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1 INCENDI IN AUSTRALIA: COSA HA CAUSATO LE FIAMME E COSA ASPETTARSI DALLE CENERI A cura di Eleonora SCARSELLA a.a. 2019/2020 Abstract: Da luglio 2019 a marzo 2020, l’Australia è stata colpita da incendi particolarmente devastanti che hanno causato la morte di 33 persone e circa un miliardo di animali, distruggendo migliaia di abitazioni e radendo al suolo 12,6 milioni di ettari di aree boschive. Alle cause naturali delle fiamme, c’è da affiancare il cambiamento climatico che ha avuto un ruolo da protagonista nel rendere questi roghi estremamente distruttivi. Anche una volta domate le fiamme, il continente australiano si trova a dover combattere gli effetti collaterali degli incendi, come la tossicità del fumo, la contaminazione delle acque e la perdita di quella biodiversità che da sempre caratterizza il paese. Indice 1- Cause: 1.1. Temperature elevate e siccità 1.2. Fenomeni meteorologici 1.3. Cambiamento climatico 1.4. Interessi politici 2- Conseguenze 2.1. Impatto sulla vegetazione 2.2. Impatto sulla biodiversità 2.3. Impatto sull’ambiente 2.4. Impatto sull’uomo 3- Conclusioni

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INCENDI IN AUSTRALIA:

COSA HA CAUSATO LE FIAMME

E COSA ASPETTARSI DALLE CENERI

A cura di Eleonora SCARSELLA

a.a. 2019/2020

Abstract: Da luglio 2019 a marzo 2020, l’Australia è stata colpita da incendi

particolarmente devastanti che hanno causato la morte di 33 persone e circa un

miliardo di animali, distruggendo migliaia di abitazioni e radendo al suolo 12,6

milioni di ettari di aree boschive. Alle cause naturali delle fiamme, c’è da

affiancare il cambiamento climatico che ha avuto un ruolo da protagonista nel

rendere questi roghi estremamente distruttivi. Anche una volta domate le

fiamme, il continente australiano si trova a dover combattere gli effetti

collaterali degli incendi, come la tossicità del fumo, la contaminazione delle

acque e la perdita di quella biodiversità che da sempre caratterizza il paese.

Indice

1- Cause:

1.1. Temperature elevate e siccità

1.2. Fenomeni meteorologici

1.3. Cambiamento climatico

1.4. Interessi politici

2- Conseguenze

2.1. Impatto sulla vegetazione

2.2. Impatto sulla biodiversità

2.3. Impatto sull’ambiente

2.4. Impatto sull’uomo

3- Conclusioni

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Introduzione:

Milioni di ettari bruciati, un miliardo di animali uccisi, decine di persone hanno

perso la vita e molte altre la loro casa. Dopo 240 giorni avvolta dalle fiamme,

l’Australia ha smesso di bruciare. Ora però, bisogna fare i conti con ciò che

resta, perché gli incendi possono continuare ad arrecare danni anche una volta

domati, e ciò che non è stato inghiottito dalle fiamme sarà comunque costretto

ad affrontare le conseguenze di uno dei disastri ambientali peggiori degli ultimi

decenni. La storia insegna che il territorio australiano è da sempre soggetto ai

bushfires. Uno dei precedenti più noti è il così detto “black Saturday”,

l’incendio avvenuto nel febbraio 2009, nel quale persero la vita 173 persone e

si colloca al primo posto tra i roghi che hanno causato il maggior numero di

vittime. Ma ciò che ha reso gli incendi boschivi degli ultimi mesi così

devastanti da essere considerati i Bushfires più distruttivi della storia del paese

è la loro simultaneità e la loro capacità di espandersi con una velocità di oltre

10 km/h. Queste caratteristiche hanno reso estremamente difficile il lavoro dei

vigili del fuoco che hanno tentato con tutti i mezzi di limitare l’avanzamento

delle fiamme.

1- Cause Non è un caso che incendi così catastrofici si siano verificati proprio in questo

periodo. Sono molti i fattori che hanno contribuito alla letalità dei roghi.

1.1. Temperature e siccità Al primo posto c’è da segnalare il fatto che il 2019 è stato l’anno più caldo mai

registrato prima in

Australia, come

riportato dal Bureau of

Meteorology [1]. Il

record del giorno più

caldo della storia del

continente è stato

battuto per due giorni

di seguito, il 16 ed il

17 dicembre,

raggiungendo in

media i 42°C con

picchi di 49°C. La

temperatura del paese

è risultata essere di 1,53°C superiore alla media e nella regione del Nuovo

Galles del Sud, epicentro degli ultimi incendi boschivi, il livello è stato

addirittura di 1,95 gradi sopra la media.

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Osservando quindi le zone in cui si sono registrate temperature particolarmente

elevate rispetto alla media storica, si può notare come queste coincidano con le

aree maggiormente colpite dalle fiamme. Inoltre, il 2019 non è stato solamente

l’anno più caldo ma anche il più secco con precipitazioni inferiori del 40% e

una piovosità media nazionale di 277 mm, la più bassa mai registrata

1.2. Fenomeni meteorologici Questo periodo di siccità e

caldo anomalo dipende da

diversi fattori. Il primo è

rappresentato dal Dipolo

dell’Oceano Indiano

(IOD) estremamente

positivo [2]. Questo

fenomeno porta aria

estremamente secca sulle

coste Australiane e aria

umida su quelle Africane.

Di conseguenza si avrà da

una parte un periodo di

siccità in Australia e

dall’altra un periodo di

intense alluvioni in Africa.

Il secondo fattore è lo spostamento verso nord dei Southern Annual Mode [3],

i venti occidentali che portano aria calda e asciutta sull’emisfero Australe.

E’ chiaro quindi che caldo record, venti e siccità hanno dato vita ad

un’interazione letale che fa evaporare rapidamente l’acqua e disseccare la

vegetazione, che diventa quindi combustibile estremamente efficiente per la

propagazione delle fiamme.

1.3. Cambiamento climatico Ciò che incide direttamente sull’aumento delle temperature e siccità e

indirettamente sui fenomeni meteorologici sopra citati, è l’azione del

Cambiamento Climatico. Come annunciato dalla BBC [4] il surriscaldamento

globale ha aumentato la potenza degli incendi in Australia di almeno il 30%.

Inoltre, come si evince dall’articolo del Time [5], il Climate Change ha reso

peggiori gli roghi ma, a causa dell’enorme quantità di CO2 rilasciata, anche gli

incendi hanno contribuito a peggiorare il cambiamento climatico, creando un

ciclo terribilmente pericoloso. Da qui molte sono state le critiche rivolte al

governo australiano, responsabile di non impegnarsi a fondo nel rispettare gli

Accordi di Parigi (riduzione delle emissioni di gas serra).

1.4. Interessi politici Il primo ministro australiano Scott Morrison, che ha sempre negato il

surriscaldamento globale, è stato accusato dal New York Times [6] di difendere

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gli interessi delle industrie dei combustibili fossili anziché la sicurezza

nazionale. Ha infatti sempre deliberatamente ignorato gli allarmi degli esperti

e delle comunità internazionali circa gli impatti dei cambiamenti climatici sugli

incendi. Il problema principale è che l’economia australiana è fortemente

basata sull’estrazione e l’esportazione di combustibili fossili, l’Australia è

infatti il più grande esportatore mondiale di carbone e gas naturale liquefatto

[7].

Morrison ha basato fin da subito la sua politica su questo aspetto, facendo leva

sul fatto che l’industria del carbone offre lavoro a migliaia di australiani. Basti

pensare che durante la sua

campagna elettorale ha

esibito in parlamento un

pezzo di carbone

invitando i cittadini a

comprenderne il valore.

Ma la comparsa di un

murale nella città di

Melbourne che ritrae il

primo ministro mentre

solleva il carbone pur

trovandosi con l’acqua

alla gola, è la prova che

anche i cittadini hanno

acquisito consapevolezza

dell’ostinato negazionismo perpetuato da Morrison [8].

Ovviamente la politica del governo australiano non è la sola responsabile del

surriscaldamento globale ma bisogna considerare anche tutte le attività che a

livello mondiale continuano a contribuire all’aumento della CO2 atmosferica

quali produzione e consumo di energia, trasporti, agricoltura e allevamento,

riscaldamento domestico e deforestazione. Sarà quindi responsabilità di

ciascuno di noi se la temperatura continuerà ad aumentare ed eventi simili ai

“bushfires” australiani saranno sempre più frequenti e sempre più devastanti.

2- Conseguenze 2.1. Impatto sulla vegetazione

Gli oltre sessantasei incendi che hanno colpito il territorio australiano hanno

raso al suolo circa 12,6 milioni di ettari di aree boschive. I roghi hanno toccato

quasi l’intera superficie del paese, concentrandosi nella zona Sud-Est ed in

particolare nel Nuovo Galles del Sud, dove è andato in fiamme più del 10% dei

parchi nazionali. Secondo le stime del WWF, riportate nell’articolo della

Repubblica [9], è stato distrutto il 20% del territorio compreso tra Gospers

Mountains e Blue Mountains (enorme sistema di aree protette dichiarato

Patrimonio dell'umanità dall'Unesco). Le Blue Mountains costituiscono uno

Morrison mentre solleva il carbone

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degli ecosistemi più importanti dell'intero continente australiano, in cui sono

state istituite diverse aree protette per conservare l'enorme patrimonio di

biodiversità che le caratterizzano. Sono infatti habitat di alcune delle specie

animali più rare del Paese, tra cui il quoll (Dasyurus maculatus), uno dei pochi

marsupiali carnivori sopravvissuti fino ai giorni nostri, e il koala. Il fuoco non

ha risparmiato la foresta del Gondwana, una foresta pluviale così antica da

risalire all’era geologica in cui Oceania e Antartide erano ancora unite. Ma una

delle zone terribilmente colpite è stata Kangaroo Island, la terza isola

australiana per estensione considerata al pari delle Galapagos per la sua

ricchezza di biodiversità. Quest’area ospita infatti diverse specie di animali a

rischio tra cui ornitorinchi, echidne, opossum, canguri e wallaby, oltre ad una

delle più importanti popolazioni di koala.

Che tipo di vegetazione è andata in fiamme-

Le fiamme hanno aggredito soprattutto foreste di eucalipto e il sottobosco.

In un articolo pubblicato da Elsevier si analizzano gli adattamenti che questi

alberi hanno sviluppato come risposta agli incendi che da sempre colpiscono il

territorio [10].

Il clima dell’Australia centrale è stato molto arido negli ultimi 100 milioni di

anni, e gli incendi causati dai fulmini sono stati così frequenti da costringere le

piante ad evolversi per superarli nel migliore dei modi. Il fuoco infatti, se da un

lato distrugge la vegetazione esistente, dall’altro apre nuovi spazi perché le

piante si possano riprodurre e rinnovare. Molte specie contengono oli e resine

particolarmente infiammabili, in modo da bruciare con fiamme molto intense

quando arriva il fuoco. Poiché i semi di queste specie sono quasi

completamente impermeabili al fuoco, questo stratagemma è l’unico modo per

riprodursi con successo sfruttando le condizioni ambientali avverse a proprio

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vantaggio. Inoltre, come si evince dall’articolo sopracitato, queste piante hanno

un’incredibile capacità di rigenerare le loro chiome distrutte dal fuoco.

Questa capacità però, viene acquisita dopo i 12-20 anni di vita, il che vuol dire

che tutta la parte di vegetazione che non supera questa età è molto vulnerabile

ed è stata danneggiata in modo irreparabile. Tuttavia, gli incendi degli ultimi

secoli non sono mai stati così intensi e devastanti, per questo è molto difficile

prevedere con precisione i tempi di ripresa della vegetazione danneggiata e la

crescita dei semi, senza considerare il fatto che le condizioni di siccità sono

state così estreme da mandare in fiamme anche ecosistemi forestali

tradizionalmente più umidi e raramente interessati dal fuoco, che non

presentano quindi efficaci adattamenti per resistere alle fiamme. Il fuoco così

intenso altera anche la composizione del sottobosco e del terreno, provocando

una considerevole diminuzione del potenziale idrico.

2.2. Impatto sulla biodiversità

Secondo gli scienziati dell’Università di Sydney i bushfires australiani hanno

ucciso più di un miliardo di animali [11]. Ma sfortunatamente, come si può

leggere dall’articolo della BBC [12], questo numero è destinato ad aumentare

poiché anche gli animali che sono riusciti a sfuggire alle fiamme, dovranno

affrontare le difficoltà dovute alla quasi totale distruzione del loro habitat, come

ad esempio la mancanza di cibo o ripari per sfuggire ai predatori. L’Australia è

uno dei territori più ricchi in termini di biodiversità. Ciò che preoccupa gli

esperti è che la maggior parte delle specie australiane sono endemiche, cioè

esclusive di questo territorio, poiché si sono evolute in modo indipendente da

quelle degli altri continenti. Questo vuol dire che a causa degli incendi alcune

specie sono destinate a scomparire per sempre. Un comitato scientifico

convocato dalla ministra dell’ambiente Sussan Ley, ha dichiarato che ben 113

specie sono vicine all’estinzione. Alcune di queste erano in pericolo prima

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dell’arrivo delle fiamme, che hanno

comunque peggiorato la situazione,

mentre altre sono entrate nella lista

solamente in seguito ai recenti incendi.

Uno degli animali più colpiti dai roghi

è proprio quello simbolo del territorio

australiano, il Koala. Questo

marsupiale, estremamente lento,

difficilmente riesce a sfuggire alla

potenza delle fiamme. Molti esemplari

che sono stati tratti in salvo, hanno

riportato gravi ustioni e danni

irreparabili agli artigli. Questo non gli

permette di essere rilasciati in natura

poiché come afferma Sue Ashton, direttrice del Koala Hospital, “Un koala che

non si riesce ad arrampicare, non può sopravvivere”. Questo problema è

aggravato anche dal fatto che milioni di ettari di foreste di Eucalipto, alberi

fondamentali per la sopravvivenza della specie, sono stati rasi al suolo.

I koala vittime del fuoco sono decide di migliaia. La furia dei roghi che ha

colpito il New South Wales ha già ucciso circa il 30% dell'intera popolazione

di questa specie [13]. Una delle altre zone particolarmente colpite è Kangaroo

Island, che oltre ad essere popolata dall’iconico marsupiale da cui prende il

nome, ospita numeri esemplari di koala.

E’ dalle stime che riguardano questo territorio che arrivano i dati più allarmanti.

Il veterinario Steven Selwood del South Australia Veterinary Emergency

Management ha dichiarato che, dei 46mila koala presenti sull’Isola dei Canguri

prima degli incendi, sarebbero rimasti in vita soltanto in 9mila. Questo significa

che circa 37mila di questi marsupiali sono morti tra le fiamme. Ad aggravare

questi numeri, c’è il fatto che gli esemplari che popolavano Kangaroo Island

prima di questa tragedia erano considerati una sorta di polizza assicurativa per

la sopravvivenza della specie, poiché i koala dell’isola erano gli unici non

affetti dalla clamidia. Secondo l’Australian koala foundation [14] quindi, la

specie è da considerare “funzionalmente estinta”, cioè il numero di individui

è troppo basso ed è ritenuto insufficiente per garantire la sopravvivenza di

nuove generazioni. Infatti, secondo il WWF la maggior parte dei koala della

costa orientale australiana, vive all'interno del 'Triangolo dei Koala', regione in

cui la specie potrebbe estinguersi in soli 30 anni.

La sopravvivenza di molti altri animali è stata messa in pericolo dalle fiamme.

Particolare attenzione viene rivolta a marsupiali quali il Vombato e il Potoroo,

di cui sono rimasti davvero pochi esemplari. Ma la specie che ha pagato il

prezzo più alto sembra essere il Dunnart, un piccolo marsupiale che vive

esclusivamente nell’Isola dei Canguri, che ora vede il 95% del suo habitat

completamente distrutto, e si candida ad essere la prima specie estinta a causa

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degli incendi [15]. Anche

la microfauna è stata

particolarmente danneg-

giata.

Molto colpiti sono stati gli

artropodi che vivono nelle

cortecce in decompo-

sizione. Secondo gli esperti

[16], anche animali in grado

di spostarsi rapidamente

hanno pagato le

conseguenze dei roghi.

Molti altri sono stati colpiti

in modo indiretto. Migliaia di uccelli, particolarmente sensibili

all’inquinamento atmosferico, sono stati uccisi dal fumo, mentre morie di pesci

si sono verificate nelle acque dei laghi situati nelle dighe bruciate.

2.3. Impatto sull’ambiente

Il primo fattore da considerare sono le emissioni di gas provocate dall’enorme

quantità di fumo generato dagli incendi.

Secondo un articolo pubblicato da Elsevier [17], il fumo emesso dai bushfires

australiani è costituito da molti elementi che vengono rilasciati in due forme:

gas e particolato. La quantità di questi elementi varia a seconda della tipologia

di vegetazione. Ad ogni modo, secondo le analisi effettuate, la CO2 è il gas

maggiormente prodotto dagli incendi boschivi a causa dell’alto contenuto di

carbonio nella biomassa. Inoltre, questi roghi contribuiscono alle emissioni

globali di monossido di carbonio (CO) del 40% e di ossido nitrico (NO) del

20%. Tra le altre componenti rilevate nel fumo sono da evidenziare la

formaldeide e l’acetaldeide, entrambe sono pericolose per la salute degli esseri

viventi e contribuiscono alla formazione dello smog fotochimico.

Secondo i dati della Nasa pubblicati sull’articolo del Guardian [18] gli incendi

australiani, in particolare quelli del New South Wales e Queensland, hanno

provocato l’emissione di 250 milioni di tonnellate di CO2, una quantità che

equivale a quasi la metà delle emissioni annuali di gas serra prodotte dall’intera

nazione. La ricrescita delle foreste dovrebbe garantire l’assorbimento di una

quantità di CO2 simile a quella rilasciata quando sono bruciate. Ma per

compensare le grandi quantità di CO2 rilasciate in Australia a causa dei roghi,

in condizioni normali alle foreste occorrerebbero decenni e gli scienziati

ritengono che le aree boschive siano state eccessivamente stressate, anche a

causa della prolungata siccità frutto dei cambiamenti climatici, e non sarebbero

dunque in grado di riassorbire tutte le emissioni rilasciate.

Dunnart: la specie australiana più vicina all'estinzione

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Queste tonnellate di fumo, oltre ad aggrevare la già precaria condizione relativa

al climate change, possono creare dei fenomeni meteorologici del tutto

singolari.

Come spiegato dall’Australian Bureau of Meteorology [19], il fumo causato da

un potente incendio può portare alla

formazione di cumulonembi, cioè il

calore intenso del fuoco fa salire

rapidamente l’aria che quindi si

raffredda a contatto con le basse

temperature dell’atmosfera

superiore, le collisioni delle

particelle di ghiaccio nelle zone alte

del cumulonembo tendono a

generare delle cariche elettriche, che

si scaricano sotto forma di fulmini.

Questo fenomeno scatena tempeste

di fulmini e uragani di fuoco che può

determinare la formazione di nuovi

roghi anche nelle zone in cui le

fiamme erano state domate.

Il fumo non è l’unica conseguenza

del fuoco, che infatti lascia sulla sua

scia enormi quantità di cenere.

Come evidenziato da National

Geographic [20], grosse quantità di cenere scivolano nei fiumi, nelle dighe, e

in mare, andando ad inquinare le riserve d’acqua. Questo ha un impatto

importante sulle forniture di acqua potabile e sulla sopravvivenza della fauna

acquatica. I detriti trascinati nelle acque possono infatti contribuire alla crescita

di alghe che alterano il contenuto di ossigeno. Concentrazioni più alte di

mercurio sono state trovate nei pesci di laghi situati nelle dighe bruciate rispetto

alle concentrazioni medie delle dighe di riferimento, con un potenziale impatto

sulla salute dell’uomo, qualora si mangino i pesci in cima alla catena

alimentare. Le fioriture algali nell’approvvigionamento di acqua potabile sono

un problema per diverse ragioni.

La conseguente deossigenazione può causare la moria dei pesci, ma fa anche sì

che il ferro e il manganese diventino solubili, il che può dare all’acqua un

cattivo sapore, odore e colore. I cianobatteri possono anche produrre agenti

chimici che danno all’acqua un sapore di muffa o di terra.

2.4. Impatto sull’uomo Trentatré persone, tra civili e vigili del fuoco, sono state uccise delle fiamme

che hanno distrutto anche migliaia di abitazioni. Nonostante il primo ministro

Morrison nel suo discorso di fine anno alla nazione [21], rivolto ad un paese

cumulonembo

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ancora nella morsa del fuoco, abbia dichiarato che “l’Australia è il posto

migliore al mondo dove far crescere i bambini”, la realtà è ben diversa e molto

più aspra di quanto il ministro possa ammettere. Infatti, anche la parte di

popolazione non interessata in prima persona dai roghi dovrà affrontare le

conseguenze dei bushfires, che hanno reso per settimane l’aria irrespirabile

nella maggior parte del paese.

Tre milioni di persone sono state coinvolte in modo diretto e altri 15 milioni in

modo indiretto. Gli abitanti di metropoli come Sydney e Melbourne, sono stati

costretti a respirare – in modo ripetuto e prolungato – i fumi tossici provenienti

dalle foreste in fiamme. In particolare, secondo il New York Times [22] la

peggiore qualità dell’aria è stata registrata il 2 gennaio, quando sono stati

registrati in media quasi 100 microgrammi per metro cubo di particolato sottile.

Secondo quanto riferito dalla stampa internazionale, le conseguenze sul

lungo periodo sono ad oggi difficili da valutare.

In un articolo pubblicato sulla rivista medica Respirology [23], si analizzano le

possibili conseguenze di questo disastro ambientale sulla salute dell’uomo. Gli

studi effettuati mostrano che il fumo emesso dalle foreste in fiamme ha

provocato difficoltà respiratorie. Inoltre, in base ai dati dei ricoveri in ospedale,

si può notare che i problemi più gravi si sono verificati proprio nei giorni di

maggiore esposizione al fumo. Sono stati accertati collegamenti diretti anche

tra le emissioni e malattie polmonari. L’Australia presentava già il più alto

numero di persone che soffrono di asma, ma questo dato si è aggravato

notevolmente in seguito agli ultimi incendi. Gli studi hanno rivelato che a

differenza dell’asma provocata dall’inquinamento atmosferico del traffico,

l’asma dovuta al fumo dei bushfires ha una diretta correlazione con l’età dei

pazienti, poiché colpisce principalmente i soggetti più anziani. Gravi sono

anche le conseguenze sul sistema cardiovascolare. Si può verificare arresto

cardiaco ed ischemia nei 2-3 giorni successivi alle intense esposizioni al fumo.

Oltre all’inquinamento atmosferico e alla contaminazione dell’acqua

potabile, i cittadini australiani dovranno fronteggiare anche il problema

economico.

Migliaia sono le persone che hanno visto la loro casa diventare un cumulo di

cenere. Per comprendere l’entità dei danni basti pensare che le compagnie

d’assicurazione in Australia potrebbero dover sborsare fino a 1,3 miliardi di

dollari per indennizzare i propri clienti. Tra i settori più colpiti a livello

economico ci sono quelli del turismo e dell’agricoltura, poiché molti ettari di

terreni coltivabili sono stati distrutti dalle fiamme, ma soprattutto il settore

immobiliare [24]. Ricostruire abitazioni nelle aree colpite dagli incendi è

estremamente costoso, senza considerare il fatto che queste case saranno

difficili da vendere se non viene garantita una buona assicurazione in caso di

futuri roghi.

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Un uomo guarda la sua casa distrutta dalle fiamme

3- Conclusioni Come affermato dal professor Dickman dell’Università di Sydney, con

gli incendi australiani stiamo osservando gli effetti del cambiamento climatico.

L’Australia, essendo un continente in miniatura, è il primo a pagarne le

conseguenze. Probabilmente abbiamo davanti agli occhi un’anticipazione di

quello che sarà il destino del resto del mondo se continuiamo a trascurare un

problema che è stato sottovalutato per anni, ma che ormai è troppo ingombrante

per essere ignorato.

Affinché diminuisca il rischio di incendi in Australia e nel resto del

pianeta, la prima cosa da fare è quindi modificare il nostro comportamento, e

limitare le azioni che quotidianamente contribuiscono al surriscaldamento

globale. Mentre osserviamo i milioni di ettari di foreste incenerite, dobbiamo

essere consapevoli che c’è anche la nostra impronta su questo disastro.

Una citazione di Emile Zola recita “Il compito più alto di un uomo è

sottrarre gli animali alla crudeltà”. Se neanche vedere e percepire la sofferenza

negli occhi di milioni di animali sfiniti e ustionati dalle fiamme non ci spingerà

a riflettere e a cambiare atteggiamento, allora per il nostro futuro non c’è

speranza. Quando assisteremo ad immense foreste incenerite che smetteranno

di produrre ossigeno, quando l’aria diventerà sempre più irrespirabile e l’acqua

sempre meno disponibile, quando l’esistenza di molte specie sarà solamente un

lontano ricordo, a quel punto forse, comprenderemo davvero il valore della

natura e di ciò che abbiamo. Ma a quel punto forse, sarà troppo tardi.

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Bibliografia e sitografia

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http://media.bom.gov.au/releases/727/

[2]- http://www.bom.gov.au/climate/iod/

[3]- http://www.bom.gov.au/climate/sam/

[4]- https://www.bbc.com/news/science-environment-51742646

[5]- https://time.com/5759964/australian-bushfires-climate-change/

[6]-https://www.nytimes.com/2020/01/03/opinion/australia-fires-climate-change.html

[7]- https://www.qualenergia.it/articoli/australia-nella-morsa-degli-incendi-e-il-

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[8]- https://junkee.com/scott-morrison-coal-mural/196125

[9]-

https://www.repubblica.it/ambiente/2020/01/23/news/australia_gli_incendi_hanno_distrutt

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[10]- file:///C:/Users/lelem_000/Downloads/1-s2.0-S0378112719318936-main.pdf

[11]- https://www.sydney.edu.au/news-opinion/news/2020/01/08/australian-bushfires-

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[12]- https://www.bbc.com/news/50986293

[13]- https://www.repubblica.it/esteri/2020/01/06/news/australia_wwf_8mila

_koala_dispersi_negli_incendi_morti_480_milioni_di_animali-245094546/

[14]- https://www.lifegate.com/people/news/australia-koalas-functionally-extinct

[15]- https://www.australianwildlife.org/wildlife/kangaroo-island-dunnart/

[16]- https://www.nature.com/articles/d41586-020-00043-2

[17]- file:///C:/Users/lelem_000/Downloads/1-s2.0-S1309104220300799-main.pdf

[18]- https://www.theguardian.com/environment/2019/dec/13/australias-bushfires-have-

emitted-250m-tonnes-of-co2-almost-half-of-countrys-annual-emissions

[19]- http://media.bom.gov.au/social/blog/1618/when-bushfires-make-their-own-weather/

[20]- https://www.nationalgeographic.it/ambiente/2020/01/le-conseguenze-degli-incendi-

australiani-sulle-forniture-dacqua-potabile

[21]- https://www.theguardian.com/australia-news/2020/jan/01/no-better-place-to-raise-

kids-scott-morrison-new-year-message-burning-australia

[22]- https://www.nytimes.com/interactive/2020/01/03/climate/australia-fires-air.html

[23]-file:///C:/Users/lelem_000/Downloads/resp.13798%20(1).pdf

[24]- file:///C:/Users/lelem_000/Downloads/ContentServer.asp-3.pdf