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INFORMATICA GIURIDICA collana del CIRSFID

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INFORMATICA GIURIDICAcollana del CIRSFID

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DirettoriMonica PalmiraniAlma Mater Studiorum – Università di Bologna

Giovanni SartorAlma Mater Studiorum – Università di Bologna

Comitato scientificoAgata Cecilia Amato MangiameliUniversità degli Studi di Roma “Tor Vergata”

Alberto ArtosiAlma Mater Studiorum – Università di Bologna

Luisa Avitabile“Sapienza” Università di Roma

Raffaella BrighiAlma Mater Studiorum – Università di Bologna

Donato LimoneUniversità Telematica Unitelma Sapienza

Ugo PagalloUniversità degli Studi di Torino

Francesco RomeoUniversità degli Studi di Napoli “Federico II”

Antonino RotoloAlma Mater Studiorum – Università di Bologna

Giovanni ZiccardiUniversità degli Studi di Milano

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INFORMATICA GIURIDICAcollana del CIRSFID

La collana ha l’obiettivo di accogliere scritti scientifici che affondino temi di infor-matica giuridica con originalità, innovazione, interdisciplinarietà. Ospiterà lavoridedicati ai diversi aspetti del rapporto tra discipline informatiche e diritto, spa-ziando dalle tecnologie informatiche per il diritto, alla logica giuridica e al dirittodell’informatica. I lavori possono comprendere riflessioni — di teoria del dirittoe dell’argomentazione, bioetica, sociologia e filosofia del diritto — sugli impattidelle tecnologie dell’informazione sul sistema giuridico e sull’attività del giurista.

CIRSFIDAlma Mater Studiorum – Università di Bologna

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Filosofia del diritto e nuove tecnologie

Prospettive di ricerca tra teoria e pratica

a cura di

Raffaella Brighi, Silvia Zullo

Presentazione diCarla Faralli

Contributi diElvio Ancona, Maria Giulia Bernardini, Giovanni Bisogni

Cecilia Blengino, Giovanni Bombelli, Maria BorrelloCarlo Botrugno, Raffaella Brighi, Donato Eugenio Caccavella

Luigi Cominelli, Giuseppe Contissa, Federico CostantiniGiovanna De Rugeriis, Anna Di Giandomenico, Alessia Farano

Federico L.G. Faroldi, Guglielmo Feis, Valeria FerrarisMichele Ferrazzano, Gianluigi Fioriglio, Stefano Fuselli

Enrico Maestri, Agata C. Amato Mangiameli, Michele MartoniValeria Marzocco, Lorenzo Milazzo, Silvia Mondino, Paolo MoroCarlo Nitsch, Monica Palmirani, Stefano Pietropaoli, Tamar Pitch

Francesco Romeo, Germano Rossini, Marco Q. SilviPaolo Sommaggio, Persio Tincani, Barbara Troncarelli, Isabel Trujillo

Annalisa Verza, Adriano Zambon, Silvia Zorzetto, Silvia Zullo

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con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: dicembre

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Indice

11 Presentazione di Carla Faralli 13 Parte prima Nuove tecnologie e società

Introduzione Tamar Pitch….…………………………………….……………………...15 Controllo e sorveglianza Persio Tincani..…………………………………………………….……..19 Smart city e smart citizens: trasformazioni e rappresentazioni della sicu-rezza nell’ era della “dataveglianza” Cecilia Blengino e Silvia Mondino …………………………..……..……41 Sorveglianza e controllo nella Società dell’ informazione. Il possibile con-tributo dell’ etica hacker Gianluigi Fioriglio ….……………………………………………………57 La profilazione e i suoi rischi Valeria Ferraris........………………………...……………………………69 I rischi di un diritto neutrale nella regolazione delle applicazioni di tele-medicina Carlo Botrugno..………………………………………………………….81 Ansia panottica e “treadmill effect” nell’utopia eudaimonistica delle nuo-ve tecnologie Annalisa Verza………………………………………………………..….89

107 Parte seconda Neuroscienze e pensiero giuridico

Introduzione Stefano Fuselli…………………………………….…………………….107 Strategie di Neurocivilizzazione Paolo Sommaggio…………………………………………………….…111

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Indice 8

Medicalizzare o punire? Su neuroscienze e devianza Valeria Marzocco…………………………………………………….….127 Colpevolezza e “libero arbitrio”: una questione superata? Lorenzo Milazzo….…………………………………………………..…141 Causalità naturale e responsabilità. “Colpa” o “merito”delle neuroscien-ze? Silvia Zullo ........……………………………………………………..…155 Naturalizzare la responsabilità? La teoria della responsabilità alla prova delle neuroscienze Alessia Farano………………………………………………………...…169 Neuroprova e bias giudiziario Luigi Cominelli………………………………………………………….183 Limiti al diritto: neuroscienze e accertamento del plagio Guglielo Feis ……………………………………………………………197 Chomsky, linguaggio, diritto: una prospettiva neuroscientifica ante litteram? Giovanni Bombelli………………………………………………………211

227 Parte terza Influsso delle innovazioni tecnologiche sulla riflessione

giuridica Introduzione Isabel Trujillo…………………………….……………………………...227 It’s a wrongful life. Analisi e fraintendimenti di una controversa azione civile Maria Giulia Bernardini.………………………………………………...231 Obiezioni alla bioetica della “qualità della vita” Barbara Troncarelli.………………………………………….………….241 Minori affetti da DSD: chi decide cosa? Anna Di Giandomenico.…………………………………….…………..255 L’autonomia illusoria sulla propria salute. L’autodeterminazione control-lata rapportata ad alcune prospettive della psichiatria e delle neuroscienze Germano Rossini.…………………………………………….………….269 Dati informatici e modelli dei dati. Verso “una nuova dimensione della realtà” Raffaella Brighi.…………………………………………………………281 Internet e identità personale Michele Martoni e Monica Palmirani .………………………………….295 L’ambiente: un elemento del “contenuto minimo del diritto naturale”? Giovanni Bisogni.……………………………………………………….309 Nuove sfide regolative per il diritto: il caso degli OGM Maria Borrello.…………………………………………………………..321

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La filosofia del diritto fra storia delle idee e nuove tecnologie 9

341 Parte quarta Logica, informatica, argomentazione. Profili metodologici

Introduzione Francesco Romeo.…………………………………………………………………335 La regola e l’ eccezione. Su defettibilità, ambiguità e vaghezza delle norme giuridiche Carlo Nitsch.………………………………………………………………………341 Modalità buletiche tra logica e diritto Federico L. G. Faroldi.…………………………………………………………….361 L’applicazione della teoria dei modelli mentali alle inferenze deontiche Adriano Zambon.………………………………………………………………….371 Oltre la probabilità statistica: il paradigma delle Sezioni Unite Elvio Ancona.……………………………………………………………………..387 Questioni teoretiche concernenti la prospettiva delle “folksonomie legali” Federico Costantini.……………………………………………………………….401 Responsabilità e automazione: una metodologia per la valutazione del rischio giuri-dico basata sull’argomentazione Giuseppe Contissa.…………………………………………………………….…..417 Documento informatico e costruzione della realtà giuridica Marco Q. Silvi.…………………………………………………………………….431 Le fonti cognitive del diritto nell’era di Internet Monica Palmirani………………………………………………………………….445 Ridondanza, razionalità del legislatore, discrezionalità dell’interprete Silvia Zorzetto.…………………………………………………………………….459

471 Parte quinta Informatica, diritto e questioni sostanziali

Introduzione Agata C. Amato Mangiameli.……………………………………………………..477 La corretta esecuzione della descrizione inaudita altera parte nel diritto industriale per l’analisi forense di sistemi informatici Donato Eugenio Caccavella e Michele Ferrazzano .……………………..……….487 La sfida dell’innovazione tecnologica nel processo penale Giovanna De Rugeriis .…………………………………………………………....497 Digibodies. Biobanche e consenso informato tra finzioni scientifiche e finzioni giuridiche Enrico Maestri.…………………………………………………………………….511 Libertà del robot? Sull’etica delle macchine intelligenti Paolo Moro.………………………………………………………………………..525 Chi deve essere il custode della rete? Considerazioni sul problema dell’ esercizio del “diritto all’ oblio” Stefano Pietropaoli.………………………………………………………………..545

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Filosofia del diritto e nuove tecnologieISBN 978-88-548-9016-9DOI 10.4399/97888548901691pag. 11-12 (dicembre 2015)

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Presentazione

Carla Faralli*

Il XXIX Congresso della Società Italiana di Filosofia del Diritto svoltosi a Bologna e Ravenna dal 18 al 20 settembre 2014, organizza-to dal CIRSFID (Centro Interdipartimentale di Ricerca in Storia del Diritto, Filosofia e Sociologia del Diritto e Informatica Giuridica “A. Gaudenzi e Guido Fassò” dell'Università di Bologna).

Il Convegno, dal titolo “La filosofia del diritto tra storia delle idee e nuove tecnologie”, era dedicato alla memoria di Guido Fassò, uno dei maestri della disciplina e grande storico della filosofia del diritto, in occasione del quarantennale della morte.

Il Convegno si è aperto a Bologna con una tavola rotonda a lui de-dicata alla quale, sotto la presidenza di Paolo Grossi, professore eme-rito dell’Università di Firenze e membro della Corte Costituzionale, hanno preso parte Francesco D’Agostino, Carla Faralli, Luigi Ferrajo-li, Luigi Lombardi Vallauri, Enrico Pattaro, Antonio Enrique Perez Luño, Eugenio Ripepe, Franco Todescan, che hanno ripercorso l’itinerario intellettuale di Fassò.

Nei due giorni successivi nella sede ravennate della Scuola di Giu-risprudenza dell’Università di Bologna si sono tenute due sessioni, ri-spettivamente dedicate alle nuove tecnologie informatiche con le rela-zioni di Giovanni Sartor e Damiano Canale e alle nuove tecnologie biomediche con le relazioni di Laura Palazzani e Ulderico Pomarici.

* Presidente della Società Italiana di Filosofia del Diritto. CIRSFID, Università di Bolo-gna – [email protected]

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Presentazione 12

In entrambe le sessioni le relazioni, in coerenza col tema del Con-vegno, hanno considerato lo sviluppo delle nuove tecnologie, in un ca-so informatiche nell’altro biomediche, alla luce delle categorie elabo-rate dal pensiero filosofico-giuridico.

Hanno arricchito il Convegno, in particolare nel pomeriggio del 19 settembre, cinque workshop rivolti a giovani studiosi e centrati sui se-guenti temi: Neuroscienze e pensiero giuridico (coordinato da Stefano Fuselli); Logica, informatica, argomentazione – Profili metodologici (coordinato da Francesco Romeo); Logica, diritto e questioni sostan-ziali (coordinato da Agata Amato Mangiameli); Influsso delle innova-zioni tecnologiche sulla riflessione giuridica (coordinato da Isabel Trujillo); Nuove tecnologie e società (coordinato da Tamar Pitch).

I contributi a tali workshop sono pubblicati in questo volume, cura-to da Raffaella Brighi e Silvia Zullo con la collaborazione di France-sco Di Tano e Valeria Sundas.

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Parte prima

Nuove tecnologie e società

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Filosofia del diritto e nuove tecnologieISBN 978-88-548-9016-9DOI 10.4399/97888548901692pag. 15-18 (dicembre 2015)

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Introduzione

Tamar Pitch*

I sei contributi che seguono sono accomunati dall’oggetto della lororiflessione: le nuove tecnologie della comunicazione e dell’informazione.

Tre di essi si concentrano sulla questione sicurezza. E già questo rivela quanto sia diventata centrale, nelle nostre società e dunque nell’analisi dei sociologi del diritto, la suddetta questione, nei suoi vari risvolti. Il versante da cui questi contributi la esaminano è quello della sorveglianza, diventata oggi assai più pervasiva che nel passato, lad-dove si avvale (anche) di strumenti che noi tutti usiamo (telefoni cel-lulari, carte di credito, social media, ecc.). È una sorveglianza almeno apparentemente acefala, ciò che la distingue dal modello panottico classico, pur condividendo con questo modello un aspetto importante: così come il panottico funziona costruendo soggetti in linea di princi-pio capaci di auto controllarsi, la sorveglianza attuale funziona attra-verso il nostro stesso uso di una serie di dispositivi che, sempre in li-nea di principio, aumentano la nostra libertà. Insomma, panottico e sorveglianza diffusa non si contrappongono alla libertà individuale, semmai la costruiscono in modo tale che le nostre libere scelte si indi-rizzino verso certi obbiettivi a scapito di altri. Si può dire, semmai, che ambedue, e in particolare la sorveglianza attuale, producono emarginazione ed esclusione. Se e quando il panottico non funziona, allora si producono quelle “classi pericolose”, i poveri “non meritevo-li”, verso cui diventa necessario dotarsi di dispositivi e strumenti di neutralizzazione. La sorveglianza, a sua volta, tende a tracciare un

* Università degli Studi di Perugia – [email protected]

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Introduzione 16

confine tra chi è considerato abbastanza degno di fiducia da avere una carta di credito, badge e passi di vario tipo, ecc. e chi no . Questi ulti-mi sono i nuovi “poveri immeritevoli”, e molti affermano che la que-stione non è più tanto, o solo, quella di neutralizzarli, ma di spingerli definitivamente fuori dalla collettività dei “meritevoli”, scarti ormai inutilizzabili e non riciclabili.

E comunque, il nesso, piuttosto che la contraddizione, tra “libertà” (o una certa concezione della libertà) e sicurezza, variamente intesa, è sempre stato stretto: perfino Hobbes, per non parlare di Bentham, rite-neva la sicurezza (interna ed esterna allo stato) strumento indispensa-bile per il libero perseguimento, da parte dei consociati, dei loro inte-ressi, desideri e passioni.

Un’altra differenza tra panottico e sorveglianza diffusa che molti segnalano consisterebbe nel fatto che laddove il panottico lavora sulle “menti”, la sorveglianza passa attraverso i comportamenti. In realtà, a me pare che, così come il panottico opera bensì sulle menti, ma avva-lendosi anche di una disciplina dei corpi, la sorveglianza a sua volta sia dotata di un di più “etico”, laddove, precisamente, opera attraverso la “fiducia”, in certo modo segnalando l’affidabilità di chi ne possiede gli strumenti principali e, di converso, l’inaffidabilità di chi non li possiede. Ciò che non vuole affatto dire che niente sia cambiato, anzi, e i contributi che seguono aiutano a comprendere meglio il mutamento e le sue conseguenze.

Tincani, per esempio, confrontando appunto il modello panottico con la sorveglianza globalizzata contemporanea, contesta di quest’ultima il connotato di superpanottico, non tanto perché non vi sia un unico guardiano o che potenzialmente i molti e diversi “guar-diani” possano a loro volta “guardare” (troppa essendo la differenza di potere tra alcuni stati e le grandi corporations da una parte e i cittadini, non importa quanto organizzati, dall’altra), ma perché mentre la non osservanza delle norme imposte dal guardiano del panottico non infi-cia il funzionamento disciplinante del panottico stesso, essendo le tra-sgressioni in genere punite, nel caso della sorveglianza contemporanea questo invece spesso non succede (Tincani fa l’esempio del divieto di scaricare files protetti dal diritto d’autore, divieto allegramente e mas-sicciamente trasgredito, senza che niente avvenga). Ciò produce, con-clude Tincani, sfiducia nelle reali capacità del sistema di sorveglianza di offrire la protezione che promette.

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Introduzione 17

Il rapporto tra sorveglianza e libertà torna nel contributo di Blengi-no e Mondino sulle smart cities, ovvero su quelle politiche pubbliche che intendono, in ottemperanza allo Strategic Energy Technological Plan proposto dall’UE nel 2009, costruire città inclusive e sostenibili grazie alle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Le autrici fanno notare come l’inclusione riguardi, di fatto, soltanto i cittadini competenti dal punto di vista digitale, e provvisti dei disposi-tivi necessari ad utilizzare “l’intelligenza” della città: già solo per que-sto, la città smart esclude molti e molte. La ricerca da loro condotta su un campione di giovani nativi digitali sulla percezione della sicurezza e della sorveglianza rivela come, per un verso, i ragazzi non ritengano “reati” molti fatti in realtà criminalizzati nell’uso corrente di internet (condivisione di files, ecc.): qui, il fatto che questi “reati” non venga-no perlopiù puniti sembra confermare ciò che Tincani dice a proposito della differenza tra panottico e sorveglianza (vedi sopra). Per altro verso, i nativi digitali non sembrano rendersi conto di quanto essi stes-si contribuiscano, con i loro comportamenti, alla diffusione della sor-veglianza stessa, e ancora di più, all’autosorveglianza: la quale, dun-que, si confonde con la libertà. La preoccupazione per la tutela della privacy, questione molto sentita dai giovani, non si traduce in consa-pevolezza dei diversi modi in cui la privacy viene di fatto violata at-traverso il loro uso delle tecnologie. E questo, concludono le autrici, dà conto di un potere della nuova sorveglianza di fatto non riconosciu-to, laddove la possibilità di accedere alla comunità virtuale è condi-zionato dalla cessione di dati personali. Un paradosso, giacché non es-sere nella comunità virtuale produce esclusione, ma esserci significa essere (potenzialmente) sorvegliati.

La contraddizione tra privacy e sorveglianza torna nel contributo di Fioriglio, come questione chiave non solo per le libertà costituzional-mente garantite, ma anche, più in generale, per l’assetto democratico delle nostre società. Una sorveglianza globale, da parte degli stati e delle varie intelligence, ma anche, e insieme, da parte delle imprese. Fioriglio si interroga sulle possibilità e modalità giuridiche di inter-vento per contrastare efficacemente l’erosione e violazione delle liber-tà fondamentali, e trova utili suggerimenti nella cosiddetta “etica hac-ker”, ossia in quell’etica condivisa dalla comunità (o, addirittura, se-condo alcuni, classe) hacker che si batte per il pieno e libero accesso ad una risorsa immateriale artificiosamente limitata. Così facendo, so-

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Introduzione 18

stiene Fioriglio, la comunità hacker si batte anche per la tutela della libertà informatica di tutti.

La questione della privacy, ma anche dell’autodeterminazione e in definitiva dei presupposti stessi delle democrazie liberali, è inoltre af-frontata dal contributo di Ferraris in relazione alla profilazione, frutto della collazione di dati molteplici e diversi, assemblati per scopi vari. Vantaggi e svantaggi della profilazione, descritti dall’autrice, si equi-valgono? si chiede in conclusione Ferraris, mettendo tuttavia in evi-denza la necessità di una sempre maggior consapevolezza che dell’uso della profilazione può venir fatta da parte di tutti noi.

Il tema affrontato da Botrugno, la telemedicina e i modi per disci-plinarla giuridicamente, si discosta dalla questione della sorveglianza e della sicurezza, interrogando invece le trasformazioni nel rapporto medico-paziente prodotte dall’uso delle tecnologie della comunicazio-ne, un uso che l’Unione Europea spinge a incrementare e che appare acriticamente sostenuto anche da una direttiva firmata da esperti ita-liani. Botrugno mette in rilievo le criticità della telemedicina, soprat-tutto, appunto, per quanto riguarda il rapporto medico-paziente, e i ri-schi che un’insufficiente attenzione alle stesse comporta.

Annalisa Verza mette invece acutamente a tema l’ambizione delle nuove tecnologie a colmare il vuoto di relazioni prodotto dall’iper-individualismo contemporaneo e ne rileva le contraddizioni e le possi-bili conseguenze inattese e perverse.

In conclusione, si può rilevare la rilevanza delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione negli studi di sociologia del diritto, che appaiono dunque attenti e consapevoli delle trasformazioni sociali e culturali che esse comportano e della necessità di una loro di-sciplina giuridica per limitarne le conseguenze non volute e incremen-tarne invece l’utilità collettiva.

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Filosofia del diritto e nuove tecnologieISBN 978-88-548-9016-9DOI 10.4399/97888548901693pag. 19-40 (dicembre 2015)

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Controllo e sorveglianza

Persio Tincani*

1. Percezione del pericolo e richiesta di sicurezza

Sebbene alla sorveglianza si guardi spesso con fastidio e con so-spetto, è innegabile che essa sia necessaria per rispondere alla richiesta di sicurezza che i cittadini rivolgono alle istituzioni; una richiesta le-gittima e ragionevole che si associa a una delle ragioni fondamentali – la protezione – per le quali troviamo conveniente vivere in società. Tuttavia, (anche) quando si tratta di protezione e di sicurezza, il passo dal ragionevole all’irragionevole è breve; e così si assiste un po’ ovunque, nel mondo occidentale, alla stabilizzazione dell’ “ansia secu-ritaria” che consiste, in breve, nella percezione abnorme di minacce al-la sicurezza che produce una richiesta altrettanto abnorme di protezione.

In momenti di crisi sociale ed economica è facile che le persone cerchino di individuare un responsabile per i loro disagi, e ciò costitui-sce un terreno fertile per la diffusione di dicerie:

ogni volta che incombe una minaccia o si è verificato un evento spaventoso, è inevitabile che si diffondano voci incontrollate […]. Nel periodo che segue una crisi vengono fatte molte congetture. Alcuni le riterranno plausibili, forse perché offrono uno sfogo al risentimento e al desiderio di trovare un colpevo-le. Gli eventi tragici generano risentimento, e in un simile stato d’animo le persone accettano molto più facilmente le dicerie che giustificano le loro

* Università degli Studi di Bergamo - [email protected]

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Persio Tincani 20

condizioni emotive, e sono inoltre più propense ad attribuire gli eventi ad azioni intenzionali. (Sunstein 2010, 24-5) Quando parlano di pericoli, le dicerie tendono a ingigantirli man

mano che si diffondono, e possono finire per trasformare semplici e oggettive situazioni di rischio in irreali minacce percepite come in-combenti. In questo fenomeno non c’è nulla di nuovo. Si pensi a que-sto episodio che riferisce Georges Lefebvre:

il verbale di un’assemblea di abitanti tenuta a Charlieu, nel Forez, il 28 luglio 1789, ci mostra chiaramente come circolavano le notizie. Il locandiere Ta-vernier, annunciò che ospitava un mercante che gli aveva raccontato molti fatti sui briganti. Lo si mandò a cercare. Era un minutiere ambulante, cono-sciuto da vent’anni a Charlieu e chiamato Girolamo Nozeda. Raccontò che veniva da Luzy per Toulon-sur-Arroux, Charolles e La Clayette; che la popo-lazione là era “sotto le armi”; che a Charrolles s’era arrestato un brigante che portava settecentoquaranta luigi, ciò che era vero; che aveva sentito dire che a Bourbon-Lancy ottanta altri erano venuti a imporre alla città un contributo, ciò che era falso; “che, dappertutto, non si parla che di briganti”. Dopo di che, le lingue si sciolsero. Un mercante di Charlieu disse che, “stando otto giorni fa a Digoin, vide la borghesia che montava la guardia per garantirsi; che un uomo di Charolles, che ritornava da vender buoi al mercato di Ville-franche era stata attaccato sulla strada; che certi briganti hanno tirato una pi-stolettata che ha rotto la coscia al suo cavallo e gli hanno rubato cento luigi”. Un altro mercante attestò “che aveva sentito parlare dello stesso fatto da certi forestieri”. Parecchi altri presenti parlarono di “diversi fatti di brigantaggio”, in particolare che Saint-Etienne era stata attaccata da seicento uomini, che la guarnigione e la milizia avevano respinto. (Lefebvre 1973, 86) Lefebvre attribuisce parte della causa del diffondersi di dicerie in-

fondate e spaventose alla condizione di oppressione vissuta dal popolo gravato da un regime dispotico. Tuttavia, egli stesso riconosce che un peso anche maggiore lo ha il fatto che, all’epoca, la sola via di infor-mazione accessibile alla maggior parte dei francesi – non esistevano i quotidiani e la popolazione era per lo più analfabeta – era la tradizione orale (Lefebvre 1973, 86), fatta di notizie che vengono trasmesse da persone che, spesso, non hanno alcuna possibilità di controllarne l’esattezza a persone che, altrettanto, non possono verificarla e che, a loro volta, le trasmettono ad altri. Alla fine, tutti parlano della stessa notizia, e dal fatto che tutti nel parlano si trae la conclusione che essa non può che essere vera. La condizione della popolazione occidentale contemporanea è molto diversa: l’analfabetismo è scomparso, esistono

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Controllo e sorveglianza 21

i giornali ed esistono altri organi di informazione accessibili a tutti. Con questo, però, non è scomparsa la comunicazione di bocca in boc-ca; la tradizione orale si è soltanto spostata sui canali di internet. Lo stesso strumento che mette a disposizione quotidiani e siti di appro-fondimento politico e scientifico è anche lo strumento che permette a chiunque di pubblicare su un social network la notizia falsa dei parla-mentari che, nell’ultima seduta prima della pausa estiva, votano all’unanimità l’aumento dei propri stipendi; oppure la notizia, altret-tanto falsa, che dagli aerei in volo sui nostri cieli si spargano “scie chimiche” per il controllo del clima e delle menti; o la notizia, ancora falsa, che nei programmi scolastici delle scuole elementari è stato in-serito l’insegnamento delle tecniche di masturbazione. Tutte queste notizie possono essere verificate, e facendolo si vedrebbe che si tratta di menzogne. Eppure, nonostante i cittadini non siano gli analfabeti del 1789 francese, ciò non basta a far sì che nella posta elettronica non ci giungano numerosi gli inviti a firmare una petizione contro quell’aumento degli stipendi dei parlamentari, che non si assista a ma-nifestazioni contro “le scie chimiche” o a prese di posizione contro l’ora di masturbazione nelle scuole primarie. Il potere della diceria, così, sembra non essere intaccato dalla diffusione dell’istruzione e dal-la disponibilità di informazioni.

Il tema della “sicurezza” è divenuto un cavallo di battaglia elettora-le e una macchina per generare o per indebolire il consenso attorno a politiche specifiche. Anche la stessa terminologia della comunicazione politica sulla sicurezza mostra il netto scollamento dalla realtà: si pen-si, tanto per fare solo alcuni esempi, allo spacciatore di droga che di-viene il “mercante di morte”, al flusso migratorio che diventa “inva-sione”, alle città che sono “sotto assedio”. Come è stato notato,

l’ossessione securitaria non è tuttavia un fantasma, poiché rivela un tipo di rapporto con lo Stato specifico delle società moderne. L’individuo esige che lo Stato lo protegga perché viene ipervalorizzato, e poiché si sente fragile e al tempo stesso vulnerabile. Così la “domanda di Stato” appare davvero più for-te nelle società moderne che in quelle precedenti, laddove numerose prote-zioni-soggezioni erano distribuite attraverso la partecipazione a gruppi di ap-partenenza sottoposti al sovrano. La pressione si esercita ormai essenzialmen-te sullo Stato, salvo poi rimproverargli di essere troppo invadente. Ma se vuo-le essere uno Stato di diritto, non può che deludere questa ricerca di protezio-ne totale, giacché la sicurezza totale non è compatibile con il rispetto assoluto delle forme legali. (Castel 2004, 20)