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INDICE
INTRODUZIONE 3
CAPITOLO 1 - I GIOCHI DI TAVOLIERE: TRA STORIA E CULTURA
1.1 La nascita dei giochi di tavoliere 6
1.2 I giochi di percorso mediorientali 11
1.3 Dal caso all’intelligenza pura: i giochi di battaglia 16
1.4 Una “battaglia che non fa male”: gli scacchi. Origini e aspetti
simbolici
19
1.5 I giochi di tavoliere nella cultura 25
CAPITOLO 2 – GLI SCACCHI IN EDUCAZIONE: RIFERIMENTI
TEORICO-SCIENTIFICI
2.1 Una “pedagogia degli scacchi” 35
2.2 Educare con il gioco degli scacchi: i benefici per una crescita globale 38
2.3 Gli scacchi, tra gioco e sport 45
2.4 Scacchi sportivi e scacchi scolastici: quale differenza? 46
2.5 Le sperimentazioni scolastiche sulla valenza formativa degli scacchi 49
CAPITOLO 3 – GLI SCACCHI A SCUOLA: ESPERIENZE NELLA
DIDATTICA
3.1 Storia della didattica scacchistica in Italia 54
3.2 Gli scacchi nel contesto scolastico italiano 57
3.3 I metodi di insegnamento 59
3.4 Gli scacchi come strumento didattico interdisciplinare 68
2
CAPITOLO 4 - “SCACCHI... CRESCERE GIOCANDO!”
UN'ESPERIENZA NELLA SCUOLA PRIMARIA C. COLLODI DI
CECINA
4.1 Il progetto “Scacchi…crescere giocando!” 70
4.1.2 Presentazione del contesto: la classe quinta A 72
4.1.3 L'approccio metodologico: non solo regole…giochiamo! 73
4.2 Uno spunto per la strategia didattica: l’esperienza dell’Istruttore L.
Luperi
76
4.3 Collegamenti interdisciplinari nel progetto 82
4.4 Il mio intervento: un’ analisi sull’esperienza scacchi 84
4.4.1 La voce dei bambini: “Le nostre riflessioni e sensazioni” 87
4.4.2 I risultati raggiunti 95
4.5 Gli scacchi nella scuola di Donoratico: intervista a un’insegnante
scacchista
96
4.6 Il progetto “Gioco scaccia gioco” nelle scuole livornesi 110
4.6.1.Considerazioni sull’esperienza 114
CONCLUSIONI 121
Bibliografia 125
Sitografia 127
Filmografia 128
3
INTRODUZIONE
Nella nostra epoca caratterizzata dall’avanguardia in campo tecnologico
all’interno del contesto scolastico troviamo spesso bambini predisposti all’accesso
e all’utilizzo delle discipline digitali, ma nello stesso tempo risultano
generalmente scarsi nella formazione di semplici schemi logici.
Oltre a trovare massima espressione nella digitalizzazione di ogni forma di
comunicazione, la nostra società presenta anche una crisi generale di valori etici e
morali, con un conseguente smarrimento di significati quali l’impegno e il
sacrificio.
La velocità del progresso, poi, si sta ripercuotendo anche sulle interazioni sociali
mettendo in difficoltà le relazioni tra i bambini, ma anche quelle tra i bambini e i
propri genitori, per non parlare di quelle con i propri nonni, che hanno pian piano
perso quell’importante ruolo di saggi, narratori e compagni di giochi.
In questa panoramica, per il campo educativo si pone necessaria la sfida di come
intervenire per fronteggiare una situazione che vede i bambini di oggi vivere in
questo tempo più da spettatori che da attori. Le problematiche maggiormente
rilevate riguardano per lo più deficit dell’attenzione, senso di insicurezza, poca
iniziativa personale. Bambini tendenzialmente arrendevoli che spesso si sentono
pronunciare frasi quali “non lo so fare”, “non sono capace”, ma anche, e sempre
più numerosi, bambini iperattivi che non ascoltano e non si sentono ascoltati.
Tutto si ripercuote sia sull’apprendimento che sul benessere generale. Lo “star
bene” a scuola diviene quindi un imperativo da perseguire.
Nel percorso di studi universitario per la professione docente è stato ben
evidenziato quale punto di partenza quello della comprensione dei bisogni di ogni
bambino e il saper intervenire per “tirar fuori” le capacità e il potenziale di
ognuno. Elemento chiave del processo di insegnamento-apprendimento risulta
essere quello della motivazione. Motivare i bambini fornendo loro percorsi
istruttivi che siano avvincenti, ovvero ricchi non soltanto di sapere ma anche di
quel senso di piacere della scoperta che catturi la loro attenzione e li renda
partecipi attivamente, piuttosto che ricettori passivi.
In altre parole, l’insegnamento rivolto ai bambini in particolare nell’ambito della
scuola primaria deve presentarsi ricco di emotività, mai noioso, trasmesso
attraverso un linguaggio consono alla loro età.
4
Tenendo poi presente che il linguaggio fondamentale dell’infanzia è il gioco, la
prassi didattica non può non includere l’attività ludica quale straordinario
strumento che aiuta il bambino a crescere e ad agevolare gli apprendimenti.
Coniugare didattica e gioco ha da sempre condotto ottimi risultati permettendo ai
bambini di affinare le loro capacità creative, di ascolto e di riflessione. Non solo,
ma il rispetto delle regole insite nel gioco favorisce anche la disciplina
comportamentale.
In questo ambito si colloca il presente lavoro di tesi, con l’obiettivo di presentare
il ben noto gioco-sport degli scacchi, descrivendo come ormai da diversi anni sia
considerato anche come valido strumento educativo e rieducativo ai fini di una
crescita globale, quale mezzo per promuovere il benessere del bambino in età
evolutiva e sostenerne lo sviluppo. Vedremo come gli scacchi proposti a scuola
come attività ludica in se stessa possano rappresentare un’ottima attività di
prevenzione o terapia, che migliora nei bambini il livello di autoefficacia
percepita.
Il lavoro sugli scacchi nasce dall'occasione che mi si è presentata durante la
ricerca su quelli che erano i vari progetti inerenti il gioco attivati nella realtà
scolastica del mio territorio (Cecina e limitrofi).
Valutando le diverse iniziative che sarebbero state attivate per questo anno
scolastico 2016-2017, il progetto sugli scacchi ha suscitato, tra gli altri, il mio
maggiore interesse prevalentemente perché, pur insegnando nella scuola Primaria
ormai da dieci anni, non ero minimamente a conoscenza di come questo gioco con
regole piuttosto complesse e possiamo dire poco “da bambini” potesse essere
utilizzato a scopi educativi e didattici, e con quali risultati.
Mi sono quindi addentrata in questo percorso di ricerca per me inedito, che mi ha
visto documentarmi, relazionarmi con docenti, istruttori e bambini, producendo
interessanti scoperte in questo ambito e promettenti spunti per il mio lavoro a
scuola.
Partendo da una panoramica storica sui giochi di tavoliere, di cui gli scacchi fanno
parte, nel primo capitolo evidenzio l'incidenza che tali giochi hanno assunto nella
cultura umana anche a livello educativo; esamino nella seconda parte quanto la
ricerca scientifica ha attestato sul valore formativo del gioco degli scacchi, il loro
rapporto con la pedagogia e, nello specifico, le sperimentazioni effettuate nel
contesto scolastico italiano ed estero.
5
Nella terza parte esamino l'aspetto didattico. Presentando un excursus sulla storia
della didattica scacchistica in Italia, sui metodi di insegnamento più innovativi e
originali, sulle potenzialità di utilizzo del gioco a scuola a livello interdisciplinare,
concludo nell'ultimo capitolo raccontando l'esperienza personale come
osservatrice del progetto “Scacchi.. crescere giocando!” attivato in una classe di
bambini di quinta della scuola Primaria “C.Collodi” di Cecina.
L’opportunità di poter entrare in contatto diretto con un progetto sugli scacchi a
scuola mi ha dato modo di conoscere una modalità di approccio nel presentare
l’attività-gioco a bambini di questa fascia di età, di poter osservare le loro reazioni
e la misura in cui gli scacchi siano riusciti a coinvolgere attivamente tutti i
bambini. Nei processi di apprendimento si è rivelato un valido ausilio per il
potenziamento delle abilità cognitive, migliorando il rendimento di alcuni e
favorendo l’integrazione di gruppo e sociale per tutti. E questo mentre i bambini si
divertono giocando. È da considerare uno strumento di supporto al compito
dell’insegnante.
In quest'ultima parte ho dato spazio al racconto dell'esperienza di un'insegnante
giocatrice di scacchi che insegna il gioco ai suoi alunni senza bisogno di avvalersi
di istruttori, per fornire un punto di vista diverso da quello osservato da me in
classe dove il progetto si è sviluppato in un arco temporale definito con
l’intervento dell’esperto esterno.
In ultimo, illustro quello che ho ritenuto essere un progetto innovativo, “Gioco
scaccia gioco”, attivato nelle scuole livornesi che propone il gioco degli scacchi
con finalità terapeutiche, ovvero come strumento di prevenzione al fenomeno
della dipendenza dal gioco d’azzardo tra i giovanissimi, con un’ottica rivolta da
quest’anno anche alle problematiche dei bambini con bisogni educativi speciali.
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CAPITOLO I.
I GIOCHI DI TAVOLIERE: TRA STORIA E CULTURA
1.1 La nascita del gioco di tavoliere
I giochi di tavoliere hanno radici lontanissime, sono giocati in ogni cultura da
millenni e hanno strettissimi legami con la storia dell'uomo.
Si distinguono dai giochi da tavolo, quali le carte, i puzzle ecc., perché giocati su
tavole da gioco, i tavolieri, che sono supporti (tavolette, plance, tabelloni) di varia
forma, suddivisi da linee o caselle tracciate su diverse superfici (anche sul
terreno), sui quali vengono posti dei pezzi chiamati pedine.
Il tavoliere ha un fascino profondo e antico in quanto punto di partenza di tutti i
giochi da tavolo. Rappresenta uno spazio strutturato, geometrico, su base
triangolare, quadrata, esagonale, ottagonale o dodecagonale, che può contenere
simboli, scritte o disegni interconnessi. È un tavoliere il supporto per giocare a
filetto, costituito semplicemente da sei linee, così come quello di un moderno
wargame costituito da una mappa multicolore.
Secondo la classificazione di Staccioli1, il gioco di tavoliere è caratterizzato dalla
presenza di tre elementi essenziali: un supporto (elemento statico, solitamente di
figura geometrica); le pedine (elemento mobile); le regole (che stabiliscono la
dinamica del gioco).
Questo tipo di giochi appartiene alla cultura umana da moltissimo tempo, ma del
lungo percorso che è cominciato con dei segni tracciati nel terreno decine di
migliaia di anni fa giungendo fino ai moderni giochi in scatola che cosa
conosciamo?
Le ricerche attestano che il più antico tavoliere2 da gioco è stato ritrovato in una
tomba risalente al periodo predinastico a pochi chilometri da Abido, in Egitto,
datato al 4.000 a.C circa3. Questo tavoliere è finora rimasto un caso isolato nel suo
1 Staccioli Gianfranco, I giochi che fanno crescere. Analisi e proposte di giochi di pedine per
una didattica ludica nella scuola primaria, Pisa, ETS, 2009, p. 31. 2 Conservato nel Musée du Cinquantenaire di Bruxelles. Si tratta di una tavoletta rettangolare di
18 x7 cm circa, accompagnata da 11 pedine di forma conica. Sulla tavola sono incise linee orizzontali e verticali che formano 18 caselle rettangolari di uguale dimensione.
3 In realtà non tutti gli studiosi condividono questa datazione, in quanto esisterebbero manufatti più antichi che sembrerebbero tavolieri, ma dei quali resta incerta l'appartenenza alla sfera ludica.
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periodo.
Oltre questa data non abbiamo nessun reperto su cui poter basare un'indagine
storica sui giochi di tavoliere. Bisognerà attendere ancora circa mille anni, con
l'inizio del terzo millennio a.C., perché tavolieri e altre prove evidenti (incisioni,
pitture murali) attestino l'esistenza di giochi “strutturati” presenti con regolarità
nei ritrovamenti archeologici.
Dunque, alcune storie dei giochi di tavoliere partono dal 4.000 a.C, mentre altre
prendono il via dal 3.000 a.C., e più precisamente dal noto Gioco Reale di Ur.
E' comunque possibile ipotizzare un lungo periodo preistorico, antecedente i primi
ritrovamenti, che i giochi di tavoliere hanno attraversato prima di raggiungere la
forma strutturata con cui li conosciamo oggi.
È accertato che le prime forme di gioco che l'uomo ha sviluppato sono istintuali e
con poche regole implicite e non codificate. La lotta, la corsa e l'imitazione sono
categorie ludiche primitive, che si riscontrano negli animali e nei bambini piccoli.
Ma a differenza degli animali che giocano seguendo solo l'istinto, l'uomo, fin dai
tempi più remoti, ha impegnato nell'attività ludica anche la razionalità, la fantasia
e le emozioni.
Si può ipotizzare che da qui l'uomo abbia mosso i primi passi nel suo percorso di
evoluzione ludica.
L'evoluzione delle forme ludiche che ha portato il passaggio dal gioco istintuale a
quello strutturato, con regole definite ed esplicite, è avvenuta forse in seguito a
importanti mutamenti nel cammino evolutivo dell'uomo verso la civiltà
organizzata.
La nascita del gioco strutturato potrebbe essere associata al passaggio dal
Paleolitico4 al Neolitico5 e agli inizi dell'agricoltura, quando la capacità di
accumulare scorte di cibo ha fatto nascere i primi stanziamenti residenziali
permanenti. Questo ha portato all'aumento del tempo libero da poter dedicare ad
attività non strettamente connesse alla sopravvivenza.
Immaginando due uomini di questo periodo che giocano, sicuramente i loro
strumenti di gioco non saranno stati troppo complessi, né le capacità intellettuali
4 Periodo della preistoria compreso tra circa 2,5 milioni a 10.000 anni fa, nel quale i gruppi
umani erano caratterizzati da un'economia di caccia e raccolta. In questo periodo in Europa si diffonde l'odierno Homo sapiens sapiens.
5 Periodo della preistoria che va dal al 9.500 a.C. al 2000 a. C, ultimo dei tre che costituiscono l'Età della pietra.
8
molto sviluppate.
Certamente, uno dei limiti più evidenti era legato al fatto di non saper contare.
Senza uno sviluppato sistema di numerazione e in mancanza di strumenti
sofisticati si può giocare a chi corre più veloce, a chi imita meglio i versi di
animali, a chi lancia una pietra più lontano ecc.., ma ipotizzando invece un gioco
che stimoli lo spirito competitivo e la fantasia e contemporaneamente coinvolga
dal punto di vista emotivo, gli studiosi hanno teorizzato alcune possibilità6: sul
terreno si tracciava una linea divisa da una serie di tacche più o meno regolari (per
es. + + + + + ); all'inizio della linea si ponevano due pietre, una per giocatore, che
a turno si facevano avanzare sulle tacche a seguito del lancio di rudimentali dadi
(presumibilmente conchiglie o gusci di noci); vinceva chi raggiungeva per primo
con la propria pietra l'ultima tacca. Un gioco molto semplice, ma al tempo stesso
emozionante in quanto simulava una vera e propria gara di corsa. Da questo
probabile prototipo, il gioco si è pian piano evoluto, innanzitutto per far durare più
a lungo un gioco che sarebbe finito troppo presto, ad esempio tracciando più linee
orizzontali sul terreno, o prolungando la linea in direzioni diverse, o a forma di
spirale, aumentando così la lunghezza del percorso e quindi il piacere del gioco.
Tali modifiche hanno permesso di poter inserire aggiunte ulteriori, come ad
esempio notare che unendo le tacche di linee orizzontali sovrapposte si forma una
specie di reticolato con tante caselle uguali. In pratica, nascono così i giochi di
tavoliere. Con più caselle e più pedine sarà stato poi naturale escogitare nuove
regole e dare vita a nuovi giochi di tavoliere, sempre più complessi e strutturati.
Comunque, indipendentemente da punto di partenza della loro evoluzione, i
giochi di tavoliere hanno accompagnato l'uomo per molti millenni nel lungo
cammino verso la civiltà, anche se probabilmente la loro importanza è rimasta per
tanto tempo secondaria rispetto ai giochi fisici sportivi o di carattere rituale.
I giochi da tavolo hanno introdotto nella cultura ludica umana innovazioni
fondamentali quali la concezione dell'azzardo e dell'alea, e l'astrazione7 del gioco
6 Izzo Sebastiano, Appunti e ipotesi per una storia dei giochi da tavoliere, in “Pagine Uisp” n.15:
Uispress, 1992. 7 Nei giochi di movimento gli spazi e i mezzi di espressione mantengono un contatto con la
“realtà”: ad es. in uno sport o in un gioco infantile come il nascondino, il mezzo che usiamo per muoverci rimane il nostro corpo e il campo di gioco è una porzione delimitata del terreno. In un gioco di tavoliere invece rinunciamo a qualsiasi legame con il nostro mondo per entrare in una rappresentazione esclusivamente simbolica. Durante la partita siamo consapevoli che ci muoveremo attraverso oggetti chiamati pedine, e la nostra azione non si svolgerà sul terreno ma su una particolare rappresentazione di esso: il tavoliere.
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dalla sfera corporea. Sulle cause che hanno dato vita al processo di astrazione che
ha portato gli uomini a giocare sui tavolieri si possono formulare alcune ipotesi.
La più semplice è che forse l'uomo avesse necessità di giochi che fossero possibili
anche in giornate fredde, o da realizzare in spazi limitati, o che non li
impegnassero fisicamente perché troppo stanchi dalle fatiche quotidiane.
A queste spinte motivazionali di ordine pratico è stata individuata una di ordine
filosofico: l'uomo ha inventato i giochi da tavolo per il suo bisogno di mettere
ordine nel caos della realtà che lo circonda. Infatti, i giochi di tavoliere sono
“presi per la maggior parte dalla vita reale, ma drasticamente semplificati dai
quali sono state rimosse tutte le caratteristiche sgradevoli e disordinate. Così può
rimanere solo la parte divertente”8.
Essi soddisfano il bisogno dell'uomo di diminuire la complessità del mondo,
riducendolo a regole lineari, ordinate e comprensibili.
Le forze della natura dovevano apparire all'uomo primitivo come cieche e
incontrollabili. Il tavoliere nasce come tentativo di mettere ordine alle forze del
caos.
Ad esempio, tra i giochi di tavoliere, il gioco degli scacchi altro non è che la
rappresentazione di una guerra in cui vengono tolti tutti i fattori di imprevedibilità
e disordine, lasciando solo il piacere del confronto strategico e tattico.
Gli studiosi vedono nei primi giochi una riproduzione delle attività centrali nella
vita delle comunità primitive: i giochi di strategia pura erano una semplificazione
della guerra, mentre i giochi mossi da un motore casuale riproducevano la caccia.
Sono riscontrabili anche forti legami tra la nascita dei giochi di tavoliere e i riti
sacri: molti dei primi giochi di tavoliere erano utilizzati come strumenti divinatori
e hanno conservato per molto tempo un forte legame con la religione, soprattutto
nelle culture Egiziana e Medio Orientale, prima di raggiungere un'identità propria.
Queste le motivazioni sul processo di nascita dei giochi da tavolo ritenute più
probabili.
Più certe invece le ipotesi riguardo l'origine del campo di gioco: il tavoliere.
Nel periodo del Paleolitico le necessità primarie erano quelle legate alla
sopravvivenza; non c'era dunque il tempo né la volontà di costruire supporti di
8 A. Randolph (1922-2004), dal saggio Homo ordinator, in L.Colovini, I giochi nel cassetto,
Milano, Unicopli, 2002. Randolph, uno dei più grandi autori di giochi del mondo, sosteneva che uno dei motivi per cui agli esseri umani piace giocare risieda nel fatto che i giochi siano piccoli sistemi, ordinati da regole precise e funzionanti.
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gioco troppo articolati (pedine, dadi e tavolieri complessi). I tavolieri erano
semplicemente formati da segni scavati nel terreno9.
Il tavoliere nasce dalla terra. Non solo in senso puramente pratico. Gli storici
attribuiscono il tavoliere ad una rappresentazione semplificata del terreno, una
specie di mappa che risponde a specifici scopi ludici.
Si tratta di una mappa estremamente semplificata e astratta per adattarsi alle
esigenze di gioco. In effetti, non è immediato vedere in una scacchiera una
rappresentazione del terreno.
Al contrario, nei giochi da tavolo moderni questo processo si inverte: ad esempio
Risiko, gioco di ambientazione guerresca, presenta un tavoliere che diventa mappa
a tutti gli effetti, anche ricca nei dettagli.
Tornando ai primi tavolieri scavati nella terra e dei giochi a cui appartenevano
oggi purtroppo non ne rimane nulla. Le prime notizie attendibili sulla storia dei
giochi di tavoliere cominciano dopo il 5000 a.C. coi ritrovamenti dei tavolieri più
antichi costruiti artigianalmente.
Non è stato possibile determinare esattamente il passaggio tra i tavolieri scavati
nel terreno e quelli costruiti, ma si presume che l'inizio della fabbricazione di
strumenti specifici dedicati ai giochi (pedine, tavolieri, dadi) sia legata ai
cambiamenti nell'organizzazione sociale dell'uomo: la nascita dell'urbanizzazione,
la crescita del commercio e le innovazioni tecnologiche.
Le nuove tecniche di lavorazione del legno insieme a un aumento del tempo libero
ha reso possibile dedicare risorse alla costruzione di manufatti non essenziali alla
sopravvivenza. Alcuni studiosi sostengono che i primi tavolieri furono costruiti
per evitare ai membri più importanti della comunità l'obbligo di chinarsi per terra
per giocare.
Dei primi tavolieri ritrovati purtroppo non conosciamo le regole dei giochi per cui
venivano usati, dal momento che tali regole non venivano scritte.
Nonostante non ci siano pervenute testimonianze dirette sui meccanismi che
animavano i giochi antichi, molti studiosi hanno avanzato ipotesi basandosi
principalmente sulla forma del tavoliere e delle pedine e su studi comparativi su
giochi conosciuti. I tavolieri possono avere decine di forme diverse, le pedine
cambiano di forma e di numero, e i meccanismi che regolano il gioco possono
9 Ancora oggi molte tribù africane giocano incidendo i tavolieri nella terra, come nel gioco del
Mancala.
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essere in teoria infiniti.
Tuttavia, lo studio sui moderni giochi di tavoliere rivela che esiste un numero
finito di idee che danno vita più o meno a tutti i giochi conosciuti e che ogni
novità nel mondo dei tavolieri è quasi sempre una rielaborazione di concetti già
noti.
Dunque, è interessante rivolgere uno sguardo su quali sono stati i giochi di
tavoliere che hanno generato tutto, quali i meccanismi che hanno dato il via al
lungo processo creativo che ha prodotto i giochi di tavoliere odierni, e che ci porta
ancora oggi a giocare questi giochi, tra i quali il gioco degli scacchi.
1.2 I giochi di percorso mediorientali
Dalle ipotesi sulla nascita dei giochi di tavoliere, come abbiamo visto, emerge
l'ipotesi di un percorso su cui le pietre-pedine simulavano una corsa.
L'idea di corsa era sicuramente già connessa con numerosi giochi di più antica
origine. Ad avvalorare questa ipotesi il fatto che i tavolieri di gioco più antichi a
noi noti si presentano nella configurazione adatti a giochi di corsa.
Ecco che i giochi di tavoliere più antichi sono ritenuti quelli di percorso, dove il
tavoliere rappresenta un tragitto che deve essere percorso dai giocatori. Vince
colui che riesce per primo a raggiungere il traguardo.
I percorsi simulano le diverse esperienze del vivere quotidiano: la ricerca
dell'acqua e il pericolo di essere aggrediti da un animale (la Jena, 3000 a.C.
Africa), la ricerca del cibo per la sopravvivenza (L'Oca, 1500 d.C. Firenze), la
riflessione su come si è vissuto e su come sarà dopo la morte (Il Senet, 2000 a.C.,
Egitto).
In questi giochi, spesso dominati dal caso, i giocatori percorrono un tragitto per
raggiungere una meta. La strada è la stessa, ma può essere percorsa in maniera
diversa in base al caso e alle capacità di ognuno.
Come evidenzia Staccioli, “il percorso si riaggancia al concetto di viaggio,
archetipo antico e anche metafora dell'educazione e della vita stessa: lo spostarsi
da un luogo all'altro, oppure da una situazione a un'altra, implica un cambiamento;
per crescere occorre cambiare ed ogni cambiamento è uno spostamento10”.
Ogni punto di arrivo non rappresenta il momento conclusivo ma una sosta, un
10 Staccioli Gianfranco, I giochi che fanno crescere, op.cit., pp. 33-34.
12
luogo per riordinare le idee, per poi continuare il percorso. Da un punto di vista
simbolico, i viaggi sono percorsi dove il senso e il significato del viaggiare risiede
nei vari passaggi da un luogo a un altro.
Chi viaggia solo per raggiungere una meta ma dimentica il suo percorso, le soste, i
contrattempi, non ha davvero viaggiato. Si è solamente spostato da un luogo a un
altro. I viaggi formativi sono quelli che arricchiscono l'anima.
In letteratura pedagogica abbiamo moltissimi riferimenti ai viaggi e ai percorsi di
crescita. Ma ancor prima della pedagogia l'idea di viaggio è stata riprodotta
attraverso il gioco, in particolare nei giochi di percorso che ne sono una
simulazione.
Questi sono probabilmente i più antichi giochi strutturati della storia dell'umanità
perché simulano “la corsa della vita”. La vita si presenta spesso come una corsa:
si corre per catturare le prede, per fuggire dai nemici, per mostrare di essere
migliori dei propri compagni…ecc.
I giochi di percorso che simulano il viaggio della vita umana hanno continuato ad
essere prodotti nel corso del tempo, ed ogni epoca li ha modellati in relazione alla
propria cultura di riferimento.
Ad esempio, intorno alla fine del Settecento appare il Game of Human Life, basato
sul passare del tempo nella vita, dall'infanzia alla vecchiaia, mostrando tutte le
tentazioni che l'uomo può incontrare e deve cercare di evitare.
Possiamo suddividere da un punto di vista strutturale i giochi di percorso in tre
tipi: i giochi dove domina il caso, quelli misti che mescolano caso e strategia, e
quelli dove domina il ragionamento.
Forniamo un esempio per ciascuna tipologia.
Il gioco della Hyena11 (3000 a.C.), di origine africana, è di puro caso: il giocatore
non ha la minima influenza sul risultato numerico che deriva dal lancio dei
generatori d'azzardo (in questo caso legnetti, concavi o convessi).
La madre viaggia dalla sua capanna al pozzo per raccogliere l'acqua e poi deve
ritornare al villaggio. A un certo punto sopraggiunge la iena che corre a velocità
doppia di quella della donna. La sopravvivenza del giocatore e il raggiungimento
della meta è definito dal caso, come nella vita, secondo un modello comune
nell'antichità.
11 Questo gioco antichissimo viene ancora giocato in Africa ed è conosciuto presso i Baggara,
un'etnia araba che vive nel Sudan.
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Alla seconda tipologia appartiene il gioco egiziano del Senet (2000 a.C.) che alla
casualità del risultato determinato dal lancio dei legnetti affianca l'abilità del
giocatore il quale può scegliere in base al numero ottenuto dal lancio di muovere
una pedina o l'altra per poter affrontare l'avversario. Tuttavia, il capostipite dei
giochi di percorso che mescolano sapientemente fortuna e abilità è identificato nel
Gioco reale di Ur (2500 a.C., Mesopotamia).
In ultimo, tra i giochi dominati esclusivamente dal ragionamento viene ricordato il
contemporaneo Tantrix (1993 d.C.), che richiede la logica da parte del giocatore
per la costruzione di un percorso: realizzare con gli esagoni a disposizione una
linea chiusa, utilizzando tutti i pezzi a disposizione.
Uno tra i più antichi giochi di percorso conosciuti risale all'epoca predinastica
egiziana (3000 a.C.), il Mehen, o Gioco del Serpente Arrotolato.
In una tomba della Terza dinastia (2686-2613 a.C.) nei pressi di Saqqara è stato
ritrovato un dipinto murale, datato 2650 a.C.) che mostra tre tavolieri da gioco.
Uno di questi tavolieri ha la forma di un serpente arrotolato, che fa riferimento al
gioco in questione, molto diffuso in Egitto.
Successivamente sono stati ritrovati veri tavolieri che raffigurano il serpente
arrotolato, che come simbolo presenta anche molti riferimenti nella mitologia
egizia. Il numero di reperti testimonia che questo gioco era estremamente diffuso
nell'Antico Regno. In seguito sono stati rinvenuti tavolieri anche a Creta, Cipro,
Siria e Palestina tra il terzo e il primo millennio a. C.
Pur non conoscendone le regole, il serpente arrotolato è uno dei primi giochi su
cui è possibile costruire ipotesi fondate. Tutti i reperti trovati indicano che questo
gioco veniva giocato su un tavoliere discoidale, con delle caselle disposte
consecutivamente lungo un percorso a spirale. La forma è quella di un serpente
arrotolato su se stesso che presenta all'interno del percorso l'occhio (testa del
serpente) e all'esterno la coda.
Il numero delle caselle era variabile a seconda della grandezza del tavoliere:
settantadue, ottanta o novanta caselle. La pittura murale di Saqquara illustra con
chiarezza la dotazione di pedine di questo gioco: ciascuno dei due giocatori
possiede tre pedine di forma animale (leoni e cani) e tre scomparti con sei biglie
ciascuno di diverso colore. Quindi, un giocatore giocava con tre cani e diciotto
biglie rosse, l'avversario con tre leoni e diciotto biglie nere.
Le biglie percorrono il serpente dalla coda alla testa, muovendosi secondo il
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punteggio raggiunto dal lancio di bastoncini, e una volta arrivate si trasformano in
cane o leone. A questo punto ritornano indietro muovendosi del doppio del
risultato dei bastoncini e mangiando le biglie che si trovano nelle loro caselle di
fermata.
Il gioco del Serpente Arrotolato è importante nella storia dei giochi di tavoliere
perché oltre ad essere uno dei più antichi giochi su cui è possibile avanzare ipotesi
circa le regole, introduce due importanti innovazioni: il concetto di promozione di
una pedina (utilizzata oggi in moltissimi giochi), e il tavoliere di forma a spirale,
configurazione su cui si baserà il gioco dell'oca e molti giochi di tavoliere
moderni.
Per questa caratteristica, il serpente arrotolato presenta analogie col già citato
gioco della Hyena, antichissimo gioco ancora oggi praticato in Sudan, il quale
viene appunto giocato tracciando sulla sabbia una spirale con dei buchi sopra.
L'ultima casella rappresenta il pozzo, la prima il villaggio. Le pedine devono
attraversare le caselle intermedie chiamate giornate di viaggio per andare ad
abbeverarsi e al ritorno mangiare le pedine avversarie.
Oltre all'evidente somiglianza nella forma del tavoliere, il fatto che l'Egitto e
l'attuale Sudan avessero stretti contatti con l'antichità porta a pensare che la Hyena
sia un discendente del Serpente Arrotolato.
Le analogie tra questi due giochi porta anche ad un'ulteriore riflessione: il fatto
che regole simili possono essere utilizzate per simulare situazioni diverse, e
soprattutto come ogni cultura riversi le proprie caratteristiche specifiche nei
giochi.
Quello che nella concezione sacra egiziana era un dio serpente in Sudan diventa
un percorso per arrivare all'acqua, elemento essenziale in quella cultura.
È interessante confrontare il gioco del serpente anche con il Gioco reale di Ur, col
quale presenta somiglianze importanti, ma anche differenze.
Entrambi sono giochi di percorso obbligato, dove il movimento è generato da un
motore causale e le pedine possono mangiare quelle avversarie se ci si fermano
sopra.
Entrambi appartengono quindi alla categoria di giochi che combinano fortuna e
abilità, pur con differenze significative. Il Gioco di Ur presenta delle caselle
speciali e zone protette del tavoliere, particolari assenti nel gioco del serpente
arrotolato, che aumentano le possibilità strategiche e danno più peso alle scelte dei
15
giocatori.
In sostanza, il Gioco reale di Ur permette alla bravura dei giocatori di avere
un'influenza maggiore sullo svolgimento della partita.
Sulle regole di questo gioco sono state avanzate molte ipotesi; sicuramente il dato
certo è che fosse un gioco di percorso, con due giocatori dotati ognuno di sette
pedine, che facevano muovere tirando tre dadi ciascuno.
I dadi, di forma piramidale, avevano intarsi su due dei quattro vertici cosicché, nel
lancio, si potevano comporre varie combinazioni che determinavano il movimento
delle pedine, secondo un motore aleatorio.
Una volta tirati i dadi il giocatore muove una delle proprie pedine cercando di
percorrere il tavoliere. Vince chi riesce a far terminare il percorso a tutte e sette le
proprie pedine.
Le ricostruzioni del regolamento di questo gioco differiscono riguardo le caselle
di ingresso e le direzioni di movimento delle pedine. Tutte però concordano sul
fatto che ogni giocatore ha una parte del percorso che non può essere invasa
dall'avversario e una parte del percorso in comune. È durante quest'ultima parte
che le pedine possono scontrarsi, e quella che si ferma su una casella dove c'era
una pedina avversaria obbliga quest'ultima a ricominciare il percorso. Nel
tavoliere sono inoltre presenti caselle più importanti di altre, contraddistinte da
motivi decorativi particolari, che danno il diritto a un altro tiro, altre che
obbligano l'avversario a versare una posta, altre che hanno effetti particolari
sull'andamento della partita.
Dunque, pur non avendo la possibilità di conoscere con esattezza le regole di
questo gioco, abbiamo un'idea generale del suo funzionamento e meccanismo, che
ci porta a ritenere che il gioco reale di Ur contenga tutti i concetti fondamentali
della tipologia dei giochi più antica: il percorso obbligato, un motore aleatorio che
regola il percorso delle pedine, multiple per ciascun giocatore, i conflitti tra le
pedine nella stessa casella, con pedine mangiate che ricominciano dall'inizio, le
caselle speciali che danno dei bonus o dei malus a chi ci si ferma sopra.
L'accoppiata percorso obbligatorio e generatore casuale costituisce in questo
gioco la parte affidata al caso: i giocatori lanciano i dadi sperando che che il
risultato sia loro favorevole.
L'elemento che invece permette al giocatore di esprimere la propria abilità è dato
dal possesso di più pedine in dotazione: potendo scegliere di muovere una tra le
16
sette a disposizione, il gioco chiama i giocatori a fare delle scelte, ad ottimizzare
la fortuna massimizzando l'effetto dei tiri fortunati e riducendo quello dei tiri
negativi.
Ovviamente le scelte dei giocatori sarebbero inutili se non ci fossero alcuni
elementi particolari da considerare. In pratica, se tutte le caselle fossero neutre,
tutti i movimenti sarebbero equivalenti ai fini della vittoria. Invece la possibilità di
mangiare le pedine avversarie più la presenza di caselle speciali rende migliori
alcuni movimenti rispetto ad altri. Infine, la particolare forma del tavoliere dove
nella parte in comune esistono alcune zone sicure e altre pericolose enfatizza le
possibilità strategiche in questo gioco.
Le scelte tattiche dei giocatori erano sicuramente abbastanza semplici, se non
banali. Tuttavia, in questo gioco antico iniziano a delinearsi gli archetipi che
verranno utilizzati in molti dei giochi di percorso successivi, dove si affinerà
ulteriormente l'aspetto strategico, creando ulteriori e nuovi bilanciamenti tra
fortuna e abilità, tra alea e agon.
1.3 Dal caso all'intelligenza pura: i giochi di battaglia.
Ai primi giochi di tavoliere comparsi nella storia dell'uomo finora analizzati,
quelli di percorso, si affiancano i giochi di battaglia, scontro e confronto, presenti
in moltissime culture e apparsi in tempi diversi. In questi giochi, diventati nel
corso del tempo i più diffusi in assoluto, predomina il desiderio di competizione.
Tra questi, il gioco degli Scacchi, che tratterò nello specifico in questo lavoro.
Quali le caratteristiche salienti di questa categoria di giochi? Si presentano come
un combattimento simulato, dove la competizione diventa il motore che fa
muovere tutto il gioco.
Il desiderio per ogni giocatore di vedere riconosciuta la propria superiorità è la
molla principale, quello che Callois chiama “impulso essenziale e irriducibile12”,
denominato Agon, quella spinta profonda a manifestare il valore personale e la
volontà di vincere.
Un altro aspetto che contraddistingue i giochi di combattimento è la parità delle
forze in partenza. Ovvero, la parità delle possibilità di vittoria all'inizio del gioco è
il principio essenziale dei giochi di competizione.
12 R. Callois, I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine, Bompiani, Milano, 1981 (ed. or.
Les jeux et les hommes. Le masque et le vertige, Gallimard, Paris, 1967).
17
Per contro, nella tradizione di diverse culture si ricorda l'esistenza di giochi detti
“dissimmetrici”, dove esisteva una disparità di forze al momento dell'inizio del
gioco (vedi il gioco della Hyena). In questi giochi la vittoria toccava più
facilmente al giocatore che aveva dei vantaggi (numero maggiore di pedine,
spazio di manovra migliore..ecc.). Ecco che qui l'interesse competitivo e il
bisogno di affermarsi era dato dalla soddisfazione di aver superato un limite, uno
svantaggio rispetto all'avversario più favorito.
Il combattimento equilibrato in perfetta parità è invece un concetto piuttosto
recente, legato all'idea che si gioca per vincere (ed è quindi giusto giocare ad armi
pari), piuttosto che impegnarsi nel miglior modo possibile nel gioco,
indipendentemente dai vantaggi ricevuti.
Una lista dei giochi di battaglia è alquanto impossibile da riportare, essendo
giochi presenti in ogni epoca e luogo. Delineerò quindi alcuni tra i più noti e di
particolare interesse.
Tra i più antichi è menzionato il gioco egiziano del Senet, che come abbiamo visto
appartiene certamente alla categoria dei giochi di percorso13 (il movimento delle
pedine corrisponde al percorso di vita, fino a raggiungere il regno dei morti).
Tuttavia, presenta anche le caratteristiche di un combattimento: si tratta di un
duello simmetrico tra due giocatori, dove si cerca di far uscire le proprie pedine
dal tavoliere e eliminare quelle avversarie. Giocato in tutto l'Egitto da individui di
qualsiasi classe sociale, dal faraone al più umile dei servi, questo gioco era
talmente popolare da diventare importante per garantire il passaggio nell'aldilà, e
per questo divenne anche parte della dotazione dei corredi funerari. Tavole del
gioco sono state rinvenute in diverse tombe, non solo dei faraoni. Secondo la
credenza infatti, per entrare nel regno dei morti il defunto doveva affrontare una
partita a Senet contro un avversario invisibile.
Un repertorio consistente dei giochi di battaglia è sicuramente annoverato presso
gli antichi romani, noto popolo guerriero, che aveva appreso questi giochi dagli
Egiziani, dai Greci e dagli Etruschi.
Tra questi c'erano anche i giochi di tavoliere, dai più semplici e diffusi come i
giochi di azzardo, ai più complessi di strategia e intelletto.
Questi ultimi venivano giocati sulle scacchiere senza l'utilizzo dei dadi, cosicché il
13 Lo scopo del gioco consiste nel riuscire a portare fuori prima dell'avversario tutte le proprie
pedine, percorrendo tutte le 30 caselle del tavoliere.
18
confronto avveniva attraverso mosse calcolate, ragionamenti e elevata
concentrazione da parte dei giocatori.
Erano quindi giochi basati su intelligenza, strategia e calcolo, e per questa
caratteristica sembra che i romani li chiamassero tutti con un termine generale:
Ludus calculorum.
Molti simulavano una lotta tra due giocatori che si sfidavano in partite giocate su
tavole, le così dette tabulae lusoriae. Sono state ritrovate tavole di legno, di
marmo, di pietra, ma le scacchiere dei romani che conosciamo meglio sono quelle
incise nella pavimentazione dei luoghi pubblici. Al tempo era infatti costume stare
accovacciati a giocare in una piazza o sui sagrati di un tempio. Nelle strade
antiche di Italica sono state ritrovate 72 tabulae lusoriae; la maggior parte di esse
servivano per giocare a Mulino, il corrispondente del nostro filetto.
Ma il più importante gioco di guerra nella Roma antica era certamente il Ludus
latrunculorum o Latrunculi.
Il termine latino latro-latrones significava ai tempi di Plauto “soldato”, ai tempi di
Orazio “brigante”. I latrones, per i romani erano invece i soldati mercenari.
Dunque il Ludus Latrunculorum viene oggi tradotto con Gioco dei soldati
mercenari.
Considerato un gioco per persone intelligenti, questo gioco rappresentava una
battaglia tra due eserciti dove erano schierati soldati a piedi, quelli a cavallo e un
capitano per ogni armata.
Si giocava in due, con 16 pedine ciascuno di due colori, un colore per ogni
esercito: 8 ordinarii (fanti romani di prima linea), 8 vagi (soldati a cavallo), e 1
dux (comandante). Scopo del gioco era quello di eliminare o bloccare le pedine
avversarie impedendone il movimento circondandole con le proprie pedine.
Le pedine partivano dalle due estremità opposte della tabula spostandosi nel corso
del gioco di una casella con diverse modalità di movimento. Le regole precise non
sono note. Un grande contributo per la comprensione delle caratteristiche del
gioco ci è fornito dal poema Laus Pisonis14 che presenta un'ampia descrizione del
gioco nell'intento di lodare l'abilità strategica del commemorato Pisone. Si tratta,
ad ogni modo, di un gioco di guerra e di strategia, che non implicava l'uso dei
14 Attribuito a Calpurnio Siculo, datato I sec. a.C, il poema elogia le qualità di un giovane per le
sue abilità nel gioco del pallone e in quello dei Latrunculi, gioco da tavolo simile agli scacchi.
19
dadi15.
Il movimento dei pezzi era infatti determinato non da un motore aleatorio, ma
unicamente dalla volontà del giocatore, aspetto che lo annovera tra i giochi di
intelletto.
Per risalire alle origini, i primi ritrovamenti attribuibili a giochi di pura
intelligenza provengono dagli scavi di Kurna a Tebe, datati intorno al 1400 a.C e
riguardano un gioco chiamato Alquerque16. In questo gioco le pedine vengono
mosse su un tavoliere costituito da un reticolo di linee, con lo scopo di mangiare
le pedine avversarie con un movimento a salto uguale a quello della nostra dama.
Questo gioco, così come giochi successivi quali il Ludus latrunculorum o la
Petteìa17 greca, ci danno un'idea dei concetti fondamentali attorno i quali si
svilupperanno tutti i giochi di intelligenza pura nelle culture occidentali.
Innanzitutto si tratta di giochi di eliminazione18 o di blocco, giocati da due
giocatori dove ciascuno controlla una serie di pedine di uno stesso colore e ne
muove una in ciascun turno.
Nei primi giochi di intelligenza pura i giocatori avevano un'identica dotazione di
pedine, tutte uguali tra loro come valore e come capacità di movimento.
L'evoluzione di questi giochi ha portato alla differenziazione dei pezzi che si può
osservare nella storia di quello che oggi è il più famoso dei giochi di intelligenza
pura nella cultura occidentale: gli scacchi.
1.4 Una “battaglia che non fa male”: gli scacchi. Origini e aspetti simbolici.
Gli scacchi non erano noti nell'antichità egizia, greca e romana.
Durante il medioevo il gioco dei latrunculi fu supposto simile agli scacchi, e
15 Per questo motivo il gioco non risultava vietato per legge. 16 L'Alquerque, o Filetto, viene oggi, spesso, stampato sul lato opposto della scacchiera classica
per Dama. Tracce di questo gioco sono state trovate in Cina, Egitto, Creta, Grecia e Roma. 17 Il termine greco petteìa indicava originariamente l'insieme dei giochi con le pedine: pessos
significa infatti sassolino, e, quindi, pedina. Il termine indicava l'insieme delle pedine e, in senso traslato, la tavola da gioco. In seguito con petteìa si indicarono i giochi da tavolo in cui occorreva la bravura, e ancora più precisamente i giochi di guerra.
18 Il gioco di eliminazione ha come scopo quello di eliminare, mangiando, tutte (come nella dama) o alcune pedine avversarie (come negli scacchi, dove è sufficiente eliminare il re ai fini della vittoria). Il gioco di blocco è una variante del gioco di eliminazione il cui scopo è quello di bloccare il movimento anziché di eliminare. In alcuni giochi, come negli scacchi, questi due obiettivi coesistono.
20
nacque l'uso tardo medievale di chiamare gli scacchi con questo nome19.
Il primo che indicò una netta e argomentata distinzione fra i latrunculi e gli
scacchi fu il celebre medico Marco Aurelio Severino (Tarsia 1580 – Napoli 1656)
che nel suo libro intitolato Dell'antica Pettìa, ouero che Palamede non è stato
l'inventor degli scacchi (Napoli 1690), affermò, contro l'opinione allora corrente,
che né l'antico gioco greco della Pettìa, né i latrunculi avevano a che fare con gli
scacchi.
In effetti, il gioco dei latrunculi, secondo quanto riporta Adriano Chicco20, sembra
sia scomparso21 in Occidente poco dopo l'apparizione degli scacchi in Oriente.
Come e quando sono nati dunque gli scacchi? Il primo vero antenato di questo
gioco, dopo anni di ricerche, viene identificato con il Chaturanga, di origine
indiana.
Nel classico manuale Il libro completo degli scacchi Adriano Chicco scrive:
“Occorre riportarci col pensiero a due giocatori dell'antica India privi dei mezzi moderni per annotare i punti ottenuti in ogni giocata. Il sistema più semplice era tracciare per terra una linea verticale o orizzontale e segnarvi tante tacche trasversali. A seconda del punteggio ricavato dal getto dei dadi, ogni giocatore spostava un contrassegno (una pietra o una conchiglia) contando tante tacche quante segnavano i dadi; il primo giocatore che raggiungeva la tacca finale aveva vinto. Con l'andare del tempo la partita giocata fino all'esaurimento delle tacche segnate in una sola linea sembrò troppo breve: si fissò un punteggio finale più alto, il che richiese una seconda linea parallela alla prima, con uguale numero di tacche; poi una terza, una quarta, e così via: a poco a poco il complesso delle linee intersecate dalle tacche cominciò a delineare la tipica grata di una scacchiera”22
Questo sistema di segnare i punti faceva sì che talvolta uno dei giocatori, con un
tiro di dadi fortunato, raggiungesse una casa già occupata dal contrassegno
dell'avversario. Per lungo tempo questo non ebbe nessun significato particolare.
Ma in seguito fu stabilito che la pedina che sopraggiungeva potesse scacciare la
prima occupante, segnando la vittoria del secondo giocatore e la fine della partita.
Dall'espulsione all'idea della cattura della pedina il passo fu breve; il secondo
19 Così li chiamò, ad esempio, Francesco Petrarca nel De remediis utriusque fortunae (1360),
quando si scagliò contro gli scacchi, eccessiva perdita di tempo. È stato detto che Petrarca odiava li scacchi perché aveva tentato invano di migliorare il suo basso livello di gioco.
20 Adriano Chicco (1907–1990), tra i più importanti storici italiani degli scacchi. 21 Le ultime tracce scritte risalgono all'inizio del V secolo nei Saturnali di Macrobio. 22 Chicco Adriano, Porreca Giorgio, Il libro completo degli scacchi, Milano, Mursia, 2003.
21
giocatore acquisì il diritto di appropriarsi dei pezzi avversari, la cui somma
serviva a calcolare il guadagno del vincitore. A sua volta, il prelievo del pezzo
avversario evocò il concetto di tributo pagato. E poiché l'idea del tributo era legata
indissolubilmente a quella di poteri regali, ogni avversario si considerò un Re: non
solo, ma l'aspetto antagonistico della partita unito all'idea di cattura del nemico,
delineò il concetto di una guerra in miniatura. E i Re in guerra avevano
naturalmente bisogno di armate.
Questo gioco di guerra, come precisato da Staccioli23, era chiamato gioco dei
Quattro Re in quanto la scacchiera riportava quattro eserciti che erano alleati a
due a due. I trentadue pezzi si spostavano su sessantaquattro caselle e i colori dei
pezzi erano il verde e il rosso.
La potenza di queste armate si modellò sul tipo delle armate indiane che avevano
una rigida disposizione: gli elefanti al centro, i carri ai lati, la cavalleria in mezzo
e la fanteria in prima linea. Il Re, capo dell'armata, era posizionato al centro, ed
era assistito da un consigliere.
Questa composizione quadruplice ha risentito con molta probabilità l'influenza
anche delle teorie cosmologiche: il carro da battaglia simboleggiava la terra;
l'elefante l'aria; il cavallo l'acqua; il consigliere il fuoco. Questi elementi del
cosmo ruotavano attorno al sole rappresentato dal Re.
In un primo momento gli opposti schieramenti delle armate non presentavano
nessuna distinzione nel movimento dei pezzi.
Questi avanzavano verticalmente secondo il tiro dei dadi; lo scopo della partita
continuava ad essere il raggiungimento dell'ultima casa o la cattura dei pezzi
avversari. In un secondo tempo, a quanto pare, sembrò necessario differenziare le
mosse a seconda della diversa natura dei pezzi, e i dadi servirono solo ad indicare
quale pezzo dovesse muovere.
Il Chaturanga identificato come progenitore degli scacchi moderni deriverebbe
quindi da un'evoluzione dei giochi con motori aleatori. Come spiegato dallo
studioso Adriano Chicco, le righe che formavano il percorso col tempo si sono
incrociate formando la scacchiera, le pedine hanno acquistato la proprietà di
eliminare quelle avversarie, ed infine sono scomparsi i dadi.
La scomparsa dei dadi ha segnato un passo importante nell'evoluzione del gioco
23 Staccioli Gianfranco, Il gioco e il giocare. Elementi di didattica ludica, Roma, Carocci
editore,2008.
22
degli scacchi e nella storia dei giochi di tavoliere in generale: la nascita dei giochi
di intelligenza pura, che oggi vengono chiamati giochi astratti.
Altro cambiamento è stato l'introduzione di pezzi con valori differenti nel gioco.
Questa innovazione ha reintrodotto il concetto di simulazione.
Come detto in precedenza, i giochi di tavoliere erano nati nel tentativo di simulare
la realtà (i giochi di percorso riproducevano una corsa); poi il legame tra gioco e
simulazione si è progressivamente allentato facendo evolvere il gioco nel processo
di astrazione.
Ai giochi di percorso fecero seguito i giochi di eliminazione, dove per vincere il
giocatore deve rimuovere le pedine avversarie dal tavoliere, e non più raggiungere
un traguardo.
L'espulsione dal gioco ha poi assunto la connotazione dell'uccisione o della
cattura; questo concetto ha rievocato la raffigurazione di una guerra in miniatura,
ritrasferendo nel gioco l'aspetto della simulazione.
È quindi probabile che considerando che in una guerra esistono diversi tipi di
armate, ognuno con caratteristiche proprie, si sia pensato di differenziare tra loro
le varie pedine. Le varie parti dell'armata avevano caratteristiche diverse,
giungendo perciò a diversificare il movimento dei pezzi sulla scacchiera,
accrescendo in tal modo l'aderenza della simulazione alla realtà.
I più antichi riferimenti sul Chaturanga li ritroviamo in testi scritti in pahlavi,
lingua dell'antica Persia; è in questa lingua che troviamo i primi nomi attribuibili
ai pezzi: Baidaq (pedone, soldato); Rukh (carro da guerra), Asp (cavaliere,
cavallo), Pil (elefante), Farzin (consigliere) e Sah (Re).
Da alcuni di questi termini derivano denominazioni ancora in uso oggi: Alfiere
deriva da Al-fil (elefante) per assonanza; scacco matto deriva da Sah-mat (il re è
morto).
Questo progenitore degli scacchi coincide nelle linee essenziali del gioco a quello
moderno ed era giocato sul classico tavoliere quadrato di sessantaquattro caselle.
Il Chaturanga si diffuse dall'India attraverso le vie commerciali, come avvenne per
tutti i giochi di tavoliere.
Gli indiani, insieme a una serie di doni, avrebbero portato ai persiani anche gli
scacchi, sfidandoli a decifrare il senso del gioco. Si narra che l'enigma fu svelato
da un saggio nell'arco di tre giorni. È stato effettuato uno studio su come l'uomo
avesse potuto ricostruire le regole da un semplice tavoliere. Lo spagnolo Ricardo
23
Calvo a partire dagli anni Settanta ha avanzato l'ipotesi che dietro le regole
indiane e persiane ci fosse un codice matematico e che questo andasse cercato in
un quadrato magico 8x8.
“Attraverso indagini matematiche”, scrive Calvo, “sembrerebbe che le regole degli scacchi siano in qualche modo miracolosamente presenti in questo accordo numerologico. Ancora oggi questo antico schema ha un forte impatto intellettuale, perché tutti i movimenti dei pezzi sono direttamente incisi su di esso. (…) Sarebbe assurdo pensare che i movimenti dei pezzi siano stati inventati in maniera arbitraria e che solo in seguito sia stato disegnato un quadrato magico capace di spiegarli. Di conseguenza l'inventore o gli inventori del gioco degli scacchi devono aver usato questo preesistente quadrato magico per decidere come regolamentare i vari movimenti dei pezzi”24.
Il gioco giunse in Occidente nel IX secolo attraverso le conquiste degli arabi, che
lo chiamavano Shatranj, dopo averlo appreso quando invasero la Persia, nel 641
d.C. Raggiunse l'Europa attraverso la Spagna, occupata dagli arabi nel 711 d.C., e
da qui la diffusione nel continente europeo tra il IX e il X secolo.
Una via importante che avrebbe contribuito al passaggio del gioco sarebbe stata la
Sicilia, zona di forte influenza araba. Diversi giocatori famosi del XII secolo
erano per l'appunto siciliani. Nel 1143 una partita di scacchi divenne il soggetto di
una pittura: in quell'anno Ruggero II d'Altavilla fece dipingere il soffitto della
Cappella di Palermo con immagini tratte dalla vita di corte dei califfi. Si tratta del
più antico dipinto al mondo raffigurante giocatori di scacchi.
Il gioco si diffuse in modo rapido per tutto il continente. Dimenticato il gioco
romano dei latrunculi, gli europei erano a corto di giochi di impegno per adulti. In
Europa la scacchiera e il numero dei pezzi rimasero gli stessi ma, come già era
avvenuto nel passaggio dall'India alla Persia e dalla Persia al mondo islamico, il
mondo cristiano rilesse il gioco attraverso il filtro della propria cultura. Per poter
essere accolti dalla cultura occidentale, gli scacchi hanno dovuto subire alcune
trasformazioni25. Negli anni successivi al 1000 il gioco era noto soprattutto tra i
ceti più elevati, tanto che l'abilità in questo gioco era in epoca medievale una delle
probitas (virtù) che distinguevano il vero cavaliere. Ricordiamo che in epoca
medievale uno dei passatempi comuni tra i cavalieri erano i combattimenti per
gioco. Gli scacchi furono apprezzati perché permettevano di rivivere l’emozione
24 Calvo Ricardo, Mythical Numerology in Egypt and Mesopotamia, in Leoncini Mario, Natura
simbolica degli scacchi, Arcore, Grafimage, 2016, p. 17. 25 Cfr. Staccioli G., Il gioco e il giocare, op. cit. p.59.
24
di un duello, di un assalto a un castello.
Gli scacchi vennero quindi codificati come attività nobiliare per eccellenza e pian
piano si ingentilirono: “Non più rappresentazione della guerra combattuta da
uomini di opposti eserciti, bensì gradualmente emblema di educazione raffinata,
bagaglio indispensabile di ogni nobile che si apprestava a varcare le soglie della
vita in società, sia essa militare che civile”26.
Pur restando di base un gioco di guerra assunse i connotati di gioco di corte. I
personaggi di corte si rispecchiavano nei pezzi degli scacchi che andarono ad
assumere le loro caratteristiche, talvolta anche fisiche. Ad esempio il consigliere
militare (Fierge) fu sostituito da una figura femminile, perché accanto al Re non
poteva che stare la Regina. Questo cambiamento non fu senza conseguenze di
ordine morale e filosofico.
Rappresentando il gioco lo schieramento di due corti, i quattro pezzi posti agli
angoli della scacchiera non sono più macchine da guerra ma rocchi (dall'arabo
ruhk), torri che delimitano il castello. Le figure dei cavalli non ebbero necessità di
subire cambiamenti, a differenza della figura dell'elefante (fil). Una volta sbarcato
nel nostro continente questo pezzo perde le sue origini di pachiderma, dato che
l'elefante non faceva parte degli eserciti europei né tanto meno delle corti europee
dove c'erano invece i saggi, e il pezzo fu chiamato calvo per un certo periodo, in
alcune regioni. C'erano i vescovi, e infatti ancora oggi l'alfiere in Inghilterra è
chiamato Bishop, e i giullari o pazzi del Re, che diventano in Francia Fou. In
Italia il termine Alfiere deriva dal latino medievale Alphinus, porta insegne. Il
caratteristico taglio obliquo sulla pedina mantenuto dal pezzo dell'alfiere è
considerato l'ultima rimanenza dell'orecchio dell'elefante27.
Anche la scacchiera subì delle conseguenze laddove le caselle fino ad allora tutte
dello stesso colore vennero distinte dall'alternanza chiaro / scuro. Infine, il nome
latino del gioco divenne ludus scaccorum (il gioco degli scacchi).
Per quanto riguarda il regolamento del gioco, varie versioni si sono susseguite
nelle epoche e culture con sostanziali differenze tra loro. Ad esempio l'elefante nel
chatrang persiano muoveva di quattro caselle in diagonale e una in avanti, a
simboleggiare le quattro zampe e la proboscide; invece nella versione araba si
26 Ferraglio Ennio, Gli scacchi e il Chiostro, Fondazione civiltà bresciana, Brescia, 2007,
pag.197. 27 Gianpaolo Dossena, Giochi da tavolo, Milano, Mondadori, 1990.
25
muove solo in diagonale di tre caselle. Nel corso dei secoli si sono succedute
tantissime varianti nella raffigurazione e nel movimento dei pezzi, fino ad arrivare
agli scacchi come li conosciamo oggi. Tuttavia, le numerose variazioni che il
movimento dei pezzi ha subito non hanno cambiato la struttura essenziale di
questo gioco, in quanto il tavoliere, lo scopo e il principio di movimento sono
rimasti gli stessi. All'interno di questo lavoro la storia degli scacchi ci interessa, in
relazione al loro utilizzo nella didattica, in funzione dei concetti innovativi che
questo gioco ha sviluppato.
Grazie alla loro capillare diffusione, gli scacchi si sono imposti come il punto di
riferimento dei giochi di intelligenza pura nella cultura occidentale.
Questo gioco ha influito come nessun altro nella nostra cultura, ad ogni livello.
Come sostiene Dossena “ in ogni caso saper cosa è una torre, saper cosa è il salto
del cavallo fa parte dei dati base di qualsiasi cultura28”.
1.5 I giochi di tavoliere nella cultura
La storia dei giochi di tavoliere non si esaurisce solamente con la storia dei
tavolieri, pedine, meccanismi e regolamenti, ma è fortemente influenzata dalle
varie rappresentazioni dell'attività ludica che le varie culture hanno prodotto.
La collocazione nella scala dei valori che le varie culture hanno attribuito al gioco
ne ha caratterizzato profondamente lo sviluppo.
Nell'antichità, arti come la letteratura, la musica, la poesia e la drammaturgia
erano esperienze essenziali, ricercate per la loro capacità di “rapire” l'individuo in
mondi lontani, distraendo e portando sollievo nei confronti di una quotidianità
spesso brutale e avvilente. Queste arti si elevano a mito e culto religioso, così
come avviene per il gioco che viene investito di una sua ritualità mistica.
In particolare, il gioco da tavolo diviene l'archetipo del gioco per eccellenza in cui
molte allegorie e simbolismi trovano la loro collocazione: come abbiamo già
osservato, la tavola ricrea nella sua struttura un sistema cosmologico nel quale le
pedine, espressione simbolica della ciclicità degli eventi, si muovono secondo il
risultato del tiro dei dadi, assimilabile alla volontà espressa da un oracolo.
Non a caso infatti, i ritrovamenti più antichi delle tavole da gioco sono avvenuti
nei templi o in spazi dediti al culto delle divinità; nelle raffigurazioni antiche i
28 Ivi, p. 24.
26
giochi di questo tipo erano rappresentati come disputati al cospetto delle divinità
stesse.
Ecco che possiamo affermare con certezza che nei periodi della sua nascita il
gioco di tavoliere era tenuto in grandissima considerazione, proprio per il suo
stretto legame con gli aspetti rituali e religiosi delle prime civiltà. Nella cultura
egizia e in quelle mediorientali il gioco presenta numerosi riferimenti in testi
sacri.
Successivamente, nel periodo classico il gioco tende a affrancarsi dall'influenza
soprannaturale, aprendosi ad una progressiva umanizzazione che porta
gradualmente al passaggio da essere la rappresentazione del cosmo a quella del
mondo prima e della società civile poi. Sulla tavola da gioco gli dei, i cui principi
si pensavano espressione delle azioni del gioco, cedono pian piano il passo ai gesti
dei cittadini.
In questo nuovo contesto, l'avversità della sorte rappresentata dalla sentenza dei
dadi viene ad essere considerata pienamente superabile grazie all'abilità del
giocatore. Quali virtù fondamentali per l'individuo, la società inizia ad esaltare
l'erudizione e le conoscenze necessarie a sviluppare una strategia vincente,
indipendentemente dalla componente dettata dal fato.
Alla conquista di una propria autonomia che il gioco viene a guadagnarsi
staccandosi dalla sfera sacrale, si affianca al tempo stesso una perdita di prestigio
e di importanza.
Il gioco, diffuso in quasi tutte le culture, viene ad assumere lentamente una
valenza negativa: in particolar modo le forme di gioco che con una forte
componente di azzardo creano problemi di ordine pubblico, vengono
gradualmente assoggettate a divieti e norme sempre più restrittive.
In tutte le civiltà lo stato ha sempre cercato di regolamentare e spesso proibire il
gioco d'azzardo per le conseguenze negative a livello individuale che collettivo.
Già in epoca greca e romana esistevano leggi che punivano duramente il gioco
d'azzardo; ma è nel Medioevo che troviamo le leggi più severe contro il gioco,
sostenute in particolar modo dalla Chiesa. I giochi d'azzardo erano largamente
diffusi presso tutte le classi sociali: dagli operai, ai principi, alle donne ai soldati.
Questi giochi costituivano per tutti una valvola di sfogo per quella che poteva
essere un'insoddisfazione nei confronti delle proprie condizioni di vita. Talvolta
però, il gioco d'azzardo finiva per peggiorare ulteriormente la situazione, portando
27
alla perdita dei propri beni, fino alla rovina totale della persona, nonché danni alla
comunità di appartenenza. Da ciò la presa di posizione rigida delle autorità nel
proibire questa forma ludica.
Questo tipo di repressione degenerò al punto, come spesso accade, di coinvolgere
tutta la categoria dei giochi di tavoliere. Vennero proibiti tutti i giochi che
comprendevano i dadi, includendo i giochi di tavoliere, compresi quelli che non
erano di puro azzardo.
Anche i giochi di pura intelligenza, come gli scacchi e la dama, erano
attentamente controllati e permessi solo se praticati in luoghi aperti.
Nonostante le diffuse politiche di repressione applicate durante i secoli, il gioco da
tavolo ha continuato non solo a resistere ma a proliferare più che mai intorno alla
fine del 1200. E' in questo periodo che fa la sua comparsa in letteratura un testo
specifico sull'argomento: si tratta del Libro de los Juegos29, opera di Alfonso X di
Spagna, re di Castiglia, conservata oggi nella biblioteca del monastero di San
Lorenzo a Madrid.
Questo testo, scritto nel 1283 d.C, può essere considerato una delle conquiste più
importanti dei giochi di tavoliere, in quanto ne mette in luce la capacità di animos
relaxare, qualità del gioco tenuta in altissima considerazione anche a quei tempi.
I giochi da tavolo che il sovrano inserisce nel trattato sono importanti proprio
perché possono portare alegrìa (sollievo30) a tutte le persone che ne hanno più
bisogno, trovandosi magari in prigione o in cattivo stato di salute tale da non
permettere loro altri tipi di svago. Con queste sagge parole Alfonso X, non a caso
detto “El Sabio”, pare voler elevare il gioco allo status di “diritto irrinunciabile”
per l'equilibrio dell'individuo.
Nel manuale, l'autore classifica i giochi in voga nel medioevo in tre categorie:
quelli che si fanno a cavallo, quelli che si fanno a piedi e quelli che si fanno
seduti.
Proprio questi ultimi sono descritti nel libro, e sono i giochi annunciati nel titolo:
gli scacchi, il gioco dei dadi e le tavole.
Inteso come testo didattico, il manoscritto documenta e spiega le regole dei giochi 29 Alfonso X Re, Libros de acedrex, dados i tablas, (Libro degli scacchi, dadi e tavole).
Rappresenta il più importante e autorevole trattato medievale sui giochi da tavolo scritto in una lingua europea.
30 Alfonso X descrive questo stato di alegrìa trasmesso dal gioco che l'uomo, per volontà divina, ricerca continuamente per poter sopportare meglio le avversità della vita, qualora sopravvenissero.
28
di pura strategia intellettuale (gli scacchi), dei giochi di puro azzardo (i dadi), e,
per concludere, dei giochi che contengono entrambi gli elementi (le tavole,
antenate del moderno backgammon).
Il libro è costituito da 98 fogli, 150 illustrazioni a colori, miniature di elevato
pregio, ed è complessivamente diviso in 7 parti.
Al gioco degli scacchi è dedicata la prima parte, ben 64 fogli (numero non a caso
corrispondente alle 64 caselle della scacchiera), che spiegano come devono essere
fatti la scacchiera e le pedine, la posizione iniziale e il movimento dei pezzi.
Questa prima sezione sugli scacchi costituisce la parte più ampia, importante e
conosciuta dell'opera.
La particolarità del manoscritto sta nel fatto che Alfonso X non si limita a
enunciare le regole e le caratteristiche del gioco ma, e questo per la prima volta
nella cultura occidentale, esamina con cura i meccanismi e le strategie di gioco
esponendo problemi scacchistici (oltre 100 tipi) e relative soluzioni.
La seconda parte, dal foglio 65 al foglio 71, è dedicata al gioco dei dadi, che
rientrano nella categoria dell'azzardo. Tratta dodici differenti metodi di gioco, tra
cui la Riffa, l'Azar e la Marlota. I dadi, nella considerazione dell'autore,
rappresentano la materia meno nobile del trattato; lo si deduce sia da alcuni
passaggi espliciti che dall'aspetto iconografico, che riproduce intente al gioco solo
persone di basso ceto sociale o, al più, cavalieri ridotti in miseria perché hanno
perduto ai dadi tutti i loro beni. Viceversa, le miniature di scacchi e tavole
raffigurano impegnate al gioco figure di alta condizione, compreso Alfonso X
stesso.
In molti passi del trattato, scacchi e tavole sono indicati tra gli svaghi adatti a un
re che voglia alleviare le sue preoccupazioni mediante la ricerca dell'alegrìa.
Al contrario, il gioco d'azzardo è presentato sotto una cattiva luce, se non oggetto
di condanna.
La terza parte, dal foglio 72 al foglio 80, è costituita dal libro delle tavole che
enuncia le regole di giochi da tavolo della famiglia delle tabulae, genere di giochi
conosciuto fin nella più remota antichità, dove le pedine si muovono su una tavola
di 24 caselle. I giochi di tavole erano diffusi tra le classi nobiliari ma anche
appannaggio delle classi più popolari, ed oggetto di divieto per il clero.
Sono annoverati quattordici diversi giochi e varianti. Tutti sono diretti discendenti
della tabula romana, ed hanno molte somiglianze col moderno gioco del
29
Backgammon. Particolarità di questi giochi è la ricca simbologia che li
caratterizza: le 24 caselle di gioco sono formate da 12 colonne che rappresentano i
mesi dell'anno; metà sono bianche e metà nere, come le notti di luna e quelle
senza luna; le 30 pedine rappresentano i giorni di un mese e la somma delle facce
opposte dei dadi danno 7 come i giorni della settimana.
La quarta parte del testo parla di giochi che sono varianti aumentate di scacchi: gli
scacchi decimali, giocati su una scacchiera più grande (10x10) e gli scacchi
grandi giocati su una tavoliere 12x12 e con pezzi diversi (leone, giraffa..) che
hanno movimenti particolari.
Anche la quinta parte contiene delle varianti, per un numero di quattro giocatori
anziché due: gli scacchi delle quattro stagioni, descritti come la rappresentazione
del conflitto dei quattro elementi e dei quattro umori (i pezzi sulla scacchiera sono
colorati in verde, rosso, bianco e nero e si muovono in base al lancio dei dadi); e il
gioco denominato da Alfonso scacchi astronomici, ma anche noto come il Mondo,
giocato su una tavola divisa in 6 cerchi concentrici, divisa in 12 aree ognuna
associata a una costellazione dello zodiaco.
Il sesto capitolo parla dell' Alquerque e di altri giochi di allineamento, il cui scopo
è quello di creare con le pedine una specifica configurazione sul tavoliere
(solitamente una linea retta).
La settima e ultima parte occupa cinque pagine, ed è dedicata a varianti
astrologiche di scacchi e tavole, tra cui il gioco Astronomico Escapes.
Questo manuale rappresenta una pietra miliare nella storia dei giochi di tavoliere.
Le ragioni sono numerose, prima tra tutte il fatto di essere uno tra i primi testi,
nella cultura occidentale, ad occuparsi specificatamente di giochi.
È ritenuto il più autorevole e completo testo medievale sul gioco, che oltre a
soffermarsi sui giochi diffusi in quel periodo, delineandone regole e
caratteristiche, si occupa anche di collocarli in una sfera simbolica31, trascurando
quasi completamente ogni intento moraleggiante. In tal senso, quest'opera si
distacca dal nutrito filone di trattazioni medievali, dove, ad esempio, il gioco degli
scacchi trovava quasi sempre un'interpretazione in chiave moralistica32e
31 La struttura interna del codice rivela una simbologia numerologica in cui ricorrono numeri
come l'8 (come le 8 colonne della scacchiera negli scacchi), il 64 (numero totale delle caselle) e il 12. Queste ricorrenze oltre a non essere casuali sono anche legate agli interessi numerologici e astrologici del sovrano.
32 Si ricorda come esempio più eclatante l'opera Ludus scacchorum del domenicano Jacopo da
30
allegorica.
Ad esempio, in alcuni trattati, i pezzi erano associati a uno status sociale o un
mestiere; in atri casi, gli scacchi diventavano una sorta di metafora delle
schermaglie dell'amor cortese.
Il codice alfonsino risulta invece del tutto privo di questi riferimenti allegorici
moraleggianti, tipici della trattatistica medievale. Quest'opera esprime una visione
essenzialmente umanistica, incline a un atteggiamento laico, che pone al centro
dell'esperienza ludica il valore dell'alegrìa, alla base di un pensiero emancipato
dalla cultura ecclesiastica e dalla morale cattolica.
Questo atteggiamento umanistico, riflesso dell'ideologia dell'autore, spiega la
scelta di adottare la lingua volgare33 come strumento comunicativo del sapere,
anziché il consueto latino, affinché l'opera potesse essere recepita da una platea
più ampia possibile. Spiega, infine, l'eccezionale rilievo attribuito da Alfonso X al
fenomeno dei giochi, trattati con estensione e pregevolezza addirittura superiori
all'importanza accordata, in altri suoi scritti34, ad altri fenomeni, quali la caccia e i
tornei, occupazioni abituali delle classi nobiliari.
Il trattato si sviluppa all’interno di una cornice narrativa che vede impegnati tre
saggi in un dibattito intellettuale, calando la narrazione su uno sfondo filosofico
che ripropone la contrapposizione tra ragione e caso, tra libero arbitrio e destino,
di cui alla fine si fornisce la soluzione. I tre saggi propongono tesi diverse,
portando ciascuno le prove della loro posizione: il primo propone gli scacchi per
l'intelligenza; il secondo i dadi per la fortuna; il terzo una combinazione di
entrambe, che egli ravvisa nei giochi di tavole.
Nei trattati arabi sui giochi, dai quali Alfonso X riprende questa antichissima
diatriba, ai due poli opposti corrispondevano sempre gli scacchi (ragione) e i
giochi delle tavole (caso). Qui invece, attraverso la visione simbolica offerta,
Alfonso risolve la dicotomia tra i due estremi introducendo il gioco dei dadi: sono
questi, con la loro assoluta casualità, a contrapporsi alla ragione pura, mentre ora
sono le tavole con la loro alternanza tra caso e libera scelta a offrire la soluzione al
conflitto filosofico, mediando tra casualità e volontà, fato e libero arbitrio.
Cessole, di inizio Trecento. 33 Il manoscritto è una traduzione in Castigliano di testi arabi. 34 Il complesso della letteratura alfonsina costituisce una sorta di summa enciclopedica del
sapere dell'epoca, con una grande varietà di argomenti: si tratta di un progetto culturale unitario che spazia dalla storia del diritto alle arti della magia, dalle arti del quadrivium alla caccia, e con ampio spazio alle attività ludiche.
31
Questo un aspetto innovativo del testo, al quale si accompagna un'ulteriore
importante innovazione: il sovrano tenta infatti di proporre una nuova visione del
gioco. Nel libro sono descritti e raffigurati individui appartenenti a ogni classe
sociale: re, cavalieri, monaci, musicisti, arcieri, donne, uomini, cristiani,
musulmani, tutti intenti a giocare tra loro. Viene raffigurato il mondo medievale
nella sua multiforme complessità, come se il gioco fosse il collante sociale che
permetteva alle varie classi sociali di incontrarsi e avvicinarsi.
I giochi di tavoliere proposti nel libro diventano rappresentazione dei microcosmi
di cui è costituito il mondo reale in cui ci muoviamo, tra fortuna e abilità, come le
pedine di un gioco.
Alfonso X intende rappresentare la società medievale, e per la prima volta, i
giochi vengono considerati come espressione delle varie culture.
Il re, nell'introduzione, afferma che Dio volle concedere agli uomini nella loro vita
ogni sorta di godimento per sopportare meglio le fatiche e gli impegni che essi
dovevano assumersi, e che gli uomini inventarono svariati modi, tra cui i giochi,
per poter godere appieno di queste gioie.
Per la prima volta nella cultura occidentale i giochi vengono affiancati alle altre
espressioni della cultura umana che allietano la vita e rendono più piacevole il
mondo. Sicuramente un grandissimo passo in avanti nella legittimazione culturale
del gioco e dei giochi.
Quest'opera resta comunque sia un'oasi di liberalità nel clima di intolleranza che
caratterizzava la cultura ufficiale medievale nei confronti del fenomeno ludico.
Si può considerare il primo passo del lungo percorso che il gioco ha dovuto
intraprendere per essere pienamente compreso e valorizzato, fino a conquistare
una propria dignità culturale. Cammino che ancora oggi non si può ritenere del
tutto concluso.
Le prime indicazioni concrete per la ricostruzione di giochi antichi si cominciano
con la nascita della letteratura vera e propria. Dai classici cinesi e greci della
prima metà del primo millennio a.C. a quelli orientali e latini dell'inizio della
nostra era, i giochi di tavoliere vengono regolarmente citati, e talvolta descritti,
come parte integrante della vita dei popoli. Ciò testimonia l'importanza che il
gioco viene ad assumere nel vissuto quotidiano dei popoli di queste epoche. Per
alcuni giochi di tavoliere, tra cui gli scacchi, si può cominciare a parlare di storia
attendibile dai primi secoli della nostra era. Di storia certa invece si devono
32
attendere gli ultimi 10 secoli, quando comincia a fiorire una letteratura
specificatamente dedicata ai giochi.
Infatti, ad eccezione di qualche presunto testo dedicato a giochi di epoca romana, i
più antichi libri di giochi oggi noti sono manoscritti cinesi sul Go, di datazione
incerta ma attribuibili alla dinastia T'ang (618 -906 d.C.), e dei manoscritti arabi
sugli scacchi, il più antico risalente alla metà del IX secolo d.C.
In Europa, libri dedicati esclusivamente ai giochi cominciarono ad apparire solo
qualche secolo più tardi, a seguito della dominazione araba nel Mediterraneo.
Ad esempio, nei primi secoli del nostro millennio gli scacchi sono presenti in
molte opere letterarie, tra le quali emergono un poema in ebraico del 1167 scritto
dal rabbino Abramo Eben Erza, e un trattato in latino Liber de moribus Hominum
et officiis Nobiluim ac popularium super ludo scachorum scritto dal domenicano
Jacopo da Cessole del 1280.
La nascita nel Medioevo di una specifica letteratura suoi giochi e la sua costante
crescita nei secoli successivi testimonia l'importanza che le attività ludiche
acquisiscono nella vita degli uomini. Tuttavia, la strada per il raggiungimento di
una piena dignità culturale è ancora lunga. Un importante contributo
all'emancipazione culturale dei giochi è fornito dall'inglese Thomas Hyde che nel
1694 pubblicò De Ludis Orientalibus, una vasta raccolta di giochi antichi, in gran
parte, non a caso, giochi di tavoliere.
A lui si deve anche il primo tentativo serio di scrivere una storia degli scacchi
moderna Mandragorias seu historia shahiludii di fine '600.
Il seme gettato da Hyde darà presto i suoi frutti. Si assisterà infatti a una
rivalutazione del “fenomeno gioco” non solo da parte degli uomini di cultura ma
anche delle correnti pedagogiche moderne, che riconosceranno la funzione e
l'importanza delle attività ludiche nei processi educativi e formativi. Il gioco non è
più visto come attività esclusivamente infantile se non addirittura demoniaca, ma
attività utile, necessaria e lecita anche per l'adulto.
Questo rivoluzionario atteggiamento culturale nei confronti del gioco
incrementerà la diffusione e la popolarità di molti giochi tra il XVIII e il XIX
secolo. In quest'epoca assistiamo all'ingresso a pieno titolo di scacchi, dama,
giochi di carte, ecc.. nei locali pubblici, non più giocati solo tra le mura
domestiche.
In questo processo di rivalutazione culturale delle attività ludiche non può passare
33
inosservato, ai fini di questo lavoro, il fatto che i giochi di tavoliere abbiano avuto
un posto privilegiato. Questo perché si tratta indubbiamente dei giochi più antichi
tramandatici dai nostri antenati più lontani.
Numerose sono state le opere dedicate alla storia dei giochi tra la fine del secolo
scorso e gli inizi del '900.
Per quanto riguarda nello specifico gli scacchi, sulla scia di Hyde esce nel 1913 A
hystory of chess35, opera monumentale di H.J.R Murray.
A oltre 100 anni dalla sua uscita è ancora ritenuta da molti “l'ultima parola” sulla
storia universale degli scacchi. Le linee tracciate sull'origine del gioco e su come
si è evoluto fino ad oggi restano sostanzialmente valide. In questa ricostruzione, la
forma moderna degli scacchi definitivamente codificata risale al XVIII secolo.
35 Murray H.J.R., A Hystory of Chess, London, Oxford University Press, 1913.
35
CAPITOLO II.
GLI SCACCHI IN EDUCAZIONE: ELEMENTI TEORICO-SCIENTIFICI
2.1 Una “pedagogia degli scacchi”
Partendo dalla categoria generale di cui gli scacchi fanno parte, ovvero i giochi di
tavoliere, possiamo affermare che raramente questi giochi risultano l'oggetto
centrale, a livello accademico, di una discussione pedagogica.
I testi che si occupano della componente educativa di questi giochi sono pochi, in
quanto la maggior parte dei libri che si occupano di giochi di tavoliere sono
prevalentemente manuali tecnici, con pochi riferimenti alla riflessione
pedagogica.
La stessa cosa può dirsi anche per le prassi educative: già dai termini con i quali
vengono comunemente chiamati (giochi di società, passatempi) rendono evidente
il fatto di essere considerati, dalla cultura popolare, una sorta di riempitivo del
tempo libero.
Raramente sono oggetto di iniziative culturali promosse dalle istituzioni, e di rado
sono inclusi in percorsi scolastici e formativi.
Gli scacchi costituiscono un'eccezione. Facendo parte di una forte tradizione
culturale, vengono proposti sempre più spesso in educazione, sia attraverso eventi
culturali che per mezzo di percorsi formativi, primo fra tutti i corsi di scacchi
nelle scuole.
Ma in che relazione sono con l'ambito pedagogico?
La Pedagogia sappiamo essere una scienza pratica e teorica, finalizzata alla
formulazione di principi-guida per l'educazione dei ragazzi. Gli scacchi, invece,
sono conosciuti come un gioco da tavolo di strategia, dove si scontrano due
avversari che si affrontano in battaglia.
Teoricamente non sembrerebbe emergere un legame diretto tra questo gioco
millenario e una scienza ormai affermata da tempo.
In effetti, gli scacchi di per sé non possiedono una scienza dell'educazione (non
abbiamo una “Pedagogia degli Scacchi”), oltre al fatto che non è riscontrabile
all'interno di questa attività ludica un intento educativo dichiarato.
Tuttavia, il gioco degli scacchi si è rivelato uno strumento “flessibile”, adattabile
36
alle necessità e ai tempi36, al punto da essere sfruttato per raggiungere non
solamente scopi ludici, ma anche di altra natura.
Oltre al puro fine di svago e divertimento, oggi assistiamo a un utilizzo del gioco
a scopo educativo e rieducativo.
Ma, a voler essere precisi, e qui è utile aprire una parentesi, anche in passato
possiamo riscontrare un utilizzo del gioco in questi termini.
La varietà dei pezzi sulla scacchiera, con loro diversa potenza e il diverso
movimento hanno sempre simboleggiato un piccolo mondo, miniatura di quello
reale, che si adattava perfettamente a moralisti, teologi, e filosofi delle varie
epoche.
In sostanza, gli scacchi sono stati visti, fin dalla loro prima comparsa, come
educativi, consolatori se non addirittura terapeutici.
Basti pensare alle prediche di fra' Jacopo da Cessole (XII secolo) che utilizzò gli
scacchi per presentare concetti moralizzanti; o al trattato di teologia “Il cammino
della perfezione37”(1564) di Teresa D'Avila38 nel quale la Santa parla degli
scacchi come strumento di conoscenza e comprensione dei meccanismi della
preghiera. È del 1780 lo scritto “The Moral of Chess” di Franklin39 dove gli
scacchi sono considerati portatori di valori quali lungimiranza, tenacia, prudenza,
sottolineando di non sottovalutare mai nessun avversario e contare esclusivamente
sulle proprie forze.
Nell'aspetto educativo rientra anche l'antica leggenda secondo la quale gli scacchi
furono inventati per dimostrare a un re troppo orgoglioso l'importanza degli altri
pezzi, altrettanto fondamentali e insostituibili, a partire dagli umili pedoni.
O ancora, la più nota leggenda dei chicchi di grano in cui l'inventore del gioco
chiede un chicco di grano per la prima casella, due per la seconda, e così via fino
a raggiungere alla 64esima casella un numero astronomico per via della
progressione geometrica, vede gli scacchi diventare un veicolo per semplificare
idee complesse e illustrare idee astratte.
36 G.Kasparov (1963), scacchista russo, nella sua opera “I miei grandi predecessori” parla degli
scacchi come di un gioco adattabile al gusto dei tempi, per come veniva considerato e apprezzato, avendo ciò un peso rilevante sullo sviluppo e l'influenza del gioco.
37 Santa Teresa D’Avila, Il cammino di perfezione, in Opere complete, Milano, Edizioni Paoline, 1998.
38 Appassionata giocatrice di scacchi, Teresa d'Avila viene proclamata Santa Patrona degli Scacchisti nel 1944.
39 Franklin B., The moral of Chess and Diplomacy, in The political thought of Benjamin Franklin, Hackett Publishing Company, Indianapolis, 2003.
37
Un concetto complesso come “Il doppiar degli scacchi40” fu reso semplice e alla
portata di tutti, diventando talmente popolare da essere utilizzato da Dante
Alighieri in un famoso passo del Paradiso.
Attraverso il concetto di guerra comprensibile a tutti, ciò che si trasmetteva erano
concetti ben più astratti.
Leoncini41 nel suo testo associa il gioco degli scacchi in quelle epoche a un
moderno software di presentazione, una sorta di Power Point del Medioevo.
Tornando alla scienza pedagogica, essa si occupa di formulare principi indirizzati
alla formazione di individui da educare o in qualche modo da rieducare. Non solo
bambini, ma anche adolescenti, adulti, anziani. Dunque una scienza che si rivolge
a un vasto pubblico sociale. Così come il gioco degli scacchi.
Questa prima analogia che avvicina i due campi non più quindi percepiti come
separati, si accompagna anche a un'altra caratteristica comune: la flessibilità. La
pedagogia, in quanto scienza, nel formulare programmi e sistemi da applicare in
concreto rimane aperta a possibili interventi e modifiche. Negli scacchi avviene
qualcosa di simile, in quanto il giocatore formula un piano personale di attacco e
difesa, studiando la situazione sulla scacchiera e applicando le regole che ha
imparato. Dunque, in entrambi è presente una parte di astrazione teorica e una
successiva verifica sulla realtà. Inoltre, non c'è un ordine preciso in cui queste due
fasi devono alternarsi; piuttosto è importante valutare se un procedimento è
efficace o meno.
La flessibilità42 che caratterizza gli scacchi ha permesso loro di adeguarsi alle
esigenze, ai tempi, ai gusti, alle persone e, aspetto ancor più importante, di entrare
in contatto con altre realtà, altri campi del sapere umano dai quali attingere
informazioni utili da applicare nella propria attività.
La pedagogia entra in gioco nel momento in cui si devono insegnare gli scacchi ad
altri individui, impiegando principi educativi.
Insegnare gli scacchi non significa solo giocare: partendo dalla dimensione ludica
si possono in realtà svolgere altre attività, come quelle educative o riabilitative 40 Secondo la definizione del noto Leonardo Pisano, il Fibonacci. 41 Cfr. Leoncini M., Natura simbolica del gioco degli scacchi, op. cit., p. 14. 42 A differenza di quasi tutti i giochi dell'antichità scomparsi nel nulla, gli scacchi sono riusciti a
cavalcare l'onda della civilizzazione e sono sopravvissuti nei secoli a culture tanto diverse le une dalle altre. Unico tra i giochi che ha seguito il cammino dei popoli come solo le scienze e le arti hanno potuto fare. In realtà perché la storia degli scacchi è una storia di trasformazione, essendo stati capaci di adattarsi a religioni, usi e costumi diversissimi rimanendone influenzati e finendo con l'influenzarli.
38
che sono argomento di analisi di questo lavoro.
Conosciuto da tempo come un semplice gioco, gli scacchi si dimostrano invece
una disciplina molto più complessa e duttile, che vede al suo interno elementi
pedagogici, psicologici, sociali, terapeutici, oltre che scacchistici.
Un materiale “plastico” che permette di formulare sistemi nuovi nel nostro tempo
da adattare alla realtà, in base alla situazione che si ha di fronte.
Ecco che si apre la possibilità di insegnare gli scacchi nelle scuole e ottenere
determinati benefici pedagogici dagli alunni; o applicare il gioco nelle carceri a
scopo riabilitativo (intesa come riabilitazione all'ordine sociale e all'armonia
dell'individuo con se stesso e la società).
A seguito di tali considerazioni, come suggerisce Jugivich43 si può iniziare a
parlare di una “Pedagogia degli Scacchi” in grado di formulare programmi di
insegnamento dell'attività ludica a seconda della situazione specifica e, al tempo
stesso, di fornire agli allievi una serie di benefici man mano che entreranno in
contatto con questo gioco.
2.3 Educare con il gioco gli scacchi: i benefici per una crescita globale
Il gioco in educazione riveste un ruolo essenziale contribuendo alla maturazione
globale del bambino. La grande valenza educativa del gioco è stata messa in luce
da molti studiosi. Winnicott, ad esempio, nella sua Teoria del gioco esplicita come
attraverso l’attività ludica il bambino riesce ad aprirsi agli altri accettando le
regole e imparando a vivere in autonomia nel mondo che lo circonda.
Giocando, il bambino è sempre protagonista delle proprie azioni, arrivando a
sperimentare le proprie capacità e i propri limiti. Ecco che il gioco si pone quale
punto di partenza di molti interventi educativi, occupando una dimensione
centrale e pervasiva della crescita umana.
In particolare, molti studiosi dell’età evolutiva da Vygotskij alla Montessori, da
Piaget a Bruner hanno visto il gioco quale strumento educativo sia nell’ambito del
potenziamento delle capacità relazionali sia per quanto riguarda la necessità di
sviluppare nel bambino le abilità di problem solving.
La scienza pedagogica riguardo la valenza educativa del gioco si sofferma in
particolar modo sull’utilizzo dell’aspetto ludico nell’educazione scolastica.
43 Istruttore federale base di scacchi. Cfr. sito http://jugivich.blogspot.it
39
L’attività ludica, tutelata dall’articolo 31 della Convenzione Internazionale sui
diritti dell’Infanzia44, all’interno della pratica didattica scolastica diventa un
elemento fondamentale poiché favorisce, grazie al forte interesse che suscita nei
bambini, l’acquisizione di competenze nelle varie discipline del curricolo
scolastico e al tempo stesso promuove la socializzazione in classe.
Infatti nella fase di apprendimento ludico il bambino è chiamato a stare con gli
altri e interagire nel rispetto di regole ben precise.
In questa parte del lavoro mi propongo di affrontare come il gioco degli scacchi
può essere applicato nel proposito educativo.
Ad oggi, numerosi studi hanno messo in luce le molteplici potenzialità insite nel
gioco degli scacchi come strumento educativo per promuovere la crescita del
bambino.
Pensando agli scacchi, l'associazione più comune è quella di essere un gioco
complesso, difficile da imparare, destinato alle menti più eccelse, e soprattutto
riservato al mondo adulto. Viene infatti spontaneo chiedersi come un bambino
possa trovare divertimento cimentandosi in un gioco dove occorre stare seduti per
molto tempo, in assoluto silenzio, e per di più concentrati nell'affrontare in sede di
partita dei “problemi” molto lontani dall'esperienza reale.
Le esperienze di ricerca in campo pedagogico hanno invece dimostrato che gli
scacchi sono un gioco anche per bambini, dal quale trarre sia divertimento che
un'opportunità di crescita a livello globale45, in particolar modo a livello
cognitivo, metacognitivo, sociale, etico ed emotivo. Esplicito quindi nel dettaglio
queste funzioni.
� La funzione cognitiva
Il più evidente merito riconosciuto al gioco degli scacchi riguarda il
potenziamento delle abilità cognitive. Non a caso gli scacchi rientrano tra gli
Sport della Mente46.
44 Onu, Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (Convention on the Rights
of children). Organizzazione delle Nazioni Unite, 20 novembre, New York. 45 La scienza psicologica parla dello sviluppo come di un fenomeno multidirezionale, dirigendo
il focus su molteplici aspetti: emotivo, affettivo, cognitivo, motorio, ecc. In base alla Teoria Generale dei Sistemi (1950) applicata alla psicologia, il bambino mentre apprende, anche in ambito ludico e sportivo, cambia a livello di valori credenze, emozioni, ed esprime se stesso nella sua globalità.
46 Sono quegli sport in cui il lavoro mentale rappresenta gran parte della performance sportiva. Ad un “sportivo della mente” sono richieste abilità di strategia, tattica, calcolo, memoria,
40
Gli scacchi favoriscono abilità di tipo cognitivo quali la memoria, la
concentrazione, l'attenzione, la capacità di previsione e la capacità di trovare
soluzioni (problem solving).
Le rivelazioni scolastiche denotano sempre più spesso diffusi deficit nella capacità
di attenzione e concentrazione degli alunni. A scuola, ma anche nel contesto di
vita generale, si fanno sempre più cose e sempre più in fretta.
Pensare prima di muovere è un famoso motto in ambito scacchistico, in quanto
imperativo necessario nel gioco, che aiuta a stimolare il pensiero e il
ragionamento prima di passare all'azione.
Rivalutando altresì il motto “Un momento… sto pensando!” di Reuven
Feuerstein47, attraverso il gioco degli scacchi si può promuovere nel bambino la
concentrazione, l'attenzione e la consapevolezza del proprio modo di apprendere
riconoscendo le difficoltà, gli errori e le strategie per superarli.
Ancora, dal punto di vista cognitivo gli scacchi contribuiscono ad aumentare le
capacità di problem solving e l'efficacia del decision making.
Questi processi, ritenuti dall'OMS48 fondamentali sia in ambito scolastico che di
vita quotidiana, hanno in comune il coinvolgimento di processi mnestici (di
recupero delle informazioni per risolvere un problema o prendere una decisione),
di processi attentivi (per selezionare tra le informazioni trovate quelle più
adeguate) e di ragionamento (per arrivare alle giuste conclusioni date le premesse
iniziali).
Problem solving e decision making sono chiaramente coinvolti nel gioco degli
scacchi nella misura in cui i giocatori operano delle scelte tra una serie di opzioni
possibili rispetto alla posizione dei pezzi sulla scacchiera e delle posizioni che
potrebbero conseguire dalla scelta fatta e alle possibili mosse che l’avversario può
fare in risposta. Si tratta anche di elaborare mentalmente un “piano B” nel caso in
concentrazione, riflessione, ragionamento. Rientrano in questo settore, oltre gli scacchi, la dama, il bridge, il go, e mastermind. Sull'argomento, si segnala il testo di Tribuiani R. Il massimo rendimento negli scacchi e in altri sport della mente, Prisma Editori, 2006.
47 Psicopedagogista israeliano (1922-2014)che ha elaborato il metodo Feuerstein per sviluppare l'intelligenza di bambini con problemi di apprendimento. Partendo dal presupposto che l'intelligenza è modificabile se opportunamente stimolata, il metodo consiste nel rendere consapevole il bambino dei suoi processi mentali quando impara o risolve dei problemi: può “vedere” come pensa e modificare i processi per risolvere al meglio i problemi, non solo matematici o scolastici. In particolare, il metodo punta a far riflettere prima di compiere anche la più piccola azione. E sviluppa la flessibilità del pensiero.
48 Organizzazione Mondiale della Sanità che nel 1993 definisce tali processi come life skill, abilità essenziali per la vita.
41
cui il “piano A” sia bloccato dalle mosse dell’avversario. Sono questi gli stessi
percorsi cerebrali che vengono utilizzati per un problema di matematica.
Così come per le scelte quotidiane, la decisione presa su quale mossa fare non
sempre è quella migliore in assoluto, ma quella che il soggetto ritiene in quel
momento più giusta tra le alternative prese in considerazione in quel contesto
particolare.
Soluzioni di ragionamento alternative al percorso logico-formale consentono, se
non di raggiungere la soluzione migliore, di giungere a una soluzione
sufficientemente buona. Questo è ciò che fa la grande differenza tra il
ragionamento scacchistico umano, coi suoi limiti cognitivi (quali l'impossibilità di
considerare contemporaneamente tutte le alternative possibili), e quello del
software scacchistico di un computer che utilizza il solo calcolo.
Nell'essere umano, invece, i processi cognitivi non possono prescindere dalle
emozioni: l'ansia, la paura di sbagliare o di perdere sono componenti emotive che
possono ostacolare la performance cognitiva.
A differenza della vita reale, il vantaggio nel gioco degli scacchi è che il giocatore
può verificare quasi immediatamente l'efficacia della decisione presa.
Altra capacità logica che viene stimolata in questo gioco è il ragionamento di tipo
ipotetico“se...allora”: usando la logica, il giocatore deve crearsi una
rappresentazione mentale delle mosse, in quanto il regolamento prevede che una
volta fatta la mossa il pezzo non può essere più toccato fino al turno successivo.
Questo richiede notevole concentrazione e accresce la capacità di astrazione.
A questo proposito, è comune tra gli scacchisti, anche di giovane età, vivere le
cosiddette “esperienze di flusso”, ovvero momenti di massima concentrazione ed
elevata focalizzazione sull'obiettivo, con un conseguente rendimento alto. Queste
esperienze sono rese possibili da una forte motivazione che può scaturire dal
piacere del gioco e dalla gratificazione che ne deriva.
Molta letteratura49 attribuisce agli scacchi la capacità di implementare soprattutto
le abilità cognitive finora elencate, ma la funzione di questo gioco non si riduce
solo a questo. Come osservato da Terlizzi50, in un'epoca in cui la Psicologia
49 Horgan D.D., Morgan D. Chess expertise in children. Apllied Cognitive Psychology, 1990. R.
Miletto, Per una scuola amica. Curricoli speciali per potenziare la mente, Alpes Italia, Roma, 2010.
50 E. Terlizzi (Milano, 1978), docente di Psicologia dello Sviluppo all'Università cattolica del Sacro Cuore di Brescia. Si occupa di formazione a educatori, insegnanti e genitori.
42
dell'Educazione riconosce l'importanza dell'esistenza delle intelligenze multiple
(Gardner,1989) che guarda la natura umana in tutta la sua complessità, soffermarsi
solo sul valore cognitivo degli scacchi risulta riduttivo. Preciso che gli scacchi
sono spesso accusati di essere un gioco “freddo”, poco divertente, dove viene
esercitata solo la cognizione, e che proprio nel contesto italiano sono stati per
molto tempo visti solo come mezzo per potenziare la mente dei bambini.
Ma già il fatto di essere oltre un gioco anche uno sport, connota gli scacchi in una
dimensione socializzante, etica e creativa, che sono aspetti altrettanto
fondamentali sui quali le istituzioni educative si stanno sempre più soffermando,
riconoscendone il valore formativo.
� La funzione metacognitiva
Giocare a scacchi stimola le capacità metacognitive in quanto il giocatore è
sempre chiamato a riflettere sui propri pensieri e stati mentali: domande del tipo
“Cosa sto facendo?” e “Perché?” sono molto frequenti nello scacchista, sia
durante una partita ma anche dopo, interrogandosi sulla strategia adottata e sulle
mosse che hanno condotto al risultato raggiunto. Questo tipo di riflessione a
posteriori ha lo scopo di mettere in luce quelle possibilità che in fase di gioco non
erano state considerate, e di comprendere anche i meccanismi cognitivi che hanno
portato a commettere un errore.
Questo processo permette al soggetto di prendere atto dei propri limiti e delle
proprie potenzialità, in un'ottica costruttiva. Riflettere sui propri pensieri
nell'apprendimento significa poter monitorare i propri processi cognitivi
(metacognizione), autovalutando i propri progressi e le difficoltà eventuali.
A scuola tale abilità è fondamentale perché rende il bambino consapevole del
proprio livello di apprendimento e delle strategie da adottare al fine di rendere più
efficace il proprio metodo di studio. Ne deriva la sensazione di essere direttamente
responsabile del suo successo, e questo incide positivamente sulla crescita
dell'autostima.
Il bambino infatti, riconoscendo una sua buona performance cognitiva come il
frutto di fattori interni a lui, quali l'impegno e lo sforzo, e non esterni, dovuti a
fortuna o facilità di un compito, si sente più motivato in quanto soggetto attivo del
suo apprendimento.
43
� La funzione sociale
L'istinto sociale fa sì che il bambino si annoi presto di giocare da solo e si muova
alla ricerca dei compagni.
Gli scacchi sono importanti sul piano dello sviluppo sociale del bambino in
quanto favoriscono l'interazione con gli altri. Durante l'attività, il bambino è
chiamato a confrontarsi sia in relazioni asimmetriche (con l'istruttore,
l'insegnante) che simmetriche con i propri pari, con i quali condivide determinate
regole.
L'inserimento del bambino in un gruppo sportivo come quello degli scacchi
presuppone il rispetto di codici di regole affinché la competizione avvenga in un
contesto socialmente accettabile.
Questo contesto favorisce certamente una buona relazione all'interno del gruppo,
senza contare che le relazioni che nascono in un contesto scacchistico
promuovono lo sviluppo di competenze sociali importanti quali le abilità
mentalistiche.
Il gioco sviluppa quella che in ambito psicologico viene chiamata “Teoria della
Mente”, cioè la capacità di comprendere gli stati mentali propri e quelli altrui in
termini di desideri, pensieri, emozioni e, di conseguenza, prevedere il
comportamento proprio ma anche degli altri.
Negli scacchi la “lettura della mente” avviene allorché ogni giocatore pensa a cosa
sta pensando l'avversario, per prevederne le mosse e procedere di conseguenza.
Il bambino, nel corso di una partita, impara poco alla volta a comprendere che gli
altri possono avere stati mentali diversi dai suoi, quindi a capire che non esiste
solo il suo punto di vista ma anche quello dell'avversario, del quale è necessario
tenere conto, se si vuole giocare bene.
Questa graduale presa di coscienza si rivela molto utile quanto più è giovane
l'allievo. Sappiamo infatti che tendenzialmente il bambino in età evolutiva è
portato a considerare la propria visione delle cose come l'unica possibile.
Gli scacchi aiutano quindi ad attenuare e superare il naturale egocentrismo
infantile e di conseguenza aprono la strada all'accettazione dell'altro e al rispetto
dell'avversario.
In questo gioco, più che in altre attività sportive, la sfida avviene sul piano
intellettuale.
Non essendoci uno scontro fisico tra i giocatori, la scacchiera è il solo luogo in cui
44
viene espresso il conflitto. Ecco che, in tali condizioni, gli scacchi educano al
rispetto dell'altro indipendentemente dal risultato finale.
Non a caso, ogni incontro si apre sempre augurandosi “buon gioco” e stringendosi
la mano, a inizio e fine partita.
Ovviamente alla fine ci saranno un vincitore e un perdente. Ma da entrambe le
parti il gioco richiede un atteggiamento di rigoroso rispetto sociale,
complimentandosi a vicenda per il gioco eseguito.
Infine, la competizione insita nel gioco non viene mai esasperata bensì
canalizzata: nell'ipotesi in cui essa faccia nascere un rapporto conflittuale, la
dimensione socializzante deve essere sempre recuperata dall'insegnante aiutando i
bambini a gestire il conflitto attraverso la riflessione e il dialogo.
� La funzione etica
Gli scacchi presentano regole numerose e complesse che vanno rispettate ai fini
dello svolgimento del gioco stesso. I giochi con regole consentono lo sviluppo dei
concetti di equità, turnazione e il superamento di atteggiamenti di prevaricazione e
scorrettezza che non consentono il regolare svolgimento del gioco.
La dimensione etica negli scacchi si lega dunque al rispetto delle regole e di
conseguenza dell'avversario. E ancora all'accettazione del risultato della partita,
atteggiamento al quale è fondamentale educare i bambini.
Inoltre gli scacchi oltre ad essere un gioco individuale, possono trasformarsi in
gioco di squadra, ad esempio nei tornei a squadre, dove la prestazione individuale
è in funzione di un obiettivo comune. In questo contesto si dà spazio allo spirito di
solidarietà e di collaborazione dove il bambino è stimolato a responsabilizzarsi nei
confronti dei compagni di squadra.
In sintesi, gli scacchi concorrono, per gli elementi qui indicati, alla formazione
della coscienza morale, come fattore di crescita democratica in vista della
formazione del cittadino futuro, consapevole dei suoi diritti e doveri. Nel gioco
sociale il bambino impara ad esercitare l'autocontrollo, a sublimare le tendenze
agonistiche ed aggressive e a disciplinare le proprie emozioni.
� Le competenze emotive
Come è stato evidenziato, la funzione del gioco si estende allo sviluppo
dell'individuo nella sua globalità: l'attività ludica non investe solo l'ambito
45
cognitivo e metacognitivo, ma anche quello emotivo.
Negli scacchi è di fondamentale importanza saper regolare le proprie emozioni in
situazioni complesse per poter mantenere la lucidità e l'obiettività durante il gioco.
In questo senso gli scacchi allenano il bambino nel faticoso compito evolutivo di
autocontrollo emotivo, aiutandolo a gestire nel modo più adeguato il conflitto
insito in qualsiasi gioco competitivo, ma anche dimensione naturale della vita
psichica.
Le esperienze di vittoria o di sconfitta assumono anch'esse un valore educativo:
negli scacchi non si esulta per una vittoria e non ci si dispera per la sconfitta.
È importante educare alla padronanza delle proprie emozioni sia quelle positive
che negative, per evitare che la soddisfazione della vittoria si trasformi in senso di
invincibilità, e che la rabbia e la delusione per la sconfitta degeneri in senso di
colpa e vergogna.
L'educatore ha un compito fondamentale nel sostenere il bambino a gestire la
sconfitta facendogli capire le motivazioni del suo fallimento. È utile ricordare
sempre al bambino che si impara molto più da una sconfitta che da una vittoria.
2.3 Gli scacchi, tra gioco e sport
“Gioco” e “sport” sono categorie correlate tra di loro, e non una coppia di opposti
senza soluzione di continuità. Ma in quale relazione? Un gioco può evolversi e
diventare sport: lo sport nasce infatti come derivazione di un gioco che si sviluppa
e si struttura in attività sportiva.
Gli scacchi sono un gioco da tavolo ritenuto erroneamente da molti “un gioco per
vecchi”, in quanto non avrebbe nulla a che fare con la forma fisica e la prestanza
atletica; per tale ragione non è stato per lungo tempo considerato uno sport.
Dunque, gli scacchi non sarebbero stati considerati come un vero e proprio sport
per l'assenza di movimento fisico, essendo giocati seduti in quasi totale
immobilità.
L'unico intervento fisico è in effetti quello della mano che sposta i pezzi. Talvolta
neanche quello, se si pensa ai giocatori con handicap fisico, che devono
comunicare a voce le loro mosse.
In realtà questa vecchia discussione se gli scacchi debbano o meno essere
considerati anche uno sport è stata risolta a seguito di alcune considerazioni.
Per cominciare, la parola sport secondo l'etimologia deriverebbe dal latino
46
deportare che significa “uscire fuori porta”, concetto collegato quindi al
movimento.
Nel caso degli scacchi, essi coinvolgono la mente ma anche il corpo, anche se si
giocano seduti a un tavolo. Questo avviene perché gli scacchisti utilizzano la loro
percezione, specialmente visiva, attivando così il sistema nervoso con tutte le sue
funzioni. Dunque, la supposta assenza di motricità fisica che caratterizza gli sport
tradizionali, viene compensata dalla motricità degli impulsi neurali che innescano
un movimento a livello fisiologico, non visibile fisicamente, ma comunque
presente.
Da qualche anno inoltre, gli scacchi vengono definiti lo “sport della mente”,
ricollegandoci a quello che già in passato molti filosofi, tra cui Voltaire, Leibniz,
Pascal, avevano affermato definendo gli scacchi “una palestra mentale”. Il
muscolo impegnato in questo gioco è il cervello, e come ogni altro muscolo
necessita di essere allenato.
Ma oltre alla preparazione tecnica, i giocatori di scacchi a livello agonistico si
allenano anche attraverso una preparazione fisica e alimentare mirata, per poter
sostenere i tornei dove le partite possono durare anche più di 8 ore. Per un buon
rendimento dell'attività cerebrale così prolungata il cervello necessita di una
buona ossigenazione; senza un adeguato allenamento psicofisico a un certo punto
si crolla, perdendo la concentrazione e di conseguenza la partita. Ecco che gli
scacchisti di alto livello seguono un costante allenamento quotidiano (8-10 ore per
i grandi campioni) seguiti da personal trainer per curare la forma fisica per
sostenere lo stress psichico e nervoso di molte ore di gioco. Un'attività così
strutturata non può dunque essere considerata solo un semplice gioco.
Da molto tempo inoltre, gli scacchi sono riconosciuti come sport a tutti gli effetti
dalle federazioni di enti sportivi nazionali (in Italia dal Coni) e dal CIO (Comitato
Olimpico Internazionale).
2.4 Scacchi sportivi e scacchi scolastici: quale differenza?
Alla luce dei molteplici benefici promossi dal gioco degli scacchi messi in
evidenza ne deriva l’importanza del loro utilizzo in ambito scolastico.
Tuttavia, nell’insegnamento degli scacchi nella scuola primaria occorre operare
una scissione tra l’aspetto sportivo del gioco e quello invece propriamente
didattico.
47
Sono due modalità diverse di intendere il gioco, dove la differenza risiede
principalmente nelle finalità e negli obiettivi da raggiungere. Secondariamente
nella metodologia di insegnamento.
Alexander Wild, istruttore di scacchi da oltre trent’anni, nel suo manuale51 per gli
insegnanti, indica quali debbano essere gli obiettivi dei cosiddetti “Scacchi
scolastici”, operando una suddivisione tra: Obiettivi Funzionali, Obiettivi
motivazionali, Obiettivi Pedagogici.
La differenziazione tra gli scacchi sportivi e quelli scolastici è che nel primo caso
lo scopo è quello di insegnare ai ragazzi il gioco essenzialmente per diventare
bravi giocatori, perfezionarsi, crescendo sempre di livello; nel secondo caso lo
scopo è quello di insegnare agli allievi nuovi metodi e strategie di ragionamento
in maniera intuitiva. In pratica insegnare nuove strutture di pensiero. L’intento è
anche quello di divulgare il gioco integrandolo con le materie scolastiche, pertanto
non si insiste troppo sugli aspetti tecnici ma sull’elemento ludico e sulla
partecipazione di tutta la classe all’attività didattica.
Sul perché insegnare gli scacchi a bambini della scuola primaria si possono fare
molte altre considerazioni.
Se si considera l’età scolare, la grande maggioranza dei bambini è attratta dagli
scacchi in maniera intuitiva, e anche nel caso in cui qualcuno non rimanesse
immediatamente attratto, si è visto accostarsi e interessarsi al gioco in seguito, per
effetto della “mentalità di gruppo”.
All’interno di una classe scolastica si possono trovare bambini svegli, pieni di
energia, così come bambini più “deboli”, con problematiche cognitive o di
relazione. La peculiarità degli scacchi risiede nel fatto di essere uno strumento
utile per tutti, per la curiosità che suscitano creando nei bambini un punto di
interesse comune. Oltre infatti a migliorare le capacità di concentrazione e
autocontrollo, creare la capacità di prefigurare azioni future, migliorare la
percezione visiva e il pensiero strategico, gli scacchi creano un contesto che
facilita la partecipazione alle attività scolastiche dei bambini più timidi.
Molti insegnanti restano sorpresi dalla capacità di quei bambini che presentano
difficoltà nelle varie materie scolastiche di apprendere gli scacchi. È vero che i
bambini imparano più intuitivamente e velocemente le cose che a loro piacciono e
51 Wild Alexander, Giocare a scacchi, Manuale degli insegnanti, Verona, Edizioni
Ediscere, 2008.
48
che vogliono conoscere. Gli scacchi aiutano anche i bambini con difficoltà di
comprensione della lingua italiana a integrarsi, perché hanno un linguaggio
universale con regole identiche in tutto il mondo.
Altro aspetto positivo degli scacchi a scuola è quello per cui molti concetti che
vengono appresi attraverso questo gioco si adattano alle materie scolastiche,
attivando collegamenti con le varie discipline. Questo fa sì che l’attività degli
scacchi non sia da considerare disgiunta dal lavoro scolastico.
Ma come dobbiamo insegnare gli scacchi a scuola?
È accertato il fatto che per un sano sviluppo, i bambini hanno bisogno di esplorare
con piacere. Questo vale anche per gli scacchi.
Questa considerazione è importante al fine di evitare errori pedagogici o
metodologici.
Wild ha sviluppato una teoria alla fine degli anni '90, “Il sovraccarico e la paura”,
che indaga sulla reazione di abbandono di interesse da parte dei bambini a fronte
una richiesta per loro eccessiva.
Ci spiega che l'insegnamento delle regole di base e dei movimenti dei pezzi
generalmente non crea per i bambini problematiche di alcun tipo. La questione si
pone quando si entra nello specifico del tecnicismo del gioco (tattiche più
complesse, strategie, finali) dove accade che alcuni bambini si spaventano e
abbandonano l'interesse per il gioco.
L'errore da evitare è quello di far sentire gli scacchi come un dovere, come capita
spesso con le materie scolastiche, e non come un piacere.
Imponendo il modo con cui fare le cose, tipico spesso della scuola, si limita
inevitabilmente il processo di sviluppo naturale alla loro età.
Quindi la premessa necessaria per avere il maggiore effetto dagli scacchi è che il
bambino dal preciso momento in cui si mette davanti alla scacchiera e inizia a
giocare deve stare bene.
“Star bene” è una condizione essenziale per imparare, e per dare modo ai bambini
di esprimersi. Questo è l'aspetto su cui maggiormente si dovrebbe insistere negli
scacchi scolastici dove non è opportuno richiedere un rendimento troppo specifico
nella competenza scacchistica, come avviene per i corsi fuori dall’ambito
scolastico.
Ciò vuol dire che in primis per i bambini a scuola deve prevalere il divertimento,
pur sempre accompagnato dall’impegno.
49
I bambini non devono vivere l'ora di scacchi come lezioni pronte da interiorizzare,
ma come momento sia di benessere che di impegno: impegno a giocare, a
esplorare le infinite potenzialità del gioco, a cercare e scoprire strategie sempre
più efficaci ma da soli, con tanta esperienza pratica, senza fornire loro scorciatoie
teoriche per fare prima a migliorare e automatizzare il gioco, ma concedendo il
tempo necessario di cui i bambini hanno bisogno.
Gli scacchi hanno bisogno di tempo per agire sulla mente e sul comportamento
dei bambini; negli scacchi scolastici ancor più che sviluppare la competenza nel
gioco è importante l'esplorazione del gioco, che ogni bambino esegue secondo la
sua capacità e necessità.
Citando una frase di Wild “far trovare a ognuno la propria strada è il compito
affidato agli scacchi”.
Riporto anche quanto ci dice Alessandro Pompa, docente di scuola dell’Infanzia,
riguardo la differenza tra scacchi sportivi e scolastici:
“Educare agli scacchi o con gli scacchi? Per gli appassionati del gioco, in particolare gli Istruttori della Federazione Scacchistica Italiana, è più forte il rischio di fraintendere il proprio ruolo all’interno di un’istituzione scolastica per puntare a mere competenze tecnico-agonistiche; […] Nelle relazioni di aiuto, l’interesse precipuo non è creare piccoli scacchisti, magari campioni in erba, ma utilizzare in modo ottimo gli scacchi per i traguardi educativi, clinici, sociali […]. Come educatori abbiamo il dovere di una prevenzione strategica: una formazione, un percorso per pensare, aiutare a pensare, prima di mettersi in cammino: partendo dai primi giochi strutturati per arrivare agli scacchi52”.
2.4 Le sperimentazioni scolastiche sulla valenza formativa degli scacchi
Studiosi di neuroscienze, pedagogisti, psicologi, studiano da decenni la disciplina
scacchistica conducendo esperimenti e misurazioni di vario tipo sui praticanti,
classificando gli scacchi tra le attività intellettuali più elevate e ricche di
contenuti.
Diverse ricerche sono state condotte dalla seconda metà del secolo scorso con
l’obiettivo di rilevare i nessi tra il gioco degli scacchi e l’acquisizione di
competenze, sia cognitive che sociali. Molto spazio è stato dato all’area
matematica.
52 Pompa Alessandro, I bambini e gli scacchi. Appunti per una teoria della mente, Roma,
Armando Editore, 2005.
50
Tra gli studi realizzati nel contesto scolastico, da segnalare l’esperienza condotta
in Belgio53 nel 1981 su un gruppo di 40 bambini di classe quinta di scuola
primaria, sui quali l’istruzione scacchista aveva influito positivamente sui risultati
scolastici, anche a distanza di due anni.
Il progetto “Learning to think”54 realizzato nel 1979 in Venezuela ha rilevato
incrementi significativi nel QI dei bambini già dopo 4 mesi di pratica scacchistica.
In Canada, la ricerca “Studio comparativo sugli apprendimenti in matematica”
dal 1990 al 1992 su due gruppi di bambini di quinta classe ha evidenziato notevoli
progressi nell’area del problem solving per il gruppo che aveva integrato il corso
di matematica tradizionale con l’attività degli scacchi.
Per quanto riguarda la nostra Nazione, in Italia studiosi di Psicologia e Pedagogia
ci hanno fornito contributi sperimentali sul gioco degli scacchi a partire dagli anni
90.
Nel 1992 il Prof. Ciancarini dell’Università di Bologna pubblica l’opera “I
giocatori artificiali” sul rapporto tra scacchi e intelligenza artificiale. Attraverso
la registrazione dell’attività cerebrale dei giocatori, durante il gioco si attivano la
corteccia prefrontale dell’emisfero sinistro adibita alla memoria spaziale e alla
formazione delle immagini mentali.
Invece nel 1998 lo psichiatra e maestro di scacchi Carlo D’Amore pubblica un
articolo55 innovativo che vede il gioco degli scacchi protagonista di un’esperienza
riabilitativa in pazienti psichiatrici. Il gioco in gruppo venne utilizzato per
elaborare gli stati d’ansia attivando il sistema motivazionale cooperativo.
La collaborazione tra un insegnante di scuola dell’infanzia, una maestra di scuola
primaria, una psicoterapeuta dell’età infantile e un neuropsichiatria infantile ha
visto la realizzazione di un’opera “I bambini e gli scacchi. Appunti per una teoria
della mente” del 2005 realizzata da tecnici dell’età evolutiva sull’utilizzo della
psicomotricità su scacchiera gigante. Il testo racconta esperienze condotte sul
campo con metodologia e analisi clinica, utili come esempi pratici da cui prendere
spunto nella didattica con i bambini a livello interdisciplinare.
Nello studio condotto a Brunico, A.Wild ha portato avanti il progetto “Quattro
53 Christiaen e Verhofstadt-Deneve indagarono l’influenza degli scacchi sullo sviluppo cognitivo
utilizzando standard piagetiani. 54 Secondo Skinner “uno dei più grandi esperimenti sociali del XX secolo”. 55 D’Amore C, Pacini M.P., Bollea E., Pulsioni e fenomeni transizionali nel gioco degli scacchi. Un’esperienza riabilitativa, Minerva Psichiatrica, 2008.
51
anni per pensare meglio” (2006-2010) con l'obiettivo di testare se il rendimento
scolastico dei bambini aumenta giocando a scacchi in orario curricolare.
Attraverso il Test di prestazione Differenziale DL-KG56 che misura
concentrazione, attenzione e abilità logico-matematiche, è risultato un aumento
costante del rendimento per ogni anno, e dopo il terzo era addirittura raddoppiato
per il 25 % dei bambini.
Ma come si determina questo miglioramento? La sperimentazione ha mostrato
come già dopo un corso tradizionale di 20 ore si può parlare di un aumento
dell'attenzione da parte dei bambini. Attenzione intesa come grado di vigilanza.
Questo, volendo dare una spiegazione scientifica, deriva dal fatto che gli scacchi
costringono il cervello del bambino a rimanere presente e attento in maniera
volontaria. In pratica, non si tratta di automatismo, perché negli scacchi ogni
mossa è imprevedibile: il cervello infatti non può prevedere automaticamente cosa
succederà ed è quindi costretto a rimanere sveglio e attento per gestire la
situazione.
In questo esperimento, 30 ore di corso in un anno si sono rivelate sufficienti per
realizzare osservazioni sui bambini. Oltre ad attestare un migliore rendimento, le
osservazioni emerse hanno messo in risalto che i bambini sono interessati
relativamente alla teoria e preferiscono la pratica del gioco e la scoperta personale.
Questo ha condotto a rivalutare il modo in cui presentare il corso, dando ampio
spazio alla pratica (circa l’80%).
Le conclusioni di Wild, al termine di questo progetto, sono state che quattro anni
bastano per fissare lo spirito degli scacchi nella mente dei bambini, e che
soprattutto, al di là dei traguardi ufficiali sull'aumento della concentrazione e del
rendimento scolastico, i bambini hanno raggiunto quasi tutti il traguardo
principale che lui si era prefissato: riflettere sul gioco. Riflessione che è partita
spontaneamente da loro, non su richiesta dell'insegnante.
Si è visto nel tempo i bambini diventare più sensibili e prudenti verso se stessi e
gli altri.
Le infinite possibilità del gioco mettono in condizione i bambini di riflettere di
considerare le diversità sotto un'altra ottica, nell'individuare più possibili soluzioni
a un problema. Tutte queste capacità non rivolte verso l'unico scopo di vincere una
56 Test articolato in 14 prove di 90 secondi. Scelto perché utilizzato in molti Paesi ha permesso di
confrontare i risultati dei bambini di Brunico con i dati medi internazionali.
52
partita ma come modalità relazionali e di azione da usare nella vita quotidiana.
Un'altra esperienza di particolare rilevanza condotta in Italia sempre in quegli anni
è la ricerca sperimentale “Gli scacchi: un gioco per crescere” condotta da R.
Trinchero57 su bambini di classe terza nella scuole primarie piemontesi, dal 2005
al 2011.
Quattro classi sono state sottoposte a un corso di scacchi di 30 ore, altre quattro
utilizzate come gruppo di controllo. La ricerca ha dimostrato come i bambini di
due classi del gruppo sperimentale abbiamo ottenuto miglioramenti
statisticamente significativi nelle abilità matematiche e nella capacità di
estrapolare regole astratte da una situazione e applicarle, non riscontrati nel
gruppo di controllo.
Oltre a constatare relazioni positive tra la pratica scacchistica e lo sviluppo di
capacità intellettive di base dei bambini, la sperimentazione ha messo in evidenza
come i progressi siano stati maggiori laddove il metodo utilizzato dall'istruttore è
tale da motivare i ragazzi al gioco, presentando l’attività in senso ludico, e
creando condizioni ambientali che mettano l'allievo in condizioni di apprendere a
giocare serenamente, senza pressioni di alcun genere.
La ricerca “L’apprendimento degli scacchi con l’ausilio di tecnologie digitali” del
2010 ha confrontato la tradizionale metodologia didattica dell’insegnamento degli
scacchi con l’apprendimento con il software, dimostrando nella formazione
scacchista un’efficacia analoga a quella dei corsi con l’istruttore.
Interessante a livello didattico la ricerca sperimentale “Sviluppare le capacità di
base con la psicomotricità su scacchiera gigante. Una ricerca sperimentale sui
bambini del primo anno di scuola primaria” del 2012 di Trinchero e Sgrò58 sulla
relazione tra l’attività di psicomotricità su scacchiera gigante e numerose abilità di
base riguardanti vari ambiti: Italiano, Arte e immagine, Geografia, Matematica,
Corpo movimento sport, con riferimento alle Indicazioni Nazionali per il
Curricolo del 2007 allora in vigore.
Infine, il progetto pilota “Progetto SAM - Scacchi e Apprendimento della
Matematica” che ha mostrato notevoli incrementi nelle abilità matematiche nella
57 Roberto Trinchero, docente di Pedagogia sperimentale e Metodologia della ricerca educativa
presso la facoltà di Scienze della Formazione dell'Università degli Studi di Torino. 58 Giuseppe Sgrò, psicologo clinico esperto in Psicologia dello Sport, docente della Scuola dello
Sport del Coni in Lombardia.
53
scuola primaria legate alla pratica degli scacchi.
Volendo riassumere in alcuni punti alcune conclusioni salienti ricavate dalle
sperimentazioni emerge che il gioco degli scacchi può essere un valido ausilio in
ambito scolastico a condizione che:
1. gli interventi durino un numero sufficiente di ore; almeno 30 per un
risultato visibile sulle competenze logico-matematiche.
2. il metodo dell’istruttore sia tale da motivare i bambini al gioco, anche al di
fuori del ristretto numero di ore del corso.
3. il gioco venga presentato effettivamente come “gioco” senza caricare i
ragazzi di aspettative eccessive che snaturerebbero le valenze del gioco
come attività di apprendimento.
4. il setting in cui avviene l’intervento deve essere tale da mettere l’allievo in
condizione di apprendere serenamente a giocare, senza pressioni di alcun
tipo. Qui entra in gioco anche la collaborazione dell’insegnante nel
favorire un buon clima in classe.
54
CAPITOLO III.
GLI SCACCHI A SCUOLA: ESPERIENZE NELLA DIDATTICA
3.1 Storia della didattica scacchistica in Italia
La didattica scacchistica nasce in tempi relativamente recenti, se pensiamo che
fino a 25 anni fa, in Italia, il giocatore spesso si formava in autonomia, attraverso
manuali e libri che hanno costituito materia di riferimento per generazioni di
giocatori autodidatti.
Nel nostro Paese, nel dopoguerra, è stata fondamentale l'opera di scacchisti, in
particolare Enrico Paoli (1908-2005) e Giorgio Porreca (1927-1988), che
attraverso alcuni testi e traduzioni hanno dato un grande contributo alla
formazione dei giocatori.
In quegli anni solo la casa editrice Mursia trattava di scacchi. Dobbiamo aspettare
gli anni '70 quando la cultura scacchistica riesce a diffondersi in maniera capillare
a seguito di una maggiore disponibilità di libri stranieri, ma anche di un evento
mediatico definito il match del secolo: la sfida per il titolo mondiale tra il russo
Spassky e l'americano Fisher nel 1972. Questo evento incise fortemente sugli
appassionati del gioco, originando un vero e proprio “boom” di praticanti.
Per la didattica italiana furono fondamentali in quel periodo le riviste di settore,
contenenti spunti importanti per l'insegnamento. Tra queste, la storica rivista
milanese L'Italia Scacchistica, Scacco!, I due Alfieri, e la ben nota Torre e
Cavallo.
Negli anni '70 '80 sono state rilevanti anche le riviste dell'Arci e della Uisp, Arci-
Dama Scacchi e Contromossa, e pubblicazioni quali Pagine Uisp (1992)
incentrate sulla didattica quale punto chiave, ospitando articoli scientifici e
approfondimenti sulla valenza pedagogica, rieducativa e formativa degli scacchi
nei diversi ambienti come scuole, carceri e strutture per disabili.
In seguito, la Federazione Scacchistica Italiana ha dato un impulso notevole
all'attività didattica e giovanile, in particolare sotto la presidenza di Nicola
Palladino che credeva nell'importanza della diffusione degli scacchi anche nelle
scuole. Fu grazie a lui che venne avviata l'importante iniziativa “Azione Scacchi
55
Scuola”59 che dal 1986 ha permesso al nobil giuoco di entrare per la prima volta
nelle scuole italiane di ogni ordine e grado come nuova disciplina sportiva. Nel
1984 fu pubblicato il primo Manuale degli Istruttori basato su un testo sovietico.
Dalla fine degli anni '80 la FSI si è dotata di un Regolamento Istruttori e di organi
preposti alla didattica (Commissione Didattica Giovanile e Scuola) in
collaborazione col CONI per la formazione degli istruttori. È in questi anni che la
Lega Scacchi Uisp promuove attività didattiche efficaci nel territorio. Di
particolare rilevanza il progetto “Scacchi gioco per crescere” portato avanti nel
Lazio nel 1992.
Nei primi anni '90, sempre in ambito Uisp, si introdusse l'idea di insegnare gli
scacchi nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria, utilizzando il contesto
della scacchiera gigante (4m x4m), con attività di psicomotricità e narrazione,
nell'intento di prevenire situazioni di disagio scolastico ed episodi di bullismo.
Questa attività fu progettata per la prima volta in Italia da Alessandro Pompa,
docente di scuola dell'infanzia, in collaborazione con Filomena Morrone, maestra
di scuola primaria, in ambito multidisciplinare.
L'efficacia e la portata innovativa di tale metodologia di intervento è stata
riconosciuta da neuropsichiatri e psicoterapeuti, permettendo all'attività su
scacchiera gigante di essere ripresa e arricchita in seguito in molte scuole italiane.
Per raggiungere livelli alti, col tempo è emersa la necessità di garantire una
formazione del giocatore fin dai primi anni dell'infanzia, con continuo
aggiornamento tecnico degli istruttori.
A tal proposito, spontaneamente, nei circoli e nelle associazioni, anche su
iniziativa dei giovani giocatori stessi o dei genitori, si iniziarono a organizzare
corsi di vario livello, fino ad arrivare nel 2000 all'istituzionalizzazione ad opera
della FSI delle Scuole di Scacchi (CAS), divise per livelli. Finora ne sono state
riconosciute all'incirca 30.
Nel 2004 è stato varato il progetto “Giovani di vertice” curato da Mario Leoncini,
che ha visto l'utilizzo delle tecnologie informatiche, fondamentale supporto per
l'attività didattica, in favore di un apprendimento più rapido.
A seguire, il numero delle iniziative per introduzione gli scacchi nel mondo
scolastico è andato crescendo anche grazie alle pubblicazioni scientifiche sulla
59 L'iniziativa sviluppava l'idea di mettere gratuitamente a disposizione delle scuole che ne
avrebbero fatto richiesta materiale scacchistico.
56
valenza degli scacchi a scuola di cui abbiamo parlato.
Qualche anno fa, infine, grazie al presidente della European Chess Union
Danailov e a Garry Kasparov, uno dei più grandi campioni di scacchi di tutti i
tempi, 415 esponenti dell'Europarlamento hanno sottoscritto e approvato la
mozione Chess in School per l'insegnamento degli scacchi nelle scuole pubbliche.
Questa “Dichiarazione Scritta 50/2011” invita formalmente le Nazioni che fanno
parte dell'Unione Europea a introdurre il programma “Scacchi a scuola” nei
sistemi di istruzione, inserendo gli scacchi tra le materie curricolari. Come
Danailov ha dichiarato:
“Questo è un successo storico. La data del 15 Marzo 2012 passerà alla storia degli scacchi come la data in cui il gioco degli scacchi è salito su un livello più elevato di riconoscimento da parte della società, non solo come sport ma anche come una parte della formazione nel mondo moderno60” Questa importante tappa dimostra quanto i Parlamentari Europei abbiano
riconosciuto gli aspetti profondamente culturali degli scacchi, che lo rendono, al
di là del lato agonistico e tecnico, qualcosa di più di un semplice gioco e di uno
sport, grazie anche e soprattutto ai molteplici legami con la letteratura, la pittura,
la musica, il teatro, il cinema, l'informatica, e molte altre discipline. Il
riconoscimento si è basato anche su studi realizzati in Germania e in altri Paesi del
continente, in cui è emerso che il rendimento scolastico degli alunni scacchisti
aumentava in media fino al 17 per cento, soprattutto in matematica.
La Dichiarazione è stata recepita da 15 nazioni, tra cui Cina Turchia ed Egitto
hanno varato programmi governativi per l'inserimento organico degli scacchi a
scuola. Oggi sono materia di studio nelle scuole di oltre 150 Paesi del mondo.
In Spagna sono diventati materia obbligatoria scolastica da Febbraio 2015.
In Italia invece, la “Dichiarazione” non era stata presa in considerazione, pur
essendoci già dal 2001 la volontà di introdurre gli scacchi come disciplina
scolastica, fino a quando, nel 2013, l'onorevole Carrescia61 ha riproposto al
Governo di riconsiderare la dichiarazione, spingendosi anche a chiedere risorse
per le scuole che intendessero aderire.
Pur senza un intervento diretto del ministero, sono cresciute le esperienze e le
iniziative a livello regionale grazie alle attività delle FSI. Per avere un'idea, nel
2014 la FSI insieme al Movimento sportivo popolare hanno formato oltre 700 60 Cfr. sito http://www.messaggeroscaccchi.it. Consultato in data 03/01/2017. 61 On. Carrescia Piergiorgio, Partito democratico.
57
insegnanti di scacchi nelle scuole italiane, pronti per divulgarne l'uso pedagogico.
3.2 Gli Scacchi nel contesto scolastico italiano
Attualmente, nel nostro Paese esistono scuole in cui vengono insegnati gli scacchi
come materia scolastica ma sono scuole private, non pubbliche.
Caso isolato quello del nuovo Liceo Scientifico Sportivo “Carlo Jucci” di Rieti,
che ha introdotto la materia “scacchi” con un corso di 33 ore annuali in orario
scolastico.
Un passo importante è stato fatto recentemente dal Miur che, preso atto della
ormai consolidata letteratura sui benefici formativi degli scacchi, ha deciso a
ottobre 2015 di promuovere un progetto pubblico - privato per far entrare
gradualmente nelle aule la virtuosa disciplina. Il progetto “Scacchi a scuola”
stima 350 scuole secondarie di primo grado coinvolte nell'esperimento per l'anno
scolastico 2015/2016, col proposito di diventare presto un riferimento in tutto il
mondo62.
Il progetto prevede che ogni studente minorenne possa collegarsi - previa
autorizzazione dell'istituto di riferimento e dei genitori - a una piattaforma on-
line e iniziare a giocare sfidando i compagni o anche coetanei sconosciuti di altre
scuole. L'accesso è gratuito, e può avvenire non solo la mattina da scuola, ma
anche nel pomeriggio da casa.
I docenti che daranno la loro disponibilità, dovranno certificare il grado di crescita
dei ragazzi scacchisti, che per questo otterranno dei crediti formativi.
A partire dalla presente stagione 2016-2017 sono state coinvolte anche le scuole
primarie e successivamente le superiori.
È vero che secondo la federazione sportiva la diffusione degli scacchi nelle scuole
è principalmente dovuta all'interesse e all'impegno di un certo numero di docenti,
ma che ancora si scontra con le rigidità del sistema. Tuttavia, gli interventi stanno
diventando sempre più diffusi, fortunatamente anche nella realtà scolastica del
nostro territorio.
In molte realtà italiane i corsi solitamente vengono presentati agli Istituti scolastici
da circoli scacchistici o da singoli Istruttori FSI, che fanno capo ad associazioni
sportive riconosciute, attivando l'insegnamento del gioco in orario scolastico o
62 Questo l'augurio di Carlo Stellati, presidente di Premium Chess, la società di giochi on-line
che a giugno 2015 ha presentato al Miur l'idea insieme alla Federazione scacchistica italiana.
58
extrascolastico (doposcuola scacchistico).
I corsi sono rivolti a tutte le classi della scuola Primaria e Secondaria di primo
grado e alla scuola dell'Infanzia, dove vengono proposti mediante l'utilizzo di
attività psicomotoria su scacchiera gigante.
La FSI si occupa anche di preparare i singoli docenti a proseguire il progetto
all’interno delle loro classi. In particolare viene fornito materiale didattico di
facile fruizione per un docente anche non esperto nel gioco.
I progetti avviati in Italia ad oggi raggiungono circa il 2% della popolazione
scolastica nelle classi primarie e secondarie inferiori (si possono stimare circa
100.000 alunni coinvolti su 5,000,000). Da questi dati emerge che l'attività
scacchistica scolastica è in crescita, che i progetti locali sono numerosi, ma anche
che molte scuole in Italia non conoscono le potenzialità degli scacchi a scuola.
Alcune limitazioni per l'avvicinamento alle scuole, e la creazione dei progetti,
sono prettamente di carattere economico, dovute al fatto che gli Istruttori devono
essere retribuiti affinché i progetti abbiano la giusta continuità negli anni.
La messa in opera dei progetti “Scacchi a scuola” richiede un finanziamento
iniziale che deve provenire dall'esterno della scuola interessata perché si possa
avviarlo compensando il lavoro degli Istruttori. Con l'impiego di istruttori
volontari non si possono garantire rapporti duraturi con le scuole, né coprire una
richiesta di corsi elevata.
In quegli istituti scolastici dove si sono potuti inserire i corsi nel Piano dell'Offerta
Formativa, la professionalità degli Istruttori FSI ha ottenuto degli ottimi riscontri.
In alcuni casi, l'insegnamento è portato avanti dall'impegno di volenterosi
insegnanti che però, limitandosi alle proprie classi, ottengono risultati più
modesti, se non qualitativi in termini numerici.
In alcuni casi le scuole possono decidere di richiedere un contributo alle famiglie
dei ragazzi per sostenere il progetto.
Per garantire al meglio l'impiego di questo strumento pedagogico, è necessario
mantenere una buona sinergia tra sponsor, circoli scacchistici e scuole.
Nell'inserimento degli scacchi a scuola, riguardo il materiale per insegnare a
giocare non sono richiesti spazi o attrezzature particolarmente sofisticati.
Generalmente sono sufficienti l'aula, le scacchiere, e una scacchiera murale.
Successivamente è indispensabile l'utilizzo dell'orologio. La collocazione nel
curricolo scolastico può prevedere l'inserimento degli scacchi come disciplina
59
sportiva, o nell'ambito della matematica o come attività di laboratorio. Per quanto
riguarda l'età migliore per iniziare, l'esperienza sul campo e la didattica
scacchistica a livello scolastico mostrano che l'età ideale per l'insegnamento è tra i
7 e i 12 anni (Piaget 1963), ma in base ai risultati odierni l'età d'oro della plasticità
cerebrale per apprendere pare vada dai 4-5 anni ai 10-12 anni.
Va ricordato comunque che l'insegnamento del gioco può essere impartito nelle
diverse età tenendo sempre conto del livello di sviluppo cognitivo e delle
possibilità di apprendimento dei soggetti.
Partendo dall'assunto dello psicopedagogista Jerome S. Bruner secondo il quale di
ogni capacità o conoscenza esiste una adeguata versione che può venire impartita
a qualsiasi età si decida di impartire l'insegnamento, per quanto iniziale e
preparatoria tale versione possa essere”, se motivato un bambino di 4-5 anni non è
troppo piccolo per iniziare a giocare a scacchi. Anche se certamente il suo
apprendimento sarà limitato alle aspetti basilari (muovere i pezzi, comprendere lo
scacco..) e non all'elaborazione di un piano strategico o a capire l'utilità di
sacrificare un pezzo, sarà comunque in grado di giocare e soprattutto di divertirsi
giocando, traendo da questa esperienza numerosi vantaggi.
3.3 I metodi di insegnamento
Affinché le potenzialità educative offerte dagli scacchi possano essere valorizzate
al meglio è necessario fare un’analisi sul tipo di approccio metodologico da
adottare coi bambini.
Tenendo sempre presente l'obiettivo ultimo su cui si insiste molto in questi tempi,
quello dell'insegnamento “efficace”, nell'ambito degli scacchi in particolare sono
state fatte condizioni significative, utili a chi si appresta ad insegnare questo gioco
a scuola.
Un intervento importante quello di Maria Teresa Mearini, professoressa e
pedagogista, che nella sua relazione “Il gioco degli scacchi-considerazioni di
carattere pedagogico63” ha evidenziato tre aspetti da considerare nell'approccio al
gioco: la motivazione, il livello delle difficoltà proposte, e l'insegnamento attivo.
Nel dettaglio:
63 La relazione fu presentata nel 1999 da M.T. Mearini all'interno del convegno svoltosi in
Sardegna dal titolo “L'insegnamento degli scacchi a scuola”, che successivamente è confluita nella Guida Tecnica FSI (2005) alla cui stesura partecipò.
60
- La motivazione: è la condizione basilare per un insegnamento efficace, poiché
se gli allievi non sono motivati ad apprendere, ogni sforzo per insegnare loro
qualcosa è destinato a fallire.
Nell'insegnamento degli scacchi si parte avvantaggiati, in quanto la promessa di
insegnare un gioco crea nei bambini un'aspettativa ludica che li predispone
positivamente all'ascolto e all'apprendimento.
Tuttavia, l'insegnamento di un gioco come gli scacchi, caratterizzato da regole
numerose e piuttosto complesse, deve procedere necessariamente per gradi, per
non correre il rischio di annoiare gli allievi prima ancora che imparino ad
apprezzare la bellezza di questo gioco e il divertimento che ne può scaturire.
Per questa ragione è importante mettere i bambini nella condizione di poter
giocare il più presto possibile, insegnando all’inizio solo le regole indispensabili
per poter condurre una partita.
Questo tipo di approccio permette di mantenere viva nei bambini l'aspettativa
ludica suscitata inizialmente e, di conseguenza, la motivazione a volere
apprendere. Poi altre regole, concetti e strategie di gioco verranno introdotti pian
piano in momenti successivi, anche in corso di partita nella fase “pratica”,
occasione privilegiata secondo il principio dell' “apprendere facendo”.
- Il livello delle difficoltà proposte: la gradualità nel presentare i concetti e le
regole è un aspetto che tiene conto del soggetto che apprende, bisognoso di essere
riconosciuto come persona abile e capace, ovvero in grado di affrontare i compiti
proposti.
Su questo principio si basa lo Stappenmethode, o metodo per gradi (passo passo),
tecnica di insegnamento nata in Olanda, creata dal famoso istruttore Rob Brunia64
insieme al maestro internazionale Cor Van Wijgerden65. È un metodo adottato con
successo in molti club scacchistici e scuole in Belgio, Francia, Germania, Austria
e Svizzera, e che si sta sviluppando anche in Italia. Il modello didattico è quello
della spirale: gli argomenti sono riproposti ciclicamente, via via in forma più
ampia e complessa. Ogni passaggio, nel corso delle lezioni, è spiegato in maniera
graduale, passando da esempi più semplici a esempi più complessi.
64 Rob Brunia (1947-2005), ha avuto come allievi giovani grandi maestri di scacchi, tra i quali
Daniel Stellwagen e Erwin L'Ami. 65 Nato nel 1950, Wijgerden si è specializzato nell'insegnamento.
61
Questo modo di procedere si ricollega alle fasi dello sviluppo cognitivo
individuate da J.Piaget, secondo il quale il bambino fino a 9-10 anni si trova nella
fase del pensiero operatorio concreto, e quindi apprende attraverso l'azione diretta
sulle cose.
Il bambino di questa età ha bisogno prima di agire e poi di essere stimolato a
riflettere sulle azioni che ha compiuto. Così deve avvenire anche negli scacchi,
dove il bambino deve innanzitutto giocare, e poi essere aiutato a riflettere sul suo
gioco.
Secondo le fasi di Piaget, intorno ai 10-11 anni i bambini cominciano ad essere in
grado di acquisire nel gioco concetti strategici più complessi (fase delle
operazioni formali), poiché riescono a rappresentarsi mentalmente situazioni
ipotetiche e a dedurne le conseguenze, in base ad assunti che non fanno
necessariamente riferimento alla realtà. I bambini più piccoli invece, in assenza di
un pensiero ipotetico-deduttivo, possono comprendere e utilizzare mosse e
combinazioni di base, semplici, che conducono a un risultato immediatamente
visibile (la cattura di un pezzo, lo scacco matto).
È quindi necessario che gli insegnamenti proposti vengano diversificati in base ai
soggetti che si hanno di fronte, tenendo conto dell'età dei bambini e del relativo
livello di sviluppo cognitivo.
Questo è di fondamentale importanza ai fini del successo nell'apprendimento. Il
rischio per un bambino che vive insuccessi continui è quello di maturare
un'immagine negativa di sé, che in alcuni casi può portarlo alla ricerca di modi
alternativi, anche provocatori, per affermarsi, sentirsi competente e capace di
affrontare gli impegni scolastici e, più in generale, la realtà.
Ecco che l'insegnante deve porre doverosa attenzione alle proprie scelte
programmatiche: è opportuno che i compiti siano alla portata degli allievi; né
troppo semplici (per non perdere la motivazione), né troppo complessi (in quanto
causerebbero insuccesso). La reazione che va suscitata nel bambino deve essere
positiva, proponendo una sfida che lui può vincere, sempre nell'ottica di infondere
fiducia nei propri mezzi e nelle proprie capacità.
- L’insegnamento attivo: per mantenere viva la motivazione dei bambini, non solo
nella fase iniziale ma anche e soprattutto per tutta la durata del corso, consiste
nell'impostare un insegnamento “attivo”, organizzando la lezione in forma attiva e
62
coinvolgente per i bambini in modo da farli sentire più possibile partecipi nel
processo di apprendimento.
Per questo è importante variare le tipologie di attività problemi ed esercizi
(secondo il principio della variazione dello stimolo); porre domande ai bambini, in
quanto stimolo alla produzione di idee, non limitandosi quindi a fornire soluzioni
ma incoraggiando gli allievi a trovarle, accettando e valorizzando le loro idee.
Come in ogni altra attività scolastica, anche negli scacchi è opportuno predisporre
nei bambini un apprendimento ragionato piuttosto che puramente mnemonico. In
tal senso, gli scacchi offrono delle opportunità che possiamo sfruttare: tenuto
conto che un bambino, anche molto piccolo, è in grado di memorizzare con
relativa facilità una serie di mosse, non dobbiamo confondere la memorizzazione
con la reale comprensione della concatenazione logica che lega tali mosse.
In sostanza, è importante che il bambino affini il proprio gioco attraverso
l'esperienza diretta, aiutato chiaramente dall'insegnante a soffermarsi sui momenti
più significativi e più positivi, in funzione di una progressiva concettualizzazione
delle considerazioni tattiche e strategiche che emergono di volta in volta.
Per ribadire quanto già espresso, oltre a fornire informazioni e concetti ciò che
conta è insegnare ai bambini ad organizzare le informazioni ed elaborare i
concetti. Questo perché:
“Gli apprendimenti fondati sulla reale comprensione e non la semplice memorizzazione risultano più radicati in profondità e quindi possono essere ricordati più facilmente; essere ricostruiti se dimenticati; e possono essere applicati a situazioni diverse66”.
Tale apprendimento di strategie di meta memoria unito a un potenziamento della
prestazione di memoria visiva (riconoscimento, ritenzione, rievocazione) può
portare inoltre a un miglioramento notevole delle attività logiche, matematiche,
attentive, e percettive.
Proprio su quest'uso strategico della memoria visuo - spaziale si basa il metodo
Scacchi e Regoli67 ideato nel 2008 da Carmelita Di Mauro, insegnante di scuola
primaria e istruttrice di scacchi della Federazione Scacchistica Italiana.
Il metodo ricorre al processo associativo (colore/posizione/concetto) utilizzando i
66 P. Legrenzi, (a cura di) Manuale di psicologia generale, Bologna, Il Mulino, 1994. 67 Il metodo ha come obiettivo l'insegnamento degli scacchi ai bambini di età dai cinque ai dieci
anni, per cui la modalità di insegnamento privilegia l'aspetto ludico per poi passare gradualmente alle esercitazioni scritte e, infine, ai concetti astratti.
63
regoli68, usati spesso nell'insegnamento di aritmetica e geometria. L'elemento
principe di tale metodo è il colore. Usare i colori sulla scacchiera consente di
giocare anche ai bambini che non padroneggiano ancora la cardinalità dei numeri
né le lettere dell'alfabeto.
Per un bambino piccolo, orientarsi su una scacchiera classica è un'impresa
complicata se non si hanno precisi punti di riferimento. L'uso dei colori dei regoli
matematici permette di orientarsi associando a ogni colonna, e a ogni traversa, il
rispettivo colore dei regoli, in ordine crescente dall'1 all'8, e dalla a alla h. La
specifica scacchiera colorata, chiamata scacchiera regolata, consente al bambino
di individuare le righe e le colonne con più facilità.
Questa semplice trasposizione, così come più astrattamente le coordinate
alfanumeriche, consente all'insegnante di porre le basi per far comprendere ai
bambini concetti fondamentali di logica. Non solo, la scacchiera regolata può
diventare una sorta di sfondo integratore su cui articolare tutta l'attività
curricolare, attraverso raccordi interdisciplinari.
Altra novità interessante di questo metodo è la proposta di utilizzare, al posto dei
classici pezzi bianchi e neri, dei personaggi colorati contraddistinti da nomi
propri, caratteristiche fisiche e appellativi che accompagnano il nome, attribuibili
a una sorta di personalità del personaggio stesso (ad es. Donna-bona la mangiona
per la Regina).
Le figure così presentate sono per il bambino riconoscibili e facilmente ricordate,
dei veri compagni di gioco da interpretare durante le attività di role play o anche
da rivedere su youtube come protagonisti di cartoni animati di Scaccolandia69
appositamente creati.
Attraverso brevi filastrocche70, canzoni, partite recitate e la creazione di fumetti si
memorizzano le regole del gioco e le azioni di ciascun pezzo in maniera
piacevole.
68 I regoli, in plastica o legno, rappresentano un semplice materiale strutturato, colorato in
maniera standardizzata (bianco, rosso, verde ecc..), utilizzato nella scuola primaria per insegnare i primi elementi geometrici, aritmetici e logici. Vengono qui utilizzati per insegnare ai bambini, anche con difficoltà di apprendimento, un gioco complesso come quello degli scacchi.
69 Per visionare, cfr. http://www.youtube.com/: digitando “SCACCOLANDIA”1, es. Partita di bruchi: http://it.you-tube.com/watch?v=OHheWpMeYkM.
70 A titolo di esempio citiamo: La Regina: Donna-bona è proprio forte, il suo dominio arriva oltre...verticale, orizzontale, muove pure in diagonale. Il Re: Riccione reale solo un passo può fare, dappertutto può arrivare...ma non può farsi mangiare!
64
Sulla base dell'esperienza condotta in molte scuole, questa metodologia innovativa
ha consentito di comprendere quanto le immagini e i colori siano utili al
potenziamento delle capacità mnemoniche e logico-strategiche, dando ai bambini
una nuova chiave di accesso al mondo degli scacchi facendo leva sulla loro
fantasia e coinvolgendoli entusiasticamente.
Un'altra metodologia sviluppata indipendentemente ma che trova parallelismi
numerosi col metodo di Carmelita Di mauro è il metodo ideografico71, ideato da
Sebastiano Paulesu, maestro italiano premiato nel 2010 come “Istruttore dell'anno
per il Sud e le Isole” dalla Federazione Scacchistica Italiana.
Questo metodo è risultato efficace in quanto fornisce accessi verbali iconico-
semantici all'apprendimento di nozioni fondamentali per i bambini della scuola
primaria: informazioni orali, visive e procedurali.
Le innovazioni del metodo ideografico sono sostanzialmente tre: la scacchiera
ideografica, le rime e le carte scacchistiche.
- La scacchiera ideografica sostituisce la tradizionale scacchiera murale per
esporre i contenuti teorici, essendo più interattiva, e quindi più accattivante, anche
per i piccolissimi. Paulesu ha infatti ritenuto importante l'aspetto del
coinvolgimento dei bambini nel processo di apprendimento di un gioco piuttosto
complesso, fin dalla fase espositiva delle regole.
Su questa scacchiera l'istruttore può scriverci sopra con pennarelli cancellabili per
illustrare il movimento dei pezzi con maggiore chiarezza; inoltre le dimensioni
sono ridotte rispetto alla murale, per consentire un utilizzo comodo anche ai
bambini, in quanto più a loro misura.
Su questo piano sono state collocate “icone” per semplificare molti concetti
astratti, attraverso immagini semplici e concrete: orme (per indicare il movimento
dei pezzi); fuochi (per rappresentare il divieto di movimento); bombe (per
segnalare il pericolo di alcune scelte); emoticons (per contraddistinguere delle
buone case); muri e ostacoli (per indicare delle barriere).
Questo sistema sfrutta la grande forza evocativa delle immagini. A riprova, il caso
in cui l'istruttore mostra i due Re, uno di fronte all'altro, separati dai fuochi, a
71 Il termine “ideografico”, come ci spiega il suo ideatore, nasce dal fatto che l'intuizione alla
che ne sta alla base ha diversi aspetti in comune con i primi passi della scrittura: i primi tentativi grafici dell'uomo furono senz'altro disegni, che poi si perfezionarono nei primi ideogrammi geroglifici. Il metodo prende il nome per volontà di Paulesu di omaggiare questa prima svolta nel pensiero umano.
65
indicare che non possono avvicinarsi l'uno all'altro. Chiedendo ai bambini se un
Re può avvicinarsi all'altro essi rispondono: “No, c'è il fuoco!”
Tutti questi accorgimenti sono orientati a rendere la lezione più interattiva, e non
frontale, così da mantenere viva l'attenzione dei bambini e rendere possibile la
loro partecipazione attiva chiamando ogni bambino, a turno, alla scacchiera per
collocare le immagini magnetiche in base al quesito rivolto.
La scacchiera ideografica fornisce anche un altro vantaggio: presenta uno spazio
libero ai bordi laterali che può essere usato come una clipboard per scrivere, fare i
conti del materiale catturato, o addirittura ideare dei giochi matematici.
Sfruttando il valore aritmetico dei pezzi (pedone vale 1, cavallo vale 3, ecc..), si
possono fare delle operazioni matematiche, apprezzate dai bambini molto di più
rispetto ai compiti assegnati a scuola. Allo stesso modo, si possono proporre
semplici giochi di memorizzazione visiva, disponendo una determinata
configurazione di immagini e, girando la scacchiera, chiedendo di ricordare in che
modo erano posizionate.
Un aspetto importante da considerare nell'insegnamento degli scacchi ai bambini è
quello di adattarsi al livello di comprensione degli allievi a cui ci si sta
rivolgendo. Spesso l'istruttore cade nell'errore di non riuscire a staccarsi dal suo
ampio grado di conoscenza, risultando quindi troppo complicato per degli allievi
principianti. Il sapere scacchistico posseduto deve necessariamente essere calato
in situazione, adattandosi alle esigenze effettive dei bambini che si hanno di
fronte, a partire persino dal tono di voce utilizzato.
Attraverso l'uso di rime baciate e filastrocche si può riuscire a semplificare i
contenuti più complessi del gioco, assumendo un tono affabulatorio consono alle
modalità di pensiero dei bambini. A seguito della risposta positiva ottenuta, sono
stati ideati anche proverbi legati sia ai principi del gioco che al contegno sportivo
da tenere: ad es. “Chi muove solo la Regina, la sua fine si avvicina”; “Quando il
Re se ne va in gita, si regala la partita”.
Il vantaggio dei proverbi è stato quello di una maggiore comprensione dei
contenuti ma, in quanto giochi di parole, anche di fornire lo spunto per stimolare
nuovi giochi, e persino per i bambini di inventarsene di propri.
Questa pratica ha avuto ampio successo permettendo di attivare
contemporaneamente più canali percettivi e di comprensione, grazie ai quali i
bambini riescono a memorizzare l'esperienza e a rielaborarla in maniera più
66
esaustiva, crescendo nella competenza del gioco.
- Le carte scacchistiche: All'interno del metodo ideografico, l'ultima innovazione
sono le carte scacchistiche, di straordinaria efficacia per far memorizzare gli
elementi basilari del gioco attraverso l'associazione mentale. Esse contengono un
vero e proprio percorso di conoscenza scacchistica, dal semplice al complesso.
Le carte sono divise in cinque livelli (dal livello 0 al livello 4), e strutturate in un
vero e proprio percorso di apprendimento:
- il sentiero (carte celesti di livello zero): illustrano il movimento dei pezzi,
spesso in rima, le catture, i quadri di matto fondamentali, fumetti con personaggi.
- il giardino (carte verdi di 1° livello): contengono proverbi, problemi in una
mossa, aperture.
- il labirinto (carte gialle di 2°livello): raggruppano gli stessi temi del primo
livello, ma con una complessità maggiore di una mossa, come gli schemi dia
matto in due mosse
- il castello (carte arancioni di 3°livello): la difficoltà è aumentata di una sola
mossa
-il tesoro (carte iridate di 4°livello): esempi di eccellenza come i classici matti e le
combinazioni dei campioni e i finali modello.
Le carte raffiguranti semplici schemi di scacco in una mossa mantengono i nomi
originali (tra i più famosi il “matto del barbiere”, il “matto affogato”). I nomi
richiamano immagini riconoscibili che hanno lo scopo di agevolare la
memorizzazione di motivi ricorrenti da tenere presenti durante le partite. È la
ricchezza iconico-semantica di questi schemi di riferimento che migliora la
competenza scacchistica.
Le carte scacchistiche si sono rivelate utili in quanto rinforzo visivo per le lezioni,
per la memorizzazione di schemi ricorrenti a cui ispirarsi durante il gioco, come
potenziale esercizio per casa, e per favorire il coinvolgimento dei familiari.
Questi due metodi ideati appositamente per insegnare gli scacchi ai bambini
risultano importanti nella misura in cui si trasmettono le nozioni fondamentali del
gioco mantenendo al centro l’aspetto ludico.
Questa centralità è tenuta in forte considerazione dall’istruttore educatore di
scacchi Carlo Alberto Cavazzoni72, il quale, in qualità di giocologo, fa dell’aspetto
72 C.A. Cavazzoni (1953), istruttore giovanile FSI e docente di Neurobica presso L’Università
per la libera età Natalia Ginzburg di Modena. Insegna scacchi da oltreni nella scuola primaria
67
ludico il perno della sua attività didattica.
Facendo leva sul fatto che l’attività ludica ha facile presa sui bambini, oltre ad
essere uno straordinario strumento che aiuta a crescere e che può agevolare gli
apprendimenti scolastici, Cavazzoni utilizza quotidianamente giochi di vario
genere: antichi, moderni, matematici, enigmistici ma in particolar modo il gioco
degli scacchi, che a suo parere ha molto di più rispetto altri giochi. Come spiega
lui stesso “Non conosco nessun’altra disciplina che grazie alla sua struttura
filosofica e alla sua architettura psicologica di alto spessore presenti meglio la
vita nei suoi più variegati aspetti cognitivi ed emozionali”.
Il principio-guida di Cavazzoni è che gli scacchi oltre essere un gioco sono una
passione, e le passioni si trasmettono, non si possono insegnare. Dunque ciò che
gli istruttori di scacchi devono possedere, oltre ovviamente le competenze
scacchistiche, sono quelle competenze psicopedagogiche e relazionali per
“riuscire ad appassionare e creare motivazioni coinvolgendo gli allievi per
metterli in condizione di sviluppare e provare a vivere i propri sogni”. Solo così i
bambini potranno comprendere i valori etici e morali di cui gli scacchi sono
depositari.
Ecco che Cavazzoni si trasforma in una sorta di pifferaio magico, insegnando
attraverso stupore e magia: prepara le lezioni come fossero rappresentazioni
teatrali, sceglie un abbigliamento appropriato, cura la gestualità, modula la voce
affinché i toni siano rassicuranti. Lui stesso si definisce più che un istruttore un
animatore, con l’intento di conservare quell’incanto che appartiene al mondo
dell’infanzia.
La sua inusuale didattica lo ha visto diventare autore di fiabe e favole raccolte nei
suoi libri “Il castello degli scacchi” (2008) e “I segreti del castello degli scacchi”
(2011).
Questi testi a mio parere rappresentano dei validi supporti didattici per spiegare
regole strategie e tecniche del gioco con semplicità e soprattutto originalità.
I diversi temi scacchistici vengono sviluppati attraverso racconti ambientati in un
mondo fiabesco dove Re, Regine, Torri, Alfieri, Cavalli e Pedoni prendono vita
dando luogo a vicende appassionanti, unendo la bellezza delle favole al piacere
del gioco. Tenendo l’autore sempre ben a mente il fondamentale bisogno di
con grande sensibilità pedagogica.
68
sognare che caratterizza i bambini di questa età.
3.4 Gli scacchi come strumento didattico interdisciplinare
C’è un rapporto stretto tra scacchi e matematica. Principalmente per le
competenze logico-matematiche che il gioco sviluppa.
Ma come abbiamo visto gli scacchi si possono rivelare uno strumento utile per
tutte le discipline curricolari, nessuna esclusa.
È infatti possibile costruire percorsi di apprendimento che prevedono
collegamenti oltre che con l’area matematica anche con l’italiano, la storia, la
geografia, la musica, l’inglese, le scienze motorie, arte e immagine.
Ad esempio, per la lingua italiana si può proporre la lettura di un testo a tema
scacchistico e lavorare sulla comprensione dei termini scacchistici. Oppure
chiedere di ideare poesie e filastrocche sugli scacchi. Con i bambini più piccoli si
presta bene l’attività “Giocare con le parole”, ad es. posizionando un segnaposto
su una casella della scacchiera (d3) si chiede di trovare tre parole che iniziano con
la lettera d.
Far in seguito rappresentare la storia con disegni e cartelloni raffiguranti gli
scacchi coinvolge arte e immagine. A questo riguardo, anche la costruzione della
scacchiera e dei pezzi degli scacchi da parte dei bambini (con materiali semplici,
di riciclo come tappi di bottiglia, stoffa, ecc..) si rivela un’attività estremamente
importante per i bambini per coinvolgere tutti, coinvolgerli attivamente, e far
capire l’utilità di quello che si sta proponendo loro di imparare.
Le origini degli scacchi offrono lo spunto per spiegare la geografia (l’India, la
Persia,), e la storia della civiltà umana, o la storia dell’uomo che gioca: ad es.
collocare sulla linea del tempo le varie fasi storiche del gioco per arrivare al gioco
degli scacchi.
La scacchiera, con le sue colonne e traverse, può essere utilizzata per spiegare
termini geometrici (orizzontale, verticale, diagonale maggiore, diagonale minore,
caratteristiche del quadrato, perimetro, area, coordinate).
Ancora, la scacchiera si presta per introdurre il concetto matematico di frazione;
con i bambini più piccoli, giochi sulle proprietà delle operazioni: somme o
sottrazioni col valore di riferimento dei pezzi, ad es. 1 pedone (1) + 1 cavallo (3)
uguale 4.
La scacchiera gigante si presta per le Scienze motorie attraverso attività di
69
psicomotricità, facendo eseguire ai bambini dei percorsi all’interno della
scacchiera.
Per l’educazione musicale, si possono fare esercizi di produzione chiedendo ai
bambini di attribuire un suono o un rumore al movimento dei pezzi. Il gioco degli
scacchi si presta molto bene all’intelligenza musicale. Del resto l’associazione
scacchi-musica73 si basa sull’assunto che “la musica è essenzialmente
matematica”.
Per scienze, il formulare in sede di partita ipotesi di causa-effetto su posizioni
date, verificarle e discuterne in gruppo si raccorda al procedimento del metodo
sperimentale.
Anche per educazione alla cittadinanza, per la conoscenza della segnaletica
stradale la scacchiera può essere trasformata in un “Paese”, dove il Pedone che
percorre le varie strade deve osservare le regole per attraversare stando attento alle
automobili (gli altri pezzi).
Infine, gli scacchi si possono collegare allo studio della lingua straniera
insegnando i nomi dei pezzi in lingua inglese, che non segue per tutti i termini una
traduzione alla lettera: King (re), Queen (regina), Bishop (vescovo / alfiere),
Knight (cavaliere / cavallo), Rook (corvo / torre), Pawn (pegno / pedone).
73 Cfr. Ennio Morricone: una vita tra musica e scacchi. La musica è fatta di combinazioni di
suoni, di verticalizzazione e orizzontalità. Aspetti che riguardano in un certo senso anche gli scacchi.
70
CAPITOLO IV.
IL PROGETTO “SCACCHI… CRESCERE GIOCANDO!”: UN'
ESPERIENZA NELLA SCUOLA PRIMARIA C. COLLODI DI CECINA
4.1 Il progetto “Scacchi… crescere giocando!”
In questa ultima parte del mio lavoro descrivo un’esperienza che mi ha permesso
di osservare un progetto sugli scacchi al quale hanno aderito quest’anno le scuole
primarie del 1° e 2° Circolo di Cecina per le classi quinte e terze. Personalmente
ho preso parte al corso che si svolto nella classe quinta A “C. Collodi” di Cecina
Mare.
Il progetto “Scacchi...crescere giocando!” nasce dalla volontà di recuperare
quello che risultava essere un punto di debolezza degli alunni nell'area logico-
matematica, rilevata dal Circolo Didattico attraverso il RAV (rapporto
autovalutazione di Istituto) e le prove INVALSI.
Tutto il circolo si è attivato in vari modi, sia predisponendo per gli insegnanti
corsi di aggiornamento sulla didattica della matematica, e conseguente
sperimentazione in classe, che presentando la possibilità di aderire ad alcuni
progetti mirati, tra i quali l'insegnamento degli scacchi.
Le insegnanti delle quinte, Manuela Macelloni e Patrizia Di Sacco, valutando
l'aspetto formativo del gioco degli scacchi dal punto di vista logico, hanno preso
in considerazione di attivare il progetto nelle proprie classi, con l'obiettivo di
migliorare negli alunni le capacità di ragionamento e di risoluzione dei problemi.
Il progetto è stato promosso dall'A.S.D., Associazione Scacchistica Gioacchino
Greco di Cecina, per i bambini delle scuole del territorio.
Nella nostra zona, quest’anno in totale hanno aderito al progetto una scuola
dell’Infanzia, nove scuole primarie e tre scuole secondarie di primo grado.
L'associazione ha predisposto la docenza esterna (l'istruttore che ha tenuto il
corso), la formulazione del progetto, il coordinamento e il comodato dei materiali:
scacchiera murale; scacchiere regolamentari con i pezzi (almeno una per ogni due
allievi); orologi.
Nella Scuola Primaria C.Collodi di Cecina Mare, dove ho svolto osservazione, il
corso si è svolto nelle due classi quinte in un arco temporale di 20 ore (10 lezioni
di 2 ore cad.) con cadenza settimanale. Iniziato a metà Novembre si è concluso i
71
primi di Febbraio.
L'obiettivo, al termine del corso, prevedeva la conoscenza delle regole del gioco, i
principali motivi tattici e le principali strategie per condurre e portare a termine,
ragionatamente, una partita anche con l'utilizzo dell'orologio di scacchi.
Il fine ultimo era l'affinamento delle capacità cognitive dell'allievo.
Nella stesura del progetto si legge la motivazione della proposta di insegnare gli
scacchi ai bambini, essendo uno dei giochi che da millenni più diverte e affascina
il genere umano. Come attività ludica ha inoltre caratteristiche del tutto peculiari
che lo rendono “elemento utile in vista di una formazione cognitiva, e di una forza
attiva nell'evoluzione socio-affettiva dell'alunno che nel gioco cerca e trova spazio
di manovra della sua creatività esistenziale”74. Dunque scelti per la loro doppia
valenza, cognitiva e sociale.
Si ricorda come, secondo l'approccio costruttivista75, il gioco svolga una funzione
fondamentale nell'apprendimento, soprattutto per l'importanza che riveste nella
formazione delle strutture cognitive.
Il gioco è uno degli elementi attraverso i quali il bambino esplora il mondo e
costruisce le strutture che gli consentono di attribuire significati alle sue
esperienze, una palestra in cui il bambino-costruttore crea, assembla e affina le
sue capacità cognitive, emozionali e relazionali in vista delle future attività che si
troverà a intraprendere nel mondo.
Nel caso specifico degli scacchi, quando si cimenta in una partita il bambino-
costruttore assume il ruolo di simulatore di situazioni, di costruttore di strategie, di
valutatore di rischi e benefici annessi a ciascuna delle strategie possibili.
Gli scacchi sono una vera e propria “palestra cognitiva”: non a caso, la maggior
parte degli studi sui processi cognitivi coinvolti nei giochi si sono concentrati
sugli scacchi.
La ricerca scientifica “Gli scacchi: un gioco per crescere” che ho citato nel
capitolo precedente eseguita dal Prof. Trinchero e dalla Prof.ssa Piscopo nel 2007
ha dato risultati significativi e l'avviamento al gioco è stato effettuato mediante i
protocolli didattici F.S.I, gli stessi impiegati in questo progetto. 74 Questa interpretazione dell'attività ludica appartiene allo psicologo russo L.S Vigotskij (1896-
1934), che considerava il gioco anche come forza attiva per l'evoluzione affettiva e umana del fanciullo, non solo cognitiva come sosteneva invece J. Piaget.
75 In psicologia il costruttivismo è un approccio derivante da una concezione della conoscenza come costruzione dell'esperienza personale, piuttosto che rappresentazione di una realtà indipendente.
72
Anche il Ministero della Pubblica Istruzione ha riconosciuto l'enorme valore
pedagogico-formativo del gioco degli scacchi stipulando nel 2008 un protocollo
d'intesa con la Federazione Scacchistica Italiana (FSI).
Dunque i contenuti del corso hanno seguito il seguente sviluppo:
Lezione I: la scacchiera - il movimento dei pezzi e regole base – gioco; Lezione
II: il movimento dei pezzi – il Re – gioco; Lezione III: lo scacco matto – gioco;
Lezione IV: (segue) il Re e lo scacco matto – casi di patta – gioco; Lezione V: un
finale semplicissimo: re e due torri contro Re – gioco; Lezione VI: Un finale
meno semplice: Re e torre contro Re – gioco; Lezione VII: Re e Regina contro Re
– gli obiettivi strategici – il guadagno di materiale (per scambio) – gioco; Lezione
VIII: (segue) gli obiettivi strategici – il guadagno di materiale (doppio, infilata,
forchetta) – gioco; Lezione IX: lo sviluppo armonico dei pezzi in apertura – gioco
con l'orologio; Lezione X: gioco con l'orologio.
4.1.2 Presentazione del contesto: la classe quinta A
La classe quinta A è composta da 25 alunni, 13 femmine e 12 maschi. Secondo
quanto riferito dall'insegnante M. Macelloni, non sono presenti problematiche
particolari dal punto di vista delle dinamiche comportamentali, anche se emerge,
tra i maschi, un piccolo gruppo piuttosto esuberante.
Il rapporto tra compagni è buono, e i bambini collaborano sia nelle attività
scolastiche che durante il gioco. Sono bambini curiosi e, se opportunamente
stimolati, lavorano con entusiasmo e impegno.
Dal punto di vista dell'apprendimento, la maggioranza degli alunni dimostra di
seguire con facilità il ritmo del lavoro proposto, con discreta capacità di intuizione
e ragionamento.
In generale, dimostrano di preferire le attività legate all'area logico-matematica.
Nella classe sono presenti due bambini con diagnosi DSA e due con diagnosi di
BES che, però, in generale riescono a seguire il lavoro della classe con opportune
semplificazioni e personalizzazioni delle attività più complesse, soprattutto quelle
legate al problem-solving.
Lo sviluppo e il potenziamento della logica e delle capacità di ragionamento, che
il gioco degli scacchi favorisce e promuove, è stato da sempre stimolato in tutte le
aree disciplinari dall'insegnante, filo conduttore di ogni attività portata avanti nella
classe, con un interesse rivolto più alle competenze che non ai meri contenuti,
73
come del resto raccomandano al momento attuale le Indicazioni Ministeriali.
Questo progetto ha destato quindi l'interesse dell'insegnante per rafforzare
ulteriormente tali aspetti, proponendosi anche di essere di aiuto per i bambini più
in difficoltà, di stimolare gli altri ad un ragionamento più maturo e responsabile e,
non ultimo, di far emergere e porre la giusta attenzione anche alle eccellenze.
4.1.3 L’approccio metodologico: non solo regole…giochiamo !
Per quanto riguarda la metodologia adottata, che è l'aspetto che in questo ambito
più ci interessa delineare, l'istruttore, in ciascuna lezione del corso, ha dato ampio
spazio al gioco pratico degli scacchi.
Limitando volutamente allo stretto indispensabile l'attività esplicativa di regole,
principi e tecniche, svolte con l'ausilio della scacchiera murale, appena possibile
passava alle applicazioni sulle scacchiere in dotazione ai bambini e al “gioco
libero”.
Già dal primo incontro i bambini sono stati divisi a coppie e hanno giocato la loro
partita. Considerato infatti che gli effetti formativi sono legati principalmente alle
dinamiche soggettive che si sviluppano nel corso del gioco, l'aspetto ludico non p
oteva non essere centrale.
Durante queste fasi l'istruttore passava tra i banchi, o veniva chiamato dai bambini
per chiarimenti e consigli, correggendo eventuali malintesi sull’applicazione delle
regole, per verificare l'assimilazione delle tecniche suggerite e per dare ogni altra
indicazione necessaria in ordine alla comprensione dei meccanismi del gioco e
all'implementazione delle capacità individuali.
Naturalmente le domande da parte dei bambini erano tante, le mani spesso alzate
per dubbi su come procedere, visto che sono stati fin da subito “lanciati” al gioco.
Questo non ha creato il minimo smarrimento, come ci si aspetterebbe, essendo la
maggioranza dei bambini digiuni del gioco. Solo qualcuno di loro conosceva già
gli scacchi, ma la maggioranza li apprendeva in questo contesto. Importante anche
sottolineare che l’istruttore forniva il chiarimento sul quesito richiesto dando non
tanto la risposta sulla mossa da eseguire quanto delle indicazioni e dei
suggerimenti per stimolare il ragionamento e la riflessione.
Per quanto riguarda le verifiche, esse avvenivano durante ogni incontro nei
momenti di gioco libero: la supervisione continua dell’istruttore permetteva la
verifica dei saperi e delle abilità acquisite da ciascun allievo.
74
Altro tipo di verifica era effettuato attraverso quesiti e problemi posti sui
movimenti dei pezzi che i bambini erano invitati a risolvere collettivamente (ad
es. data una certa posizione dei pezzi sulla scacchiera come muovere per ottenere
scacco matto in una sola mossa).
Riassumendo, ogni lezione era articolata in tre momenti possibili:
1. Esposizione teorica su scacchiera murale;
2. Partite tra gli allievi (a coppia) sotto la supervisione dell'istruttore, con verifica
della correttezza delle mosse e del comportamento;
3. Quiz e problemi scacchistici presentati alla LIM, da risolvere singolarmente o
in gruppo.
Per sfruttare al meglio le potenzialità educative offerte dagli scacchi, il primo
passo da compiere è quello di adoperare un approccio il più possibile adeguato dal
punto di vista metodologico e didattico che tenga conto in primis del soggetto che
apprende, delle sue capacità, dei suoi bisogni e aspettative.
E così è stato, adeguando il livello a bambini di quinta classe, oltre che per la
spiegazione dei contenuti anche per gli esercizi proposti, in un crescendum di
difficoltà. Ad esempio, l'istruttore nelle prime lezioni richiedeva di trovare come
dare scacco in una mossa, passando poi a due mosse ed infine a tre, avanzando
pian piano di difficoltà.
Le lezioni sono state arricchite, e al tempo stesso diversificate, dalla visione di
spezzoni di film scelti dall’istruttore, che mostravano giocatori durante un
momento preciso della partita. I bambini erano chiamati a commentare su come
ognuno di loro avrebbe proseguito il gioco, scambiandosi opinioni e
considerazioni sulle diverse soluzioni che ognuno aveva formulato.
I bambini hanno risposto tutti positivamente a questa modalità, mostrando buona
volontà di apprendere il gioco ma soprattutto entusiasmo giocando e
relazionandosi coi compagni. I bambini sono stati partecipi in maniera attiva per
buona parte del progetto.
Nelle ultime lezioni le partite sono state svolte con l’uso degli orologi, come nelle
partite ufficiali. I bambini imparano così a gestire il tempo a disposizione per
effettuare le loro mosse, ed è stato organizzato un torneo di classe. Questo è stato
preparatorio per il torneo di Istituto successivo che ha selezionato i bambini che
hanno partecipato al Campionato studentesco regionale a Montecatini tenutosi in
primavera.
75
Figura 1. Partita con uso dell’orologio
Figura 2. Spiegazioni con la scacchiera murale
76
4.2 Uno spunto per la strategia didattica. L’esperienza dell'Istruttore L.
Luperi.
In questa esperienza come osservatrice, ho ritenuto importante rivolgere
all'Istruttore alcune domande sulla sua esperienza personale coi bambini, per
approfondire gli aspetti che si legano all'insegnamento degli scacchi a scuola.
Il signor Luigi Luperi insegna scacchi nelle scuole da circa 30 anni. Possiede la
qualifica di Istruttore di scacchi FSI di base (ne esistono quattro livelli76),
conseguita con un corso a pagamento di 36 ore nel 2014, promosso dalla Regione
Toscana a partire dal 2013.
Il corso prepara gli istruttori prevalentemente sulle regole del gioco, sugli aspetti
tecnici e sui regolamenti, rilasciando il Diploma dopo un esame finale. In Toscana
ci sono circa 20 circoli scacchistici; il Circolo di Cecina, del quale Luigi è stato
Segretario, ed è attualmente Presidente, è quello che vanta il numero maggiore si
Istruttori in Toscana. Per anni affiliato alla UISP, dal 2000 si è affiliato alla FSI,
legata al CONI.
Il CONI ha recentemente introdotto il sistema SNAQ77 che prevede un corso
integrativo al Diploma di Istruttore, al quale devono attenersi obbligatoriamente
tutti gli operatori sportivi. Questo nuovo inquadramento deve essere conseguito
entro il 31 Dicembre 2017 per non perdere la qualifica di Istruttore già in
possesso.
Rispetto al precedente corso, l'adeguamento prevede l'integrazione di aspetti
didattici e soprattutto psicologici che non erano stati presi in considerazione in
precedenza, ma fondamentali per chiunque debba operare in campo educativo.
Sono stati inseriti interventi sulla Psicologia dello Sport e la giocomotricità.
La necessità di avere istruttori maggiormente qualificati e preparati nasce in
buona parte a seguito della risoluzione del Parlamento Europeo sulla mozione
“Chess in school” per portare il gioco degli scacchi nelle scuole.
Per quanto riguarda l’esperienza in classe, ho domandato a Luigi come organizza i
corsi a scuola coi bambini della primaria. Senza possedere una vera e propria
formazione didattica, sicuramente sono stati utili riferimenti e indicazioni che
trovava disponibili sulle riviste specializzate (“Scacco!”,“Torre e cavallo”)
76 Gli istruttori si distinguono per livello in quattro categorie: Istruttore di base, Istruttore
Scolastico, Istruttore Nazionale. 77 Sistema Nazionale Qualifica dei tecnici sportivi.
77
contenenti test e problemi scacchistici da riproporre in classe ai bambini.
Riguardo come organizzare le lezioni, Luigi solitamente prepara una scaletta degli
argomenti da presentare, così come previsti dal progetto, ma attuando spesso delle
variazioni di ordine metodologico.
Il primo incontro prevede l'insegnamento delle primissime regole di base. Ma con
l'esperienza acquisita negli anni Luigi ha ritenuto importante, ed utile, iniziare non
subito dai contenuti ma dalla presentazione del gioco degli scacchi a partire dalla
loro storia, per suscitare nei bambini curiosità, e di conseguenza motivarli a
conoscere il gioco che stanno per imparare.
Un ottimo espediente per catturare l'attenzione dei bambini è senz'altro il canale
narrativo: Luigi racconta la leggenda dei chicchi di grano da cui ha avuto origine
il gioco; il modo in cui gli scacchi, nati in India, sono giunti fino a noi in Europa,
presentandolo quindi come un gioco storicamente e culturalmente importante.
I cenni storici sono arricchiti da aneddoti, altro espediente molto utile allo scopo si
catturare l'attenzione, come ad es. il fatto che nel Medioevo giocare a scacchi era
una delle rare occasioni in cui un uomo poteva stare di fronte a una donna, o che
famosi personaggi storici quale il generale Napoleone erano grandi appassionati di
scacchi. Tutto questo per incuriosire e per far capire ai bambini che pur essendo
un gioco molto antico continua ad essere oggi giocato e diffuso.
Dopo questa parte introduttiva passa alle regole.
Tra gli istruttori ci sono prevalentemente due modalità di procedere: tutta la durata
della prima lezione (2 ore), ma a volte anche le due/tre successive, di sola teoria,
esponendo le regole con la scacchiera murale o alla LIM; oppure alternare teoria e
gioco pratico fin dal primo incontro.
Luigi preferisce sempre questa seconda modalità. Il suo iter è quello di dare poche
regole di base (la scacchiera, il valore dei pezzi e i relativi movimenti) e poi far
cominciare subito a giocare. Questo non solo perché consigliato, come abbiamo
visto, dalla prassi didattica ma anche come scelta dettata dal contesto stesso.
Luigi ha potuto constatare che i bambini ai quali si propone di insegnare un gioco
non vedono l'ora di iniziare a giocare. Esprimono chiaramente questo desiderio,
anche dal solo fatto di voler toccare i pezzi, di maneggiarli, forti del loro bisogno
di concretezza.
È meglio quindi non dedicare troppo spazio alla spiegazione (circa 20 minuti),
permettendo ai bambini di “buttarsi” subito e provare a giocare, riservando le
78
ulteriori regole a momenti successivi, molto spesso acquisite proprio durante la
pratica di gioco.
Elemento quindi di primaria importanza è far sì che il bambino si diverta
innanzitutto.
Ogni lezione non deve essere pesante, ma va resa piacevole (attraverso
l'introduzione di aneddoti curiosi), stimolante (proponendo di giocare per mettersi
subito alla prova), coinvolgente (attraverso i test scacchistici da risolvere insieme)
e divertente (introducendo qualche variante al tradizionale gioco a coppie: ad es.
Braccio-Mente o Mangia e Passa78).
Entrando nello specifico degli argomenti, ecco alcune indicazioni su come poter
proporre ai bambini le varie tematiche:
- Valore dei pezzi. Per far comprendere il valore dei pezzi, coi bambini più piccoli
Luigi usa il paragone con i giocattoli: come ognuno di noi dà un valore diverso ai
propri giochi in ordine di importanza (dal più importante a quello che conta di
meno), così funziona per i pezzi della scacchiera, ad ognuno dei quali è attribuito
un diverso valore numerico.
- Movimento dei pezzi. Per insegnare il movimento dei pezzi è utile ricorrere
all’uso di rime o filastrocche che facilitano la memorizzazione. Alcuni esempi
sono forniti dal testo di Cavazioni, già menzionato.
As es. L’Alfiere: “Sono l’Alfiere, un pezzo speciale che muove sempre in
diagonale”. Il pedone: “Sono il Pedone, un tiretto originale, muovo diritto ma
mangio in diagonale”
Tra i movimenti, quello che risulta più complicato per i bambini è quello del
cavallo; per rendere più semplice la comprensione si ricorre all'esempio della
lettera L poiché il passaggio del cavallo da una casa a un'altra ricorda questa
forma.
Per ricordare questo movimento la filastrocca del cavallo Giacinto79, che piace
molto ai bambini e risulta efficace:
78 Queste varianti sono molto interessanti ai fini di una diversificazione della lezione classica.
Spesso rimane poco tempo per effettuarle a scuola nell'arco dei 10 incontri previsti e, per questo, maggiormente sfruttate negli incontri extra-scuola con quei bambini che frequentano il Circolo.
79 Questa filastrocca è stata ideata da Michela Belli, istruttrice FSI-CONI.
79
Il cavallo di nome Giacinto, un bel giorno scavalcò un recinto
il padrone disse arrabbiato: -Ehi ! tu! Perché hai saltato? - Hiii, volevo un po' di libertà e galoppare di qua e di là - No, no – rispose il padrone - tu ritorni nella recinzione.
Ora, prova tu a saltellare ed il quadrupede liberare ricordando che se la terra è nera sul suolo bianco va la criniera
invece se il cavallo è sulla neve bianca, è nel nero che metterà la zampa.
Anche per la disposizione dei pezzi sulla scacchiera si può ricorrere all’aiuto di
una divertente rima per non sbagliare la collocazione:
Le due Torri all’angolino coi Cavalli lì vicino, poi gli Alfieri mattacchioni di Re e Regina i centurioni
e i pedoni là davanti a proteggere tutti quanti !
-Regole più complesse. Tra gli argomenti che risultano generalmente più difficili
da comprendere ci sono lo stallo e l'en passant.
Queste risultano regole un po' complesse, soprattutto per i bambini delle prime
classi; tuttavia si possono giocare belle partite e divertirsi molto anche senza
conoscerle a fondo.
-Tattica e strategia. Dopo aver insegnato a giocare dando i primi rudimenti, il
passo successivo è insegnare a giocare bene, spiegando tattica e strategia.
Le mosse tattiche (forchetta, infilata, inchiodatura) vengono apprese
complessivamente bene dalla maggioranza, grazie anche alla terminologia che
richiama visivamente la mossa da eseguire.
Per spiegare ai bambini la strategia, cioè come pianificare la partita, si spiega che
è come elaborare un piano:“C'è un Re da proteggere! e abbiamo il nostro esercito
da comandare nel modo migliore possibile per raggiungere questo obiettivo”.
Il primo scoglio che si incontra in questa fase è l'egocentrismo infantile.
Il bambino che deve diventare costruttore di un piano di gioco trova difficoltà
poiché per la sua natura egocentrica tende a pensare che l'avversario farà la mossa
che lui desidera, senza rendersi conto che invece non è così. Va insegnato che
bisogna pensare che l'altro possa fare sempre la mossa migliore, non quella che
noi desideriamo che faccia.
- La concentrazione. Luigi insiste molto nel raccomandare ai bambini di stare
80
concentrati durante il gioco, focalizzando l'attenzione sulla scacchiera piuttosto
che guardare di fronte verso il compagno, come farebbero per tendenza.
A titolo di esempio, Luigi ha fatto il paragone del portiere di calcio che per parare
bene deve assumere una posizione consona stando con le ginocchia flesse e con le
braccia aperte pronte per ricevere la palla. Così riuscirà meglio nell'impresa,
rispetto ad una posizione che non favorisce la parata.
Ecco che pian piano si vedono i bambini assumere la postura corretta da tenere, e
da mantenere, con gli occhi puntati sulla scacchiera, i gomiti appoggiati sul
tavolo, e la fronte sorretta dalle mani in fase di concentrazione totale.
Questo riesce piuttosto bene anche a quei bambini che solitamente fanno più
fatica a stare fermi e attenti. Si presta come un buon esercizio utile per migliorare
lo stato di attenzione generale anche per le altre attività scolastiche.
- La capacità decisionale. Insegnare che le mosse una volta fatte non si possono
modificare aiuta ad essere sicuri della decisione presa. Questo è molto importante
per lo sviluppo della capacità decisionale. “Pensare prima di muovere” è un motto
famoso del gioco degli scacchi.
Luigi ha fatto notare che si vede subito la differenza tra i bimbi che mostrano
sicurezza rispetto a quelli più indecisi, che toccano i pezzi più volte prima di
scegliere quale muovere. Per correggere, si ricorda ai bambini il detto “Pezzo
toccato, pezzo mosso”.
- Come gestire la sconfitta. Si parla spesso del rischio di scoraggiamento per quei
bambini meno capaci, che spesso vengono battuti dai compagni. Come gestire
allora la sconfitta affinché non si perda fiducia in se stessi ?
Luigi affronta il problema proponendo al bambino che sta perdendo di girare la
scacchiera e soffermarsi a riflettere sulla situazione e su che cosa avrebbe fatto lui
al posto dell'avversario. Cambiando l'ottica, si permette al bambino di vedere il
gioco da un altro punto di vista, di focalizzare sull'errore commesso, offrendogli
l'opportunità di riesaminare le proprie mosse e provare a fare quelle giuste, senza
proporre la soluzione direttamente, ma aiutandolo ad arrivarci da solo. In questo
modo il bambino, pur avendo perso, viene messo nelle condizioni di capire che in
situazione diversa anche lui è in grado di vincere una partita, che quindi ne ha le
capacità. Inoltre, è sempre fondamentale ricordare ai bambini che si impara molto
81
più dalle sconfitte che dalle vittorie. Una frase celebre dice che “Perdere a scacchi
è la cosa migliore che possa capitare a un giocatore. È un'opportunità per
imparare dagli errori commessi, e poter migliorare.”
- Una sana competizione. Nel gioco degli scacchi si insegna a non esultare per la
vittoria, né a disperarsi per la sconfitta, come avviene solitamente nella maggior
parte degli sport, ma a mantenere un atteggiamento composto indipendentemente
dal risultato, complimentandosi sempre con il proprio avversario in segno di
profondo rispetto.
Per questo atteggiamento così disciplinato, gli scacchi sono probabilmente l'unico
gioco dove è difficile capire a fine partita chi dei due giocatori abbia vinto o
perso. Anzi, molto spesso il vincitore è quello con la faccia più seria.
Dopo aver fatto giocare i bambini le prime partite, formando le coppie
liberamente, Luigi fa ruotare i bambini, che altrimenti vorrebbero giocare sempre
con gli stessi compagni.
Utilizza poi la tecnica del sali-scendi, ovvero predisposte quattro file di
scacchiere, chi vince la partita sale di una scacchiera (dalla quarta alla terza, e così
via), chi perde retrocede. L'obiettivo è arrivare in prima scacchiera.
Questo sistema ha lo scopo di favorire una competizione sana tra i bambini. Si è
verificato infatti che nell'arco degli incontri si è creata un'alternanza tra i bambini
che riuscivano ad arrivare in prima scacchiera, non sempre gli stessi quindi, così
da non creare una discriminazione netta tra bravi e meno bravi.
È stato visto anche quanto il contesto influisca sulla competizione. Rispetto a un
corso di scacchi tenuto in classe e quello effettuato nel doposcuola pomeridiano al
quale partecipano bambini appartenenti a classi diverse, Luigi ha notato che nei
bambini della stessa classe lo spirito di competizione è maggiore. Un'attività
svolta nella propria classe è probabilmente sentita più vicina alle consuete attività
scolastiche, riproducendo le dinamiche comportamentali relative a questo
contesto. Innanzitutto cambia il livello di attenzione, che è più vivo,
probabilmente influenzato dalla presenza nella classe della propria insegnante, e
poi il desiderio di competere coi propri compagni per dimostrare quanto si è bravi.
- La relazione. Un aspetto da non trascurare è quello relazionale. Fin dal primo
incontro Luigi chiede all'insegnante che venga messo a ciascun bambino un
82
cartellino col nome, così da creare subito un rapporto confidenziale con loro.
Chiamare i bambini col proprio nome ha un effetto positivo perché si sentono
considerati, e questo aiuta a creare un clima più intimo e un ambiente favorevole
all'apprendimento.
I bambini più “vivaci” non vanno rimproverati ma, al contrario, lodati e coinvolti.
È tendenza comune tra gli istruttori e insegnanti quella di operare una selezione
tra i più bravi e i meno bravi, ma che risulta inutile e dannosa. Il vero scopo e fine
ultimo di questi corsi è far scaturire il piacere del gioco, far appassionare i
bambini agli scacchi. Gettate queste basi, sarà poi loro scelta quella di
perfezionarsi o meno in futuro in questo gioco.
All'aspetto relazionale si lega necessariamente l'empatia, uno degli elementi se
non il più fondamentale che un insegnante deve possedere nella costruzione di un
buon clima di apprendimento in classe.
4.3 Collegamenti interdisciplinari nel progetto
Il progetto è stato portato avanti dall'insegnante Manuela che nella classe insegna
matematica, italiano, storia, geografia, e le tre educazioni: motoria, musica e
immagine.
È stata quindi volontà da parte dell'insegnante quella di legare al progetto
collegamenti interdisciplinari, dando così agli alunni la consapevolezza di quanto
in realtà questa attività non si presentava come separata bensì come parte del
lavoro scolastico.
Inizialmente è stata letta in classe “La leggenda sulle origini del gioco degli
scacchi”.
Sul testo è stato svolto un lavoro linguistico di analisi della struttura del brano,
suddiviso in sequenze con l'aiuto dei colori, e finalizzato alla sintesi attraverso il
riassunto della storia.
Il brano è stato poi illustrato dai bambini, e successivamente commentato anche
dal punto di vista matematico, in quanto la conclusione della storia chiedeva di
calcolare 2 elevato alla 63+1 chicchi di riso, posti in modo esponenziale sulle
caselle della scacchiera80.
80 Questa leggenda era notissima durante il Medioevo con il nome di Duplicatio scacherii, tanto
che ne fa cenno anche Dante Alighieri nella Divina Commedia, dove il sommo poeta la utilizza per dare un'idea al lettore del numero degli Angeli presenti nel cielo: L'incendio suo
83
Il risultato, come i bambini hanno riscontrato, si rivelerà essere un numero
esorbitante pari a 18.446.774.073.709.551.615.
Oltre a questo piccolo lavoro sull'italiano e la matematica, è stato fatto proposta la
visione di un film “Scacco matto nel Bronx81”, che i bambini hanno visto per
intero con l’insegnante.
La storia, molto coinvolgente, racconta di un insegnante di una scuola primaria
del Bronx che, proprio attraverso il gioco degli scacchi, riesce a dare ai bambini
disadattati che vivono in situazioni di degrado e difficoltà, uno scopo di vita, la
consapevolezza di valere come gli altri e la speranza di poter avere in futuro una
vita migliore.
Alla proiezione, è seguito un lavoro di analisi dei personaggi che ha messo a nudo
aspetti particolari del loro carattere, spesso modificati o migliorati proprio con il
gioco degli scacchi.
Il lavoro sul “test filmico” è stato molto proficuo: le osservazioni e le
considerazioni dei ragazzi hanno rivelato che era stato compreso pienamente
come il gioco degli scacchi possa essere fondamentale per acquisire fiducia in se
stessi e quindi autostima e determinazione.
Riporto due passaggi significativi scritti dai bambini:
“Il professor Mason è un supplente alla scuola elementare; qui trova bambini in situazione di grande difficoltà: genitori drogati, in galera, che non tengono alle speranze e ai desideri dei propri figli... Questo film è molto bello e ha una particolarità: ti insegna che se sei diverso da qualcuno non importa, ma devi soprattutto pensare prima di fare qualcosa, e guardare non quello che hai alle spalle, ma quello che sarà il futuro! Questo insegnano gli scacchi: a pensare. Giocarci è come portare il cervello in palestra. L’aspetto esteriore non conta; conta la mente. Davanti alla scacchiera siamo tutti uguali !”. (Alessia)
“Il film mi ha insegnato una cosa importante: quando si gioca a scacchi si può immaginare di essere qualcun altro. Si diventa guerrieri, come il bambino che fingeva che i suoi pezzi fossero piccoli ninja in battaglia. Ci si sente forti e niente ci può fermare se si vuole vincere. Questa storia insegna anche a guardare bene dentro se stessi, e se anche qualcosa ci spaventa a volte quella stessa cosa ci salva se sappiamo affrontarla. La partita di scacchi presenta scelte da fare, situazioni da risolvere, errori da cui imparare… come nella vita”.(Sara)
seguiva ogne scintilla ed eran tante, che 'l numero loro più che 'l doppiar de li scacchi s'inmilla. (Paradiso, XXVIII, 91-93).
81 Scacco matto nel Bronx, (Knights of the South Bronx), USA, 2005.
84
Infine, a conclusione dei dieci incontri, è stato dato spazio alla creatività dei
bambini attraverso l'invenzione di storie illustrate in cui ogni pezzo degli scacchi
si raccontava (“Il Re racconta..” , “L'alfiere racconta..” ).
4.4 Il mio intervento: un’analisi sull’esperienza scacchi
A conclusione del progetto, in accordo con l'insegnante, ho proposto ai bambini di
realizzare un elaborato scritto per descrivere le loro impressioni e riflessioni
personali sull’esperienza con gli scacchi, in funzione di un feedback sull'attività
progettuale svolta.
Dai temi dei bambini, “Riflessioni e considerazioni sul progetto di scacchi”, sono
emersi gli aspetti più tecnici del gioco, ma anche gli stati d'animo che il gioco
trasmette. I bambini hanno anche dimostrato di aver compreso quanto le abilità
logiche che sottendono questo gioco possono rivelarsi utili se applicate in
matematica, ma anche in altri ambiti disciplinari. Non meno importante il
coinvolgimento delle famiglie in questo percorso, che ha visto molti bambini
portare quanto appreso nelle pro
prie case, giocando con genitori, fratelli, sorelle, nonni, riscoprendo il valore e il
piacere di giocare insieme.
Tutti infine si augurano di poter continuare a giocare in futuro e di migliorare,
auspicando che gli scacchi possano diventare un giorno materia curricolare.
I temi richiesti non sono stati oggetto di valutazione, ma strumento utile a rilevare
quanto recepito dai bambini in questo progetto.
È stato chiesto di descrivere l'esperienza, le considerazioni personali, ciò che li ha
colpiti maggiormente, le conoscenze acquisite e ciò che hanno ritenuto più
significativo, in positivo e anche in negativo.
Dagli elaborati, ho effettuato un'analisi dei dati raccolti, dalla quale sono emerse
varie tematiche elencate dai bambini, che per ragioni di maggiore ordine e
chiarezza ho suddiviso in tre aree82 :
1) Qualità che il gioco sviluppa
2) Qualità che il gioco richiede
82 Prendendo spunto da un'analisi quali-quantitativa adottata dall'Istituto Comprensivo “EQ.
Visconti” di Roma sul laboratorio “Il gioco degli scacchi”, ho utilizzato le seguenti aree per raggruppare gli elementi raccolti dai temi dei bambini.
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Ragionamento Concentrazione
Pensiero Riflessione
Intelligenza
Capacità di previsione
Silenzio Concentrazione
Pazienza Strategia
Logica Serietà Attenzione
Rispetto delle regole
Felicità Entusiasmo
Eccitazione Emozione
Divertimento Dispiacere
3) Stati d'animo che il gioco trasmette
Riporto, nello specifico, gli elementi relativi a ciascuna area:
F.1 Elementi prevalenti relativi alla prima area: Qualità che il gioco sviluppa:
F. 2 Elementi prevalenti relativi alla seconda area. Qualità che il gioco richiede:
F. 3 Elementi prevalenti relativi alla terza area: Stati d’animo che il gioco
trasmette:
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Da un'analisi sulle occorrenze di ciascun elemento, per ciascuna area è emerso
che:
- Qualità che il gioco sviluppa: la maggior parte dei bambini ritiene che il gioco
degli scacchi sviluppi “concentrazione” (percentuale più alta, 15 bambini su 25) e
“ragionamento”.
La concentrazione, maggiormente menzionata, è ritenuta dai bambini l'elemento
centrale sviluppato da questo gioco con una importante ricaduta
sull'apprendimento e sullo studio in generale. In particolare, il ragionamento viene
collegato dai bambini all'efficacia che il gioco degli scacchi ha nello studio delle
varie materie scolastiche, soprattutto della matematica.
Il terzo elemento prevalente che i bambini ritengono il gioco sviluppi è quello del
“pensiero”, in quanto è fondamentale dover pensare molto prima di effettuare una
mossa.
Alcuni bambini hanno menzionato la “capacità di previsione” sviluppata in questo
gioco, che si attiva nel prevedere le mosse dell'avversario.
- Qualità che il gioco richiede: Per quanto riguarda le qualità che il gioco
richiede, la stragrande maggioranza ha considerato il “silenzio” l'elemento
essenziale richiesto in questo gioco. Forse rimasto loro più impresso perché è un
aspetto che contraddistingue ampiamente gli scacchi rispetto altri giochi.
Il silenzio viene quindi citato come elemento chiave, il quale a sua volta favorisce
la concentrazione, permettendo così di attivare una buona “strategia” di gioco.
Il secondo elemento maggiormente ricorrente è stato la “pazienza” nel rispetto dei
tempi dell'avversario, e dei propri, per non cadere nell'errore spesso dettato da una
mossa frettolosa.
Stranamente, l'elemento “attenzione” è menzionato da due soli bambini, pur
sapendo bene che le distrazioni in questo gioco non sono ammesse; compare
invece il “rispetto delle regole” che per alcuni è condizione imprescindibile di un
buon giocatore di scacchi al quale si richiede massima “serietà”. In questo gioco
non si può barare.
- Stati d’animo che il gioco trasmette: infine, tra gli stati d'animo che ognuno
“sente” durante una partita a scacchi, i bambini hanno segnalato di provare come
87
sentimento prevalente “felicità” (percentuale più alta); a seguire “divertimento”,
“emozione”, “passione”, “benessere”, e, una piccola minoranza, “dispiacere” per
la sconfitta. Dunque, tutti sentimenti positivi, ad eccezione dell'ultimo stato
d'animo, ma comunque bilanciato dalla motivazione a far meglio nella partita
successiva.
Da questa piccola indagine che ha messo in luce il grado di consapevolezza dei
bambini su quanto vissuto in questa esperienza, si può ritenere che l'intento del
progetto è stato raggiunto in maniera soddisfacente nella misura in cui giocare a
scacchi è innanzitutto un piacere, nonché un divertimento, come la maggior parte
dei bambini ha appunto dichiarato.
Ho ritenuto interessante, a questo punto, per una rappresentazione puntuale
dell'esperienza, riportare quanto scritto dai bambini, selezionando spezzoni dei
loro temi inerenti a ciascuna delle aree individuate.
4.4.1 La voce dei bambini: “Le nostre riflessioni e sensazioni”
L'attività degli scacchi, secondo quanto dichiarato dai bambini, ha permesso loro
di sviluppare maggiormente le abilità di concentrazione, di ragionamento e di
pensiero, sia attraverso l'apprendimento del gioco, che con l'applicazione pratica
di quanto appreso.
“A me è piaciuto moltissimo questa attività perché ho capito che gli scacchi è un
gioco dove si usa la mente e come se tu fossi in battaglia e lì si che serve il
ragionamento, come se dovessi comandare un piccolo esercito. Le cose
fondamentali che servono negli scacchi sono: concentrazione, silenzio e occhi
sulla tavola”. (ALESSIA)
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“Mi è piaciuto molto giocare a scacchi perché è un gioco di intelligenza dove
bisogna pensare e ragionare e a me piacciono fare le cose così di intelligenza.
...la cosa importante è che il cervello “lavori” bene”. (FRANCESCO L.)
La concentrazione è l'elemento più volte evidenziato. I bambini hanno compreso
che si possono fare mosse bellissime, ma non appena ci si distrae, anche a una
sola mossa dalla fine, può succedere di perdere la partita. La concentrazione è
elemento fondamentale in una partita di scacchi, ma anche utile per tutto il resto.
“Il gioco degli scacchi mi ha migliorato nel concentrarmi nelle cose”.
(TOMMASO)
Di conseguenza è importante, prima di ogni mossa, prendersi il tempo necessario
per pensare:
(TOMMASO)
Il ragionamento, in alcune considerazioni, diventa la strategia per questo gioco:
89
“Giocare a scacchi per migliore la nostra capacità di ragionare … mi ha
migliorato la strategia di pensare.. sono un vero e proprio sport del cervello”
(GABRIELE)
Il ragionamento, che grazie a questo gioco viene stimolato, ha anche una ricaduta
positiva nello studio delle materie scolastiche, che i bambini hanno individuato in
particolare per la matematica:
“Gli scacchi mi hanno aiutato per i calcoli, in matematica e ho applicato di più il
ragionamento quando scrivo e quando parlo” (ALESSIA)
((FRANCESCO F.)
“Bisogna pensare molto, e quindi ci aiuta anche in matematica” (CHIARA)
La matematica risulta la disciplina che più di tutte sembra giovare di una ricaduta
positiva in termini di studio. È vero che numerose ricerche testimoniano proprio la
relazione tra matematica e scacchi, in quanto si prestano efficacemente per
l'introduzione di concetti logici. Alcuni bambini dichiarano di sentirsi migliorati in
questa materia, grazie al ragionamento logico degli scacchi.
“Adesso ho imparato a svolgere i calcoli matematici un po' più veloce rispetto a
90
prima di iniziare gli scacchi” (AURORA)
“Silenzio” “Pazienza” “Concentrazione” sono gli elementi evidenziati dai bambini
che il gioco degli scacchi al tempo stesso favorisce e richiede.
Il silenzio ricorre più volte nelle descrizioni e a buon ragione. È condizione
essenziale per favorire la concentrazione e il ragionamento:
“Per giocarci serve silenzio sennò puoi sbagliare la concentrazione perché
potrebbe essere che finisca il tempo stabilito. (AILIGANDI')
(RACHELE)
“Bisogna stare zitti, e concentrarsi sui pezzi” (AURORA)
“Il gioco richiede tanta concentrazione e pazienza, ho imparato a fare silenzio
quando ragiono” (FRANCESCO L.)
Come dichiara Francesco, gli scacchi richiedono anche una buona dose di
pazienza, aspetto di per sé non troppo appartenente alla sfera infantile. Durante
una partita, alcuni bambini riconoscono di essere migliorati in questa capacità,
l'arte della pazienza, da applicare sia in questo gioco che nel vissuto quotidiano.
“Giocando, ho imparato a essere più paziente, a non prendermela quando si
perde” (CHIARA)
“Questo gioco mi ha fatto capire che anche nella vita ci vuole pazienza”
(RACHELE)
Una partita di scacchi richiede silenzio e pazienza, ma anche la conoscenza e il
91
rispetto delle regole:
“Aveva delle regole precise sulle partite, ad esempio: chi parla ha partita persa”
(AILIGANDI')
La comprensione delle regole del gioco grazie all'aiuto dell'istruttore ha consentito
di diventare più bravi e apprezzare questo progetto:
“Il progetto è stato molto divertente. All'inizio le perdevo tutte (le partite) e a
malapena sapevo muovere i pezzi, ma poi con il tempo sono migliorata. Luigi ci
ha insegnato a prevedere le mosse dell'avversario” (NOEMI)
Infine, l’aspetto più emotivo, evidenziando quelli che sono gli stati d'animo e le
sensazioni provate dai bambini sia durante una partita a scacchi che
complessivamente nel corso di questa esperienza.
“Felicità” e “divertimento” sono state le sensazioni prevalenti per questi bambini:
“Quando giocavo ero molto felice” (RACHELE)
“Provavo emozioni forti come allegria” (NORA)
Anche dalla sconfitta, non ci si perde d'animo ma si reagisce con grinta:
“Io giocando mi sentivo felice, e quando perdevo le partite trovavo sempre la
forza per vincere le prossime e altre sfide” (CHIARA)
Si impara a giocare a scacchi divertendosi:
“...con gli orologi era più difficile, ma comunque divertente” (CHIARA)
“Quando abbiamo cominciato pensavo sarebbe stato noioso, però con il passare
del tempo mi sono accorta che il progetto era molto bello e divertente” (NOEMI)
“Una cosa che sicuramente è cambiata in me è che ultimamente rifletto di più
prima di fare qualcosa, infatti anche giocando riflettevo molto, ma provavo anche
gioia giocando perché in fondo è un gioco divertente” (NOEMI)
“a me è piaciuto molto perché mi divertivo tantissimo stavo insieme ai miei amici
in una cosa diversa dalle solite materie” (TOMMASO)
92
Sensazioni più forti suscitate durante il gioco sono state descritte con metafore
particolari:
“Quando giocavo mi sentivo le “farfalle nello stomaco”, e quando si fece il
torneo sudavo dalla concentrazione” (GABRIELE)
“ Avevo ad ogni partita la “pelle d'oca” (FRANCESCO F.)
“Quando giocavo mi sentivo una “patata bollente”, ero tutta accaldata. Provavo
sentimenti strani quasi indescrivibili” (AURORA)
“Quando ho giocato con un mio compagno di classe bravissimo che si chiama
Elia mi batteva forte il cuore, perché sapevo di perdere, infatti fu così, ma essere
riuscita a scontrarmi con lui è già un grande passo!” (AILIGANDI')
Significativo il sentimento della passione per il gioco, come sottolineato più volte
da un bambino:
“Mentre giocavo provavo passione e amore per questo sport. Per praticare
scacchi serve molta serietà, ma oltretutto divertimento, voglia e passione..”
(FRANCESCO F.)
Oltre alle emozioni forti, dall'entusiasmo per una vittoria all'eccitazione durante i
tornei di classe, giocare a scacchi infonde anche una sensazione di benessere:
“Giocare mi fa stare bene!” (NOEMI)
E oltremodo positivo il desiderio spontaneo di voler giocare:
“In me c'è la voglia di giocarci” (LUDOVICA)
• La ricaduta extrascolastica del progetto
Il progetto ha avuto una positiva ricaduta anche al di fuori dell'aula scolastica,
grazie alla condivisione che questo gioco ha saputo promuovere.
La condivisione del gioco con i compagni della propria classe ha avuto un seguito
anche oltre la scuola, nelle case degli alunni. Alcuni bambini hanno insegnato il
gioco degli scacchi ai propri genitori, ai nonni, ai fratelli, sorelle, dando modo di
93
passare più tempo insieme, e di condividere questa esperienza scolastica con la
propria famiglia.
“In famiglia hanno preso bene questa cosa, infatti ho fatto ritornare la passione a
mio padre che non ci giocava più da parecchi anni” (FRANCESCO F.)
“La mia famiglia mi ha aiutato ad allenarmi per il torneo, perché con la
scacchiera che avevo quasi tutte le sere sfidavo il mio babbo” (FRANCESCO L.)
“La prima volta che ho imparato e sono tornata a casa, la mia mamma, vedendo
che ormai io e il suo fidanzato Andrea sapevamo giocare, decise di imparare
anche lei.” (AILIGANDI')
“Quando ho portato la notizia in casa, i miei lo hanno apprezzato con tanta
felicità.. quando sono dal mio babbo almeno tre partite consecutive le facciamo
sempre” (LUDOVICA)
In alcuni casi, i bambini hanno dovuto insegnare il gioco ai genitori che non lo
conoscevano, occasione stimolante per mostrare a casa quanto appreso a scuola
“In famiglia i miei genitori sapevano giocare, ma ora non se lo ricordano più e
quindi io glielo devo insegnare” (TOMMASO)
“Appena ho insegnato alla mia famiglia a giocare a scacchi è diventata
un'ossessione si giocava sempre e ci si divertiva un sacco.” (GABRIELE)
Importante, in qualche caso il gioco ha permesso addirittura di migliorare i
rapporti all'interno della propria famiglia, rafforzandone la relazione
“Le cose in famiglia sono cambiate ho migliorato la vita dei miei, convincendoli a
giocare, piano piano ed hanno imparato” (NORA)
Questo progetto ha visto le famiglie degli alunni coinvolte dai propri figli nel
gioco degli scacchi. Passare il tempo a giocare a scacchi insieme è certamente un
94
modo sano di passare il tempo in famiglia, un momento educativo da incentivare e
di cui beneficiare.
• Un'esperienza da replicare
Da quanto emerso in questa analisi, si può confermare la ricaduta positiva che il
progetto ha avuto da molteplici punti vista, da quelli propriamente didattico-
pedagogici fino a quelli relazionali.
Si può quindi concludere, anche a detta dei bambini stessi, che si tratta di
un'esperienza interessante da replicare, possibilmente da estendere in tutte le
scuole di ogni grado, ai bambini di tutte le età.
A confermare con forza tutto ciò, la totalità dei bambini i quali si augurano che
tale esperienza abbia un seguito in futuro.
“Penso che io posso continuare a giocare a scacchi a lungo. Questa avventura mi
ha insegnato molto e spero che continui ad avere questa passione anche in
futuro” FRANCESCO F.
L'augurio dei bambini è anche quello di poter andare avanti in questa esperienza
da soli, oltre la scuola, frequentando il circolo di scacchi, per poter apprendere
meglio questo gioco e, chissà, arrivare un giorno a diventare anche campioni.
“Nel futuro continuerò a giocare a scacchi, già ora sto andando tutti i martedì e i
venerdì al Circolo scacchistico all'Enjoy per allenarmi per i tornei che ci saranno
più avanti” (TOMMASO)
“Io penso che da grande diventerò campionessa e non abbandonerò mai il gioco
perché tra noi c'è un filo che ci permette di non staccarci mai” (NORA)
“Purtroppo le lezioni sono finite, comunque continuerò ad allenarmi al circolo
scacchistico per provare ad arrivare alle regionali” (NOEMI)
O chi, senza grandi propositi o obiettivi precisi, è rimasto comunque soddisfatto
dell'esperienza, facendo tesoro del piacere del gioco.
“In futuro la continuerò come hobby, senza fare tornei e grandi cose, ma non mi
scorderò mai delle dieci lezioni per imparare!” (FRANCESCO L.)
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“Non spero di diventare campionessa mondiale, ma almeno imparare a giocare
meglio di ora!” (RACHELE)
“Non so se in futuro darò ancora tanta importanza agli scacchi, ma sicuramente
non smetterò mai di giocarci perché farlo mi fa stare bene” (NOEMI)
4.4.2 I risultati raggiunti
Durante lo svolgimento del progetto è stato interessante notare come sia andata
mano a mano aumentando la capacità di concentrazione ed attenzione dei ragazzi.
Durante le ore di spiegazione del gioco, le lezioni sono diventate sempre più
“silenziose” fino ad esserlo completamente durante i momenti di gioco, ed è stato
palese come questo dipendesse dalla concentrazione ed attenzione totale dei
bambini mentre disputavano una partita.
Questo miglioramento dell'attenzione, come è stato riscontrato dall'insegnante, è
stato trasferito anche nelle altre attività scolastiche, che sono state affrontate dai
bambini con serietà e impegno sempre maggiore.
La sana competitività tipica del gioco ha contemporaneamente stimolato un
maggior senso di appartenenza al gruppo: i ragazzi si sono scambiati
considerazioni e ragionamenti, aiutati nei momenti di difficoltà nel gioco e, a
conclusione del progetto, si sono perfino organizzati a gruppetti per partecipare
alle serate del martedì e del venerdì organizzate dal Circolo scacchistico per
giocare fuori dell'ambito scolastico.
I risultati migliori nel ragionamento e nella logica si sono riscontrati proprio nei
bambini con difficoltà che in questo contesto hanno avuto a disposizione problemi
da risolvere forse più concreti di quelli proposti in ambito prettamente
matematico.
La successione delle mosse da dover elaborare mentalmente e talvolta anche
prevedere per giungere alla vittoria, introduce la scomposizione di situazioni
problematiche complesse in “passi” più semplici, in sequenze da percorrere per
arrivare alla soluzione.
Veramente notevoli le competenze a cui sono pervenuti quegli alunni che già
possedevano eccellenti capacità logiche e di ragionamento, per i quali gli stimoli
proposti hanno portato a risultati davvero di eccellenza.
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La scuola tendenzialmente lavora più sul recupero delle lacune che sul
miglioramento delle eccellenze; questo progetto si è presentato come una valida
opportunità per valorizzarle.
Un traguardo notevole è stato raggiunto al torneo di scacchi regionale studentesco
tenutosi a Montecatini il 7 aprile organizzato dalla FSI in collaborazione col
MIUR. Le scuole che hanno aderito al progetto partecipano rappresentate da
squadre di bimbi selezionati durante il torneo di Istituto. Della classe quinta A
sono passati 12 bambini (6 maschi e 6 femmine) che hanno rappresentato la
scuola Primaria “C.Collodi”.
Hanno ottenuto un ottimo secondo posto, con grande soddisfazione per questi
bambini ed entusiasmo da parte di genitori e insegnanti.
Per i bambini è stata una bella gara, ma soprattutto una bella esperienza di vita,
come loro hanno dichiarato.
Infine, un importantissimo dato da segnalare, il caso particolare di una bambina,
Noemi, di media bravura e caratterialmente molto timida, che si ha ottenuto il
primo posto nel Torneo di Istituto, ed è arrivata seconda al torneo di Grosseto
dove hanno partecipato le varie Scuole che hanno aderito al progetto.
Proprio questa bambina è stata la migliore nelle prove Invalsi in matematica che si
sono svolte a Maggio. Forse un caso, ma gli scacchi potrebbero aver dato il loro
contributo.
4.5 Gli scacchi a Donoratico: un’intervista a un’insegnante scacchista
La mia esperienza in presenza sul progetto di scacchi presso la scuola primaria
Collodi di Cecina Mare mi ha consentito di conoscere come questo gioco venga
presentato ai bambini attraverso questi corsi, di osservare come i bambini
accolgano questa iniziativa, e di valutare con l'insegnante di classe i numerosi
vantaggi educativi che derivano da questo tipo di progetto.
Intervistare l'istruttore che ha tenuto il corso ha reso più approfondito il lavoro,
arricchendolo di quegli aspetti utili per la didattica che dalla semplice
osservazione non potevano emergere.
Sono poi venuta a conoscenza di un'insegnante di scuola primaria di Donoratico,
Lida Coltelli, la quale non soltanto è maestra ma al tempo stesso anche scacchista.
Questo “binomio” in un'unica figura ha stimolato il mio interesse a conoscere il
suo modo di lavorare, in questo caso diverso dalla situazione tradizionale dove
97
l'insegnante di classe molto spesso non conosce il gioco e si avvale dell'esperto
eterno attraverso il progetto.
Ho ritenuto quindi importante realizzare un'intervista ad un'insegnante giocatrice
di scacchi, la quale presenta ella stessa ai suoi alunni l'attività di scacchi, e non in
un corso di 10 incontri ma durante l'intero anno scolastico.
Ho posto all'insegnante domande relative all'utilizzo in classe degli scacchi,
cercando di far emergere le differenze di approccio rispetto a quelle di un
istruttore esterno, come nel contesto da me osservato:
-Da quanto tempo proponi il gioco degli scacchi ai tuoi alunni? In quali classi?
-L. Questo è il terzo ciclo. Presentai per la prima volta gli scacchi nell’anno
scolastico 2007/2008 ad una classe terza (a tempo pieno) a Castagneto Carducci.
È stata una proposta di mia iniziativa, al tempo non c'erano ancora nemmeno le
direttive europee, pur essendo presenti sperimentazioni sugli scacchi in Italia, ma
non nelle scuole della nostra zona. Proposi il mio progetto al Preside che me lo
approvò favorevolmente.
Gli alunni mostrarono tutti molto interesse ed impegno. Li riproposi quindi anche
l’anno successivo, sempre nella stessa classe (quarta) e, a conclusione del corso,
organizzai un piccolo torneo con tanto di premi e medaglie per ogni partecipante.
La presenza del presidente del circolo G. Greco di Cecina Luigi Luperi e di altri
scacchisti come Nelli Marcello contribuirono a dare all’evento la parvenza di
ufficialità e i bambini ne furono entusiasti! Purtroppo per loro, però, non fu
possibile proseguire il corso a causa della mia gravidanza. I bimbi erano
disperati, ovviamente non perché sentivano la mia mancanza ma per il fatto che
la mia supplente non sapeva giocare a scacchi! Dopo la maternità venni trasferita
a Donoratico, dove provai a reiterare l’esperienza (biennale) in una classe quarta
/quinta (anni 2012-13/2013-14). Anche in questo caso un torneo concluse il corso.
Da menzionare fu un piccolo torneo di scacchi organizzato da un professore della
Scuola Secondaria che vide come partecipanti e vincitori (primo, secondo e terzo
classificato) i miei ex-alunni di Castagneto e come arbitri/supervisori i miei
alunni del ciclo successivo. Esperienza bellissima! Quest’anno sto riproponendo
il corso alle mie due attuali classi terze.
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-S. Quali differenze sostanziali nel modo di lavorare con i bambini più piccoli e
coi più grandi (approccio diverso, materiali diversi, obiettivi diversi..)
-L. Esatto… approccio diverso, materiali diversi, obiettivi diversi… una cosa è
lavorare con bambini molto piccoli che rimandano a strategie didattiche peculiari
alla Scuola dell’infanzia, altra cosa è presentare gli stessi concetti a discenti che
ne hanno già acquisito una seppur elementare percezione. Basti pensare a termini
come “dentro”, “fuori”, “orizzontale”, “verticale”, “diagonale”, “perimetro”
ecc…
Potrai capire meglio cosa intendo leggendo il progetto di continuità Scuola
dell’Infanzia - Scuola Primaria che avevo presentato tre anni fa e che aveva
come filo conduttore appunto il gioco degli scacchi. Per ogni ordine di scuola si
prevedono attività e metodologie diversificate: scacchiera gigante da terra, giochi
di psicomotricità, filastrocche... per la Scuola dell'Infanzia”; invenzione di storie,
drammatizzazioni, costruzione di scacchi in cartapesta, scacchiera murale per i
bimbi della Scuola Primaria.
Tieni presente che io non sono solo un’istruttrice di scacchi ma sono, soprattutto,
un’insegnante di scuola Primaria e il mio interesse principale non è tanto quello
di addestrare tanti piccoli scacchisti ma, principalmente, quello di utilizzare
l’aspetto ludico degli scacchi a fini didattici ed educativi, ad esempio attraverso
l'acquisizione di determinati concetti geometrici e matematici, il rispetto
dell'avversario, il superamento dell'egocentrismo.
-Quali miglioramenti sono stati ottenuti in seguito ai corsi? In cosa? Sono stati
fatti dei test specifici o standardizzati per valutare i risultati ?
-L. No! Io non ho mai fatto alcun test standardizzato in merito. Non ne ho mai
sentito l’esigenza. Inoltre, la fase durante la quale si potrebbero “raccogliere i
frutti” del percorso svolto coincide anche con il passaggio dei bimbi alla Scuola
Secondaria di primo grado e, purtroppo, con la sospensione del progetto.
È quindi difficile, per me, stabilire in modo oggettivo la ricaduta che quest’attività
può aver avuto nel loro percorso didattico. Posso descrivere solo percezioni a
carattere soggettivo, per quanto frutto di osservazioni abbastanza sistematiche.
Bisognerebbe fidarsi degli studi fatti in quei Paesi dove, da anni, sono stati
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introdotti gli scacchi nei percorsi di studio. Ad esempio, mi è stato riferito da una
collega che nella sua classe è arrivato un bambino straniero da un Paese dell’Est
europeo che gioca benissimo a scacchi perché per lui erano disciplina scolastica.
Nell’impatto con la nostra realtà, ha avuto qualche difficoltà di tipo linguistico
ma nessun problema in ambito matematico. A dire dei docenti, ha capacità
logiche, di analisi e ragionamento nettamente superiori ai suoi compagni di
classe. Sarà un caso? Forse.
Ad ogni modo, ritengo che vedere bambini “agitati” che riescono a giocare
rispettando delle regole o che, per loro scelta, passano la ricreazione seduti, in
silenzio, davanti ad una scacchiera a disputare brevi partite sia già, di per sé, una
bella conquista e una bella riprova del valore educativo e socializzante che può
avere quest’insegnamento.
Anche il fattore integrazione non è da sottovalutare. Nel ciclo precedente ho avuto
una bambina senegalese, arrivata in classe quarta senza conoscere una sola
parola d’italiano che al torneo di scacchi di fine anno si è classificata seconda.
Un bel salto nel grado di considerazione e di rispetto dei compagni e, di riflesso,
una bella carica di autostima che si è poi tradotta in motivazione.
-Cosa, o quanto, servirebbe fare per avere un riscontro come ricaduta didattica dei
benefici degli scacchi?
-L. La risposta è piuttosto ovvia… servirebbe che il gioco degli scacchi divenisse
materia scolastica nelle scuole di ogni ordine e grado. Non basta imparare a
giocare. È necessario avere la possibilità di continuare a giocare!
-La scuola di Donoratico lo prevede nell'offerta formativa di quest'anno?
-L. No! Lo faccio solo io, nelle mie classi e per mia iniziativa. Forse il prossimo
anno, con la disponibilità dell’istruttore Nelli Marcello, riusciremo ad allargare
l’offerta formativa anche ad altre classi dell’Istituto Comprensivo.
-Ci sono stati degli ostacoli per la realizzazione di questi progetti ?
-L. Non ci sono soldi per l’acquisto del materiale… scacchiere, orologi… Il
100
materiale che ho a disposizione (scacchiera murale, scacchiera gigante da terra,
libri ecc…) l’ho comprato a mie spese.
Di solito chiedo ai genitori di regalare una scacchiera ai figli in occasione del
Natale.
I Presidi che si sono succeduti si sono limitati a lasciarmi fare, almeno finché si è
trattato di un Progetto a costo zero.
-Qual è la differenza tra un corso tradizionale di 10 incontri e un corso interno
all'attività annuale? Come viene impostato ?
-L. È diversa la finalità! L’istruttore che entra in una classe per insegnare a
giocare a scacchi è costretto ad usare le 10 ore a disposizione, appunto,
unicamente per tale scopo. Io posso perseguire finalità diverse, prendermi tutto il
tempo che voglio, calare l’apprendimento del gioco in un contesto più
interdisciplinare, intrecciato alle altre discipline.
-Gli scacchi a livello interdisciplinare. Quali possibilità di utilizzo?
-L. Gli scacchi possono essere utilizzati per le varie discipline. Ad esempio li ho
utilizzati per introdurre i primi rudimenti di geometria attraverso la scacchiera
gigante facendo entrare e uscire i bimbi per i concetti “dentro” e “fuori”, o
facendoli camminare lungo il bordo per il concetto di perimetro; le coordinate
delle case (a1, b2..) sono utili per la geografia, insegnando l'orientamento
spaziale.
La possibilità offerta dalla scacchiera gigante di sperimentare col proprio corpo,
spostandosi fisicamente tra le case della scacchiera, che diventa qui uno spazio
“agito”, rafforza nei bambini l'apprendimento di concetti astratti.
Interessante lavoro è stato quello di far ricostruire ai bambini la scacchiera (si
parla sempre della scacchiera gigante non a telo unico ma fatta di quadrati
scomponibili). In questa operazione si vedono i bambini prendere i quadrati e non
saper bene come posizionarli per ricostruire l'alternanza quadrato bianco-
quadrato nero, soprattutto nella verticalità. Questa esperienza, importante per
l'acquisizione spaziale, è adatta coi bambini delle classi prime e seconde, ma
anche con le terze dove ancora in qualche caso, soprattutto le bambine, si
101
continua a fare confusione tra la destra e la sinistra.
Non solo concetti matematici e geometrici, ma si può sfruttare l'alternanza del
bianco e del nero delle case per introdurre l'alternanza dei ritmi in musica.
Ci sono inoltre numerosi giochi psicomotori da poter fare con la scacchiera
gigante, utili per lo sviluppo dell'area motoria.
Per l'italiano si possono proporre storie da far costruire ai bambini con gli
scacchi come filo conduttore. Questo lavoro non lo propongo mai nel primo anno
in cui insegno scacchi, ma almeno il secondo anno perché per poter costruire una
storia legata agli scacchi i bambini devono possedere una conoscenza abbastanza
approfondita dei meccanismi degli scacchi (a partire da come si muovono i pezzi
sulla scacchiera).
L'utilizzo degli scacchi mi è stato utile oltre che per scopi propriamente didattici
anche a fini educativi. In particolare si prestano al superamento
dell'egocentrismo mettendo il bambino nella condizione di calarsi dal punto di
vista dell'avversario, riuscendo pian piano a capire che l'avversario non la pensa
come lui. La scoperta dell'altro da sé, che ha pensieri suoi differenti dai propri, è
una bella scoperta per questi bambini. Negli scacchi il bambino è costretto ad
ogni mossa a cercare di prevedere quello che potrebbe fare l'altro giocatore, non
solo prevedendo la mossa successiva ma anche le due/tre successive. Questa
mentalità, difficile da acquisire, è fondamentale nel gioco degli scacchi, e aiuta
molto a sviluppare la capacità di previsione. Durante il gioco è importante prima
di tutto avere una visione globale della scacchiera, visualizzare dove sono tutti i
propri pezzi, controllare se i propri pezzi sono attaccati oppure attaccabili dai
pezzi dell'avversario, vedere come si può agire per attaccare e cosa potrebbe fare
l'altro per difendersi. Una volta stabilito quale mossa fare bisognerebbe anche
vedere quante altre mosse migliori si potrebbero fare in quel momento.
Più si gioca più si acquisisce la capacità di visualizzare le variabili in maniera
più immediata. Ad alti livelli si riescono a memorizzare mosse di aperture e
difese.
Gli scacchi si sono rivelati un utile strumento anche per l'integrazione. In classe
ho avuto bambini stranieri che arrivano senza conoscere una parola di italiano
ma di fronte alla scacchiera questo tipo di ostacolo si annulla. Col gioco si
abbattono le barriere linguistiche e anche culturali, anzi ho potuto riscontrare
che i bambini dell'est sono spesso più predisposti per gli scacchi. Forse questo è
102
dovuto anche a un fattore di mentalità perché i genitori stranieri sono spesso ben
disposti verso il gioco degli scacchi mentre tanti genitori italiani vedono gli
scacchi come un gioco da bar, soprattutto non adatto alle femmine che non sono
quindi troppo stimolate verso questa attività.
Ho visto tanti genitori non troppo disposti inizialmente, cambiare atteggiamento e
superare questo stereotipo col tempo, accettando questa attività soprattutto in
fase di torneo finale vedendo i figli raggiungere dei risultati in questo gioco.
Alcuni genitori non vengono neanche a vedere i propri figli al torneo, mentre quei
bambini che hanno l'appoggio e l'approvazione dei genitori subiscono
un'influenza positiva, mostrano più interesse a giocare, sia i maschi che le
femmine. Quando invece manca l'interesse dei genitori per il bambino diventa più
difficile, visto che a casa non riprendono in mano il gioco poiché non hanno
nessuno con cui giocare.
- Gli scacchi possono essere introdotti nella scuola primaria fin dalla classe prima.
Quali i motivi per cominciare coi bambini più grandi?
-L. Certamente avrei potuto presentare il gioco degli scacchi fin dalla classe
prima, quando mi fu assegnato il nuovo ciclo. Lo avrei fatto, in tutta onestà, se
fosse andato in porto il Progetto di continuità con la scuola dell'Infanzia da me
presentato nell'anno scolastico precedente 2013/2014, laddove i bambini che
iniziavano la prima con me, nel 2014, sarebbero stati quelli dell'ultimo anno della
scuola dell'Infanzia che, seguendo il progetto, sarebbero arrivati alla primaria
già preparati sull'argomento. Proporre subito un lavoro con gli scacchi senza
conoscere ancora i bambini, le loro situazioni, i genitori, non l'ho ritenuto
opportuno. Anche perché, come dicevo prima, l'atteggiamento dei genitori è
fondamentale nella misura in cui da una loro diffidenza verso il gioco deriva di
riflesso una diffidenza anche nei bambini. Il bambino che ascolta la lezione con
una certa motivazione a farlo, apprende sicuramente meglio rispetto al bambino
che a casa non è appoggiato dai genitori verso questa attività. L'atteggiamento
risulta diverso in quanto il bambino è meno interessato in conseguenza al
disinteresse dei genitori, i quali molto spesso trovano strano giocare a scacchi a
scuola, considerandolo una perdita di tempo che toglie spazio allo studio di cose
molto più importanti. Inoltre, un approccio sbagliato di un bambino influisce
103
negativamente non solo su se stesso, ma condiziona anche i compagni perché il
bambino che non ha interesse crea disturbo e influenza l'attenzione degli altri.
A maggior ragione parto dalla classe terza perché il rapporto tra l'insegnante e i
bambini è sicuramente più consolidato; anche nel caso in cui ci fossero genitori
sfavorevoli, il bimbo ha fiducia nell'insegnante e quindi si fa condizionare di
meno dal genitore a casa.
- Come introduci ai bambini il gioco degli scacchi ?
-L. Per introdurre questo gioco ai bambini non parto mai dall'insegnamento dalle
regole, come avviene invece nei progetti tradizionali tenuti dagli istruttori esterni.
Generalmente parto dalla visione di un film, “Scacco matto nel Bronx”, che
ritengo molto adeguato per generare interesse nei bambini verso il gioco. I
protagonisti della storia sono bambini della scuola primaria che imparando a
giocare a scacchi riescono a superare le loro diverse problematiche, ma anche a
divertirsi, a condividere esperienze insieme, fino ad arrivare ai tornei nazionali e
vincere la coppa. La reazione dei bimbi è positiva: si crea una sorta di
identificazione che dà una motivazione forte; e dopo la visione di questo film c'è
sempre il desiderio di imparare a giocare. Una famosa frase del film “Se sai
giocare a scacchi nessuno può dirti stupido” per bimbi che hanno difficoltà o che
non si sentono all'altezza della situazione è una bella dose di incoraggiamento e
di stimolo ad imparare.
Il film crea entusiasmo e mi è utile per preparare il terreno per innestare tutto il
resto.
-Introdurre il corso di scacchi partendo da un racconto. Perché questa scelta, quali
vantaggi ? Come ci si può lavorare ?
-L. Attualmente insegno Italiano e quest'anno ho trovato un libro che prima non
conoscevo che mi è stato molto utile nel lavoro con gli scacchi. Introdurre
l’argomento partendo da una storia mi dà la possibilità di utilizzare un
linguaggio disciplinare, familiare a tutti i bambini e legato al loro vissuto
fantastico. Questo mi permette di catturare l’attenzione di tutti gli alunni.
104
Il libro intitolato “Il segreto della soffitta83”, acquistato in forma di e-book, si
presta ad essere letto collettivamente sulla L.I.M. ed, inoltre, essendo strutturato
in capitoli che alternano storia a spiegazioni del gioco, mi consente di presentare
le regole in modo semplice e divertente.
È la storia di un bambino solitario con pochi amici, che un giorno trova in una
soffitta una scacchiera polverosa dalla quale sente una vocina con lo invita ad
entrare nella scacchiera saltandoci dentro. Inizialmente titubante e incredulo,
decide poi di fare il salto sicuro di rompere la scacchiera saltandoci sopra, invece
si ritrova piccolissimo all'interno della scacchiera dove interagisce coi pezzi del
gioco che gli spiegano che il loro mondo si sta sgretolando perché gli scacchi
sono caduti nell'oblio. Nessuno più si ricorda come si gioca a scacchi, nessuno si
ricorda più le regole perché nessuno ha più preso in mano la scacchiera per
giocare. I personaggi chiedono aiuto al bambino che se riuscirà a riscoprire le
regole del gioco darà loro modo di ritornare a vivere, e ricostruire il mondo degli
scacchi che altrimenti rischia di scomparire per sempre. È il Re che fa questa
richiesta al bambino che poi conoscerà tutti gli altri pezzi tra cui il cavallo, col
quale si sposterà in questo regno fino ad arrivare a conoscere l'altro Re che gli
darà ormai con un fil di voce le regole per giocare a scacchi. Imparando queste
regole riuscirà a salvare il mondo degli scacchi.
Quando si ritrova poi fuori della scacchiera, si ritrova a fare un torneo di scacchi
coi compagni di classe e riesce con sua grande sorpresa a giocare bene perché
ormai ha acquisito le regole. Capisce quindi che non si è trattato tutto di un
sogno come inizialmente aveva pensato, ma che può addirittura rientrare nella
scacchiera ed riuscire ogni volta che lo desidera. In sostanza, gli scacchi non
sono caduti nell'oblio perché qualcuno si è interessato a loro ridando vita al
gioco.
Il libro è strutturato in modo tale che la storia presenta, per ogni capitolo, un
personaggio del gioco; poi si interrompe la storia per descrivere le regole sul
movimento di quel pezzo. E così via, in un'alternanza tra racconto e spiegazione
delle regole.
In questo modo i bambini imparano a giocare senza quasi rendersene conto.
Dopo la lettura, ripresento alla scacchiera murale le regole apprese per
83 Riesco N., Vasquez J.A., Il segreto della soffitta, Milano, Salani, 2011.
105
consolidarle.
Il libro così strutturato è utile per un insegnante perché si configura come una
sorta di lezione sugli scacchi, dove gli argomenti sono portati avanti in maniera
sistematica.
-La risposta dei bambini: ci sono differenze tra maschi e femmine nell'approccio
al gioco?
-L. Un po’ si! Spesso il retaggio culturale fa la differenza! Viene, sovente,
percepito come un gioco da maschi! L’alunno che impara a giocare, quando
torna a casa, trova un padre o un fratello pronti a giocare con lui o, quantomeno,
ad imparare con lui. Alle bambine accade meno di frequente. Anche per questo
motivo, alcune volte faccio giocare i bambini non tra di loro ma partite collettive,
dividendo maschi contro femmine per creare una motivazione nelle femmine.
-Qualifica e formazione di istruttore: quali novità introdotte dall'adeguamento
SNAQ: aspetti positivi o negativi di questa integrazione
-L. Nei corsi d’adeguamento sono stati inseriti argomenti nuovi. Psicologia dello
sport, per dirne uno, dove ci veniva spiegato ad esempio come gestire la sconfitta,
o come motivare gli atleti.. Tuttavia ho trovato le conferenze un po’ lontane dal
mondo scacchistico…erano più orientate verso altre discipline come l’atletica, ad
esempio. I relatori erano, perlopiù, insegnanti di educazione fisica della Scuola
Secondaria di Secondo Grado o preparatori atletici. Anche l'insegnante che ci ha
parlato del rapporto tra matematica e scacchi ha illustrato aspetti della
matematica che si insegnano alle superiori (le equazioni). L'aspetto didattico è
stato trattato ma a livello di scuola superiore. In quanto insegnante di primaria
non ne ho tratto spunti utili. Interessante a mio avviso l'intervento di Del Dotto84
che ha parlato del rapporto tra gli scacchi e il mondo femminile.
84 Riccardo Del Dotto (1974), Maestro di scacchi e vincitore del premio “Istruttore FSI
dell'anno 2015”, è Direttore della Scuola di Scacchi ASD nella sua città, Lucca. Insegna tramite corsi on-line a centinaia di allievi di ogni età e livello, dai principianti ai Maestri. Le lezioni, individuali o di gruppo, si svolgono mediante l'uso di Skype. Ogni percorso individuale è personalizzato: gli obiettivi da raggiungere vengono pianificati nella prima lezione a seconda del livello di partenza del giocatore.
106
-Quale proposta innovativa sull'utilizzo del gioco degli scacchi a scuola?
-L. Per l'anno scolastico 2013/2014 ho predisposto un progetto di continuità per
la scuola dell'Infanzia “Il Parco” e la Scuola Primaria “G. Borsi” di Donoratico
dove insegno.
Il Progetto “Ecco a voi… il RE” nasce dalla richiesta, che mi fu rivolta
personalmente, di realizzare una proposta di raccordo fra i diversi livelli di
scolarità.
Alla luce della mia esperienza col gioco degli scacchi, ho subito pensato alla
possibilità di utilizzarli per questo progetto, forte della triplice valenza cognitiva,
etica e socializzante che essi promuovono.
La continuità non è un fenomeno compatto e unilaterale, ma articolato e
dinamico. Ecco che la continuità educativa tra Scuola dell'Infanzia e Scuola
Primaria dovrebbe essere un percorso graduale, teso ad offrire ai bambini
strumenti per poter affrontare il nuovo ciclo di studi in maniera serena. Un
percorso formativo considerato secondo una logica di sviluppo coerente, che
valorizzi le competenze già acquisite dall'alunno. Per questo, con le mie colleghe,
abbiamo pensato di attivare la continuità secondo la logica della ricerca e della
sperimentazione.
Da qui è nata l'idea di utilizzare gli scacchi e il contesto scacchistico come
strumenti educativi senza puntare all'insegnamento del gioco in sé, poiché di esso
ci interessano non la teoria scacchistica, ma gli aspetti metacognitivi, cognitivi,
affettivi, relazionali, etici e sociali connessi con le situazioni di gioco che
migliorano le capacità attentive e di concentrazione, implementano le abilità
metacognitive e mentalistiche con buone ripercussioni anche sullo sviluppo
emotivo, etico e sociale, soprattutto rispetto alle relazioni tra pari.
Dunque, tale progetto mira a supportare il bambino della scuola dell'Infanzia
nell'approccio con la scuola Primaria, mettendolo a contatto con gli ambienti
fisici in cui andrà ad operare attraverso attività laboratoriali improntate sul gioco
e sul gioco-lavoro. Punta anche a valorizzare l'unità della persona, attraverso
attività di gioco e narrazione integrate alla psicomotricità, concretizzando in
un'esperienza condivisa le funzioni socializzante cognitiva ed etica del gioco degli
scacchi.
Per riassumere il progetto nelle sue linee generali, gli obiettivi didattici previsti
erano quelli di: promuovere la conoscenza reciproca e relazionale tra gli alunni
107
dei due ordini di scuola; creare aspettative positive verso l'ingresso nella nuova
scuola; facilitare l'integrazione degli alunni provenienti da culture diverse e degli
alunni diversamente abili; responsabilizzare i bambini più grandi con attività di
tutoraggio; migliorare la capacità di concentrazione; favorire lo sviluppo della
creatività; favorire l'autostima, l'autocontrollo e la conoscenza corporea;
potenziare il senso ritmico.
Nello specifico, gli obiettivi relativi alla Scuola dell'Infanzia prevedevano attività
che si situano nei diversi campi di esperienza, nel rispetto del raggiungimento
degli obiettivi ministeriali. In questo contesto, il gioco degli scacchi per i bambini
di 5 e 6 anni è stato pensato in ambito ludico, nel quale l'obiettivo ultimo non era
quello di insegnare a giocare a scacchi, ma introdurre nuovi concetti di tipo
numerico, spaziale, temporale, e implementare le capacità di movimento,
narrative e grafico-pittoriche.
Inoltre, le modalità attraverso le quali il percorso si compie non solo promuovono
la socializzazione tra bambini, ma fungono anche da strumento preventivo contro
comportamenti aggressivi, poiché il gioco-sport degli scacchi a livello etico e
sociale favorisce l'importante acquisizione a livello non verbale, quindi più
incisiva e duratura, di concetti etici.
Per la scuola primaria gli obiettivi prefissati erano: lo sviluppo dell'attenzione e
della memoria; le capacità logiche, di ragionamento, di analisi; le capacità di
ascolto e comprensione attraverso narrazioni di testi a sfondo scacchistico;
collaborare con i compagni nella stesura di storie e filastrocche; saper
rappresentare graficamente la scacchiera e i suoi pezzi; valorizzare il dialogo
interculturale.
Per quanto riguarda le modalità operative, l'attività viene articolata in unità
didattiche da portare avanti nel corso dell'anno scolastico, a partire da gennaio
fino a giugno.
Le lezioni sarebbero state così strutturate:
-Primi rudimenti sul gioco degli scacchi: esposizione teorica su scacchiera
magnetica per le classi quinte (3 incontri nel mese di gennaio)
-Invenzione della storia: i bambini lavorano a classi aperte divisi in gruppi alla
stesura di un testo fantastico che racconti il gioco degli scacchi (2 incontri nel
mese di febbraio)
-Ecco a voi.. 1°intervento alla scuola dell'infanzia: l'insegnante della scuola
108
primaria racconta ai piccoli la storia prodotta dai compagni delle quinte,
presentando l'ambiente relativo alla narrazione: la scacchiera. Costruzione della
scacchiera gigante da pavimento.
-Psicomotricità sulla scacchiera: 2°intervento alla scuola dell'infanzia:
l'insegnante di primaria con l'aiuto delle colleghe dell'infanzia e dell'esperta di
musica A. Banchini, organizzano giochi di psicomotricità sulla scacchiera da
pavimento.
I bambini si muovono nel grande spazio della scacchiera gigante singolarmente e
in gruppo. Non ci si limiterà solo alla rappresentazione di movimenti scacchistici,
ma si sfrutterà la strutturazione dello spazio-scacchiera con il reticolato delle sue
64 caselle, il loro contrasto cromatico bianco-nero, le coordinate alfanumeriche
che indicano colonne e traverse per realizzare attività psicomotorie volte allo
sviluppo di competenze motorie cognitive affettive relazionali verbali e non
verbali
La scacchiera gigante rimarrà alla scuola dell'infanzia per dare modo ai docenti
e all'esperta Banchini di continuare le attività presentate nei tempi e nei modi
ritenuti opportuni durante l'arco del progetto.
Attività previste:
- I concetti topologici, spaziali, geometrici: SOPRA, SOTTO, PRIMA, DOPO,
DENTRO, FUORI, ORIZZONTALE, VERTICALE, DIAGONALE, DESTRA
SINISTRA, DAVANTI, DIETRO. Le attività proposte avranno lo scopo di fornire
strumenti ai bambini di orientamento spazio-tempo utilizzabili anche in altre
discipline.
- IL RITMO: bianco-nero
- GIOCHI STRUTTURATI. Es. i 4 cantoni, la campana (saltellare con un piede
nelle case nere e con due nelle case bianche), il ruba bandiera, la caccia al
tesoro, la battaglia navale, gira la ruota, scopri l'oggetto spostato, torre mangia
torre.
Tutti i giochi proposti avranno la finalità di far risolvere situazioni problematiche
ai bambini e quindi sviluppare la loro capacità di ragionamento.
-Entra in scena… l'alfiere...il cavallo...la torre
Seguendo il canovaccio iniziale i ragazzi delle quinte avranno il compito di
arricchire parti della storia inerenti alla presentazione di ogni personaggio.
109
L'intento sarà quello di creare una sorta di racconto a puntate che verrà
riproposto e recitato ai piccoli dell'infanzia.
Alcuni gruppi produrranno canti e filastrocche relative ai vari pezzi sugli scacchi
(6 incontri di 2 h,nei mesi marzo e aprile).
-INTERVENTI ALLA SCUOLA DELL’INFANZIA: Presentazione di ogni
personaggio.
Ogni “pezzo” del gioco verrà caratterizzato e presentato ai “piccoli” della
Scuola dell’Infanzia dai bambini delle classi quinte con brevi scenette (a piccoli
gruppi).
Utilizzando i concetti appresi nel corso dei primi incontri, verranno proposte,
sviluppate e risolte dai bambini situazioni problematiche più complesse.
Si introdurranno, sempre utilizzando giochi ed in forma fantasiosa, alcuni
concetti del gioco scacchi e verranno presentati i pezzi UNO ALLA VOLTA anche
per dare modo ai piccoli di sperimentare sulla scacchiera gigante i vari
movimenti.
Queste attività non hanno lo scopo di insegnare a giocare a scacchi ma solo di
fornire ai bimbi determinate abilità e/o conoscenze utili nelle varie discipline e
nella quotidianità, anche se saranno propedeutiche e funzionali ad un successivo
apprendimento del gioco degli scacchi.
Saranno, inoltre, presentate le filastrocche inventate dai “grandi”, che i piccoli
avranno il compito di imparare.
Potranno essere realizzati anche laboratori artistici per alimentare nuovi percorsi
mentali, fisici, emotivi e creativi, e favorire esperienze di espressività linguistica,
manuale e corporea.
6 incontri con tempi e date da stabilire (marzo - aprile – maggio)
- COSTRUZIONE DEGLI SCACCHI GIGANTI in cartapesta in previsione della
partita vivente di fine anno scolastico. Sotto la direzione artistica dell'esperto R.
Granucci.
Sono previste due uscite didattiche per permettere ai bambini di prendere
confidenza con i nuovi ambienti della scuola Primaria.
- MANIPOLAZIONE DEL TESTO FANTASTICO: Sempre a classi aperte gli
110
alunni delle classi quinte manipolando il testo della loro storia avranno il
compito di stendere un copione facilmente memorizzabile da recitare in
collaborazione coi bimbi dei 5 anni.
-FESTA CONCLUSIVA (giugno)
Partita di scacchi vivente (classi quinte scuola primaria)
Rappresentazione della storia scritta ai bambini (sezione rosa e azzurra della
Scuola dell'Infanzia).
Questo progetto così ampio e ricco da me proposto, non ha trovato purtroppo
attuazione per ragioni per lo più di ordine organizzativo.
L'intento da parte mia è quello di ripresentare questo progetto ormai per l'anno
2018/2019 quando avrò i miei alunni in quinta, nella speranza venga approvato e
realizzato, fiduciosa della sua validità e dell'arricchimento che ne può scaturire
per i bambini dei due ordini di scuola.
Ho ritenuto interessante riportare l'esperienza dell'insegnante Coltelli che si è resa
estremamente disponibile, per avere un riferimento ulteriore di come gli scacchi
vengono utilizzati, o di come potrebbero esserlo, nella realtà scolastica a me
vicina.
Dando poi un ulteriore sguardo alle iniziative legate agli scacchi promosse nelle
scuole della mia provincia, ho avuto l'opportunità di conoscere un particolare
progetto attivato nelle scuole di Livorno dallo scorso anno, del quale parlerò nel
successivo capitolo.
4.6 Il progetto “Gioco scaccia gioco” nelle scuole livornesi
Il progetto “Gioco scaccia gioco. Scacchi e dama contro la ludopatia” è partito lo
scorso anno nelle scuole livornesi, coinvolgendo quindici classi tra scuole
materne, primarie e una classe di scuola superiore di secondo grado, raggiungendo
risultati davvero interessanti. A tal punto che quest’anno hanno partecipato al
progetto ben 41 classi di 18 scuole, tutte primarie ad eccezione di una classe di
scuola secondaria di primo grado.
L'obiettivo è quello di divulgare i giochi sani, gli sport per la mente, per arginare i
111
rischi insiti nel mondo dei videogiochi e giochi on-line. In particolare, per
contrastare il fenomeno del gioco d’azzardo85 patologico attraverso una forma di
prevenzione nelle scuole attuata con l’insegnamento del gioco degli scacchi e
della dama.
Il progetto è partenariato dalla sinergia tra 4 associazioni: ASD Livorno scacchi,
ASD Livorno dama, la Lega consumatori Livorno e la Lega consumatori Toscana,
finanziato dal Comune di Livorno.
Visto il successo della scorsa edizione, quest'anno il progetto è stato riproposto
nelle scuole, rinnovato però nei contenuti.
Alla lotta contro la ludopatia minorile e altre forme di disagio quali la
cyberdipendenza e il bullismo quali cause principali della dispersione scolastica, è
stata aggiunta quest'anno una sezione dedicata alle difficoltà di integrazione di
alunni con bisogni educativi speciali (BES) che ne diminuiscono sensibilmente la
socializzazione e il rendimento scolastico, e all'inclusione degli alunni con
diversità di lingua e cultura (visto il valore universale e il linguaggio universale
dei giochi). L'intento è nato a seguito della risposta positiva che proprio questi
bambini hanno mostrato lo scorso anno manifestando tanto entusiasmo verso
questo progetto.
Dunque, una parte del progetto è dedicata al fenomeno della ludopatia “Gioco
scaccia gioco”, e una ai BES “Gioco alla pari”.
Il progetto nasce principalmente da quella che si presenta come un'emergenza
sociale nella realtà livornese. Il proliferare di sale di gioco d'azzardo vicine a
molte scuole della città, la presenza di slot machine nei bar e nei circoli, attestano
una situazione abbastanza critica e di rischio per i giovani.
Gli scacchi e la dama, pur vantando di grande notorietà a Livorno (il campione del
mondo di dama in carica è un livornese) non fanno eccezione in questo clima
generale di crisi di valori.
I praticanti di questi giochi sono in calo, segno anche di un'insofferenza nell'uso
della mente, mentre in tutto il resto del mondo sono la disciplina sportiva
individuale più praticata.
Il progetto si propone come laboratorio di rinascita della città, attraverso il valore
antico, ma sempre attuale, della pratica sportiva del gioco fatto con intelligenza e
85 Quest’anno è stata raggiunta la punta di 95 milioni di euro spesi per il gioco d’azzardo (Fonti
ISTAT 2017).
112
passione sia per sconfiggere le forme di dipendenza che per dare nuove
opportunità a soggetti problematici.
La ludopatia è ormai un fenomeno sociale consolidato e, in qualche misura,
persino accettato visto che è legale per i maggiorenni e presente in larga scala su
ogni tipo di media.
Perciò, se intervenire presso i minori è un dovere, è anche una forma di
prevenzione verso una problematica sociale.
Va anche detto che presso i minori il rischio di dipendenza si situa soprattutto nei
giochi d’azzardo on-line, dove il requisito della maggiore età viene facilmente
eluso tramite le tessere sanitarie degli ignari genitori.
Dall'illusione delle prime vittorie facili si precipita velocemente in un vortice di
indebitamento, dove spesso si ricorre anche a mezzi illeciti per procurasi il
denaro. Il minore si sentirà autorizzato anche a compiere furti prima in famiglia,
poi presso la scuola.
Questo triste fenomeno che il minore vive spesso in solitudine porta a
disgregazione sociale, rafforzata talvolta da genitori non troppo presenti, e
prolifera con il falso mito delle vittorie facili.
Viceversa, gli antichi, ma sempre attuali, giochi degli scacchi e della dama,
orientano il minore, e il praticante di qualsiasi età, a principi e obiettivi
radicalmente opposti.
Come mirabilmente sintetizzato dalla Written Declaration 50/2011 della Comunità
Europea approvata nel 2012 dal Parlamento europeo per il gioco degli scacchi,
essi vengono proposti in qualità di facilitare forme di aggregazione sociale,
accessibili veramente a tutti, caratterizzati da concetti quali lealtà, correttezza,
regole, creatività, intuizione, socializzazione, empatia emotiva e risoluzione dei
problemi.
Elemento da non sottovalutare è la “fisicità” di questo gioco, in cui attraverso la
percezione fisica dei pezzi di legno, o materiale plastico, la mente del bambino si
stacca da un'altra forma di dipendenza, ormai anch'essa ampiamente generalizzata,
verso ogni forma di immagine proveniente dai computer, i-phone, i-pad, e dalla
televisione.
La fisicità, spesso sottovalutata in riferimento agli sport della mente, si esprime
come momento educativo anche attraverso la vicinanza coi compagni di gioco, sia
nella sfida individuale che in quelle di squadra.
113
E durante le spiegazioni in classe, dove all’utilizzo tradizionale della scacchiera
sul banco si affianca la tecnica della “mobilità scacchistica”, con la quale i
bambini impersonano sopra il pavimento dell’aula i personaggi dei due giochi per
imparare il movimento dei pezzi.
In ultimo, è fondamentale sottolineare il lato agonistico del gioco. Praticare gli
scacchi in modo agonistico favorisce la messa in circolo nel corpo di quella sana
adrenalina che caratterizza ogni competizione leale, in opposizione a quella
adrenalina non sana che porta alla dipendenza del gioco d'azzardo.
Il senso ultimo del progetto, e del suo nome, è appunto questo: “non si scaccia un
demone potente come il gioco d'azzardo con una mera attività ludica e ricreativa”.
È necessario instillare nei bambini il senso di competizione della voglia di vincere
però nel rispetto delle regole e usando fatica, concentrazione e talento personale.
La sezione del progetto “Gioco alla Pari” ha visto dopo ben 260 ore di didattica
la positiva e sorprendente reazione degli alunni con bisogni educativi speciali alla
pratica in classe del gioco degli scacchi.
Bambini iperattivi, dislessici e lievemente autistici si sono interessati
immediatamente, hanno fatto pienamente parte del gruppo di lavoro dimostrando
inaspettate capacità di concentrazione e socializzazione, e in alcuni casi anche
capacità logiche deduttive innescate da domande poste dall’istruttore in fase di
gioco.
Questa parte del progetto si propone quindi di incentivare il gioco anche in classi
in cui sono presenti bambini con bisogni educativi speciali, al fine di migliorarne
l'inserimento e l'apprendimento scolastico, di concerto ovviamente con
l'insegnante e l'insegnane di sostegno. Il traguardo auspicato è stato quello della
partecipazione di tutti i bambini all’apprendimento e al gioco.
Il gioco come forma di apprendimento soddisfa sia il desiderio di migliorare il
rendimento che di realizzare l'integrazione degli alunni che vivono situazioni di
marginalità, che spesso si riflettono anche nel loro ruolo sociale.
Sebbene finora nel progetto non si siano presentati casi simili, è importante
sottolineare che la stessa possibilità di integrazione è possibile anche nei confronti
dei soggetti con disabilità fisiche, dato che negli sport della mente non vi è
differenza tra persone normodotate o meno, come proprio la storia dei giochi ci
insegna con giocatori di altissimo livello pur in presenza di gravi forme di
disabilità.
114
Gli scacchi sono accessibili anche a persone cieche, grazie a particolari
dispositivi, come l'esperienza di Ludovica Amato, la quattordicenne campionessa
italiana premiata dal CONI nel seminario per istruttori di scacchi patrocinato dal
Comune di Livorno, ha potuto dimostrare, unitamente al grande Andrea Bocelli,
grande appassionato di scacchi che si è esibito in una partita presso il liceo
scientifico di Forte dei Marmi (Carrara).
Il progetto si svolge a scuola in orario scolastico. Il momento didattico e di gioco
libero, parte portante del progetto per favorire l'aspetto ludico e la socializzazione,
prevede l'insegnamento dei giochi scacchi e dama secondo le metodologie
previste dal protocollo federale, ovvero sono previste 20 ore di insegnamento per
ogni classe, nel periodo da dicembre 2016 a maggio 2017.
Al termine di questo periodo gli alunni conosceranno le regole del gioco, nozioni
elementari di strategia e tattica, e un breve accenno alla storia delle due discipline
sportive. Si ricorda che la FSI e la FID sono da molti anni discipline associate del
CONI e che gli scacchi sono lo sport individuale più praticato nel mondo,
prevalentemente da teenagers, non così purtroppo in Italia.
Nel mese di giugno 2017 presso la Terrazza Mascagni si terrà come lo scorso
anno l'evento finale: un momento di incontro e di gioco con il corpo docente, le
famiglie e i ragazzi che disputeranno gare in simultanea e partite viventi
utilizzando come scacchiera la scenografica pavimentazione della Terrazza. Una
sana competizione di concentrazione, memoria, creatività ma anche divertimento
con i ragazzi vestiti da re, cavalli, torri e dame.
Nell'ottica di esportare questo progetto di successo, il 7 dicembre a Firenze
all'ippodromo delle Cascine si è disputata l'esibizione su 50 damiere e scacchiere
con i bambini delle scuole fiorentine per l'evento “la Toscana dei consumatori”.
Gli insegnanti delle scuole che hanno aderito al progetto hanno partecipato ad un
corso di formazione nell’ambito del progetto del MIUR “Scacchi a scuola” della
durata di 9 ore tenuto presso il CRED di Livorno ad Ottobre 2016, con una
partecipazione record di 40 insegnanti.
Il promotore di questo progetto è il maestro federale Andrea Raiano, con il quale
mi sono messa in contatto. Dal nostro incontro ho raccolto informazioni e
considerazioni su questa esperienza, alla quale non ho potuto assistere di persona,
ma che riporto come testimonianza di quanto gli scacchi si stiano inserendo nei
percorsi scolastici del nostro territorio con positivi risultati.
115
4.6.1 Considerazioni sull'esperienza
Raccolgo qui quelle che sono le considerazioni di colui che ha proposto ed
attivato il progetto, evidenziando gli aspetti più salienti, le aspettative, e gli eventi
di restituzione.
Innanzitutto, dichiara Raiano, il progetto viene presentato ai bambini con l'intento
di far comprendere la differenza tra un gioco “buono” e un gioco “cattivo” (da
qui il nome “Gioco scaccia gioco” appunto) che agisca quasi da “anticorpo”,
perché un bambino che li sa distinguere ha più possibilità di assumere un
comportamento di difesa da quelli che sono i pericoli insiti nel gioco d'azzardo.
Per gioco d'azzardo, oltre il Gratta e Vinci si intende anche il Lotto, il Burraco,
che sono forme socialmente diffuse e accettate, ma che portano alla dipendenza.
Nella stesura del Progetto è chiaro questo principio per cui non si scaccia un
demone potente come il gioco d'azzardo con delle mere attività ludiche (come può
essere ad esempio il biliardino), ma ci vuole qualcosa che instilli anche al
combattimento, che susciti quella sana adrenalina che permetta di affrontare la
vita con una sana voglia di vincere, con la sana voglia di competere, però nel
rispetto delle regole.
Gli scacchi si prestano bene all'obiettivo, instillando nei bambini il concetto di
competizione ma nel rispetto delle regole; il concetto di agonismo, anche in
ambito più raccolto quale quello della classe. Viene insegnato che la regola nel
gioco non ammette eccezioni e che il divertimento scaturisce solo in presenza
dell’accettazione delle regole.
I bambini hanno capito che si è accettati in ambito sociale solo se si rispettano le
regole del gioco.
L’ora di gioco libero sotto la supervisione dell’istruttore, ha dato i risultati sperati
consentendo la pratica del gioco come momento ludico e liberatorio di emozioni,
in un vissuto relazionale intenso. Sono state gestite situazioni anche critiche quali
la voglia di vincere a tutti i costi, l’amarezza per la sconfitta, discussioni sulle
mosse ritenute non regolari, il tutto tra pianti e risate sotto lo sguardo sorpreso e
compiaciuto dell’insegnante.
Le insegnanti in questo progetto hanno interagito ottimamente con l’istruttore e
con i bimbi, supportando soprattutto le situazioni di disagio, presenti in molte
116
classi.
L'esperienza vissuta in classe ha rivelato sostanzialmente quanto alla fine questo
gioco unisce i bambini, consentendo la partecipazione di tutti.
Ad esempio, ci possono essere alcuni bambini che tendenzialmente non mostrano
interesse per il gioco, molto spesso perché non viene praticato in famiglia, o
perché si tratta di un gioco poco considerato dai media italiani. Dalle domande
iniziali poste dagli insegnanti paradossalmente emergeva che i bambini sapevano
cosa fosse un gioco d'azzardo ma non conoscevano gli scacchi.
In classe si verificava fortunatamente un “effetto domino” positivo per quei
bambini che non trovavano interesse particolare nel gioco e per questo smettevano
presto di giocare.
Accadeva infatti che vedendo gli altri bambini impegnati nel gioco, erano
anch'essi invogliati a partecipare all'attività, anche se da spettatori, perché curiosi
di seguire le partite dei compagni. Questo permetteva in qualche modo di
apprendere, attraverso l'osservazione, le dinamiche del gioco.
Ciò sottolinea quanto il gioco fa interagire, crea spirito di emulazione e crea
desiderio di “esserci”. In particolare il gioco degli scacchi richiede la
partecipazione diretta; alla fine non si può rimanere solo spettatori. A conferma,
quei bambini che inizialmente erano rimasti solo ad osservare i compagni, hanno
poi manifestato la voglia di provare anche loro a giocare.
Gli scacchi in classe, secondo quanto ribadito dall'istruttore Raiano nella sua
esperienza, si sono rivelati davvero partecipativi, coinvolgendo tutta la classe,
anche quelle classi, in particolare le quinte, dove nei bambini più grandi è più
marcato il condizionamento della cultura di massa, che li orienta verso i giochi di
nuova generazione mentre gli scacchi vengono considerati come attività esclusiva
per adulti.
Fin dallo scorso anno si sono visti i risultati che gli scacchi avevano con i bambini
BES.
Per questo motivo è stata inserita nel progetto una parte specifica relativa ai
bambini con bisogni educativi speciali.
È chiaro che gli scacchi non possono fare miracoli, tuttavia danno la possibilità, ai
bambini con difficoltà di integrazione, di far emergere delle capacità che
nell'educazione curricolare a volte non riescono ad emergere.
Laddove il bambino non apprende o apprende in maniera inferiore alle aspettative,
117
ma soprattutto non entra in contatto con la classe, con gli scacchi si è visto venir
fuori la capacità di entrare dentro la materia scacchistica nell'impegno per la
risoluzione dei problemi, nel trovare la mossa giusta, a volte in modo quasi
geniale, attraverso una vera e propria intuizione.
A questo riguardo, nella terza edizione del prossimo anno Raiano si propone di
poter arricchire il progetto aprendo un settore dedicato al così detto “genio
ribelle”, quel bambino problematico, certificato, ma che spesso possiede delle doti
geniali ma si ribella, anche verso il comportamento di massa della società stessa
che tende a metterlo nell'angolo per la sua natura problematica.
Questa proposta è emersa proprio a seguito della risposta positiva che nei progetti
passati ha visto il gioco degli scacchi diventare la passione di molti bambini con
BES, tra cui quelli con problematiche comportamentali violente, o appartenenti a
fasce sociali deboli che trovavano negli scacchi un riscatto sociale.
Questa è stata una ulteriore rivincita verso l'opinione errata, in Italia, per cui gli
scacchi siano un gioco d'élite riservato alle classi sociali medio-alte, ai “figli di
papà”, ma tutto questo è falso.
Certo, una famiglia con un buon contesto culturale chiaramente favorisce
l'apertura al gioco, ma non è assolutamente esclusivo di questo ambito.
Non è vero che possono giocare a scacchi solo i bambini più intelligenti o
culturalmente più preparati, mentre per gli altri non è adatto.
Questo è ampiamente dimostrato nella scuola, dove in classe è presente un
ambiente disomogeneo dove giocano tutti, dai bambini più capaci a quelli meno
ricettivi ma che attraverso il gioco ascoltavano e imparavano, mettendo alla prova
le proprie capacità.
Gli scacchi sono un gioco particolarmente educativo prima di tutto per la sua
storia: sono un gioco che nei secoli ha accompagnato la società, si è trasformato
con la società non è rimasto inerte nel tempo, era il gioco che andava per la
maggiore nelle corti rinascimentali italiane e aveva un ritmo “disteso” da corte
rinascimentale; oggi nel 2017 continuano ad adeguarsi ai ritmi della società, in
quanto non si tratta esclusivamente di un gioco necessariamente lento, poiché
esistono sia le partite lunghe ma anche quelle di dieci minuti. I bambini che sono
andati al campionato a Montecatini ad esempio, avevano mezz'ora a testa per
portare a termine la partita, e spesso concludevano anche prima del tempo a
disposizione.
118
Gli scacchi sono un gioco per tutte le velocità, per tutte le menti, e anche per tutti i
caratteri. Ogni carattere trova negli scacchi un modo per esprimersi perché spesso
gli scacchi per i bambini rappresentano anche dei piccoli compagni di gioco:
torre, alfiere, cavallo, vengono affettivamente umanizzati.
Di frequente succede che i bambini tendano a muovere sempre un determinato
pezzo, perché sta loro più a cuore o più simpatico e a non muovere gli altri che
piacciono meno; per insegnare a non muovere sempre gli stessi, è utile fare ai
bambini questo paragone: “Immaginate che i pezzi sulla scacchiera siano i vostri
amici; fateli giocare tutti!”
Non discriminare un pezzo rispetto a un altro è utile ai fini del gioco, ma anche
per i rapporti coi compagni perché smuove nei bambini anche una riflessione sulla
simpatia e sull'antipatia verso gli altri.
Il rapporto tra gli scacchi e materie scolastiche, come già ribadito, trova ottimi
spunti nella didattica scolastica.
Gli scacchi si collegano per molteplici aspetti principalmente alla matematica, ma
anche alla geografia. Gli scacchi offrono uno spunto per lavorare su questa
materia.
La scacchiera stessa è paragonabile a una mappa geografica con le sue coordinate
cartesiane, la numerazione alfa-numerica; è di grandissimo aiuto per i bambini che
hanno problemi di orientamento. Inoltre, la scacchiera ricorda molto la classe per
la sua forma quadrata, così come anche il numero dei pezzi, 32, non è troppo
lontano dal numero dei bambini di una classe.
È interessante riportare un aneddoto di una bambina di classe seconda, che a un
certo punto della lezione si dichiara stanca, con mal di testa, e di volersi fermare.
In realtà si trattava di un suo disagio nel condividere l'attività insieme agli altri.
L'istruttore con molta calma le chiede di guardarsi intorno e quanti fossero i suoi
compagni (27); “e secondo te ogni bambino si comporta allo steso modo?” “No,
tutti si comportano in maniera diversa!”. “Ecco allora tieni a mente che gli
scacchi sono un gioco molto “più facile” della tua classe! Ad esempio sappiamo
che ci sono 8 pedoni e che si comportano tutti quanti allo stesso modo; mentre
non ci saranno mai 8 bambini che si comportano in maniera identica. Se ti
abituerai agli scacchi, un giorno ti abituerai anche a stare meglio nella tua classe
coi tuoi compagni”.
Gli scacchi oltre a presentare collegamenti con le discipline scolastiche, italiano,
119
storia e geografia, offrono anche spunti per far conoscere ai bambini film che
trattano questo argomento: la filmografia per bambini, soprattutto estera, è ricca di
riferimenti agli scacchi, dal famosissimo Harry Potter e la pietra filosofale, dove
si svolge una partita a scacchi tra i maghi rivisitata in chiave magica; ad Alice
dietro lo specchio dove la piccola Alice vive un'avventura giocando una partita a
scacchi, impersonando un pezzo degli scacchi.
In Italia invece gli scacchi sono stati a lungo trascurati in ambito educativo, se non
addirittura avversati, e il motivo secondo l'opinione di Raiano potrebbe risiedere
nella paura presente nella mentalità scolastica italiana nei confronti della
competizione, vista con sospetto e fonte di pericolo per i ragazzi.
La scuola deve dare modo ai bambini di maturare uno spirito agonistico
competitivo sano, quale può offrire il gioco degli scacchi altrimenti questi
bambini nella società non saranno competitivi. Non si deve arrivare a
demonizzare la tecnologia, ma neanche la tecnologia può sostituirsi alla vita di
relazione. Deve essere un supporto formativo, comunicativo, ma non prendere il
posto della vita reale.
Tra l'altro, la tecnologia non rientrerebbe in quello che i ragazzi davvero cercano e
richiedono: nei laboratori di scacchi effettuati nelle scuole di Livorno quasi
nessuno ha chiesto l'uso delle tecnologie digitali. Tutti i bambini, tranne uno,
hanno voluto giocare con gli scacchi fisici, piuttosto che giocare con il software,
per un impulso naturale a voler toccare i pezzi con mano, a volersi confrontare
con il proprio compagno, a giocare con l'amico e stare in contatto con gli altri.
Viene preferito quindi dai bambini un approccio sostanzialmente più “umano”.
Non dimentichiamo, a questo proposito, che la crescita della mente umana non è
avvenuta solo attraverso l'uso della vista e dell'udito, ma in larga parte attraverso
l'uso delle mani, ovvero l'uomo si differenzia dagli altri essere viventi soprattutto
per questa capacità. È appunto il tatto, la mano, l'organo di senso che amplia la
corteccia cerebrale; la vista e l'udito hanno un impatto più passivo.
Un altro traguardo di notevole soddisfazione sottolineato da Raiano, riguarda il
fatto che i bambini che hanno seguito il progetto in orario scolastico, dimostrano
di aver apprezzato gli scacchi scegliendo di giocarci a ricreazione, dando una
continuazione a ciò che hanno appreso al corso di dieci incontri; questo in
particolare si è verificato tra i maschi, in misura minore nelle femmine.
È in atto, a questo riguardo, l'ideazione di un progetto di parità “Di dame, di re e
120
di robot”86, che si propone tramite gli scacchi di favorire il contatto tra le bambine
e la matematica, per rafforzare il rapporto con questa disciplina che vede le
femmine solitamente meno coinvolte e con atteggiamento distaccato verso la
materia. Lo scopo è quello di creare, attraverso un gioco, una maggiore vicinanza
alla matematica.
In conclusione si può affermare, come raccontato da alcuni insegnanti, che il
progetto ha dato i frutti sperati. I ragazzi hanno raccontato di aver giocato a
scacchi anche in famiglia, ricreando quell'atmosfera di solidarietà che combatte i
disagi e la solitudine. Per non parlare dell'importante interazione tra età e
generazioni, nonni e nipoti.
L'insegnante Claudia Potini della scuola “G.Rodari” ha aderito quest'anno per la
prima volta al progetto nella sua classe quinta rimanendo entusiasta nel constatare
un miglioramento nelle capacità di concentrazione e attenzione, nel rapporto di
lealtà verso il compagno-avversario, ma soprattutto, degno di nota, il
comportamento dei 2 bambini iperattivi (con diagnosi ADHD) che sono riusciti a
giocare seduti ai tavoli immobili per tutto il tempo della partita. Un traguardo
notevole vista la loro difficoltà.
Inoltre nella classe sono presenti anche 5 bambini con BES, di cui 2 si sono
classificati tra i primi 6 per i campionati regionali. Il valore aggiunto è stato
l'aumento di fiducia in se stessi che ne è scaturita, ripercuotendosi positivamente
nell'interazione coi pari che è risultata potenziata.
A dimostrazione della ricchezza che può generare il gioco degli scacchi a scuola.
86 Progetto del dipartimento delle pari opportunità previsto per il prossimo anno scolastico
2017/2018 se verrà approvato.
121
CONCLUSIONI
Obiettivo di questo lavoro, giunto al termine, è stato quello di riflettere sulla
straordinaria importanza della pratica degli scacchi a scuola, considerato il grande
potenziale pedagogico che caratterizza questo gioco dal punto di vista educativo e
rieducativo.
Il gioco degli scacchi fa comunemente pensare a situazioni che richiedono
intelligenza, grande concentrazione, capacità di sviluppare ragionamenti e
congetture per strategie vincenti, ottima memoria visiva e l’indispensabile grande
controllo delle emozioni.
Un gioco che in apparenza viene da attribuire al dominio di pochi, che si presenta
come esercizio di logica ferrea e di fredda determinazione.
Ho iniziato questo percorso con questa convinzione di base; ma l’esperienza degli
scacchi a scuola ha ampliato questa visione incompleta, mettendo in luce che non
è solo questo, ovvero che in realtà è un gioco per tutti e che non esistono qualità
più o meno innate che lo condizionano. Anzi, le abilità e le potenzialità che sono
state sollecitate in ogni singolo e diverso bambino hanno toccato anche capacità
più nascoste e insospettabili.
Bambini con difficoltà di apprendimento sono riusciti a sviluppare una maggiore
capacità di riflessione; alcuni bambini demotivati hanno dimostrato fiducia in se
stessi vedendosi capaci di riuscire nel gioco; bambini poco propensi al rispetto
delle regole hanno sviluppato un maggiore autocontrollo.
È stata una piacevole scoperta che anche la fantasia e la creatività possono
sprigionarsi dalla scacchiera, vedendo i pezzi passare da semplici oggetti, rigidi
nei loro movimenti, animarsi nella mente dei bambini che si sono divertiti a creare
filastrocche, rime e storie magiche su re regine, alfieri e cavalli, o che essi stessi
hanno impersonato muovendosi sul grande spazio della scacchiera gigante
simulando partite viventi. Un approccio, questo, di natura ludica e interattiva
particolarmente avvincente per bambini della scuola primaria, ed interessante
anche per i più grandi.
Un’attività-gioco dunque dalle risorse inesauribili che concorre alla formazione
globale del bambino perché in grado di stimolare e potenziare lo sviluppo
122
mentale, la formazione del carattere e della coscienza sociale attraverso l’avvio di
automatismi.
Ricordando quanto raccomandato dalle Indicazioni per il Curricolo per cui la
scuola si impegna ad utilizzare e a far utilizzare tutti i canali di comunicazione
oltre a quello verbale, si può dire che il gioco degli scacchi costituisce un
linguaggio alternativo, con il quale ogni giocatore può comunicare al suo
avversario la propria strategia di gioco, le proprie capacità logico-deduttive.
La rete di attività che si può costruire attorno al gioco consente di legare tutte le
discipline permettendo la trasposizione delle competenze nei vari ambiti,
matematici, linguistici, espressivi, per una globale acquisizione di tutti i tipi di
linguaggio.
Il gioco degli scacchi può costituire un’importante esperienza di crescita a scuola
ma anche in altri contesti, come momento di incontro e di relazione all’interno
della famiglia, come spazio aggregativo all’interno del gruppo dei pari, quindi
strumento di supporto all’apprendimento in ambiti educativi strutturati scolastici
ed extrascolastici.
L’esperienza in classe presso la scuola di Cecina mi ha permesso di venire a
contatto con una delle modalità possibili di presentare il gioco degli scacchi ai
bambini di scuola primaria, nello specifico in una classe quinta per tutto l’arco del
progetto e in forma più breve in una classe terza, conoscendo quello che è stato un
progetto base di scacchi ma che ha dato dei risultati notevoli e visibili. È stato
importante poter assistere, ma anche intervenire con una piccola inchiesta rivolta
ai bambini che ha permesso di trarre un evento di restituzione concreto
sull’esperienza vissuta. Pur non avendo effettuato test specifici di valutazione
riguardo precise competenze, le loro testimonianze rappresentano indubbiamente
un prezioso feedback che avvalora gli scacchi come risorsa didattica.
Ho constatato quanto sia di fondamentale importanza il tipo di approccio
nell’insegnamento ai bambini, in particolare il grado di empatia trasmesso
dall’istruttore che ha fatto la differenza. E il fatto che per insegnare gli scacchi a
scuola non sia sufficiente una buona preparazione sportiva, come ancora
erroneamente qualcuno pensa, ma si rivela essenziale saper trasmettere ai bambini
la passione per il gioco, dalla quale vengono inevitabilmente contagiati. Ho
riscontrato chiaramente emergere questo aspetto emotivo nei bambini che
seguivano l’istruttore soprattutto per la sua passione e la sua persona.
123
Un corso di scacchi a scuola può far emergere bambini più bravi che si
distinguono nella disciplina sportiva arrivando anche ad ottimi risultati. Ma
sicuramente anche quelli meno portati per il gioco hanno comunque tratto il loro
vantaggio, poiché ho visto tutti interessarsi, incuriosirsi e senza dubbio divertirsi
insieme ai propri compagni. E di riflesso è stato riscontrato in questa esperienza
quanto l’esigenza dei bambini a soddisfare il loro bisogno di divertimento e
curiosità faccia aumentare di pari passo l’ambito delle conoscenze.
L’augurio, a questo punto, che le basi per lo sviluppo di crescita acquisito
attraverso il gioco degli scacchi possa nei bambini continuare a dare i suoi frutti
anche in futuro.
Alla luce di quanto osservato e di quanto appreso attraverso le testimonianze
raccolte in questo lavoro, si può ritenere che nel contesto scolastico del territorio
livornese l’attività con gli scacchi è stata favorevolmente recepita dagli
insegnanti, apprezzata pienamente dagli alunni e dai genitori, e si è constatato
quanto si stia evolvendo sempre di più nei vari Circoli Didattici, grazie alla forte
azione divulgativa e ai soddisfacenti risultati ottenuti in questi recentissimi anni.
Un dato importante per quello che rappresenta oggi la cultura del gioco nel nostro
Paese.
125
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