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Indicazioni per l’attivazione dello sportello di ascolto 27 maggio 2019 Introduciamo la riflessione sullo Sportello d’ascolto precisando che può rappresentare uno strumento molto importante sia per le organizzazioni sia per le persone che lavorano al loro interno. Può essere inquadrato in un’ottica “riparatoria” o “preventiva” nell’ambito della prevenzione dei rischi psicosociali (es. SLC, mobbing, violenze) ed infatti possiamo certamente collocarlo tra i possibili interventi migliorativi a seguito di una valutazione purché ne siano rispettati alcuni aspetti che di seguito affronteremo. Inoltre può essere utilizzato per il “mantenimento” ed il “miglioramento” del Benessere Organizzativo (B.O.). In particolare si ricorda che per B. O. si intende “l’insieme dei nuclei culturali dei processi e delle pratiche organizzative che animano la dinamica della convivenza nei contesti di lavoro promuovendo, mantenendo e migliorando la qualità della vita e il grado di benessere fisico, psicologico e sociale delle comunità di lavoratori” (Avallone 2003). Come è facile capire si tratta di un costrutto estremamente ampio e pervasivo che contiene tutta la vita nelle organizzazioni e riguarda direttamente l’organizzare in senso lato. Non si può infatti fare riferimento alla convivenza organizzativa in maniera neutra e questo vuol dire interrogarsi rispetto al benessere in una qualche sua forma, anche attraverso le risultanze (in forma anonima e collettiva) a seguito dell’attivazione dello sportello stesso. Questo documento intende fornire una panoramica sullo strumento, alcune precisazioni in termini legislativi e riferimenti all’apporto che può dare lo psicologo; ma anche indicazioni in senso pratico con le quali da una parte si può indirizzare l’attivazione di uno Sportello d’ascolto e dall’altra, attraverso casi specifici, vederne delle applicazioni. Dopo questa presentazione redatta dai coordinatori dei due gruppi di lavoro, i colleghi David Pelusi e Alberto Crescentini, il primo testo è a cura del dott. Francesco Chicco che illustra le tipologie di sportello di ascolto e passa a esplorare le tipologie di intervento interne alle organizzazioni. Viene poi presentato l’impianto normativo richiamandone le parti più cogenti con il tema in oggetto. Seguono le parti del dott. Pasquale Indulgenza che espone il caso di Trenitalia e quello delle dott.sse Eleonora Fiumara e Paola Scarpello che trattano lo Sportello di ascolto per i dipendenti di Roma Capitale; in entrambi i casi si tratta di strutture attive presso le rispettive amministrazioni ed esistenti da diversi anni. Negli interventi vengono tratteggiate le attività specifiche mostrando come possa rivelarsi un servizio utile e integrato con la organizzazione e la sua cultura. Segue la parte della collega Antonia Ballottin che richiama l’attenzione su quanto la relazione di potere sia un

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Indicazioni per l’attivazione dello sportello di ascolto

27 maggio 2019

Introduciamo la riflessione sullo Sportello d’ascolto precisando che può rappresentare uno strumento molto importante sia per le organizzazioni sia per le persone che lavorano al loro interno. Può essere inquadrato in un’ottica “riparatoria” o “preventiva” nell’ambito della prevenzione dei rischi psicosociali (es. SLC, mobbing, violenze) ed infatti possiamo certamente collocarlo tra i possibili interventi migliorativi a seguito di una valutazione purché ne siano rispettati alcuni aspetti che di seguito affronteremo. Inoltre può essere utilizzato per il “mantenimento” ed il “miglioramento” del Benessere Organizzativo (B.O.). In particolare si ricorda che per B. O. si intende “l’insieme dei nuclei culturali dei processi e delle pratiche organizzative che animano la dinamica della convivenza nei contesti di lavoro promuovendo, mantenendo e migliorando la qualità della vita e il grado di benessere fisico, psicologico e sociale delle comunità di lavoratori” (Avallone 2003). Come è facile capire si tratta di un costrutto estremamente ampio e pervasivo che contiene tutta la vita nelle organizzazioni e riguarda direttamente l’organizzare in senso lato. Non si può infatti fare riferimento alla convivenza organizzativa in maniera neutra e questo vuol dire interrogarsi rispetto al benessere in una qualche sua forma, anche attraverso le risultanze (in forma anonima e collettiva) a seguito dell’attivazione dello sportello stesso.

Questo documento intende fornire una panoramica sullo strumento, alcune precisazioni in termini legislativi e riferimenti all’apporto che può dare lo psicologo; ma anche indicazioni in senso pratico con le quali da una parte si può indirizzare l’attivazione di uno Sportello d’ascolto e dall’altra, attraverso casi specifici, vederne delle applicazioni.

Dopo questa presentazione redatta dai coordinatori dei due gruppi di lavoro, i colleghi David Pelusi e Alberto Crescentini, il primo testo è a cura del dott. Francesco Chicco che illustra le tipologie di sportello di ascolto e passa a esplorare le tipologie di intervento interne alle organizzazioni. Viene poi presentato l’impianto normativo richiamandone le parti più cogenti con il tema in oggetto. Seguono le parti del dott. Pasquale Indulgenza che espone il caso di Trenitalia e quello delle dott.sse Eleonora Fiumara e Paola Scarpello che trattano lo Sportello di ascolto per i dipendenti di Roma Capitale; in entrambi i casi si tratta di strutture attive presso le rispettive amministrazioni ed esistenti da diversi anni. Negli interventi vengono tratteggiate le attività specifiche mostrando come possa rivelarsi un servizio utile e integrato con la organizzazione e la sua cultura. Segue la parte della collega Antonia Ballottin che richiama l’attenzione su quanto la relazione di potere sia un

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processo negoziale. Nelle varie tipologie di sportello di ascolto il ruolo che può essere ricavato non è un elemento dato ma è il frutto di un riconoscimento di ruolo da parte dell’organizzazione e di una richiesta da parte dell’operatore. Delle diverse tipologie di sportello vengono quindi analizzati le dimensioni organizzative e di genesi e vengono esposte delle indicazioni riguardo a cosa sia importante tenere a mente quando lo si istituisca. Successivamente il collega Franco Amore affronta un tema importante per il mandato sia dell’OP. Lazio che della SIPLO: quale ruolo può avere lo psicologo nell’ambito degli sportelli di ascolto a partire dalle norme e dalle competenze specifiche che fanno parte di quanto occorra per la gestione di alcune tipologie di sportello di ascolto. Per maggior approfondimento nel presente documento conclude il dott. Pietro Stampa con dei riferimenti deontologici da osservare per la tutela dell’utenza e dello stesso professionista che eroga il servizio.

Nel leggere gli interventi, che nel precedente seminario abbiamo sentito presentare dagli autori, ci sembra di poter dire che si tratti di un primo passaggio necessario sia per condividere con i colleghi lo sviluppo di una tematica spesso poco visibile al di fuori delle organizzazioni dove avviene sia per iniziare a sistematizzare un argomento. Certamente non si tratta di una riflessione conclusiva ma di un mattone che può contribuire a costituire una consapevolezza sul ruolo degli Psicologi del lavoro all’interno delle organizzazioni e nel portare avanti questa riflessione abbiamo voluto considerare anche alcune segnalazioni di colleghi, pervenuteci nel corso di questi mesi.

Gli sportelli di ascolto del disagio lavorativo e il consigliere di fiducia: differenze e punti di

convergenza

Come premessa è utile fare un sintetico richiamo sulla normativa in atto relativa alla prevenzione dei rischi psicosociali in ambito lavorativo:

- per la parte che riguarda lo stress lavoro-correlato, l’Accordo quadro europeo del 2004 è stato recepito in Italia nel 2008, inserito nel decreto legislativo n. 81 dello stesso anno (testo unico riguardante la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro).

Di conseguenza, con i testi prescrittivi successivi (vedi le “Indicazioni della Commissione consultiva per la valutazione dello stress lavoro-correlato” del 18.11.2010) il rischio stress è ora normato: in tutte le aziende italiane, pubbliche e private, è obbligatoria la sua valutazione;

- per quanto riguarda le molestie e la violenza nei luoghi di lavoro, l’Accordo europeo risale al 2007, ma in Italia è stato recepito nel 2016 e solo unilateralmente dalla Confindustria e dalle principali sigle sindacali (CGIL, CISL, UIL). Quindi la tematica non è specificamente normata.

In questo contesto normativo vengono quindi a situarsi gli Sportelli di ascolto. E di questo contesto come delle norme interne alle aziende e del clima organizzativo bisogna tener conto nella loro attivazione, negli interventi e nella valutazione dei risultati.

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GLI SPORTELLI DI ASCOLTO

Lo sportello di ascolto rappresenta un valido strumento di supporto per le persone in condizioni di disagio lavorativo: hanno la possibilità di rappresentare il loro disagio ad un esperto, per un confronto e un aiuto. Tale strumento offre evidenti vantaggi: consente di affrontare le situazioni di disagio sul nascere, consente di analizzarle ricercando le cause e infine rende possibile una ricerca di possibili soluzioni. Rappresenta una misura di prevenzione, in questo caso di tipo secondario.

Vengono prese in esame tre tipologie di sportelli di ascolto:

- gli sportelli di ascolto sindacali - gli sportelli di ascolto delle ASL - gli sportelli di ascolto aziendali (pubblici e privati).

SPORTELLI DI ASCOLTO SINDACALI

Presso le sedi dei sindacati sono stati istituiti gli sportelli di ascolto ed i cosiddetti “sportelli antimobbing” che offrono servizi ai lavoratori vittime di condotte ostili sul lavoro. Gli sportelli vengono gestiti da persone esperte (spesso psicologi). La loro funzione è soprattutto quella di fornire ascolto, supporto e orientamento: le persone dopo aver raccontato la loro vicenda, vengono innanzitutto aiutate a rileggere la vicenda per inquadrare il problema. Viene offerta tutela sindacale, assistenza legale e, quando occorre, vengono indirizzate verso servizi sanitari per certificazioni e assistenza.

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SPORTELLI DI ASCOLTO DELLE ASL

In alcune realtà sanitarie pubbliche sono presenti sportelli specializzati nel trattamento del disagio lavorativo. Essi sono generalmente inseriti all’interno del “Servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro” del Dipartimento di prevenzione (il cosiddetto “organo di vigilanza” preposto alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori di tutte le aziende presenti su quel territorio).

La persona, in situazione di disagio lavorativo, viene ascoltata dal medico del lavoro o, se presente, dallo psicologo del lavoro in relazione alle specifiche competenze.

Al termine del colloquio, viene effettuata una sintesi, vengono identificate le criticità e vengono date risposte/soluzioni a queste.

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SPORTELLI DI ASCOLTO AZIENDALI

Gli sportelli di ascolto interni alle aziende (sia pubbliche che private) generalmente sono gestiti da personale sanitario (psicologi o medici competenti).

L’attività svolta è inquadrabile come attività di counseling: le persone possono esprimere all’esperto le loro difficoltà e il loro disagio, allo scopo di chiarire la loro situazione, e per lo specifico dello psicologo ottenere un sostegno, riacquistare motivazione ed energie per proseguire nel proprio lavoro.

Questo tipo di attività potrebbe rendere possibile l’effettuazione di interventi di tipo organizzativo/relazionale.

NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

La Pubblica Amministrazione ha sviluppato particolare interesse sul benessere organizzativo a partire dalla Direttiva del Ministro della Funzione Pubblica del 2004, contenente le “Misure finalizzate al miglioramento del benessere organizzativo nelle pubbliche amministrazioni”.

Nella prima decade del 2000, nell'ambito dei Contratti collettivi nazionali nel settore del pubblico impiego sono stati previsti - in aggiunta ai già presenti Comitati per le Pari opportunità – l’istituzione dei Comitati paritetici sul fenomeno del mobbing e l’adozione di Codici di condotta per contrastare molestie sessuali, mobbing e discriminazioni.

COMITATO UNICO DI GARANZIA

Nel 2010, per semplificare e rendere più efficace l’azione, la PA con la legge n. 183 istituisce il Comitato Unico di Garanzia. Quest’ultimo ha origine dalla fusione del Comitato per le pari opportunità con il Comitato paritetico per il fenomeno del mobbing. Ha una composizione paritetica (metà membri nominati dall’azienda, l’altra metà dalle OO.SS.) e dura in carica quattro anni. Ha compiti propositivi, consultivi e di verifica sulle tematiche del contrasto di pratiche discriminatorie, mobbizzanti o comunque disfunzionali, favorendo una organizzazione lavorativa orientata al benessere delle persone.

CODICE DI CONDOTTA E CONSIGLIERE DI FIDUCIA

Il Codice di condotta e il Consigliere di fiducia sono previsti da una specifica normativa europea (Raccomandazione della Commissione europea 92/121, riguardante la Tutela della dignità delle donne e degli uomini sul lavoro; Dichiarazione del Consiglio europeo del 18.2.1991, con la quale gli Stati membri erano invitati a sviluppare e applicare politiche volte a prevenire e contrastare le molestie sessuali nel mondo del lavoro; Risoluzione A3-0043/94 del Parlamento europeo, relativa alla “Designazione di un Consigliere nelle imprese o Consigliere di fiducia” Risoluzione del Parlamento europeo A5-0283/2001 “Risoluzione sul fenomeno del mobbing sul posto di lavoro”) recepita in Italia.

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Il CODICE DI CONDOTTA è un atto volontario del datore di lavoro (pubblico o privato) finalizzato a promuovere un clima favorevole al rispetto della dignità delle persone che lavorano in una determinata azienda / istituzione. Ha una funzione specifica di prevenzione di comportamenti vietati (es. molestie, discriminazioni). Prevede la figura del Consigliere di fiducia. Al suo interno sono definite le procedure (informale e formale) al fine di risolvere i casi di competenza. Si auspica che sia il prodotto di un lavoro partecipato e condiviso fra soggetti aziendali e rappresentanti dei lavoratori. Occorre fare alcune precisazioni: il codice di condotta si differenzia

- da un «codice etico» o da una «carta dei valori» perché questo tipo di codice può esplicitare una scala di principi o valori a cui l’azienda si ispira e in cui si riconosce;

- da un codice di norme comportamentali inerenti il proprio contratto di lavoro (ad esempio, norme di rispetto degli ambienti e dei beni aziendali, di correttezza verso gli utenti, di contrasto della corruzione, di rispetto della privacy).

Il CONSIGLIERE DI FIDUCIA è una persona esperta in tematiche riguardanti le molestie, le discriminazioni, lo stress e il benessere lavorativo/organizzativo. Generalmente è una persona esterna alla istituzione, che agisce in autonomia. Ha il compito di contrastare comportamenti di molestie morali, mobbing, molestie sessuali, discriminazioni, nel rispetto del Codice di condotta adottato. Inoltre può trattare situazioni di stress/disagio lavorativo allo scopo di trovare possibili soluzioni e favorisce un clima di benessere lavorativo. Solitamente gestisce direttamente uno Sportello di ascolto (in alcune casi è possibile trovare due realtà distinte: lo Sportello di ascolto gestito da un esperto e il Consigliere di fiducia chiamato a trattare solo le situazioni critiche emerse allo Sportello). Si relaziona con le molteplici figure esistenti nei luoghi di lavoro e attiva la procedura informale, in aderenza a quanto previsto dal Codice di condotta.

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Il Consigliere di fiducia è tenuto a presentare, al Datore di lavoro e al Comitato Unico di Garanzia, una relazione annuale sull’attività svolta che raccoglie i dati in forma anonima e collettiva. Collabora all’aggiornamento del Codice di condotta e partecipa a momenti formativi.

L’ascolto psicologico in Trenitalia.

Presenterò in questo testo l’attività di ascolto e sostegno psicologico che, ormai da numerosi anni, viene offerta da Trenitalia ai propri dipendenti. Si tratta di un’attività che risponde a due diverse esigenze:

- la prima è quella di accogliere le richieste di sostegno del personale di condotta (i macchinisti) e di front-line (capitreno, addetti alla vendita ecc.) che patiscono le conseguenze soggettive di eventi traumatici quali l’investimento di persone in linea e le aggressioni.

- la seconda è rivolta a tutti i dipendenti che ritengono di trovarsi in una condizione di stress lavoro-correlato.

Prima di entrare nel merito di queste due attività mi sembra necessario dire qualcosa del soggetto a cui è affidata l’attività di ascolto e sostegno psicologico: il Team Psicologi Trenitalia.

Una scelta decisa

Il Team nasce nel 2000 con la denominazione di “Task Force Psicologi” e l’obiettivo di introdurre nella formazione dei macchinisti il tema del fattore umano. Il reclutamento avviene con un’operazione di scouting interno che porta alla selezione di laureati in psicologia ed in scienza della formazione. Dopo una specifica formazione, alla TFP vien affidato il corso “Vigilanza consapevole” che introduce per la prima volta, nel contesto di una formazione lavorativa altrimenti squisitamente tecnico-normativa, argomenti quali la vigilanza, l’attenzione, la percezione, la memoria e l’errore umano. Con un impegno durato più di due anni, i membri della TFP girano l’Italia incontrando tutti i macchinisti (all’epoca oltre quindicimila). Questa intensa esperienza, estremamente formativa per gli stessi docenti, getta le basi per la costituzione di un rapporto di fiducia tra i membri della TFP ed i macchinisti. E’in questo contesto che numerosi macchinisti, cogliendo appieno l’ampiezza di ciò che si chiama fattore umano e la valenza del lavoro dello psicologo, chiedono di poter ricevere assistenza psicologica nei casi, non infrequenti, di investimenti di persone in linea (quasi sempre suicidi).

Nell’accogliere questa richiesta l’azienda fa una scelta di campo molto netta: diversamente da quanto avviene nel campo della formazione, che vede all’opera laureati in psicologia ed in scienze della formazione, l’attività di ascolto post-traumatico, per le sue implicazioni cliniche e l’attività di sostegno alla persona, viene affidata a psicologi (laureati in psicologia iscritti all’albo professionale), e ciò sia per le specifiche competenze professionali che per l’ancoraggio ad un preciso contesto deontologico.

Nel corso degli anni la TFP, divenuta Team Psicologi, vede le proprie attività ampliarsi a molti altri campi in cui il “fattore umano” risulta centrale: la gestione psicologica delle emergenze in caso di gravi incidenti, il recupero delle competenze formative del personale responsabile di errore, la consulenza interna nel campo dello stress lavoro-correlato, la progettazione della formazione, la ricerca ecc. Tuttavia resta ferma la distinzione tra attività che richiedono psicologi e quelle affidabili a laureati in psicologia o in altre discipline (ad esempio in scienze cognitive); parimenti si è continuato ad operare, nelle attività di reclutamento dei membri del Team, con lo scouting interno

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ritenendo che la conoscenza delle attività produttive e l’appartenenza ad una cultura industriale così caratterizzata come quella ferroviaria, fossero requisiti importanti per lo svolgimento delle attività richieste al Team.

Gli sportelli d’ascolto

Come si anticipava Trenitalia ha attivato, in tempi diversi, un servizio di ascolto e sostegno destinato a rispondere a due diverse esigenze: nel primo caso si rivolge a chi patisce le conseguenze di eventi traumatici, nel secondo a chi ritiene di essere in una condizione di stress lavoro correlato. Ci sono numerosi punti in comune tra le due attività così come alcune significative differenze che indicherò approfondendo il funzionamento di entrambi. Inoltre va considerato che si tratta di attività che sono al tempo stesso rivolte alla persona ma incluse in una logica organizzativa di impresa -anche questo aspetto verrà trattato-.

L’attivazione del servizio di ascolto

In entrambi i casi (post-trauma e stress l-c) l’attivazione del punto di ascolto avviene su base volontaria mediante contatto diretto tra il lavoratore e lo psicologo assegnato all’unità produttiva, nel rispetto dei requisiti di riservatezza e tutela dei dati personali richiesto e garantito dal codice deontologico. Tuttavia nel caso di eventi potenzialmente traumatici è lo psicologo a ricordare al lavoratore la possibilità di avvalersi dell’ascolto. Tali eventi (aggressioni, investimenti, incidenti ecc.) sono rilevati in tempo reale dalla sala operativa di Trenitalia che ne informa il Team fornendo il recapito ed il nominativo dei lavoratori coinvolti. La scelta di intervenire proattivamente ricordando del servizio di ascolto è dettata da diverse esigenze:

- far “sentire” al lavoratore l’attenzione dell’azienda in un momento critico

- ricordare dell’esistenza di un servizio di cui normalmente non ci si avvale e renderne semplice l’attivazione

- fare breccia nella resistenza al chiedere aiuto ed assistenza. Questo motivazione ha una relazione diretta con la pratica dell’ascolto ed in particolare con l’avere esperito una certa difficoltà da parte dei lavoratori nell’ ammettere l’esigenza di un supporto –complicazioni e ritardi nel recupero della migliore condizione psico-fisica sono frequentemente legati all’intempestività della richiesta di ascolto-.

Conduzione e finalità dell’attività di ascolto e sostegno.

L’approccio clinico è il tratto comune dell’attività di ascolto e sostegno. Pur partendo da un evento (traumatico) o una congiuntura soggettiva (la condizione di stress) ben precisi (quantomeno nella valutazione del lavoratore), nel corso del colloquio si effettua una esplorazione anamnestica ampia, indispensabile per diverse ragioni:

- per un corretto inquadramento diagnostico della eventuale coorte sintomatica riferita

- per una individuazione dell’etiologia - particolarmente importante, come si riferirà nel seguito, nell’ascolto dedicato allo stress lavoro-correlato-

- più in generale per la centralità che la persona ricopre nelle attività di ascolto e sostegno psicologico e che prescinde dalle ragioni occasionali che determinano l’incontro con lo psicologo.

Si evidenziano tuttavia alcune differenze nelle due pratiche d’ascolto.

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Nell’ascolto post-traumatico, in particolare nelle nevrosi post-traumatiche che costituiscono la maggior parte dei casi trattati, si tratta di facilitare un’elaborazione dell’accaduto e di accompagnare la persona nelle fasi che tipicamente si succedono e che vedono una significativa remissione sintomatica entro tre o quattro settimane dall’accaduto. Due o tre incontri ed un monitoraggio telefonico sono in questi casi sufficienti a permettere alla persona una piena ripresa delle proprie attività lavorative e private –obiettivo principale dell’attività di ascolto e sostegno-.

Tuttavia, come è ben noto, gli eventi traumatici costituiscono talvolta l’occasione sia per lo scompenso e la destabilizzazione di strutture psichiche più precarie sia per la produzione di nevrosi propriamente dette in cui l’evento non costituisce che l’innesco della produzione di sintomi e formazioni dell’inconscio. In questi casi il compito dello psicologo è accompagnare il soggetto nell’individuazione di soluzioni terapeutiche farmacologiche e psicoterapeutiche che sono necessariamente esterne all’offerta aziendale, anche facendosi interlocutore, se richiesto dalla persona, di medici e terapeuti a cui questa decide di rivolgersi. L’intervento può richiedere un numero maggiore di incontri ma, soprattutto, può impegnare un tempo decisamente più lungo delle tre/quattro settimane degli interventi ordinari e si conclude con la presa in carico della persona da parte di professionisti o istituzioni di cura.

Nel caso dello stress lavoro-correlato l’attività di ascolto e sostegno ha una duplice valenza:

- intercettare situazioni di stress causate dal lavoro o di altre forme di sofferenza clinicamente rilevanti rendendo quindi un servizio alla persona

- permettere al datore di lavoro di intervenire tempestivamente nel caso in cui si segnali l’insorgere di criticità organizzative tali da determinare stress lavoro-correlato.

Di questo duplice finalità la persona viene informata all’inizio dell’attività di ascolto (sebbene i documenti aziendali relativi all’ascolto lo evidenzino).

Analogamente a quanto avviene per l’ascolto post-traumatico si tratta di procedere ad un inquadramento clinico della sofferenza riferita dalla persona ma –e questa è una prima significativa differenza- occorre effettuare una valutazione etiologica che permetta di stabilire se e in che misura lo stress è determinato dal lavoro e/o da altre cause extra-lavorative. Questa valutazione viene restituita alla persona che viene inoltre orientata ed accompagnata, se lo richiede, nel trovare soluzioni terapeutiche presso istituzioni e professionisti esterni all’azienda.

Una seconda importante differenza rispetto all’ascolto nel caso di patologie post-traumatiche è rappresentata coinvolgimento di altri soggetti aziendali. Infatti, nel caso in cui si ravvisi una nascente situazione di stress lavoro-correlato, lo psicologo ne informa il datore di lavoro con una relazione scritta in cui indica gli aspetti organizzativi che, con riferimento ad uno specifico contesto produttivo, vengono individuati come causa (ad esempio la poca chiarezza sui contenuti del lavoro, l’inefficienza della comunicazione ecc.). Il datore di lavoro procede quindi con gli strumenti che ritiene più opportuni per l’eliminazione o la mitigazione del rischio. Evidentemente la numerosità di nascenti casi di stress lavoro-correlato nella stessa unità produttiva è, per il datore di lavoro, un indice significativo della gravità della situazione.

L’intervento dello psicologo: servizio alla persona e esigenze d’impresa.

Il servizio di ascolto e sostegno psicologico reso ai dipendenti di Trenitalia ha, come si è già delineato finora, la duplice valenza di essere un servizio alla persona ed al contempo di partecipare a pieno titolo alle esigenze dell’impresa. In questa prospettiva entrambe le attività di ascolto sono identificate come strumenti di prevenzione e mitigazione del rischio e come tali indicate nei

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Documenti di valutazione del rischio (d.lgs 81/2008 e s.m.i.) dai datori di lavoro di Trenitalia. Questi possono peraltro chiedere agli psicologi del Team di partecipare ai Gruppi di valutazione per lo stress lavoro-correlato, sia per attività di formazione che per la valutazione approfondita rendendo ancor più strutturata la loro presenza nelle attività aziendali. E’ quindi interessante osservare che nel caso specifico di Trenitalia l’utilizzo dello psicologo non avviene nel contesto di politiche di welfare aziendale come sempre più frequentemente si verifica nel mondo del lavoro, soprattutto delle grandi imprese o, talvolta, della pubblica amministrazione.

La possibilità di svolgere il proprio ruolo senza essere identificato come “psicologo aziendale” –cosa che vanificherebbe il rapporto di fiducia necessario all’intervento di ascolto- richiede un estremo rigore nell’ operare con professionalità e rispetto del codice deontologico. Più in dettaglio ciò significa, innanzitutto per lo psicologo stesso, avere chiarezza sulla finalità ed i limiti del proprio intervento che in nessun caso si presta ad operazioni di mediazione per esigenze del datore di lavoro o del lavoratore. L’ascolto, come descritto, si svolge nei limiti di una attività clinica e di indirizzo che non si trasforma mai in attività terapeutica né in azienda né tantomeno nello studio privato del professionista (ove questi ne disponga). E, per quanto riguarda l’ascolto rivolto allo stress lavoro-correlato, l’intervento rivolto alla persona è completamente disgiunto dalla risoluzione delle eventuali cause di stress alle quali va posto rimedio a livello organizzativo da parte del datore di lavoro.

È utile osservare che, in base all’esperienza condotta in questi anni, sia per esigenze generali che per le più specifiche necessità dell’intervento nel campo dello stress l-c, gli psicologi del Team hanno integrato la propria formazione con competenze tipiche della psicologia giuridica e del lavoro ed approfondito la conoscenza degli aspetti organizzativi e di produzione nonché di sicurezza del lavoro.

La chiarezza dell’orientamento impresso da Trenitalia all’attività di ascolto e, mi permetto di aggiungere, il rigore con cui i membri del Team assolvono al proprio incarico sta producendo risultati soddisfacenti sia sul piano quantitativo che della qualità e del soddisfacimento dei clienti interni –persone e strutture-.

Lo Sportello d’Ascolto per i Dipendenti di Roma Capitale

Iniziamo con un breve cenno sulla Struttura di Roma Capitale

Roma Capitale è un ente territoriale i cui confini sono quelli del preesistente Comune di Roma - che “dispone di speciale autonomia statutaria, amministrativa e finanziaria, nei limiti stabiliti dalla Costituzione”. Nell’esercizio di tale speciale autonomia, l’Assemblea Capitolina ha approvato lo Statuto dell’Ente che delinea il nuovo ruolo della città di Roma, capitale nazionale e internazionale. I diversi decreti legislativi emanati nel corso degli anni le hanno attribuito ulteriori funzioni amministrative relative alla valorizzazione dei beni storici, artistici e ambientali, allo sviluppo del settore produttivo e del turismo, allo sviluppo urbano, all’edilizia pubblica e privata, ai servizi urbani, con particolare riferimento al trasporto pubblico ed alla mobilità e alla protezione civile.

L'attuale modello organizzativo che compone la macrostruttura capitolina prevede circa 50 strutture, suddivise in 6 tipologie differenti con peculiarità specifiche (Strutture di linea Centrali, Strutture di linea Territoriali, Strutture di Staff, Strutture di Supporto agli Organi ed all’Amministrazione, Istituzioni ed Uffici di Scopo).

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Le Strutture hanno compiti, relativamente alla funzione di competenza e riguardano la programmazione, regolamentazione, organizzazione, gestione e monitoraggio di servizi e attività erogati alla cittadinanza.

Al Direttore apicale di ogni Struttura, cui compete il coordinamento e il controllo dell'attività amministrativa complessiva della stessa, spetta anche l'ottimizzazione dell'organizzazione del lavoro e la valorizzazione delle risorse umane.

Il Personale in servizio presso l’Amministrazione al 31 dicembre 2017 ammonta a circa 23.745 dipendenti, distribuiti nelle diverse strutture di cui 198 dirigenti, con una netta prevalenza di donne (circa il 70% della popolazione) e con età media superiore ai 50 (il 63,7% dei dipendenti).

In questo contesto di riferimento nel 2012 viene istituito e, successivamente nel 2014 diventa operativo, lo Sportello d’Ascolto per i dipendenti capitolini come risposta dell’Amministrazione Capitolina alle criticità emerse dall’analisi dei dati della valutazione sullo stress lavoro correlato, condotta negli anni 2009-2011.

Lo Sportello è inserito all’interno del Dipartimento Organizzazione e Risorse Umane, nella Direzione Disciplina e Tutela del lavoro e quest’ultima si occupa di attività che consistono in particolare nelle seguenti attività:

• procedimenti per responsabilità disciplinare;

• sicurezza nei luoghi di lavoro;

• accertamenti sanitari;

• sorveglianza sanitaria;

• comunicazione interna;

• pari opportunità;

Lo Sportello d’Ascolto nasce con l’obiettivo di affrontare le problematiche organizzative rappresentate dai dipendenti, dai singoli servizi o strutture dell’Ente, sia nel loro stadio iniziale, con azioni di prevenzione secondaria, sia nel loro stadio avanzato, con azioni di fronteggiamento del malessere.

Per l’espletamento di tali finalità allo Sportello sono state attribuite le seguenti funzioni:

• accogliere i dipendenti di Roma Capitale che avvertono una difficoltà riconducibile all’ambiente di lavoro;

• supportare il dipendente nell’analisi di tale difficoltà, al fine di individuare possibili cause;

• fornire un momento di confronto, per trovare, in modo condiviso, soluzioni personali ed organizzative atte a superare la situazione di malessere;

• valorizzare le risorse umane;

• contribuire all’armonizzazione delle relazioni interpersonali all’interno dell’Ente.

La realizzazione di attività volte a garantire le finalità su descritte è stata sin dall’inizio affidata ad una equipe multidisciplinare che potesse, con una pluralità di punti di vista, approcciarsi meglio alle problematiche presenti all’interno di un’organizzazione complessa.

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In coerenza con gli obiettivi di cui sopra lo Sportello ha iniziato a svolgere una serie di attività, in parte dedicate all’analisi di alcuni contesti dell’organizzazione in cui erano emerse delle criticità da approfondire, in parte rivolte ad intervenire sulle difficoltà di volta in volta manifestate.

In particolare, lo Sportello è stato chiamato a conoscere meglio il fenomeno dell’inidoneità alla mansione specifica ((D.lgs. n.81/2008) molto diffuso nel personale educativo-scolastico.

I risultati di questa ricerca hanno portato all’elaborazione ed attivazione di un protocollo operativo finalizzato a facilitare l’inserimento nel contesto amministrativo del personale uscente dalla scuola. Tale protocollo prevede la collaborazione dello Sportello d’Ascolto con i vari servizi, tra cui il medico competente, l’ufficio del personale di ogni singola struttura coinvolta, la Scuola di formazione interna di Roma Capitale.

Il contributo dello Sportello in questo processo consiste nell’azione di orientamento ed accompagnamento al cambiamento professionale.

Parallelamente si sviluppava la funzione di “Ascolto” dello Sportello nei confronti delle richieste da parte di singoli o gruppi di lavoratori che percepivano il bisogno di un confronto qualificato su una propria condizione di disagio.

Nel tempo tale ultima funzione ha consentito allo Sportello di ampliare la gamma dei servizi proposti in relazione alle varie problematiche emerse.

Oggi lo Sportello offre, oltre all’Ascolto, l’attività di segretariato, tramite cui fornisce ai lavoratori una serie di informazioni su temi come la conciliazione vita lavoro, la mobilità, le pari opportunità, l’applicazione della contrattazione collettiva, delle misure di Welfare Statale (ad esempio invalidità civile, legge 104/92) e del Welfare specifico per i dipendenti della P.A.

Inoltre lo Sportello invia e/o accompagna i dipendenti, che manifestano problematiche specifiche necessitanti di interventi mirati, a strutture specialistiche presenti nel territorio; per fare questo, nel tempo ha creato delle collaborazioni con alcuni servizi territoriali quali: i sindacati, le associazioni di persone con disabilità, i Centri di Prevenzione e Trattamento del Disagio nei Luoghi di Lavoro (SPRESAL), le Aziende Sanitarie Locali, gli ambulatori di medicina del lavoro, i centri antiviolenza, l’ufficio della Consigliera di Parità di Area Metropolitana.

Un’altra attività che lo Sportello realizza con i lavoratori e che risponde alle richieste sia individuali che provenienti da alcune strutture, è quella relativa a dei laboratori teorico-esperienziali su alcune “competenze trasversali” come la comunicazione efficace, la gestione dei conflitti ed il lavoro di gruppo.

Questi laboratori sono spesso richiesti dalle varie strutture dell’Ente, come azioni rientranti nei piani di miglioramento relativi alla valutazione stress-lavoro correlato, che periodicamente viene effettuata.

Lo Sportello e la multidisciplinarietà

Lo sportello di ascolto è stato individuato quale strumento a disposizione dei dipendenti capitolini e dell’organizzazione tutta per raccogliere e analizzare le cause di disagio lavorativo, ovvero di quelle situazioni in cui si verifica un’interazione negativa tra il dipendente e uno o diversi aspetti dell’ambiente di lavoro.

La determinazione di offrire un proprio servizio di ascolto ai dipendenti scaturisce dalla convinzione che è possibile affrontare il problema del disagio attivando le risorse di problem

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solving del lavoratore stesso in sinergia con gli strumenti interni di carattere organizzativo, individuando e promuovendo i percorsi che di volta in volta è possibile concordare tra l’Amministrazione e il dipendente.

Coordinare le risposte del singolo con quelle dell’Ente, in un’ottica di empowerment di entrambi è l’orientamento privilegiato dallo Sportello per trovare soluzione al disagio.

Con questi obiettivi, considerata la complessità del contesto di riferimento, sin dall’inizio l’Amministrazione ha scelto di utilizzare un modello di equipe multidisciplinare, selezionando come membri dello Sportello dei dipendenti con formazione specialistica in differenti discipline ed esperienze lavorative nell’ambito dei servizi alla persona.

Tale scelta è stata sostenuta dall’intento di istituire uno sportello di ascolto che non fosse di tipo psicologico, ma che offrisse una presa in carico a vari livelli del problema portato dal lavoratore o dalla Struttura, avvalendosi della ricchezza di diverse e specifiche competenze in cooperazione.

Il gruppo di lavoro che opera nello Sportello d’Ascolto è composto dunque da personale interno all’Amministrazione con professionalità di vario tipo.

Attualmente fanno parte del gruppo una figura che si occupa della segreteria organizzativa e supporta amministrativamente il lavoro quotidiano dello Sportello d’Ascolto e quattro funzionari con specializzazioni nell’ambito della psicologia, del servizio sociale e della sociologia, che gestiscono le attività descritte precedentemente.

La possibilità di confrontarsi quotidianamente guardando la stessa realtà da prospettive differenti consente alle operatrici dello Sportello di meglio approcciarsi alla complessità dell’organizzazione e progettare e realizzare interventi il più possibile rispondenti ai bisogni sia del singolo che delle strutture, in un’ottica sistemica di salute e sicurezza.

Il Riallineamento: un percorso di orientamento per affrontare una nuova identità professionale

Lo Sportello d’Ascolto, da maggio 2017, collabora con altri servizi dell’Amministrazione al processo di reinserimento e successivo riallineamento in altro profilo professionale del personale con inidoneità permanente relativa alla mansione specifica (D.lgs. n.81/2008 e D.P.R. 461/01).

Nella maggior parte dei casi questo processo coinvolge personale afferente a famiglie professionali tecnico specialistiche come quella educativo-scolastico e dell’ambiente, che attraverso questo percorso di riallineamento vengono reinquadrate in profili professionali di tipo amministrativo.

Lo Sportello ha il compito di accompagnare il dipendente in questo passaggio che può risultargli difficoltoso, in quanto implica non solo un cambiamento di mansioni lavorative, e di conseguenza di competenze richieste dal nuovo profilo, ma, in generale, un inserimento in una realtà molto diversa, quanto a regole, funzionamento e modalità operative, rispetto al contesto di provenienza.

In relazione a questa nuova procedura le attività di cui si occupa l’ufficio riguardano azioni di orientamento mirate a facilitare tale cambiamento professionale.

La buona riuscita di un percorso di cambiamento professionale parte da alcuni prerequisiti, il primo dei quali è aver chiare le conoscenze e le capacità richieste dal nuovo ruolo professionale e dal contesto organizzativo per avere la possibilità di riconcettualizzarle acquisendo e applicando nuovi e diversi strumenti di lavoro.

Il secondo e più profondo va ad incidere fondamentalmente sul ruolo sociale, ovvero sulla capacità della persona di ripensare al proprio ri-posizionamento all’interno dell’assetto organizzativo nel

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quale opera, di focalizzarlo e di rispondere in termini di adeguatezza personale alle nuove richieste organizzative.

La motivazione al cambiamento é comunque il prerequisito fondamentale per avviare un processo di trasformazione reale e con discrete probabilità di successo.

Infatti, se la scelta di cambiamento non è condivisa ed accettata dalla persona e se non vi è un accompagnamento che favorisca un’identificazione della persona con il proprio progetto di cambiamento il processo rischia di non avviarsi e tantomeno si raggiungono risultati soddisfacenti.

A tale scopo le azioni orientative previste dal percorso proposto sono finalizzate a:

• realizzare il portfolio personale delle competenze, processo utile a individuare, far riconoscere e valorizzare il bagaglio di conoscenze e skill che rappresentano il patrimonio dei lavoratori coinvolti

• facilitare la conoscenza dell’organizzazione e dei processi di lavoro delle strutture e uffici di Roma Capitale, in particolare di quei servizi che registrano carenze di organico

• supportare l’organizzazione e gli individui nel reinserimento/riallineamento professionale

Il percorso di orientamento e portfolio delle competenze con il personale coinvolto nel cambio di qualifica prevede attività di gruppo e colloqui individuali per una durata totale di circa 30 ore.

Le attività di gruppo ed i colloqui individuali con la persona mirano a:

a) focalizzarne l’attenzione sul vissuto legato alla professione di appartenenza e al nuovo profilo professionale da ricoprire, far emergere le motivazioni e le modalità messe in gioco per rafforzarne la capacità di reagire positivamente e fronteggiare i cambiamenti lavorativi;

b) favorire una ricostruzione e analisi delle tappe principali della biografia formativo–professionale per permetterle di avere una maggiore consapevolezza, in relazione ai contenuti professionalizzanti, alle risorse possedute e ai vincoli personali e professionali (come ad esempio: competenze, conoscenze, stili di coping, punti di forza e di debolezza…);

c) consentirle una maggiore conoscenza della struttura dell’Amministrazione (strutture di linea, strutture territoriali, strutture di staff, strutture di supporto, uffici di scopo e istituzioni di Roma Capitale);

d) analizzare i suoi fabbisogni formativi in relazione alla nuova qualifica professionale da ricoprire per consentire l’attivazione di corsi di formazione specifici;

e) elaborare un progetto professionale rispetto al proprio reinserimento in coerenza con le proprie risorse personali e al contempo con i fabbisogni professionali dell’organizzazione.

La nuova procedura prevede che dopo il percorso di orientamento e portfolio delle competenze, considerate le attitudini e le motivazioni delle singole persone ed i fabbisogni dall’Amministrazione, i lavoratori vengano temporaneamente assegnati per un periodo di tre mesi presso una struttura dell’Ente con l’obiettivo di sviluppare una maggiore conoscenza delle strutture ed uffici e dei processi di lavoro specifici del nuovo contesto. Durante tale periodo le operatrici dello Sportello continuano a seguire il personale con contatti periodici per monitorare la nuova collocazione e il progetto professionale individuale.

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Dal luglio del 2017 lo Sportello ha seguito il riallineamento di 100 persone, le quali hanno avuto l’opportunità, grazie al percorso, di essere inserite in posizioni vacanti segnalate dall’Amministrazione ed al contempo adeguate alle proprie competenze ed attitudini professionali.

Gli sportelli di ascolto negli ambienti di lavoro

Attivare una funzione di ascolto della persona al lavoro è una delle azioni che, negli ultimi anni, viene richiesta dalle aziende e proposta più frequentemente ai colleghi.

Gli sportelli d’ascolto delle ASL, Comuni, Province, Università, Sindacati hanno un mandato istituzionale territoriale o per target specifici che trascende la singola realtà organizzativa. Sono esterni alla realtà in cui vive la persona che si rivolge a loro e si occupano spesso di ascoltare, individuare la condizione di disagio individuale ed offrire al singolo un sostegno psicologico, legale o di altra natura professionale.

Gli sportelli d’ascolto di cui ci occupiamo esercitano la loro funzione in riferimento ad una azienda specifica ed un target di persone ben definito (i dipendenti dell’azienda oppure tutti quelli che hanno un contratto di lavoro con l’azienda).

La funzione d’ascolto situata in azienda non ha un mandato istituzionale predeterminato ed ha il vantaggio di essere uno strumento adottato in modo specifico e funzionale alle diverse organizzazioni del lavoro. Oltre alle realtà produttive in cui è maturata l’esigenza in ragione di percorsi di promozione del benessere organizzativo, la costituzione di uno sportello d’ascolto risponde spesso in modo diretto alle esigenze di intervento in aziende in cui siano stati affrontati adempimenti come la valutazione del rischio stress lavoro correlato, la gestione delle molestie e discriminazioni.

Conoscere il contesto a cui si propone la funzione d’ascolto o il motivo per cui una azienda ha deciso di affidare l’attivazione di uno sportello è importante per una efficace strutturazione del servizio.

Segue una esemplificazione di alcune possibili attivazioni degli sportelli in ambiente di lavoro:

1-Lo Sportello come misura correttiva attivata in esito alla valutazione del rischio stress lavoro correlato.

MOTIVO: L’attivazione avviene in seguito ad una rilevazione di presenza di condizioni di rischio stress lavoro correlato.

REFERENTE AZIENDALE: Il mandato viene solitamente dal Datore di Lavoro che ha la responsabilità della valutazione e gestione dei rischi per la salute e sicurezza. I referenti interni diretti sono il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente.

MANDATO: (uno o più delle seguenti attività)

- Ascolto dei lavoratori che lamentano condizioni di stress lavorativo: aspetti che riguardano la progettazione e l’organizzazione del lavoro (D. Lgs. 81/08) e carenze nella gestione dell’attività di un solo lavoratore (costrittività organizzative).

- Intervento a favore del singolo: ad esempio presa in carico per tre colloqui

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- Intervento organizzativo: relazione con le figure della prevenzione aziendale (rspp, medico competente) per la strutturazione di un intervento adeguato al problema lavorativo specifico

- Produzione di un report di monitoraggio annuale in cui viene comunicato alla direzione aziendale il numero di persone viste, le condizioni di stress riscontrate, gli interventi individuali e/o organizzativi attuati

COSA CONOSCERE DELL’AMBIENTE DI LAVORO: Organigramma, cambiamenti organizzativi in atto, esito valutazione del rischio stress lavoro correlato, indagini di benessere o clima organizzativo ….

2-Lo Sportello per il contrasto alle condizioni di molestia e/o violenza negli ambienti di lavoro

MOTIVO: L’attivazione avviene per la prevenzione delle condizioni di molestia e/o violenza fisica (comprese aggressioni da esterni), psicologica, sessuale al lavoro. Nasce solitamente con funzioni di riconoscimento precoce ed interruzione della situazione per intervento diretto o per sottrazione della persona dall’esposizione al problema in attesa di provvedimento

REFERENTE AZIENDALE: Il mandato viene solitamente dal Datore di Lavoro ed i referenti interni possono essere il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed il medico competente, il Comitato Unico di Garanzia (PA)

MANDATO: (uno o più delle seguenti attività)

- Ascolto dei lavoratori che lamentano di essere vittima di condizioni di molestie e/o violenze come secondo definizione dell’accordo quadro europeo: quando uno o più individui subiscono ripetutamente e deliberatamente abusi, minacce e/o umiliazioni in contesto di lavoro (molestie) e quando vengono aggrediti in contesto di lavoro (violenze).

- Intervento a favore del singolo: ad esempio presa in carico per tre colloqui

- Intervento organizzativo: relazione con la direzione del personale e le figure della prevenzione aziendale (rspp, medico competente) per la strutturazione di un intervento adeguato

- Produzione di un report di monitoraggio annuale in cui viene comunicato alla direzione aziendale il numero di persone viste, le condizioni di stress riscontrate, gli interventi individuali e/o organizzativi attuati

COSA CONOSCERE DELL’AMBIENTE DI LAVORO: Organigramma, cambiamenti organizzativi in atto, indagini di benessere o clima organizzativo, bilancio di genere, vertenze e cause legali

CUG, Leggi Regionali, Aggressioni in sanità …

3 Lo Sportello previsto dal codice etico o di comportamento

MOTIVO: L’attivazione avviene per l’adozione del datore di lavoro di un codice aziendale che indica in modo formale il mandato, la procedura da attuare ed i tempi di gestione dei casi. Nasce solitamente con funzioni di interruzione della situazione per intervento diretto

REFERENTE AZIENDALE: Il mandato viene solitamente dal Datore di Lavoro

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MANDATO: (uno o più delle seguenti attività)

- Ascolto dei lavoratori che lamentano di essere in una delle condizioni individuate nel codice etico o di comportamento: es. mobbing, molestia sessuale, ecc

- Intervento a favore del singolo: colloquio di ascolto, comprensione, presa in carico solo in caso di condizione compatibile con il mandato del codice

- Intervento organizzativo: mandato di intervento al referente della funzione di ascolto o demandato ad altro ruolo (es. consigliere di fiducia (PA), ufficio legale, direzione personale)

- Produzione di un report di monitoraggio annuale in cui viene comunicato alla direzione aziendale il numero di persone viste, le condizioni riscontrate, gli interventi individuali e/o organizzativi attuati

COSA CONOSCERE DELL’AMBIENTE DI LAVORO: Organigramma, cambiamenti organizzativi in atto, indagini di benessere o clima organizzativo, bilancio di genere, vertenze e cause legali

Accordo quadro Molestie, Certificazioni aziendali, CUG, Aggressioni in sanità …

4 Lo Sportello per la promozione del Benessere Organizzativo

è uno strumento di ascolto che si inserisce tra molte altre azioni già svolte o programmate dalla struttura. La funzione di ascolto probabilmente sarà stata condivisa in seguito ad una rilevazione di percezione collettiva di malessere dei lavoratori ed attivato per la gestione delle condizioni anche di soddisfazione, demotivazione, mancanza di coinvolgimento.

Può includere tutto

MOTIVO: L’attivazione avviene per volontà della direzione di promuovere le migliori condizioni di lavoro al di là delle previsioni di norma.

REFERENTE AZIENDALE: Il mandato viene solitamente dal Datore di Lavoro

MANDATO: (uno o più delle seguenti attività)

- Ascolto dei lavoratori che lamentano una condizione di malessere legata ad aspetti che riguardano la progettazione, l’organizzazione del lavoro, le costrittività organizzative, eventuali molestie e/o violenze e assumono come aree di attenzione anche fattori di soddisfazione, motivazione e relazioni interpersonali problematiche.

- Intervento a favore del singolo: colloquio di ascolto, comprensione, presa in carico in ottica di supporto o di intervento di miglioramento e promozione del benessere

- Intervento organizzativo: mandato di intervento al referente della funzione di ascolto o demandato ad altro ruolo (es. consigliere di fiducia (PA), ufficio legale, direzione personale) anche in relazione a possibili miglioramenti personalizzati

- Produzione di un report di monitoraggio annuale in cui viene comunicato alla direzione aziendale il numero di persone viste, le condizioni riscontrate, gli interventi individuali e/o organizzativi attuati, le proposte di miglioramento formulate

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COSA CONOSCERE DELL’AMBIENTE DI LAVORO: Organigramma, cambiamenti organizzativi in atto, indagini di benessere o clima organizzativo, bilancio di genere, vertenze e cause legali

Indipendentemente dalle motivazioni che hanno portato alla strutturazione e alla attivazione di una funzione di ascolto, la collocazione all’interno dell’azienda ne fa un servizio che si occupa prioritariamente della persona al lavoro e che necessita di una comunicazione chiara ed efficace della sua esistenza e delle modalità con le quali i destinatari possono accedervi. Avvicinare la funzione d’ascolto al contesto lavorativo significa supportare la costruzione della prevenzione dei rischi psicosociali e la promozione del benessere delle organizzazioni e delle persone al lavoro. Per il suo posizionamento rispetto all’organizzazione si tratta di una metodologia specifica che nel suo funzionamento ottimale si differenzia e distanzia da un approccio individuale originato esclusivamente da una relazione clinica.

Lo sportello di ascolto e lo psicologo: l’opportunità del suo coinvolgimento ed i vantaggi per

gli utenti ed il management.

Nelle parti precedenti abbiamo visto che è stato fatto riferimento ai diversi tipi di sportelli di ascolto, approfondendo alcuni casi concreti, argomentando poi su dei punti qualificanti da considerare per attuare una buona pratica nella attivazione e gestione degli sportelli stessi. In questa parte ragioneremo, anche sulla base di quanto fin ora rappresentato, sui motivi per i quali si possa ritenere utile il coinvolgimento dello Psicologo perché, come vedremo di seguito, oltre ad essere una attività di lavoro anche a noi riferibile ne conseguono dei vantaggi sia per l’utenza sia per lo stesso management. Come già presentato nel seminario dell’OP Lazio e della SIPLO, dedicato al tema, il 20 aprile 2018, possiamo indicare le diverse tipologie degli sportelli considerando due prime specificità che caratterizzano rispettivamente la tipologia degli interventi e gli operatori all’uopo impiegati. La prima fa riferimento alla differenzia tra gli sportelli che privilegiano le attività di orientamento o di consulenza tecnica rispetto a quelli finalizzati ad interventi principalmente operativi; infatti i primi si definiscono prevalentemente per i compiti di indicazione e di indirizzo dell’utenza, i secondi sono più volti ad una possibile azione organizzativa conseguente alla richiesta come ad esempio la mitigazione del rischio o al sostegno psicologico sul singolo soggetto, oppure ad attività di vigilanza; la seconda specificità riguarda il tipo di operatori che lavorano nei diversi contesti dove possiamo vedere che le attività spesso sono curate da figure definite come il Consigliere di fiducia o lo Psicologo, o vengono utilizzate professionalità di formazione tra loro anche molto diversa.

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Va anche ricordato che pur nelle loro differenze tutti gli sportelli di ascolto hanno però in comune la necessità di una richiesta del singolo utente per un primo incontro, poi in relazione ai contenuti della stessa ed al mandato istitutivo dello sportello si definisce una risposta possibile. Quindi se da un lato l’innesco dell’iter è simile abbiamo di contro un campo ampio e variegato di soluzioni operative che partendo dalle due dimensioni prima citate poi si concretizzano a seconda dei contesti di attivazione (es. aziendale, sindacale, ASL, ecc.) e del mandato che ne delinea l’attività con le relative finalità. A fronte di questo panorama articolato ha senso quindi chiederci, per poi saperlo indicare correttamente alla committenza ed all’utenza, perché lo Psicologo può fornire un effettivo valore aggiunto, se pur nel rispetto delle altre figure che in funzione delle diverse finalità degli sportelli lecitamente operano. Per questo fine rappresentiamo quindi tre considerazioni operative tra loro connesse ma che, per chiarezza espositiva, è preferibile tratteggiare in modo separato.

- Lo Psicologo del lavoro, o lo Psicologo che abbia acquisito le specifiche competenze del settore in cui opera (rif. Codice deontologico degli psicologi artt. 5, 19, 25, 37), può affrontare le diverse richieste che giungono allo sportello di ascolto in quanto assomma in sé sia le conoscenze organizzative utili per valutare o intervenire nei contesti lavorativi, sia quelle cliniche sull’eventuale stato di disagio psichico del lavoratore, necessarie certamente nella prima valutazione e poi in un eventuale breve sostegno.

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- I contenuti delle tematiche portate dagli utenti, nei diversi tipi di sportello di ascolto, vengono espressi anche attraverso segni di disagio psicologico personale che, anche quando non sono aspetti prioritari per la valutazione del caso, è comunque necessario considerare, meglio se con la competenza dello psicologo, nell’intento di valutare le risorse e le resistenze dell’utente, facilitandone quindi l’invio presso altri professionisti o le strutture ritenute necessarie.

- La propedeutica formazione del personale che opera nello sportello di ascolto riguarda sostanzialmente la tipologia di richieste e la conoscenza dei processi organizzativi della struttura produttiva presso la quale si indirizza l’attività dello sportello, oltre che dei vincoli giuridici e contrattuali; va però sottolineato che tale formazione riguarda anche la gestione delle fasi nel o nei colloqui, le tipologie di interventi tecnici per questa modalità di relazione di aiuto e le iniziative possibili a seguito a conclusione del/dei colloqui stessi. Nel caso di utilizzo dello psicologo tali contenuti formativi trovano maggior facilità di apprendimento perché già in parte patrimonio delle competenze dello Psicologo del lavoro, riducendo quindi il periodo di formazione iniziale e migliorando anche l’efficacia del lavoro svolto.

In sintesi possiamo quindi affermare, partendo dalle considerazioni anzidette, che lo psicologo può presidiare validamente le attività tipiche di uno sportello di ascolto nel caso di orientamento e consulenza tecnica, ed ancor meglio gli aspetti di valutazione/intervento organizzativo e quelli psicologici collegati alle difficoltà soggettive, attraverso una valutazione ed un intervento breve di sostegno, dando garanzie di professionalità in ordine al titolo di studio posseduto come di seguito sarà approfondito.

Allo scopo di sostenere quanto ora affermato, verifichiamo la presenza di alcuni riferimenti rinvenibili nella letteratura professionale dedicata così da fornire dei precisi rimandi; rimandi che pur provenendo da ambiti diversi confermano complessivamente l’opportunità del coinvolgimento dello psicologo su questo tema che ben si colloca nell’ambito della Prevenzione dei rischi negli ambienti di lavoro e della promozione del Benessere Organizzativo.

In primo luogo esaminiamo un ambito di competenze, che riteniamo elettivo, ascritto chiaramente agli psicologi e riferito a quelle organizzative e del lavoro; per questo citiamo alcuni contenuti tratti da “Lo Psicologo del lavoro, dell’organizzazione e delle risorse umane. Area di pratica professionale, pubblicato sul sito del Consiglio Nazionale Ordine Psicologi.

L’expertise degli psicologi del lavoro si esplicita, in prevalenza: nell’analizzare e riprogettare il lavoro anche dal punto di vista ergonomico, nel valutare condizioni ottimali di esecuzione dei compiti, nel considerare processi cognitivi ed emotivi coinvolti nelle prestazioni e nelle relazioni di lavoro, nell’Assessment delle skill e nello sviluppo di competenze e apprendimenti lavorativi, nell’analizzare fattori di ostacolo alle prestazioni efficaci e sicure, nel valutare le fonti e i processi di insoddisfazione e disagio lavorativo, nell’analizzare e progettare azioni adatte a ridurre i rischi lavorativi e le condizioni di insicurezza, e nell’analizzare ed intervenire sui fattori psicosociali che influenzano il funzionamento

organizzativo, cooperare affinché i processi di cambiamento organizzativo abbiano un sostenibile

impatto sulla vita delle persone, progettare, contribuire all’arricchimento dei sistemi di

comunicazione interna ed esterna.” Vediamo così che la competenza di base sia per gli aspetti funzionali psichici sia per i fattori psicosociali connessi all’organizzazione è chiaramente delineata. Questo aspetto è molto da rimarcare proprio nell’ottica di Prevenzione dei Rischi e di Promozione del Benessere

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Organizzativo in quanto sappiamo che una significativa parte dell’efficacia delle attività in molte tipologie degli sportelli di ascolto è conseguente proprio alla loro capacità di incidere in senso migliorativo sulle condizioni di lavoro e quindi ribadiamo che l’expertise dianzi citata ben integra questa necessità. Veniamo quindi a sostanziare un altro importante aspetto che riguarda la titolarità nell’ambito del colloquio facendo riferimento al testo pubblicato sul sito del Consiglio Nazionale Ordine Psicologi “LA PROFESSIONE DI PSICOLOGO: DECLARATORIA, ELEMENTI CARATTERIZZANTI ED ATTI TIPICI. La consulenza psicologica (o counseling) comprende tutte le attività caratterizzanti la professione psicologica, e cioè l’ascolto, la definizione del problema e la valutazione, l’empowerment, necessari alla formulazione dell’eventuale, successiva, diagnosi. Lo scopo è quello di sostenere, motivare, abilitare o riabilitare il soggetto, all’interno della propria rete affettiva, relazionale e valoriale, al fine anche di esplorare difficoltà relative a processi evolutivi o involutivi, fasi di transizione e stati di crisi anche legati ai cicli di vita, rinforzando capacità di scelta, di problem solving o di cambiamento.” Dobbiamo anche ricordare che, al momento della redazione del presente testo, sono presenti in giurisprudenza sentenze che confermano come l’attività di “counseling psicologico” è di competenza esclusiva dello Psicologo iscritto all'Albo (vedi in particolare sentenza Corte di Cassazione 15/03/2016, sentenza TAR del Lazio n. 13020/2015). In buona sostanza si vuole qui sottolineare come il “sostegno psicologico” che spesso può venire richiesto nei colloqui è una attività riservata alla nostra professione e sembra dunque sensato organizzativamente utilizzare una figura che sia titolata a svolgerla ed al contempo legittimata ad una precedente valutazione psicodiagnostica; in altri termini si tratta di far comprendere che l’opportunità di coinvolgimento ampia l’ambito delle attività erogabili nello sportello stesso senza aumentarne il personale addetto e di conseguenza i relativi costi. Veniamo ora, più in generale ma sempre a sostegno dell’utilità del coinvolgimento dello psicologo, a far riferimento ad un quadro normativo che ne suggerisce la presenza, citando la Legge 56/89 la Legge 170/03. La prima all’art. 1 recita: Definizione della professione di psicologo. 1. La professione di psicologo comprende l'uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito. La seconda, per gli psicologi, all’art.3, punto 1-quinquies indica: Le attività professionali che formano oggetto delle professioni di cui ai commi 1-ter e 1-quater sono individuate nel modo seguente: a) per il settore delle tecniche psicologiche per i contesti sociali, organizzativi e del lavoro: 1) realizzazione di progetti formativi diretti a promuovere lo sviluppo delle potenzialità di crescita individuale e di integrazione sociale, a facilitare i processi di comunicazione, a migliorare la gestione dello stress e la qualità della vita; 2) applicazione di protocolli per l'orientamento professionale, per l'analisi dei bisogni formativi, per la selezione e la valorizzazione delle risorse umane; 3) applicazione di conoscenze ergonomiche alla progettazione di tecnologie e al miglioramento dell'interazione fra individui e specifici contesti di attività; 4) esecuzione di progetti di prevenzione e formazione sulle tematiche del rischio e della sicurezza;

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Si sottolinea come, in base alle norme vigenti, vengano chiaramente indicati il sostegno psicologico quale attività riservata alla nostra professione e, parimenti, una serie di punti che ben integrano molte delle attività prima accennate tipiche degli sportelli di ascolto; punti che sono relativi alla declaratoria delle attività degli iscritti all’elenco B ma certamente anche di pertinenza dei colleghi iscritti all’elenco A dell’albo degli psicologi. Questa previsione è poi rafforzata dal Codice deontologico degli psicologi che all’art. 5 recita: Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione e aggiornamento professionale, con particolare riguardo ai settori nei quali opera…… Quindi l’impiego della nostra figura professionale, obbligatorio nel caso si svolga una definita attività di sostegno psicologico, si fonda su un preciso quadro normativo che garantisce il datore di lavoro nella scelta del personale da adibire agli interventi migliorativi in ambito di mitigazione dello stress lavoro correlato e degli altri rischi psicosociali (es. mobbing, violenze…), così come previsto nel D. Lgs. 81/08 e s.m.i. all’art. 28 punto d) “l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze

e poteri”.

Esiste anche un’altra ragione per la quale è preferibile il coinvolgimento dello psicologo nello sportello di ascolto ed è relativa alla riservatezza dei dati raccolti in sede di colloquio. Certamente tutti gli operatori sono vincolati all’osservanza del Codice Civile art. 2015, in relazione all’obbligo di non divulgare notizie attinenti all’organizzazione, ma vincolati anche al rispetto delle norme relative contenute nei Contratti di lavoro e nei Codici di comportamento. Non possiamo non far cenno anche al rispetto dei punti del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, Codice in materia di protezione dei dati personali, in particolare per l’art.11 - Modalità del trattamento e requisiti dei dati, ed anche a quelli del Regolamento Ue 2016/679, noto come GDPR (General Data Protection Regulation) – testo relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento ed alla libera circolazione dei dati personali, in vigore dal 2018. Ma per il nostro specifico vi è inoltre un vincolo ulteriore che ancor più precisamente tutela l’utenza e che deriva sempre dal nostro Codice deontologico, dove all’art. 11 leggiamo: “Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate, a meno che non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli seguenti.” Questo aspetto non va sottovalutato in quanto, sempre che lo psicologo operi in tale veste nello sportello di ascolto, garantisce all’utenza un colloquio nel quale, oltre che capacità di empatia ed ascolto attivo, l’operatore è giuridicamente impegnato a tutelare la riservatezza dei contenuti a lui comunicati attraverso un portato etico specifico.

Concludiamo questa parte ribadendo che quanto fin ora rappresentato conferma l’opportunità ed il vantaggio del coinvolgimento dello psicologo, in particolare del lavoro, in queste attività in quanto migliora la garanzia di professionalità nei confronti dei lavoratori che si rivolgono allo sportello di ascolto perché possono trovare un professionista formato ed abilitato sia sul versante della analisi organizzativa che su quello della valutazione dell’eventuale disagio psicologico.

Vi è poi una seconda ricaduta nel suo coinvolgimento e riguarda direttamente i datori di lavoro, gli RSPP, i membri del CUG, i dirigenti scolastici o sindacali, comunque quelle figure che a vario titolo assumono una responsabilità nella tutela della salute nei luoghi di lavoro; infatti l’iscrizione all’albo professionale che presuppone un corso di laurea e tirocinio professionalizzante, i riferimenti nel Codice deontologico in particolare agli obblighi di preparazione specifica con aggiornamento ed

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al segreto professionale, costituiscono una garanzia professionale di base che meglio tutela chi organizza ed attiva lo sportello di ascolto nelle diverse realtà operative. Sottolineiamo che questo aspetto ha anche una possibile ricaduta economica in quanto mette al riparo la committenza da eventuali contenziosi attraverso l’utilizzo di personale titolato in attività che per la specificità dei problemi affrontati negli sportelli di ascolto può facilmente caratterizzarsi anche in forme di sostegno psicologico e quindi come attività professionale riservata.

Considerazioni deontologiche sugli sportelli di ascolto

Lo sportello di ascolto quando definito come sportello di ascolto psicologico, orientato allo

sviluppo del benessere organizzativo, alla prevenzione del disagio, attraverso il sostegno dei soggetti che ne manifestano i segni entro i sistemi socio-tecnici, deve intendersi come un’attività non solo elettivamente, ma anche esclusivamente di pertinenza della professione di psicologo: tale declinazione delle sue caratteristiche culturali e tecniche è parte dell’oggetto dei contributi presentati nella presente raccolta.

Gli “psicologi” che operano nelle diverse tipologie di sportelli di ascolto dovranno comunque tenere a mente, in modo particolare, alcuni articoli del Codice Deontologico che, tipicamente, sono formulati come regole descrittive o consultive più che prescrittive.

Le regole descrittive, è utile qui rammentarlo, si presentano come dichiarazioni valoriali di principio, che orientano il senso delle regole consultive e prescrittive. Se però queste ultime — espresse nella forma binaria di adempimenti/divieti — sono necessariamente poche e circoscritte a situazioni semplici, la maggioranza delle regole che costituiscono il Codice Deontologico sono formulate come indicazioni della condotta ideale da tenere secondo un principio soggettivo di auto-regolazione che non può essere disgiunto dalla competenza professionale dello psicologo. E ciò perché, nella professione di psicologo, la dimensione di contesto non può mai essere ignorata nella valutazione delle situazioni in cui si progetta e si svolge l’intervento, né tanto meno nella sua realizzazione; e, non meno, perché nel lavoro dello psicologo la relazione con le persone assistite non è solo il naturale “terreno” su cui si dispiega la prestazione professionale, ma ne è lo strumento principe: sicché avere cura della qualità della relazione è altrettanto importante della padronanza della tecnica, ed è costitutivo della competenza e della performance professionale.

Regola descrittiva, da intendersi dunque come indicazione valoriale che dà senso alle successive regole consultive di condotta concreta, è quella enunciata dai commi 2, 3 e 4 dell’art. 3 del Codice Deontologico: «In ogni àmbito professionale [lo psicologo] opera per migliorare la capacità delle persone di comprendere sé stesse e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace. Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante dal fatto che, nell’esercizio professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri; pertanto deve prestare particolare attenzione ai fattori personali, sociali, organizzativi, finanziari e politici, al fine di evitare l’uso non appropriato della sua influenza, e non utilizza indebitamente la fiducia e le eventuali situazioni di dipendenza dei committenti e degli utenti destinatari della sua prestazione professionale». Dove il «prestare particolare attenzione» sta per «non sottovalutare», specialmente se lo psicologo opera entro contesti nei quali i fattori (inter)personali, sociali, organizzativi, finanziari e politici hanno rilevanza a determinare caratteristiche della committenza, e se questa non coincide con i destinatari dell’intervento, o addirittura committenza e destinatari possono trovarsi in

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una condizione di potenziale conflittualità, come appunto accade sovente nei sistemi socio-tecnici.

Si comprende allora la caduta logica fra il citato art. 3 e il successivo art. 4, che ne costituisce una sorta di corollario: «Nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione e all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socioeconomico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità. Lo psicologo utilizza metodi e tecniche salvaguardando tali principi, e rifiuta la sua collaborazione a iniziative lesive degli stessi. Quando sorgono conflitti di interesse tra l’utente e l’istituzione presso cui lo psicologo opera, quest’ultimo deve esplicitare alle parti, con chiarezza, i termini delle proprie responsabilità e i vincoli cui è professionalmente tenuto. In tutti i casi in cui il destinatario e il committente dell’intervento di sostegno o di psicoterapia non coincidano, lo psicologo tutela prioritariamente il destinatario dell’intervento stesso». E diamo qui per assodato che con l’espressione “intervento di sostegno” l’art.4 fa riferimento in modo forse un po’ troppo sintetico, ma comunque chiaro, all’insieme di prestazioni che appunto possono caratterizzare gli sportelli di ascolto.

Ancora, con particolare riferimento al lavoro entro i sistemi socio-tecnici, trovo opportuno collegare agli artt. 3 e 4 l’art. 6: «Lo psicologo accetta unicamente condizioni di lavoro che non compromettano la sua autonomia professionale e il rispetto delle norme del presente Codice, e, in assenza di tali condizioni, informa il proprio Ordine. Lo psicologo salvaguarda la propria autonomia nella scelta dei metodi, delle tecniche e degli strumenti psicologici, nonché della loro utilizzazione; è perciò responsabile della loro applicazione e uso, dei risultati, delle valutazioni e interpretazioni che ne ricava. Nella collaborazione con professionisti di altre discipline esercita la piena autonomia professionale nel rispetto delle altrui competenze». Far accettare questi princìpi, soprattutto quelli relativi all’autonomia professionale, alla committenza istituzionale, manageriale e/o espressa da altre professioni (si pensi ai medici nel Servizio Sanitario, agli avvocati in àmbito forense, agli ingegneri nelle aziende ad alta qualificazione tecnologica), non è stato storicamente e non è tuttora impresa facile: ma si tratta di una rivendicazione culturale prima ancora che etica e giuridica, e come tale affermata e valorizzata dal Codice Deontologico quale principio ispiratore della condotta che ogni psicologo deve tenere quando si trova a operare come collaboratore — e persino se opera come dipendente — entro contesti la cui direzione è appunto nelle mani di altre famiglie professionali, delle amministrazioni pubbliche o dell’imprenditoria pubblica o privata.

Una specifica attenzione dovrà essere dedicata dallo psicologo che opera negli sportelli di ascolto al problema della riservatezza: non stupisce, infatti, che un limite spesso riscontrato nell’implementazione di questo servizio, sia una “diffidenza” rivolta dai destinatari dell’intervento non tanto allo psicologo come figura professionale, ma al servizio stesso in quanto tale, proprio perché messo a disposizione da una committenza potenzialmente considerata conflittuale. La rassicurazione relativa al rispetto del più rigoroso segreto professionale, che i destinatari dell’intervento riceveranno dagli psicologi, avrà maggiore credibilità, ritengo, se resa nella fase di esordio dell’intervento stesso, in un modo adeguatamente formale e con l’esplicito riferimento non solo all’art. 11 del Codice Deontologico — che riprende quanto stabilito dall’art. 622 del Codice Penale —, ma anche all’art. 17, commi 1 e 3: « La segretezza delle comunicazioni deve essere protetta anche attraverso la custodia e il controllo di appunti, note, scritti o registrazioni di qualsiasi genere e sotto qualsiasi forma, che riguardino il rapporto professionale. […] Lo psicologo che

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collabora alla costituzione e all’uso di sistemi di documentazione si adopera per la realizzazione di garanzie di tutela dei soggetti interessati». Ciò, ovviamente, con riferimento all’interesse della committenza all’elaborazione di statistiche sul funzionamento degli sportelli di ascolto e sulle tipologie di problemi che vi vengono affrontati: interesse che, pur rivolto al miglioramento del servizio, non può non impattare con il problema della riservatezza e più in dettaglio con il diritto di ogni singolo utente a dettare i limiti del proprio consenso al trattamento dei dati che lo riguardano.

Gli adempimenti della più recente normativa per la conservazione e il trattamento dei dati delle persone assistite sono al tempo stesso banali e paradossalmente complicati: vi si dovrà tuttavia attenere scrupolosamente. Ma, per concludere riprendendo un concetto-chiave espresso più sopra, l’atteggiamento di fondo dello psicologo che opera nello sportello di ascolto entro un sistema socio-tecnico non può avere un carattere meramente adempitivo: dovrà invece avere un carattere riflessivo, responsabile, attento all’autonomia di giudizio e alla cura della relazione con le persone assistite, nel rispetto del Codice Deontologico e — come esso impone all’art. 2 — del decoro, della dignità e del corretto esercizio della professione

LINK UTILI

CCNL Sanità 2002-2005 - Art. 5 - Comitato paritetico sul fenomeno del mobbing

https://www.aranagenzia.it/contrattazione/comparti/sanita/contratti/449-finireccnl-normativo-2002-2005-economico-2002-2003.html

Direttiva Ministro FP del 2004 sul benessere organizzativo: http://www.funzionepubblica.gov.it/articolo/dipartimento/24-03-2004/direttiva-benessere-organizzativo-nella-pa

Legge n. 183 del 4 novembre 2010, istitutiva dei Comitati Unici di Garanzia

http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2010/11/09/010G0209/sg

Linee guida sulle modalità di funzionamento dei Comitati Unici di Garanzia (2011)

http://www.funzionepubblica.gov.it/articolo/dipartimento/04-03-2011/direttiva-comitati-unici-garanzia

Bibliografia e Fonti per Sportello Roma capitale

“Bi.dicomp.: un percorso Isfol di bilancio di competenze.”- a cura di Anna Grimaldi, Alessia Rossi e Giuseppa Montalbano - Roma - ISFOL, 2006.

“Dall’AutoValutazione dell’Occupabilità al progetto professionale”: la pratica Isfol di orientamento specialistico / ISFOL; - a cura di Anna Grimaldi - Dati testuali elettronici. – Roma - ISFOL, 2016. - (Isfol Research Paper)

“Sviluppare la carriera lavorativa” - Guido Sarchielli, Stefano Toderi – Bologna – Mulino, 2013

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“Il bilancio di competenze” - a cura di Alessandra Selvatici e Maria Grazia D'Angelo – Milano – Franco Angeli, 1999

“Benessere organizzativo” - Francesco Avallone, Bonaretti M. - Soveria Mannelli - Rubbettino Editore Srl, 2003

Deliberazione Giunta Capitolina n.222 del 09/10/2017 “Approvazione del nuovo assetto della macrostruttura capitolina e del Regolamento sull’ordinamento degli Uffici e dei Servizi di Roma Capitale”

Breve sitografia delle fonti citate per la parte relativa al coinvolgimento dello psicologo

Area di pratica professionale, PSICOLOGIA DEL LAVORO, DELL’ORGANIZZAZIONE E DELLE RISORSE UMANE http://www.psy.it/allegati/aree-pratica-professionale/psicologo_del_lavoro.pdf LA PROFESSIONE DI PSICOLOGO: DECLARATORIA, ELEMENTI CARATTERIZZANTI ED ATTI TIPICI. http://www.psy.it/allegati/2015-la-professione-di-psicologo.pdf L. 18 febbraio 1989, n. 56. Ordinamento della professione di psicologo. http://www.psy.it/wp-content/uploads/2018/06/L.56_1989_Ordinamento-della-professione-di-psicologo.pdf L. 11 luglio 2003, n. 170 http://www.psy.it/allegati/dl_105_2003.pdf Codice deontologico degli psicologi italiani http://www.psy.it/codice-deontologico-degli-psicologi-italiani Per un approfondimento sul counseling psicologico, oltre la sentenza http://www.stateofmind.it/wp-content/uploads/2016/05/2016.04.21-Cassazione_16562_2016-su-counseling-psicologico-ansia-emozioni-obesita%CC%80.pdf Si veda anche http://www.ordinepsicologilazio.it/wp-content/uploads/2015/11/sentenza-TAR-Lazio-CNOP-Assocounselling.pdf

Per un approfondimento sulle attività del GdL rischio stress lavoro correlato dell’OP Lazio

https://www.ordinepsicologilazio.it/gruppi-di-lavoro/rischio-stress-lavoro-correlato/

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Autori

Franco Amore, psicologo e psicoterapeuta, lavora presso la Direzione Sanità di Rete Ferroviaria Italiana dove si occupa di valutazioni di idoneità psicologica per il personale del Gruppo FSI, di Enti terzi e nelle visite di autotutela per le patenti di guida; sempre in ambito ferroviario di valutazione e formazione sul rischio stress lavoro correlato. Fa parte del gruppo europeo della Psicologia del traffico presso l’EFPA e dei gruppi di lavoro sul rischio stress dell’OP Lazio e della SIPLO.

Antonia Ballottin, psicologa del lavoro e psicoterapeuta, lavora presso lo SPISAL (Servizio di Prevenzione Igiene e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro) dell’AULSS 9 Scaligera di Verona. Rappresentante per il Veneto nel gruppo interregionale PISLL - stress lavoro correlato, componente dei gruppi di lavoro su stress e rischi psicosociali di CIIP e SIPLO. Attualmente Consigliere di fiducia in azienda sanitaria.

Francesco Chicco, psicologo clinico e del lavoro, psicoterapeuta, già responsabile del “Centro di prevenzione e trattamento del disagio psicologico nei luoghi di lavoro” della ASL Roma 2 e del “Centro regionale di riferimento in tema di problematiche inerenti il rischio da stress lavoro correlato”. È consigliere di fiducia dell’Istituto Nazionale di Statistica.

Alberto Crescentini, Psicologo del lavoro, lavora presso SUPSI (Scuola universitaria della Svizzera italiana). Membro del direttivo di SIPLO (Società Italiana di Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni) ne coordina il gruppo di lavoro sullo stress lavoro correlato.

Eleonora Fiumara, psicologa, psicoterapeuta ed esperta di orientamento professionale, lavora presso lo Sportello D'Ascolto per il disagio lavorativo dei dipendenti di Roma Capitale, dove si occupa della gestione dei casi, della progettazione e realizzazione di interventi formativi rientranti nei piani di miglioramento per il disagio da stress lavoro correlato e della gestione di percorsi di consulenza orientativa finalizzati ad accompagnare il cambiamento professionale dei dipendenti comunali inidonei alla mansione specifica. È Membro supplente del Comitato Unico di Garanzia di Roma Capitale.

Pasquale Indulgenza, psicologo e psicoterapeuta, è coordinatore del Team Psicologi di Trenitalia (Direzione Risorse Umane e Organizzazione). In Trenitalia si occupa di clinica post-traumatica, di stress-lavoro correlato e di sicurezza dell’esercizio ferroviario. E ‘membro della Associazione Mondiale di Psicoanalisi e docente incaricato presso l’Istituto Freudiano per la clinica, la terapia, la scienza.

David Pelusi, dottore in tecniche psicologiche, lavora come consulente e formatore. Consigliere dell’Ordine degli Psicologi del Lazio e Coordinatore del GDL Rischio Stress Lavoro-Correlato dell’Ordine degli Psicologi del Lazio.

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Paola Scarpello, psicologa, psicoterapeuta ed esperta di orientamento e di management dei servizi e delle politiche per il lavoro. Attualmente lavora presso lo Sportello d’Ascolto per i Dipendenti Capitolini dove si occupa di programmazione, implementazione e realizzazione di azioni individuali e di gruppo correlate all’ascolto, all’orientamento e all’accompagnamento dei dipendenti capitolini e a supporto dei Dirigenti e di tutte le Strutture Organizzative dell’Ente. E’membro dell’A.I.G.A. (Associazione Italiana Gestalt Analitica) e coordinatrice del GRGA (Gruppo di Ricerca in Gestalt Analitica).

Pietro Stampa, psicologo psicoterapeuta di formazione psicoanalitica; Vicepresidente dell’Ordine degli Psicologi del Lazio, coordinatore della Commissione Deontologica; Professore incaricato di Etica e deontologia professionale, Facoltà di Medicina e Psicologia, "Sapienza" Università di Roma