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    AGESCIFORMAZIONE CAPI

    Atti del Seminario

    INTRODUZIONE AL SERVIZIO EACCOGLIENZA IN COMUNIT CAPI

    Roma, 17 e 18 marzo 2001I quaderni per le Comunit Capi

    Nr.1

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    Accoglienza in Comunit Capi e introduzione al Servizio educativo" Il tema del Seminario, nella sua forte attualit, ha radici lontane. Gi nella lettera inviata per lincontro tra incaricati regionali e nazionali di Formazione Capi di Roma del 16-17 ottobre 1999erano presenti, in sintesi, molti degli elementi che sono allorigine dellidea del Seminario:

    "Un problema pi volte emerso nel confronto tra noi e di fatto mai affrontato dal momento dellarevisione delliter di base: laccoglienza in Comunit Capi e lintroduzione al servizio educativo.Ossia, dopo lo "spostamento" definitivo della Rosea tra le occasioni di progressione personale per iRover e le Scolte, chi, come e quando offre ai capi lopportunit di confrontarsi con i fondamentidello scautismo, le scelte del Patto associativo, il senso originario del "fare educazione"? Tantevolte, ragionando del Tirocinio, della competenza metodologica, ascoltando i capi campo dei CFM,ci siamo resi conto che in questo momento manca un tassello nel percorso dei capi. Certamentemolte Comunit Capi, magari con laiuto delle Zone, hanno gi esperienze di successonellaccompagnare questa fase essenziale: vorremmo ora allargare e arricchire queste buone pratiche di qualcuno perch pian piano sostengano limpegno di tutti. Stavolta cominciamo ildiscorso, proviamo a delinearne insieme le prospettive, per fare anche al resto dellAssociazione alivello nazionale e locale le nostre eventuali proposte." Da queste poche righe nata l'idea del Seminario, che si arricchita via via con il contributo ditutti, grazie alle riflessioni di molti Capi Campo CFM e Incaricati Regionali alla FormazioneCapi; grazie alle indicazioni emerse da molti Capi Gruppo e Responsabili di Zona, alle riflessionisul Tirocinio che hanno impegnato diversi livelli associativi e ai dati emersi con grande chiarezzadalla Route nazionale capi del 1997.

    Altra pietra miliare nel percorso di avvicinamento al Seminario sono state le riflessioni sullaFormazione permanente culminate nel Seminario di Firenze del Novembre 1998 e negliapprofondimenti successivi avvenuti negli incontri con gli Incaricati Regionali di Formazione Capied in Pattuglia. Tutti questi elementi hanno contribuito a fare emergere come urgente linvito a riflettere sul temadellaccoglienza in Comunit Capi e sullintroduzione al Servizio educativo, vissuto come momentodel sistema formativo di base. Ci si resi conto che manca un tassello nel percorso formativo deiCapi: come e quando viene oggi offerta l'opportunit di confrontarsi con i fondamenti delloscautismo, le scelte del Patto Associativo, il senso originario del "fare educazione"? L'idea si quindi concretizzata nell'incontro del marzo 2001, al quale hanno preso parte, con il loro bagaglio di esperienze, circa 60 capi provenienti da tutta Italia.

    Abbiamo parlato di accoglienza e accompagnamento al Servizio; questi due aspetti appaionoestremamente vicini e profondamente connessi fra loro nello spirito ma richiamano anche contenutie modalit di lavoro articolate ed in alcuni casi non coincidenti: un aspetto guarda pi al clima davivere nelle nostre Comunit Capi (condivisione, ascolto, rapporti di qualit), laltro aspetto esigelidentificazione di contenuti prioritari da proporre ai Capi, modalit luoghi e tempi direalizzazione. Dopo la riflessione quanto mai necessario dare concretezza al lavoro fatto, incidendo sia sul primae sul dopo della formazione di base che sulla formazione permanente dei capi, per riuscire adelaborare proposte che siano in grado di rispondere allesigenza di competenza metodologica, disolidit personale e di relazione pi volte espresse dai nostri Capi e rilanciare (rinnovare) lemodalit di elaborazione del Progetto educativo e del Progetto del Capo: Progetti educativi chesiano veramente efficaci, elementi base nellidentificazione dei bisogni reali dei nostri ragazzi (e

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    conseguentemente dei nostri Capi) e strumenti agili per muoverci verso obiettivi educativi chiari e ben identificati. Per fare ci non necessario inventarsi nuove cose: si possono rispolverare con maggioreintenzionalit strumenti di lavoro gi presenti in Associazione; si potrebbe riscoprire lo spiritooriginario e autentico del Tirocinio, visto spesso come una sorta di sovrastruttura piuttosto checome uno stile di vita, un "atteggiamento naturale" che deve essere profondamente radicato nella"cultura" delle nostre Comunit Capi. Desideriamo che il Seminario diventi una prima tappa di un percorso di accompagnamentoalle Comunit Capi da sviluppare nei prossimi anni con altri appuntamenti e che lariflessione avviata arrivi nelle nostre Comunit Capi, luogo privilegiata della formazionepermanente.

    Pattuglia Nazionale Formazione Capi

    LACCOGLIENZA COMINCIA DAL CUOREdi don Sergio Nicolli, Assistente Ecclesiastico Nazionale alla Formazione Capi

    Il Signore Dio disse:Non bene che luomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile(Gen 2,14). Questa volta essa carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa!(Gen 2,23).Luomo non fatto per la solitudine ma per la relazione e per la comunicazione, perch fattoad immagine di Dio, che non solitudine ma Trinit, relazione fra tre Persone diverse.La relazione uomo-donna dice complementariet e reciprocit alla pari: il paradigma di ognirelazione. Creandoci maschio e femmina, Dio ha posto in ciascuno di noi unesigenza profonda einsopprimibile di comunicazione, il cromosoma della alterit.Luomo sente il bisogno di entrare in relazione con laltro. Quando entra in relazione, scopre laricchezza dellaltro e insieme fa esperienza della fatica della diversit dellaltro.La relazione, se non superficiale, non lascia indifferenti, porta a lasciarsi addomesticare e aaddomesticare (cfr. Il piccolo principe). Entrare in relazione significa iniziare un processo dicambiamento che trasforma le persone. unoperazione attiva che va in due direzioni:

    1. 1. fare spazio ad unaltra persona nella propria vita;2. 2. entrare nella vita dellaltra persona.

    A questa operazione complessa diamo il nome di accoglienza. Se manca questaoperazione attiva dellaccogliere e del lasciarsi accogliere, la relazione rimane in superficie

    e luomo rimane nella sua solitudine.Anche Dio fa esperienza di accoglienza: nella sua vita intima Trinitaria: Ges ci ha rivelato un segreto di famiglia; nellIncarnazione: il Figlio di Dio entrato in relazione esistenziale con luomo l sul

    terreno della vita stessa delluomo:il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi(Gv 1,14). Il Verbo ha accolto dentro di s la condizione umana per accogliere nella sfera di Dioluomo che si era allontanato con il peccato.

    Nello stesso tempo si offerto allaccoglienza delluomo, proponendogli di fargli spazio nella suavita e nella storia umana:Venne fra la sua gente, ma i suoi non lhanno accolto. A quanti perlhanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio(Gv 1,11-12): cio ha dato la possibilit dientrare in un circuito di relazioni capaci di togliere luomo dalla sua radicale solitudine: questa lasalvezza. unaccoglienza quindi che suscita relazione, che crea comunit.

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    I discepoli, coloro che hanno vissuto una relazione profonda con Ges Cristo, il Verbo di Diodiffondono questo lieto annuncio - che Dio venuto tra gli uomini per entrare in relazione conloro - perch le persone entrino in relazione con Dio e tra di loro:Quello che abbiamo veduto eudito, noi lo annunziamo anche a voi, perch anche voi siate in comunione con noi. La nostracomunione col Padre e col Figlio suo Ges Cristo(1Gv 1,3). Nelle prime comunit cristiane si d un forte risalto allaccoglienza vicendevole e alle relazioni trale persone che formano una comunit: la comunione tra i fratelli nella fede gi linizio dellasalvezza. Il peccato e la morte sono gi vinti perch luomo ha ritrovato la strada della relazione edella comunione vera che lo toglie dalla solitudine del peccato.Il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti ad esempio di Cristo Ges, perch con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Ges Cristo. Accoglietevi perci gli uni gli altri come Cristo accolsevoi, per la gloria di Dio(Rm 15,5-7).Parlando di accoglienza tra cristiani, non dobbiamo pensare subito a cosa dobbiamo fare, marenderci conto di cosa successo: Dio ci ha accolti in Cristo . Dio non rimasto lontano da noi adosservare da spettatore la nostra condizione disperata, ma si fatto vicino a noi, entrato nellanostra stessa pelle di uomini; non ha avuto paura di noi e della nostra povert; ci ha amati mentreeravamo ancora peccatori(Rm 5,6). Questa accoglienza ha cambiato la nostra vita e ci ha riapertola strada della speranza.Se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri(1Gv 4,11). Se Dio ci ha accoltocos come eravamo, anche noi dobbiamo accoglierci come siamo.Esiste certamente anche unaccoglienza laica non motivata dalla fede, ma che parte dal bisogno diincontrare laltro e dallesperienza che lincontro con laltro arricchente e spesso gratificante; maquesto tipo di accoglienza varca difficilmente la soglia della gratuit.Lesperienza della fede ci d invece la possibilit di sperimentare laccoglienza gratuita dellaltro perch parte dallo stupore di essere stati accolti gratuitamente da Dio, senza secondi fini; ed questa esperienza della gratuit dellaccoglienza che fonda una relazione nuova, una comunione piforte di ogni peccato e di ogni divisione, una comunione che ci introduce nellesperienza della caritdi Dio, cio della relazione Trinitaria.Dallesperienza di sentirsi accolti da Dio nasce dunque una capacit nuova di accoglienza deifratelli. Ma questo non avviene in modo automatico. Laccoglienza domandaconversione del cuore , che significa concretamente: guardare laltro in profondit, al di l della superficie per cogliere la grandezza e la ricchezzadella persona; dare pi importanza a ci che una persona piuttosto che a quello che appare attraverso il suocarattere, le sue scelte, la sua attivit; guardare la persona con benevolenza: cogliere i suoi lati positivi, collocare le sue scelte e le sueazioni nel contesto del suo carattere e del suo vissuto; guardare alla persona con tolleranza: accettare come legittima la sua diversit rispetto a me,rispettarla e riconoscerne la ricchezza; vivere con la persona un rapporto di fedelt dinamica: accoglienza non soltanto un gestoiniziale ma un atteggiamento costante che accompagna la persona nel suo cammino, rispettandone i percorsi e la gradualit (cfr. cosa significa per due genitori accogliere un figlio);

    accogliere vuol dire non giudicare ma fare spazio alla persona incondizionatamente: cfr. Gesverso Zaccheo, la Samaritana, lAdultera il cambiamento suscitato dallaccoglienza, non condizione per laccoglienza! credere che su ogni persona c un progetto di Dio da riconoscere e da favorire. Qualche applicazione alla vita di una Comunit Capi:

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    Una premessa: una Comunit Capi non prima di tutto comunit di vita ma di servizio: ildiventare in qualche modo anche comunit di vita pu essere un requisito necessario perch le persone crescano nella maturit personale e nella capacit di servizio.

    Il rischio di assolutizzare lo stare bene tra di noi: si pu diventare una comunit chiusa, nellaquale chi entra sente quasi un pericolo per la stabilit del gruppo, o viene escluso, o accolto soltantose disposto a modificarsi sui requisiti del gruppo. Ricordare sempre che lassoluto non lacomunit ma la persona; il gruppo funzionale alla persona, non viceversa! Nello stesso tempo una Comunit Capi accogliente sa che le persone sono l perch condividonouna vocazione di servizio: aiuta a crescere ogni singolo come persona e come educatore; anchecapace di non illudere la persona se questa non ha i requisiti per fare leducatore, e lo orienta versoaltre realt, altrimenti alla lunga per lui la permanenza in comunit diventerebbe frustrante e il suoservizio diventerebbe inutile o controproducente. Il rischio della ricerca dellomogeneit per paura del diverso: diverso per mentalit, per et, per cultura attenti alle Comunit Capi troppo orizzontali! Una comunit accogliente capace di incidere fortemente sulla persona nuova che entra, manello stesso tempo da essa si lascia modificare e arricchire. In una comunit accogliente si matura una forte capacit di ascolto delle persone: ascoltare con il

    cuore per capire ci che c nellanimo umano. Una Comunit Capi accogliente non assolutizza il proprio mondo di azione ma si sente parte diuna realt pi vasta (parrocchia, territorio, zona, regione), nella quale si pone come una presenzaoriginale e ricca. Una Comunit Capi accogliente non ha paura del confronto con le altre realt del territorio o conle realt che interessano da vicino la vita dei ragazzi (famiglie, scuola, parrocchia). Diventare accogliente per una Comunit Capi domanda uncammino di conversionedei suoisingoli membri: la conversione non soltanto frutto di uno sforzo personale ma dono gratuito diDio. Il mezzo migliore per convertirsi allaccoglienza la preghiera, nella quale si scopre la gratuitdellaccoglienza di Dio, la tenerezza e la misericordia del Padre Non basta la preghieraoccasionale, ma occorre un percorso stabile di preghiera nella quale abbia la prevalenza lascoltosulle parole: la goccia che batte il sasso!. TAVOLA ROTONDA

    LACCOGLIENZA IN COMUNIT CAPIdi Paola Dal Toso Incaricata Nazionale alla Documentazione

    Una delle tipicit della proposta educativa scout laccoglienza, tipica del momento iniziale di ognifase del percorso di crescita. Inoltre, laccoglienza la condizione del rapporto educativo, nonchelemento necessario ed indispensabile per fare formazione.Caratteristica fondamentale di una comunit la capacit di accogliere. Per questo un processo inun certo senso, bidirezionale: coinvolge chi accolto dalla comunit, ma nellaccoglienza coinvolta la stessa comunit.Sappiamo quanto ununit, una comunit o un gruppo che si chiudano in se stessi e non siano apertiinvece, allaccoglienza, finiscano in un certo senso, per ghettizzarsi e siano destinati a morire per asfissia, per esaurimento delle forze. Teniamo presente che oggi questo un reale pericoloanche per i vari livelli associativi poich una tendenza anche se contraddittoria, checontraddistingue il nostro tempo, quella del ritirarsi nel proprio orticello, del rifugiarsi a casa propria. Qualcun altro tende a chiudersi per difendere la tradizione, per custodire il passato. Delresto, laccoglienza implica anche aprirsi con coraggio alla novit, allinedito, allinesplorato, a ciche pu essere anche diverso, che pu essere percepito in termini di disturbo, di sovvertimentodellordine, di pericolo rispetto al progettato, programmato, pianificato, che sotto controllo,

    nonch di minaccia di ci che noto che mi d, invece, sicurezza.Accogliere sempre un rischio perch il nuovo ci spaventa sempre, coltiviamo o ci facciamofacilmente prendere da pregiudizi Inoltre, tendiamo naturalmente a cercare chiarezza, razionalit,e contemporaneamente, in modo istintivo siamo portati a rifiutare, a rifuggire da ci che pu essere

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    fonte, motivo di disturbo, sofferenza oppure fa percepire un senso di inferiorit, impotenza,insufficienza. Siamo poco allenati a buttare il cuore oltre lostacolo per accogliere la diversit comeuna ricchezza, un dono che la Provvidenza ci vuole regalare. (E come spesso capita, ce neaccorgiamo quando non c pi!). Non abbiamo fatto nostra quellespressione che hanno letto pivolte nel corso dellanno giubilare: Ero forestiero e mi hai accolto.Laccoglienza non va considerata solo come clima. Accogliere un atteggiamento concreto che segno di vera maturit, di una comunit che viva, che sa aprire le porte, anzi le spalanca perchqualcun altro possa entrare, gli fa spazio perch si senta accolto, accettato cos com, a suo agio,con quella serenit che nasce dalla percezione di non sentirsi giudicati, del timore di un giudizio chefinisce per bloccare la possibilit di crescita.Inoltre, accogliere significa aggiungere un posto a tavola, riconoscere laltro come un fratello("siamo duno stesso sangue"). far stare il capo che entra in Comunit Capi, come si trovasse dasempre a casa propria, in famiglia, dove ogni membro ha un posto, protagonista. affettuosamente accolto; ci si preoccupa se manca; viene apprezzato, stimato, continuamentevalorizzato. E come in una famiglia, il contributo personale di ognuno alla comunit necessario,fondamentale, insostituibile perch il gioco di squadra e si vince solo insieme. La comunit allora il luogo dove sono chiamato a vivere una nuova solidariet, una nuova fraternit, una fraternitnella fede che mi permette di riconoscere laltro come un fratello perch "siamo duno stessosangue"! [Ma a questo "siamo duno stesso sangue" ci crediamo o ci limitiamo a ripeterlo ai lupetticome parola maestra?]Accogliere chiede necessariamente la disponibilit ad un ascolto reale, pieno, caratterizzato datempo che viene dedicato, dallattenzione al singolo. Conosciamo la famosa frase di Saint deExupery: il tempo dedicato alla rosa.Accogliere implica anche un ascolto che perch sia vero, chiede di fare silenzio, di tacere perchlaltro possa parlare, soprattutto se ha una voce flebile Spesso i giovani capi non hanno voce, perch allinterno della Comunit Capi parlano i soliti, coloro che hanno pi voce, o sanno farsilargo.Accogliere anche rispettare i ritmi, il passo dellaltro, avere pazienza per i suoi tempi, perchaderisca attraverso un percorso di maturazione personale, a quellidea che la comunit ritieneimportante e sulla quale necessario il consenso.Laccoglienza inizia dal cuore, dallatteggiamento interiore di disponibilit a far spazio allaltro, adaccettarlo con la sua storia, per quello che . Accogliere implica la consapevolezza ed il desiderio discoprire che laltro rivela il volto di Dio.Si capaci di accoglienza solo nella misura in cui si fatta esperienza in prima persona dellessereaccolti, dellessere attesi, aspettati, cercati.Laccoglienza in Comunit Capi molto spesso data come un fatto automatico al momentodellentrata stessa in Comunit Capi; anzi, di fatto, questo momento importante del cammino di uncapo, viene trascurato. Infatti, non sono numerose le Comunit Capi, che accompagnano il capo inquesta fase essenziale, valorizzandola e magari anche celebrandola.

    Di conseguenza, necessario trovare modalit per curare lentrata (che sia personalizzata e puavvenire non solo allinizio, ma anche nel corso dellanno scout) e per celebrare il momento.Mi piace pensare a una comunit che sa dare significato al tempo anche in termini di qualit una Comunit Capi che sa vivere la propria storia come unavventura, una strada che si scopre esi impara a percorrere insieme, facendola una Comunit Capi che si lascia interrogare una zona che come momento della struttura associativa si impegna concretamentenellaccoglienza andando incontro ai capi, che sa inventare modalit per accorciare le distanze.

    I BISOGNI DEI GIOVANI CAPIdi Rosaria Facchinetti, Capo Campo CFM Lombardia

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    Bisogno di chiarezzaI giovani capi hanno bisogno di chiarire, a se stessi prima che agli altri, le motivazioni che li hannospinti a buttare il cuore oltre lostacolo e scegliere lassociazione come ambito di servizio allaChiesa e alla societ, di andare oltre il concetto della restituzione di ci che si ricevuto (per altroesca legittima e positiva) di fondare la propria riflessione sulla ricerca personale della propriavocazione. Bisogno di ascolto Ascoltare ed essere ascoltati Ascoltare cose interessanti, che interessano me che sono appena entrato in Comunit Capi esono curioso, entusiasta, desideroso di scoprire cosa mi aspetta. Ascoltare non unazione fine a se stessa: latteggiamento fondamentale per intraprendere unarelazione, latteggiamento base per il rapporto capo - ragazzo; per essere attivato deve esseresperimentato direttamente e il nuovo capo deve scoprirne la reciprocit. Ci pu significare anche: serenit nellesporre i miei dubbi e le mie perplessit; non temere il giudizio per quello che posso dire; esprimere tutto anche le stupidate e le banalit Ci non significa non mettere in atto la correzione fraterna o astenersi dalla riflessione e dalconfronto, ma bens il contrario. Bisogno di dare significato al tempoCome gestirlo, come viverlo, come valorizzarlo?I giovani capi hanno bisogno di qualit e non quantit, di sperimentare lutilit delle esperienze che

    con la Comunit Capi e la zona si vivono, di percepire che anche per i capi pi navigati ed espertiquello che si sta facendo, elaborando, pensando, non routine o ripetizione, ma ogni volta una bella avventura.Ai capi manca il tempo quasi per fare il minimo sindacabile per le attivit con le branche, quindiogni altro impegno o incarico spaventa, perch non ci sta dentro.Il tempo non va riempito ma vissuto e quello che dedico ai ragazzi non pi bello di quello chededico alla mia formazione. Bisogno di avventuraI giovani capi esprimono il bisogno di provare sulla pelle che la vita di Comunit Capi vita scoutdove si gioca, e attraverso il gioco si impara, si canta, si danza, si fa strada, dove non si vive soloattorno ad un tavolo e non si legati alle comodit, dove la competenza anche tecnica non unachiacchiera, ma una realt. Hanno bisogno di constatare che i capi sono degli specialisti dellartedi imparare e dedurre e che questa capacit non si impara una volta per tutte, ma sempre increscendo. Bisogno di dinamiche adulteI giovani capi hanno bisogno di percepire che si sta lavorando in un gruppo di adulti, dove ilconflitto non negato o trascurato, ma affrontato, dove la capacit di affrontare le difficolt che siincontrano si manifesta quotidianamente, dove si sperimenta la fatica del pensare, del progettare edel programmare, che fa parte del gioco e le rende concreto, vivibile, toccabile; una ComunitCapi, una zona, unassociazione che mi dice chiaramente che devo coltivare il coraggio e la pazienza se voglio educare, che posso farlo con seriet usando degli strumenti specifici ed adeguatiche sono il progetto educativo ed i programmi di unit.

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    Bisogno di punti di riferimento La robusta tenerezza come dice Lino. Sapere che posso contare su qualcuno. Avere persone a mia disposizione che mi accompagneranno in questo percorso, che saprannoindicarmi testi da leggere, luoghi da visitare, esperienze da fare, che potr trovare quando ne sentola necessit, che sapranno insegnarmi larte del capo. Avere persone che verranno incontro al mio bisogno di rassicurazione soprattutto nel dopocampo invernale, quando si comincia a capire quali sono le regole del gioco. Bisogno di competenza metodologicaI giovani capi manifestano in maniera forte esigenze di competenza metodologica: hanno bisogno di riempire di significato i gesti che compiono con i ragazzi; di trovare un nesso, un filo conduttore che lega le esperienze e le fa diventare esperienzeeducative, di lasciarsi interrogare; hanno bisogno di esprimere curiosit ed entusiasmo; di confronto soprattutto in staff, ma anche Comunit Capi e in zona; di non sentirsi gli ultimi arrivati.

    LACCOGLIENZA DEL NUOVO CAPO: IL RUOLO DELLA ZONAdi Andrea Arnetoli, Responsabile della Zona Valdarno - Toscana

    Lettura dei bisogni: distanza tra il capo e lassociazione e le strutture (il nuovo capo un ex rover o scolta checonosce poco dellassociazione); mancanza (spesso) nelle Comunit Capi di capi esperti (et intermedia) che possano esseremediatori, oltre che formatori per il giovane capo. Limpegno della zona:

    essere tramite verso lassociazione: tramite la zona (responsabili, comitato) lassociazione cheva incontro al nuovo capo; accorciare le distanze fra il capo e le strutture associative; essere strumento di verifica per la Comunit Capi che segue il tirocinante, confrontando ilcammino delle Comunit Capi e proponendo cammini; educazione delle Comunit Capi su come impostare e seguire il cammino delle persone cheentrano in Comunit Capi (la rotazione dei capi fa in modo che spesso non ci sia una tradizionenelle Comunit Capi);

    Lo stile: far vivere anche nella zona lo stile che dovrebbe accompagnare le nostre attivit (si lavora congioia, con entusiasmo, con obiettivi), perch per prima cosa siamo scout, poi viene il far servizio adiversi livelli.

    LACCOGLIENZA DEI GIOVANI CAPI: IL RUOLO DEL CAPOGRUPPOdi Anna Chiara Busato, capo gruppo Robegano (VE)

    Nodi problematici espressi dai giovani capi: Scelta di servizio come fatto emotivo pi che come risposta vocazione ad unesigenza educativa(difficolt a pensarsi in generale); gratificazione dellimmagine di capo pi che accettazione di un cammino impegnativo dicontinua formazione;

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    difficolt di costruire una gerarchia di valori in senso verticale; i valori vengono messi tutti insenso orizzontale come se tutti fossero sullo stesso piano; difficolt di coerenza nei valori: lattivit scout come isola rispetto agli altri aspetti di vita; difficolt nel rinunciare a qualcosa per ci che si crede importante (valori orizzontali - impegnisu pi fronti - frammentariet - difficolt di gestire il tempo) per cui anche il servizio limitato in precisi ambiti e condizioni;

    la fede come uno degli aspetti della vita, ma non ci che d senso profondo alle proprie scelte; fragilit nelle relazioni; difficolt nel progettarsi oltre limmediato.

    Nodi problematici espressi dalle Comunit Capi: Difficolt di appropriarsi di una cultura di accoglienza che vuol dire accettare con gioia la persona nuova per ci che e farla sentire parte della comunit;

    accettare linguaggi nuovi, diversi; cogliere le differenze culturali; saper guardare e far fronte ai veri bisogni dei giovani capi; guardare al giovane capo pi per la sua funzione che per la sua formazione al ruolo; difficolt nellaccettare di recuperare periodicamente ci che sta alla base del suo essere (presidal fare); ruolo del capo gruppo spesso delegato a sostituirsi alle dinamiche relazionali della ComunitCapi nei confronti dei giovani capi.

    Possibili orizzonti Comunit Capi

    Accogliere Lavorare per una cultura di Comunit Capi che sappia accettare e dare spazio ainuovi che entrano non solo privilegiando il momento iniziale di presentazionema:

    rendendoli partecipi della vita della comunit; lasciando che siano loro ad interrogare la comunit; considerando lesperienza di tirocinio che devono fare e non

    considerandoli gi capi.Accettare linguaggi diversi e cogliere le differenze come ricchezza.Accogliere vuol dire far sentire il giovane capo attore, appartenente allaComunit Capi

    Accompagnare Capi si diventa. Occorre aiutare a trovare sempre il senso delle cose che si fanno (intenzionalit). Rendere la Comunit Capi come la vera responsabiledellesperienza del tirocinio (comunit sulle motivazioni staff sullesperienzadi servizio ).La Comunit Capi deve saper offrire gli strumenti e le abilit necessarie per orientarsi in base ai valori condivisi.Condividere il progetto del capo e aiutare il giovane ad una crescita gradualedandogli modo di valutare il proprio servizio in modo oggettivo e serio, sulla base di criteri espressi dalla comunit. Occorre avere lattenzione a proporreuneffettiva esperienza di fede, insieme agli strumenti per rileggerla, e non solocontenuti astratti che riguardano la fede

    Giovane Capo

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    Scegliere Allentrata in Comunit Capi giusto chiedere esplicitamente ladesione al

    Patto Associativo. Nel tirocinio il giovane capo deve porsi come obiettivolapprofondimento delle motivazioni al servizio. Su questo sarebbeindispensabile che potesse confrontarsi anche con lassistente ecclesiastico.

    Responsabilizzarsi La conoscenza, la consapevolezza fondamentale per poter essere responsabile. giusto chiedere da subito la partecipazione ai momenti formativi chelassociazione propone. La sua assunzione di responsabilit deve esseregraduale.

    TESTIMONIANZA DI MARC DELLE PICCOLE SORELLE DI CHARLES DEFOCAULT

    Io mi sento meglio quando mi trovo con un piccolo gruppo, intorno ad un tavolino con una tazza dicaff e guardando negli occhi nellintimit dellamicizia. Il mio italiano non molto buono e,quindi, mi aiuter con queste righe scritte.Ges venuto e si fatto accogliere da noi, si fatto piccolo. Ecco il Bambino Ges! [ndr : dal suozaino Marc tira fuori un bambino in terracotta con le braccia aperte e sorridente e lo adagia su unatela di sacco in mezzo alla sala]. Ci ha valorizzato, e la relazione che ha stabilito tra se stesso e noi buona e sana (non un padrone e noi non siamo schiavi).Lamore reciproco, senza annullare la differenza, ha fatto s che la distanza tra Lui e noi diventatameno grande e ha reso possibile la tenerezza.I miei genitori mi hanno accolto dalla nascita e questo mi ha dato la possibilit di crescerenormalmente. Pure la mia comunit mi ha accolto cos come sono, dandomi la possibilit di crescere

    umanamente e spiritualmente.Questa mia stessa comunit mi ha inviato verso popoli molto diversi dal mio. Non sono arrivata in posizione di forza, anzi; dovevo imparare tutto. Non sapevo proprio niente!La lingua, le abitudini, il modo di lavorare, di occuparsi del gregge, cercare gli azimi, fare il fuoco,drizzare la tenda, cercare lacquaGrazie alla loro accoglienza ho potuto inserirmi insieme alle altre Piccole Sorelle e loro sonodiventati per me fratelli molto cari. Da prima sono stata con gli Afar quattro anni poi con i Tuaregin Niger, quattordici anni. Tutti musulmani!Ho vissuto sempre sotto la tenda, perch sono tutti nomadi. E loro mi hanno insegnato tante cose che si pu vivere con molto poco; a condividere non solo il superfluo, ma anche il necessario; a valorizzare la relazione, a cui sono pronti a consacrare tutto il loro tempo; eravamo diversi quando ci siamo incontrati e conosciuti abbiamo fatto un lungo percorso diamici siamo diventati fratelli, senza perdere la nostra identit, nel rispetto della differenzadellaltro Ecco delle parole che sono state dette da loro: da Raisha: chi ci conosce qui in questo deserto se non Dio, voi e le spine da Fatma: voi non fate differenza tra le persone, accogliete tutti egualmente poveri e meno poveri Quando spostavamo laccampamento, loro che non sono cristiani, sceglievano per noi ilposto pi silenzioso e con la sabbia pi pulita per piantare la tenda cappella con ilSantissimo.

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    Dopo questi diciotto anni vissuti in Africa, ne ho vissuto dodici al Luneur qui a Roma. Sono pi ditrentaquattro anni che questi giostrai ci accolgono e pure loro sono diventati molto cari per noi esiamo come una famiglia.E adesso vorrei leggere qualcosa della nostra congregazione:Le Piccole Sorelle vivranno laccoglienza come lha vissuta Fratel Carlo. La disponibilit a tuttisar inseparabile dalla loro vita contemplativa (di unione con Ges). con rispetto e amore che noi vogliamo accogliere ogni persona come un inviato di Dio,condividendo quello che abbiamo. Per senza desiderare di possedere di pi, neanche conlintenzione di poter dare di pi. Ges rimasto un uomo povero anche noi con la nostra grazia possiamo testimoniare il Vangelo mantenendoci fedeli alla semplicit e povert dei mezzi.Quello che conta il dono della vita, la solidariet, lamore intenso e tutto questo perch nonvogliamo tenere per noi questo grande tesoro che la Parola di Ges.In tutti i luoghi dove andiamo, il desiderio dessere una piccola presenza di Chiesa e cheattraverso noi i poveri si sentano amati da Ges, cos come loro sono per noi una Parola di Dio chevogliamo accogliere con gratitudine.

    SINTESI DEI LAVORI DI GRUPPO I bisogni formativi e le difficolt dei capi che emergono in questo momento formativo diintroduzione al servizio e accoglienza in Comunit Capi

    traccia per sabato Lo Scautismo possiede una cultura dellaccoglienza? Quali elementi della pedagogia scoutconducono con naturalezza a manifestare, vivere laccoglienza?Tra il dire ed il fare vi sono difficolt a vivere concretamente laccoglienza? Dove sono leresistenze pi pesanti? quali le cause? possibile rimuoverle e superarle? Come? Quali sono le persone coinvolte?Quali sono gli scopi per cui oggi riteniamo importante riflettere sullaccoglienza? Non possiamo semplificare tutto parlando di buoni sentimenti: non opportuno pensareallaccoglienza come elemento necessario ed indispensabile per fare educazione e formazione?Quali esigenze sono maggiormente manifestate dai nostri capi in questo momento?Quali bisogni di formazione ed informazione manifesta il capo allinizio del suo servizio?Quali lacune e difficolt sono maggiormente sentite dalle Comunit Capi e dai capi al loroingresso?Quali sono, oltre le Comunit Capi e la zona, gli altri luoghi in cui vivere laccoglienza? Con qualimodalit?Sono necessari approcci diversi per chi entra in Comunit Capi (a seconda della provenienza edellet)?

    Individuazione di un percorso di accompagnamento al servizio educativo dei capi:obiettivi, contenuti e strumenti da privilegiare ai diversi livelli

    traccia per domenica Allingresso in Comunit Capi, al momento dellinserimento in servizio, quali elementi sonoritenuti necessari ed indispensabili per permettere di affrontare con serenit e seriet tale esperienza(prerequisiti)? Quali bisogni di formazione esprime la Comunit Capi?Quali competenze sono necessarie e quali vanno supportate?Esistono considerevoli differenze tra i bisogni e competenze richieste dalle Comunit Capi e bisogni e competenze manifestate dai capi al loro ingresso?

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    opportuno fare proposte alla branca Rover/Scolte per quanto concerne la scelta di servizio?Sono necessari momenti ulteriori e maggiormente specifici di formazione al servizio di capo? Suquali aspetti e contenuti?Quale livello associativo deve occuparsene? Quali eventi di formazione? necessario pensare a percorsi di introduzione al servizio pi strutturati? possibile e necessario indicare le priorit ed identificare con chiarezza chi, cosa, quando? necessario e riusciamo ad individuare strumenti, supporti, modalit formative? possibile e utile suggerire iniziative per dare concretezza e continuit a quanto emerso?

    GRUPPO COORDINATO DA DANIELA PERAZZOLOIncaricata Regionale alla Formazione Capi del Veneto

    Come possibile notare subito, praticamente tutti i partecipanti al gruppo si trovano nella situazione di ricoprire contemporaneamente due o addirittura tre incarichi sono situazioniestreme o questa una realt diffusa?

    Sabato 17 Marzo Non stato facile in cos poco tempo riuscire ad andare a fondo sulla tematica: pur cercando dirispettare lo schema delle domande e quindi di abbreviare gli interventi, non stato possibilesviluppare ampiamente tutti i punti. Sicuramente i capi avevano la necessit e la voglia diraccontarsi e raccontare la propria realt, con lurgenza di portare a casa qualche idea di soluzionealle problematiche che interessano lintera Comunit Capi. Tutta la proposta scout basata sullo stile dellaccoglienza, in primo luogo perch abbiamo unaradice cristiana che non va assolutamente dimenticata e poi, perch lo Scautismo educa a farsicarico degli altri. Educhiamo i ragazzi nelle varie fasce det con strumenti pedagogici chestimolano e fanno fare esperienza di accoglienza (la comunit, la squadriglia, la famiglia felice, il

    servizio) Come adulti diamo un valore diverso allaccoglienza e spesso lo perdiamo di vista per alcunimotivi tipo:la paura della diversit, la paura della compromissione, la paura di perderepotere, la poca capacit di ascolto, la mancanza di umilt, il poco tempo e la cattiva qualit del tempo, la superficialit di approccio con le persone, la pigrizia, un cammino di fede poco profondo. Il problema interessatutta la Comunit Capi: tutti i capi ne sono coinvolti, anche secapi gruppoe assistente ecclesiasticosono i demandati a vegliare perch la Comunit Capi viva concretamentelo stile di accoglienza.

    Difficolt dello staff di Comunit Capi: lassistente ecclesiastico spesso non esiste; la diarchia unutopia; il capo gruppo spesso ha il doppio incarico (capo unit, zona); manca la formazione del capo gruppo a ruolo e nel ruolo. difficile vivere lo stile di accoglienza perch tra capi giovani e non, c una diversalunghezza donda su base esperienziale: capi giovani con motivazioni poco profonde (partenze date in modo superficiale dalla brancaRover / Scolte, senza che ci sia il coinvolgimento dellintera Comunit Capi); ci si aspetta tutto dalla Comunit Capi; fatica a rispettare i tempi di crescita per necessit di avere subito capi unit.

    Parlare di accoglienza una necessit: non solo in relazione al turnover dei capi e dei ragazzi;

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    perch la Comunit Capi diventa specchio e testimone nei confronti dei ragazzi; per fare una proposta seria che vada in profondit e tocchi veramente il cuore dei ragazzi,aiutandoli a crescere in modo vero; per recuperare lessere cristiani: lo Scautismo missione, dono, risposta ad una chiamata versoluomo per il quale ha un rispetto profondo.

    Domenica 18 Marzo Troppo poco tempo a disposizione per riuscire a concretizzare delle serie proposte.Abbiamo chiamato il tuttouovo di Colombo, dal momento che non sono emerse praticamentenovit, rispetto a ci che gi esiste. RIFLESSIONI SPARSE

    Laccoglienza e laccompagnamento spettano in modo particolare ai capi gruppo e allassistentein quanto hanno la responsabilit sulla garanzia del metodo. Ci non toglie che tutta la ComunitCapi sia pienamente coinvolta. Anche lo staff di unit (in modo particolare il capo unit) ha un ruolo fondamentale diaccompagnamento in quanto il nuovo capo vive con lo staff il suo approccio concreto comeeducatore e membro della Comunit Capi (se al capo unit va stretta la Comunit Capi probabilmente andr allo stesso modo anche al tirocinante).

    Sarebbe opportuno uno stacco temporale tra la partenza e lingresso in Comunit Capi: durantequesto periodo il capo gruppo avrebbe il compito di curare lintroduzione al servizio di capo. Per gli extra associativi un percorso un po diverso: alcune esperienze in stile Rover / Scolte, prima del servizio attivo, seguiti sempre dal capo gruppo e con lobbligo a partecipare ai campi per extra associativi. Tutti i momenti importanti di crescita della vita del capo come educatore, dovrebbero partiredalla Comunit Capi, ritornare alla Comunit Capi ed essere sottolineati da cerimonie. Anche i momenti significativi della vita personale, dovrebbero trovare posto ed esserevalorizzati da tutta la Comunit Capi come occasioni di crescita e formazione permanente.

    PROPOSTE: fondamentalmente riscoperta e utilizzo corretto degli strumenti che lassociazione gi si data (progetto del capo, tirocinio, progetto educativo)

    Contatto maggiore tra branca Rover/Scolte e Comunit Capi (tutti i capi hanno la responsabilitdi tutti i ragazzi). Maggior rigidit dellassociazione sul rispetto dellanno di tirocinio. Collocare il campo di Formazione Metodologica verso la fine dellanno di tirocinio.

    Maggior apertura della Comunit Capi al territorio per avere pi informazioni e possibilitconcrete di aiuto.

    RENDERE OBBLIGATORIA LA FORMAZIONE DEI CAPI GRUPPO? (DIVERSAMENTE la zona deve essere SERIAMENTE GARANTE della qualit)

    1. 1. Formazione al ruolo (per i nuovi) Regione2. 2. Formazione nel ruolo Zona

    PROPOSTA DI PERCORSO (chi fa e cosa) COMUNIT CAPI

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    primo momento(durata a seconda della maturit della persona): conoscenza delle regole delgioco (sono capo perch la vocazione al servizio, il Patto Associativo, lassociazione) a cura dicapi gruppo e assistente ecclesiastico, non c servizio attivo fisso in una branca, ma si fannoalcune esperienze varie di contatto e conoscenza delle tre branche; Tirocinio(dura un anno): servizio attivo continuativo in una branca;il capo unit e lo staff seguono il cammino del tirocinante, offrendogli lopportunit di conoscere il regolamento e disperimentare il rapporto educativo con i ragazzi (capi gruppo e assistente ecclesiasticocontinuanolaccompagnamento). ZONA

    Offre occasioni di formazione e confronto per i tirocinanti Offre occasioni di incontro per far comprendere la dimensione associativa Incontra i capi gruppo: progetta e verifica insieme a loro lanno di tirocinio per i tirocinanti presenti nelle diverse Comunit Capi REGIONE Campi per extra associativi

    Campo di Formazione Metodologica(verso la fine dellanno di tirocinio)GRUPPO COORDINATO DA MARINA DOTTAVIO

    Incaricata Regionale alla Formazione Capi della Sardegna

    Dopo aver lavorato sabato sera sulla rivisitazione dei problemi emersi in pi momenti e in diversesituazioni, riguardanti laccoglienza in Comunit Capi e le esigenze dei capi di nuovo ingresso(nonch su quelle delle Comunit Capi che accolgono..), domenica ci si concentrati su: chi fa, checosa, come e dove; ovvero avendo chiari i bisogni, sottocchio i problemi e le problematiche dellaconvivenza diciamoci che tipo di risposta si pu dare, chi deve riempire lo spazio, il vuotodefinito in precedenza.Abbiamo discusso un po per cercare di restringere i molti e diversi concetti emersi in poche echiare modalit duso, che cos si possono riassumere:Ci sono delleattenzionida avere, necessarie ed imprescindibili per costruire dei buoni rapporti e deimodidi proporre il cammino da fare, che possono anche essere specificati alla situazione e allastoria di ogni persona e in Comunit Capi.Siamo tutti daccordo che siano persone con storia associativa (partenti) o siano esterniallassociazione, lentrata in Comunit Capi non un automatismo, dal momento della partenzaallingresso ci deve essere tempo per fare un cammino di avvicinamento, comprensione,chiarezza su dove sto andando e a fare che cosa. Non definiamo i tempi (sicuramente non saranno brevissimi) perch rispettosi della storia di ciascuno; sicuramente i contenuti e le modalit delcammino saranno differenti tra ex rover / scolte ed esterni allassociazione. Comunque, che ci debbaessere untempo di riflessione e avvicinamento, la cui guida debba essere affidata ai capi gruppo (o a persona molto vicina a chi vuole entrare in Comunit Capi, per facilitargli lapproccio, comunque,sempre in relazione con i capi gruppo). In tale periodo dovrebbero essere specificati conchiarezzache cos la Comunit Capi (cosa ci lega come adulti, ovvero il Patto Associativo), a cosa servecio di cosa si occupa (il progetto educativo), cosa chiede lassociazione a chi vuole fare servizioeducativoe cosa offre (percorsi formativi offerti come possibilit di crescita!), quale la portatavocazionale del nostro servizio anche in termini di tempo ed energia. Tutto ci con laconsapevolezza che di fronte c unadulto con la sua storia, che ha dellerichieste alle qualidobbiamo prestare attenzione. La proposta sar, quindi, personalizzata(modi e tempi), ma questo un discorso che viene dopo.Una volta stabilito il contatto, chiarite le condizioni, (se sono ancora disponibili!?!) si prepara lacerimonia dellaccoglienza. Riteniamo che il momento vero e proprio dellingresso va sottolineatoin modo particolare per sancire un patto daccettazione reciproco, importante, libero, un primo

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    momento del cammino da intraprendere con la nuova comunit. Importanti saranno tutti queglielementi che ci fanno stare bene (sentirsi importanti per gli altri, atmosfera gioiosa e giocosa, sensodi certezza che sar appoggiato e incoraggiato ecc.)Ma cosa veramente importante che questo momento non deve essere preparato solo in funzione dichi entra perch unoccasione per tutta la Comunit Capi per prepararsi ad accogliere, (nelcondividere il cammino che si proporr al nuovo entrato e le modalit di relazionarsi) per rivedere il proprio cammino e le proprie relazioni (cfr.verifica).Dal momento dellingresso il novizio diventa a tutti gli effetti untirocinante, non solo comeaspirante capo di ununit ma, in quanto educatore, come adulto in cammino in una comuniteducante e autoeducante, dove ognuno e tutti insieme hanno chiaro il percorso da fare e glistrumenti da utilizzare ( progetto educativo, progetto del capo). necessario, comunque, che iltirocinante sia affiancato nella scoperta e nellappropriarsi di questi strumenti da un membro dellaComunit Capi(il capo gruppo) che filtri, se necessario, il linguaggio (spesso parliamo dando per scontato che tutti sia allinterno dei discorsi) che permetta a questultimo una personalecostruzionedi percorso, adeguata cio alle proprie necessit, ai propri tempi, rispettosa delle esigenze e deilimiti del singolo (un percorso affascinante), in cui le esperienze di campi scuola, cantieri, incontrio quantaltro possa essere utile, fuori o dentro lassociazione, siano le occasioni di crescita pigiuste e mirate e non quelle di dovere ma quelle chemi servono.Il resto dei componenti laComunit Capinon sono esonerati dallaccompagnare e dallintrodurre iltirocinante al nuovo servizio di educatore: ogni verifica, progettazione, presentazione di programmie progetti dovr essere motivo di crescita e comprensione degli strumenti e del fare educazione,cos come il lavoro di staff di unit sar occasione per scoprire, riscoprire se il caso einteriorizzare gli strumenti del metodo.Potrebbe essere utile anche istituzionalizzare momenti di incontro tra tirocinanti in zona, per permettere occasioni di confronto e verifica pi approfondite e condivise di quelle possibili in unaComunit Capi, dove di solito questi sono in numero ristretto. evidente che ci non significasostituire il lavoro della Comunit Capi.Consapevoli che lassociazione a dare le linee guida (cfr. profilo del capo), ma che poi nelquotidiano sono le Comunit Capi che hanno la responsabilit delleducazione edellautoeducazione, pensiamo che questa possa farsi strumento di condivisione di esperienze,raccolta dati, comunicazione e informazione (soprattutto con i nuovi strumenti a disposizione),affinch ciascuna realt (gruppo, zona, regione), che ha il polso della situazione, possaintraprendere o continuare un cammino di maggiore consapevolezza.La necessit di avere figure dicapo gruppo preparate anche a fare formazione di adulti (personaautorevole, che sa relazionarsi con adulti, che accetta di formarsi, garante dellattuazione dei progetti del capo - non che fa progressione personale in Comunit Capi) sottolinea il bisogno di pensare o ripensare il cammino di formazione di questi, nella zona, in regione.

    GRUPPO COORDINATO DA NUNZIO ZAGARA

    Incaricato Regionale al Tirocinio della Sicilia La discussione si incanalata subito sul significato che per i partecipanti poteva avere il concetto diaccoglienza e sin da principio si evidenziata una distinzione fra laccoglienza intesa come stile,come un modo di essere e di pensare; dallaccoglienza comemodalit, fatta talvolta di segni (di cui, peraltro, ricco lo Scautismo) e di azioni concrete.Tale distinzione, sia beninteso, non da inquadrare sul piano reale, poich naturalmente si tratta didue prospettive dello stesso argomento, tuttavia essa ci ha aiutato a passare ben presto dal pianodellastrattezza a quello concreto evitando di soffermarci eccessivamente sullanalisi ed anzicercando di individuare subito itinerari ed esperienze concrete da condividere. Lo stile dellaccoglienza il saper rischiare sulle persone accogliendone le diversit ed un mododi essere, un clima che deve permeare tutta la Comunit Capi ( e tutta lassociazione) e che

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    quando c, tangibile non solo nei rapporti con i nuovi arrivati, ma anche in quelli cheintercorrono fra tutti i membri della stessa.Certo questaria non si respira, invece, in quelle Comunit Capi nelle quali un atteggiamento un po presuntuoso di alcuni pu far venire meno il confronto ed ingenerare forme di disagio fra i giovanicapi. Emblematico in tal senso latteggiamento di certi capi cheimpartiscono disposizioniquasifossero comandi militari e senza preoccuparsi di spiegare il perch di quello che si fa (che bruttafine per lintenzionalit educativa), oppure di quelli che si esprimono usando un linguaggiotroppo tecnico (il cosiddetto "scoutese") senza curarsi di verificare di essere capitiSi cercato, a questo punto della discussione, di individuare degli strumenti e delle modalit, diselezionare dei soggetti e dei tempi che potrebbero gli uni sostenere gli altri e indirizzare leComunit Capi nel processo dellaccoglienza. Il ruolo del capo gruppoUna delle questioni pi dibattute stata quella di individuare le responsabilit circa questomomento (ma anche quelle relative al momento successivo, del cosiddetto accompagnamento);fermo restando il principio che la responsabilit formativa debba essere della Comunit Capi (nellasua interezza), in realt non si pu negare che il capo gruppo ha un ruolo fondamentale in questo processo.A questa conclusione si arriva specie pensando allormai nototurn-over dei capi registrato negliultimi anni (fenomeno un po meno diffuso rispetto ai capi gruppo) e della conseguenteosservazione che, individuando nella figura del capo unit, iltutor dei nuovi arrivati, si rischiaspesso di caricare di tale responsabilit capi che nella maggior parte dei casi risultano essere essistessi in formazione, perch in Comunit Capi da uno o due anni. Non bisogna, peraltro, tralasciare che, per la sua posizione particolare, il capo gruppo si trova adessere al centro di una serie di rapporti (varie unit del proprio gruppo, consiglio di zona ecc.) dallaquale pu offrire ai tirocinanti una visione a pi ampio raggio. Il ruolo della zona e/o della regione emersa chiara lopinione che la Comunit Capi non pu essere lasciata sola in questo compito, mache debba esserci un sostegno prestato dai diversi livelli associativi. Pur nella diversit diesperienze presentate dagli appartenenti al gruppo di lavoro, lopinione prevalente che talecompito spetti innanzi tutto alla zona e si concretizzi, come gi accade -secondo quanto relazionatodai presenti- in Trentino Alto Adige, Liguria, Toscana, Calabria, Sicilia, attraverso lorganizzazionedi eventi (incontro, pernottamento, piccola route ecc.) specificatamente dedicati ai tirocinanti.Altra idea che ha messo tutti daccordo stata quella della cosiddetta pattuglia a domicilio: taledenominazione, inventata sul momento, indica la necessit che il livello regionale non si limiti a proporre solo i momenti di formazione istituzionale, ma partecipi al processo dellaccoglienzaoffrendo un servizio direttamente alle zone (o ai gruppi) nelle zone, cio muovendosi concretamenteverso esse, con procedimento inverso rispetto a quanto accade oggi.

    Per la verit, nelle diverse esperienze si riscontrano gi esperienze di questo tipo, alcune pattuglieregionali (Trentino Alto Adige, Toscana) o altre esperienze di lavoro in rete come, ad esempio, inSicilia ove il lavoro degli incaricati di zona al tirocinio coordinato dalla pattuglia regionale diFormazione Capi (bisogna tenere presente numeri e distanze). Cosa e quandoCi siamo anche confrontati su alcuni aspetti concreti dellaccoglienza in Comunit Capi, primo fratutti come fare a fissare dei paletti con i nuovi capi che si apprestano ad entrare nelle nostrecomunit? apparso necessario pensare ad un momento che qualcuno ha definito di pre-accoglienza, momento in cui, non avendo ancora iniziato il tirocinio e non essendo ancora inalcuna unit, si possa chiedere di accettare i principi del Patto Associativoattraverso una piccolacerimonia, utilizzando gesti e simboli della nostra tradizione; si tratterebbe di una cerimonia similea quella che viene fatta allinizio dei campi scuola (contratto formativo) e andrebbe effettuatanellarco dei primi 15-30 giorni dallingresso in Comunit Capi.

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    Non sfugge che la disponibilit iniziale ad accettare i principi dellassociazione va, comunque,verificata in maniera pi ampia attraverso un processo che non pu esaurirsi nel semplicecontratto. Si sottolineato come la Comunit Capi (ed il capo gruppo) debbano accompagnareconcretamente tale processo che porta il nuovo arrivato a stilare il suo progetto di capo.Unultima riflessione si , infine, fatta sulla partenza. Poich l80% dei giovani capi proviene dalla branca Rover / Scolte, pensando ad una certa fragilit dei giovani capi e delle loro motivazioni, siriterrebbe necessario avviare una riflessione su questo momento particolare della vita scout per rimarcare che la partenza non esclusivo appannaggio dei capi clan, ma un forte momento diverifica nel quale coinvolta (a vario titolo) lintera Comunit Capi.

    GRUPPO COORDINATO DA PASQUALE ZAGARESEIncaricato Regionale alla Formazione Capi della Campania

    Situazione possibile: la Comunit Capi pu essere luogo di conflitto e di non crescita e, pertanto, laricaduta un cattivo servizio educativo.Il seminario sullaccoglienza risultato, tra laltro, unottima prospettiva di lettura, perch se pur vera lattenzione che bisogna avere nellaccogliere i nuovi capi, non meno importante lacura che ogni singolo capo deve avere di s e dellaltro per migliorare le competenze di capo, per interiorizzare la sua vocazione ad essere capo-testimone; con questo sembra di aver ribaditovecchi concetti, ma bene richiamarci a questa dinamica, che rappresenta la base delclima. Nel lavoro di gruppo abbiamo:

    Ribadito limportanza delruolo del capo gruppoquale formatore attento, paziente, propositivo,capace di suscitare domande di senso ed interesse alla continua formazione, capace didiscernimento, testimone di una vita semplice, concreta, gioiosa, amante di una Speranza, perchsempre proiettato a realizzare il Progetto che Dio vuole realizzare Ogni capodeve vivere in questa prospettiva e con questa sana tensione interiore, solo cos potrtestimoniare, anche con la sola presenza silenziosa, il volto di Cristo, che amore per laltro quandosi entra in relazione.

    La Comunit Capi responsabile sin dal momento in cui bussa alla porta: Fase dellavvicinamento

    se di provenienza extra associativalattenzione e la cura ricadr nel presentare la Promessa, la Legge Scout , il Patto Associativoquali elementi fondanti dello Scautismo, ( senso dellappartenenzaai valori) lo spirito, la pedagogia; in questa fase di avvicinamento tutta la Comunit Capi condiscreta e fraterna sensibilit accompagna il neofita alla scelta; se di provenienza associativa importante riflettere che la scelta di servizio una vocazione ched senso alla sua vita e al suo progetto; la Comunit Capi con modi decisi e fraterni deve aiutarelaspirante capo a capire che nello Scautismo non esistono automatismi (pertanto, non tutti sono per un servizio educativo): ridefinire la propria identit; operare un forte discernimento e nel contempo presentare e riflettere sul Patto Associativo(strumento per introdursi nella realt associativa per meglio costruire e comprendere il proprio ruolo e la propria identit di capo-educatore). Fase del contratto

    Laspirante faingressoin Comunit Capi nellambito di unacerimonia(che valorizza il sensodellaccogliere limportanza di una relazione non superficiale, che non lascia indifferenti e che porta a lasciarsi addomesticare e ad addomesticare; magari se extra associativo, pu vivere lasua Promessa); recuperare (o riappropriarci) il senso del contratto: indubbiamente un termine che facilmente pu portare a facili conclusioni, che possono creare conflitti e confusione. Ilcontratto unaccordocondiviso tra adulti che scelgono liberamente di vivere il gioco dello Scautismo nel rispetto delleregole; regole che ci richiamano lo stile della condivisione, del trapasso nozioni, dellascolto sirichiede la capacit di fare memoria delle esperienze vissute(sia associative sia della vita sociale)

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    per avere la consapevolezza della propria identit, dei punti di forza e di debolezza, dei propritalenti, delle scelte fatte sia positive che negative; si richiede uno stile di vita inteso come modo di essere nei confronti di s e degli altri e, quindi,come protagonista della propria crescita, responsabile della propria formazione. Fase del progetto

    Il tirocinante viene gradualmente portato a capire il perch: Il progetto del caponon lo hainventato B.-P., per, dalle dimensioni fondamentali dello Scautismo possiamo coglierne il valore atutti i livelli della proposta educativa. Progetti concreti fatti di azioni capaci di incidereveramente sulla persona e sulla realt. Si richiede la capacit di uno sforzo di ideazione su di s, uno sforzo che riguarda tutta la persona, tutta la sua spiritualit.

    Fase della prova e della verifica Consapevole della scelta: giocarsi come educatore al servizio dei pi piccoli (con lo spiritoevangelico: quello che farete al pi piccolo degli uomini, lo farete a me); il tirocinio:consapevoli chenon ci si improvvisa capi dellassociazione, si sperimenta e si elabora un percorso formativo(iter formativo) quale prova e verifica delle proprie scelte e delle proprie attese; la prova ela verifica necessitano della presenza e della mediazione di un capo adulto (capo unit, capo gruppo,assistente ecclesiastico, referente-tutor-angelo custode). Fase del mandato

    dare al nuovo capo la dimensione della statura raggiunta e dellimpegno che dovr affrontare nelsuo ruolo di capo-educatore e testimone.

    GRUPPO COORDINATO DA RICCARDO BUSCAROLIIncaricato Regionale alla Formazione Capi dellEmilia Romagna

    C una cultura di accoglienza nelle Comunit Capi? Le Comunit Capi sono veramente comunit?Dobbiamo puntare a questo. Non vero che i giovani capi sono senza motivazioni: sono i migliori che possiamo avere, perchfigli del loro tempo ed hanno buone motivazioni. Il problema sta nella cultura di accoglienza delleComunit Capi, che manca.Gratifichiamo i giovani capi, creiamo nelle Comunit Capi un clima favorevole, nel quale si vivonomomenti di gioia, condivisione, recupero del senso di comunit. In una Comunit Capi nella qualenon c comunit, non si vive laccoglienza.I giovani capi spesso non sono accolti, ma inseriti nella frenesia delle Comunit Capi. Il passaggiodalla partenza allentrata in Comunit Capi automatico. Disagio nei giovani capi che vengonobuttati nella mischia.Tra laltro, le urgenze della vita di Comunit Capi fanno annullare tempi e logiche. Nelle Comunit Capi i rapporti umani sono vivi? Esiste nonnismo tra capi giovani e capi pianziani?Perch i capi entrano in Comunit Capi? Quali sono i criteri che chiediamo a chi entra in ComunitCapi?Ci sono defezioni nei primi due anni, forse perch i giovani capi non trovano motivazioni; ci sono problemi di relazione che diventano causa di abbandoni. Il divario di esperienze non pu essereforbice che taglia i rapporti.Occorre porre attenzione alle piccole cose: dalle regole allamore. necessario rispettare i tempi di crescita perch il giovane capo prima ha lentusiasmo del serviziocon i ragazzi.Ai giovani capi manca il tempo della scoperta; il tempo di formarsi e di prendere coscienza delruolo, utilizzando come strumento il progetto del capo.

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    Non chiediamo ai giovani capi di fare scelte che non competono loro perch hanno tempi diversi.Proposte: scelta consapevole di Promessa; servizio e condivisione con altri adulti con un Patto Associativo, con adesione anche alloStatuto. Problemi aperti: Allatto della Partenza c veramente una solidit delle scelte? In associazione spesso guardiamoai rover e alle scolte come futuri capi. Dobbiamo tener conto che la maggioranza dei capi vienedalle comunit rover e scolte. Dai campi di formazione metodologica arrivano segnali di mancanzadi scelte e motivazioni in fondo. Dobbiamo fare qualcosa al momento dellingresso e creare un percorso di accompagnamento. Osare il futuro uno slogan valido.

    Bisogna ridistribuire ruoli e metodologie. il gruppo che sta al centro dellassociazione ed ,quindi, necessaria una formazione del capo gruppo, prima che dei tirocinanti. Il nodo centrale sono icapi gruppo: aiutiamoli ad acquisire tecniche di gestione di Comunit Capi. I capi gruppo hanno unruolo che deve essere valorizzato e supportato. I giovani capi trovano Comunit Capi o solo gruppi di giovani? Lattivit una routine o unascoperta reale dellavventura?

    importante conoscere per offrire proposte adeguate. Le Comunit Capi che hanno gente solida,riescono a far a passare automaticamente nozioni e valori. Manca la dimensione dello scambio.Il capo unit persona che fa da tramite e da trapasso di nozioni. Questo non avviene in uno,quindici o trenta giorni. Mancano fasce intermedie. Occorre valorizzare i capi che potranno dareuna mano senza fare servizio, ma che hanno molto da dare; il buco fa mancare il trapassonozioni. Tra i motivi, la scelta: o fai servizio con i ragazzi o non sei niente. Non c cultura delquadro.

    Verifichiamo la verticalit in Comunit Capi. Ufficializziamo il fatto che esistono capi edaspiranti capi, ai quali chiediamo delle cose limitatamente, capi in formazione nei tempi giusti per loro.

    In relazione dallaumento numerico dal 1974 ad oggi lAgesci ha predisposto la formazione per persone con tanto tempo a disposizione ed stata lassociazione stessa che ha disgregato i capi

    medi perch non ha dato loro tempo. Manca la comunicazione fra diversi livelli: regione/Comunit Capi/staff. Probabilmente ci sono problemi di dialogo e confronto perch spesso le cose vengono fatte, ma non comprese dai livellidiversi.

    CONTRIBUTI AL SEMINARIO

    Problemi e riflessioni sullaccoglienza

    di Paola dal Toso. pag.26

    Laccompagnamento dei Capi adulti in Comunit Capi Il ruolo dellAssistenteEcclesiastico e quello del Capo Gruppoa cura della Regione Veneto.. pag.31

    Accoglienza e Tirociniodi Nunzio Zagara.. pag.38

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    La nuova Comunit Capi: ideazione, sperimentazione e verificaa cura della Regione Lombardia.... pag.41

    PROBLEMI E RIFLESSIONI SULLACCOGLIENZAdi Paola Dal Toso Incaricata Nazionale alla Documentazione

    La domanda di fondoLa Comunit Capi effettivamente una comunit, in cui ogni capo accolto e valorizzato? unacomunit di adulti educatori a servizio dei pi piccoli? I capi sono un gruppo educativo di laicicattolici operanti in modo intenzionale su un territorio, nellambito della chiesa locale, in rapportocon lAssociazione? Se cos fosse, non prevarrebbero tanti problemi dovuti a personalismi, a certedifficolt interpersonali...La Comunit Capi si pone il problema della qualit della proposta educativa o si limita agarantire lorganizzazione della stessa? La Comunit Capi prega? La Comunit Capisostiene e garantisce la formazione permanente per i singoli capi?La Comunit Capi una scommessa ed una sfida: degli adulti di et diverse, di generazioni diverse,di situazioni di vita diverse (fidanzati, sposati, liberi, consacrati) stanno insieme perchEntrata in Comunit Capi: non automatica dal clan. Occorre far trascorrere del tempo: avolte il giovane capo scalpita dalla voglia di entrare e si crede giusto farlo entrare subito,altrimenti perde la motivazione del servizio. Invece, pu essere questo un tempo per maturare con maggiore profondit le motivazioni del servizio.Si trascura sempre il momento dellaccoglienza in Comunit Capi: qualche idea per curarelentrata (che sia personalizzata e pu avvenire non solo allinizio, ma anche nel corsodellanno scout) e per celebrare il momento.

    Aiutare i giovani capi a vivere la dimensione della comunit

    Dovrebbe essere un discorso scontato soprattutto per chi viene dallesperienza scout.Cosa significa comunit? Cosa significa vivere la fraternit, la condivisione?Se nella comunit si stabiliscono relazioni mature, rapporti damicizia, ci si frequenta, cipu andare a vantaggio della persona. Non sufficiente il semplice stare in compagnia,che dovrebbe, invece, evolvere in relazioni fraterne caratterizzate dalla stima reciprocache permette quella coesistenza tra diverse generazioni o diverse estrazioni sociali.Occorre prestare attenzione per far crescere i rapporti tra le persone. Questo implica laccettarleancora prima di conoscerle. Fondamentali sono la disponibilit di tempo e la capacit dascolto.Come far crescere e anche esprimere piccoli segnali di stima reciproca che ciascuno di noi vorrebbesentire per rafforzare la stima di s e tenere vive le motivazioni e lentusiasmo nel fare sempremeglio leducatore?

    Sappiamo bene che lamicizia vera nasce e si rafforza nel condividere le fatiche e le esperienzedogni giornoOccorre aiutare i giovani capi a capire che nella comunit il gioco di squadra. Pertanto,come il contributo di ognuno necessario, cos altrettanto necessario accettare esentirsi impegnati a rispettare le decisioni comunitarie, anche se su di esse mi trovo indisaccordo. Quante volte si va in giro a pettegolare, si parla alle spalleSi tratta di aiutarci a capire che per il bene della comunit mi possono essere chiesti deisacrifici, di rinunciare al mio personalismo Nei conflitti interni alla comunit si rischia di sentire solo la voce di chi sa "gridare". Le urgenze ele emergenze fanno calare lattenzione verso i singoli e le situazioni personali. La ristrettezza deitempi porta a dover "comprimere" le molte questioni tecniche ed organizzative; frequentemente, sitoglie spazio al dialogo ed allo scambio mirato a quelle situazioni magari un po meno legate alservizio diretto con i ragazzi, ma sicuramente importanti per la crescita della comunit. Lambito di

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    maggior dialogo diviene lo staff che rimane scambio tra singoli se privato di quellarricchimentoche solo una comunit pu favorire.

    Aiutare i giovani capi a vivere la Comunit Capi La Comunit Capi esiste in ragione del fatto che rende un servizio ai ragazzi: sono loro il sensodellesistenza di una Comunit Capi e della nostra associazione educativa. Ed ai nostri ragazzivogliamo bene.In Comunit Capi si dovrebbero vivere tre virt: rispetto, ascolto, mediazione non vengonoriconosciute da coloro che considerano la Comunit Capi come ambiente puramente organizzativo,creando cos divisioni e fratture che fanno allontanare la voglia di scambio e confronto su tematicherelative alla crescita di ciascuno in comunit. Non sempre facile rispettare il tempo ed il passo degli altri, talvolta il peso delle responsabilit ela necessit di procedere verso degli obiettivi, costringe colui che regge il timone, ad unatteggiamento troppo decisionista, e, quindi, poco rispettoso dei tempi del singolo.Modi diversi di interpretare le problematiche educative e confrontarsi sulle differenti possibilisoluzioni frequentemente non vengono intesi come ricchezze. Ad esempio, i giovani capi tendono a privilegiare il rapporto con i ragazzi, mentre i pi anziani sembrano pi attenti al progetto e almetodo.Di fatto, salve rare occasioni, allinizio o alla fine della riunione di Comunit Capi si fa una preghiera. Molto pi raramente, durante la preghiera, si prova lo slancio per ringraziare Dio per averci donato questa comunit. Eppure non difficile considerare questa comunit come uno deimomenti privilegiati della "mia" giornata dove ancora oggi riesco a crescere in modo tangibile.Interpretare le dinamiche della Comunit Capi anche con gli occhi della fede aiuterebbe a percepirela Comunit Capi come un ambiente sostanzialmente diverso dallefficientismo tipico dellambientedi lavoro e come piccola comunit di fede e di preghiera, luogo in cui maturare progressivamenteunadesione al Vangelo e unappartenenza ecclesiale sempre pi adulte e mature.

    Aiutare i giovani capi ad assumere il ruolo educativo che comporta la scelta di esserecapo Punto dolente: i conflitti fanno perdere di vista la meta finaleA volte nascono per la fuga di notizie dalla Comunit Capi. Ad esempio, in occasionedellinizio del nuovo anno, quando si tratta di decidere cambiamenti per gli staff di unit.Non si tiene presente che: i giovani capi sono legati alla comunit rover e scolte, dove hanno ancora amici con iquali non possono e non giusto che tronchino i rapporti; si tratta di aiutarli a capire la differenza del nuovo ruolo, che sul piano educativocomporta anche acqua in bocca I giovani capi dovrebbero potersi inserire nel cammino di un gruppo che preesistente a

    loro e ci si augura continuer successivamente alla loro presenza. Questo gruppo ha unasua storia, ha percorso una sua strada, caratterizzata da vicende specifiche, dallamaturazione di punti fermi, tradizioni, scelte entrate nel patrimonio specifico del gruppo.Far conoscere ai giovani capi il cammino percorso dalla Comunit Capi edallAssociazione, ad esempio: i giovani capi vanno agli incontri per tirocinanti e affermano che il loro gruppo non ha ilprogetto educativo. Poi dalla zona arrivano i richiami alla Comunit Capi. i giovani capi non conoscono le scelte del Patto Associativo : non conoscono il testo,non lhanno mai letto. rispetto a questioni particolari, la Comunit Capi pu aver maturato nel tempo degliorientamenti che si danno per scontati, invece, vanno presentati man mano che sipresenta loccasione, ai nuovi entrati. la Comunit Capi pu avere delle tradizioni, che opportuno presentare e non dare per scontate.

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    Le attese dei giovani capi Occorre aiutarli a capire che se viviamo la Comunit Capi secondo aspettative personali,finiamo per distruggere la comunit: si diventa peso per la comunit proprio perch sifinisce per essere portatori di attese troppo personali. Cos si scivola nellaccusarecontinuamente la Comunit Capi, gli altri capi perch non sono come noi li vorremmo,perch non hanno le nostre stesse aspettative. Invece, la Comunit Capi una grandefortuna che ci stata concessa, un dono di cui ringraziare continuamente Dio. Ma non lei ad essere donata a me, piuttosto: mi donato di appartenere ad essa. E questabenedetta Comunit Capi va accettata ed amata con le sue pecche, con i suoi problemi:quelli che hanno tutti, ma che sono poi anche molto privati, interni, e ci fanno anchearrabbiare, andare in bestia. Chi non ha le sue rogne? ... Incomprensioni, poca chiarezza,poca voglia di giocarsi in prima persona, differenze ed incompatibilit di carattere,eccessive "testardaggini" che talvolta sfociano in discussioni accese, clima polemico manon costruttivo, sempre pronti a criticare, poco disponibili a rimboccarsi le maniche per glistraordinari, difficolt di parlare, discutere, confrontarsi insieme, accettandosi nelladiversit.Si evita talora il confronto perch si rischiano quelle riunioni tempestose in cui si esprimono giudizisu comportamenti personali, si giudica, si fa il processo, si bisticcia, si rompono amicizie. Ci sigiustifica con la scusa che tra laltro, "siamo dei volontari", "facciamo Scautismo per passione". Non cerchiamo ci che unisce pi che ci che ci divide.Spesso i giovani capi non hanno voce, perch allinterno della Comunit Capi parlano isoliti, coloro che hanno pi voce, o sanno farsi largo.

    Assicurare lo spazio, dando voce anche ai giovani capi, ad esempio, in particolare: chiedere pareri ai giovani capi per primi su tematiche oggetto di discussione e, poi,attraverso il confronto far capire anche altri punti di vista, magari pi associativi, cui sichiede di adeguarsi

    chiedere ai giovani capi di relazionare su esperienze particolari vissute, magarisuggerendo anche qualche punto: incontri per tirocinanti, eventi di formazione capi,partecipazione a campi scuola

    Aiutare i giovani capi a progettare il cammino di crescita in quanto educatori Lessere adulti si esprime nella capacit di progettarsi. Occorre, mettere a disposizionestrumenti pratici per imparare a progettare il percorso formativo personale dentro e fuorilesperienza associativa, in una prospettiva di formazione permanente. Uno strumentofinalizzato al raggiungimento di questobiettivo il progetto del capo.Il climache si vive allinterno della Comunit Capi:il giovane capo deve poter percepire che la Comunit Capi un ambiente adatto alla formazione

    personale, ecc. Si tratta di favorire nella Comunit Capi la maturazione di un clima positivo che permetta al singolo capo di condividere con gli altri, di confrontarsi, di mettere in comune i progetti personali, ecc. Da questo punto di vista, perch no, il progetto del capo pu essere lo strumento diuna nuova solidariet, di una nuova fraternit, una fraternit nella fede che mi permette diriconoscere laltro come un fratello perch "siamo duno stesso sangue"! [Ma a questo "siamo dunostesso sangue" ci crediamo o ci limitiamo a ripeterlo ai lupetti come parola maestra?] Aiutare i capi nella formazioneche un evento relazionale nel senso, che si attiva nel confrontointerpersonale e, per quanto riguarda la formazione dei capi scout, privilegia lesperienzacomunitaria. La Comunit Capi luogo non solo di programmazione di attivit, ma anchecomunit educante, cio luogo di corresponsabilit educativa e di progettazione educativa in undeterminato territorio (= la Comunit Capi chiamata a mediare tra le finalit e caratteristiche proprie del metodo scout e le esigenze concrete del territorio). La valorizzazione delle esperienze dicrescita diventa occasione di formazione permanente.

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    Responsabilizzare i capi unit nella funzione di formatori Se non altro sul piano metodologico, il trapasso delle nozioni relative allarte di capo,avviene soprattutto in staff. Occorre che i capi unit siano coscienti di questaresponsabilit e facciano delle riunioni di staff occasioni non solo per stare insiemeamichevolmente, oltre il servizio, ma anche momenti di formazione nei quali ai giovani capisi spiega il perch di certi modi di fare. Si tratta di accompagnarli perch in futuro siano ingrado di assumere la responsabilit educativa e sappiano utilizzare il metodo scout inmodo intenzionale.

    Responsabilizzare i capi gruppo nella funzione di formatori : soprattutto, nellanimazione di momenti di verifica comunitaria del progetto del capo; mediando, avendo unocchiata speciale per coloro che sono appena entrati; lo stile delle riunioni dovrebbe essere curato perch viene assimilato velocemente. Adesempio, in Comunit Capi si dovrebbe arrivare ad assumere una decisione non per maggioranza, ma facendo maturare il consenso, il che non cos semplice, ma richiedecontinua ricerca... Responsabilizzare i capi nella funzione di educatori : anche nei confronti degli altri capi. Ad esempio: certi commenti associativi sullultimaassemblea regionale che non stata brillante (anche se pu esser vero) finiscono per far passare lidea che inutile frequentare gli eventi associativi perch tempo perso. Disponibilit al servizioI giovani hanno tempi e disponibilit al servizio diverse da chi ad esempio, ha famiglia erischia di condizionare i ritmi della vita di Comunit Capi (vuol conciliare i ritmi dellafamiglia e/o dei figli imponendoli alla Comunit Capi); chi non ha ancora una responsabilitfamiliare pi libero nei tempi e probabilmente ricerca un rapporto con gli altri componenti

    dello staff o della Comunit Capi, anche al di fuori dello Scautismo; chi studia fuori citt, presente solo nei week end, oppure ha periodi di esame che lo porta ad essere pifacilmente assenteOggi molti capi sono in difficolt nel conciliare vita personale e servizio (che si prestaquando c bisogno e non quando io ho tempo!) non hanno il coraggio delle scelte, il checomporta anche rinunce: vogliono fare tutto quello che ritengono utile per la lororealizzazione personale (tra cui lo Scautismo uno dei tanti impegni) e cercano in manieraaffannosa di star dietro a tutto, nel tipico stile consumistico. Questo ha un riflesso poi,anche nel rapporto con i ragazzi.A volte i capi anziani dovrebbe esprimere maggiore fiducia nelle possibilit dei giovani capie nelle loro capacit di realizzare determinate attivit. importante non cadere nella trappola di misurare le disponibilit. Infatti, spesso, nonriusciamo ad accettare che qualcuno, offra meno di noi, o, comunque, dedichi molte menoenergie alla "importanza della causa". Invece, saper gratificare senza risparmio chi"lavora" diventa esercizio a "vedere" i frutti del lavoro di coloro che sono vicini; potrebbe,inoltre, promuovere la consapevolezza al servizio come vocazione, permettendo di nonsoffrire o "misurare" la disponibilit con chi fa meno di noi.

    Motivazioni al servizioIl percorso educativo scout caratterizzato dalla ciclicit. In un certo senso, lesperienza diservizio e la stessa intenzionalit educativa risentono di questo fatto. Quanto vive ungiovane capo, viene interiorizzato ad un certo livello; nel tempo, la stessa esperienza diservizio trova (o dovrebbe trovare) motivazioni di interiorizzazione pi profonde e lacompetenza metodologica si affina sempre di pi, scoprendo anche significati inediti.

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    Le scelte di vita :Nellattuale contesto di societ complessa, evidente che i tempi di maturazione sononotevolmente rallentati per alcuni aspetti.Un problema: che testimonianza pu offrire ai rover e alle scolte un capo che viveproblematiche simili alle loro e non si ancora confrontato con scelte di vita (scelta dellavoro; famiglia, ecc.)? Che incisivit, che credibilit pu avere?Un giovane capo clan pu oggi essere una risorsa, ma forse, senza codificare regole etenendo presente che ogni situazione particolare, val la pena di interrogarsisullopportunit di far assumere la responsabilit educativa nella guida di ununit R/S adun capo di ventun anni. Il cammino di fedeLe problematiche a cui precedentemente ho accennato investono evidentemente anche ilcammino di crescita nella fede.Forse oggi i giovani capi, a causa dei ritmi di maturazione personale, non hanno ancoramaturato quella scelta di fede prevista dal Patto Associativo .La Comunit Capi dovrebbe offrire un sostegno al cammino personale di fede.

    Attenzione al progetto del capo uno strumento mediamente pi diffuso rispetto a qualche anno fa, ma non sempresufficientemente usato. Non solo va lanciato, ma anche usato e vissuto: spesso uno dei tanti pezzi di carta che finisce neldimenticatoio. Va sostenuto ed in particolare, verificato, tenendo conto che questa necessita di unclima positivo, sereno, favorevole.

    Laccompagnamento dei capi adulti in Comunit CapiIl ruolo dellAssistente Ecclesiastico e quello del Capo gruppo

    (Incontro di Pattuglia Regionale Formazione Capi - Padova, marted 11 gennaio 2000)

    di don Francesco Marconato, Lorenzo Pinton e Daniela PerazzoloAssistente Ecclesiastico e Incaricati Regionali alla Formazione Capi del Veneto

    Premessa:

    Consideriamo questo tema del rapporto con gli assistenti un tema di particolare importanza. Ilcontesto ecclesiale ed associativo ci conferma in questa intuizione. Ci sembra che l dovelesperienza di rapporto con gli assistenti vissuta con serenit, ci contribuisce ad uno scautismodi buona qualit. L dove questi rapporti sono pi tesi, ci ci sembra ad un tempo lorigine e anchela conseguenza di unattivit scout e di unesperienza ecclesiale pi problematica.

    Ci sembra quindi che sia importante muoversi in questo ambito a livello regionale per due

    motivi: importante che i preti possano comprendere e assumere consapevolmente leopportunit educative e di iniziazione alla fede che lo scautismo presenta.

    altrettanto importante aiutare i capi scout a comprendere come pi opportunomuoversi in vista di unappartenenza ecclesiale pi adulta e consapevole e di un rapportocon gli assistenti pi ricco e maggiormente fruttuoso.

    Consideriamo la chiacchierata di questa sera come linizio di una riflessione. Non vogliamo fareconsiderazioni definitive, n intendere le cose che diremo come il verbo dellAssociazione..., maavviare una ricerca che speriamo potr trovare altri ambiti in cui proseguire (e non ultimo proprioquello di un dialogo con gli assistenti a livello di zone) e che pensiamo potr tornare utile alcammino dellAssociazione e ai nostri ragazzi. 1. Uno sguardo alla realt associativa in evoluzione.

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    Lintuizione della Comunit Capi (Co.Ca) ha inizio con la nascita dellAgesci, nel 1974 e con lenuove necessit di coordinamento del gruppo scout presentate dalla scelta della coeducazione, maha il suo lancio pi preciso e definitivo nella Route Nazionale delle Comunit Capi di Bedonia(PR), nellagosto del 1979. La Comunit Capi viene pensata come strumento educativo fortementelegato al territorio, nella consapevolezza che leducazione non opera del singolo, maresponsabilit comunitaria.Oggi il contesto appare fortemente mutato. Pur rimanendo validi gli obiettivi che avevano portatoalla scelta della Comunit Capi come articolazione di base dellAssociazione, alcuni problemi siaffacciano alla realt e chiedono probabilmente nuove risposte. In particolare bene aver presente:

    la notevole espansione numerica dellAssociazione. Ci ha portato ad una grande diffusione nelterritorio (soprattutto nel Veneto!), ma in alcuni casi ad una certa approssimazione dal punto di vistadella qualit della proposta educativa. A volte certi gruppi scout operano pi sulla base di sensibilit personali o locali che su di uneffettiva formazione (contenutistica e metodologica) dei singoli capie delle Comunit. spesso i capi (e anche i capi gruppo) sono giovani e non hanno ancora maturato una propriasintesi personale completa. Da notare il fatto che negli ultimi anni ladolescenza si va prolungandoallinfinito e let adulta, let delle scelte responsabili... sembra non arrivare mai... esiste un certo fenomeno di turn-over, cio di rapido ricambio dei capi. Pu capitare,addirittura, che il giovane capo faccia il suo iter di formazione e al termine di esso faccia un anno odue di servizio e poi chiuda con lesperienza scout. Ci fonte di notevole disagio per le ComunitCapi, per lAssociazione, per il tipo di proposta educativa che si riesce a fare... emerge oggi con forza il problema degli Assistenti Ecclesiastici. In Agesci lAE non ha un ruolodirettivo in prima persona, in quanto si tratta di unAssociazione educativa laicale, ma la sua presenza costante e competente nel passato aveva dato frutti molto importanti. Oggi ci si scontra

    con una scarsit numerica degli Assistenti, con una loro impossibilit a seguire tutte le attivitassociative, con una loro scarsa competenza metodologica, a volte anche con problemi legati allerelazioni personali tra capi e assistenti (che diventano in alcuni casi problemi di rapporto tra grupposcout e parrocchia). Da qualche anno lAssociazione (anche a livello regionale) sta compiendo un notevole sforzo per riprecisare la figura dellAE e per integrarla, eventualmente, anche con altre presenze, tentandocomunque di reagire al piagnisteo sterile per la mancanza di preti. si rileva spesso nei capi dellAssociazione anche una certa carenza nelle motivazioni al servizio.Capita infatti che la chiamata al servizio educativo non corrisponda ad una parallela maturazionedellesperienza di fede. Pertanto il servizio si rivela poco fondato dal punto di vista evangelico eminacciato quindi dalla poca voglia, dai momenti di stanchezza, di tensione, di difficolt neirapporti interpersonali. In questo senso i capi scout partecipano di quella che la situazioneculturale ed ecclesiale attuale, dove lesperienza di fede non pu essere data per scontata, ma vacontinuamente annunciata, accompagnata, riprecisata, verificata. Non per il fatto di appartenereallAgesci che un capo matura automaticamente lesperienza di fede o la coscienzadellappartenenza ecclesiale. Spesso abbiamo buone disponibilit personali che chiedono tutto un paziente lavoro di accompagnamento e di sostegno. E una delle realt tipiche del contesto dinuova evangelizzazionesu cui il papa e i vescovi insistono da tempo. si coglie a volte una certa fatica da parte ecclesiale (non nei documenti ufficiali, manellesperienza delle chiese locali) ad accogliere la specificit del metodo scout (quello che potrebbe essere chiamato il suo...carisma...) e in particolare la valenza educativa in ordine allafede e la sua capacit di essere esperienza di frontiera, aperta anche a quei ragazzi un po pi lontani

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    dalla comunit cristiana. Questa caratteristica prevede infatti modalit specifiche di intervento, chespesso non vengono comprese.

    2. Lidentit e il ruolo della Comunit Capi. Per procedere correttamente in questa breve riflessione opportuno illuminare quello che il ruolospecifico della Comunit Capi allinterno dellAssociazione. Essa si configura infatti:

    come comunit di adulti, che hanno compiuto o stanno compiendo le scelte fondamentali della propria vita e sono animati dal desiderio di mantenere vivi alcuni valori di riferimento che hannoscelto per la propria vita. non come comunit stabile di vita o come unico riferimento per la crescita di una persona, anchese utile che non sia un luogo di pura appartenenza formale. E necessario infatti che la ComunitCapi sia un luogo di effettive relazioni fraterne, che consentano ai capi un cammino autentico diformazione personale. non come luogo di programmazione di attivit, ma come comunit educante, luogo dicorresponsabilit educativa e di progettazione educativa in un determinato territorio. E la ComunitCapi che chiamata a mediare tra le finalit e caratteristiche proprie del metodo scout e le esigenzeconcrete del territorio. come luogo di formazione permanente. Il confronto tra capi e il clima di correzione fraterna chedovrebbe essere caratteristica di ogni CoCa dovrebbe consentire nel tempo la crescita di personalitmature, capaci di ascolto profondo, di relazioni adulte, di servizio maturo.

    come esperienza di chiesa, piccola comunit di fede e di preghiera, luogo in cui maturare progressivamente unadesione al Vangelo e unappartenenza ecclesiale sempre pi adulte e mature. 3. Alcune caratteristiche dellaccompagnamento degli adulti. Se la Comunit Capi si caratterizza come luogo di formazione permanente e di confronto per capiadulti, necessario distinguere alcune specificit del cammino di formazione permanente per persone mature. Una delle difficolt ricorrenti, infatti, il rischio di considerare i capi adulti comeragazzini o come adolescenti. Ci rischia di non far maturare mai personalit capaci di libert, diresponsabilit, di prese di posizione fondate e mature.Le scienze educative distinguono ormai lapedagogia (leducazione dei ragazzi e dei giovani)dallandragogia (la scienza, cio, che si occupa della formazione permanente degli adulti).Landragogiacorrettamente intesa non si ferma alla pura e sempliceistruzione(acquisizione diconcetti a livello logico-razionale) e nemmeno allapprendistato (acquisizione di determinaticomportamenti o stili di vita). Questi due livelli, pur importanti e necessari, non sono sufficienticome formazione permanente delladulto in un contesto pluralista e multiculturale come quelloodierno e, anzi, possono ostacolarla perch la fanno percepire come un procedimento infantile oadolescenziale, che viene istintivamente rifiutato.Lobiettivo cui puntare, dunque, quello dellaformazione permanente delladulto, intesa comeeducazione globale della persona, educazione dellessere, del sapere, del sentire, dellagireconcreto, in vista della stimolazione continua di un processo di crescita e di cambiamento della persona.Essa presenta le seguenti caratteristiche:1[1]1[1] Cfr. BIEMMI E NZO, Accompagnare gli adulti nella fede - Linee di metodologia catechistica, LDC, Torino, 1994;BIEMMIE NZO, Corso di Catechesi degli Adulti - dispense ad uso degli studenti, Biennio di Licenza in Teologia Pastorale,

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    a. La corretta formazione permanente deve partire dal presupposto che ladulto, diversamentedalladolescente, in grado di dirigersi da solo. Egli il primo responsabile della sua vita, delle suescelte, anche in ordine alla fede. E necessario quindi sottolineare questa responsabilit e far leva sudi essa, anche a livello di cammino di fede.

    Conseguenze per laccompagnatore: il servizio di accompagnamento delladulto risulta pi efficace se laccompagnatore

    riesce ad associare ladulto a quanto gli propone, individuando insieme con lui, il pi possibile, bisogni, contenuti, obiettivi, verifica... del cammino. la figura dellaccompagnatore degli adulti si discosta per una certa parte dal catechista

    inteso in senso classico e si configura comeaccompagnamento, comefacilitazione,comerelazione daiutonei confronti di adulti che possono dirigersi da soli.

    b. Ladulto apprende a partire dalla sua esperienza. Egli, infatti non arriva al momento formativocometabula rasa, ma con una serie di esperienze precedenti a cui fa riferimento. L