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Indice Cultura 4 La tensione dell’essere. Le concept de désir dans l’œuvre de Thomas d’Aquin, di Gianmarco Stancato 5 A.Ge.M: Napoli - Teatrino Reale. Intervento di P. Bartolomeo Sorge SJ, di Rino Curcuruto 7 Lori i Gesuiti, di Rachele Novelli di Santo 8 Il nostro modo di procedere, di Elena Maietich 11 Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI Vita del Massimo SCUOLA DELL'INFANZIA 16 Senza fretta, Anna Oliverio Ferraris 16 Apparecchiando e non solo 18 Io sono... 20 Imparare... giocando insieme 24 Aspettando il Natale 26 La raccolta di Natale 26 Koala Soccer Team SCUOLA PRIMARIA 32 Tutti sotto la neve!! 35 Piccoli scrittori in IIA 36 Di tutto un po’... IIC 37 Realtà e fantasia in IIIA 38 “Noi ragazzi del MEG e chi insegnò a volare” 39 Ciao Padre Domenico 40 Un po’ di arte! SCUOLA SECONDARIA DI 1° GRADO 46 Diregiovani direfuturo. Reportage 48 Composizioni sulla Luna - 2B 49 Concorso di voci bianche Egisto Macchi 50 Viareggio 2012 52 Dolcetta ed il segreto dei pasticcini 54 Miss Pasticcio 55 In giro per Roma rinascimentale 58 Vacanze studio in Gran Bretagna 59 Prospettive artistiche SCUOLA SECONDARIA DI 2° GRADO 62 Un tuffo nella storia del Massimo 64 Roma, Palazzo Massimo, il 16 gennaio in “nuovo” era pron- to a fondersi con il “vecchio” 67 Spettacolo teatrale Elenandromaca 72 Caccia all’identità 76 Scambio francese Ex alunni 80 Il mio amico Staffan de Mistura 81 Silvio Fagiolo 84 Sergio De Luca In copertina: Il Massimo sotto la neve del febbraio scorso. 1 1 Periodico quadrimestrale dell’Istituto Massimo Direttore responsabile: Michele Simone Coordinatore editoriale: Edoardo Iervolino Domenico Ronchitelli Hanno collaborato a questo numero: Antonella Armeni Natalia Encolpio Patrizia Guidi Anna Perugini Francesca Santinelli P. Francesco Tata S.I. • • • Fotocomposizione impaginazione e stampa: Tipografia Città Nuova della P .A.M.O.M. Via S. Romano in Garfagnana, 23 00148 Roma - tel. 066530467 e-mail: [email protected] Finito di stampare nel mese di marzo 2012 Direzione e amministrazione: Via Massimiliano Massimo, 7 00144 Roma (EUR) Tel. 06/54.39.61 • • • Autorizzazione del Tribunale di Roma 20.3.1950 n. registro 1469. Sped. in abb. post. comma 20 art. 2/C L. 662/96. Filiale di Roma.

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IndiceCultura4 La tensione dell’essere. Le concept de désir dans

l’œuvre de Thomas d’Aquin, di Gianmarco Stancato5 A.Ge.M: Napoli - Teatrino Reale. Intervento

di P. Bartolomeo Sorge SJ, di Rino Curcuruto7 Lori i Gesuiti, di Rachele Novelli di Santo8 Il nostro modo di procedere, di Elena Maietich

11 Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI

Vita del Massimo

SCUOLA DELL'INFANZIA16 Senza fretta, Anna Oliverio Ferraris16 Apparecchiando e non solo18 Io sono...20 Imparare... giocando insieme24 Aspettando il Natale26 La raccolta di Natale26 Koala Soccer Team

SCUOLA PRIMARIA32 Tutti sotto la neve!!35 Piccoli scrittori in IIA36 Di tutto un po’... IIC37 Realtà e fantasia in IIIA38 “Noi ragazzi del MEG e chi insegnò a volare”39 Ciao Padre Domenico40 Un po’ di arte!

SCUOLA SECONDARIA DI 1° GRADO46 Diregiovani direfuturo. Reportage48 Composizioni sulla Luna - 2B49 Concorso di voci bianche Egisto Macchi50 Viareggio 201252 Dolcetta ed il segreto dei pasticcini54 Miss Pasticcio55 In giro per Roma rinascimentale58 Vacanze studio in Gran Bretagna59 Prospettive artistiche

SCUOLA SECONDARIA DI 2° GRADO62 Un tuffo nella storia del Massimo64 Roma, Palazzo Massimo, il 16 gennaio in “nuovo” era pron-

to a fondersi con il “vecchio”67 Spettacolo teatrale Elenandromaca72 Caccia all’identità76 Scambio francese

Ex alunni80 Il mio amico Staffan de Mistura81 Silvio Fagiolo84 Sergio De Luca

In copertina: Il Massimo sotto la neve del febbraio scorso.

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Periodico quadrimestrale dell’Istituto Massimo

Direttore responsabile:Michele Simone

Coordinatore editoriale:Edoardo Iervolino

Domenico Ronchitelli

Hanno collaboratoa questo numero:Antonella ArmeniNatalia Encolpio

Patrizia GuidiAnna Perugini

Francesca SantinelliP. Francesco Tata S.I.

• • •

Fotocomposizioneimpaginazione e stampa:

Tipografia Città Nuova dellaP.A.M.O.M.

Via S. Romano in Garfagnana, 2300148 Roma - tel. 066530467

e-mail: [email protected]

Finito di stampare nel mese di marzo 2012

Direzionee amministrazione:

Via Massimiliano Massimo, 700144 Roma (EUR)Tel. 06/54.39.61

• • •

Autorizzazione del Tribunaledi Roma 20.3.1950

n. registro 1469.Sped. in abb. post.

comma 20 art. 2/C L. 662/96.Filiale di Roma.

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Il nostro portiere Andrea.

Il Prof De Angelis durante una lezione presso le scuole medie.

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CulturaCultura

Il teatrino Reale di Napoli durante l'intervento di P. Sorge SJ.

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La ricerca che ha condotto a questolibro, edito in Francia dalla casa editriceVrin, è cominciata durante i miei studi al-la Pontificia Università Gregoriana, quan-do, grazie alla guida del Prof. Andrea DiMaio, ho imparato i fondamenti dell’infor-matica linguistica elaborata da Padre Ro-berto Busa e i presupposti del metodolessicografico. Mi affascinava l’idea dipoter affrontare lo studio di un Autorepartendo dalla analisi del suo vocabola-rio, la possibilità di “interrogare” il testoper arrivare al pensiero. Poi, la scelta diTommaso d’Aquino, una “autorità” chemolti citano senza averlo letto, come ac-cade spesso a quei filosofi il cui sistemadi pensiero è divenuto nel corso dei se-coli un canone di interpretazione filosofi-ca e teologica: si pensi al cosiddetto to-mismo, che non di rado ha piegato ilpensiero dell’Aquinate all’esercizio diuna specifica funzione apologetica. Pro-prio occupandosi del desiderio ci si im-batte necessariamente, ad esempio, nel-la lunga diatriba sul “desiderio naturaledi vedere Dio” che, a partire dalle inter-pretazioni dei testi di Tommaso, ha ali-mentato dibattiti e scontri basati moltevolte su equivoci terminologici e concet-tuali. Di qui l’esigenza di riscoprire un au-tore non proprio di moda, ma che inse-gna, a chi avrà la pazienza di frequentar-lo, rigore e coerenza di pensiero.

Così ha avuto inizio una sorta di cac-cia al tesoro attraverso l’esame di tutti icontesti in cui ricorre il lemma ‘deside-rium’ all’interno di tutte le opere di Tom-maso, con una catalogazione lunga e mi-nuziosa, che ha portato infine a scoprire il

concetto che Tommaso aveva del desi-derio, i suoi riferimenti storico-filosofici, lasua valenza metafisica e teologica.

Dal punto di vista storico, l’analisiconcettuale del desiderio mostra comeTommaso riesca a fondere la visione ari-stotelica con quella neoplatonica, nellacornice teologica cristiana. Il desideriorappresenta infatti, in generale, il motoontologico che porta ogni ente verso lapropria perfezione, diversamente ricer-cata a seconda della propria forma so-stanziale, e che nell’uomo assume an-che la specifica caratteristica della pas-

La tensione dell’essereLe concept de désir dans

l’œuvre de Thomas d’Aquin

La Copertina del libro

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sione dell’anima. Si tratta dunque di unatensione insita in tutta la creazione, cheè l’anima di ogni attività dell’uomo, chelo spinge sempre al di là di se stesso,ma sempre nel quadro delle sue facoltàe dei suoi carismi.

Si dice, mutatis mutandis, chel’uscita di un libro sia un po’ come la na-scita di un figlio: niente di più vero nelcaso di questo libro, frutto di una lunga“gestazione”. Ma è stato necessario an-che l’aiuto di molti: il supporto continuodell’amico Andrea Di Maio alla PUG edella Prof.ssa Marta Cristiani durante glistudi a Tor Vergata e nella elaborazionedel testo, le riflessioni insieme a PadrePaul Gilbert, ora Decano della Facoltàdi Filosofia della PUG. Tutti hanno la-sciato il loro segno, nel testo e, ancor dipiù, nella mia storia.

GGiiaannmmaarrccoo SSttaannccaattooTommaso d'Aquino in un ritratto attribuito

a Botticelli.

A.Ge.M: Napoli - Teatrino Reale

Intervento di P. Bartolomeo Sorge SJ

Il 18 novembre 2011 nella splendidacornice del Teatrino di corte del PalazzoReale di Napoli è stato presentato ai pa-dri Gesuiti, alle famiglie, agli studenti, aidocenti ed al peronale tutto degli istituto“Pontano” di Napoli e a quelli del “Mas-simo” di Roma, ivi convenuti numerosicon il padre Rettore Francesco Tata SJ,il documento programmatico “Il nostromodo di procedere”.

Tale documento è stato prodotto daicinque collegi dei Gesuiti in Italia di Mi-lano, Torino, Roma, Napoli e Palermo eda quello a Scutari in Albania che, nel ri-assumete le attuali linee della pedago-gia di S.Ignazio, riafferma l’ideale della

Compagnia di Gesù di fronte alla sfidaeducativa.

Dopo l’apertura dell’evento e la pre-sentazione dei partecipanti, fatta dalgiornalista de “Il Mattino” Leandro delGaudio, ha preso la parola il padre Bar-tolomeo Sorge SJ - direttore emerito del-la rivista “Aggiornamenti Sociali”, che,premettendo quale sarebbe stata la me-todica del suo intervento, ha esordito:

«Bisogna costruire una società nuo-va. Non abbiamo tempo!»

«I valori delle cose che si dicono quinon possono rimanere chiusi in questasede, ma aperti al mondo. E’ tempo diemergenza, di emergenza politica, eco-

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nomica e culturale! [...] Dove stiamo an-dando? Perché i giovani sono tristi?Quando li guardo negli occhi, vedi unosguardo di incertezza. [...] E’ tempo di ra-gionare. Perché ci siamo ridotti così? Lacrisi che stiamo vivendo è una crisi degliideali». Accenna quindi alla fine delle uto-pie del XX secolo, alle tre grandi crisi delpensiero moderno ricordando gli «idealiscordati che un tempo avevano fatto so-gnare i miei compagni di scuola i quali,poi, avevano appreso che il socialismo diMarx era sbagliato. Poi, il liberalismo e lademocrazia si sono autoalimentate da so-le! E’ fallito il tentativo di credere in un’eti-ca valida per tutti».

Evoca, poi, l’immagine della cadutadel muro di Berlino «che sotto le suemacerie ha seppellito il comunismo,mentre la bolla economica ha seppellitol’ideale del capitalismo». Non ha rispar-miato l’ideale di cristianità finito con ilConcilio Vaticano II.

Ha proseguito affermando che «dallafede non i può dedurre un modello solodella società. Il Vangelo riguarda tutti. Bi-sogna ripensare il pensiero cristiano. Lafase ideologica si è conclusa. I modelli diieri non ci sono più, ma il guaio è che nonabbiamo modelli di domani».

«Perché - si chiede - non esiste ungoverno che produce una decente rifor-ma della scuola? Oggi le scuole nonpreparano più i giovani alla scelta ideo-logica, perché oggi sono finite le ideolo-gie. Oggi c’è il pensiero unico dominan-te. La crisi riguarda il mondo del lavoro,

quello della politica e quello del mondodell’educazione cristiana. Pensiamo disconfiggere queste cose? Sì!».

«Vi dirò - prosegue p.Sorge - qual è ildanno che hanno prodotto le tre grandicrisi del pensiero moderno. Se ciascunodi noi guarda in se stesso si accorge chelacerano all’interno di noi sintomi del dis-orientamento, il ripiegamento su noi stes-si, il narcisismo. Io faccio gli interessi mieie chi si è visto si è visto! Oggi, per esem-pio, la ricerca del sesso è slegata dall’af-fettività. La paura, l’ansia, e l’incapacitàdi sperare attanagliano l’esistenza. Tantigiovani sono depressi. La radice di ciò‘sta nella grave emergenza educativa. Lafalsa idea che conduce la persona uomoa farsi da solo. No! Non può farlo... [...]Come fai a sapere quali sono le tue qua-lità da solo? Ognuno di noi conosce sestesso o parlando o anche litigando conil compagno di banco, con l’amico. Sia-mo fatti gli uni per gli altri. Ciascuno di noiha bisogno di amare e di essere amato.[E’ necessario] [...] fare unità nella pro-pria vita. Non essere scompensati, nonessere lacerati. La creatura umana nonpuò che aprirsi alla trascendenza. Siamofatti per Lui. Il bisogno religioso è unacomponente importante della vita uma-na. Nessun modello di società sta in pie-di se non c’è l’etica. [...] I nostri collegisono l’individuazione pratica in cui si de-bella il narcisismo. Il primo grande donoè quello di vivere insieme».

«In questi tempi c’è una concezionedi libertà sbagliata. La cultura egoistica

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porta alla dittatura. I giovani spesso di-cono: se mi voglio drogare, perché nonposso farlo? Oppure: lo Stato non puòobbligarmi ad abortire. Ma perché ladonna non può farlo? Cosa c’entra lo Sta-to? Si commette questo errore. Come sei diritti della persona fossero solo quelli

importanti. Ogni comportamento socialeha una ricaduta sugli altri. Se io non stoin relazione con gli altri ne determino unloro male. Bisogna avere i contatti con glialtri, con quelli che soffrono».

RRiinnoo CCuurrccuurruuttoo,, PPrreessiiddeennttee AA..GGee..MM

Loro, i Gesuiti

Non sono qui per delle conferme. In-tuisco quello che mi diranno e, soprat-tutto, credo di sapere bene il modo incui decideranno di farlo. Lo conosco daitempi della mia scuola media.

Sono qui perché ho a cuore di com-prendere a quale passo dovrò cammi-nare sulla strada che mi indicheranno.Non è la via che cerco, ma la rotta.

Sono loro, i Gesuiti, gli uccelli neriche hanno affollato di voli difficili i mieigiorni e la mia anima di liceale. Sono lo-ro che hanno celebrato i matrimoni del-la mia famiglia, che hanno battezzato inostri piccoli. E’ a loro che ho affidatol’educazione dei miei figli, attraversouna liturgia di gesti e di parole che, allafine, lascerà loro non solo tutto quelloche saranno stati capaci di imparare,ma soprattutto un paio di regali per la vi-ta: il perdono delle offese e un puntoesatto da cui ricominciare, sempre.

Questo è quello che hanno lasciato ame e spero sia quanto potranno avereanche i miei figli.

In cambio di questo lungo viaggio,mi chiederanno ancora una volta moltoin cambio. Sì, perché quando dal palcodi questo meraviglioso teatro napoleta-no consegnano la loro nuova “ratio stu-diorum”, è la parte migliore della miaanima e del mio impegno che stannochiedendo. Quando dicono che la sfi-da, oggi, è intercettare le esperienze ele energie del quotidiano dei nostri ra-gazzi per farne il nuovo sogno ignazia-

no, stanno chiedendo anche l’operadelle nostre mani e del nostro intelletto.

In questi tempi, la missione di servizioe di apostolato è troppo grande per lesole forze della scuola. I collegi ignazianistanno chiedendo una collaborazionenella missione, forti di un’idea coraggio-sa che viene da lontano. Imparare a divi-dere il sogno con un laicato operoso si-gnificherà poterlo moltiplicare: e chi è piùveloce vada avanti. La sfida vera, poi, sa-rà non farne un sogno esiguo, per pochi,ma distribuirlo attraverso l’educazione dichi ha meno possibilità.

In questo, come in altri casi, loro, iGesuiti, cominciano dall’erosione deimiei timori. L’hanno fatto in molti pas-saggi della mia vita. Intercettanol’incertezza di alcune scelte, ma noncercano di tranquillizzarmi: non è que-sto il senso dell’unione tra me e loro.

Mi lasciano comprendere che la sfi-da educativa a servizio dei nostri ragaz-zi è impegnativa e mira a molte risposte:vivere la globalizzazione in modo uma-no, trovare il punto d’incontro delle qua-lità migliori di chi è messo sulla nostrastrada, cogliere e custodire il sacro diogni esperienza quotidiana, accompa-gnare con pudore i passaggi più delica-ti della vita.

Diventa importante non fare a menodi queste risposte, per non rimanerepresto privi anche delle domande, difronte a una società che veste, informa,distrae i nostri figli con volgarità e vio-

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lenza maggiori. La scuola non è piùchiamata solamente a preparare i gio-vani ad un gusto culturale o alla condi-visione di un sapere, ma ha il dovere dicreare un rapporto con tutto quanto sa-rà oltre la scuola, in un “altrove” umanoe professionale in cui rispondere, cia-scuno nelle occupazioni imposte dallapropria vocazione, con giustizia e verità.

La missione educativa non deve piùessere solo una strategia di comunica-zione, ma diventare anche un atto di re-sistenza contro l’iniquità sociale e gliisterismi di un’economia e di una finan-za fuori controllo, contro un individuali-smo patologico e le infedeltà di una po-litica ignorante. Educare i giovani, oggi,equivale a proteggerli.

Per fortuna, loro, i Gesuiti non hannoil fiato corto, non cedono il testimone.Come Ignazio, lasciano nuovamente lacreatura libera con il suo Creatore nel

quotidiano delle loro, anzi, delle nostrescuole, dove tutto diventa apostolico: ladidattica, l’educazione, il divertimento.

Lontano dall’essere un appunto au-tocelebrativo sulla formazione che ho ri-cevuto, questo è un tributo privato cheho piacere di dedicare a chi, con pas-sione ostinata, mi ha insegnatol’autocritica e la forza che si ricava dal-l’avere una direzione.

Nella traccia educativa che la Com-pagnia rilancia, intuisco il segreto diquesto nuovo Documento: scambiarsi lavita e l’esperienza, con fede e immagi-nazione, con volontà e memoria, ma so-prattutto con Dio al nostro fianco.

In questo riconosco la mia scuola: in-segnare ad essere liberi senza sentirsiabbandonati. E’ questo che auguro aimiei e ai vostri figli.

RRaacchheellee NNoovveellllii ddii SSaannttoo

Il nostro modo di procedere

A Napoli la presentazione del nuovodocumento programmatico dei CollegiIgnaziani d’Italia e d’Albania.

Ore 6.45 del 18 novembre scorso:l’atrio del Massimo si popola lenta-mente. Il Rettore, Padre Tata, accogliedocenti e personale ausiliario (di oggi edi ieri), genitori, alunni ed ex-alunni. Tut-ti pronti per una giornata particolare: siparte per Napoli, dove nel Teatrino diCorte di Palazzo Reale si terrà la pre-sentazione del nuovo documento pro-grammatico dei Collegi ignaziani d’Italiae d’Albania. All’evento oltre ai rappre-sentati dell’Istituto Massimo di Roma er-ano presenti quelli dell’Istituto Pontano

di Napoli. Il 19 novembre la medesimapresentazione è a Milano per il LeoneXIII di Milano e l’Istituto Sociale di Torinoe in data da definire si terrà anche in Si-cilia per Istituto CEI di Palermo el’Istituto S. Ignazio di Messina.

Al di là della gioia di partecipare a unmomento di aggregazione diversa, lagiornata assume un significato davveroparticolare: è un momento di riflessione,per capire cosa significa oggil’educazione ignaziana, in che manieraè attuale e cosa dona ai ragazzi e a tut-ti coloro che stanno loro vicini, inseg-nanti e famiglie.

Il Rettore del Pontano, la Prof.ssa As-sunta Moccia, apre i lavori lasciando il

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microfono a Leandro del Gaudio, ex do-cente del Pontano, oggi giornalista de IlMattino, per una veloce testimonianza.

Il primo intervento è di Padre Bar-tolomeo Sorge SJ, direttore della rivistaAggiornamenti Sociali e, in un attimo,siamo letteralmente travolti dalla suaeloquenza incisiva e puntuale (caratter-istica questa che mi rimanda ad altriGesuiti che hanno segnato la miacrescita): “non è più il tempo delle ceri-monie – afferma Padre Sorge – dobbi-amo costruire una società nuova. Èemergenza: politica, economica, cultur-ale ed educativa. E quest’ultima è il fon-damento, perché bisogna risollevare igiovani”. Con un ritmo sempre più in-calzante, il discorso di Padre Sorgepunta a delineare il quadro della nostrasocietà, una società in cui gli ideali delpassato sono caduti, lasciando il postoa un unico pensiero dominante basatosull’individualismo. Questo ha compor-tato la crisi della famiglia, della scuola,del lavoro, della politica e anche dell’e-ducazione cristiana. “Ci troviamo in unmomento difficile che ci pone davantitre sfide. La prima – continua – è laframmentazione della nostra personalitàdovuta alla cultura dominante tecno-cratica: la persona è ridotta ad individuoe vive nell’ansia costante di possesso,di consumo, anche il sesso, slegato dal-l’affettività, si riduce a consumo dell’al-tro. L’educazione cristiana, invece, sot-tolinea il bisogno dell’altro, non esiste iosenza tu, abbiamo bisogno gli uni degli

altri. Solo così si cresce come personenon come individui. Il secondo aspettoè dato dal concetto sbagliato di libertà:posso fare ciò che voglio se rispetto idiritti altrui. Ma non è così: bisogna pen-sare che ogni comportamento person-ale ha una ricaduta sulla società, anchele azioni private. La pedagogia ig-naziana si basa sul contatto con l’altro,anche con chi soffre, apre gli occhi sulnostro vicino, sul mondo. Il terzo aspet-to è dato dalla separazione tra le di-mensioni costitutive della nostra person-alità: la ragione e il sentimento, la cor-poreità e la spiritualità. La giuda dell’in-dividuo odierno è l’impulso con una dis-sociazione tra la conoscenza e la sferaaffettiva. In questo modo viene mortifi-cato quanto di più nobile ha l’uomo:l’aspetto spirituale e trascendente. Ilsegreto della riuscita è la sintesi vitaletra spirito, intelligenza e sanità cor-porea”. Mente, cuore e spirito devonoessere uniti.

La sfida della proposta educativa deiGesuiti, afferma Padre Sorge conclu-dendo, sta proprio nel riportare in unitàun uomo oramai lacerato. “Miriamo aformare uomini e donne con una forteidentità personale che possano af-frontare la vita avendo ideali cuiguardare e l’ideale più grande va al di làdella nostra esistenza e si riassume inDio. Nessuna persona intelligente puòfare a meno di confrontarsi con il prob-lema di Dio, infatti. Il nostro obiettivo è diformarci tutti per vivere uniti rispettando-ci diversi”.

Parole che pesano, che cadononelle coscienze come un sasso nelmare formando cerchi che si allargano eci coinvolgono sempre di più. Ma allostesso tempo parole così coinvolgenti evere che scuotono e spingono all’agire,al Magis che dovrebbe informare le nos-tre vite.

Padre Vitangelo Denora SJ, Delega-to dei Collegi e Rettore del Sociale, il-lustra il documento Il nostro modo diprocedere, frutto di un cammino di con-divisione e di comunicazione tra quanti,

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gesuiti e laici, operano nei collegi. “Ildocumento costituisce una sintesi delleconsapevolezze e delle procedure mat-urate nella rilettura dell’esperienza attra-verso una capillare operazione di ricer-ca e di condivisione – spiega Padre De-nora – abbiamo voluto riflettere sullanostra ratio studiorum e dare un segnodi grande fiducia e di speranza nellascuola e nella scuola ignaziana, propriooggi che si riscontra, in generale, unagrande dismissione educativa. Il docu-mento costituisce una testimonianza delmiracolo quotidiano dell’esperienzascolastica e evidenzia la nostra finalitàeducativa che consiste nel formare unuomo tutto intero, un cristiano tutto in-tero che sappia pensare con la propriatesta e amare con il proprio cuore”.

Difficile parlare a questo punto per-ché ci sarebbe bisogno solamente disilenzio e riflessione per far proprietante e tali riflessioni. Ma proprio perriuscire a interiorizzare meglio ci sonodue interventi di Ex Alunni. Il Prof. Paolo

Gaudenzi oggi docente all’Università“La Sapienza” di Roma, e il dott. FrancoRoberti, procuratore della Repubblica aSalerno. Le loro parole esprimono ricor-di e aneddoti che significano che lascuola dei Gesuiti lascia un segno, èqualcosa di più di una preparazione cul-turale, è una formazione generale che siriscontra e si ritrova negli ex-alunni.

La giornata prosegue con la perfettaospitalità da parte del Pontano: nei sa-loni dell’antico palazzo Cariati è statoallestito un pranzo con le specialitànapoletane e l’atmosfera si fa rilassantee conviviale e naturalmente non man-cano le foto ricordo con lo splendidogolfo di Napoli sullo sfondo.

Una giornata così non me la aspetta-vo, ho aderito un po’ per senso del do-vere (da brava rappresentante), un po’per curiosità e un po’ perché volevoconferme dalla ‘mia’ scuola. E questenon sono mancate!

EElleennaa MMaaiieettiicchh

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Fratelli e sorelle,la Quaresima ci offre ancora una vol-

ta l'opportunità di riflettere sul cuore del-la vita cristiana: la carità. Infatti questo èun tempo propizio affinché, con l'aiutodella Parola di Dio e dei Sacramenti, rin-noviamo il nostro cammino di fede, siapersonale che comunitario. E' un per-corso segnato dalla preghiera e dallacondivisione, dal silenzio e dal digiuno,in attesa di vivere la gioia pasquale.

Quest’anno desidero proporre alcunipensieri alla luce di un breve testo biblicotratto dallaLettera agli Ebrei: «Prestiamoattenzione gli uni agli altri per stimolarci avicenda nella carità e nelle opere buone»(10,24). E’ una frase inserita in una peri-cope dove lo scrittore sacro esorta a con-fidare in Gesù Cristo come sommo sa-cerdote, che ci ha ottenuto il perdono el'accesso a Dio. Il frutto dell'accoglienzadi Cristo è una vita dispiegata secondo letre virtù teologali: si tratta di accostarsi alSignore «con cuore sincero nella pienez-za della fede» (v. 22), di mantenere salda«la professione della nostra speranza» (v.23) nell'attenzione costante ad esercitareinsieme ai fratelli «la carità e le operebuone» (v. 24). Si afferma pure che persostenere questa condotta evangelica èimportante partecipare agli incontri litur-gici e di preghiera della comunità, guar-dando alla meta escatologica: la comu-nione piena in Dio (v. 25). Mi soffermo sulversetto 24, che, in poche battute, offreun insegnamento prezioso e sempre at-tuale su tre aspetti della vita cristiana:l'attenzione all'altro, la reciprocità e lasantità personale.

11.. ““PPrreessttiiaammoo aatttteennzziioonnee””:: llaa rreessppoonnssaa--bbiilliittàà vveerrssoo iill ffrraatteelllloo..

Il primo elemento è l'invito a «fare at-tenzione»: il verbo greco usato è kata-noein,che significa osservare bene, es-sere attenti, guardare con consapevolez-za, accorgersi di una realtà. Lo troviamonel Vangelo, quando Gesù invita i disce-poli a «osservare» gli uccelli del cielo,che pur senza affannarsi sono oggettodella sollecita e premurosa Provvidenzadivina (cfr Lc12,24), e a «rendersi conto»della trave che c’è nel proprio occhio pri-ma di guardare alla pagliuzza nell'occhiodel fratello (cfr Lc 6,41). Lo troviamo an-che in un altro passo della stessaLetteraagli Ebrei, come invito a «prestare atten-zione a Gesù» (3,1), l'apostolo e sommosacerdote della nostra fede. Quindi, ilverbo che apre la nostra esortazione in-vita a fissare lo sguardo sull’altro, primadi tutto su Gesù, e ad essere attenti gliuni verso gli altri, a non mostrarsi estra-nei, indifferenti alla sorte dei fratelli.Spesso, invece, prevale l’atteggiamentocontrario: l’indifferenza, il disinteresse,che nascono dall’egoismo, mascheratoda una parvenza di rispetto per la «sferaprivata». Anche oggi risuona con forza lavoce del Signore che chiama ognuno dinoi a prendersi cura dell'altro. Anche og-gi Dio ci chiede di essere «custodi» deinostri fratelli (cfr Gen 4,9), di instaurarerelazioni caratterizzate da premura reci-proca, da attenzione al bene dell'altro e atutto il suo bene. Il grande comanda-mento dell'amore del prossimo esige esollecita la consapevolezza di avere una

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Messaggio del Santo PadreBenedetto XVI

«Prestiamo attenzione gli uni agli altri, per stimolarci avicenda nella carità e nelle opere buone»

(Eb 10,24)

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responsabilità verso chi, come me, ècreatura e figlio di Dio: l’essere fratelli inumanità e, in molti casi, anche nella fede,deve portarci a vedere nell'altro un veroalter ego, amato in modo infinito dal Si-gnore. Se coltiviamo questo sguardo difraternità, la solidarietà, la giustizia, cosìcome la misericordia e la compassione,scaturiranno naturalmente dal nostrocuore. Il Servo di Dio Paolo VI affermavache il mondo soffre oggi soprattutto diuna mancanza di fraternità: «Il mondo èmalato. Il suo male risiede meno nella di-lapidazione delle risorse o nel loro acca-parramento da parte di alcuni, che nellamancanza di fraternità tra gli uomini e trai popoli» (Lett. enc. Populorum progres-sio [26 marzo 1967], n. 66).

L’attenzione all’altro comporta deside-rare per lui o per lei il bene, sotto tutti gliaspetti: fisico, morale e spirituale. La cul-tura contemporanea sembra aver smarri-to il senso del bene e del male, mentreoccorre ribadire con forza che il beneesiste e vince, perché Dio è «buono e fail bene» (Sal 119,68). Il bene è ciò chesuscita, protegge e promuove la vita, lafraternità e la comunione. La responsabi-lità verso il prossimo significa allora vole-re e fare il bene dell'altro, desiderandoche anch'egli si apra alla logica del be-ne; interessarsi al fratello vuol dire apriregli occhi sulle sue necessità. La SacraScrittura mette in guardia dal pericolo diavere il cuore indurito da una sorta di«anestesia spirituale» che rende ciechialle sofferenze altrui. L’evangelista Lucariporta due parabole di Gesù in cui ven-gono indicati due esempi di questa si-tuazione che può crearsi nel cuore del-l’uomo. In quella del buon Samaritano, ilsacerdote e il levita «passano oltre», conindifferenza, davanti all’uomo derubato epercosso dai briganti (cfr Lc 10,30-32), ein quella del ricco epulone, quest’uomosazio di beni non si avvede della condi-zione del povero Lazzaro che muore difame davanti alla sua porta (cfr Lc16,19). In entrambi i casi abbiamo a chefare con il contrario del «prestare atten-zione», del guardare con amore e com-

passione. Che cosa impedisce questosguardo umano e amorevole verso il fra-tello? Sono spesso la ricchezza materia-le e la sazietà, ma è anche l’anteporre atutto i propri interessi e le proprie preoc-cupazioni. Mai dobbiamo essere incapa-ci di «avere misericordia» verso chi sof-fre; mai il nostro cuore deve essere tal-mente assorbito dalle nostre cose e dainostri problemi da risultare sordo al gridodel povero. Invece proprio l’umiltà di cuo-re e l'esperienza personale della soffe-renza possono rivelarsi fonte di risvegliointeriore alla compassione e all'empatia:«Il giusto riconosce il diritto dei miseri, ilmalvagio invece non intende ragione»(Pr 29,7). Si comprende così la beatitudi-ne di «coloro che sono nel pianto» (Mt5,4), cioè di quanti sono in grado di usci-re da se stessi per commuoversi del do-lore altrui. L'incontro con l'altro e l'aprire ilcuore al suo bisogno sono occasione disalvezza e di beatitudine.

Il «prestare attenzione» al fratellocomprende altresì la premura per il suobene spirituale. E qui desidero richiama-re un aspetto della vita cristiana che mipare caduto in oblio: la correzione frater-na in vista della salvezza eterna. Oggi, ingenerale, si è assai sensibili al discorsodella cura e della carità per il bene fisicoe materiale degli altri, ma si tace quasidel tutto sulla responsabilità spiritualeverso i fratelli. Non così nella Chiesa deiprimi tempi e nelle comunità veramentemature nella fede, in cui ci si prende acuore non solo la salute corporale del fra-tello, ma anche quella della sua animaper il suo destino ultimo. Nella SacraScrittura leggiamo: «Rimprovera il sag-gio ed egli ti sarà grato. Dà consigli alsaggio e diventerà ancora più saggio;istruisci il giusto ed egli aumenterà il sa-pere» (Pr 9,8s). Cristo stesso comandadi riprendere il fratello che sta commet-tendo un peccato (cfr Mt 18,15). Il verbousato per definire la correzione fraterna -elenchein - è il medesimo che indica lamissione profetica di denuncia propriadei cristiani verso una generazione cheindulge al male (cfr Ef 5,11). La tradizio-

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ne della Chiesa ha annoverato tra le ope-re di misericordia spirituale quella di«ammonire i peccatori». E’ importante re-cuperare questa dimensione della caritàcristiana. Non bisogna tacere di fronte almale. Penso qui all’atteggiamento di queicristiani che, per rispetto umano o persemplice comodità, si adeguano allamentalità comune, piuttosto che metterein guardia i propri fratelli dai modi di pen-sare e di agire che contraddicono la ve-rità e non seguono la via del bene. Il rim-provero cristiano, però, non è mai anima-to da spirito di condanna o recrimina-zio-ne; è mosso sempre dall’amore e dallamisericordia e sgorga da vera sollecitu-dine per il bene del fratello. L’apostoloPaolo afferma: «Se uno viene sorpreso inqualche colpa, voi che avete lo Spiritocorreggetelo con spirito di dolcezza. E tuvigila su te stesso, per non essere tenta-to anche tu» (Gal 6,1). Nel nostro mondoimpregnato di individualismo, è necessa-rio riscoprire l’importanza della correzio-ne fraterna, per camminare insieme ver-so la santità. Persino «il giusto cade set-te volte» (Pr 24,16), dice la Scrittura, enoi tutti siamo deboli e manchevoli (cfr 1Gv 1,8). E’ un grande servizio quindi aiu-tare e lasciarsi aiutare a leggere con ve-rità se stessi, per migliorare la propria vi-ta e camminare più rettamente nella viadel Signore. C’è sempre bisogno di unosguardo che ama e corregge, che cono-sce e riconosce, che discerne e perdona(cfr Lc 22,61), come ha fatto e fa Dio conciascuno di noi.

22.. ““GGllii uunnii aaggllii aallttrrii””:: iill ddoonnoo ddeellllaa rreeccii--pprroocciittàà..

Tale «custodia» verso gli altri contra-sta con una mentalità che, riducendo lavita alla sola dimensione terrena, non laconsidera in prospettiva escatologica eaccetta qualsiasi scelta morale in nomedella libertà individuale. Una società co-me quella attuale può diventare sordasia alle sofferenze fisiche, sia alle esi-genze spirituali e morali della vita. Non

così deve essere nella comunità cristia-na! L’apostolo Paolo invita a cercare ciòche porta «alla pace e alla edificazionevicendevole» (Rm 14,19), giovando al«prossimo nel bene, per edificarlo»(ibid. 15,2), senza cercare l'utile proprio«ma quello di molti, perché giungano al-la salvezza» (1 Cor10,33). Questa reci-proca correzione ed esortazione, in spi-rito di umiltà e di carità, deve essereparte della vita della comunità cristiana.

I discepoli del Signore, uniti a Cristomediante l’Eucaristia, vivono in una co-munione che li lega gli uni agli altri co-me membra di un solo corpo. Ciò signi-fica che l'altro mi appartiene, la sua vita,la sua salvezza riguardano la mia vita ela mia salvezza. Tocchiamo qui un ele-mento molto profondo della comunio-ne:la nostra esistenza è correlata conquella degli altri, sia nel bene che nelmale; sia il peccato, sia le opere di amo-re hanno anche una dimensione socia-le. Nella Chiesa, corpo mistico di Cristo,si verifica tale reciprocità: la comunitànon cessa di fare penitenza e di invoca-re perdono per i peccati dei suoi figli,ma si rallegra anche di continuo e congiubilo per le testimonianze di virtù e dicarità che in essa si dispiegano. «Le va-rie membra abbiano cura le une dellealtre» (1 Cor 12,25), afferma San Paolo,perché siamo uno stesso corpo. La ca-rità verso i fratelli, di cui è un’espressio-ne l'elemosina - tipica pratica quaresi-male insieme con la preghiera e il digiu-no - si radica in questa comune appar-tenenza. Anche nella preoccupazioneconcreta verso i più poveri ogni cristia-no può esprimere la sua partecipazioneall'unico corpo che è la Chiesa. Atten-zione agli altri nella reciprocità è anchericonoscere il bene che il Signore com-pie in essi e ringraziare con loro per iprodigi di grazia che il Dio buono e on-nipotente continua a operare nei suoi fi-gli. Quando un cristiano scorge nell'altrol'azione dello Spirito Santo, non può chegioirne e dare gloria al Padre celeste(cfr Mt 5,16).

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33.. ““PPeerr ssttiimmoollaarrccii aa vviicceennddaa nneellllaa ccaarriittààee nneellllee ooppeerree bbuuoonnee””:: ccaammmmiinnaarree iinn--ssiieemmee nneellllaa ssaannttiittàà..

Questa espressione della Letteraagli Ebrei (10,24) ci spinge a considera-re la chiamata universale alla santità, ilcammino costante nella vita spirituale,ad aspirare ai carismi più grandi e a unacarità sempre più alta e più feconda (cfr1 Cor 12,31-13,13). L'attenzione reci-proca ha come scopo il mutuo spronar-si ad un amore effettivo sempre mag-giore, «come la luce dell'alba, che au-menta lo splendore fino al meriggio» (Pr4,18), in attesa di vivere il giorno senzatramonto in Dio. Il tempo che ci è datonella nostra vita è prezioso per scopriree compiere le opere di bene, nell’amoredi Dio. Così la Chiesa stessa cresce e sisviluppa per giungere alla piena maturi-tà di Cristo (cfr Ef 4,13). In tale prospet-tiva dinamica di crescita si situa la no-stra esortazione a stimolarci reciproca-mente per giungere alla pienezza dell'a-more e delle buone opere.

Purtroppo è sempre presente la ten-tazione della tiepidezza, del soffocare loSpirito, del rifiuto di «trafficare i talenti»che ci sono donati per il bene nostro ealtrui (cfr Mt 25,25s). Tutti abbiamo rice-vuto ricchezze spirituali o materiali utili

per il compimento del piano divino, peril bene della Chiesa e per la salvezzapersonale (cfr Lc 12,21b; 1 Tm 6,18). Imaestri spirituali ricordano che nella vi-ta di fede chi non avanza retrocede. Ca-ri fratelli e sorelle, accogliamo l'invitosempre attuale a tendere alla «misuraalta della vita cristiana» (Giovanni PaoloII, Lett. ap. Novo millennio ineunte [6gennaio 2001], n. 31). La sapienza del-la Chiesa nel riconoscere e proclamarela beatitudine e la santità di taluni cri-stiani esemplari, ha come scopo anchedi suscitare il desiderio di imitarne le vir-tù. San Paolo esorta: «gareggiate nellostimarvi a vicenda» (Rm 12,10).

Di fronte ad un mondo che esige daicristiani una testimonianza rinnovata diamore e di fedeltà al Signore, tutti sen-tano l’urgenza di adoperarsi per gareg-giare nella carità, nel servizio e nelleopere buone (cfr Eb 6,10). Questo ri-chiamo è particolarmente forte nel tem-po santo di preparazione alla Pasqua.Con l’augurio di una santa e fecondaQuaresima, vi affido all’intercessionedella Beata Vergine Maria e di cuore im-parto a tutti la Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 3 novembre 2011

BBEENNEEDDIICCTTUUSS PPPP.. XXVVII

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Progetto Identitasezione 4 anni, Autoritratto

InfanziaInfanzia

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Nella Scuola dell’Infanzia, in genere,e nella sezione dei tre anni in particola-re, il rito del pasto, sia esso la merendao il pranzo, non ha solo lo scopo fine ase stesso della nutrizione, in cui il pen-

siero primario è “Ha mangiato?”, “Hamangiato tutto?”, bensì rappresenta unmomento educativo dove la scoperta dinuovi sapori e l’approccio verso cibi finoad ora sconosciuti o rifiutati (la “temibi-

Assimilando la mente infantile allapropria, alcuni adulti sono convinti di po-ter insegnare ai bambini della scuola del-l'infanzia ogni tipo di nozione scientifica,anche complessa. “Basta trovare le pa-role giuste” sostengono, “e tutto può es-sere insegnato”. Il fatto è che le nozioniscientifiche richiedono spesso spiega-zioni lunghe e articolate, a volte troppocrude e inadatte all'età del bambino, chenon è attrezzato sul piano emotivo per ri-cevere quelle informazioni che mettonoin crisi il suo senso di sicurezza ancora informazione. La conseguenza è allora lasaturazione e lo scoraggiamento delbambino nel suo tentativo di decodifica-re il mondo che lo circonda secondo isuoi ritmi, il suo naturale ottimismo, le sueconoscenze iniziali.La questione non è trasmettere una

serie di nozioni più o meno importanti ecomplesse, ma stimolare il senso di os-servazione dei bambini e aiutarli a verba-lizzare le loro domande e le loro emozioniin rapporto a ciò che stanno osservando.Comunicare con un bambino di età

prescolare significa esplorare con lui il piùampio ventaglio possibile di sensazioni edi sentimenti che le sue scoperte gli pro-curano e metterle in relazione le une conle altre. Sono infatti le sue osservazioni e

le domande che da tali osservazioni sca-turiscono a rilanciare la sua ricerca perso-nale e a farlo progredire nella conoscen-za. Le soluzioni e le spiegazioni precipito-se fornite dall'adulto che ha fretta di incul-care nella mente del bambino nozioni cheritiene importanti per il suo futuro, com-portano lo svantaggio di colmare troppoin fretta la naturale inclinazione dei bam-bini all'esplorazione.Togliere il piacere della scoperta signi-

fica anche incoraggiare la passività e lasottomissione.Il bambino che sente di poter fare af-

fidamento sugli adulti scopre le propriepotenzialità, mostra interesse per il mon-do e chiede le spiegazioni di cui ha biso-gno. Se i suoi tempi vengono anticipati,se si considera soltanto l'aspetto cogniti-vo ignorando il lato emotivo dell'appren-dimento, finirà per ricevere passivamen-te una massa di informazioni astratte chehanno l'effetto di saturarlo: si sentirà som-merso da un eccesso di parole che po-trebbe frenare la sua curiosità e lo svilup-po della sua immaginazione. La mentedel bambino non è una scatola da riem-pire.

Anna Oliverio Ferraris,Università “La Sapienza” di Roma

SSeennzzaa ffrreettttaa

AAppppaarreecccchhiiaannddoo ee nnoonn ssoolloonneellllaa sseezziioonnee ddeeii 33 aannnnii

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Si apparecchia. Si portano i piatti in tavola

le” insalata o quei “terrificanti” pezzetti-ni verdi dentro le polpette) non ne è chela fase conclusiva.È un viaggio giornaliero che inizia

dalla preparazione e dalla cura della ta-vola per continuare con il servizio deipasti e con la sparecchiatura, tutti mo-menti che i bambini sono chiamati a vi-vere da protagonisti, perché è solo at-traverso il fare che acquistano abilitàmotorie, sicurezza nei movimenti, pa-dronanza del proprio corpo in relazioneagli oggetti e allo spazio circostante.L’insegnante ha cura di creare le condi-zioni ottimali affinché ciò avvenga, avva-lendosi di uno strumento fondamentaleche è l’ ambiente: da ciò deriva la scel-ta di pranzare nelle proprie classi, unluogo non estraneo e pertanto in gradodi trasmettere quella sicurezza e quellaserenità necessarie a far vivere ad ogni

bambino il momento del pasto in modoautonomo.Ma c’è dell’altro….Attraverso i gesti legati alla routine

della vita pratica il bambino mette inopera concretamente la sua sete di co-noscenza e di apprendimento attraver-so il sapere complessivo, che gli è pro-prio in questa fascia d’età, in cui tutte lediscipline si innestano e si comprendo-no: eccolo, dunque, cimentarsi in pro-blemi di geografia quando deve metterela forchetta a destra del piatto e sopra iltovagliolo; si allena in italiano quandodeve sforzarsi a chiamare ogni oggettocon il proprio nome per mettere in attouna comunicazione significativa con glialtri; è la matematica che egli sperimen-ta ogni qualvolta deve apparecchiareper diciotto bambini piuttosto che perventi.

Ci si fanno cortesie. E finalmente si mangia.

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L’insegnante svolge un ruolo da regi-sta, guidandolo nelle sue scoperte, sti-molando il suo ragionamento con do-mande in grado di incentivarne il pen-siero attivo: non dirà ad esempio “man-cano tre forchette”, ma “cosa manca?”,“quante forchette mancano?”, evitandofrasi che possano anticipare la rispostae impedire al bambino di innescare ilsuo pensiero logico.Non meno importante è la scelta di

utilizzare il piatto di ceramica e le posatedi metallo, che “costringono” il bambinoad esercitare sugli oggetti un controllomaggiore e una precisione del gesto perevitare l’effetto di una eventuale caduta,non privo di conseguenze (la rottura delpiatto o il rumore della posata che cade)

e differente dalla percezione del medesi-mo oggetto in plastica. L’attività che nescaturisce induce a stabilire relazioni di-namiche fra gli oggetti e al tempo stessofavorisce la formazione di categorie logi-che. Il percorso della mente umana neiprimi anni di vita è tutto una scoperta: la-vare per davvero uno straccetto o il pia-no di un tavolino, raccogliere con scopi-no e paletta tutte le briciole cadute sulpavimento, apparecchiare la tavola met-tendo i posti necessari sono tutte opera-zioni matematiche di riconoscimento, dimisura, di sequenze costruite nel tempotramite azioni ripetute spontaneamente equindi con piacere.

LLee mmaaeessttrree ddeeii DDeellffiinnii ee ddeeii LLeeoonncciinnii

Il progetto sull’identità vuole essereun viaggio alla scoperta del proprio cor-po, di se stessi e delle proprie capacitàespressive con l’intento di imparare aconoscere e riconoscere aspetti e ca-ratteristiche sia di se stesso che deglialtri. Abbraccia l’intero anno scolasticoe sarà integrato e arricchito da altri dueprogetti: i 5 sensi e le emozioni.Tra le modalità per potersi conoscere il

bambino sperimenta l’identità fisica (ca-ratteristiche del viso e del corpo), l’identitàsociale (il proprio nome la propria etàecc..) e l’identità psicologica (la propriapersonalità e il proprio comportamento).In questo percorso il bambino viene

invitato e accompagnato nell’osserva-zione attenta, sia dell’insieme che delparticolare, e nella ricerca di caratteristi-che, uguaglianze e differenze sia nell’a-spetto fisico che nell’aspetto caratteria-le di se stesso e degli altri.

Questo lungo percorso ha inizio du-rante la consueta assemblea del matti-no, momento in cui le maestre chiedonoai loro alunni: ”Chi siete?”“Io sono una persona” (Martina P.)“Non so come rispondere a parte il

mio nome” (Matteo)“Sono un bambino che tratta bene i

suoi compagni da adesso” (Nicolò C.)“Io sono un bambino alto e biondo” (Fi-lippo)“Sono io! Cioè figlio di mamma e pa-

pà” (Ilaria R.)“Sono un maschietto e sono bianco”

(Federico G.)“Io sono una bambina Tigrotta” (Sve-

va)Poi, passando alla descrizione di lo-

ro stessi e dei compagni, le maestrechiedono “Come sei?”“Sono una bimba con i capelli ricci e

gli occhi celesti…” (Carlotta)

IIoo ssoonnoo......PPrrooggeettttii ssuullll’’iiddeennttiittàà

ddeellllee sseezziioonnii ddeeii 44 aannnnii

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Fammi vedere come sono fatti i tuoi occhi...

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continua poi in atelier dove i bambinihanno la possibilità di disegnare la lorosagoma, di ritagliarla e di ricomporla inun foglio: “La maestra ci ha dato un bambino

che aveva tutti i pezzi del corpo mi-schiati…” (Martina T.)“Abbiamo fatto un gioco difficile:

mettere i pezzi del corpo al loro postogiusto” (Luca)

“La bambina è tutta all’aria, poveri-na, io la sto aiutando” (Sveva)

“Quando la testa non è attaccata alcorpo, rotola…” (Nicolò C.)

“Per camminare muovo le gambe ele gambe portano il corpo a correre e ilcorpo porta la testa” (Giulio). “Poi una mattina in atelier ci siamo

distesi su una carta lunga lunga arroto-lata, ci siamo messi in una posizioneche volevamo e la maestra Ondine hadisegnato il contorno del corpo e ognu-no l’ha dipinto come voleva…”. (Vittorio)

LLee mmaaeessttrree ddeeggllii AAnnaattrrooccccoollii ee ddeeii TTiiggrroottttii

Oppure, descrivendo un compagno:”Andrea è bello, mi piacciono i suoi oc-chi e i suoi denti, mi sembra un alberosenza foglie, i rami sono le braccia, ilcorpo il tronco e i piedi le radici..!” (Pie-tro)Il percorso continua con la scoperta

del viso e dei suoi particolari e allora cisi guarda allo specchio, davanti al qua-le ognuno costruisce un’immagine di sé. Ciascun bambino viene invitato a

guardarsi e a descrivere ciò che vede,ponendo domande del tipo ”Cosa c’ènel tuo viso?”, ”Come sono fatti i tuoi oc-chi?” A poco a poco, il viso acquista una

sua identità complessa fatta di partico-lari che si compongono.Dopo attente osservazioni, al fine di

riprodurre il viso con i vari dettagli, vie-ne proposto il ricalco su carta da lucidodi un loro primo piano: ”Maestra la fotoera scura ma sono riuscita a vedere ibuchini del naso… e li ho disegnati!”Per conoscere meglio e poter rap-

presentare la figura umana, Il lavoro

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non voleva vincere. Non vale sempre vin-cere, ma bisogna partecipare” (Diego). “E’ più importante partecipare inve-

ce che vincere.” (Benedetta). Infine, sono arrivati a prendere co-

scienza del valore e della forza che sipuò riscontrare nell’essere un gruppo,ovvero “una squadra”: “Ma tu, maestra, te la sei fatta una

squadra? Io ci ho messo Michele ed Ales-sandro (due compagni) nella mia .. nellatua mettici le maestre!” (Francesco C.) “A cosa mi servirebbe una squa-

dra?” (maestra Ondine) “La squadra combatte!”(Francesco

C.)

Gli Elefantini che si sfidano a Dama.

IImmppaarraarree......ggiiooccaannddoo iinnssiieemmee

PPrrooggeettttii ddeellllee sseezziioonnii ddeeii 55 aannnnii

Il progetto “Giocare Insieme” è natoin Atelier nell’ambito del percorsosull’”Identità del gruppo classe”.Inizialmente, durante la fase della

Praelectio, i bambini hanno condivisol’esperienza di mettersi alla prova conalcuni giochi come DAMA, MEMORY,DOMINO ed il gioco di carte UNO. Du-rante questa fase hanno scoperto edespresso la frustrazione dovuta ad al-cune delle problematiche che nasceva-no dalla mancanza del rispetto delle re-gole da parte di alcuni. Per cui, adesempio, durante il gioco di Dama,c’era chi diceva: “Io avevo mangiatouna sua pedina ma lui non la lasciavafuori, la rimetteva sempre dentro e io misono arrabbiato, perché così nessunovince!” (Andrea). Oppure giocando a Memory: “Marti-

na ha aiutato Nicolò trovando le carteper lui! Poi Nicolò non mi ha fatto gioca-re dopo Martina quando invece era ilmio turno!” (Marta)A questo punto, avendo sentito a li-

vello emotivo la necessità di regolamen-tare i giochi condivisi, i bambini hannoacquisito delle importanti consapevo-lezze: “Per giocare un gioco devi legge-re le istruzioni e le regole che ti diconocome funziona il gioco”. (Beatrice P.)Si è poi passati alla fase della Lectio

e delle attività in cui i bambini, guidati inpiccoli gruppi, dovevano attenersi alleregole specifiche di ogni gioco. Durantequesta fase hanno scoperto il valoredella partecipazione, della condivisio-ne, dell’unione e della vincita. “Nella prima partita vince chi voleva

vincere, e nella seconda partita vince chi

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I Koala mentre giocano a Domino.

Maestra, la foto era scura ma sono riuscita avedere i buchini del naso... e li ho disegnati! Il ritratto sulla "carta che si vede".

E già a cinque anni sono arrivati allaconsapevolezza che “l’unione fa la for-za!”.Infine, basandosi sul modello del

Gioco dell’Oca, i bambini hanno creatoil loro gioco, costruendo il percorso conle caselle fatte dai loro disegni, il dado ele pedine fatte con il Das e inventandole loro regole. La fase finale del proget-

to (la Repetitio) è consistita nel portare acasa questo gioco come regalo di Nata-le e spiegarlo alle loro famiglie.Per loro è stata un’ occasione per

condividere all’interno del “gruppo fami-glia” le competenze appena acquisite eper i genitori ha rappresentato un invitoa non dimenticare il piacere e il valore digiocare insieme ai propri figli.

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...e ognuno l'ha dipinto come voleva...Ondine ha disegnato il contorno del corpo...

Il Gioco dell'Amicizia dei Koala.Infa

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In conclusione, attraverso l’esperienzae la gestione più consapevole del gioco,il bambino rafforza l’autonomia e il sensodi rispetto e di collaborazione. Confron-tandosi con gli altri, mettendosi in gioco,aiutandosi a vicenda nella scoperta di re-gole e accettando possibili sconfitte, im-para a conoscere se stesso. Inoltre, rico-

Il Gioco delle facce degli Elefantini.

noscendosi appartenente al gruppo, ilbambino impara a coordinarsi con i com-pagni e a condividere spazi ed esperien-ze di crescita.A tutte le età giocare insieme significa

imparare e condividere, divertendosi.

LLaa mmaaeessttrraa ddeellll’’AAtteelliieerr

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Leoncini, 3 anni Leoncini, 3 anni

Anatroccoli, 4 anni Anatroccoli, 4 anni

Delfini, 3 anni Delfini, 3 anni

Aspettando il Natale

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Tigrotti, 4 anni Tigrotti, 4 anni

Elefantini, 5 anni Elefantini, 5 anni

Koala, 5 anni Koala, 5 anni

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La raccolta di Natale

Koala Soccer Team

In occasione del Natale, è stata or-ganizzata una raccolta benefica per lacasa-famiglia delle Suore di Madre Te-resa di Calcutta alla quale hanno aderi-to, con grande coinvolgimento, le fami-glie di tutti gli studenti dell’Istituto. Il 15 dicembre tutto il materiale rac-

colto nella Scuola dell’Infanzia è statoconsegnato “direttamente” grazie allagenerosità del signor Mecozzi (papà diuna Delfina) che ha messo a disposi-zione un proprio mezzo aziendale, eda una piccola delegazione di mammee di alunni che si è recata presso lastruttura a portare personalmente, econ grande partecipazione da partedei più piccoli, il calore e la vicinanzadi tutte le famiglie. Siamo stati accolti calorosamente

dalle suore di Madre Teresa che hannocon piacere interrotto le loro preghierein cappella e ci hanno fatto visitare ilpresepe realizzato da loro stesse e dal-le mamme accolte nella struttura. Siccome la maggior parte delle suo-

re viene da paesi stranieri, sia i Tigrottiche i ragazzi più grandi hanno mostratole loro capacità di interloquire in inglesesenza alcun timore. I Tigrotti hanno an-

che voluto fare una preghiera presso lacappella della casa-famiglia. Abbiamo giudicato l’esperienza vis-

suta molto positiva e auspichiamo cheiniziative di questo tipo vengano, in mo-dalità differenti, incentivate anche al difuori del periodo natalizio, con il coinvol-gimento diretto anche dei ragazzi piùgrandi.

GGiioovvaannnnaa SSeeggnnaanniinnii (mamma del Tigrotto Vanni e di Tommaso)

ed EErriikkaa SSppaaccccaattrroossii(mamma della Tigrotta Angelica)

La delegazione in visita alle Suore di Madre Teresa di Calcutta

SI PARTEDopo tanta fatica organizzativa, logi-

stica e psicologica, siamo riusciti a orga-nizzare una partitella di calcetto tra amicie quel giorno fatidico e agognato è arri-vato. La preparazione tecnica e lo schie-ramento è definito e concordato dal Chi-

rurgo, che con le sue slides schematizzaposizioni in campo, ruoli, sostituzioni estrategia di gioco nonché il nome dellasquadra: Koala Soccer Team (Koala è lasezione dei nostri bimbi).Calcio d'inizio: ore 21 di un martedì.

Nelle partite iniziali, alcuni di noi, come

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menti in cui giocavamo per strada o neigiardini con Super Tele sbilenchi o SuperSantos usurati. Che tempi…. Durante l'incontro ci chiamiamo solo

per Alias, per brevità e perché non ab-biamo fiato... Nei primi 30 minuti, la squadra riesce

a mantenere le posizioni, ad avere unacerta lucidità di testa e di gambeper fare in modo che il pallone si di-

rezioni verso la porta giusta. Nella se-conda metà della partita, si avverteuna metamorfosi psicofisica che col-

pisce tutti noi, viviamo un decadimentototale e la nostra tattica di gioco si puòdefinire "teoria del caos".

IL DOPO PARTITA Tutte le nostre angosce e dispiaceri

vissuti durante il match (capirete al ca-poverso RISULTATI) trovano conforto nelDOPO PARTITA. L'apice della nostra per-formance si sviluppa infatti a cena, ilcampo da gioco è la tavola del ristoran-te, le azioni sono strategie di attacco-di-fesa contro pajata, cacio e pepe, amatri-ciana, carbonara, fritti misti, carne allabrace il tutto condito con un sincero buonvino. Le nostre cene sono garanzia dileggerezza, leggerezza d'animo sia per ivincitori che per i vinti. Nel post partitaentrambe le squadre escono vincitrici. Sottolineo il fatto che nel dopo parti-

ta, c'è sempre la formazione al comple-to… In alcune situazioni Giove Pluvio cifu avverso. Alla convocazione un gioca-tore mi disse: “Stasera anche se non c'èil calcio, c'è sempre il cacio...”

RISULTATI Dopo molti incontri, il risultato è a no-

stro netto sfavore. Abbiamo in realtàvinto due partite, in cui il trittico di attac-co dei Koala guadagnava spazio di gio-co con movimento sincrono e fronteg-giava l'avanzata del nemico con spiritoda rugbista…Vincemmo per indisponi-bilità della squadra avversaria: 3 a 0 atavolino (in tutti i sensi). In realtà il nostro miglior risultato è

stato e sarà quello di aver creato dal

il sottoscritto, sfoggiavano divise vaga-mente assortite i cui "componenti" pro-venivano da completi storici risalenti a20 anni fa e i cui colori e tessuti sono daconsiderarsi, nel migliore delle ipotesi,vintage. Altri indossavano completi fluore-

scenti e supertecnici con parastinchi au-tomatici che permettono il Tiro del Falco oil Tiro della Tigre alla “Holly e Benji”. For-tunatamente Excalibur è riuscito a procu-rarci delle divise per tutti e quindi ora ab-biamo sembianza di un gruppo almenoall'apparenza "ordinato" e omogeneo. Il resto dell'attrezzatura è composto

da: - guantoni con molla per il portiere; - tutori per ginocchia;- fascia elastica Dottor Gibaud per

schiena e/o pancia; - guanti per mani fredde; - tutone full inclusive con cappuccio

felpato; - scarpini semivolanti... con molle

pneumatiche per il salto del canguro;- bombolette spray anticontratture;

LA ROSA Con puntualità svizzera (ma gli in-

granaggi non sono ancora rodati) si sti-la la Rosa della formazione ed io mi oc-cupo della convocazione elettronica deigiocatori. Alla mia domanda “CI SA-RAI?” ricevo risposte di ogni tipo: “Cisarò!”, “No, ho la spalla dolorante!”,“…e facciamo ‘sta sudata…”, “Vengo seprenotiamo la pajata…”, “Causa allarmeimpazzito sono di vedetta a casa!” ,“No, stiramento inguinale!”, “Scendo incampo: sono gli italiani a chiedermelo!”,“Ho la febbre!”, “Vengo con il Voltaren ,ho il colpo della strega…”. I titolari (alias): il Chirurgo, DG , Ex-

calibur, Gimmy, Iacopo, Ing, Lo sceiccobianco o Aquilotto, Massimone, Otto.

LA PARTITA In queste occasioni, ci sentiamo tutti

come Holly e Benji, partecipiamo a sfideepiche su campi infiniti la cui lunghezzadura due puntate, ricordiamo i nostri mo-

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La formazione.

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trovare i calci giusti…) per sederci a ta-vola e riflettere profondamente sugli in-gredienti dell’amatriciana, sull'impor-tanza dello stare insieme, senza vinco-li, senza etichette, senza barrie-re/strutture mentali, solo semplicemen-te per il piacere di farlo e per fortificarequel bene prezioso che purtroppo, co-me altri, si sta pian piano perdendo eche si chiama AMICIZIA. Sarà fondamentale, per i nostri figli e

futuri uomini, preservare questo valore estarà a noi comunicarlo nella giusta ma-niera. Non avrà importanza quale sarà ilcampo da gioco. Tutti i grandi sono stati bambini una

volta. Ma pochi di essi se ne ricordano.(Antoine De Saint-Exupéry)Vi ringrazio dell'attenzione e, a nome

di tutto il Koala Soccer Team, estendol'invito a eventuali nuovi adepti.

Il Chirurgo (MMaarrccoo PPaadduullaa, papà di Matteo)

nulla un gruppo di ex-ragazzi, che daperfetti sconosciuti e senza nulla in co-mune (tranne la scuola dei nostri figli, unsuper tele usurato e forse qualche car-tone di Holly e Benji) riescono a formareun collettivo e uno "spogliatoio" fuori daogni schema, interesse, obiettivo chenon sia quello dell'amicizia. I nostri bimbi lo hanno capito. A giugno abbiamo organizzato una

cena "estesa" a tutte le famiglie, un do-po partita molto light in cui festeggiava-mo la chiusura della prima stagione. Ilbaby tifo e le ragazze pon pon hannocontribuito ad aumentare lo spessoreemotivo della partita e della serata (il ri-sultato ve lo potete immaginare).

CONCLUSIONIQuesta iniziativa è stata il nostro

Kairos, "momento propizio". Propizioper cosa: per staccare la spina dal trantran quotidiano, per dare insieme duecalci al pallone (noi Koala dovremmo

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NNuuoovvii aarrrriivvii!!!!

Elena Tubito, figlia della nostra maestra Annalisa Siciliano.

Filippo Di Sora (Leoncino) presenta Enrico.

Alessandro De Paoli (Delfino) presenta Andrea.

Lucrezia Morbinati (Koala) presenta Matilde.

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Lavinia e Ludovico Pini presentano Lukas.

Marta Pasquetti (Koala) presenta Irene.

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Una vera e propria regina!

Scuola primariaScuola primaria

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Sabato mattina, quando mi sonosvegliato, ho visto il giardino tutto inne-vato. Sembrava che ci fosse pannamontata ovunque! Impaziente di toccar-la, mi sono vestito subito e insieme amia sorella Alessia siamo corsi fuori agiocare. Abbiamo riso tanto e ci siamobagnati rotolandoci nella neve.La neve a Roma mi ha reso felice,

però quanto freddo faceva!

AAnnddrreeaa LLii VVoollssii,, IIII BB

Sabato mattina, appena mi sonosvegliata, io e mia sorella Ilaria ci siamoalzate dal letto e subito, quando nostropadre ci ha chiamato, di corsa siamoandate alla finestra del salotto. Congrande sorpresa, ho visto tanta neve: misono meravigliata e ho pensato tantecose.

Tutti sotto la neve!!Sc

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La neve è: lieve, silenziosa, delicata,soffice, gelida, meravigliosa. La nevescendeva, danzava, volteggiava, scher-zava, giocava, imbiancava tutto il quar-tiere. Quella era la giornata più bellache mi potesse capitare! Beh, a Romanon mi aspettavo che nevicasse! Mi so-no divertita un mondo!

AAuurroorraa AAllffoonnssii,, IIII BB

Sabato mattina, quando mi sonosvegliato, mamma mi ha chiamato. Allo-ra mi sono alzato. Appena sono arrivatovicino alla finestra, ho visto una cosache mi ha emozionato molto: tutta quel-la neve!Dopo un po’ è arrivata mia sorella

che, appena ha visto tutti quei fiocchibianchi, voleva costruire un pupazzo dineve. Poi è arrivato anche papà e insie-me siamo andati in un parco per fare ilnostro pupazzo. Gli alberi lì erano pienidi neve, i fiocchi cadevano dai tetti del-le case e dagli alberi. C'erano in girotanti pupazzi di neve. Quel giorno mi sono tanto divertito!

CCllaauuddiioo BBuullddrriinnii,, IIII BB

Che sensazione meravigliosa ho pro-vato al mio risveglio! La mia città era ve-stita con un manto bianco. Il quartieredove io abito è pieno di alberi. Essi era-no ricoperti di neve, alcuni sembravache avessero orecchini di brillanti: scin-tillavano alla luce. Io guardavo questospettacolo incantata e stupita da tantabellezza. La gente pian piano, in puntadi piedi, quasi non volesse svegliarequel paesaggio meraviglioso, si riversa-va sulle strade. Tutti avevano sui volti unsorriso stampato e, come una grandefamiglia, abbiamo giocato tutti insiemea tirarci palle di neve e a rotolarci inquella soffice panna montata!

FFrraanncceessccaa DDii NNaarrddoo,, IIII BB

Il giorno in cui è nevicato, mi sonosvegliata e ho trovato il balcone pieno dineve.Le macchine e i marciapiedi erano ri-

coperti di ovatta soffice e dagli albericadevano piume leggere.Sulla strada passavano pochissime

macchine e c’era un insolito silenzio.Più tardi, indossata la tuta da neve,

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sono andata con mia madre al parco. Lìc’erano tanti bambini che si divertivanoa fare pupazzi di neve. La fontanella eraghiacciata e sembrava ornata da picco-li cristalli preziosi. Gli alberi, i giochi e lepanchine parevano ricoperti di zucche-ro filato. Io mi sono divertita a scivolaresulla neve con le buste di plastica ed horiempito mia madre di palle di neve.E’ stata proprio un’esperienza indi-

menticabile! Ricorderò sempre il mioquartiere sotto la neve!

GGiiuulliiaa DDeellll''AAgguuzzzzoo,, IIII BBQuando è nevicato, casa mia era tut-

ta bianca e coperta di neve. Dalla fine-stra non si vedeva niente, non poteva-mo accendere il fuoco fuori e le stradeapparivano di ghiaccio.Io e mio fratello ci siamo messi le

giacche e siamo usciti a giocare. Poi,più tardi, la neve si è sciolta e anche ilnostro pupazzo, quindi siamo ritornatidentro casa. Dopo aver pranzato, siamousciti di nuovo fuori e, con nostro gran-de stupore, abbiamo visto che la nevenon si era ancora sciolta del tutto! Cosìabbiamo potuto rifare il nostro pupazzoe giocare alla battaglia di palle di neve!

TToommmmaassoo PPaattrruunnoo,, IIII BB

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Piccoli scrittori in IIA

Il mondo dell'acqua.

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DDeessccrriivvii ccoommee vvoorrrreessttii cchhee ffoossssee iill mmoonnddoo

Vorrei che ognuno fosse felice, che ilmale fosse intrappolato in una pietrastretta stretta, che non lo fa uscire; vor-rei che i dolci volassero per le strade,vorrei che il mondo avesse le mani perabbracciare i poveri, che i pianeti fosse-ro tutti con le facce delle persone, checadessero pioggia e mattoni, che le ca-se fossero sulle nuvole.Che tutti fossero felici e le storie fi-

nissero così: “tutto è bene quel che fini-sce bene”, che tutti, anche nei paesi co-me l’Arabia, credessero in Dio, che il so-le e la luna si amassero, il cielo fosserosso e verde con i pois bianchi.Che gli alunni fossero sempre gentili

fra loro e che la violenza non esistesse.Se il mondo fosse così a me piacereb-

be, ma... non so se piacerebbe ancheagli altri.

Sofia Pertici IIA

IIll ffaannttaassttiiccoo mmoonnddoo ddii AAccqquuoorriill

Sessanta anni fa il mondo di Acquo-ril, un mondo dell’acqua, era abitato dalpopolo del goblin acquatico, del dragoacquatico, della vipera acquatica e dellupo mannaro acquatico. Questi aveva-no scatenato una guerra: l’esercito delgoblin acquatico era composto da hob-bit, l’esercito del drago mannaro acqua-tico da draghi piccoli, l’esercito della vi-pera era composto da vipere con dueteste e l’esercito del lupo mannaro ac-quatico da lupi mezzi ragni e mezzi api.Fecero una battaglia nel lago di

Lockness, alla fine vinsero i lupi con glihobbit e costruirono un castello per i lu-pi e una grotta per gli hobbit e visserotutti felici e contenti.

Ludovico Pini IIA

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Maschere di carnevale a Venezia

Elisa Scarpetta.

Di tutto un po’... IIC

LLee ttaabbeelllliinnee

Noi, ultimamente,stiamo lavorando sullatabellina del 2; la maestra ci fa fare deigiochi: per esempio un gioco dove lamaestra doveva dire una moltiplicazio-ne e il bambino doveva alzarsi, prende-re la risposta e farla vedere alla classe;quando una persona faceva bene si fa-cevano degli applausi, come se fossimoallo stadio.

Mario Valensise, Leonardo Conti e Sofia Postoncini II C

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CChhee ccoossaa aabbbbiiaammoo ffaattttoo aa ccaarrnneevvaallee

A carnevale ci si traveste in vari mo-di. Noi a casa possediamo tanti vestiti,perciò abbiamo deciso di vestirci, ri-spettivamente, da cavaliere e da spa-gnola. Ogni anno a carnevale ci diver-tiamo, anche, a lanciare i coriandoli allepersone e quest’anno siamo stati moltocontenti perché siamo tornati a casa in-sieme.

Josephine Iarrera e Alessandro Paoletti IIA

SSccrriivvii uunnaa ssttoorriiaa ssuullll’’aaccqquuaa

C’era una volta un torrente che scor-reva in montagna.Da quel torrente una goccia d’acqua,

stufa di scorrere sempre su quel torrente,se ne andò. Incontrò una bimba che di-pingeva con gli acquerelli e le chiese:“Posso provare anch’io?” La bimba sispaventò perché non sapeva che le goc-ce d’acqua parlassero, ma si rassicurò ela lasciò provare e …. disegnò una goc-cia d’ acqua. Poi se ne andò in un altrotorrente dove l’acqua era più calda.Andò in un acquedotto e quando

uscì era tutta bagnata (anche se è giàbagnata).Cadde in un acquitrino, ma si pulì e

poi si divertì fino a primavera e poi arrivòl’estate, preparò un castello di sabbia, poidecise di distruggerlo, ma era troppo leg-gera. Ci montò sopra e lo distrusse per-ché acqua contro sabbia vince acqua.Arrivò l’autunno e poi l’inverno e la vi-

ta della gocciolina era quasi finita.Quando arrivò l’estate salutò gli ami-

ci e poi venne “sciolta” dal sole.

Edoardo Puoti IIA

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Matteo Spinosa. Tommaso Schirru.

Realtà e... fantasia in IIIA

Che sia lei la fortunata bassottina di Camilla?

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Mi chiamo Riccardpoluser e ora viracconterò una delle mie tante avventu-re. Oggi è il 14 luglio; mi sveglio, vado afar colazione al bar T-REX e mangio unabistecca di brontosauro. Poi mi spulcioe vado in giro per la foresta. Saluto tuttii miei amici dinosauri e faccio amiciziacon un gigantesco tirannosauro di nomeRexi. Rexi mi dice di avere il presenti-mento che un meteorite stia per caderesulla Terra; quindi, insieme, andiamo dalsaggio Stegosauro e gli chiediamo se èvero che un meteorite sta per schiantar-si contro la Terra. Lui risponde di sì e di-ce di metterci al riparo. Io e Rexi, però,non abbiamo paura. Andiamo sul puntoesatto dove si sta per schiantare il me-teorite. Rexi si mette in posizione e locolpisce con la sua coda mandandolofino a Saturno. Il mio amico ha salvato laTerra!!! Una dinosaura, della specie di Rexi,

di nome Linda passa di là; visto quantoaccaduto, vuole sposare Rexi e…………. indovinate chi è stato il prete?Sono stato io, Riccardpoluser in carne eossa!!!!!! Quindi è stata una bella gior-nata d’avventura!

Riccardo Gagliardi IIIA

Il cane è il mio animale preferito. Se-condo me è l’animale più bello del mon-do. Io vorrei una cagnolina di razza“bassotto” e la vorrei chiamare Lilli. Vor-rei averla con il pelo marroncino, morbi-da e appena nata. La vorrei intelligente,serena, giocherellona e amichevole. Mipiacerebbe se avesse gli occhi neri egrandi e la coda sottile. Con lei vorrei vi-vere i momenti belli e i momenti tristi, imomenti di arrabbiatura e i momentistrani. STAREI SEMPRE CON LEI !

Camilla Ceoldo IIIA

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“Noi ragazzi del MEGe chi insegnò a volare”

Altra immagine dalla recita

Recita Emmaus del 16 febbraio 2012

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non la terza; quindi chiede aiuto ad unumano, che era una poetessa, e lei ci ri-esce perché il volo era nel suo cuore.Gli attori di questa recita sono stati:

io (Zorba), Eleonora Benso (Fortunata),Cristian Bracciali (Diderot), Gian MarcoCaramelli (Colonnello), Sveva Rispoli(poetessa), Carlo Todini (Segretario) eDavide Vinci (narratore).Abbiamo provato tanto e ci siamo

tutti impegnati molto, siamo un bel grup-po e lavorare insieme è stato molto di-vertente.Prima di iniziare eravamo tutti molto

emozionati anche perché il nostro pub-blico era tutto intorno a noi, molto vicinoe quindi è stato difficile restare concen-trati. Ma alla fine è andato tutto bene e inostri compagni e partenti ci hanno fat-to tanti complimenti.

Fare il MEG è un’esperienza bella epositiva.Ho deciso di farlo proprio perché sa-

pevo che mi sarei divertita e che avreiimparato cose nuove sulla vita di Gesù.MEG infatti significa: Movimento Eu-

caristico Giovanile.Padre Cavicchia ha avuto la bella

idea di farci fare una recita, perché sa-peva che sarebbe stata un’esperienzainteressante per noi; così ci ha presen-tato Donatello (il nostro regista) che ciha detto che avremmo fatto uno spetta-colo tratto da un libro molto famoso: LAGABBIANELLA E IL GATTO CHE LE IN-SEGNO’ A VOLARE.Questa storia parla di una gabbiana di

nome Kengah che viene uccisa dal pe-trolio per colpa di noi umani e precipita suuna terrazza dove c’è un gatto di nomeZorba. Prima di morire vuole fare un gestod’amore: deporre un uovo. Zorba le fa trepromesse: non mangiare l’uovo, proteg-gerlo e insegnargli a volare. Quando na-sce la gabbianella la chiamano Fortuna-ta. Zorba con l’aiuto di tre suoi amici (Co-lonnello, Segretario e Diderot) riesce amantenere le prime due promesse ma

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Un momento del film d'animazione La Gabbianella e il Gatto.

Quest’anno, tornando a scuola, ab-biamo trovato una novità: padre Dome-nico, il nostro padre Domenico, è statomandato a lavorare presso “Civiltà Cat-tolica”.Ci siamo dispiaciuti un pochino, per-

ché gli siamo molto affezionati e pensa-vamo di non rivederlo, invece ci ha fattouna sorpresa bellissima: è venuto a ce-lebrare la S. Messa di inizio d’anno, an-

Ciao, padre Domenico

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che con un braccio rotto! Questo ci hafatto capire che siamo sempre nel suocuore come lui nei nostri.Noi, attraverso il giornalino, vogliamo

dire al nostro maestro di religione di sta-re tranquillo, non abbiamo dimenticatonulla dei suoi insegnamenti e ci sforze-remo, sempre, di metterli in pratica.

Con affetto, i bambini della scuola primaria

E’ stata un’esperienza bellissima emolto istruttiva perché ho conosciuto unmodo di fare teatro e di raccontare unastoria completamente diverso da quelloche conoscevo e per questo sono mol-to grata al mio maestro di teatro.Questa storia mi ha insegnato che le

paure possono essere superate bastacrederci con tutto il cuore, ma ancheche bisogna sempre aiutare le personein difficoltà, quindi credo si possa direche questa esperienza ci abbia inse-gnato un po’ a “volare”.

AAnnnnaa AAccqquuiissttaappaaccee, VA

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Un po’ di arte!

I cartelloni composti dai disegni dei bambini della scuola primaria

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Mecozzi Raphael, I girasoli, IIA.

Secondaria I gradoSecondaria I grado

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Diregiovani direfuturoReportage

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Dopo una breve attesa abbiamo as-sistito ad uno spettacolo canoro dei ra-gazzi della scuola secondaria di I gra-do, diretto dalla prof.ssa Bortolato, e al-la premiazione di alcuni nostri compa-gni, che hanno ricevuto in premio uncomputer.In seguito i professori ci hanno la-

sciato del tempo libero per esplorare glistand, dove erano dati in omaggio alcu-ni gadget e alcuni libri, utili per scoprireil ruolo di alcuni organi politici e asso-ciazioni. Ed eccoci di nuovo all'audito-rium, per un tributo a Michael Jackson,la star del pop, eseguito da una scuoladi Chianciano Terme. Dei piccoli zombieci hanno accolti con “Thriller”, successointernazionale. Siamo rimasti molto col-piti dalla loro disinvoltura nel ballare.Dopodiché, all'ora di pranzo, i nostricompagni sono tornati a scuola, mentre

Quella che abbiamo vissuto giovedì10 novembre è stata un'avventura dav-vero molto costruttiva, che ci ha datosperanza, ci ha fatto conoscere l'altrafaccia della gioventù italiana: ragazziche scrivono, che dipingono, che si ci-mentano nelle più svariate categorie ar-tistiche. La nostra scuola, e il piccolo ra-mo del giornalismo guidato dai proff. DeAngelis e Todini, erano stati gentilmenteinvitati a questo evento, in quanto trenostre “giornaliste in erba” erano statepremiate nella sezione reporter.Una volta arrivati, siamo stati accolti

caldamente come scuola premiata, e sia-mo stati condotti alla sala auditorium, do-ve il nostro coro scolastico si è esibito.Successivamente Elena Di Lauro ci

ha incantato con l’esecuzione della can-zone “A Thousand Miles”, eseguita conil solo ausilio di una tastiera.

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noi, i redattori, ci siamo trattenuti anchenel pomeriggio. Dopo un “lauto pranzo”,abbiamo scattato qualche foto partico-lare con i rispettivi gruppi nei diversistand.Alle tre e mezzo abbiamo assistito al-

la lezione sul Senato della Repubblica:è stata un'esperienza memorabile e ab-biamo anche potuto dimostrare le no-stre competenze nel mondo della politi-ca con dei simpatici quiz. Durante la no-stra permanenza è intervenuta la sena-trice Garavaglia.Alla fine abbiamo potuto completare

la nostra gita istruttiva con un test sulpensiero dei giovani sul futuro dell'Italiae dell'Unione Europea e ognuno di noiha potuto esprimere le proprie idee.

AAnnggeelluuccccii AAlleessssaannddrroo,, CCoorrsseettttii CCoossttaannzzaa,, DDee AAnnggeelliiss GGiioorrggiioo,,

FFeerrrraannttii AAnnddrreeaa MMaauurriizziioo,, GGhheerraarrddii CCaarrlloottttaa AAlliiccee,, IIIIII AA ee BB

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LLuunnaaO tu luna che ti stendi su una duna,che illumini il desertoe sei come un libro aperto.Che cambi forma: un quarto, semipiena,piena e che di solito accompagni la cena.Tu sei bianca con diverse macchiee sembri un biscotto da caffelatte,accendi la notte, illumini il mondoche per sempre sarà tondo.

LLoorreennzzoo MMaassttrriiaa,, IIII BB

LLaa lluunnaa Luna nella notte splendii nostri cuori felici rendi.Luna splendentesei lo specchio della gente.O luna o imponentesei qui per aprirci la mente?Tu nel firmamentofai tutto sul momento.Mia luna lucentenon far nessun incidente.Luna bianca in un cielo nerosei sempre stata un mistero.O luna d’argentocullami nel letto lento.Mia luna rotondaillumini la spuma dell’onda.

CCoorrrraaddoo TTeelleeffoonnoo,, IIII BB

Composizioni sulla Luna

Oliveri Andrea, Notte stellata, IIC

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Concorso di voci biancheEgisto Macchi

L’11 Maggio ci siamo svegliati tuttiquanti agitati ed emozionati, perchéquel giorno avremmo partecipato al no-stro primo concorso canoro.Il nostro “Coro della mattina”, forma-

to dagli alunni della classe IB e dellaclasse IC, ha partecipato al concorsoEgisto Macchi* per voci bianche ope-ranti nella scuola dell’obbligo del Lazioche ha avuto luogo al Liceo ScientificoStatale “Vito Volterra” a Ciampino. Dal momento in cui siamo saliti sul

pullman ci siamo sentiti colti da un’emo-zione che non avevamo mai provato pri-ma, è una sensazione troppo specialeda poter spiegare. Appena entrati nellasala dove in seguito è stato svolto il con-corso, ci siamo sentiti tutti un po’ intimi-diti dagli altri cori, perché formati da vo-ci selezionate e che cantavano da tantianni. Abbiamo eseguito i due brani acappella dal titolo “Canzone Organoto-pologica” di H. R. Dominguez e un tra-dizionale zulu “Nginesi Ponono”, la can-zone colonna sonora del Titanic “MyHeart Will Go On” cantata da J. Hornere W. Jennings e “O Fortuna” dei Carmi-ne Burana di Carl Orff. Siamo stati diret-ti dalla nostra professoressa Cristina

Bortolato e accompagnati al pianofortedal maestro Gianluigi Clemente. Con nostro rammarico siamo arrivati

nella fascia di bronzo, anche se è unbuon risultato per un coro ancora ine-sperto come il nostro.*Egisto Macchi, scomparso nell'ago-

sto del 1992, era nato a Grosseto nel1928. A Roma, dove è vissuto e dove siè svolta la sua preparazione musicale eletteraria, è stato attivissimo sin dalla fi-ne degli anni Cinquanta nel campo del-l'organizzazione musicale. Fu promoto-re di molte iniziative anche nel settoredella ricerca e della conservazione deidocumenti sonori, fin dal 1984, annodella sua costituzione, ha fatto parte delComitato dei garanti dell'I.R.TE.M. (Isti-tuto di Ricerca per il Teatro Musicale) in-sieme a Paola Bernardi, Carlo Marinellied Ennio Morricone. Direttore dell'Archi-vio Sonoro per la Musica Contempora-nea ha ideato cicli di conferenze, incon-tri e seminari per la conoscenza e la dif-fusione della musica d'oggi.

FFllaammiinniiaa GGaalleeoonnii,, LLuuccrreezziiaa GGrraassssii,, IIIIBB

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Le formazioni a Viareggio

VViiaarreeggggiioo 22001122Dopo 13 anni di Massimo ero con-

vinto di averne avuto abbastanza. E invece no. Sono riuscito a finire nuovamente sot-

to le “grinfie” della mia scuola, anche se,fortunatamente, non più da studente masotto una veste del tutto nuova: il Coach.Devo ammettere che appena ho sentitoparlare del Torneo di Viareggio mi sonosubito proposto e ho obbligato la mia so-cietà a mandarmi con la professoressaNovelli. L’idea di accompagnare i ragaz-zi ad un torneo di Hockey come allenato-re e proprio insieme all'insegnante chemi ha lanciato in questo mondo mi entu-siasmava e onorava. Così, quando il miodesiderio si è realizzato sono stato feli-cissimo. Ho trovato un gruppo di ragazziinfinitamente simpatici, che si sono mes-si subito a mia disposizione, nonostantela mia giovane età e nonostante la miasadica propensione a massacrarli con ri-unioni tecniche sia di sera che di mattinapresto. Pur avendo provato, in questanuova veste, a darmi un serio contegnoda professionista, tra i miei ricordi prefe-riti di questa esperienza rimangono co-munque i momenti di svago che siamoriusciti ad intervallare con i momenti di

dura preparazione. Basti pensare che cisiamo presentati alle ultime partite tuttimascherati, anche se eviterò, perl'eleganza che da sempre mi contraddi-stingue, di specificare ulteriori dettagli ri-guardanti i travestimenti in questione!!Con i ragazzi ho avuto un buon feeling esiamo riusciti a vincere il torneo dopo unaserie di belle prestazioni ed una finaleperfetta, giocata benissimo da tutti. Inol-tre, in questi quattro giorni a Viareggio,ho fatto una scoperta che voglio condivi-dere con voi, e che in realtà è solo la con-ferma di vaghi sospetti che già aleggia-vano minacciosi nella mia mente pocoesperta: allenare le ragazze è parecchiodifficoltoso!! Spero per questo che, semai mi capiterà nuovamente di allenareuna squadra femminile, mi sarò irrobusti-to abbastanza da reggere l'urto di tantefanciulle... A parte gli scherzi sono statomolto soddisfatto anche della squadrafemminile che, seppur di giovane età, èriuscita a dare il Massimo in tutte le parti-te. Ringrazio di cuore la professoressaNovelli e la professoressa Ada Schiavet-to, che mi hanno dato la possibilità di vi-vere un'esperienza nuova e altamenteformativa.

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AA VViiaarreeggggiioo!!Binario 1, ore 14:50 di giovedì 2 feb-

braio con mazza in spalla e valigia ac-canto, aspettando di prendere il trenoche ci avrebbe portato a Viareggio pergiocare il torneo di carnevale di hockeysul prato. All’arrivo alla stazione con die-ci minuti di anticipo, l’unico ad essere lìera il nostro futuro coach Emanuele, exalunno del nostro Istituto. Dopo poco,ecco il nostro gruppo con 15 ragazzini,tutti pronti a tornare vincitori.Alle 15:30 il treno è partito puntual-

mente e, dopo tre ore e mezza di viag-gio, siamo scesi alla stazione viaregginae ci siamo incamminati verso il nostro al-bergo sul lungomare. La sera dopo ce-na la professoressa Novelli, organizza-trice, ha annunciato il calendario e poisiamo andati sulla spiaggia dove abbia-mo trascorso una rilassante serata dopoil viaggio.Il giorno dopo, tutti abbastanza ad-

dormentati ci siamo tirati giù dal letto eci siamo vestiti per la partita contro ilCus Pisa; scesi, abbiamo incontrato an-che la femminile pronta a combattereper la vittoria. Dopo una ricca colazionel’allenatore ci ha chiamato per spiegarcila nostra formazione. Ero molto ansioso all’entrata in campo

per il saluto al pubblico e, in seguito, ilmister ha scelto di mettermi fin dal primominuto: dopo cinque minuti sono riuscitoa ripagare la sua fiducia con un gol checi ha portato in vantaggio e poi il mioamico Flavio è riuscito a raddoppiare suun corner corto prima del cambio cam-po. Nel secondo tempo la nostra squa-dra è riuscita a fare un terzo gol semprecon Flavio. Poi, nel finale di gara, il Pisa èriuscito a riaccorciare le distanze ma sia-mo riusciti a resistere. Purtroppo le ra-gazze hanno subito una brutta sconfitta,pur combattendo fino alla fine. Nel pomeriggio invece siamo stati a

Lucca, dove siamo saliti sulle mura e sia-mo andati a vedere la piazza centrale. Cisiamo trattenuti e qualcuno ha potuto fa-re qualche regalino ai propri genitori, pri-ma di rientrare in hotel per la cena.Il giorno dopo ci aspettavano due

partite contro il Savona, arrivato in ritar-do causa maltempo, che si è dimostra-to molto insidioso. All’inizio la nostrasquadra è partita un po’ confusa e il Sa-vona ne ha approfittato, ma ci siamo ri-presi con un corner corto segnato dalnostro capocannoniere Flavio e poi conGianluigi, a pochi istanti dalla fine, fa-cendo impazzire la panchina e portan-do a casa tre punti. Le ragazze invecesono state battute dal Savona femmini-le. Nella gara di ritorno abbiamo incon-trato più difficoltà perché gli avversarisono passati in vantaggio, ma con Nic-colò abbiamo pareggiato e abbiamo “ri-schiato” di vincere in anticipo il torneo.Nel pomeriggio siamo andati fuori

Viareggio per vedere gli hangar dove la-vorano i creatori dei carri per carnevale.Faceva molto freddo e allora siamo tor-nati in fretta e furia nelle nostre camere.La sera invece siamo andati tranquilla-mente a dormire perché il giorno dopoera importante essere in forma per vin-cere…anche se il nostro gruppo nonpoteva perdersi lo spettacolo dei fuochid’artificio!Purtroppo, durante la partita della

mattina della femminile, Lavinia avevasubito un brutto infortunio al piede per-ché aveva ricevuto una palla sul pollicee quindi la professoressa Novelli l’haportata subito in ospedale.La mattina le ragazze non sono ri-

uscite a battere il Savona suscitandoqualche litigio fra le giocatrici, ma noistavamo pensando alla partita che ab-biamo vinto meritatamente con un uno azero dopo molte occasioni e qualche

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Alziamo il trofeo

decisione dell’arbitro un po’ discutibile.Le ragazze, arrabbiate, sono riuscite astrappare nella partita seguente un pa-reggio con un corner corto di Lavinia, ri-presasi magicamente dopo l’infortunio.Alla fine del torneo, siamo stati premiaticome primi e il nostro capitano, France-sco, ha alzato la coppa; le ragazze so-no arrivate terze grazie al pareggio al-l’ultimo minuto. La domenica il nostro viaggio era al

termine, ma stava cominciando il rito del

passaggio dei carri sul lungomare chenoi abbiamo potuto vedere dal vivo ed èstato emozionante; poi, a malincuore, sia-mo andati alla stazione dove abbiamopreso il treno che ci ha portato a Roma.La vacanza è stata molto divertente

e ognuno di noi sicuramente ha miglio-rato il suo gioco. Ringrazio tutti, special-mente la professoressa Novelli che è ri-uscita ad organizzare insieme ad Adauna bellissima visita che spero il nostroIstituto possa ripetere.

Nel regno dei pasticcini, Dolcettaera la più popolare, la più bella, la piùintelligente…insomma era una vera lea-der. Un giorno il suo migliore amicoMashomelow l’“Einstein” del paese, le

Dolcetta ed il segreto dei pasticcini

chiese se poteva aiutarlo a finire unamacchina del tempo che poteva tra-sportarli sulla Terra. Il popolo dei pa-sticcini considerava gli umani comedei, come persone che avevano creato

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il mondo. Dolcetta, amante di avventu-re, disse di sì. Dopo 3 orette la macchi-na era pronta, non dovevano far altroche premere il pulsante e essa li avreb-be catapultati nel mondo da loro imma-ginato. Mashomelow, impaurito, disseche lui sarebbe rimasto a fare la guar-dia. C’era solo un problema i pasticcininon volevano che la loro leader se neandasse, cosa avrebbero fatto loro sen-za di lei? Lei disse che sarebbe andatasulla Terra, solo per prendere un ogget-to, che le avrebbe regalato un umano epoi sarebbe tornata subito indietro. Maper ogni urgenza, il suo migliore amico,le lasciò un telecomando per ritornareindietro. Dolcetta prese le sue cose e simise sul grande cerchio della macchi-na. L’amico premette il pulsante e unamarea di scintille l’avvolse. Si ritrovò incentro commerciale pieno di persone,che parlavano in una lingua a lei sco-nosciuta. Non si sentiva a suo agio, nonpensava che gli umani sarebbero staticosì grandi. Iniziò a correre, perchéaveva paura che le grandi scarpe consotto caramelle, foglie e cose varie, lacalpestassero. Era stanca, allora si fer-mò, si appoggiò ad una vetrina di dolcie le venne quasi da piangere a vederei suoi amici mangiati dagli umani. Incuor suo sentiva che gli umani eranocattivi. Quando una bambina la prese edisse: ”Chissà perché questo pasticci-no è fuori dal negozio… ed è ancheben vestito. Va be’ lo prendo e lo userò

come il pezzodel puzzle chesto cercando dirisolvere!”. Dol-cetta, non capi-va la sua lingua,ma da come eravestita capii chenon era buona.Aveva un cap-pottino giallo,come il sole ap-pena tramontato,dei pantaloni ne-ri e sopra a essi

c’era scritto: ”Guarda oltre l’infinito etroverai la magia”. Dolcetta non sapevadecifrarlo. La bambina si chiamava Sa-rah, la pasticcina lo aveva intuito, per-ché era accompagnata da un uomo ab-bastanza alto con barba molto folta,che si rivolgeva a lei utilizzando semprequesta parola, anche lui vestito elegan-temente e con faccia cattiva. Sarah, lamise in un cestino. Durante il viaggioDolcetta si addormentò. Quando si ri-svegliò, si ritrovò in una casa, con tuttele pareti scure e le finestre oscurate. Vi-de che Sarah e il padre stavano man-giando e lei stava su un vassoio pienodi dolci. Mentre loro erano distratti, Dol-cetta scese dal vassoio e cercò di tro-vare un’uscita, ma correndo inciampòsu un altro pasticcino, il quale disse:”Ehi, attenta! Tu chi sei?” Dolcetta rial-zandosi, disse: ”Mi chiamo Dolcetta,vengo dal mondo dei pasticcini. Chi so-no queste persone e cosa vogliono dame?”. Lei rispose: ”Benvenuta nella ca-sa di Serra. È una casa malvagia, dovela bambina cerca di comporre un puzz-le formato da pasticcini per scoprire ilGrande segreto dei dolci!” Dolcetta:”Quale segreto?”. “Nessuno lo sa!Quando era piccola Sarah ricevette,dalla nonna, dei pasticcini e un puzzlee io ero uno di quei dolci. Un giorno ipasticcini caddero sul puzzle e appar-se una scritta: -Il grande segreto sco-prirai se tutti i pasticcini sul puzzle ri-unirai. Guarda oltre l’infinito e scopriraila magia.- La magia sarebbe il puzzle!L’ infinito non lo so che cosa è. AdessoSarah sta cercando di riunire tutti i pa-sticcini che trova, per scoprire il segre-to”. “Dopo aver scoperto il segreto, co-sa farà ai pasticcini?” chiese Dolcetta.“Li lascerà liberi, ma prima di scoprire ilsegreto ci vorranno mesi forse anni. Ilpuzzle è formato da 3000 pezzi. Eadesso sta solo a 200”. “E se l’ aiutiamonoi a cercare 2800 pasticcini?”. “ Comefacciamo lei ci lascia sempre in casa?”.“Usciremo di nascosto, così io ritornerònel mio paese e tu… a proposito qual èla tua storia?”. “ Mi chiamo Cioccolatino

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Miss Pasticcino

ero figlio del re dei pasticcini. Ma ungiorno mio padre perse il trono e vistoche non avevano denaro per farmimangiare, curare, proteggere, mi ab-bandonò. Una giovane pasticcina, dinome Limona, mi prese e mi trattò co-me un figlio. Finché, il suo fidanzatonon mi volle più e mi rapì e portò sullaTerra. Ed eccomi qui. Rinchiuso in que-sta casa da ben 3 anni”. Mentre stava-no chiacchierando Dolcetta sentì il ven-to che l’avvolgeva, quasi cullava. Maesso, andandosene, fece sbattere la fi-nestra. E Sarah e il padre si alzarono esi diressero verso la finestra, dove sitrovavano i due dolcetti. Dolcetta eCioccolatino cominciarono a correre fi-no a quando trovarono una porta aper-ta, che portava a una stanza pieni di

dolci col puzzle. I due amici dolcettichiusero la porta senza far rumore ecercarono di scoprire il segreto delpuzzle. Giorno dopo giorno Dolcetta eCioccolatino andarono in cerca di dolci.E anche con l’aiuto di Sarah, dopo 2 me-si e mezzo, riuscirono a recuperare tutti i3000 pasticcini. Scoprirono il Grande Se-greto: era quello che esisteva il Regnodei pasticcini. Per ringraziare Dolcetta eCioccolatino, Sarah diede ad ognuno unpezzo dei suoi pantaloni con la scritta. EDolcetta le fece capire che era la benve-nuta nel suo regno. Così gli umani capi-rono, grazie a Dolcetta, che la magia esi-ste. E Pasticcina invitò Cioccolatino a vi-vere nel regno dei pasticcini.

GGiiuulliiaa MMoozzzzii,, IIII BB

Era una fredda mattina con un cieloche sembrava di panna nel piccolopaese di Ciocco. Dal cielo cadevanomilioni di minuscoli fiocchi di zucchero etutti i bambini erano scesi in strada conla bocca spalancata. Essendo un gior-no di festa Miss Pasticcino era nella suapiccola casetta di mattoni di marzapaneuniti da uno spesso strato di candidapanna montata. Dalle minuscole finestrefatte con lastre di caramello la si potevaintravedere sulla sua piccola poltrona dibarrette di cioccolato mentre corregge-va i compiti di caramellologia dei suoipiccoli pasticcini. Miss Pasticcino era laclassica insegnante di quinta elementa-re con i suoi lucidi occhiali dalla monta-tura di finissima e purissima liquiriziascandinava. Ogni giorno si mostravacon sue lucide calze color zabaione, leminuscole scarpette create dai piccolielfi zuccheriferi, la cartina che la avvol-geva sempre pulita e ogni volta in tona-lità diverse...e non dimentichiamoci del-

la succosa ciliegina rossa che trionfavasulla sommità della sua testa. All'appa-renza poteva sembrare una signora te-nera e dolce, ma in realtà era moltoscontrosa e cattiva e per questo i suoidolci alunni l'avevano soprannominataMiss cioccolato amaro. Quel giorno sisentiva molto giù di morale, era proprioin vena di fare una bella verifica a queigran somari dei suoi alunni. Lei amavamaltrattarli, ma in questo modo nessunodei suoi alunni l'avrebbe ricordata comel'amorevole insegnante che loro aveva-no desiderato per tanti anni. Miss Pa-sticcino in quel freddo pomeriggio ciaveva pensato per tanto tempo quandoarrivò alla soluzione di fare qualcosa dispeciale per i suoi pasticcini: decisaprese il suo cappotto dalla sfumaturaverde mela imbottito con carte di cara-melle e zucchero filato e scese giù dal-la collina su cui abitava. Sapeva dovepoter trovare i suoi pasticcini, ovviamen-te al “Cup Cake Caffè” il bar più famoso

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anni e per farmi perdonare non dovetefare altro che venire con me”. Così MissPasticcino scese in strada insieme aisuoi alunni e andò al parco dove avevapreso della neve zuccherata trovata perterra e con essa aveva ricoperto tutti igiochi del parco. I bambini erano entu-siasti e corsero sui giochi. Correvanodappertutto leccando altalene e scivolimentre si divertivano con i loro amici. Al-la fine della giornata i bambini erano co-sì felici che il giorno dopo a scuola pre-pararono un grande cartellone con cuiringraziavano la loro adorata maestra.Questa storia serve ad insegnare chenon è necessario giudicare una personaalla prima impressione, ma prima biso-gna farle tirare fuori il meglio di sé, e co-me dice il proverbio “Non giudicare maiun libro dalla sua copertina”.

FFllaammiinniiaa GGaalleeoonnii,, IIII BB

Il 16 dicembre la IIIA, accompagna-ta dal professor Olati e dalla professo-ressa Armeni, si è recata in una visita diistruzione alla Basilica di Sant'Agostino,alla chiesa di San Luigi Dei Francesi ealla mostra di Raffaello e Michelangelo.Dopo un breve tragitto, siamo arriva-

ti sul lungotevere e l'autista ci ha lascia-to a pochi passi dalla basilica di Sant'A-gostino dove abbiamo potuto osservare“ La Madonna di Loreto” del Caravag-gio, un’opera – per l’epoca – assoluta-mente innovativa. Caravaggio, infatti,opera una scelta radicale: la “sua” Ma-donna non solo non è posta in un con-testo regale, “sovrastando” qualcuno,ma addirittura non è neanche circonda-ta da mura che riconducano alla sacra-lità del luogo, all’intimità di un ambiente,

In giro per la Roma rinascimentale

Caravaggio, La Madonna di Loreto pressola Chiesa di Sant'Agostino di Roma

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di tutto il paese. Tirò fuori dalla sua bor-setta di glassa mandorlata la chiavedella sua macchina. Era una piccolaZuc 200 color cioccolato e andava a ge-lato alla crema. Salita in macchina pre-se una scorciatoia per via Cake, svoltòper Viale dello Zuccotto allo zabaione earrivò in Via del Chicco di Cacao dove sitrovava il bel “Cup Cake Caffè”. La Missentrò, c'era un'atmosfera piacevole, lepareti erano tappezzate con grandi edolci wafer al cioccolato, il pavimentoera ricoperto di cotto biscottato. Davan-ti ai suoi occhi apparvero tutti i piccolipasticcini. C'erano tutti: Broccolina laballerina, Spaghetto il maghetto, Cara-mello il bello, Torrone il cattivone e Torti-na la bambina. Erano tutti insieme sedu-ti in un piccolo tavolo a sorseggiare unfrappè. Miss andò vicino al loro e disse:”Ragazzi, ascoltatemi, scusatemi pertutte le cattiverie che vi ho fatto in questi

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alla stessa Santa Casa di Lore-to (che nel corso del ‘500 cono-sce un periodo di grande fasto,grazie soprattutto ai lavori diabbellimento finanziati dal Pa-pa marchigiano Sisto V verso lafine del secolo e poi, agli inizidel '600, da Clemente VIII).In questo caso la Vergine

“lascia” l’immagine tradiziona-le, in cui è raffigurata in volocon la sua casa trasportata da-gli angeli, per affacciarsi sullaporta della sua povera abitazio-ne per vedere l’umanità nelladimensione quotidiana. La Ma-donna, in pratica, non ha le fat-tezze idealizzate di una donnaqualsiasi, ma è creatura vera.Ella sa diventare, unita a Gesù,“luogo di accoglienza” per i de-voti pellegrini, i cui piedi spor-chi, posti in primo piano, susci-tarono dissenso per chi consi-derava “indecorosa” la pitturadi Caravaggio.In seguito, abbiamo prose-

guito il nostro tour andando aSan Luigi dei Francesi, doveabbiamo potuto ammirare altretre opere del Caravaggio chemi hanno colpito per l'uso dellaluce trasversale e per la rap-presentazione della realtà. Nel-la piccola cappella Contarellisono esposti "Il martirio di SanMatteo", "San Matteo e l'Angelo"e "La vocazione di San Matteo":la professoressa si è soffermataa spiegarci ogni dettaglio diquesti capolavori. Dopo un rapido pranzo da-

vanti all'entrata del museo aPalazzo Sciarra, abbiamo ini-ziato la nostra visita alla mostraIl Rinascimento a Roma. Nelsegno di Michelangelo e Raf-faello, curata da Maria GraziaBernardini e Marco Bussagli,mostra che raccoglie 170 ope-re tra sculture, dipinti, disegni,

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Al Campidoglio.

Al Pantheon.

A S. Agostino.

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incisioni e medaglie, prove-nienti da importanti musei ita-liani e internazionali come i Mu-sei Vaticani, il Museo Naziona-le del Bargello di Firenze, la Pi-nacoteca Nazionale di Capodi-monte di Napoli, il Kunsthistori-sches Museum di Vienna,l’Hermitage di San Pietroburgoe l’Albertina Museum di Vien-na. Siamo entrati nella primasala dove abbiamo potuto am-mirare le opere di Raffaello raf-figuranti i vari Papi che si sonosusseguiti durante il periodo ri-nascimentale. Nei corridoi se-guenti, invece, la nostra classeha potuto osservare le opere divari allievi del pittore.

Alla fine, la guida ci ha por-tato nella sala dedicata ai pro-getti eseguiti da Michelangeloper la cappella di San Pietro.Una volta usciti dal museo, laprofessoressa ci ha portati alPantheon, dove si trovano letombe di Raffaello e di VittorioEmanuele II, per concluderequesta splendida visita alla no-stra città eterna.

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Merenda al bar Giori.

Vista su Roma

Musei Capitolini.

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Vacanze studio in Gran Bretagna

Inghilterra luglio 2011.

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biamo accompagnato i figli a Fiumicino eli abbiamo affidati alle insegnanti, le pro-fessoresse Monaco e Tata, che ci hannofornito i loro numeri di cellulari, sempreaccesi e contattabili in ogni momento.Dopo i saluti, i ragazzi, pieni di entusia-smo e con gli zaini in spalla, hanno var-cato i cancelli di imbarco; noi genitori liabbiamo seguiti con lo sguardo fin dovepossibile, felici per la splendida opportu-nità che stavamo offrendo loro ed, al con-tempo, dispiaciuti per il distacco di bentre settimane che ci attendeva. La struttura universitaria di Swansea

era moderna e piena di facilities, il pro-gramma offerto, intenso e veramente sti-molante. Alle efficaci lezioni quotidianedi inglese, che occupavano metà gior-nata, erano affiancate molteplici attivitàdi vario tipo, sia sportive che artistiche.Sono state poi organizzate delle gite in-teressantissime nei dintorni: sulle affa-scinanti scogliere gallesi, al castello di

Da alcuni anni a questa parte l’IstitutoMassimo, in collaborazione con la LIA -Language in Action - e sotto la supervi-sione dei propri docenti, organizza dellefantastiche vacanze studio in Inghilterraper gli studenti delle scuole superiori diprimo e secondo grado. Ogni anno vieneproposto un luogo diverso: la scorsaestate la scelta è caduta sull’Università diSwansea, città situata sulla costa meri-dionale del Galles, a un’ora di distanzada Cardiff. Mio figlio ha aderito entusia-sticamente, memore dell’esperienza po-sitiva vissuta l’estate precedente durantela vacanza studio organizzata sempredall’Istituto in collaborazione con la LIA aSevenoaks, un prestigioso collegio neipressi di Londra. Così, dopo un paio di briefings svolti-

si durante l’anno scolastico per fornire leopportune informazioni, è giunto il mo-mento della partenza. La mattina del 3 lu-glio noi genitori dell’Istituto Massimo ab-

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De Lisi Margherita, Iris, IIA. Fradiani Riccardo, prospettiva centrale, IIIA

Prospettive artisticheSe

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5. “Last but not least”, per la serenitàgarantita dalla supervisione delle do-centi.Le professoresse Monaco e Tata, in-

fatti, hanno saputo mantenere un con-trollo attento ed affettuoso sui ragazzi,sono riuscite a trasfondere in loro lapassione per la lingua e la cultura an-glosassoni, al contempo coinvolgendolisimpaticamente in uno spirito di gruppoe di appartenenza che sicuramente li haaiutati a superare un distacco che, al-meno per i più giovani, avrebbe potutoessere altrimenti traumatico. Sono molto grata all’Istituto Massimo

per aver offerto agli studenti questa op-portunità e alle nostre professoresse peraverli così amorevolmente seguiti nelleloro prime esperienze all’estero senza lafamiglia.

MMaarrgghheerriittaa MMaanntteerroo,, mmaammmmaa ddiiGGiioorrggiioo DDee AAnnggeelliiss,, IIIIII AA

Cardiff e persino nelle miniere di carbo-ne. Dulcis in fundo, i nostri ragazzi si so-no goduti un week end a Londra pressola London School of Economics, primadel rientro in Italia.Noi genitori siamo rimastati soddi-

sfatti dell’esito della vacanza studio perdiversi motivi.1. Anzitutto, perché il ragazzo ha note-volmente migliorato la propria cono-scenza dell’Inglese, soprattutto sottoil profilo della comprensione orale, lapiù difficile da sviluppare se non ci sicala in un contesto madrelingua.

2. Per l’apertura mentale dovuta all’in-contro con culture differenti, vuoi an-glosassoni, vuoi degli altri studentistranieri incontrati.

3. Per lo sviluppo della capacità diadattamento a diversi stili di vita.

4. Per la maturazione personale conse-guente al distacco dalla famiglia eper la correlativa capacità di risolve-re i problemi autonomamente.

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rado Pezzullo Francesco, I girasoli, IIC.

Schirru Emma, natura viva, IB.

Sicco Pierpaolo, prospettiva centrale, IIIA

Stasolla Roberto, pesci, IB

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Secondaria II gradoSecondaria II grado

La prospettiva dal palco durante le prove generali di ElenAndromaca

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Un tuffo nella storiadel Massimo

Il Salone di ricevimento con in alto parte dei 22 affreschi rappresentanti le Virtu eredita della villa di Sisto V

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ne è entusiasta e mi lascia carta biancasull’organizzazione. Ma dalle ideebisogna passare ai fatti, e non è dettoche gli alunni ne saranno altrettanto en-tusiasti. Faccio un rapido sondaggio trale classi del Liceo Classico per capire inquanti potrebbero partecipare: alcunisono interessati, altri si aggregano sem-plicemente per non essere da meno deiloro compagni, qualcuno puntualizzache darà una mano, ma solo come stafforganizzativo: «per carità non voglioparlare in pubblico!». Dopo molte do-mande e qualche perplessità, conto 43alunni!!! Niente male.Deciso un calendario di incontri sia in

aula che al Museo, non resta cheprepararsi al meglio.La prima tappa è studiare la storia

dell’edificio e del Museo in esso allestito,

Ottobre 2011. Mi trovo ad illustrare aldott.Vignola, delegato del Rettore, leproposte per il nuovo anno scolasticodegli Itinerari d’arte (le visite guidate cheoramai da due anni propongo allefamiglie del Massimo) tra cui una visitaal Museo Nazionale Romano di PalazzoMassimo. Quale momento migliore perandare nella storica sede dell’IstitutoMassimo, se non nell’anno dei fes-teggiamenti per il cinquantesimo an-niversario!Pensiamo a una visita un po’ speciale

per l’occasione e allora io propongo dicoinvolgere gli alunni dei Licei che, in uncapovolgimento dei ruoli, potranno es-sere loro stessi le guide dei loro com-pagni di scuola, dei loro professori e deiloro genitori. Espongo l’idea anche allaPreside dei Licei, Prof.ssa Battaglia, che

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L'atrio visto dalla libreria

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voca degli aneddoti di vita vissuta che inostri due loquaci e entusiasti ciceroni ciraccontano. E’ stato meraviglioso e sor-prendente constatare come nonostante itempi cambino, e con essi le gener-azioni di alunni e professori, lo spirito e ilmodo di educare siano rimasto inalterati:la qualità dell’insegnamento, l’attenzioneall’impegno sociale attraverso le attivitàextra scolastiche, l’orgoglio di essere“massimini”! Riprendiamo tutto con unavideocamera, così il giorno della visitatutti potranno ascoltare quei racconti.A proposito del giorno della visita,

ecco il primo intoppo (…mi pareva stra-no filasse tutto liscio!).Inizialmente avevamo pensato di fis-

sare la giornata nell’ultimo lunedì didicembre prima delle vacanze di Natale:la direzione del museo, che si è di-mostrata gentilissima nel concederci tut-ti i permessi per l’apertura straordinariae per i vari sopralluoghi con gli alunni, cicomunica che il 20 dicembre è previstal’inaugurazione del nuovo allestimentodel museo; per cui niente da fare dobbi-amo rimandare: la prima data fattibile è il16 Gennaio 2012.E il 16 Gennaio è stato! In un’ecci-

tazione generale, altalenante tra ansiaed euforia, che ha contagiato anche lasottoscritta, i 43 instancabili alunni han-no saputo gestire vivaci scolaresche, il-lustrare la storia di sculture e pitture ro-mane a curiosi genitori e convincere iprofessori presenti della loropreparazione. Più di 600 persone traalunni, professori, genitori e ex-alunni sisono incontrate, radunate e confrontatecon la storia di alcuni dei capolavori del-l’arte romana, ma soprattutto con la nos-tra storia, la storia dell’Istituto Massimo.E’ stata una giornata bellissima, moltoimportante per tutta la comunità delMassimo. E per la sottoscritta, è statomeraviglioso sperimentare il rapportocon gli alunni al di fuori dei ridotti mo-menti della didattica in aula.

PPrrooff..ssssaa FFrraanncceessccaa SSaannttiinneellllii

poi bisogna assegnare le “parti”: coppiedi alunni dovranno approfondire lo stu-dio di un’opera loro assegnata, altrisaranno lo staff per l’accoglienza e ges-tione gruppi nel Museo, e ai più esperti evolenterosi viene chiesto di pensare auna locandina e planimetria perl’occasione.Ma la giornata non sarà una semplice

visita guidata ad un museo, dovrà es-sere un modo per conoscere la storiadell’Istituto Massimo quando era aPalazzo Massimo, quindi procediamo avedere alcune foto d’epoca dall’archiviodell’Istituto. Ma soprattutto è necessariocapire come venivano vissuti quegli am-bienti, come si svolgevano le giornatedegli studenti, chi erano le persone cheanimavano quelle giornate. Seconda tappa: chiediamo aiuto agli

ex-alunni. Il dott.Giulio Viola e ildott.Giuseppe Accorinti, diplomati delVecchio Massimo (o Emerito Massimocome amano definirlo!) si rendonodisponibili per alcuni incontri in aula e inPalazzo Massimo con gli alunni. In una appassionata rievocazione dei

tanti ricordi legati al periodo del Liceo,veniamo catapultati in quelle aule, quan-do la maggior parte dei professori eranopadri gesuiti, quando si cominciavano lelezioni con la Messa del mattino e quan-do la prova scritta d’esame era dal gre-co al latino o viceversa! E’ un’esplosionedi ricordi: ogni stanza, ogni affaccio, rie-

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Roma, Palazzo Massimo,il 16 Gennaio il “nuovo” era

pronto a fondersi con “vecchio”

La Cappella dell'Immacolata.

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dare il meglio e rendere onore all’essere“massimini”: massimini del XXI secolo,ma sempre all’insegna di un’educazio-ne e di un valore morale che non sonomutati negli anni. Lo spirito è quello giusto e in tutti c’è la

voglia e la gioia di confrontarci con unruolo non comune che ci dia la possibilitàdi sfruttare le competenze finora apprese. Davanti a noi sfilano mamme, papà,

nonni, ex-alunni “del vecchio Massimo”ed ex-alunni del Massimo all’EUR e poiil liceo, le medie e l’ultima classe delleelementari. Le parole scorrono veloci eprecise, l’emozione passa in fretta esubentra il divertimento e la sfida con lanuova esperienza.

Per i corridoi e le sale di PalazzoMassimo, ora Museo Nazionale Roma-no, ma in precedenza sede non dimen-ticata del nostro Istituto, un gruppo diragazzi del liceo classico, coordinatodalla Professoressa Santinelli, si accin-ge a guidare i visitatori tra busti, statue,affreschi, ceramiche e mosaici. Il “cimento” è stato preparato a do-

vere: ad ogni “guida” era stata asse-gnata una sala o un’opera da descrive-re e dopo due meetings, un sopralluogoe un incontro generazionale con due ex-alunni di Palazzo Massimo, si era tuttipronti per il compito di “ciceroni”.Divisa formale, acqua e parole sono

a nostra disposizione perché possiamo

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La presidenza del ginnasio e del liceo.

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Guide e guidati, assortiti diversa-mente nelle età, si sono presentati comemembri di una sola famiglia, certamentediversi, ma non distanti od impossibilita-ti a comunicare.Il confronto, benché rapido (se non

istantaneo!), con persone che anni fapercorrevano quei corridoi come noi og-gi quelli dell’Eur, ha additato una matri-ce comune, fatta di attenzione alla per-sona e di validi insegnamenti. Anchenella distanza degli anni, e dunque deimodi e dei linguaggi,, si è manifestatoun “comune sentire”, frutto della peda-gogia ignaziana tanto convintamenteapplicata dai nostri mentori.Con mia grande soddisfazione ho

notato una contentezza e un appaga-mento generale. Il nostro entusiasmo ciha permesso di coinvolgere quasi tutti,dai più grandi ai più piccini, senza di-stinzioni.

EElleeoonnoorraa CCoorrbbooIIIIII ccll BB

Le ore scorrono rapide, i gruppi sisusseguono e per i corridoi si notano iragazzi dello staff impegnati a far deflui-re nel modo giusto le persone, senzacreare file od attese. Ogni tanto abbiamo anche l’onore di

essere fotografati e immortalati nel cor-so di una spiegazione e non è mancatoqualche complimento, anche dagliastanti più severi! E’ stata un’esperienza costruttiva e

interessante. Innanzi tutto abbiamo appreso quan-

to sia difficile parlare a persone di etàdifferente e come debba cambiare ilmodo di porsi e di relazionarsi a secon-da del “pubblico”.Inoltre, abbiamo avuto la possibilità

di evadere dalla didattica giornaliera av-venturandoci in una esperienza che, aldi là dell’arricchimento culturale checiascuno di noi ne ha tratto, è stata si-gnificativa per il confronto intergenera-zionale che ne è scaturito.

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La scala dell'Angolo vicino all'infermeria.

La segreteria.

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Dopo la suddivisione dei ruoli, apoche settimane dalla data tanto attesa,abbiamo effettuato alcuni sopralluoghiper orientarci meglio nell'edificio,sapere quale sarebbe stata lapostazione di ognuno, e capire ancorameglio cosa ci avrebbe atteso: benpochi però hanno intuito ciò che ci at-tendeva veramente. La tranquillità concui tutti noi abbiamo affrontato le provegenerali é stata rassicurante, purtroppoperò questa tranquillità é durata benpoco. Infatti una volta arrivato il 16 gen-naio, alle ore 8.45, a solo pochi minutidall'apertura delle porte, quel senso diansia e tensione che ha attraversato tut-ti i ragazzi fino a diventare vera e pro-pria agitazione, ha spinto non pochi tranoi a pensare: Ma chi me la fatto fare? Ese mi impiccio mentre parlo e facciouna brutta figura? Beh non bisogna nascondere che

ciò che è avvenuto dopo l'apertura deicancelli è degno di un poema omericodove eroi e guerrieri affrontano i loro piùgrandi nemici: la folla nel caos più to-

Il 16 gennaio 2012 il nostro istituto haorganizzato una visita a palazzo Massi-mo, dando la possibilità agli studenti, ailoro genitori e a tutti gli ex-alunni di vis-itare l'importantissimo Museo NazionaleRomano. Infatti quello che ora é unmuseo, prima del 1961 era la sede stor-ica dell'Istituto Massimo. É stata senz'al-tro una giornata memorabile, che prob-abilmente rimarrà nei "libri di storia" delMassimo come altri eventi prima diquesto. L'impegno per l'organizzazione e

l'entusiasmo di tutti i ragazzi, che hannopartecipato per la realizzazione diquesto progetto, é stato notevole. Tuttoé cominciato con la suddivisione delgruppo in guide e staff: il compito delleguide sarebbe stato quello di illustrareai visitatori le maggiori opere presentinel museo, lo staff invece si sarebbedovuto occupare dell'accoglienza. Manon é stato così semplice come puòsembrare: dietro a tutto ciò ci sono stateore di studio, di collaborazione, di prog-ettazione... Le guide hanno mostrato im-pegno nello studiare le opere nei minimiparticolari per soddisfare le curiosità digrandi e piccoli, e il lavoro dello staffnon é stato da meno! Si deve infatti airagazzi dello staff la realizzazione di lo-candine e planimetrie che sono costateore di duro lavoro a molti di noi. Ma éstata una grande soddisfazione vederel'utilità dei nostri sforzi, che natural-mente ha ripagato tutto il tempo impie-gato in questa attività.

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Spettacolo teatraleElenAndromaca

tale! Beh noi siamo stati, anche se perpoche ore, quegli eroi che hanno dovu-to gestire il "traffico" nei vari piani, dis-tribuire piantine, indicare la direzioneper il bagno e l'uscita, e illustrare perdecine di volte, come un disco contin-uo, sempre la stessa opera.

Non è stato semplice, non è statauna passeggiata, non è stato neanche"rilassante", ma senza dubbio è stataun'esperienza formativa che ci ha lasci-ato molto, come il saper collaborare, ilsaper gestire e autogestirsi, il sapermantenere la calma anche quando vor-resti che intorno a te non ci fosse piùnessuno!Grande é stata la soddisfazione, tan-

ti i complimenti e le lodi ricevute dai variprofessori, ma il ringraziamento piùgrande, quello che probabilmenteporteremo con noi per tutta la vita, oltreal ricordo di questa esperienza, é statoil ringraziamento in via ufficiale del Ret-tore che ha premiato senza dubbio tuttii nostri sforzi.

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Tutti a mensa!

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Risonanze su Elena e Andromaca in Euripide

Siamo noi che ci degniamo di scen-dere fino agli antichi, sono loro che ven-gono a noi? Fa lo stesso. E’ sufficientetendere le mani. Passano dalla nostraparte con facilità, ospiti estranei, ugualia noi. (C. Wolf)Elena e Andromaca. Immagini di-

verse di un unico archetipo misterioso eaffascinante: la Grande Madre, la Don-na Saggia. Colei che è “giovane da vec-chia e vecchia da giovane”.Doti straordinarie e paradossali si in-

trecciano in Elena e Andromaca: auda-cia e accortezza, tradizione e creatività,ferite devastanti e slanci dello spirito.Le due donne vivono la vita in tutta la

sua pienezza. E, plasmando ogni espe-

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Alla fine di questa romanzescatragedia, i Dioscuri predicono che Elenasarà divinizzata e Menelao accolto nel-l’isola dei Beati.Il segreto del Tempo, il respiro e il rit-

mo della Vita appartengono alle donne.Ed Euripide trasforma in Grande Madre,oltre ad Elena, anche Andromaca. In leidimora una forza sotterranea e invisibile,che nella tragedia si esprime attraversoslanci appassionati e acute riflessioni.Dopo la caduta di Troia, Andromaca,

vedova di Ettore, è stata portata a Ftiacome concubina del figlio di Achille,Neottolemo. Da lui ha avuto un bambi-no, Molosso, e per questo subisce l’odiodi Ermione, legittima sposa di Neottole-mo, convinta di essere sterile per colpadei filtri magici della rivale. Insieme alpadre Menelao, Ermione medita di uc-cidere Andromaca e suo figlio. Rifu-giatasi presso il tempio di Teti, Andro-maca viene salvata dal vecchio Peleo,padre di Achille.Ermione vorrebbe suicidarsi, perché

teme l’ira del marito Neottolemo, una vol-ta tornato in patria da Delfi. Ma il figlio diAgamennone Oreste, reduce da Delfidove ha fatto uccidere Neottolemo, arrivaa Ftia e salva Ermione, sua promessasposa. Appare, quindi, la dea Teti checonsola Peleo, annunciandogli che ilnipote Molosso diventerà capostipite del-la stirpe degli Eacidi e Peleo, divinizzato,vivrà in mare con la dea, sua moglie.Il delta del Nilo nell’Elena, la città “bar-

bara” di Ftia in Tessaglia nell’Andromacafanno acquistare alle tragedie un’atmos-

rienza con anima, mente e corpo, re-galano il fuoco della loro saggezza agliuomini “mangiatori di sale”, esclusi dal-la “vita facile” degli dei.Nel nostro immaginario Elena è

l’amore-passione, la “donna fatale”, datutti sognata e temuta. Andromaca, in-vece, incarna la tranquillità degli affetti, inquanto sposa fedele e remissiva di Ettore.Euripide rende fragile ogni orbita

prestabilita dal mito e ogni orizzonte diattesa del pubblico. E ci fa deragliare inun mondo altro, in cui Elena non è una“cagna agghiacciante” e Andromacanon si identifica in “colei che deve starea casa e pensare al fuso e al telaio”(Omero, Iliade).Elena, nella versione euripidea, è in-

nocente, non ha seguito Paride a Troia,abbandonando il marito Menelao e lafiglia Ermione.La dea Era ha consegnato al

principe troiano un fantasma con le fat-tezze della splendida regina di Sparta,“una nuvola fatta con l’aria del cielo”. Lavera Elena è stata portata in Egitto e af-fidata al re Proteo, retto e giusto, cheavrebbe dovuto proteggerla fino allafine della guerra. Ma Proteo è morto e suo figlio Teocli-

meno vuole sposare Elena che, fedele aMenelao, trascorre le sue tristi giornatenello spazio sacro della tomba di Proteo,in disperata attesa del marito. Menelao,approdato in Egitto in seguito a un naufra-gio e convinto da Elena che lei non è maistata a Troia, fugge per mare con lamoglie grazie a uno stratagemma.

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fera esotica, straniante. Come stranianteè l’epilogo dei due drammi. Un epilogoambiguo che, con il suo lieto fine, ha ilsapore di una commedia. Ma che, in fil-igrana, mette in scena l’assurdità della vi-ta: siamo schiavi o re per un gioco di di-vinità capricciosamente a noi sfavorevolio propizie.Soffriamo e moriamo per unanuvola.

Gli affetti familiari rappresentano, inqueste due anomale tragedie, l’unicavera eternità che ci è concessa.

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Molte sono le forme del divinoE imprevedibili le decisioni degli dei.Quanto ci aspettavamo non si compie,mentre si realizzano per intervento di un dioeventi inattesi. (Elena)

Mille forme ha il destino e mille eventi inattesisi compiono per volere degli dei. Non succede quello che ci si aspetta e il dio trova una via oltre ogni speranza. (Andromaca)

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Durante la mia esperienza teatrale hoavuto modo di realizzare che recitare èuno dei momenti più profondi del rappor-to con noi stessi, con il nostro corpo, conla nostra immaginazione. È un momentoestremamente privato e allo stesso tempopubblico, e necessita della collaborazio-ne e attenzione di tutti per realizzarsi almeglio. Si dipende gli uni dagli altri total-mente, ed è una sensazione contrastanteall’inizio perché implica il doversi fidare.Nella nostra normale attività didattica ac-cade spesso di doversi sorreggere con leproprie forze, a teatro invece abbiamosperimentato l’interdipendenza e il mutuosoccorso. Da queste capacità relazionalidipende la buona riuscita di uno spetta-colo, fonte di enorme soddisfazione per-sonale derivata soprattutto dal sentirsiparte di un ingranaggio che muovendosiin simbiosi con gli altri ha prodotto unmeccanismo perfetto. La perfezione sce-nica non ha lo stesso significato della per-fezione in termini astratti: uno spettacoloè perfetto non quando le battute sono ri-petute senza sbagli ma quando il lavorodi preparazione del singolo riesce a fon-dersi armonicamente con gli altri in un di-scorso fatto soprattutto di emozioni. Nelleemozioni che abbiamo lasciato al pubbli-co sta il nostro trionfo. Nelle emozioni che

provavamo dietro le quinte e nell'incorag-giarci reciprocamente, negli abbracci enei complimenti bisbigliati per non distur-bare la scena sta la nostra vittoria. Si, sia-mo riusciti nel nostro intento, abbiamosintetizzato ore di lavoro e di fatica mne-monica in passioni ed emozioni. Nonavremo certo fornito la conoscenza deidettagli delle tragedie euripidee al pub-blico ma forse abbiamo evocato i sapori,i colori e l’altera dignità della Grecia anti-ca facendoli emergere come ricordi lon-tani che riecheggiano nella profonda val-le del nostro bagaglio culturale. La nostraradice è li. Abbiamo sperimentato quantopuò essere difficile avvicinarsi ad essaproprio con la recitazione, una recitazionestraniante e statica alla quale non siamoabituati, ma che ci ha permesso un ac-cesso alla comprensione di quello chestudiamo sicuramente più profondo.Adesso, dopo il grande sforzo di imme-desimazione l’Elena e l’Andromaca sonovive, vivono dentro di noi ed è bello pen-sare di poter portare con noi alla maturitànon figure lontane e cartacee avvolte dal-la nebbia del mito ma persone che ab-biamo visto e conosciuto, addirittura im-personate.

FFeeddeerriiccaa AAnnttiiggnnaannii IIIIII ccll BB

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Questa è stata un’ occasione perconcludere il percorso di studi in un cli-ma positivo e, perché no, anche una pri-ma messa in scena della prova finaleche ci attende a giugno, con la differen-za che l’argomento dell’esame eravamonoi in persona! La proposta della pro-fessoressa De Dominicis a inizio annoha sorpreso tutti, impreparati a un even-to tale, ma già dalle prime famose provedei venerdì pomeriggio a scuola, fino aquelle nel teatro dove ci saremmo esibi-ti, abbiamo scoperto un clima diverten-te e unico, in cui sono emerse caratteri-stiche di ciascuno di noi che, o in am-biente scolastico o fuori, non avevamocolto. E’ emerso anche un rapporto piùamichevole e complice con le nostre“prof/registe”, ed è stato divertentissi-

"Io sul palco non ci salgo più". Cosìmi ero detto da piccolo dopo una grati-ficante performance in veste di asino, inuna recita natalizia. E invece 10 anni do-po rieccomi sulla scena, questa volta bi-pede...nei panni di Peleo. E mi sono do-vuto impegnare molto per non continua-re a ragliare!

mo! Questo è tutto ciò che ha dato pa-thos al progetto e con un successo taleche forse ci rivedrà salire sul palco peruna terza volta…..

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Risonanze “ElenAndromaca”

Risonanza sul teatro

Se ci sono riuscito il merito non è tut-to mio, ma va condiviso con tutti coloroche, insieme a me, si sono cimentati inquesta bella esperienza. Ad Maiora!

MMaarrcceelllloo CCeelloorrii,, IIIIII ccll BB

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Caccia all’identitàSe

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marmi nei personaggi che incontro.Diciassette anni fa nasceva a Bolo-gna un discreto lettore, dunque…unmeno brillante scrittore…e un grandeautore di presentazioni!

3) Timidezza: non credo sia il mio forte;Sensibilità: mah! Autopresentazione:non so da dove si cominci. Nato a Ro-ma 18 anni fa, amo viaggiare e le no-vità; Sono molto curioso. Lo studio:manco di concentrazione… Applica-zione: quest’anno Maturità…

4) Sono un tipo molto estroverso, mi pia-ce fare amicizia con persone semprediverse. Mi appassiona lo sport (so-prattutto quelli americani!) e mi piacesia praticarlo che seguirlo in televisio-ne. Spesso trascorro il mio tempo li-bero con gli amici in discoteca o al ci-nema, che amo molto. Mi piaccionotanto anche le sfide e do il massimoper raggiungere i miei obiettivi.

5) Nato nell’uno nove nove tre, in una cit-tà che per metà non c’è più, diversoda come sei tu, diverso anche dal mioio, perso in un oblio con ricorrenti de-ja vu. Io giro, amo fare passeggiate, erime, amo scrivere rime intricate,spesso enigmatico, a volte troppostupido, non sono sociopatico, mamolto spesso mi rinchiudo in me stes-so. Mi capita di essere sconnesso ri-spetto alla realtà in un mondo a parte,immerso nell’arte, giocando le miecarte per vincere la verità.

6) Che volete sapere di me? Vi dico soloche ho 18 anni, vivo a Roma. Sono diorigine laziale/calabrese/della Basili-cata (eh sì, so’ terun ☺). Amo nuotare,pratico questo sport da 8 anni. Amo,inoltre, viaggiare (ma non i viaggitroppo lunghi, massimo 8 ore di ae-reo!). Non amo, invece, le sfide facili(per questo sono al Classico ah,ah,ah☺). Vorrei studiare Economia all’Uni-

Dopo aver partecipato all’incontro conMattia Conti e Martina Evangelisti, vincito-re e finalista del Premio Campiello Giova-ni 2011, è nato, in classe, un dibattito trame ed i ragazzi del III liceo classico A re-lativo alla poca spontaneità che avevanoavvertito, da parte dei due giovani scritto-ri, nel modo di porgersi alla platea.Al mio argomentare che parlare in

pubblico è tutt’altro che semplice e, quin-di, “costruirsi un personaggio” può esse-re una strategia difensiva, i miei acutialunni hanno replicato che tale atteggia-mento si riscontrava già nelle brevi auto-presentazioni che precedono i cinqueracconti finalisti, raccolti nella collana delPremio Campiello.Intenzionata a rendere costruttiva la

loro critica, a questo punto li ho invitati(sfidati?) ad immaginarsi al posto di Mat-tia Conti e Martina Evangelisti e a scrive-re, perciò, una loro presentazione da con-segnarmi rigorosamente anonima e datti-loscritta per permettermi (sfidarmi?) di/ariconoscere la loro identità sulla base de-gli ‘indizi’ offerti. L’esperimento ha avuto successo,

personalmente sono stata molto contentadella volontà comune di mettersi in giocoed offrirmi la possibilità di affermare, rico-noscendoli nelle loro parole, che ci cono-sciamo. Quanto segue è il risultato del no-stro ‘duello’: accettate anche voi la sfidaad individuarli?

BBiiaannccaa MMaarriiaa TTuummmmaarreelllloo

1) Occhi e capelli castani, statura me-dia, longilineo. Sono timido e sensibi-le: il mio hobby è suonare il pianofor-te;

2) Nelle presentazioni di se stessi si ri-schia sempre di essere troppo super-ficiali o di dilungarsi eccessivamente:dirò che amo la lettura ed immedesi-

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Indovina chi.

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zione di andarsene! 8) Superfluo descrivermi fisicamente,

avendo solo poche righe per parlaredi me. Sono molto socievole e, credo,molto disponibile; sono sempre pron-ta ad aiutare gli altri, ma questo, inparte, è anche un mio difetto perchéper far felici gli altri, spesso, rimangoscontenta. Estremamente permalosae lunatica (cambio umore anche nelgiro di un’ora!) non so ancora cosavoglio fare della mia vita perché sonomille le idee che mi passano per la te-sta. Non ho particolari hobby e que-sto un po’ mi rattrista perché pensoche avere una passione sia una dellecose più belle; adoro, però, tutto quel-lo che riguarda la moda tanto che unodei miei sogni sarebbe quello di poterfare uno stage presso un marchioqualsiasi a New York, finital’università.

9) Provengo da tradizione cattolica ed infamiglia sono quella cha ha sempreidee diverse; ho un carattere forte edifendo quello in cui credo: difficil-mente cambio opinione riguardoqualcosa. La mia vita è frenetica per-

versità con un minimo di 28 ad esa-me. Sono molto distratto e disordinatonella vita quotidiana, ma nel mio dis-ordine trovo sempre tutto.

7) Autopresentazione. Come comin-cia?...Nome, cognome, passioni…Cominciamo con:’Ciao!’. Ciao!(iniziodecisamente confuso, direi!)…sto ri-leggendo le poche righe precedenti,non c’è filo logico né connessione, so-no una serie di parole buttate là, sen-za ordine. Forse questo/a sono io: untipo/a un po’ confusionario/a. Fin dapiccolo/a ho sempre avuto una gran-de passione per l’Arte in genere: miha sempre affascinato la capacità dicomunicare qualcosa al mondo. Arteè comunicazione! Ho sempre deside-rato realizzarmi in questo ambito, cir-condato/a come sono da persone ge-niali che hanno ottenuto il massimo inambiti accademici. Io no. Ho bisognodi riscatto. Spesso insicuro/a, non mo-stro tutti i lati di me, ma solo quelli piùadatti alle diverse situazioni. Dentro dime ci sono ancora tracce di bambi-no/a e quest’infantilismo, in alcuni mo-menti, fuoriesce: non ha proprio inten-

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ché ho sempre voglia di fare qualco-s’altro oltre quello che sto già facen-do; mi piace organizzare, stare incompagnia, le lettere d’amore e lapoesia francese. A volte mi chiudo inme stessa, taglio fuori il mondo eguardo film di guerra. Quando pensoal mio futuro mi blocco: non vedo an-cora niente di definitivo e più tento diprendere una decisione, più mi spa-vento all’idea del domani. Spero pro-prio che, avvicinandosi il momento fa-tidico, sappia trovare la strada piùadatta a me.

10) Del tutto inaffidabile, vive nel caos; lasua camera è disordinata oltre ogniaspettativa; perde qualsiasi cosa levenga affidata e dimentica quasi tutto.Se la mattina prima di uscire non haperso nulla, avrà certamente dimenti-cato qualcosa. Da quando ha otto an-ni ha un diario segreto: è sempre lostesso perché non ci ha mai scritto!Scrive su fogli volanti, quando ne sen-te il bisogno, ma non ne ha le prove: libutta! Ha cambiato cinque scuole etre case; abituata agli stravolgimenti,si sente mancare l’aria dopo troppacontinuità e costanza. Odia la televi-sione: in camera sua la usa come cor-nice della ‘Notte stellata’ di Van Gogh.

11) Difficile definirsi in poche righe: mi ri-tengo una sognatrice e mi piace spe-rare che un domani tutto possa mi-gliorare. So ascoltare e – se posso –cerco sempre di dare una mano. Midicono in tanti che sono insicura econ poca autostima; certo alterno fa-cilmente gli estremi di tutte le emozio-ni. Mi piace molto scrivere, ascoltaremusica di tutti i generi e conoscere laletteratura mondiale. Nel complessomi giudico una persona normale, contante speranze per il futuro.

12) Non è facile scrivere una presentazio-ne che evidenzi quanti più aspettipossibile della propria personalità:ciascuno di noi è un crogiolo di infini-te peculiarità. Comunque ci proverò.Che dire? Sono un ragazzo che ama,innanzitutto, restarsene in disparte e

condividere se stesso esclusivamen-te con coloro che ritiene possanocomprenderne la personalità e gliideali. Amo scrivere e la scrittura di-venta per me uno strumento con cuiveicolare ciò che sento; in quest’otticaè imprescindibile, per me, l’idea chela penna debba rappresentare qual-cosa di noi stessi, qualsiasi cosa, pur-ché le parole portino una traccia del-la nostra essenza. Nient’altro da ag-giungere. O meglio, potrei aggiunge-re infinite cose eppure preferisco che,per ora, sia il mio racconto a parlareper me.

13) Molti pensano che per presentarsinon siano sufficienti poche righe. Iodico che basta una parola e la mia è‘sogno’. Sono un’eterna ‘Alice nelpaese delle meraviglie’, un’eterna‘Peter Pan’ alla ricerca della sua Isolache non c’è. O forse l’ho già trovata,ma ho paura di seguire la rotta. Amocantare perché è attraverso la mia vo-ce che affiora la parte più nascosta dime e mi piace stare sul palcoscenicoperché lì ogni paura, ogni insicurezzasembra volatilizzarsi per lasciare spa-zio al mio lato creativo. Mi commuovofacilmente, anche guardando tra-smissioni demenziali in cui perfettisconosciuti raccontano le proprie vi-cende disperate; ho il rifiuto, invece,dei telegiornali che parlano unica-mente di violenze e crisi perché credoche al mondo non ci sia solo questo.Adoro viaggiare e lasciare un fram-mento di cuore in ogni luogo che visi-to, per sapere che, quando vi tornerò,sarà ancora lì ad aspettarmi.

14) Sono una ragazza realista e determi-nata, con i piedi per terra. Penso chela vita ci regali tante, troppe illusioni: iocerco sempre di distinguere tra appa-renza e realtà. Non per questo credoche i sogni siano vani, ma pongosempre un limite alla mia immagina-zione per non rimanere, poi, delusa.Da questa mia consapevolezza deri-va il desiderio di diventare avvocatopenalista, professione in cui non biso-

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go molte domande su come agire almeglio e questo mi fa apparire pocospontaneo. Tutto ciò scompare, però,quando ho modo di esibirmi con lamia chitarra, che mi permette di espri-mermi al meglio con gli altri. Questodualismo interiore, che mi caratterizzaappieno, non è sempre apprezzato ecredo dipenda dal fatto che, in quan-to figlio unico, inizialmente avevo piùgiocattoli che amici e solo a partiredalla scuola media, il ‘luogo dei gran-di’ come amavo chiamarlo, ho comin-ciato a superare la mia pigrizia carat-teriale e a fare amicizia, scoprendocosì che era molto più divertente pas-sare i primi week end con i miei amiciche giocare da solo.

17) Neanch’io so esattamente chi sono:dirò, perciò, solo ciò di cui sono certa.Sensibile (fin troppo e con le personesbagliate!), romantica (magari un po’all’antica!) non sempre condivido in-teressi e divertimenti dei miei amici.Cerco di evitare i contrasti e solo seprovocata divento aggressiva; anchese non ho difficoltà a fidarmi degli al-tri, tendo a non rivelare i miei proble-mi. Dante mi collocherebbe tra i golo-si: mangio 24 ore su 24! Posso direcon certezza che non farò MAI unadieta in vita mia. Disordinata e confu-sionaria, in certe cose riesco ad esse-re pignola e precisa; non getto vianiente di vecchio: mi sembrerebbe dicancellare un ricordo del passato. Sepotessi viaggerei sempre e puntomolto sulle esperienze di studio e la-voro all’estero; penso che nelle vitasiano quattro i fattori indispensabili: lasalute, l’amore, la musica e la cultura.

18) Nata a Roma, a fine estate e le estatidella mia infanzia hanno i colori el’odore delle montagne venete, le vo-ci dei miei cugini. Conobbi a tre annila mia migliore amica da cui, per ora,scelte diverse mi hanno allontanata,ma solo geograficamente. La passio-ne per l’equitazione, nata quandoavevo sei anni, si è consolidata persempre ricevendo in regalo un pony

gna farsi trascinare dai sentimenti eservirsi, piuttosto, di lucida razionalità.Con gli amici emerge il mio lato piùsensibile: l’amicizia è per me l’unicavera certezza e ad un amico do tuttame stessa, senza limiti. Considero lamia famiglia un elemento indispensa-bile: so che ci sarà sempre, pronta asostenere senza giudicare. La danzaclassica è una mia grande passione,l’ho studiata per sette anni; la amoperché esige rigore ma, attraverso laperfezione del movimento, si possonoregalare al pubblico emozioni inde-scrivibili, esprimendo ciò che si provadanzando. Mi ha regalato tante sod-disfazioni.

15) Credo di essere la persona menoadatta a giudicarmi. Guardandomi al-lo specchio vedo ciò che vedono tut-ti: la parte più superficiale di me, mami capita, invece, di veder riflessa lamia personalità e sensibilità negli oc-chi di coloro che vivono accanto ame, nei comportamenti che ho, nelleesperienze vissute con le persone acui voglio bene, nelle parole di stimao di critica. Per me, infatti, ancor piùdei complimenti sono costruttive lecritiche perché mi spingono ad ac-cettarmi per quello che sono davveroper gli altri e a rinforzare le mie debo-lezze. Crescendo, mi accorgo cheemergono lati della mia personalitàprima completamente sconosciuti.Forse ripongo la mia forza e voglia divivere senza paura di sbagliare nellepersone che ho accanto, quelle che,giorno dopo giorno, mi aiutano ad ar-rampicarmi per scavalcare il murodella timidezza che mi ha così spessobloccato.

16) Io…chi? Tranquillo, distratto, spensie-rato con gli amici e sempre pronto aridere con loro dei più svariati argo-menti, ma anche ad ascoltare i loroproblemi; anzi, quando capita, cercodi farlo con dolcezza ed un po’ di iro-nia, per tirarli su. Mi ci vuole un po’,però, per arrivare ad un rapporto ve-ramente confidenziale perché mi pon-

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Anche se non studio più il francese ascuola, l'esperienza dello scambio conMarsiglia è stata per me un'occasioneper rispolverare una lingua che ho stu-diato solo per due anni ma che ho fre-quentemente sentito parlare andandospesso in Francia come turista.Questa volta è stato diverso, perché

non solo ho ascoltato e parlato francese(e, lo ammetto, anche l'inglese), ma hoanche vissuto a contatto con un ragaz-zo simile a me per mode e usanze ap-partenenti a un mondo globalizzato, ma,allo stesso tempo, di una cultura, quellafrancese, assai diversa dalla nostra.Confrontandomi con lui ho capito le no-stre differenze e anche ciò che abbiamoin comune. Abbiamo così vissuto unoscambio non solo culturale ma anche

nel senso di condivisione reciproca e ingruppo.Questa esperienza mi è servita per-

ché mi ha permesso di fare nuove co-noscenze, nuove amicizie e - perchéno? - mi ha avvicinato sempre di più aun Paese tanto vicino geograficamentequanto lontano per mentalità.E siamo ancora più uniti se pensiamo

di vivere in quel mondo che ci accomu-na: Facebook e Twitter, grazie ai quali lalontananza dal mio "corrispondente" èsolo uno spazio. Infatti più volte ci siamomessi in contatto con i nostri amici fran-cesi in attesa della fine di marzo; è veroche siamo uniti dai social network, peròci manca quel senso di convivenza chesolo in uno scambio si può vivere.

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con un nastro rosso intorno al collo edun cartello sul suo box: ‘Da mamma epapà’. Ancora oggi il maneggio in To-scana (il ‘mio’ maneggio) è per me unpiccolo paradiso. Penso che, nella vi-ta, sia fondamentale scegliere chi vo-gliamo avere accanto e non perderechi ci fa star bene; ho vissuto

l’esperienza dolorosa di una cadutada cavallo ed i lunghi giorni trascorsiin ospedale hanno fatto maturare inme la decisione di diventare medico.Credo, infatti, che condividere la sof-ferenza degli altri sia un’esperienzache non perde mai di significato.

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Gemellaggio con gli studenti francesi

Momenti dal gemellaggio con gli studenti francesi.

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L'originale... ...e l'imitazione

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Grazie a voi Professoresse, che aveteconsentito questo splendido incontro traragazzi di diverse nazioni e che sarà cer-tamente un gradevole ricordo che rimarràindelebile nelle menti dei nostri figli.

DDaanniieellaa RRoossaa IIppppoolliittoo ((mmaammmmaa ddii LLaauurraa,, VV ggiinn AA,,

ee LLoorreennzzoo,, II sscc BB))

Gentilissime Professoresse,grazie per l'opportunità che avete

dato a Carolina, e di conseguenza an-che a noi della famiglia, di vivere questabella e coinvolgente esperienza.

CCaarrllaa MMuuzzii ((mmaammmmaa ddii CCaarroolliinnaa,, II sscc BB))

Tutta la nostra famiglia è rimasta en-tusiasta di Antoine. Grazie per averci fatto vivere questa

esperienza.

AAnnttoonneellllaa AAllbbeerrttiinnii ((mmaammmmaa ddii FFuullvviioo MMaarriiaa RRoossssii,, II sscc AA))

Ringraziamo affettuosamente perl'impegno profuso nei confronti di que-sta bellissima esperienza di scambio,certamente formativa per i nostri ragaz-zi sia sotto il profilo linguistico che sottoquello sociale ed umano.

SStteeffaannoo ee BBaarrbbaarraa PPaammiieerrii ((ggeenniittoorrii ddii MMiiccooll,, IIII sscc BB))

La "bimba" che e' gemellata con Sa-ra, Justine, e' una ragazza posata, edu-cata, gioviale e discreta. Grazie perl'enorme lavoro che state facendo per inostri ragazzi!

FFeeddeerriiccaa CCoollllaattiinnaa ((mmaammmmaa ddii SSaarraa,, IIII sscc BB))

Je voudrais vous dire un grand mer-ci. J'ai eu Claude* au téléphone quel-ques minutes, mais assez pour qu'elleme dise combien tous ont été ravis, devotre accueil, de l'accueil des familles,et du programme de visites à Rome. Ungrand merci pour tout !

EElliissaabbeetthh JJaannvviieerr ((sseeggrreettaarriiaa ddeellll’’EEccoollee ddee PPrroovveennccee ddiiMMaarrssiigglliiaa,, ccoonn ccuuii ssiiaammoo ggeemmeellllaattii))

**CCllaauuddee DDuuffoouurr ((PPrrooff..ssssaa ddeellll’’EEccoollee ddee PPrroovveennccee,, aaccccoommppaaggnnaattrriiccee ddeell ggrruuppppoo))

Bonjour,Un grand merci pour votre accueil et

celui de la communauté des pères. J'aipassé une merveilleuse semaine au mi-lieu de tant de beauté.Amitiés.

JJooêêll PPaannddeelloonn ((PPrrooff.. ddeellll’’EEccoollee ddee PPrroovveennccee,, aaccccoommppaaggnnaattoorree ddeell ggrruuppppoo))

Commenti sullo scambio

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Ex alunniEx alunni

Partita di basket nella palestra del Massimo nella primavera del 1963.

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Staffan de Mistura

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quando si è giovani e poi rimane per tut-ta la vita: dare un significato , qualunquesia il tipo di lavoro, alla propria vita.Dopo una carriera di 36 anni in varie

agenzie delle Nazioni Unite, e incarichi inIraq come coordinatore degli aiuti umani-tari, in Kossovo come team leader dellamissione tecnica, in Libano come rappre-sentante speciale del Segretario Genera-le, di nuovo rappresentante in Iraq, ulti-mamente era stato designato rappresen-tante speciale dell'ONU in Afghanistan.Il Presidente del Consiglio Monti lo ha

nominato Sottosegretario di Stato agli Af-fari Esteri e noi del Massimo gli auguria-mo grande successo nel nuovo incarico.

GGiiuulliioo VViioollaa

L'ho conosciuto all'inizio degli anni '70a new York dove mi trovavo per lavoro co-me presidente della Pirelli USA.Staffan era un giovane funzionario del-

le Nazioni Unite, brillante, che frequenta-va volentieri la comunità italiana. Sco-primmo allora di essere ambedue exalunni del Massimo, lui maturità 1965 alMassimo all'EUR ed io maturità 1956 alVecchio Massimo, e subito entrammo in-grande amicizia.Poi le nostre strade di sono divise per

ovvi motivi legati alle rispettive attività pro-fessionali, ma si sono nuovamente incro-ciate quando io sono rientrato a Roma eStaffan è stato nominato rappresentantein Italia delle Nazioni Unite. Come presi-dente dell'Associazione Ex Alunni ho avu-to l'onore di consegnargli nel 2000 il Pre-mio Massimo.Staffan de Mistura è stato sempre mol-

to vicino all'Associazione Ex Alunni, pre-senziando attivamente alle sue iniziative edando il suo prezioso contributo con par-tecipazione sempre generosa a incontri etavole rotonde.Ricordo che nel suo intervento suc-

cessivo alla consegna del Premio, Staffanfece menzione a tre punti di riferimento. Ilpromo era la sua famiglia, il secondo era-no i compagni di scuola, il terzo era laparabola dei talenti che lascia un marchio

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Silvio Fagiolo

Ambasciatore d'Italia pressol'Unione Europea a Bruxelles e a Berli-no, importanti incarichi nelle ambascia-te a Washington e Mosca, capo di gabi-netto dei Ministri degli Esteri Giulio An-dreotti, Lamberto Dini e Gianni De Mi-chelis, capo negoziatore della delega-zione italiana ad Amsterdam sulla revi-sione del Trattato di Maastricht. Questele tappe principali della carriera di SilvioFagiolo, ex alunno maturità 1956, dece-duto lo scorso giugno.Al termine della sua attività diploma-

tica, Silvio Fagiolo è rimasto impegnatocome professore di Diritto Internaziona-le alla LUISS e come collaboratore delSole 24 Ore; riportiamo il suo ultimo arti-colo sull'Italia e l'Europa pubblicato ilgiorno della sua scomparsa.

“Le luci si sono spente sull’Europa ela nostra generazione non le vedrà riac-cendersi”. La frase malinconica che SirEdward Grey, ministro degli esteri bri-tannico, pronunciò allo scoppio dellaprima guerra mondiale potrebbe oggiessere ripresa riferendola alla politicaestera dell’Italia? Molto è stato scritto edetto sulla collocazione del nostro pae-se nella nuova gerarchia internazionale,un catalogo di amarezze. Le ragioni so-no profonde ed occorre analizzarle sen-za indulgenza, se è vero che in politicaestera non c’è pietà senza spietatezza.

Perdita di identità

La fragilità della nostra politica esteradiscende innanzitutto dalla progressivaperdita di identità del nostro paese. È il

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Silvio Fagiolo, al centro, festeggia con i compagni di classe l'assegnazione del premio letterario Capalbio 2010.

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Articolo del Corriere dello Sport - 1954.

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collettiva (non si è smorzato il grido “se-cessione” sul prato di Pontida), ferita ir-rimediabile, solco che separa assumen-do sembianze di volta in volta politiche,economiche, linguistiche. Prendiamo poi la criminalità. Essa

si intreccia sempre più con le grandireti della malavita internazionale, radi-candosi ed espandendosi dal Sud alNord. È quasi un percorso a ritroso, larisalita della penisola in senso inversoa quello messo in moto dallo scoglio diQuarto. Ma la competizione internazionale

non si svolge oggi per la conquista delterritorio degli altri, come nella lunga fa-se predatoria della storia europea. Sitratta invece di attrarre l'altrui ricchezzasul proprio territorio, in primo luogo at-traverso gli investimenti. Ma chi investein uno spazio nel quale la sovranità del-lo Stato è in vaste regioni così precaria,in perenne lotta contro le forze oscuredella criminalità organizzata?Nell’età della globalizzazione il no-

stro sistema delle imprese non ha indi-rizzato il profitto ai fini della modernizza-zione dell’apparato produttivo e ad unadeguamento tecnologico, in modo daessere concorrenziali entro orizzontisempre più vasti, secondo un principiocardine appena riaffermato dall’Unioneeuropea. I profitti in Italia sono stati in-vece destinati a impieghi speculativi suicircuiti finanziari. L’Italia è agli ultimi posti negli investi-

menti in ricerca e sviluppo, in quello cheresta l’indicatore più sensibile della pro-pensione alla innovazione, che avrebbepotuto ricollocarci nei punti forti del cir-cuito globale. Come può il nostro siste-ma competere se esprime una cittadi-nanza europea alquanto inerte e passi-va rispetto ad un mondo a scorrimentoveloce, che esalta come mai finora lalegge del più forte? Come possonoemergere le forze nascoste se un famili-smo sociale, imperniato sulla centralitàdelle relazioni primarie, la parentela, i le-gami a breve raggio, prevale su ogni al-tro criterio di selezione?

senso della propria identità, ancor primache gli interessi specifici e contingenti, adorientare l’azione esterna di una nazione.Il rifiuto del gabinetto di guerra inglese,dopo la resa della Francia, dell’offerta diHitler di una grande spartizione, alla Ger-mania l’Europa, alla Gran Bretagna ilmondo coloniale, attingeva ad una preci-sa concezione di sé, delle proprie tradi-zioni, del proprio onore.In questi anni siamo declinati cre-

dendo di crescere, siamo discesi illu-dendoci di salire. Mentre la grande nar-razione mediatico-politica ci collocavanelle sfere alte della graduatoria politi-ca, per capacità di produzione di ric-chezza e consumo, noi ci siamo acco-modati sempre più stabilmente al fondo,tra gli ultimi, per coesione sociale e ter-ritoriale.La modernizzazione è stata regressi-

va, una destrutturazione di antiche risorsemateriali e spirituali. Una mattina, comeGregor Samsa, nel celebre racconto diKafka, ci siamo guardati allo specchio enon ci siamo più riconosciuti? No, non c’èstato un evento disastroso e definitivo. Èstata piuttosto una progressiva erosioneche ha colpito alle radici i sentimenti mo-rali che sorreggono la politica estera. Unmoto lento, ma inesorabile, in atto da duedecenni, dalla rottura della grande gla-ciazione che chiamavamo guerra fredda.

Lento degrado

Lungo è il lessico del degrado. A co-minciare dalla disunità fattasi malattia

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cisioni strategiche. Si tratta di una dere-sponsabilizzazione collettiva, all’insegnadi un gradimento popolare reale o pre-sunto elevato a legge suprema. La ricchezza anche in questo caso ci

ha impoverito, ci ha allontanato da quel-la modernità che detta le forme di vita el’etica dei popoli europei. Ma senza quelpatrimonio culturale ed emotivo uscitodalla memoria collettiva, quasi dissolto-si in questi anni, senza una auto-identi-ficazione che gli italiani hanno pure avu-to in momenti decisivi della loro storia (sipensi agli anni dopo la seconda guerramondiale) nessuna politica estera dirango è possibile.

Palingenesi

In questo contesto inevitabilmente lapolitica estera finisce per fondarsi su re-toriche elementari, emozioni che privile-giano l'immediatezza, senza differimen-ti progettuali, come sta accadendo ades. nella strategia per uscire dalla crisilibica. Prevalgono il senso di apparte-nenza istantaneo e temporaneo, unapolitica estera istintiva, semplicistica,reattiva. Si moltiplicano, nelle relazioniesterne, i gestori locali del risentimento(abbiamo visto le reazioni al rifiuto co-munitario di assisterci nella emergenzaemigratoria). Una logica che finisce per avere il

territorio e la tribù, invece della nazione,come base della rivendicazione interna-zionale. Ma l’ira può dirigersi non solocontro Bruxelles, può ricadere versobersagli più concreti, il profugo, il clan-destino, lo straniero. La grande politicaestera deve invece essere capace diguardare oltre l’immediato, di sottrarsi aldispotismo della attualità ed all’inerziadell’esistente.Non c’è allora più nulla che meriti la

nostra speranza? Penso che l’Italia deb-ba seguire un percorso di grande solitu-dine per uscire da una paralizzante di-sperazione. Un nuovo Risorgimento chesia innanzitutto una presa di coscienza,una palingenesi che in altri paesi, vedi

Rancore

Un'Europa che si appresta, per di-fendere l’euro, a imporre ancor più rigo-rose regole di bilancio, ci vede immersinell’area grigia dell’indebitamento. Chenon è ancora quella della insolvenza,ma sufficiente a farci tornare segmentomarginale in bilico insieme agli ultimi trai primi e ai primi tra gli ultimi. Come pos-siamo mai sperare di colmare la voragi-ne del debito pubblico con l’attuale li-vello di evasione fiscale? Per di più conun potere esecutivo che usa disinvolta-mente l'espressione “mettere le maninella tasche degli italiani”? Come non possono osservare i nostri

partner europei che tale modo di espri-mersi tradisce la concezione del fisco co-me furto, nonché la vicinanza morale aitrasgressori? E come possiamo speraredi concorrere ad una Europa della difesae della sicurezza, la grande sfida che gliStati Uniti continuano a lanciare al vec-chio continente (vedi il recente discorsodi congedo del Segretario americano alladifesa Robert Gates), se le risorse desti-nate a questo scopo sono destinate adassottigliarsi fino all’esaurimento? Dall’indigenza e dalla inadeguatezza

nasce il rancore, come avvenuto per glisbarchi a Lampedusa. Rancore tanto piùaggressivo quanto più esso viene ignora-to dai nostri partner. Ci pervade il sensodi un'ingiustizia subita, che sial’immigrazione o le quote latte, con il ritor-no all'invettiva contro l’Europa alimentatada umori fortemente locali. L’esercizio delpotere preferisce far leva sulle emozionipiuttosto che sulla ragione. L’Europa hareso l’Italia ancora più lunga, nel distaccotra Nord e Sud, a misura che cresce la lo-gica degli egoismi e dei pregiudizi. In questo soccorrono i sondaggi, an-

che essi un criterio di giudizio che si col-loca al lato opposto di quel sentire iden-titario evocato all’inizio. I sondaggi rasso-migliano sempre più ad un oracolo, stan-do all’uso abnorme che se ne fa anche inpolitica estera e al credito che gli vieneattribuito fino a far dipendere da essi de-

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Segio De Luca.

Sergio De Luca

Un anno fa' ci ha lasciato Sergio DeLuca. Non ho avuto la possibilità diconoscerlo durante la nostra frequen-tazione dell'Istituto Massimo in quantolui ha preso la maturità nel 1940 ed ionel 1956, ma l'incontro ha avuto luogonel momento stesso di entrare a farparte dell'Associazione Ex Alunni subitodopo aver terminato gli studi.Sergio è entrato nell'Associazione

sin dalla sua fondazione negli anni '40 ene è stato presidente per ben 17 annidal 1976 al 1993, e nel 1994 è statonominato presidente onorario.Quando nel 1997 gli fu consegnato il

Premio Massimo – che viene assegnatoogni anno a ex alunni o a rappresentan-ti dell'Istituto o della Compagnia che sisono distinti nella vita professionale, cul-turale e sociale – nella motivazione sileggeva che l'Associazione che lo havisto sempre presente in tutte le attività,a volte con notevole sacrificio person-ale, deve alla sua prudenza, saggezzae intelligenza se ha potuto superare dif-ficoltà di ordine pratico e crisi di ruoloanche all'interno dell''Istituto.Tutti coloro che a scuola, in famiglia,

nel lavoro, nell'amicizia, nell'apostolatohanno avuto occasione di incontrarlo,

ne hanno apprezzato le doti di respons-abilità, disponibilità, serietà e parteci-pazione sempre generosa.Fu lui a caldeggiare la mia nomina a

presidente dell'Associazione nel 1999, eda allora i miei incontri con Sergio nellasua casa di Roma o di Nettuno sono di-ventati ancor più frequenti perché era mia

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Ma Silvio Fagiolo è stato anche ilcentravanti della gloriosa squadra dicalcio dell'Ex Massimo degli anni '50,partecipante al campionato Lega Gio-vanile, e noi vogliamo ricordarlo anchein questa sua veste di bomber con unarticolo del Corriere dello Sport del di-cembre 1954.

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anche in questo campo il modello Ger-mania così spesso invocato, è accadu-ta per eventi traumatici non certo ripeti-bili né auspicabili. Ma l’autoesame nondovrebbe essere inferiore per intensitàal viaggio espiatorio cui ha saputo sot-toporsi il popolo tedesco. Una nuovacittadinanza, non più inerte e passiva,una politica estera finalmente europealibera da tutti i pregiudizi e da tutte leoscure e complici eredità del passato.

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abitudine consultarmi con lui prima di og-ni decisione importante dell'Associ-azione.E poi ci legava anche un altro aspetto

affettivo. La società Provera&Carrassi, dicui Sergio divenne presidente, è statal'impresa di costruzioni che ha progetta-to ed edificato il palazzo di proprietà dimio nonno dove sono nato e cresciutoanche io.Come concludeva la motivazione del

conferimento del Premio Massimo, Ser-

gio “deve costituire per alunni ed exalunni esempio del frutto ideale dell'ed-ucazione impartita da sempre dallaCompagnia di Gesù e dall'Istituto Mas-simo”.Sta a noi ex alunni coltivare e tenere

vivi i valori morali e i principi di cui Ser-gio fu portatore, poiché la sua forza e lasua integrità ispirino le nuove gener-azioni.

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2012 AUGURI PASQUALIL’accogliere l’annuncio stravolgente

che Gesù, il crocifisso, è vivo, è risorto,ci porti ad assaporare la vera gioia epace. Auguro a ciascuno che lo sguar-do sul Signore risorto aiuti, se ne ab-biamo bisogno, a riposizionare nella di-

rezione giusta i nostri obiettivi e desi-deri per costruire una comunità cristia-na e umana significativa.

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Deceduti

Silvio Fagiolo (mat. 1956)Cesare Opipari (mat.1961)Carlo Cannella (mat.1961)Boris Biancheri (mat.1947)

Lucia Carapezza De Fulvio,mamma dell'ex alunno Gianfranco De Fulvio e nonna dell'alunno Silvano De Fulvio

Laureati

Carlo Antonio Corazza (mat. 2004)Laureato in Medicina e Chirurgia Presso l'Università di PisaA.A. 2010-2011

Daniele Mazza (mat.2005)Laureato in Medicina e ChirurgiaPresso l'Università "La Sapienza" di RomaA.A. 2010-2011

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