Insegnare il basket

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Insegnare il Basket - versione e book 3 Lezione n. 1 Metodologia d’insegnamento: spiegazione, dimostrazione, correzione Introduzione La metodologia dell’insegnamento è la base di una corretta crescita tecnica tattica e psicologica degli atleti. Obiettivi di questa prima lezione sono: dare una definizione di: o metodologia d’insegnamento; o comunicazione; o atleta ed allenatore; o processo d’insegnamento: spiegazione, dimostrazione, correzione; proporre uno schema di lavoro attraverso delle esemplificazioni pratiche. Inoltre, in questa lezione si è tenuto contro del lavoro da proporre in un settore giovanile, in particolare della fascia d’età compresa tra i tredici ed i diciassette/diciotto anni. Premesse teoriche Per metodologia d’insegnamento si vuole intendere le strategie, le tecniche e le modalità utilizzate per insegnare. Base dell’insegnamento è la comunicazione tra allenatore ed atleta. Definiamo comunicazione lo scambio d’informazione tra i due individui con lo scopo di comprendersi l’un l’altro. Parlando di individuo dobbiamo tenere presente che ciascuno ha un suo modo unico, personale di interpretare la realtà, sulla base delle proprie emozioni, idee ed esperienze. Definiamo il modello di: Giocatore è una persona capace di pensare, di fare delle scelte, non un giocatore imbottito di nozioni, telecomandato, costruito. Allenatore deve aiutare il giocatore a trovare, nel corso dell’allenamento, tutta la gamma di soluzioni tecniche funzionali al gioco, e non esclusivamente come esecuzioni di un gesto tecnico fine a se stesso In questa prospettiva è importante specificare cosa vogliamo dai nostri giocatori. Il giocatore deve avere una completa padronanza dei fondamentali individuali, sia dal punto di vista tecnico, che da quello tattico. Il fondamentale va, quindi, visto come atto motorio, in altre parole come scelta cosciente di una risposta funzionale alla situazione. Si deve insegnare il come (la tecnica) ed il perché (la tattica) del fondamentale. Esempio: nel tiro insegniamo la tecnica (la meccanica del gesto) e la tattica (la selezione del tiro). Non basta saper eseguire correttamente il movimento di tiro, ma è ancor più importante sapere scegliere il momento e la posizione in cui tirare. Si deve lavorare per individualizzare l’insegnamento, sviluppando la capacità creativa dei giocatori. Ciascun giocatore deve adattare alle proprie caratteristiche individuali i fondamentali, quindi, prima di correggerlo, secondo il nostro schema mentale o modello, analizziamo se la soluzione trovata dal giocatore non è in ogni modo funzionale. Una diretta conseguenza di quest’impostazione è lo sviluppo della responsabilità individuale dei giocatori. La capacità di trovare una soluzione personale alla situazione proposta dal campo, sviluppa la loro indipendenza e l’abitudine a risolvere da soli le situazioni proposte dal gioco. La specializzazione è messa da parte a favore della crescita totale del giocatore. L’atleta primo, vincere secondo 1 1 Rainer Martens, Successful Coaching, Leisure Press Champaign Illinois 1990, pag. 5.

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La metodologia dell’insegnamento è la base di una corretta crescita tecnica tattica e psicologica degli atleti.

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Lezione n. 1 Metodologia d’insegnamento: spiegazione, dimostrazione, correzione Introduzione La metodologia dell’insegnamento è la base di una corretta crescita tecnica tattica e psicologica degli atleti. Obiettivi di questa prima lezione sono:

• dare una definizione di: o metodologia d’insegnamento; o comunicazione; o atleta ed allenatore; o processo d’insegnamento: spiegazione, dimostrazione, correzione;

• proporre uno schema di lavoro attraverso delle esemplificazioni pratiche. Inoltre, in questa lezione si è tenuto contro del lavoro da proporre in un settore giovanile, in particolare della fascia d’età compresa tra i tredici ed i diciassette/diciotto anni. Premesse teoriche Per metodologia d’insegnamento si vuole intendere le strategie, le tecniche e le modalità utilizzate per insegnare. Base dell’insegnamento è la comunicazione tra allenatore ed atleta. Definiamo comunicazione lo scambio d’informazione tra i due individui con lo scopo di comprendersi l’un l’altro. Parlando di individuo dobbiamo tenere presente che ciascuno ha un suo modo unico, personale di interpretare la realtà, sulla base delle proprie emozioni, idee ed esperienze. Definiamo il modello di: Giocatore è una persona capace di pensare, di fare delle scelte, non un giocatore imbottito di nozioni, telecomandato, costruito. Allenatore deve aiutare il giocatore a trovare, nel corso dell’allenamento, tutta la gamma di soluzioni tecniche funzionali al gioco, e non esclusivamente come esecuzioni di un gesto tecnico fine a se stesso In questa prospettiva è importante specificare cosa vogliamo dai nostri giocatori. Il giocatore deve avere una completa padronanza dei fondamentali individuali, sia dal punto di vista tecnico, che da quello tattico. Il fondamentale va, quindi, visto come atto motorio, in altre parole come scelta cosciente di una risposta funzionale alla situazione. Si deve insegnare il come (la tecnica) ed il perché (la tattica) del fondamentale.

Esempio: nel tiro insegniamo la tecnica (la meccanica del gesto) e la tattica (la selezione del tiro). Non basta saper eseguire correttamente il movimento di tiro, ma è ancor più importante sapere scegliere il momento e la posizione in cui tirare.

Si deve lavorare per individualizzare l’insegnamento, sviluppando la capacità creativa dei giocatori. Ciascun giocatore deve adattare alle proprie caratteristiche individuali i fondamentali, quindi, prima di correggerlo, secondo il nostro schema mentale o modello, analizziamo se la soluzione trovata dal giocatore non è in ogni modo funzionale. Una diretta conseguenza di quest’impostazione è lo sviluppo della responsabilità individuale dei giocatori. La capacità di trovare una soluzione personale alla situazione proposta dal campo, sviluppa la loro indipendenza e l’abitudine a risolvere da soli le situazioni proposte dal gioco. La specializzazione è messa da parte a favore della crescita totale del giocatore.

L’atleta primo, vincere secondo1

1 Rainer Martens, Successful Coaching, Leisure Press Champaign Illinois 1990, pag. 5.

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La vittoria è una diretta conseguenza del lavoro svolto in palestra. Questo è il principio che deve ispirare il lavoro di un allenatore. Il processo d’insegnamento è funzione del giocatore che l’allenatore desidera: vogliamo una scimmietta ammaestrata? Useremo urla, bastone e carota e proporremo una serie di esercizi meccanici, degli stereotipi. Vogliamo un essere pensante? Dovremo creare un atleta autonomo nelle scelte, proporremo degli esercizi in cui creeremo dei problemi che il giocatore dovrà risolvere trovando la soluzione più opportuna. Si dovrà sempre sapere che la funzione dell’ ”allenatore – istruttore” deve sempre tendere a scemare lungo il processo d’apprendimento, per diventare un “allenatore – tattico”, mentre l’allievo si trasforma in maestro di se stesso. “L’allenatore – istruttore” insegna la tecnica e la tattica individuale a ciascun giocatore, “l’allenatore – tattico” allena cinque giocatori per ottenere il massimo dalla squadra. All’intermo di questo sistema didattico, è fondamentale mettere in evidenza l’importanza del lavoro individualizzato (anche se solo ¼ d’ora al giorno), inteso quale momento d’approfondimento del rapporto tecnico e personale tra l’allenatore ed il giocatore. Ogni Istruttore deve, quindi, definire i suoi modelli e da questi derivare i principi della sua metodologia d’insegnamento. L’applicazione pratica di questi principi, produrrà le progressioni didattiche da utilizzare in palestra. Una ricerca2 svolta negli Stati Uniti ed in Canada tra ventuno allenatori d’alto livello di sport di squadra ha dato risultati molto interessanti, specie per coloro che s’avvicinano al lavoro d’istruttore ed allenatore:

• tutti gli allenatori hanno trascorsi sportivi, non necessariamente nella disciplina in cui hanno poi avuto successo come allenatore. La qualità che li ha sempre contraddistinti è stata la passione per lo sport e la capacità di condurre gli altri. Pochi sono stati campioni, e questo si spiega nel fatto che il gesto di grande automatizzazione è difficilmente percepite in modo cosciente e va trasmesso agli altri attraverso l’allenamento. Inoltre, molto forte è la reazione di competizione da parte di chi non avendo raggiunto un alto livello come atleta, cerca di farlo come allenatore;

• la caratteristica comune a tutti questi allenatori è la presenza nella fase di sviluppo di un mentore, una maestro da cui sono stati influenzati per la sua capacità e dedizione all’insegnamento.

L’allenatore principiante si basa sulle sue conoscenze e su ciò che ha appreso dal capo allenatore, non ha una visione completa del suo lavoro, dipende dai risultati e dalle condizione ambientali. È come un cubo di Rubbik, ci sono tutte le facce ma non si sa come metterle al loro posto. Cos’è il Coaching? E un modello dinamico centrato sull’atleta (inteso come individuo pensante e non solo oggetto ndr), non più un modello cristallizzato ma un modello flessibile. Allenando non si finisce mai di apprendere, in quasi tutti i casi il processo d’apprendimento non è mai terminato, un allenatore va ad ascoltare un Clinic anche se sa che può apprendere un solo concetto nuovo. Gli allenatori esperti sono “ladri di idee”. Si può andare a vedere un Clinic o una seduta di allenamento di un collega, anche solo per decidere che non si è d’accordo con ciò che si deve fare.

2 John Salmela, Università di Ottawa (Canada). Ora in Great Job Coach! J. H. Salmela 1996.

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Modello dinamico di “Coaching” (La parola in inglese significa: una persona che istruisce altri in vista di competizioni sportive3. Il coaching è quindi l’insieme delle attività necessarie a svolgere il suolo di coach).

3Oggi dopo diversi anni dalla prima stesura del testo il Coaching è diventata una attività molto più ampia, con notevoli applicazioni nel campo del lavoro d’ufficio ed imprenditoriale (ndr).

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(1) L’obiettivo: sviluppare gli atleti. (2) Alla base si cono:

l’allenatore, con le sue caratteristiche individuali e con il suo bagaglio personale di abilità, conoscenze, etc.; gli atleti, con le loro caratteristiche individuali ed il loro grado di sviluppo tecnico, motorio, etc.; i fattori contestuali, le potenzialità economiche, la situazione sociale in cui si opera, le palestre, etc.

(3) Il coaching, inteso come gestione di questi fattori, consiste nello sviluppare nel miglior modo possibile la propria idea di pallacanestro per;

reclutare e valutare atleti dirigere tecnicamente gli allenamenti e le partite organizzare tutto ciò che è necessario a rendere più efficace il lavoro tecnico.

Due sono le cose fondamentali nell’analisi del lavoro del Coach: (1) Come il Coach costruisce l’ambiente per l’allenamento (2) Come il coach opera in situazione di gara.

1. Non esiste un modello applicabile, di solito l’allenatore esperto pianifica a lungo termine gli aspetti fisici,

mentali, tecnici e tattici: ogni minuto deve servire a raggiungere l’alto livello. L’allenatore inesperto ha fin dall’inizio un alto livello di aspettative e quindi di richieste, non ha la visione generale di cosa fare.

Serve creare un ambiente eccitante e comunicativo tramite quattro fattori: creazione della direzione: obiettivi a medio e lungo termine, visione generale del lavoro; farla accettare dai giocatori; creazione della squadra:

• caratteristiche dell’allenatore • caratteristiche dei giocatori

insegnamento delle abilità; si parla spesso di obiettivi, ma non dell’insieme che li unisce. 2. Come il Coach opera in gara, intendendo le tre fasi:

• pre partita • partita • post partita

Salmela ha mostrato una foto presa durante la partita di finale di New Orleans in cui North Carolina University ha vinto il titolo Universitario del 1992. Proviamo a descrivere la foto: i giocatori esultano in piedi, l’Assistente si associa al loro entusiasmo, seppure in modo più moderato, mentre il Coach applaude seduto, già concentrato su cosa fare nel proseguo della partita. Si pratica molto lavoro sui comportamenti in palestra, attraverso la valutazione dell’allenamento ed il monitoraggio degli interventi degli allenatori (cosa dicono, come è detto, incitamenti, insulti, etc.), ma poco è fatto per sviluppare strategie di self control delle emozioni in competizione. L’indicazione della ricerca è: semplificare, individualizzare e ritualizzare le prestazioni degli atleti. Semplificare, lavorare in allenamento per rendere quanto più semplice possibile l’organizzazione, riportando tutto sui fondamentali, migliorandone l’esecuzione. Individualizzare, adattare alle caratteristiche individuali il lavoro tecnico e tattico. Ritualizzare, attraverso le ripetizioni e la proposta di situazioni di gara per preparare i giocatori alla partita. È chiaro per gli esperti che la partita non è il momento di insegnare, ma di competere; il novizio, senza visione e controllo del suo lavoro, cerca di insegnare in gara. L’allenatore esperto crea strategie stabili per la competizione, attraverso l’allenamento per non appesantire glia atleti. In partita esegue solo piccoli aggiustamenti sul campo, intervenendo solo in conformità a ciò che è stato fatto in allenamento. Non si può improvvisare uno schema di attacco o una difesa mista in partita, se non si è mai provato in allenamento.

Vittorie e sconfitte servono per organizzare il prossimo allenamento.

Solo l’ultima partita dell’anno, quella spesse volte decisiva, è vista in modo differente.

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Come reagire alla vittoria ed alla sconfitta L’idea su quest’ultimo punto (dopo una sconfitta) è di prendersi del tempo, entrare negli spogliatoi e dire: “Avremo tre cose su cui lavorare domani in allenamento”. Tornare a casa passare la notte e vedere il video, prepararsi a portare in allenamento il lavoro necessario a correggere ciò che non va. Una della caratteristiche sottolineate da Salmela, per gli allenatori di successo, è la flessibilità. La caratteristica comune a molti allenatori esperti è di aver avuto, da giovani, un atteggiamento molto rigido (es.; un solo sintema d’attacco), principi rigidi. Contemporaneamente c’era una disponibilità a prendere dei rischi, a sperimentare sistemi innovativi, così facendo hanno sviluppato tecniche nuove che hanno portato dei miglioramenti. Una buona cosa è il cercare di imparare dagli allenatori di altri sport. Analisi del processo d’insegnamento Nel processo d’insegnamento possiamo definire una prima fase di proposta del fondamentali, attraverso la spiegazione e la dimostrazione, ed una seconda fase di analisi e miglioramento del gesto attraverso la correzione. Spiegazione La spiegazione è un invio di comunicazione al fine di insegnare. L’istruttore necessità della conoscenza approfondita di ciò che va ad insegnare: deve essere uno studioso della pallacanestro. In più deve comprendere le capacità motorie, razionali ed emotive di chi apprende. Il linguaggio deve adattarsi come un vestito ai ragazzi. Parlare in modo conciso, chiaro: la prima cosa da definire è lo scopo dell’esercitazione, dare l’idea di ciò che vogliamo fare, poi la tecnica. Es.: Ti voglio insegnare a fare canestro, come lanciare la palla al canestro. Definire i Punti Chiave su cui fissare l’attenzione. Quando si insegna un movimento nuovo ricordiamo che quanti più riferimenti si danno, tanto più sarà difficile eseguirlo per i ragazzi e correggerlo per noi: una, massimo due informazioni alla volta. Es. nell’insegnamento del tiro:

occhi sul canestro appoggio dei piedi mano sul pallone chiusura della mano “nel canestro”.

(1) L’impostazione della mano di tiro sulla spalla e la sua spinta. Inizio con un tiro da sotto per poi allontanare, gradualmente il giocatore.

(2) Utilizzo della mano guida. (3) La spinta coordinata di braccia e gambe. (4) Il tiro successivo ad un palleggio. (5) Il tiro da ricezione di un passaggio.

Auto passaggio Passaggio battuto Passaggio diretto.

Nell’insegnamento del tiro si deve tener conto dello sviluppo delle qualità motorie dell’atleta:

(1) tiro piazzato (2) tiro in elevazione (3) tiro in sospensione, prestando attenzione che il giocatore abbia acquisito la tecnica corretta di tiro

ed abbia le capacità motorie necessarie ad eseguire il gesto. Comprendere le reazioni emotive di un giocatore, si deve notare l’abbattimento o l’euforia in corrispondenza dell’esito di un’esercitazione, per aiutare l’atleta a dare il giusto valore a ciò che accade. Adattare le parole al livello razionale del giocatore che, per esempio, non da una corretta rotazione alla palla nel tiro:

• con un giovanissimo diremo: la palla non gira! • con un giocatore maturo potremmo dire: la palla non ha un corretto back spin.

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Dimostrazione “Un’immagine è meglio di cento parole”, recita un vecchio adagio, per cui è buon’abitudine accompagnare la spiegazione con la dimostrazione. Es.: nell’insegnare la corretta posizione difensiva si può:

a) assumere la corretta posizione e dire Prendi questa posizione, piegato sulle caviglie, e sposta i piedi in direzione in cui ti vuoi muovere”;

b) spiegare; prendi la posizione basso con le gambe, con i piedi larghi quanto le spalle, o un po’ di più, il peso equamente distribuito, le braccia larghe con le mani all’altezza dei fianchi, muovi i piedi per andare dove vuoi”.

1. Chi deve dimostrare?

• L’allenatore: se ne è capace, nel senso di potere eseguire una dimostrazione fluida. L’errore nel risultato ci può essere, ciò che conta è l’esecuzione.

Es.: nel dimostrare la tecnica di Tiro Libero, l’allenatore esegue un gesto corretto ma il tiro non va dentro. Ciò che conta è l’esecuzione, l’errore è un elemento dell’esecuzione.

• Un giocatore: in questo caso si possono utilizzare a rotazione tutti i giocatori, e nel caso in cui qualcuno sia più in difficoltà, spiegare in anticipo ciò che deve fare.

2. Accentuare i Punti Chiave del movimento: per sviluppare nei ragazzi la capacità d’auto analisi del movimento, valutando se è necessario spezzare l’esecuzione e la dimostrazione in più segmenti. 3. Il numero di ripetizioni dipende dalla complessità del gesto un passaggio sarà ripetuto un paio di volte, un movimento di uno contro uno va dimostrato più volte. Per una corretta metodologia d’insegnamento si deve prestare attenzione alla progressione con cui si lavora ed al rispetto dei tempi di passaggio da una fase all’altra. 1. Nella prima fase d’apprendimento del fondamentale è preferibile lavorare staticamente. In questa prima fase, probabilmente, il ragazzo deve imparare il gesto, controllando visivamente, eseguendolo per segmenti, ed accompagnando con le parole il movimento (il tiro è corto, è lungo; la palla mi scappa dalla mano … ) Es.: nel terzo tempo, dopo aver mostrato l’intero movimento, posso cominciare in modo analitico, insegnando il tiro da sotto, quindi aggiungere un passo prima del tiro, poi partire dal palleggio; o in modo globale partendo dalla corsa con stacco, al recupero della palla e tiro, etc. dipende dal sistema che voglio utilizzare. Il lavoro va prima assimilato con la mano forte, per poi passare gradualmente alla più debole. 2. Nella seconda fase di rielaborazione e progressiva automatizzazione del fondamentale, lo si fa eseguire in movimento con esercitazioni pratiche. Il gesto è rielaborato, eseguito con un minore dispendio di energie e con un controllo cinestetico sempre maggiore. In questa fase devo stimolare l’atleta a mantenere l’attenzione rivolta sul risultato del gesto, più sull’esecuzione dello stesso. Es.: in questa fase utilizzo degli esercizi in corsa in cui propongo il Terzo Tempo in modo globale all’interno di diverse situazioni: elementari: ricezione di palla da un appoggio battuto a terra passaggio diretto complesse: in cui il fondamentale s’accoppia con altri movimenti treccia, esercizi di contropiede, etc. 3. Nella terza fase il gesto è gestito inconsciamente, tatticamente in funzione della situazione di gioco. A questo punto metto delle situazioni di stress: limiti di tempo nell’esecuzione, difesa, etc. Es.: si utilizzano esercizi in cui si devono realizzare un certo numero di canestri per unità di tempo, e si prevede la presenza di un difensore che ostacola il tiro, per poi arrivare ad esercizi agonistici. A questa terza fase appartengono gli esercizi di scelta nell’uso del fondamentale. Es.: nell’insegnamento dell’uno contro uno con la palla è stato di grande interesse ciò che ha mostrato Pete Newell:

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1. partire dall’insegnamento delle singole soluzioni di uno contro uno, insegnate senza difesa, sempre durando la corretta esecuzione d’ogni fondamentali. Insistendo con successive ripetizioni, tre-quattro ripetizioni prima di cambiare giocatore. 2. difesa passiva dell’allenatore che da una chiave di lettura sempre diversa all’attacco. È sempre mantenuto il principio delle ripetizioni successive, per stimolare il giocatore nella lettura della difesa e nel provare nuovi movimenti. 3. difesa agonistica, stimolando il giocatore a provare le soluzioni nuove: la motivazione è data mettendo in evidenza l’esecuzione e non il risultato. Nel vaso di una corretta scelta non però terminata da un canestro: “Bravo hai scelto il giusto lato di penetrazione”. Correzione Il primo concetto in evidenza è quello di feedback: è il processo con cui si rende il soggetto cosciente di ciò che sta facendo di giusto o sbagliato. Della capacità di dare all’atleta il corretto feedback e della sua capacità di elaborare i feedback visivi legati alla sua esecuzione, deriva il miglioramento dei gesti.

L’atleta sente, l’allenatore vede. La prima fase della correzione consiste nella ricezione e comprensione del messaggio, in altre parole dell’analisi del gesto. Analisi:

• comparazione del gesto: considerare la personalizzazione del gesto (come l’atleta può eseguirlo); • determinare l’errore, la causa, la correzione; • scelta dell’errore da correggere: il più semplice.

A questo punto si inserisce la seconda fase, la comunicazione della correzione. Il giocatore deve capire che: l’errore deve diventare un test d’approccio per migliorare, non un insuccesso. Perché ciò avvenga è fondamentale che questo diventi un nostro atteggiamento ancor prima che del giocatore: se l’allenatore reagisce ad un errore arrabbiandosi o disperandosi, il giocatore lo p ercepirà come un insuccesso. L’allenamento è quindi prima per noi insegnanti, poi per i giocatori. Nell’inviare il feedback si devono tener presente tre principi generali:

1. tener conto dell’individuo 2. precisione dell’informazione 3. scelta del tempo

Tenere conto dell’individuo

• Piccoli passi: poche notizie precise adatte dal punto di vista cognitive e motorie a chi le deve ricevere. Il livello dei dettagli delle correzioni deve essere conforme alle conoscenze ed alle abilità di chi lo riceve.

Es.: con un giocatore agli inizi, dovendo correggere l’abitudine di guardare la palla durante il palleggio: Si: perche palleggi? Per spostarti con la palla per il campo, evitando gli avversari e vedendo i compagni cui passare la palla. Quindi come devi palleggiare? (“Suggerisco la risposta senza darla”) No: si dirà: palleggia con la testa alta, spingendo forte la palla verso il basso (“Do la risposta”).

Nel caso l’esercizio sia svolto da più giocatori contemporaneamente, non dimenticare di rivolgere, di volta in volta, correzioni ed elogi a tutti: nessuno deve sentirsi trascurato o perfetto. Precisazione dell’informazione

• Approccio positivo: valutazione costruttiva dell’errore, attacco genera difesa! Sgridate ed insulti provocano chiusura. I commenti vanno riferiti alla perfomance e non alla personalità dell’atleta.

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Es.: un giocatore non difende bene in una situazione di uno contro uno, restando sulle gambe: Si: devi piegare le caviglie, e muovi i piedi se vuoi difendere bene. No: non hai le p…, vedi che non sei capace di difendere su nessuno. Se è il caso un apprezzamento personale va fatto in modo diretto ed in sede appropriata.

• Sforzarsi e cogliere l’aspetto positivo (tecnico, motorio, mentale) in ogni esecuzione • Dare indicazioni dirette nella correzione: evitare messaggi confusi.

Es.: per correggere il taglia fuori difensivo: Si: sul tiro, taglia fuori il tuo uomo, prendi contatto con lui. No: sul tiro devi tagliare fuori il tuo uomo ma fai attenzione che devi essere pronto a ricevere il passaggio di apertura di contropiede.

• Specificare chiaramente ciò che si vuol, non più di 1-2 informazioni.

Es.: nel correggere l’uno contro uno con la palla: Si: Giorgio, quando ricevi la palla, guarda il canestro per fare un tiro il tuo avversario s’avvicina battilo uno contro uno. No: Giorgio, quando ricevi la palla, vedi se puoi tirare, se non te la senti passa e taglia, scegli se andare a canestro o bloccare la palla, se il tuo avversario si avvicina, battilo uno contro uno.

• Verifica che il messaggio sia arrivato e verifica delle reazioni delle reazioni motorie ed emotive del giocatore:

la sua mimica facciale, l’eventuale presenza di smorfie ci può dare l’indicazione degli effetti emotivi del messaggio. Sapendo che nel processo di Apprendimento la Sfere Emotiva è importante per l’acquisizione di nuovi comportamenti, il nostro compito, come istruttori, è quello di verificare, continuamente il tipo di emozioni e la loro intensità.

Scelta del tempo

• Analizzare bene la correzione da fare e proporla solo quando si è sicuri di ciò che si dice. Es.: osservando un tiro cercare di capire qual è l’errore principale, in presenza di più errori cercare di correggere il più semplice per motivare al lavoro il giocatore.

• Preporre la correzione quando la può recepire, alla fine del gesto, prima della successiva ripetizione. Es.: nel corso dell’esecuzione di un esercizio di tiro, l’invio di messaggi continui (chiudi il polso; attento al gomito, etc.) provoca solo interferenza al gesto: il nostro cervello può elaborare una sola informazione alla volta. Aspettare la fine, osservando e poi valutare la correzione da fare. Valutare il tipo d’esercitazione che s’utilizza, se stiamo lavorando sulle percentuale di tiro non possiamo correggere un aspetto tecnico, ma dovremo trovare una situazione analitica per farlo.

• Dare frequenti suggerimenti: evitare che il sovrapporsi di errori ingigantisca il problema Es.: nel lavoro quotidiano dedicato agli esercizi non passare sopra gli errori. I lunghi non prendono bene posizione, commettono infrazioni perche sono in cattivo equilibrio, non sono bassi: interrompere ed insistere sul particolare. Ma attenzione, potrebbe dipendere da “pigrizia” o anche da una cattiva condizione fisica. All’interno di un esercizio di costruzione del gioco di squadra mettere in evidenza e correggere tutti i particolari dei fondamentali individuali.

Correzioni a secondo del livello d’apprendimento dei giocatori

• Principianti: la correzione deve essere continua per creare il corretto schema motorio del fondamentale. Una cosa alla volta di più il nostro cervello non ne recepisce.

Es.: nel tiro non c’è una corretta rotazione della palla, estrapolare il particolare, lavorando per esempio stesi per terra tirando verso l’alto, per imparare a far girare la palla.

• Medio: man mano che l’apprendimento procede e la capacità motoria di ripetere il gesto in modo automatizzato migliora, i feedback devono diminuire progressivamente per rendere più indipendente l’atleta dall’istruttore.

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Es.: in questa fase insistete sulle correzioni con domande; cosa credi sia l’origine dell’errore? Dare per esempio due dimostrazioni differenti e chiedere quale sia la giusta esecuzione. Aiutare loro a trovare l’errore.

• Alto: i feedback saranno occasionali per essere certi che ciò che stanno eseguendo sia corretto. In questa fase le correzioni vanno indirizzate sull’attenzione, l’errore deriva da una scarsa concentrazione generale. Anche qui il meccanismo da preferire è la domanda.

Es.: un giocatore sbaglia un tiro forzando: cosa, secondo te, hai sbagliato? Utilizzo funzionale delle punizioni

• Spiegare la situazione che voglio evitare avvertendo l’atleta prima di punirlo. • Controllare le emozioni nel punire, evitando di presentarle con ostilità, criticando, urlando. • Avere coerenza nell’atteggiamento: sempre lo stesso atteggiamento verso tutti i giocatori. • Usare le punizioni solo quando è necessario e sempre enfatizzando ciò che c’è di positivo nello sforzo

di migliorare e correggersi. Es.: i miei giocatori non corrono in allenamento, sia per cambiare posizione, sia negli esercizi. Li avverto che, se non corrono, li punirò con uno sprint. Tutti insieme, è la squadra che perde se non è rapida nelle reazioni. Alla prima occasione d’errore, ricordo loro che non sono stati rapidi nello spostarsi e li schiero sulla linea di fondo per uno sprint. Il gioco del basket prevede di reagire rapidamente.

Conclusione In conclusione si vuole mettere in evidenza l’importanza del rapporto Allenatore – Atleta, inteso come scambio di comunicazioni tra individui nella loro unicità. Per una corretta crescita dei nostri ragazzi è un punto da non dimenticare. Il successo del nostro insegnamento nasce dalla nostra capacità di trasmettere ai ragazzi le giuste informazioni tecniche e la mentalità del lavoro finalizzato a migliorare, a vincere ogni giorno noi stessi. Alle ultime Olimpiadi di Lillehammer i nostri fondisti, al termine della staffetta hanno così spiegato la loro vittoria: “Il nostro successo non nasce da una scuola, ma da una cultura del lavoro.” L’istruttore deve trasmettere questo valore: l’importanza del lavoro quotidiano teso al miglioramento individuale ed alla crescita personale. Insegniamo con attenzione, sviluppiamo la capacità d’analisi, curiamo i particolari di ogni gesto ricordando che: l’Allenatore di basket deve essere un buon istruttore di sport individuale all’interno di uno sport

di squadra.