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INDICE

INTRODUZIONE ...................................................................................................................................... 1

1. BACKGROUND DEL CONSUMATORE ................................................................................................... 3

1.1. Le tipologie di indagine sul consumatore .......................................................................................... 3

1.2. Fattori culturali e sociali .................................................................................................................... 6

1.3. Fattori personali e psicologici .......................................................................................................... 11

2. IL CONSUMATORE STUDIATO DALLE NEUROSCIENZE ....................................................................... 17

2.1. Neuroscienze: come funziona il cervello .......................................................................................... 21 2.1.1. I tre cervelli .............................................................................................................................. 21 2.1.2. Sistema nervoso autonomo ..................................................................................................... 24

2.2. Tecniche usate dal neuromarketing ................................................................................................ 25 2.2.1. Neuroimaging funzionale ......................................................................................................... 26 2.2.2. Tra neuroimaging e neurofisiologia ......................................................................................... 29 2.2.3. Metodiche neurofisiologiche ................................................................................................... 31

2.3. Aspetti di decision making nel marketing: studi neuroscientifici .................................................... 35 2.3.1. Il ruolo delle aspettative. Pepsi Challenge e la sua evoluzione ............................................... 36 2.3.2. Il ruolo della ricompensa: il coupon di Amazon ....................................................................... 41

2.4. Il ruolo delle emozioni ..................................................................................................................... 45 2.4.1. Studi con la fMRI e la SST ......................................................................................................... 45 2.4.2. Alcuni esperimenti effettuati con l’EEG .................................................................................. 47

3. IL CONSUMATORE ONLINE ............................................................................................................... 51

3.1. Differenze tra l’esperienza online e offline ...................................................................................... 53

3.2. Risposte emotive agli stimoli dei siti ............................................................................................... 56

3.3. Studi sugli aspetti cognitivi.............................................................................................................. 64 3.3.1. La metacognizione nello shopping online................................................................................ 64 3.3.2. Come si forma uno script del sito ............................................................................................ 71

3.4. L’eye tracking per il web design ...................................................................................................... 75

CONCLUSIONI ...................................................................................................................................... 81

BIBLIOGRAFIA ...................................................................................................................................... 83

INTRODUZIONE

Il presente lavoro intende trattare un contesto attuale nel quale le aziende

devono considerare il ruolo del consumatore, oggigiorno diventato sempre

più importante per le decisioni di produzione, vendita e consumo. Negli

ultimi anni le aziende hanno iniziato ad affidarsi al neuromarketing e alle

neuroscienze poiché i metodi tradizionali risultavano non sufficienti per

comprendere i meccanismi decisionali degli acquirenti, in quanto

tralasciavano aspetti non trascurabili come le emozioni e i ricordi. Esistono

numerosi studi sul consumatore dal punto di vista sociologico, culturale,

psicologico e neuroscientifico. L’obiettivo di questa tesi è esporre i principali

studi neuroscientifici (presenti in letteratura) orientati ad analizzare il

consumatore; tali studi indagano l’aspetto emotivo e/o cognitivo che porta il

consumatore ad acquistare. Inizialmente considererò le ricerche nell’ambito

dell’offline e successivamente dell’online.

Nel primo capitolo si troverà un breve accenno ad alcune teorie provenienti

dalle scienze sociologiche, culturali e psicologiche.

Il secondo capitolo presenterà le principali ricerche sul comportamento del

consumatore “offline” eseguite grazie alla recente nascita, prima delle

neuroscienze e successivamente del neuromarketing: entrambe, infatti,

utilizzano i cosiddetti “brain-imaging tools” per lo studio degli aspetti

cognitivi e utilizzano diverse metodiche neurofisiologiche per lo studio degli

aspetti emotivi e percettivi che intervengono durante gli acquisti e/o

caratterizzanti il consumatore. Grazie al monitoraggio dell’attività cerebrale

è possibile individuare effettivamente che cosa accade nel cervello delle

persone, in relazione agli aspetti decisionali dipendenti dal tipo di stimolo

somministrato. Al giorno d'oggi queste due discipline rappresentano un

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nuovo punto di riferimento più affidabile, concreto e obiettivo in grado di

svelare i meccanismi degli acquirenti.

Infine l’ultimo capitolo sarà incentrato sul consumatore “online” e su alcune

ricerche effettuate attraverso l’utilizzo di strumenti di neuroimaging e della

neurofisiologia. L’obiettivo di tali studi è potenziare l’effetto persuasivo del

design dei siti web.

Il metodo di ricerca adottato in questo lavoro è il seguente: innanzitutto è

stato cercato gran parte del materiale che esiste in letteratura sul consumatore

visto dalle diverse discipline scientifiche; sono stati selezionati

limitatamente, per ciascuna disciplina, i concetti principali sul consumatore

emersi nel corso degli anni. Successivamente il campo della ricerca si è

focalizzato sull’ambito neuroscientifico e sugli esperimenti che

maggiormente sono citati da libri ed articoli scientifici. Per ultimo vi è stata

una ricerca sugli studi di neuromarketing che hanno esplorato il consumatore

che acquista su Internet. Dunque sono partita da un ambito ampio e generale

fino a restringerne il campo all’obiettivo del lavoro, ossia il consumatore

online visto dalle neuroscienze. Gli strumenti utilizzati sono stati: libri,

articoli di giornale, il motore di ricerca EBSCO e infine qualche sito. Ho

reputato utile riportare i riferimenti bibliografici delle fonti primarie per

precisione descrittiva, se pur citati da fonti secondarie da me accuratamente

selezionate per gli scopi della mia ricerca.

La motivazione che mi ha spinto a intraprendere questo lavoro è stata la

curiosità verso queste affascinanti discipline che uniscono le indagini di

marketing sul consumatore all’aspetto scientifico degli strumenti neuro-

cognitivi. Ritengo che questo studio sia importante per un arricchimento

conoscitivo personale, ma anche per le aziende che vogliono apprendere di

più sul consumatore e per future ricerche sperimentali di neuromarketing sul

consumatore online.

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1. BACKGROUND DEL CONSUMATORE

In questo capitolo farò un excursus sul consumatore e su tutti gli aspetti ad

esso collegato (ad esempio l’atto di acquistare). Nel primo paragrafo (1.1)

citerò le diverse tipologie di indagine sul consumatore utili alle aziende per

rilevare vari fattori quali per esempio le abitudini di consumo, le preferenze,

le reazioni dei consumatori alle pubblicità e perché bisogna ricorrere alla

segmentazione. Nel secondo paragrafo (1.2) mi focalizzerò sui fattori

culturali e sociali che spingono un individuo ad acquistare un determinato

prodotto. Infine nel 1.3.prenderò in considerazione i fattori psicologici che

influenzano l’acquisto. In tal modo si avrà un quadro generale degli studi

riguardanti il consumatore dal punto di vista di diverse discipline, dalla

sociologia alla psicologia, per poi approdare nei capitoli successivi (2 e 3)

alla scienza che sarà protagonista di questo lavoro.

1.1. Le tipologie di indagine sul consumatore

Esistono tre criteri per classificare i tipi di ricerca sul consumatore:

• La tipologia classica basata sulla distinzione di metodologie (ad

esempio qualitative e quantitative) e/o di tecniche di rilevazione (ad

esempio questionario o intervista), cui si fanno corrispondere obiettivi

conoscitivi coerenti adeguati alle specifiche del metodo e/o della

tecnica (ad esempio l’intervista per le motivazioni e il questionario per

gli atteggiamenti).

• Il secondo criterio fa riferimento alla classificazione dei metodi di

ricerca sul consumatore. In base alle richieste di analisi provenienti

dell’azienda, si stabiliscono i metodi di indagine sul consumatore, i

quali devono sempre tener conto dell’obiettivo di ricerca prefissatosi

dall’azienda.

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• Infine il terzo criterio illustra i tipi di ricerca a partire dallo schema dei

livelli della personalità (Siri, G., 2001).

Occorre fare qualche riflessione sul secondo criterio. Nelle prossime righe vi

sono riassunte le richieste che le aziende rivolgono agli istituti di ricerca di

marketing. La prima esigenza che il marketing avverte in un’azienda è quella

di disporre di dati oggettivi volti a misurare la potenzialità del mercato in

termini di atti di acquisto e di affluenza della concorrenza (Siri, G., 2001). A

questo bisogno risponde la descrizione sociodemografica della popolazione

dell’area interessata, e si basa su dati statistici di censimento (i dati ISTAT)

e su altri dati raccolti in modo osservativo e classificati in base ai dati

oggettivi sociodemografici.

La seconda esigenza corrisponde alla necessità di progettare la propria

strategia in termini di segmenti di popolazione e non in chiave “universale”,

vale a dire che non si può vendere tutto a tutti, ma che occorre assecondare

ed esprimere al meglio le esigenze di un segmento di potenziali consumatori

per i quali divenire punto di riferimento. Nacquero tecniche di

segmentazione (il primo esempio è il VALS: value and lifestyle) basate non

solo sulle variabili sociodemografiche ma soprattutto sui valori e sugli stili

di vita che accomunano sottogruppi culturalmente omogenei.

Infine una terza esigenza “aziendale” emersa di recente, in corrispondenza

dell’intensificarsi dell’uso dell’advertising e del grandissimo incremento dei

suoi costi, è la verifica dell’efficacia della comunicazione. A questo punto

corrispondono diversi tipi di ricerca: gli “ADV-Trekking”, ossia rilevazioni

periodiche continue nel tempo che rilevano il ricordo della comunicazione,

la sua decodifica, il gradimento, l’immagine trasmessa del prodotto o del

brand. Oppure vi sono le ricerche “just in time” che sono destinate a misurare

l’impatto di una comunicazione pubblicitaria e tali ricerche si organizzano

attraverso contatti telefonici (richiede postazioni CATI) effettuati

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immediatamente dopo la messa in onda, in modo tale da misurare quante

persone sono state esposte al messaggio, così da averne una valutazione

superficiale di comprensione e di gradimento. Vi sono ricerche che vengono

eseguite non dopo che il messaggio è on air ma prima, per valutarne le

potenzialità a priori; si usano per questo tipo di test situazioni qualitative o

semi-qualitative, per esempio somministrando l’adv in mezzo ad altri o entro

una trasmissione simulata, e successivamente misurandone (attraverso un

questionario o interviste) il grado di impatto, interesse, chiarezza e lavoro di

immagine, ecc. Infine nella fase di ideazione si ricorre spesso a dinamiche di

gruppo in cui si espongono elementi ancora non definitivi della

comunicazione, allo scopo di scegliere quali elementi lavorano meglio e

quali no, e di seguito sviluppare l’idea di coerenza con queste prime reazioni.

Un altro tipo di ricerca che concerne sempre la comunicazione, ma da un

altro punto di vista è la ricerca sui media o meglio sui media audience.

Un’azienda deve sapere attraverso quali mezzi riescono meglio a comunicare

con il proprio target (Siri, G., 2001). Un’ altra area di ricerca molto

importante e molto praticata, soprattutto per i prodotti mass market, è quella

del “product-test” (o pack test quando l’oggetto non è un nuovo prodotto ma

una nuova confezione). Testare un nuovo prodotto prima di immetterlo sul

mercato è molto importante al fine di fare la scelta più promettente e di

ottimizzarne le potenzialità. La ricerca si svolge inserendo il prodotto in un

panel di famiglie o individui costruito in modo da rappresentare

adeguatamente il target attuale, quello potenziale e quello dei competitors. Il

prodotto viene lasciato in uso/prova per un certo lasso di tempo con

l’impegno (da parte della famiglia che lo testa) a compilare una scheda che

valuti di giorno in giorno le reazioni (like e dislike) e successivamente

attraverso rilevazioni effettuate con una serie di domande face to face. Le

aziende hanno bisogno anche di tecniche di ricerca nate nell’ambito della

Customer Relationship Management con lo scopo di rilevare la “customer

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satisfaction”. È molto importante mantenere elevata la soddisfazione dei

propri clienti abituali, poiché oggigiorno è molto elevato il “costo contatto”,

invece la “resa” di un cliente con cui si riesce a creare un legame stabile è

maggiore con un minore sforzo. Infine, oggi le aziende ricorrono con una

certa regolarità a ricerche volte all’esplorazione degli aspetti profondi

dell’immagine (Brand image): il capitale simbolico di un brand è una risorsa

primaria per l’azienda; bisogna che l’azienda sia in grado di promuovere e

identificazione e far vivere la marca come se fosse realmente dotata di

personalità e grazie a ciò è possibile instaurare una “relazione” con essa.

1.2. Fattori culturali e sociali

Per molto tempo, il consumo di beni è stato visto come il riflesso dell’attività

economica e come un’attività razionale nell’ambito di una disciplina

altrettanto razionale. Il consumo -inteso come “l’atto di acquistare”- è

complesso, poiché è un’azione mediante la quale l’individuo non si limita a

soddisfare un bisogno materiale, ma si esprime, si realizza, genera del

significato, produce e veicola segni (Minestroni, L., 2006). È un modo

attraverso il quale ognuno di noi comunica se stesso agli altri. Dunque il

consumatore è un individuo vivo, vitale e animato da desideri, da valori, da

gusti, da passioni, da sentimenti e atteggiamenti condivisi. Secondo Alain

Touraine, per tanto tempo le nostre idee sul consumo sono state dominate da

due tipi di spiegazioni. Nella prima il consumo ha la forma di una scala che

va dai beni più indispensabili (come l’alimentazione) a quelli che

comportano la componente più ampia di libera scelta (come gli svaghi)

passando attraverso l’abbigliamento, l’abitazione ecc.; nella seconda il

consumo è il linguaggio del livello sociale: ciò che ogni individuo sceglie di

acquistare, è determinato dal posto che egli occupa nella società e dalla

tendenza ad elevarsi o non, e dunque il consumo appare strettamente legato

allo status sociale. Il fenomeno del consumo emerge nella sua interezza 6

quando si delinea la società di massa e in particolar modo attraverso la

creazione del grande mercato dei beni nella società nordamericana dei primi

decenni del Novecento (Minestroni, L., 2006). Il Novecento è stato il grande

secolo delle invenzioni tecnologiche come il cinema, la radio, la televisione

e le reti informatiche. In questo contesto si verifica il passaggio da una

cultura di benessere industriale ad una vera e propria “società dei consumi”.

La nuova condizione socioeconomica e psicologica che indichiamo come

“società dei consumi” o “cultura dei consumi” non nasce dal nulla, ma

presenta alcune linee evolutive. In primo luogo la necessità delle tecniche di

produzione industriale di continuare ad alimentare la domanda. In secondo

luogo, la possibilità di ingegnerizzare i processi di produzione industriale

consentì, nei primi decenni del Novecento, di mettere a disposizione della

nuova borghesia beni volti ad adeguare il loro tenore di vita alle loro

aspirazioni sociali, innescando così una domanda vivace che però giunge a

saturazione alla fine degli anni ’20, soprattutto con la crisi di Wall Street

(Siri, G., 2001). La Prima Guerra Mondiale e la ricostruzione del secondo

dopoguerra furono grandi generatori di mercati e di target di acquirenti; tutto

il periodo del secondo dopoguerra portò ad accedere a beni non ancora di

consumo ma di sicurezza e di benessere come la casa, il telefono,

l’automobile, ecc. Solo a partire dal 1968 i paesi dell’Europa occidentale

cominciarono a conoscere concretamente la società dei consumi ispiratasi al

modello degli Stati Uniti. Quando oggi parliamo di società dei consumi

attribuiamo a questa definizione un significato altrettanto profondo e basilare

di quello che attribuivamo alla “società dei produttori” (riferito all’epoca

industriale); anche in questo caso si può dire che gli uomini hanno sempre

svolto un’attività produttiva e continueranno a svolgerla fino all’estinzione

della specie. Se ieri era questa la funzione principale loro assegnata, oggi essi

sono chiamati ad assolvere soprattutto il ruolo di consumatori. Dopo la

Seconda Guerra Mondiale inizia a costruirsi la figura del consumatore post-

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moderno, che raggiunse la compiuta affermazione negli anni Sessanta.

L’epoca postmoderna è caratterizzata da una realtà frammentata in cui tutto

si relativizza e ogni individuo moltiplica le modalità di percepire se stesso e

gli altri in relazione al contesto in cui si trova. Il Postmodernismo è riuscito

a introdurre una varietà e molteplicità di prodotti, grazie alle nuove

tecnologie che hanno permesso una veloce fabbricazione in serie su larga

scala con piccoli costi di produzione per unità di prodotto. Da una parte è

meno soggetto ai conformismi sociali e alle memorie nazionali, dall’altra è

amante di uno stile eclettico derivante da differenti tradizioni etniche. Questo

eclettismo si riversa nel modo di vestire, nello stile di vita e nei

comportamenti di consumo. Gli acquisti non servono più a soddisfare i

bisogni e le necessità ma servono a comunicare il proprio status all’interno

di una società. Secondo Maffessoli nell’epoca postmoderna l’individuo ha

rivisto le proprie priorità nell’ambito dei consumi e degli acquisti, risultando

essere molto più propenso alla sua dimensione olistica; l’olismo è una

filosofia per la quale la sommatoria funzionale delle singole parti di qualsiasi

persona o oggetto è sempre maggiore delle prestazioni delle parti prese

singolarmente (Maffesoli, M., 1985, Cit. in Minestroni, L., 2006). Nella

società postmoderna, il consumatore non si basa più solamente su aspetti

pratici del prodotto, ma prende le sue decisioni di acquisto tenendo conto dei

propri sentimenti, delle proprie emozioni o degli stimoli sensoriali. Nella

società consumistica, il compratore non è più spinto dal soddisfacimento dei

propri bisogni, ma dalla logica del desiderio (Fabris, G., 2003). Nella

condizione storico culturale detta “postmoderna” il consumo trasforma i beni

di consumo in oggetti di desiderio, instaura con essi una relazione

significativa per il gioco della identità dei soggetti, e modella nella

quotidianità i valori e gli stili di vita delle persone; così il rapporto con

l’esperienza del consumo coinvolge non solo le sfere cognitive e decisionali

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e non solo le scelte comportamentali, ma anche le sfere emotive ed affettive,

relazionali, simboliche e di marketing sense (Siri, G., 2001).

Dunque, in questo contesto emergono studi sul consumatore in tutti i suoi

molteplici aspetti. Vi sono diversi elementi che influenzano il consumatore.

Il passaggio dalla società del consumo alla cultura del consumo

contemporaneo costituisce un cambiamento sociale davvero potente e

decisivo nella storia dell’occidente avanzato e delle società post-industriali:

ciò significa l’uscita dalla società moderna. L’agire di consumo assume una

inedita centralità, in cui il consumatore è protagonista e artefice di una scena

del tutto nuova. La società postmoderna deriva ed è strettamente legata alla

società del consumo. I beni rappresentano strumenti per la costruzione della

propria identità. Nasce la figura del prosumer (producer e consumer), ed

emerge un nuovo consumatore eclettico, autonomo, creativo. Consumare

significa usare degli oggetti: mangiarli, indossarli, giocarci e soddisfare in

tal modo i nostri desideri. Consumare significa anche appropriarsi di tali

oggetti, ma significa soprattutto attribuire un senso e un significato agli

oggetti, siano essi durevoli o non (Minestroni, L., 2006). Nel 1882 Comte

coniò il termine “sociologia”, fu probabilmente il primo a ritenere che la

società potesse essere studiata scientificamente. Gli studi culturali e

sociologici propongono un'analisi del consumo come attività sociale più che

economica. In tal modo i prodotti vengono comprati e consumati non

soltanto per la loro funzione o per il rapporto qualità/prezzo, ma soprattutto

per il significato che assumono per il consumatore, e per l'impiego che questi

ne vuole fare all'interno dei rapporti sociali per lui rilevanti. Gli oggetti sono

inseriti nelle pratiche sociali come portatori di significato, il loro scopo è

creare, rinforzare o rendere efficaci le relazioni sociali che il soggetto già

possiede o che vuole attivare. Gli oggetti, con il loro significato assunto,

diventano parti dell'azione sociale del soggetto/consumatore, cioè di quelle

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azioni agite dal soggetto il quale si basa sulle aspettative di reazione degli

altri (aspettative che si crea fondandosi sulla conoscenza delle proprie reti

sociali). Emerge un nuovo rapporto irrazionale-razionale che spinge

all'acquisto ed al consumo di oggetti in modo del tutto irrazionale dal punto

di vista economico, ma razionale dal punto di vista sociale. Ad esempio si

possono acquistare prodotti che possiedono la stessa funzione ma scegliendo

quello con un prezzo nettamente superiore per poi esibirne l'uso, a livello dei

rapporti sociali, al fine di comunicare agli altri la propria ricchezza e la

propria affermazione sociale. Illustrerò un esempio volto a chiarire meglio il

concetto. Poniamo l’esempio che un soggetto ha bisogno di acquistare un

automobile: se acquisterà una Fiat Punto ci mostrerà una determinata

immagine di sé, se invece comprerà una Ferrari ne mostrerà un’altra

totalmente diversa, eppure entrambi sono due automobili ed entrambi

servono a percorrere tratti (corti, medio, lunghi) di strada.

Riassumerò qui di seguito i principali fattori culturali che possono

determinare o meno l’acquisto di un bene.

• La cultura. Essa determina i bisogni percepiti da una persona e i suoi

comportamenti di risposta; definisce i valori, i sistemi percettivi e le

abitudini degli individui, influenzandone le abitudini di acquisto.

• La subcultura. Questa non è altro che un gruppo presente all’interno

di una specifica società e ne condivide le principali caratteristiche, ma

dall’altra parte possiede valori, abitudini e usanze distinguibili come

propri (ad esempio i gruppi entici).

• La classe sociale. All’interno di una società vi sono divisioni

relativamente omogenee e stabili, ordinate gerarchicamente, i cui

membri possiedono determinati valori, interessi e comportamenti. Vi

sono vari fattori che determinano l’appartenenza a una classe sociale

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come il reddito, la ricchezza, il lavoro e il grado di istruzione; tutti

questi elementi definiscono l’individuo in termini di aspirazioni,

regole e comportamenti. Attualmente le differenze tra le classi

dipendono sempre più dalle condizioni culturali e sempre meno da

quelle economiche.

Secondo la sociologia dei consumi, i comportamenti di acquisto del

consumatore sono determinati da fattori sociali quali:

• I gruppi di riferimento. Essi sono specifici gruppi che possono

condizionare, direttamente o indirettamente, gli atteggiamenti o i

comportamenti delle persone.

• La famiglia. Questo aspetto fa riferimento a due tipi di famiglia: quella

di orientamento e quella di procreazione. La prima determina la

collocazione sociale e insegna ai propri individui degli orientamenti

di fondo e determinati valori che col tempo andranno a influenzare i

comportamenti di acquisto. La seconda rappresenta la strutturazione

di acquisto e consumo.

• Il ruolo e lo status. Il primo è definito dall’insieme di attività che un

individuo svolge all’interno della società. Il secondo definisce il

livello del ruolo nella società.

1.3. Fattori personali e psicologici

La psicologia dei consumi ha origini lontane. I grandi maestri del pensiero

psicologico si sono occupati -anche se alcuni occasionalmente- dello studio

dei consumi: Watson, il fondatore della psicologia behaviorista, ha lavorato

alla Walter Thompson Company (un’agenzia pubblicitaria americana);

oppure uno stretto collaboratore di Pavlov ha condotto ricerche sui

comportamenti di consumo. In Italia, illustri psicologi come Cesare Musatti,

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Gaetano Kanizsa, Franco Fornari hanno condotto studi sul consumatore.

L’advertisment ed i modelli di cultura del consumo producono sempre più

motivazioni all’acquisto. La psicologia dei consumi studia il funzionamento

psicologico degli individui nell’atto dell’acquisto e in particolar modo studia

come le persone decidono e scelgono tra più alternative, come esse vengono

influenzate dalla comunicazione pubblicitaria, come costruiscono una

immagine favorevole o meno ad un certo brand, come il grado di fedeltà e

soddisfazione verso una certa marca può essere misurato e modificato o

anche come si può organizzare uno spazio vendita per aumentare l’acquisto

(Siri, G., 2001). Esistono principalmente due etichette per indicare questo

“campo di studio”: Consumer Behavior (comportamento del consumatore) e

Consumer Psychology (psicologia del consumatore). La prima sottolinea

una prospettiva orientata alla possibilità di prevedere e controllare le azioni,

le scelte concrete del consumatore. La seconda si riferisce alle variabili

qualitative, motivazionali e ai cosiddetti “vissuti”; la psicologia del

consumatore privilegia processi globali legati al Sé, all’identità, e

all’interazione sociale della persona-consumatore. Esistono inoltre molti

aspetti di ricerca e moltissimi assunti teorici che di fatto riguardano l’area

della psicologia dei consumi. Una prima tradizione di ricerca è in particolar

modo quella del pensiero economico e del marketing: il successo di un attore

economico, dipende dalla sua capacità di “vendere”, ossia di creare un

desiderio e di influenzare una scelta tra le molte possibili e per far questo

bisogna avere sempre più una conoscenza approfondita di come funziona il

cliente-consumatore. Così la psicologia comportamentista offre la possibilità

di utilizzare la psicologia per comprendere come “condizionare” il

consumatore, e invece quella cognitivista consente di descrivere il

consumatore attraverso i processi decisionali. Un altro tipo di orientamento

è la psicologia culturale: essa lega indissolubilmente la psiche individuale e

i modelli di cultura, attraverso l’interazione quotidiana con gli altri, guidata

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da riti e modelli e convenzioni che strutturano il senso dell’azione e la

legittimano nel gruppo sociale. Esistono anche altri ambiti della psicologia

che si muovono dentro il contesto economico e di marketing come la

psicologia del ragionamento e della decisione, la quale consente di

comprendere le strategie della decisione del consumatore, proprio nei suoi

aspetti non-logici; questo tipo di psicologia ricostruisce empiricamente i

processi di induzione e deduzione come accadono nell’esperienza

quotidiana, evidenziando le differenze rispetto ad un procedimento logico.

Questo tipo di psicologia permette di comprendere i processi di

autogiustificazione che i consumatori producono per legittimare scelte non

sostenibili su un piano pratico o di vantaggio economico o di necessità

oggettiva. Un’estensione di questa linea psicologica moderna nell’ambito

dello studio dei consumi si ha in quella disciplina che viene definita

psicologia economica. Essa costituisce, in un certo senso, l’ultimo e più

esplicito tentativo del marketing di appropriarsi del campo della psicologia

del consumatore. Il marketing si è sempre ispirato alla psicologia del

consumatore, e così ha potuto sempre ipotizzare le motivazioni, i bisogni e

le dinamiche di decisione che spingono all’acquisto, e la psicologia implicita

del marketing ha assimilato visioni dell’uomo razionalistiche (ossia un

calcolo logico di vantaggi misurabili) e/o meccanicistiche (vale a dire un

consumatore manipolabile e influenzabile, facilita il lavoro dell’uomo di

marketing). Oggi giorno la psicologia economica sta producendo una serie

di interessanti analisi in specifici ambiti quali il significato del denaro, i

criteri di valutazione del costo, la socializzazione al consumo, la logica dello

scambio. Lo schema del riflesso pavloviano e skinneriano e quello della

formazione delle abitudini, può essere utilizzato per capire i comportamenti

automatici e abituali dell’acquisto della casalinga media, che automatizza

certe associazioni e certe sequenze stimolo-risposta. Infatti la comunicazione

pubblicitaria è stata decodificata come sistema di rinforzi tra stimoli e

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risposte. Il consumatore postmoderno può essere definito come un “self

narrative”, termine che proviene dalla “psicologia narrativa”, un

orientamento psicologico che è in stretta affinità con la psicologia culturale

e ritiene che il sé psicologico è frutto di una costruzione narrativa sia nel

senso che dipende dalla disponibilità di narrazioni sul sé nel contesto

socioculturale, sia nel senso che il sé esiste solo come mezzo di interazione

degli scambi dialogici sociali (Siri, G., 2001).

Tuttavia l’acquisto è determinato anche da fattori personali come l’età di una

persona, l’occupazione, la sua condizione economica (ad esempio reddito

disponibile, il patrimonio, i risparmi, eccetera), lo stile di vita che conduce e

le caratteristiche proprie della persona. I principali fattori psicologici che

condizionano maggiormente il consumatore possono essere riassunti nei

seguenti punti:

• La motivazione. Il bisogno si evolve in motivo quando raggiunge un

forte livello di intensità, esercitando una certa pressione che spinge

l’individuo al soddisfacimento del bisogno stesso. Vi sono varie

teorie della motivazione: secondo Freud una persona può non

comprendere completamente le origini delle sue motivazioni in

quanto le fonti di energia psichica che determinano il comportamento

di una persona sono in gran parte inconsce. Invece Maslow sostiene

che le persone tendono a soddisfare per primi i bisogni di primo

livello (ad esempio la fame) e successivamente passeranno a

soddisfare i bisogni di livello superiore (come la realizzazione di sé o

il senso di appartenenza). Infine, secondo Hezerberg esistono fattori

che causano insoddisfazione (fattori di contesto) e fattori che causano

soddisfazione (fattori di contenuto).

• La percezione. È possibile che persone diverse abbiano percezioni

diverse dello stesso oggetto; la percezione è il processo attraverso cui

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un individuo seleziona, organizza e interpreta stimoli e informazioni.

Gli operatori di marketing devono tenere in considerazione:

l’attenzione selettiva (quali stimoli verranno presi in considerazione

o quali sono i bisogni del momento); la distorsione selettiva (non è

detto che il consumatore interpreti gli stimoli nel modo corretto); e la

ritenzione selettiva (si tende a mantenere l’informazione che

concorda con i propri atteggiamenti e con le proprie credenze).

• L’apprendimento. Questo comporta i mutamenti che l’esperienza

provoca nei comportamenti di ognuno ed è prodotto da stimoli,

risposte e rafforzamento.

• Opinioni e atteggiamenti. Ciò che gli individui pensano a proposito

dei prodotti, influenzati dalla “brand image” del prodotto, comporta

un determinato atteggiamento nei confronti del prodotto stesso.

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2. IL CONSUMATORE STUDIATO DALLE

NEUROSCIENZE

Le teorie scientifiche prodotte agli inizi del ventesimo secolo, come la teoria

della relatività del 1915 o l’indeterminazione quantistica, hanno rovesciato i

riferimenti della “psicologia popolare”, avanzando il concetto di relatività.

L’esigenza di riavvicinare le scienze umane a quelle sociali è stata avvertita,

in primis, dai ricercatori delle scienze cognitive (Graziano, M., 2009). La

scienza cognitiva è divenuta una scienza carrefour, ossia un crocevia, un

luogo di incontro tra le diverse scienze umane e sociali, tutte aventi come

oggetto di studio la cognizione umana (Seron, X. , 1997, Cit. in Graziano,

M., 2007). L’obbiettivo iniziale di questa disciplina era quello di stabilire

una relazione intangibile, da una parte tra la struttura ed il funzionamento del

cervello, e dall’altra tra il comportamento e le operazioni mentali. Nel 1972

appare pubblicamente per la prima volta il termine “neuroscience”, un

neologismo coniato da Francis O. Schmitt. Le neuroscienze fanno

riferimento a un campo di ricerca multidisciplinare in grado di unire

competenze e conoscenze appartenenti alla fisiologia, all’anatomia, alla

farmacologia, alla biochimica e alla biologia molecolare, infatti questo

campo opera con gli strumenti tipici della ricerca scientifica. In tal modo

diventa concepibile studiare ciò che accade a livello fisiologico mentre si

procede con l’esperimento. L’approccio che utilizza viene definito “bottom-

up” (in contrapposizione con la psicologia classica che utilizza il “top-

down”) perché si effettuano le ricerche dal basso, partendo da dati fisici e

biologici, in altre parole l’informazione risale dagli organi sensoriali verso il

sistema nervoso centrale. Gli studi delle neuroscienze si sono focalizzati

molto sull’unità biologica fondamentale del cervello, ovvero il neurone, ma

hanno anche approfondito il funzionamento del sistema nervoso nella sua

suddivisone centrale e periferica, dei principi di genetica per il neurosviluppo

17

umano e della fenomenologia chimica per la percezione umana. Gli

economisti sono stati i primi, proponendo il termine neuroeconomia, a

cogliere l’esigenza di comprendere i processi di decisione degli agenti

economici in base agli approcci della psicologia cognitiva e delle

neuroscienze e sono stati tra i primi scienziati a riconoscere il potenziale del

“neuroimaging”: ovvero l’utilizzo di tecnologie di neuroimmagine in grado

di misurare il metabolismo cerebrale con lo scopo di analizzare e studiare la

relazione tra l’attività di determinate aree cerebrali e le specifiche funzioni

cerebrali. La neuroeconomia è una branca dell’economia comportamentale

che cerca di comprendere il ruolo dei meccanismi psicologici dell’analisi

economica e viene definita come lo stato dove l’utilizzazione dei processi

cerebrali permette di trovare dei nuovi fondamenti per le teorie economiche

(Camerer, F., 2004). Questi concetti si possono facilmente applicare anche

nell’ambito del marketing, dove ricercatori e studiosi del comportamento del

consumatore si sono avvicinati alle posizioni dei neuropsicologi e dei

neuroscienziati per spiegare i ragionamenti e le scelte di acquisto dei

consumatori. La rapida evoluzione, in questi anni, della neuroeconomia e del

neuromarketing è certamente dovuta alla collaborazione tra i diversi

ricercatori, che pur muovendo in discipline differenti, hanno perseguito lo

scopo comune di comprendere meglio i fondamenti dei processi decisionali

sottostanti l’acquisto di un prodotto. Tra le scoperte più importanti della

neuroscienza, si ricorda quella dei neuroni a specchio avvenuta tra gli anni

Ottanta e Novanta presso l’Università di Parma. Nel 1992 Giacomo Rizzolati

e il suo gruppo di ricerca stavano studiando il cervello di una specie di

scimmie, il macaco; stavano esaminando in maniera più specifica una

regione del cervello che i neuroscienziati chiamano F5, ovvero l’area

“premotoria”, in cui si registra attività quando queste scimmie compiono

determinati gesti (ad esempio raccogliere una nocciolina). Ne emerse che i

neuroni premotori si attivavano non solo quando la scimmia raccoglieva la

18

nocciolina, ma anche quando vedeva altre scimmie compiere quel gesto.

Dunque, la scimmia non aveva fatto nulla, non aveva compiuto nessun

movimento, ma aveva mentalmente imitato il gesto. Rizzolati coniò il

termine “neuroni a specchio”, con cui si intende una particolare tipologia di

neuroni in grado di attivarsi non solo quando si compie in prima persona un

atto motorio, ma anche quando si osserva l’atto motorio compiuto da altri.

Per ovvie ragioni etiche gli scienziati non hanno potuto impiantare un

elettrodo in un cervello umano, ma hanno dovuto utilizzare le scansioni

fMRI e EEG delle regioni del cervello umano -in cui si pensa siano presenti

i neuroni a specchio- ossia la corteccia frontale inferiore e il lobo parietale

superiore, mostrano che queste regioni sono attivate sia quando qualcuno

compie un’azione sia quando la vede compiere. I neuroni a specchio

sarebbero alla base delle nostre abilità empatiche e di relazione con gli altri.

Oggi si parla di meccanismo a specchio: termine che si riferisce alla capacità

di trasformare informazioni e azioni (emozionali o non) provenienti dal

mondo esterno, in atti motori dell’individuo. Questi neuroni danno

un’interpretazione unitaria della percezione dell’azione, ossia il meccanismo

che unifica quello che fanno gli altri con le nostre capacità; si forma una

visione unitaria senza la distinzione tra il cervello che capisce e il cervello

che sa fare, dando origine alla conoscenza esperienziale (diversa da quella

scientifica). Il nostro cervello ha la capacità di rispecchiare un

comportamento e ciò è la fonte del funzionamento di molti meccanismi

consci e inconsci dell’essere umano (Rizzolati, G., 2006).

Un’altra scoperta importante viene proposta da Susan Brookheimer (Blaxton

T., Bookheimer S., Carrillo M., Gabrieli G.D.E., Theodore T., Zeffiro T.A.,

1996) della UCLA, la quale dice che “l’attività della dopamina nel cervello

aumenta in previsione di molti tipi diversi di ricompense, da quelle legate

all’azzardo alle ricompense monetarie o sociali”, ciò fa riferimento a

quell’ondata di piacere che si prova in previsione dell’acquisto. Gli scienziati

19

hanno scoperto che un’area della corteccia frontale del cervello, chiamata

“Area 10 di Brodmann”, viene attivata quando vediamo dei prodotti che

pensiamo siano alla moda e viene associata alla percezione di sé e alle

emozioni sociali. In tal modo, noi valutiamo gli oggetti in termini della loro

capacità di migliorare il nostro status sociale. Allora quale sarebbe il

collegamento fra dopamina e neuroni a specchio? Se osserviamo l’attività

del cervello di una ragazzino di 14 anni, dallo status sociale non ben definito,

che visita Abercrombie & Fitch (il celebre negozio di abbigliamento per

ragazzi e adolescenti), si possono notare i neuroni a specchio del

quattordicenne attivarsi all’interno del negozio, e non appena si avvicina alla

cassa con i vestiti che ha appena scelto, il suo livello di dopamina è molto

elevato poiché il ragazzino si sente come uno di quei modelli che appaiono

all’interno dello store: i neuroni a specchio lo fanno sentire bello e attraente

e la dopamina crea l’eccitante anticipazione di una ricompensa. Un altro

esempio sono i videogiochi di simulazione come The Sims, grazie ai quali i

nostri neuroni a specchio ci aiutano a collegarci emotivamente a queste realtà

virtuali; infatti anche se si è in uno scantinato buio e triste davanti a un

computer, questi giochi offrono un modo virtuale di sperimentare la stessa

ondata di piacere che proveremmo se vivessimo quelle fantasie e quei sogni

nella nostra vita reale (Lindstrom, M., 2013).

Prima di tutto, per poter comprendere il modo in cui operano le neuroscienze

nell’ambito degli studi sul consumatore, è necessario avere un’idea di come

funziona il cervello (paragrafo 2.1.). Successivamente inizierò ad

addentrarmi più nello specifico (paragrafo 2.2.) riportando le tecniche

utilizzate dalle neuroscienze e dal neuromarkeing al fine di studiare il

consumatore da un punto di vista prettamente scientifico/fisiologico. Il

paragrafo 2.3. si concentrerà sulle ricerche di neuromarkeing volte a studiare

il decision making del consumatore di fronte a determinate situazioni

d’acquisto. Infine il capitolo si concluderà con gli studi -attraverso le

20

tecniche neurofisiologiche- della sfera emotiva del consumatore (paragrafo

2.4).

2.1. Neuroscienze: come funziona il cervello

Prima di poter spiegare gli studi effettuati sul consumatore nell’ambito delle

neuroscienze, è utile mostrare un quadro generale sulla struttura e sul

funzionamento del cervello. Il sottoparagrafo che segue (2.1.1.) spiegherà

perché è possibile parlare di “tre cervelli” e perché ognuno di questi ha un

ruolo importante per le nostre azioni consapevoli e non. Il secondo

sottoparagrafo (2.1.2.) illustrerà le differenze tra il sistema simpatico e

parasimpatico, fondamentale per comprendere come il nostro fisico risponde

di fronte a determinate situazioni, anticipando come il consumatore risponde

allo stimolo che si può presentare o che può precedere l’acquisto.

2.1.1. I tre cervelli

Ultimamente le neuroscienze hanno mostrano che la mente è l’espressione

del cervello, ovvero la conseguenza delle diverse acquisizioni che l’uomo ha

compiuto nel tempo. Il cervello è parte del corpo e tra cervello e corpo

esistono legami importanti. Ciò che succede all’interno del cervello infatti si

riflette sul corpo e oggi sappiamo che anche ciò che accade negli organi si

riflette sul cervello. Le neuroscienze hanno individuato tre differenti cervelli:

• Il cervello antico o rettile (old brain)

• Il cervello intermedio (middle brain)

• Il cervello recente o corticale (new brain)

Il cervello antico o rettile, è chiamato così perché vi è l’idea che si sia

sviluppato per primo nel corso della storia evolutiva degli animali; il suo

aspetto è simile a quello del cervello di un rettile, rappresenta la parte più

antica del cervello, essendosi evoluta più di 500 milioni di anni fa, ed è legata

21

all’aggressività, alla violenza ed alla pulsione distruttiva e autodistruttiva.

Esso si preoccupa della nostra sopravvivenza, ad esempio prestando

attenzione all’ambiente che ci circonda, stabilendo che cosa è sicuro e che

cosa non lo è. Inoltre, esso sovrintende in modo automatico funzioni come

la digestione, i movimenti, la respirazione (Weinschenk, S., 2013). Invece

il cervello intermedio avrebbe fatto la sua comparsa da 300 a 200 milioni di

anni fa, ed è l’area in cui vengono elaborate le emozioni, ci permette di

percepire la realtà, ed è la causa di gran parte dei nostri acquisti impulsivi.

Infine il new brain è la struttura più recente da un punto di vista

evoluzionistico in quanto apparve circa 200 milioni di anni fa.

L’elaborazione del linguaggio e la sua produzione, oppure leggere, scrivere,

suonare la musica, ascoltarla o pensare sono tutte cose che vengono fatte col

cervello recente (Weinschenk, S., 2013). Molta dell’elaborazione che viene

prodotta dal cervello antico e da quello intermedio avviene fuori dalla nostra

consapevolezza cosciente. Invece la parte di elaborazione centrale avviene

nel cervello recente. Molti scienziati ritengono che ciò che distingue l’uomo

dagli animali sia il cervello recente e in particolar modo la corteccia

prefrontale. Ma in realtà è più esatto affermare che a distinguerci dagli

animali è proprio il fatto che noi abbiamo una corteccia prefrontale che

interagisce con le altre parti del cervello. Ciò che ci distingue davvero dagli

animali è che oltre alla corteccia del cervello recente abbiamo un cervello

intermedio dove vengono generate e interpretate le emozioni e un cervello

antico che sovrintende alla nostra sopravvivenza: tutti e tre i cervelli

lavorano assieme (Weinschenk, S., 2013). Il nostro corpo e le nostre parti del

cervello che lo governano sono connessi con le aree cerebrali che regolano

le emozioni e con quelle che gestiscono il pensiero cosciente e il

ragionamento. Sono sistemi cerebrali separati ma che lavorano tutti assieme.

Ad esempio il cervello antico regola la digestione e il sonno, ma vi sono

controlli nel cervello intermedio che governano le nostre emozioni e i nostri

22

sentimenti, i quali possono influenzare a loro volta il sonno e la digestione;

inoltre anche il cervello recente ha un effetto su emozioni, sentimenti,

digestione e sonno.

Quando proviamo un’emozione, l’amigdala svolge un ruolo fondamentale.

Essa è la parte del cervello che regola le emozioni. Collegati a una macchina

si potrebbe osservare l’attività della corteccia visiva o misurare

l’accelerazione del cuore; in caso di pianto sarebbe probabilmente

l’amigdala a governare questa reazione. Tuttavia noi crediamo che il cervello

recente sia il più importante, in quanto le elaborazioni del cervello

intermedio (le emozioni) e del cervello antico (le funzioni automatiche)

avvengono perlopiù inconsciamente. Significa che noi crediamo di decidere

in maniera consapevole, ma in realtà la maggior parte delle nostre decisioni

e del nostro comportamento è governata da processi inconsapevoli. Non

siamo nemmeno in grado di distinguere esattamente ciò che facciamo a

livello conscio da ciò che facciamo inconsciamente. Wilson (Wilson, T.D.,

2002) definisce l’inconscio come l’insieme dei processi mentali inaccessibili

alla mente conscia, ma che influenzano i giudizi, i sentimenti o i

comportamenti: scorciatoie che valutano il nostro ambiente, interpretano e

determinano il comportamento. In realtà noi non apprezziamo l’inconscio

così come dovremmo. I neuroscienziati hanno stimato che i nostri cinque

sensi ricevono 11 milioni di informazioni al secondo e l’uomo ne riesce ad

elaborare consciamente soltanto 40. Dunque l’inconscio è indispensabile per

affrontare le altre 10.999.960 informazioni al secondo. Così facendo, la

nostra mente inconscia ci permette di elaborare tutti i dati che arrivano

dall’ambiente che ci circonda. L’inconscio ci indica a che cosa occorre

prestare attenzione in modo cosciente.

23

2.1.2. Sistema nervoso autonomo

Il sistema nervoso autonomo (SNA) è chiamato così perché regola tutte le

attività dei nostri organi che non sono comandate direttamente dalla nostra

volontà. Il sistema autonomo riceve le istruzioni di cui ha bisogno per

funzionare, da una piccola struttura del cervello chiamata ipotalamo, che ha

proprio la funzione di coordinare fra loro le attività involontarie.

Questo sistema è diviso in due componenti, che entrano in azione in momenti

diversi e che, pur agendo sugli stessi organi, hanno effetti diametralmente

opposti. Il sistema simpatico interviene nelle situazioni di emergenza ha una

funzione stimolante, eccitante, contraente; presiede al sistema di

adattamento attacco e fuga, preparando l'organismo ad affrontare il pericolo,

mentre il sistema parasimpatico è quello che ripristina una situazione di

equilibrio. Le risposte sono così diverse perché i due sistemi utilizzano

neurotrasmettitori differenti per inviare i loro messaggi.

Nel caso del sistema simpatico, e quindi nello stato di attivazione, il respiro

aumenta la frequenza e i polmoni si espandono per inglobare più aria e

portare più ossigeno ai muscoli e agli organi vitali. Il battito cardiaco diviene

più accelerato e la pressione del sangue aumenta in modo da trasportare

velocemente il l'ossigeno e il nutrimento richiesto dai muscoli. Questa

risposta viene definita attacco/fuga, e in questa situazione il sistema

simpatico blocca le funzioni gastrointestinali perché non necessarie,

favorendo la permanenza dei cibi e dei succhi gastrici nello stomaco e delle

feci nell'intestino e favorendo l'insorgere della nausea. Inoltre le pupille si

dilatano, il sangue aumenta la sua capacità di coagulazione per ridurre la sua

perdita nel caso di ferita e la temperatura corporea aumenta, aumentando così

la sudorazione ai fini della termoregolazione. Il pensiero diviene più veloce

perché deve trovare immediatamente una soluzione per evitare il pericolo e

diventa più attento ai segnali reputati minacciosi.

24

Il sistema parasimpatico stimola la quiete, il rilassamento, il riposo,

la digestione e l'immagazzinamento di energia; fa riferimento a quello che

viene definito riposo e digestione, in contrapposizione all’attacco e fuga.

Esso rallenta la frequenza cardiaca, diminuisce la forza di contrazione del

cuore così da ridurre il quantitativo di sangue pompato e dunque riduce la

pressione arteriosa e determina anche la costrizione dei bronchi, riducendone

il diametro. Importante è l’azione parasimpatica sull’apparato digerente:

nella cavità orale, stimola la secrezione della saliva, aumenta la motilità della

parete del tubo digerente e incrementa il volume delle secrezioni dello

stomaco e del pancreas; l’aumento della motilità gastrointestinale si traduce

anche in un rilasciamento degli sfinteri. È anche rilevante l’azione del

sistema parasimpatico sull’occhio in quanto modula la normale secrezione

lacrimale, ed è in grado di ridurre il diametro della pupilla (Fronte, M., 2006).

2.2. Tecniche usate dal neuromarketing

Il termine “neuromarketing” nasce per indicare gli studi interdisciplinari tra

gli aspetti economici, psicologici, biologici e medici. La combinazione di

“neuro” e “marketing” implica l’emergere di due campi di studio: le

neuroscienze e il marketing. Il termine neuromarketing non può essere

attribuito a un particolare individuo, perché incominciò ad apparire un po’

più organicamente intorno al 2002. All'epoca, alcune aziende americane,

come ad esempio la SalesBrain, furono tra le prime ad offrire ricerche di

neuromarketing e servizi di consulenza sostenendo l'uso della tecnologia e

delle conoscenze provenienti dal campo delle neuroscienze cognitive.

Fondamentalmente il neuromarketing sta al marketing come la

neuropsicologia sta alla psicologia. Mentre la neuropsicologia studia il

rapporto tra il cervello, la cognitiva umana e le funzioni psicologiche, il

neuromarketing osserva il comportamento del consumatore dal punto di vista

cerebrale (Morin, C., 2011). Per studiare il comportamento dei consumatori 25

vengono adoperati i metodi neuroscientifici/neurobiologici con l’obiettivo di

capire meglio i fenomeni psicologici e le emozioni che subentrano durante il

processo di acquisto, oltre ad una più completa valutazione dell’efficacia dei

fenomeni di marketing come la pubblicità o l’ubicazione del prodotto. In

questo paragrafo parlerò di dispositivi di neuroimaging (sottoparagrafo

2.2.1) e di strumenti neurofisiologici (sottoparagrafo 2.2.3), entrambi in

grado di rilevare i dati comportamentali nelle ricerche di marketing (Javor

A., Koller M., Lee N. , 2013). Nonostante le diversità delle ricerche e degli

approcci metodologici, i risultati pervenuti in generale dalle ricerche possono

essere riassunti in tal modo: (1) il cervello umano è il risultato di

un’evoluzione avvenuta nel corso di milioni di anni e le sue funzioni o

capacità non possono essere pienamente apprese se non in un contesto di

evoluzione filogenetico, (2) l’essere umano è un mammifero, e quindi non è

ontologicamente differente dalle specie dei primati, (3) esiste un’identità tra

gli avvenimenti mentali e gli avvenimenti neurali, ossia che tutti gli

avvenimenti mentali (cognizione implicita o esplicita e emozioni) sono il

prodotto di ciò che deriva da un trattamento neurale dell’informazione, (4)

tutti i comportamenti umani espliciti sono il risultato di un’intenzionalità

generata dal sistema nervoso centrale, (5) il genoma umano induce a delle

configurazioni cerebrali innate che condizionano delle predisposizioni

(Graziano, M., 2009).

2.2.1. Neuroimaging funzionale

I progressi compiuti per la comprensione delle strutture cerebrali si sono

velocizzati a partire dagli anni Settanta, attraverso l’introduzione delle

sofisticate tecniche di imagery cerebrale (Graziano, M., 2009), in quanto

iniziarono ad essere usati metodi non invasivi per la visualizzazione

dell’attività cerebrale. Oggi il neuromarketing utilizza tecnologie quali la

fMRI (Functional Magnetic Resonance Imaging) e la MEG

26

(Magnetoencefalografia). A metà tra il neuroimaging e le tecniche di

neurofisiologia vi sono l’EEG (Elettroencefalogramma) e la SST (Steady-

State Topography).

La risonanza magnetica funzionale per immagini

La fMRI (Functional Magnetic Resonance Imaging) è basata sul fenomeno

della risonanza magnetica nucleare, che sfrutta le proprietà nucleari di certi

atomi in presenza di campi magnetici. Si tratta di una tecnica nata negli anni

Settanta allo scopo di ottenere immagini dettagliate dell’anatomia cerebrale.

Grazie alle tecniche di rilevamento ultrarapido dei dati, è diventata possibile

l’acquisizione di immagini in tempi così ridotti da permettere di seguire nel

loro svolgimento alcuni aspetti del metabolismo. Applicato alla fisiologia del

cervello, l’fMRI ha permesso di visualizzare su una scala temporale

estremamente fine le variazioni dell’ossigenazione delle regioni corticali,

variazioni che si considera siano in stretta relazione con il grado di attività

delle regioni stesse (Graziano, M., 2009). Si sono sfruttate a questo scopo le

proprietà magnetiche di cui godono le molecole di emoglobina, presente nei

globuli rossi del sangue i quali portano l’ossigeno in circolo all’interno

dell’organismo. Essa segue il flusso del sangue ossigenato attraverso il

cervello e può identificare aree delle dimensioni di un millimetro. Quando il

cervello è impegnato in un’attività specifica, ha bisogno di più

“combustibile” che si presenta sotto forma di ossigeno e glucosio. Perciò più

intenso è il lavoro che una regione del cervello sta compiendo, tanto

maggiore sarà il flusso di sangue che la raggiunge; nella fMRI, quando una

parte del cervello è attiva, quella regione si accende come una fiaccola

incandescente e seguendo questa attivazione i neurologi possono interpretare

quali aree specifiche del cervello stiano lavorando in ogni preciso istante

(Lindstrom, M., 2013). Dunque si registrano immagini che si ipotizza

rappresentino fedelmente le variazioni dell’attività neurale regionale laddove

27

si evidenzia un contrasto fra regioni ricche in ossiemoglobina, in cui il flusso

sanguigno risulta accresciuto e regioni dal flusso sanguigno normale

(Graziano, M., 2009).

La magnetoencefalografia

La MEG (Magnetoencefalografia) è emersa a metà degli anni Sessanta e ha

guadagnato una notevole attenzione negli ultimi dieci anni a causa degli

enormi miglioramenti apportati nella misurazione e nell’imaging dei campi

magnetici nel cervello. È una tecnica di diagnostica strumentale

neurofisiologica che studia l’attività magnetica cerebrale e che si basa sulla

rilevazione dei debolissimi campi magnetici generati sul cranio dalle correnti

elettriche connesse con l’attività della corteccia cerebrale. L'attività cerebrale

è una funzione di segnali elettrochimici tra i neuroni. L’attività neuronale

crea un campo magnetico che può essere amplificato e mappato dalla MEG.

La MEG ha un'ottima risoluzione temporale, ma ancora più importante, una

buona risoluzione spaziale. Tuttavia, la MEG è piuttosto limitata nel rilevare

l’attività cerebrale alla superficie del cervello; quindi non è un buon metodo

per l'imaging delle aree sottocorticali. Inoltre la tecnologia è molto costosa e

ha dei limiti, ad esempio è soggetta a disturbi che possono influenzare il

risultato alterandolo, come i movimenti dell'occhio, i segnali cardiaci e le

contrazioni muscolari. Alcuni pregevoli studi hanno dimostrato che le bande

di frequenza specifiche erano correlate a compiti cognitivi controllabili come

il riconoscimento di oggetti, accedere alla memoria di lavoro verbale, e il

ricordo di eventi specifici. Questo, infatti, suggerisce che il modo migliore

per utilizzare la MEG è quello di misurare l'attività in zone conosciute o atte

a produrre attività data da compiti specifici, piuttosto che per condurre

esperimenti esplorativi. Così, la MEG non risulta essere un giusto strumento,

sebbene venga utilizzata qualche volta per condurre ricerche di marketing

28

che studiano anche l’elaborazione delle emozioni eseguite da vie

sottocorticali.

2.2.2. Tra neuroimaging e neurofisiologia

L’elettroencefalogramma

Come già detto, l’EEG (Elettroencefalogramma) è considerata una via di

mezzo tra i dispositivi di neuroimaging e quelli neurofisiologici. L’EEG è la

registrazione dell’attività elettrica sulla superficie del cervello, dando una

visione d’insieme di come l’attività cerebrale sia distribuita nel tempo ma

senza poter mostrare con precisione i dettagli. Nella maggior parte dei casi è

proprio la superficie a interessare, dato che la corteccia (responsabile delle

funzioni complesse ad alto livello) è un sottile foglio di cellule che copre lo

strato esterno del cervello. I neuroni si inviano l’un l’altro dei segnali tramite

impulsi elettrici, perciò possiamo avere un quadro soddisfacente dell’attività

neuronale, misurando il campo magnetico attiguo. Abbiamo oltre 100

miliardi di neuroni e trilioni di connessioni sinaptiche che rappresentano la

base di circuiti neurali. In presenza di uno stimolo particolare come la visione

di una pubblicità, i neuroni si attivano e producono una piccola corrente

elettrica che può essere amplificata. Queste correnti elettriche hanno

molteplici modelli di frequenze chiamate onde cerebrali che sono associate

a differenti stati di eccitazione. Nelle ricerche di mercato, piccoli elettrodi di

metallo nobile vengono fissati direttamente sul capo, in corrispondenza delle

diverse aree della corteccia cerebrale e permettono così di registrare questi

campi elettromagnetici. Essi sono collegati ad un amplificatore per

aumentare il biopotenziale che è molto modesto. Il risultato può consistere

in un semplice grafico dei segnali registrati da ogni singolo elettrodo o può

essere visualizzato come una mappa del cervello, su cui sono evidenziate le

zone di attività. In condizioni fisiologiche normali, in una persona adulta a

29

riposo, il ritmo che si ottiene dalle onde ha una frequenza di 8-13 cicli al

secondo ed è chiamato ritmo alfa. Tale ritmo cambia non appena si aprono

gli occhi, ci si addormenta o si è in piena attività cerebrale. Il soggetto che si

sottopone al test viene stimolato e gli impulsi elettrici del cervello vengono

registrati dagli elettrodi per mezzo di un registratore multicanale a penna e

tradotti in un grafico stampato su una striscia di carta mobile. La limitazione

dell’EEG tuttavia è che non ha una buona risoluzione spaziale, cioè non è

possibile individuare con precisione dove i neuroni si stanno accendendo nel

cervello, e questo semplicemente perché gli elettrodi sul cuoio capelluto non

possono captare i segnali elettrici che si trovano molto al di là della corteccia

(Morin, C., 2011). Anche se il relativo basso costo di utilizzo dell’EEG ha

reso la tecnologia molto popolare tra le agenzie neuromarketing negli ultimi

5 anni, è ampiamente considerato dagli scienziati cognitivi come un metodo

debole se non dubbio per comprendere e prevedere gli effetti della pubblicità.

Invece le conoscenze acquisite tramite l’EEG possono essere utili per

valutare il valore di una pubblicità, e sono insufficienti per aiutarci a capire i

processi cognitivi responsabili dell'attività in tutto il cervello.

La topografia a stato stazionario

La SST (Topografia a stato stazionario) è una versione avanzata

dell’Elettroencefalografo, che misura in tempo reale l’attività elettrica del

cervello, ossia le onde cerebrali monitorate millisecondo dopo millisecondo

in tempo reale mentre alcuni stimoli vengono sottoposti al soggetto

(Lindstrom, M., 2013). Attraverso la misurazione dell'attività cerebrale, è

possibile stimare secondo per secondo le modifiche inerenti ai parametri

psicologici, tra cui la codifica della memoria a lungo termine, il

coinvolgimento, la valenza motivazionale (se il materiale attrae o respinge

lo spettatore), l’intensità emotiva (arousal) e l’attenzione visiva.

30

2.2.3. Metodiche neurofisiologiche

La neurofisiologia è un ramo della fisiologia che studia i fenomeni connessi

all’attività nervosa (centrale e periferica), e le sue metodiche vengono

utilizzate dal neuromarketing per lo studio degli aspetti percettivi ed emotivi

che intervengono durante gli acquisti e/o caratterizzanti il consumatore, in

relazione agli aspetti decisionali dipendenti dal tipo di stimolo

somministrato.

L’elettromiografia facciale

L’ Elettromiografia facciale (EMG) è usata come tecnica per misurare

l’attività dei muscoli con lo scopo di fornire informazioni continue e in tempo

reale sul proprio stato di tensione muscolare. I tre muscoli che l’EMG studia

principalmente sono i seguenti: il corrugatore del sopracciglio, lo zigomatico

maggiore e l’orbicolare dell’occhio. L’EMG è stato considerato un potente

strumento per testare movimenti muscolari facciali volontari (come lo

zigomatico) e involontari (come il corrugatore del sopracciglio e l’orbicolare

dell’occhio), che possono riflettere l’espressione conscia e subconscia delle

emozioni (Dimberg U., Thunberg M., 2000, Cit. in Choromanska, A., 2009):

in questo caso il parametro monitorato (tono muscolare) non appartiene

all'insieme delle attività mediate dal sistema nervoso autonomo, ma ricade

per la maggior parte sotto il controllo diretto della volontà; tuttavia ci sono

molto spesso situazioni che portano una persona a sviluppare tensioni

muscolari inconsce. Alcuni ricercatori sono riusciti con successo ad

utilizzare l’EMG per rintracciare le reazioni dei consumatori di fronte a una

pubblicità. Per esempio Bolls ed altri (Bolls P., Lang. A., Potter R., 2001,

Cit. in Choromanska, A., 2009) hanno mostrato che l’attività del muscolo

zigomatico è più forte durante gli spot pubblicitari radiofonici con un tono

emozionale positivo, mentre l’attività muscolare del corrugatore è maggiore

durante gli annunci con un tono emotivo negativo. Hazlett R. e Hazlett S.

31

(Hazlett R., Hazlett S., 1999, Cit. in Choromanska, A., 2009) hanno

confrontato le reazioni emotive misurate dall’EMG durante la visione di spot

pubblicitari con i risultati ottenuti dalle scale dei test di autovalutazione

compilati dopo la visione. Si è potuto concludere che, nel complesso,

l’elettromiografia facciale è un indicatore in grado di rilevare più

sensibilmente le reazioni emotive che si creano durante la visione dello spot

rispetto ai test di autovalutazione.

La risposta elettrodermica

Un altro metodo è la misurazione della risposta galvanica della pelle o

elettrodermica (EDR), attraverso cui è possibile monitorare e visualizzare

informazioni sulla conduttività della pelle. Questo metodo si basa sull'analisi

dei sottili cambiamenti nella risposta galvanica della pelle quando il sistema

nervoso autonomo viene attivato. Poiché un aumento nell'attivazione del

sistema nervoso autonomo è un indicatore di eccitazione, la EDR può essere

utilizzata come misura di tale eccitazione (Ravaja, N., 2004, Cit. in

Choromanska, A., 2009). Più alto è il livello di eccitazione del sistema

nervoso autonomo, maggiore è la quantità di conducibilità della pelle

provocata dai diversi stimoli emozionali. Con questa misurazione possono

essere registrate sia la variazione del potenziale elettrico fra due elettrodi

applicati sulla pelle, sia la resistenza opposta dalla pelle al passaggio di una

corrente debole fra gli elettrodi. Tale variazione deriva sostanzialmente dallo

stato di umidità della pelle stessa dovuto all'azione delle ghiandole

sudoripare sottostanti. È possibile valutare questa risposta attraverso due

indici che sono opposti tra loro, ossia la resistenza (GSR-Galvanic Skin

Response) e la conduttanza cutanea (SC), queste vengono misurate

collocando due elettrodi sulla pelle, in genere su due dita vicine; poiché

l’attività conduttiva della pelle è dovuta all'apertura delle ghiandole

sudoripare che diminuiscono la resistenza al passaggio della corrente

32

attraverso il derma, la misura si ottiene applicando tramite gli elettrodi una

debole corrente elettrica, che genera un voltaggio da cui è possibile calcolare

la resistenza della pelle o la sua SC. La pelle si comporta

approssimativamente come un resistore, e stimoli di tipo emozionali esterni

(come ad esempio un rumore improvviso, un sospiro, una frase o una parola

detta da qualcuno) provocano una caduta della resistenza elettrica in alcuni

distretti cutanei, in particolare a livello del palmo della mano e delle dita. Lo

stesso effetto si può ottenere con stimoli emozionali interni, per esempio

immaginare scene erotiche o comunque a contenuto emotivo. Alcuni

ricercatori nella pubblicità, mentre testavano altri metodi di misura delle

emozioni, hanno usato la misura SC semplicemente come uno strumento di

validazione. LaBarbera e Tucciarone hanno concluso che, nel complesso, la

SC sembra prevedere l'andamento del mercato meglio delle misure di

autovalutazione. Hanno formulato importanti linee guida relative agli

apparecchi e alle formule statistiche che devono essere prese in

considerazione quando si progetta la ricerca SC. Inoltre, LaBarbera e

Tucciarone hanno sostenuto che molti studi di SC precedenti nella pubblicità

(per lo più condotte nel corso del 1960) non sono riusciti a individuare alcun

effetto di SC, perché mancavano attrezzature adeguatamente sensibili e

precisi protocolli statistici. Pertanto, questi ricercatori non erano in grado di

separare il "rumore" dalla vera risposta di eccitazione. Inoltre, la variazione

individuale è evidente quando si analizza la SC (LaBarbera P.A., Tucciarone

J.D., 1995, Cit. in Choromanska, A., 2009). Fortunatamente, oggi, i progressi

tecnologici e altri più complessi programmi statistici aiutano a superare tali

difficoltà. La limitazione principale della SC, che rimane irrisolta, è che essa

non può determinare la direzione o la valenza di una reazione emotiva. Essa

si limita a misurare il grado di eccitazione, che può essere positivo o negativo

in valenza: gli stimoli pubblicitari possono evocare una grande quantità di

risposte.

33

L’eye tracking

L’eye tracking è il metodo che traccia il movimento oculare, rilevando i punti

di fissazione degli occhi e definendo l’intero percorso effettuato dall’occhio

durante la visione. Nasce per scopi clinici, con l’obiettivo di capire come

funzionano i meccanismi della visione umana, individuare che cosa si sta

guardando in ogni momento o con quale livello di attenzione, attraverso la

registrazione della dilatazione e contrazione delle pupille. Quando si guarda

qualcosa, infatti, gli occhi si spostano almeno 3 o 4 volte al secondo,

seguendo un ordine apparentemente casuale. Ogni spostamento, detto

saccade, dura circa un decimo di secondo, mentre le fermate, o fissazioni,

durano da 2 a 4 decimi di secondo (France, R.B., 2013). Mentre i movimenti

oculari riflettono le operazioni mentali e cognitive del sistema nervoso

centrale, le variazioni della dimensione della pupilla sono correlate con

l’attivazione/disattivazione del sistema nervoso autonomo, che controlla le

risposte emotive. Studi recenti mostrano che esiste una significativa

correlazione tra la dilatazione (midriasi) e l’interesse o attenzione verso un

certo stimolo, e tra la contrazione (miosi) e l’avversione o il disgusto.

L’attenzione, in genere, si concentra su una piccola porzione

dell’informazione percepita, ma rappresenta una necessità per

l’avanzamento del processo. La comprensione dell’informazione a livello

semantico e la sua associazione al contesto, unitamente ai processi

emozionali inconsci, ha un’influenza diretta sulle azioni individuali, e -

nell’ambito trattato- sul potenziale acquisto di un prodotto. Attraverso la

tecnologia dell’eye-tracking e l’analisi pupillometrica si è in grado di

formulare un certo numero di ipotesi sugli elementi di successo e sui punti

deboli di una campagna di marketing prima che sia presentata al pubblico.

Ma a che cosa serve analizzare i movimenti oculari? Registrare e analizzare

il comportamento degli occhi di una persona che esplora un sito web mentre

34

esegue un compito (per esempio cercare una certa informazione, leggere il

contenuto delle pagine, ecc.) può dare moltissime informazioni sui processi

cognitivi.

Heart rate variability

La Heart rate variability (HRV) fornisce indicazioni in merito alle variazioni

della frequenza cardiaca, nell’intervallo di tempo, in risposta a fattori quali

il ritmo del respiro, gli stati emozionali, lo stato di ansia, stress, rabbia,

rilassamento, pensieri, etc. La HRV è correlata alla interazione fra il Sistema

Nervoso Simpatico e Parasimpatico, spiegato nei paragrafi precedenti. La

HRV può essere misurata mediante un sensore applicato ad un dito. Il

sensore rileva le variazioni cicliche del tono pressorio nei capillari delle dita,

che rappresentano fedelmente il battito cardiaco. Dopo essere stati

digitalizzati, i dati sono analizzati da un software molto complesso che

provvede a calcolare la distanza esatta fra un battito cardiaco e l'altro (questa

distanza viene espressa in millisecondi) ed in questo modo si può creare un

diagramma che esprime la distanza fra un battito e l'altro, in funzione del

numero di battiti cardiaci. I parametri fisiologici come la frequenza cardiaca

possono essere considerati una chiave di lettura per l’interpretazione a livello

encefalografico dei valori più strettamente connessi al coinvolgimento

emotivo del soggetto (France, R.B., 2013).

2.3. Aspetti di decision making nel marketing: studi

neuroscientifici

Ogni anno, 400 bilioni di dollari sono investiti nelle campagne pubblicitarie

e i metodi tradizionali (ad esempio i test di autovalutazione) per testare e

predire l’efficacia di questi investimenti sono generalmente falliti perché il

consumatore si limita a descrive ciò che prova quando gli viene mostrata una

pubblicità. Il neuromarketing offre dei metodi innovativi per indagare

35

direttamente le menti senza richiedere una partecipazione conscia. Dunque,

in questa parte riporterò i principali esperimenti di neuromarketing volti a

comprendere le dinamiche di decision making del consumatore.

2.3.1. Il ruolo delle aspettative. Pepsi Challenge e la sua evoluzione

Nel marketing classico, così come nel campo delle neuroscienze del

consumatore, i principali temi di ricerca includono l'atto di acquisto e di

come questo comportamento venga influenzato, ad esempio dalla preferenza

per una certa marca sebbene sia molto dibattuto come i brands influenzino le

decisioni dei consumatori (Javor A., Koller M., Lee N. , 2013). La base

neurobiologica della preferenza di brand è stato un argomento di ricerca nato

con l’inizio delle neuroscienze del consumatore, e tuttora viene trattato. A

tal proposito sono state individuate e studiate alcune aree cerebrali coinvolte

nell’elaborazione degli stimoli di marketing. La corteccia prefrontale

dorsolaterale (DLPFC) è deputata all’organizzazione e pianificazione dei

comportamenti complessi e delle cognizioni di livello superiore, che vanno

dalle azioni volontarie e logicamente ordinate, alla programmazione

motoria, alla fluidità verbale, all’apprendimento e all’utilizzo di concetti e

strategie (Miller E., Cohen J., 2001, Cit. in Javor, A., 2013) e potrebbe

avviare, attraverso connessioni al sistema mesolimbico, il comportamento

della ricompensa-motivata (Ballard I., Murty V., 2011, Cit. in Javor, A.,

2013). La funzione della corteccia prefrontale ventromediale (VMPFC) ha

un ruolo ancora dibattuto nella letteratura delle neuroscienze. La maggior

parte degli autori suggeriscono un ruolo importante nel processo decisionale,

soprattutto nelle situazioni di scelta ed essa è studiata soprattutto nelle

preferenze di marca. A questo proposito sono stati effettuati diversi studi

sulla preferenza di brand. Paulus e Frank (Frank L.R., Paulus M.P., 2003,

Cit. in Javor, A., 2013) hanno ipotizzato che questa regione svolge un ruolo

chiave nei giudizi di preferenza, mentre altri autori hanno presentato dati di

36

sfida a questa ipotesi (Brandão S., Moutinho L., Santos J.P, Seixas D., 2011,

Cit. in Javor, A., 2013). Questa premessa è molto importante per

comprendere l’esperimento che segue.

Negli anni Ottanta i dirigenti della Pepsi-Cola Company decisero di

effettuare un esperimento denominato Pepsi Challenge: centinaia di agenti

della Pepsi hanno messo un tavolino nei centri commerciali e nei

supermercati di tutto il mondo, offrendo due bicchieri anonimi a chiunque

(uomo, donna o bambino) si fosse fermato a vedere che cosa stava

succedendo. Un bicchiere conteneva Pepsi e l’altro Coca Cola; poi a

ciascuno fu chiesto che cosa preferivano (Lindstrom, M., 2013). I risultati

mostrarono che più della metà dei volontari aveva preferito il gusto della

Pepsi a quello della Coca. Stando a queste conclusioni la Pepsi avrebbe

dovuto vendere di gran lunga di più il suo prodotto in tutto il mondo rispetto

alla Coca Cola, ma in realtà così non era; la Coca Cola rimaneva comunque

leader nel ricco mercato dei soft drink senza riuscire a capirne il perché.

Circa vent’anni dopo il Pepsi Challenge originale, un’altra squadra di

studiosi formata da McClure e dai suoi colleghi quali Montague (Cypert

K.S., Li J., McClure S., Montague L.M., Montague P.R., Tomlin D., 2004,

Cit. in Javor, A., 2013) ripresero lo studio, ma questa volta adoperando la

fMRI per misurare l’attività cerebrale di 67 soggetti. Fu una delle prime

accurate ricerche di neuromarketing eseguita nel 2003 da Montague,

professore di Neuroscienze presso il Baylor College of Medicine e venne

pubblicata sul Neuron nel 2004. Innanzitutto chiese ai volontari se

preferissero bere Pepsi o Coca Cola oppure se non avessero nessuna

preferenza. Anche questa volta ai soggetti non venne detto che cosa stavano

bevendo. I risultati corrisposero quasi perfettamente a quelli

dell’esperimento originale: più della metà dei soggetti dichiarò una

preferenza netta per la Pepsi e ciò veniva confermato anche dai loro cervelli,

37

infatti mentre i partecipanti bevevano il sorso di Pepsi facevano registrare

un’intensa attività nel putamen ventrale (una regione del cervello che viene

stimolata quando troviamo attraente un gusto) (Lindstrom, M., 2013). Poi,

l’esperimento venne ripetuto su quegli stessi 67 soggetti, ma questa volta

furono informati della marca. Il risultato fu che il 75% degli intervistati

sosteneva di preferire la Coca Cola. Dunque è necessario esaminare queste

due situazioni: nella prima i soggetti non conoscevano la marca delle

bevande, nella seconda i soggetti venivano informati della marca. Gli autori

osservarono che, quando i soggetti non conoscevano la marca testata, i

giudizi di preferenza tra i due campioni erano distribuiti in maniera

equivalente tra le due marche e che in questa situazione, il livello di

attivazione di una zona cerebrale specifica, la corteccia prefrontale

ventromediale era un eccellente indicatore della risposta dei soggetti. Invece,

quando i soggetti venivano informati su cosa stessero bevendo, i soggetti

dichiaravano con più frequenza di preferire il campione Coca Cola. In questa

situazione, gli studiosi osservarono l’impiego di altre regioni cerebrali come

l’ippocampo (mediatore della memorizzazione), la regione

paraippocampica, il tronco cerebrale e la corteccia frontale dorsolaterale

(Cypert K.S., Li J., McClure S., Montague L.M., Montague P.R., Tomlin D.,

2004, Cit. in Javor, A., 2013). In realtà, vengono messi in evidenza due

sistemi neuronali distinti che generano delle preferenze diverse negli

individui: quando i giudizi di preferenza fanno riferimento solamente alle

informazioni sensoriali (preferenza di gusto, odore, eccetera) l’attività

relativa della corteccia prefrontale ventromediale permette di predire la

preferenza (la corteccia prefrontale ventromediale è conosciuta per

rappresentare delle valenze edonistiche o appetitive) (Cypert K.S., Li J.,

McClure S., Montague L.M., Montague P.R., Tomlin D., 2004, Cit. in Javor,

A., 2013). Invece, quando una delle marche è annunciata prima del test (in

particolare venne annunciata la Coca Cola) la conoscenza di questa marca

38

richiama altre strutture cerebrali, tra cui l’ippocampo, la corteccia prefrontale

dorsolaterale ed il tronco cerebrale. L’ippocampo (struttura necessaria alla

memoria episodica) e la corteccia prefrontale dorsolaterale (implicata nel

controllo cognitivo includente la memoria del lavoro) sono coinvolte nei

cambiamenti comportamentali. Infine i ricercatori conclusero che

l’informazione influisce sulle decisioni di preferenza. Dunque venne

confermata la convinzione da sempre presente nell’universo marketing

secondo la quale la brand equity (il capitale della marca) è determinante nelle

preferenze esplicite, rappresentando in tal modo uno degli elementi

principali di un’azienda (Graziano, M., 2009). Montague osservò che si

trattava di un cambiamento nella sede dell’attività cerebrale: oltre al putamen

ventrale, si registrava un flusso di sangue verso la corteccia prefrontale

mediana (una parte del cervello da cui dipendono, fra le altre cose, il pensiero

superiore e il discernimento) (Lindstrom, M., 2013). Dunque, secondo

Montague due aree del cervello vacillavano silenziosamente tra il pensiero

razionale ed emozionale; e durante quel minisecondo di incertezza e

indecisione, prevalse la Coca Cola. Come mai i soggetti preferivano la Pepsi

(a livello di gusto e quindi razionalmente) ma alla fine, quando l’assaggio

era preceduto dall’informazione del brand della bevanda, dicevano i preferire

la Coca Cola? A vincere erano le emozioni che il brand Coca Cola suscitava

nei consumatori. La sua vittoria era dovuta a tutte le associazioni positive

che la Coca Cola riusciva a creare nella mente dei soggetti, come per esempio

la sua storia, il logo, il colore, il design, la fragranza, gli spot televisivi e le

sue pubblicità martellanti nel corso degli anni e infine quella che si potrebbe

definire l’emozionale Cocacolità del marchio (Lindstrom, M., 2013). Il

dottor Montague non è riuscito a fornire una spiegazione razionale per come

il nostro cervello gestisce le scelte di marca. Tuttavia, lo studio ha

evidenziato che le diverse parti del cervello si accendono se le persone sono

consapevoli o non del marchio e del prodotto che consumano. Inoltre lo

39

studio ha suggerito che il lobo frontale è considerato la sede della nostra

funzione esecutiva (EF), che gestisce la nostra attenzione, controlla la nostra

memoria a breve termine e si occupa della pianificazione (Morin, C., 2011).

Quindi, secondo lo studio, quando le persone sanno che stanno bevendo

Coca Cola, esse dicono in quel momento di preferire il marchio Coca Cola

rispetto al marchio Pepsi e la loro EF si accende. Tuttavia, quando non sanno

quale marca stanno consumando, dicono, invece, di preferire Pepsi. In

quest'ultimo caso, la parte del cervello che è più attiva non è l'EF ma una

antica struttura inclusa nel sistema limbico (questa zona del cervello è

responsabile del nostro comportamento emotivo e istintuale fa riferimento

alle regioni strettamente implicate nell’origine delle emozioni e delle

reazioni alle emozioni come attacco e difesa) (Morin, C., 2011). Lo studio

Coca Cola e Pepsi potrebbe non essere stato sufficiente a convincere molti

ricercatori di marketing che le neuroscienze potrebbero contribuire a

decifrare il codice neurale delle nostre decisioni, ma era certamente

abbastanza per far preoccupare molti del loro potenziale potere (Morin, C.,

2011).

Infine per definire meglio le tematiche dell’esperimento bisogna precisare

che la preferenza viene elaborata in diverse aree cerebrali a seconda della

fonte di informazione: la VMPFC è attiva quando le preferenze sono basate

su informazioni sensoriali (gusto), mentre l'ippocampo, la DLPFC e il

mesencefalo mostrarono una risposta potenziata quando i giudizi erano

basati su entrambi gli ingressi sensoriali e la marca. Questo studio, tra gli

altri, suggerisce l'importanza dell’emotionalizing per il successo di un

marchio e mostra un accenno agli aspetti inconsci e puramente emozionali

coinvolti nei comportamenti di consumo (Aharon I., Breiter H., 2001, Cit. in

Javor,A., 2013).

40

2.3.2. Il ruolo della ricompensa: il coupon di Amazon

L'acquisto è un comportamento almeno in parte determinato dal sistema di

ricompensa. I pro (premio di acquisto) e i contro (dispiacere di pagamento)

devono essere soppesati, tenendo in considerazione una competizione

edonistica tra piacere e dolore (Loewenstein G., Prelec D., 1998, Cit. in

Javor, A., 2013). Gli atti di acquisto sono preceduti da un attivazione del

nucleus accumbens, correlato con le preferenze di prodotto, invece i prezzi

alti possono portare ad un aumento dell'attivazione dell'insula che anticipa la

perdita. Un aumento del segnale BOLD (blood oxygen level dependent),

risposta misurata mediante l’fMRI, nella corteccia dell'insula può precedere

ulteriormente una scelta del prodotto negativa. Così, le marche preferite

possono essere viste come lo stimolo di ricompensa, e possono

compromettere il ragionamento strategico, probabilmente a causa di una

ridotta attività del DLPFC (Deppe M., Kenning P., Kugel H., Schwindt W.,

2005, Cit. in Javor, A., 2013). I brands preferiti sembrano anche attivare il

sistema di ricompensa più di altri, mentre il prezzo di un prodotto influisce

direttamente sui segnali di ricompensa neuronali attraverso una maggiore

aspettativa. Un prezzo elevato può quindi sia portare ad una previsione di

perdita, o ad una ricompensa attraverso una grande anticipazione dell’utilità.

Un paradigma comunemente utilizzato nelle ricerche sugli animali è la

preferenza. Qui, una preferenza per uno stimolo neutro viene creato dalla

ricompensa. Johnsrude e altri colleghi (Bohbot V., Johnsrude I., Owen A.M.,

White N.M., Zhao W.V., 2000, Cit. in Javor, A., 2013) hanno adattato questo

approccio a volontari umani con resezioni unilaterali anteriori del lobo

temporale, e così facendo hanno dimostrato che l'amigdala ha un ruolo nel

condizionamento della ricompensa. Una domanda pertinente in questo

contesto riguarda il grado in cui gli stimoli inconsci possono influenzare il

comportamento. Anche se ci sono teorie su come la preferenza di marca

41

viene costruita nel tempo, uno studio di imaging funzionale del cervello su

come la preferenza di marca può essere condizionata da strumenti di

marketing come la pubblicità, non è stato ancora realizzato. In effetti, gli

ultimi studi di fMRI hanno mostrato come l’utilizzo di testimonial aumenti

la credibilità del prodotto, influendo sulle preferenze di prodotto e sulla

memoria. Utilizzare il testimonial è una tecnica ampiamente utilizzata nella

pubblicità, quindi i risultati di questi studi con la fMRI potrebbero costruire

la base per un'indagine più dettagliata degli effetti della pubblicità su

entrambe le preferenze di prodotti e marchi. Per riassumere, attraverso lo

studio delle decisioni di acquisto e delle preferenze di marca, le neuroscienze

che studiano i consumatori hanno acquisito conoscenze in maniera

approfondita sul sistema di ricompensa, sulle regioni frontali del cervello e

sulla loro rilevanza per il processo decisionale.

Due grandi sistemi cerebrali sono considerati fondamentali per quasi tutto il

comportamento umano; da una parte vi è il sistema sensibile alla ricompensa

(ricerca del piacere) e dall’altra il sistema legato all’evitamento del dolore

/perdita (Peterson, R., 2005, Cit. in Javor, A., 2013). La neurobiologia del

sistema della ricompensa è basato sul percorso mesolimbico, che si estende

nell’area tegmentale ventrale, attraverso il nucleo accumbens e il sistema

limbico, fino alla corteccia orbitofrontale; invece l’anticipazione della

perdita del dolore, o la punizione, attiva l'insula cerebrale. Il nucleus

accumbens sembra giocare un ruolo come area di integrazione, ricevendo

impulsi dalla corteccia orbitofrontale, che rappresenta le aspettative di

ricompensa, l'amigdala (responsabile della ricompensa di condizionamento),

e i neuroni della dopamina, i quali svolgono un ruolo nella previsione della

ricompensa. L’area tegmentale ventrale e la substantia nigra mostrano un'alta

densità di neuroni dopaminergici. Gli studi di stimolazione del cervello

hanno dimostrato che l'attivazione di questi sistemi dopaminergici porta a

42

sentimenti di benessere (Peterson, R., 2005, Cit. in Javor, A., 2013). Il

comportamento è strettamente legato al sistema di ricompensa. Negli

animali, i premi di base come cibo, bevande e la sessualità sono obiettivi

predominanti da raggiungere attraverso il comportamento. Tuttavia, negli

esseri umani forme più astratte come ricompense finanziarie e sociali (di

successo, status sociale, cultura, ecc), o sostanze stimolanti che

interferiscono con la neurofisiologia del sistema di ricompensa, sono

ugualmente obiettivi da raggiungere. Inoltre, alcuni oggetti fisici, come le

automobili o denaro possono essere molto gratificanti. Vi è una

considerevole differenza inter-individuale nella sensibilità volta a premiare

stimoli.

Sulle orme dello studio Coca-Pepsi fu condotto un altro studio simile, ma

non meno importante. Gli psicologi dell’Università di Princeton erano

impegnati in un esperimento con cui volevano esaminare le scansioni

cerebrali di soggetti a cui veniva presentata una scelta: una gratificazione

immediata e di breve periodo, contro una ricompensa ottenibile in un

momento successivo (Lindstrom, M., 2013). Gli psicologi chiesero a un

gruppo casuale di studenti di scegliere tra un paio di coupon di Amazon.com.

Se avessero scelto il primo, un buono del valore di 15 dollari, l’avrebbero

avuto subito; se invece fossero stati disposti ad aspettare due settimane,

avrebbero avuto una ricompensa maggiore, ossia un buono da 20 dollari. Le

scansioni cerebrali rivelarono che ambedue i buoni innescavano un’attività

nella corteccia prefrontale laterale (l’area del cervello che genera emozioni)

ma la possibilità di avere quel buono da 15 dollari subito, provocava

un’intensa e insolita attività delle aree limbiche del cervello della maggior

parte degli studenti (un raggruppamento delle strutture cerebrali che

determina principalmente la nostra vita emotiva, oltre che la formazione

della memoria). Quanto più gli studenti erano eccitati emotivamente da uno

43

stimolo (in questo caso il coupon), tanto maggiore era la possibilità che

optassero per l’alternativa immediata, anche se era quella meno gratificante.

La loro mente razionale sapeva che 20 dollari erano logicamente un affare

migliore ma le loro emozioni lo scartavano.

Analogamente a quest’ultimo, fu eseguito un altro studio che mirava a

valutare le proprietà gratificanti (in uomini adulti) di alcuni oggetti culturali,

come le automobili, con l’obiettivo di capire i meccanismi di regolazione

delle relazioni sociali (Erk S., Spitzer M., Wunderlich A.P., Galley L., Walter

H., 2002, Cit. in Graziano, M., 2007). Questa ricerca venne condotta da

Susanne Erk ed i suoi colleghi e fu pubblicata su una rivista neurologica, ma

comportava indirettamente una problematica marketing. In questo studio,

alcuni uomini (non esperti di macchine) sono stati esposti ad immagini di

automobili in bianco e nero (per evitare i fenomeni di preferenza dei colori)

appartenenti ad una delle tre possibili categorie: piccole automobili, berline,

macchine sportive. Tutte le automobili erano inoltre presentate sotto la stessa

angolazione. Si chiedeva ai partecipanti di questo test di valutare il livello di

attrattiva di ogni modello su una scala da 1 a 5, intanto gli sperimentatori

adoperarono la fMRI per valutare il livello di attivazione di alcune zone

cerebrali. Gli autori constatarono innanzitutto che gli uomini valutavano le

automobili sportive più attraenti delle berline e più attraenti delle piccole

automobili. Le sportive attivano maggiormente il circuito cerebrale della

ricompensa (rafforzamento positivo), rispetto alle altre categorie di auto.

Inoltre anche altre strutture cerebrali risultano attivarsi come lo striato

ventrale (che sta ad indicare un’attrazione), la corteccia prefrontale sinistra

(valenza edonistica), il giro fusiforme diritto (atto al riconoscimento dei volti

o degli oggetti fabbricati) ed il complesso occipitale sinistro (percezione

della forma) (Erk S., Spitzer M., Wunderlich A.P., Galley L., Walter H.,

2002, Cit. in Graziano, M., 2007).

44

Uno studio simile venne fatto anche dai ricercatori della Daimler-Chrysler, i

quali hanno presentato immagini di 66 auto diverse a una dozzina di soggetti

maschi, sempre analizzandone il cervello mediante la fMRI. E anche qui,

come nello studio precedente, le automobili sportive stimolavano la regione

del cervello associata a ricompensa e rinforzo. I maschi di questo studio

subconsciamente cercavano di attrarre il sesso opposto proprio attraverso

l’auto sportiva (Lindstrom, M., 2013).

2.4. Il ruolo delle emozioni

In questo paragrafo mi focalizzerò su come le emozioni del consumatore

sono state misurate grazie alla neuroscienza e alla neurofisiologia.

2.4.1. Studi con la fMRI e la SST

In questo esperimento sono stati scelti dei fumatori per condurre un

importante studio di neuromarketing. Lo studio è iniziato nel 2004, ha

richiesto circa tre anni, ed è costato circa sette milioni di dollari. Si è

articolato in vari esperimenti e ha coinvolto migliaia di soggetti in tutto il

mondo, oltre a 200 ricercatori, a 10 professori e a un comitato etico. Sono

stati utilizzati come strumenti la fMRI e la SST. L’equipe di ricerca è stata

guidata dalla dottoressa Calvert, docente di Applied Neuro-Imaging

all’Università di Warwick in Inghilterra e fondatrice di Neuro-Sense a

Oxford (Lindstrom, M., 2013). Il tutto era partito da un mistero che lasciava

da tempo perplessi i professionisti della sanità o i produttori di sigarette, ossia

capire come mai gli avvertimenti ben in vista sui pacchetti di sigarette

avevano scarsi effetti sui fumatori (ad esempio frasi come “smoking causes

fatal lung cancer” o “Fumar mata” unite a crude immagini a colori

rappresentanti tumori ai polmoni oppure i piedi e le dita in cancrena).

L’obbiettivo della ricerca era studiare il modo in cui i messaggi delle marche

45

e del marketing funzionano sul cervello umano e come l’uomo reagisce agli

stimoli a un livello di gran lunga più profondo rispetto al pensiero cosciente

e come le nostre menti inconsce controllano il nostro comportamento. Per la

ricerca furono chiamati 2081 volontari provenienti dall’America, Inghilterra,

Germania, Giappone e Repubblica cinese (Lindstrom, M., 2013). Veniva

loro mostrato una serie di etichette dissuasive da pacchetto di sigarette,

riprese da varie angolazioni. E durante queste proiezioni i volontari

dovevano dare una valutazione della loro voglia di fumare e segnalare le

risposte alla presentazione di ogni immagine. I risultati mostrarono che le

etichette dissuasive sui lati, davanti e dietro i pacchetti di sigarette, non

avevano alcun effetto sulla voglia di fumare dei fumatori. E così tutte quelle

fotografie, i miliardi di dollari investiti nelle campagne contro il fumo

risultavano essere uno spreco di denaro. Le etichette dissuasive, sia quelle

più “soft” sia quelle più “hard”, avevano intensamente stimolato un’area del

cervello dei fumatori, il nucleus accumbens, detto anche “centro del

desiderio” (Lindstrom, M., 2013). Questa regione è un network di neuroni

specializzati che si attiva quando l’organismo desidera qualcosa. I risultati

della fMRI dimostravano che le etichette dissuasive non solo non riuscivano

a distogliere dal fumo, ma attivando il nucleus accumbens andavano ad

incoraggiare i fumatori ad accendere la sigaretta. Queste etichette che

avrebbero dovuto dissuadere dal fumo, in realtà divennero un potente

strumento di marketing per l’industria del tabacco. La maggior parte dei

fumatori sbarrava la casella “Si” alla domanda se le etichette dissuasive

funzionassero, forse perché pensavano fosse la risposta giusta. Dunque le

etichette stimolavano le aree del desiderio nei loro cervelli, solo che la loro

mente cosciente non riusciva a stabilire la differenza: non mentivano nel

compilare il questionario, ma il loro cervello lo aveva totalmente

contraddetto (Lindstrom, M., 2013).

46

2.4.2. Alcuni esperimenti effettuati con l’EEG

In generale i primi studi psicologici effettuati usando l’EEG avvennero nel

1979. Davidson e i suoi colleghi (Bennett J., Davidson R. J., Goleman D. J.,

Saron C., Schwartz G. E., 1979, Cit. in Choromanska, A., 2009) hanno

suggerito un modello di emozione nel quale hanno sostenuto che le emozioni

sono (a) organizzate intorno tendenze di avvicinamento-evitamento, e (b)

sono lateralizzate nella regione frontale del cervello. In generale, l’area

frontale sinistra è coinvolta nell'esperienza di emozioni di positive come

gioia, interesse, e felicità; essa favorisce comportamenti di avvicinamento.

La regione frontale destra è coinvolta nell'esperienza di emozioni negative

come paura, disgusto, e tristezza: l'esperienza di emozioni negative facilita e

mantiene comportamenti di evitamento. Utilizzando misure EEG per

indicare l'attività elettrica del cervello frontale in corso durante l'elaborazione

di diversi affetti, Davidson e Fox hanno trovato un supporto empirico

consistente per il modello negli adulti e nei bambini. L’attività dell’EEG del

frontale sinistro è ordinariamente associato con il trattamento di stati positivi

(ad esempio, durante la visione di film contenenti scene piacevoli), mentre

l’attività dell’EEG del frontale destro è collegato con l’elaborazione di stati

negativi (ad esempio vedendo in un film scene non piacevoli). In generale,

la misura delle onde alfa-banda (8-13 Hz) nel lobo frontale sinistro indica

emozioni positive. Si è inoltre ipotizzato che tale attività sia un buon

predittore di come siamo motivati ad agire. D'altra parte, l'attività elettrica

nel lobo frontale destro è tipicamente correlata con emozioni negative. Tali

emozioni generalmente preparano a ritirarsi da un'esperienza.

Una particolare ricerca concerne l’analisi della pubblicità di un prodotto

cosmetico (Choromanska A., Ohme R., Reykowska D., Wiener D., 2009).

Una società internazionale si è rivolta a un’azienda che si occupa di ricerche

di marketing per eseguire un test preliminare in cui venivano mostrati due

47

spot televisivi che pubblicizzavano entrambi il cosmetico. La ricerca ha

dimostrato che, sebbene le due versioni erano quasi identiche, i loro effetti

sul marchio e sulla percezione del prodotto erano significativamente

differenti, e queste differenze erano ancora più pronunciate nel test

comportamentale. Questi risultati sono stati una grande sorpresa sia per la

società sia per la compagnia che ha effettuato la ricerca. Le differenze nelle

due versioni sono state sviluppate intuitivamente dal regista e dal suo

personale durante le riprese (Choromanska A., Ohme R., Reykowska D.,

Wiener D., 2009). La differenza più grande riguardava il modo in cui il

modello femminile veniva presentato durante una particolare scena che si

presentava tra il ventunesimo e il venticinquesimo secondo dello spot. Nella

Versione 1, veniva mostrata solo la faccia della modella; al contrario nella

Versione 2, gli spettatori vedevano la sua faccia da un angolo leggermente

differente (per due secondi e mezzo), e poi la modella faceva un particolare

gesto con la mano (per un secondo e mezzo). Prima toccava la sua faccia con

il dorso della sua mano destra, e poi quando gli spettatori potevano vedere il

suo corpo, lei faceva un delicato movimento di mano e si toccava la pancia.

Le differenze tra le due pubblicità erano indistinguibili a livello conscio.

L’esperimento in laboratorio è stato condotto su 120 donne (tra i 20 e i 55

anni), che sono state selezionate casualmente dal target group della categoria

di prodotto. 40 donne guardarono la Versione 1 (solo la faccia della modella),

altre 40 donne la Versione 2 (la faccia della modella e i gesti), e le restanti

40 rappresentavano il gruppo di controllo (non guardarono nessuna delle due

pubblicità) (Choromanska A., Ohme R., Reykowska D., Wiener D., 2009).

Fu chiesto loro di guardare uno show televisivo e partecipare in seguito ad

una discussione. Il programma veniva interrotto da tre pause pubblicitarie,

ciascuna contenente 16 pubblicità. Non furono trovate grandi differenze tra

le risposte confrontate dei due gruppi sperimentali. Tuttavia, ci furono delle

differenze nel livello di conoscenza riguardante i benefici del prodotto e

48

vantaggi chiave. La seconda versione produsse in modo più significativo alti

punteggi in tutte queste dimensioni. Inoltre ottenne un grande impatto sui

risultati del test comportamentale. Gli intervistati che videro la seconda

versione hanno percepito il prodotto pubblicizzato come un regalo gratuito

(fuori dalla scelta di tre brand della stessa categoria) in modo significativo

più spesso di quelli che erano nel gruppo di controllo (vedere la Figura 2). I

risultati della prova preliminare mostrarono anche una leggera differenza, di

natura non informativa e quindi non esplicitata nel posizionamento strategico

del prodotto, che può migliorare significativamente la comunicazione di

marketing (Choromanska A., Ohme R., Reykowska D., Wiener D., 2009).

L’obiettivo dello studio era confrontare le reazioni neurofisiologiche degli

intervistati ad un particolare momento differenziando le due versioni dello

spot. Furono studiate le reazioni emotive degli intervistati e il livello di

eccitazione indotta dalla scena alterata. Fu indagato un frammento di 4

secondi dello spot televisivo, applicando le onde cerebrali, rilevando

un’analisi attraverso i seguenti strumenti: EMG, SC e EEG. Le misure EEG,

EMG, e SC servono per analizzare se ci sono differenze significative nella

corteccia frontale, nell’attività dei muscoli facciali e nel livello di eccitazione

nel guardare due versioni del materiale di stimolo. Si è ipotizzato che una

differenza statisticamente significativa sarebbe apparsa tra le scene di

“gesto” e “non-gesto” in termini di reazioni emotive degli intervistati e di

livello di eccitazione. Le reazioni emotive dovevano essere indicate da

cambiamenti nell'attività elettrica all'interno la corteccia frontale sinistra e

destra e nell’attività muscolare facciale (zigomatico, corrugatore e

orbicularis). Il livello di eccitazione veniva registrato dalle variazioni della

conduttanza cutanea SC. Le due versioni della scena formavano una variabile

indipendente, descritta su due livelli: gesto speciale (versione 2) e nessun

gesto speciale (Versione 1) (Choromanska A., Ohme R., Reykowska D.,

Wiener D., 2009).

49

I risultati ottenuti confrontando le due versioni dell'annuncio (secondo per

secondo), e confrontando i risultati differenziando l’intera scena. Quando

queste parti erano identiche in entrambe le versioni, non vi erano differenze

di attività significative provenienti dall’EEG, EMG e SC. I risultati delle

reazioni alle scene differenziate mostrano che quando si analizzano le

reazioni emozionali del cervello per ogni secondo dello spot, si è ottenuta

una differenza significativa durante il 22° secondo dello spot. La scena dalla

Versione 1 (solo la faccia della modella) evoca emozioni più positive rispetto

alla Versione 2 (la faccia della modella e il gesto della mano). Risultati

dell’EMG rivelano una tendenza verso un significativa differenza

nell'attività facciale elettrica durante la visione di scene alternative

dell'annuncio. Vi è stata una differenza nell'attività di del corrugatore

supercili. Durante la scena differenziata (dal 23° secondo fino alla fine dello

spot), la seconda versione del annuncio provocò un alto livello di attività

muscolare ondulatore rispetto alla prima versione. Tuttavia, per gli altri

muscoli, non ci sono differenze. L’analisi del SC ha rivelato differenze nel

livello medio di eccitazione per l’intera scena differenziata (dal 21° al 25°

secondo); si è osservato significativamente maggiore eccitazione durante

questa scena nella seconda versione di annunci. A livello generale, i risultati

hanno confermato l’ipotesi che il cervello può registrare anche piccole

differenze tra gli annunci e che possono essere catturate proprio grazie alle

registrazioni di EEG. L’EMG e la SC permettono l’identificazione di diversi

modelli neurofisiologici di funzionamento del cervello e dei muscoli del viso

connessi con le emozioni e con l'eccitazione durante la visione delle due

versioni dello stesso annuncio che differiscono leggermente e quasi

impercettibilmente l’una dall’altra. Il cervello del consumatore può produrre

reazioni diverse agli stimoli del marketing anche se le persone a livello

inconscio non riconoscono le differenze (Choromanska A., Ohme R.,

Reykowska D., Wiener D., 2009).

50

3. IL CONSUMATORE ONLINE

Dopo aver spiegato i principali studi di neuroscienze effettuati sul

consumatore offline (capitolo 2), questo capitolo sarà incentrato sul

consumatore online (userò questi termini per indicare il consumatore

tradizionale che acquista i prodotti nei negozi fisici e concreti, e distinguerlo

dal consumatore che acquista sui siti di e-commerce, intesi come negozi

virtuali). Sebbene secondo la mia ricerca il numero di studi neuroscientifici

sul consumatore online eseguiti finora sia inferiore al numero di studi

realizzati sul consumatore offline, analizzare il consumatore online è un

campo di studio interessante e non ancora del tutto esplorato. Il contesto è

quello contemporaneo: attualmente Internet è diventato un serio business per

il raggiungimento di vantaggi competitivi attraverso il commercio

elettronico (e-commerce) sul World Wide Web soprattutto grazie alla

disponibilità di reti ad alta velocità, strumenti tecnologici avanzati e

innumerevoli siti web di shopping online. Oggi, sempre più consumatori

utilizzano l’e-commerce e i negozi virtuali per l'acquisto di prodotti e di

servizi (Jones M., Spence M., Vallaster C., 2008, Cit. in Joginapelly, T.,

2012). L'emergere dell’e-commerce ha modificato il concetto di business, lo

shopping e il comportamento dei consumatori. I beni e i servizi possono

essere venduti ovunque e in qualsiasi momento e da chiunque. Attualmente

Internet si è trasformato nella massima infrastruttura per le aziende volte a

soddisfare le esigenze dei consumatori dal semplice dare un’occhiata al

prodotto e/o servizio fino a fare shopping o pagare le bollette online.

Nell'ultimo decennio, in molti paesi vi è stata una crescita costante del

numero di utenti Internet, portando ad un notevole aumento i tassi di

penetrazione in Internet. Inoltre, secondo la Forrester Research Inc. 2010, il

54% degli acquirenti online degli Stati Uniti ha un’età compresa tra 18 e 30

anni, e questo porta a considerare i giovani consumatori come il target group

51

degli acquirenti online (Alam S., Bakar Z., 2008). Di conseguenza, se chi

vende online riesce a capire e a identificare i potenziali fattori di successo,

ad esempio monitorando l'intenzione degli utenti nel fare acquisti online, il

venditore sarà in grado di sviluppare strategie di marketing più efficaci per

convertire questi possibili clienti in clienti attivi e di conseguenza aumentare

il numero delle vendite ed incrementare i profitti. Sebbene le intenzioni e le

decisioni di acquisto dei consumatori siano altamente cognitive, esse sono

soprattutto emozionali e influenzate da fattori quali l'interfaccia del sito e le

sue caratteristiche di design (Kim J., Kim M., Lennon S.J., 2009, Cit. in

Joginapelly, T., 2012). In realtà, Donald Norman, nel suo libro intitolato

Emotional Design: Why We Love (or Hate) Everyday Things, (Norman, D. ,

2004, Cit. in Joginapelly, T., 2012) sostiene che il successo di un prodotto

dipende più dall'impatto emotivo del design che dai suoi elementi pratici.

Un'interfaccia ben progettata tende a indurre sentimenti positivi, invece

un'interfaccia mal progettata e poco attraente induce emozioni negative; tutto

ciò influenza le decisioni di acquisto. Poiché le risposte emotive dei

consumatori svolgono un ruolo importante nel predire e misurare i

comportamenti, è necessario studiare l’e-commerce attraverso una

prospettiva affettiva ed esaminare le caratteristiche di design del sito web

che condizionano le risposte emotive del consumatore (Kim J., Kim M.,

Lennon S.J., 2009, Cit. in Joginapelly, T., 2012). Ma i fattori sono

molteplici, diversi e possono differire da un paese all'altro. Inoltre i prodotti

su Internet sono tantissimi e scegliere diventa sempre più difficile. Quindi la

domanda che ci si può fare è che cosa spinga il consumatore a selezionare

un determinato prodotto su un determinato sito web. Per esempio devo

comprare la Divina Commedia di Dante, supponiamo che mi serva, perché

l’acquisto avviene su Amazon e non su IBS o sul sito del Libraccio? Gran

parte dei siti web sono realizzati per uno scopo ben preciso. Chi possiede un

sito di e-commerce desidera che noi selezioniamo e compriamo i prodotti in

52

vendita sul sito; un sito no-profit invece vuole che prestiamo del denaro per

aiutare piccole società in varie parti del mondo; un sito basato su introiti

pubblicitari desidera che facciamo clic sui banner che contiene. Ebbene

risulta difficile persuadere l’utente e per farlo, poiché la maggior parte dei

comportamenti e delle decisioni non sono coscienti, è necessario persuadere

oltre al cervello recente, anche quello antico e intermedio (Weinschenk, S.,

2013).

In questo capitolo riporterò innanzitutto un breve accenno sulla differenza

tra l’esperienza dell’acquisto offline e quello online, trattando l’aspetto dello

“stimolo ambientale”; questa spiegazione sarà utile per meglio comprendere

il primo esperimento che riporterò, il quale mirava ad analizzare l’impatto

che i cosiddetti atmospherics dei siti commerciali possiedono sulle risposte

emotive degli utenti (aspetto emozionale dei siti). Il paragrafo 3.3. prende in

considerazione la dimensione cognitiva dell’utente online e la prima parte è

incentrata sulla metacognizione del consumatore online, invece la seconda

parte mostra una ricerca pilota che riguarda la formazione e l’attivazione

dello script inerente al sito e-commerce. Infine la conclusione dell’intero

capitolo si focalizza sul web design, in particolare sugli elementi “appealing”

di un sito e-commerce studiati attraverso l’eye tracking. Per una

comprensione migliore riporterò il lavoro pragmatico di una società che si

occupa dell’analisi del web design.

3.1. Differenze tra l’esperienza online e offline

Per poter esporre l’esperienza del consumatore nell’ambito dell’online,

bisogna tener conto di uno dei principali fattori dell’acquisto: gli stimoli

ambientali (atmospherics). Nel contesto dell’offline, lo stimolo ambientale

del negozio è stato per lungo tempo riconosciuto come un importante fattore

in grado di influenzare le percezioni, gli atteggiamenti e le emozioni dei

53

consumatori durante lo shopping (Kotler, P. , 1973, Cit. in Joginapelly, T.,

2012). Gli atmospherics del negozio sono determinati da vari fattori, come

l’immagine che il negozio riflette, la composizione scenografica dello spazio

e le atmosfere (come ad esempio l'illuminazione, la musica e la luminosità).

Concretamente gli stimoli ambientali del negozio possono essere descritti

secondo i canali sensoriali, come la vista, il suono, profumo, e il tatto (Kotler,

P. , 1973, Cit. in Joginapelly, T., 2012). Gli atmospherics non sono presenti

soltanto nei negozi offline ma anche nel contesto online (ossia nei siti di e-

commerce) e influenzano gli stati emotivi e cognitivi e le intenzioni di

acquisto dei consumatori, (Kim J., Kim M., Lennon S.J., 2009, Cit. in

Joginapelly, T., 2012). Secondo Kotler (Kotler, P. , 1973, Cit. in Joginapelly,

T., 2012), gli atmospherics fanno riferimento alla "progettazione

consapevole degli spazi al fine di suscitare determinati effetti negli

acquirenti; più specificamente, gli atmospherics rappresentano lo sforzo di

progettare ambienti di acquisto con lo scopo di produrre specifici effetti

emotivi nell’acquirente, e di conseguenza aumentando la probabilità che il

consumatore possa acquistare".

Grazie al lavoro di Kotler, successivamente i ricercatori hanno esaminato gli

effetti di vari stimoli ambientali come l'illuminazione, il colore e l'odore. Ad

esempio, Bellizzi ed altri (Bellizzi J., Crowley A., Hasty R., 1983, Cit. in

Joginapelly, T., 2012) hanno valutato l'effetto dei colori nei settori di retail e

hanno scoperto che il colore ha qualità percettive specifiche e può

influenzare l'immagine del negozio che il consumatore si crea. Spagenberg

ed altri (Crowley A.E., Spangenberg E.R., 1996, Cit. in Joginapelly, T.,

2012) hanno valutato il comportamento degli acquirenti in ambienti

profumati e in quelli privi di odore e hanno scoperto che il comportamento

dei compratori è influenzato in maniera più positiva all’interno di un

ambiente profumato.

54

Al giorno d’oggi i consumatori trovano nell’online validi sostituti ai negozi

offline, quindi essi tendono a valutare l'estetica del web così come farebbero

nell’esperienza dello shopping in negozi concreti. La recente letteratura sul

commercio elettronico suggerisce che l'estetica del web influenza la

soddisfazione e il piacere degli utenti perché l'interfaccia web è analoga alla

facciata di un negozio offline/concreto. Se gli atmpospherics dei negozi

offline possono essere l’illuminazione o i colori o gli odori (come già sopra

menzionato), invece tra i principali stimoli ambientali dei negozi online se

ne possono annoverare due particolarmente importanti: l'interattività e la

vivacità. Queste sono state identificate come i principali stimoli ambientali

dei siti e-commerce, e sono in grado di influenzare gli atteggiamenti e le

emozioni dei consumatori (Coyle J., Thorson E., 2001, Cit. in Joginapelly,

T., 2012). La vivacità rappresenta la ricchezza di un ambiente mediato dal

computer e il modo in cui l'ambiente mostra e comunica le informazioni ai

sensi degli utenti. Invece, l'interattività rappresenta il modo in cui un

ambiente mediato dal computer permette agli utenti di partecipare nella

modificazione del contenuto e del formato dello stesso ambiente. Newhagen

e Rafaeli (Newhagen J., Rafaeli S., 1996) definiscono l'interattività come

"comunicazione che riflette su se stessa, nutre e risponde al passato".

Interattività gioca un ruolo importante nel coinvolgere i consumatori e nel

suscitare reazioni favorevoli. Da una parte alcuni mezzi di comunicazione

come la televisione o le riviste sono molto vivaci ma poco interattive,

dall’altra ad esempio le newsgroup possono essere altamente interattive ma

con un tasso molto basso vivacità. Gli studi sugli ambienti ipermediali, come

i siti web, hanno dimostrato che il web ha livelli elevati sia di interattività sia

di vivacità.

Una precedente ricerca ha esaminato la vivacità e l’interattività come fattori

determinanti per il coinvolgimento degli utenti e ha studiato l’impatto di

55

quelle sui comportamenti degli utenti e sulla loro soddisfazione (Lai M., Lin

S.M., Wu W.Y., 2009, Cit. in Joginapelly, T., 2012). Tuttavia, esiste un

notevole divario in letteratura: infatti le relazioni tra gli stimoli ambientali

dei siti web e le risposte emotive degli utenti sono state trascurate. La

maggior parte delle ricerche in questo settore ha valutato le risposte emotive

utilizzando misure soggettive come ad esempio test di autovalutazione.

Poiché le risposte emotive sono complesse e difficili da misurare, il lavoro

riportato nel paragrafo successivo a questa breve introduzione, introduce

alcune tecniche neurofisiologiche adoperate con lo scopo di misurare le

risposte degli utenti come indicatrici dei loro stati emotivi.

3.2. Risposte emotive agli stimoli dei siti

Nel corso degli ultimi anni i ricercatori hanno studiato ampiamente gli aspetti

cognitivi dei comportamenti dei consumatori nel settore del commercio

elettronico, ma esistono pochi studi che affrontano gli aspetti emotivi dell’e-

commerce dal punto di vista del consumatore (Jones M., Spence M.,

Vallaster C., 2008, Cit. in Joginapelly, T., 2012). La maggior parte della

letteratura si è focalizzata sul fornire le caratteristiche cognitivamente adatte

per la pagina web, come ad esempio i menù sequenziali e il layout. Anche se

le esperienze affettive implicano un certo grado di analisi cognitiva e

viceversa, la letteratura recente ha dimostrato che lo shopping online è

altamente emotivo. Lo studio che esporrò in questo paragrafo ha esaminato

gli effetti che gli stimoli ambientali dei siti di e-commerce hanno sulle

risposte emotive e comportamentali degli utenti e anche sulle loro intenzioni

di acquisto. Precedenti studi hanno identificato la vivacità e l’interattività

come due atmospherics che influenzano gli stati cognitivi ed emotivi di un

individuo (Lai M., Lin S.M., Wu W.Y., 2009, Cit. in Joginapelly, T., 2012).

Il presente studio si è focalizzato sull'influenza che questi parametri di design

hanno sullo stato emotivo degli utenti, cioè, sui loro tassi di valenza e di 56

arousal. Nelle scienze sociali e in psicologia, il termine valenza assume il

significato di qualità, valore e funzione di un oggetto, un processo o un

evento. Per K. Lewin (Lewin, K., 1961) questo termine corrisponde a un

campo di forza, cioè alla sfera di influenze esercitate su una persona, con

connotazioni positive o negative che sono indipendenti dalla persona stessa.

Invece il termine inglese arousal indica l'attivazione globale dell'organismo

in risposta a stimoli esterni. Più specificatamente, è uno dei livelli nel

continuum dell’attivazione, quando per esempio si passa da uno stato di

vigilanza rilassata (associato al ritmo alfa dell'elettroencefalogramma) a uno

stato di allerta e attenzione (associato al ritmo beta). Spiegati i due termini

utili per comprendere la ricerca, è bene presentare le ipotesi sviluppate da

Sheng (Joginapelly T., Sheng H., 2012) sulla base delle prove fornite da studi

precedenti che riguardavano la relazione tra gli stati emotivi degli utenti e le

caratteristiche di design del sito web:

1. I partecipanti sottoposti ad alti livelli di vivacità e interattività di

un’interfaccia tendono a mostrare livelli più alti di arousal rispetto ai

soggetti che sono sottoposti a una interfaccia meno vivace e

interattiva.

2. I partecipanti sottoposti ad alti livelli di vivacità e interattività di

un’interfaccia tendono a mostrare livelli più alti di valenza rispetto ai

soggetti che sono sottoposti a una interfaccia meno vivace e

interattiva.

Poiché la maggior parte delle sperimentazioni che studiano l’effetto delle

variabili ambientali sui comportamenti e le percezioni dei consumatori

adottano il paradigma S-O-R (Stimolo-Organismo-Risposta), anche questo

studio ha utilizzato il medesimo paradigma. Secondo tale paradigma gli

stimoli influenzano gli stati interni degli utenti (affettivi e cognitivi), e questi

a loro volta influenzano le risposte e di conseguenza i risultati commerciali.

57

Figura 1. Fonte: elaborazione propria

Lo stato interno qui considerato è lo stato emotivo dell'utente (valenza ed

arousal) e la risposta fa riferimento all'intenzione di acquisto (come figura

sopra). Baker ed altri (Baker J., Grewal D., Levy M., 1992) hanno trovato

una relazione positiva tra l’arousal dei consumatori e la loro volontà di

acquistare, così come una relazione positiva tra il piacere dei consumatori

(che è simile alla valenza) e la loro volontà di acquistare. Pertanto, sono state

sviluppate le seguenti ipotesi:

3. I partecipanti che fanno un’esperienza più positiva della valenza

possiedono maggiori intenzioni di acquisto.

4. I partecipanti che fanno un’esperienza più positiva dell’arousal

possiedono maggiori intenzioni di acquisto.

Questa ricerca si è sviluppata in tre fasi: 1) la prima fase è stata quella del

pre-test, il cui obiettivo è stato quello di selezionare siti web con tre livelli di

stimoli ambientali: bassa vivacità e bassa interattività, media vivacità e

media interattività e alta vivacità e alta interattività; 2) la seconda fase

implica lo studio sperimentale condotto per raccogliere le risposte soggettive

e fisiologiche dei partecipanti; 3) e la terza comprende un sondaggio online

distribuito ad un campione più ampio per raccogliere le risposte soggettive

dei partecipanti ai siti web attraverso un test di autovalutazione. I siti scelti

erano siti di e-commerce che vendono scarpe e si è optato per questi negozi

58

di scarpe online perché sono generalmente siti conosciuti, ed i partecipanti

avevano probabilmente familiarità con essi; inoltre la maggior parte dei siti

che vendono scarpe online possiedono prodotti simili a quelli venduti in altri

negozi di scarpe online, poiché i ricercatori si aspettavano che le decisioni di

acquisto dei partecipanti fossero meno influenzate dalle caratteristiche di

design dei prodotti e più influenzate dal design e dagli elementi ambientali

del sito web. Infine, rispetto a molti altri siti web, i negozi di scarpe online

sono neutrali in termini di preferenza di genere e ciò consente la

partecipazione sia di uomini sia di donne (Joginapelly T., Sheng H., 2012).

Fase 1: il pre-test

Il pre-test è stato condotto per selezionare gli stimoli appropriati che

rappresentano i vari gradi di vivacità e interattività con l’obiettivo di

suscitare diverse reazioni emotive da parte degli utenti. Inizialmente i

ricercatori hanno selezionato venticinque negozi di scarpe online. Un gruppo

di otto esperti HCI (human-computer intaraction) visitarono tutti i 25

indirizzi di siti web e di ogni sito web ne valutarono la vivacità e

l’interattività. Sulla base di queste valutazioni, alla fine solo tre siti sono stati

selezionati per lo studio, ognuno dei quali rappresenta uno dei tre livelli di

vivacità e di interattività definiti precedentemente. I concetti di vivacità e

interattività sono strettamente correlati e i siti web hanno una maggiore

interattività e vivacità rispetto ai media tradizionali (Hoffman D., Novak T.,

1996, Cit. in Joginapelly, T., 2012) e condizioni estreme come casi di

presenza di interattività ma non vivacità o vice versa sono rari nei siti di e-

commerce.

Fase 2: lo studio sperimentale

L'esperimento è stato condotto in un laboratorio, dove ad ogni partecipante

è stato chiesto di esaminare i tre siti selezionati. L’eye tracker è stato

utilizzato per misurare le dilatazioni delle pupille dei partecipanti di fronte 59

ai siti web. Ogni partecipante è stato anche attaccato a sensori di biofeedback

per misurare la frequenza cardiaca e la risposta galvanica della pelle. Il

compito dei partecipanti era quello navigare all’interno del sito web per

trovare un paio di scarpe da ginnastica che piacevano loro. Dopo aver

ristretto la loro ricerca, ai partecipanti fu chiesto di aggiungere il prodotto al

carrello. Durante l’operazione, le misure fisiologiche dei partecipanti sono

state continuamente monitorate e registrate. Dopo aver completato

l'operazione per ogni sito web, i partecipanti hanno compilato un breve

questionario per fornire maggiori informazioni sulle loro risposte emotive e

sulle loro intenzioni comportamentali (Joginapelly T., Sheng H., 2012).

Fase 3: il sondaggio online

La terza fase comprende un sondaggio creato e pubblicato online. Questa

volta i partecipanti avevano il compito di navigare in ciascuno dei tre siti e

di svolgere un incarico simile a quello dello studio sperimentale. A essi

veniva chiesto di rispondere alle domande del sondaggio, che chiedevano

circa le loro emozioni, intenzioni di acquisto, e la vivacità e l'interattività

percepita del sito.

I soggetti

I soggetti che hanno partecipato allo studio sperimentale sono 20 studenti, e

il questionario online è stato distribuito ad un campione più ampio con un

totale di 103 partecipanti. Tuttavia, i dati provenienti da 50 intervistati sono

stati eliminati a causa di risposte incomplete. Pertanto, i dati inclusi

nell'analisi provengono da 53 intervistati. Tra i partecipanti che hanno

completato l'indagine e la sperimentazione, il 79.45% era al di sotto dei 25

anni, mentre il 20,55% era tra 26 e 40 di età. Quarantasei partecipanti (o

63.01%) erano maschi, e ventisette (o 36.99%) erano femmine. Inoltre la

maggior parte dei partecipanti aveva una lunga esperienza del web.

60

Risultati della ricerca

I dati fisiologici sono stati raccolti utilizzando durante l'esperimento

dispositivi di biofeedback come l’EDR e l’eye tracker. Il dispositivo di

biofeedback forniva agli utenti la GSR e la HRV. L'eye tracker forniva i

valori di diametro della pupilla. Quanto segue sotto spiega gli esiti derivanti

da ciascuno strumento neurofisiologico utilizzato durante lo studio

sperimentale.

• La HRV è un elemento importante per stimare le emozioni, in

particolare la valenza. I risultati ottenuti indicano che i livelli di

valenza degli utenti provenienti dai loro test di autovalutazione

possiedono un andamento simile a quello emerso dai valori

provenienti dalla HRV: i risultati ottenuti dallo studio sperimentale

affermano quelli ottenuti dal sondaggio online di autovalutazione. Gli

esiti provenienti dalla HRV mostrano che non appena l'interattività e

la vivacità aumentavano, vi era un aumento più positivo dei tassi di

valenza provenienti dal test di autovalutazione. Livelli più elevati di

HRV rivelano che l'utente è rilassato e si sta esponendo ad esempi di

respirazione lenta, indicando anche stati di ansia e stress ridotti e un

umore meno disforico. Di conseguenza quando aumentano i livelli di

interattività e di vivacità, l'utente è più rilassato e calmo nei confronti

dell'esperienza del sito.

• La GSR è stata utilizzata per analizzare i tassi di arousal. Queste

variazioni possono essere il risultato di emozioni sia positive sia

negative. Quando gli utenti sono sottoposti a stimoli spiacevoli, essi

sperimentano frustrazione o ansia, con conseguente aumento dei tassi

di arousal. Allo stesso modo, se sottoposto a stimoli piacevoli, gli

utenti si sentono interessati e coinvolti, e aumentano i loro livelli di

GSR. Poiché le esperienze positive e negative si traducono in tassi più

61

elevati di arousal, i valori GSR erano più alti sia per l'alta

interattività/vivacità del sito web sia per la bassa interattività/vivacità.

Il concetto di arousal è complicato, e l’alta eccitazione si verifica

quando un utente prova o emozioni spiacevoli o emozioni positive

come l'interesse e il coinvolgimento. Qui, per il sito web con bassa

vivacità e bassa interattività, gli utenti erano frustrati e delusi, e,

quindi, mostravano tassi elevati di arousal. Allo stesso modo, per un

sito con un’alta vivacità e interattività, gli utenti erano a proprio agio

e interessati al sito, di conseguenza i tassi di GSR erano superiori a

quelli per il sito web con una media interattività e vivacità. Tuttavia i

valori provenienti dalla GSR differiscono da quelli misurati con i test

di autovalutazione, perché le misure fisiologiche, e in questo caso la

GSR, tendono ad essere molto sensibili ai minimi cambiamenti di

riflessi e alle minime reazioni. Pertanto, una differenza tra le misure

soggettive e le risposte fisiologiche è prevedibile. Inoltre, l'arousal

fisiologica è influenzata da altri processi, come l'attività fisica e lo

sforzo cognitivo che non sono direttamente collegate all'esperienza

emotiva. Ad esempio, quando un utente esegue una semplice attività

fisica muscolare come trattenere il respiro, esegue semplici operazioni

cognitive e così le misure fisiologiche cambiano.

• Infine, il dispositivo fisiologico che misura la dilatazione della pupilla

rileva la dimensione della pupilla, che varia a causa della stimolazione

emotiva. Simile alla GSR, la maggiore o minore dilatazione della

pupilla riflette l’arousal causato da stimoli ambientali che possono

essere sia positivi sia negativi. Per i siti a bassa interattività/vivacità e

per quelli ad alta interattività/vivacità, gli utenti percepivano la

stimolazione emotiva sotto forma di esperienze negative e positive.

Così, la dilatazione della pupilla è stata maggiore in risposta a questi

siti web rispetto alla risposta a quelli di media vivacità /interattività.

62

Tuttavia per specificare ulteriormente: la dilatazione della pupilla era

maggiore per i siti web ad alta interattività/vivacità che per quelli a

bassa interattività/vivacità. La minima dilatazione della pupilla veniva

rilevata in presenza del sito web con una media interattività e media

vivacità (Joginapelly T., Sheng H., 2012).

Dunque riassumendo il tutto, queste osservazioni dimostrano che i risultati

della HRV corrispondevano a quelli della valenza provenienti dal sondaggio

e che la GSR è una misura fisiologica di arousal più sensibile rispetto a quella

della dilatazione della pupilla. Le misure fisiologiche forniscono involontari

e cospicui dati, ma richiedono anche un'attenta analisi e interpretazione.

Quindi, la loro combinazione con misure soggettive (test di autovalutazione)

fornisce dati più robusti e risultati accurati. I risultati di questo studio

indicano che gli stimoli ambientali del web influenzano le emozioni degli

utenti, che a loro volta influenzano il processo decisionale e sulle intenzioni

di acquisto. Come livelli di interattività e la vivacità aumentavano, anche la

valenza e i tassi di arousal aumentavano. Poiché i tassi di arousal e di valenza

aumentavano, aumentavano anche le intenzioni di acquisto. Pertanto, i

risultati mostrano una relazione positiva tra stimoli ambientali (ad esempio,

vivacità e interattività) e le risposte emotive degli utenti. Le risposte emotive

agli atmospherics hanno mostrato esiti simili, se misurati attraverso lo stato

di valenza auto-riferito (sondaggio) o se misurati da HRV (misurazione

fisiologica): la HRV aumentava quando i livelli di interattività e vivacità

aumentavano. Tuttavia, la GSR e la dilatazione della pupilla non hanno

mostrato alcuna relazione positiva con i livelli di interattività e la vivacità,

né questi valori (quelli provenienti dai testi fisiologici) corrispondono ai

valori di eccitazione ottenuti dalle misure soggettive (test di

autovalutazione), questo perché la GSR è una misura fisiologica molto

sensibile, infatti l’arousal fisiologico non dipende solo dall’aspetto emotivo

63

ma anche da quello cognitivo e dall’attività fisica, e ciò altera e cambia le

misure fisiologiche. Analogamente alla GSR anche le misure rilevate dal

dispositivo per la dilatazione della pupilla non dipendono soltanto dal fattore

emozionale ma anche da altri quali l’illuminazione dell’ambiente o i colori

o i contrasti (Beatty J., Lucero-Wagoner B., 2000, Cit. in Joginapelly, T.,

2012).

3.3. Studi sugli aspetti cognitivi

Dopo aver descritto una ricerca volta a valutare la componente emozionale

degli utenti, nella prima parte di questo paragrafo mi occuperò di uno degli

aspetti cognitivi, quali la metacognizione, esponendo una ricerca che

monitora e controlla i processi cognitivi, durante lo shopping online. Invece

nella seconda parte tratterò un altro aspetto cognitivo reputato importsnte in

letteratura, ossia la formazione dello script da parte dell’utente di un sito e-

commerce.

3.3.1. La metacognizione nello shopping online

Questa ricerca ha analizzato gli Electronic Product Catalogs (EPCs), un

elemento che si è sviluppato con l’implementazione dei cataloghi dei

prodotti online e la funzione di filtraggio. Con il supporto di EPCs, i

consumatori possono filtrare i prodotti online in modo efficace ed efficiente

in base ai loro criteri di preferenza, come per esempio la categoria e le

caratteristiche del prodotto. Questo studio mette a confronto siti di e-

commerce senza i cataloghi di prodotto e senza la funzione di filtraggio con

siti di e-commerce che utilizzano gli EPCs. Dal punto di vista delle

neuroscienze cognitive, sono stati adottati strumenti neurofisiologici volti ad

approfondire la ricerca. Gli strumenti neurofisiologici hanno ricevuto

maggiore attenzione nella ricerca poiché erano in grado di ricavare i dati

64

provenienti dalle risposte del corpo umano (Lieberman, M., 2007, Cit. in

Hock-Hai, T., 2014). Per questo esperimento è stata utilizzata la fMRI, con

lo scopo di monitorare le risposte neurali del soggetto durante il processo

decisionale e durante l’elaborazione delle informazioni. Allo stesso modo, la

fMRI è stata utilizzata per eseguire la scansione della regione di interesse

relativa alla metacognizione del consumatore durante gli acquisti online e

per confrontare l'attivazione neurale della metacognizione in presenza di un

sito e-commerce con e senza gli EPCs durante una situazione simulata di

shopping online. Inoltre, lo studio adotta misure psicometriche per indagare

la valutazione di siti di e-commerce da parte consumatore (Hock-Hai T.,

Zhensheng Z., 2014).

Metacognizione

Nella ricerca psicologica, la metacognizione designa l’insieme di

conoscenze e credenze che un soggetto ha dei propri processi cognitivi e

l’insieme di procedure e strategie per controllare e perfezionare sia i

meccanismi di regolazione e sia quelli di controllo del funzionamento

cognitivo. Questi meccanismi fanno riferimento alle attività che permettono

di guidare e regolare l'apprendimento e il funzionamento cognitivo nelle

situazioni di risoluzione di problemi. Secondo questa ricerca la

metacognizione avrebbe un ruolo fondamentale durante il processo di

acquisto online del consumatore. In questo studio, il processo di acquisto del

consumatore sui siti di e-commerce è riconosciuto come un processo

cognitivo che coinvolge l’elaborazione del prezzo, le informazioni sui

prodotti e il prendere decisioni d’acquisto. Pertanto, la metacognizione è

definita come la consapevolezza del consumatore di monitorare e controllare

le elaborazioni delle informazioni e il processo decisionale negli acquisti

online. In questo contesto, le neuroscienze hanno un ruolo fondamentale: gli

65

studi neurocomportamentali hanno localizzato le attività cerebrali connesse

alla metacognizione nella regione corticale della corteccia prefrontale.

Eletronic product catalogs

Al giorno d'oggi, il boom del commercio elettronico ha incrementato la

necessità degli EPCs. Grazie al supporto di essi, l’esperienza dello shopping

online risulta essere migliorata. Soprattutto, la funzione del filtraggio

consente al consumatore di cercare in modo efficace ed efficiente i prodotti,

che desidera comprare, disponibili sui siti di e-commerce. Ad esempio, gli

EPCs relativi alle fotocamere digitali potrebbero facilitare il consumatore nel

filtrare il prodotto che egli preferisce da un gran numero di scelte/prodotti,

grazie a diverse opzioni di filtraggio; ad esempio queste opzioni potrebbero

essere i megapixel, lo zoom ottico, il brand, eccetera. Dunque, gli EPCs ben

organizzati possono avere un'influenza significativa sul processo di acquisto

del consumatore, dal quale dipende -a sua volta- il profitto dei venditori. In

questa ricerca gli EPCs fanno riferimento ai cataloghi online dei prodotti,

forniti direttamente dai siti di e-commerce o da siti web di terzi, con

l’obiettivo di fornire ai consumatori funzioni di filtro in grado di migliorare

la loro esperienza di shopping online. Dunque gli EPCs agevolerebbero i

consumatori a pianificare e a chiarire le loro esigenze, ossia questo studio

indaga l'effetto che gli EPCs possiedono sulla metacognizione del

consumatore durante il processo dello shopping online (Hock-Hai T.,

Zhensheng Z., 2014).

Ipotesi della ricerca

Come già detto, gli EPCs migliorano l'efficienza e l’efficacia dello shopping

offrendo delle informazioni e dei servizi molto utili. Così, meno sforzi

“interni” da parte del consumatore sono necessari per monitorare e

controllare i propri processi cognitivi di acquisto. Di conseguenza, i

ricercatori ipotizzano che in presenza di EPCs sarebbero prodotti meno sforzi 66

metacognitivi e vi sarebbero livelli di attivazione più bassi nelle regioni

corticali legati alla metacognizione. Così, in confronto al sito di e-commerce

senza gli EPCs, i siti online che hanno il supporto degli EPCs attivano meno

le regioni corticali della corteccia prefrontale dorsolaterale e ventrolaterale

implicate nella metacognizione. Le domande alle quali gli autori tentano di

rispondere sono le seguenti:

• I livelli di attivazione cerebrale dei consumatori nelle regioni corticali

legate alla metacognizione sono evidentemente diversi quando lo

shopping online avviene su siti di e-commerce con la presenza o con

l’assenza di EPCs? Durante lo shopping online con gli EPCs potrebbe

esserci una più bassa attivazione cerebrale nella corteccia prefrontale

dorsolaterale del consumatore, mentre durante lo shopping online

senza gli EPCs potrebbe esserci una più alta attivazione cerebrale nella

corteccia prefrontale dorsolaterale.

• I livelli di attivazione cerebrale dei consumatori nelle regioni corticali

legate alla metacognizione durante il processo dello shopping online

sono significativamente collegati alla valutazione dei siti di e-

commerce da parte del consumatore? Durante lo shopping online con

gli EPCs vi potrebbe essere una bassa attivazione cerebrale nella

corteccia prefrontale ventrolaterale del consumatore, mentre durante

lo shopping online senza gli EPCs potrebbe esserci una più alta

attivazione cerebrale nella corteccia prefrontale ventrolaterale (Hock-

Hai T., Zhensheng Z., 2014).

Durante il processo dello shopping online, l’elaborazione delle informazioni

è legata alla riflessione di l'utilità del sito web e alla valutazione delle

informazioni presenti all’interno del sito. Dunque, più basso è lo sforzo

metacognitivo impiegato per monitorare e controllare l’elaborazione delle

67

informazioni di acquisto in presenza degli EPCs, più alta sarà la valutazione

del consumatore riguardante il sito di e-commerce visualizzato.

• Il livello di attivazione cerebrale nella corteccia prefrontale

dorsolaterale del consumatore durante lo shopping online è

negativamente correlato alla valutazione del sito di e-commerce.

• Il livello di attivazione del cervello nella corteccia prefrontale

ventrolaterale del consumatore durante il processo di shopping online

è negativamente correlato alla valutazione del sito di e-commerce.

Studio sperimentale

Innanzitutto è stato realizzato un questionario per misurare la

metacognizione: il questionario di valutazione misura la consapevolezza

metacognitiva del consumatore nel processo di shopping online su siti di e-

commerce con o senza gli EPCs. Il questionario contiene 7 punti della scala

Likert con gli items che misurano fino a che punto il consumatore comprende

le attività e gli obiettivi dello shopping online e ne regola il processo

d’acquisto. La valutazione da parte dell’utente del sito e-commerce è

misurata fino al punto in cui il consumatore percepisce che il sito fornisce

informazioni necessarie per il processo decisionale di acquisto. Poi sono stati

creati siti e-commerce, con e senza gli EPCs, e in seguito ai 25 soggetti

(reclutati dalle università locali) fu chiesto di acquistare la fotocamera

digitale che preferivano da una serie di fotocamere digitali aventi diverse

caratteristiche e differenti prezzi. Il sito creato con l’EPC possedeva la

funzione di filtro che funzionava in base alle varie caratteristiche dei prodotti

(ad esempio Figura 2).

68

Figura 2. Simulated e-commerce website with EPCs support. Fonte: (Hock-Hai T., Zhensheng Z., 2014)

Invece, i soggetti che avevano fatto acquisti sul web senza l’EPC scorrevano

pagine web sulle quali vi erano semplicemente i profili dei diversi prodotti

tra i quali ne avrebbero dovuto scegliere solo uno (ad esempio Figura 3).

Figura 3. Simulated e-commerce website without EPCs support. Fonte: (Hock-Hai T., Zhensheng Z., 2014)

69

Successivamente i soggetti risposero al questionario sulla metacognizione e

a quello di valutazione del sito dopo lo shopping online. La fMRI è stata

utilizzata per osservare l'attivazione cerebrale dei soggetti quando essi

eseguivano le attività si acquisto online. I siti simulati di e-commerce con e

senza EPCs erano stimoli sperimentali per gli utenti. I soggetti si

impegnavano ad acquistare una fotocamera digitale (sui siti web realizzati

appositamente per l’esperimento) durante la sessione fMRI. Gli stimoli

visivi per i soggetti venivano proiettati da occhialini in fibra ottica collegati

ad un PC. Attraverso lo scorrimento dei siti web con un mouse a fibra ottica,

i soggetti sceglievano la fotocamera digitale preferita prima su un sito e-

commerce, e poi su un altro sito e-commerce. I 7 punti della scala Likert

comparivano sullo schermo, in modo tale che i soggetti potessero dare la loro

valutazione dopo ogni acquisto.

Conclusione dell’esperimento

Concentrandosi sugli EPCs, questo studio ha esaminato come la

metacognizione del consumatore sia influenzata dall’IT che si è sviluppata

per fornire informazioni altamente qualificate sul prodotto attraverso il

meccanismo del filtro. Gli EPCs migliorano il controllo dell’elaborazione

delle informazioni cognitive, che a sua volta migliora ulteriormente la

metacognizione del consumatore nel processo dello shopping online. Dal

punto di vista delle neuroscienze cognitive, lo studio coniuga metodologia

neurofisiologica con le tradizionali misure psicometriche per sviluppare una

migliore comprensione riguardo la metacognizione dei consumatori di negli

acquisti online (Hock-Hai T., Zhensheng Z., 2014).

70

3.3.2. Come si forma uno script del sito

Questo sottoparagrafo prende in considerazione un concetto trattato dalla

psicologia cognitiva, ossia il concetto di script. Sebbene alcuni ricercatori

che studiano il consumatore hanno usato la teoria dello script per indagare i

comportamenti dei consumatori all’interno di un contesto offline, nessuno

studio, prima di quello effettuato da Sylvain Sénécal, Pierre-Majorique

Léger, ed altri (Fredette M., Léger P.M., Senecal S., Riedl R. , 2012), aveva

ancora esaminato come i consumatori creano e attivano uno script in un

contesto online. Da un punto di vista teorico, fare ricerca sugli scripts online

è importante perché le interazioni che avvengono online di solito non

comportano persone reali soprattutto nell’ambito dell’e-commerce. Quindi,

invece di un rapporto “umano”, le interazioni sono mediate dal computer e

tutto questo influenza gli scripts. Dunque, questa ricerca risulta essere molto

significativa per verificare se i consumatori creano degli scripts quando

adoperano tecnologie self-service. Anche dal punto di vista gestionale, è

molto utile studiare gli scripts online. Una migliore comprensione di come i

consumatori plasmano e attivano gli scripts quando visitano un sito web,

potrebbe aiutare i gestori del sito a proporre esperienze online più

soddisfacenti. Inoltre, ciò contribuisce a migliorare la progettazione della

navigazione in modo tale da essere facilmente utilizzabile, e questo a sua

volta può andare ad influenzare positivamente gli acquisti. Il programma di

ricerca che esporrò in questo sottoparagrafo ha tre principali obiettivi: 1)

verificare e confermare se i consumatori attivano scripts cognitivi quando

acquistano online; 2) capire come gli scripts cognitivi si formano quando i

consumatori vanno a visitare diversi siti di e-commerce; 3) e studiare come

rispondono i consumatori che attivano diversi scripts cognitivi di fronte ad

un nuovo ambiente in cui fare shopping (ad esempio, un nuovo negozio o un

71

nuovo sito di e-commerce) (Fredette M., Léger P.M., Senecal S., Riedl R. ,

2012).

Che cosa è uno script

Innanzitutto, prima di esporre lo studio di Sylvain Sénécal e Pierre-

Majorique Léger è necessario definire il concetto di script. Shank e Abelson

(Abelson R.P., Schank R.C., 1977) definiscono lo script cognitivo come

"predeterminate e stereotipate sequenze di azioni che definiscono una

situazione ben nota." In parole più semplici indica lo schema di una

sequenza di azioni. Per esempio un individuo che va in un ristorante attiva il

suo script "ristorante" e questo comporta una serie di steps, quali ordinare,

mangiare, chiedere il conto, pagare, ecc. La funzione principale di uno script

è facilitare l'elaborazione cognitiva. In sostanza esso permette alle persone

di capire e di comportarsi in modo appropriato in una determinata situazione.

Ulteriori approfondimenti circa l’argomento provengono da Bar secondo cui

il cervello umano può lavorare con il seguente universale principio di

analogia-associazioni-previsioni. Infatti, quando ci si trova di fronte ad una

situazione, il cervello cerca di abbinare le informazioni in entrata con una

rappresentazione analoga già esistente nella memoria. Attivando un certa

analogia, vengono attivate nella memoria le informazioni associate a questa

analogia, generando una previsione di cosa aspettarsi nel vicino futuro (Bar

M., Neta M., 2008). Bar suggerisce che gli scripts cognitivi potrebbero essere

alla base dell'attività cerebrale umana e di conseguenza alla base dei

comportamenti umani: "le informazioni codificate nella nostra memoria

guidano e talvolta dettano il nostro comportamento futuro. Ognuno può

guardare la propria esperienza in quanto memorizzata nella memoria come

script ".

72

Lo studio sperimentale

L'obiettivo dello studio pilota è stato quello di verificare se i consumatori

attivano scripts cognitivi durante lo shopping online. A tal fine, Sylvain

Sénécal, Pierre-Majorique Léger, ed altri (Fredette M., Léger P.M., Senecal

S., Riedl R. , 2012) hanno condotto un esperimento di laboratorio. Per questo

studio sono stati utilizzati alcuni strumenti neurofisiologici quali l’EEG, la

GSR, l’ECG (frequenza cardiaca), e il dispositivo di acquisizione video per

raccogliere informazioni circa le pagine web e le sezioni di pagina. Inoltre,

grazie alle misure psicometriche e neurofisiologiche, Sylvain Sénécal e

Pierre-Majorique Léger (Fredette M., Léger P.M., Senecal S., Riedl R. ,

2012) suggeriscono che quando uno script si è formato utilizzando un

determinato sito web, il consumatore può trovare questo sito più facile da

usare rispetto ad altri. Tuttavia, vi è una questione importante: è possibile

identificare il numero di visite necessario affinché si possa creare lo script di

un determinato sito web? Dal punto di vista dell'interazione uomo-computer,

rispondere a questa domanda potrebbe aiutare a capire quando si verifica

l’apprendimento mentre si utilizza ripetutamente un sito web di e-commerce.

Dal punto di vista del marketing, questa domanda è di grande interesse

perché la risposta potrebbe aiutare i gestori del sito a fare in modo che i nuovi

visitatori navighino sul loro sito web un certo numero di volte, agevolando

lo sviluppo del proprio script cognitivo basato sul sito web. Grazie a questa

ricerca si è scoperto che i consumatori formano e attivano gli scripts cognitivi

durante l'uso dei siti web di e-commerce. L'esperimento prevedeva la

partecipazione di 11 soggetti ai quali veniva chiesto di acquistare musica

online per 10 volte sempre sullo stesso sito web. In particolare, è stato chiesto

ai soggetti di acquistare una canzone ogni volta che visitavano il sito web

segnalato. La carta di credito prepagata fu fornita ad ogni partecipante in

modo tale che egli completasse concretamente gli acquisti online. Non è stata

73

data nessuna limitazione di tempo ai partecipanti per ogni acquisto ed essi

non erano a conoscenza della durata dell'esperimento. All’inizio della visita

numero 1, è necessaria una grande quantità di lavoro cognitivo in quanto

nessuno schema può essere richiamato alla memoria e gli scripts devono

ancora essere sviluppati nella memoria di lavoro. Il processo di formazione

dello script continua durante la visita numero 2, ma con un carico di lavoro

cognitivo più basso. Durante le visite da 3 a 10, è necessario un lieve di carico

di lavoro cognitivo per organizzare il comportamento d'acquisto dopo il

caricamento della pagina web, in quanto gli scripts necessari vengono

richiamati dalla memoria a lungo termine invece di essere trasformati nella

memoria di lavoro.

Conclusione e discussione

I risultati suggeriscono che i consumatori che eseguivano ripetutamente un

lavoro su un sito di e-commerce si muovevano da una fase della formazione

dello script cognitivo online ad una fase di attivazione dello script. Quindi,

nel contesto di questo esperimento, i risultati suggeriscono che ci sono volute

due visite del sito e-commerce per muovere i consumatori dall’ elaborazione

controllata all’elaborazione più automatica. Tuttavia essendo un esperimento

pilota, un’ulteriore ricerca è necessaria per replicare il risultato. Per i

manager, questi risultati suggeriscono che essi devono trovare il modo di

convincere i nuovi visitatori a rivedere rapidamente il loro sito web dopo la

loro visita iniziale o visita 1(ad esempio, lo sconto per un secondo ordine ha

lo scopo della fidelizzazione e invoglia l’utente a rivisitare il sito). Queste

azioni dovrebbero portare ad una formazione dello script rivolto a un

determinato sito web, contrastando in tal modo i competitors. Tutto questo

fa in modo che il determinato sito web venga percepito come più facile da

usare rispetto agli altri. Così, visto che i siti web più facili da usare implicano

minori sforzi cognitivi per gli utenti a compiere i loro obiettivi specifici (ad

74

esempio la ricerca di informazioni o l'acquisto di un prodotto), la probabilità

di interazioni ripetute con uno specifico sito web aumenta. Poiché la ricerca

sugli scripts cognitivi online è in una fase nascente, vale la pena perseguire

numerose ricerche. Così, anche l’utilizzo di altre metodiche come l’eye-

tracking potrebbe significativamente far progredire la comprensione della

formazione dello script cognitivo online (Fredette M., Léger P.M., Senecal

S., Riedl R. , 2012).

3.4. L’eye tracking per il web design

In questo sottocapitolo mi focalizzerò sulle caratteristiche di design dei siti

commerciali come ad esempio gli elementi grafici. Esiste una scienza

incentrata sul nostro modo di vedere sul web: sia che guardiamo sul desktop

o sul cellulare, sia che siamo maschi o femmine, giovani o anziani, i nostri

occhi saranno attratti da alcuni elementi di design. Dunque, partendo dalla

concezione che tutti noi siamo attratti da alcuni aspetti/elementi, i gestori dei

siti di e-commerce possiedono gli strumenti per persuadere gli acquirenti

esitanti e convincerli a cliccare sui prodotti. In questo paragrafo tratterò di

eye-tracking, descrivendo il lavoro di una società che si occupa di verificare

l’efficacia del design dei siti web, in particolare di quelli di e-commerce.

EyeQuant e l’analisi dei siti web

EyeQuant è una società tedesca che grazie a un software di intelligenza

artificiale, offre l’eye tracking utile all’analisi dei siti web. L’eye tracking

rileva il movimento oculare dell’utente, in modo tale da capire quali aree del

sito catturano maggiormente la sua attenzione, quali invece vengono poco

considerate e quali gli richiedono un alto sforzo cognitivo. Accade spesso

che gli utenti osservino un elemento chiave (per esempio un menù o l'area

che contiene la call to action) e possono farlo per troppo o per poco tempo,

o non guardarlo affatto, oppure guardarlo troppo tardi all’interno della

75

scansione oculare, concludendo che si tratta di un elemento poco importante.

L'eye tracking permette di determinare con ottima precisione:

• Cosa vede l'utente

• Qual è la percentuale di utenti che osserva una particolare area di

interesse (per esempio, un bottone di contatto)

• Quante volte gli utenti fissano un determinato elemento della pagina e

per quanto tempo

• Cosa viene osservato prima e cosa dopo

EyeQuant è una società che annovera Barnes & Noble, eBay, Google e Nokia

tra i suoi clienti. Sebbene EyeQuant non sia l’unica società che lavora

nell’ambito del neuromarketing (ci sono diversi competitors nel settore come

per esempio il Visual Attention Service della società 3M), è però una tra le

aziende maggiormente finanziate. Questa società fornisce due principali

mappe: quella della percezione (consistente nell’interpretazione di stimoli

esterni, nel loro riconoscimento e nell’attribuzione a essi di un senso/di un

significato) e quella dell’attenzione (intesa come la capacità di selezionare

alcune informazioni tra tutte quelle disponibili e di ignorare quelle

irrilevanti). Per gli scopi di EyeQuant, le mappe di percezione e di attenzione

sono molto importanti perché prevedono ciò che gli occhi degli utenti

guarderanno entro i primi tre secondi dal caricamento di una pagina web. Nel

frattempo, c'è un altro metodo di misura dell’attenzione: ossia ciò che gli

utenti di contenuti troveranno più o meno visivamente accattivante. Le

informazioni raccolte sulla navigazione degli utenti durante i test con eye

tracking sono molte e vengono visualizzate attraverso tre principali tipi di

organizzazione: la heatmap (o mappa termica) permette di rilevare quali aree

della pagina web sono state osservate e quali no. Le aree colorate

simboleggiano le aree effettivamente osservate. La gradazione di colore

permette inoltre di determinare quali aree tra quelle osservate sono state

76

guardate più a lungo: le aree che tendono verso il colore rosso mostrano

quelle viste più a lungo, mentre quelle che tendono al verde mostrano quelle

osservate meno. Poi vi è il gaze plot grazie al quale è possibile determinare

qual è stato il percorso di osservazione fatto da ciascun utente (lo scanpath).

Ogni cerchio è numerato in modo progressivo, così da indicare quale

elemento del sito è stato visto prima e quale dopo all’interno

dell’osservazione complessiva. Infine l’AOI (Area of Interest) permette di

segnare sul sito le aree che si intendono analizzare, per determinarne ad

esempio quanto un elemento di navigazione sia osservato rispetto ad altri

elementi presenti e per stabilire il numero di fissazioni o la loro durata

(Ungerleider, N., 2013). Ecco di seguito alcuni esempi per meglio chiarire le

nozioni sopra riportate.

Figura 4. Esempio di scanpath e di heatmap. Fonte: (Ungerleider, N., 2013)

Nel caso della figura 4, l’utente ha osservato in primis il logo Google e

successivamente i suoi occhi si sono diretti verso la casella di ricerca. Questa

verifica si è servita del gaze plot per rilevare lo scanpath dell’utente. Ma è

1

2

77

stato utilizzato anche l’heatmap per misurare quali aree (aree di interesse)

della pagina web sono state osservate e con quale intensità.

Figura 5. Fonte: (Ungerleider, N., 2013)

L’esempio mostrato in figura 5 può meglio spiegare il concetto di percezione

dell’utente. Qui gli occhi degli utenti Amazon guardano verso il centro dello

schermo e verso gruppi chiaramente identificabili a livello grafico e in

particolar modo verso il testo in grassetto.

Heatmaps per l’esperimento di EyeQuant

EyeQuant ha effettuato uno studio su 46 soggetti nel laboratorio di

neuroscienze dell'Università di Osnabrück, in Germania. I soggetti hanno

osservato un totale di 200 prodotti con l'intento di comprare prodotti quali ad

esempio nuovi jeans Levi’s, un televisore o un weekend a Parigi. Le

heatmaps mostrano dove le persone fissavano il loro sguardo più a lungo. La

"fissazione" media è durata circa 15 secondi. Nella pagina successiva è

possibile osservare i risultati emersi dal test.

78

Figura 6. Fonte: (Shaunacy, F., 2014)

• Per prima cosa i volti non hanno una grande attrattiva e spesso

vengono sopravvalutati; questo perché gli esseri umani amano

guardare i volti, riuscendo a scorgerli anche in oggetti inanimati che

non li posseggono. I progettisti tendono a indirizzare l'attenzione degli

utenti verso il testo importante posizionandolo lungo la linea di

visione della persona nella foto, con la concezione che si guarderà

esattamente dove la persona della foto sta guardando. Questo

esperimento ha dimostrato che le persone erano più propense a

guardare il titolo di un sito web o di una barra di ricerca e non i volti

–se pur ben visibili- sulla pagina web.

• Come secondo punto, la ricerca ha affermato che il testo grande è più

facile da leggere. I partecipanti non guardavano la tipografia enorme

neppure quando veniva pubblicizzato uno sconto. Invece essi

guardavano i caratteri di scrittura piccoli. Per esempio quando gli

utenti guardavano il sito English Proofread, essi ignoravano il nome

della società prendendo maggiormente in considerazione la parte del

lato sinistro della pagina a favore di sottotitoli leggermente più piccoli.

• Il terzo punto riguarda il termine “gratis”. Sembra che ciò che è gratis

attragga le persone ma in realtà gli utenti non guarderebbero così tanto

la parola “gratis”. Sui siti che pubblicizzavano un prodotto gratuito o

il trasporto gratuito, i partecipanti si mostravano più propensi a

79

guardare le descrizioni dei prodotti, o in un caso paricolare, il corpo

della modella di Victoria’s Secret.

Nel caso del sito della Levi’s Jeans (figura 7), gli utenti che già sapevano ciò

che volevano acquistare, tendevano a non guardare gli elementi di brand

della pagina, come ad esempio il logo aziendale. Statisticamente parlando,

46 persone non sono un campione sufficientemente grande ma molti studi

precedenti di eye tracking hanno esplorato come le persone guardano i siti

web nel contesto della ricerca di informazioni non legate all’acquisto. Questa

ricerca invece suggerisce che quando le persone acquistano qualcosa di

specifico, possono osservare una pagina web in modo differente rispetto a

come la osserverebbero se stessero cercando delle informazioni (Shaunacy,

F., 2014).

Figura 7. Fonte: (Shaunacy, F., 2014)

80

CONCLUSIONI

Questo lavoro è iniziato con un excursus sul consumatore, protagonista di

alcuni studi sociologici, culturali e psicologici. I vari studi hanno mostrato

quali fattori, attinenti ai diversi ambiti, possono influenzare il consumatore

nelle decisioni di acquisto. La tesi si è inizialmente focalizzata sugli

strumenti utilizzati dalle neuroscienze, poiché attualmente essi sono

considerati degli indicatori oggettivi sia per lo studio dei processi cognitivi

sia per lo studio degli aspetti emotivi che emergono durante gli acquisti.

Infatti le aziende stanno ricorrendo con più frequenza a ricerche di

neuromarketing in grado affiancare ai metodi tradizionali (come i test di

autovalutazione) strumenti di neuroimaging e neurofisiologici che talvolta

contraddicono i dati ottenuti dai test tradizionali. Nel contesto dell’offline le

ricerche da me riportate hanno presentato come il cervello e il corpo

reagiscono di fronte a situazioni in cui bisogna decidere tra più opzioni;

questi studi hanno mostrato che certe volte le scelte appaiono opposte alle

reazioni del cervello. In altre parole le persone scelgono un determinato

prodotto anche se il cervello avrebbe scelto l’altro. Nel contesto dell’online

è emerso che gli stimoli ambientali, presenti nei contesti offline, esistono

anche in questo ambito. Il web possiede alti livelli di interattività e di vivacità

(due stimoli ambientali) e inoltre dalle ricerche è risultato che la presenza di

alti livelli di entrambi in un sito commerciale favorisce l’atto di acquisto da

parte dell’utente. Un altro elemento che determina il comprare online è la

presenza dei cataloghi di prodotti inseriti nei siti e-commerce. Infine vi sono

aziende orientate a studiare l’efficacia dei siti web attraverso l’uso di

strumenti di biofeedback.

81

82

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RINGRAZIAMENTI

Desidero innanzitutto ringraziare il Professor Guido Di Fraia per avermi

seguito in questa prova finale e per la disponibilità mostrata durante le ore

di ricevimento. Esprimo un’immensa gratitudine a mia sorella Silvia in

grado di guidarmi e di offrirmi sempre ottimi consigli. Un grazie di cuore ai

miei genitori che investono il loro tempo e il loro denaro per il mio futuro.

Infine ringrazio tutti coloro che hanno dovuto sopportare le mie isterie da

studio durante il corso di questi tre anni.