INFERMIERE Manuale STRUMENTISTA - MINERVA MEDICA

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DANIELA SCACCHETTI – ROBERTA LUSUARDI – ESPERIA AMICI INFERMIERE STRUMENTISTA Manuale Ruolo e competenze in chirurgia tradizionale mininvasiva – endovascolare – robotica EDIZIONI MINERVA MEDICA TORINO 2011

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DANIELA SCACCHETTI – ROBERTA LUSUARDI – ESPERIA AMICI

I N F E R M I E R ESTRUMENTISTA

Manuale

Ruolo e competenze in chirurgia tradizionale mininvasiva – endovascolare – robotica

EDIZIONI MINERVA MEDICATORINO 2011

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ISBN: 978-88-7711-702-1

© 2011 – EDIZIONI MINERVA MEDICA S.P.A. – Corso Bramante 83/85 – 10126 TORINO

Sito Internet: www.minervamedica.it / e-mail: [email protected]

I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo(compresi microfilm e copie fotostatiche), sono riservati per tutti i Paesi.

AutoriDANIELA SCACCHETTI

ROBERTA LUSUARDI

ESPERIA AMICI

Corso di Laurea Infermieristica, Università degli Studi, Modena

Immagini fornite per gentile concessione di• AB Medica (Robot Da Vinci – cap. 11).• Ceatec (strumenti chirurgici – cap. 6).• Chirurgia Vascolare, AUSL Modena (cap. 10).• Covidien (strumenti laparoscopici – cap. 9).• Direzione Sanitaria e Infermieristica, Ospedale NOCSAE – Baggiovara AUSL, Modena (cap. 1, 2, 3, 5, 7 e 8).• Ethicon (Ultracision – cap. 1; suturatrici meccaniche – cap. 6; strumenti laparoscopici – cap. 9).• Maquet (cap. 4).• Movi (elettrobisturi – cap. 1; apparecchiature laparoscopiche – cap. 9).• Olympus per apparecchiature laparoscopiche (cap. 9).

Si ringrazia:• Dr.ssa Angelini Marta (Chirurgia Generale, AUSL Modena);• Arch. Barbieri Mariangela;• Dr. Caiola Clodio (Bolton Medical);• Sig. Cerchiari Senesio;• Dr.ssa Cerruti Francesca (AB Medica);• Dr. Da Ros Michele (responsabile Centrale Sterilizzazione NOCSAE);• Prof. Farinetti Alberto (Università degli Studi di Modena);• Prof. Ferrari William (insegnante progettazione architettura e arredo);• Dr.ssa Fontanot Daniela (responsabile Centrale Sterilizzazione NOCSAE);• Dr. Luongo Gianluca (Bolton Medical);• Dr. Luppi Claudio (Chirurgia Generale, AUSL Modena);• Dr. Moratto Roberto (Chirurgia Vascolare, AUSL Modena);• Dr.ssa Scalabrini Maura (Ceatec);• Infermiera Sitti Boarini Paola;• Arch. Tombesi Alessandra;• Dr. Valletta Massimiliano (Cook).• Direzione Sanitaria e Infermieristica, Ospedale NOCSAE – Baggiovara AUSL, Modena;• Equipe Chirurgia Generale, Vascolare e Ortopedia, Ospedale NOCSAE - Baggiovara AUSL, Modena;• Istituto d’Arte “G. Chierici” di Reggio Emilia (Classe V° F – a. 2003-2004).

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PRESENTAZIONE

È cosa rara, di questi tempi, iniziare a leggere un testo e scoprire immediatamente che costituisceuno strumento di cui si sentiva concretamente la necessità.

Il pregevole lavoro delle Autrici di questo Manuale esula dagli schematismi, a volte noiosi, dei libridi testo, specie in medicina, trattando una materia vasta e complessa in modo totalmente innovativo.

Traspare, dai vari capitoli, l’intenzione di trasmettere non semplicemente una serie di nozioni, dacatalogo, sui diversi strumentari chirurgici dedicati a differenti interventi, quanto piuttosto l’idea, quasiteatrale, di creare uno scenario dinamico tale da dare, a chi legge, l’impressione di un percorso gui-dato, all’interno di un blocco operatorio pluridisciplinare.

Pur descrivendo situazioni e metodi derivati dalla propria esperienza diretta “sul campo”, le Au-trici propongono una visione generale del blocco operatorio, non limitandosi esclusivamente alle tec-nologie di dotazione più comune, analizzate, in un’ottica, modernissima, di prevenzione del rischioclinico a garanzia di una sempre maggiore sicurezza.

La figura professionale che si intende delineare differisce profondamente dall’idea storica di unostrumentista dedicato, se non a un singolo chirurgo, a un gruppo ristretto di professionisti omogeneiper procedure e attitudini, virando verso una figura tecnica competente di metodo più che di proce-dura, atta a garantire maggiore flessibilità e trasversalità fra le diverse specialità chirurgiche operantinell’ambito di un medesimo blocco operatorio.

Non si tratta tuttavia di un manuale teorico o filosofico; le parti specialistiche descrivono, con sin-tetica precisione, i tempi, i modi e i materiali di ogni singola procedura esaminata con la stessa visionedel chirurgo che la eseguirà.

La crescita straordinaria di competenza del personale non medico, determinatasi nell’ultimo ven-tennio, ha profondamente cambiato le attitudini e le singole responsabilità all’interno delle équipe chi-rurgiche ove le varie figure professionali operano a pari dignità, nell’ambito dei singoli ruoli, aconfigurare sempre più un lavoro di team più capace di quanto fosse in passato di rispondere a com-plessità sempre crescenti.

Un testo quindi non solo per infermieri di sala o strumentisti, un testo la cui lettura mi sento di con-sigliare vivamente anche ai giovani specialisti in formazione e, forse, anche a qualche collega piùmaturo che ancora non abbia ben compreso la spinta positiva dei cambiamenti.

È con piacere quindi che mi congratulo con Daniela Scacchetti, Roberta Lusuardi ed Esperia Amiciper lo straordinario valore educativo del loro testo auspicandone, quale giusto ritorno, la più vasta dif-fusione possibile.

Maggio 2011

GIANLUIGI MELOTTIPresidente della Società Italiana di Chirurgia

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PREFAZIONE

Quando, molti anni fa, iniziammo a lavorare in sala operatoria, gli aspetti che ci colpirono e af- fascinarono furono la grande varietà tecnologica di strumenti e apparecchiature, la complessità or-ganiz zativa e la competenza espressa dai colleghi esperti, che facevano apparire semplici attività emanovre invece difficili. La sensazione fu quella di essere catapultate in un ambiente impossibile dadecodificare con ciò che avevamo studiato.

Ora come allora le conoscenze tecnico-scientifiche acquisite dall’infermiere durante il percorsoformativo di base non sono sufficienti per affrontare un ambiente ultraspecialistico come la sala ope-ratoria. È chiaro che per raggiungere un buon livello di abilità tecnica e di competenza, l’esperienzasul campo sia indispensabile, ma la possibilità di consultare un manuale che fornisca una serie di in-for mazioni pratiche sull’attività chirurgica, gli strumenti e i materiali più usati, può essere un buonpunto di partenza.

L’infermiere che lavora in sala operatoria condivide con gli altri componenti dell’équipe chirur-gica l’obiettivo di contribuire a guarire o a migliorare la condizione di salute della persona operata;il raggiungimento di questo obiettivo passa anche attraverso l’affinamento delle sue abilità tecnichee della sua competenza nell’uso di strumenti, materiali e apparecchiature: ecco che il gesto tecnicodiventa, seppur indirettamente, gesto di cura.

Il manuale intende essere uno strumento utile ai colleghi che desiderano approfondire aspetti ditecnica chirurgica per interesse personale, perché lavorano nel blocco operatorio o, più generica-mente, in ambito chirurgico, perché hanno pianificato per il futuro un’esperienza lavorativa in salaoperatoria.

L’obiettivo è di fornire delle coordinate generali su quella che è l’attività dell’infermiere di sala,in particolare dell’infermiere strumentista o ferrista. Non vengono prese in considerazione l’assisten zae la gestione “anestesiologica” della persona operata cioè le diverse fasi dell’anestesia, i farmaci ele apparecchiature usate, il monitoraggio intraoperatorio delle funzioni vitali.

L’opera è suddivisa in una prima parte generale che comprende:– principali categorie di ferri chirurgici;– caratteristiche e tipi di materiale da sutura e da emostasi;– caratteristiche e tipi di protesi; l’argomento sarà meglio approfondito nei capitoli successivi (chirur gia.

vascolare e ortopedia);– apparecchiature di base della sala operatoria (letto operatorio, impianto luminoso, elettrobisturi,

aspiratore, ecc.);– preparazione chirurgica dell’équipe, preparazione dei tavoli per lo strumentario chirurgico, pre-

parazione del campo operatorio, regole di comportamento valide per tutti i componenti dell’équipe.

La seconda parte è più specifica e presenta uno schema generale di attività e di materiale da pre-parare e usare per gruppo di interventi. Ciascun gruppo di interventi fa riferimento a una specifica tecnica chirurgica (chirurgia laparosco-pi ca e robotica) e, per la maggior parte dei casi, al distretto corporeo di interesse:– collo: intervento sulla tiroide;– torace: intervento sul polmone, sulla mammella;

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– addome: intervento su esofago, stomaco, colon, parete addominale, fegato, milza, pancreas;– chirurgia laparoscopica: colecistectomia e altri interventi eseguiti di frequente con questa tecnica;– robotica;– arterie: carotide, aorta addominale, arterie degli arti inferiori e vene;– ortopedia/traumatologia: spalla, braccio, mano, bacino, femore, ginocchio, gamba, piede;– artroscopia.

Un Manuale di tecnica chirurgica indirizzato all’infermiere potrebbe essere interpretato come iltentativo di accentuare ulteriormente l’aspetto tecnico dell’attività a scapito dell’attenzione verso la per-sona malata, l’umanità e la personalizzazione della cura. Siamo convinte che la contrapposizione:cura della persona – tecnologia non abbia ragione di esistere; ecco la motivazione principale che ciha spinte ad accogliere l’invito delle Edizioni Minerva Medica a pubblicare il presente manuale.

D. SCACCHETTI, R. LUSUARDI, E. AMICI

VIII Prefazione

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INDICE

Presentazione VPrefazione VII

11. CARATTERISTICHE GENERALI DI UN BLOCCO OPERATORIO 11.1 Caratteristiche strutturali e ambientali 11.2 Apparecchiature elettromedicali 5

Elettrobisturi 5Bisturi a ultrasuoni (Ultracision®) 7

1.3 Gestione dello strumentario chirurgico e sterilizzazione 8

12. RISCHI DELL’AMBIENTE CHIRURGICO 152.1 Indicazioni per garantire la sicurezza 152.2 Regole di comportamento generale 17

13. L’INFERMIERE IN SALA OPERATORIA 233.1 Ruoli, responsabilità, aree di interesse per l’attività chirurgica 233.2 Organizzazione delle attività 26

Infermiere di sala 26Infermiere strumentista 27

3.3 Gestire la complessità: la checklist per la sicurezza in sala operatoria 29

14. POSIZIONAMENTO DELL’OPERANDO SUL LETTO CHIRURGICO 314.1 Posizionamento corretto e caratteristiche del letto operatorio 314.2 Posizioni chirurgiche 33

Posizione supina 33Posizione litotomica 35Posizione laterale 35Posizione prona 36

15. PREPARAZIONE DEL CAMPO OPERATORIO 395.1 Caratteristiche della teleria di S.O. 39

Tessuto non tessuto (T.N.T.) 39Tessuti riprocessabili 40

5.2 Preparazione del sito chirurgico 405.3 Allestimento del campo operatorio 41

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X Manuale di strumentazione per gli infermieri

16. STRUMENTAZIONE DI CHIRURGIA TRADIZIONALE E MATERIALE PROTESICO 516.1 Strumenti chirurgici 516.2 Composizione dei set chirurgici 52

Strumenti per retrarre o divaricare 53Strumenti per l’isolamento 54

6.3 Materiale da sutura 586.4 Suturatrici meccaniche 616.5 Protesi in chirurgia generale e vascolare 636.6 Materiale protesico in ortopedia 666.7 Mezzi per osteosintesi 67

Cemento osseo (Polimetilmetacrilato = PMMA) 68

17. INTERVENTI DI CHIRURGIA GENERALE E VASCOLARE 697.1 Interventi di chirurgia generale 69

Tiroidectomia 69Mastectomia 72Pneumonectomia 74Resezione del fegato 77Plastica per ernia inguinale 79

7.2 Interventi di chirurgia generale sul tubo digerente 81Gastrectomia totale 81Resezione addomino-perineale del retto 85Duodenopancreasectomia 89

7.3 Trattamento chirurgico del trauma addominale 937.4 Interventi di chirurgia vascolare 98

Tromboendoarteriectomia della carotide (TEA carotidea) 98Aneurisma dell’aorta addominale (AAA) 100Embolectomia dell’arto inferiore con catetere Fogarty 103Safenectomia 105By-pass con safena invertita 107

18. INTERVENTI DI ORTOPEDIA E TRAUMATOLOGIA 1118.1 Chirurgia dell’apparato locomotore 1118.2 Chirurgia protesica: 111

Artro-protesi totale di anca (ATA) 112Artro-protesi totale di ginocchio (ATG) 114

8.3 Stabilizzazione chirurgica delle fratture 120Sintesi endo-midollare di frattura (chiodo endo-midollare) 121Sintesi di frattura con placca e viti 123Sintesi con fissatore esterno 125

8.4 Artroscopia 126Artroscopia esplorativa di ginocchio 127

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19. CHIRURGIA LAPAROSCOPICA 1319.1 Evoluzione e attualità della chirurgia laparoscopica 1319.2 Apparecchiature per la chirurgia laparoscopica 131

Monitor 131Telecamera 132Videoregistratore 133Ottica 133Sorgente di luce 133Erogatore di CO2 133Sistema di irrigazione/aspirazione 134

9.3 Strumentazione per la chirurgia laparoscopia 134Trocar 135

9.4 Interventi in toraco/laparoscopia 138Lobectomia polmonare 139Colecistectomia 141Colangiografia intraoperatoria 144Coledocotomia 145Intervento per ulcera gastrica o duodenale perforata 148Pancreasectomia distale 151Appendicectomia 153Emicolectomia destra e sinistra 155Surrenalectomia destra e sinistra 161Plastica per laparocele 163

10. CHIRURGIA ENDOVASCOLARE 16710.1 Attività preparatorie all’intervento 16710.2 Strumenti e materiali endovascolari 170

Ago 170Introduttore 170Guida 171Catetere angiografico 173Catetere per angioplastica 173Endoprotesi 175Stent 175Apparecchaitura elettromedicale a ultrasuoni IVUS 176

10.3 Gestione del materiale endovascolare 17710.4 Interventi endovascolari 178

PTA femoro-distale 178CAS (Carotid Artery Stenting) 180Applicazione di endoprotesi aortica modulare 183Applicazione di endoprotesi aortica non modulare 185Endoprotesi aorta toracica con endoprotesi d’appoggio iliaco in PTFE 188Embolizzazione renale 191

Indice XIXI

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XII Manuale di strumentazione per gli infermieri

11. CHIRURGIA ROBOTICA 19311.1 Infermiere di sala operatoria e le tecnologie emergenti 19311.2 Chirurgia robotica 19311.3 Descrizione del sistema e dei principali componenti 19411.4 Attività preparatorie all’intervento 19611.5 Intervento di prostatectomia 201

Prostatectomia radicale 20111.6 Intervento di fundoplicatio 204

Fundoplicatio (sec. Nissen) 20411.7 Spegnimento del sistema e gestione errori 20811.8 Pulizia e manutenzione del sistema 208

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1.1 Caratteristiche strutturali e ambientali

Il blocco operatorio è caratterizzato da aspettiche lo rendono più complesso e di più difficile com-prensione rispetto ad altre parti dell’ospedale.

Innanzi tutto si tratta di un’area ad accesso limi -tato al solo personale che vi lavora. Dispone di per-corsi facilitati dalle degenze chirurgiche, dalle aree dicura intensiva e dal servizio di pronto soccorso.

All’interno vi trovano spazio diverse sale opera -torie, ciascuna dedicata a una specialità chirurgica opiù specialità affini. Oltre alle sale operatorie propria-mente dette, il blocco operatorio si compone an chedi locali “accessori” ma ugualmente fondamentali perl’attività chirurgica:– corridoi e zone filtro per l’ingresso dei pazienti, del

personale, di eventuali visitatori e del materiale;– locali per la preparazione dei malati e per la sor-

ve glianza nel periodo post-operatorio immediato; – locali per la preparazione dell’equipe chirurgica

cioè chirurghi e strumentisti;– spazi-deposito per il materiale;– locali per lavaggio, disinfezione, sterilizzazione del

materiale pluriuso e degli strumenti chirurgici;– zona o corridoio sporco per la raccolta dei rifiuti e

del materiale utilizzato da decontaminare ed invia reai trattamenti successivi.

Ciascuna sala operatoria è isolata dagli altri am-bienti grazie alla presenza di porte caratterizzate disolito da: – apertura ottenibile senza l’uso delle mani;– limitazione delle turbolenze d’aria per evitare sol-

levamento di polveri;– ritorno automatico in posizione di chiusura;– chiusura atta a mantenere la pressione positiva della

sala rispetto agli ambienti circostanti.La disposizione dei diversi spazi e locali di cui si

compone un blocco operatorio non è mai casuale;così, ad esempio, le zone filtro si trovano all’ingresso

del blocco operatorio e servono per ridurre la conta-minazione proveniente dall’esterno; il paziente vie netrasportato all’interno del blocco operatorio dal si-ste ma passamalato in modo da evitare l’ingresso insala di letti di degenza o barelle (fig. 1.1).

La zona dedicata al lavaggio chirurgico dovreb beessere attigua alla sala e dotata di lavelli, rubinetti edispenser di spazzolini e/o sapone anti settico; il la-vello è predisposto in modo da ridurre al minimo glischizzi, i rubinetti e i dispenser sono azionati sen zamani, di solito con il gomito o i piedi; è consigliabileun sistema di timer per garantire il rispetto dei tempidi lavaggio (fig. 1.2).

CARATTERISTICHE GENERALIDI UN BLOCCO OPERATORIO 1

Fig. 1.1. – Passamalato.

Fig. 1.2. – Locale adibito al lavaggio chirurgico.

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La distinzione fra corridoi puliti e sporchi chia main causa la necessità di definire, già in fase di proget -ta zione, dei percorsi differenziati all’interno del bloccooperatorio; si dovrebbero sempre prevedere uno odue corridoi puliti da cui, da una parte il personalepreparato, il materiale pulito e sterile e dall’altra ilmalato, accedono alla sala e un corridoio sporco incui vengono temporaneamente depositati il mate-riale usato, sporco e i rifiuti (fig. 1.3).

Di solito già in fase di progettazione si predili-go no schemi molto semplici e di facile utilizzo, co-sic ché è anche possibile rinunciare al corridoio spor co,compensandone l’assenza mediante l’uso di conte-nitori ermetici e altri presidii per evitare la disper-sione microbica dal materiale sporco.

All’interno di ciascuna sala operatoria si posso notrovare numerosi arredi, apparecchiature, strumentie materiali.

L’arredo di sala operatoria deve rispondere adalcune caratteristiche; dovrebbe cioè essere:– facilmente lavabile, sia per forma che per materiale;– resistente all’uso di prodotti detergenti e disinfettanti;– di minimo ingombro a terra, con soluzioni tipo

“pensile” che fanno risparmiare spazio (fig. 1.4).La composizione dell’arredo varia in base al

tipo di interventi che vi vengono effettuati e quindialla specialità chirurgica di riferimento; tuttavia esisteun arredo di base che è da considerarsi indispensa-bile a prescindere dalla specializzazione, i cui com-ponenti sono:– il letto operatorio: si tratta di un letto dalla super-

ficie rigida, dalla forma più o meno modificabile,eventualmente equipaggiato da superficie antide-cubito, regolabile in altezza, inclinabile in mododa far assumere al paziente posizioni operatoriediverse, munito di guide laterali per fissare morsetti,

cinghie, sostegni laterali e per gli arti superiori einferiori (fig. 1.5);

– il sistema di illuminazione a soffitto e lampada scia- litica: questa lampada, singola o doppia, si trovaproprio sopra il letto e consente un’ottima illumi-nazione del campo operatorio; l’aggettivo che laqualifica deriva dal greco e significa “dissolverel’ombra” e, infatti, la sua caratteristica è di conver-gere la luce da più punti, eliminando ogni zonad’ombra; la produzione di calore della lampadascialitica è limitata da appositi schermi interni allalampada stessa (fig. 1.6);

– il sistema di aspirazione chirurgica, di solito cen-tralizzato;

– l’elettrobisturi: è un’apparecchiatura che, sfruttan doil calore conseguente al passaggio della correnteelettrica nei tessuti, consente la dissezione chirur-gica e l’emostasi dei tessuti incisi, perciò riduce il

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Fig. 1.3. – Corridoio in cui viene temporaneamente depositato ilmateriale sporco.

Fig. 1.4. – Sala operatoria.

Fig. 1.5. – Letto operatorio.

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sanguinamento e accelera i tempi dell’intervento(vedi paragrafo 1.2);

– apparecchio radiologico e negativoscopio;– apparecchiatura per chirurgia video-assistita;– superfici per l’appoggio degli strumenti chirurgici

chiamati, di solito, tavolo madre e tavolo servitore(fig. 1.7);

– carrelli o altre superfici per l’appoggio del materialedi consumo come teleria, disinfettanti, fili di su-tura, strumenti chirurgici e materiale in confezionesingola (figg. 1.8, 1.9).

Non bisogna dimenticare, infine, l’attrezzatura in-dispensabile per l’induzione e il mantenimento dellanarcosi e per la gestione del paziente anestetizzato:respiratore, monitor multiparametrico, sistema per in- fusione rapida di liquidi e per emotrasfusioni, carrel -lo dei farmaci e del materiale di anestesia (figg. 1.10,1.11, 1.12, 1.13).

Caratteristiche generali di un blocco operatorio 3

Fig. 1.6. – Lampada scialitica.

Fig. 1.7. – Tavolo madre e servitore per l’appoggio degli strumentichirurgici.

Fig. 1.9. – Carrellodelle confezioni diteleria sterile.

Fig. 1.10. – Pensilecon ventilatore emonitor multipara-metrico.Fig. 1.8. – Carrello del materiale di sutura.

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La sala operatoria è definita come un ambientea bassa carica microbica e chi vi opera deve sempreavere una particolare attenzione al mantenimentodell’asepsi garantendo l’adesione ai principi di asepsichirurgica. In effetti gran parte delle caratteristichestrutturali del blocco operatorio e dei locali che locostituiscono, le sale operatorie in particolare, sonofinalizzate a garantire la sicurezza dell’ambiente peril paziente e per gli operatori che vi lavorano.

Così, ad esempio, le superfici (soffitto, pareti, pa- vimento) e le suppellettili devono essere facilmentelavabili, i rivestimenti sono lisci e scorrevoli, nonpresentano fessure, dove lo sporco si potrebbe accu -

mulare, gli angoli sono arrotondati, per consentireuna pulizia migliore e uniforme.

Per garantire la sicurezza è necessario valutarediversi fattori/elementi e agire su più fronti, sia in fasedi progettazione che di utilizzazione e sorveglianzaroutinaria dell’attività. Indubbiamente l’infezione delsito chirurgico è una complicanza grave che, oltre acostituire un rischio per la salute del paziente, deter-mina un notevole aggravio dei costi sanitari. Sonotanti i fattori che condizionano l’in sorgenza di infe-zioni del sito chirurgico: tipo e durata dell’intervento,tecnica usata dal chirurgo, condizioni pre-operatoriedel paziente, ma soprattutto le condizioni ambientalidella sala e il comportamento degli operatori.

Una determinante essenziale delle condizioniambientali è la qualità dell’aria. Il blocco operatorio èdotato di un impianto di ventilazione con la funzionedi mantenere condizioni termo-igrometriche idoneeallo svolgimento delle attività, conciliando le esi-genze del paziente, degli operatori e riducen do al-cuni dei rischi connessi all’attività di sala operatoria.

Dal punto di vista normativo, oltre al D.p.r. del14 Gennaio 1997 occorre far riferimento al docu-mento ISPESL del 1999 “Linee guida per la defini-zione degli standard di sicurezza e di igiene am bientaledei reparti operatori”; si tratta di una serie di racco-mandazioni, la cui applicazione però non è ancoraob bli gatoria. Secondo tali raccomandazioni, il bloccooperatorio è una struttura articolata in zone progres-sivamente meno contaminate, dall’ingresso alla sala;perciò deve essere dotato di un impianto di ventila-zione e condizionamento dell’aria a contaminazione

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Fig. 1.11. – Pompeper infusione.

Fig. 1.12. – Carrellodei farmaci.

Fig. 1.13. – Armadio a muro con guanti sterili, disinfettanti, fili disutura.

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controllata; esso prevede diversi filtri che, man mano,bloccano particelle sempre più piccole fino a 0,3 mi-cron (si tenga conto che le particelle aerotrasportateche veicolano microbi sono, di solito, superiori a 5micron).

La temperatura è compresa tra 20 e 24°C, conpercentuale di umidità relativa del 40-60%. Questielementi, insieme ad altri come la velocità dell’aria ela temperatura radiante, e, in particolare, il tipo diattività svolto e il vestiario indossato, determinano lasensazione di comfort/discomfort percepito.

L’impianto dovrebbe garantire almeno 15 ri-cambi/ora, in pratica l’aria presente viene comple -tamente sostituita ogni 4 minuti. Grazie a questoco stante ricambio d’aria, l’impianto fa sì che, nonsolo la carica batterica ambientale sia notevolmenteridotta, ma si abbassino anche la concentrazione del“fumo chirurgico” e quella dei gas anestetici. Si sache il “fumo chirurgico”, legato in particolare all’usodell’elettrobisturi, contiene numerose sostanze tossi-che, che, a elevate concentrazioni, sono irritanti pergli occhi e le mucose del primo tratto respiratorio; leultime raccomandazioni in materia consigliano diusare un sistema di evacuazione, sia nelle procedurelaparoscopiche che aperte.

Per gli anestetici volatili più usati attualmente(es. Sevofluorane) non sono ancora indicati limiti diconcentrazione da rispettare; tuttavia è importanteche si presti la massima attenzione ai fattori che sonoin grado di modificarla: l’impianto di evacuazione,la manutenzione e l’uso corretto degli apparecchi dianestesia, la scelta del tipo di induzione e la gestionedelle vie aeree durante la narcosi.

Un altro parametro fondamentale dell’impiantodi ventilazione è la differenza di pressione, quantifi-cabile in 5 pascal (pa) almeno, tra i corridoi e la salaoperatoria. In pratica, se gli operatori rispettano lasemplice raccomandazione di mantenere chiuse leporte delle sale operatorie sia nei periodi di inatti-vità, sia durante gli interventi, il gradiente pressoriofarà sì che l’aria si sposti sempre verso i corridoi e nonviceversa, fornendo così ulteriore garanzia di asetticitàdell’ambiente operatorio.

Per quanto riguarda il flusso di aria depurata cheentra in sala operatoria, può essere turbolento, cioèmuoversi in tutte le direzioni oppure laminare, ovverounidirezionale; quest’ultimo è particolarmen te indi-cato in caso di chirurgia protesica, dove l’infezio necauserebbe danni irreparabili; sembra infatti che ilflusso d’aria laminare, ancorché più costoso, oltre adiluire la carica microbica, ne consenta il costante al-lontanamento dal campo operatorio e fornisca quindicondizioni di maggiore sicurezza.

1.2 Apparecchiature elettromedicali

Secondo le norme CEI 64-8 e 62-5 per apparec-chio elettromedicale si intende “… un apparecchioelettrico, munito di non più di una connessione aduna rete di alimentazione, destinato alla diagnosi,trattamento, sorveglianza del paziente… e che entrain contatto fisico con il paziente e/o trasferisce ener-gia al paziente e/o rileva un trasferimento di energiaverso o dal paziente…”

Elettrobisturi

Fra gli apparecchi elettromedicali in sala opera-toria, l’elettrobisturi può essere considerato un’attrez -zatura indispensabile; sfrutta l’effetto termico dellacorrente elettrica sui tessuti biologici viventi, per fer-mare il sanguinamento, per separarli e isolarli, ovve -ro per garantire emostasi e dieresi durante l’in ter ventochirurgico (fig. 1.14).

Con temperature di circa 70-100°C il liquido in-tracellulare si vaporizza e si verifica un danno irre-versibile alla cellula; il tessuto tende a essiccarsi e acontrarsi per disidratazione; in questo modo si ot-tiene una doppia azione di taglio e coagulazione.

Con il termine emostasi si intende l’arresto di unsanguinamento arterioso o venoso, che avviene spon- taneamente, grazie al fenomeno della coagulazioneoppure artificialmente, come durante un intervento

Caratteristiche generali di un blocco operatorio 5

Fig. 1.14. – Pensile per elettrobisturi.

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chirurgico. Senza emostasi, il sangue imbibirebbe ilcampo operatorio, rendendo irriconoscibili i tessuti,alterando i rapporti tra gli organi ed esaurendo, inbreve tempo, le riserve ematiche dell’individuo; il san- gue costituisce inoltre un terreno favorevole alla cre-scita batterica e causa un rallentamento dei processiriparativi tessutali.

Si possono distinguere: a) emostasi pre-opera-toria: mira a rendere esangue il campo operatorio,ar restando l’afflusso di sangue, con l’applicazione dilacci o bende; non può protrarsi per più di 30-45’per evitare l’ischemia; b) emostasi preventiva intra-operatoria temporanea: consiste nell’arrestare tem-po raneamente il flusso di sangue di un vaso, grazieal l’applicazione di uno o più strumenti chirurgici;c) emostasi preventiva intra-operatoria definitiva:prevede la chiusura definitiva di uno o più vasi, conlaccio o filo di sutura, di solito prima di asportare l’or- gano o la parte di tessuto di cui sono afferenti.

Con il termine dieresi si intende invece la sepa-razione o sezione dei tessuti che può avvenire conun taglio netto e lineare, definito incisione (es. bistu ritradizionale che incide la cute) o per via smussa,cioè per dissezione; la dissezione avviene introdu-cendo le lame chiuse dello strumento chirurgico fragli strati di tessuto e divaricandole, senza richiuderle,per evitare di recidere strutture vascolari o nervose.

È possibile usare l’elettrobisturi secondo le mo-dalità mono- o bipolare oppure applicare strumentipiù recenti e derivati come il LigaSure®. Un’alterna-tiva, anch’essa abbastanza recente, è rappresentatadal bisturi a ultrasuoni (Ultracision®), che sembraoffrire notevoli benefici rispetto all’elettrobisturi, inparticolare in campo laparoscopico.

L’elettrochirurgia bipolare prevede che il flussodi corrente sia limitato al percorso tra 2 poli posti suun unico strumento chirurgico; il tessuto interessatodal passaggio di corrente è unicamente quello chel’ope ratore stringe nel morso dello strumento o tra lepunte della pinza, perciò non c’è dispersione di cor-rente nel corpo del paziente.

Con la tecnica monopolare, invece, la correntepassa dall’elettrodo attivo (manipolo) attraverso ilcorpo del paziente fino ad arrivare all’elettrodo di ri-torno o neutro (piastra); la piastra chiude il circuitoed è essenziale, per evitare ustioni che sia applicatain modo corretto.

La formazione di calore aumenta con l’aumenta -re della resistenza del tessuto (i tessuti hanno diverseresistenze specifiche così, ad esempio, l’adipe ha re-sistenza maggiore rispetto al tessuto muscolare) e

della densità di corrente, data da intensità per unitàdi superficie (cm2). Così sulla punta del manipolo,impu gnato dal chirurgo, a causa delle sue ridotte di-men sioni, la densità di corrente è elevatissima e sisviluppa una grande quantità di calore; a seconda dellaforma dell’elettrodo attivo, della velocità con cui vienemosso, dell’intensità di corrente impostata e dellasua forma d’onda, si può ottenere l’effetto di taglio, dicoa gulo o entrambi.

L’attività dello strumentista in relazione all’atti-vazione dell’elettrobisturi prevede che prima del-l’inizio dell’intervento venga controllata l’integrità dicavi e manipoli e dopo aver applicato l’elettrodoneutro, si faccia un test di funzionamento che con-siste nell’attivare per breve tempo i pulsanti del ma-nipolo e/o i pedali.

L’impostazione della potenza va sempre fatta suivalori più bassi possibili, aumentando solo se neces -sario; alcuni modelli di elettrobisturi regolano auto-maticamente la potenza sul valore più basso; en trambele funzioni di taglio e coagulo devono essere attivateper il tempo strettamente necessario.

Per garantire la sicurezza del paziente, durantel’intervento, lo strumentista fa attenzione a non ap-poggiare il manipolo direttamente sul corpo o suiteli di copertura, ma lo ripone sul tavolo servitore epulisce regolarmente l’elettrodo attivo con una spu-gna morbida; meglio non raschiare o usare superficigraffianti che scalfiscono l’acciaio e contribuisconoalla formazione dell’escara, che aumenta la resistenzae ostacola il passaggio di corrente.

L’infermiere di sala, per evitare disturbi sui siste -mi video presenti in sala operatoria, si preoccupa diposizionare i cavi ad alta frequenza il più lontanopossibile da quelli della telecamera e deve prestarela massima attenzione all’applicazione dell’elettrodoneutro sul corpo del paziente e, più in generale, alrispetto delle indicazioni per la sicurezza.

Il paziente è posizionato sul letto chirurgico elet-tricamente isolato, asciutto (l’acqua è un ottimo con-duttore) e non deve essere a contatto con oggettielettricamente conduttivi; l’elettrodo neutro viene ap-plicato di solito sulla superficie esterna della coscia odi un braccio, in una zona ben vascolarizzata, il piùvicino possibile all’area da operare; per l’applicazioneevitare aree in prossimità di protesi, con spessi stratidi tessuto adiposo, con tessuto cicatriziale.

La piastra è monopaziente, adesiva, già dotatadi uno strato di gel conduttivo; si deve avere moltacura che tutta la superficie aderisca alla cute, perchéquanto maggiore è la superficie di contatto dell’elet-trodo neutro, tanto minore sarà la densità di correntee quindi il pericolo di ustioni.

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Può essere necessario radere i peli e controllareche la zona di applicazione non si bagni durante lapreparazione del campo operatorio. Quando sia ne-cessario riposizionare il paziente durante l’interven to,controllare sempre la posizione della piastra e la suaadesione alla cute. Inutile dire che l’elettrodo neutronon deve essere modificato in alcun modo dall’ope-ratore, né si deve applicare gel conduttivo aggiuntivo.

I produttori di elettrobisturi consigliano inoltredi posizionare l’elettrodo neutro con il bordo piùlungo rivolto verso il campo operatorio, perché sullasuperficie di contatto della piastra, la densità di cor-rente non si distribuisce in modo uniforme; è piùelevata sul bordo vicino al campo operatorio.

Una moderna evoluzione di elettrochirurgia bi-polare è rappresentata dal Sistema per la sintesi neivasi a Radiofrequenza LigaSure®; si tratta di unostrumento che riesce a fondere il collagene con l’ela-stina della parete vasale, creando un’emostasi per-manente; sembra che la sintesi vasale formata possaresistere a pressioni molto superiori rispetto a unanormale pressione sistolica. Regola automaticamentei parametri di voltaggio e potenza di corrente median -te un sistema a feedback, che misura le caratteristichedi impedenza del tessuto nelle morse dello strumen toed eroga l’adeguato quantitativo di energia per otte-nere l’effetto emostatico.

In pratica si tratta di un sistema efficace nel ga-rantire l’emostasi, con minima dispersione termica edanneggiamento dei tessuti.

Alla fine degli anni ’80 è stata introdotta la com-bi nazione di elettrochirurgia con impiego di gasArgon. L’Argon è un gas inerte, non combustibile checonvoglia la corrente in un flusso di gas ionizzatoche invia la scintilla al tessuto. L’elettrochirurgia po-tenziata ad Argon presenta diversi vantaggi: minorriscaldamento dei tessuti, formazione di escara piùsottile e flessibile, riduzione del fumo.

L’evacuazione del fumo chirurgico è importanteper proteggere il paziente e gli operatori; è stato di-mostrato, infatti, che contiene sostanze tossiche ecancerogene come benzene e formaldeide; i sotto-prodotti del fumo sono inalati e assorbiti producen dosostanze come meta- e carbossiemoglobina (vedi pa-ragrafo 1.1).

Bisturi a ultrasuoni (Ultracision®)

L’effetto della coagulazione ultrasonica è similea quello ottenuto con l’elettrobisturi o con il laser: ivasi vengono compressi e chiusi da un coagulo pro-teico denaturato. Ciò che cambia è il modo in cui la

proteina viene denaturata; l’elettrochirurgia e il laser,utilizzando rispettivamente energia elettrica e lumi-nosa, producono emostasi surriscaldando i tessu ti. Ilbisturi a ultrasuoni, invece, ottiene l’emosta si trasfe-rendo energia meccanica; la vibrazione ad alta fre-quenza modifica la struttura molecolare del tessuto,rompendo dei legami chimici.

L’apparecchiatura è costituita da un generatore,un manipolo e un comando a pedale. All’estremitàdel manipolo c’è una lama in titanio capace di oscil-lare con breve movimento longitudinale a frequenzaelevatissima (circa 55.000 volte/secondo) (fig. 1.15).

Ciò provoca due effetti sul tessuto: cavitazionee frammentazione, che si rivelano particolarmenteutili quando è necessario procedere a dissezione distrutture fibro-adipose come l’omento, i mesi ileali ecolici e le briglie aderenziali.

La velocità di penetrazione e l’estensione dellacoagulazione sono controllabili e possono essere bi-lanciate dal chirurgo variando: potenza, affilatura dellalama, tensione del tessuto e forza/pressione dellapresa. L’aumento del livello di potenza corrispondea un aumento della velocità di taglio e una diminu -zione della coagulazione e, viceversa, una potenzaminore corrisponde a un maggiore effetto emostati -co rispetto al taglio. Allo stesso modo, l’applicazio nedi una maggiore pressione realizza un taglio più ve-loce con minor effetto emostatico.

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Fig. 1.15. – Ultracision®.

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Con l’apparecchio Ultracision®, si utilizza unparticolare strumento, forbici coagulanti multifun-zionali (LaparoSonic Coagulating Shears), formateda una branca attiva con un bordo smusso e uno af-filato e da una branca inerte, grazie alle quali si pos-sono comprimere i tessuti da coagulare e sezionare;in pratica, con queste forbici mutifunzio nali è possi-bile afferrare, coagulare e sezionare tessuti anche ric-camente vascolarizzati, senza necessità di cambiarestrumento.

L’utilizzo degli ultrasuoni comporta indubbia-mente dei vantaggi: a) l’emostasi e la dissezione av-ven gono a temperature inferiori e la mancanza dicarbonizzazione facilita la guarigione dei tessuti; b)la minore temperatura di esercizio riduce la vaporiz -zazione cellulare e il fumo conseguente; questoaspetto rende il bisturi a ultrasuoni parti colarmenteadatto alla chirurgia laparoscopica; c) c’è maggior ga-ranzia di sicurezza elettrica per il paziente e per glioperatori, non è più necessaria l’applicazione del-l’elettrodo neutro e viene scongiurato il rischio diustioni.

Secondo alcuni studi sull’uomo questa tecnica èrisultata essere più efficace nel diminuire le perfora-zioni accidentali della colecisti e nel ridurre il dolorepost-operatorio dopo interventi per ernia inguinale,biopsia mammaria e prostatectomia radicale.

1.3 Gestione dello strumentario chirurgico e sterilizzazioneLa premessa essenziale per affrontare la gestio ne

dello strumentario chirurgico e del materiale sterileusato durante la seduta operatoria è la standardizza-zione, cioè la creazione di set di ferri chirurgici e diteleria, che possano servire per gruppi di interventiaffini; i set di strumenti sono sterilizzati e conservatinei containers; così, ad esempio, il container “tubodigerente” contiene i ferri da usarsi negli interventi sul- l’apparato digerente; allo stesso modo si possono co-stituire alcuni set di teleria diversi, in base all’acces sochirurgico e alla disposizione del campo operatorio.Un sistema di questo tipo, corredato da un congruonumero di strumenti confezionati singolarmente, con- sente di soddisfare le esigenze di diverse specialitàchi rurgiche con un numero relativamente limitato diferri. L’esigenza di strumenti in confezione singolana sce da alcune considerazioni, ad esempio: i con-tainers non possono essere riempiti oltre un certopeso, per gli strumenti di uso saltuario si evitano nu-merosi cicli di sterilizzazione (fig. 1.16).

La gestione dello strumentario chirurgico è unprocesso complesso composto da diverse fasi; nondimentichiamo che decontaminazione, pulizia, manu- tenzione, sterilizzazione e conservazione rivesto noun ruolo fondamentale nella prevenzione delle in-fezioni ospedaliere e nel garantire la sicurezza delpaziente sottoposto a un intervento chirurgico; la si -curezza di usare uno strumento sterile, oltre che benfunzionante, deriva dalla correttezza di esecuzione diogni tappa del processo, associato a un program madi controllo di qualità.

Nonostante motivi legati alla sicurezza e consi-de razioni di ordine economico siano a favore dellascelta di costituire una centrale di sterilizzazione com-pletamente separata dal blocco operatorio, e addi-rit tura gestita da un soggetto esterno all’ospedale, gliinfermieri di sala operatoria, in particolare gli strumen-tisti, devono possedere conoscenze ampie e aggior -nate sulle fasi del processo citate precedentemente.

Il ferro chirurgico, cioè qualsiasi utensile manua -le usato dal chirurgo durante l’intervento, è un di spo-sitivo medico; come tale deve essere ben funzio nantee, se usato correttamente, può fornire un concretovantaggio, in termini di salute, al paziente, senza cau-sare danni. Se lo strumento è ben fatto, ma neggiatocon attenzione e usato non impropriamente può du-rare anche per 10 anni; la cura dello strumen tario chi-rurgico dipende dai suoi utilizzatori: il team chirurgicoe gli operatori della centrale di sterilizzazione.

Per sterilizzazione si intende qualsiasi processo,fisico o chimico, che porta alla distruzione di tutte le

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Fig. 1.16. – Carrellodei containers deglistru menti chirurgici.

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forme di microrganismi viventi e altri agenti bio lo-gici. La norma tecnica UNI EN 556-1 stabilisce cheper dichiarare un prodotto sterile si deve avere laprobabi lità che al massimo non lo sia su 1 milione diprodotti sterilizzati, ovvero il livello di sicurezza disterilità SAL (Sterility Assurance Level) sia pari a 6(1:1.000.000 = 106).

Per assicurare tale risultato devono essere garan-tite specifiche condizioni fisiche che tengano contodello stato dei microrganismi potenzialmente pre-senti cioè la forma vegetativa o sporigena; le sporesono forme molto resistenti agli agenti sterilizzanti erichiedono, per essere eliminate, temperature moltoelevate e tempi di esposizione maggiori. Attualmenteè opportuno prendere in considerazione, per la par-ticolarità dei procedimenti di sterilizzazione da usare,anche l’esistenza di altri agenti biologici, associati alleTSE (Encefalopatie Spongiformi Trasmissibili), moltoresistenti ai normali trattamenti di disinfezione e ste-rilizzazione.

Il processo di sterilizzazione deve essere com-patibile con le caratteristiche del dispositivo da trat-tare, pertanto occorre prevedere cicli e metodichefi nalizzate al materiale e al suo uso; temperatura,concentrazione dell’agente sterilizzante, pressione etempo sono tutti fattori che condizionano ogni tec-nica di sterilizzazione; l’elemento comune a tutte lemodalità è di sottoporre al processo solo materialidecontaminati e puliti, perché l’efficacia della steri-lizzazione dipende anche dalla concentrazione mi-crobica iniziale.

Ai sensi del D.p.r. del 14 Gennaio 1997 n. 37, inuna centrale di sterilizzazione deve essere assicuratala presenza di almeno un infermiere; in organizza-zioni piccole, dove ciò non fosse possibile si posso noindividuare altri operatori idonei solo con forma-zione specifica. È auspicabile, inoltre, che l’interoprocesso sia periodicamente sottoposto a controllida parte di operatori terzi, indipendenti.

Vediamo ora in dettaglio le fasi del processo cuivengono sottoposti gli strumenti chirurgici.

Raccolta: questa fase inizia già in sala operato-ria, al termine dell’intervento; chi se ne occupa, purindossando gli opportuni dispositivi di protezioneindividuale, dovrebbe evitare di manipolare il ma te-riale contaminato direttamente; per questo è auspi-ca bile raccogliere il materiale contaminato in ap positicontenitori rigidi muniti di manici laterali e griglieestraibili.

Decontaminazione: questa fase è uno degliadem pimenti previsti dal Titolo X del D.Lgs. 81/2008in materia di sicurezza sul lavoro in quanto misura disicurezza e deve essere effettuata prima del lavag-

gio mediante immersione “in idoneo mezzo”; con-tribuisce alla protezione degli operatori coinvoltinella sterilizzazione e gli addetti al trasporto e lavag -gio del materiale utilizzato. Si può fare con modalitàchimica manuale o con termo-disinfettatrici appo-site; gli strumenti che si smontano devono essere co-munque decontaminati manualmente prima di esseresottoposti a qualsiasi altro trattamento. Le istruzionida seguire per la decontaminazione manuale sono:– scegliere il principio attivo in base all’efficacia nei

confronti degli agenti microbici e alla compatibilitàcon il materiale da trattare;

– attenersi alle istruzioni del produttore per modalitàdi diluizione, tempo di contatto e smaltimento dellasoluzione decontaminante.

Lavaggio. – Ha lo scopo di rimuovere i residui disostanze organiche e quindi di microbi; una buonadetersione riduce di molto la contaminazione ed è lachiave del successo della sterilizzazione. Il lavaggiodeve avvenire il più presto possibile rispetto all’uso ein un luogo appositamente dedicato; si può effettua -re manualmente o con metodo meccanico/chimico.Il lavaggio manuale è ormai considerato un metodosuperato; l’uso delle macchine lavaferri riduce infattidi molto il rischio di infortuni degli operatori addetti;la procedura per la pulizia manuale prevede che ilmateriale venga immerso in una soluzione di liquidodetergente che può essere a base di tensioattivi, en-zi matico o plurienzimatico; è essenziale rispettare leindicazioni del fabbricante relative a diluizione, tem-peratura, tempo di azione e durata; la soluzione infattiva sostituita a intervalli regolari o quando sia visibil-mente sporca; gli strumenti vanno immersi aperti e,dove occorre, smontati, su una griglia sospesa nellasoluzione, allo scopo di pre venire eventuali incidentidurante il prelievo di ferri adagiati sul fondo dellavasca. Dopo l’immersione i ferri vanno spazzolati, consetole delicate, nelle zone in cui presentano incastri ezigrinature; per gli strumenti che presentano cavità olumi ristretti è indispensabile usare anche altri ac-cessori, come scovolini e pistole ad acqua o ariacompressa; a loro volta questi acces sori saranno so-stituiti, disinfettati o sterilizzati in modo da evitare laricontaminazione dei materiali.

Il lavaggio a ultrasuoni è particolarmente indi-cato per tutti quei dispositivi di piccole dimensioni omolto delicati, che presentano articolazioni o zigri-nature in cui si deposita materiale organico difficileda rimuovere, ormai solidificato. Si basa su un prin-cipio fisico chiamato cavitazione ultrasonica che con-siste nella formazione di bolle di gas, create da ondeultrasoniche che implodono all’interno di un liquido

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con conseguente enorme rilascio di energia d’urto; ilrisultato è un fenomeno fisico di microspazzolaturacui si aggiunge l’effetto detergente della soluzioneproteolitica. La vasca a ultrasuoni è dotata di cestelloforato dove appoggiare i ferri aperti e smontati, senzasovrapporli, per evitare zone d’ombra; viene riempitacon acqua a cui si aggiunge il prodotto detergentesecondo le indicazioni del produttore; altri parametrida rispettare sono: temperatura, frequenza degli ul-trasuoni e tempo di contatto, di almeno 5 minuti.Anche in questo caso la soluzione detergente deveessere rinnovata secondo la frequenza e le condizionid’uso o almeno quotidianamente (figg. 1.17 A, B).

Il lavaggio meccanico con macchina lavaferri èsenz’altro il metodo da preferire; la macchina è indi-cata per lavare numerosi strumenti e materiali, anchequelli che presentano forme particolari con cavità dif-ficili da trattare. La lavastrumenti assicura un’omo-genea rimozione dello sporco, grazie all’uso di unaconcen trazione di soluzione detergente costante, acon dizio ne però che ci sia un corretto caricamento:

cestelli o panieri non sovraccarichi, strumenti a snodoaperti, strumenti più piccoli non coperti da quelli piùgrandi, uso di appositi accessori per il materiale cavo.All’a zio ne meccanica di detersione è associato unprocesso di disinfezione termica o chimica.

Le lavastrumenti utilizzano programmi di lavag-gio standardizzati in base al materiale da trattare:ferri chirurgici generali, ferri chirurgici specialistici,containers, zoccoli, strumenti cavi. Queste macchinedevono essere sottoposte a verifica almeno annuale;possono inoltre essere dotate di un sistema di regi-strazione che consente di verificare la corretta ese-cuzione e la ripetitività del ciclo, nonché di archiviarela documentazione scritta dell’intero pro cedimento,al fine della tracciabilità (fig. 1.18).

Risciacquo. – Dopo le procedure di detersione ènecessario procedere a un primo risciacquo del ma-teriale con doccia di acqua corrente e poi con doc-cia di acqua demineralizzata, per rimuovere residuidi detergente.

Asciugatura. – Da eseguirsi preferibilmente con pi-stole ad aria compressa perché risultano più efficacirispetto ad altri sistemi; in alternativa con panni dicarta o di tela, che non rilasciano fibre.

Controllo e manutenzione: prima del confezio-namento i materiali devono essere accuratamentecontrollati in tutte le loro parti per garantire il fun-zionamento e l’integrità del prodotto a tutela dell’at-tività chirurgica. La manutenzione, quando neces saria,va effettuata applicando prodotti lubrificanti idroso-lubili (se il materiale viene sterilizzato a vapore, i pro-dotti devono essere privi di silicone); tutti i materialiche presentano parti deteriorate (rotture, ecc.) o rug-

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Fig. 1.17 A, B. – Vasca a ultrasuoni per il lavaggio degli strumentichirurgici.

Fig. 1.18. – Macchina lava-strumenti.

A

B

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gine, non devono essere avviati alla fase del confe-zionamento, ma opportunamente riparati o trattaticon prodotti specifici.

Confezionamento. – Da eseguirsi in un ambiente de- di cato e diverso da quello in cui si eseguono le ope-razioni di lavaggio. In rapporto alla metodologia disterilizzazione e alla tipologia del dispositivo da trat-ta re, dovrà essere individuato il tipo di confeziona-men to maggiormente appropriato per garantire lasterilità del materiale trattato. Il confezionamentodel materiale sanitario da sottoporre a processo disterilizzazione deve permettere: a) la penetrazione econseguente contatto dell’agente sterilizzante con ilma teriale da trattare; b) la conservazione della steri-lità nei tempi e modi stabiliti dal corretto stoccaggio;c) la riduzione del rischio di contaminazione del ma-te riale al momento dell’apertura sul campo opera-torio; d) praticità, comodità, economicità. Esistonodi versi tipi di materiale di confezionamento mono usoo riutilizzabile; in generale deve possedere alcunecaratteristiche: a) compatibilità con il processo di ste-rilizzazione con il materiale da trattare e con il sistemadi etichettatura; b) capacità di mantenere la sterilitàdel materiale. Anche la procedura di confeziona-men to, pur diversificandosi in base al tipo di materialescel to, segue alcune regole universalmente valide: a) con trollare che lo strumento sia pulito, integro easciut to, ricostruirlo se è stato scomposto; b) se lostru mento presenta parti appuntite o taglienti, chepotrebbero danneggiare la confezione, occorre pro-teggere queste parti con apposite coperture; c) se ilmateriale è costituito da tubi di plastica o gomma,avvolgerli in modo da evitare distorsioni che potreb-bero alterare lo strumento e non far penetrare l’agentesterilizzante; d) porre all’esterno della confezione unindicatore chimico di classe A (UNI EN 867-1), checon sente di classificare come trattata la confezione;e) riportare su etichetta i dati necessari all’identifica-zione e tracciabilità dello strumento; f) preparare leconfezioni o i containers in modo che non eccedanoi 10 Kg di peso, per evitare residui di condensa du-rante la sterilizzazione.

I materiali da confezionamento sono pluriuso(containers) o monouso:– container : è costituito da materiale rigido e resi-

sten te al vapore saturo sotto pressione, può con-tenere ferri o teleria; è dotato di guarnizioni, filtrie valvole che garantiscono l’estrazione dell’aria,l’ingresso del vapore e la chiusura ermetica comebarriera contro i microbi; gli strumenti chirurgicivengono posizionati su una griglia avvolta da un

materiale che favo risce l’asciugatura e l’estrazioneasettica del con tenuto; all’esterno il container pre-senta, oltre a indicatori di processo e un’etichet tadi identificazione e tracciabilità, un sigillo, a garan -zia che non ci siano state manomissioni (figg. 1.19,1.20).

– carta medicale : si usa per teleria e set di strumentichirurgici contenuti in griglia, in caso di sterilizza-zione a vapore o a ETO (Ossido di Etilene); il con-fezionamento deve avvenire seguendo uno sche mapreciso e sempre in doppio strato (fig 1.21);

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Fig. 1.21. – Carta medicale per il confezionamento.

Fig. 1.19. – Container per strumenti chirurgici chiuso.

Fig. 1.20. – Container per strumenti chirurgici aperto.

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– buste e rotoli in accoppiato carta-film polimerico:sempre in caso di sterilizzazione a vapore o ETO,per strumenti singoli o piccoli set; il confeziona-mento corretto prevede che la busta sia di dimen-sioni adatte all’oggetto, si provveda alla protezionedi parti taglienti o appuntite, si proceda con la ter-mosaldatura per chiudere la confezione con appo -sita macchina termosaldatrice (figg. 1.22, 1.23);

– rotoli o tubolari di materiale poliolefinico o simila re:da usare per materiale da sottoporre a sterilizzazio - ne a basse temperature come ETO o gas plasma diperossido di idrogeno.

Sterilizzazione. – Può utilizzare il vapore saturo sottopressione, l’ossido di etilene, il gas plasma di peros-sido di idrogeno, la soluzione di acido peracetico.

Sterilizzazione a vapore. – È il metodo più sicuro, ra-pido, economico e non inquinante; si serve di appa-recchiature chiamate autoclavi o sterilizzatrici avapo re; l’autoclave è dotata di appositi sistemi dicon trollo e registrazione dei principali parametri

del ciclo che sono tempo, pressione e temperatura(121-134°C); poiché il vapore non si mescola conl’aria, quest’ultima deve essere allontanata dalla came -ra dell’autoclave, per consentire al vapore di penetrareil materiale da trattare; ovviamente è fon damentaleche il carico sia distribuito in modo uniforme facen doattenzione che non tocchi le pareti e sia sostenuto daapposite griglie; al termine del processo il problemapuò essere la presenza di condensa, che favorisce laricontaminazione del materiale; è perciò importantecercare di limitare al minimo questo fenomeno, attra -verso alcuni accorgimenti: a) limitare il carico dellacamera dell’autoclave; b) suddividere in più containersstrumenti metallici molto grandi e pesanti, perchéformano più condensa; c) caricare i containers da ste-rilizzare un po’ prima di iniziare il ciclo, perché sipos sano scaldare; d) se indicato dal fabbricante, po- sizionare all’interno dei containers materiale specifi coche favorisca l’asciugatura (fig. 1.24).

Sterilizzazione a Ossido di Etilene (ETO). – Si tratta di ungas con una potente azione antimicrobica, anche neiconfronti delle spore; sono in corso sperimentazioniper verificare la sua efficacia anche in caso di pro-teine prioniche; anche questo metodo utilizza un’au-toclave, ma, data la tossicità del gas, richiede mi suredi sicurezza e procedure molto più comples se e co-stose rispetto al vapore; attualmente la sterilizza zionecon ETO è affidata a ditte esterne alle aziende ospe-daliere o sanitarie; questo tipo di sterilizzazione vieneutilizzata solo per quei materiali che non tolle rano lealte temperature del vapore e dichiarati risterilizzabilidal produttore, che, cioè, non sono alte rabili dal trat-tamento. Già la circolare n. 56/83 indicava come noneseguibile il trattamento con ETO per quei prodottiprocessati in precedenza con raggi gamma in quantodurante la risterilizzazione si formerebbe etilenclo-rina in quantità tossiche.

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Fig. 1.23. – Termosaldatrice. Fig. 1.24. – Sterilizzatrice a vapore.

Fig. 1.22. – Buste e rotoli in accoppiata carta-film polimerico per ilconfezionamento.

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Sterilizzazione con gas plasma di perossido di idrogeno. – Èun processo di sterilizzazione a bassa temperatura(45°C) relativamente nuovo, per cui occorre parti-colare cura nell’asciugatura degli strumenti, poichéla presenza di umidità causa l’annullamento delciclo; è necessario usare materiale speciale di con-fe zio namento, provvisto di indicatore di processoester no, che consente la diffusione del gas, ma neevita l’assorbimento; i materiali da non usare per ilconfezionamento sono quelli in grado di assorbireil perossido: prodotti contenenti cellulosa o pasta dilegno, teleria, o altri prodotti in cotone. Questo tipodi processo è particolarmente indicato per strumentitermosensibili, non immergibili e risterilizzabili, se- condo le istruzioni del produttore.

Sterilizzazione con soluzione di acido per acetico. – È unprocesso per cui si utilizza una sterilizzatrice a circuitochiuso; l’acido per acetico, infatti, è sostanza tossica edeve essere evitato il contatto con gli operatori ad-detti alla procedura; l’azione sterilizzante si verificamediante l’immersione dello strumento in una solu-zione di acido per acetico 0,2% con pH neutro e tem-peratura a 50-55°C; il trattamento deve essere eseguitoin prossimità dell’uso del materiale perché non è an-cora possibile disporre di un confezionamento ade-guato; perciò questo metodo si rive la particolarmenteutile per strumenti diagnostico-terapeutici immergibili,come ad esempio gli endoscopi e in generale gli stru-menti a fibre ottiche.

Convalida o verifica del processo di sterilizzazione. – Consistein una serie di procedure di verifica dell’av venutasterilizzazione, opportunamente documenta te; il pro-ces so deve svolgersi secondo standard di quali tà ele-vati, da controllare periodicamente con regolarità. Leverifiche si riferiscono sia alle caratteristiche degliambienti in cui si svolge il processo di sterilizzazio ne,che alle diverse fasi del processo stesso. Sulle steriliz-zatrici si svolge un primo controllo in fase di instal-lazione, seguito da controlli periodici, atti a garantireche siano in essere le condizioni che permet tano didefinire “sterili” i materiali trattati. Tutte le confezionidevono essere provviste di indicatore chimi co diclasse A, per evidenziare che è stato effettua to il trat-tamento e contrassegnate da un numero di lotto, perla rintracciabilità (fig. 1.25).

Per la sterilizzazione a vapore ogni giorno sieseguo no i test di tenuta del vuoto e di penetrazionedel va pore (Bowie-Dick). Per il processo a ETO èimportante documentare la procedura per la rimo-zione dei residui dell’agente sterilizzante dal materia -le trattato, in modo da garantirne la presenza nei

li miti di tollerabilità. Si considera utile inserire nel ca-rico, per ciascun ciclo di sterilizzazione, un indica torechimico di classe D (norma UNI EN 867). Esiste, in-fine, un test di convalida microbiologica, in cui l’indi -catore deve essere posizionato in una zona del caricodove sia difficile raggiungere le condizioni di sterilità.

Tracciabilità del materiale sterilizzato. – Si tratta di una pro-cedura che consente di ricostruire con facilità e pre-cisione tutte le fasi dell’avvenuto processo disterilizzazione, mediante registrazione su supportocartaceo o elettronico. I risultati dei test eseguiti e idati registrati dalle apparecchiature devono esserearchiviati e opportunamente conservati. Ogni confe-zio ne deve riportare tutte le indicazioni di identifica -zione del contenuto e del processo effettuato; quindiogni set di strumenti o strumento confezionato sin-golarmente deve essere corredato da un’etichetta conle seguenti informazioni: data di sterilizzazione e sca-denza, indicatore chimico di sterilità, destinazio ne,codice identificativo dell’addetto, descrizione dellostrumento o del set e quanti tà dei ferri contenuti, nu-mero identificativo del l’autoclave, codice numericoche consente di risalire al ciclo di sterilizzazione.Queste stesse informazioni possono anche essereriassunte in un’ etichetta tipo “codice a barre”, ade-siva, da applicare alla cartella clinica del paziente.

Stoccaggio del materiale. – I containers e gli strumentiin confezione singola sterilizzati devono essere con-servati in un luogo pulito, privo di umidità e di pol-ve re e protetto dalla luce solare diretta; le modalitàdi stoccaggio devono tener conto dei rischi dell’o -pe ratore nella movimentazione manuale dei carichie far sì che i set più pesanti siano posti in posizionepiù comoda; trattandosi di materiale sterile, c’è unascadenza che, a condizione che la confezione sia in-

Caratteristiche generali di un blocco operatorio 13

Fig. 1.25. – Strumento chirurgico confezionato in busta con indi-catore chimico di processo, codice a barre e data di scadenza.

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tegra, dipende dal tipo di processo e di confeziona-mento, perciò è sempre necessario prevedere la ro-tazione del materiale (fig. 1.26).

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Fig. 1.26. – Locale del blocco operatorio adibito a stoccaggio deicontainers degli strumenti sterilizzati.

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