Incontro Natale 2009

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Per una Chiesa Viva www.chiesaravello.it www.ravelloinfesta.it Anno V- N. 12 – Natale 2009 A Natale,il venticinque dicembre di ogni anno, nel ricordo della nascita storica di Gesù di Nazaret avvenuta a Betlemme di Giudea,, la liturgia della Chiesa ce- lebra il Mistero di Cristo che, secondo la rivelazione contenuta negli scritti del- la Seconda Alleanza, per l’Incarnazione dell’Unigenito Figlio di Dio, il Verbo eterno di Dio Padre è entrato nella storia umana, nella carne degli uomini, nella persona di Gesù Cri- sto . Un evento misterioso questo che eccede la nostra umana capaci- tà di comprensione del mistero di Dio e la stessa comune ardente attesa di sal- vezza dell’umanità di tutti i tempi. All’uomo è stata a- perta, anzi, è stata spalancata la strada alla conoscenza dell’unico vero Dio che non resta più relegato tra le nuvole, nella sua trascendenza, quasi nella sua lontananza, ma si è fatto vedere e gli ha manifestamente dichiarato di volergli essere vicino,vicinissimo, intimo. Un Dio vicino che afferma di essere Pa- dre ed amico degli uomini; tanto vicino da prendere la natura stessa dell’uomo per essere compagno di viaggio di ogni uomo e potergli insegnare la strada che porta a Lui, partecipare alla sua stessa natura,divenire come Dio e comprendere il significato della vita e della morte, con la lieta fiduciosa certezza di condivi- dere in futuro, la stessa eternità di Dio. Quel Dio che secondo la testimonianza dei profeti si era dichiarato amico degli uomini, ora si è rivestito della natura umana e, uomo in tutto simile agli uomi- ni tranne che nel peccato; vive accanto all’uomo, implicato realmente con la pasta umana e, nel contempo, proprio perché implicato, capace di innalzare, elevare la miseria e la debolezza umana, alle altezze più inattese, alla stessa sua vita divina. Venendo ad abitare tra gli uomini e uomo tra gli uomini, con l’ assunzione della natura umana, Dio ha scelto di condividere dal di dentro l'espe- rienza della sua creatura, di quella che egli stesso ha posto a custodia di tutto il creato, costituendola quale unico punto di autocoscienza del cosmo. Divenuto uomo in Gesù Dio ha intessuto un inten- so dialogo con gli uomini sui massimi problemi della loro vita in ordine alla verità, la giustizia, l’amore, la pace, inau- gurando un metodo nuovo per comunica- re con gli uomini. Non ha scelto di in- viarci un libro che par- lasse di Lui, non si è rivelato in visioni strane ed incomprensibili, non ha imposto regole mo- rali, ha semplicemente offerto se stesso come Rivelatore del vero vol- to di Dio, immagine perfetta del Padre e modello esemplare di vita perfettamente riu- scita: Egli unica via, verità e vita dell’uomo nuovo, chiamato a dive- nire figlio di Dio. Domenica 20 dicembre nell’augurare un vero Natale ai pellegrini che gremivano Piazza San Pietro in Roma, il Papa Benedetto XVI ha ricor- dato che ” come ai tempi di Gesù, il Na- tale che celebriamo non è una favola per bambini, ma la risposta di Dio al dramma dell’umanità in cerca della vera pace. "Egli stesso sarà la pace!" – dice il profe- ta riferendosi al Messia. A noi spetta a- prire, spalancare le porte per accoglier- lo.”! Continua a pagina 2 Natale di Cristo Mistero dell’Incarnazione del Verbo di Dio P ERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

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Continua a pagina 2 PERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO Anno V- N. 12 – Natale 2009 il significato della vita e della morte, con la lieta fiduciosa certezza di condivi- dere in futuro, la stessa eternità di Dio. Quel Dio che secondo la testimonianza dei profeti si era dichiarato amico degli uomini, ora si è rivestito della natura umana e, uomo in tutto simile agli uomi- ni tranne che nel peccato; vive accanto

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Per una Chiesa Viva

www.chiesaravello.it www.ravelloinfesta.it Anno V- N. 12 – Natale 2009

A Natale,il venticinque dicembre di ogni anno, nel ricordo della nascita storica di Gesù di Nazaret avvenuta a Betlemme di Giudea,, la liturgia della Chiesa ce-lebra il Mistero di Cristo che, secondo la rivelazione contenuta negli scritti del-la Seconda Alleanza, per l’Incarnazione dell’Unigenito Figlio di Dio, il Verbo eterno di Dio Padre è entrato nella storia umana, nella carne degli uomini, nella persona di Gesù Cri-sto . Un evento misterioso questo che eccede la nostra umana capaci-tà di comprensione del mistero di Dio e la stessa comune ardente attesa di sal-vezza dell’umanità di tutti i tempi. All’uomo è stata a-perta, anzi, è stata spalancata la strada alla conoscenza dell’unico vero Dio che non resta più relegato tra le nuvole, nella sua trascendenza, quasi nella sua lontananza, ma si è fatto vedere e gli ha manifestamente dichiarato di volergli essere vicino,vicinissimo, intimo. Un Dio vicino che afferma di essere Pa-dre ed amico degli uomini; tanto vicino da prendere la natura stessa dell’uomo per essere compagno di viaggio di ogni uomo e potergli insegnare la strada che porta a Lui, partecipare alla sua stessa natura,divenire come Dio e comprendere

il significato della vita e della morte, con la lieta fiduciosa certezza di condivi-dere in futuro, la stessa eternità di Dio. Quel Dio che secondo la testimonianza dei profeti si era dichiarato amico degli uomini, ora si è rivestito della natura umana e, uomo in tutto simile agli uomi-ni tranne che nel peccato; vive accanto

all’uomo, implicato realmente con la pasta umana e, nel contempo, proprio perché implicato, capace di innalzare, elevare la miseria e la debolezza umana, alle altezze più inattese, alla stessa sua vita divina. Venendo ad abitare tra gli uomini e uomo tra gli uomini, con l’ assunzione della natura umana, Dio ha scelto di condividere dal di dentro l'espe-rienza della sua creatura, di quella che egli stesso ha posto a custodia di tutto il

creato, costituendola quale unico punto di autocoscienza del cosmo. Divenuto uomo in Gesù Dio ha intessuto un inten-so dialogo con gli uomini sui massimi problemi della loro vita in ordine alla verità, la giustizia, l’amore, la pace, inau-gurando un metodo nuovo per comunica-re con gli uomini. Non ha scelto di in-

viarci un libro che par-lasse di Lui, non si è rivelato in visioni strane ed incomprensibili, non ha imposto regole mo-rali, ha semplicemente offerto se stesso come Rivelatore del vero vol-to di Dio, immagine perfetta del Padre e modello esemplare di vita perfettamente riu-scita: Egli unica via, verità e vita dell’uomo nuovo, chiamato a dive-nire figlio di Dio. Domenica 20 dicembre nell’augurare un vero Natale ai pellegrini che gremivano Piazza San Pietro in Roma, il Papa Benedetto XVI ha ricor-

dato che ” come ai tempi di Gesù, il Na-tale che celebriamo non è una favola per bambini, ma la risposta di Dio al dramma dell’umanità in cerca della vera pace. "Egli stesso sarà la pace!" – dice il profe-ta riferendosi al Messia. A noi spetta a-prire, spalancare le porte per accoglier-lo.”!

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Natale di Cristo Mistero dell’Incarnazione del Verbo di Dio

PERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

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Per celebrare l’ autentico Natale di Cristo, il Natale della fede, dovremo comprendere che il mistero dell’'Incarnazione non è soltanto una verità rivelata da conoscere e ritenere per fede divina, ma a motivo della ve-nuta in terra del Figlio di Dio nella per-sona di Gesù di Nazaret di cui ogni an-no festeggiamo la nascita, il mistero dell’Incarnazione e la Compagnia di Dio deve divenire per noi una esperienza quotidiana e concreta di ogni giorno, nella certezza di vivere sempre e dovun-que con Gesù nostra Via Verità e Vita; guidati dalla Chiesa che, proprio attra-verso la sua struttura sacramentale, in particolare attraverso il Sacramento della Presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, ci garantisce la perma-nenza tra noi, così splendidamente uma-na dell’azione misteriosa e potente del Signore Gesù che oggi dona amore per-dono e pace ad ogni uomo che lo acco-glie. Per noi, infatti, il Verbo si è fatto carne; per noi in Gesù di Nazareth, Signore e Cristo abita corporalmente la pienezza della divinità; per noi l'Incarnazione è anche il metodo, il cammino con il quale il Signore ha deciso di raggiungerci e ci raggiunge adesso per restare sempre con noi.

Don Giuseppe Imperato

Benedetto XVI: “Il Natale non è una favola per bambini”

“Oggi, come ai tempi di Gesù, il Natale non è una favola per bambini, ma la ri-sposta di Dio al dramma dell'umanità in cerca della vera pace.” Le parole del San-to Padre Benedetto XVI, all’Angelus di domenica 20 dicembre, sono un riferi-mento al senso vero di queste feste e ci devono far riflettere su come questa festa

si sia trasformata in tutt’altra cosa. Il dramma dell’umanità in cerca di pace è in pratica un richiamo forte a tutto quello che sta accadendo nel mon-do: circa 30 conflitti sono ancora in corso ad ogni lati-tudine e accanto a guerre famose ci sono alcune com-pletamente dimenticate: la vera pace a cui fa riferimen-to Benedetto XVI è qualcosa che va al di là dell’ armisti-zio più o meno duraturo di una guerra, è la pace del cuore, è la predisposizione all’accoglienza, a “calarsi nelle chiusure, nei drammi, spesso sconosciuti e nascosti, e nei con-flitti del contesto in cui si vive, con i sen-timenti di Gesù, per diventare ovunque strumenti e messaggeri di pace”. Proprio la disponibilità a calarsi nei drammi do-vrebbe caratterizzare il nostro essere cristiani, la volontà di essere messaggeri di pace dovrebbe contraddistinguere il nostro agire. Ma essere messaggeri di pace significa far terminare i conflitti che affliggono intere aree del mondo? Signifi-ca anche questo ma per noi deve signifi-care soprattutto non creare divisioni, operare per l’unità, vivere prima di tutto la giustizia ad ogni livello, da quello eco-nomico a quello sociale, e se tutto questo si attua le nostre comunità saranno ger-me di pace per il resto del mondo. Non si può vivere il Natale se si ha nel cuore la divisione, se ognuno pensa al proprio tornaconto con la stessa capar-bietà con cui si difendono i diritti di una proprietà, l’apertura all’altro deve co-minciare dalle nostre comunità, e l’altro per noi è anche il semplice vicino. Benedetto XVI nell’Angelus ha ricorda-to, infatti, che il dovere di ognuno di noi è aprirci al disegno di Dio anche quando non riusciamo a comprenderlo fino in fondo e questa accoglienza darà i suoi

frutti: Giuseppe e Maria fecero così e divennero strumento della salvezza ope-rata da Dio. Natale deve essere il momento in cui fermarsi a pensare a questi aspetti che lo shalom tra regali e cenone ci fa dimenti-care e quale migliore occasione del Nata-le per potersi soffermare a riflettere an-che sul tema della giornata della pace, che si celebra il 1° gennaio? Anche in questo caso i botti e i festeggiamenti per l’arrivo del nuovo anno ci rendono di-mentichi di quello che la Chiesa ci pro-pone per impegnarci seriamente da cri-stiani. Per il 2010, in occasione della 43° giornata della Pace, il Santo Padre ha invitato i credenti a riflettere sul fatto che per una vera pace occorre rispettare il creato. Un utilizzo sostenibile delle risorse naturali, infatti, rappresenta il primo passo per creare quella giustizia da cui fiorisce la pace. Il Natale sia, quindi, anche un bel racconto da far conoscere ai bambini ma sia soprattutto un momento da vivere con quella consapevolezza che ci rende cristiani maturi, cioè strumenti della crescita spirituale personale e della nostra comunità. Solo così potremo vive-re il vero significato del Natale.

Maria Carla Sorrentino

SEGUE DALLA PRIMA

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La celebrazione della Divina Eucaristia, nell’ imminenza del Santo Natale, è un’occasione di preghiera e di grazia per tutti: per voi, per i vostri cari, per le re-sponsabilità politiche che vi sono state affidate e che, come sapete, è una forma importante e necessaria di amore e di servizio al Paese. Con voi prego e prego per l’intero corpo politico ed istituziona-le, perché la luce del Natale illumini e sostenga il compito di tutti e di ciascuno. Il Natale è festa cara e attesa per tutti: è il Natale nella storia del Signore del tempo. Nasce alla vita terrena Colui che è Signo-re della vita eterna. Senza Gesù il Natale sarebbe solo una festa. Egli è venuto per la salvezza del mondo, per riaprire la terra al Cielo, l’uomo a Dio; perché nes-suno sia solo. Sentiamo, infatti, nell’invocazione del profeta Isaia, la con-sapevolezza acuta dei limiti umani sia nel portare l’esistenza dei giorni, sia per co-struire la città degli uomini nel segno della giustizia e della pace: “Stillate cieli dall’alto e le nubi facciano piovere la giu-stizia: si apra la terra e produca la salvez-za e germogli insieme la giustizia”. La grazia di Cristo non manca e sollecita e chiede la libertà degli uomini perché si compiano le opere di Dio, quelle che il Vangelo appena ascoltato ha ricordato come i segni della salvezza. Essa si realiz-za quando appunto il cuore dell’uomo e la sua responsabilità si aprono al dono di Cristo e della sua Parola che risuona nel grembo della Chiesa Maestra e Madre: “I ciechi riacquistano la vista. Gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono. I morti risuscitano , ai pove-ri è annunziata la buona novella”. Quando gli uomini si aprono a Dio, allora si apro-no tra di loro e fioriscono sentieri di giu-

stizia e di pace, si fa l’esperienza dell’amore vero che supera interessi indi-viduali e si esprime nella misericordia e nel perdono vicendevole, nella valorizza-zione dei fratelli e nella parressia che non d e m o l i s c e m a c o s t r u i s c e . Quanto bisogno abbiamo dell’amore per la nostra vita personale e per la vita della società e del mondo! Per questo non pos-siamo ridurre il Natale a una festa senza Cristo, a una reviviscenza momentanea di buoni sentimenti, ad una pur bella occa-sione di incontri, ad un lieto e sobrio scambio di doni. E’ necessario innanzitut-to lasciarci interpellare dal Mistero fatto carne; lasciarci richiamare alla responsa-bilità piena della nostra fede: essa illumi-na l’intero orizzonte della nostra vita – privata e pubblica - sicché nulla è zona neutra. Alla luce diffusa del presepe, ri-cordiamo che Dio ha assunto la nostra umanità nella sua interezza, elevando tutto il mondo dell’umano a cominciare dal dono straordinario della ragione. Ec-co perché nell’orizzonte della fede non vi è solo la fede ma anche la ragione, e per-ché il Vangelo ci parla di Dio e dell’uomo, e – come afferma il Concilio Vaticano II – sul volto di Cristo crocifisso risplende il vero volto di Dio e il vero volto dell’uomo. Per questo non possia-mo mai mettere tra parentesi la fede qua-si dovessimo vivere una schizofrenia che è umanamente impossibile; ed è per questo che la fede cristiana non è divisiva rispet-to a ciò che è autenticamente umano, ma, al contrario, è dialogo onesto e capacità di giudizio per costruire insieme. Ed è per questa ragione che la Chiesa è vicina a tutti, a tutti annuncia il Signore e il suo Vangelo; quel Vangelo che, nella storia, ha generato civiltà e cultura per tutti. Non avendo interessi di parte, vive accanto a tutti senza distinzioni, condivi-de i problemi e le speranze della gente, ne raccoglie le voci profonde e se fa voce: credenti o meno, ognuno sa che sempre può bussare alla sua porta e trovare ascol-t o , s i m p a t i a , a i u t o . Il messaggio del Natale ritorna in tutta la sua bellezza e urgenza. Infatti esso sem-bra stridere rispetto al clima che stiamo

vivendo come Paese. Come è già stato rilevato da voci autorevoli, l’aria di odio personale avvelena la politica, fomenta la rissa, e sfocia in gravi e inaccettabili epi-sodi di violenza. La gente è stanca e non merita questo. Senza un’ evidente, onesta e concreta svolta si alimenta il senso di insicurezza, diminuisce la fiducia nelle Istituzioni, scoraggia la partecipazione alla vita del Paese, indebolisce la coesione sociale sempre doverosa e tanto più ne-cessaria nei momenti di particolare diffi-coltà. Preghiamo perché i nuovi maestri del sospetto e del risentimento deponga-no le parole violente che, ripetute, risu-scitano ombre e mostri passati. Ciò nonostante, la gente non desiste dalla fiducia e dall’impegno nella famiglia, nel lavoro, nella società. Il nostro popolo merita il meglio di tutti i responsabili, a qualunque livello e titolo, perché – al di fuori dei riflettori che a volte snaturano ed enfatizzano - porta avanti i propri do-veri quotidiani con grande dignità, senso del dovere, con una serietà morale e ca-pacità professionale che fanno onore al Paese in Italia e nel mondo. Questo patri-monio non vogliamo sperperare mai, né possiamo permettere che si annebbi die-tro a settarismi che nulla hanno a vedere con la dialettica culturale, politica e so-ciale. Questa mira a costruire, quella v u o l e d i s t r u g g e r e . Ascoltiamo le parole che il Santo Padre Benedetto XVI ha pronunciato ad Assisi recentemente: le ha dette ai giovani, ma proprio per questo le facciamo nostre, perché sentiamo tutti il bisogno di riat-tingere quell’entusiasmo giovanile che, se a volte può apparire colorato di utopia, dall’altra è capace di slanci gratuiti e ap-passionati alla ricerca onesta di un bene più alto e universale: “Lasciamoci incon-trare da Cristo! Fidiamoci di Lui, ascol-tiamo la sua Parola. In Lui non c’è soltan-to un essere umano affascinante. Certo, Egli è pienamente uomo, e in tutto simile a noi, tranne che nel peccato. Ma è anche molto di più: Dio è fatto uomo in Lui e pertanto è l’unico Salvatore, come dice il suo stesso nome: Gesù, ossia ‘Dio salva’” .

Card. Angelo Bagnasco

IL PRESIDENTE DELLA CEI AI PARLAMENTARI IN PREPARAZIONE AL NATALE

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L’atmosfera del Natale comincia a respi-rarsi già verso Novembre. I primi car-toncini di auguri natalizi compaiono nelle cartolerie, le vetrine dei negozi, le strade, a poco a poco si riempiono di luci sfavillanti e colorate. Le esigenze di mercato diventano pres-santi e di pari passo le immagini pubbli-citarie mandate in onda in TV e attra-verso ogni mezzo di comunicazione, sempre più martellanti. Si crea così l’atmosfera del Natale, i cui protagonisti principali sono i bambini. L’allegra atmosfera che si respira ovun-que dà la certezza che il Natale è la Festa più attesa da tutti, grandi e piccini, per-ché, nonostante tutto, conserva ancora “tanta capacità di suscitare gio-ia,attesa,meraviglia ed in tutti sentimen-ti di pace e di bontà”. E’perciò necessario essere attenti a non trasmettere, soprattutto ai più piccoli, soltanto il significato e l’aspetto del Na-tale commerciale, caratterizzato da pac-chi dono,strenne e panettoni. E’ importante riscoprire il significato vero del Natale che è dato dalla gioia di riconoscere ed accogliere Gesù che si è fatto uno di noi, per dare senso alla no-stra vita. Noi come cristiani, battezzati, sentiamo l’esigenza di prepararci con gioia e semplicità di cuore all’Incontro con il Signore Gesù, che già piccolo

Bambino nella grotta di Betlemme ha donato a ciascuno l’Amore del Padre. Amore rivelato attraverso l’esempio della Santa Famiglia, dalla loro Fede alla Parola di Dio, dalla disponibilità di en-trambi a prendersi cura del “Frutto del Grembo di Maria”, rivelando la “familiarità di Dio che viene ad abitare tra gli uomini come uno di noi, e cele-bra l’Amore che si fa dono e l’Amore che dona la vita.” Amore rivelato ancora attraverso la fe-deltà di Gesù al Padre, in tutta la sua vita,fino alla fine. Accogliere Gesù si-gnifica accogliere l’Amore, per lasciarlo entrare nella nostra quotidianità,fargli posto nei nostri cuori. Egli deve diventare la Luce che guida i nostri passi per avere lo slancio necessa-rio a vivere la “Comunione con il Dio con noi, L’Emmanuel”, e sentirci spinti dalla Forza dello Spirito ad un operoso impegno, alla preghiera costante e tra-sformare la nostra vita in occasioni di buone azioni, di incontro, di comunio-ne, di generosità, di attenzione ai biso-gnosi ,di perdono, di riconciliazione e di pace. Sono questi i doni preziosi del Natale rispetto ad altri che a lungo andare per-dono di valore e significato.

Giulia Schiavo

Mi è facile pensare spesso a quanto siamo straordinari: intendo come esseri umani, come persone, ma soprattutto ed innan-zitutto come figli di Dio. Alla caparbietà buona e all’ostinazione combattiva che hanno certi nostri atteg-giamenti che ovviamente non tendono al malvagio, al coraggio, alla forza che ci fa rialzare ed affrontare ogni cosa, che ci fa scommettere ancora sulla vita, ogni gior-no, perfino quando la scommessa stessa sembra inutile, fallimentare. So perfettamente che sarebbe molto più semplice guardarsi intorno e chiedersi con angoscia il perché di tante cose, la radice oscura dei mali che rendono la vita una calotta insicura di vetro, spesso opaca e purtroppo scheggiabile alla prima tem-pesta; il senso dell’impotenza, così come quello dell’instabilità e della mutabilità delle nostre vicende, ci stanno intorno come segugi dal fiuto eccezionale e il tempo è una clessidra sempre troppo veloce, in cui la sabbia scivola portando dietro i nostri desideri. Troppo spesso gli affetti. Nella vita il dolore è un direttore d’orchestra imparziale ed impietoso e la prima melodia che giunge, avvertibile in lontananza come un crescente musicale, come certi tuoni cupi che annunciano i temporali fra le montagne, è spesso quella di una sconfitta annunciata. Eppu-re oggi, e la sensazione nasce spontanea da una regione del mio cuore, oggi guar-do a noi con un sorriso e con la certezza della nostra straordinarietà. Sorrido con ammirazione alle vicende che segnano la nostra pelle come percor-si indelebili, nonostante le difficoltà, le malattie, le angosce, gli orizzonti sfocati di futuri incerti e precari, la follia dei poteri e del potere, l’Idra multiforme del male che recide vite inspiegabilmente e spesso nei modi più atroci: su territori di guerra travestiti da lande di pace, nei vicoli di una città troppo affollata ed affa-mata, al caldo di una casa che dovrebbe essere sicura. L’Idra sa travestirsi, si arma di gelosia o solo di disperazione, di vendetta, si arma di un distorto codice d’onore, di un mo-mento di fallace e bugiarda onnipotenza, di un’ispirazione malvagia salita dal corpo come una musa oscura. Eppure la vita

I DONI DEL NATALE AUTENTICO LA LUCE DI CRISTO

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continua ad essere straordinariamente amabile: con i suoi accenti e le speranze, con i progetti e i nuovi palpiti, con le promesse che tornano ad unire persone, ad intrecciare destini, con i piccoli addii che celano nuove partenze e nuovi inizi. Credo che tutto ciò, che la speranza te-starda che ci anima nonostante le difficol-tà, abbia una radice profonda a cui non tutti guardano con la stessa sincerità: forse per tanti è più semplice giurare che quella radice è una comoda invenzione, un modo per farsi coraggio, che non esiste nulla e che la forza parte da noi stessi. Non fa differenza: quella radice, quella forza, sono lì dentro come segni di un patto che ha valicato la storia ed il tempo. Qualcuno che ci ha voluti forti e pronti, nonostante tutto. Quel Qualcuno conosce fin dall’inizio la nostra straordi-narietà e ci chiede di metterla alla prova proprio come un talento, un potere, un dono. Non si cammina attraverso le tenebre senza una luce capace di indicare la strada giusta e se l’uscita è ancora lontana, è quella luce che rischiara i percorsi acci-dentati; laddove la caduta sarà inevitabile sarà quella stessa luce a ricordarci come sollevarci e come continuare. La luce è Cristo, il faro di un perdono che non conosce le nostre regole fallaci, che non ha il nostro scarno e limitato metro di giudizio. Non c’è notte che non abbia un giorno. Forse è proprio per questo che il nostro cammino continua a procedere tentennando fra masse oscure che si al-ternano come banchi di nubi minacciose:

ma non c’è giorno in cui non troviamo una ragione valida per sorridere, un mo-mento in cui ricordare quanto siamo for-tunati per la persona che ci aspetta a casa, per quella che abbiamo appena co-nosciuto, per un ricordo che ci accompa-gna come un canto. La luce è Cristo. La bussola il Suo amore. Abbiamo imparato a camminare da tanto, ma come si fa con alcuni bambini appena liberi dal controllo dei genitori, l’attenzione non è mai troppa. Allora ecco, un istante prima di toccare il terre-no, di risentire di una caduta che sarebbe altrimenti rovinosa e fatale, quella luce arriva e ci inonda. Anche nel momento peggiore: nella morte o nella disperazio-ne. E allora nessuna notte sarà tale senza ciò che arriverà dopo. La notte sarà una pausa, necessaria ma breve, fra più atti-mi di Luce. Chi si arrenderà alla Luce, non perderà mai. Perché il vero vincitore è colui che è stato sconfitto dalla Luce di Cristo.

Emilia Filocamo

Cosa ti metti a Natale ?

Umberto Eco sostiene che se “l’abito non fa il monaco”, certamente “lo comunica”. Lo definisce e identifica come apparte-nente ad una categoria piuttosto che un’altra, partecipe di un gruppo di valori diversi, rispetto a quello di fianco, “vestito” in altro modo. Naturalmente quando si parla di vestiti e di moda, non bisogna superficialmente ritenere che tutto si fermi alla mera dia-triba tra scarpe e borse, lustrini e paillet-tes. La moda è un insieme di segni e sim-boli, è un sistema di comunicazione come può essere quello verbale, che ha i suoi codici, le sue regole, le sue eccezioni. Aderendo all’idea di un sistema-moda, così descritto quindi, si sceglie di usarlo come strumento d’interazione, capace di metterci in relazione con l’altro, svilup-pando rapporti di condivisione o scontro. In questa chiave, bisogna trascendere dall’indumento come semplice stoffa, estendendo i suoi confini reali, espanden-doli per includere le abitudini e le usanze di interi popoli, definiti a ragione “costumi”. L’abito diviene così simbolica-mente la seconda pelle dell’uomo, ciò che gli dona identità, fatta di sentimenti,

ideali, comportamenti, che si è formata durante la crescita e di cui non ci si può liberare. Quando, dunque, San Paolo esorta i Romani: “Comportatevi onesta-mente come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo […]”, intende proprio que-sto: adottate l’abito del Signore, ricopri-tevi della sua stessa pelle, identificatevi in Cristo. Cristo inteso come luce, come spirito, come Dio, è un insieme di principi che noi scegliamo di custodire quando diven-tiamo Suoi figli, ma è anche un insieme di “abiti” che decidiamo di testimoniare agli altri, di comunicare all’esterno per essere compresi e per fare gruppo e solidarietà, nel nome del Signore. E’ il bambino che si “riveste di Cristo” con la sua veste bian-ca e immacolata, ad esempio, durante il battesimo, quando risorge con Lui. Rivestirsi di Cristo è ancora, possibilità di adottare l’armatura di amore e di fede che lui incarna, capacità di farsi forieri di messaggi di pace nel suo nome, voglia di essere partecipi della Fede e con Lei pro-teggersi dal peccato, dall’“abito cattivo”.

Ecco perché per Natale, il giorno in cui il Signore nostro Salvatore è venuto tra noi, ci auguriamo che tutti si rivestano di Lui, che tutti non dimentichino la vera realtà di una festività, spesso soffocata del consumismo e dallo spreco, e adottino i suoi abiti, per farsi testimonianza della Sua misericordia. Essere Cristiani, oggi, significa portare le vesti del Cristo e con loro – come fa un bel vestito- attirare gli altri verso di sé, affascinarli, al fine di coinvolgerli e renderli partecipi dell’immensità del suo sommo bene. Nell’augurarci che tutti seguano questi suggerimenti di stile, ci congediamo; non senza aver prima augurato a tutti un sere-no Natale.

Iolanda Mansi

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La morsa del gelo pungente, qualche albero spoglio infreddolito, il tappeto di nubi nel cielo plumbeo . Questo la cor-nice paesaggistica del periodo natalizio. Una cornice, però, resa più bella dalle mille lucine colorate, dai festoni, dalle gaie decorazioni. Ogni porta sarà ador-nata dal proprio rametto di vischio, in ogni casa ci sarà un abete riccamente addobbato, piccolissimo o enorme che sia, in ogni via non mancherà un tocco di luce variopinta. La domanda che ,a que-sto punto, sorge spontanea è : se nel periodo natalizio si “combatte” il freddo cupo rallegrandolo e ravvivandolo con festoni e addobbi vivaci, perché non contrastare il gelo dell’anima riattiz-zando la fiamma della fede e della speranza? Natale è p r o p r i o l’occasione adatta a farlo. L’occasione ideale per decorare non solo la parete del salotto e l’albero in giardino, ma pure il proprio cuore, per poter vivere pienamente la dolcezza e l’unicità di questa festa. Quest’ultima non deve tradursi unicamente in una corsa al regalo dell’ultimo minuto, in un ipocrita scambio di auguri, nel trionfo, insomma, della futilità e dell’apparenza. Potrebbe essere , anzi “dovrebbe” essere per tutti un prezioso momento di rifles-sione, sia per gli adulti spesso travolti dalla frenesia del tram tram quotidiano, sia per gli anziani che, in taluni casi, ca-dono nel bigottismo di parata, e in par-ticolare per i giovani, che talvolta trala-sciano superficialmente la cura della pro-pria “bellezza” interiore. Anzi, proprio i giovani dovrebbero essere i motori di un “nuovo Natale”. Un Natale che lasci ad ognuno qualcosa di più di qualche odioso chiletto di troppo e il portafogli un po’ più vuoto. Basterebbe pure solo fermar-si un attimo e, parallelamente agli ad-dobbi esterni, abbellire un po’ il nostro cuore con le decorazioni del Perdono, dell’Amore e della Verità. Anche se, come si suole fare prima di predisporre gli ornamenti per una festa, occorre

“fare piazza pulita”, ovvero operare una “selezione”: accantonare, cioè, in un “ripostiglio” ciò che al momento non serve, ma potrebbe tornarci utile (le esperienze del passato) da un lato, ma dall’altro avere anche il coraggio di but-tare via il superfluo, che rappresenta semplicemente un inutile, se non delete-rio, fardello (i vizi, i difetti, i peccati). Solo in questo modo si potrà accogliere il Cristo che nasce in un cuore sincero e “più pulito” . Non dobbiamo, però, ne-anche cancellare tutto con un colpo di spugna il 26 dicembre, tornando alla

nostra quotidianità come se nulla fosse. Proviamo, invece, a conservare il nostro animo puro e pieno d’amore non solo il 25, ma il 26,il 27 e tutti i giorni che seguiranno, per quanto più ci sia possibile. Facciamo

nostre, insomma, le parole di Di-ckens:"Onorerò il Natale nel mio cuore e c e r c h e r ò d i t e n e r l o c o n m e t u t t o l ' a n n o . " Stefania Gargano

IL NATALE TRA FEDE E CONSUMISMO

Il fascino del Natale è grande e magico con le sue luci, le decorazioni, i prepara-tivi e dovrebbe trasmettere molta sereni-tà. Un tempo si festeggiava il Natale in modo semplice. Prevaleva la festa reli-giosa e la Santa Messa di mezzanotte riscaldava il cuore. Nelle famiglie c’era un piccolo presepe, generalmente senza albero di Natale. I doni erano pochi, molto pochi, ma regalavano tanta felici-tà. Il Natale era quindi il momento dell’anno in cui grandi e piccoli trovava-no armonia, pace e un’occasione per ritrovare i propri cari. Oggi, purtroppo, il nostro è diventato il Natale dell’opulenza e dei regali inutili. Anche quest’anno siamo tutti in giro per i nego-zi a pensare ai regali che dobbiamo fare, e come al solito anche quest’anno ci stia-mo perdendo nel consumismo. Prevale il Natale consumistico, quindi, che ci viene proposto dalla pubblicità e dai negozi che

UN NUOVO NATALE iniziano già due mesi prima ad esporre prodotti di ogni genere. Ci si scambia auguri e proposte d’amore verso il prossi-mo ma il giorno dopo torna tutto come prima e ci si dimentica delle promesse. Si scorda che il Natale non è fatto solo di regali. Esso dovrebbe essere soprattutto un periodo di riflessione, perciò chiedia-moci innanzitutto: che cos’è il Natale per noi? Dobbiamo ricordarci che il vero si-gnificato del Natale è la nascita di Gesù Bambino venuto in povertà in una man-giatoia. Dobbiamo mantenere le nostre tradizioni e non lasciare che vengano so-praffatte dal consumismo. Infatti sono diminuite le persone che fanno il presepe mentre sotto l’albero abbondano pacchet-ti e pacchettini. Bisogna ritornare a vivere il Natale con vera fede, capire che Gesù viene a stare con noi; viene ad abitare in mezzo a noi, viene a colmare le distanze che ci dividono e ci separano, e viene a riconciliarci con lui e tra di noi”. Natale è gioia, Natale è un sorriso, una carezza, un abbraccio. Natale è il contatto e il rappor-to che la gente instaura facendosi gli augu-ri, guardandosi negli occhi durante il brindisi. Natale è il pensiero rivolto ad una persona, non il regalo in sé che poi le doneremo. Soprattutto a noi giovani que-ste sembrano solo parole, parole, parole. Per la nostra generazione è difficile fer-marsi a riflettere sul senso di questa festi-vi tà, poiché si amo sopraf fatti dall’immagine che riveste il Natale, che lo rende perfetto, bello e ricco. Ma questo non è il vero Natale. Troppo spesso di-mentichiamo ciò che fin da piccoli ci han-no insegnato: Natale è amore, è una ric-chezza interiore. In quella grotta, nella lontana Betlemme, non nacque un sem-plice bambino ma un modello di vita che avremmo dovuto seguire e ammirare. Al giorno d’oggi però purtroppo abbiamo perso quasi totalmente questo punto di riferimento che ricerchiamo avidamente in altri modelli futili, e ci illudiamo poi stoltamente di averlo trovato. Dobbiamo imparare a cogliere il meglio dalle piccole cose. Dobbiamo imparare a riconoscerci in quel piccolo Gesù Bambino che il 25 dicembre poniamo sulla mangiatoia nel presepe: piccolo, fragile, esile ma nello stesso tempo forte e importante perché portatore di un messaggio di speranza e di pace. Raffaele Amato

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Il Natale “ci aiuta a riscoprire il senso e il gusto della gioia cristiana, così diversa da quella del mondo”. A ricordalo papa Benedetto alla recita dell’Angelus di do-menica 13 dicembre. In piazza San Pietro sono i bambini con le statuette del bam-binello del presepio tra le mani a ricor-dare che il festeggiato è lui, il bambino nato in una mangiatoia, il Signore che si è fatto povero e piccolo incarnandosi nella storia dell’umanità. È motivo di gioia, dice il Papa ai bambini, sapere che “nelle vostre famiglie si conserva l’usanza di fare il presepe. Però non basta ripetere un gesto tradizionale, per quanto importante. Bisogna cercare di vivere nella realtà di tutti i giorni quello che il prese-pe rappresenta, cioè l’amore di Cristo, la sua umiltà, la sua po-v e r t à ” . Nel presepio torna quell’invito alla gioia manifestato nelle lettu-re e nella liturgia domenicale, perché è scuola di vita il prese-pio, “dove possiamo imparare il segreto della vera gioia. Questa non consiste nell’avere tante cose, ma nel sentirsi amati dal Signore, nel farsi dono per gli altri e nel volersi bene”. E lo spiega il Papa guardando a Maria e a Giuseppe, a questa famiglia “non molto fortunata”, almeno al primo sguardo. “Hanno avuto il loro primo figlio in mezzo a grandi disagi; eppure sono pieni di intima gioia, perché si amano, si aiutano, e soprattutto sono certi che nella loro storia è all’opera Dio, il Quale si è fatto presente nel piccolo Gesù. E i pastori? Che motivo avrebbero di rallegrarsi? Quel Neonato non cambie-rà certo la loro condizione di povertà e di emarginazione. Ma la fede li aiuta a riconoscere nel bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia, il ‘segno’ del compiersi delle promesse di Dio per tutti gli uomini che egli ama, anche per loro”. Un’altra immagine della terza domenica di Avvento è Giovanni il Battista, uomo austero e senza compromessi, dalla paro-la dura e infuocata. Eppure la gioia è

stata, come dire, la cifra della sua esi-stenza, il tono della sua vita. Non invita a fuggire nel deserto, a ricoprirsi di pelli di animali, ma il luogo della conversione, ricorda il Papa, è la vita in cui deve pren-dere forma la Parola di Dio, che dona salvezza. Un Dio che viene e che è più forte di lui, ricorda, al quale non è degno di slegale i lacci dei sandali. La vera gio-ia, afferma papa Benedetto, “è il sentire che la nostra esistenza personale e comu-nitaria viene visitata e riempita da un mistero grande, il mistero dell’amore di

Dio. Per gioire abbiamo bisogno non solo di cose, ma di amore e di verità: abbiamo bisogno di un Dio vicino, che riscalda il nostro cuore, e risponde alle nostre attese profonde”. Il bambinello del presepio “è il centro di tutto, è il c u o r e d e l m o n d o ” , “ f o n t e d e l l a v e r a g i o i a ” . La domenica di Benedetto XVI ha inizio in una struttura sanitaria, l’“Hospice Sa-cro Cuore”, nata undici anni fa per assi-stere i malati in fase terminale, affetti da Alzheimer e da Sclerosi laterale amiotro-fica (Sla). Incontra i malati, 33 persone

nei 3 piani dell’edificio, poi i medici, il personale, i volontari e i dirigenti della F o n d a z i o n e R o m a e d e l C i r c o l o S a n P i e t r o . “Alla luce della fede – dice il Papa – pos-siamo leggere nella malattia e nella soffe-renza una particolare esperienza dell’Avvento, una visita di Dio che in modo misterioso viene incontro per libe-rare dalla solitudine e dal non-senso e trasformare il dolore in tempo di incon-tro con lui, di speranza e di salvezza”. Nella certezza cristiana della sua venuta,

ecco che il bambino che nasce di-venta il “Dio vicino che libera e salva”, afferma ancora il Papa. L’“Hospice” visitato dal Papa è anche un centro specializzato nelle cosiddette cure palliative, in grado di limitare la sofferenza e aiutare le persone a vivere la malattia con dignità. Ricorda: accanto alle cure necessarie “occorre offrire ai malati gesti concreti di amore, di vicinan-za e di cristiana solidarietà per ve-nire incontro al loro bisogno di comprensione, di conforto e di costa nte incoraggiamento” . Negli occhi, nella mente del Papa sicuramente ci sono ancora le im-magini di quei malati con i quali si è f e r m a t o , h a p r e g a t o . È prova “dolorosa e singolare” la malattia, ma “davanti al mistero di Dio” acquista “il suo senso e diven-ta dono e occasione di santificazio-ne. Quando la sofferenza e lo scon-forto si fanno più forti, pensate che Cristo vi sta associando alla sua

croce perché vuole dire attraverso voi una parola di amore a quanti hanno smarrito la strada della vita e, chiusi nel proprio vuoto egoismo, vivono nel pec-cato e nella lontananza da Dio”. Infine ancora una parola che trova forza nella gioia dell’Avvento: “Le vostre con-dizioni di salute testimoniano che la vita vera non è qui, ma presso Dio, dove ognuno di noi troverà la sua gioia”. Fabio Zavattaro Da Agenzia “SIR”

Vivere il presepe A Natale e in ogni giorno

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Il simbolo più popolare del Natale è il presepe, cioè quella rappresentazione visiva di quanto si legge nel Vangelo di San Luca al capitolo secondo: la nascita di Gesù che “viene adagiato in una mangia-toia perché non vi era posto per loro nell’albergo”, ma gli angeli trasformano la notte in una festa meravigliosa, invi-tando i pastori a rendere omaggio a quel bambino. In questi giorni, il presepe è presente in milioni e milioni di famiglie in tutto il mondo, non solo cattoliche. Si tratta di una tradizione che affonda le sue radici in uno specifico fatto storico della vita di San Francesco. Fu lui, il poverello d’Assisi, a dar vita per la prima volta a un presepe, e lo fece a Greccio, in Umbria, il 25 dicembre 1223. Ne abbiamo parlato con un frate france-scano, che si chiama Padre Francesco Ros-si e che per vent’anni è vissuto a Greccio, addetto ad accompa-gnare i pellegrini sul luogo dove avvenne il primo presepe e spie-gare loro la storia e quali significati pro-fondi volle dare ad essa il Santo di Assisi. <<Nel 1220>>, ci ha detto Padre Rossi <<Francesco era riuscito a realizzare un grande desiderio, andare a visitare i luoghi della vita terre-na di Gesù. Fu anche a Betlemme e si fermò a lungo a pregare e meditare sul luogo dove il Salvatore nacque. Tornato in Italia, continuava a ripensare a quel viaggio. E la sua mente era affascinata soprattutto dall’evento della nascita di Gesù. Dio che si fa uomo. Dio che di-venta bambino, umile, fragile, indigente. Francesco si commuoveva fino a piangere facendo queste considerazioni. E nel Na-tale del 1223, decise di organizzare una “rappresentazione viva” della nascita di Gesù, convinto che, potendo “vedere” con i suoi occhi, avrebbe avuto modo di comprendere ancora più a fondo>>. Perché scelse Greccio per quella

rappresentazione e non Assisi, sua città natale, dove abitualmente vi-veva? << Probabilmente perché Greccio gli richiamava alla mente il paesaggio di Bet-lemme, che aveva visitato tre anni prima. Conosceva Greccio. La sua prima visita a quei luoghi risale al 1208. Allora si era stabilito, con alcuni suoi compagni, sulla montagna. Ma in seguito, gli abitanti che stavano giù a valle lo pregarono di andare a vivere vicino a loro. E Francesco scese dalla montagna e si stabilì in alcune grot-te nei pressi del borgo. Greccio era un piccolo agglomerato di povere abitazioni intorno al castello. Forse contava un cen-tinaio circa di abitanti. La zona era palu-

dosa, malsana, e anche per questo poco abitata. Ma aveva quell’aspetto di povertà assoluta, di silenzio, di sofferenza anche fisica della natura, che a Francesco piace-vano, perché lo aiutavano a meditare, a sentirsi umile, povero. Tornando dai suoi viaggi in giro per l’Italia, amava so-stare a Greccio. E quando pensò di “rivivere” la nascita di Gesù, volle che questo avvenisse a Greccio>>. Ci sono documenti storici di quell’evento? <<I primi biografi, contemporanei a Francesco, quindi testimoni diretti, in particolare Tommaso da Celano e San Bonaventura, ne fanno un resoconto det-tagliato. <<Tommaso da Celano, nella sua “Vita prima di San Francesco d’Assisi”, al capi-

tolo XXX, dedicato appunto al racconto del Presepio di Greccio, dice che il San-to pensava continuamente alla vita di Gesù e soprattutto “all'umiltà dell'Incarna-zione e alla carità della Passione”. Cioè, ai due aspetti più umani e anche più scon-volgenti della vita terrena del Cristo. <<Francesco ha fama, tra la gente, di essere un santo romantico, un poeta, l’autore del “Cantico delle creature”, l’amante degli animali, della natura, in-somma un santo in un certo senso un po’astratto, immerso in una realtà misti-ca lontana dalla concretezza della vita. Immagine completamente sbagliata. <<San Francesco era sì un tipo romanti-co, un vero poeta e un autentico mistico,

ma con una “concretezza” granitica. La sua imitazione del Cristo era “alla lette-ra”, senza sbavature. Gesù ha insegnato che siamo tutti fratelli, figli dello stesso Padre e che egli si nasconde nei più miseri, negli am-malati, nei carcerati. E Francesco, per “vivere” alla lettera questo inse-gnamento, andava a visitare i carcerati, abbracciava e serviva i lebbrosi. Gesù era po-vero, non aveva nien-

te, e Francesco, che apparteneva a una famiglia ricca, volle rinunciare a tutto, perfino ai vestiti che indossava. L’Incarnazione, la nascita e la morte di Gesù erano, come scrisse il Celano, argo-menti fissi delle meditazioni di France-sco e voleva assimilarne il significato più profondo, immedesimandosi in essi fino a “viverli”. E per riuscire in questo, si riti-rava sui monti, in luoghi deserti, in modo che la sua meditazione fosse profonda. Nel 1223 era tutto concentrato sulla na-scita di Gesù e volle celebrare il Natale di quell’anno con una “rappresentazione realistica” di quell’evento. L’anno succes-sivo, 1224, andrà sul monte Verna per meditare sulla passione e morte di Gesù e avrà l’impressione delle stigmate di Cri-sto sul proprio corpo>>.

COSI’ SAN FRANCESCO INVENTO’ IL PRESEPE

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Come si svolse quella “rappresentazione” del Natale? <<Francesco la preparò con meticolosi-tà. Chiese aiuto a un amico, un certo Giovanni da Greccio, signore della zona, che il santo stimava molto perché, come scrive il Celano, “pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne”. All’amico disse di voler organizzare, per la notte di Natale, una “rappresentazione” della nascita di Gesù. Non, però, uno “spettacolo” da far vede-re ai curiosi. Ma una “ricostruzione visiva e vera”. Tommaso da Celano riporta le parole esatte che Francesco disse a Gio-vanni: “Vorrei rappresentare il bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neona-to, come fu adagiato in una greppia, e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello”. Fran-cesco aborriva lo spettacolo. Lo riteneva irrispettoso nei confronti del grande mi-stero religioso. E temeva che la sua ini-ziativa venisse male interpretata. Per questo, come informa San Bonaventura, (anche lui contemporaneo di Francesco e quindi testimone diretto), prima di met-tere in atto quel suo progetto chiese il permesso al Papa>>. Cosa accadde nel corso di quella notte? <<Giovanni di Greccio organizzò ogni cosa come Francesco aveva chiesto. La notizia era stata diffusa e la gente del luogo si radunò presso la grotta dove Francesco e i frati andavano a pregare. Arrivarono pellegrini anche da altri bor-ghi. Scrisse il Celano: “Arrivarono uomini, donne festanti, portando ciascuno, secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte”. <<Alla fine arrivò anche Francesco e, vedendo che tutto era predisposto se-condo il suo desiderio, era raggiante di letizia. Il Celano precisa che, a quel pun-to, “si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l’asinello”. Da que-sta annotazione si comprende chiaramen-te che Francesco vuole ricostruire la sce-na della nascita di Gesù, ma non vuole dare spettacolo. Infatti, nessuno dei pre-senti prende il posto della Madonna, di San Giuseppe, del bambino. Se così si fosse fatto, sarebbe stato spettacolo. No,

Francesco vuole vedere la scena reale su cui pensare e riflettere nel corso della Messa che sarebbe stata celebra-ta, perché la Messa avreb-be richiamato la presenza reale di Gesù in quel luogo. <<E’ questo un dettaglio importantissi-mo. La liturgia eucaristica richiama sull’altare la presenza “vera, reale e so-stanziale” di Gesù. Francesco voleva rivivere la nascita di Gesù in forma reale nel contesto della Messa. Quando parlava dei sacerdoti, li paragonava alla Vergine Maria, perché nella Messa i sacerdoti fanno rinascere sull’altare Gesù. E diceva anche che i fedeli, quando fanno la Co-munione, sono come Maria che ha porta-to Gesù dentro di sé. Quindi, la Liturgia eucaristica di quella notte di Natale a-vrebbe portato Gesù in quel luogo alle-stito come la capanna di Betlemme>>. Francesco era diacono: partecipò alla Messa? <<Certamente. Indossò i paramenti solenni e lesse il Vangelo, tenendo poi una predica. Il Celano dice che quando pronunciava le parole “Bambino di Bet-lemme” la sua voce tremava di tenerezza e di commozione. Il Celano aggiunge che, nel corso della celebrazione eucari-stica, si manifestarono “in abbondanza i doni dell’Onnipotente”, cioè fatti prodigio-si. E riporta la testimonianza, che viene riferita anche da San Bonaventura, di ciò che vide Giovanni da Greccio. “Egli af-fermò”, scrisse San Bonaventura “di aver veduto, dentro la mangiatoia, un bellissimo fanciullo addormentato, che il beato France-sco, stringendolo con ambedue le braccia, sembrava destare dal sonno”. E una chiara indicazione di ciò che potrebbe essere accaduto e che la tradizione ha sempre tramandato: Gesù si fece realmente vivo “apparendo” nelle sembianze di un bam-bino sul fieno di quella mangiatoia>>.

Renzo Allegri

VINFRIDO BONIFACIO E

AUTPERTO Le catechesi di Benedetto XVI

sugli autori medievali Proseguendo il cammino che ci siamo prefissati nel numero di dicembre, conti-nuiamo la rassegna degli autori medievali proposti da Benedetto XVI, con due forti personalità dell’altomedioevo occidenta-le: Bonifacio e Ambrogio Autperto. Bonifacio, nato nella regione inglese del Wessex, trascorse la prima parte della sua esistenza come maestro del monaste-ro di Nursling. Ancora volta, come ab-biamo visto per Beda il Venerabile, la cultura inglese si impone come grande modello per l’Europa nord-occidentale. Proprio nell’VIII secolo le isole britanni-che pagarono il loro debito verso il sape-re del continente. E lo fecero, appunto, attraverso le mis-sioni che uomini del calibro di Villibror-do e Bonifacio intrapresero nelle regioni dell’Europa non ancora cristianizzata. E la vicenda di Bonifacio rappresenta, come scrive Benedetto XVI, “un invito per tutti noi ad accogliere nella nostra vita la parola di Dio come punto di riferi-mento essenziale, ad amare appassionata-mente la Chiesa, a sentirci corresponsa-bili del suo futuro, a cercarne l’unità attorno al successore di Pietro.” Dopo aver trascorso i primi quarant’anni di vita come monaco brillante e facondo, Bonifacio Nel 716 Winfrido con alcuni compagni si recò in Frisia (l’odierna O-landa), ma si scontrò con l’opposizione del capo locale e il tentativo di evangeliz-zazione fallì. Tornato in patria, non si perse d’animo, e due anni dopo si recò a Roma per par-lare col Papa Gregorio II ed averne diret-tive. Il Papa, secondo il racconto di un biogra-fo, lo accolse «col viso sorridente e lo sguardo pieno di dolcezza», e nei giorni seguenti tenne con lui «colloqui impor-tanti» e infine, dopo avergli imposto il nuovo nome di Bonifacio, gli affidò con lettere ufficiali la missione di predicare il Vangelo fra i popoli della Germania.

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Qui fondò alcune diocesi e monasteri di cruciale importanza, come Eichstätt o Fulda, destinati a diventare i principali centri culturali del regno franco. Come scrive Michael Lapidge, è possibile segui-re il corso della missione anglosassone di Bonifacio attraverso l’ampio corpus di corrispondenza che venne raccolto dall’inglese Lullo, suo successore nella carico di arcivescovo di Magonza. In que-ste lettere, oltre all’entusiasmo per le missioni da compie-re, si colgono anche le debolezze, la fati-ca e i rischi che s’incontravano nell’evangelizzazione delle popolazioni tedesche. In preparazione della sua ultima missione all’età di ottanta anni, Bonifacio, for-se presago del marti-rio che lo attendeva, scriveva “desidero condurre a termine il proposito di que-sto viaggio; non pos-so in alcun modo rinunziare al deside-rio di partire. È vici-no il giorno della mia fine e si appros-sima il tempo della mia morte; deposta la salma mortale, salirò all'eterno pre-mio”. È il premio eterno l’apostolo dei Germa-ni lo ottenne attraverso il sacrificio della vita, per la testimonianza del Cristo mor-to e risorto. In modi differenti, ma forse con lo stesso ardore, s’inserisce la vicenda di un altro personaggio cresciuto nel mondo franco, Ambrogio Autperto. Venne in Italia e conobbe il monastero di San Vincenzo al Volturno, nel quale scel-se la vita monastica. Ai fondatori del ce-nobio, i tre fratelli beneventani Paldone, Tatone e Tasone. Autperto dedicò una Vita, nella quale ricordava come i tre giovani, dopo un lungo pere-

grinare, decisero di edificare, in Samnii partibus super ripam Vulturnii fluminis, una casa benedettina. È un personaggio poco conosciuto tra gli scrittori medievali, ma, come ricordava Benedetto XVI, “seppe scoprire il vero volto della Chiesa in Maria, nei Santi. E seppe così capire che cosa vuol dire esse-re cattolico, essere cristiano, vivere della Parola di Dio, entrare in questo abisso e così vivere il mistero della Madre di Dio: dare di nuovo vita alla Parola di Dio,

offrire alla Parola di Dio la propria carne nel tempo presente.” In questo tempo di Natale, il ruolo di Maria, sancta Dei genitrix, assume una rilevanza senza pari, per cui come ci dice Autperto: “La beata e pia Vergine … quotidianamente partorisce nuovi popoli, dai quali si forma il Corpo generale del Mediatore. Non è quindi sorprendente se colei, nel cui beato seno la Chiesa stessa meritò di essere unita al suo Capo, rap-presenta il tipo della Chiesa”.

Salvatore Amato

PUBBLICATI GLI ATTI DEI CONVEGNI DI STUDIO

DEL 2005 E DEL 2006

Da Natale sarà disponibile, presso il mu-seo del Duomo, il secondo volume degli Atti dei Convegni: “Pantaleone da Nico-media, santo tra cielo e terra: reliquie, culto, iconografia (23-24 luglio 2005) e “I santi venuti dall’Oriente: Barbara e Trifone sul cammino di Pantaleone” (24-25 luglio 2006). La pubblicazione degli atti, organizzati e curati dall’Associazione Duomo di Ravel-lo, fortemente voluta, animata e guidata dal fondatore e Presidente Mons. Giu-seppe Imperato, rappresenta la conferma di assunzione della responsabilità cultura-le in ordine all’analisi, valutazione ed approfondimento sulla figura e sul ruolo di Pantaleone da Nicomedia, il taumatur-go martire divenuto patrono di Ravello, agiato centro non solo residenziale, poco distante dalla laboriosa Amalfi, affaciata verso Oriente per quella “necessaria” navigazione che spingeva la rinascita del bacino mediterraneo dalla lunga stagione medievale verso una crescita moderna.

Associazione Culturale Duomo di Ravello, Pantaleone da Nicomedia, santo tra cielo e terra: reliquie, culto, iconografia. I santi venuti dall’Oriente, Trifone e Barbara sul cammino di Pantaleone, a cura di C. CASERTA, ESI Napoli, 2009.

512pp.; 24cm ISBN 88-495-1860-3

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“La salvaguardia del creato e la realizza-zione della pace sono realtà tra loro inti-mamente connesse”. Lo afferma Benedet-to XVI nel suo messaggio per la celebra-zione della Giornata mondiale della pace che ricorre il 1° gennaio 2010, intitolato “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”. Il messaggio è stato presentato oggi (15 dicembre) in sala stampa vatica-na Serve “alleanza tra uomo e ambiente”. “Se, infatti, a causa della crudeltà dell’uomo sull’uomo – scrive il Papa – numerose sono le minacce che incombo-no sulla pace e sull’autentico sviluppo umano integrale – guerre, conflitti inter-nazionali e regionali, atti terroristici e violazioni dei diritti umani – non meno preoccupanti sono le minacce originate dalla noncuranza – se non addirittura dall’abuso – nei confronti della terra e dei beni naturali che Dio ha elargito. Per tale motivo è indispensabile che l’umanità rinnovi e rafforzi ‘quell’alleanza tra essere umano e ambiente, che deve essere spec-chio dell’amore creatore di Dio, dal quale proveniamo e verso il quale siamo in cammino’”. Il Papa ricorda “i doveri deri-vanti dal rapporto dell’uomo con l’ambiente naturale, considerato come un dono di Dio a tutti, il cui uso comporta una comune responsabilità verso l’umanità intera, in special modo verso i poveri e le generazioni future”. “Rivedere modello di sviluppo economi-co”. Una “revisione profonda e lungimi-rante del modello di sviluppo” per “correggerne le disfunzioni e le distorsio-ni”. E l’adozione, invece, di un modello “fondato sulla centralità dell’essere uma-no, sulla promozione e condivisione del bene comune, sulla responsabilità, sulla consapevolezza del necessario cambia-mento degli stili di vita e sulla prudenza”. “Come rimanere indifferenti – si chiede il Papa – di fronte alle problematiche che derivano da fenomeni quali i cambiamenti climatici, la desertificazione, il degrado e la perdita di produttività di vaste aree agricole, l’inquinamento dei fiumi e delle falde acquifere, la perdita della biodiversi-tà, l’aumento di eventi naturali estremi, il

disboscamento delle aree e-quatoriali e tropicali? Come trascurare il crescente feno-meno dei cosiddetti ‘profughi ambientali’…? Come non reagire di fronte ai conflitti già in atto e a quelli potenziali legati all’accesso alle risorse naturali?”. “L’umanità – sotto-linea - ha bisogno di un pro-fondo rinnovamento cultura-le”, di un modo di vivere “improntato alla sobrietà e alla solidarietà, con nuove re-gole e forme di impegno, puntando con fiducia e coraggio sulle esperienze positi-ve compiute e rigettando con decisione quelle negative”. Purtroppo, osserva, si deve constatare “in diversi Paesi e regioni del pianeta” la “negligenza” o il “rifiuto, da parte di tanti, di esercitare un governo responsabile sull’ambiente”. In questo modo “l’attuale ritmo di sfruttamento mette seriamente in pericolo la disponibi-lità di alcune risorse naturali non solo per la generazione presente, ma soprattutto per quelle future”. “Il degrado ambientale – denuncia il Papa – è spesso il risultato della mancanza di progetti politici lungi-miranti o del perseguimento di miopi interessi economici, che si trasformano, purtroppo, in una seria minaccia per il creato”. “L’attività economica”, deve quindi rispettare “maggiormente l ’ a m b i e n t e ” . Appello ai governi “contrastare danni all’ambiente”. “Compete alla comunità internazionale e ai governi nazionali dare i giusti segnali per contrastare in modo efficace quelle modalità d’utilizzo dell’ambiente che risultino ad esso danno-se”. È l’appello di Benedetto XVI. “Per proteggere l’ambiente, per tutelare le risorse e il clima – suggerisce – occorre, da una parte, agire nel rispetto di norme ben definite anche dal punto di vista giuri-dico ed economico e, dall’altra, tenere conto della solidarietà dovuta a quanti abitano le regioni più povere della terra e alle future generazioni”. È urgente “una leale solidarietà inter-generazionale”, “una rinnovata solidarietà intra-generazionale, specialmente nei rapporti

tra i Paesi in via di sviluppo e quelli alta-mente industrializzati” e “una solidarietà che si proietti nello spazio e nel tempo”. “È infatti importante riconoscere – sotto-linea – fra le cause dell’attuale crisi ecolo-gica, la responsabilità storica dei Paesi industrializzati”, anche se i Paesi meno sviluppati ed emergenti “non sono tuttavi-a e s o n e r a t i d a l l a p r o p r i a r e s p o n s a b i l i t à ” . “Promuovere energie di minore impatto ambientale”. Il Papa rivolge anche un invito alla comunità internazionale a “promuovere la ricerca e l’applicazione di energie di minore impatto ambientale”, sfruttando ad esempio “la grande poten-zialità dell’energia solare” e dando atten-zione alla “questione oramai planetaria dell’acqua ed al sistema idrogeologico globale”. Ed invita ad esplorare “appropriate strategie di sviluppo rurale incentrate sui piccoli coltivatori e sulle loro famiglie”, ad “approntare idonee politiche per la gestione delle foreste, per lo smaltimento dei rifiuti, per la valoriz-zazione delle sinergie esistenti tra il con-trasto ai cambiamenti climatici e la lotta alla povertà”. Invoca inoltre “politiche nazionali ambiziose”, uscendo “dalla logi-ca del mero consumo” per “forme di pro-duzione agricola e industriale rispettose dell’ordine della creazione e soddisfacenti per i bisogni primari di tutti”. Benedetto XVI chiede alla comunità internazionale “un mondo privo di armi nucleari” ed a c i a s c u n o u n a r e v i s i o n e d e i “comportamenti” degli “stili di vita e i modelli di consumo”: “Tutti siamo re-sponsabili della protezione e della cura del creato”. Da Agenzia SIR

GIORNATA della PACE 2010: “Custodi della terra” Messaggio di Benedetto XVI: "Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato"

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CELEBRAZIONI DEL PERIODO NATALIZIO

La Messa Vespertina nei giorni festivi (sabato e domenica) sarà celebrata alle ore 18.00 e nei giorni feriali alle 17.30.

1 GENNAIO OTTAVA DI NATALE

SOLENNITA’ DÌ MARIA SS. MADRE DÌ DIO XLIII GIORNATA DELLA PACE

Ore 8.00-10.30– 18.00: Sante Messe SABATO 2 GENNAIO

Ore 18.00: Santa Messa prefestiva 3 GENNAIO

II DOMENICA DOPO NATALE Ore 8.00-10.30– 18.00: Sante Messe

MARTEDI 5 GENNAIO VIGILIA DELL’EPIFANIA DEL SIGNORE

Ore 18.00: Santa Messa prefestiva MERCOLEDI 6 GENNAIO EPIFANIA DEL SIGNORE

GIORNATA MONDIALE DELL’INFANZIA MISSIONARIA Ore 8.00 –10.30: Sante Messe

Ore 18.00: Santa Messa e Reposizione del Bambino Canto del Te Deum

GIOVEDI 7 GENNAIO Ore 17.30: Santa Messa e Adorazione Eucaristica

SABATO 9 GENNAIO Ore 18.00: Santa Messa prefestiva

DOMENICA 10 GENNAIO BATTESIMO DEL SIGNORE

Ore 8.00-10.30– 18.00: Sante Messe

La redazione di “Incontro per una Chiesa Viva”

augura alla comunita’ ravellese e a tutti i suoi lettori sinceri auguri di Buon Natale e felice Anno Nuovo