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UNIVERSIT POLITECNICA DELLE MARCHE FACOLT DI ECONOMIA GIORGIO FU_______________________________________________________________

Corso di Laurea in Economia e Management

IL VALORE DELLA CONOSCENZA. DALLA TEORIA AL KNOWLEDGE MANAGEMENT APPLICATO

Relatore: Chiar.mo Prof. Gabriele Micozzi

Tesi di Laurea di: Laura Paoletti

Anno Accademico 2006 2007

INDICE

Introduzione

pag.

I

CAPITOLO PRIMO VERSO UNA KNOWLEDGE BASED ECONOMY 1.1 La nascita di un nuovo capitalismo economico 1.1.1 Cosa si intende per economia della conoscenza? 1.1.2 1.1.3 Alcuni pregiudizi da riconoscere e da correggere Perch si parla soltanto ora di capitalismo cognitivo? pag. 1 pag. pag. pag. 7 10

3

1.1.4 1.2 1.2.1 1.2.2 1.2.3 1.3 1.3.1

Il sentiero di sviluppo della nuova disciplina Dati, informazioni e conoscenza Caratteristiche di una risorsa sui generis Alcune possibili tassonomie

pag. 20 pag. pag. pag. pag.

13 21 26 pag. 37 38 31

La conoscenza come fattore produttivo: propriet e originalit pag.

Perch gestire la conoscenza aziendale? Motivazioni di tipo esogeno ed endogeno

CAPITOLO SECONDO CONOSCENZA AL LAVORO: IL KNOWLEDGE MANAGEMENT 2.1 La gestione della conoscenza: alcuni concetti introduttivi 2.1.1 2.1.2 2.1.3 2.2 2.2.1 2.2.2 2.2.3 2.2.4 2.3 2.3.1 2.3.2 2.3.3 Cos il knowledge management? Una breve storia della disciplina Il modello di Nonaka e Takeuchi I knowledge workers La Learning Organization Le tecnologie di gestione della conoscenza Un nuovo modello di creazione del valore Le attivit di un sistema di gestione della conoscenza pag. I benefici economici, tecnologici ed organizzativi Le cause di un possibile insuccesso pag. pag. pag. 94 pag. pag. 102 107 pag. pag. pag. pag. pag. 47 48 52 58 65 pag. pag. 78 88 93 67 72

Le implicazioni per lassetto dimpresa

Il sogno e il disincanto del knowledge management

CAPITOLO TERZO AL DI LA DEL KNOWLEDGE MANAGEMENT: LIBERARE LE POTENZIALITA NASCOSTE DI UN SISTEMA DI GESTIONE DELLA CONOSCENZA 3.1 Il knowledge management in cifre 3.1.1 3.1.2 3.1.3 3.2 3.2.1 La rilevanza del fenomeno LUnione Europea e la Strategia di Lisbona E lItalia? Il KM come mezzo di apprendimento pag. pag. pag. pag. pag. pag. 119 122 128 135 141 145

KM significa soltanto gestione della conoscenza?

3.2.2 3.2.3 3.2.4 3.3 3.3.1

Il KM per il potenziamento della strategia di marketing Il KM a servizio dellinnovazione e della creativit Il KM come nodo di legame con il territorio

pag. pag. pag. pag.

149 153 pag. 164 166 158

Alcune prospettive future La domanda e lofferta del KM che verr CAPITOLO QUARTO

IKNOW: LA FANTASIA CHE DIVENTA REALTA 4.1 La societ Nautes e lazienda iGuzzini Illuminazione: il successo di una originale collaborazione 4.1.1 4.2.2 4.2.3 4.2 4.2.1 4.2.2 4.2.3 4.2.4 4.2.5 4.2.6 Lazienda iGuzzini Illuminazione La societ Nautes Srl Il knowledge management applicato Le origini del nuovo sistema Il metodo, la strategia e la tecnologia Nautes Le fasi di realizzazione del progetto Come lavora iKnow? I benefici attesi Alcuni segreti da svelare pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. 178 pag. 189 pag. 196 pag. 214 230 239 249 pag. pag. pag. pag. pag. 275 273 253 257 263 209 189 169 172 175

IKnow: per saper fare uso di ci che si conosce

4.3 Una possibile visione per gli anni a venire Conclusioni Allegati

Bibliografia

Webliografia Ringraziamenti

INTRODUZIONE

Lo studio della conoscenza uno degli elementi pi profondi e sfuggenti della storia, che economisti, sociologi e psicologi cognitivi hanno in passato affrontato sotto ogni aspetto, senza peraltro pervenire a risultati accettati da tutti1. La stessa Penrose nel testo La teoria dellespansione dellimpresa cita: E chiaro che gli economisti hanno sempre riconosciuto il ruolo dominante della conoscenza nei processi economici, tuttavia nella maggior parte dei casi hanno ritenuto che il tema fosse troppo scivoloso per essere affrontato e non sono giunti pertanto a risposte significative ed univoche. Per molti anni, infatti, il legame tra economia e conoscenza rimasto praticamente assente dalla teoria economica: la conoscenza era una risorsa del tutto invisibile; esistente ed importante certo, ma non analizzabile in modo concreto, per le sue propriet specifiche di mutevolezza e dinamicit. Da qualche tempo per le cose sono cambiate. Impercettibilmente, ma progressivamente, leconomia dei nostri giorni sta diventando uneconomia cognitiva: da ogni luogo ci viene annunciato che stiamo entrando a far parte di quella che viene definita knowledge era. Unera nuova, nuovissima, destinata a durare a lungo e a cambiare il mondo, cominciando proprio dal modo di funzionare della stessa economia. La conoscenza infatti diventata, nellimmaginario collettivo dei nostri giorni, il deus ex machina del capitalismo contemporaneo, capace di fornire alla stesso idee, soluzioni e linguaggi per innovare in profondit i processi produttivi e di consumo. Al contempo, per, anche il contributo del mondo economico stato significativo: esso ha corredato la risorsa-conoscenza dei mezzi necessari a far avanzare la frontiera del sapere in campi sempre pi vasti e impegnativi. Questa forte sinergia e la continua e crescente interdipendenza tra economia e conoscenza conducono necessariamente a considerare questultima come un fattore chiave, come un elemento indispensabile a cui si ricorre per spiegare le differenze tra imprese, tra regioni e tra paesi; il volano che ogni anno alimenta la crescita del prodotto e della produttivit, proponendo nuove tecniche, nuove soluzioni e nuovi bisogni. A getto continuo. Lera del lavoro e della propriet sta finendo e con essa la societ industriale creata dalla rivoluzione delle macchine e del capitale, ad uscire progressivamente dallorizzonte della contemporaneit. Le forze tradizionali non sono pi il motore della crescita economica e delle attivit che generano valore2.

1

Cfr. MOKYR J., I doni di Atena. Le origini storiche delleconomia della conoscenza, IL MULINO, Bologna, 2004, pag. 5

Questo grande cambiamento, gi avviatosi da qualche tempo, sembra doversi consolidare nei prossimi anni, divenendo anzi processo inevitabile e fulcro del futuro funzionamento dei sistemi economici. Ed proprio da tale consapevolezza che parte la necessit di gestire e di coordinare le forze che si manifestano allinterno di questo complesso fenomeno in corso: occorre dotarsi di nuovi strumenti che sappiano far fronte ed amministrare una risorsa sui generis che , appunto, quella della conoscenza; trasformare le organizzazioni in organizzazioni che apprendono, gestire in modo adeguato una nuova categoria di lavoratori. Si tratta, in definitiva, di predisporre un idoneo sistema di knowledge management che possa conferire alle imprese tutti i vantaggi che derivano da pratiche di condivisione della conoscenza. Nel 2008, sostiene il Gartner Group, tre quarti degli aumenti di produttivit delle imprese saranno realizzati grazie al knowledge management e grazie ad altri miglioramenti nel lavoro basato sulla conoscenza. Non si tratta, per, di una tendenza che pu essere data per scontato, n tanto meno di un fenomeno di facile gestione: la convergenza tra due mondi che continuano ad essere tenacemente disallineati richiede competenze e capacit del tutto nuove, che occorre saper creare e coltivare per procedere con successo nella attivit dimpresa. Il knowledge management, pi che una disciplina, si configura pertanto come un modo nuovo, ma obbligato, di vedere la trama e i significati sottostanti la produzione di valore nella societ contemporanea. Per utilizzare una metafora, che lo stesso Carlo Sorge ha addotto in una conferenza da lui tenuta nel 2005: Il knowledge management una nuova e particolare panoramica sul mondo esistente, che ci consente di leggere con occhi inediti e critici la realt che si sta delineando (Canevacci, 1995), una realt nuova, allinterno della quale le regole di riferimento sono costituite dalla globalizzazione, dallinformation technology, dalla smaterializzazione del valore dimpresa. Impossibile non essere daccordo con le parole di Sorge: anche il mondo accademico si sta muovendo in questa direzione. In coerenza con lormai consolidata resource based view si assiste alla nascita di una vera e propria fabbrica dellimmateriale (Rullani, 2005): di una fabbrica dove agli aggettivi di concreto e reale si appoggiato quello di intangibile, dove allattenzione al concetto di costo e di prezzo si affiancato quello di conoscenza e di informazione. Alla fine, scoperte, studi, articoli e dibattiti finiscono sempre per parlare di conoscenza3: ed proprio limportanza e la fatidica irrinuciabilit che ha assunto questa nuova risorsa nellodierno contesto competitivo, che ci ha condotto alla scelta di un simile tematica quale argomento di approfondimento per la tesi di laurea. Scrivere una tesi sulla gestione della conoscenza tuttaltro che semplice: riteniamo per che lottenimento di risultati deccellenza per qualsiasi tipo di azienda siano sempre pi legati ad unoculata gestione dei propri saperi, ad un serio coordinamento delle informazioni che sono presenti nellorganizzazione, ad una marcata valorizzazione delle conoscenze degli individui. Leconomia della Cfr. RULLANI E., Economia della conoscenza. Creativit e valore nel capitalismo delle reti, CAROCCI, Roma, 2004, pag. 133 2

Cfr. AZZARITI F., MAZZON P., Il valore della conoscenza. Teoria e pratica del knowledge management prossimo e venturo, ETAS, Milano, 2005, pag. 193

trasformazione materiale ormai soltanto lo zoccolo di base su cui cresciuta uneconomia dellimmateriale diventata col tempo pi importante e decisiva della sua matrice originaria. Da queste consapevolezze nasce il nostro lavoro. La tesi si suddivide in quattro capitoli, di cui lultimo dedicato ad un case history: riteniamo, infatti, che una profonda comprensione degli aspetti teorici del knowledge management sia di fondamentale importanza per sapersi muovere allinterno del nuovo contesto che si sta delineando, ma siamo fermamente convinti che la capacit di capire gli aspetti pi profondi dello stesso possa avvenire unicamente stando dentro le organizzazioni e mettendo in atto le teorie e le tecniche che sono state fino ad ora elaborate. Vediamo pi in dettaglio i contenuti dellelaborato. Il primo capitolo si dedica allanalisi dei tratti salienti delleconomia della conoscenza: la comprensione del fenomeno del knowledge management, ma soprattutto la giustificazione dellurgenza di gestire la conoscenza aziendale possono essere afferrati soltanto delineando il contesto macroeconomico allinterno del quale ci troviamo a vivere, contesto che per le sue caratteristiche dimostra e spiega il perch sia ad oggi tanto importante mettere in atto pratiche di knowledge management. In particolar modo passeremo in rassegna, una possibile definizione del concetto di economia della conoscenza, per poi addentrarci nello studio dellevoluzione storica della stessa e dei principali contributi teorici che hanno caratterizzato lo sviluppo della disciplina. Verranno poi analizzate le propriet, le caratteristiche, le anomalie e le originalit del nuovo motore del capitalismo cognitivo, alcune tassonomie della risorsa-conoscenza, per andare, quindi, a concludere con lanalisi delle motivazioni che sottendono la nascita di un qualsiasi sistema di knowledge management. Il primo capitolo costituisce il framework di riferimento, o meglio il presupposto di base dellintero elaborato: esso consente di dare significativit alle tematiche affrontate e di avere la certezza che la nascita di una knowledge era non sia ascrivibile ad un fenomeno di scarsa rilevanza o ad una moda manageriale passeggera. La conoscenza e il sapere sono, ad oggi, effettivamente le uniche risorse su cui limpresa dovrebbe fondare le proprie strategie per lottenimento di un successo durevole e stabile nel tempo4. Il secondo capitolo, partendo appunto da questa consapevolezza, si dedica alle vere e proprie dinamiche del knowledge management. Anchesso apre con una possibile definizione della questione in oggetto, per poi affrontare ed analizzare il pensiero e gli studi di alcuni dei pi importanti autori in materia, con particolare attenzione al modello di Nonaka e Takeuchi. Il capitolo prosegue poi con la descrizione dellimpatto sullorganizzazione dimpresa derivante dallintroduzione di sistemi di knowledge management e pertanto affronta le tematiche relative ai knowledge workers, alla learning organization, alle tecnologie di gestione della conoscenza e al modello di creazione del valore. La sezione si conclude, quindi, con un paragrafo dedicato ad alcuni aspetti pi prettamente pratici della disciplina che concernono le fasi del ciclo di vita della conoscenza, i benefici che vengono addotti da pratiche di

Quando si parla di moda manageriale passeggera si fa riferimento a tutti quei fenomeni che presentano una durata non maggiore ai tre o quattro anni e che lasciano il campo senza apportare alcun beneficio significativo allassetto dimpresa. Sicuramente non si tratta di aspetti che possono essere riferiti al knowledge management.

4

knowledge management e le cause che potrebbero decretare un possibile insuccesso dello stesso. La parte conclusiva del capitolo apre, in parte, la strada alla terza sezione. Il terzo capitolo esordisce, infatti, con alcune pagine dedicate ad una panoramica numerica in merito alla rilevanza del fenomeno knowledge management per addentrarsi poi nello studio della posizione europea ed italiana nella partita delleconomia della conoscenza. Lelaborato prosegue quindi con lesame di quello che abbiamo definito approccio soft alla gestione della conoscenza: approccio che riteniamo possa consentire alle imprese di scoprire alcune potenzialit nascoste di un sistema di knowledge management. Si parler, quindi, di sistemi di gestione della conoscenza come mezzi di apprendimento, come strumenti di marketing, come nodo di legame con il territorio e infine come sistemi di sviluppo dellinnovazione e della creativit. Si tratta, a ben vedere, di un metodo nuovo ed originale di approcciare i saperi e le informazioni che permeano le nostre organizzazioni5, che non mette in discussione i principi cardine del knowledge management ma che anzi, proprio partendo da questi, li migliora e li arricchisce di contenuti ed aspetti finora poco considerati, che potrebbero permettere di ottenere risultati ancor pi positivi rispetto a quelli ottenuti in passato. Ovviamente non abbiamo la pretesa di aver elaborato un nuovo criterio o una nuova teoria del knowledge management, ma sicuramente va riconosciuto che abbiamo cercato di far emergere alcuni degli aspetti latenti di un sistema di gestione della conoscenza che rischierebbero altrimenti di essere sottovalutati.

Il quarto capitolo, infine, si propone di dare valenza pratica a quanto teorizzato nelle parti precedenti del lavoro e prende quindi in esame un interessante caso di studio al quale ho avuto possibilit di partecipare in prima persona: la realizzazione di un sistema di gestione della conoscenza (iKnow) da parte della societ Nautes srl per lazienda iGuzzini Illuminazione. Come accennato anche in precedenza il semplice racconto e la spiegazione delle tematiche del knowledge management non basta pi, serve un valore aggiunto che dia concretezza e pragmaticit allapproccio concettuale che verr tratteggiato nei primi capitoli6. Per questo motivo abbiamo deciso, nellultima parte dellelaborato, di proporre ed analizzare un interessante caso di studio che completi e valorizzi gli aspetti teorici della disciplina. Lesperienza che viene qui proposta non fa riferimento alla semplice descrizione di un case history gi svolto, del quale ci limitiamo a descriverne le dinamiche, ma di un progetto appena nato e tuttora in fase di evoluzione al quale ho avuto possibilit di partecipare direttamente. Durante lo stage della durata di due mesi che ho effettuato presso la societ Nautes srl ho avuto lopportunit di partecipare in modo attivo alla realizzazione del sistema, potendo di fatto prendere parte a quella che stata per me una splendida esperienza professionale e personale che, fortunatamente, continuer anche dopo la laurea. Quello che verr trattato nel terzo capitolo frutto di una nostra elaborazione a partire dagli studi compiuti in merito allargomento: abbiamo pensato ad un sistema di knowledge management non soltanto come sistema di gestione della conoscenza. 6 Non a caso ogni capitolo sar accompagnato da molti esempi e casi pratici, proprio perch a nostro avviso il knowledge management deve essere pi fatto che spiegato.5

Il capitolo si articola nella seguente maniera: dopo una breve introduzione in merito alla storia e ai prodotti delle aziende coinvolte nel progetto (Nautes e iGuzzini appunto), si prenderanno in esame i sistemi di knowledge management ad oggi esistenti presso lazienda illuminotecnica, per poi passare alla vera e propria analisi di iKnow. Verranno descritti la strategia, il metodo e la tecnologia che sono stati progettati, i benefici attesi dal nuovo sistema, le fasi di realizzazione del progetto e, in coerenza con quanto espresso nel terzo capitolo, esamineremo i risvolti futuri e le potenzialit nascoste del nuovo applicativo. Le conclusioni del lavoro saranno dedicate al decretamento di un punto darrivo del percorso che abbiamo compiuto. Da ultimo ci preme ricordare che il presente elaborato costituir oggetto di pubblicazione allinterno della rivista Economia & Management, in collaborazione con il Professor Azzariti e con il Professor Rullani dellUniversit C Foscari di Venezia, i quali hanno vagliato lelaborato e decretato che si tratta di un approccio del tutto originale al knowledge management che merita di essere oggetto di ulteriori approfondimenti. Parteciper, inoltre, ad un convegno che si terr il 23 Novembre 2007, nellambito delliniziativa Campionaria per le qualit italiane, sempre con il presente lavoro. Ulteriori pubblicazioni avverranno entro il 2007 sulla rivista Incontroluce dellazienda iGuzzini e sul quotidiano Italia Oggi.

CAPITOLO PRIMO VERSO UNA KNOWLEDGE BASED ECONOMY

Knowledge itself is power Bacone

1.1

La nascita di un nuovo capitalismo economico

Il 70% del valore di una societ come Philips non contabilizzato, invisibile, immateriale. E conoscenza, sostiene Di Benedetto, presidente e amministratore delegato di Philips Italia: In passato Philips focalizzava lattenzione sulla produzione materiale di prodotti tangibili. Adesso, invece, la conoscenza ad essere il prodotto finito, loutput del processo produttivo dazienda. Questa visione, di primo acchito un po insolita e curiosa dellorganizzazione dazienda, costituisce in realt il contesto allinterno del quale gli odierni imprenditori devono sapersi muovere: la conoscenza divenuta il pi prezioso fattore produttivo da gestire, lunico in grado di consentire il raggiungimento di risultati eccellenti, il presupposto imprescindibile, insomma, della strategia di ogni realt imprenditoriale. Lo stesso Benjamin Franklin sostiene che linvestimento in conoscenza quello che, oggi, paga il pi alto tasso dinteresse7, per tutte le imprese e perfino Marshall, nei suoi studi, ha affrontato questo tema quando si reso conto che il vero interesse delleconomia risiedeva nella dinamica dei fatti e nelle conoscenze degli individui. Ancora molte sarebbero le citazioni da ricordare a tal proposito8, ma quanto appena detto ci sembra sufficiente per giustificare il forte incremento dattenzione verso la nascita di un nuovo mondo, un mondo affascinante e complesso, difficile e concreto, talvolta incomprensibile e talaltra scontato: il mondo basato sulleconomia della conoscenza. Questo capitolo si propone proprio di analizzare quella che ad oggi viene definita knowledge based economy, attraverso un percorso semplice e lineare: dallanalisi delle origini storiche della disciplina si passer ad unattenta disamina delle caratteristiche della risorsa conoscenza, per poi concludere con le motivazioni che sottendono la necessit di gestire i saperi dazienda. Come gi ribadito nellintroduzione del lavoro il core element di questa trattazione costituito dal knowledge management, nelle sue vesti pratiche e teoriche: riteniamo per, che una sua efficace comprensione ed analisi non possa prescindere dal contesto macroeconomico di riferimento. Capire in che cosa consiste leconomia della conoscenza, quando essa ha avuto origine e tutti gli altri aspetti che verranno di seguito analizzati, costituisce il presupposto fondamentale nellapproccio alla gestione dei saperi aziendali, il framework di riferimento che contestualizza e da significativit alla disciplina del knowledge management. Ecco perch dedicare alcune pagine del lavoro allo studio della knowledge based economy. Limportanza dellargomento in questione ormai palese, ma verr ulteriormente ribadita nel corso del lavoro: Alla fine, scoperte, studi, articoli e dibattiti finiscono sempre per parlare di conoscenza9. Non ci si pu pi permettere di ignorare la disciplina: si pu essere pi o meno daccordo con le interpretazioni della stessa; ma abbracciare i processi sottostanti leconomia della conoscenza e le sue implicazioni per il sistema dazienda divenuto un must, un obbligo al quale gli imprenditori non possono mancare se intendono procedere con successo nella loro attivit.7

Questa affermazione tratta da un discorso pronunciato da Benjamin Franklin nel 1967. Egli fu uno dei padri fondatori degli Stati Uniti dAmerica che partecip alla stesura di tutti e tre i pi importanti documenti che hanno caratterizzato la storia degli USA. 8 Altre citazioni a riguardo verranno citate nel proseguio del lavoro. 9 Cfr. AZZARITI F., MAZZON P., Il valore della conoscenza. Teoria e pratica del knowledge management prossimo e venturo, ETAS, Milano, 2005, pag. 193

Il presente capitolo vuole offrire una breve ma chiara panoramica del contesto che ha dato origine e che tuttora caratterizza un sistema di knowledge management.

1.1.1

Cosa si intende per economia della conoscenza?

In linea generale, possiamo parlare di economia della conoscenza ogni volta che ci troviamo di fronte ad un segmento del sistema economico in cui il valore (utilit per i soggetti economici) viene prodotto attraverso la conoscenza10. Pi in particolare con il termine economia della conoscenza si intende11: - Uneconomia nella quale la quota di occupazione ad alta intensit di conoscenza preponderante o comunque sensibilmente pi alta rispetto al passato; - Uneconomia in cui il peso economico dei settori legati allinformazione diventato determinante; - Uneconomia in cui la quota di capitale intangibile nello stock di capitale totale diventata maggiore di quella del capitale fisico. Analizziamo pi approfonditamente ognuno di questi aspetti12. In merito alle caratteristiche occupazionali, gli ultimi decenni si sono caratterizzati per una profonda trasformazione delle funzioni aziendali e del loro contenuto intrinseco. Esse sono diventate nella maggior parte dei casi lavoro cognitivo, in cui le risorse umane non trasformano pi la materia prima, ma generano conoscenze innovative che con il loro impiego saranno usate per trasformare la materia in utilit e valore per il cliente. Il grafico seguente evidenzia questa tendenza per alcuni Paesi dell OCSE. Se la tendenza generale assai evidente (il grafico mostra un marcato aumento della quota di lavoratori qualificati sul totale degli occupati), i fattori alla base di una distribuzione cos marcata a favore del lavoro qualificato sono difficili da individuare in modo altrettanto preciso.

Italia (1981-1991)

Francia (1982-1990)

Germania (1980-1990)

Stati Uniti (1983-1993)

Giappone (1980-1990)

Canada (1981-1991)

-0,5

0

0,5

1

1,5

2 lavoro qualificato

2,5

3

3,5

lavoro non qualificato

La definizione tratta da unintervista condotta dal Sole 24 ore ad Enzo Rullani, 2004. Tale definizione tratta da: FORAY D., Leconomia della conoscenza, Il MULINO, Bologna, anno 2000, pag. 9. In realt occorre considerare come molte sono le definizioni elaborate dagli studiosi e dagli autori in merito al significato di economia della conoscenza. La scelta di questa definizione (piuttosto che unaltra) si giustifica per il fatto che in grado di illustrare in modo pi significativo e opportuno i tratti salienti e le caratteristiche rilevanti della disciplina. Per la sua completezza essa si configura come il manifesto di questa nuova materia. 12 Lapprofondimento dei tre punti appena citati tratto da FORAY D., Leconomia della conoscenza, Il MULINO, Bologna, anno 2000, pag. 38. E proprio dalle trasformazioni intervenute in ambito macroeconomico che si comprende la nascita di una knowledge based economy e quindi anche la definizione appena citata di economia della conoscenza.11

10

Grafico 1.1

Crescita delloccupazione per lavoratori qualificati e non qualificati

Fonte: OCSE (1996)

Certo che le tecnologie dellinformazione e della comunicazione favoriscono la sostituzione della manodopera non qualificata con quella qualificata, anche se in realt non sempre scontato: alcuni studi empirici dimostrano come leffetto degli investimenti in tecnologia dellinformazione sulla dinamica delloccupazione siano molto variabili ed aleatori e dipendano, quindi, in misura rilevante dalla natura della tecnologia introdotta e dalla forma organizzativa scelta. Non esistono risultati univoci. Quindi per spiegare la crescita della quota di manodopera qualificata sulloccupazione totale occorrono motivazioni pi generali della semplice diffusione delle tecnologie informatiche; bisogna considerare limpatto dellavvento di una knowledge era che comporta una maggiore esigenza delle imprese in termini di competenze e attitudini. I knowledege workers rappresentano, attraverso le loro capacit e le loro conoscenze, il bene principale dellazienda e possono, a differenza dei lavoratori manuali addetti alla manifattura, possedere i mezzi di produzione: la conoscenza immagazzinata nelle loro teste e possono quindi portarla con s, ovunque vadano13. Con riferimento al secondo aspetto sopra citato si coglie, invece, tutto il peso che la rivoluzione digitale iniziata gi a partire dagli anni 70 ha esercitato sul nostro sistema economico. La nascita di nuovi strumenti in ambito comunicativo e di nuovi metodi di elaborazione delle informazioni ha innescato una forte crescita di imprese ad elevato contenuto di conoscenza. Come dimostra la figura 1.2.14Italia Australia Germania Olanda UE Regno Unito Norvegia Danimarca Svezia

0

2

4

6

8 R&S

10 software

12

spesa pubblica per l'istruzione

Grafico 2.1

Investimenti in conoscenza, 1995 (percentuale Pil)

Fonte OECD (1999)

Ai dati di questo grafico bisogna aggiungere alcune informazioni che riguardano la crescita annuale media delle voci analizzate, dal 1985 ad oggi. Spicca fra tutti la Danimarca con una crescita di investimenti in innovazione pari al 4.4%, seguita poi da Finlandia, Giappone, Norvegia e Stati Uniti che si attestano intorno al 3.7%. Dati poco confortanti per Olanda, Belgio e Italia che crescono rispettivamente al 0.9%, 0.1% e 1.3%. Gli altri Paesi si trovano in una situazione intermedia15.13

Tratto da: DRUCKER P. F., Il grande cambiamento, SPERLING & KUPFER, 1995. Una trattazione pi approfondita dei knowledge worker e in particolar modo dei nuovi ruoli e delle nuove figure che sono nate con lavvento delleconomia della conoscenza verr effettuata nel capitolo 2. 14 Grazie ad alcuni recenti lavori dellOCSE si giunti ad una certa stabilizzazione delle stime sulle categorie di investimento in conoscenza per un dato Paese o settore. La figura evidenzia le disparit tra Paesi OCSE in termini di investimento in istruzione pubblica, R&S, e programmi informatici. Ulteriori informazioni in merito allo stato di avanzamento e recepimento delleconomia della conoscenza verranno trattati nel proseguo del lavoro. 15 In realt si pu affermare che c una convergenza in termini di crescita annuale media degli investimenti suddetti per i Paesi dellOCSE. Dal 1985 ad oggi hanno speso in media tra l8 e l11% del loro PIL in investimenti legati alla conoscenza.

Lultimo aspetto che rimane da analizzare riguarda la nascita di una nuova economia, uneconomia destinata a rendere visibili e analizzabili i processi attraverso cui le conoscenze generano valore passando o meno attraverso la trasformazione materiale, nella consapevolezza che solo il patrimonio intangibile dellimpresa costituisce fonte di successo per la stessa. La tabella n. 1.1 conferma quanto appena detto. Componenti dello stock reale Capitale tangibile totale Strutture e macchinari Stock Risorse naturali Capitale non tangibile totale Istruzione e formazione Saluta sicurezza mobilit Tab 1.1 1994 1929 6.075 4.585 268 1.222 3251 2647 567 37 1948 8.120 6.128 471 1.468 5.940 4.879 892 169 1973 17.490 13.935 1.000 2.555 17.349 13.564 2.527 1.249 2000 28.525 23.144 1537 3.843 32.819 25.359 5.133 2.327 Fonte: Kendrik

Stock di capitale reale lordo negli stati Uniti. (mld di dollari)

Mentre nel corso della met del diciannovesimo secolo la crescita del capitale fisico ha contribuito per i due terzi allaumento della produttivit del lavoro a livello mondiale, tale contributo nel ventesimo e ventunesimo secolo sceso ad un valore tra un quarto e un quinto della crescita della produttivit16. Questa leconomia della conoscenza. 1.1.2 Alcuni pregiudizi da riconoscere e da correggere Dopo aver analizzato cos leconomia della conoscenza ed aver approfondito i tratti salienti della stessa disciplina occorre soffermarsi su cosa non questa nuova realt, o meglio con che cosa non deve essere confusa17. Ne forniamo una breve illustrazione nella tabella seguente. Leconomia della conoscenza Non Economia della ricerca n economia dellinformazione (pregiudizio settoriale) Non Economia dellinnovazione (pregiudizio storico) Non va ad esclusivo vantaggio del produttore (pregiudizio competitivo) Non solo produzione ma anche propagazione di conoscenza (pregiudizio epistemologico)

16

Kendrick mostra come lo stock di capitale intangibile diviene equivalente allo stock di capitale fisico intorno al 1973 e che esso oggi largamente dominante. Kendrick dimostra inoltre come il rapporto tra capitale intangibile e capitale tangibile pi che raddoppiato tra il 1929 e il 1990. 17 In particolar modo Rullani parla non soltanto di che cosa non leconomia della conoscenza ma anche della necessit di riconoscere e superare quattro pregiudizi sui quali gli studiosi e lintera societ rischiano di inciampare, dando cos luogo a rappresentazioni errate della nuova materia. I quattro pregiudizi sono: pregiudizio settoriale, pregiudizio storico, pregiudizio competitivo, pregiudizio epistemologico. Ognuno di essi verr meglio analizzato nel proseguo del lavoro.

Tabella 2.1. Gli errori da evitare nella definizione di economia della conoscenza. Fonte: nostro adattamento ad uno schema proposto da RULLANI, Economia della conoscenza, CAROCCI, Roma, 2004 Leconomia della conoscenza non dovrebbe essere scambiata con leconomia della ricerca, perch non ha come scopo principale la produzione di conoscenza tecnologica; a seconda del settore e dellimpresa che vengono presi in considerazione la quota di ricerca formale sulla produzione totale di conoscenza pu andare da enorme a trascurabile, e ovviamente altre attivit possono svolgere un ruolo importante. Non c ragione di ritenere che la conoscenza che conta sia soltanto quella che nasce nel sistema scientifico-tecnologico o nella sfera delle professionalit alte, intellettuali e teoriche. Anche le conoscenze pratiche che non hanno legittimit scientifico-intellettuale, costituiscono un sistema organizzato, hanno una capacit accumulativa e una dimensione economica non effimera. La loro presenza non meno importante della conoscenza messa in circolo dalla tecnologia. Anzi, molto spesso il sapere pratico che rende un sistema capace di evolvere cambiando la sua struttura e il suo comportamento in funzione delle necessit competitive di volta in volta incontrate. Leconomia della conoscenza non dovrebbe nemmeno essere confusa con leconomia dellinformazione perch lo scopo delleconomia della conoscenza lo studio della conoscenza come bene economico e non dellinformazione in s18. Nella complessit dellambiente in cui operiamo non bastano pi i bit e i software destinati allintelligenza dei computer e delle macchine. Si necessita sempre dellintervento delluomo e dellapprendimento tipico delluomo19. Il pericolo, in questo senso, quello di non riuscire a superare quello che Rullani definisce pregiudizio settoriale, ovvero quel pregiudizio che non rende capaci di riconoscere che leconomia della conoscenza riguarda tutta leconomia attuale, non solo qualche settore specifico della stessa (ovvero quelli legati alla legittimazione scientifica e alla codificazione del sapere). Non esiste, come sostengono Gibbons e collaboratori (1994), un solo mode one di produzione della conoscenza, (che quello che si appoggia ai settori high tech, e dellinnovazione), ma anche un mode two, che ha unapplicazione trans-disciplinare, facendo di fatto configurare la nuova economia come economia che riguarda tutto il mondo attuale. Leconomia della conoscenza non dovrebbe essere assimilata neanche alleconomia dellinnovazione, visto che non centrata esclusivamente sullo studio di condizioni, modalit ed effetti del cambiamento tecnologico ed organizzativo. Non cadere in questa confusione significa superare quello che Rullani definisce pregiudizio storico. O meglio. Gli attori del processo nelleconomia della conoscenza non sono solo i mitici innovatori schumpeteriani (in particolare gli imprenditori), ma tutti coloro che imparano qualcosa di nuovo, che prima o poi produrr un effetto utile per leconomia. Le propriet tipiche della conoscenza emergono soltanto se si ha in mente il circuito cognitivo nel suo insieme. Esse scompaiono se questo circuito viene spezzato in singoli atti di innovazione, atomistici e indipendenti dal resto. La produzione di conoscenza un fatto sociale, non del singolo e attiene al sistema culturale che sta a monte della singola impresa o del singolo settore che innova. Inoltre la dinamica della conoscenza non risponde soltanto allobiettivo utilitaristico di creare immediatamente valore (attraverso latto di innovazione), ma ha anche altre finalit. Essa nasce dal passato, attraversa il futuro e si propaga nel presente (singolo atto di innovazione), ma non si ferma qui. Ancora due aspetti rimangono da analizzare. Uno quello che Rullani definisce pregiudizio competitivo e laltro quello che viene denominato pregiudizio epistemologico. Il primo si sostanzia in un sillogismo mai dimostrato, ma che molto spesso viene implicitamente assunto come valido da parte di studiosi ed operatori. Esso presuppone che, essendo la conoscenza la principale risorsa impiegata nella societ della conoscenza20, essa vada a vantaggio di chi la produce rispetto a chi la utilizza acquisendola da altri attraverso il mercato o per imitazione o per apprendimento dallesperienza altrui. Alcune recenti indagini hanno dimostrato per che le performance migliori sono avvenute in quei Paesi che sono entrati per18 19

La distinzione tra conoscenza e informazione verr trattata nel paragrafo 1.2 Anche la mera replicazione di uninformazione o di un programma richiede un processo di apprendimento che mette in campo elementi di incertezza, di valutazione, di chiarificazione e di azione da parte di uomini e gruppi di uomini. Ci riduce gli spazi disponibili per lautomatismo dellinformazione e aumenta la capacit di propagazione della conoscenza. 20 Il concetto di produzione di conoscenza a mezzo di conoscenza verr approfondito nel proseguo del lavoro.

ultimi, e proprio per questo hanno tratto maggior beneficio dalla moltiplicazione della conoscenza, grazie a pratiche imitative di varia natura. In poche parole si possono acquisire vantaggi nella gara competitiva sia producendo nuove conoscenze che lavorando nelle retrovie: non affatto detto che la quota maggiore del valore tocchi al primo (produttore), rispetto al secondo (utilizzatore). Tutto questo particolarmente vero se si considera come, ad oggi, il sapere sia meno firm specific rispetto al passato. Linvestimento hard in tecnologia altamente aleatorio, quanto a convenienza e vantaggi competitivi e molto spesso tende a produrre benefici a favore dei follower e degli users, ovvero di chi sa usare bene la conoscenza degli altri21. Lultimo pregiudizio da cui occorre liberarsi di tipo epistemologico e consiste nel primato attribuito alla ricerca di nuova conoscenza rispetto alla propagazione della conoscenza disponibile. Ma anche in questo caso opporre la produzione alla diffusione risulta molto spesso una guerra di religione, poich se prendiamo per esempio due sistemi Paese come gli Stati Uniti e il Giappone, noto a tutti che questultimo cresciuto, nel secondo dopoguerra, con vantaggi competitivi notevoli, grazie dapprima ad unossessiva copiatura e poi a un miglioramento incrementale. Ma allargando la prospettiva a uneconomia della conoscenza quasi ovvio che la propagazione il terreno sul quale si gioca la vera partita, soprattutto in uneconomia interconnessa e globalizzata come quella odierna. La propagazione di conoscenza consente di portare a maturit il ciclo di vita della stessa attraverso lo sfruttamento sistematico dello stock esistente e attraverso ricombinazioni originali delle conoscenze. Non si parla pi soltanto di exploration (del nuovo), ma anche expliotation (ri-uso) e extraction (del profitto) da conoscenze gi esistenti22. Il miglior uso della nuova conoscenza il suo impiego come stimolo e occasione per l acquisizione di nuovo sapere.

1.1.3

Perch si parla soltanto ora di capitalismo cognitivo?

Questo breve paragrafo ha lintento di rispondere ad un quesito che tutti gli economisti e gli studiosi delleconomia della conoscenza si sono posti almeno una volta addentrandosi nellapplicazione della materia23. Lenigma in questione pu essere agevolmente riassunto con la seguente espressione: Economia della conoscenza: radicalmente nuova o dej vu? (volendo dirla con le parole di Rullani). Essa sembra essere apparentemente una scoperta o uninvenzione degli ultimi anni, ma in realt la conoscenza sempre stata una risorsa importante ai fini della produzione. Una risorsa sempre nuova, sorprendente, ma al contempo che affonda le sue radici nel vecchio, nel gi noto24. Analizzando il carattere di novit della disciplina, occorre fare riferimento a due grandi cambiamenti che sono avvenuti negli ultimi anni: - Sono enormemente aumentati gli investimenti fatti nella produzione e nella trasmissione delle conoscenze (istruzione, formazione, R&S, management)25; - Si sono grandemente ridotti i costi di codificazione, trasmissione e acquisizione delle conoscenze grazie al recente progresso tecnologico (ICT, Internet)26. Ma in realt la conoscenza, come sostengono gli scettici, non cos nuova come pu sembrare a prima vista. Essa sempre stata un elemento fondamentale della vita delluomo e dunque anche della sua economia. Basti pensare che perfino la produzione dellhomo sapiens stata considerata unattivit sapiente, perch si distingueva da tutte le altre attivit produttive, naturali o animali, in quanto impiegava nel lavoro le capacit intellettuali del cervello umano.21

Questa considerazione tratta da: AZZARITI F., MAZZON P., Il valore della conoscenza. Teoria e pratica del knowledge management prossimo e venturo, ETAS, Milano, 2005, pag. 150 22 Questi termini sono stati proposti da March, 1991. La produzione di conoscenza legata infatti alla propagazione della stessa non solo dallovvia necessit di ripagare il costo del produttore, ma anche perch avanzamenti importanti nel sapere sono effettuati dalla capacit di muoversi in campo aperto senza obiettivi troppo vincolanti, potendo cos trovare cose molto diverse da quelle inizialmente cercate. 23 Verr demandato al paragrafo successivo lo studio particolareggiato del ruolo della conoscenza nel corso della storia. Si ritenuto opportuno dedicare un paragrafo alla nascita delleconomia della conoscenza poich essa non risulta esse particolarmente chiara e semplice da comprendere. 24 Cfr. RULLANI E., Leconomia della conoscenza, CAROCCI, Roma, anno 2004, pag. 107 25 Si vedano le tabelle e i grafici illustrati nel paragrafo 1.1.1 26 Cfr. FORAY D., Leconomia delal conoscenza, IL MULINO, Bologna, anno 2000, pag. 9

Partendo da questi presupposti, la tesi che si propone in questo elaborato costituisce una sintesi, o meglio una diversa visione del dualismo appena delineato. E nel momento in cui la conoscenza diventa il principale motore delleconomia moderna che siamo di fronte ad una vera e propria rivoluzione, destinata ad incidere profondamente sulla pratica e sulla teoria economica27. Leconomia della conoscenza non si limita a vestire con abiti nuovi la consueta economia delle merci, ma introduce davvero qualcosa di radicalmente innovativo nel meccanismo di produzione del valore, cambiando il funzionamento dellinner core del sistema economico. La novit non che la conoscenza produce valore ma che lo produce in altro modo. Pertanto, come si vedr in seguito, non vero che la conoscenza non esistita fino a questo momento, ma soltanto che la sua gestione avveniva in modo inconsapevole e senza considerare limportanza della relazione tra conoscenza e valore. Tuttavia il nuovo che abbiamo di fronte non la soluzione a tutti i problemi e i dilemmi nati nella societ industriale. Semmai fonte di nuovi conflitti che i futuri economisti e imprenditori dovranno essere in grado di risolvere. Detto questo rimane ora da sciogliere un altro fondamentale quesito: Perch si scopre ora e soltanto ora luso della conoscenza come forza produttiva, quando, come appena detto, essa ha caratterizzato tutta la storia della modernit industriale? Ci sono almeno due rilevanti ragioni28. Prima di tutto il ritardo ha a che fare con le difficolt che si incontrano nel ricondurre la conoscenza entro i canoni disciplinari prescelti dalleconomia tradizionale. Leconomia (intesa nel senso pi classico e letterale del termine) nasce con un programma scientifico deterministico, che sta seguendo tuttora29. La conoscenza, invece, intrinsecamente complessa, non deterministica. Leconomia della conoscenza non pu stabilirsi fin dallinizio come disciplina adeguata a rappresentare il capitalismo industriale perch le due polarit del suo oggetto (leconomia da una parte e la conoscenza dallaltra) si contraddicono sul terreno metodologico. Una sua accettazione e comprensione un passo che ha richiesto del tempo. La seconda ragione rilevante risiede nei cambiamenti succedutisi nel mondo economico. Essi possono essere sintetizzati in tre fattori principali ed hanno di fatto confermato la necessit di leggere il mondo economico in chiave cognitiva. Si fa riferimento a: - La velocit del mutamento tecnologico, - La globalizzazione delleconomia, - Lincremento della competizione fra le organizzazioni. Leconomia della conoscenza comincia dunque ad operare due secoli e mezzo fa, attraverso la meccanizzazione, per svilupparsi poi nel fordismo, nelleconomia dei distretti, nella new economy. Oggi ereditiamo tutto questo. Non possiamo dunque dire che sia una novit. Il capitalismo moderno stato, sempre stato, uneconomia della conoscenza, nel senso che il valore stato prodotto, in gran parte, dalla propagazione e degli usi delle conoscenze disponibili. Vediamo ora, in maniera pi approfondita, liter logico-storico che leconomia della conoscenza ha compiuto nel corso del tempo.

1.1.4

Il sentiero di sviluppo della nuova disciplina

Scopo di questo paragrafo quello di fornire un breve excursus storico e logico sul ruolo che la risorsa conoscenza ha avuto nel corso del tempo, a partire dalleconomia pre-moderna per arrivare alla net economy dei nostri giorni. In ogni periodo storico preso in considerazione verranno analizzati brevemente i pi importanti contributi teorici in merito. Uno schema render pi agevole la lettura dellintero paragrafo.

27

La conoscenza cos come noi oggi la intendiamo diventa vera e propria forza produttiva fondamentale solo con let moderna, verso la fine degli anni 90 (come si vedr meglio nel seguito del lavoro). 28 Le motivazioni per cui si scopre solo ora leconomia della conoscenza sono state riprese e adattate da quanto sostenuto e affermato da RULLANI E., Leconomia della conoscenza, CAROCCI, Roma, 2004, pag. 285 e AZZARITI F., MAZZON P., Il valore della conoscenza. Teoria e pratica del knowledge management prossimo e venturo, ETAS, Milano, 2005, pag. 147 29 Con il termine programma deterministico si intende un programma per cui le variabili ambientali sono razionalmente governabili, un programma basato su tecniche di produzione ripetitive che tendono a ridurre i livelli di complessit.

PERIODO STORICO Economia pre-moderna Capitalismo liberale Economia fordista Economia post-fordista Economia cognitiva

STILE DI CONOSCENZA Sistema apprendista-maestro Meccanizzazione del sapere Conoscenza firm specific Condivisione del sapere Digitalizzazione e globalizzazione della conoscenza

Tab. 3.1 La suddivisione storica delleconomia della conoscenza. Fonte: nostro adattamento da RULLANI, La fabbrica dellimmateriale, CAROCCI, Roma, 2005, pag. 133 Analizziamo ora ognuno di questi aspetti30. Nelleconomia pre-moderna, prevalgono le conoscenze empiriche di natura strettamente personale, ricavate dalla tradizione. Esse sono sedimentate nelle pratiche professionali e vengono trasmesse di persona in persona tramite lapprendistato diretto. In questo modo, oltre alle conoscenze di base, vengono propagati anche quei modi di lavorare e quei piccoli segreti che ogni maestro, o comunque ogni persona esperta di un mestiere, aveva imparato nel corso degli anni di pratica31. Tutto cambia con lavvento del capitalismo liberale. La rivoluzione industriale di inizio 800 accelera fortemente lutilizzo del sapere scientifico meccanizzando la produzione delle aziende e utilizzando la forza-vapore come energia di base. Si vuole far fronte, in questo periodo, al paradigma di apprendimento diretto dellepoca precedente, andando ad incorporare tutto il sapere presente in azienda (nella mente delle persone) allinterno delle macchine, che vengono, pertanto, considerate il nucleo portante dellintera economia32. Lutilizzo, poi, dellenergia elettrica e delle tecnologie legate alluso del petrolio tra la fine del 800 e i primi del 900 inaugurano un nuovo periodo di sviluppo capitalistico che assumer la forma dellimpresa fordista33. Essa nasce anche e soprattutto dalla consapevolezza che le macchine del capitalismo liberale non possono essere impiegate per lo svolgimento di operazioni complesse e quindi per produrre, oramai, la maggior parte degli oggetti di consumo e la maggior parte dei servizi richiesti. Essi sono troppo

30

Consapevoli che la vastit dei contributi teorici in merito impedisce una trattazione completa degli stessi, gli autori e le considerazioni che verranno approfonditi sono quelli che pi di altri hanno contribuito alla nascita di questa nuova economia. A conferma dellimpostazione che abbiamo dato al paragrafo accorre un articolo pubblicato dalla Harward Business Review (www.elearningeuropa.info/index.php?page=doc&doc_id=7013&doclng=9me), che distingue cinque fasi consecutive nellevoluzione della teoria della gestione: management scientifico (dal 1922 al 1946), marketing e diversificazione (dal 1946 al 1960), strategia e cambiamento sociale (dal 1960 al 1972), sfida competitiva e ristrutturazione (dal 1972 al 1988), globalizzazione e conoscenza (dal 1988 al ?). Limpostazione che viene abbracciata in questo paragrafo piuttosto particolare. Di solito vengono elencate le fasi storiche dello sviluppo della disciplina e distaccatamente gli autori che hanno contribuito alla stessa. In questambito abbiamo voluto conciliare i due aspetti per comprendere meglio lintero lavoro. 31 BOTTIN A..,Il knowledge management, anno 2002 32 Nel capitalismo liberale ritroviamo il contributo di Schumpeter, che con il termine di innovazione spiegato nel testo: Teoria dello sviluppo economico, intende anche lutilizzo di nuovi macchinari, nuove tecnologie oltre che nuovi prodotti, apertura di nuovi mercati e introduzione di nuove modalit organizzative. 33 Tratto dal primo workshop sullEconomia della conoscenza tenutosi a Ravenna nel Novembre del 2002

intricati per poter essere fabbricati dalle macchine rigide e ripetitive messe a punto dal capitalismo liberale. La fabbrica fordista si caratterizza per alcuni aspetti fondamentali: La produzione di massa, La parcellizzazione del lavoro, La struttura verticale della catena di produzione, Lorganizzazione fortemente gerarchica, La catena di montaggio.

Il fordismo, grazie a questo tipo di organizzazione, realizza un regime di uso della conoscenza che lo contraddistingue nettamente dal paradigma precedente, ma che costituisce al contempo il suo principale limite, il motivo per cui si necessiter di andare al di l del paradigma taylorista34. Le conoscenze in questambito hanno natura firm specific e pertanto la loro propagazione estesa solo ed esclusivamente allinterno dellazienda. Il loro uso rimane gelosamente salvaguardato inside the factory wall. E questo, inoltre, il periodo35 in cui si esprimono: Hayek (The use of knowledge in society, 1945) e Penrose (Theory of the growth of the firm, 1959). Hayek ha trattato i problemi posti dalla diffusione di massa della conoscenza (volendo, quindi, in qualche modo far fronte allesclusivit del paradigma appena citato) e dellimpossibilit di trasferire la conoscenza a unagenzia di pianificazione centralizzata. Egli identifica due principali livelli di possesso della conoscenza: quello personale, dove risiedono le notizie e le informazioni sui fatti, cose o avvenimenti, e quello di mercato, dove interagisce e viene sintetizzata tutta la conoscenza distribuita tra i singoli. La Penrose invece mette in evidenza limportanza delle risorse umane e di quelle materiali nel servizio che rendono quando una conoscenza adeguata le mette in movimento. Lautrice distingue tra esperienza, vale a dire la conoscenza non accessibile a tutti, perch specifica di un contesto e conoscenza oggettiva, ossia linsieme delle nozioni e delle informazioni che giungono a tutti i membri di una comunit in modo univoco e codificato36. Limportanza di questi contributi teorici non pu essere messa in discussione. Ci che, invece, stato oggetto di successivo dibattito concerne i limiti connessi al modello fordista: il processo dellinteriorizzazione delle conoscenze non funziona pi. Il punto di svolta si avuto, quindi, con la crisi del fordismo, quando il sapere produttivo ha iniziato ad assumere forma socialmente distribuita. Le conoscenze hanno cio cominciato a fluire nello spazio37. Esse sono uscite dal recinto in cui erano state confinate, cominciando a manifestare il loro carattere distribuito, fluido, pervasivo, separandosi dai supporti materiali del passato e presentandosi nella loro autonomia di risorse distinte che vengono prodotte, scambiate, vendute, acquistate, imitate, condivise ed impiegate secondo leggi che eccedono o contraddicono il concetto tradizionale di merce38. Inizia cos una E in questo periodo che si parla di Management scientifico: la conoscenza applicata al lavoro umano e alla progettazione dei processi lavorativi (per esempio attraverso lanalisi del lavoro e gli studi su tempi e metodi), vi separazione tra pianificazione ed esecuzione del lavoro, la semplificazione e standardizzazione dei compiti, lindividuazione della migliore modalit di esecuzione dei processi lavorativi. I principi del Management Scientifico sono ancora oggi applicati in settori quali fast foods e call centres. 35 Il fordismo ricopre gli anni che vanno dal primo decennio del Novecento fino alla fine degli anni 60. 36 La Penrose in realt il precursore della Resourece based Theory, filone diffusosi a partire dagli anni 80, il quale sostiene che il vantaggio competitivo dellimpresa si fonda sulle competenze e capacit distintive che ogni azienda possiede al suo interno. Secondo questa teoria limpresa una collection of resources ottenute dalla esperienza e dalla conoscenza accumulata. Essa si poi evoluta diventando knowledge based theory. 37 La crisi del fordismo e lingesso del post-fordismo sono stati ripresi e adattati da: RULLANI E., La fabbrica dellimmateriale, CAROCCI, Roma, 2005, pag. 187-209 38 E a questo particolare momento che molti autori fanno risalire la nascita delleconomia della conoscenza. Ovvero quando ci si libera dal paradigma fordista. Essa naturalmente non rimarr immutata34

nuova era: quella che viene comunemente chiamata la fase del capitalismo post-fordista o reticolare. Post-fordismo significa: - Produzione snella, Piccola e media impresa (la quale pu tranquillamente rimanere tale senza ostacolare la propagazione delle conoscenze perch la contiguit fisica e culturale del sistema consente di specializzarsi nelle filiere), Lavoro indipendente e individualizzazione del lavoro, Territorio come fabbrica diffusa (esso costituisce il contesto comune, il legame che consente alle imprese relazionarsi tra loro)39. La crescita sempre pi appariscente di innovazioni che deriva dalluso pi accentuato di conoscenza spinge a poco a poco le imprese a rompere lintegrazione verticale delle fasi di produzione per concentrarsi sempre pi su elementi di core business, lasciando ad altri soggetti lo sviluppo delle fasi precedentemente internalizzate (lean production). La struttura gerarchica comincia a sfaldarrsi e diventano molto pi efficienti strutture organizzative di tipo reticolare. I distretti industriali costituiscono una delle espressioni pi significative di questo periodo. Come per il modello fordista, anche in questambito vanno ricordati alcuni contributi teorici: Simon (Adaption Theories, 1978), Machlup (Knowledge and knowledge production, 1980) e Richardson (The organization of industry, 1972). Simon ha studiato molti dei temi propri delleconomia della conoscenza, come il ruolo della memorizzazione nei processi di apprendimento, e pu a giusto titolo essere considerato il vero precursore delleconomia legata alla tecnologia dellinformazione. In coerenza con lapproccio territoriale delleconomia post-fordista egli evidenzia due tipi di conoscenza/razionalit. Quella sostantiva e quella procedurale. La prima rappresenta la consapevolezza che le azioni scelte rispondono alle esigenze contingenti dimpresa. La seconda individua lefficacia nei processi di scelta alla luce delle opzioni possibili e dei limiti cognitivi umani. Egli rappresenta lorganizzazione come una macchina che processa informazioni e che consente di alleggerire il lavoro delluomo. Il lavoro di Machlup si applica, invece, ad un ambito molto vasto. Ci deriva da una concezione estremamente estesa delleconomia della conoscenza, che comprende i problemi dellinformazione, e conseguentemente i problemi legati alla teoria delle decisioni. Definendo linformazione come un tipo particolare di conoscenza, Machlup si trova in modo naturale ad estendere il proprio campo di investigazione fino a definire come economia della conoscenza non solo lanalisi dei settori dellinformazione, lesame della produzione di nuova conoscenza e lo studio dei meccanismi di acquisizione e trasferimento delle competenze (andando talaltro ad aggiungere alle categorie del knowhow e del know-that anche quella del know-what), ma anche lindagine sul vasto ambito della teoria delle decisioni e delle aspettative in situazioni di incertezza e di incompletezza dellinformazione. Il contributo di Richardson infine particolarmente interessante da analizzare, essendo il primo ad introdurre il concetto di capacit (capability), identificando la stessa come linsieme di conoscenze,

nel corso del tempo, ma come si vedr nel proseguo del paragrafo si andr pian piano modificando per giungere a quello che noi oggi definiamo capitalismo cognitivo. 39 Una trattazione pi specifica, o meglio una chiave diversa di lettura della variabile territorio verr effettuata nel terzo capitolo.

esperienze ed abilit combinabili nello svolgimento dei processi produttivi40. Secondo lautore esse sono diffuse in modo eterogeneo per cui opportuno operare una divisione del lavoro, proprio in ragione delle capacit su cui ciascuna impresa possiede un vantaggio comparato. Se vero, come sopra citato, che esiste un divide che separa leconomia fordista dalleconomia territoriale/postfordista, che cambia il ruolo della conoscenza, estraendola dal chiuso delle organizzazioni proprietarie e mettendola in circolazione nei territori e tra i territori, anche vero che questo divide diventa pi profondo e irreversibile con lavvento della rete di comunicazione a distanza (Internet), che trasforma i luoghi in piattaforme di interazione con altri luoghi, aprendo i circuiti territoriali alleconomia globale41. Con questo processo attivatosi alla fine degli anni 80 si apre di fatto lultima fase delliter logico che abbiamo fin qui descritto: la fase del capitalismo cognitivo. Internet, le tecnologie ICT, la globalizzazione permettono una propagazione della conoscenza istantanea e globale. Cambia pertanto con esse il modo di operare delle economie e della vita individuale e sociale di ciascuno. Il concetto di distanza e di mercato locale vengono radicalmente trasformati. In questo modo si arriva al superamento del pi grande limite delleconomia post-fordista: il confinamento della conoscenza allinterno dellarea locale di operativit dellimpresa e la necessaria ed eccessiva focalizzazione sulla materialit dei beni prodotti. Nelleconomia cognitiva42 la logica industriale fondata sulla produzione materiale arretra: il nuovo luogo di creazione del valore non pi limpresa, ma la societ, la cooperazione, gli accordi. I prodotti sono sempre pi intangibili, usa e getta e sostituibili. Leconomia delle materie prime, dei fattori produttivi capitale, terra e lavoro stata soppiantata dalleconomia della conoscenza. O meglio. Il lavoro e il capitale, ritenuti dagli economisti classici gli elementi fondanti alla base della produttivit, devono essere riletti con un approccio di tipo cognitivista: il lavoro infatti tende a diventare lavoro intellettuale (e di conseguenza i lavoratori diventano sempre pi knowledge workers), mentre il capitale assume la forma di asset immateriale (brevetti, marchi, saper fare). Il fatto di vivere nellera della conoscenza, ormai una certezza. Studi, incontri, dibattiti, articoli hanno evidenziato che il valore di unazienda non soltanto la somma dei suoi asset fisici (impianti, macchine, stabilimenti), ma costituito soprattutto da elementi intangibili o di natura immateriale, cio dallo stock di conoscenze possedute dallorganizzazione nel suo insieme (competenze distintive, capacit operative, know how, etc)43. Con questa affermazione si pu dire che il cerchio chiuso: abbiamo spiegato la nascita delleconomia della conoscenza.

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E il periodo in cui si inizia a diffondere la resource based theory. Richardson non pu essere propriamente considerato uno dei padri fondatori di questo filone, ma sicuramente egli propone unimpostazione del lavoro coerente con lapproccio resource based. 41 RULLANI E., La fabbrica dellimmateriale, Carocci, Roma, 2005, pag. 211-231 42 Il termine economia cognitiva stato coniato da Rullani e reso formale dopo lattribuzione del premio Nobel agli economisti Venron Smith e Kahnemam nel 2003. 43 A testimonianza di quanto appena asserito sembra utile citare il contributo di un autore odierno: Volle (Economia della conoscenza ed economia delle reti di comunicazione, 2001). Egli sostiene che la conoscenza il fattore di produzione essenziale, il vero patrimonio di ogni impresa. La ricchezza delle aziende risiede nelle conoscenze accumulate e disponibili. Da qui egli teorizza il passaggio e lavvento di una nuova economia. Oltre al contributo appena citato occorre ricordare come molte teorie sono state elaborate in questi ultimi anni in merito alleconomia della conoscenza, ognuna valida in s ma molto differente dalle altre. Sicuramente un contributo fondamentale quello di Rullani (Leconomia della conoscenza, 2004 e La fabbrica dellimmateriale, 2005) in merito alla teoria di creazione del valore (di cui verr effettuata trattazione nel 1.2.4), nonch quello di Nonaka e Tacheuci che verr approfondito nel secondo capitolo.

1.2 La conoscenza come fattore produttivo: propriet e originalit Molto spesso la conoscenza (dal greco epistme, conoscenza) viene presentata come un concetto self evident, che non ha bisogno di ulteriori specificazioni. Per chi si addentra nello studio della materia, infatti, sorprendente constatare quanto poco definita sia la nozione di conoscenza, nonostante tutti i riferimenti che si fanno ad essa come risorsa chiave della societ e delleconomia contemporanea. A nostro avviso per nulla pu essere dato per scontato, specialmente quando si parla di una nuova risorsa della quale si conosce ancora ben poco. LOxford English Dictionary, definisce la conoscenza nel seguente modo: The fact of knowing a thing; familiarity gained by experience; acquaintance with a fact; consciousness of anything; intellectual acquaintance with, or perception of, fact or truth, certain mental apprehension; the fact, state, or condition of understanding. The sum of what is known44. Unulteriore definizione di conoscenza, che ci sembra utile riportare la seguente45. La conoscenza : - Consapevolezza, ovvero coscienza acquisita nel tempo e nello spazio che deriva da un processo continuo di apprendimento basato sullacquisizione di nozioni sul piano logico e dellesperienza, - Utilizzo efficiente di dati e informazioni, insieme alle potenziali capacit e competenze, idee, intuizioni, esperienze, commenti e motivazioni delle persone. Essa, inoltre : - Presente nelle idee, attitudini e consuetudini, esperienze, talento, relazioni, percezioni, concetti, ed immagazzinata nelle menti delle persone, nei processi, documenti, prodotti e servizi, - E lutilizzo del capitale intellettuale. Avere la consapevolezza di quanto appena citato significa riconoscere che: La conoscenza aziendale il fulcro delle operazioni dazienda, costituendo la base sulla quale gli operatori economici possono formare obiettivi, prendere decisioni e sviluppare conseguenti operazioni. La conoscenza rappresentata tanto da elementi ben identificabili come i brevetti, quanto da elementi privi di una forma specifica, come contatti con interlocutori ambientali o procedure consolidate di svolgimento dei processi46. Dopo questa breve ma doverosa introduzione andiamo ad analizzare pi in dettaglio le caratteristiche del nuovo motore del capitalismo cognitivo.

1.2.1

Dati, informazioni e conoscenza

Knowledge is different from information esordisce Verna Allee, nella sua opera del 1997. Questa considerazione apparentemente banale e scontata in realt fondamentale per circoscrivere il significato e lambito di applicazione della risorsa conoscenza. Una risorsa che troppo spesso viene configurata come una black box, come un qualcosa di indistinto e complesso allinterno del quale far confluire significati eterogenei e poco chiari. Presentiamo nella pagina successiva uno schema utile per comprendere il senso della risorsa conoscenza.44

Il fatto di sapere una cosa, la familiarit acquisita con lesperienza, la conoscenza di un fatto, la coscienza di qualche cosa, lapprendimento intellettuale o la percezione di un fatto o di una verit, la comprensione mentale certa, il fatto, lo stato o la condizione di comprendere. La somma di ci che conosciuto. 45 Questa ulteriore definizione stata da noi elaborata sulla base dellanalisi di diversi contributi teorici, fra cui quello di Rullani, Quagli, e Foray. 46 Tratto da AZZARITI F., MAZZON P., Il valore delal conoscenza. Teoria e pratica del knowledge management prossimo e venturo, ETAS, 2005, Pag.10

Tobin in LIEBOWITZ (1999) sostiene che: alla base della piramide e quindi dellorganizzazione dazienda ci sono i dati, materiale grezzo e abbondante dellinformazione. I dati sono meri input47: i nostri sensi ad esempio, creano dei dati. Essi potrebbero essere definiti come un insieme di fatti riguardanti gli eventi e il mondo. Nel livello immediatamente superiore c linformazione, cio dati selezionati e organizzati per essere comunicati. Le informazioni sono normalmente archiviate in documenti e supporti multimediali.

SAPERE CONOSCENZA INFORMAZIONI

DATI Schema 1.1 elaborazione La piramide della conoscenza Fonte: nostra

Poi la conoscenza, cio linformazione rielaborata e applicata alla pratica. La conoscenza un insieme di idee e prospettive, giudizi e aspettative, intuizioni e valori, metodologie e know how accumulati, integrati e detenuti da unimpresa lungo un adeguato arco temporale e disponibili per applicazioni operative di business nella gestione di specifiche situazioni e problemi. Ed infine al vertice della piramide troviamo la saggezza, conoscenza distillata dallintuizione e dallesperienza. La tabella 1.4 illustra in maniera esemplificativa questo processo.

dati (data) informazioni (information) conoscenza (knowledge) saggezza (wisdom)

( + importanza + scopo = ) ( + applicazione = ) ( + intuizione + esperienza = )

Tab 4.1 Relazione esistente tra dati, informazione, conoscenza e saggezza. knowledge management, 2002

Fonte: BOTTIN A., Il

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Un dato sostanzialmente un simbolo che non ancora stato interpretato. Pu essere una luce rossa sul cruscotto, cos come una lista di misurazioni di un indicatore di processo. Preso a s stante non ha un valore informativo: certo, si pu cercare all'intero di un database aziendale per trovare il nome di un cliente, ma affinch il dato possa essere utile necessario localizzarlo in un contesto di riferimento. Solo una volta che viene fatta questa operazione il dato diventa informazione.

Dopo questa breve classificazione sembra opportuno soffermarsi pi a lungo sulla distinzione che esiste tra conoscenza e informazione. Distinzione che ha a lungo tediato studiosi ed economisti e che bene analizzare pi approfonditamente48. Volendo riassumere in poche righe la divisione appena citata possiamo dire che: l'informazione pu esistere indipendentemente da chi la utilizza, e quindi pu in qualche modo essere preservata su un qualche tipo di supporto (cartaceo, informatico, ecc...), la conoscenza esiste solo in quanto esiste una mente in grado di contenerla. O meglio. La conoscenza tale solo quando nasce con essa un'intelligenza che la utilizzi49. Ne deriva che la concezione di conoscenza va ben al di l della semplice informazione50. Foray sostiene che: linformazione un insieme di structured and formatted data che sono e rimangono inerti e passivi fin tanto quando non sono interpretati da unintelligenza esterna. La conoscenza fondamentalmente un attributo di capacit cognitiva, non solo sapere ma anche saper fare. Per comprendere ancor meglio questa distinzione utile guardare alle condizioni nelle quali avviene la riproduzione della conoscenza e dellinformazione. Mentre il costo di replicare linformazione si riduce al semplice costo fisico della copia (vale a dire praticamente a zero, grazie alle moderne tecnologie), la riproduzione della conoscenza un processo molto pi costoso, perch le capacit cognitive sono difficili da articolare esplicitamente e da trasferire ad altri. E famosa a riguardo la citazione di Polanyi: sappiamo pi di quanto non possiamo dire. La riproduzione della conoscenza e quella dellinformazione sono quindi due fenomeni chiaramente distinti. Mentre la prima avviene mediante lapprendimento e quindi attraverso la mobilitazione di risorse cognitive, laltra avviene mediante la duplicazione: linformazione pu essere riprodotta anche mediante una fotocopiatrice. Quando la conoscenza viene distinta dallinformazione i problemi economici ad esse collegati possono anchessi essere studiati separatamente. Per quel che riguarda la conoscenza, il problema economico principale la riproduzione (problema dellapprendimento), mentre la riproduzione dellinformazione non pone particolari questioni (il costo marginale della riproduzione prossimo allo zero). Il dilemma principale posto dallinformazione essenzialmente la sua tutela e come assicurarne la diffusione. Un'altra importante differenza tra conoscenza e informazione legata alla facilit di trasmissione. Le informazioni essendo per natura pi simili a una sequenza di bit, in genere sono trasmesse pi facilmente in modo impersonale e senza troppi attriti. La conoscenza invece pi simile ad una capacit di base e normalmente trasmessa con sforzi e attriti che richiedono applicazione sia da parte del trasmettitore sia da parte del ricevente e che implicano ben pi di un semplice scambio. In realt conoscenza e informazione non presentano soltanto divergenze: esse sono risorse profondamente interconnesse e tra di loro interdipendenti. Linformazione non ha alcun valore se non si trasforma in conoscenza, poich non potrebbe essere impiegata. Daltro canto la conoscenza si deve trasformare in informazione per essere trasferita con facilit e a costi relativamente bassi. Anzi, le informazioni sono il veicolo della conoscenza stessa51. Basti pensare alla Boeing che per progettare laereo 777 ha codificato la conoscenza ad esso inerente in informazioni, trasferendola poi nel mondo a costi bassi e in tempi brevissimi. Fu disegnato un 777 virtuale completo e tridimensionale attraverso 2.000 terminali, utilizzati da altrettanti disegnatori e ingegneri. Questa codifica intensiva di conoscenza evit il lungo e costoso esercizio di costruire modelli sperimentali completi di aerei. Ma questo non basta. Occorre creare una rete di collegamenti tra le diverse informazioni trattenute in modo tale da accrescerne il valore. Solo disponendo di un coerente inquadramento delle informazioni man mano ricevute, si pu pensare di conoscere un determinato fenomeno e si in grado inoltre di affrontare ogni questione attraverso una conoscenza funzionale in grado di utilizzare le informazioni pi idonee, di stabilire le relazioni pi rilevanti.

48 49

La trattazione che segue frutto di una nostra elaborazione a partire da diversi contributi teorici. Cfr. QUAGLI A., Introduzione allo studio della conoscenza in economia aziendale, GIUFFR, Milano, 1995, pag. 63 50 Abbiamo spiegato nel paragrafo 1.1.2 come economia della conoscenza sia un qualcosa di profondamente differente rispetto alleconomia dellinformazione 51 In questo senso si esprime Rugiadini ne I sistemi informativi dimpresa. E sulla stessa scia si esprime anche Antonio Bandettini in Decisioni e necessit di informazione nelle aziende dove afferma che: .. di conseguenza linformazione diventa vettore di conoscenze, formulate in termini quantitativi, dei fenomeni interni e esterni alla combinazione aziendale

Oltre alla distinzione tra conoscenza e informazione doveroso esplicitare brevemente il significato e le diversit che intercorrono tra conoscenza e sapere52. Il sapere denota una conoscenza che stata in qualche modo legittimata, certificata da un meccanismo istituzionale (che pu essere scientifico, come lapprovazione da parte di alcuni studiosi). Altre forme di conoscenza, come ad esempio la capacit di far giardinaggio non necessitano del processo di certificazione sociale tipico del sapere. Quello che distingue le due non tanto la maggiore o minore scientificit, quanto il fatto di essere passate o meno attraverso un meccanismo istituzionale di certificazione. Leconomia della conoscenza include sapere e conoscenza, e quindi non esclusivamente dedita allo studio della conoscenza certificata53. Abbiamo cos risolto il problema della scatola nera della conoscenza.

1.2.2 Caratteristiche di una risorsa sui generis Nella knowledge based economy (OECD, 1999) le merci vengono prodotte usando la conoscenza come fattore primario fondamentale. Essa viene impiegata nei processi produttivi sia come fattore autonomo, sia sotto forma di conoscenza incorporata nelle persone, negli oggetti e nei servizi che contribuiscono al risultato produttivo. Ma la conoscenza che serve per produrre merci essa stessa una merce, ossia un prodotto che viene ottenuto dalle fasi di lavorazione e che pu essere comprato e venduto sul mercato, al pari di tutti gli altri prodotti. Nella knowledge based economy, dunque, la conoscenza viene ad essere, nello stesso tempo, il principale fattore produttivo, ma anche il principale prodotto ottenuto dai processi produttivi. Per dirla con Sraffa54, in uneconomia basata sulla conoscenza la produzione di merci a mezzo di merci diventa in gran parte produzione di conoscenza a mezzo di conoscenza. In questo processo circolare, loutput (la nuova conoscenza ottenuta dal processo corrente) deve rigenerare le proprie premesse ripristinando le condizioni di partenza del ciclo produttivo. Ma la nuova conoscenza, a differenza di quanto avviene alle merci materiali di Sraffa, non deve soltanto riprodurre il suo input (la conoscenza precedente). Deve fare molto di pi: infatti deve innovare, adattare, sviluppare la conoscenza precedente per mantenere attive le condizioni che ne giustificano la propagazione e il riuso in contesti che sono sempre differenti da quello di origine. Uno schema aiuter a comprendere meglio quanto appena detto. Schema 2.1. Come cambia la Schema 2.1 Come cambia la creazione di valore dalleconomia premoderna ad oggi. Fonte: nostro adatta mento VALORE ENERGIA a RULL ANI E., Economia della conoscenza, CAROCCI, Roma, 2004, pag. 150 CONOSCENZA Rull ani chiam a la produzione di merci a mezzo di VALORE

merci lavoro energetico. Esso consiste nella trasformazione di materie prime in beni finiti tramite il lavoro di uomini e macchine. Il passaggio evidenziato nello schema chiaro: ad oggi tutto o quasi il valore prodotto mediato dalla conoscenza. Un lavoro che non passasse per la produzione di conoscenza sarebbe improduttivo nel 90%52 53

Tratto da FORAY, Leconomia della conoscenza, Il MULINO, Bologna, 2000, pag. 18 Non a caso leconomia della conoscenza non economia della ricerca. Vedi paragrafo 1.1.2 54 Un famoso libro di Piero Sraffa si intitolava, appunto, Produzione di merci a mezzo di merci (Sraffa 1960). In esso riprendendo lapproccio dei classici, il processo economico era rappresentato come un processo circolare dove le merci (oggetti, macchine, edifici) sono ottenute impiegando come input ancora merci, ossia se stesse, oltre che, naturalmente, lavoro.

dei casi. Pertanto la conoscenza non una cosa, ma un processo nel senso che essa non cristallizzata in una forma definita a priori ma emerge nel corso dellazione, scoprendo possibilit che erano impreviste e che risultano sorprendenti per gli stessi scopritori. Conoscere processo anche perch, qualcosa che i soggetti fanno mettendo in campo le loro inclinazioni e capacit. Pi precisamente conoscere significa costruire il mondo che gli attori devono condividere e abitare, scegliendolo a proprio rischio entro una gamma di possibilit che la conoscenza aiuta ad esplorare, valutare, regolare, mettere in comune. Questo lavoro di addomesticamento e condivisione del mondo non si fa in un giorno. Ma richiede un gioco paziente e interattivo di immaginazione, sperimentazione, elaborazione del nuovo. E un processo che pu essere definito come un endless work, un lavoro che non finisce mai. Nel circuito conoscitivo non c un punto di inizio e non c un punto di fine55. Dopo questa breve introduzione passiamo ora in rassegna le pi importanti caratteristiche della risorsa conoscenza56. Prima di percorrere la descrizione delle propriet suesposte occorre fare una doverosa premessa. La conoscenza non un bene come gli altri57. Tutta la costruzione delleconomia della conoscenza sta in piedi se si parte dallassunto che la stessa sia una risorsa produttiva sui generis, governata da leggi che differiscono sostanzialmente da quelle applicabili al lavoro, al capitale, alla terra. Una volta che lavoro e capitale sono divenuti conoscenza, non sono pi gli stessi. Si prodotta una trasformazione irreversibile. La nuova risorsa si comporter diversamente dai fattori di partenza che lhanno generata. La rilevanza teorica di una scienza dedicata specificamente al fattore conoscenza si gioca su tale diversit. E da questa dunque che occorre partire per delineare le caratteristiche distintive che rendono peculiare il capitalismo della conoscenza. Caratteristiche della risorsa conoscenza moltiplicabile Non scarsa Non divisibile Non escludibile Non strumentale E utile E un prodotto congiunto E cumulativa Non controllabile E circoscritta E tacita e vischiosa E dispersa e frammentata E valida E riproducibile E distribuita Edissipativa Tab. 5.1 Caratteristiche della risorsa conoscenza elaborazione

Fonte: nostra

1) La conoscenza una risorsa che non si consuma, anzi essa sempre nuovamente disponibile per altri usi e pertanto si moltiplica. Ci implica che, innanzitutto, la produzione di conoscenza un processo irreversibile, che introduce una rottura tra passato e futuro58 e inoltre significa che55 56

Tratto da FORAY, Leconomia della conoscenza, Il MULINO, Bologna, 2000, pag. 23 Le caratteristiche della conoscenza sono state rielaborate partendo da numerosi spunti quali quelli di Rullani, Foray, Quagli.. 57 Cfr. RULLANI E., Leconomia della conoscenza, CAROCCI, Roma, 2005, pag. 287 58 Mentre nel lavoro energetico costo di produzione e di riproduzione vengono a coincidere, perch per produrre un bene materiale altro non si fa che ricalcare tutte le operazioni effettuate per la prima produzione dello stesso, non lo stesso accade per la risorsa conoscenza. Il processo di riproduzione non ripercorre mai le stesse tappe del processo di produzione. Quando emerge una nuova conoscenza essa cambia il punto di partenza di tutte le ricerche successive, si seguir un percorso diverso da quello seguito per la sua produzione.

2)

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10)

il valore utile ottenibile dalla conoscenza, una volta prodotta potenzialmente illimitato, potendo riutilizzare infinte volte la conoscenza disponibile59; La conoscenza non una risorsa scarsa, perch i suoi usi non sono concorrenti tra loro60; se cedo una conoscenza ad altri il mio uso non ne viene meno per il fatto che altri la stanno utilizzando; essa pu essere adoperata contemporaneamente da una moltitudine di persone senza costi addizionali; Non divisibile, perch i suoi costi e i suoi ricavi sono associati a processi sociali che legano passato e futuro e intrecciano leconomia di un operatore con quella degli altri. Il suo costo solo in minima parte imputabile al singolo uso61; Non escludibile, perch difficile impedire che altri possano usufruire della conoscenza disponibile mediante copia, imitazione o attraverso la via pi onerosa dellapprendimento creativo compiuto a partire dallesperienza altrui62; Non strumentale, perch il conoscere non elabora solo i mezzi, ma cambia le relazioni e le identit degli attori in gioco, modificando gli stessi fini. La conoscenza non un mezzo per soddisfare scopi dati e non modificabili perch essa muta continuamente le sue premesse63; E utile, nel senso che sempre riferita ad un soggetto o ad un sistema utilizzatore interessato il semplice possesso di conoscenza non assicura allimpresa lottenimento dei vantaggi che da essa potrebbero derivare, necessario che essa venga adeguatamente sfruttata attraverso un comportamento intenzionale da parte degli individui64; E spesso un prodotto congiunto. Ovvero la conoscenza prodotta in un contesto di attivit nelle quali sono predominanti altre motivazioni (la produzione di un bene o la fornitura di un servizio); E spesso cumulativa. Ovvero essa capitale di consumo che permette agli agenti di intraprendere azioni, ed capitale intellettuale che consente agli agenti di produrre nuova conoscenza; difficilmente controllabile e genera esternalit. Unimpresa ha sempre pi difficolt a controllare le proprie conoscenze che non i propri macchinari. Le occasioni per le fughe di notizie sono numerosissime. Inoltre le stesse conoscenze hanno un impatto positivo sui terzi che le possono utilizzare gratuitamente; E localmente delimitata e poco persistente. La nuova conoscenza spesso di scarso valore per la societ perch prodotta in particolari contesti e con specifici obiettivi. Inoltre gli agenti dimenticano se smettono di eseguire un compito o una procedura;

59

La conoscenza non si consuma nel singolo uso, rinnovabile allinfinito. Ogni conoscenza comprende in s uno stock potenzialmente infinito di valore utile corrispondente a tutti i possibili usi futuri. Pi la conoscenza si diffonde pi cresce il suo valore. 60 La definizione standard di scarsit si riferisce a risorse disponibili in quantit limitata da impiegare in usi alternativi. Ogni uso dunque associato ad un costo opportunit perch impedisce altre possibilit di impiego. Nel caso della conoscenza la sua natura virtuale rende gli usi non rivali (non alternativi), portando a zero il costo opportunit di ciascuno. 61 O meglio: il processo non pu essere frazionato in segmenti spazio temporali oggettivamente separabili. E pertanto non c alcun meccanismo di mercato che porti ad una distribuzione dei ricavi che rispecchiando il contributo di ciascun periodo e di ciascun soggetto al risultato finale, possa consentire loro di coprire i costi sostenuti 62 Rendere la conoscenza esclusiva e controllarla privatamente pu essere possibile, ma sostenendo costi rilevanti. La conoscenza tende continuamente a sfuggire allentit che la produce. La conoscenza una risorsa che si propaga, superando i confini del controllo proprietario. O meglio. Noi non siamo i depositari ultimi del sapere. Abbiamo importato macchine, tecnologie, intercettato conoscenze altrui. Ma tale propagazione non si ferma con noi. Essa continua. E tutto ci agevolato dai processi di globalizzazione. Le reti sono sempre pi ampie e il valore aggiunto nella supply chain si sta spostando dalla produzione al design, alla progettazione, al servizio 63 Non vi separazione tra variabili esogene (fini) e variabili endogene (mezzi) 64 Le qualit della conoscenza non esistono oggettivamente. Me devono essere apprezzate da qualcuno che sia disposto a pagare per esse. Inoltre anche la nuova conoscenza deriva da una scoperta o da uninvenzione. Essa non esiste in natura ma prodotta dalluomo

11) Talvolta tacita e vischiosa, ovvero non articolata n codificata, risiede nelle persone. Ne deriva che anche difficilmente trasferibile65; 12) La conoscenza dispersa e frammentata. Allaumentare della specializzazione e della divisione del lavoro la conoscenza tende a frammentarsi; 13) Valida ovvero utilizzabile in contesti diversi da quello di origine; 14) Riproducibile a costi limitati e in tempi ragionevolmente rapidi per ciascuno dei diversi usi richiesti; 15) Distribuita da un sistema di trasferimento logistico che la preleva dal luogo/momento di origine per renderla disponibile in ciascun luogo/momento di uso; 16) La conoscenza una risorsa dissipativa, da rigenerare continuamente perch perde valore nel corso del tempo (basti pensare alle forme di imitazione della conoscenza).

1.2.3

Alcune possibili tassonomie

Carlo Simongini, presidente e amministratore delegato di Mazda Motor Italia S.p.a. sostiene che: Il vantaggio competitivo di unazienda sta nella capacit di valorizzare le conoscenze importanti per il business e diffonderle allinterno dellorganizzazione, creando una cultura della condivisione del sapere, sfruttando a proprio vantaggio le nuove tecnologie, generando innovazione, anticipando i concorrenti e orientandosi al cliente. Promuovendo uno scambio ininterrotto di conoscenza fra tutti i membri si attiva un processo di apprendimento e formazione continua del personale e ci determina maggiore innovazione sia nei processi sia nei prodotti-servizi66. Gli strumenti utilizzati in Mazda per la comunicazione interna, per far emergere le conoscenze tacite ed implicite, potrebbero essere sintetizzati nella frase Comunicare, comunicando. Le conoscenze che emergono dai diversi incontri sono coltivate e alimentate quotidianamente, cercando il coinvolgimento di tutti. La loro diffusione avviene nel minor tempo possibile. Il loro occultamento ritenuto un errore che potrebbe creare difficolt per la crescita dellazienda. E proprio dalle parole di Simongini e dalla sua teoria/necessit di far emergere le conoscenze tacite ed implicite presenti in azienda che parte la trattazione di questo paragrafo. Al fine di una corretta gestione della conoscenza aziendale occorre preliminarmente saper riconoscere e distinguere le varie categorie di conoscenza, poich esse vengono create e coordinate in modo diverso allinterno dellorganizzazione. Si possono annotare almeno tre classificazioni rilevanti in merito alla conoscenza67: - Per tipologia, distinguendo tra conoscenza esplicita e tacita, Per contenuto, distinguendo tra conoscenza esplicita, esperenziale, endemica ed esistenziale. Per livello, distinguendo tra conoscenza individuale, di gruppo, organizzativa e di rete.

Il primo criterio prende in considerazione le due seguenti categorie di conoscenza (tralaltro gi sostenute da Polenyi)68: - Conoscenza tacita. E personale, specifica del contesto e in quanto tale difficilmente formalizzabile e comunicabile, - Conoscenza esplicita. E codificata e trasmissibile attraverso un linguaggio formale. Si possono illustrare gli elementi di distinzione tra i due tipi di conoscenza attraverso la tabella 6.1. Conoscenza tacita (soggettiva)65

Conoscenza esplicita (oggettiva)

Si fa in particolar modo riferimento alla nuova conoscenza. Il significato di conoscenza tacita verr trattato nel paragrafo successivo 66 Cfr. AZZARITI F., MAZZON P., Il valore della conoscenza. Teoria e pratica del knowledge management prossimo e venturo, ETAS, Milano, 2005, pag. 33 67 Cfr. TONCHIA S., TRAMONTANO A., TURCHINI F., Gestione per processi e knowledge management. Reti organizzative e nuove tecnologie: lazienda estesa alla conoscenza, IL SOLE 24 ORE, Milano, 2003, pag. 83. Una classificazione simile era gi stata proposta da Nonaka e Takeuchi. 68 Ci limitiamo in questa sede a chiarire il significato di questi termini per demandare al secondo capitolo la modalit di gestione delle stesse.

Conoscenza esperenziale (corporea) Conoscenza analogica (pratica) Conoscenza sequenziale (l e allora)

Conoscenza simultanea (qui ed ora) Conoscenza razionale (mentale) Conoscenza digitale (teorica)

Tabella 6.1 Elementi distintivi dei due tipi di conoscenza. Fonte: Nonaka e Tachuci, The knowledge crewating company, Oxford University press, New York 1995 Analizziamo pi approfonditamente questi concetti69. Una conoscenza si definisce esplicita se riguarda informazioni strutturate come brevetti, documenti, regole, procedure ovvero qualcosa di codificato, disponibile e quindi facilmente trasmissibile e conservabile. E quella forma di conoscenza che pu in qualche modo essere rappresentata, o meglio, che pu essere trasferita da un individuo ad altri tramite un supporto fisico, quale pu essere un libro o un filmato, o direttamente, attraverso una conversazione e una lezione. Un documentario, un manuale, un corso, sono tutti contenitori di conoscenza esplicita. conoscenza codificata ed elaborata e facilmente reperibile nei documenti o in formato digitalizzato. Si definisce, invece, tacita, se riguarda informazioni non espresse in forma documentale come le competenze, i valori, le intuizioni, lesperienza della singola persona che lavora per unazienda, in altri termini qualcosa che esiste come potenzialmente disponibile ma che non codificato e risulta, quindi, difficilmente trasmissibile. E quella forma di conoscenza che ci pi propria, quella che si identifica con ci che sappiamo, anche se a volte non siamo capaci di esplicitarlo. Non tutta la conoscenza tacita in effetti esplicitabile, e quando lo , non detto che lo possa essere completamente. Il saper fare qualcosa conoscenza tacita, cos come lo quella particolare forma di conoscenza al quale diamo il nome di intuizione, e che altro non che la capacit di utilizzare in modo inconscio la propria esperienza per risolvere in maniera apparentemente magica e inspiegabile, problemi anche molto complessi. E soggettiva e personale e difficilmente catalogabile, destrutturata e difficilmente trasferibile, di valore elevato. Lidea che le capacit pratiche delle persone vadano ben oltre le conoscenze codificate che imparano nei libri di testo, che depositano nei brevetti o che scrivono nei progetti ingegneristici. Le persone sanno di pi di quello che riescono ad esplicitare o a spiegare: basti pensare alla differenza che c tra il sapere implicito che ci permette di organizzare discorsi, andare in bicicletta, suonare il piano e il sapere esplicito che dovrebbe spiegare come riusciamo a farlo. Proprio per questo la conoscenza tacita unica, fa storia a s, legata al contesto in cui prende f