari momenti della lezione. Dalle sue note risulta che i ragazzihanno lavorato molto, anche se, al momento della lavagna c'era un po' di confusione; inoltre risulta chel'insegnante ha dato istruzioni comprensibili ed era a disposizione per risolvere i problemi degli allievi.

La percezione degli studenti: Nella successiva ora di Italiano, è stato chiesto un feedback agli allievi:dovevano commentare alcune delle fotografie scattate dal consulente. Il loro giudizio è stato positivo:hanno lavorato, hanno imparato e si sono divertiti. In particolare hanno dovuto commentare unafotografia in cui si vedeva la lavagna (su cui erano già state scritte molte parole) e un gruppo di ragazzi chevi si affollava davanti per scrivere. Questi alcuni commenti:

Nadia scrive una parolaDominik rubare un gessoMarilyn guarda kome Nadia scrivere. Sarah scrivere anche.Carolin gira e guarda kome Sarah scrivere. Sebastian guarda kome tuti bambini scrivere.

Nel successivo incontro il consulente e l'insegnante hanno discusso tutti i dati reperiti (appunti, foto etrascrizioni del consulente; feed-back degli allievi; note e commenti dell'insegnante). Questo processo hapermesso di articolare meglio il problema iniziale: si è passati da un generico senso di disagiodell'insegnante a un elenco di situazioni, alcune del tutto positive, altre migliorabili. Ad esempio si è vistoche c'era una certa incertezza nell'autogestione delle attività, ma l'unico momento di vera confusione è statolimitato a quando gli studenti scrivevano alla lavagna; si è visto che tutti gli allievi non solo hanno svolto laloro attività, ma ne sono stati consapevoli e ne hanno dato una valutazione positiva: quindi non avevano'perso tempo'. L'insegnante si è resa conto che il problema non stava nella sua incapacità nel gestire i lavoridi gruppo (le sue azioni - documentate - erano state, infatti, appropriate ed efficaci), quanto nella paura,comune a molti insegnanti, di perdere il controllo della classe - e anche il proprio ruolo - se gli studentiimparano a lavorare da soli.

Da tutto ciò sono emerse alcune indicazioni operative:

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a. osservare in maniera mirata i bambini che avevano avuto difficoltà a lavorare in gruppo: inpratica, osservarli in situazioni diverse, per vedere se il comportamento cambia variando la composizione oil numero dei partecipanti del gruppo, variando il tipo di attività, il tempo a disposizione, ecc.

b. impostare un lavoro per educare la classe a gestire meglio le vare fasi del lavoro di gruppo, e inparticolare lo spazio lavagna.

4. ConclusioniVorrei riprendere un'affermazione del documento ministeriale a cui si accennava all'inizio:

Assicurare un'integrazione ragionevole (agli studenti di lingua e cultura altra) è un obiettivo sostenibile, che soloimpropriamente può essere definito minimalista, dal momento che investe tutti gli aspetti dell'intervento didattico eformativo e, soprattutto, spinge tutti gli attori a ragionarci su. (Dutto 2000:234, corsivo nell'originale).

Le analisi etnografiche, aiutano, appunto, a ragionare su quello che sta succedendo nelle classi. Come si èvisto il fuoco può essere la formazione degli insegnanti o il diretto intervento sugli alunni: in entrambi i casil'effetto primario è lo sviluppo di una maggior attenzione e, quindi di una maggiore consapevolezzadell'insegnante nei confronti di ciò che avviene nelle classi. Ed è questa una condizione necessaria per poterprendere decisioni didattiche motivate e ragionevoli per lo specifico contesto in cui si opera.

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Strumenti e metodologie di valutazione iniziale per gli alunni che apprendono l’italiano

come lingua seconda nella scuola di base

(Apparirà in Educazione Interculturale, Ed Erickson,Trento, 2004)

Francesca Gattullo

Istituto Comprensivo 10 - Bologna

Introduzione: Gli alunni non italofoni Come è ormai noto, la presenza di bambini e ragazzi stranieri27 tra i banchi delle nostre scuole si iniziaa registrare all’inizio degli anni '80 (6.104 nel 1983-84, lo 0,06% sul totale della popolazione scolastica),presenza che negli ultimi anni ha avuto un incremento medio annuo del 20%, fino ad arrivare a181.767 alunni nel 2001-2002 (pari al 2,31% sull’intera popolazione scolastica - Rapporto MIUR, 2002:1-2). In particolare, vanno rilevate le concentrazioni di presenze degli alunni con cittadinanza nonitaliana nella scuola di base (2,99% sul totale degli alunni nelle scuola elementare e 2,70 nella mediainferiore - ibid:31) e in alcune provincie dove l’incidenza percentuale arriva anche oltre al 6% sul totale(Prato, Reggio Emilia, Mantova, Modena Firenze, Parma e Brescia), con punte del 20-25% in alcunescuole. Questi dati confermano che la permanenza di bambini e giovani provenienti da paesi stranieri non hacarattere temporaneo e si riflette in trasformazioni socialmente costitutive delle quali tutte le istituzionidevono tenere conto, evidenziando la “necessità di una pianificazioene delle risorse e degli interventi” atutti i livelli operativi della scuola (ibid:Introduzione). Queste osservazioni acquistano tanto più valore,quando si leggono le previsioni di crescita per il prossimo decennio. Secondo l’ipotesi “moderata” delRapporto 2002 del MIUR, infatti, è prevedibile che nell’a.s. 2012-2013 il numero degli alunni stranierinelle scuole italiane sarà intorno ai 550.000, cioè il triplo di quelli attuali (ibid: 24).Le storie personali e le biografie linguistiche di questi alunni sono variegate (Favaro 1999). Diversi,infatti, sono i paesi di provenienza (in Italia sono presenti fino a 186 cittadinanze diverse, anche sequasi la metà degli alunni stranieri proviene da Albania, Marocco o Ex-Iugoslavia - Rapporto MIUR2002:6), molteplici le lingue native, diverse le fasce d'età: i bambini Sinti e Rom la cui madre lingua èdiversa dall'italiano; i bambini arrivati in Italia per ricongiungimento familiare, i figli di immigrati diseconda e terza generazione, i bambini che hanno lasciato il loro paese per ragioni politiche, e infine-fenomeno in crescita costante- i bambini che si uniscono ai genitori di adozione. Oltre agli “stranieri”vi sono dunque anche bambini e ragazzi di nazionalità italiana ma non italofoni (vedi nota 1), i figli distranieri nati in Italia, i bambini adottati, che tutti insieme vanno a costituire i "nuovi apprendenti"della scuola, con il comune bisogno di essere parte attiva del contesto sociale di cui da adulti farannoparte. Quali metodologie pedagogiche e didattiche occorre dunque adottare per inserire adeguatamente talialunni nelle nostre classi? La nuova pluralità linguistica e culturale come “regola” e non più“eccezione” nelle realtà scolastiche italiane riafferma la necessità di rispondere a nuovi bisognididattici, di arricchire le competenze dell’insegnante e di predisporre strumenti adeguati. Questo articolo28 intende fornire il punto di partenza per l’acquisizione delle metodologie e deglistrumenti per la valutazione iniziale e si rivolge a tutti gli insegnanti (non solo quelli di materielinguistiche, ma anche a quelli delle altre discipline), che lavorano nella scuola di base (elementare emedia inferiore). Valutazione perché. In generale possiamo affermare che “valutiamo nella scuola perché siamo portaticontinuamente a prendere decisioni, dalle meno gravose alle più cruciali, soprattutto per quello cheriguarda la carriera scolastica dei nostri alunni. (...) (I) problemi nella scuola devono essere risolti inmodo da assicurare equità, per salvaguardare gli interessi di tutti gli alunni, ma anche in modo da

27 Con l’espressione “alunni non italofoni” si intendono tutti coloro che non parlano la lingua italiana come lingua madre;con “alunni bilingui”, tutti coloro che hanno una o più lingue diverse dalla lingua utilizzata nella scuola; infine, con “alunnistranieri”, si descrivono gli alunni che hanno cittadinanza diversa da quella italiana.28 Insieme al contributo in questo stesso volume di S. Ardizzoni.

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adattare le azioni dell’insegnante alle esigenze individuali.” (Gattullo 2001: 11). Nello specifico, lavalutazione iniziale delle competenze degli alunni non italofoni o bilingui è necessaria per potergarantire un adeguato inserimento all’interno del percorso scolastico che permetta la migliorvalorizzazione delle competenze già possedute dall’allievo e la diagnosi dei suoi bisogni. Se è vero chemolti allievi arrivano in classe con competenze minime, tuttavia è spesso falso che “non sanno unaparola di italiano”. E’ necessario trovare un equilibrio tra le loro competenze linguistiche e le richiesteaccademiche che la scuola avrà. A nostro parere, la presenza degli alunni non italofoni o bilingui in classe rende la seguenteaffermazione ancora più pregnante: “in una scuola che si rivolge a tutta la popolazione, anchel’insegnamento deve essere considerato un dato variabile, le cui caratteristiche si modificano a secondadelle circostanze. L’onere dell’adattamento non può più essere fatto ricadere solo sugli allievi, ma deveessere assunto dalla scuola” (Vertecchi 1984: 68).Gli scopi della valutazione inziale o diagnostica sono principalmente due:• la stesura di un profilo iniziale dello studente;• la programmazione di un percorso didattico individualizzato che risponda tanto ai bisogni

linguistici quanto a quelli disciplinari.Il profilo iniziale è il primo passo verso un profilo dinamico che si costruisce durante tutto il corsodell’anno; questo dovrebbe valere per tutti gli allievi, anche quelli italofoni. Tale profilo conterrà tuttele informazioni personali e scolastiche che si possono ottenere. In secondo luogo, per elaborare unaprogrammazione efficace occorre conoscere i bisogni di apprendimento degli alunni (e non solo diquelli qui in esame). Tale conoscenza ci permette di elaborare attività che siano adeguate al livello dicompetenza dell’alunno: infatti, “attività troppo semplici rischiano di sottovalutare il contributo deldiscente, emarginandolo e demotivandolo. Compiti troppo complessi, al contrario, rischiano dimetterlo in difficoltà e di farlo sentire incapace di fronte ai suoi compagni” (Leone in Gattullo 2001:248). Nello specifico degli alunni non italofoni, la valutazione dei bisogni iniziali è anche necessaria perprogrammare tutte quelle azioni di sostegno linguistico che si svolgono al di fuori della classe.Valutazione come Come abbiamo già accennato, in questo contributo ci limiteremo alla valutazioneiniziale in ingresso di carattere formativo. E’ importante sottolineare che sia la scelta dell’assegnazione alla classe sia la stesura del profilodell’alunno devono essere il risultato di rilevazioni effettuate attraverso una pluralità di strumenti e dicanali. Questo sia per riflettere la complessità delle competenze linguistiche e generali, sia perrispettare i diversi stili cognitivi di ciascun alunno.Infine, nella valutazione delle competenze scolastiche di alunni non italofoni occorre tenere benpresenti alcune condizioni:• l’acquisizione linguistica segue un percorso non del tutto lineare ed è vincolata a fattori interni

(psicolinguistici) ed esterni (contesto socio-culturale, scolarizzazione) (su questo argomento si vedaPallotti 1998)

• l’acquisizione linguistica è dunque (solo) in parte condizionata dalla lingua madre (ibid.)• le competenze disciplinari vanno lette oltre la forma linguistica in cui si manifestano (si veda oltre).Specularmente, una programmazione efficace di italiano lingua seconda non può limitarsi all’ambitoinformale della comunicazione, ma deve “anche prevedere interventi didattici mirati allo sviluppo dicompetenze linguistiche per:• accedere all'acquisizione della lingua italiana (competenza metalinguistica);• apprendere i contenuti disciplinari (competenze linguistico-cognitive-accademiche, per la

comprensione e produzione di linguaggi specifici nella lezione e nei manuali, tipologie testualidifferenti ecc.);

• partecipare attivamente al processo didattico (competenze conversazionali e comunicative29)”(Leone in Gattullo 2001: 250).

Nella prossima sezione tratteremo alcuni contenuti del Protocollo di accoglienza che ciascun Istituto escuola dovrebbe adottare (secondo la normativa vigente D.P.R. 31/8/99 n.394 art.45). Per accogliere è

29 CALP= Cognitive Academic Language Proficiency, BICS= Basic Interpersonal Communication Skills, Cummins 1989,anche in Favaro 1999

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necessario infatti seguire procedure di inserimento non casuali o improvvisate, promuovere dispositiviper l’accoglienza, e infine, disporre di strumenti informativi e documenti in varie lingue (Favaro, Luatti2001:25). Il protocollo che viene proposto in questa sede potrà naturalmente subire delle modifiche ed essereadattato alle esigenze del contesto; esso potrà essere utilizzato come linea guida, come modello per illavoro della Commissione di accoglienza che ciascun Istituto deve costituire al suo interno (D.P.R.31/8/99 n.394 art.45)30. Ecco i contenuti di un Protocollo “tipo”:1. Specificare le modalità di iscrizione e i documenti e certificati necessari2. Specificare le modalità di approccio e conoscenza della famiglia3. Specificare i materiali informativi a disposizione delle famiglie4. Specificare i materiali utilizzati per l’osservazione e la valutazione iniziale5. Specificare i criteri e le modalità di assegnazione alla classe di frequenza6. Specificare il tipo di rapporti che la scuola intrattiene con gli enti locali e le organizzazioni presenti

sul terrirorio 7. Specificare le risorse umane esterne ed interne disponibili per la costruzione del percorso educativo

e didattico

Per concludere questa introduzione, vogliamo sottolineare che, a nostro parere, per il primo ciclo dellascuola elementare non si pongono problemi di valutazione per l’inserimento e che le attivitàdovrebbero essere le stesse degli italofoni.

Protocollo di accoglienzaA. Specificare le modalità di iscrizione e i documenti e certificati necessari.

L’iscrizione rappresenta il primo passo del percorso di accoglienza dell’alunno straniero e della suafamiglia. Le norme che regolano l’iscrizione scolastica nell’età dell’obbligo sono contenute nel T.U.1998, nel D.P.R. 394/99 e in varie Circolari successive (si veda finestra qui sotto e il sito del CentroCome http://www.centrocome.it).

Norme per l’iscrizione scolastica(T.U. art. 37, 38 e 39 - D.P.R. 394/99 art. 45, 46, 47, 48,49 e 50) 14.ISCRIZIONE SCOLASTICA(T.U. art. 38 - D.P.R. 394/99 art. 45)I minori stranieri presenti sul territorio nazionale hanno diritto all'istruzione indipendentemente dalla lororegolarità, nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani. L'iscrizione può essere richiesta in qualunqueperiodo dell'anno scolastico. I minori stranieri sono soggetti all'obbligo scolastico secondo le disposizioni vigentiin materia. L'iscrizione nelle scuole italiane di ogni ordine e grado avviene nei modi e alle condizioni previsti per iminori italiani e ai minori stranieri si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all'istruzione,d'accesso ai servizi educativi e di partecipazione alla vita della comunità scolastica.Se privi di documentazione anagrafica o in possesso di documentazione irregolare o incompleta, sono iscritti conriserva e questo non pregiudica il conseguimento dei titoli conclusivi dei corsi di studio delle scuole di ogni ordinee grado. In mancanza di accertamenti negativi sull'identità dichiarata dell'alunno, il titolo viene rilasciatoall'interessato con i dati identificativi acquisiti al momento dell'iscrizione.Per l'iscrizione degli alunni stranieri alla scuola dell'obbligo si applicano anche le disposizioni in materia divaccini obbligatori, salvo le deroghe disposte per attestazione di esonero rilasciata dal medico dell'U.S.L..a) In quale classe vengono iscritti?Quelli soggetti all'obbligo scolastico vengono iscritti alla classe corrispondente all'età anagrafica, salvo che ilcollegio dei docenti deliberi l'iscrizione ad una classe diversa.Va tenuto conto:- dell'ordinamento degli studi del Paese di provenienza, che può determinare l'iscrizione ad una classe diversa daquella corrispondente all'età anagrafica- dell'accertamento di competenze, abilità e livelli di preparazione dell'alunno- del corso di studi eventualmente seguito nel Paese di provenienza- del titolo di studio eventualmente posseduto dall'alunnoIl collegio dei docenti formula proposte in ordine ai criteri e alle modalità per la comunicazione tra la scuola e lefamiglie degli alunni stranieri. Se necessario, attraverso intese con l'ente locale, l'istituzione scolastica si avvale

30 Di tale Commissione fanno normalmente parte il Dirigente scolastico, la figura obiettivo per l’intercultura o il disagio,due insegnanti che hanno avuto precedenti esperienze nell’inserimento di alunni stranieri ed altri eventuali operatori.

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dell'opera di mediatori culturali qualificati.

B. Specificare i materiali informativi in lingua a disposizione delle famiglieMettere a disposizione delle famiglie straniere materiale informativo sull’organizzazione della scuola esulle sue regole interne, oltre che uno strumento indispensabile per le famiglie non italofone,costituisce anche un segnale positivo da parte della scuola che vuole coinvolgere direttamente igenitori. I materiali in lingua si possono richiedere ai Centri di Documentazione e ad altreorganizzazioni:

Elenco di alcuni siti:http://www.comune.milano.itPagina delle Direzione Centrale Servizi “Stranieri” del Comune di Milano;http://www.comune.modena.it/cdeSito del Centro di Documentazione del Comune di Modenahttp://www.comune.bologna.it/cdleiSito del Centro di Documentazione di Bolognahttp://www.crocusproject.netPortale dell’educazione a distanza per L1 ed L2 e di servizi di supporto.http://www.socrates-me-too.org/Sito del progetto Me -Too http://www.parlamondo.itSito del Progetto Parlamondo

C. Specificare le modalità di approccio e conoscenza della famigliaChi si occupa dell’accoglienza dei bambini dovrà raccogliere alucne informazioni biografiche escolastiche col supporto di strumenti che vanno da un questionario in lingua all’intervista, in presenza,dove possibile o necessario, di un mediatore linguistico culturale. Il questionario in varie lingue si puòscaricare dal sito di Crocus (vedi sopra) o trovare in Formosa, Omodeo 2002. Per l’intervistasuggeriamo di seguire la seguente traccia:

1. Quando è arrivato il ragazzo in Italia? 2. Quando è arrivata la famiglia (insieme o madre e padre separatamente?)3. Quale lingua il ragazzo ha appreso per prima?4. Quale lingua si parla adesso in famiglia?5. Quale lingua parla il ragazzo con i fratelli/sorelle?6. Quanti anni di scuola ha frequentato al paese di origine?7. Ha già frequentato la scuola in Italia?8. Ha quaderni, libri della scuola frequentata precedentemente?9. Ha attestati, certificazioni del precedente corso di studi? (questi documenti potrebbero essere letti con la

collaborazione del mediatore culturale o di un interprete)10. In quale lingua ha studiato le diverse materie nel paese di origine?11. Ha frequentato la scuola senza interruzioni? 12. Il ragazzo sa leggere e/o scrivere nella sua lingua madre?13. A che età ha iniziato a leggere?14. Durante le esperienze scolastiche precedenti ha dimostrato un interesse particolare verso qualche materia?15. Ha dimostrato difficoltà particolari?16. Parla l'italiano?17. Dove ha imparato l'italiano? A scuola o attraverso amici e/o conoscenti?18. Ha l'opportunità di parlare l'italiano con amici e/o conoscenti? 19. Frequenta centri sportivi o associazioni culturali italiane o di altra cultura?

D. Specificare i materiali utilizzati per l’osservazione e la valutazione iniziale31

L’osservazione e la valutazione iniziale dell’alunno non italofono è da svolgersi in parte durante la“settimana di accoglienza”, cioè in quel periodo durante il quale non vi è ancora l’assegnamento(definitivo) ad una classe di frequenza, in parte dopo l’inserimento in classe. Il tipo di prove da assegnare dipende dall’età: si consiglia infatti di utilizzare prove strutturate, tipocarta e penna in L2, soltanto dai 10 in poi (vedi oltre). Al contrario, prove strutturate in L1 per le 31 Le specifiche di questa parte del Protocollo sono complesse e verranno trattate in questa sede soltanto in manierasintetica. Per una trattazione più ampia si rimanda oltre che al contributo di Ardizzoni (infra), ai futuri numeri della rivista.

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diverse discipline sono possibili anche a partire dagli otto anni; tali prove dovrebbero essere costruitedagli insegnanti delle specifiche aree disciplinari in collaborazione con i mediatori linguistici.Di seguito vengono sommariamente elencati i tipi di valutazione consigliati per questa fase (per unatrattazione completa, si veda Carrasquillo, Rodriguez: 1996).• Valutazione della padronanza della lingua madre (con l’aiuto dei un mediatore linguistico, ove

possibile) sia scritta che orale, sia di uso quotidiano che scolastico.• Valutazione delle competenze e delle conoscenze scolastiche pregresse (in L1 o attraverso supporti

extra-linguistici)A seconda dell’età degli alunni si procederà a forme di valutazione più o meno approfondita delle loroabilità scolastiche (matematiche, scientifiche, storiche, ecc.), attraverso: prove strutturate, proveautentiche, prove di lettura e comprensione, prove non verbali (vedi matieriali Cospe per le abilità dibase, logiche e mnemoniche, in bibliografia)In ogni caso, non è opportuno fare uso di prove standardizzate o destinate ad alunni italofoni, maoccorre adattarle, crearne ex-novo o fare uso delle poche esistenti create appositamente.• Valutazione iniziale della padronanza della seconda lingua (italiano) (sia BICS che CALP, vedi

nota):prove di comprensione orale (semplici comandi / istruzioni da eseguire)nprova di comprensione e produzione orale (conversazione personale)prove di competenza linguistica globaleprove di competenza lessicale (abbinamento immagine/parola, numerazione, ecc.)prove di comprensione scritta (semplici storie, illustrate e non)prove di produzione scritta (continuazione della storia, stimoli visivi, ecc.)schede per l’osservazione del comportamento (socializzazione in classe)griglie per la valutazione analitica (vedi Favaro 1999: 117).

E. Specificare i criteri e le modalità di assegnazione alla classe di frequenza:Come stabilisce la normativa, i criteri per l’assegnazione alla classe di frequenza sono in ordine dipriorità: l’età, la scolarità pregressa e i risultati delle rilevazioni attraverso prove ed osservazioni. Lascelta della Commissione di accoglienza deve essere sempre motivata quando il criterio principale nonsia l’età.

Come passo finale dell’accoglienza dell’alunno, e quindi al termine delle rilevazioni fin qui elencate, sicompilerà la Scheda informativa riportata in Appendice che permetterà di avere un quadro abbastanzaesaustivo del profilo dell’allievo. I materiali raccolti, insieme ai documenti, alle osservazioni e alleprove, verranno raccolti nel Portfolio personale dell’alunno, che servirà come dossier didocumentazione.

Riferimenti bibliografici:Carrasquillo A.L. , Rodriguez V., 1996, Language minority students in the mainstream classroom, Clevedon:Multilingual MattersCospe, Parole non dette, schede di rilevamento delle abilità extralinguistiche per gli alunni della scuola dell’obbligo,3voll., Vannini EditoriCummins J. , 1989, Empowering minority students, Sacramento (CA): California Association for MinorityStudentsFavaro G. (a cura di) 1999, Imparare l’italiano, imparare in italiano, Milano: Gueroni e associatiFavaro G., Luatti L., 2001 (a cura di), Accogliere chi accogliere come, vademecum per insegnanti della scuoladell’obbligo, Arezzo: Centro di Documentazione Città di ArezzoFormosa, Omodeo 2002, Questionari bilingui per studenti, Vannini EditoriGattullo F. (a cura di) 2001, La valutazione degli apprendimenti linguistici, Firenze: La Nuova Italia RCSScuolaPallotti G. 1998, La seconda lingua, Milano: BompianiRapporto MIUR, 2002, Alunni con cittadinanza non italiana 2001-2002, Roma

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AppendiceScheda per la rilevazione delle informazioni biografiche e scolastiche degli alunni neo-arrivati

data di compilazione della scheda:a cura di : classe di inserimento:

• Nome dell’alunno____________________________________ Sesso_________• Paese di provenienza ____________________ Data di nascita ______________• in Italia dal ______________________________ religione della famiglia __________________• lingua ufficiale del Paese di provenienza ______________________________• nome e cognome del padre __________________________________• titolo di studio ________________________________________• professione del padre (in Italia e nel paese di origine) ________________________• in italia dal ________________________________ Parla italiano? __________________• nome e cognome della madre __________________________________________• professione della madre (in Italia e nel paese di origine) ___________________________ • in Italia dal ______________________________ Parla italiano? ___________________• indirizzo (situazione abitativa) _______________________________________________

1) Lingue utilizzate - compresi eventuali dialetti locali privi di scrittura (annotare per ciascuna lingua sesi tratta di una conoscenza attiva o passiva, dove e da chi viene utilizzata)

• _____________________________________________________________________________________________________________________________________________________

• ___________________________________________________________________________

2) Percorso scolastico precedente (comprendendo anche eventuale percorso svolto in Italia, indicare ledate)

• ______________________________________________________________________________________________________________________________________________________

• ___________________________________________________________________________

3) Notizie rilevanti sul sistema scolastico del Paese di origine:

• ______________________________________________________________________________________________________________________________________________________

• ___________________________________________________________________________

4) L’alunno è andato incontro ad interruzioni nel percorso scolastico?

• ______________________________________________________________________________________________________________________________________________________

• ___________________________________________________________________________ 5) Quali sono i motivi della scelta della classe e della sezione di inserimento:

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• ______________________________________________________________________________________________________________________________________________________

• ___________________________________________________________________________

6) Nome ed età dei fratelli e delle sorelle e loro curriculum scolastico

______________________________________________________________________ ____________________________________________________________________________________________________________________________________________

7) Descrivere il curriculum scolastico dei genitori (se possibile)

• ______________________________________________________________________________________________________________________________________________________

• ___________________________________________________________________________ 8) La famiglia intende far partecipare l’alunno ad iniziative educative o religiose al di fuori della scuola?

• ______________________________________________________________________________________________________________________________________________________

• ___________________________________________________________________________ 9) Quali sono i documenti disponibili in italiano o rilasciati nel paese d’origine o dal consolato?

• ______________________________________________________________________________________________________________________________________________________

• ___________________________________________________________________________ 10) Indicare le prove svolte e gli strumenti di osservazione utlizzati per la rilevazione delle competenzein L2 e scolastiche:

• ______________________________________________________________________________________________________________________________________________________

• ___________________________________________________________________________ 11) Descrivere in maniera approfondita il livello di competenza della lingua italiana orale:

• ______________________________________________________________________________________________________________________________________________________

• ___________________________________________________________________________12) Descrivere in maniera approfondita il livello di competenza della lingua italiana scritta:

• ______________________________________________________________________________________________________________________________________________________

• ___________________________________________________________________________

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13) Indicare le competenze scolastiche, indipendenti dalla conoscenza dell’italiano L2 (ad es. sa svolgerele 4 operazioni, sa orientarsi sulla carta geografica, sa orientarsi all’interno delle macro-sequenzestoriche, ecc.):

• ______________________________________________________________________________________________________________________________________________________

• ___________________________________________________________________________

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Strumenti metodologici e pratici per la rilevazione delle abilità nella fase di prima

accoglienza

(Apparirà in Educazione Interculturale, Ed Erickson,Trento, 2004)

Sabrina Ardizzoni

A.I.P.I. – Associazione Interculturale Polo Interetnico, Bologna

Quale abilità?Come primo suggerimento metodologico, cerchiamo sempre di tenere a mente la distinzione tra lestrategie dell’orale e dello scritto. Le strategie di letto-scrittura saranno maggiormente richieste nelleclassi dal secondo ciclo delle elementari in poi, ma nel momento di primo contatto con la nuova lingua,le abilità richieste saranno quelle della lingua orale, e fra queste, le strategie di ascolto precedono quelledel parlato. E’ pertanto a queste strategie che attribuiamo un’importanza strumentalenell’apprendimento linguistico.In generale, le abilità ricettive precedono quelle produttive. A tutti è famigliare il concetto per cui lalettura precede la scrittura, non a tutti è famigliare il concetto per cui per parlare una lingua bisognaprima ascoltarla. Chi ha avuto in classe o ha osservato per lungo tempo un apprendente stranierocompiere il suo viaggio verso l’italiano, sa che all’inizio ci può essere un periodo più o meno lungo disilenzio, durante il quale il soggetto si sta concentrando molto nell’ascolto, e nell’abitudine a suoninuovi. L’apprendimento è in corso, anche se l’apprendente non sempre ha voglia di parlare, e sta a noicercare delle modalità di verifica del suo percorso silenzioso.

Un’altra distinzione che dovremo fare nel programmare il nostro periodo di osservazione, è quella tra lecompetenze linguistiche e le competenze cognitive, o di scolarizzazione – il “saper stare a scuola”. Ilrisultato di alcuni tipi di prova può essere molto condizionato dalla familiarità che l’apprendente ha conquel tipo di prova.

Il contesto della provaConsideriamo sempre il contesto in cui avviene la prova: insieme al gruppo classe, nel piccolo gruppo,ad esempio nella piccola classe di lingua, durante il gioco con i compagni, a tu per tu (con uncompagno, con l’insegnante, con altri adulti presenti nella scuola …): si tratta di situazioni in cui ilbambino potrebbe dare risposte linguistiche molto diverse. La proposta delle attività insieme a tutto il gruppo classe richiederebbe la collaborazione di unosservatore che si concentri su ciò che stiamo osservando. L’insegnante infatti è spesso moltoimpegnato nella gestione dell’attività e rischia di perdere elementi fondamentali per l’osservazione.

La soluzione ideale potrebbe essere quella di utilizzare le ore di compresenza per la costruzione dipiccoli gruppi, possibilmente anche con compagni italiani, dove proporre le attività per l’osservazione.Se pensiamo al ciclo elementare e ai primi anni della scuola media, la prima rilevazione dovrebbe quindiavvenire in un contesto molto comunicativo, rilassante, e non dovrebbe essere focalizzato sul bambino.

La consegnaLa difficoltà maggiore per l’insegnante in questa fase è farsi capire. Come si fa a far capire al bambino laconsegna della prova?Nella letteratura è possibile trovare il Pronto Soccorso Linguistico dove le consegne più frequenti nellascuola sono tradotte nelle diverse lingue, ma queste non solo non sono sempre disponibili, ma se ilbambino non è scolarizzato, non capisce la consegna scritta, o se l’insegnante non pronuncia la parolacorrettamente, il bambino, ancorché divertito, potrebbe non capire. Potrebbe anche presentarsi il casoin cui il bambino non parla la varietà standard della lingua, ma una varietà locale molto diversa da quella

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presentata nel PSL. Lo stesso vale per alcuni strumenti iconici. Le icone non sono sempre direttamentefruibili da parte di bambini poco o per niente scolarizzati. Il modo migliore quindi è costruire un ambiente che contestualizzi l’azione. Ad esempio, la costruzionedi un gioco, di un cartellone, di un oggetto con materiali di manipolazione, aiuteranno il bambino acapire ciò che gli viene richiesto per imitazione dei compagni, o grazie a degli stimoli verbali o nonverbali mirati che provengono dall’insegnante. Anche giochi di gruppo, come ruba-bandiera, stregacomanda colore, la tombola, il memory, il domino, il gioco dell’oca, forniscono importanti occasioni per proporrele attività qui presentate.

La struttura della provaConoscere l’età del bambino, le sue abitudini e avere un terreno comune su cui basare la prova èfondamentale: di fronte a un’attività nuova, lo sforzo per imparare le regole si aggiungeranno allosforzo della comprensione della lingua usata per spiegarlo; il gioco dovrebbe essere nuovo e divertenteper stimolare la curiosità, ma non completamente diverso dalle attività a cui il bambino è abituato. Sianelle prove strutturata, sia in quelle non strutturate, infatti, la familiarità con il task del bambino incidemolto nella sua performance linguistica.

Un esempio di prova per la valutazioneLe prove che vengono qui proposte sono prove “non strutturate”, basate sull’osservazione ecostituiscono dei suggerimenti metodologici, adattabili a seconda dell’età dell’apprendente. Rispettanoil silenzio della fase iniziale, non richiedono di produrre suoni, se non in ripetizione, o per imitazione.Si tratta di prove testate con bambini del secondo ciclo elementare che, arrivati da poco nella scuolaitaliana, potevano essere collocati nel livello A1 del Quadro di Riferimento Europeo (QRE).Il Quadro comune europeo di riferimento: apprendimento, insegnamento, valutazione suggerisce dei descrittori perl’abilità di comprensione orale generale che collocano il livello soglia per la comprensione della lezionein aula al livello B2/A32.La completa autonomia, tuttavia, senza necessità di particolari supporti, si ha solo a partire dal livelloC1. Questo non significa che prima di aver raggiunto il livello il bambino non dovrebbe entrare inclasse, ma sapere quale tipo di supporto gli può servire per raggiungere il livello C1 è importante fin dalmomento del primo ingresso.

Poiché i descrittori del QRE sono molto generici, abbiamo cercato di specificarne alcuni, in relazioneagli apprendenti presi in esame. Le seguenti prove sono state finalizzate alla valutazione dellemicroabilità strumentali all’apprendente per avviare un percorso di apprendimento, ossia:

se possiede gli strumenti per l’ascolto che gli possono permettere di capire ciò che gli stasuccedendo intorno

quali sono le funzioni comunicative di base che riesce a compiere nei diversi contesti che cosa sa fare in ambito accademico, senza bisogno di una lingua comune.

32 Vd Appendice

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La prova

1. Il primo incontro è dedicato alla costruzione di un gioco – personalmente trovo molto utile lacostruzione di un pupazzo snodato. (7-11 anni) Il pupazzo, di cui distribuisco le fotocopie, vienecolorato, tagliato e assemblato coi fermacampione. Durante la costruzione (in piccolo gruppo o a tuper tu) faccio attenzione alla risposta del bambino agli stimoli verbali, alle consegne, e segno le azioniche compie per imitazione, o spontaneamente.

Data:Nome bambino:

Tipo di attività:Hanno partecipato all’attività:

Note: __________________________________________________________________

Frase a cui ha risposto correttamentecon un’azione spontanea

Frase a cui ha risposto correttamentecon un’azione per imitazione deicompagni

Frase a cui ha risposto solodopo ripetute sollecitazioni, inun tempo “troppo” lungo

2. Giochiamo poi al gioco “degli ordini”, che mi permette di verificare il riconoscimento da parte delbambini di espressioni linguistiche comuni nel contesto classe:

Comprende semplici consegneriferite alla vita della classe

Azioni giuste _____/20 Azioni non risposte _____/20

L’uso di una frase all’imperativo risponde al tipo di frase che per gli apprendenti è più frequente sentirein un contesto spontaneo, e che quindi può aver già acquisito spontaneamente nei suoi primi contatticon parlanti italiano.

3. Riconoscimento dell’intonazione della domanda.

In italiano ci sono tanti tipi di frasi interrogative (frase affermativa ascendente, sai chi/che cosa..?, lo sapetechi/che che cosa?, chi mi sa dire…..?, qualcuno saprebbe dirmi …..?, …?) Al di là delle strutture morfo-sintattiche diqueste domande, tutte sono riconoscibili perché hanno un tono ascendente. Anche la domanda formulatacome frase sospesa, così comune nelle classi, tra gli insegnanti, ha un’intonazione ascendente. (Il fiume piùlungo d’Italia è…..?). In alcune lingue - ad esempio nel cinese - l’intonazione non è così importante, mentrelo sono alcuni elementi interni alla frase, e in altre lingue l’intonazione è diversa da quella italiana. Ilriconoscimento dell’intonazione ascendente nella domanda è un presupposto fondamentale – e per nientescontato - per l’inizio di un viaggio comune verso la lingua italiana.

1. Prendi la gomma2. prendi la matita3. dammi la gomma4. dammi la matita5. metti la gomma sulla sedia6. metti la matita sulla finestra7. vai alla lavagna8. vai alla porta9. apri la porta10. chiudi la porta

11. apri la finestra12. chiudi la finestra13. prendi il libro14. metti il libro sul tavolo15. dammi il libro16. dammi la matita17. dammi la gomma18. dai la matita a lui19. dai la matita a lei20. scrivi il tuo nome

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Verifichiamo il riconoscimento delle domande aperte…..:

1. Qual è la gomma?2. qual è la matita?3. qual è il libro?4. qual è la porta?5. qual è la finestra?

Riconosce la forma interrogativariferita ad oggetti di cui conosce ilnome (Domanda aperta)

Azioni giuste _____/5 Azioni non risposte _____/5

… e delle domande chiuse. Il bambino sa rispondere affermativamente/negativamente? (Teniamopresente che non tutte le lingue hanno le parole corrispondenti al nostro SI/NO; analogamente lagestualità per indicare risposta affermativa/negativa può essere molto diversa da quella italiana)

1. Questa è la matita?2. questa è la gomma?3. Tu ti chiami_________?4. questo è il tuo posto?5. questa è la maestra?

Riconosce la forma interrogativariferita ad oggetti di cui conosce ilnome (Domanda chiusa)

Azione giuste _____/5 Azioni non risposte _____/5

Sa rispondereaffermativamente/negativamente

Con la gestualità ____/5 Con la voce _____/5

4. I numeri:

Facilmente i bambini che sono in Italia da poco tempo hanno già imparato alcuni numeri. Una primaverifica se conoscono i nomi dei numeri può venire dal gioco dell’oca, o da attività, sempre a rispostafisica totale (TPR):

Attività Descrizione osservazioneIdentificazione deinumeri

L’insegnante scrive 10 numeri inordine sparsi, chiama un numero avoce alta. Il bambino lo deveindicare con il dito

Numeri identificaticorrettamente

__________/10

Errori

_________/10

Dettatura di numeriisolati e scrittura incifre

Si possono usare i numeri ditelefono dei compagni, per giocare eesercitare i numeri __________/10 __________/10

Risposta fisica con inumeri

L’insegnante dispone sul tavolo 10oggetti uguali (caramelle, matite..) edice: “prendine 3”, dammi 4gomme”, …

__________/10 __________/10

5. I lessico

L’insegnante può utilizzare lo stesso metodo di verifica della conoscenza dei numeri disponendodiversi oggetti sul tavolo, o figure di oggetti e chiamando uno ad uno di questi oggetti. L’attività si può

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rendere più divertente se la si organizza come preliminare a un gioco con tutti i bambini, ad esempiouna tombola o un memory.Nella verifica del bagaglio lessicale è bene partire dagli oggetti che provengono dal quotidiano delbambino. Trattandosi di bambini che provengono da altre culture, bisogna fare attenzione a nonproporre figure o oggetti legati all’ambiente culturale italiano o europeo. Ad esempio, se “il mago, “lafata” o l”lo gnomo”, o anche “la tazzina” sono elementi molto presenti nell’immaginario degli italiani,non è detto che lo siano in quello di un apprendente non europeo.Un altro accorgimento è quello di considerare le famiglie di parole, legate a degli ambiti ben precisi. Laprova quindi potrà essere così strutturata:

5 oggetti della scuola5 cibi5 animali5 mezzi di trasporto4 ambienti geografici

Oggetti dellascuola

Cibi Animali Mezzi ditrasporto

Ambientigeografici

TOT

___/5 ___/5 ___/5 ___/5 ___/4 ___/24

6. L’attività che segue è legata alla comprensione globale del testo orale:

l’insegnante legge una storia molto evocativa di paesaggi, personaggi, e si fanno vedere diverseimmagini che possono rappresentare la storia. Il bambino deve scegliere l’immagine più adatta allarappresentazione della storia. Con questo metodo posso verificare, a livelli più alti, anche lacomprensione di brevi esposizioni di storia, geografia, scienze. Il testo qui proposto è solo l’indicazionedi un possibile percorso:

La casa delle farfalle

E’ difficile essere farfalle o passeri. Quando piove, gli uccellini in genere, le gazze, ipasserotti, devono trovare rifugio; il cielo è profondo, le nuvole sono nere come altramonto; tuono, lampi, pioggia, vento, rombo, tutto trema, il rumore ripetuto delle goccedi pioggia, il vento che appende obliqua la pioggia d’argento. Sembra che il mondo interosi inzuppi d’acqua, nel profondo del bosco tutto gocciola, ogni cosa è bagnata. Ahi, non èforse difficile essere una farfalla?

Dopo avere letto la prima volta i bambini devono scegliere tra alcune immagini che possonorappresentare il contenuto del testo:

Figura 1 Figura 2 Figura 3

Figura 4 Figura 5 Figura 6

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Si consiglia di leggere poi una seconda e una terza volta per permettere ai bambini di concentrarsimeglio e di controllare la loro risposta.

Figure pertinenti segnate Figure pertinenti non segnante Figure non pertinenti segnate

_______/6 _______/6 _______/6

7. Ascolto analitico l’insegnante propone alcune storie a tre vignette che presentano poche differenze ma macroscopiche.L’insegnante racconta una delle storie e il bambino deve indicare a quale sequenza corrisponde.La difficoltà di questa attività dipenderà dal tipo di vignette, dalla storia raccontata, e dalle differenzetra vignetta e vignetta.

Prima storia Seconda storia Terza storia3 punti 3 punti 3 punti

TOT punti: __________________/100

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APPENDICE

1-QRE

Comprensione orale generale

A1 E’ in grado di comprendere un discorso pronunciato molto lentamente e articolato congrande precisione, che contenga lunghe pause per permettergli di assimilarne il senso

A2 E’ in grado di comprendere espressioni riferite ad aree di priorità immediata (ad. Esempioinformazioni veramente basilari sulla persona e sulla famiglia, acquisti, geografia locale elavoro), purché si parli lentamente e chiaramente

B1/A E’ in grado di comprendere i punti salienti di un discorso chiaro in lingua standard che trattiargomenti familiari affrontati abitualmente sul lavoro, a scuola, nel tempo libero, eccetera,compresi brevi racconti

B1/B E’ in grado di comprendere informazioni fattuali chiare su argomenti comuni relativi allavita di tutti i giorni o al lavoro, riconoscendo sia il significato generale, sia le informazionispecifiche, purché il discorso sia pronunciato con chiarezza in un accento piuttostofamiliare

B2/A E’ in grado di comprendere i concetti fondamentali dei discorsi formulati in lingua standardsu argomenti concreti e astratti, anche quando si tratta di discorso concettualmente olinguisticamente complessi; di comprendere inoltre le discussioni tecniche sul settore dispecializzazione. E’ in grado di seguire un discorso lungo e argomentazioni complesse purché l’argomentogli sia relativamente familiare e la struttura del discorso sia indicata con segnali espliciti.

B2/B E’ in grado di comprende ciò che viene detto in lingua standard, dal vivo o registrato, suargomenti sia familiari, sia non familiari che si affrontano normalmente nella vita, neirapporti sociali, nello studio e sul lavoro. Solo fortissimi rumori di fondo, una strutturadiscorsiva inadeguata e/o l’uso di espressioni idiomatiche possono pregiudicare lacomprensione

C1 E’ in grado di comprendere quanto basta per riuscire a seguire un ampio discorso suargomenti astratti e complessi estranei al suo settore, anche se può aver bisogno di farsiconfermare qualche particolare, soprattutto se non ha familiarità con la varietà linguistica.E’ in grado di riconoscere molte espressioni idiomatiche e colloquiali e di cogliere icambiamenti di registro.E’ in grado di seguire un discorso lungo anche se non è chiaramente strutturato e se lerelazioni restano implicite o non vengono segnalate esplicitamente.

C2 Non ha difficoltà a comprendere qualsiasi tipo di lingua parlata da un nativo a velocitànaturale, sia dal vivo sia registrata

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COMPETENZALINGUISTICA

• Repertorio linguistico generaleAmpiezza del lessico, efficacia dellacomunicazione

Quale strategia usa quando incontra unostacolo linguistico (evita, ripara, cercaaiuto)

(fluenza: la capacità di articolare esostenere il discorso e di far frontealla situazione quando arriva a unpunto morto: è comprensibile? E’stimolato alla comunicazione?)

Chiacchiere: presentazione di sé stesso edi un’altra persona, gusti in materia digiochi, cibi, musiche, persone,descrizione orale di immagini, frogstory. Descrizione della scuola passata,chi sono i tuoi amici…

• Correttezza grammaticale Sono errori tipici dello stadiointerlinguistico, sono correggibili ora,sono legati a interferenze con la L1?(sing/Plur, masch/femm, concordanza,frase minima, frase estesa, verbi regolaripresente indicativo, irregolari piùfrequenti, passato prossimo, imperfetto,……

• Padronanza del lessico abbinamento immagine/parola,numerazione, insiemi di parole,derivazione delle parole ecc

• Padronanza fonologica Telefono senza fili

• Padronanza ortografica competenza di copiatura, scrittura sottodettatura, inserimento di parole mancanti– date/non date

COMPETENZASOCIOLINGUISTICA

COMPETENZAPRAGMATICA

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I manuali scolastici: problemi di lingua

Fernanda Minuz

Università Johns Hopkins - Bologna

Il libro di testo: un problema per allieve e allievi stranieri33

I manuali sono difficili per le allieve e gli allievi stranieri. Essi presentano spesso difficoltà che sonogravi anche per allievi di lingua madre italiana: da tempo diversi studi critici ne hanno messo in lucel’inadeguatezza linguistica in relazione agli obiettivi e ai destinatari, ragazzi e ragazze in età scolare. Inmolti casi i libri di testo si caratterizzano per densità informativa e insieme astrattezza concettuale:presentano molte nozioni, tuttavia non sufficientemente dettagliate da avvicinarle a realtà verificabili econfrontabili con il presente di ciascuno. Presentano inoltre difficoltà di ordine lessicale, sintattico, etestuale. In alcuni casi ci sono troppe parole che non sono comprese nel vocabolario di base e il caricodi tecnicismi è eccessivo; le frasi sono lunghe, con una struttura sintattica complessa. A livello testuale silamentano la distribuzione poco chiara delle informazioni, la complessità degli schemi testuali, lamancanza di segnali espliciti delle relazioni concettuali, nonché l’insufficiente organizzazione deicapitoli in paragrafi e sottoparagrafi ben segnalati da titolazioni. Su alcuni di questi aspetti torneremonelle sezioni successive34.Nelle materie storiche e sociali che qui esaminiamo (inclusa la geografia), critiche come queste, edun’intensa ricerca nella didattica delle discipline, hanno portato alla redazione di testi innovativi cherecepiscono, in maniera più o meno radicale, alcune indicazioni pedagogiche da tempo circolanti. Si ècolta la necessità di collegare lo studio delle discipline all’esperienza diretta dell’allievo e alle conoscenzeche già possiede, di favorire le capacità di argomentazione, induzione, rielaborazione, lettura critica dellarealtà, di orientare il manuale a diverse azioni didattiche: non solo all’esposizione dei contenutidisciplinari, ma anche all’attività di laboratorio, al lavoro di gruppo e individuale, alla verifica. Compareuna certa attenzione all’organizzazione delle informazioni e agli aspetti linguistici. Le difficoltà dovuteall’uso di termini presumibilmente poco noti o poco chiari sono prevenute attraverso glossari oparafrasi nel corpo del testo; sembra invece minore la consapevolezza di altri fattori di difficoltà, di tipomorfo-sintattico, testuale o stilistico-retorico35. Infine gli autori hanno tenuto conto talvolta di unaprospettiva interculturale, soprattutto sul piano della selezione dei contenuti: più attenzione alle areefuori dell’Italia e dell’Europa occidentale, alle connessioni storiche e attuali tra parti del mondo eculture. La strutturazione dei capitoli in unità didattiche e la suddivisione in moduli, una più attenta scelta delleinformazioni, elementi di ipertestualità e chiari riferimenti intratestuali, il suggerimento di attività chestimolino alla rielaborazione dei contenuti appresi, il ricorso a glossari, l’integrazione nel testo di fonti diinformazione non linguistiche (immagini, grafici, mappe, tabelle) facilitano senza dubbiol’apprendimento della disciplina. Tuttavia permane la difficoltà dei manuali per allieve e allievi stranieri eper alcuni italiani.

33 Questo articolo presenta alcune considerazione svolte in numerosi corsi di aggiornamento con insegnantidelle scuole medie; alcuni di loro hanno elaborato materiali e percorsi didattici che hanno tenuto conto dialcuni suggerimenti qui accennati. I corsi sono stato occasione di approfondimento e confronto, per i qualiringrazio tutti i partecipanti. 34 Si vedano a questo proposito le due indagini condotte dal GISCEL (Gruppi di Intervento e si Studio nelCampo dell’Educazione Linguistica) a dieci anni di distanza l’una dall’altra: A. R. Guerriero (a cura di),L’educazione linguistica e i linguaggi delle scienza, Firenze, La Nuova Italia, 1988; R. Calò, S. Ferreri (a curadi), Il testo fa scuola. Libri di testo, linguaggi ed educazione linguistica, Firenze, La Nuova Italia, 1997.Per la nozione di adeguatezza linguistica, si veda in particolare M. E. Piemontese, L. Cavaliere, Leggibilità ecomprensibilità di sussidiari per le scuole elementari, in A. R. Guerriero (a cura di), cit. pp. 221 – 239. Cfr.inoltre GISCEL Lombardia, Analisi di manuali scientifici ed ipotesi di leggibilità, ibid. pp. 239 – 265, chepresenta tra l’altro una “griglia di analisi del testo” utile, crediamo, nel momento della scelta del manuale. Perquanto riguarda le caratteristiche testuali dei manuali scolastici, cfr. C. Lavinio, Tipi testuali e processicognitivi, in F. Camponovo e A. Moretti, Didattica ed educazione linguistica, Firenze, La Nuova Italia, 2000.35 Per quanto riguarda lo stile espositivo, che questo articolo non tratterà, occorre almeno segnalare lacoesistenza di due modelli di riferimento: la lezione orale in classe, di cui si riprendono ad esempio fatismicome “guardate, osserviamo ora”, e il testo scientifico, caratterizzato da neutralità espositiva.

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Si tenga presente, per inciso, che accanto ai manuali più innovativi esiste una produzione di caratterepiù tradizionale o che recepisce solo alcuni aspetti superficiali tra quelli ora accennati, produzione di cuianche occorre tenere conto parlando della lingua dei manuali e degli allievi stranieri. Il punto di vista quiadottato, infatti, è quello di chi si trova a predisporre interventi didattici in L2 che facilitino lo studiodelle discipline, a partire dalla situazione non come dovrebbe essere, ma così com’è, nel bene e nelmale. I ragazzi e le ragazze stranieri entrano in classe in momenti diversi dell’anno scolastico e vengonoinseriti in un punto del percorso didattico che non coincide quasi mai con quello lasciato nel paesed’origine. Si confrontano con docenti più o meno preparati a insegnare in classe multilingui emulticulturali, con manuali buoni o cattivi, con ambienti accoglienti o indifferenti o ostili.Per le allieve e gli allievi stranieri le difficoltà nell’uso dei manuali si collocano potenzialmente a piùlivelli tra loro interagenti, e costituiscono maggiore o minore ostacolo in relazione alla personalità diciascuno, alle conoscenze pregresse nella materia, al livello di competenza linguistico-comunicativa edagli altri fattori che costituiscono il profilo dell’apprendente36.Le difficoltà possono essere a livello cognitivo e metacognitivo: che cosa allieve e allievi già sannoall’ingresso nella scuola italiana, come lo sanno, cioè come è strutturato e come strutturano il lorosapere generale sul mondo e sulle singole discipline, quali strategie di apprendimento e abilità di studiohanno affinato, quanto ne sono consapevoli. Per quanto riguarda la conoscenza pregressa di una data disciplina, non si tratta solo della quantità dellenozioni possedute ma anche dello statuto che essa nel sistema educativo del paese di origine. Ilcurriculum scolastico, i programmi delle discipline, gli approcci suggeriti dall’istituzione educativarispondono, com’è noto, a scelte valoriali che si riflettono nel discorso didattico. Alla matematica, adesempio, può essere attribuita una valenza operativa in vista di uno sviluppo tecnologico o l’accentopuò essere posto invece sulle procedure logico-matematiche in vista di uno sviluppo cognitivodell’allievo. Queste considerazioni valgono a maggior ragione nelle discipline storiche e sociali, inclusala geografia. Qui entra in gioco anche un insieme di valori identitario, perché l'insegnamento della storiaha una funzione di memoria e di identificazione, di costruzione di un noi collettivo. Le difficoltà sono a livello culturale: nelle diverse esperienze del mondo, non sempre commensurabili, acui la prassi didattica rimanda, nella concezione della disciplina e della sua collocazione nel “progettopedagogico” portato avanti dall’istituzione educatrice, negli elementi culturali veicolati dal linguaggio enon apertamente esplicitati.A livello linguistico le difficoltà sono legate ai livelli differenziati di competenza linguistica: come è statodetto da Cummins37, si tratta di imparare cose nuove e concettualmente impegnative in una lingua nonben posseduta. Nelle pagine seguenti si esaminerà la lingua dei manuali con particolare attenzione al livello linguistico e,lateralmente, al culturale. In specifico si stringerà il campo a due aspetti, l’organizzazione delleinformazioni disciplinari e il lessico. Il punto di vista adottato è quello dell’insegnamento delle linguespecialistiche, in generale, e del loro insegnamento ad allievi con limitata competenza linguistica, inparticolare. Si esaminerà pertanto la collocazione dei manuali scolastici nell’insieme dei testi tecnico –scientifici e le soluzioni che alcuni hanno adottato circa il rapporto tra trasmissione dei contenutidisciplinari e scelte linguistiche. Emergono punti problematici, la cui valutazione è un passaggionecessario nella predisposizione di percorsi di insegnamento della L2 per lo studio.

Le lingue specialistiche e il discorso didatticoUna lingua specialistica è definita come una varietà di lingua che dipende da una sfera di attività o da unsettore di conoscenze specialistici e è utilizzata da un gruppo di parlanti più ristretto della totalità deiparlanti per soddisfare i bisogni comunicativi di quel settore38. Essa, in estrema sintesi, è in relazione alla

36 Per le informazioni che la scuola deve acquisire nell’accogliere allieve e allievi stranieri, cfr. G. Favaro (acura di), Imparare l’italiano, imparare in italiano, Milano, Angelo Guerrini, 1999 P. E. Balboni (a cura di), Alias- Approccio alla lingua italiana per allievi stranieri, Torino, Theorema, 2000, G. Favaro (a cura di), Alfabetiinterculturali, Milano, Angelo Guerrini, 2000. Per una introduzione alla comunicazione interculturale, cfr. P. E.Balboni, Parole comuni, culture diverse, Venezia, Marsilio, 1999.37 , J. Cummins, Empowering minority students, Sacramento, CA, California Association for BilingualEducation, 1989; http://www.iteachilearn.com/cummins/38 Si adotta qui la dizione “lingua specialistica” pur essendo ben consapevoli delle diverse denominazioni

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conoscenza del mondo modellizzata da una disciplina nonché al suo apparato epistemologico, erisponde ai bisogni comunicativi di una comunità scientifica o professionale, tra cui, in primo luogo,quelli di chiarezza, precisione, rapidità. Tali comunità scientifiche o professionali sono “comunitàdiscorsive”, caratterizzate da convenzioni di comportamento, incluso, non da ultimo, il comportamentolinguistico: attraverso esso i membri di una data comunità si riconoscono tra loro, delimitando i confiniverso i profani.

La definizione sopra riportata individua quella che è stata chiamata la “dimensione orizzontale”delle lingue specialistiche, cioè l’articolazione in branche del sapere e settori di attività: si distinguonodunque le lingue della climatologia, della geologia, della demografia, per citare alcune scienze connessealla geografia. Esse si discostano dalla lingua della comunicazione quotidiana per aspetti testuali,morfosintattici e lessicali.

L’organizzazione testuale segue schemi vincolanti e altamente prevedibili, la coesione e coerenzadel testo è trasparente per il modo in cui si organizzano le informazioni e per l’uso di connettori che lostrutturano. orientando il lettore. Per quanto riguarda la morfosintassi, le lingue specialistiche sidistinguono per la maggiore occorrenza, rispetto alla lingua comune, di alcuni fenomeni che possonoessere riportati a due caratteri del discorso scientifico-professionale: da un lato, l’orientamento verso glioggetti, gli eventi e i processi più che verso l’agente, dallaltro, la tendenza all’economicità. Di quicaratteristiche come la sinteticità espressiva (ad esempio, l’uso di forme nominali del verbo insostituzione della frase relativa), la nominalizzazione e l’uso di una rosa ristretta di verbi generici, laspersonalizzazione del soggetto (con il ricorso al soggetto impersonale “si”), l’uso del passivo, lasemplicità del periodo consentita dal fatto che la complessità è piuttosto nel gruppo nominale. I testiscritti scientifici e professionali si caratterizzano per la densità lessicale: la percentuale delle parole piene,cioè delle parole con un contenuto semantico preciso, sul totale delle parole è elevata. Il lessico inoltretende ad essere referenziale (non emotivo, non conativo), non ambiguo nella misura in cui all’interno diuna data lingua specialistica ad un termine è attribuito un solo significato (monoreferenzialità) e ad unsignificato è attribuito un solo termine (assenza di sinonimi), relativamente stabile nel tempo, in gradodi ampliarsi in base a regole derivative condivise (per esempio attraverso prefissi e suffissi).

Il brano che segue è un esempio di lingua specialistica. Esso è tratto da una “comunicazione” adun congresso specialistico. Dal punto di vista testuale, la comunicazione qui esaminata presenta conchiarezza la ripartizione tipica del genere, evidenziata dai titoli premessi alle sezioni: titolo, autori e loroistituzioni di afferenza, riassunto (in italiano e in inglese), introduzione, metodologia, risultati,conclusioni, bibliografia; è corredata inoltre da una tabella e da tre diagrammi, spiegati da didascalie. Iparagrafi sono suddivisi tenendo conto di blocchi informativi coerenti o di specifici atti comuncativi,spesso introdotti da espliciti segnali discorsivi, come nella frase “entrando nel particolare delle transizioni, sipuò notare….”

Benché il testo sia trasparente nella sua struttura, esso appare oscuro al profano, per lecaratteristiche lessicali e morfosintattiche prima richiamate e ben illustrate in questo paragrafo trattodall’introduzione:

Esempio 1 Il territorio collinare della città di Napoli si situa all’interno del più ampio sistema dei suoli dellecolline vulcaniche flegree, sviluppantisi su depositi di pomici e ceneri da caduta e da flussopiroclastico ricoprenti il tufo giallo, o talvolta le lave. Tali aree sono coperte da vegetazionenaturale e da aree abbandonate, oggetto, queste ultime, di fenomeni di ricolonizzazione da partedella vegetazione spontanea (4566 ha di aree verdi su 11855 ha totali di territorio comunale)39 .

proposte, discusse in P.E. Balboni, Le microlingue scientifico-professionali. Natura e insegnamento, UTET,Torino. Per le caratteristiche delle lingue speciali, cfr. inoltre A. Ciliberti, Approcci teorici nella descrizione del“linguaggio scientifico” e loro utilizzazione didattica, in A. Ciliberti (a cura di), L’insegnamento linguistico per“scopi speciali”, Bologna, Zanichelli, 1981, M. Gotti, I linguaggi specialistici, Firenze, La Nuova Italia, 1991,Idem, Testi specialistici in corsi di lingue straniere, Firenze, La Nuova Italia, 1992, A.A. Sobrero, Linguespeciali, in A.A. Sobrero (a cura di), Introduzione all’italiano contemporaneo. La variazione e gli usi, Roma-Bari, Laterza, 1993, pp. 237-277, G. Berruto, Varietà diamesiche, diastratiche, diafasiche, in A.A. Sobrero (acura di), cit. pp.37-92, E. Vannini, L’uso didattico dei testi tecnici, in P. Diadori (a cura di), Insegnare italianoa stranieri, Firenze, Le Monnier, 2001.39 A. Migliozzi, L. Vitelli, R. De Riso, S. Mazzoleni, Analisi delle dinamiche del sistema suolo-vegetazione inrelazione all’instabilità dei versanti, nelle aree collinari del comune di Napoli, in ASITA - Associazione

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La “comunicazione congressuale”, il “rapporto di ricerca”, l’articolo su riviste specializzaterappresentano forme di comunicazione tra esperti, il cui scopo è presentare i risultati della ricerca esottoporli alla discussione dei colleghi. Definiscono generi testuali specifici, caratterizzati da un altogrado di formalità. Quando conducono delle rilevazioni sul campo, quegli stessi geologi ora citati usanosenza dubbio una lingua che, pur rispondendo ai criteri di non ambiguità ed economicità, varia daquella del rapporto di ricerca in relazione al canale (orale e non scritto), al livello di formalità e alleesigenze che derivano dall’essere strumento per realizzare delle attività in comune. La comunicazioneassume forme diverse, ma è ancora comunicazione tra esperti. In altri casi, invece, la comunicazione sutemi scientifici o professionale avviene al di fuori del gruppo degli esperti, ad esempio con gli abitantidella zona, che devono essere informati dei rischi di frane, o con i decisori politici, che sulla base deirapporti tecnici stanzieranno i fondi per gli interventi.

Se si prendono in considerazione lo scopo e il destinatario della comunicazione specialistica siindividua, accanto alla dimensione “orizzontale”, una “dimensione verticale”40.

Lo scopo può essere conoscitivo, quando si discute un argomento tra “esperti” o si insegna aesperti in formazione, oppure operativo, quando si parla di un argomento tecnico – scientifico perrealizzare un’azione, ad esempio quando si collabora in laboratorio o nella soluzione di un problemad’ingegneria.

Per quanto riguarda il destinatario della comunicazione tecnico - scientifica, un importantefattore di variazione è la competenza specialistica presupposta. Nell’interazione con i profani esistonoforme di adattamento sia dei contenuti disciplinari sia delle forme linguistiche in relazione alla capacitàche si presume il destinatario abbia di comprendere gli uni e le altre, nonché alla situazione in cui lacomunicazione avviene. L’aula scolastica, lo studio televisivo, l’ambulatorio medico sono luoghi checircoscrivono modalità diverse di comunicazione. Esse delineano un continuum di variazione linguisticache si estende dalla comunicazione interna al gruppo ristretto degli specialisti alla comunicazione sutemi specialistici rivolta a profani, cioè alla divulgazione, lungo una scala che va da un massimo a unminimo di tecnicità e di scostamento della lingua specialistica dalla lingua comune.

In questo modello i manuali delle scuole medie costituiscono testi di divulgazione, piùspecificamente testi divulgativo-pedagogici. In estrema sintesi, essi aspirano da un lato a rendereaccessibili contenuti specialistici attraverso procedure di semplificazione concettuale e linguistica,dall’altro a introdurre al discorso scientifico, attraverso una sistematica acquisizione da parte di allievi eallieve di nozioni, metodi, habitus mentali ed anche di linguaggi.

La divulgazione consiste in un lavoro di ponte tra l’esperienza e le conoscenze presupposte nelpubblico e un sistema codificato di sapere. Sul piano linguistico esso consiste nell’uso della linguadell’uso medio come metalingua per la lingua specialistica, come attestano gli esempi riportati nellepagine che seguono. Essa opera sul discorso specialistico con diverse procedure: attraverso lasostituzione di alcuni costrutti tipici delle lingue specialistiche con costrutti più frequenti nella linguacomune (il participio presente con una frase relativa, ad esempio), la sostituzione dei termini specialisticicon parole della lingua comune, l’introduzione di definizioni, glosse ed esempi, ed altre procedureancora. A livello concettuale la divulgazione si richiama all’esperienza quotidiana dell’ascoltatore olettore attraverso esempi e metafore, per rendere familiari o intuitive concettualizzazioni scientifiche otecniche.

Tuttavia, proprio l’esame di queste due procedure, la parafrasi esemplificativa e il ricorso alleesperienze quotidiana dell’ascoltatore/lettore, consente di evidenziare i limiti e le cautele con cui essevanno adottate nella comunicazione con parlanti non nativi di differente retroterra culturale e/o diinsufficiente competenza linguistica. La sostituzione di un termine scientifico con uno della linguacomune non garantisce una maggiore comprensione, se non ci si accerta della padronanza lessicaledell’allievo straniero. Il ricorso all’esperienza comune dovrebbe tenere conto del fatto che le esperienzequotidiane e il modo di organizzarle cognitivamente possono differire tra le diverse culture. La stessaprocedura di parafrasi potrebbe risultare complessa a chi non padroneggia le forme linguisticheattraverso cui essa è realizzata. Scientifiche per le Informazioni Territoriali e Ambientali, Informazione Geografica: innovazione e formazione.4ª Conferenza Nazionale. Atti, ASITA, 2000, p. 1103-1107.40 M. Cortelazzo, Lingue speciali. La dimensione verticale, Unipress, Padova, 1994

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Termini tecnico-specialistici e parole comuniAnche se le lingue specialistiche si differenziano dalla lingua comune per l’insieme delle caratteristichelinguistiche, a partire dalla testualità,, e per l’uso specifico di risorse non verbali, è il lessico che le rendeimmediatamente riconoscibili. Il vocabolario delle lingue specialistiche si compone di parole aggiuntiverispetto a quelle della lingua comune, o di parole della lingua comune ridefinite con esattezza, perrispondere a specifiche esigenze di denominazione Il lessico tecnico–specialistico tende a presentarecaratteristiche congruenti con quelle di economia, precisione e appropriatezza tipiche in genere dellelingue specialistiche. Come si è detto, esso è tendenzialmente referenziale (non emotivo, non conativo),non ambiguo, quindi monoreferenziale e privo di sinonimia, trasparente nelle derivazione enell’organizzazione in nomenclature, stabile, produttivo. Si tratta tuttavia di caratteristiche che vannointese con precise restrizioni: lo stesso rigore semantico è valido in un ambito temporale ristretto e neldiscorso di una comunità definita e, propriamente, “è verificabile con certezza all’interno di un testo enon necessariamente all’interno di un corpus di testi”41.

Come opera sul lessico la divulgazione didattica nei libri di testo delle scuole medie? Le sceltelessicali dei diversi autori si ispirano da un lato all’esigenza di rigore terminologico, dall’altra a quella dirisultare comprensibili. Il prevalere dell’una o dell’altra considerazione porta a risultati molto diversi.

Alcuni manuali ricorrono costantemente a tecnicismi, senza prevedere dispositivi linguistici econcettuali che ne garantiscano la comprensione. Si osservi questo passaggio tratto da un manuale digeografia scelto a caso nella vasta produzione per la scuola media42.Esempio 2

Le risorse della terra in Calabria sono state sfruttate all’estremo in una lotta disperata contro unambiente ostile. Notevoli interventi sono stati effettuati nel secondo dopoguerra. I più importantisono stati i lavori di consolidamento dei suoli franosi, il rimboschimento dei pendii, la bonificadelle aree paludose e l’estensione della rete di irrigazione che ha permesso una miglioreutilizzazione delle superfici agrarie.

La descrizione degli interventi attuati potrebbe essere tratta da un rapporto tecnico stilato da un ufficiodi protezione territoriale. In quel rapporto il termine suolo che ricorre nella locuzione suoli franosi sarebbeusato nella accezione tecnica (geologica) di “strato superficiale della crosta terrestre, derivantedall'alterazione di un substrato roccioso per azione chimica, fisica e biologica di tutti gli agentisuperficiali e degli organismi presenti, considerato rispetto alle sue caratteristiche e alla suacomposizione”, e non in quella comune di “superficie del terreno sul quale si sta o si cammina”43.

Tra il significato attribuito dai geologi e quello della lingua nell’uso comune esiste uno scartoinformativo e concettuale che il manuale non segnala, consentendo una comprensione intuitiva eimmediata della locuzione. In altri termini, nell’uso della terminologia tecnica c’è un’ambiguità che haun effetto paradossale: l’eccesso di rigore terminologico impedisce proprio quella comprensione precisadei concetti scientifici a cui dovrebbe contribuire. D’altra parte l’autore si affida alla competenzalinguistica presunta nel lettore per una prima comprensione della informazione; la terminologia inquesto caso dovrebbe avviare, e non seguire, la determinazione disciplinare del concetto.

Esiste poi una seconda difficoltà legata all’uso non guidato della terminologia tecnico –scientifica: una stessa parola compare con significati specifici in diverse discipline. Ciò a che fare con laformazione del lessico scientifico, poiché nel denominare nuove entità, oggetti, fenomeni o concetti itecnici e gli scienziati spesso rideterminano parole già in uso nella lingua comune o prese a prestito daun’altra disciplina. Si notino le accezioni del lemma depressione riportate dal Dizionario della lingua italianadi Tullio De Mauro44 .

41 M. Cortelazzo, cit. p. 11. G. Gotti (cit. 1991) discute la sinonimia in campo medico e la funzione conativanel linguaggio economico di Keynes.42 AA.VV., Sistema Italia, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, Milano, 1995. La scelta dei manuali quiesaminati è volutamente casuale: sono i libri di testo di recente pubblicazione usati da insegnanti e allieviconosciuti da chi scrive. Ci mettiamo così nella situazione di un allievo o un’allieva che si trova a lavorarecon un manuale scelto in base a criteri che, di necessità, solo in parte possono soddisfare le sue esigenze.43 Le definizioni sono da T. De Mauro, Dizionario della lingua italiana, Milano, Paravia Bruno Mondadori,2000 (versione CD – rom).44 T. De Mauro, cit. Le sigle indicano la marca d’uso del vocabolo: AU, alto uso, TS, tecnico-specialistico;OB, obsoleto, LE, di solo uso letterario.

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de·pres·sió·nes.f.1. AU TS geogr. porzione di terraferma la cui altitudine è inferiore al livello del mare oall'altitudine media delle zone circostanti: la depressione del Mar Morto; estens., avvallamento |TS anat. parte del corpo, organo e sim. che si presenta infossato o cavo2. AU stato di abbattimento fisico e psichico che porta stanchezza, malinconia, malumore,pessimismo, sfiducia: essere in depressione, avere momenti di depressione, superare ladepressione | estens., debolezza, abbattimento: provavo un senso di depressione | AU TS psic.� depressione psichica3. TS meteor. bassa pressione atmosferica | � area ciclonica4. TS fis., tecn. pressione inferiore a quella atmosferica5. TS mecc. nei motori a combustione interna a quattro tempi: la caduta di pressione subita dallamiscela di aria e combustibile quando entra nei cilindri6. TS econ. fase discendente del ciclo economico, caratterizzata da rallentamento dellaproduzione, ristagno negli affari, discesa dei prezzi, fallimenti, disoccupazione | situazione diinferiorità economica di un paese rispetto ad altri | minore vivacità economica che caratterizza unperiodo dell'anno rispetto ad altri periodi7. OB LE biasimo, umiliazione: a depressione de li malvagi uomini d'Italia che commendano lovolgare altrui e lo proprio dispregiano (Dante)

Dei significati tecnico – specialistici (TS) del termine, 1., 3. ed eventualmente 6. ricorrono in unlibro di geografia, gli altri sono possono essere presenti nei manuali di altre materie. L’allievo di linguamadre italiana può associare intuitivamente il termine, ovunque si presenti, ad un’idea di “giù, basso”,magari connotata negativamente come nella frase “sono depresso”. Anche in questo caso l’autore faleva su una competenza linguistica che l’allievo possiede45. È una risorsa che manca a un parlante nonnativo nella cui lingua non esista termine apparentato: è solo una parola in più con significati che nonstanno bene insieme.

Altrettanto complesso è il problema inverso: la presenza in una pagina di storia e soprattutto digeografia, materia in sé interdisciplinare, di terminologie che afferiscono a campi di sapere assaidifferenti. Un capitolo di geografia presenta, oltre a quelli propriamente geografici, termini desunti dallaclimatologia, geologia, botanica, zoologia, ingegneria, urbanistica, storia, demografia, scienzedell’amministrazione, diritto, antropologia e altre discipline ancora.

Gli autori di manuali più attenti alle comprensibilità dei testi conciliano le due esigenze di rigore e dichiarezza attraverso glosse e definizioni, nel corpo del testo o in rubriche separate. Il percorso in questocaso è inverso: la comprensione del concetto precede e non segue l’acquisizione delle parole per dirlocon esattezza. Le spiegazioni lessicali, rivolte ad allieve e allievi di madrelingua italiana, definisconoparole che potrebbero non essere comprese perché non fanno parte del vocabolario di base,evidenziano la specifica accezione tecnica rispetto all’uso comune o determinano con precisione unanozione della quale gli allievi potrebbero avere un’idea vaga e intuitiva. Talvolta le spiegazioni sonointrodotte esplicitamente da segnali linguistici o simboli. Esempio 3

Il clima della regione [n.d.a. la Calabria] è tipicamente mediterraneo. È quindi profondamenteinfluenzato dal mare che la circonda completamente e presenta lunghe estati calde e secche einverni brevi e miti.

Esempio 4Accanto ai sacerdoti del tempio comparve fin dall’inizio un sovrano (=re).

Esempio 5Nacquero così veri e propri imperi, cioè stati che governavano vastissimi territori.

Esempio 6A partire dal IX secolo le città greche e fenicie del Mediterraneo orientale avevano cominciato afondare le loro colonie in Occidente. Gli storici chiamano questo processo “colonizzazione” ...

[il termine in grassetto rimanda alla spiegazione nel glossario, qui riportata]

45 Per le difficoltà che può creare nei bambini delle scuole elementari l’uso di termini codificati nel linguaggioscientifico ma appartenenti anche al linguaggio comune, cfr. M.E. Piemontese, L. Cavalieri, cit.

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Per capire meglio

Le colonie: quando una città aveva troppi abitanti, inviava una spedizione in zone poco abitate. Lìgli emigranti fondavano una nuova città, a somiglianza della madrepatria. Questo nuovoinsediamento si chiama colonia.46

Tra le due opzioni, quella di una lingua modellata sui testi tecnico - scientifici “alti” e quella di unalingua media in cui introdurre gradualmente termini propri delle lingue tecnico - scientifiche, esiste unagamma intermedia di soluzioni47.

Alcune precisazioni sono opportune. In primo luogo, non solo i termini tecnico – scientifici sonoproblematici. Nei manuali ricorrono anche parole che, pur non essendo specifiche di una certadisciplina, sono proprie tuttavia di una lingua colta e formale, padroneggiata con difficoltà anche daallieve e allievi di lingua madre italiana. In questa descrizione della Selva Nera, ricoperte, intercalate, radure,centri abitati non fanno parte del vocabolario di base, conifere è termine specifico della botanica: Esempio 7

Montagne basse ricoperte di conifere e altri alberi sono intercalate da vallate verdi e radure dovesi trovano pascoli e centri abitati.48

Parole note si presentano in accezioni nuove o in usi figurati, come, nell’esempio 2, comparve accantoa ... o, nel successivo esempio 8, il buio. Oppure si presentano in combinazioni che ne modificano ilsenso: ricoprire una funzione, esercitare un’influenza, il corso degli avvenimenti, la regione compresa tra ... e ... (negliesempi 8 e 9).

A questo proposito si è parlato di “tecnicismi collaterali”, cioè di espressioni non rigorosamentenecessarie alle esigenze di denotatività scientifica, ma preferite per la loro connotazione tecnica, comeeffettuare un intervento nell’esempio 1. Tra questi “tecnicismi collaterali” possono essere annoverate anchealcune parole semanticamente svuotate che nei testi tecnico – scientifici hanno un’importante funzionedi coesione testuale, come proforme, o di segnali discorsivi, con la funzione di segmentare e strutturareil discorso, quali problema, argomento, questione, fatto, avvenimento. Estensioni di significato, tecnicismicollaterali e usi pragmatici delle parole sono responsabili di fraintendimenti anche per studentesse estudenti italiani delle scuole superiori.49

Una seconda precisazione riguarda la distinzione tra lingua specialistica e lingua dell’uso quotidiano,che non vanno intese in senso dicotomico, ma come polarità di un continuum; le considerazioni primaricordate sulla dimensione verticale delle lingue speciali lo lasciano intendere. Anche all’interno delmedesimo discorso divulgativo i diversi manuali possono differenziarsi sia per il carico di tecnicismi, siaper il livello di formalità della lingua; possono, in altri termini, possono collocarsi su punti diversi dellospazio definito dall’asse di variazione dalla lingua dell’uso medio alle lingue tecnico - scientifiche e diquello della variazione dall’informalità alla formalità.

In questo spazio abbastanza ampio di scelte linguistiche si possono inoltre riscontrare alcunifenomeni, che sembrano ricorrere con particolare frequenza negli scritti divulgativi, inclusi i manuali, eidentificarli rispetto ad altri generi testuali. In questi testi non appaiono insolite frasi come le seguenti: Esempio 8

La regione compresa tra i fiumi Tigri ed Eufrate è il luogo della Terra che per primo uscì dal buio dellapreistoria …

46 Esempio 3: Sistema Italia, cit., esempi 4 e 5: G. Gentile, L. Ronga, Il multilibro di storia. 1., La Scuola,Brescia, 1996, esempio 6: A. Brusa; Il racconto delle grandi trasformazioni. 1B, Edizioni Scolastiche BrunoMondadori, Milano, 2001.47 Non esiste infatti un unico modello del genere “manuale”. Non ci si riferisce tanto alla selezione eorganizzazione dei contenuti disciplinari, la cui eterogeneità riflette la varietà di approcci e stili didattici ed èprobabilmente un bene da questo punto di vista. Ci si riferisce piuttosto alla codificazione di un generetestuale facilmente riconoscibile e comunemente condiviso. Questo rende la programmazione di una linguaper lo studio particolarmente complessa.48 G. Merlo, F. Nano, L’indagine geografica - Europa, Bompiani, Milano, anno49 GISCEL Veneto – Gruppo di Verona, Insospettati luoghi di fraintendimento lessicale, in R. Calò, S. Ferreri, cit., pp.261- - 293. Per la nozione di “tecnicismi collaterali, cfr. L. Serianni, Lingua medica e lessicografia specializzata nelprimo Ottocento, in Saggi di Storia Linguistica Italiana, Napoli, Morano, 1989 pp. 77 – 139, M. Cortelazzo, cit.. Per larilevanza del “lessico procedurale” nei testi di problem-solving¸ cfr. M. McCarthy, Discourse Analysis and LanguageTeachers, Cambridge, Cambridge University Press, 1991. Sulle problematiche che l’insegnamento del lessico deveaffrontare in L1 e in L2, cfr. C. Marello, Le parole dell’italiano. Lessico e dizionari, Bologna, Zanichelli, 1996 e CordaA., Marello C. Insegnare e imparare il lessico, Insegnare e imparare il lessico, Torino, Paravia, 1999.

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Esempio 9- Le Dolomiti sono comprese tra il corso dell’Adige e il confine col Veneto. I massicci di roccia chiara sialzano come muraglie in mezzo alle vallate coperte di boschi e di prati. Sulla Marmolada (3343 m) sitrova l’unico ghiacciaio dolomitico.La pianura in pratica non esiste; ci sono alcune strisce pianeggianti che si addentrano tra le montagne eformano una struttura ad albero: nel mezzo c’è il “tronco” della valle dell’Adige-Isarco; sui lati siinnestano i “rami” delle valli longitudinali. Su questi corridoi naturali si trovano le principali vie dicomunicazione e le città più importanti.50

Siamo di fronte a un parlare metaforico che è tipico della divulgazione e della didattica. Si osservi adesempio come viene presentata nei manuali di geografia la disposizione spaziale della regione: neitermini non di estensione delimitata da coordinate geografiche, ma di un movimento nello spazio, chepuò essere alternativamente il movimento dell’osservatore che sorvola un territorio o lo percorre, o ilmovimento del territorio stesso, quasi fosse un organismo51. L’uso di verbi quali scendere o salire perindicare il procedere verso Sud o verso Nord, estensioni dei significati originari dei verbi, rimandano aduna rappresentazione culturale dello spazio geografico, secondo le metafore del basso/alto,destra/sinistra.

La riduzione dei dettagli informativi legata alle esigenze della divulgazione didattica comporta ilrischio di inesattezze; per evitarlo, si ricorre in modo accentuato a modulatori, che attenuanoaffermazioni troppo perentorie o rendono più vaghe le affermazioni. Nell’esempio 7 la bassapercentuale delle pianure sul totale del territorio alto-atesino è sostituita dalla frase la pianura in praticanon esiste; nell’esempio 2, i dati climatologici relativi alla Calabria sono sostituiti da una genericadescrizione del clima mediteranno profondamente influenzato dal mare che la circonda completamente (cosaperaltro non vera, se completamente va inteso in senso proprio e non nella sua funzione retorica dienfatizzante).

Il ricorso a sinonimi è elevato. Studiando delle aree montuose, un allievo può imbattersi, in unostesso manuale, in una gamma di parole e locuzioni affini: montagne, monti, rilievi, rilievi montuosi, sistemamontuoso, sistema orografico, catene montuose, catene di montagne, spartiacque, vette, cime, picchi, gruppo montuoso,gruppo orografico, massiccio . Le differenze tra l’una e l’altra sono talvolta di registro(montuoso/orografico), talaltra di significato; capirle richiede comunque una notevole competenzalessicale in lingua madre, a maggior ragione in L2.

È un linguaggio inoltre a volte drammaticamente emotivo e certamente non avalutativo.Nell’esempio 2 una frase come le risorse della terra in Calabria sono state sfruttate all’estremo in una lottadisperata contro un ambiente ostile rimanda ad un’intera concezione dei rapporti uomo – natura,culturalmente radicata.

Condensazione, esplicitezza e organizzazione dell’informazioneIl dato più immediato nella lettura dei manuali è l’estrema condensazione delle informazioni. Si osservia questo proposito il brano seguente. Esempio 10

Nascono i regni romano - barbarici nei quali si trovano a confronto culture diverse, quella“barbara” e quella romana

Gli storici hanno fissato per convenzione al 476 d.C. l’anno della caduta dell’impero romanod’Occidente, la fine dell’età antica e l’inizio del Medioevo, cioè di quell’“età di mezzo” che sisitua tra l’epoca antica e l’età moderna. Nella seconda metà del V secolo le grandi migrazionidelle tribù germaniche ebbero fine e i germani, che si erano stanziati nei territori che avevanocostituito l’impero romano d’Occidente, diedero vita a stati indipendenti. Questi stati vengonodenominati regni romano-barbarici, perché in essi convivevano i germani vincitori “barbari”, e iromani vinti. All’inizio i rapporti tra germani e romani furono difficili: i germani infatti siimpadronirono di gran parte dei terreni, confiscandoli alla popolazione romana. Essi inoltreerano di religione diversa dai romani: erano infatti pagani o, nella maggior parte dei casi,

50 Esempio 8: F. Bentivoglio, C. Vettori, Le radici della memoria, Milano, Sansoni per la scuola, 1998;esempio 9: G. Paci, Geografia per immagini, Bologna, Zanichelli, 2002.51 Ringrazio la collega Claudia Brighetti per le osservazioni sui verbi di movimento nella descrizionegeografica.

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cristiani ma ariani. L’arianesimo era un’eresia nata in seno al cristianesimo che negava lanatura divina di Gesù Cristo.52

Anche solo la prima frase contiene, in poche righe, numerose informazioni: che gli storici possonofissare le date per convenzioni, che si usa periodizzare in età (o epoche) antica, di mezzo e moderna,che una formazione storica detta “impero romano d’Occidente” è esistita e da una certa data èscomparsa, che tale caduta corrisponde all’inizio del medioevo.

Un brano come questo presuppone sia capacità inferenziali, per creare rapporti di coerenza tra leinformazioni fornite, sia conoscenze pregresse, per interpretare il messaggio veicolato53. Si dà peracquisito un patrimonio conoscitivo che potrebbe invece non essere sedimentato, neppure per allieve eallievi italiani o scolarizzati in Italia: rimandi ad altri punti del testo o una struttura ipertestualepotrebbero essere d’aiuto. Si fa inoltre assegnamento sulle conoscenze enciclopediche delle allieve odegli allievi, dando per presupposte nozioni come età, epoca, tribù, stati indipendenti, o addirittura eresia enatura divina di Gesù Cristo che non è certo quanto possano essere condivise da ragazzi, soprattutto seprovenienti da altre esperienze culturali. Età ed epoca, ad esempio, rimandano alla complessa questionedelle periodizzazioni; per la nozione di tribù, qui presentata come evidente, sembra ci si affidi a unaconoscenza implicita ed intuitiva, che non possiamo dare per assolutamente presupposta. Né si puòpresupporre che siano condivise le connotazioni di questa parola.

I riscontri in altri manuali hanno portato a ravvisare nella densità informativa una caratteristica delgenere testuale: essa può essere ricondotta ad una delle loro funzioni principali, quella di testo diconsultazione. A variare è il contesto in cui un brano come questo è inserito. In alcuni casi essorappresenta la principale modalità espositiva, in altri il brano è parte di un percorso complesso,composto di molti elementi: questionari per la verifica delle conoscenze in entrata, della comprensionedurante la lettura e delle conoscenze e delle competenze in uscita, attività di pre-lettura per stimolareaspettative e ipotesi anticipatorie, documenti storiografici iconografici e a stampa, didascalie esplicativedelle immagini, glossari, attività di laboratorio sotto forma di indicazioni per la rielaborazioni di fontidocumentali, schede per lo sviluppo delle abilità di studio, grafici, mappe e tabelle.

È un percorso facilitante che appare assolutamente necessario nel caso di allieve e allievi stranieri eva prodotto, quando non esista, o riadattato secondo le necessità dell’allievo nell’insegnamentodell’italiano L254.

La condensazione delle informazioni agisce sul piano testuale. Nei manuali la sequenza informativaè prevalentemente lineare; tuttavia, poiché l’alto numero delle informazioni non consente a volte unasufficiente articolazione, la linearità può venire interrotta da passaggi ex abrupto da un argomentoall’altro. La connessione tra temi risulta in questo caso poco evidente, il che influisce sulla possibilità dicapire e apprendere il testo.

La necessità di presentare molte informazioni in poche pagine può avere effetti anche sul pianomorfo-sintattico: le relazioni temporali, causali o d’altro tipo tra concetti vengono richiamate attraversofrasi subordinate in periodi di notevole complessità, come il seguente:Esempio 11

L’Europa, pur non essendo un vero continente, sia perché non è interamente circondata dalleacque degli oceani, sia perché non è sufficientemente estesa, ha nel suo territorio dellecaratteristiche ambientali e climatiche abbastanza uniformi.55

Nei manuali che hanno come modello i testi scientifici “alti” si possono riscontrare quei fenomeniche, per la loro maggiore ricorrenza rispetto alla lingua comune, sono considerati tipici delle linguespecialistiche: l’uso di forme nominali del verbo in sostituzione della frase relativa, che soddisfal’esigenza di esprimersi in modo sintetico, la nominalizzazione accompagnata dall’uso di una rosaristretta di verbi generici, che sposta l’attenzione sul concetto, il ricorso al soggetto impersonale e alpassivo. Come abbiamo visto nelle pagine precedenti, questi fenomeni sono stati ricondotti a duecaratteristiche generali dei linguaggi tecnico – scientifici, nelle quali hanno giustificazioni funzionali: latendenza all’economicità e l’attenzione prevalente verso gli oggetti, gli eventi, i processi studiati più che

52 Lezioni di storia. Percorsi modulari per la scuola media inferiore. La presitoria, il Mondo Antico, ilMedioevo, Ed. Bruno Mondadori, Milano, 2000, p. 234.53 GISCEL Lombardia, cit.54 Ne vedremo un esempio nella sezione “Proposte didattiche”.55 M. Corradini, G. Monaci, Ecogeo, Verona, Archimede Edizioni, 1994

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verso l’agente. Esse sono meno giustificate in un discorso didattico attento alle competenze deldestinatario, incluse le competenze linguistiche.

Per quanto riguarda in specifico i manuali di storia, la densità informativa ed un certo grado diastrattezza delle informazioni date sono state imputate alla parafrasi riduttiva operata nella scrittura perla scuola sui testi di storici esperti o, nei casi peggiori, sui manuali delle scuole di grado superiore,dall’università alle elementari56. Si tratta di una procedura di semplificazione del testo che opera prima ditutto sull’apparato informativo, escludendo in prima istanza quelle informazione che nell’economia deltesto appaiono meno importanti, cioè quelle di contesto e di dettaglio. Narrazione e descrizione,tuttavia, nei testi storici costituiscono la tessitura dell’argomentazione storiografica, che organizza dieventi e persone attorno a temi gerarchicamente ordinati. Alla fine della parafrasi riduttiva restanodunque i soli temi di ordine gerarchico superiore, privati dei contenuti che li giustificano, e questi temisono esposti linearmente in “affermazioni alla fine così astratte da apparire vuote”.

Sono considerazioni che inducono perplessità di fronte a un’ulteriore parafrasi riduttiva ad uso degliallievi immigrati, se non come breve fase transitoria in un percorso vario e articolato di insegnamentodella L2. Il rischio della semplificazione concettuale fino alla banalizzazione e dell’ulteriore astrattezza ègrande, tanto più che la riduzione in questo caso avrebbe i manuali stessi come punto di partenza.

Il riassunto semplificato - è bene chiarirlo - non va confuso con la semplificazione linguisticasecondo le tecniche della scrittura controllata: il primo interviene prevalentemente sul piano dellaquantità delle informazioni senza necessariamente toccare la forma linguistica che può restare oscura(come accade in alcuni manuali), la seconda opera sulla superficie del testo, riorganizzando leinformazioni secondo criteri di trasparenza testuale e intervenendo sul piano lessicale emorfosintattico.57.

Gli autori di manuali più attenti alla comprensibilità dei testi da parte di lettori ancora inespertihanno agito su più piani. Nella presentazione dei contenuti disciplinari hanno predisposto percorsifacilitanti come quelli a cui abbiamo fatto riferimento. Sul piano linguistico hanno adottato una scritturache evita la complessità sintattica e i vari elementi di oscurità messi in luce negli studi sulla leggibilità deitesti. Si tratta tuttavia di una lingua che può risultare ancora difficile per allieve e allievi stranieri adebole competenza comunicativa.

Si osservino queste consegne in una tavola illustrata, un valido strumento in un’attività dicontestualizzazione delle informazioni storiografiche (il tema sono le società di ominidi nella savana): Esempio 12

- Dai uno sguardo d’insieme all’ambiente: siamo nella stagione delle piogge o nella stagionesecca? Da che cosa te ne accorgi? Descrivi le caratteristiche della savana.

- Gli animali che vedi sono ………………………; sono erbivori o carnivori?- Questi sono gruppi di ominidi: che cosa stanno facendo? Quali strumenti stanno usando?- Anche questi sono ominidi: che cosa stanno mangiando? Secondo te, in questa stagione

avranno trovato facilmente il cibo?58

Le consegne non presentano certo difficoltà di comprensione per allievi e allieve italiani (“savana” e“ominidi” sono stati definiti nelle pagine precedenti), ma presentano fatti linguistici problematici perdegli stranieri: espressioni come “sguardo d’insieme”, l’uso del clitico in “da che cosa te ne accorgi”, laperifrastica “stanno facendo”, il futuro epistemico “avranno trovato”.

Densità informativa, rimando a conoscenze pregresse, impliciti culturali, modalità di presentazionedei contenuti, costruzione del testo, caratteristiche morfosintattiche e scelte lessicali sono fattiproblematici da tenere a mente nel progettare un percorso di insegnamento/apprendimento della L2.

56 V. Deon, I manuali di storia fra divulgazione, parafrasi e storia generale, in A. R. Guerriero (a cura di), cit.,pp. 41-60.57 Sulla redazione di testi ad alta comprensibilità, cfr. :M. E. Piemontese, Capire e farsi capire. Teorie etecniche della scrittura controllata, Napoli, Tecnodid, 1996; per una discussione di questi temi in relazioneagli allievi stranieri, cfr. G. Favaro (a cura di), cit., Milano, Angelo Guerrini, 1999, G. Pallotti, Favorire lacomprensione dei testi scritti, in P. E. Balboni (a cura di), cit., Torino, Theorema, 2000, G. Favaro (a cura di),cit., Milano, Angelo Guerrini, 2000, Idem, Insegnare l’italiano agli adulti stranieri, Firenze, la Nuova Italia,2002; 58 A. Brusa, Il racconto delle grandi trasformazioni. La transizione neolitica e gli antichi imperi, vol. 1A,Milano, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, 2001, pp.22 - 23.

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ConclusioniHa senso, ci si può chiedere, proporre ad allievi con competenze linguistiche limitate testi che risultanodi difficile comprensione anche per ragazzi madrelingua e scolarizzati in Italia? Cercare strumentididattici alternativi sembrerebbe una soluzione ragionevole. Tuttavia i manuali sono, in ogni grado delprocesso educativo, dalle scuole elementari all’università, uno strumento fondamentale. Se per gli allievie le allieve straniere, e solo per loro, si rinuncia al confronto con il manuale, c’è il grave rischio di creareuno svantaggio.

I percorsi di inserimento scolastico dovrebbero non solo risolvere la difficoltà attuale – legata allaconoscenza insufficiente della lingua italiana – ma anche porre le premesse per un proseguimentofuturo della carriera formativa delle allieve e degli allievi stranieri. E il successo scolastico è legato nonsolo alla comprensione e appropriazione dei contenuti disciplinari, ma anche dei modi per dirli: unlegame che si fa sempre più stretto man mano che l’allievo procede nella formazione scientifico-professionale. L’apprendimento di una disciplina va di pari passo con l’appropriazione progressiva dellalingua di tale disciplina: la lingua infatti organizza discorsivamente l’esperienza in maniera diversadall’esperienza comune ed è strumento di ingresso nelle comunità scientifiche e professionali, che leutilizzano come strumento di comunicazione interno e di riconoscimento verso l’esterno. L’insegnamento delle discipline, dunque, non può limitarsi ad un trasferimento di nozioni mantenendoun linguaggio quotidiano e ristretto; questo può essere solo un passaggio verso un percorso che ha ilpunto di arrivo nella capacità di muoversi con autonomia e disinvoltura nelle lingue specialistiche.Occorre pensare un intervento orientato a costruire in modo sistematico e graduale una competenzalinguistica che tenga conto dall’inizio delle diverse varietà della lingua, attraverso attività di raccordo erafforzamento reciproco tra lingua dell’uso quotidiano e lingua specialistica. L’insegnamento della L2può trarre vantaggio, abbiamo visto, dal riprodurre in modo mirato e graduato azioni che sono tipichedella comunicazione della classe, che è comunicazioni a più voci. Un percorso di questo genere, tuttavia, impone scelte drastiche: inutile caricare su allievi e allieve già insituazione di difficoltà l’intero peso di nozioni e informazioni solitamente imposto da una lettura rigidae burocratica del programma di studio di una disciplina. Se si pretende che allieve e allievi stranieriapprendano “tutto il programma”, l’unica soluzione sono i brevi riassunti semplificati, ma anchebanalizzati, astratti e poco stimolanti. Sembra più opportuno lavorare su sezioni significative; ma,affinché i tagli non siano arbitrari e svantaggianti, occorre tenere conto della disciplina stessa.L’apparato epistemologico della disciplina è riflesso nel suo linguaggio: una chiara mappa mentale delladisciplina stessa, dei suoi concetti fondamentali e dei suoi strumenti metodologici, delle operazionimentali che mette in gioco devono costituire la guida nella selezione dei temi e dei testi che l’insegnantedi L2 propone agli allievi. Nella programmazione dell’insegnamento della L2 è essenziale lacollaborazione degli insegnanti delle materie. D’altro lato, l’attenzione alla lingua usata è un fattore importante nella buona trasmissione delleconoscenze specialistiche. Da un confronto con la didattica della L2 per lo studio potrebbe trarrevantaggio anche l’insegnamento delle lingue specialistiche a quegli allievi italiani che trovano di ostacololo studio dei manuali.

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I manuali scolastici: proposte didattiche per l’insegnamento dell’italiano L2

Fernanda Minuz

Università Johns Hopkins – Bologna

L’insegnamento della L2 nella scuola pone al proprio centro allieve e allievi stranieri, con capacità,competenze (inclusa quella linguistica) e aspirazioni diverse, a stadi diversi di sviluppo cognitivo e conbisogni linguistici differenziati. Non può cioè essere modellato astrattamente sulla descrizione dellalingua: questo è un principio acquisito da tempo nella didattica delle lingue. Tuttavia l’analisi dellecaratteristiche linguistiche della comunicazione scolastica, e in essa dei libri di testo, è un passaggioessenziale nella definizione del sillabo di una L2 per lo studio; essa aiuta a definire quei bisognilinguistico – comunicativi indotti dalle situazioni d’uso della lingua. Sarà poi la progettazione didatticaa graduare i contenuti del sillabo in relazione alle esigenze dei singoli, al loro livello di competenzacomunicativa,, allo sviluppo cognitivo e al processo di apprendimento della disciplina.

L’analisi dei manuali in uso nelle scuole medie evidenzia alcune specifiche caratteristiche chepossono fare di questi testi degli ostacoli più che dei sussidi nell’apprendimento delle disciplinescolastiche e della lingua italiana.59 Qui sono proposti percorsi di facilitazione nello studio dei manuali,in particolare di storia e geografia, che affrontano due potenziali fonti di difficoltà: a livello testuale,l’organizzazione delle informazioni e, a livello lessicale, la terminologia specifica delle discipline.

Alcuni presupposti sottostanno alle proposte didattiche presentate nelle pagine che seguono. Nel contesto scolastico le allieve e gli allievi stranieri imparano l’italiano, attraverso l’interazione con

i compagni, gli insegnanti e tutte le varie figure dell’ambiente scolastico. Pur riconoscendo il valore dilaboratori linguistici come luogo di apprendimento “protetto”, sembrerebbe opportuno affiancare inaula, durante l’ora di storia, di geografia o di altra materia, percorsi di apprendimento che, attraversodelle attività di gruppo, coinvolgano tutti gli allievi, sia i parlanti italiano che i parlanti altre lingue.L’apprendimento attraverso l’interazione tra pari potrebbe così avere luogo anche per la lingua per lostudio, così come avviene per la lingua della socialità. I percorsi dovrebbero tenere conto dei diversilivelli di competenza linguistica e di conoscenza della materia; dovrebbero prevedere quindi compitidifferenziati in relazione alle capacità di ciascuno. Le indicazioni in questo senso sono numerosenell’insegnamento delle materie nelle scuole medie: dall’apprendimento cooperativo alla didattica perprogetti alle attività di laboratorio già previste; ed anche nella letteratura e nella manualistica perl’insegnamento delle lingue straniere non mancano esempi di didattica in gruppi eterogenei percompetenza linguistica60. In questa prospettiva diviene essenziale la collaborazione tra il docente dellamateria e quello di L2.

Nell’apprendimento della L2, inoltre, le abilità linguistiche ricettive (ascolto e lettura), quelleproduttive (parlato e scrittura), quelle interattive (parlato interattivo) non si sviluppanocontemporaneamente e nella stessa misura. Lo studio del libro di testo richiede una capacità di letturaassai sviluppata. Le proposte didattiche che seguono fanno riferimento alle tecniche glottodidattiche peril rafforzamento delle abilità ricettive, in particolare la lettura. Presuppongono inoltre che non vi siaspecularità tra la comprensione e la produzione: i contenuti appresi attraverso la lettura possono essererielaborati cognitivamente ed espressi in una forma linguistica assai meno complessa e precisa dell’inputiniziale; nella verifica della comprensione, il piano linguistico e quello concettuale dovrebbero esseredistinguibili, per quanto possibile.

59 Un esame dei manuali scolastici secondo questa prospettiva è stata condotto da chi scrive in La linguadei manuali (in questo stesso volume) che rappresenta una premessa alle proposte didattiche quipresentate. A quell’articolo si rimanda anche per le indicazioni bibliografiche sull’argomento.60 Cfr. il manuale di italiano per stranieri T. Jones, P. Marmini , Comunicando s’impara., Roma,Bonacci,1998: esso è rivolto principalmente a studenti di italiano delle scuole australiane, assai eterogeneiper competenza, poiché per alcuni l’italiano è lingua parlata in famiglia (e l’inglese la lingua della scuola), peraltri è “lingua di comunità” più o meno padroneggiata, per altri ancora è a tutti gli effetti lingua straniera. Leunità sono strutturate in “compiti” che gli allievi devono risolvere in gruppo ma con contributi che possonoessere differenti. Cfr. inoltre G. Ridarelli, Project work in C. Serra Borneto, Roma, Carocci, pp. 173-187,1999.

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Lo sviluppo della competenza linguistica dovrebbe procedere in parallelo per quanto riguarda lalingua dell’uso medio e le lingue disciplinari; la stessa padronanza della lingua comune ne può venirerafforzata. Una lingua colta e formale può rappresentare un ostacolo nello studio dei manuali anche pergli allievi italofoni, non sempre capaci di interloquire in ambito scolastico e su argomenti di studioneppure in un italiano piano e colloquiale61. A maggior ragione queste considerazioni valgono per gliallievi stranieri. L’insegnamento delle lingue per lo studio dovrebbe avviare un circolo virtuoso in cuil’obiettivo prioritario metodicamente perseguito è quello di rafforzare la lingua comune attraverso lelingue disciplinari.Infine, ma non da ultimo, va osservato che nel discorso didattico il manuale rappresenta uno dei nodidi una rete di trasmissione e scambio delle conoscenze nella quale ragazzi e ragazze straniere si trovanoinseriti. Nello spazio istituzionale della scuola interagiscono gli insegnanti, che in larga misura sonotuttora i detentori e i registi della comunicazione in aula, gli allievi (italiani e stranieri), i sussidi a cuil’insegnante fa riferimento e tra questi in primo luogo il manuale, le eventuali figure specializzate qualigli insegnanti dei doposcuola, gli insegnanti di sostegno o, recentemente, i facilitatori e gli insegnanti deilaboratori linguistici62. Nella comunicazione scolastica hanno luogo differenti tipi di eventi comunicativi: tra essi la lezione, illavoro di gruppo tra pari e il contatto diretto con le fonti scritte, incluso il manuale. Attorno ad untema, ad esempio le caratteristiche dei territori montani, si intrecciano dunque modalità discorsive oralie scritte, pluralità dei testi, varietà linguistiche differenziate, alternanza di codici linguistici, grafici,iconici e non verbali. Allievi e insegnanti portano nella classe, oltre alle conoscenze acquisite nellaformazione precedente, le conoscenze, le idee e le rappresentazioni che si sono formate nell’esperienzadiretta e attraverso altre fonti di conoscenza, tra le quali il sistema dei media. Comprendere gli obiettividi un testo, comprendere l’uso che se ne deve fare nel contesto scolastico, rintracciare nel testo quelloche il docente espone oralmente o che risulta dai lavori di gruppo, estrarne le informazioni rilevantisono operazioni complesse per ragazzi e ragazze di età scolare, ma ancora di più per gli stranieri63. Perloro l’intero contesto discorsivo in cui il manuale è inserito è in gran parte nuovo.

L’insegnamento della L2 per lo studio dovrebbe prendere in carico e saper valorizzare lerelazioni intertestuali che il manuale intrattiene con altre fonti di trasmissione e acquisizione dei saperidisciplinari, prima di tutto la lezione orale svolta dall’insegnante, valutando lo spazio che i manualipossono di volta in volta occupare in questo insieme di testi. La proposta didattica che ne consegue è di restituire al manuale la funzione di libro di consultazione incui imparare a rintracciare informazioni già parzialmente acquisite da altri fonti; solo successivamente ilmanuale potrà essere proposto come “libro di studio”. Proposte didattiche: rintracciare nel libro di testo informazioni ricevute da altre fonti.La didattica di discipline come la storia e la geografia, da un canto, e la glottodidattica, dall’altro, hannoda tempo posto l’accento sulla necessità di presentare i nuovi contenuti a partire dalle conoscenzeacquisite e in contesti significativi forti. Per quanto riguarda in specifico la lettura, si sottolinea larilevanza delle attività di pre-lettura che favoriscono la comprensione, richiamando le conoscenze giàpossedute, creando aspettative sul testo, innalzando la motivazione, definendo gli scopi della lettura,anticipando alcuni punti critici del testo da affrontare64. Nella lettura guidata di un testo in L2 questa fase è essenziale anche per confrontare schemi diorganizzazione dell’esperienza, consentendo così di anticipare alcune incomprensioni di ordineculturale. In un libro di testo di geografia, ad esempio, un passaggio che alluda ai danni dell’abusivismo

61 C. Marello, cit. riporta a questo proposito severi commenti di Altieri Biagi.62 Queste considerazioni riguardano la comunicazione scolastica nell’aula, nei laboratori e nel loroprolungamento rappresentato dallo studio individuale sui manuali, ma nello spazio istituzionale e nellacomunicazione scolastica andrebbero inclusi anche altri spazi e attori della comunicazione: allievi e allievenei momenti di pausa o in eventi collettivi, il dirigente o la dirigente della scuola, il personale amministrativo eparascolastico, i genitori. Tutti elementi che sono opportunamente presi in carico in una un discorso ampio diaccoglienza. 63 C. Brighetti, “Linguaggi nella lezione”, in LIFOP - Lingua per la formazione professionale, in Quaderni diPercorsi., a. XIV, dicembre 2001.64 P. E. Balboni, Tecniche didattiche per l’educazione linguistica, Torino, UTET, 1998; A. Agati, Abilità dilettura; Torino, Paravia, 1999, L. Brasca, G. Ravizza, Didattica dell’italiano: le abilità linguistiche, in D. Corno(a cura di), Insegnare italiano, Firenze, La Nuova Italia, 2000.

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edilizio sulle coste può essere completamente frainteso se all’ “edificare” viene attribuito un valorecomunque positivo di modernità e ricchezza. La pre-lettura consente anche di attivare il lessico e lestrutture morfosintattiche essenziali sia per la comprensione del testo, sia per realizzare gli atticomunicativi ricorrenti nel lavoro attorno al testo, come parafrasare o chiedere spiegazione.È qui presentata la proposta di un percorso di lettura per la L2 per lo studio, rivolta ad allieve e allievistranieri con livelli di competenza da principiante - intermedio a intermedio (da A2 a B1 secondo iparametri del Quadro Comune Europeo di Riferimento)65. Il punto di arrivo è la comprensione di un brano significativo del manuale, nel caso specifico ladescrizione del delta del fiume Po, raggiunta attraverso attività individuali e di gruppo orientate versol’obiettivo pedagogico dell’autonomia di fronte al manuale. La selezione del brano tiene conto del fattoche alcuni nuclei tematici ricorrono nei manuali secondo schemi espositivi simili: la descrizionegeografica di ambiente fluviale è uno di questi. La fase di verifica (non riportata) prevede infatti lalettura di testo analogo tratto da un altro manuale o tratto dallo stesso manuale e relativo alla foce di unaltro fiume: ciò per verificare se l’obiettivo di un maggior grado di autonomia nella lettura di unmanuale per lo studio è stato effettivamente raggiunto. La fase di pre-lettura ha un grande rilievo nel percorso suggerito. In essa gli allievi si confrontano convari tipi di documenti, linguistici e non linguistici, che possono essere fonti di informazione geografica.Ciò risponde a finalità disciplinari, interculturali e linguistiche. La didattica della geografia si prefigge non la descrizione nozionistica di un territorio, ma la capacità diinterpretarne e spiegarne l’assetto attuale, avvalendosi di diverse discipline, e la capacità di utilizzarefonti diverse di informazione geografica: fonti cartografiche, ma anche fonti linguistiche, come iracconti di viaggio, i romanzi, gli articoli di periodici e giornali, e fonti iconiche, come le foto, i disegni, idocumentari, i film, i telegiornali66. Attraverso il lavoro in L2 sui testi, queste capacità vengonoesercitate insieme alla capacità di realizzare i generi discorsivi relativi.Il confronto di visioni, ipotesi interpretative e valutazioni che i testi sollecitano costruisce un terreno diconoscenze condiviso, poiché consente di anticipare almeno alcune delle incomprensioni di ordineculturale. Consolida e approfondisce inoltre le conoscenze linguistiche su cui innestare lo studio delladisciplina. La descrizione accurata di un ambiente, ad esempio, o la formulazione di un’ipotesiinterpretativa in un linguaggio colloquiale, ma preciso e corretto, sono compiti complessi, talvolta ancheper allievi italiani. Essi possono essere svolti a livelli di competenza comunicativa diversi e possonoimpegnare tutti gli allievi, se non viene pretesa da subito una prestazione fissata ad uno standardelevato. Descrivere ambienti, riferire stati d’animo, formulare ipotesi sulle cause di un evento, inoltre, sonoazioni linguistiche che fanno parte di quella che può essere individuata come una competenzacomunicativa di base comune a molti ambiti, e non è limitata allo studio. Tuttavia esse non ricorrononecessariamente e con frequenza nella comunicazione di allieve e allievi stranieri con compagne ecompagni italiani. Esercitandole, l’insegnamento della L2 potrebbe rafforzare l’apprendimentoattraverso l’interazione tra pari e integrarlo quando l’interazione spontanea appaia limitata.Il percorso di avvicinamento al manuale è qui schematicamente presentato.

Fase 1: consolidamento e approfondimento della lingua comune

Lavoro su un testo espressivo: una sequenza del film Notte italiana di Antonio Mazzacurati67.La sequenza è girata su un braccio del delta del Po: la protagonista accompagna il protagonista nellavisita ad un borgo abbandonato, raggiungibile solo in barca. Dal dialogo che si svolge nel borgoapprendiamo che esso era abitato da molte persone, ora emigrate in Germania e che per il futuro èprevista la creazione di un parco naturale. 65 Council of Europe / Conseil de l’Europe, Quadro comune europeo di riferimento per le lingue:apprendimento, insegnamento, valutazione, Firenze, La Nuova Italia Oxford, 200266 G. De Vecchis, G.A. Staluppi, Fondamenti di didattica della geografia, Torino, UTET, 1997 67 Notte italiana, regia di C. Mazzacurati, soggetto e sceneggiatura di A. Castiglioni, produzione Sacher film,RAIUNO, SO.FI.NA., 1987; l’utilizzo didattico di questa sequenza è riadattato da C. Brighetti, F. Minuz, Unaproposta didattica: l’unità multimediale, in A. Hegyi (a cura di) Nuove proposte per l’insegnamentodell’italiano come lingua straniera. Atti del seminario per insegnanti di italiano come L2, Budapest, Edizionidella Fondazione Ponte, 1992

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1. Audio spento, sola visione delle immaginiLivello A2 - B1

1.1. Descrizione guidata dei personaggi1.2. Descrizione guidata del paesaggio: com’è il paesaggio? Qual è l’elemento dominante? Che cos’è

secondo voi? (secondo me è un fiume, il mare, un lago, una palude, una laguna perché...)1.3. Il clima e la stagione: in quale stagione dell’anno siamo? Perché? (l’abbigliamento, il colore del

cielo, le foglie sugli alberi, il fuoco acceso ... ).1.4. Descrizione del paesaggio antropico: ci sono molti abitanti? Come sono le case? Ci sono campi

coltivati, fabbriche ecc.? Come sono le case? Che tipo di casa sono? (casa di campagna, palazzodi città ecc.)

Livello B1

1.5. Interpretazione della sequenza: la ragazza conosce questo posto; abitava lì in passato?; Com’erala casa (piena di gente, ci abitavano molte famiglie, era allegra); Cosa sente la ragazza (tristezza,gioia, nostalgia)? Che cosa dice la ragazza quando trova la chiave? Che cosa dice prima l’uomo?

1.6. Spiegazione del paesaggio: perché le case sono abbandonate? (guerra, malattia, inondazione oaltra catastrofe naturale, emigrazione, trasferimento).

1.7. Identificazione del paesaggio: dov’è questo posto? (In Italia, in un paese straniero); Dove inItalia?; Che cosa si fa ora in questo territorio (abbandono, parco, zona turistica)

2. Audio acceso: ascolto del solo dialogo nel borgo.

2.1. Verifica minima delle ipotesi: emigrazione, Germania, parco (Livello A2).2.2. Verifica di diversi livelli di comprensione; espansione grammaticale (Livello B1).

3. Organizzazione del lessico e delle conoscenze acquisite

Organizzazione delle parole usate nelle due attività precedenti in 4 schede lessicali: (a) fiume,lago, mare, palude, laguna, isola, costa; (b) clima, vegetazione; (c) tipi di abitazione, (d)popolazione, abitanti, spopolato, zona abbandonata, emigrazione.

Fase 2: dalla lingua comune alla lingua specialistica

1. Osservazione cartograficaLivello A2

1.1. Lettura di carte d’Italia, dell’Emilia – Romagna, del Parco del Delta: identificare sulla carta glielementi geografici osservati nel film (fiume, laguna, mare costa); formulare ipotesi circa lacollocazione;

1.2. Lettura del territorio a partire dalla carta (popolamento, località turistiche) per verificare ipotesie informazioni desunte dal film.

Livello B1

1.3. Lettura della carta per acquisire nuove informazioni attraverso ipotesi (c’è passaggio tra lagunee mare? allora com’è l’acqua, dolce, salata, salmastra? (lessico specialistico regionale: valle,sacca)

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2. Presa di contatto con testi a stampa

Livello A1

2.1. Sfogliare guide, depliant informativi, riviste divulgative che trattano il territorio esaminato,commentando le immagini per riutilizzare e fissare i termini e concetti appresi;

Livello B1

2.2. Lettura del medesimo materiale divulgativo per verificare le informazioni acquisite nelle attivitàprecedenti. Per esempio: tipologie di abitazioni; aspetti del paesaggio: lagune, valli, sacche,dune (rintracciate sulla carta geografica il cordone litorale, bocche d’accesso; il testo parla delsapore dell’acqua, del collegamento con il mare? ecc.)

Livello A1 - B2

2.3. Espansione e verifica delle conoscenze geografiche: ricerca sulla carta geografica di areeanaloghe (delta di fiumi);

2.4. Messa in relazione con conoscenze ed esperienze personali: esiste nel vostro paese un grandefiume, un delta, una palude, una laguna? Li avete visti? (cercare fonti iconografiche)

3. Fissaggio delle conoscenze

3.1. Scrittura guidata (A1) o autonoma (B1) di un breve testo informativo: l’ambiente del delta(anche come lavoro di gruppo). In questa fase gli allievi/e hanno a disposizione materiali astampa, cartografici o iconografici come fonte testi di riferimento.

3.2. Comporre, a partire dai lavori dei singoli o dei gruppi, una scheda informativa sul delta

Fase 3: lettura del brano del manuale

4.1. Utilizzare la scheda informativa messa a punto dalla classe come griglia di comprensione deltesto.

4.2. Rintracciare nel testo le informazioni raccolte durante il lavoro preparatorio.

Proposte didattiche: percorsi lessicali

Le proposte che seguono prendono lo spunto da alcune delle caratteristiche del lessico dei libri ditesto, e sono volte a sviluppare la competenza di base attraverso lo studio delle discipline.

Le attività lessicali volte a espandere e rafforzare il lessico comune come base per la costruzione diun lessico specialistico possono essere varie. Una prima attività si concentra sulle parole della linguacomune divenute termini specialistici di una disciplina68.

La conoscenza dei significati primari di consente ad allieve e allievi di lingua madre italiana unacomprensione intuitiva di alcuni concetti; benché questo comporti rischi di superficialità o perfino diincomprensione, si tratta tuttavia di una risorsa di cui non sempre i parlanti altre lingue possonoavvalersi nello studio delle discipline. Lavorare con gli allievi stranieri sui significati comuni especialistici accelera la possibilità che si inseriscano nel percorso che la classe sta compiendo dalla linguacomune, (così com’è effettivamente padroneggiata dagli allievi e allieve di una classe) alle linguedisciplinari e dalla nozione vaga alla nozione sempre più precisa nel contesto di una data disciplina.

In molti casi la selezione delle parole dalla lingua comune alla tecnico - scientifica avviene attraversoprocedimenti metaforici. Chiedere agli allievi stranieri di comparare l’immagine di una catena (serie dianelli) con quella di una catena montuosa attraverso pochi attributi (l’essere lunga, l’essere formata da

68 Per una discussione delle caratteristiche del lessico nei manuali, si rimanda a La lingua dei manuali, inquesto stesso volume, e ai riferimenti bibliografici in esso citati.

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pezzi uniti, ecc.) consente loro di ricostruire il percorso analogico. Dà luogo inoltre quella“negoziazione dei significati” che favorisce l’apprendimento. Individuati i tratti salienti che giustificanola metafora, può risultare più facile la comprensione di locuzioni come “catena alimentare”, “catena dimontaggio”, “reazione a catena”69. Nel corso dell’attività emergono anche eventuali differenze nell’usometaforico delle parole, che è tra i punti della lingua dove la dimensione culturale è più palese. Alcuni termini appartengono esclusivamente all’ambito tecnico - scientifico, come calcareo, idrografico,città stato, scriba, e richiedono una definizione, se possibile accompagnata da immagini o rappresentazionicartografiche e simboliche. Un percorso graduale di apprendimento delle parole di questo conduce dauna definizione che utilizza solo parole molto semplici, ma è vaga, a una definizione più precisa, ma piùcomplessa linguisticamente. Di fronte alla parola piovosità in una frase come la piovosità è elevata si puòprocedere per gradi distanziati nel tempo: si presenta la parafrasi dell’intera frase (piove molto),eventualmente attraverso un esercizio di abbinamento; si osserva la derivazione piovere - piovoso - piovosità;si spiega che cosa indica la piovosità in meteorologia (la quantità di pioggia che cade in una regione in un datotempo), alla fine si collega il termine tecnico piovosità con altri termini tecnici, per arrivare a definizionicome queste: “quantità di precipitazioni meteoriche cadute in un determinato periodo”, “numeromedio di giorni in un anno in cui in una data zona si verificano precipitazioni atmosferiche”. Spiegare“piovosità” con “precipitazioni” non è di nessun aiuto: in questo caso la definizione resta all’internodella disciplina e fa riferimento al concetto, non alla forma linguistica in cui è espresso. Prefissi e suffissi hanno un ruolo importante nella formazione del lessico tecnico - scientifico. Una frasecome Gli storici chiamano questo processo “colonizzazione” ... può dare l’avvio ad una riflessionemetalinguistica sul significato del suffisso – zione70, in parole del vocabolario di base. Attività di questo genere possono prevedere momenti svolti in classe, coinvolgendo gli allievi dimadrelingua italiana: prima di introdurre un nuovo argomento della materia di studio si chiede dispiegare, con semplici definizioni, con esempi o anche con disegni, una serie di parole–chiave chesaranno annotate e costituiranno una sorta di glossario comune; nel corso delle successive attività dilaboratorio attorno al tema si lavora anche sul glossario, confrontando i significati individuati inprecedenza con quelli presentati nei nuovi contesti, correggendo le definizioni nella direzione di unamaggiore tecnicità, confrontandole con quelle di un dizionario, aggiungendo altre parole risultateimportanti. Sono attività che possono assumere l’aspetto di gioco e in ogni caso si prestano a lavori digruppi all’interno dei quali i membri possono avere compiti differenziati: per gli allievi con più debolecompetenza lessicale uno dei più comuni esercizi per il rafforzamento del lessico, l’abbinamento parole– immagini, può trasformarsi in un contributo alla compilazione del glossario71. Altri esempi, potrebbero essere fatti, ma importa piuttosto sottolineare che le attività proposte non soloaiutano l’apprendimento del lessico della lingua italiana, favorendo insieme una sua rappresentazionemetalinguistica. Esse consentono anche di esercitare e rafforzare la conoscenza e l’uso delle formelinguistiche attraverso cui si realizzano atti comunicativi essenziali nella pratica didattica, quali lospiegare, il parafrasare, il fare analogie, l’esemplificare. La conoscenza di queste forme è importante sia nella comprensione delle lezioni e dei manuali, sia nelleattività orali che allieve e allievi sono chiamati a svolgere. Si osservi, ad esempio, nella frase che segue,come viene realizzata linguisticamente la definizione di segni grafici: la spiegazione (che peraltro è data innegativo, cioè indicando che cosa i segni grafici non sono) è introdotta dalla congiunzione testuale cioè, sisviluppa attraverso due frasi relative e si articola in due comparazioni introdotte da come.

Più tardi, attorno al 2500 a.c., i Sumeri idearono i primi segni grafici dotati di valore fonetico,cioè segni che non erano né, come i pittogrammi, disegni di oggetti, né, come gli ideogrammi,indicazioni di concetti, ma che designavano ciascuno un suono della lingua parlata72

69 In questo tipo di attività la base è l’uso comune delle parole, come definente di un singolo significatotecnico - scientifico. Non appare opportuno presentare altri significati attribuiti da altre discipline, poichél’apprendimento del lessico è graduale e cumulativo, cfr. C. Marello, cit. Sui vantaggi della negoziazione deisignificati nell’apprendimento del lessico, cfr. I.S.P. Nation, Learning Vocabulary in Another Language,Cambridge, Cambridge University Press, 200270 Suffisso di sostantivi deverbali indicante l’azione (lavorazione, operazione) o l’effetto del verbo stesso(ventilazione).71 Un’esperienza di dizionario per bambini costruito da bambini è Addizionario, consultabile al sitohttp://www.di.unito.it/ADDIZIONARIO72 F. Bentivoglio, C. Vettori, cit.

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La conoscenza delle realizzazioni linguistiche degli atti comunicativi prevalenti nei manuali è utilequanto quella della terminologia: una conoscenza che non può limitarsi alle parole, ma tocca gli aspettimorfo-sintattici e testuali73. Nelle poche pagine dedicate da un manuale alla civiltà sumera la relazione dicausa è espressa con 11 forme linguistiche differenti74: − lessicalmente: La mancanza di vere e proprie barriere naturali rese questa regione, fin dall'antichità, esposta

alle invasioni dei popoli vicini;− per giustapposizione: A sud-ovest dell'Eufrate si estende la Siria, una regione occupata in gran parte da un vasto

deserto sassoso, punteggiato da rare oasi, tra le quali si spostavano piccoli gruppi di pastori. Lo costa siriaca inveceera estremamente fertile: fu popolata fin da epoca molto antica e vi sorsero floride città;

− attraverso preposizioni: La regione compresa tra i fiumi Tigri ed Eufrate è il luogo della Terra che per primo uscìdal buio della preistoria e, grazie alla scrittura, tramandò notizie di popoli e di governanti, denominazioni didivinità e di grandi personaggi;

− attraverso congiunzioni coordinanti: Venivano usate tavolette di argilla, sulle quali si incidevano piccoli trattisimili a cunei; da ciò il nome di scrittura cuneiforme;

− attraverso frasi subordinate (causali, relative, implicite e esplicite): Ben presto, tuttavia, questo tipo di scritturarisultò insufficiente alle esigenze di comunicazione, perché non era in grado di esprimere concetti. Furono perciò creati segniche indicassero realtà astratte: questa scrittura fu detta ideografica. ... Le città della Siria che, essendo dedite ai commerci,ebbero bisogno della scrittura per scopi pratici, ne semplificarono progressivamente i segni consentendo così che essa fosseappresa da una più vasta cerchia di persone.

73 Fusetti Marina, Randi Luginbuhl Flavia, Ipotesi per un curricolo comune di educazione scientifica darealizzare in collaborazione tra insegnante di lettere e di materie scientifiche, in GUERRIERO MARIA ROSA (acura di), cit., 1988, pp. 111 – 129; GISCEL Lombardia, cit., ibid., pp. 239 – 265 74 F. Bentivoglio, C. Vettori, cit. Nell’elenco non sono comprese le ripetizioni della medesima struttura: Lamancanza di vere e proprie barriere naturali rese questa regione, fin dall'antichità, esposta alle invasioni deipopoli vicini / A sud-ovest dell'Eufrate si estende la Siria, una regione occupata in gran parte da un vastodeserto sassoso, punteggiato da rare oasi, tra le quali si spostavano piccoli gruppi di pastori / La costasiriaca invece era estremamente fertile: fu popolata fin da epoca molto antica e vi sorsero floride città / Laregione compresa tra i fiumi Tigri ed Eufrate è il luogo della Terra che per primo uscì dal buio della preistoriae, grazie alla scrittura, tramandò notizie di popoli e di governanti, denominazioni di divinità e di grandipersonaggi / La continua crescita demografica spinse gli abitanti di Uruk a risalire il corso dell'Eufrate, allaricerca di nuovi insediamenti / Di grande importanza fu l'invenzione della scrittura che permise di tramandareai posteri il ricordo delle più antiche civiltà / Nell'economia pianificata dei templi divenne necessarioregistrare e identificare i prodotti e le loro quantità per realizzarne una equa distribuzione / Ben presto,tuttavia, questo tipo di scrittura risultò insufficiente alle esigenze di comunicazione, perché non era in gradodi esprimere concetti / Furono perciò creati segni che indicassero realtà astratte: questa scrittura fu dettaideografica / Si scriveva su tavolette di argilla incidendovi con un sottile pezzo di canna tagliato ad angoloche lasciava l'impronta di un cuneo: per questo la scrittura delle civiltà mesopotamiche fu detta cuneiforme /Si giunse così a un sistema di scrittura estremamente complesso, perché composto simultaneamente dapittogrammi, ideogrammi e segni fonetici; inoltre i segni fonetici non rappresentavano, come nelle nostrescritture, pochi suoni elementari variamente combinabili, per cui erano numerosissimi /Per questo motivo laconoscenza della scrittura garantiva l'appartenenza al ceto dirigente / Le città della Siria che, essendo dediteai commerci, ebbero bisogno della scrittura per scopi pratici, ne semplificarono progressivamente i segniconsentendo così che essa fosse appresa da una più vasta cerchia di persone.